TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 495 di Martedì 27 aprile 2021

 
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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE PER IL RILANCIO ECONOMICO E PRODUTTIVO DELLA NAZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    la gestione della pandemia è stata fallimentare sotto molteplici aspetti, a partire dalle mancate forniture dei dispositivi di protezione individuale nelle prime fasi dell'emergenza, passando per la scarsità dei ventilatori e di risorse a disposizione del personale medico, con lo scandalo dei banchi a rotelle rimasti nei magazzini delle scuole e la costruzione delle cosiddette «primule» per l'inoculazione dei vaccini: ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo uno spreco di risorse, tempo e denaro che potevano essere impiegati in maniera più mirata e utile;

    il lavoro, specie quello autonomo, è diventato una vera emergenza sociale, con il prodotto interno lordo del prossimo anno stimato ad un meno 12/18 per cento e con migliaia di esercizi commerciali e di imprese che in questi mesi sono stati costretti a chiudere; mentre il Governo trovava le risorse per finanziare i monopattini, in alcuni casi non è ancora stata pagata la cassa integrazione di marzo 2020; Fratelli d'Italia è stata vicino ai liberi professionisti e alle partite Iva, proponendo l'abolizione dei famigerati Isa, nuova versione dei vecchi studi di settore, e l'estensione a tutti i professionisti del «minimo tariffario», mutuato dalla legge forense, una battaglia vinta per tutelare la dignità del lavoro intellettuale; Fratelli d'Italia ha chiesto l'immediato potenziamento degli uffici giudiziari e il rispetto della garanzia costituzionale del pieno diritto alla difesa, così come ha detto «no» alla politica dei bonus una tantum, puntando, invece, su un'ampia moratoria fiscale che preveda il blocco totale di tasse e tributi e non la loro semplice posticipazione, computando nelle scadenze del 2021 sia gli utili del 2019 che le perdite del 2020, e semplificando il sistema delle aliquote; ancora, nel «decreto ristori» ha chiesto di portare il credito di imposta sui locali commerciali al 100 per cento e ha studiato un meccanismo, solo in parte accolto, simile alla cassa integrazione anche per i liberi professionisti, gli artigiani e i lavoratori impegnati in mare e in agricoltura, con una liquidità immediata sui conti correnti pari all'80 per cento del fatturato del 2019 calcolato non solo sui dati del mese di aprile, ma di tutto l'anno, al fine di non tagliare fuori i lavoratori stagionali, gli addetti alle mense e alla ristorazione collettiva, il mondo del turismo, dello sport, dell'intrattenimento e dello spettacolo;

    è necessario uscire progressivamente dall'emergenza da COVID-19, superando la psicosi creata dai metodi adottati anche a livello comunicativo nell'ambito della prassi della decretazione d'urgenza, utilizzata con particolare frequenza all'epoca dei Governi Conte I e Conte II, per tutelare la salute dei cittadini, ma anche per non finire di distruggere ciò che resta della nostra economia; in questa fase molte categorie produttive sono state fortemente penalizzate, con ristori insufficienti e tardivi, mentre la tanto decantata «pace fiscale» si è risolta sostanzialmente in un nulla di fatto;

    il Servizio sanitario nazionale ha dimostrato tutta la sua fragilità nel corso della pandemia, soprattutto per la carenza di personale medico; il problema è stato reso ancora più evidente a causa dell'imbuto formativo, quel fenomeno che definisce la differenza tra numero di accessi al corso di laurea in medicina e chirurgia e l'insufficiente numero di borse per accedere a medicina generale e agli altri corsi specialistici;

    per combattere questa situazione, bisogna programmare oltre l'emergenza, in una prospettiva di oltre dieci anni, che equivalgono ad un ciclo completo di studi; inoltre, per evitare la fuga di cervelli all'estero il sistema universitario dovrebbe essere riformato completamente, prevedendo ad esempio i test di accesso ai corsi di medicina e chirurgia dopo il primo anno, per verificare l'effettiva conoscenza delle materie che permetteranno il proseguimento degli studi;

    i test di ammissione, infatti, spesso vertono su temi che non sono insegnati nelle scuole secondarie di secondo grado, generando un ennesimo imbuto, questa volta però in entrata;

    la «rivoluzione» in ambito universitario potrebbe essere realizzata attraverso un utilizzo mirato delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza in questo settore;

    i finanziamenti che arriveranno all'Italia dall'Europa tramite il meccanismo del Recovery fund assommano complessivamente a 209 miliardi di euro, dei quali 81,4 come trasferimenti diretti di bilancio e 127 miliardi sono prestiti, totalizzando 222 miliardi di euro se si comprendono anche i fondi per la coesione territoriale;

    in seguito al famoso «compromesso» di fine luglio 2020 l'Italia mantiene, quindi, invariata la quota dei sussidi prevista nel primo accordo di maggio 2020 e aumenta esclusivamente la parte dei prestiti di circa il 30 per cento; questo a differenza di altri Paesi, come Francia e Germania, che non faranno ricorso a prestiti, limitandosi solo ad una quota dei sussidi, rispettivamente circa 45 e 35 miliardi di euro;

    dei 222,9 miliardi di euro previsti per il Recovery plan italiano, 68,9 andranno ai progetti «green», tra cui superbonus, piano contro il dissesto idrogeologico e mobilità verde, circa 46 miliardi saranno impegnati per la digitalizzazione, innovazione e competitività del Paese, 28,4 per l'istruzione e la ricerca e 20 per la sanità, al netto delle eventuali future decisioni sul ricorso o meno al Mes, mentre appena 31 miliardi (pur con un aumento di 10 miliardi rispetto alla prima stesura del documento) per le opere infrastrutturali quali strade, autostrade e ferrovie;

    le necessità della Nazione sul fronte delle infrastrutture sono molteplici: dal rilancio del sistema ferroviario, stradale e autostradale al primato nazionale nel settore delle tecnologie avanzate e delle infrastrutture immateriali, con il chiaro obiettivo di difendere gli interessi dell'Italia sempre e comunque, come abbiamo fatto, ad esempio, per la nostra compagnia aerea di bandiera, l'Alitalia, chiedendo la tutela dei lavoratori del comparto e il mantenimento di quello che è stato un simbolo dell'eccellenza italiana nel mondo;

    la crisi economica acuita dalla pandemia mette a rischio l'interesse nazionale e la proprietà dei nostri asset strategici; per questo è necessario estendere il golden power anche ai settori indicati nella proposta di legge di Fratelli d'Italia (intelligence, intelligence economica, settore bancario creditizio e assicurativo, estensione anche ai soggetti interni all'Unione europea) e introdurre una legge annuale per la sicurezza nazionale;

    il trasporto pubblico locale nelle grandi aree metropolitane non è stato adeguatamente potenziato, creando un ulteriore rischio in termini di mancato distanziamento personale e di possibile diffusione del contagio da COVID-19;

    riguardo alle politiche fiscali, la linea è sempre quella di intervenire per la riduzione delle aliquote più basse, al fine di agevolare l'inclusione sociale; la proposta di Fratelli d'Italia invece si basa su una semplificazione e una riduzione del numero delle aliquote, andando ad eliminare quelle intermedie che più penalizzano il ceto medio in difficoltà attraverso l'introduzione della flat tax; inoltre è necessario prevedere una no tax area e deduzioni ad esenzione totale dei redditi bassi;

    in materia fiscale appare, altresì, necessaria una vera pace fiscale per tutti i piccoli contribuenti che si trovano in condizioni di difficoltà economica, l'abolizione dell'inversione dell'onere della prova fiscale e la riforma del contenzioso tributario;

    l'abolizione del tetto al denaro contante è una misura importante, perché il tetto è un rischio per la privacy e rappresenta un grande limite per l'economia reale; non ha alcun senso avere un limite al contante quando in Austria, Germania e gran parte d'Europa non c'è alcun limite; chi vuole evadere con il contante potrà farlo lo stesso, la criminalità può spendere i suoi fondi negli altri Stati europei; il limite è solo un inutile fardello all'economia italiana;

    l'Italia è il terzo Stato al mondo per consistenza di riserve auree, con 2.451,8 tonnellate di oro, pari ad una somma di circa 110 miliardi di euro; l'oro è custodito per il 48 per cento a Palazzo Koch, sede della Banca d'Italia in via Nazionale a Roma, e per il restante 52 per cento è distribuito fuori dai confini nazionali; si rende assolutamente necessario un atto normativo che ribadisca, in maniera esplicita, che le riserve auree sono di proprietà dello Stato italiano e non della Banca d'Italia e che le riserve auree eventualmente ancora detenute all'estero debbono rientrare nel territorio nazionale;

    Fratelli d'Italia ha chiesto e in parte ottenuto adeguati ristori per il comparto della montagna e dello sci, messi in ginocchio dalle recenti politiche adottate dal Governo; ha inoltre richiesto in epoca non sospetta, e ancora prima della pandemia, di completare il definitivo ristoro per le popolazioni colpite in questi anni da eventi sismici e di avviare una messa in sicurezza complessiva di tutto il territorio italiano;

    servono ulteriori stanziamenti significativi ed immediati per il mondo della cultura, del turismo, dello sport, dell'università e della ricerca scientifica e della scuola, che la ex Ministra Azzolina, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha ridotto a barzelletta con l'unica iniziativa assunta dell'acquisto dei famosi «banchi a rotelle» per garantire quel distanziamento in classe il cui rispetto è stato lasciato nella responsabilità di insegnanti e presidi, letteralmente abbandonati al loro destino, insieme a milioni di famiglie;

    si è arrivati all'assurdo per cui risulta possibile viaggiare per turismo all'estero, ma non tra le regioni italiane di diverso colore;

    le riaperture previste dal 26 aprile 2021 sono un primo passo, ma ancora non saranno sufficienti, specie per il mondo legato ai settori del turismo e della ristorazione, con l'assurda vigenza del coprifuoco alle ore 22,00, la cui efficacia effettiva in termini di contenimento del contagio risulta assolutamente incomprensibile;

    le chiusure hanno fatto aumentare in maniera esponenziale i profitti dei colossi del web, di pari passo con i fallimenti e le perdite di fatturato delle attività di prossimità, una concorrenza sleale anche perché i giganti del web non pagano, se non in maniera risibile, tasse in Italia;

    altra concorrenza sleale è quella dei negozi aperti da stranieri: per i primi due anni non c'è controllo fiscale e quindi possono permettersi prezzi impossibili per chi deve pagare le tasse e dopo due anni spesso questi esercizi commerciali cambiano proprietario, e così proseguono distruggendo il tessuto commerciale locale; per ovviare a questo fenomeno, è necessario introdurre una caparra così da coprire l'eventuale elusione della tassazione;

    cinema, teatri, palestre e piscine sono oramai arrivati al collasso, mentre manca una chiara indicazione sul perché si sia ritenuto più pericoloso assistere ad uno spettacolo in numero contingentato e in sicurezza, piuttosto che affollarsi senza distanziamento sui mezzi pubblici;

    l'importanza dello sport dal punto di vista dei rapporti sociali e per lo sviluppo delle difese immunitarie è certificata da innumerevoli studi, ma questa centralità, ancor più evidente in tempi di pandemia, non è riconosciuta né con una giusta attenzione ai ristori per chi lavora nel settore e alle riaperture, né con l'istituzione di un Ministero, né con l'inserimento di una specifica norma nella Costituzione;

    i luoghi della cultura – teatri, cinema, musei in particolare – sono sull'orlo del fallimento e con loro gli organizzatori d'eventi, gli artisti e tutti quelli che, come associazioni o partite iva, lavorano nella filiera;

    la cultura ha un ruolo fondamentale nella vita quotidiana e anche nella promozione del turismo italiano, eppure è totalmente estranea al dibattito e all'attenzione del Governo;

    i dati presentati dall'Agis – Associazione generale italiana dello spettacolo sono molto chiari in tal senso: «Su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati tra lirica, prosa, danza e concerti, con una media di 130 presenze per ciascun evento, nel periodo che va dal 15 giugno 2020 (giorno della riapertura dopo il lockdown) ad inizio ottobre 2020, si registra un solo caso di contagio da COVID-19 sulla base delle segnalazioni pervenute dalle aziende sanitarie locali territoriali»;

    la gestione della pandemia ha dimostrato ancora una volta che l'architettura dello Stato va riformata partendo dall'elezione diretta del Presidente della Repubblica che possa, proprio perché eletto direttamente dagli italiani a rappresentare e guidare la Nazione, e rappresentare l'unità nazionale può garantire una maggiore autonomia delle regioni;

    le polemiche interne al Governo in un momento così complesso rendono evidente l'utilità del vincolo di alleanza per impedire che nascano Governi «innaturali» e incapaci di politiche coerenti con i programmi presentati agli elettori;

    appare assolutamente ingiustificabile l'ulteriore incremento proposto di un miliardo di euro per il cosiddetto «reddito di cittadinanza», mentre tale cifra, unitamente alla previsione di ricavo di cinque miliardi di euro dal meccanismo del cash back, potrebbe essere impegnata per garantire ristori più adeguati alle milioni di piccole e medie imprese e ai liberi professionisti in ginocchio;

    si assiste alla perdurante furia «gender» portata avanti dalla sinistra, a cominciare dalla sostituzione della mamma e del papà con la triste dizione «genitore uno» e «genitore due», mentre per alcune forze di Governo tematiche quali lo «ius soli» sembrano avere maggiore importanza della ripresa economica, che è la vera sfida di oggi, con la crisi che morde milioni di famiglie e di imprese italiane;

    la cosiddetta «cancel culture» e l'iconoclastia, cioè la vandalizzazione o addirittura l'abbattimento di parte del patrimonio culturale considerato «politicamente scorretto», è un fenomeno che dagli Usa e da alcune nazioni europee sta arrivando, grazie ad alcuni presunti intellettuali, in Italia; il dibattito sul passato, totalmente decontestualizzato, rischia d'inasprire il confronto e di cancellare, dai libri e dal nostro patrimonio, la nostra cultura;

    è insensato pensare di invertire il trend della caduta della curva demografica e della natalità zero nel nostro Paese, attraverso l'agevolazione di un ingresso incontrastato di immigrati e clandestini, anche attraverso la semplificazione contenuta nell'ultimo «decreto sicurezza» delle pratiche necessarie per ottenere accoglienza e residenza, non solo per chi provenga da zone teatro di guerra ma anche per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti;

    sul fronte della sicurezza e della lotta all'immigrazione clandestina Fratelli d'Italia ha proposto fin da subito la soluzione del blocco navale: per evitare che il Mediterraneo continui ad essere un mare di morte, regno degli scafisti e delle organizzazioni non governative che, dietro presunte operazioni umanitarie, sono state spesso complici anche involontarie ma non per questo meno colpevoli del traffico di esseri umani; ma Fratelli d'Italia ha anche chiesto in tutte le leggi di bilancio aumenti concreti per gli stipendi delle forze dell'ordine, dei vigili del fuoco e di tutti quelli che ogni giorno lottano contro il crimine, aumenti che troppo spesso per il Governo si sono ridotti a semplice elemosina,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per raddoppiare la percentuale prevista per i ristori una tantum, relativamente alle perdite di fatturato rispetto al precedente esercizio finanziario delle imprese, dei liberi professionisti, dei lavoratori autonomi ammessi a godere del relativo contributo una tantum a fondo perduto, con un ristoro pari ad almeno l'80 per cento della perdita di fatturato relativamente alla annualità 2019 e garantendo un'immediata e corrispondente liquidità nei conti correnti delle imprese e dei liberi professionisti beneficiari della relativa misura;

2) ad adottare iniziative per autorizzare l'accesso ai cosiddetti «ristori» anche per le imprese medie con fatturato fino a 50 milioni di euro e a prevedere come ulteriore condizione un calo medio del fatturato mensile non inferiore al 25 per cento, per garantire, da un lato, a una platea più ampia di imprese la possibilità di accedere alla misura e per non escludere, dall'altro, soggetti anche di piccole dimensioni, come bar, pub e locali di somministrazione al dettaglio, che specie nelle periferie urbane si trovano spesso con un fatturato sensibilmente ridotto, ma non nella misura capestro del 30 per cento;

3) ad adottare iniziative per prorogare la misura del credito di imposta per i canoni di locazione di botteghe e negozi o di immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda fino al 31 dicembre 2021, elevando la percentuale fino al 100 per cento dell'ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell'attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale dell'attività di lavoro autonomo;

4) ad adottare iniziative per introdurre la golden power per tutte le infrastrutture e le aziende strategiche;

5) ad adottare iniziative per rivedere il modello attuale di tassazione progressiva, mirata ad un'ulteriore riduzione delle aliquote più basse in termini di inclusione sociale, andando a semplificare e a ridurre il numero delle aliquote stesse, eliminando quelle intermedie che più penalizzano il ceto medio in difficoltà;

6) ad adottare iniziative per introdurre la flat tax al posto della attuale tassazione progressiva, riducendo le aliquote intermedie ed estendendo l'area «no tax» a vantaggio dei ceti meno abbienti;

7) ad adottare iniziative per abolire il tetto all'utilizzo del contante;

8) ad adottare iniziative per garantire una vera e duratura «pace fiscale» con i contribuenti, considerato che il «condono» per le cartelle esattoriali fino a 5 mila euro maturate entro il 2010 per contribuenti con reddito fino a 30 mila euro annui appare assolutamente insufficiente rispetto alle decine di milioni di cittadini che per oggettive difficoltà economiche hanno accumulato in questi anni pendenze con il fisco;

9) a ribadire la proprietà pubblica delle riserve auree e a riportare in Italia le riserve auree di proprietà dello Stato italiano custodite all'estero;

10) ad adottare iniziative per prevedere l'introduzione di una vera web tax per i giganti del web per garantire una concorrenza più equa;

11) ad adottare iniziative per introdurre una caparra di 30.000 euro per autorizzare l'apertura di attività commerciali gestite da cittadini extra-Unione europea;

12) a rendere effettiva e veloce la cosiddetta vaccinazione di massa, dopo i ritardi accumulati dal precedente Governo e dalla struttura commissariale guidata dall'ex commissario Arcuri, considerato che oggi Paesi come l'Inghilterra, che hanno effettuato una massiccia campagna vaccinale e stanziato ingenti risorse economiche per lo sviluppo in proprio e l'acquisizione del vaccino, stanno riaprendo imprese e attività commerciali e che il rischio, oltre che per la salute, è quello di perdere ulteriore competitività economica rispetto alle Nazioni che si sono mosse prima e meglio dell'Italia;

13) ad adottare iniziative per riformare la formazione universitaria in ambito medico per impedire l'imbuto formativo e la cosiddetta «fuga di cervelli» attraverso l'aumento delle borse di studio per l'iscrizione alle scuole di specializzazione e per una maggiore collaborazione pubblico-privato;

14) a non porre in essere nessun pregiudizio politico, che possa ritardare la disponibilità di vaccini nel nostro Paese, vincolando le scelte ad una mera ricognizione tecnica dei prodotti attualmente esistenti in commercio;

15) a rilanciare un grande piano per la messa in sicurezza del territorio e per il potenziamento delle infrastrutture materiali ed immateriali capaci di ammodernare definitivamente il sistema Paese, attraverso una scelta decisa in favore dell'alta velocità nel trasporto ferroviario da portare anche al Sud dell'Italia, per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, per il completamento del «corridoio ferroviario europeo» e il collegamento attraverso la Val di Susa, per il rilancio definitivo della compagnia aerea di bandiera, per la difesa degli interessi nazionali sul fronte delle nuove tecnologie legate al 5G e alla banda larga ultraveloce;

16) ad adottare iniziative per prevedere un rifinanziamento di 1 miliardo di euro del Fondo nazionale trasporti, per consentire alle regioni e ai comuni di mettere in campo risposte adeguate in termini di potenziamento del trasporto pubblico locale, anche in relazione ai nuovi standard imposti dalla pandemia da COVID-19 ancora in corso;

17) ad adottare iniziative per definire l'assetto e i poteri di Roma capitale, fermi alle disposizioni di cui alla legge n. 42 del 2009 e alle funzioni amministrative conferite, tra l'altro, ancora esclusivamente sotto un aspetto puramente formale, con il decreto legislativo n. 61 del 2012, un impegno tra l'altro preso solennemente in occasione del voto unanime all'ordine del giorno 9/02790-bis-AR/092, a prima firma Meloni, presentato alla Camera ed approvato nel mese di dicembre 2020;

18) a completare le ricostruzioni delle aree colpite da sisma e ad adottare iniziative per prevedere ulteriori stanziamenti per gli operatori della montagna, superando il meccanismo proporzionale sulla differenza dei biglietti venduti nell'anno precedente;

19) a rendere immediate le riaperture di tutte le attività, ristoranti, bar e pub, cinema, teatri, piscine e palestre e a togliere immediatamente quella che i firmatari del presente atto di indirizzo valutano l'inutile misura del coprifuoco alle 22, la cui efficacia in termini di contenimento del contagio non è stata mai provata, né avallata da alcun organismo scientifico qualificato;

20) ad adottare iniziative per prevedere interventi straordinari per chi lavora nei settori dello sport e della cultura, garantendo la riapertura dei luoghi della cultura – teatri, cinema, musei – e sostenendoli attraverso sgravi fiscali, in particolare per le spese relative alla sanificazione e alla sicurezza dei luoghi;

21) ad adottare iniziative per rivedere il decreto-legge n. 130 del 2020, cosiddetto «decreto sicurezza», limitando i casi di accoglienza a quelli strettamente previsti dalle leggi e dalle convenzioni internazionali vigenti, in termini di controlli di frontiera, permesso di soggiorno, accoglienza di richiedenti e riconoscimento della protezione internazionale, anche in considerazione della grave e perdurante crisi economica in cui versa l'Italia, aggravata dall'epidemia di COVID-19;

22) ad evitare l'adozione di iniziative, la cui priorità appare del resto ai firmatari del presente atto di indirizzo incomprensibile nell'attuale fase di pandemia e di crisi economica che l'Italia sta attraversando, che, sotto la formula dello «ius soli» e dello «ius culturae», mirino surrettiziamente ad affrontare il problema del preoccupante calo demografico nel nostro Paese, con l'estensione erga omnes del diritto di cittadinanza, anche a soggetti mossi da motivazioni contingenti, spesso di natura meramente economica, talvolta portatori di principi estranei e incompatibili con la nostra tradizione culturale e non anche di quell'idem sentire che deve caratterizzare sempre il requisito minimo per far parte di una comunità nazionale;

23) ad adottare iniziative per prevedere maggiori stanziamenti per le forze dell'ordine, per un importo ulteriore di un miliardo di euro, in considerazione dell'impegno straordinario profuso per garantire la sicurezza particolarmente in questo ultimo anno di pandemia, anche in relazione alle specifiche ed ulteriori incombenze relative al supporto alla campagna vaccinale di massa nel nostro Paese;

24) a difendere la famiglia tradizionale, come nucleo fondante della società, prima cellula di protezione e difesa delle vecchie e nuove fragilità, e presidio ineludibile per qualunque prospettiva tesa a garantire un futuro prosperoso e florido alla Nazione;

25) ad adottare iniziative per inasprire le pene per chi vandalizza, deturpa, distrugge o rimuove indebitamente opere e monumenti del nostro patrimonio culturale.
(1-00469) «Lollobrigida, Meloni, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

(23 aprile 2021)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

   La Camera,

   premesso che:

    ormai 10 anni fa, nel 2009, il Parlamento italiano ratificava la Convenzione Onu per i diritti per le persone con disabilità, approvata dall'Assemblea delle Nazioni unite nel dicembre 2006;

    l'articolo 19 di detta Convenzione recita: «Le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere (...); le persone con disabilità abbiano accesso ad una varietà di servizi di sostegno domiciliari residenziali e di altro tipo, compresa l'assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere ed essere incluse nella società e impedire che siano isolate o segregate dalla collettività; i servizi e le strutture destinati alla popolazione generale siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattati ai loro bisogni»;

    affinché le persone con disabilità possano veramente vivere una vita indipendente è necessario che riprenda con vigore l'impegno delle istituzioni nazionali e locali per l'abbattimento delle barriere architettoniche;

    l'articolo 24 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», prevede l'obbligo per tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che siano suscettibili di limitare l'accessibilità e la visibilità di essere eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, e successive modificazioni, al regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, alla legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni, e al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236;

    inoltre, sempre per quanto disposto dall'articolo 24 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate, sono dichiarate inabitabili e inagibili;

    l'articolo 26 della sopra citata legge obbliga le regioni a disciplinare «le modalità con le quali i comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi» ed a elaborare «nell'ambito dei piani regionali di trasporto e dei piani di adeguamento delle infrastrutture urbane, piani di mobilità delle persone handicappate»;

    il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 («Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici»), ha dettato disposizioni più specifiche per gli spazi ed edifici pubblici. Più in particolare, l'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 recita: «I progetti relativi agli spazi pubblici e alle opere di urbanizzazione a prevalente fruizione pedonale devono prevedere almeno un percorso accessibile in grado di consentire (...) l'uso dei servizi, le relazioni sociali e la fruizione ambientale anche alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale»;

    in merito a una completa applicazione delle disposizioni di legge relative al superamento delle barriere architettoniche in spazi pubblici, nonché di quelle relative alla fruizione pedonale di aree urbane, resta ancora moltissimo da fare;

    l'abbattimento delle barriere è di fatto un modo per migliorare la qualità della vita di tutti e non deve essere pensato esclusivamente per le categorie di estremo disagio, ma anche per la popolazione di età anziana, per persone colpite da infortunio, per le donne in gravidanza, ma anche per genitori e nonni alle prese con carrozzine o passeggini o per i lavoratori che devono movimentare dei carichi;

    è quindi necessario attivarsi per avere un quadro chiaro e completo sul reale adempimento delle normative in materia, sia in riferimento all'edilizia pubblica che in riferimento agli spazi di mobilità urbana,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per effettuare, in accordo con regioni ed enti locali, un censimento degli immobili ed edifici pubblici non in regola con le norme relative al superamento delle barriere architettoniche;

2) a promuovere analogo censimento sullo stato dell'usufruibilità della viabilità pubblica;

3) a promuovere un piano a lungo termine di investimenti pubblici per intervenire e sanare le situazioni risultate non in regola con le normative in materia;

4) ad adottare iniziative per rifinanziare il fondo di cui all'articolo 10 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, onde favorire l'abbattimento delle barriere architettoniche anche negli edifici privati.
(1-00212) «Novelli, Dall'Osso, Versace, Mugnai, Bagnasco, Pedrazzini, Bond, Brambilla, Occhiuto».

(25 giugno 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Crpd), ratificata dall'Italia con legge n. 18 del 2009, sancisce il diritto umano all'accessibilità delle persone con disabilità (articoli 3 e 9 Crpd);

    è, tra l'altro, la mancanza di accessibilità che crea la cosiddetta «disabilità», definibile quale la conseguenza o il risultato di una complessa interazione tra, da una parte; la condizione di salute in senso stretto della persona (caratterizzata o meno da certe limitazioni funzionali) e, dall'altra, i cosiddetti «fattori contestuali», ovverosia un ambiente – fisico e sociale – escludente, che impedisce la partecipazione e lo sviluppo della personalità di ciascuno, secondo le proprie legittime aspirazioni (Organizzazione mondiale della sanità 2001, Classificazione ICF);

    la mancanza di accessibilità non è soltanto una violazione dei diritti umani, ma anche un pesante deficit per il nostro tessuto economico e produttivo, in quanto non permette a milioni di persone – italiane e di Paesi esteri - di accedere al lavoro e produrre reddito nel nostro Paese, nonché di fruire dei più svariati servizi e beni di consumo, elemento che è particolarmente significativo in un Paese ad altissima vocazione turistica, come l'Italia;

    in altre parole, garantire una piena ed efficace accessibilità a tutte e tutti, in tutti gli ambiti della vita, rappresenta un importantissimo «volano» per l'economia (Commissione europea – DG Enterprise and Industry, 2014);

    il diritto all'accessibilità è da intendere in senso ampio, come accessibilità non soltanto fisica o materiale, ma anche all'informazione e alla comunicazione, che deve essere garantita dagli Stati parti a tutte le persone con disabilità su base di eguaglianza con gli altri, sia nelle aree urbane che in quelle rurali e con riferimento a:

     (i) ambiente fisico: trasporti, edifici, viabilità ed altre strutture cosiddette «interne» ed «esterne» (esempio scuole, alloggi, strutture sanitarie, luoghi di lavoro, luoghi e servizi turistici, luoghi per l'esercizio del diritto di voto, tribunali, uffici pubblici, attrezzature ed altri ambienti o servizi aperti e/o forniti al pubblico);

     (ii) ambiente virtuale: tecnologie di informazione e comunicazione, servizi informatici e di emergenza ed altri servizi aperti e/o forniti al pubblico (articoli 3, 9 e 21 Crpd);

    il diritto all'accessibilità è sia diritto in sé e per sé, sia diritto fondamentale «funzionale», presupposto imprescindibile per il godimento di tutti gli altri diritti della persona umana, perché la sua garanzia consente alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente, di compiere le proprie scelte e di partecipare a tutti gli aspetti della vita su base di eguaglianza con gli altri (articoli 9, 19, 20, 21, 29 e 30 Crpd);

    è compito della Repubblica, a tutti i livelli, «rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti (...) all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (articolo 3 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 2 e 32 della Costituzione);

    a tale proposito, la Corte costituzionale ha affermato che la «mancanza di accessibilità abitativa, non può non determinare quella disuguaglianza di fatto impeditiva dello sviluppo della persona che il legislatore deve, invece, rimuovere (...), ledendo più in generale il principio personalista che ispira la Carta costituzionale e che pone come fine ultimo dell'organizzazione sociale lo sviluppo di ogni singola persona umana» e «comport[ando] anche una lesione del fondamentale diritto (...) alla salute intesa quest'ultima nel significato, proprio dell'articolo 32 della Costituzione, comprensivo anche della salute psichica la cui tutela deve essere di grado pari a quello della salute fisica» (così Corte costituzionale, sentenza n. 167 del 1999);

    non esiste accessibilità senza garanzia dei diritti fondamentali alla «progettazione universale» e all'«accomodamento ragionevole»;

    per accomodamento ragionevole si intendono «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» (articolo 2 Crpd);

    il rifiuto di un accomodamento ragionevole integra una discriminazione fondata sulla disabilità, illegittima sul piano internazionale, europeo e nazionale, nonché – in quanto tale – censurabile dinanzi ad un giudice, sia nei confronti di soggetti privati sia nei confronti delle autorità pubbliche (articolo 1 Crpd; direttiva 2000/78/CE; legge n. 67 del 2006; decreto legislativo n. 216 del 2003, come modificato nel 2013);

    per progettazione universale si intende «la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate», diritto che in ogni caso «non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari» (articolo 2 Crpd);

    l'Unione europea e il Consiglio d'Europa – ciascuno secondo il proprio ambito di competenze – impongono agli Stati membri l'obbligo di garantire alle persone con disabilità, in condizioni di eguaglianza rispetto al resto della popolazione, l'accesso generalizzato a beni e servizi (esempio oggetti e prodotti tecnologici e di telefonia, e-commerce, servizi bancari, infrastrutture, trasporti, informazioni e mezzi di comunicazione, servizi d'emergenza, siti web e app mobile di enti pubblici), sia con riferimento a beni e servizi già esistenti, sia rispetto a quelli di nuova progettazione – da attuare secondo i principi del cosiddetto «Universal Design» o del «Design for All» (Regolamento (CE) n. 661 del 2009, Regolamento (UE) n. 1107 del 2006, Regolamento (UE) n. 1371 del 2009; direttive (UE) n. 2019/882 e n. 2016/2102; Strategia europea sulla disabilità 2021-2030; Strategia per le persone con disabilità 2017-2023 del Consiglio d'Europa);

    lo Universal Design delinea un paradigma di progettazione universale (di spazi, tempi, servizi, oggetti, edifici, e altro) inclusivo non soltanto delle persone con disabilità, ma di tutte e tutti; l'ambiente diventa così «antropizzato», ovverosia a misura di tutti i suoi cittadini, qualunque sia la loro complessità identitaria, le loro caratteristiche ed i loro bisogni; in altre parole, si tratta di progettare prodotti e ambienti utilizzabili da tutte le persone, nella misura più ampia possibile, senza necessità di adattamento o progettazione specializzata;

    la variante europea del Design for All – elaborata dall'Eidd (Istituto europeo per il design e la disabilità) nel 2004 – si autodefinisce «il design per la diversità umana, l'inclusione sodale e l'uguaglianza», per la garanzia delle pari opportunità in ogni aspetto della vita sociale; di conseguenza, ogni cosa progettata deve essere: accessibile, comoda da usare per ognuna capace di rispondere all'evoluzione della diversità umana;

    quanto al contesto nazionale, la legge n. 118 del 1971 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili) prevede che in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico, compresi i trasporti, possa essere impedito l'accesso alle persone con disabilità «non deambulanti», così come che nei nuovi edifici pubblici, nonché in quelli di interesse sociale debbano necessariamente mancare o essere rimosse eventuali barriere architettoniche (articolo 17);

    la legge finanziaria n. 41 del 1986 sancisce che per gli edifici pubblici già esistenti e non ancora adeguati agli standard di accessibilità «dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche (...)» (articolo 32, comma 21);

    il decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 (Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici), statuisce che «nell'elaborazione degli strumenti urbanistici le aree destinate a servizi pubblici sono scelte preferendo queste che assicurano la progettazione di edifici e spazi privi di barriere architettoniche» (articolo 3) e detta norme specifiche con riferimento a parcheggi, circolazione e sosta dei veicoli, contrassegno speciale, edifici scolastici, trasporto tranviario, automobilistico e metropolitano, trasporto ferroviario, navigazione marittima;

    il medesimo decreto del Presidente della Repubblica rinvia poi alla disciplina di cui al decreto ministeriale n. 236 del 1989 (di attuazione della legge n. 13 del 1989, Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati – oggi trasfusa nel T.U. dell'edilizia, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 77 e seguenti), per quanto concerne arredo urbano, scale e rampe, servizi igienici pubblici, spazi pedonali, norme generali sugli edifici, unità ambientali e loro componenti – estendendo in molta parte a edifici, spazi e servizi pubblici quanto previsto per gli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica;

    il decreto ministeriale n. 236 del 1989 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche) introduce all'articolo 2 – a seconda della tipologia di spazi e ambienti – i concetti di:

     (i) «accessibilità»: la possibilità di raggiungere un edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di poter fruire dei suoi spazi e attrezzature in condizioni di eguaglianza con gli altri, nonché di adeguata sicurezza e autonomia (esempio scuole, ospedali, tribunali, uffici pubblici);

     (ii) «adattabilità»: sorta di «accessibilità differita» o possibilità di modificare nel tempo lo spazio già progettato e costruito a costi sostenibili, affinché lo stesso, in origine escludente rispetto alle persone con disabilità, diventi completamente e agevolmente fruibile a tutti (esempio possibilità di installare un ascensore e/o un servo scala negli edifici con più di tre piani);

     (iii) «visitabilità»: la possibilità di accesso limitatamente ad una parte dell'edificio o delle unità immobiliari, in modo che sia consentita la fruizione degli spazi di relazione (esempio zone o posizioni riservate per assistere alle funzioni religiose e agli spettacoli);

    la legge n. 104 del 1992 contiene diverse disposizioni inerenti all'eliminazione delle barriere architettoniche, alla mobilità e ai trasporti e – con statuizione di portata generale – sancisce che l'inclusione della persona non può che realizzarsi, tra gli altri aspetti, mediante la garanzia dell'accesso agli edifici pubblici e privati e l'eliminazione o il superamento delle barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, nonché per mezzo di provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e, contestualmente, l'organizzazione di trasporti specifici (articolo 8);

    la medesima legge, inoltre, stabilisce l'obbligo da parte dei comuni di integrare i Peba (Piani di eliminazione delle barriere architettoniche – di cui alla sopra citata legge n. 41 del 1986, articolo 82, comma 21) con il piano di accessibilità urbana (articolo 24, comma 9);

    è poi prevista l'erogazione di sanzioni per la violazione delle norme a tutela della partecipazione sociale e dell'accessibilità delle persone con disabilità, così come si prevede che le opere in edifici pubblici o aperti al pubblico realizzate in modo difforme dalle disposizioni vigenti debbano essere dichiarate «inabitabili» o «inagibili» laddove tale difformità renda le stesse inutilizzabili da parte delle persone con disabilità (articoli 23 e 24, della legge n. 104 del 1992, nonché articolo 82 T.U. edilizia);

    ancora, la legge n. 4 del 2004 e il decreto del Presidente della Repubblica n. 75 del 2005 si occupano di garantire che gli enti pubblici e le pubbliche amministrazioni tutelino «il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici», «eroga[ndo] servizi e forn[endo] informazioni fruibili, senza discriminazioni» (articoli 1 e 2);

    tuttavia, molte delle disposizioni appena descritte risultano, ad oggi, frequentemente violate e disattese, come attestato dai dati disponibili in materia;

    per citare alcuni degli ambiti di maggiore violazione del diritto all'accessibilità, dal mondo della scuola emergono carenze preoccupanti: soltanto il 31,5 per cento delle scuole ha abbattuto le barriere architettoniche, percentuale che «crolla» addirittura al 17,5 per cento in caso di barriere senso-percettive, con differenze marcate tra regioni; mancano inoltre gli insegnanti ed il personale specializzato (ad esempio assistenti educativi), che spesso non risultano comunque essere adeguatamente formati in materia di accessibilità fisica, sensoriale e/o alla comunicazione (Istat 2019; Istat 2020);

    la mancanza di accessibilità pregiudica le relazioni sociali tra gli studenti con disabilità e il resto della classe, sia rispetto alla fruizione delle lezioni, sia rispetto ai rapporti interpersonali, dentro e fuori dall'aula scolastica (esempio partecipazione a gite), creando stigma e isolamento e pregiudicando lo sviluppo della propria personalità (Istat 2019);

    con riferimento al turismo accessibile, l'Unione europea ha stimato come in Europa soltanto il 9 per cento delle strutture siano accessibili alle persone con disabilità, con una perdita di mercato potenziale di almeno 400 miliardi di euro;

    in questo contesto, l'Italia si colloca agli ultimi posti della classifica relativa all'accessibilità – assieme a Ungheria, Estonia, Slovacchia, Belgio, Bulgaria, Croazia e Romania (Commissione europea 2018);

    come detto, il dato è particolarmente allarmante non soltanto con riferimento alla garanzia dei diritti fondamentali delle persone con disabilità, ma anche in relazione alle perdite economiche ingenti che produce, in un Paese, come il nostro, a vocazione turistica e culturale – con riferimento al patrimonio naturale e paesaggistico, museale ed archeologico: più nel dettaglio, si stima la perdita di una cifra pari ad almeno il 20 per cento del fatturato annuale (Commissione europea – DG Enterprise and Industry, 2014);

    la situazione non è migliore sotto il profilo della salute e del diritto alla protezione dalla violenza, registrandosi su tutto il territorio nazionale preoccupanti e numerosi di casi di inaccessibilità dei centri antiviolenza e delle case rifugio, dei percorsi ospedalieri e di acquisizione del consenso informato, nonché degli ambulatori e dei macchinari di cui ai servizi di ginecologia e ostetricia (Comitato Onu 2016; Irpps-CNR 2018; Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane – Spes contra Spem 2016; Rapporto Uildm 2013);

    il sopra citato obbligo di redazione dei Peba, rivolti al superamento delle barriere in edifici pubblici, privati ad uso pubblico e nel contesto di pertinenza dei medesimi edifici risulta ampiamente disatteso in quasi ogni regione d'Italia, con percentuali che arrivano fino a oltre il 90 per cento di comuni non dotati di Peba (Anci 2018);

    altrettanto disatteso è l'obbligo di redazione dei piani di accessibilità urbana (Pau) ex articolo 24, comma 9, della legge n. 104 del 1992, che estende l'obbligo di accessibilità a tutti gli spazi urbani (strade, piazze, parchi, giardini, arredo urbano, parcheggi, trasporto pubblico e altro);

    entrambe le disposizioni, peraltro, non specificano gli standard minimi e inderogabili di accessibilità, da attuare mediante la redazione dei Piani su tutto il territorio nazionale, con una conseguente ed allarmante disomogeneità nell'attuazione di un diritto – quello all'accessibilità – avente substrato costituzionale; l'assenza di indicazioni comuni tecnico-operative, sulla mappatura di luoghi ed edifici, sugli obiettivi da perseguire e sugli strumenti e metodi di monitoraggio, infatti, fa sì che in alcuni casi i piani si traducano in mere petizioni di principio, prive di reale efficacia in concreto;

    non ultimo, vi è poi il tema della effettiva garanzia del diritto costituzionale al voto, che spesso le persone con disabilità non possono esercitare liberamente e segretamente, a causa di ostacoli e barriere architettoniche, ambientali, sensoriali e alla comunicazione (Cese 2019);

    con specifico riferimento alla partecipazione alla vita politica italiana, inoltre, il Comitato delle Nazioni Unite si è definito preoccupato «perché le persone con disabilità intellettiva e/o psicosociali non ricevono un sostegno adeguato per poter esercitare il diritto di voto» (Comitato Onu 2016, n. 3);

    la mancanza di accessibilità agli spazi e/o agli strumenti mediante i quali esercitare il diritto di voto priva la rappresentanza politica – tutta, senza eccezioni – di una grossa fetta di base elettorale, con evidenti implicazioni relative alla piena attuazione del principio di democrazia rappresentativa e dell'articolo 48 della nostra Costituzione;

    più in generale, con riferimento al nostro Paese, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità si è definito «preoccupato per l'insufficienza delle informazioni sui reclami e il monitoraggio degli standard di accessibilità [dei siti web, dei servizi di emergenza, del trasporto pubblico, degli edifici e delle infrastrutture] compresi quelli relativi all'utilizzazione di gare d'appalto pubbliche, per la carente applicazione e la mancanza di sanzioni in caso di inosservanza» ed ha raccomandato di rafforzare la raccolta dei dati e gli strumenti di monitoraggio e sanzionatori, per garantire che vengano rispettati gli standard di accessibilità, nonché – tra gli altri aspetti – di potenziare il trasporto pubblica «per garantire l'accesso a sistemi di trasporto sicuri, economicamente accessibili e sostenibili per tutti» (Comitato Onu 2016, nn. 21 e 22);

    il Comitato ha poi evidenziato «la carenza dei dati riguardanti la scarsa disponibilità di comunicazioni accessibili in tutto il settore pubblico, tra cui il settore dell'istruzione», raccomandando «una verifica e un piano d'azione per garantire in tutti i settori pubblici la fornitura di servizi di assistenza», tra cui rientra senz'altro quella educativa e la continuità didattica (nn. 23 e 24);

    la situazione descritta, inoltre, è stata di recente ulteriormente aggravata dalla pandemia da Covid-19, durante la quale le persone con disabilità e/o anziane non autosufficienti hanno assistito ad un arretramento dei loro diritti all'accessibilità e alla vita indipendente, se non ad una vera e propria violazione degli stessi (report Alto Commissariato delle Nazioni Unite 2020; EDF 2021; CESE 2021; Istat 2020; Istat 2021);

    molte delle disposizioni di cui alla normativa nazionale, oltre che inapplicate, risultano – allo stato attuale – spesso tra loro contraddittorie, perché frutto di stratificazione normativa, nonché ormai ampiamente superate, a seguito dello sviluppo dei principi della Universal Design (progettazione universale, accomodamenti e soluzioni ragionevoli), nonché del loro recepimento normativo nella Convenzione delle Nazioni Unite e nel diritto dell'Unione europea, entrambe fonti giuridiche vincolanti per istituzioni e autorità pubbliche nazionali, a tutti i livelli;

    inoltre, la disciplina sopra descritta risulta parziale, poiché l'accessibilità è un concetto complesso, dinamico e multiforme, che deve necessariamente comprendere sia l'accessibilità fisica o materiale (ad esempio agli spazi, agli ambienti, ai trasporti, ai servizi, ai beni o prodotti), sia quella virtuale (alle tecnologie, all'informazione, alla comunicazione), e deve essere declinata – in quanto diritto fondamentale della persona umana – con riferimento a qualsiasi tipo di disabilità (fisica, motoria, sensoriale, intellettiva, psichica e altro);

    in altre parole, l'accessibilità non deve e non può mai essere limitata al solo abbattimento delle barriere architettoniche e all'accessibilità dei siti internet, affinché tutte le persone con disabilità – qualsiasi sia la propria disabilità – siano pienamente cittadini, alla pari di tutti gli altri e in tutti gli ambiti della vita umana, in attuazione del principio di eguaglianza formale e sostanziale, di cui alla nostra Costituzione;

    di conseguenza, anche alla luce dei dati sopra esaminati, la disciplina nazionale necessita di revisione, aggiornamento ed implementazione, in attuazione dei principi di accessibilità, progettazione universale e accomodamento ragionevole sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite e dal diritto dell'Unione europea, entrambi vincolanti per le autorità pubbliche italiane;

    questa necessità, peraltro, è stata fortemente evidenziata anche dall'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità nel Secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità in attuazione della legislazione nazionale e internazionale ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge 3 marzo 2009, n. 18, adottato con decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017, che delinea – tra le altre – le seguenti azioni: revisione e adeguamento della disciplina sull'accessibilità, interventi afferenti all'area mobilità e trasporti, interventi per l'accessibilità dei servizi della pubblica amministrazione, implementazione del turismo accessibile e dell'accessibilità al patrimonio culturale, azioni di monitoraggio e di raccolta dati,

impegna il Governo:

1) ad applicare il cosiddetto «principio del mainstreaming» in tema di disabilità, prendendo in considerazione la necessità di garantire i diritti delle persone con disabilità – con particolare riferimento al diritto all'accessibilità – in tutte le politiche e in ciascuna materia affrontata, nonché in tutti gli interventi infrastrutturali – quale, in primo luogo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

2) ad applicare il principio «nothing about us without us», consultando necessariamente le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative nella predisposizione delle politiche, ivi incluse quelle relative all'accessibilità, nonché coinvolgendole attivamente nel loro monitoraggio – come richiesto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia e dunque vincolante (articoli 4 e 33);

3) ad assumere tutte le iniziative necessarie per assicurare pienamente il diritto all'accessibilità, tenendo conto che lo stesso «attiene (...) al livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n. 111 del 2014), ed in particolare ad assumere iniziative volte a:

   a) monitorare e assicurare il pieno e puntuale rispetto delle leggi già vigenti in materia di accessibilità, sia fisica/materiale, sia all'informazione e alla comunicazione e a predisporre regolamenti, protocolli e linee guida efficaci in materia;

   b) aggiornare – nell'ambito delle proprie competenze (compresi regolamenti, decreti, linee guida, protocolli) – la disciplina vigente, predisponendo nuove norme in materia di progettazione universale e accomodamento ragionevole, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità;

   c) realizzare una mappatura: dei comuni che hanno adempiuto efficacemente all'obbligo di predisposizione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche e di accessibilità urbana; degli immobili ed edifici pubblici non ancora in linea con gli standard di accessibilità; dello stato di accessibilità di trasporti e viabilità pubblica;

   d) garantire il diritto alla mobilità delle persone con disabilità, anche promuovendo l'adozione di misure uniformi su tutto il territorio nazionale che consentano la sosta gratuita nelle cosiddette Strisce blu ai titolari del contrassegno di cui all'articolo 188 del codice della strada;

   e) adottare linee guida volte a supportare le autorità amministrative competenti nella redazione dei piani di cui alla lettera c), al fine di promuovere l'adozione ed effettiva applicazione di criteri realmente omogenei sull'intero territorio nazionale;

   f) porre in essere le azioni di cui alle lettere precedenti in stretta collaborazione con le regioni, mediante l'attività della Conferenza Stato-regioni, nonché mediante stretto raccordo tra tutte le Amministrazioni competenti;

   g) assicurare – anche attraverso iniziative di formazione specifica e continua – che tutti i professionisti ed il personale della pubblica amministrazione e dei servizi di pubblica utilità, nei diversi ambiti (esempio istruzione, lavoro, salute, giustizia, protezione dalla violenza, mobilità e trasporti, accesso alla p.a. e all'informazione, turismo, attività culturali e ricreative, situazioni di emergenza, partecipazione alla vita politica), siano adeguatamente e professionalmente formati in materia di accessibilità, progettazione universale, accomodamenti ragionevoli e vita indipendente, come richiesto dalla Convenzione delle Nazioni Unite e dal diritto antidiscriminatorio europeo nonché nazionale;

4) a promuovere e sviluppare la ricerca, l'utilizzazione e la diffusione di beni e servizi, nonché la creazione di spazi, ambienti, ausili e tecnologie progettati universalmente, anche prevedendo meccanismi premiali – anche all'interno dei bandi di gara – per i progetti che rispondono agli standard di accessibilità e ai principi dello Universal Design (progettazione universale e accomodamento ragionevole, ex articolo 2 Crpd);

5) ad assumere iniziative volte ad assicurare che i tecnici incaricati della progettazione e della direzione dei lavori di opere pubbliche abbiano competenze adeguate in materia di accessibilità, progettazione universale e accomodamenti ragionevoli;

6) a promuovere un Piano nazionale sull'accessibilità, la progettazione universale e gli accomodamenti ragionevoli, per supportare – tra gli altri – gli investimenti nel campo del turismo e della cultura accessibili, nonché iniziative di informazione e sensibilizzazione sul tema;

7) ad adottare iniziative per assicurare il rifinanziamento periodico e adeguato del Fondo per il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (articolo 10 della legge n. 13 del 1989);

8) più in generale, ad attuare, per quanto di propria competenza, le iniziative previste dalla Linea di intervento 6 (Promozione e attuazione dei principi di accessibilità e mobilità), di cui al Secondo programma di azione biennale, citato in premessa e adottato con decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017.
(1-00471) «Noja, Boschi, Rosato, Fregolent, Gadda, Paita, Ungaro, Moretto, Occhionero, Annibali».

(26 aprile 2021)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE DI COMPETENZA IN RELAZIONE AL NUOVO QUADRO NORMATIVO IN MATERIA DI INADEMPIENZA BANCARIA E CREDITI DETERIORATI

   La Camera,

   premesso che:

    il 1° gennaio 2021 sono entrate in vigore le nuove norme in materia di inadempienza bancaria dettate dall'Eba – European banking Authority – l'Autorità bancaria europea (EBA/GL/2016/07 e EBA/RTS/2016/06), che introducono soglie più restrittive ed accentuano la prociclicità, accrescendo i crediti deteriorati;

    le esposizioni verso una banca o un intermediario finanziario sono classificate come deteriorate se il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni consecutivi (180 giorni per le amministrazioni pubbliche) e, al contempo, l'obbligazione è considerata rilevante, ovverossia abbia superato una prefissata soglia di materialità; dal 1° gennaio 2021 tale soglia è diventata, per l'appunto, più stringente, comportando una nuova nozione di default o «credito deteriorato» che individua lo stato di inadempienza di un cliente verso la banca;

    nello specifico, il nuovo quadro normativo prevede che la classificazione a «default» avvenga automaticamente quando un debito scaduto considerato rilevante superi tutte e due le soglie previste dal regolamento, ovvero:

     a) la soglia assoluta di 100 euro per le esposizioni al dettaglio e di 500 euro per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio;

     b) la soglia relativa dell'1 per cento dell'esposizione verso una controparte;

    allorquando, dunque, lo sconfinamento supera la soglia di rilevanza, vale a dire superi contemporaneamente entrambe le soglie a) e b) testé citate, e si protragga per oltre 90 giorni consecutivi, è automatica la classificazione in default, con la conseguenza che il cliente correntista finirebbe nella categoria di cattivo pagatore e tutta la sua esposizione verso la banca verrebbe etichettata come «non performing loan» (npl); soltanto dopo ulteriori 90 giorni consecutivi di «buon stato di salute» il correntista ritorna «in bonis»;

    indubbiamente l'entrata in vigore della nuova disciplina è coincisa con un periodo di incertezza economica legata alla pandemia da COVID-19 e proprio in considerazione del periodo di difficoltà economica si rilevano una serie di criticità, che vanno affrontate per evitare una restrizione dell'offerta di credito, assolutamente deleteria nel contesto attuale, ed impatti sociali sulle famiglie e sulle imprese; sarebbe auspicabile pertanto un intervento per modificare e adattare temporalmente la normativa per garantire il massimo supporto all'economia reale e la tenuta del tessuto produttivo;

    altra novità rispetto al passato riguarda le compensazioni tra diverse esposizioni del debitore verso la banca e la possibilità – un tempo consentita – di compensare gli importi scaduti con le linee di credito aperte e non utilizzate (cosiddetti margini disponibili); tale eventualità non è più ammessa e dal 1° gennaio 2021 è necessario, in questi casi, che il debitore si faccia parte attiva utilizzando eventuali margini disponibili per far fronte al pagamento scaduto;

    Unimpresa prevede un quadro allarmante per i risparmiatori italiani, sottolineando il pericolo di un improvviso arresto a tutta una serie di pagamenti e la criticità «per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e anche per molte famiglie di non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica a causa degli effetti economici della pandemia COVID-19, sono fondamentali per far fronte ai pagamenti di utenze o altri adempimenti, come gli stipendi e i contributi previdenziali, le rate di finanziamenti e mutui»;

    si registrano protesta e preoccupazione unanime da parte di molte associazioni di categoria (Confartigianato, Alleanza delle cooperative italiane, Casartigiani, Cia agricoltori italiani, Claai, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confcommercio, Confedilizia, Confesercenti, Confetra, ConfimiIndustria, Confindustria), che, in una lettera alle istituzioni europee inviata congiuntamente e unanimemente nel mese di dicembre 2020, hanno avanzato la richiesta di intervenire urgentemente su alcune norme in materia bancaria che, pensate in un contesto completamente diverso da quello attuale e caratterizzate da un eccesso di automatismi, rischiano di compromettere irrimediabilmente le prospettive di recupero dell'economia italiana ed europea;

    i timori, peraltro, non riguardano solo l'eventuale blocco dei depositi bancari, bensì anche gli effetti sulle concessioni di prestiti e sulla necessità di liquidità per molte imprese, partite Iva, famiglie;

    è evidente l'alto rischio di una fortissima stretta al credito, quale inevitabile conseguenza delle segnalazioni alla centrale rischi e della riclassificazione degli affidamenti della clientela in caso di piccoli sconfinamenti;

    la classificazione di un'impresa in stato di default, difatti, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le esposizioni nei confronti della banca, con probabili ripercussioni negative anche su altre imprese ad essa economicamente collegate ed esposte nei confronti del medesimo intermediario finanziario;

    la Banca d'Italia, dal canto suo, ha emesso una nota e pubblicato una sezione di Faq sul proprio sito, ove ha precisato che i nuovi requisiti, sebbene più stringenti, non introducono un vero e proprio divieto per gli istituti bancari e intermediari finanziari sullo sconfinamento oltre la disponibilità presente sul conto corrente, ovvero oltre il limite dell'eventuale fido, giacché la possibilità di sconfinare non è un diritto del cliente, bensì una facoltà concessa dalla banca e che le nuove regole non modificano la sostanza delle segnalazioni alla centrale dei rischi, poiché riguardano esclusivamente il modo in cui le banche e gli intermediari finanziari devono classificare i clienti a fini prudenziali, ossia ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali;

    tale nota di Banca d'Italia, tuttavia, non elimina completamente il timore che le banche nel momento in cui cambia per loro il modo di classificare i clienti, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali, possano avere un diverso approccio di trattamento dei propri clienti medesimi rispetto al passato, stante che la condizione di default sarà per la banca sinonimo di cattiva qualità del credito e rifletterà negativamente sul relativo costo;

    si segnala la posizione dell'Abi – Associazione bancaria italiana che, per il tramite di un articolo di stampa a firma del suo vicepresidente, ha tenuto a ribadire la propria contrarietà al nuovo quadro normativo sin dal 2015, quando le nuove regole erano state proposte;

    all'uopo si evidenzia che le stesse nuove regole sono state formalizzate nel 2019, vale a dire in uno scenario ben diverso dal contesto socio-economico attuale, caratterizzato da una forte crisi economica ed occupazionale per effetto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 tuttora in corso; se dunque le medesime regole potevano già essere penalizzanti in un contesto economico di «normalità», a maggior ragione diventano oltremodo nuocenti in una fase post pandemica in cui per la ripresa è inevitabilmente necessaria maggiore semplicità e facilità di accesso al credito;

    nella lettera inviata dall'Abi il 15 marzo 2021 alle istituzioni europee e a quelle italiane, è stato espressamente richiesto di continuare a garantire liquidità alle imprese e ottimizzare l'attuale disciplina del Temporary framework sugli aiuti di Stato in relazione all'evoluzione della situazione. In particolare: «Il prolungarsi della crisi sanitaria determinata dalla diffusione del COVID-19 continua a incidere negativamente sulle attività di impresa e allontana per molte di esse la ripresa. Tale grave situazione ha evidenti rilevanti impatti non solo economici e sociali. È quindi ancora fondamentale sostenere le imprese, evitando che esse perdano capacità produttiva (...) In particolare, con riferimento al tema della liquidità, è necessario che le banche possano accordare alle imprese e alle famiglie nuove moratorie di pagamento dei finanziamenti e prorogare le moratorie in essere, senza l'obbligo di classificazione del debitore in forborne o, addirittura, in default secondo la regolamentazione europea in materia, riattivando la flessibilità che l'Eba aveva concesso alle banche europee all'inizio della crisi economica. (...) È necessario estendere la garanzia pubblica da sei anni a non meno di quindici anni. Ciò consentirebbe alle imprese di diluire il proprio impegno finanziario su un arco di tempo più lungo, avendo a disposizioni maggiori risorse per affrontare la fase della ripresa con successo»;

    è indubbio che il grande shock economico e sociale provocato dalla pandemia ed il conseguente coinvolgimento delle banche europee per sostenere famiglie e imprese in questo particolare momento, mediante moratorie, prestiti ed altri tipi di assistenza finanziaria correlata all'emergenza COVID-19, abbia sottolineato l'importanza di garantire non soltanto un certo volume di credito, ma anche una certa flessibilità al credito medesimo e, a tal fine, sospendere, allentare o ricalibrare, almeno temporaneamente, la nuova regolamentazione sui non performing loan, la cui attuale rigidità rischia una massa di non performing loan, per la spaventosa cifra di 1.400 miliardi di euro nell'Unione europea;

    ad evidenza che le decisioni operative dell'Eba non sempre risultano essere uniformi al proprio mandato di vigilanza finanziaria, si rammentano le recenti dichiarazioni dell'avvocato generale della Corte di giustizia dell'Unione europea, secondo cui la Corte medesima dovrebbe dichiarare invalidi gli orientamenti Eba sui dispositivi di governance e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio, avendo l'Eba agito al di fuori dei suoi poteri;

    da ultimo, la Ministro della giustizia, illustrando presso la Commissione giustizia alla Camera dei deputati le linee guida del suo Ministero, ha sottolineato che per contrastare la possibile esplosione del contenzioso civile legato agli squilibri generati dagli effetti economici della pandemia la giustizia preventiva e consensuale rappresenta una strada necessaria, quando cesseranno gli effetti dei provvedimenti che bloccano controversie relative all'esecuzione di sfratti, licenziamenti e contratti commerciali. La stessa Ministra della giustizia si è detta favorevole a «misure alternative di risoluzione delle controversie, come mediazione, negoziazione e conciliazione (...) offrendo al giudice la possibilità di incoraggiare misure alternative (...)», anche attraverso misure premiali,

impegna il Governo:

1) ad adottare con urgenza ogni utile iniziativa di competenza volta a sostenere l'incremento di offerta di credito a beneficio di famiglie, imprese e partite Iva nel 2021 rispetto al 2020;

2) a promuovere, in raccordo con gli istituti creditizi, una capillare campagna informativa sulla mutata normativa europea;

3) a promuovere l'attuazione di politiche a livello comunitario che concorrano al progressivo riassorbimento dei debiti determinati dalla pandemia, anche attraverso il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese non finanziarie e anche con riferimento alle filiere che caratterizzano il tessuto produttivo italiano;

4) ad adottare iniziative per verificare con le competenti istituzioni europee la possibilità di modificare il Temporary framework sugli aiuti di Stato al fine di estendere la durata del limite temporale per gli aiuti sotto forma di garanzia sui prestiti a quindici anni dagli attuali sei;

5) ad adottare iniziative per continuare ad assicurare liquidità alle imprese e garantirne la solvibilità sino al termine dell'emergenza e, comunque, a prorogare fino al 31 dicembre 2021:

   a) la moratoria in favore delle micro, piccole e medie imprese relativamente all'apertura di credito e concessione di prestiti non rateali o prestiti e finanziamenti a rimborso rateale, nonché l'operatività dell'intervento straordinario in materia di garanzie erogate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese a supporto della liquidità delle piccole e medie, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 23 del 2020;

   b) l'operatività del Fondo patrimonializzazione piccola media impresa, di cui all'articolo 26 del decreto-legge n. 34 del 2020, valutando altresì la possibilità di abbassare le soglie di accesso al Fondo da 5-10 milioni a 2 e 5 milioni di euro;

   c) l'operatività delle disposizioni di cui all'articolo 32 del decreto legge n.34 del 2020 in materia di Garanzia cartolarizzazione sofferenze – Gacs;

6) ad adottare iniziative per verificare la possibilità di prorogare il termine del periodo transitorio, attualmente fissato al 31 dicembre 2021, entro il quale agli intermediari finanziari non appartenenti a gruppi bancari è consentita l'applicazione dei criteri antecedenti la nuova disciplina per la classificazione a default dei crediti;

7) a farsi promotore, in sede europea, di un'ulteriore iniziativa volta a disapplicare la disciplina del backstop prudenziale per un periodo di due anni, al fine di evitare il rischio di prociclicità dell'erogazione del credito in una fase ciclica ancora così debole;

8) ad adottare iniziative per eliminare alla radice il motivo principale generante l'accumulazione di non performing loan, stante la situazione di perdurante lockdown, causa pandemia, la conseguente attività ridotta o ferma di molti tribunali civili, con posticipo e ritardi delle procedure di esecuzione delle garanzie, e il correlato rischio di una crescita esponenziale della crisi economica, dei fallimenti di imprese e della perdita di posti di lavoro;

9) ad assumere ogni utile iniziativa di competenza, in tutte le sedi opportune, quanto meno per le banche meno significative soggette alla vigilanza delle competenti autorità nazionali, finalizzata – come consentito dal regolamento delegato (UE) 171/2018 – a fissare una soglia di rilevanza relativa superiore all'1 per cento e comunque non superiore al 2,5 per cento;

10) a mettere in atto ogni iniziativa volta ad incentivare, anche attraverso l'adozione di iniziative per introdurre misure fiscali ad hoc, soluzioni di mercato e su base volontaristica volte a favorire la gestione dei crediti in sofferenza, nonché accordi transattivi tra debitori e banche, anche al fine di ridurre gli effetti restrittivi sull'offerta di credito derivanti dal «calendar provisioning»;

11) ad adottare iniziative di competenza per raccordarsi con le autorità preposte alla vigilanza nazionale ed europea – pur nel rispetto dei relativi ruoli – al fine di garantire la piena tutela finanziaria sia delle imprese che dei piccoli risparmiatori, nonché, con riguardo ad un allentamento delle regole sugli aiuti di Stato e alla sospensione della nuova disciplina in materia di non performing loan, di cui ai precedenti capoversi 3) e 8), a mettere in atto ogni iniziativa che consenta di contenere l'aumento del gap tra l'Italia e gli altri Paesi europei, attraverso un periodico scambio di informazioni con le istituzioni vigilanti italiane ed europee, e che consenta altresì di intervenire tempestivamente allorquando si profilino processi di deterioramento degli equilibri aziendali tali da fare presagire la manifestazione di crisi bancarie irreversibili.
(1-00413) (Ulteriore nuova formulazione) «Bitonci, Boccia, Martinciglio, Pettarin, Librandi, Pastorino, Angiola, Centemero, Ubaldo Pagano, Baldelli, Cantalamessa, Fragomeli, D'Ettore, Cavandoli, Buratti, Squeri, Covolo, Giacometto, Gerardi, Barelli, Gusmeroli, Torromino, Alessandro Pagano, Baldini, Ribolla, Porchietto, Zennaro, Polidori, Tarantino, Ruocco, Cancelleri, Adelizzi».

(7 gennaio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    dal 1° gennaio 2021 sono in vigore le nuove regole in base alle quali le banche classificano in stato di default prudenziale i debitori, previste dal regolamento delegato (UE) n. 171/2018 della Commissione europea del 19 ottobre 2017, che individua la soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato, riducendo sensibilmente – dal 5 all'1 per cento – la cosiddetta soglia relativa;

    il regolamento delegato (UE) 2018/171 stabilisce che un'esposizione creditizia scaduta va considerata rilevante quando l'ammontare dell'arretrato supera entrambe le seguenti soglie: la cosiddetta soglia assoluta, fissata in 100 euro per le esposizioni al dettaglio e 500 euro per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio, e la cosiddetta soglia relativa, fissata all'1 per cento dell'esposizione complessiva verso una controparte;

    superate entrambe le soglie, prende avvio il conteggio dei novanta giorni consecutivi di scaduto oltre i quali il debitore è classificato in stato di default, che permarrà per almeno ulteriori novanta giorni a far data dal momento in cui il cliente regolarizza verso la banca l'arretrato di pagamento e/o rientra dallo sconfinamento di conto corrente;

    in base alle nuove regole è anche previsto il blocco dei pagamenti con addebito diretto sul conto corrente nel caso in cui il cliente, sia esso un'impresa o una famiglia, non abbia adeguata disponibilità, rendendo, di conseguenza, il cliente «moroso» nei confronti del titolare della domiciliazione bancaria;

    è opportuno, inoltre, ricordare che le nuove regole si applicano singolarmente a ciascuno dei rapporti di credito con la banca e, pertanto, uno sconfinamento su un conto potrebbe condurre alla classificazione in default anche in presenza di giacenze su altri rapporti presso il medesimo istituto;

    la nuova definizione di default non modifica nella sostanza i criteri sottostanti alle segnalazioni alla Centrale dei rischi, utilizzate dagli intermediari nel processo di valutazione del «merito di credito» della clientela, ma può avere riflessi sulle relazioni creditizie fra gli intermediari e la loro clientela, la cui gestione, come in tutte le situazioni di default, può comportare l'adozione di iniziative per assicurare la regolarizzazione del rapporto creditizio;

    l'Associazione bancaria italiana, Unimpresa e altre associazioni di imprese e consumatori hanno fatto presente che sin dal momento in cui nel 2015 sono state avviate da parte dell'autorità bancaria europea le attività dirette alla definizione delle nuove regole in materia di default, erano emerse in modo evidente, nelle risposte alle consultazioni pubbliche, l'eccessiva rigidità delle soglie indicate, le potenziali ricadute negative e i rischi connessi all'eventuale applicazione delle nuove regole;

    ora, con la vigenza delle nuove norme, sia per le famiglie che per le piccole e medie imprese c'è il rischio concreto non solo di un'improvvisa mancanza di piccola liquidità, derivante dallo «stop» improvviso ai conti in rosso, ma anche di una significativa stretta al credito, oltre al fatto che l'entrata in vigore dei nuovi parametri può avere comportato una condizione di insolvenza per le imprese anche laddove la situazione debitoria sia rimasta invariata;

    secondo una stima di Confesercenti effettuata rispetto ai dati dell'ultimo trimestre del 2020, le piccole e medie imprese a rischio di default a causa delle nuove regole ammonterebbero a quarantaduemila, un numero enorme che avrà conseguenze drammatiche anche in termini occupazionali;

    nella sua audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, svolta il 10 febbraio 2021, il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha affermato che «maggiori margini di flessibilità nell'applicazione delle regole prudenziali, anche in materia di crediti deteriorati, sono stati introdotti negli ultimi mesi; altri se ne possono individuare. È tuttavia essenziale che essi non mettano in discussione la capacità delle banche di finanziare adeguatamente l'economia, in particolare nella fase complessa dell'uscita dall'emergenza sanitaria»;

    in merito all'entrata in vigore della nuova disciplina, inoltre, Visco ha evidenziato come questa sia «coincisa con un periodo di incertezza economica legata alla pandemia da COVID-19. A fronte dell'impossibilità di posporre la sua applicazione a causa della mancanza di sostegno da parte degli altri Paesi europei, nei quali in molti casi già si applicavano criteri più severi rispetto a quelli in vigore in Italia, la Banca d'Italia ha utilizzato le leve a sua disposizione per facilitare, nell'attuale quadro congiunturale, la transizione al nuovo regime. Per gli intermediari finanziari non appartenenti a gruppi bancari e per i gruppi finanziari è stato previsto un periodo transitorio in base al quale alcuni dei criteri antecedenti la nuova norma rimangono in vigore fino al 31 dicembre 2021»;

    le nuove regole europee sul debito si risolveranno in un ulteriore aggravio della condizione patrimoniale di cittadini e imprese, già duramente colpiti dalla pandemia, e, in ultima analisi, incideranno in maniera molto negativa sulla stabilità dell'intero sistema economico e produttivo nazionale;

    dopo anni in cui il rapporto tra nuovi non performing loans (npl) e totale dei prestiti era rimasto su valori molto bassi, attorno all'1 per cento, contro i picchi attorno al 6 per cento registrati nel 2009 e nel 2013, e in un momento in cui i bilanci bancari non hanno ancora risentito in misura significativa della crisi pandemica, si teme ora una nuova ondata di crediti deteriorati;

    sinora infatti, l'aumento dei crediti deteriorati è stato contenuto da diversi fattori: in primo luogo i crediti deteriorati si manifestano fisiologicamente con un certo ritardo rispetto alle difficoltà dell'economia; inoltre, le moratorie – sia quelle ex lege sia quelle concesse autonomamente dalle banche – e l'offerta di garanzie pubbliche sui prestiti hanno evitato la trasmissione dello shock al credito e ai tassi di interesse; in terzo luogo, hanno contribuito le misure di politica economica – il sostegno ai redditi delle famiglie e all'attività di impresa – grazie alle quali il reddito disponibile si è contratto meno del prodotto interno lordo; infine, le misure espansive di politica monetaria poste in essere dalla Banca centrale europea hanno mantenuto i tassi d'interesse su livelli molto bassi, contenendo l'aumento delle spese per interessi di famiglie e imprese;

    i dati riferiti alla prima metà del 2020 evidenziano la mancata riduzione dei crediti non performanti dovuta principalmente alla riduzione delle vendite di crediti deteriorati e all'attività di ristrutturazione delle banche, nonché alle nuove insolvenze;

    all'aumento dei crediti deteriorati le banche risponderanno molto probabilmente con una nuova stretta creditizia, che rischia di infliggere il colpo di grazia a migliaia di lavoratori e ad aziende in sofferenza;

    in Italia la principale causa delle difficoltà nella riduzione dei crediti deteriorati è da rintracciare nei ritardi della giustizia civile, sia per quanto riguarda il recupero dei crediti, sia per quanto riguarda il rapido avvio delle procedure di ristrutturazione d'impresa — che si tradurrebbero anche in maggiore produzione e occupazione, sia rispetto alle procedure per la fissazione del prezzo offerto dagli acquirenti di crediti deteriorati nelle operazioni di cessione;

    nella lettera inviata il 15 marzo 2021 al Governo e al Governatore della Banca d'Italia, l'Associazione bancaria italiana ha evidenziato che «il prolungarsi della crisi sanitaria determinata dalla diffusione del COVID-19 continua a incidere negativamente sulle attività di impresa e allontana per molte di esse la ripresa. Tale grave situazione ha evidenti rilevanti impatti non solo economici ma anche sociali (...) In questa difficile congiuntura, è quindi ancora fondamentale sostenere le imprese, evitando che esse perdano capacità produttiva in vista della soluzione della pandemia, attraverso lo sviluppo della campagna vaccinale nei Paesi membri dell'Unione europea (...). In particolare, con riferimento al tema della liquidità, è necessario che le banche possano accordare a famiglie e imprese nuove moratorie di pagamento dei finanziamenti e prorogare le moratorie in essere, senza l'obbligo di classificazione del debitore in forborne o, addirittura, in default secondo la regolamentazione europea in materia, riattivando la flessibilità che l'Eba aveva concesso alle banche europee all'inizio della crisi economica»;

    sono mancate sinora sia campagne di informazione, sensibilizzazione e assistenza ai clienti sulle implicazioni della nuova disciplina, sia l'adozione di misure tese a comprendere il cambiamento in atto al fine di prevenire possibili inadempimenti non connessi con la difficoltà finanziaria dei debitori, con particolar riguardo alla clientela che avrebbe potuto presentare un maggior rischio di classificazione in default in seguito all'entrata in vigore della nuova definizione;

    la Banca d'Italia, resasi conto della scarsità di informazioni e del quadro poco chiaro sulla reale portata delle modifiche alla definizione di default dal punto di vista della clientela, ha adottato una comunicazione rivolta alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari per chiedere agli operatori di adoperarsi per assicurare la piena consapevolezza da parte dei clienti sull'entrata in vigore delle nuove regole e sulle conseguenze relative alle dinamiche dei rapporti contrattuali; il quadro nazionale testimonia, infatti, una situazione nella quale la maggior parte degli utenti non sono stati messi a conoscenza in modo adeguato e con la dovuta tempistica degli avvenuti cambiamenti anche per favorire la comprensione dei possibili effetti dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni;

    il contesto economico dell'economia europea legato alla pandemia in atto è particolarmente critico, nel corso dello svolgimento un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea il 18 novembre 2020, il Ministro dello sviluppo economico affermava di ritenere «più che giustificate e condivise anche dal Governo le preoccupazioni» rispetto all'applicazione dei nuovi parametri;

    il 23 novembre 2020 veniva presentata dai parlamentari europei di Ecr un'interrogazione prioritaria alla Commissione europea per chiedere di rinviare l'entrata in vigore della nuova normativa Eba sui default dei creditori, prevista – come noto – per il 1° gennaio 2021;

    l'ordine del giorno 9/02670-A/023 presentato dal Gruppo Fratelli d'Italia il 1° aprile 2021 nell'ambito dell'esame parlamentare della legge europea, volto a impegnare il Governo «a intraprendere, anche in sede comunitaria, ogni misura necessaria volta a rivedere le nuove regole previste dall'Eba, al fine di scongiurare un ulteriore aggravio delle condizioni di famiglie e imprese, vessate a sufficienza dalla drammatica situazione economica e sociale dovuta alla pandemia», è stato oggetto di una secca bocciatura;

    alla luce di quanto sopra esposto, è quanto meno necessario rinviare alla conclusione della pandemia in atto la nuova regolamentazione che rischierebbe, in piena pandemia, di produrre effetti molto negativi sui risparmiatori e sulle aziende, nonché sul sistema del credito, mentre per contro occorre un sistema bancario espansivo a sostegno della ripresa economica,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, nelle opportune sedi dell'Unione europea, affinché siano ampliati i parametri stabiliti dall'Autorità bancaria europea, al fine di prevedere piani di ammortamento finanziari più ampi riferiti alle esposizioni, scongiurando l'accumulazione di crediti deteriorati;

2) ad attivarsi nelle sedi competenti rispetto alle problematiche sollevate in premessa e, in particolare, per sostenere il credito a favore delle piccole e medie imprese, e, con esse, una parte fondamentale del tessuto produttivo nazionale;

3) ad assumere le iniziative di competenza affinché le banche e gli istituti di credito assicurino la piena consapevolezza da parte dei clienti sull'entrata in vigore delle nuove regole e sulle conseguenze relative alle dinamiche dei rapporti contrattuali;

4) a valorizzare, anche con apposite iniziative di carattere normativo, la funzione delle banche popolari – che sono nella media le più patrimonializzate e, conoscendo il territorio, quelle caratterizzate da minori sofferenze – sulla cui redditività grava come un macigno la pesantezza degli adempimenti, la maggior parte dei quali pretesi dall'Unione europea e dalle conseguenti norme di recepimento che non paiono rispettare il principio costituzionale europeo di proporzionalità;

5) ad adottare iniziative per tutelare il modello cooperativo di banca – una ricchezza da preservare, nell'interesse prima di tutto dell'economia e di un'economia, in particolare, come quella italiana – atteso che salvaguarda il sistema bancario dalla conquista da parte della finanza internazionale, regolarmente avvenuta dopo la riforma delle banche popolari, con conseguente trasferimento di «fiumi» di risorse in mani estere;

6) a verificare in sede europea la convenienza a costituire bad bank che abbiano come obiettivo principale quello di ripulire i bilanci delle banche dai crediti deteriorati, i cui importi sono destinati ad aumentare in modo esponenziale nei prossimi anni in conseguenza della crisi sanitaria in atto;

7) ad assumere tutte le iniziative necessarie per la riduzione dei tempi della giustizia civile, in particolare attraverso interventi di rafforzamento organizzativo, degli organici e delle dotazioni informatiche, al fine di consentire il rapido smaltimento dei crediti deteriorati in eccesso, evitando che gravino sugli istituti bancari e sul sistema produttivo nel suo complesso;

8) ad adottare iniziative nelle competenti sedi europee per la modifica del Temporary framework, con l'estensione a 15 anni, rispetto agli attuali 6, del limite temporale per gli aiuti di Stato sotto forma di garanzia sui prestiti.
(1-00463) «Lollobrigida, Meloni, Foti, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

(14 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    diversamente dalle aspettative, il manifestarsi della cosiddetta «terza ondata» della crisi pandemica ha generato la revisione al ribasso dei principali indicatori economici dei Paesi europei, Italia compresa;

    secondo la recente relazione del Centro studi di Confindustria le aspettative del prodotto interno lordo per il 2021 sono crollate dal +4,8 per cento del settembre 2020 all'attuale stima del +4,1 per cento e nella nuova previsione è inclusa una componente dello +0,7 per cento dovuta all'apporto del piano Next generation EU;

    la stessa relazione stima che la crescita, rispetto al 2019, potrà verificarsi solo al termine del 2022, mentre in Germania tale crescita è annunciata già a fine 2021;

    nel documento di economia e finanza 2021, il Governo stima che la crescita programmatica del prodotto interno lordo per il 2021 sia del 4,5 per cento, mentre la crescita tendenziale sia del 4,1 per cento, ipotizzando pertanto che l'impatto della manovra di finanza pubblica e l'apporto del piano Next generation EU sia in grado di aumentare il tasso di crescita del prodotto interno lordo tendenziale di 4 decimi di punto nell'anno in corso. Anche il documento di economia e finanza 2021 riconosce che il prodotto interno lordo nel 2021 non riuscirà a raggiungere il livello del 2019, ma occorrerà aspettare il 2022, quando tale livello sarà raggiunto e superato di alcune decine di miliardi;

    secondo le stime del prodotto interno lordo del documento di economia e finanza la «crescita tendenziale pura» per il 2021 è stimata attualmente al 3,8 per cento contro una stima del 5,1 per cento effettuata ad ottobre 2020, mentre, considerando l'apporto del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del nuovo scostamento in arrivo da 40 miliardi di euro, si prefigura un impatto del 4,5 per cento, a fronte di una previsione che a dicembre 2020 arrivava al 4,1 per cento, con conseguente abbattimento del rapporto deficit/ prodotto interno lordo dall'11,8 per cento al 5,9 per cento;

    occorre rilevare che i ritardi delle ratifiche parlamentari dei Paesi dell'Unione europea, in primis in Germania, circa la cosiddetta «Decisione sulle risorse proprie» dell'Unione, presupposto giuridico essenziale per l'emissione dei titoli pubblici europei per finanziare il Next generation EU, pongono un rischio grave sulla tempistica dell'erogazione della prima tranche di risorse europee nel 2021 (pari al 13 per cento del totale), risorse da cui dipende il quadro macroeconomico programmatico stimato dal Governo. Nella migliore delle ipotesi le risorse europee potrebbe essere erogate solo nel quarto trimestre del 2021. Un altro rischio non trascurabile è che le successive tranche di risorse, versabili solo a stato di avanzamento lavori, non possano essere erogate se gli investimenti programmati non saranno effettuati nel nostro Paese nei tempi previsti, a motivo della ben nota scarsa capacità delle amministrazioni pubbliche italiane di attuazione degli investimenti pubblici;

    nel 2020, a fronte di una crescita dei prestiti del 4,1 per cento, indicata nell'ultimo bollettino economico della Banca d'Italia, a cui ha contribuito in maniera rilevante il sistema delle garanzie pubbliche (Sace ed altro), i depositi sono cresciuti del 10,2 per cento ed in particolare quelli delle famiglie del 6,4 per cento. La propensione al risparmio dei «cassettisti» ha la liquidità depositata a quota 1700 miliardi di euro;

    questa prudenza, evidentemente, sconta anche l'incertezza sul fronte del monte salari crollato, per Eurostat del 7,5 per cento rispetto all'1,9 per cento della media europea. L'Italia è non solo tornata indietro di 5 anni, ma fa registrare per il 2020 il dato peggiore dell'Europa a 27 ed i contributi sociali versati dalle imprese, che registrano un –5,24 per cento, sono un indice impietoso dell'aspettativa di reddito futuro;

    la scarsa fiducia degli italiani si sta traducendo nell'immobilizzazione dei capitali, come indica la crescita dei volumi dei depositi dei conti correnti bancari;

    la ripresa italiana sarà probabilmente legata ancora una volta alla locomotiva dell'export, mentre la domanda interna avrà difficoltà a ripartire; la spesa interna per consumi è crollata (dati documento di economia e finanza) del 12,3 per cento;

    il piano del Governo, raccogliendo solo in parte le indicazioni europee, punta sulla digitalizzazione e sulla transizione ecologica, mentre vi sono interi settori tradizionali della piccola e media impresa, microimpresa, come il settore «Ho.Re.Ca.» o attività economiche non organizzate in forma di impresa, che costituiscono l'ossatura dell'economia italiana o comunque un'importante forma di integrazione al reddito, soprattutto in aree del Paese dove non vi è altra possibilità di instaurare fonti di profitto alternative, che sono fermi ormai da 12 mesi o hanno lavorato ad intermittenza; il documento di economia e finanza stima un abbattimento dei consumi (2020/2019) verso alberghi e ristoranti del 40,5 per cento, un dato che fa ripiombare la categoria ai livelli del 1995;

    tale intermittenza ha causato una debolezza finanziaria e la volontà di alienare le attività stesse, favorendo lo «shopping» della criminalità organizzata e il pericolo di spopolamento di aree montane ed isole minori, e difficilmente la teoria della distruzione creatrice schumpeteriana si potrà applicare a queste imprese;

    in questo contesto il quarto rapporto per il 2020 dell'organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazione nell'economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso del Ministero dell'interno indica come «l'analisi operata dalla Guardia di finanza e dalla Direzione investigativa antimafia sulle segnalazioni di operazioni sospette (sos) ha evidenziato un significativo incremento, rispetto al 2019, del flusso di segnalazioni pervenute all'Unità di informazione finanziaria (Uif) durante il periodo pandemico, dato che – alla luce del blocco delle attività commerciali e produttive imposto dal Governo nella primavera 2020 – appare particolarmente indicativo»; in particolare, detto rapporto precisa che: «nel periodo 1° marzo – 15 ottobre 2020, sono pervenute all'Unità di informazione finanziaria ben 67.382 segnalazioni, con un incremento, rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente, superiore all'8 per cento. Tale incremento, corrispondente a 5.011 comunicazioni, risulta, peraltro, interamente riferibile alla categoria del riciclaggio. L'incidenza delle segnalazioni riguardanti tale “settore”, infatti, raggiunge il 99,2 per cento del totale, registrando, in termini assoluti, un aumento pari al 9,2 per cento»;

    le difficoltà commerciali, creditizie e, più in generale, reddituali rischiano di acuirsi ulteriormente a seguito dell'introduzione dal 1° gennaio 2021 delle nuove regole dell'European Banking Authority (EBA/GL/2016/07 ed atti successivi), poiché le nuove ipotesi di individuazione dello stato di default obbligano il debitore a rientrare dalle esposizioni bancarie entro 90 giorni se lo sconfinamento supera il limite dei 500 euro e se, contestualmente, è esposto nei confronti dello stesso soggetto creditore oltre l'1 per cento; detta normativa diventa ancor più stringente se il debitore appartiene alle piccole e medie imprese; la soglia di rientro obbligatorio dallo «sforamento» si assottiglia a 100 euro in caso di esposizioni al dettaglio (finanziamenti fino ad 1 milione di euro da parte di persone fisiche e piccole e medie imprese);

    l'applicazione di tale meccanismo, concepito prima della crisi pandemica e la cui applicazione in Italia già scontava i ridotti tassi di crescita dell'economia italiana dalla precedente crisi del 2008, rischia di creare ulteriori difficoltà alle aziende che tentano faticosamente di risalire la china e spingerle a rivolgersi a fonti di finanziamento illegali, come del resto già paventava il predetto rapporto del Ministero dell'interno;

    ad ogni modo, anche se l'istituto di credito decidesse di non applicare le norme, rimane fermo il principio per il quale l'aggravarsi del grado di solvibilità del cliente grava direttamente sui fondi rischi bancari, influendo negativamente sui rendimenti; tali difficoltà vanno ad aggiungersi a quelle create dall'introduzione della normativa in tema di crediti deteriorati e dagli ostacoli ai salvataggi bancari frapposti dalla Commissione europea;

    in un'economia fortemente depressa per carenza di domanda diventa fondamentale introdurre nuovo potere d'acquisto, per dare prospettive di futuro a famiglie ed imprese e seguire la strada del «superbonus 110 per cento» i cui benefici sono stati validati dalla Business school-Openeconomics che stima un incremento in termini di Ires ed Iva di 811 milioni di euro ed un valore aggiunto che permette alla misura di autofinanziarsi;

    i dati diffusi dall'Enea evidenziano, però, che in Italia sono stati avviati soltanto 6.512 interventi, corrispondenti a lavori per 670 milioni di euro ed una copertura dello Stato di 730 milioni di euro, a fronte di 18 miliardi di euro stanziati;

    il «superbonus» applica in forma embrionale i principi della «moneta fiscale» e ne rafforza, con un'analisi empirica, la validità delle ipotesi teoriche, rendendola una valida possibilità di finanziamento alternativa, ma si scontra, soprattutto al Sud, con la burocrazia e la disorganizzazione all'interno dei comuni, dove l'influenza della politica sul dipartimento urbanistica è essa stessa un fattore di rallentamento delle pratiche, un fattore disincentivante per condomini e singole famiglie;

    l'idea di una moneta fiscale è efficace se riesce a «smobilitare» crediti di imposta in settori chiave della domanda interna e contemporaneamente restituisce potere d'acquisto ai soggetti economici provati dalla crisi pandemica, tenendo conto che la sua forza è proprio nella creazione di un circuito dove sia accettato quale strumento di pagamento, a cominciare dalle grandi aziende pubbliche di servizi,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni utile iniziativa per il sostegno economico a famiglie ed imprese in termini di credito e liquidità per sostenere i consumi e la domanda interna, in particolare:

   a) verificando e vincolando l'uso delle garanzie di Stato all'effettivo rilascio di nuovi prestiti verso privati;

   b) sostenendo la diffusione e circolarizzazione dei crediti fiscali e adottando ogni utile iniziativa finalizzata al rafforzamento ed ampliamento del mercato di scambio di tali crediti, al fine di fornire uno strumento patrimoniale in grado di alleggerire la pressione finanziaria, in questo momento di difficoltà, per i privati;

   c) promuovendo in ambito europeo la sospensione del «calendar provisioning» e una revisione nella definizione di default;

   d) prorogando le moratorie e garanzie, in particolare in favore delle piccole e medie imprese;

2) ad adoperarsi in ambito europeo per una corretta implementazione degli «aiuti di Stato», al fine di inquadrare tali aiuti nel perimetro degli «aiuti per eventi eccezionali», ambito entro il quale non sussistono limiti di importo autorizzabili dalla Commissione europea, rispetto all'attuale Temporary framework di aiuti come «rimedio ad un grave turbamento dell'economia» che presenta il limite massimo di 800.000 euro in termine di plafond di aiuti richiedibili;

3) a promuovere in ambito nazionale iniziative per:

   a) istituire un fondo nazionale, in capo a Ministero dell'economia e delle finanze/Cassa depositi e prestiti/Poste italiane, finalizzato alla gestione e remunerazione (tasso minimo >0 per cento) della raccolta privata italiana, al fine di monetizzare tranche dedicate di titoli di Stato italiani, emessi per sostegno diretto a famiglie ed imprese, colpite dalla pandemia, con accredito diretto su conti correnti postali dedicati;

   b) rafforzare il ruolo di Amco nella gestione di titoli cartolarizzati per continuare il processo di de-risking in atto già dal 2017;

   c) promuovere l'istituzione di un polo bancario nazionale, che racchiuda gli istituti già partecipati dallo Stato (Banca popolare di Bari, Carige, Monte dei Paschi di Siena) in sinergia con Bancoposta/Poste;

   d) tutelare e valorizzare le sinergie tra le attività produttive nazionali, utilizzando la «golden rule» per difendere le imprese nazionali strategiche dai tentativi di acquisizione provenienti dall'estero;

   e) sostenere le imprese a rischio di chiusura/cessione dell'attività a mani terze straniere, in particolare nell'ambito dei servizi turistici ed alberghieri, con sovvenzioni a fondo perduto o prestiti a lungo termine a tassi agevolati, rimborsabili anche tramite crediti fiscali;

   f) istituire un'agenzia italiana del debito pubblico, che rispecchi quanto fatto in Germania, con «trattenuta» di porzioni di emissioni di debito pubblico italiano, nei casi in cui la domanda del mercato si discosti sostanzialmente da quanto offerto dal Ministero dell'economia e delle finanze, preferendo in ogni caso l'allocazione del debito pubblico in ambito nazionale, piuttosto che straniero;

   g) costituire, anche attraverso contributi di solidarietà da parte delle categorie che non hanno subito gli effetti della crisi, specifici «fondi di riavvio» che favoriscano la ripresa dei settori più fragili e più duramente colpiti ed il regolare adempimento delle obbligazioni assunte.
(1-00465) (Nuova formulazione) «Trano, Sapia, Colletti, Maniero, Cabras, Paxia, Vallascas, Corda, Testamento, Forciniti».

(14 aprile 2021)

MOZIONI IN MATERIA DI INFRASTRUTTURE DIGITALI EFFICIENTI E SICURE PER LA CONSERVAZIONE E L'UTILIZZO DEI DATI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia – allineata con il resto dei Paesi europei – ha avviato già da tempo un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, spesso però fornite da operatori terzi i quali, mettendo a disposizione le loro infrastrutture, diventano indirettamente detentori di dati e informazioni di esclusivo appannaggio delle amministrazioni interessate;

    la costruzione di un e-government «autosufficiente», che veda quale obiettivo principale l'accelerazione dei processi di informatizzazione della pubblica amministrazione, in linea con i principi previsti dall'Agenda digitale sia europea che italiana, dalle Comunicazioni della Commissione europea del 26 settembre 2003 e del 19 aprile 2016, nonché dal Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2020-2022, anche mediante la definizione di un sistema pubblico autonomo nello sviluppo e nell'impiego di tecnologie emergenti, rappresenta un passo fondamentale nella creazione di un più efficiente apparato amministrativo, volto a meglio coniugare l'acquisizione di nuove competenze digitali, con la messa a punto di processi di rafforzamento ed efficientamento dell'azione amministrativa;

    in tale contesto, uno degli aspetti più complessi della trasformazione digitale della pubblica amministrazione è dato certamente dalla gestione della vasta e articolata mole di dati che le pubbliche amministrazioni raccolgono e detengono, troppo spesso non ancora in formato digitale;

    questa può essere definita come un vero e proprio «patrimonio informativo pubblico», composto da diverse tipologie di informazioni che necessitano di essere collocate all'interno di una strategia complessiva mirata alla loro condivisione, valorizzazione e diffusione tra le amministrazioni pubbliche, siano esse centrali o periferiche;

    per realizzare i suddetti obiettivi è necessario che si ceda il passo nella pubblica amministrazione al progresso delle Information and communication technologies (Ict), mediante un approccio istituzionale connotato da modalità di gestione più flessibili ed efficaci rispetto al passato;

    il ricorso alle Ict nel settore pubblico può infatti agevolare e rendere più efficiente l'attività della pubblica amministrazione e l'interscambio di dati tra le sue articolazioni. Difatti, la diffusa mancanza di interoperabilità tra le varie banche dati della pubblica amministrazione, da intendersi come la capacità delle singole componenti del sistema pubblica amministrazione di fare rete tra loro e dialogare in forma automatica, scambiando informazioni e condividendo risorse, provoca un rallentamento notevole nella messa in atto dell'azione amministrativa, nonché un aggravio inutile dei costi che gravano sul bilancio pubblico, arrivando cioè a determinare inefficacia e inefficienza della stessa;

    allo scopo di evitare il protrarsi di questa situazione, è necessaria la creazione di un sistema di infrastrutture di in cloud computing per la raccolta e gestione centralizzata dei dati delle pubbliche amministrazioni, che consenta, mediante l'implementazione delle più moderne tecnologie nel settore pubblico – nel rispetto dei principi della trasparenza, efficienza e tutela dei dati personali, così come richiamati dalla normativa europea e nazionale –, di raccogliere, archiviare, elaborare e trasmettere i dati in possesso delle amministrazioni attraverso un cambio di paradigma basato sullo sviluppo di innovative procedure che le tecnologie digitali consentono;

    il cloud computing, infatti, rappresenta il prerequisito per l'erogazione e la fruizione efficiente di processi e attività come l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di dati, mediante la presenza di servizi diversificati e integrati tra loro, quali i cosiddetti IaaS (Infrastructure as a Service), PaaS (Platform as a Service) e SaaS (Service as a Service), ove la disponibilità dei dati è fornita on demand attraverso la rete telematica internet, a partire da un insieme di risorse preesistenti e configurabili;

    sul mercato, esistono numerosi operatori che già permettono ad amministrazioni e aziende, a costi contenuti, di accedere a simili infrastrutture It, prescindendo dal possesso delle strutture a cui vengono materialmente trasferiti i dati. Ciononostante, non può tralasciarsi la necessità, per la pubblica amministrazione, sia di acquisire maggiori competenze in termini di capacità di gestione diretta di siffatte infrastrutture, che di relazione con i principali player attivi nell'offerta di tale categoria tecnologica. Tali circostanze, inoltre, si sommano a dubbi legati alla sicurezza, alla compliance, alla localizzazione e alla proprietà dei dati, oltre a non lasciare indenne l'amministrazione che si volesse avvalere di tali servizi da eventuali ulteriori rischi quali il «vendor lock-in» – ossia la creazione di un rapporto di dipendenza col fornitore del servizio – o il pericolo che fornitori e/o operatori terzi acquisiscano e usino impropriamente dati pubblici. Infine, a fronte dei citati rischi, perdura l'assenza di una reale garanzia in termini di incremento dell'affidabilità dei sistemi, qualità dei servizi erogati e risparmio di spesa;

    pertanto, solo mediante la creazione di un sistema infrastrutturale cloud di proprietà totalmente pubblica, la cui gestione venga affidata ad un ente pubblico dedicato e/o ad un'azienda pubblica dotata di personale altamente qualificato, sarà possibile far sì che le amministrazioni pubbliche non siano costrette ad avvalersi di fornitori privati per la fruizione di servizi di cloud storaging. Ciò, inoltre, permetterà di innescare sinergie virtuose capaci di coniugare, al contempo, una maggiore efficienza dell'azione pubblica con elevati standard di sicurezza e protezione, così come richiesti dal regolamento generale per la protezione dei dati personali n. 2016/679;

    il «Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2019-2021» ha previsto il censimento del patrimonio Ict delle pubbliche amministrazioni e la procedura di qualificazione dei poli strategici nazionali (Psn). Secondo la circolare n. 1 del 14 giugno 2019 dell'Agenzia per l'Italia digitale per polo strategico nazionale si intende un soggetto titolare dell'insieme di infrastrutture It (centralizzate o distribuite), ad alta disponibilità, di proprietà pubblica, eletto a polo strategico nazionale dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e qualificato da Agid ad entrare ad altre amministrazioni, in maniera continuativa e sistematica, servizi infrastrutturali on-demand, servizi di disaster recovery e business continuity, servizi di gestione della sicurezza It ed assistenza ai fruitori dei servizi erogati. Sulla base dei risultati ottenuti a seguito del censimento dei data center italiani, è emerso che su 1.252 data center censiti, appartenenti a pubbliche amministrazioni centrali e locali, ad aziende sanitarie locali e a università sono solo 35 le strutture candidabili a polo strategico nazionale, 27 sono i data center classificati nel gruppo A ovvero con carenze strutturali o organizzative considerate minori e i restanti 1.190 sono stati classificati nel gruppo B, ossia come infrastrutture che non garantiscono requisiti minimi di affidabilità e sicurezza dal punto di vista infrastrutturale e/o organizzativo o non garantiscono la continuità dei servizi o non rispettano i requisiti per essere classificati nelle due precedenti categorie;

    il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha previsto disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale. In particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei centri per l'elaborazione delle informazioni (ced) destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;

    con riferimento al rafforzamento della digitalizzazione della pubblica amministrazione, il Recovery Plan propone l'obiettivo di razionalizzare e consolidare le infrastrutture digitali esistenti della pubblica amministrazione, promuovendo la diffusione del cloud computing e rafforzando la cybersicurezza, con particolare attenzione all'armonizzazione e all'interoperabilità delle piattaforme e dei servizi di dati. Nello specifico al fine di dotare la pubblica amministrazione di infrastrutture affidabili e di accompagnare le amministrazioni centrali verso una nuova logica di conservazione e utilizzo dei dati e di fornitura di servizi, si prevede l'attuazione di un sistema cloud efficiente e sicuro. L'obiettivo dell'investimento è, dunque, lo sviluppo sul territorio nazionale di un'infrastruttura affidabile, sicura, efficiente sotto il profilo energetico ed economicamente sostenibile per ospitare i sistemi e i dati della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ad adoperarsi affinché venga creato un sistema di raccolta, conservazione e scambio dei dati della pubblica amministrazione, in precedenza classificati meticolosamente in base alla rilevanza e al livello di sicurezza, mediante lo sviluppo di infrastrutture e sistemi di cloud computing di unica proprietà dello Stato, valutando di affidarne la gestione ad un ente pubblico e/o ad un'azienda pubblica, che ne garantisca la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza.
(1-00424) (Nuova formulazione) «Giarrizzo, Elisa Tripodi, Alaimo, Luciano Cantone, Casa, Scerra, Sodano, Sut, Scanu, D'Orso, Saitta, Rizzo, Penna, Berti, Aresta, Brescia, Maurizio Cattoi, Masi, Alemanno».

(24 febbraio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la sovranità digitale è uno dei temi chiave per affrontare le sfide della contemporaneità ed assicurare tutela e protezione ai dati dei cittadini;

    ovunque si è affermata una compiuta consapevolezza sul ruolo e sul valore dei dati personali prodotti dalle pubbliche amministrazioni e fondati sui dati dei cittadini;

    l'Europa, in considerazione dell'assenza di grandi operatori di cloud continentali, ha adottato politiche di sviluppo e di rafforzamento del cloud europeo;

    in Stati come Francia e Germania le politiche del cloud relativamente ai dati dei cittadini sono non a caso nelle mani dei rispettivi Ministri dell'economia e delle finanze, Bruno La Maire e Peter Altmaier, a conferma della considerazione che nei due Paesi riscuote il settore dei dati personali dei cittadini come patrimonio della nazione;

    le legislazioni di alcuni Paesi prevedono l'obbligo per le loro società nazionali operanti in giro per il mondo di garantire l'accesso alle amministrazioni nazionali per ragioni di sicurezza o di interesse nazionale, come nel caso del «Cloud Act» approvato dal Congresso americano nel febbraio 2018;

    in considerazione di tali legislazioni invasive, alcuni Paesi hanno immediatamente aggiornato le proprie normative sul cloud, come nel caso della Francia, che nel maggio del 2018 ha appositamente modificato la propria legge nazionale sul cloud;

    l'Italia ha un enorme ritardo rispetto agli altri Paesi europei e ad altri Paesi avanzati esterni all'Unione europea, disponendo in modo limitato di infrastrutture cloud nazionali dedicate alla raccolta, custodia e trattamento dei dati;

    appaiono a tutt'oggi deboli le politiche pubbliche nazionali di supporto alla creazione di asset nazionali di cloud sin qui adottate dai precedenti Governi;

    le azioni promosse dall'Agenzia per l'Italia digitale in ambito di sviluppo del cloud non hanno risposto alle originarie aspettative, dal momento che hanno tradito gli stessi obiettivi previsti dal primo piano triennale 2017-2019 della stessa Agenzia per l'Italia digitale e, in particolare, non sono riuscite a rendere operativi i poli strategici nazionali ideati per soddisfare la domanda pubblica di cloud da parte di strutture centrali e periferiche della pubblica amministrazione, purtroppo invece oggi obbligate, in conseguenza di tale grave manchevolezza, a rivolgersi necessariamente ai grandi player privati multinazionali che operano sul mercato;

    lo sviluppo di società italiane nel settore del cloud non è solo un fattore di sovranità e tutela dei dati, ma stimola e sostiene la crescita e la diffusione di competenze digitali nel Paese;

    i dati dei cittadini italiani, raccolti e custoditi da pubbliche amministrazioni centrali e locali, a differenza dei dati dei consumatori, devono poter essere affidati a strutture pubbliche e, in caso di insufficienza di queste, a strutture private di nazionalità italiana e con database su territorio italiano;

    la Costituzione stabilisce, all'articolo 117, che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (...)» e, alla lettera r) del secondo comma, specifica che lo Stato ha legislazione esclusiva sul «(...) coordinamento informativo e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale (...)»;

    l'articolo 117, secondo comma, lettera r), indica il contesto per la realizzazione di un cloud nelle mani dello Stato che tuteli e protegga i dati prodotti dai cittadini, ma che li usi in modo intelligente come supporto alle decisioni assunte nell'interesse pubblico, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e di istituirne di nuovi;

    per adottare tutte le misure, le procedure e le metodologie di uso dei dati come supporto intelligente all'assunzione di decisioni sui servizi destinati ai cittadini, che possono pertanto essere di maggior qualità e di minor costo, occorrono organismi centrali competenti e lungimiranti, attenti alle evoluzioni delle tecnologie e rispettosi delle prerogative di tutela e protezione dei dati personali;

    con l'avvio dei nuovi servizi di 5G e in seguito di 6G, al cloud si affiancherà sempre più l'edge computing, che sarà necessario sviluppare in modo decentrato e dislocato territorialmente in linea con l'architettura di rete del 5G e 6G;

    devono essere adottate con tempestività tutte le misure normative necessarie per assicurare una inversione di tendenza;

    nell'ultima Relazione annuale presentata al Parlamento, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza ha rilevato come l'anno della pandemia da COVID-19 sia stato caratterizzato da una minaccia cibernetica sempre più crescente e sofisticata;

    in merito, il Rapporto Clusit sulla sicurezza Ict in Italia e nel mondo ha rilevato come il 2020 abbia registrato il record negativo degli attacchi informatici: a livello globale: sono stati infatti 1.871 gli attacchi gravi di dominio pubblico rilevati nel corso del 2020, ovvero con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell'economia e della geopolitica;

    i dati evidenziano, quindi, un'intensificazione degli attacchi sia in termini qualitativi che quantitativi, complice il contesto della pandemia che ha spinto organizzazioni e professionisti a un rapido ricorso alla digitalizzazione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per istituire un organismo di vigilanza, controllo e gestione delle politiche pubbliche sul cloud e sulla custodia, tutela e protezione dei dati personali raccolti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali;

2) ad adottare iniziative volte a porre tale organismo in condizione di operare e cooperare in sintonia con il Garante per la protezione dei dati personali e con le università italiane che svolgono attività di ricerca in ambito di raccolta e trattamento dei dati in ambito tecnologico e giuridico;

3) a qualificare, nel più breve tempo possibile, la lista dei poli strategici nazionali, da affiancare a Sogei, impartendo precise direttive all'Agenzia per l'Italia digitale, al fine di recuperare le manchevolezze dell'Agenzia sin qui registrate;

4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a valorizzare le strutture pubbliche di cloud oggi gestite dalle locali società in-house pubbliche di molte regioni italiane, perché hanno grandi competenze e perché rappresentano l'interlocuzione naturale per le strutture di pubblica amministrazione che cercano fornitori di cloud nella stessa regione;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a far sì che le aziende private italiane fornitrici di cloud e oggi qualificate come cloud service provider dalle direttive dell'Agenzia per l'Italia digitale operino nelle loro regioni come riferimenti privilegiati di offerta cloud per le strutture di pubblica amministrazione territoriale, affiancando i poli strategici nazionali;

6) nell'ottica di evitare la concentrazione dell'intero patrimonio informativo pubblico in un'unica infrastruttura, con i conseguenti rischi in termini di sicurezza dei dati e dell'infrastruttura stessa, ad assicurare che i dati oggetto di migrazione verso l'infrastruttura unica siano esclusivamente quelli che vengono classificati come critici e strategici, predisponendo a tal fine un'adeguata politica di catalogazione delle informazioni, che consenta di effettuare valutazioni di impatto, di introdurre un'adeguata etichettatura dei dati in possesso delle pubbliche amministrazioni, di operare decisioni sulla dislocazione dei dati sul territorio nazionale e di predisporre un monitoraggio continuo dei dati delle pubbliche amministrazioni;

7) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a tutelare la sovranità digitale e la sicurezza cibernetica, anche attraverso l'istituzione di un'apposita Agenzia, e a migliorare la qualità dell'architettura di sicurezza della nazione, nonché a costituire un'Agenzia per la competitività, al fine di garantire la sicurezza nazionale e incentivare la promozione di tecnologia nazionale, che possa sostenere l'industria nazionale nei processi di produzione di tecnologia avanzata, evitando la dipendenza tecnologica da nazioni ostili;

8) ad adottare tutte le iniziative di competenza nelle sedi europee affinché sia dato seguito agli intendimenti di cui alla dichiarazione congiunta «Building the next generation cloud for businesses and the public sector in the EU», firmata il 15 ottobre 2020 dal Governo italiano e dai Governi di altri 26 Stati europei, assicurando che il progetto per la creazione di un cloud federato europeo (Gaia-X) non sia vanificato attraverso il coinvolgimento di soggetti extra-europei, quali Huawei e Alibaba.
(1-00466) (Nuova formulazione) «Lollobrigida, Meloni, Butti, Mollicone, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

(19 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    l'Agenzia per l'Italia digitale definisce il cloud come «un modello di infrastrutture informatiche che consente di disporre, tramite internet, di un insieme di risorse di calcolo (ad esempio reti, server, storage, applicazioni e servizi) che possono essere rapidamente erogate come un servizio. Questo modello consente di semplificare drasticamente la gestione dei sistemi informativi, trasformando le infrastrutture fisiche in servizi virtuali fruibili in base al consumo di risorse»;

    in Italia i servizi cloud si sono diffusi in tempi abbastanza recenti. La diffusione, all'inizio, è stata condizionata da vari fattori, quali, ad esempio, la dimensione delle aziende e le loro caratteristiche di crescita, la necessità o meno di disporre di dati distribuiti sul territorio, nonché la disponibilità di capacità informatiche interne. Il mercato è però ora in forte crescita, in parte anche in virtù della formidabile spinta venuta, nel 2020, dalla situazione di emergenza scaturita dalla pandemia da COVID-19, che ha richiesto ad aziende e collettività di riorganizzare in modalità «agile» attività e processi. Alla fine del 2020, il 59 per cento delle imprese italiane faceva uso di servizi di cloud computing;

    secondo le stime dell'osservatorio cloud del Politecnico di Milano, nel 2020 il mercato cloud italiano ha raggiunto i 3,34 miliardi di euro, in crescita del 21 per cento rispetto al consuntivo del 2019, pari a 2,77 miliardi di euro. In termini di spesa assoluta i primi tre settori merceologici per rilevanza sono il manifatturiero (24 per cento), il settore bancario (21 per cento) ed il telco/media (15 per cento);

    secondo dati del Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, il 60 per cento del mercato italiano del cloud è fornito da operatori non europei;

    attualmente, il mercato mondiale dei principali fornitori di infrastrutture cloud è dominato da cinque gruppi societari, quattro dei quali (Amazon, Microsoft, Google, Ibm) hanno la sede principale negli Stati Uniti, il quinto, Alibaba, in Cina;

    la spesa aziendale per le infrastrutture cloud sta crescendo rapidamente e gli esperti si attendono che supererà quella per le infrastrutture di information technology tradizionali entro il 2022;

    il potenziamento del cloud computing occupa quindi il ruolo di tematica strategica per l'immediato futuro. L'obiettivo è quello di realizzare un affrancamento dalle soluzioni che oggi poggiano quasi integralmente su infrastrutture messe a disposizione da fornitori internazionali;

    in un'epoca di costante dematerializzazione dei beni e dei servizi, i dati rivestono un valore fondamentale per individui ed imprese, un valore che può essere economico o semplicemente intrinseco, sia che siano personali o non personali (ad esempio: quelli aziendali);

    affidare questi dati ad un cloud provider significa affidare il proprio universo, sia personale che professionale, ad un soggetto terzo;

    occorre anche considerare la nazionalità del cloud provider, poiché questa può comportare la giurisdizione di Paesi terzi e non europei che possono ritenersi autorizzati ad intervenire sulle proprie aziende, anche con riferimento a dati di cittadini europei da esse custoditi in server localizzati in Europa; pertanto, la collocazione fisica dei server non attenua le cogenze derivanti dalla nazionalità del cloud provider. La fattispecie maggiormente diffusa, quella cioè del cloud provider di nazionalità statunitense, richiede di valutare l'applicabilità della legislazione americana e, in particolare, il cosiddetto «Cloud Act», che può variare a seconda degli accordi assunti con i vari Stati europei. Con altre nazionalità e con Paesi la cui normativa appare molto distante da quella europea, ad esempio la Cina, come altri Paesi dell'Asia, il caso appare ancora più complesso e delicato, per cui la raggiungibilità dei dati affidati in cloud deve essere attentamente valutata;

    la preliminare valutazione della normativa e della giurisdizione applicabili costituisce dunque un passaggio necessario ed irrinunciabile, accanto alle considerazioni economiche e tecnologiche. Le incertezze e i rischi risultanti da tale valutazione possono peraltro essere compensati dalla predisposizione di modelli contrattuali e politiche che disciplinino in anticipo ed in dettaglio il comportamento che il cloud provider deve tenere nel caso di provvedimenti di autorità di Paesi terzi, con riferimento all'accessibilità e alla conservazione dei dati;

    la strategia per la riorganizzazione delle infrastrutture digitali del Dipartimento per la trasformazione digitale, in accordo con la strategia europea, rappresenta il fondamento per razionalizzare le risorse, rendere più moderni i servizi pubblici e mettere in sicurezza i dati;

    la strategia opera una distinzione fondamentale tra: infrastrutture che gestiscono servizi strategici, ovvero un ridotto numero di asset tecnologici (server, connettività, reti e altro) che abilitano funzioni essenziali del Paese, come ad esempio la mobilità, l'energia, le telecomunicazioni; tutte le altre infrastrutture gestite dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali che gestiscono la stragrande maggioranza dei servizi, erogati al cittadino o interni agli enti che permettono il funzionamento di servizi comuni;

    il piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, adottato nell'ambito della «strategia per la crescita digitale del Paese», ha previsto una strategia per l'adozione del cloud computing nella pubblica amministrazione che si articola attraverso tre elementi principali:

     a) il principio cloud first secondo il quale le pubbliche amministrazioni devono, in via prioritaria, adottare il paradigma cloud (in particolare i servizi SaaS) prima di qualsiasi altra opzione tecnologica tradizionale, normalmente basata su housing o hosting;

     b) il modello cloud della pubblica amministrazione, cioè il modello strategico che si compone di infrastrutture e servizi qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale sulla base di un insieme di requisiti volti a garantire elevati standard di qualità e sicurezza per la pubblica amministrazione. In funzione di questo modello è stata creata un'apposita piattaforma, il Cloud marketplace dell'Agenzia per l'Italia digitale, che consente di visualizzare la scheda di ogni servizio mettendo in evidenza le caratteristiche, il costo e i livelli di servizio dichiarati dal fornitore. Le pubbliche amministrazioni possono così confrontare servizi analoghi e decidere, in base alle loro esigenze, le soluzioni più adatte;

    il programma di abilitazione al cloud (cloud enablement program), vale a dire l'insieme di attività, risorse, metodologie da mettere in campo per rendere le pubbliche amministrazioni capaci di migrare e mantenere in efficienza i propri servizi informatici (infrastrutture e applicazioni) all'interno del modello cloud della pubblica amministrazione;

    a decorrere dal 1° aprile 2019, le amministrazioni pubbliche possono acquisire esclusivamente servizi IaaS, PaaS e SaaS qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale e pubblicati nel catalogo dei servizi cloud per la pubblica amministrazione qualificati;

    grazie al censimento dei centri di elaborazione dati, trentacinque sono stati individuati come eleggibili a poli strategici nazionali; sarebbe quindi sufficiente federarli e convogliare gli investimenti sull'interoperabilità per ottenere i migliori risultati e salvaguardare gli investimenti che i territori hanno fatto sulle proprie società in house;

    è ormai indifferibile la necessità di provvedere alla creazione di una piattaforma nazionale di cloud storaging, nella quale far confluire tutti i dati e le informazioni disponibili e quotidianamente impiegati dalle amministrazioni pubbliche;

    il fine è duplice: da una parte, evitare che le medesime amministrazioni si rivolgano a fornitori privati di servizi di cloud storaging, evitando così il rischio che gli stessi soggetti privati possano detenere ed eventualmente utilizzare per fini diversi una grande mole di dati (sensibili e no) e, dall'altra, garantire la massima interoperabilità tra le amministrazioni pubbliche nell'accesso e nell'impiego dei dati riconducibili ai cittadini italiani per fini espressamente connessi alle loro attività istituzionali,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta all'istituzione di un sistema telematico nazionale ad architettura distribuita per l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di dati disponibili in remoto a utenti predeterminati e riconoscibili attraverso specifiche caratteristiche, quale una piattaforma basata su più server reali tra loro collegati in cluster, fisicamente collocati presso uno o più data center;

2) ad assumere iniziative di carattere normativo volte ad ampliare le competenze attribuite all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni includendovi: il controllo del corretto funzionamento del sistema cloud e la legittima fruizione dei dati archiviati da parte dei soggetti ad essa titolati; la vigilanza sul rispetto dei protocolli di sicurezza da parte delle amministrazioni pubbliche; la segnalazione alle autorità competenti di eventuali illeciti civili, penali o amministrativi commessi dalle amministrazioni pubbliche, dai privati cittadini e dagli enti commerciali e non commerciali nell'accesso e nell'utilizzo del sistema cloud;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per rafforzare il ruolo dell'Italia sul fronte dell'intelligenza artificiale per quanto riguarda l'offerta formativa delle università italiane e le attività di ricerca, anche in sinergia con attori privati;

4) ad adottare ogni opportuna iniziativa per promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca italiani relativamente a tali tecnologie e a sostenerne le applicazioni rispetto alla produzione industriale e ai servizi civili in imprese consolidate e start up innovative per creare nuovi posti di lavoro per le nuove generazioni.
(1-00467) «Capitanio, Donina, Fogliani, Furgiuele, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan».

(21 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la trasformazione digitale è uno dei driver strategici per lo sviluppo delle moderne economie ed è pertanto essenziale investire nell'evoluzione dei servizi in ottica cloud e di data management;

    per concretizzare l'evoluzione digitale delle attività e dei servizi della pubblica amministrazione italiana è necessario definire un modello operativo di riferimento che assicuri rapidamente l'efficientamento e la messa in sicurezza dei data center della pubblica amministrazione, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio di dati della pubblica amministrazione, la razionalizzazione di costi per lo sviluppo e la manutenzione dei sistemi Ict delle pubbliche amministrazioni;

    secondo il censimento dei data center nazionali curato dall'Agenzia per l'Italia digitale, la stragrande maggioranza dei centri elaborazione dati della pubblica amministrazione non forniscono idonee garanzie di sicurezza, efficienza ed affidabilità;

    l'Italia ha avviato un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, anche alla luce delle recenti modifiche al codice dell'amministrazione digitale operate dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha previsto disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale;

    in particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;

    nell'ambito della missione 1, componente 1, «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA», del Piano nazionale di ripresa e resilienza del 12 gennaio 2021 sono descritti interventi finalizzati a favorire l'adozione e lo sviluppo delle tecnologie cloud nel settore pubblico e, al contempo, a rimuovere gli ostacoli all'utilizzo del cloud da parte della pubblica amministrazione;

    in questo ambito, si prevede lo sviluppo di un cloud nazionale e l'effettiva interoperabilità delle banche dati delle pubbliche amministrazioni, in parallelo e in sinergia con il progetto europeo Gaia-X, dove l'Italia intende avere un ruolo di primo piano. L'investimento mira a favorire l'adozione dei servizi cloud secondo quanto previsto nella strategia cloud first del piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, attraverso lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei data center di tipo B della pubblica amministrazione centrale e il rafforzamento in chiave green dei data center di tipo A candidabili a poli strategici nazionali in base al censimento dell'Agenzia per l'Italia digitale. Si prevede inoltre la realizzazione di un cloud enablement program per favorire l'aggregazione e la migrazione delle pubbliche amministrazioni centrali e locali verso soluzioni cloud e fornire alle stesse pubbliche amministrazioni procedure, metodologie e strumenti di supporto utili a questa transizione;

    come affermato dal Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale nel corso di un'audizione davanti alla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, l'obiettivo del Governo è di assicurare che le amministrazioni vengano aiutate a migrare in cloud diversi a seconda del diverso livello di sensibilità dei dati dei quali dispongono e questo implicherà classificare innanzitutto le tipologie di dati in ultrasensibili, sensibili e ordinari, per garantire scelte che tutelino in maniera appropriata cittadini e amministrazioni, come già fatto da molti altri Paesi. In tal senso, per i dati più sensibili si intende creare un polo strategico nazionale a controllo pubblico, localizzato sul suolo italiano e con garanzie, anche giurisdizionali, elevate. Il polo strategico permetterà di razionalizzare e consolidare molti di quei centri che ad oggi non riescono a garantire standard di sicurezza adeguati, mentre per le tipologie di dati e applicazioni meno sensibili si prevede la possibilità per le amministrazioni di usufruire di efficienti cloud messi a disposizione da operatori di mercato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per definire e attuare un modello di infrastrutture digitali di cloud per le pubbliche amministrazioni centrali e locali basato sulla complementarietà, in funzione della tipologia di dati e della loro rilevanza, tra un sistema di fornitori di servizi di mercato qualificati certificati e un polo strategico nazionale a controllo pubblico;

2) ad adoperarsi affinché la gestione del polo strategico nazionale sia affidata a uno o più soggetti pubblici che ne garantiscano la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza e, in tal modo, a favorire l'interoperabilità tra le banche dati delle pubbliche amministrazioni fruitrici dei servizi del suddetto polo strategico nazionale.
(1-00468) «Bruno Bossio, Serracchiani, Gariglio, Cantini, Delrio, Del Basso De Caro, De Luca, Gualtieri, Madia, Morassut, Pizzetti, Andrea Romano».

(21 aprile 2021)