TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 471 di Venerdì 19 marzo 2021

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della transizione ecologica, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la crisi sanitaria e quella economica che è conseguita all'emergenza epidemiologica da Covid-19 hanno impattato ulteriormente sulle condizioni di vulnerabilità e di disuguaglianza preesistenti e aumentato il numero delle famiglie che si trovano impossibilitate a far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze di elettricità, gas e acqua;

   i bonus sociali per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale, di cui all'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e all'articolo 3, commi 9 e 9-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e le agevolazioni relative al servizio idrico integrato, di cui all'articolo 60, comma 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 221, consistono in una compensazione della spesa tesa a fornire sostegno alle famiglie disagiate, garantendo loro un risparmio in bolletta, e al contempo assicurare a tali nuclei familiari l'accesso ai servizi essenziali;

   il decreto interministeriale 28 dicembre 2007 ha dato attuazione all'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e adottato misure di tutela a favore di clienti vulnerabili, istituendo un regime di compensazione della spesa per la fornitura di energia elettrica sostenuta dai clienti domestici economicamente svantaggiati (cosiddetto bonus sociale elettrico) e in gravi condizioni di salute (cosiddetto bonus sociale elettrico per disagio fisico);

   il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha esteso, poi, la previsione della compensazione della spesa per le famiglie in stato di disagio economico anche alle forniture di gas naturale, incluse quelle condominiali, e ha introdotto un trattamento differenziato per le famiglie con almeno quattro figli fiscalmente a carico (cosiddetto bonus sociale gas);

   tanto il decreto interministeriale 28 dicembre 2007 che, successivamente, il decreto-legge 29 novembre, 2008, n. 185, hanno individuato nell'Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) con valore entro la soglia massima prevista di 8.265 euro per la generalità delle famiglie e a 20.000 euro per le famiglie con oltre quattro figli a carico, lo strumento per individuare i nuclei familiari in situazione di effettiva vulnerabilità economica che, in quanto tali, hanno diritto di accedere al bonus sociale elettrico e al bonus sociale gas;

   la relazione dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) al Ministro dello sviluppo economico sullo stato di attuazione del bonus sociale elettrico e gas nell'anno 2019 già evidenziava come il rapporto fra nuclei familiari potenzialmente destinatari del bonus elettrico e gas così come individuati sulla base dell'indicatore Isee e i nuclei familiari effettivamente agevolati si attestava fra il 30 per cento e il 35 per cento dei potenziali destinatari, nonostante le misure poste in campo per diffondere l'informazione anche con il rilancio delle campagne informative;

   proprio al fine di tutelare e supportare al meglio le famiglie meno abbienti, colmando il gap tra aventi diritto ai bonus e i richiedenti effettivi, il legislatore, con il decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha provveduto ad innovare la disciplina in materia di bonus sociali statuendo, a partire dal 1° gennaio 2021, il passaggio dall'attuale meccanismo di riconoscimento «a domanda» a un meccanismo di riconoscimento «automatico» delle pratiche e del relativo sconto in bolletta;

   l'automatismo nell'erogazione dei bonus trova la sua ratio nel semplificare e velocizzare la relativa procedura nonché nell'assicurare queste prestazioni sociali alle oltre 2,6 milioni di famiglie aventi diritto, grazie al superamento del su citato meccanismo di bonus «a domanda» che, negli anni, aveva di fatto limitato gli sconti solo a un terzo dei potenziali beneficiari;

   i bonus dovevano essere erogati in modo automatico sin dall'inizio del 2021, ma a causa di diverse problematiche connesse alla sua implementazione, il processo è stato momentaneamente sospeso;

   il 17 dicembre 2020, il Garante per la protezione dei dati personali, nell'ambito del parere sullo schema di deliberazione di Arera recante Modalità di trasmissione dall'istituto nazionale per la previdenza sociale alla Società Acquirente Unico s.p.a., in qualità di Gestore del sistema informativo integrato, dei dati necessari al processo di riconoscimento automatico dei bonus nazionali per disagio economico, ha espresso una serie di rilievi critici chiedendo che siano adottate «misure in grado di assicurare l'individuazione certa delle utenze agevolabili in caso di spettanza dei bonus» attraverso «l'utilizzo di dati esatti già in sede di acquisizione al momento della presentazione della DSU da parte degli interessati» e, inoltre, che vengano trasmessi solo i dati personali strettamente indispensabili per l'erogazione dei bonus;

   i comuni e i centri di assistenza fiscale (Caf) non possono più accettare le domande specifiche per l'ottenimento del bonus sociale e quelle eventualmente inoltrate non saranno considerate valide ai fini del riconoscimento;

   sono tuttora in corso di definizione le modalità applicative di gestione del flusso informativo tra l'Inps, che detiene i dati relativi agli Isee, ed il Sistema informativo integrato (Sii) di acquirente unico, che invece detiene i dati dei punti di fornitura –:

   quali iniziative di competenza, e con quali tempistiche e modalità, il Governo intenda adottare, anche sul piano normativo, per risolvere le problematiche rappresentate in premessa e rendere operativo il meccanismo di assegnazione automatica in bolletta dei bonus sociali per disagio economico, al fine di porre rimedio alla crescente difficoltà per le famiglie indigenti di far fronte al pagamento delle utenze, soprattutto in questa fase di grave crisi economica causata dalla pandemia.
(2-01135) «Sut, Davide Crippa, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Fraccaro, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti, Scanu, Deiana, Del Grosso, Del Monaco, Di Lauro, Di Stasio, Dieni, D'Ippolito, Donno, Dori, D'Uva, Emiliozzi, Fantinati, Faro, Federico, Flati, Frusone, Gallo, Grande, Grimaldi, Gubitosa, Licatini, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Manzo, Maraia, Mariani, Melicchio, Micillo, Migliorino».

(16 marzo 2021)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   Abramo Customer Care è una società del Gruppo Abramo, con sede legale a Roma, sede direzionale a Catanzaro e sedi operative a Roma, Cosenza, Catanzaro, Crotone, Catania e Palermo. Inoltre, tramite le sue controllate e collegate, opera in Germania, Albania e Brasile. Le attività della Abramo Customer Care sono concentrate nei servizi di call center (78 per cento del fatturato) e nella gestione delle relative funzioni ancillari di back office;

   la presenza di rapporti consolidati con clientela storica (Telecom e Wind che nel 2019 rappresentavano rispettivamente il 47 per cento ed il 17 per cento), ha portato ad una sostanziale stabilità del livello di fatturato tra il 2017 ed il 2018. Nell'anno 2019 la società ha visto invece una significativa riduzione del fatturato delle Telco, Tim (-35 per cento), Wind e Vodafone, solo in parte compensato dall'acquisizione di nuovi clienti (Poste Italiane, Amex, Sky e altro);

   la Abramo Customer Care direttamente e tramite le sue partecipate impiega 5.813 unità. Nel 2019, a fronte di una riduzione repentina dei ricavi – principalmente ascrivibile alla commessa Telecom – la società ha intensificato azioni di riduzione del costo del personale principalmente mediante il mancato rinnovo di contratti in scadenza e la riduzione di risorse «co.co.co»;

   Abramo Customer Care è sempre stata fortemente legata al suo principale cliente, il gruppo Telecom Italia: la società è stata costituita nel 1997 in compartecipazione con Tim (5 per cento) per garantire a quest'ultima un servizio di customer care esternalizzato con figure specificamente formate, strutturandosi negli anni per rispondere di volta in volta alle esigenze operative di Telecom, che, conseguentemente, ha sempre avuto una posizione preminente nel portafoglio clienti della società con un fatturato medio, fino al 2014, pari a circa l'80 per cento del totale ricavi. Nel 2019, a quanto consta agli interpellanti, la riduzione repentina del 35 per cento dei servizi richiesti da Telecom, corrispondenti a minori ricavi di 24 milioni di euro nel 2019, non ha permesso alla struttura «labour-intensive» della società di adeguare il costo del personale ed il risultato è stato il deterioramento immediato della situazione economica e finanziaria;

   l'attività di Abramo Customer Care costituisce la principale attività del gruppo con ricavi pari a 96,1 milioni di euro e primo margine pari a 5,1 milioni di euro nell'esercizio 2019; la crisi finanziaria ed economica, per quanto risulta agli interpellanti, ha riguardato anche le altre società del gruppo, tra cui la Abramo Printing & Logistics S.p.A., che ha prodotto in questi ultimi anni elevate perdite con conseguenti impatti finanziari negativi sull'andamento del gruppo, la società brasiliana Abramo do Brasil, che ha registrato perdite per mancanza di redditività delle attività gestite e la controllata di diritto sloveno, Abramo Si, a causa della cessazione del contratto con l'unico cliente Tim Italia s.p.a.;

   al fine di gestire la crisi del gruppo, nei primi mesi del 2020, è stata accolta, da parte degli istituti di credito, la richiesta di «standstill» avanzata dalla holding. Alla scadenza del 30 settembre 2020, il ceto bancario non ha prorogato lo «standstill» e ha sospeso l'utilizzo delle linee autoliquidanti, ponendo Abramo Customer Care in seria difficoltà finanziaria. Va altresì segnalato che, nel contesto del piano di risanamento del gruppo, la controllante Abramo Holding, in data 13 ottobre 2020, ha depositato presso il tribunale di Roma un ricorso contenente la domanda di concordato «con riserva» ex articolo 161 della legge fallimentare, con l'obiettivo di formulare, nel termine concesso dal tribunale, una proposta di concordato preventivo dal contenuto liquidatorio. Si è, allo stato, in attesa del decreto di fissazione del termine da parte del tribunale;

   Abramo Customer Care è oggi in attesa del pronunciamento, da parte della sezione fallimentare del tribunale di Roma, in merito all'istanza con carattere di urgenza presentata in data 15 gennaio 2021, revisionata in data 20 febbraio, relativa ad una proposta di «fitto di ramo d'azienda» con opzione successiva all'acquisto da parte di Heritage Investment Ltd, attraverso il veicolo della società controllata 4UItalia. Detta istanza è stata presentata dall'organo amministrativo, avendo ritenuto congrua l'offerta formulata e avendo valutato il piano industriale come pienamente compatibile con la continuità aziendale, il pieno mantenimento dei livelli occupazionali ed il piano di risanamento in corso a tutela dei creditori. La revisione è stata effettuata a fronte di richiesta di maggiori garanzie di carattere finanziario e societario da parte dei commissari del tribunale. Richieste integralmente accettate da parte di Heritage. La scadenza dell'opzione di affitto/acquisizione è stata ripetutamente posticipata da parte di Heritage con ultima data il 10 marzo 2021;

   ad oggi la proposta può quindi dichiararsi scaduta visto che il tribunale di Roma non si è ancora pronunciato in merito. In data 5 febbraio è stata recapitata una seconda offerta, per il solo fitto di ramo e senza vincoli di acquisto, formulata da System House Srl, società concorrente operante nel settore del Business Process Outsourcing (BPO). Detta offerta, ricevuta successivamente alla presentazione dell'istanza di cui sopra, indirizzata al tribunale e ad Abramo Customer Care, è stata attentamente valutata mediante osservazioni di merito opportunamente trasmesse al tribunale competente;

   all'avvicinarsi della data del 1° marzo, Abramo Customer Care ha richiesto ed ottenuto la proroga di ulteriori 60 giorni per la presentazione del piano concordatario. La nuova scadenza è quindi il 1° maggio 2021. In data 4 febbraio l'Inps di Catanzaro ha rilasciato l'attestato di regolarità contributiva, con scadenza al 4 giugno 2021. Ciò in seguito a sentenza positiva da parte del tribunale civile di Catanzaro a cui la Abramo Customer Care si era rivolta con il deposito di un ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile. La permanenza in una situazione di concordato, l'assenza di Durc regolare da novembre 2020 a inizio febbraio 2021, la difficoltà di assicurare regolarità nel pagamento delle retribuzioni ai propri dipendenti, hanno generato un clima di estrema incertezza nel mercato ed in particolare nei clienti, che non stanno versando somme legate ad attività già svolte –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative di competenza per la tutela occupazionale dei lavoratori interessati e per favorire la sollecita effettuazione dei pagamenti dovuti all'azienda da parte delle società a partecipazione statale.
(2-01134) «Torromino, Occhiuto».

(16 marzo 2021)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la casa ha assunto un ruolo centrale per prevenire e contrastare la diffusione del Covid-19, in quanto luogo dove è possibile svolgere diverse attività, tipiche di altre sedi, oltre che mantenere in isolamento le persone. Ne consegue che le esigenze abitative sono fortemente cambiate a causa dell'emergenza da Covid-19, richiedendo adattamenti degli spazi abitativi e dell'arredamento per contemperare le nuove esigenze. Nessuno di noi prima di questa esperienza aveva vissuto in contemporanea con tutti gli altri membri della famiglia, facendo, simultaneamente, ciascuno attività diverse, per intere giornate e per più mesi. Da qui la necessità e l'urgenza, per molte fasce della popolazione, di rivedere il layout e di integrare o modificare gli arredi delle case per rispondere, in primis, alle esigenze della didattica a distanza dei familiari conviventi, ovvero per lo svolgimento dell'attività lavorativa in forma di lavoro agile, come pure ad altre necessità. Quanto sopra precisato ha fatto sì che i beni venduti dai negozi di arredamento abbiano assunto, in questa fase storica di emergenza, la connotazione di beni essenziali, dei quali deve essere garantito l'approvvigionamento e la fornitura anche in caso di lockdown parziale o totale. Si consideri, inoltre, che la vendita di mobili è anche un'attività in grado di garantire alti livelli di sicurezza sia per i lavoratori sia per i clienti, in quanto tali negozi hanno delle caratteristiche intrinseche, in gran parte legate alla natura stessa del bene e del processo di vendita, tali da garantire il distanziamento interpersonale e hanno la possibilità di accogliere i clienti anche solo su appuntamento. Tutto ciò rende evidente che la condizione degli esercizi deputati al commercio al dettaglio di mobili è sostanzialmente assimilabile a quella delle concessionarie d'auto –:

   se non ritengano di adottare le iniziative di competenza per sanare la disparità ingiustificata di trattamento prevista per gli esercizi di commercio al dettaglio di mobili rispetto alle concessionarie d'auto, che, come noto, sono incluse nell'allegato 23 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2021, consentendo che nelle «zone rosse» l'attività dei negozi di mobili sia permessa almeno con la modalità di accesso del pubblico su appuntamento.
(2-01133) «Lupi, Occhiuto, Colucci, Sangregorio, Sgarbi, Tondo, Germanà, Angelucci, Aprea, Baratto, Bartolozzi, Biancofiore, Calabria, Cannizzaro, Cappellacci, Casciello, Casino, Cassinelli, Cattaneo, Cortelazzo, Cristina, Fasano, Fascina, Fatuzzo, Gregorio Fontana, Giacomoni, Mandelli, Milanato, Fitzgerald Nissoli, Pella».

(16 marzo 2021)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   a oltre un anno dall'inizio della pandemia da Sars-Cov-2, la curva del contagio non accenna a diminuire, anche a causa dell'alta diffusione delle varianti del virus, così come purtroppo non accennano a diminuire i decessi giornalieri;

   il piano vaccinazioni anti Covid-19 è ancora lontano dall'entrare a pieno regime. Attualmente le somministrazioni del vaccino sono circa sette milioni di dosi, e poco più di 2 milioni sono gli italiani vaccinati con il richiamo delle due dosi. Chiaramente ancora molto c'è da fare prima di riuscire a vaccinare la gran parte dei cittadini del nostro Paese;

   la pandemia ha indebolito e messo sotto stress il nostro Servizio sanitario nazionale, trasformando in pochissimo tempo gli ospedali nel quasi unico luogo di cura per il virus. Questo ha però impedito agli altri malati di potersi curare adeguatamente;

   già durante la prima fase della pandemia e l'aumento esponenziale dei casi gravi, era emersa con forza la necessità di creare delle strutture dedicate e dei Covid Hospital;

   il decreto-legge n. 18 del 2020, all'articolo 4, prevedeva la possibilità per le regioni di attivare aree sanitarie anche temporanee sia all'interno che all'esterno di strutture di ricovero, o di altri luoghi idonei, per la gestione dell'emergenza pandemica;

   la realizzazione dei Covid Hospital era stata una delle priorità indicate dallo stesso ex commissario all'emergenza, Domenico Arcuri. Le regioni avrebbero dovuto individuare prioritariamente una o più strutture/stabilimenti da dedicare alla gestione esclusiva del paziente affetto da Covid-19 (Covid Hospital) in relazione alle dinamiche epidemiologiche. Strutture nuove e/o da riconvertire interamente o in parte. Troppo poco è stato fatto;

   è ancora più che mai necessaria la conversione di presìdi ospedalieri in Covid Hospital per riuscire a destinare ai tantissimi pazienti affetti da Covid-19 strutture dedicate alla luce della necessità crescente di posti di ricovero. Ciò consentirebbe di alleggerire gli ospedali dai malati di Covid-19, ancora troppo sotto pressione, garantire la sicurezza sanitaria di tutti, ridurre sensibilmente i rischi di diffusione del virus nelle strutture sanitarie e razionalizzare il lavoro dei pronto soccorso che saprebbero fin da subito dove far ricoverare i pazienti con Covid-19. Gli ospedali misti infatti, facilmente moltiplicano il contagio, che risulta obiettivamente difficile da bloccare laddove si hanno nella stessa struttura pazienti Covid-19 e non Covid-19;

   è necessario recuperare presìdi sanitari e ospedalieri che siano stati dismessi totalmente o parzialmente, al fine di rendere disponibili strutture necessarie a fronteggiare la perdurante emergenza Covid-19;

   gli enti territoriali, anche a causa dell'emergenza sanitaria in atto, si stanno trovando a dover rivedere l'offerta sanitaria in funzione anti-Covid e, nello stesso tempo, a dover rispettare i parametri imposti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, che ha comportato un ridimensionamento e una razionalizzazione dell'assistenza ospedaliera delle regioni, e ha finito per comportare troppo spesso un pesante ridimensionamento dei servizi sanitari offerti nei territori del nostro Paese, e la chiusura di molti presìdi sanitari;

   va detto che l'applicazione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 sta da tempo portando fortunatamente a qualche ripensamento;

   va altresì sottolineato che la trasformazione delle strutture sanitarie in strutture Covid Hospital consente di liberare e rendere disponibili posti letto per la gestione e la cura di altre patologie. A causa del virus, troppe sono le prestazioni ordinarie procrastinate e che devono essere riprogrammate;

   secondo i numeri forniti da Nomisma nel maggio 2020, nei mesi precedenti erano sono stati circa 410 mila gli interventi chirurgici rimandati in Italia a causa del dirottamento di anestesisti e infermieri verso i reparti Covid-19 e della necessità di ridurre il rischio di esposizione al virus;

   Nomisma aveva stimato come, nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, erano stati rimandati il 75 per cento dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario (tralasciando i day hospital), con quote più o meno elevate a seconda delle categorie diagnostiche. Benché la situazione sia leggermente migliorata, ancora molto deve essere fatto per garantire la salute dei pazienti no-Covid;

   le problematiche non affliggono solo i pazienti che vedono slittata l'entrata in sala operatoria, ma anche chi non riesce a ottenere appuntamenti per visite specialistiche o di controllo. A questi dati vanno infatti aggiunti le grandi quantità di screening, compresi quelli tumorali, rimandati sine die, laddove invece il fattore tempo è determinante e decisivo, così come le lunghe liste di attesa da smaltire –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per riattivare parte dei presìdi sanitari e ospedali inattivi o fortemente sottoutilizzati, così da poterli riconvertire per la gestione dell'emergenza da Covid-19;

   se non ritenga di adottare, di concerto con le regioni, iniziative per la revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 di cui in premessa, che in questi anni ha finito per penalizzare e indebolire eccessivamente l'offerta ospedaliera e sanitaria in molte aree del nostro Paese.
(2-01136) «Baldini, Bagnasco, Pentangelo, Novelli, Valentini, Versace, Bond, Mugnai, Brambilla, Battilocchio, Siracusano, D'Ettore, Giannone, Labriola, Casino, Rosso, Cannatelli, Mazzetti, Tartaglione, Dall'Osso, Ripani, Paolo Russo, Giacometto, Anna Lisa Baroni, Marrocco, Polidori, Barelli, Nevi, Musella, Caon, Pettarin, Orsini».

(16 marzo 2021)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa (Corriere della Sera – sport del 9 marzo 2021 «Lara Lugli, la pallavolista incinta rimasta senza stipendio e citata per danni dal Volley Pordenone») che l'atleta pallavolista Lara Lugli, 38 anni, è stata citata per danni dalla società di volley per la quale lavorava in opposizione al decreto ingiuntivo da lei depositato per avere lo stipendio che le spettava di diritto e come da contratto;

   la sua storia, simile a quella di tante atlete che giocano in campionati dilettantistici ma che di dilettante hanno solo il nome della categoria, non di certo gli allenamenti, quotidiani, con giorni di doppia seduta, e la partita ogni sabato, è prima di tutto la storia di una donna lavoratrice e del suo diritto alla maternità;

   nel 2018/2019 l'atleta, rimasta incinta, comunica alla Società il suo stato, risolvendo il contratto, in quanto una clausola dello stesso prevedeva la risoluzione per giusta causa in caso di comprovata gravidanza. Pochi giorni dopo, purtroppo, perde il bambino. A due anni di distanza viene citata per danno da questa società a seguito di un decreto ingiuntivo fatto dalla stessa ragazza, per reclamare lo stipendio relativo all'ultimo mese durante il quale la giocatrice aveva lavorato interamente;

   l'associazione Assist (Associazione nazionale atlete), che ha denunciato la vicenda, si è fatta promotrice di un appello al Presidente del Consiglio e al presidente del Coni, Giovanni Malagò, per sensibilizzarli sul tema dei diritti delle donne e della loro non discriminazione nel mondo dello sport;

   in particolare, Assist fa presente come il caso in esame sia emblematico, perché l'iniquità della condizione femminile nel lavoro sportivo è talmente interiorizzata che non solo la si ritiene disciplinabile, nero su bianco, in clausole di un contratto visibilmente nulle, ma addirittura coercibile in un giudizio, sottoponendola a un magistrato che, secondo la visione del datore di lavoro sportivo, dovrebbe condividere tale iniquità come fosse cosa ovvia;

   questo caso – dichiara la presidente di Assist, Luisa Garribba Rizzitelli – non solo non è unico e non riguarda certo solo il volley, ma evidenzia una pratica abituale quanto esecrabile e indegna, denunciata da 21 anni dall'Associazione. In forza di questa consuetudine, le atlete degli sport di squadra o individuali, non appena incinte, si vedono stracciare i loro contratti, rimanendo senza alcun diritto e alcuna tutela. E ciò anche quando non vi sia la presenza di una esplicita clausola antimaternità che, prima delle denunce di Assist, era la norma nelle scritture private tra atlete e club;

   la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, comma 369) ha introdotto una prima importante novità istituendo presso l'Ufficio per lo sport il Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, con lo scopo di destinare risorse al finanziamento, tra gli altri, di iniziative che sostengono la maternità delle atlete non professioniste (mille euro per 10 mesi);

   tuttavia, la realtà dei fatti dimostra quanto sia importante intraprendere un percorso che riconosca il lavoro sportivo e tuteli le atlete –:

   quali urgenti iniziative, anche normative, si intendano intraprendere per porre fine alla situazione per la quale le atlete italiane, non avendo di fatto accesso ai benefici della legge n. 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a situazioni clamorose come quella di Lara Lugli, citata per danni per essere rimasta incinta.
(2-01132) «Boldrini, Gribaudo, Quartapelle Procopio, Carbonaro, Pallini, D'Arrando, Bonomo, Ehm, Ascari, Elisa Tripodi, Berlinghieri, Bruno Bossio, Pezzopane, Serracchiani, Schirò, Frate, Martinciglio, Bologna, Casa, Cancelleri, Gagnarli, Muroni, Emanuela Rossini, Baldini, Cenni, Spadoni, Mura, Sarli, Sportiello, Papiro, Azzolina, De Lorenzo, Villani, Aprile, Ciampi, Deiana, Giordano, Suriano, Ianaro, Barbuto».

(16 marzo 2021)

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, per sapere – premesso che:

   ci sono storie difficili da leggere, storie impossibili da accettare, come quella di «Violetta», una bambina di dieci anni allontanata l'11 febbraio 2020 dal padre e dalle sorelle in nome di una presunta alienazione parentale;

   secondo numerose fonti di stampa, tutto è iniziato quando il padre, con il quale la piccola viveva insieme alle sorelle, in attesa del processo per maltrattamenti nei confronti della madre, si è rivolto agli assistenti sociali, per essere aiutato a comprendere e gestire le difficoltà psicologiche della figlia, ma i servizi sociali, invece di supportarlo, hanno deciso inaspettatamente di prelevare la bambina da scuola e affidarla ad una comunità;

   la decisione del tribunale dei minorenni sarebbe stata assunta sulla base della relazione della consulenza tecnica d'ufficio, che ha ritenuto che la piccola provasse risentimento verso la madre perché manipolata dal padre, ma, secondo l'avvocato Miraglia, al quale il padre si è rivolto, «la bambina è stata allontanata dal papà ancor prima che venisse depositata la Ctu»;

   la decisione di rinchiudere Violetta in una comunità sarebbe stata assunta, come accertato dal consulente tecnico della famiglia, la professoressa Vincenza Palmieri, «senza avere mai incontrato padre e bambina insieme o la bambina con il suo nucleo familiare, in assenza oggettiva di alcun malessere o alcun disagio manifestato dalla bambina che invece stava benissimo»;

   tale caso ha, peraltro, portato alla luce un fenomeno finora sconosciuto, il «reset» del minore e dei suoi affetti, quale forma più crudele di tortura per un bambino: secondo la professoressa Palmieri, infatti, Violetta è stata allontanata dal padre sulla base della «necessità di resettare la bambina per evitare ipotetici rischi futuri alla sua salute psico-fisica; provocandole, invece, un danno certo e reale»;

   usando le parole del legale, Violetta «vive in uno stato di “infelicità cronica”, sentendosi la figlia “sbagliata” in quanto l'unica ad essere stata allontanata dal papà e dalle sorelle, alle quali è molto legata. È stata poi costretta ad interrompere i corsi di danza che seguiva, il tutto senza alcuna plausibile spiegazione. Ha subito un netto calo nel rendimento scolastico dal momento in cui ha fatto il suo ingresso nella comunità, dove non è seguita a dovere dal punto di vista medico e sanitario»;

   il padre, che da febbraio 2021 ha sentito la figlia due volte e solo tramite messaggi, ha assistito impotente alle violenze subite all'interno della comunità: «Dopo qualche settimana mi hanno chiamato dicendomi che la bambina era stata spinta ed aveva subito un trauma cranico. Inoltre, in seguito ad una visita pediatrica, è stato riscontrato che mia figlia ha eruzioni cutanee, una scarsa igiene personale ed un soffio al cuore, che non aveva assolutamente alla nascita. Per riuscire a fare visitare la bambina da un cardiologo ho dovuto fare un esposto ai carabinieri. Violetta è stata maltrattata da chi l'ha messa al mondo ed ora continua ad essere maltrattata dallo Stato»;

   sempre secondo l'avvocato Miraglia, che ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Torino per accendere i riflettori su modus operandi opaco dei servizi sociali, del tribunale di Torino e di tutto ciò che ruota intorno, «molte case famiglie a Torino sono gestite da giudici onorari, con un conflitto di interesse evidente. Ci sono allontanamenti facili tanto che la regione Piemonte ha istituito una commissione»: solo a titolo esemplificativo, Franca Seniga, referente del consorzio intercomunale dei servizi alla persona dei comuni di Collegno e Grugliasco, è anche giudice onorario presso il tribunale dei minori, referente Cismai Piemonte; il dottor Enzo Genco, consigliere onorario della sezione per i minorenni della Corte d'appello di Torino, è anche responsabile del servizio minori del comune;

   della stessa idea la professoressa Palmieri, che ha parlato di un vero e proprio «sistema Piemonte»: «La situazione Minori del Piemonte è affine a quella di tutte le regioni italiane. Ma emerge per alcune specificità particolari. [...] Intanto, una infinità di casi di cui mi sono occupata, sempre qui in Piemonte, di una crudeltà ed efferatezza inusitate a cui è seguita una totale chiusura delle Istituzioni. Episodi in cui abbiamo visto ragazzini portati via davanti ad una scuola da un plotone di operatori e rinchiusi in comunità psichiatriche solo perché “litigavano con i genitori”. Al di là di questi fatti specifici, in Piemonte abbiamo registrato la presenza di ben 531 strutture per minori e 146 enti che gestiscono tali strutture. Il dato più significativo, tra i tanti, è quello di ben 52 strutture psichiatriche per minori: il Piemonte è la regione con il maggior numero di comunità psichiatriche in Italia! [...] Attualmente, in Piemonte si contano 2.700 posti letto per bambini sottratti alla propria famiglia. Ognuno di questi posti, quando resta vuoto, rappresenta un mancato guadagno. Ecco, allora, che spesso vengono occupati anche da bambini provenienti da altre regioni. A tutto ciò dobbiamo aggiungere un elemento ulteriore, importantissimo. Il fitto sistema della formazione regionale, all'interno di tale sistema. [...]. E allora è tutta una filiera, che si snoda lungo un percorso che ci indica persone che ricoprono ruoli importanti, nodali, CTU, CTP, servizi sociali che alimentano il sistema. [...] È il sistema di connivenza tra potere politico, autorità giudiziaria e lobby psichiatriche e della formazione; ed è questo che, con coraggio, va scardinato»;

   in numerosi altri casi denunciati con atti di sindacato ispettivo, è stata attivata una procedura d'urgenza, salvo dover poi aspettare anni per verificare, magari, che non vi fossero i presupposti per un intervento del genere: spesso si strappa un bambino alla propria famiglia per un ipotetico rischio e lo si consegna ad una certezza di infelicità –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali immediate iniziative di competenza intenda adottare anche in relazione alla vicenda di Violetta e scardinare definitivamente un eventuale «sistema Piemonte» o qualunque altro analogo «sistema» sul territorio nazionale;

   se sia a conoscenza della portata del preoccupante fenomeno del «reset» dei minori citato in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere in merito.
(2-01116) «Bellucci, Lollobrigida, Montaruli».

(3 marzo 2021)