TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 457 di Martedì 26 gennaio 2021

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interrogazione

   AMITRANO, VILLANI, DEL SESTO, LOMBARDO, PENNA e PERANTONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, a fronte del mutato contesto sociale, nell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle aziende private si sono affermati nuovi modelli organizzativi volti alla realizzazione di un ambiente di lavoro più aperto ed inclusivo attraverso un aggiornamento delle politiche di gestione del personale, in un'ottica in cui si coniughi perfettamente l'efficienza e la produttività dei propri dipendenti, in considerazione anche delle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

   con l'emergenza sanitaria da COVID-19 e il susseguirsi delle misure adottate per riorganizzare il lavoro in ambito sia pubblico che privato, le pubbliche amministrazioni e le aziende hanno disposto per il proprio personale l'impiego delle formule di lavoro agile o smart working, peraltro già disciplinate dalla legge n. 81 del 2017;

   la diffusione del COVID-19 impone di modificare gli stili di vita per tutelare se stessi e gli altri e in questa fase è quanto mai auspicabile che i lavoratori e le lavoratrici possano svolgere le proprie attività in sicurezza, accedendo al lavoro agile da casa, anche alla luce delle disposizioni contenute nei diversi decreti-legge adottati dal Governo che semplificano l'accesso allo smart working, invitando le amministrazioni pubbliche nonché le aziende private a potenziare il ricorso a tale modello lavorativo;

   con l'emergenza sanitaria nazionale si è rafforzato ulteriormente il ricorso allo smart working, prevedendo che questa diventi una nuova forma organizzativa, poiché il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione attraverso soluzioni digitali e non in presenza negli uffici fino alla cessazione dello stato di emergenza;

   lo svolgimento del lavoro in tale modalità comporta numerosi vantaggi sia per i lavoratori e le lavoratrici che avrebbero la possibilità di conciliare tempi di vita e di lavoro, che per le pubbliche amministrazioni e le imprese, benefìci che possono valorizzare le risorse umane, ridurre le forme di assenteismo soprattutto nel pubblico impiego, portare risparmi nei consumi elettrici all'interno degli uffici, favorendo altresì la programmazione del lavoro, la collaborazione, la produttività e l'efficienza dei dipendenti ed il conseguimento dei risultati;

   l'emergenza sanitaria e l'adozione imposta dalle misure di distanziamento sociale hanno fatto rivalutare la modalità di lavoro agile, senza che ciò abbia avuto ricadute negative sulla produttività e sull'organizzazione del lavoro sia pubblico che privato –:

   se i Ministri interrogati intendano promuovere un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali finalizzato all'individuazione di un piano unitario e condiviso per la regolamentazione dello smart working, al fine di tutelare i lavoratori e le lavoratrici che se ne avvalgono da eventuali penalizzazioni o nuove forme di sfruttamento.
(3-02041)

(25 gennaio 2021)
(ex 4-06492 del 29 luglio 2020)

B) Interrogazione

   TARTAGLIONE. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   una nuova ondata della pandemia sta colpendo il nostro Paese. È innegabile la necessità di adottare misure che consentano di affrontare questa nuova fase dell'emergenza tutelando, come priorità assoluta, la salute dei concittadini, ma è altresì innegabile che un nuovo lockdown comporterebbe, per il nostro Paese, una crisi sociale ed economica che si rischierebbe di non riuscire a superare;

   anche il mondo dello sport sta affrontando le gravi conseguenze di questa emergenza sanitaria: manifestazioni rinviate, competizioni amatoriali sospese o senza pubblico, attività ripartite a fatica dopo il lockdown. Enormi difficoltà per atleti e professionisti che, con sacrificio e dedizione, dedicano la loro vita allo sport, con posti di lavoro e un indotto occupazionale di ingenti dimensioni;

   il nuovo protocollo attuativo delle «Linee guida per l'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere», di recente emanazione e che aggiorna quelle del 19 maggio 2020, di fatto introduce norme più stringenti di quanto previsto finora, sia per i gestori di palestre, piscine ed impianti sportivi che per gli sportivi in generale, in aggiunta alle nuove limitazioni già previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020;

   questo testo rappresenta per queste attività un'imposizione di regole che sarebbe stata sufficiente ad ottenere un impegno ancora maggiore, da parte dei gestori e degli appassionati, nel garantire la frequentazione di questi luoghi in piena sicurezza in questa nuova delicata fase;

   il mondo dello sport, infatti, ha finora dimostrato grande attenzione e rispetto delle indicazioni imposte, affrontando ingenti investimenti, riorganizzando le modalità di svolgimento di molte discipline e garantendo, con profondo impegno, l'applicazione di tutte le misure utili a garantire la sicurezza e a limitare il rischio di contagio;

   le recenti disposizioni stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020, però, con le quali si sospendono nuovamente le attività di palestre, piscine e centri natatori, potrebbero portare molte di queste attività ad una chiusura definitiva;

   in questi luoghi, infatti, non si trovano soltanto appassionati e sportivi, bambini e adolescenti, ma anche professionisti e lavoratori che sono parte di un ampio indotto occupazionale e che non riuscirebbe a sopportare una nuova chiusura. Migliaia di famiglie per le quali queste attività rappresentano l'unica fonte di guadagno, migliaia di gestori che da mesi hanno fatto il possibile per garantire una faticosissima ripartenza in sicurezza di un'attività imprenditoriale sulla quale hanno investito ogni risorsa e profuso i sacrifici di una vita –:

   quali iniziative urgenti si intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per sventare i rischi di cui in premessa, rivalutando le recenti decisioni assunte e scongiurando il rischio di condannare «a morte» un intero settore produttivo del nostro Paese.
(3-01837)

(26 ottobre 2020)

C) Interrogazioni

   POTENTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione italiana tiro a segno (Uits) è un ente pubblico posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa, in quanto preposta all'organizzazione dell'attività istituzionale svolta dalle sezioni del tiro a segno nazionale; è, inoltre, federazione sportiva nazionale di tiro a segno, riconosciuta dal Comitato olimpico nazionale italiano (Coni), in quanto preposta alla promozione, alla disciplina e alla propaganda dello sport del tiro a segno, alla regolamentazione e allo svolgimento di attività ludiche e propedeutiche all'uso delle armi;

   l'Unione italiana tiro a segno è stata commissariata con decreto Ministero della difesa del 2 ottobre 2017 e poi, nuovamente, con decreto Ministero della difesa del 22 ottobre 2018, sempre nella persona dell'avvocato Francesco Soro; essa vede pubblicizzata la convocazione dell'assemblea nazionale in seduta elettorale per venerdì 22 e sabato 23 novembre 2019;

   varie fonti segnalano che, dopo oltre due anni di commissariamento, anche questo prossimo appuntamento elettorale potrebbe essere ulteriormente rinviato e, quindi, l'ente potrebbe non vedere eletto il suo presidente. Tale possibile infausto esito porrebbe grave nocumento all'ente, stante la presenza di validi ed illustri candidati ed il protrarsi di uno stallo sulle funzioni di difesa e sviluppo dell'attività del tiro a segno –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, ferma restando l'autonomia dell'ordinamento sportivo, affinché si svolgano con la massima urgenza le procedure finalizzate all'elezione del presidente dell'Unione italiana tiro a segno.
(3-01095)

(6 novembre 2019)

   ZANETTIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione italiana tiro a segno è stata commissariata con decreto del 2 ottobre 2017 del Ministro della difesa;

   nel decreto è stato nominato commissario straordinario l'avvocato Francesco Soro, fino alla nomina del nuovo presidente e comunque non oltre la durata di un anno;

   l'anno è decorso senza che siano state indette le elezioni del nuovo presidente;

   varie fonti di stampa segnalano che il Sottosegretario con delega allo sport Giorgetti ha in data 9 agosto 2018 sollecitato il Coni a dare corso alle elezioni delle federazioni sportive commissariate –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare, ferma restando l'autonomia dell'ordinamento sportivo, affinché siano indette con la massima urgenza le procedure finalizzate all'elezione del presidente dell'Unione italiana tiro a segno.
(3-00241)

(15 ottobre 2018)

D) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il parco archeologico di Sibari è uno dei siti più estesi ed importanti del Mediterraneo di età arcaica e classica ubicato sul territorio calabro – noto come Sibaritide – sulla costa ionica della Calabria;

   con decreto del 28 gennaio 2020 – Modifiche al decreto ministeriale 23 dicembre 2014, recante «Organizzazione e funzionamento dei musei statali» e altre disposizioni in materia di istituti dotati di autonomia speciale – il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha inserito il parco archeologico di Sibari all'interno dell'elenco degli istituti e luoghi della cultura dotati di autonomia speciale;

   con decreto direttoriale del 29 gennaio 2020 il direttore generale organizzazione ha indetto per il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo una selezione pubblica per il conferimento dell'incarico di direttore degli istituti dotati di autonomia speciale, tra cui il parco archeologico di Sibari;

   tale selezione, il cui esito è stato comunicato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il 12 settembre 2020, ha individuato in Filippo Demma il nuovo direttore del parco archeologico di Sibari;

   con il piano strategico «grandi progetti beni culturali» il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, sentiti il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e la Conferenza unificata, con decreto ministeriale del 10 agosto 2020, ha approvato la programmazione delle risorse relative all'annualità 2020 – risorse residue – e alle annualità 2021 e 2022, relative al piano sopra menzionato, in cui rientra anche l'intervento «Valorizzazione del Parco e del Museo archeologico di Sibari» per un importo complessivo di tre milioni di euro;

   l'area archeologica di Sibari si trova sulla riva sinistra del fiume Crati, qualche metro al di sotto del piano di calpestio – condizione per cui – al verificarsi di perturbazioni piovose, l'area è spesso soggetta ad allagamenti diffusi. Tale problematica è riconducibile alla mancata manutenzione ordinaria delle trincee drenanti che, nonostante installate in sostituzione del sistema «Wellpoint», ad oggi risultano mal funzionanti;

   in occasione della realizzazione della «nuova statale 106», Anas ha previsto una serie di opere di compensazione –:

   quali progetti intendano mettere in atto i Ministri interpellati al fine di rimuovere gli ostacoli di carattere funzionale e strutturale che ancora insistono nell'area archeologica di Sibari, tali da non permettere il pieno utilizzo del sito, comportando notevoli disagi alla popolazione residente in loco ed un notevole decremento dell'afflusso di turisti con prevedibili ricadute a livello economico;

   a quanto ammontino le risorse destinate alle opere di compensazione per la realizzazione della strada statale 106;

   se esistano ostacoli di carattere tecnico e/o amministrativo che non consentirebbero di realizzare le opere di compensazione previste e con quali modalità e tempistiche le stesse saranno realizzate.
(2-00945) «Scutellà».

(30 settembre 2020)

E) Interrogazione

   MOLLICONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la crisi del COVID-19 o Coronavirus è una delle più grandi crisi sanitarie che la nazione abbia dovuto affrontare, crisi che sta mettendo in grande difficoltà non solo il sistema sanitario, ma anche la coesione sociale e soprattutto il sistema economico;

   l'industria del videogioco nazionale rappresenta un giro d'affari di 1 miliardo e 787 milioni di euro; il videogioco, che sia un passatempo, un lavoro o una passione, ha consolidato la propria posizione come forma di intrattenimento, coinvolgendo un numero di giocatori crescente e diversificato in Italia, come nel resto del mondo;

   l'industria nazionale dei videogiochi, tra le altre, sta subendo gli effetti della contrazione economica derivante dal diffondersi dell'epidemia da COVID-19, a causa della drastica riduzione dei già limitati investimenti esteri e delle commesse per videogiochi non commerciali da parte di committenti pubblici e privati. Il lavoro su commissione rappresenta, infatti, una delle fonti principali di risorse per le piccole e medie imprese italiane che operano nel settore, a fronte della mancanza di sostegno pubblico e di difficoltà endemica di accesso al credito. Aesvi (ora Iidea), associazione di categoria dell'industria dei videogiochi in Italia, stima che l'88 per cento delle imprese è costretto a ricorrere all'autofinanziamento per produrre videogiochi destinati al mercato commerciale e oggi, per effetto dell'emergenza COVID-19, si rischia una battuta d'arresto drammatica nella produzione di nuovi videogiochi realmente «nazionali»;

   la legge 14 novembre 2016, n. 220, ha previsto, all'articolo 15, il riconoscimento alle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva di un credito d'imposta, in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 30 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche e audiovisive. Per quanto riguarda i crediti di imposta, ad oggi non è stato ancora emanato il tax credit per la produzione di videogiochi;

   a quanto risulta all'interrogante, nel corso degli anni, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo avrebbe notificato uno schema di decreto alla Commissione europea, secondo le procedure previste dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. La Commissione europea avrebbe chiesto ulteriori chiarimenti, in particolare legati alla sfera di applicazione del tax credit per i videogiochi, e, successivamente, avrebbero fatto seguito gli ulteriori passaggi interni alle strutture competenti finalizzate alla stesura del testo definitivo del provvedimento, tra cui l'espressione del parere del Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo;

   ancora oggi, tuttavia, a distanza di oltre tre anni dall'emanazione della legge sull'audiovisivo, il decreto attuativo relativo al credito di imposta per le imprese di produzione di videogiochi non ha ancora visto la luce;

   considerando l'assenza nel quadro normativo nazionale di una misura ad hoc a supporto della produzione italiana di videogiochi, l'adozione del tax credit prevista dalla legge sul cinema e sull'audiovisivo potrà rappresentare sicuramente una boccata di ossigeno per le piccole e medie imprese del settore, le quali potrebbero così avere a disposizione la liquidità necessaria per la ripresa delle attività –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza per adottare quanto prima il provvedimento di cui in premessa, al fine di garantire un supporto alle imprese del settore colpite dagli effetti della contrazione economica.
(3-01526)

(11 maggio 2020)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE PER UN AMPIO PROGRAMMA DI INVESTIMENTI E MISURE NEL SETTORE SANITARIO IN RELAZIONE ALL'EMERGENZA DA COVID-19

   La Camera,

   premesso che:

    il nostro Paese si trova a dover gestire l'attuale seconda ondata di contagi da COVID-19 con troppe armi spuntate, nonostante questi ultimi mesi di sostanziale tregua pandemica avrebbero dovuto imporre una migliore organizzazione per attrezzarsi al meglio al temuto ritorno e alla recrudescenza dei contagi;

    così come a primavera 2020, anche ora ci si ritrova purtroppo di fronte alle tende dell'Esercito dinanzi ai pronto soccorso. Gli ospedali sono prossimi al collasso per carenza di personale e mancanza di posti letto, a fronte dell'imponente afflusso di malati conseguente alla rapida e vertiginosa diffusione dell'infezione da COVID-19;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, la colpevole superficialità del Governo ha fatto trascorrere invano questi mesi di apparente tregua dopo la prima ondata pandemica. Un rilassamento ancora più intollerabile alla luce del fatto che la comunità scientifica aveva messo in guardia fin da subito su un certo ritorno del picco dei contagi e dei morti da COVID-19;

    da tempo in Italia sono stati prodotti diversi studi che indicavano ciò che stava effettivamente accadendo e la strada da intraprendere per evitare di ritornare in una situazione tragica, quale quella sperimentata nella primavera 2020;

    è del tutto evidente che al Governo spetti l'attività legislativa, nonché di coordinamento, di programmazione degli interventi e di controllo;

    la Carta costituzionale, in particolare l'articolo 117, attribuisce allo Stato la competenza concorrente in materia di tutela della salute. Ciò significa che allo Stato spetta la definizione delle norme generali e, quindi, il coordinamento dell'azione delle regioni a tutela della salute;

    la realtà è che da tempo andava avviato un serio piano di potenziamento per prepararsi alla prevedibile seconda ondata. Questo potenziamento non è avvenuto. Come per il piano di potenziamento delle terapie intensive, che poi ha accumulato più di un ritardo e per il quale sono stati stanziati 1,2 miliardi di euro;

    le risorse dovevano servire, come previsto dal «decreto rilancio», anche a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale, ristrutturando i locali «con l'individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi». La realtà, come dichiarato anche dal presidente della Simeu, la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, è che «quei soldi sono stati usati troppo poco o meglio quasi per nulla». Oggi invece la gran parte dei pronto soccorso ha riorganizzato le strutture che già aveva, ma gli spazi si stanno dimostrando del tutto insufficienti;

    c'era l'impegno di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva. Ad oggi si è a meno della metà dei posti aggiuntivi e operativi di terapia intensiva, previsti dal Governo a maggio 2020. Solo il 12 ottobre 2020 si è chiuso il bando di gara per le nuove postazioni; come ha ricordato il professor Crisanti, in un documento consegnato in occasione di una sua recente audizione alla Camera dei deputati, «durante la terza settimana di agosto 2020 è stato presentato a esponenti del Governo un documento che prefigurava come la ripresa delle attività lavorative, l'inizio delle scuole e alcuni appuntamenti elettorali inevitabilmente avrebbero creato le condizioni ottimali per innescare un'esplosione della trasmissione. Lo stesso documento proponeva quindi di arrivare a questo appuntamento preparati per bloccare l'inevitabile aumento della trasmissione virale attraverso la creazione di un sistema di sorveglianza nazionale basato su una rete di laboratori in grado di processare centinaia di migliaia di tamponi molecolari al giorno in sinergia con gli strumenti di tracciamento informatico tipo app Immuni e capacità logistica di rendere il test disponibile in tutte le zone del Paese (...). Questo segnale di allarme è stato trascurato e, invece di investire risorse, strumenti informatici e logistica in un sistema sorveglianza attiva in grado di interrompere le catene di trasmissione e consolidare i risultati ottenuti con sacrifici umani ed economici senza precedenti nella storia della Repubblica, abbiamo affrontato con spensierata leggerezza la riapertura delle scuole, la ripresa delle attività produttive senza un piano di prevenzione»;

    le carenze organizzative e il troppo tempo trascorso in questi ultimi mesi senza la necessaria programmazione stanno mostrando tutti i loro effetti, a cominciare dalle misure messe in campo per consentire il tracciamento e ricostruire la catena dei contagi;

    è necessario incrementare il numero di tamponi, dando soluzione ai troppi cittadini che per farli sono costretti spesso a file interminabili e i risultati arrivano dopo diversi giorni;

    a ciò si aggiunga che, inspiegabilmente, i centri diagnostici privati sono stati coinvolti tardi, in modo parziale e ancora non in tutte le regioni;

    nonostante le promesse di rafforzare la medicina territoriale, i medici di base non sono in condizione di visitare a domicilio i loro pazienti sintomatici; attualmente ogni giorno si ricoverano quasi mille persone in più ed è ormai quasi impossibile proteggere tutti i medici di famiglia con gli stessi dispositivi di protezione che hanno i medici delle terapie intensive;

    queste carenze organizzative fanno sì che sempre più persone si presentino in ospedale e ai pronto soccorso dove poi i medici spesso sono obbligati a ricoverare i pazienti in osservazione;

    per dare una risposta a queste esigenze che vengono dal territorio, sempre nell'ambito del potenziamento dell'assistenza territoriale, sarebbe necessario supportare le regioni nell'implementazione delle unità speciali di continuità assistenziale (Usca), previste dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 indispensabili per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, consentendo loro di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;

    le notizie di questi giorni fanno ben sperare nella possibilità di cominciare a somministrare uno o più vaccini anti COVID già dai primi mesi del 2021;

    vanno assolutamente scongiurati la totale approssimazione, la disorganizzazione e i troppi ritardi con i quali si sta procedendo in queste settimane alla campagna di vaccinazione antinfluenzale, peraltro particolarmente necessaria in questa fase di pandemia per agevolare la diagnosi differenziata e ridurre la pressione sul servizio sanitario nazionale;

    le quantità disponibili di vaccini sono insufficienti anche per una parte della popolazione anziana. Non si trovano nelle farmacie. Molti cittadini, dopo mille raccomandazioni a vaccinarsi, faticano a farlo. Per fronteggiare l'emergenza si dovevano centralizzare le procedure di acquisto a livello nazionale;

    in attesa dei prossimi vaccini anti COVID, è decisivo che i piani vengano formulati subito. Per arrivare a distribuire il vaccino fin dai primi mesi del 2021, è necessario che l'Italia, così come gli altri Paesi, cominci a programmare fin da subito per prepararsi per tempo;

    il piano del Governo, ancora tutto da costruire, servirà ad elaborare una strategia necessaria ad affrontare al meglio la distribuzione e la somministrazione del vaccino senza impatti negativi sulla catena di distribuzione, che peraltro ha bisogno di temperature particolarmente basse;

    sarà decisivo individuare già da adesso le categorie di persone a cui somministrare per primi il futuro vaccino anti COVID;

    si è perso del tempo prezioso per prepararsi al meglio alla prevista seconda ondata pandemica. Non solo riguardo al potenziamento e alla dotazione delle strutture sanitarie, ma anche riguardo al fondamentale lavoro di raccolta ed elaborazione dei dati, indispensabile per monitorare e conoscere in dettaglio dove avviene il contagio. Per fare questo ci sarebbe bisogno dei dati individuali, ossia i cosiddetti «microdati»;

    in Italia la comunità scientifica li invoca da inizio pandemia, ma senza risultati. Per ora si dispone di informazioni «aggregate» sulla distribuzione di età e comorbidità negli infetti. Ma alla comunità scientifica non è dato accedere alle caratteristiche demografiche, economiche, sociali e sanitarie di ognuno, che sarebbero fondamentali per dedurre quali categorie sono più vulnerabili, in modo più raffinato di quanto si può fare ora. I dati probabilmente esistono, ma non sono raccolti in un dataset centralizzato condiviso con la comunità scientifica. Quando si somministrano i tamponi, e ancora di più nel tracciare i contatti dei pazienti positivi, si ha una grande occasione per raccogliere informazioni, che, se condivise con la comunità scientifica, consentirebbe di elaborare strategie mirate per contrastare la diffusione del virus e preservare quanto più possibile l'economia e la vita produttiva e sociale del Paese;

    nella strategia di contrasto alla pandemia in atto, un ruolo centrale avrebbe dovuto essere quello di mettere in atto un efficace sistema di tracciamento dei contatti. Sotto questo aspetto dal 15 giugno 2020 è stata resa operativa, su base volontaria, l'app Immuni, che consente di avvertire gli utenti che hanno avuto un'esposizione a rischio o un contatto con un utente risultato positivo al Sars-Cov2. La realtà è che questo strumento di tracciamento si è rivelato sostanzialmente fallimentare. Un insuccesso che non può essere solamente addebitato ai cittadini e ad un loro rilassamento in termini di percezione del pericolo, ma è evidente una responsabilità di chi ancora una volta non ha saputo organizzare al meglio queste iniziative di tracciamento e di individuazione dei soggetti positivi;

    riguardo all'app Immuni, ad avviso dei firmatari del presente atto, tutto è stato fatto tardi e male. La tecnologia può servire a rendere più efficiente un sistema oppure paradossalmente può avere l'effetto di evidenziare l'inefficienza del medesimo sistema. L'esperienza della app ha mostrato l'inefficienza di questo sistema;

    la lotta contro l'epidemia si vince partendo dalla conoscenza dei dati epidemiologici indispensabili per capire, per esempio, i canali di trasmissione del virus oppure per organizzare una rete efficiente di tracciamento dei contatti. Da giugno 2020 l'Accademia dei Lincei, fra i tanti, aveva chiesto al Governo che fossero raccolti e messi a disposizione della comunità scientifica i dati epidemiologici. Ciò non è avvenuto e molti dati essenziali per la lotta al virus sono sconosciuti;

    la giusta attenzione alla pandemia in atto fa troppo spesso dimenticare che il COVID-19 provoca anche numerose vittime indirette, in quanto aumenta la mortalità per altre patologie a causa dei rinvii delle procedure di screening, delle diagnosi e degli interventi. Molti malati si trovano, infatti, in una condizione drammatica, in quanto i ritardi accumulati provocano in molti casi la cronicizzazione della patologia o un incremento dei decessi;

    secondo i dati diffusi da Nomisma, durante il periodo di lockdown, in Italia sono stati 410 mila gli interventi chirurgici rimandati e quindi da riprogrammare. Nomisma ha stimato come, nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, siano stati rimandati il 75 per cento dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario, con esclusione di quelli oncologici;

    nel dettaglio, sarebbero stati rimandati il 56 per cento dei ricoveri per interventi legati a malattie e disturbi dell'apparato cardiocircolatorio, mentre un terzo degli interventi da riprogrammare, stimati in 135 mila, riguarderebbero l'area ortopedica;

    secondo l'Associazione italiana di oncologia medica, invece, nei primi 5 mesi del 2020 in Italia sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening per i tumori in meno rispetto allo stesso periodo del 2019;

    quello che in questi mesi è mancato, come ha sottolineato anche la Fondazione Gimbe, è stata una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari;

    la realtà è che la terribile pandemia in atto ha messo a nudo l'estrema fragilità della sanità pubblica italiana;

    l'emergenza Coronavirus sta rappresentando una sorta di tragico «stress test» per il servizio sanitario italiano e per la sua capacità di far fronte a scenari avversi;

    la pandemia in atto sta dimostrando ancora una volta che l'offerta sanitaria del nostro Paese deve essere ripensata e rafforzata;

    sempre maggiori sono infatti le difficoltà per il Servizio sanitario nazionale a garantire il fondamentale diritto alla salute che ha sempre caratterizzato il nostro servizio sanitario fin dalla sua istituzione (legge n. 833 del 1978);

    la fotografia attuale è che le risorse assegnate al fondo sanitario nazionale sono del tutto insufficienti e a questo sottofinanziamento si aggiunge il grave e costante invecchiamento della popolazione, l'aumento delle malattie croniche e l'aumento dei costi;

    nonostante le criticità sopra esposte, la bozza del 6 dicembre 2020 del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano per l'accesso ai fondi del Next generation Eu, all'esame del Consiglio dei ministri, assegnava alla missione «Salute» solamente 9 miliardi di euro (il 4,6 per cento delle risorse previste) per il rinnovamento dell'assistenza territoriale, la telemedicina e la digitalizzazione dei servizi. Delle sei missioni previste, la missione «Salute» è quella con una dotazione più bassa;

    questo nonostante nell'estate 2020 il Ministro della salute avesse inizialmente presentato a Palazzo Chigi alcune proposte per accedere alle risorse messe in campo dall'Unione europea con il Recovery fund e per finanziare un piano di rilancio del sistema sanitario. In totale oltre 20 progetti per un ammontare complessivo di circa 68 miliardi di euro da realizzarsi nei prossimi 5 anni;

    nell'ultima bozza del suddetto documento predisposta dal Governo, questo importo è stato sensibilmente aumentato, seppur in misura decisamente inferiore alle iniziali richieste dello stesso Ministro della salute;

    l'Italia è il Paese più anziano d'Europa, con circa 24 milioni di malati cronici e con differenze fortissime tra il Nord e il Sud del Paese. Si ha, inoltre, il più basso numero di posti letto in Europa;

    ma quello che da molto tempo è emerso e che si è acuito inevitabilmente con questa pandemia è la scarsità del personale medico e di quello sanitario. Questa sta diventando sempre di più una delle principali emergenze;

    a far funzionare il servizio sanitario nazionale non sono infatti solamente le infrastrutture sanitarie e la dotazione di attrezzature mediche, ma sono i professionisti della sanità. Nei reparti degli ospedali mancano i medici specialisti e i colleghi sono sottoposti a orari e privazioni che li riportano indietro alla prima ondata di marzo 2020;

    secondo le stime sul fabbisogno nelle corsie di rianimazione servono almeno 9 mila operatori per poter attivare i 3 mila letti in terapia intensiva che si punta ad aggiungere; il blocco del turnover (per fortuna recentemente in parte ridimensionato) per troppi anni ha impedito la sostituzione degli specialisti in uscita da parte di medici giovani, causando un progressivo invecchiamento del personale;

    la Commissione europea indica una necessità di 230 mila medici entro il 2023; a ciò si aggiunge una decennale, cronica e patologica carenza di infermieri;

    ad oggi, dopo ben 6-7 anni di studi, solo 1 medico su 3 ha la possibilità di continuare la carriera post laurea in conseguenza della fallimentare programmazione del numero di specialisti per regione e disciplina. Il numero di contratti di formazione post lauream è insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati. Questo ha prodotto un «imbuto formativo» che nel tempo ha ingabbiato in un limbo migliaia di giovani medici;

    l'imbuto formativo obbliga annualmente giovani medici neolaureati a congelare il loro percorso formativo, non avendo a disposizione contratti di formazione specialistica;

    in Italia la sola carenza calcolata della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) è di almeno 53 mila infermieri, di cui la maggior parte (almeno 30 mila) sono quelli mancanti sul territorio;

    nel nostro Paese ci sono molto meno infermieri della media Ocse (5,4 per mille abitanti contro la media di 9), in particolare se rapportato al numero dei medici. Ogni infermiere dovrebbe assistere al massimo 6 pazienti per ridurre del 20 per cento la mortalità, mentre attualmente ne assiste in media 11;

    nei mesi scorsi è stata lanciata una petizione da «Lettera 150» e dalla Fondazione David Hume, con un decalogo per «salvare l'Italia». La petizione prende avvio da «l'operazione verità» sugli errori commessi nei mesi scorsi per combattere l'epidemia. Un'operazione lanciata da dieci studiosi, tra i quali Luca Ricolfi, Giuseppe Valditara, Andrea Crisanti e Giovanni Orsina;

    nella petizione si legge: «Noi pensiamo che quello che non è stato fatto fra maggio e ottobre 2020 debba assolutamente essere fatto ora che l'epidemia è riesplosa e stiamo per vivere un nuovo lockdown. Per evitare che anche questa volta i sacrifici degli italiani siano dispersi al vento vengono quindi proposte dieci cose non fatte finora e che vanno fatte subito». I firmatari del presente atto di indirizzo le fanno convintamente proprie e anche su queste chiedono un impegno serio al Governo ad attuarle,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere un sensibile incremento delle risorse assegnate alla missione «Salute» dalla bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano predisposta in queste ore dal Governo;

2) ad adottare iniziative per prevedere che specifiche risorse vengano destinate al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, finanziando i programmi sanitari regionali redatti secondo il fabbisogno specifico al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, nonché all'ammodernamento e al potenziamento della rete ospedaliera e dei servizi di assistenza territoriale;

3) ad adottare iniziative per incrementare gli investimenti nella ricerca pubblica e privata;

4) ad adottare iniziative per avviare un piano di assunzioni di medici, infermieri, farmacisti, psicologi e operatori sanitari, procedendo, tra l'altro, alla stabilizzazione a tempo indeterminato del gran numero dei suddetti specialisti sanitari attualmente ancora precari;

5) ad adottare iniziative per riorganizzare, di concerto con le regioni, il servizio territoriale, potenziando il ruolo dei medici, farmacisti e infermieri anche attraverso l'utilizzo diffuso della telemedicina;

6) ad adottare le opportune iniziative normative al fine di superare il vincolo di esclusività per gli infermieri pubblici, consentendo loro un'intramoenia infermieristica che permetta agli stessi di prestare attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (residenze sanitarie assistenziali, case di riposo, strutture residenziali, riabilitative), anche per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture;

7) ad adottare tutte le iniziative volte a rendere, di concerto con gli ordini professionali, la formazione di tutti i professionisti sanitari maggiormente legata al fabbisogno e alla programmazione del servizio sanitario nazionale, dove comunque l'università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca e di collaborazione con le strutture ospedaliere diffuse sul territorio;

8) ad adottare iniziative per finanziare ulteriori borse di specializzazione di medici, farmacisti e biologi, minimizzando il più possibile il rapporto neolaureati/borse e dando soluzione all'imbuto formativo;

9) ad avviare le opportune iniziative normative volte a prevedere il coinvolgimento professionale di medici e farmacisti specializzandi dal terzo o quarto anno affinché, a seconda della branca sanitaria, possano continuare la formazione specialistica svolgendo la loro professione sul campo, prevedendo altresì anche il coinvolgimento degli infermieri già dal terzo anno di studio;

10) a mettere in atto tutte le iniziative volte a recuperare gli interventi e gli screening anti-tumorali e di altre patologie sospesi durante i mesi più duri della pandemia e a ridurre le liste di attesa per patologie diverse dal COVID-19;

11) a prevedere opportune iniziative volte a velocizzare il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni in ambito sanitario;

12) ad avviare tutte le iniziative di competenza volte a potenziare sensibilmente le misure di contrasto alla diffusione della pandemia, per fronteggiare la seconda ondata in atto e le possibili nuove recrudescenze del virus, al fine di:

   a) rafforzare la «sorveglianza attiva» attraverso test sierologici e l'uso di massa dei tamponi con il supporto in tutte le regioni dei laboratori, delle strutture diagnostiche private e delle farmacie in possesso di tutti i requisiti necessari, al fine di consentire che i tamponi siano effettuati nel maggior numero e minor tempo possibile, a garanzia di un'effettiva tempestività nel monitoraggio e controllo della diffusione della Sars-Cov2;

   b) attivare in tutte le regioni il fascicolo sanitario elettronico e il dossier farmaceutico al fine di creare un database con tutti i dati necessari per gestire al meglio la diffusione pandemica;

   c) realizzare 20 mila posti di terapia intensiva prevedendo 1 posto letto ogni 3 mila abitanti;

   d) garantire realmente il distanziamento su tutti i mezzi pubblici, in quanto importante luogo di diffusione del contagio, prevedendo finanziamenti per incrementare il trasporto pubblico locale, il coinvolgimento di soggetti privati a supporto della mobilità locale ed efficaci modalità di controllo – finora inesistenti – del rispetto del distanziamento e della capienza massima a bordo, nonché prevedendo la misurazione della temperatura all'ingresso del mezzo;

   e) sanare, nell'immediato, le gravi carenze e le inefficienze riscontrate finora nell'organizzazione della campagna vaccinale antinfluenzale, implementando a tal fine il ruolo centrale e troppo sottovalutato che può e deve essere svolto dalle farmacie, assicurando un'adeguata e tempestiva disponibilità di vaccini anti-influenzali e prevedendo la somministrazione dei vaccini all'interno delle medesime farmacie, anche attraverso infermieri specializzati o medici specializzandi;

   f) predisporre e sottoporre alla valutazione preventiva del Parlamento un piano volto ad affrontare al meglio la distribuzione e la somministrazione del vaccino anti-COVID che tenga conto della logistica della distribuzione stessa e che individui puntualmente le categorie di persone a cui somministrare il vaccino con priorità nelle fasi iniziali, includendo tra queste il personale e gli operatori sanitari e sociosanitari, i residenti e il personale dei presidi residenziali per anziani, le persone di età avanzata e le persone con disabilità;

   g) presentare al Parlamento un cronoprogramma dettagliato su tutti gli aspetti relativi alla campagna di vaccinazione anti-COVID al fine di consentire alle Camere un monitoraggio costante di tutte le fasi del piano vaccinale;

   h) predisporre un'efficace programma di informazione e sensibilizzazione ai cittadini sulla campagna vaccinale anti-COVID;

   i) considerato che la legge 30 dicembre 2020, n. 178, ha autorizzato la somministrazione di vaccini nelle farmacie aperte al pubblico sotto la supervisione di medici, garantire che le vaccinazioni possano essere effettuate nel più breve tempo possibile, anche prevedendo quanto prima la necessaria formazione del personale sanitario;

   l) fornire ogni utile elemento al Parlamento sui criteri di affidamento della gestione della campagna vaccinale attraverso una piattaforma informatica sviluppata da Poste Italiane ed Eni, nonché sui tempi di realizzazione e sulle garanzie di protezione dei dati sensibili da parte dei suddetti soggetti, con riguardo alla gestione delle prenotazioni, delle somministrazioni, dei richiami e alla trasmissione dei dati all'anagrafe del Ministero della salute;

   m) prevedere specifiche risorse da investire, in caso di validazione delle autorità regolatorie italiana ed europea, nell'acquisto e nella somministrazione delle cure a base di anticorpi monoclonali, anche utilizzando quota delle risorse previste dal comma 447 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, per l'acquisto dei farmaci per la cura dei pazienti con l'infezione da COVID-19;

   n) rafforzare l'assistenza territoriale e, in particolare, quella domiciliare soprattutto per i soggetti in isolamento, anche attraverso un potenziamento sul territorio delle unità speciali di continuità assistenziale, le unità speciali di continuità assistenziale, per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, consentendo agli stessi di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;

   o) implementare le cure domiciliari anche attraverso la creazione di una rete di telesorveglianza che metta in contatto il paziente con medici, farmacisti e infermieri;

   p) valutare la possibilità di utilizzare i medici specializzandi in anestesia sin dal terzo anno nelle terapie intensive per colmare le carenze e i vuoti attuali;

   q) istituire presidi territoriali sanitari nelle scuole o reti di scuola (medici scolastici e/o infermieri), al fine di monitorare la prevenzione del contagio attraverso la somministrazione di tamponi al personale insegnante e scolastico;

   r) riattivare i presidi sanitari e ospedalieri, anche delle zone di montagna, dismessi totalmente o che siano solo parzialmente utilizzati a causa della riorganizzazione territoriale imposta dalla normativa vigente, anche per trasformarli in strutture COVID;

   s) potenziare e diffondere l'utilizzo dei COVID-hotel e altre strutture dove poter trascorrere la quarantena senza rischio di contagiare famigliari conviventi;

   t) dotare gli uffici, le strutture pubbliche e i mezzi di trasporto pubblico locale di strumenti idonei di protezione dal contagio, quali misuratori di temperatura, dispositivi di protezione individuale, gel disinfettante e altro;

   u) avviare una costante interlocuzione tra il Comitato tecnico-scientifico, il Ministero della salute, la Società italiana Sistema 118 e rappresentanti di medici e personale sanitario, al fine di individuare le misure più efficaci per implementare le attività di contrasto alla diffusione del Coronavirus;

   v) rafforzare la rete delle strutture residenziali e semiresidenziali che erogano prestazioni in favore di anziani, persone con disabilità e altri soggetti in condizione di fragilità (residenze sanitarie assistenziali, centri diurni e altre strutture analoghe, comunque denominate dalla normativa regionale), stanziando risorse al fine di potenziarne la relativa offerta, supportarne l'operatività e assicurare presso di esse la disponibilità di personale sanitario e sociosanitario, nonché dei dispositivi utili al contenimento e alla gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, inclusi i tamponi rapidi.
(1-00404) (Ulteriore nuova formulazione) «Gelmini, Panizzut, Lollobrigida, Mandelli, Bagnasco, Novelli, Bond, Mugnai, Versace, Baldelli, Paolo Russo, Pella, Brambilla, Labriola, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Paolin, Sutto, Tiramani, Bellucci, Gemmato».

(20 novembre 2020)

MOZIONI SUL RUOLO DEL MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE NELL'AMBITO DEL PROCESSO DI VENDITA DELLA SOCIETÀ BORSA ITALIANA

   La Camera,

   premesso che:

    Borsa Italiana S.p.A. è la società che si occupa della gestione del mercato azionario italiano e comprende anche Mts, lo strategico Mercato telematico dei titoli di Stato, rappresentando così un importantissimo asset per il nostro Paese;

    si evidenzia, inoltre, che Borsa Italiana S.p.A. gestisce anche una rete di dati sensibili relativi a titoli di Stato, nonché delle imprese quotate e delle migliaia di piccole e medie imprese che hanno seguito i programmi Elite di Borsa Italiana S.p.A., per un valore complessivo di 3,5 miliardi di euro;

    il 23 giugno 2007, con un'offerta di 1,6 miliardi di euro, è avvenuta l'acquisizione di Borsa Italiana S.p.A. da parte di London Stock Exchange Plc (la Borsa di Londra), andando a creare il London Stock Exchange Group, società holding che detiene la totalità delle partecipazioni azionarie di Borsa Italiana S.p.A. e di London Stock Exchange;

    a seguito dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea è mutato il contesto geopolitico di riferimento, dal momento che l'hub finanziario londinese non è più realtà comunitaria con riflessi anche dal punto di vista economico-finanziario;

    pertanto, con riferimento agli sviluppi sul futuro di Borsa Italiana S.p.A., occorre considerare che l'acquisizione operata dal London Stock Exchange Group del gruppo di diffusione di dati finanziari Refinitiv, il ramo d'azienda che si occupava di finanza e risk business all'interno di Thomson Reuters Corporation, multinazionale canadese operativa nel settore dei mass media e dell'informazione, ha determinato incertezze rispetto al destino del mercato azionario italiano, data l'evidente probabilità che il core business del London Stock Exchange si sarebbe spostato da quello della gestione dei mercati borsistici a quello dei dati;

    risulta, dunque, necessaria un'azione tempestiva con riferimento alla vicenda di Borsa Italiana S.p.A. considerato che la medesima rappresenta una preziosa infrastruttura sul piano economico-finanziario, anche al fine di tutelare le piccole e medie imprese italiane operanti sul mercato di capitali e di proteggere il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts);

    occorre premettere che le offerte non vincolanti presentate per l'acquisto di Borsa italiana sono state avanzate da SIX Swiss Exchange, Deutsche Börse e, da ultimo, Euronext e hanno tutte avuto ad oggetto l'intero perimetro del gruppo messo in vendita dal London Stock Exchange, costituito non solo dalla gestione dei listini azionari di Borsa Italiana S.p.A., ma anche dal mercato telematico dei titoli di Stato Mts e per la società Elite;

    il 9 ottobre 2020 è divenuta ufficiale la notizia della conclusione dell'accordo tra il consorzio franco-olandese con sede a Parigi Euronext, il cui principale azionista è la Cassa depositi e prestiti francese e che già possiede la Borsa di Parigi, e London Stock Exchange, per l'acquisto della Borsa italiana per circa 4,3 miliardi di euro, un prezzo molto più alto di quanto ipotizzato inizialmente – circa 3/3.5 miliardi di euro – e che quindi aumenterebbe il rischio che l'acquirente, per giustificare il prezzo pagato ai suoi azionisti (si ricorda che il capitale di Euronext, società quotata, è in mano per oltre il 50 per cento a grandi fondi di investimento anglosassoni), decida di attuare una politica di taglio dei costi ancora più aggressiva e tipicamente a svantaggio del mercato non domestico; il progetto prevede l'ingresso in Euronext di CDP Equity e Intesa San Paolo con un successivo aumento di capitale con un impegno per la sola Cassa depositi e prestiti di quasi un miliardo di euro;

    come riportato da un quotidiano «se la cessione della Borsa italiana fosse avvenuta tramite un'asta competitiva, con la partecipazione della borsa svizzera e di quella tedesca, la valutazione sarebbe salita a 5 miliardi. Dovremmo quindi concludere, sempre ammesso che ci fossero dubbi, che la scelta di vendere a Euronext e non ad altri è tutta politica. D'altronde come potremmo anche solo immaginare che una decisione di questo tipo, per quanto subita dalle valutazioni di London Stock Exchange, possa avvenire senza un accordo del Governo italiano o in modo ostile»;

    in merito vale la pena rilevare come il comportamento del Ministero dell'economia e delle finanze nell'applicare i poteri di indirizzo previsti dalla legge sia apparso non del tutto in linea con i principi di trasparenza dell'analisi di integrità funzionale dei mercati, economicità dei servizi per intermediari e risparmiatori e di reale possibilità di sviluppo e di attrazione di investimenti nelle strutture italiane nell'ambito dei mercati finanziari europei, soprattutto per un'apparente propensione pregiudiziale in favore dell'offerta francese, emersa sin dalle prime fasi della trattativa, e maturata in assenza di qualsiasi approfondimento dei contenuti delle altre offerte in via di elaborazione;

    inoltre, occorre rilevare come rispetto alla vendita di una società ritenuta strategica per l'interesse nazionale quale, appunto, Borsa italiana, il Governo non abbia ritenuto in alcun modo di informare il Parlamento;

    la vendita di Borsa italiana a Euronext, nonostante la presenza di altre offerte e in gran silenzio, infatti, non solo conferma l'interesse della Francia verso tali asset finanziari, ma, anzi, suscita preoccupazione in merito alla loro permanenza in mano italiana;

    a questo proposito uno dei temi da attenzionare è certamente la futura vendita di Monte dei Paschi di Siena da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, rispetto alla quale «Il Sole 24 Ore» ha ipotizzato un'opera di moral suasion dello Stato per indirizzare Monte dei Paschi di Siena, che rimane la quinta banca italiana per dimensioni, nonostante le problematiche degli ultimi anni, verso Unicredit, ma ora sembra emergere anche un crescente interesse della finanza francese per l'acquisto di Monte dei Paschi di Siena;

    in particolare, secondo un autorevole quotidiano, già nel mese di giugno 2020 un Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze avrebbe avuto contatti con rappresentanti dei gruppi di Bnp Paribas e Credit Agricole per discutere della questione Monte Paschi;

    quello dei servizi bancari e assicurativi è il settore in cui gli investitori francesi sono maggiormente presenti in Italia e la presenza delle due big è notevole: Bnp Paribas controlla Banca Nazionale del Lavoro, che risulta essere il settimo istituto per dimensione, mentre all'ottavo posto c'è proprio Credit Agricole Italia, che ha operato una strategia d'inserimento prendendo il controllo di Cariparma, Friuladria e Carispezia;

    Bnp-Paribas e CreditAgricole sono anche tra i principali attori italiani del credito al consumo, rispettivamente con Findomestic e Agos Ducato, e hanno una pervasiva presenza nel nostro debito pubblico del quale detengono Bnp Paribas 143,2 miliardi di euro, e Credit Agricole 97,2 miliardi di euro;

    in questo quadro, acquisire il controllo di Monte Paschi di Siena consentirebbe grande spazio alla finanza francese, ad esempio anche attraverso un rafforzamento della partnership con Mediobanca, che è anche advisor finanziario di Mps, all'interno del quale l'asse con gli istituti già in mano ai francesi sarebbe il viatico principale per la creazione di un terzo polo bancario;

    di nazionalità francese è anche l'amministratore delegato di Unicredit, istituto per il quale è appena stato cooptato nel consiglio di amministrazione e designato come futuro presidente un ex Ministro dell'economia e delle finanze del partito Democratico, decisione avvenuta mentre all'interno dell'azienda è in corso il dibattito sull'ipotesi della separazione dei rami italiano ed europeo di Unicredit, prevedendo per il secondo la quotazione alla borsa di Francoforte;

    il fatto che detto ex Ministro sia stato eletto a Siena e abbia seguito da Ministro la «ricapitalizzazione precauzionale» di Monte Paschi, ad avviso dei firmatari del presente atto, sembra preannunciare un futuro avvicinamento di Unicredit verso Mps, una notizia che se unita a quella della creazione della subholding non quotata, dove far confluire gli asset italiani che sono soggetti alla volatilità dello spread, tornata a circolare proprio recentemente, desta non poca preoccupazione;

    anche Mediobanca S.p.A., terzo gruppo bancario italiano per capitalizzazione, già oggi controllata per il 14 per cento del capitale da investitori istituzionali di origine francese, rappresenta oggi una «preda» ambita, perché dà accesso al controllo di Generali, e perché, rispetto alla quotazione massima del 10 novembre 2019, anche a causa dell'emergenza Covid-19, vale oggi poco più della metà;

    per l'intero sistema assicurativo e finanziario italiano l'indipendenza e la presenza in Italia di un soggetto di primo piano a livello internazionale come Generali, prima compagnia assicurativa italiana e terza in Europa, con 500 miliardi di euro di attività investite di cui circa 60 in titoli del tesoro italiani, appare fondamentale;

    la grande finanza francese ha già detto di essere interessata al patrimonio economico italiano e l'Italia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha risposto adeguatamente in difesa degli interessi nazionali, nonostante il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto decreto liquidità, abbia fornito al Governo tutti gli strumenti necessari per un concreto intervento a difesa della sicurezza dei nostri asset strategici;

    il decreto-legge ha, infatti, modificato la disciplina dei poteri speciali del Governo, la cosiddetta golden power, estendendola all'acquisto a qualsiasi titolo di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti relativi ai fattori critici di cui al regolamento (UE) 2019/452, inclusi gli acquisti di partecipazioni nel settore finanziario, quello creditizio e assicurativo, e a prescindere dal fatto che ciò avvenga a favore di un soggetto esterno all'Unione europea;

    l'articolo 8 della bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo delle nuove disposizioni disciplina l'esercizio dei poteri speciali per i «beni e rapporti nel settore finanziario», quali, appunto, credito, finanza, assicurazioni, piattaforme e infrastrutture operative come Borsa spa, ma anche i software, i servizi di pagamento, e la gestione di investimenti;

    il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha definito apprezzabili ma «insufficienti» le nuove norme previste dal «decreto liquidità» sul golden power, proprio per il timore di un ingresso scorretto da parte di un istituto bancario francese o anche tedesco nel nostro sistema finanziario, attraverso l'acquisto di quote azionarie decisive nell'ambito delle operazioni in corso;

    alla fine di dicembre 2019 circa il 33 per cento del debito italiano era in mano a soggetti stranieri e, come riportato nel report Foreign investors in italian government debt di Unicredit, il «primo paese investitore è la Francia al 21 per cento», i cui istituti di credito detengono una quota di 285,5 miliardi di euro di debito pubblico italiano;

    proprio in considerazione dei recenti sviluppi, risulta dunque, ancor più necessario, al fine di perseguire gli obiettivi di ripartenza del Paese e attuare un piano di investimenti che garantisca crescita e sviluppo, evitare il rischio di perdita di governance e di autonomia in un settore così strategico e funzionale come quello del mercato di capitali;

    come inoltre sollevato dall'Associazione Intermediari Mercati Finanziari (ASSOSIM) in una lettera aperta pubblicata sul quotidiano «Il Sole 24 Ore», in data 26 settembre 2020, tale rischio determinerebbe un allontanamento degli emittenti, degli investitori e degli intermediari finanziari attivi nella Borsa Italiana verso mercati alternativi, anche non soggetti a regolamentazione, ed i medesimi intermediari finanziari «si troverebbero nella necessità, a causa dell'aumento dei costi e la diminuzione dei ricavi dovuti alla minore liquidità del mercato regolamentato, di dedicare risorse inferiori alla ricerca azionaria sulle PMI»; la ricerca su tali aziende, infatti, attualmente garantita quasi in maniera esclusiva da intermediari finanziari italiani, rappresenta un elemento fondamentale per il successo di importanti innovazioni a favore degli investitori, come i Pir alternativi e gli Eltif;

    sul sistema bancario italiano grava ulteriormente il rischio segnalato da Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, nel corso di un'audizione innanzi alla Commissione parlamentare sul sistema bancario, in cui ha messo in luce i rischi delle nuove normative europee sui crediti deteriorati per il nostro sistema bancario;

    il 1° gennaio 2021 sono entrate in vigore le nuove norme in materia di inadempienza bancaria dettate dall'EBA – European Banking Authority – l'Autorità bancaria europea (EBA/GL/2016/07 e EBA/RTS/2016/06), che introduce soglie più restrittive ed accentua la prociclicità, accrescendo i crediti deteriorati;

    le nuove regole europee sul credito si risolveranno in un ulteriore aggravio della condizione patrimoniale di cittadini e imprese, già duramente colpiti dalla pandemia e, in ultima analisi, incideranno in maniera molto negativa sulla stabilità dell'intero sistema economico nazionale;

    in tale quadro occorre da un lato proteggere gli asset strategici nazionali che legano l'infrastruttura finanziaria del Paese alla crescita delle nostre imprese. Dall'altro, bisogna costruire un mosaico organico di riforme, avviato con l'istituzione dei Piani individuali di risparmio (Pir) ordinari, proseguiti con i Pir alternativi, con patrimonio destinato e che va completato attraverso l'istituzione di un Fondo sovrano pubblico-privato italiano, o Fondo dei fondi, che operi con logiche privatistiche di investimento, al pari di quelle applicate alle società di gestione del risparmio private. Un fondo sovrano, gestito da Cassa depositi e prestiti con il coinvolgimento delle società di gestione del risparmio italiane e delle altre istituzioni finanziarie, in cui oltre al risparmio privato, alle risorse pubbliche e alla garanzia offerta dagli immobili pubblici e dal patrimonio artistico e culturale del Paese, possano confluire anche parte delle risorse che l'Unione europea metterà a disposizione dell'Italia con il Recovery Fund, configurandosi come un investimento paziente di lungo termine;

    quanto precede, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, rappresenterebbe il vero salto di qualità perché con la piena operatività del suddetto fondo, formato da risorse pubbliche, private e anche da una parte dei fondi del Recovery Fund, sarebbe possibile sostenere la patrimonializzazione delle imprese, per consentire loro di essere più resilienti alle sfide e conquistare i mercati internazionali;

    è in corso da tempo sui mercati una ridenominazione dei target di investimento per cui le aziende hanno bisogni di tempo e di investitori di lungo termine pazienti ed attivi per intercettare il nuovo ciclo economico e ciò comporta che la forma di finanziamento della crescita più adatta alle piccole e medie imprese, le nostre in particolare, sia quella equity e non debito; l'interazione dei private markets con i public markets sarà sempre più forte. In questo scenario Borsa Italiana Spa può diventare lo strumento per veicolare alle imprese risorse private alternative al debito pubblico e la nuova cinghia di trasmissione delle risorse finanziarie per il Paese;

    nell'ambito di tale contesto, la mancanza di ricerche indipendenti sulle piccole e medie imprese quotate è stato indicato dagli investitori istituzionali tra i primi correttivi necessari per migliorare il mercato «Alternative Investment Market» (Aim); dopo l'introduzione dei Pir da parte del Governo, che ha posto le basi per migliorare il mercato sul fronte della liquidità, è necessario lo sviluppo di una ricerca indipendente sulle aziende di piccola dimensione, per offrire informazioni qualitative e quantitative che migliorino la conoscenza del business model da parte degli investitori, generino una maggiore liquidità dei titoli più sottili e migliorino la formazione dei prezzi; gli obiettivi del coverage sono legati all'esigenza di generare maggiore liquidità dei titoli e migliorare la formazione dei prezzi o strumento di valutazione dei titoli quotati, per i fondi Pir specializzati sulle small-cap;

    il credito di imposta sul 50 per cento dei costi di consulenza sostenuti per la quotazione in borsa delle piccole e medie imprese ha agevolato l'accesso delle imprese al mercato dei capitali, attraverso lo stanziamento di 80 milioni di euro per le ammissioni del triennio 2018-2020, prevedendo un importo massimo di 500.000 euro ad azienda, destinato a piccole e medie imprese italiane secondo la definizione dell'Unione europea, che si quotano sui mercati regolamentati e non regolamentati in Italia e in Europa;

    alla luce di quanto precede appare quanto mai necessario aumentare la capitalizzazione complessiva di Borsa Italiana, come dimostra il confronto con le altre borse estere dove, a fronte di una capitalizzazione complessiva di Borsa Italiana di 630 miliardi di euro, la Borsa francese supera i 2.500 miliardi di euro, la Borsa tedesca i 2.100 miliardi di euro e quella spagnola i 710 miliardi di euro. La leva fiscale è stata decisiva per far decollare le borse negli altri Paesi, a dimostrazione che in un momento di incertezza come questo, con tassi pari a zero e pressoché negativi, solo il vantaggio fiscale può far muovere i risparmi indirizzandoli, attraverso la borsa, verso le imprese; per questo i firmatari del presente atto di indirizzo ribadiscono con forza il proprio «no» alla patrimoniale, e l'importanza, invece, di utilizzare la leva fiscale per incentivare i risparmi ad andare nell'economia reale,

impegna il Governo:

1) alla luce della vicenda della vendita di Borsa Italiana e delle criticità rappresentate in premessa, ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a garantire la stabilità finanziaria dell'Italia e dei nostri titoli pubblici, evitando attacchi speculativi, e la sicurezza degli asset strategici, anche attraverso il corretto e tempestivo utilizzo delle norme sulla golden power;

2) a tutelare, in ogni sede e con ogni strumento di propria competenza, lo strategico assetto economico-finanziario di Borsa Italiana S.p.A., nonché l'autonomia della medesima, affinché sia possibile attuare i seguenti impegni:

   a) previsione di un'adeguata strategia di lungo termine nel settore dell'innovazione tecnologica, che possa essere di maggior beneficio per il sistema finanziario nel suo complesso rispetto ad ipotesi e sinergie che potrebbero determinare esclusivamente una redditività di breve periodo dell'acquirente;

   b) garanzia della valorizzazione e della trasparenza presso gli investitori delle piccole e medie imprese nella ricerca azionaria;

   c) attuazione di un procedimento di semplificazione del processo di quotazione, in particolare per le società di piccole e medie dimensioni, nonché sviluppando un programma come Elite e, al fine di consentire alle piccole e medie imprese di aumentare il loro grado di consapevolezza finanziaria e di accedere con maggiore facilità al mercato di capitali, evitando che i servizi del detto programma possano sovrapporsi a quelli già forniti dagli intermediari finanziari;

   d) rafforzamento del Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts), affinché continui a rappresentare un centro di eccellenza, in grado di garantire e migliorare i servizi di monitoraggio e di cosidetto «price equity» – fondamentali per un'efficiente gestione del debito pubblico – con l'obiettivo di aumentare la liquidità degli scambi e limitare la volatilità dei prezzi;

   e) garantire che in questa fase di transizione ci sia un presidio delle funzioni anche a livello operativo garantendo la partecipazione degli intermediari locali ai diversi tavoli di discussione che si terranno nei prossimi mesi;

   f) valutazione dei progetti di crescita e degli investimenti per le società del gruppo;

   g) individuazione di come potranno crescere e svilupparsi le funzioni di business di Borsa Italiana, posto che ad oggi si parla solo delle funzioni di staff, il finance e la gestione del data center, funzioni che non rappresentano elementi chiave per la crescita di Borsa Italiana e lo sviluppo dell'indotto;

   h) evitare che i tagli e razionalizzazioni vadano a danneggiare l'Italia;

   i) garantire agli azionisti una non uscita da Euronext, stante le indiscrezioni a mezzo stampa secondo cui le fondazioni valuterebbero un progressivo disimpegno, nei prossimi anni, di Cassa depositi e prestiti dai nuovi investimenti attualmente in corso, onde evitare quanto avvenuto nel 2011 con gli investitori italiani che uscirono da Lseg;

3) considerato che il quadro sopra descritto, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, fa emergere un approccio assai discutibile dal punto di vista della trasparenza e della tutela degli asset finanziari e creditizi nazionali, che non sembra favorire gli interessi di risparmiatori ed imprese, ad adottare con urgenza iniziative, per quanto di competenza, nelle opportune sedi europee, al fine di dare al più presto soluzione alla questione delle sofferenze bancarie e dei crediti deteriorati, che rappresenta un dramma sociale e produttivo, consentendo a cittadini e imprese il riscatto del proprio debito, anche al fine di scongiurare che finiscano preda degli usurai, sostenendo altresì, per quanto di competenza, il flusso creditizio dalle banche alle imprese, particolarmente importante in un periodo di crisi economica come quello attuale scaturito dalla pandemia da SARS-Cov-2;

4) a riferire in Parlamento le ragioni della scelta di schierare Cassa depositi e prestiti in prima battuta e relativamente a un'offerta senza conoscere le proposte di Six e Deutsche Börse, considerato che Cassa depositi e prestiti investirà nell'operazione quasi un miliardo di euro e che con un impegno del genere è fondamentale conoscere le logiche che hanno portato alla scelta di Euronext;

5) a presentare in Parlamento il piano di investimenti di Euronext per l'Italia, dettagliando quali richieste ha fatto il Governo e in che modo, per citare le parole del Presidente del Consiglio dei ministri Conte, grazie all'operazione Milano potrà diventare la capitale finanziaria del continente europeo;

6) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, per tutelare gli asset strategici nazionali che legano l'infrastruttura finanziaria di Borsa Italia S.p.A alla patrimonializzazione delle imprese, per l'istituzione di un Fondo sovrano pubblico-privato italiano, o Fondo dei fondi, che operi con logiche privatistiche di investimento, al pari di quelle applicate alle società di gestione del risparmio private, emanando con la massima sollecitudine il decreto attuativo del comma 18-ter dell'articolo 27 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto «Rilancio») che costituisce la base normativa di riferimento per l'evoluzione del patrimonio destinato in un fondo finalizzato a sostenere la crescita economica del Paese, in conformità agli atti di indirizzo approvati dal Parlamento sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund grazie al potenziamento di nuove forme di incentivazione fiscale del risparmio, in analogia con quanto già previsto per i Piani individuali di risparmio (Pir) per favorire la patrimonializzazione delle aziende, abbattere il debito pubblico, ridurre la pressione fiscale, promuovere l'occupazione, tutelare i beni culturali, proteggere e diffondere il made in Italy e, infine, evitare l'imposta patrimoniale;

7) a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, finalizzata a valorizzare l'assetto strategico di Borsa Italiana S.p.A., favorendo la crescita delle imprese italiane attraverso la creazione di un vero e proprio campione europeo nel mercato dei capitali che, di riflesso, rafforzi il ruolo dell'Italia a livello europeo e internazionale rendendola più forte e attrattiva anche dal punto di vista degli investimenti esteri sul piano economico e reputazionale con il trasferimento a Milano della capitale finanziaria del continente europeo;

8) nell'ottica di incentivare il ricorso al capitale equity, ad adottare ogni iniziativa normativa finalizzata alla proroga permanente del cosiddetto «Bonus Quotazione» introdotto dalla legge n. 205 del 2017, prevedendone l'estensione a tutte le imprese che accedono al mercato dei capitali e non solo alle società che presentino i requisiti di piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003, nonché alle società oggetto della Business Combination per le operazioni condotte dalle Special Purpose Acquisition Company (Spac);

9) ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a promuovere e diffondere la cultura del mercato dei capitali al fine di permettere una canalizzazione efficace della liquidità dei fondi, anche Pir, con importanti riflessi sul rilancio del nostro Paese e sulla crescita economica, oltre che sulla qualità della struttura finanziaria delle imprese italiane.
(1-00382) (Ulteriore nuova formulazione) «Meloni, Centemero, Giacomoni, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi, Molinari, Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino, Gelmini, Occhiuto, Brunetta, Porchietto, Pella, D'Ettore, Polidori, Baldini, Torromino, Della Frera, Versace, Saccani Jotti, Pittalis, Nevi, Mazzetti, Orsini, Pettarin, Giacometto, Maria Tripodi, Bergamini, Marin, Cannatelli, Dall'Osso, Palmieri, Rotondi, Tartaglione, Bagnasco, Labriola, Zangrillo, Vietina, Musella, Dall'Osso».

(22 settembre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    in data 9 ottobre 2020, su proposta dell'amministratore delegato, il consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti ha dato il via libera a Cdp Equity (Cdpe, società interamente partecipata da Cassa depositi e prestiti) per l'ingresso nell'azionariato di Euronext – la società mercato che raggruppa i listini di 6 Paesi europei – e per l'acquisizione da parte di quest'ultima di Borsa Italiana;

    in tal modo Cdp Equity, che acquisisce il 7,3 per cento del capitale azionario di Euronext, al pari della Caisse des dépóts et consignations, omologo di Cassa depositi e prestiti in Francia, insieme a Intesa Sanpaolo, che verrebbe a detenere una quota intorno all'1,3 per cento, entra a far parte dell'attuale gruppo, divenendo uno dei primi azionisti della società che gestirà – oltre a Borsa Italiana – altre 6 borse valori in Belgio, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo, con oltre 1.800 società quotate, per un totale di 4.400 miliardi di euro di capitalizzazione di mercato; con questa operazione, l'Italia rappresenterà il singolo mercato più rilevante in Euronext, con circa un terzo dei ricavi della nuova società e degli occupati complessivi; Cassa depositi e prestiti entrerebbe inoltre a far parte del patto dei reference shareholders, cui aderirebbe circa il 25 per cento del capitale di Euronext;

    Borsa Italiana è un'infrastruttura finanziaria essenziale per il Paese, strategica per lo sviluppo del mercato dei capitali e fondamentale per la crescita delle imprese; rappresenta il principale punto di riferimento per la raccolta di capitale azionario e obbligazionario da parte delle imprese italiane, con 370 società quotate e una capitalizzazione complessiva superiore al 30 per cento del prodotto interno lordo nazionale e con un'ampia presenza di piccole e medie imprese; Borsa Italiana ha altresì l'importante compito di promuovere le aziende quotate e di diffondere l'educazione finanziaria, anche in partnership con intermediari ed altre istituzioni;

    Borsa Italiana è cresciuta e si è sviluppata in questi dieci anni grazie al lavoro dei dipendenti che ha portato quasi a triplicarne il valore e a un management che ha creato le condizioni per questo successo;

    il gruppo Borsa Italiana comprende anche il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts), una delle principali piattaforme per la negoziazione dei titoli di Stato europei, la cui gestione è essenziale per la tutela di dati sensibili per l'interesse nazionale;

    secondo agenzie di stampa, l'Italia, attraverso il gruppo Cassa depositi e prestiti, sarebbe intervenuta al fine di tutelare l'interesse nazionale di un'infrastruttura finanziaria strategica, sia per quanto riguarda Borsa Italiana nella sua interezza, sia per quanto riguarda Mts per il ruolo della società nel mercato dei titoli di Stato, tra cui quelli italiani;

    l'integrazione di Borsa Italiana all'interno di un unico aggregato paneuropeo aumenta la liquidità del mercato dei capitali italiano, la visibilità degli emittenti italiani e, in generale, rafforza il ruolo dell'Italia nel mercato dei capitali europeo;

    l'Italia potrà avere un ruolo di primo piano sia a livello operativo che di governance;

    proprio per quanto concerne l'Mts, l'integrazione nel sistema Euronext potrà rappresentare obiettivi di crescita e sviluppo condivisi dalle parti. In particolare Mts potrà sviluppare ulteriormente la propria strategia Fixed income trading, consolidando così la propria porzione di leadership nel contesto paneuropeo e valorizzando, in sinergia, le competenze e le potenzialità in esso presenti;

    la Cassa di compensazione e garanzia, l'organismo che fornisce i servizi di controparte centrale in Italia nell'ambito degli strumenti finanziari e che assicura la solvibilità delle parti coinvolte e l'integrità del mercato, dovrebbe quindi ulteriormente rafforzarsi, assumendo il ruolo di clearing house di tutto il gruppo Euronext;

    Monte Titoli, che svolge tutte le operazioni di deposito e gestione accentrata di strumenti finanziari, diventerà il più grande central securities depository del gruppo Euronext, assumendo un ruolo centrale all'interno del gruppo nella prestazione dei servizi di deposito e gestione accentrata dei titoli;

    con questa operazione il sistema italiano di servizi per l'intermediazione finanziaria è valorizzato e conta su nuove opportunità di sviluppo: data center e competenze di eccellenza avranno base in Italia;

    Borsa Italiana si avvale di Sia s.p.a., società hi-tech europea leader nei servizi tecnologici e nelle infrastrutture di pagamento, controllata da Cassa depositi e prestiti tramite la controllata Cdp Equity, come partner tecnologico di riferimento per i servizi relativi al trading e post-trading per il Mercato telematico dei titoli di Stato e Monte Titoli;

    di recente, Sia s.p.a. e Nexi s.p.a., più importante società fintech italiana per i pagamenti digitali, hanno annunciato di aver sottoscritto un memorandum of understanding avente a oggetto l'integrazione dei due gruppi da realizzarsi tramite la fusione per incorporazione di Sia in Nexi, per la creazione di una società leader nei pagamenti digitali in Europa, definendo pertanto un'operazione che è sinergica rispetto a quella in oggetto del presente atto di indirizzo;

    è necessario lavorare al fine di far diventare Borsa Italiana e le sue controllate punti di riferimento importanti nel sistema Euronext, nel quale l'Italia rappresenterà il mercato più rilevante, assumendo un ruolo di riferimento a livello continentale;

    l'operazione potrà suggellare una partnership forte con altri importanti investitori europei, tra cui Caisse des dépòts;

    grazie all'operazione in corso su Euronext, Cassa depositi e prestiti amplierà la gamma di prodotti e servizi per il finanziamento delle aziende, passando dai finanziamenti e dagli interventi in equity anche alla possibilità di offrire i servizi di quotazione attraverso Borsa Italiana;

    Borsa Italiana darà il contributo più rilevante al nuovo gruppo allargato. L'Italia diventerà una sede operativa di rilievo per l'entità combinata, con competenze strategiche nel gruppo allargato in termini di operatività, tecnologia, business e funzioni di supporto;

    l'attività di vigilanza regolamentare su Borsa Italiana resterà invariata, consentendo a Consob e Banca d'Italia di continuare a vigilare direttamente su Borsa Italiana e le sue controllate regolamentate, compresa l'attività di compensazione della Cassa di compensazione e garanzia, la cui attività sarà ampliata in un contesto paneuropeo. Consob parteciperà all'indirizzo regolatorio, alla supervisione e alla vigilanza del gruppo risultante dall'operazione nella sua interezza;

    economisti di vaglia hanno più volte sottolineato l'importanza di costituire, progressivamente, un'infrastruttura finanziaria che unisca quanti più mercati mobiliari nazionali. In questo contesto, Borsa Italiana assumerà un ruolo di primo piano nel sistema dei centri finanziari europei sia a livello operativo che di governance;

    la società Borsa Italiana, a livello di gruppo, nel 2019 ha realizzato 464 milioni di euro di ricavi e 2,6 milioni di euro di margine operativo lordo (ebitda);

    London Stock Exchange ha accettato di vendere l'intera partecipazione in Borsa Italiana al consorzio paneuropeo di cui fanno parte anche Cassa depositi e prestiti e Intesa Sanpaolo per un valore patrimoniale di 4,325 miliardi di euro, più un importo aggiuntivo che riflette la generazione di cassa fino al perfezionamento del deal, valore che denota la rilevanza raggiunta dalla società;

    l'operazione deve avere l'obiettivo di aprire buone prospettive per le imprese italiane che intendano quotarsi: la prevalenza, nel tessuto produttivo italiano, di aziende di dimensioni medie e piccole si avvantaggia della presenza italiana nell'azionariato di Euronext, che avrà voce in capitolo nell'organizzazione dei listini e nei requisiti di ingresso;

    l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), nel rapporto Capital markets review of Italy, pubblicato a gennaio 2020, ha sottolineato che, negli ultimi dieci anni, meno di quattro aziende all'anno si sono quotate a Piazza Affari, numero troppo ridotto per un'economia importante come quella italiana. Alla fine del 2018, il valore totale delle azioni italiane quotate era pari a solo il 31 per cento del prodotto interno lordo, valore di gran lunga inferiore a quello registrato in Francia (88 per cento) e in Germania (46 per cento): un dato più che rilevante se si tiene conto dell'eccessiva dipendenza delle aziende italiane dal credito bancario,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa utile, nell'ambito delle proprie competenze e della partecipazione azionaria in Cassa depositi e prestiti, a sua volta azionista del gruppo Euronext, al fine di:

   a) assegnare all'Italia, nel nuovo assetto societario, un ruolo di primo piano anche attraverso accordi parasociali, sia a livello operativo che di governance, rafforzando la presenza italiana in Euronext, in particolar modo creando le condizioni per un miglioramento delle attività di negoziazione, clearing e settlement, e tenendo in considerazione anche il più elevato valore della contribuzione di Borsa italiana all'interno del gruppo sia in termini di fatturato, che di utili;

   b) vigilare affinché le piattaforme di Monte Titoli e Cassa di compensazione e garanzia mantengano la loro identità nazionale e il loro ruolo, anche a garanzia dei processi di collocamento del debito pubblico nazionale e di stabilità del mercato interbancario nazionale, con la prospettiva di concentrare in Italia le divisioni «finance» e «data center» del gruppo e, considerato che l'Italia rappresenterà il singolo mercato più rilevante della nuova Euronext, e valutare di adottare iniziative per un eventuale successivo trasferimento della sede di Euronext a Milano;

   c) adottare iniziative di competenza affinché Euronext supporti un piano di investimenti e di innovazione tecnologica che rafforzi le filiere finanziarie italiane in ambito europeo e si faccia promotrice di un ampio confronto con tutti gli operatori del settore, al fine di apportare miglioramenti e innovazione in merito al funzionamento del mercato dei capitali in Italia, proseguendo il percorso di semplificazione normativa e fiscale dei processi e di contenimento complessivo dei costi sostenuti dagli emittenti, dagli intermediari e dagli investitori e permettendo in questo modo alle piccole e medie imprese di accedere con maggiore facilità al mercato dei capitali, valorizzando i segmenti innovativi e rendendo Borsa italiana un mercato di capitali competitivo rispetto alle altre piazze finanziarie.
(1-00409) «Zanichelli, Fragomeli, Mor, Pastorino, Currò, Topo, Ungaro, Fassina, Martinciglio, Quartapelle Procopio, Maniero, Cancelleri, Giuliodori».

(22 dicembre 2020)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI CURE PALLIATIVE, NEL CONTESTO DELL'EMERGENZA PANDEMICA DA COVID-19

   La Camera,

   premesso che:

    dall'inizio della pandemia da COVID-19 ad oggi si sono registrati 36.616 decessi in Italia e 1.113.750 nel mondo; a questi numeri andrebbero aggiunti anche i decessi per altre patologie correlati al COVID-19, quale conseguenza diretta della complessità emergenziale determinatasi;

    secondo gli indicatori demografici Istat, nel 2019 sono morte in Italia 647.000 persone, ossia l'1,07 per cento circa della popolazione residente che al 1° gennaio 2019 si stimava essere pari a 60.391.000. Nei primi 5 mesi del 2020 si stimano 36.445 decessi in eccesso rispetto allo stesso periodo del 2015-2019;

    con dura brutalità è emerso che buona parte di queste morti avviene in solitudine e nel contesto di una disattenzione colpevole nei confronti della complessità dei sintomi e delle problematiche sociali, psicologiche e spirituali che compaiono nelle ultime fasi e soprattutto nelle ultime ore di vita; toccare, ascoltare, parlare, guardare, prendersi cura sono quegli atti mancati nei rapporti con la persona morente e di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili;

    si è sostenuto che i sistemi ospedalieri durante l'emergenza pandemica da COVID-19 non sono stati in grado di gestire numeri così elevati di pazienti con problematiche cliniche talmente gravi e che la medicina territoriale non è stata pronta ad affrontare la complessità assistenziale di tutti coloro che non sono riusciti a trovare spazio all'interno degli ospedali e delle rianimazioni;

    sono numerose le segnalazioni che pervengono dalla comunità circa l'impossibilità per i familiari di comunicare con i pazienti ricoverati nelle strutture sanitarie, sia nei dipartimenti dell'emergenza-urgenza e nei pronto soccorso sia nei reparti di degenza, soprattutto con quei pazienti che per condizioni patologiche e di fragilità non sono in condizioni di poter utilizzare gli apparecchi di telefonia mobile;

    sono altresì numerose le segnalazioni circa la difficoltà, per i familiari, di avere informazioni scadenzate o quotidiane sullo stato di salute dei pazienti ricoverati;

    uno degli aspetti più dolorosi che caratterizza questa pandemia è l'isolamento umano di tutte le persone più fragili, sia con patologia COVID-19 sia con altre patologie; l'interruzione traumatica dei contatti umani e familiari, per le persone più fragili, è stata ed è lacerante dal punto di vista affettivo e psicologico, fino ad essere essa stessa causa di aggravamento della patologia e, non di rado, di exitus per i pazienti più fragili;

    la solitudine per i pazienti più fragili e anziani causa disorientamento cognitivo e sofferenza psicologica percepita con vissuti di inutilità e di abbandono e genera depressione, inappetenza e altri disturbi dell'umore che possono aggravare le patologie esistenti;

    nel fine vita la solitudine è un dolore insostenibile e l'assenza dei familiari rende ancora più traumatico il distacco per tutti i soggetti coinvolti, il paziente e i familiari;

    tali considerazioni preliminari sono alla base anche del documento «Le Cure palliative durante una pandemia» elaborato, nel mese di ottobre 2020, dalla Società italiana di cure palliative e dalla Federazione italiana cure palliative; il documento fornisce un utile strumento di lavoro per elaborare politiche sanitarie finalizzate a dare risposte adeguate ai bisogni di cure palliative ed alle necessità assistenziali di chi affronta l'ultimo tratto della propria vita nel contesto dell'emergenza pandemica;

    il documento «Le cure palliative durante una pandemia» si pone l'obiettivo di analizzare brevemente il ruolo svolto dalle cure palliative, fornendo alcuni spunti di riflessione derivati dalle esperienze italiana e internazionale acquisite nei mesi della cosiddetta «fase 1» della pandemia e, al contempo, delineare alcune linee di indirizzo finalizzate ad un'integrazione delle cure palliative nel più ampio piano pandemico nazionale;

    gli autori del citato documento, già nel 2017, denunciavano «la carenza di una presenza organica delle cure palliative nei piani e nelle strategie di soccorso nei confronti delle crisi umanitarie», com'è ad esempio una pandemia, che complicano in modo sostanziale alcuni elementi che identificano e definiscono i bisogni di cure palliative della popolazione colpita, a partire dall'individuazione dei pazienti vulnerabili e a rischio di morte, tra i quali sono incluse le «persone che prima della pandemia erano altamente dipendenti da trattamenti intensivi (ad esempio: ventilazione, dialisi), le persone affette da patologie croniche la cui salute si deteriora a causa delle restrizioni e delle misure di isolamento (riduzione degli accessi ospedalieri o ambulatoriali per visite ed esami di controllo), ma soprattutto anche persone precedentemente sane le quali a causa dell'infezione vengono sottoposte a trattamenti di supporto vitale ma necessitano di un adeguato controllo sintomatologico o, ancora, pazienti non suscettibili di tali trattamenti o che non possono accedervi per scarsità di risorse o loro stesso rifiuto»;

    è condivisibile l'assunto – riportato sempre nel documento – che «la risposta dinamica a un evento catastrofico come una pandemia dovrebbe, dunque, essere non solo orientata a “massimizzare il numero di vite salvate” ma anche a “minimizzare la sofferenza di coloro che potrebbero non sopravvivere” e l'esperienza italiana della fase 1 del COVID-19 ha dimostrato che “nonostante le difficoltà, laddove la rete di cure palliative era sufficientemente organizzata prima dell'inizio della pandemia, il sistema di cure palliative ha retto alla pressione delle nuove sfide emergenziali”»;

    «nella fase emergenziale le équipe specialistiche di cure palliative – si legge nel documento – sono, infatti, state coinvolte con diverse modalità (...) la pandemia, d'altra parte, ha inevitabilmente modificato il lavoro delle reti di cure palliative, le attività di assistenza domiciliare sono state spesso caratterizzate da visite brevi, talora sostituite da contatti telefonici, barriere indotte dalla necessità di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, distanziamento sociale, ridimensionamento del concorso dei volontari. Allo stesso modo le attività di ricovero presso gli hospice hanno dovuto subire processi di triage complessi, divieto o drastiche limitazioni all'ingresso dei congiunti, ricoveri molto brevi per terminalità avanzata spesso lontani dagli usuali standard di cura»;

    anche l'Organizzazione mondiale della sanità ha rappresentato che: «nelle epidemie causate da infezioni potenzialmente letali, come in altre emergenze e crisi umanitarie, la sofferenza delle vittime e gli sforzi per alleviarla spesso vengono trascurati nella fretta di salvare vite»;

    sempre l'Organizzazione mondiale della sanità definisce le cure palliative come «un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un'identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e di altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale»;

    secondo quanto si evince dal documento citato, le misure di isolamento e le limitazioni per i visitatori «portano ad un forte senso di separazione da parte dei pazienti che si avvicinano alla fine della vita e delle loro famiglie. Questo aspetto è stato sottolineato anche nel corso dell'epidemia da SARS-CoV-1 del 2003; da allora, i progressi tecnologici hanno reso maggiormente diffuse le forme di comunicazione a distanza come le videochiamate, che dovrebbero essere adottate per alleviare il senso di isolamento. È stato suggerito che le strutture sanitarie dovrebbero dotarsi di smartphone, tablet o laptop e connessioni internet da mettere a disposizione dei pazienti. Tuttavia, alcuni pazienti potrebbero non essere in grado di utilizzare le videochiamate a causa delle loro condizioni cliniche: gli operatori sanitari, sociali e gli assistenti spirituali dovrebbero, quindi, organizzarsi per fornire un supporto al fine di favorire, comunque, la comunicazione, tra i pazienti e i loro familiari (talora essi stessi in isolamento obbligatorio). Allo stesso modo, viene suggerito che venga consentita la possibilità di visita da parte dei membri della famiglia con l'uso dei dispositivi di protezione individuale necessari, laddove il contesto di cura lo permetta»;

    l'11 agosto 2020 il Ministero della salute ha emanato la circolare «Elementi di preparazione e risposta a COVID-19 nella stagione autunno-invernale», predisposta dall'Istituto superiore di sanità in collaborazione con il Coordinamento delle regioni e province autonome, che descrive le principali azioni attuate dal sistema sanitario nazionale in risposta alla pandemia. La circolare riporta alcuni elementi di criticità affrontate nelle prime fasi della crisi da considerare in un'ottica di preparedness, ma – come evidenziano gli autori del documento citato – le cure palliative sono genericamente citate una sola volta nell'ambito della sezione 3-area territoriale, che prevede: «Incremento delle azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare, per rafforzare i servizi di assistenza domiciliare integrata per i soggetti affetti da malattie croniche, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, con bisogni di cure palliative, di terapia del dolore e, in generale, per le situazioni di fragilità, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020, come convertito nella legge n. 77 del 2020»;

    il documento «Le cure palliative durante una pandemia» reca dunque importanti indicazioni concrete per implementare ulteriormente l'integrazione delle cure palliative tra i servizi sanitari offerti in corso di pandemia, sviluppare connessioni e integrazioni con le branche specialistiche ospedaliere, rafforzare i modelli di rete e il ruolo operativo dei dipartimenti di cure palliative, fornire risorse e indicazioni operative alle strutture operative nei diversi setting assistenziali, secondo il modello stuff-staff-space-systems;

    l'articolo 8 della legge n. 38 del 2010 statuisce che l'esistenza di specifici percorsi formativi universitari in materia di cure palliative rappresenti la condizione necessaria affinché il sistema delle cure palliative sia perfettamente funzionale ed il fabbisogno nazionale di medici esperti in cure palliative e il relativo ricambio generazionale siano adeguatamente garantiti;

    il diffondersi del COVID-19 ha evidenziato, in maniera più marcata, la carenza di personale sanitario con competenze specialistiche per gestire la sofferenza dei pazienti, in maniera appropriata in tutti i setting assistenziali, nonché la necessità di fornire risposte adeguate ai bisogni di una popolazione crescente di malati sempre più anziani, affetti da patologie cronico-degenerative in fase avanzata o terminale, in condizioni cliniche di estrema fragilità e di grave sofferenza, oltre che fornire una risposta alla complessità assistenziale dei bambini affetti da malattie inguaribili;

    è giusto che siano specialisti in cure palliative ad accompagnare con la necessaria competenza e formazione universitaria la fine della vita di ogni persona e questo va fatto all'interno di un percorso di cura che comprende numerosi attori. Il medico di medicina generale rimane punto di riferimento insostituibile e con esso la figura dell'infermiere che rappresenta il cardine intorno a cui si sviluppa l'assistenza. Psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali, volontari ed assistenti spirituali compongono l'équipe assistenziale ed ognuno con le proprie competenze e specifiche formazioni curriculari;

    con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «decreto rilancio», a decorrere dall'anno accademico 2021/2022, si istituisce la scuola di specialità in «medicina e cure palliative» per i laureati in medicina e chirurgia e si introduce «il corso di cure palliative pediatriche nell'ambito dei corsi obbligatori della scuola di specializzazione in pediatria»;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2020, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, come successivamente prorogato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull'intero territorio nazionale, al comma 6 dell'articolo 1, lettere aa) e bb), prevede che:

     a) è fatto divieto agli accompagnatori dei pazienti di permanere nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso, salve specifiche diverse indicazioni del personale sanitario preposto;

     b) l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite, hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione;

    anche i recenti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 e del 24 ottobre 2020 hanno reiterato le suddette misure;

    tali decreti del Presidente del Consiglio dei ministri citati prevedono, inoltre, ulteriori disposizioni specifiche per la disabilità, specificando che le attività sociali e socio-sanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all'interno o da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario vengono svolte secondo piani territoriali, adottati dalle regioni, assicurando attraverso eventuali specifici protocolli il rispetto delle disposizioni per la prevenzione dal contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori;

    il 24 agosto 2020 l'Istituto superiore di sanità ha aggiornato le «Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali», indicazioni elaborate dal gruppo di lavoro dell'Istituto superiore di sanità prevenzione e controllo delle infezioni ed aggiornate con lo scopo principale di riprendere in sicurezza le attività a regime delle strutture sociosanitarie e socio-assistenziali e creare le condizioni per rivedere in sicurezza parenti e amici;

    «Il benessere degli anziani e delle persone fragili, di coloro che vivono lontani dai nuclei familiari per motivi di non autosufficienza, è intimamente collegato anche alla loro sfera emotiva – spiega Paolo D'Ancona, ricercatore dell'Istituto superiore di sanità e coordinatore del gruppo di lavoro multidisciplinare che ha realizzato il rapporto –. La possibilità di poter incontrare i propri cari e di alimentare la loro vita relazionale non è ininfluente sul loro stato di salute e perciò, oggi che la situazione epidemiologica lo permette, dopo gli sforzi fatti per frenare i contagi, è necessario imboccare una strada che riporti gradualmente alla normalità»;

    in considerazione dell'elevato fabbisogno assistenziale dell'anziano fragile, il citato rapporto dell'Istituto superiore di sanità fornisce, quindi, delle indicazioni per permettere alle strutture residenziali e socio-assistenziali di fornire il servizio di assistenza, riducendo il rischio di COVID-19 negli ospiti e negli operatori;

    il rapporto dell'Istituto superiore di sanità, pur riferendosi principalmente ai soggetti fragili ricoverati nelle strutture residenziali sociosanitarie, è sussumibile anche per i medesimi soggetti fragili ricoverati nelle strutture ospedaliere, la cui permanenza, non di rado, può prolungarsi anche per periodi di tempo non brevi;

    sulla base delle disposizioni presenti nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri citati, nell'ambito delle strutture sanitarie ospedaliere, le direzioni generali dispongono diversamente in riferimento a ciascuna struttura e risulta che, ad esempio, anche in una medesima regione, alcune strutture sanitarie abbiano disposto il divieto di accesso generalizzato da parte dei famigliari/visitatori sia nelle strutture di pronto soccorso sia nei reparti di degenza dei pazienti dei famigliari, mentre in altre viene consentito l'accesso di un visitatore per ciascun paziente, nel rispetto di diversificati protocolli di sicurezza, come, ad esempio, la diversificazione degli orari di accesso;

    è auspicabile, invece, quanto meno per i pazienti che non siano affetti da COVID-19, assicurare ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti all'accesso di almeno un familiare, così come appare auspicabile ripensare, anche in termini organizzativi e strutturali, le relazioni di cura che siano inclusive delle famiglie dei pazienti e di tutto il personale sanitario e socio-assistenziale coinvolto e finalizzate a recuperare il processo di umanizzazione delle cure, soprattutto per i pazienti più fragili e anziani, che oltre alla sicurezza sanitaria tenga conto anche della loro dignità;

    tutte le strutture sanitarie, nell'ambito di ciascun dipartimento, dovrebbero adottare un protocollo uniforme sull'intero territorio nazionale, recante misure volte a:

     a) mantenere le comunicazioni con operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno di reparto di degenza, ivi incluso il pronto soccorso;

     b) definire un protocollo per le visite con regole prestabilite che possa essere consultato dai familiari che richiedano le visite e assicurarsi che sia correttamente recepito e applicato;

     c) prevedere, in subordine o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, strumenti alternativi alla visita in presenza, come, ad esempio, videochiamate organizzate dalla struttura sanitaria;

    il protocollo citato dovrebbe contenere misure efficaci per sensibilizzare e formare adeguatamente i visitatori/famigliari nella prevenzione e nel controllo dei casi di COVID-19 e per la predisposizione di tutte le procedure ottimali per una visita in sicurezza dei pazienti da parte dei famigliari/visitatori;

    diverse strutture sanitarie, a seguito della pandemia, hanno coraggiosamente adottato sistemi di comunicazione avanzati per garantire stabilmente le comunicazioni tra staff, medici, pazienti e familiari; a riguardo anche il Garante per la protezione dei dati personali, proprio in considerazione della normativa d'urgenza adottata per il COVID-19, è intervenuto affermando che le strutture sanitarie che intendono avvalersi di strumenti (app), volti a fornire servizi diversi dalla telemedicina o comunque non strettamente necessari alla cura (app divulgative; app per la raccolta di informazioni sullo stato di salute della popolazione di un dato territorio), che comportino il trattamento di dati personali, che possono essere utilizzabili, in linea generale, previo consenso libero, specifico, esplicito e informato dell'interessato;

    la risoluzione di maggioranza sulla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2020, approvata alla Camera il 14 ottobre 2020, all'8° capoverso del dispositivo impegna il Governo a «potenziare il sistema sanitario nazionale, incluse la domiciliarità e la medicina territoriale ivi comprese le cure palliative, rafforzando la governance dei distretti sanitari e promuovendo una rinnovata rete sanitaria territoriale attraverso nuovi modelli organizzativi integrati»,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza finalizzate:

   a) nell'ambito della predisposizione di tutte le attività volte a minimizzare i rischi posti dalle malattie infettive ed a mitigare il loro impatto durante l'emergenza di sanità pubblica, a tener conto delle indicazioni del documento «Le cure palliative durante una pandemia», citato in premessa, volte ad implementare ulteriormente l'integrazione delle cure palliative tra i servizi sanitari offerti in corso di pandemia, sviluppare connessioni e integrazioni con le branche specialistiche ospedaliere, rafforzare i modelli di rete ed i percorsi assistenziali di cure palliative, fornire risorse e indicazioni operative alle strutture operative nei diversi setting assistenziali, secondo il modello stuff-staff-space-systems, ripensare, anche in termini organizzativi e strutturali, le relazioni di cura che devono essere inclusive delle famiglie dei pazienti e di tutto il personale sanitario e socio-assistenziale coinvolto e che devono essere finalizzate a recuperare il processo di umanizzazione delle cure, soprattutto per i pazienti più fragili ed anziani e che, oltre alla sicurezza sanitaria, devono tenere conto anche della dignità dei malati;

   b) ad adeguare le dotazioni organiche delle unità di cure palliative al fine di rispondere ai bisogni dei malati COVID-19 e non COVID-19, in attuazione di quanto previsto nell'ambito del documento ministeriale dell'11 agosto 2020, citato in premessa, con riferimento alla sezione 3-area territoriale, circa il rafforzamento dei servizi di assistenza domiciliare per i soggetti con bisogni di cure palliative, assicurando che i piani di intervento, a livello regionale e locale, prevedano l'integrazione delle cure palliative specialistiche nei contesti ospedalieri e territoriale, per i malati COVID-19 e per l'utenza ordinaria;

   c) ad assicurare la disponibilità per le équipe di cure palliative di strumentazioni tecnologiche, cliniche e di telecomunicazione adeguate alla gestione delle situazioni cliniche e relazionali determinate dalla pandemia da COVID-19 e l'expertise necessario per utilizzarle;

   d) a programmare interventi di formazione in cure palliative rivolti al personale sanitario che opera in ambito ospedaliero, della residenzialità extraospedaliera e territoriale, al fine di assicurare tempestivi interventi palliativi di «base» e l'integrazione con il livello specialistico della rete di cure palliative per i malati COVID-19;

   e) ad attivarsi per l'identificazione, in base alle specificità locali e alla gravità della epidemia, di aree dedicate di ricovero per pazienti affetti da COVID-19 in fase di fine vita (da patologia COVID-19 o da patologie pregresse) nettamente distinte dalle aree di degenza COVID-19 free, anche attraverso la riconversione di reparti ospedalieri (o extraospedalieri) o attraverso la riconversione di hospice, al fine di rispondere ai bisogni di cure palliative anche per i pazienti affetti da patologie cronico-degenerative, non affetti da COVID-19 e non assistibili a domicilio;

   f) a consolidare lo sviluppo delle unità di cure palliative domiciliari, attraverso la loro progressiva estensione alla presa in carica di malati in condizioni di cronicità complesse e avanzate;

   g) a garantire un servizio di cure palliative (ambulatoriali e di consulenza) per ogni ospedale di base, un hospice ospedaliero per ogni presidio ospedaliero di primo livello o per Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, garantendo nell'azienda sanitaria territoriale standard di rapporto tra posti letto hospice e residenti;

   h) a implementare il coordinamento delle reti locali di cure palliative, attraverso il loro finanziamento, al fine di garantire attivazione e operatività delle reti locali di cure palliative, così come previsto dall'accordo della Conferenza Stato-regioni del 27 luglio 2020;

   i) a prevedere il contributo di professionisti esperti con competenze in cure palliative nelle unità di crisi e nei diversi organismi di programmazione e gestione, dell'emergenza sanitaria a livello nazionale, regionale e locale, anche con lo scopo di adottare un set di indicatori in grado di misurare, in particolare, la disponibilità di risorse tecnologiche e di presidi (stuff) per gli operatori delle cure palliative e l'implementazione delle attività assistenziali e formative (staff), in relazione ai livelli di gravità dell'epidemia e di diffusione del virus;

   l) ad adottare un protocollo uniforme sul territorio nazionale che, nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera correlata al COVID-19, assicuri:

    1) il mantenimento delle comunicazioni tra operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno dell'unità operativa di degenza, ivi incluso il pronto soccorso;

    2) lo svolgimento delle visite da parte dei familiari, secondo regole prestabilite consultabili dai familiari ovvero, in subordine o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, l'adozione di strumenti alternativi alla visita in presenza, come, ad esempio, videochiamate organizzate dalla struttura sanitaria;

    3) l'individuazione, quanto meno per i pazienti che non siano affetti da COVID-19, di ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti all'accesso di almeno un familiare;

   m) ad assicurare, all'interno della rete ospedaliera e territoriale, la disponibilità di personale dedicato all'assistenza psicologica, sociale e spirituale con preparazione idonea a gestire le esigenze psicosociali e spirituali dei pazienti COVID-19 e delle loro famiglie.
(1-00397) «Trizzino, Bella, Mammì, Nappi, Lapia, Villani, Misiti, Nesci, Ianaro, Martinciglio, Saitta, Perantoni, Grimaldi, Papiro, Davide Aiello, Suriano, Giarrizzo, Alaimo, Manzo, Lombardo, Brescia, Sarli, Lorefice, Colletti, Maurizio Cattoi, Ehm, Licatini, Sodano, Faro, D'Uva, Leda Volpi, Cancelleri, Galizia, Tripiedi, Melicchio, Cubeddu, Iorio, Ficara, Roberto Rossini, Menga, Chiazzese, Pignatone, Grillo, Cabras, Casa, Zolezzi, Penna, Cataldi, Torto, Aresta, Flati, Spadoni, Costanzo, D'Orso, Ascari, Paxia, Gallo, Emiliozzi, Macina, Adelizzi, Varrica, Rizzo».

(29 ottobre 2020)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI DEFINIZIONE DEL PIANO NAZIONALE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA E ULTERIORI MISURE IN CAMPO EDUCATIVO ED ECONOMICO A FAVORE DEI MINORI

   La Camera,

   premesso che:

    il Governo, dall'inizio della pandemia, è impegnato nella definizione di misure destinate a contenere la diffusione del virus, aggiornate in relazione all'andamento della curva epidemiologica e con l'implicazione – necessaria per la sicurezza e la salute pubblica – di forti limitazioni alle attività di cittadini e imprese. D'altro canto, tali misure sono state supportate dalla definizione di altrettante politiche – principalmente di natura economica – a sostegno della popolazione. Questo sforzo orientato a definire la realizzazione di forme di supporto alle più diverse categorie sociali, lavorative ed economiche, nel suo tentativo di raccogliere una quanto più ampia possibile porzione di cittadine e cittadini, ha però lasciato spesso in secondo piano una componente importante: i bambini, le bambine e gli adolescenti;

    la forzata chiusura delle scuole a partire dal 5 marzo 2020 e l'implementazione delle più varie forme di didattica a distanza hanno reso necessaria ed urgente la definizione da parte del Governo di proposte legate all'edilizia scolastica per il miglioramento e l'ampliamento degli spazi educativi, come pure al miglioramento dell'accesso ai device e alle infrastrutture digitali. Tali fondamentali misure non sono state però associate alla considerazione di tutta una serie di aspetti fondamentali della vita dei più piccoli: l'emotività, la socialità, il gioco, la scoperta, la crescita in una comunità educante, l'educazione in senso più ampio, oltre la formazione scolastica. Fino all'inizio della pandemia, il percorso educativo scolastico non prevedeva l'utilizzo della didattica a distanza, portando dunque ad una sua prima applicazione «improvvisata», che a causa dell'emergenza pandemica non ha permesso lo svolgimento di adeguati test, analisi e conseguenti correttivi. A distanza di molti mesi, il sistema della didattica a distanza continua a presentare numerose disfunzionalità che rischiano di alimentare, nel breve termine, l'abbandono scolastico e la crescita delle disuguaglianze, non solo per gli studenti con disabilità, ma anche per quelli in famiglie numerose, senza adeguati spazi casalinghi o senza un opportuno sostegno dei genitori o ancora semplicemente vittime del digital divide;

    il Censis, nella sua indagine «La scuola e i suoi esclusi – Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020», ha riportato che «il 74,8 per cento dei dirigenti scolastici ha verificato come l'utilizzo emergenziale di modalità di didattica a distanza abbia ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti, a seconda del livello di disponibilità di strumenti e di supporti informatici, ma anche più in generale in base al livello di cultura tecnologica delle famiglie italiane. Particolarmente toccate dalle conseguenza del gap tecnologico sembrano essere le scuole del primo ciclo, che alle difficoltà comuni aggiungono anche la più giovane età degli studenti che, per quanto nativi digitali, a parità di condizione socio-economico e culturale hanno meno disponibilità di dispositivi adatti alla didattica e sono sicuramente ancora lontani da un utilizzo diverso da quello soprattutto ludico degli stessi»;

    l'Unesco evidenzia che la pandemia ha provocato il più grande sconvolgimento dei sistemi educativi della storia, colpendo nel mondo quasi 1,6 miliardi di bambini in età scolare. Le stime attuali indicano che 24 milioni di bambini molto probabilmente non torneranno più in classe;

    nella «Indagine sull'impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia» – promossa dall'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Giannina Gaslini di Genova e guidata dal neurologo Lino Nobili, che dirige il dipartimento di neuropsichiatria infantile dell'istituto, con il supporto del Ministero della salute – si porta in evidenza che le restrizioni imposte dalle misure governative hanno determinato nei bambini e negli adolescenti (età 6-18 anni) disturbi di «componente somatica» (come disturbi d'ansia) e disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa), con una significativa alterazione del ritmo del sonno. Per i più grandi, invece, è stata inoltre riscontrata un'aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell'umore. Tali esempi portano ad evidenziare che l'assenza di proposte legate al benessere anche psicologico, pedagogico ed emotivo di bambine e bambini, ragazze e ragazzi è diventata nei mesi via via più ingombrante, assumendo le dimensioni di vuoto normativo di notevole impatto, senza previsioni in risposta ai bisogni e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

    nel rapporto «Proteggiamo i bambini» Save the children evidenzia che in Italia si registravano già prima della pandemia percentuali di deprivazione economica e materiale dei minori tra le più alte d'Europa. L'aumento della disoccupazione, registrato dall'Istat già a giugno 2020 come pari all'8,3 per cento e stimato dal Fondo monetario internazionale per il 2020 al 12,7 per cento, e la conseguente riduzione della capacità economica delle famiglie rischiano di aumentare considerevolmente l'incidenza della povertà materiale tra i bambini e gli adolescenti. Il risultato potrebbe essere quello di un aumento di diversi punti percentuali del tasso di povertà assoluta tra i minorenni: si stima che 1 milione di bambini in più possano scivolare nella povertà assoluta, ritrovandosi in una condizione priva dell'indispensabile per condurre una vita dignitosa;

    il Governo è tuttora impegnato nello sforzo di definizione di nuove misure emergenziali che avranno innegabilmente un impatto sul futuro della società e del Paese e, contemporaneamente, sulla progettazione per l'utilizzo delle risorse europee provenienti da Next generation Eu e la definizione dell'imminente legge di bilancio per il 2021. In tale contesto il Parlamento sta contribuendo in maniera rilevante nel porre l'accento sugli aspetti che risultano più dirimenti per l'infanzia e l'adolescenza e, dunque, nell'orientare il Governo: ne è dimostrazione il fatto che il Presidente Conte abbia evidenziato che la decisione di tenere le scuole in presenza – almeno per il primo ciclo d'istruzione – sia stata sostenuta dal fortissimo appello proveniente proprio dal Parlamento;

    dunque, questo «domani» che si intende costruire e a cui si guarda incessantemente ha innegabilmente un profilo ben definito: le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi sono i protagonisti principali del futuro, messo però a rischio dalla pandemia;

    la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite ricorda che gli Stati parte «si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati» e che «riconoscono il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale». Tali principi devono essere di profonda ispirazione in tutte le fasi: dalla predisposizione all'effettiva implementazione di nuove norme e strategie. Nel general comment n. 7 del 2005 alla stessa Convenzione («Attuare i diritti del fanciullo nella prima infanzia») si afferma inoltre che «Gli Stati devono garantire un supporto appropriato a genitori, affidatari e famiglie per consentire loro di svolgere adeguatamente le loro funzioni genitoriali» e che «i primi anni di vita costituiscono il periodo dove le responsabilità parentali riguardano tutti gli aspetti del benessere dei bambini affrontati dalla Convenzione. Di conseguenza, la realizzazione di questi diritti dipende in grande misura dal benessere e dalle risorse a disposizione di quanti portano queste responsabilità»;

    se la sostenibilità rappresenta una delle linee guida nell'utilizzo delle risorse europee di Next generation Eu, è fondamentale tenere bene a mente che nella sua accezione originale, quella del rapporto Brundtland del 1987, lo sviluppo sostenibile attiene alla fondamentale presa di coscienza che tutto ciò che viene fatto nel presente avrà impatto nel futuro, sulle nostre figlie e sui nostri figli. Tale considerazione implica, dunque, la necessità di porre, tra i cardini guida delle scelte politiche, gli interessi ed i bisogni dell'infanzia e dell'adolescenza;

    il Governo è chiamato a pianificare una visione strategica composta di politiche che siano in grado di garantire che i miglioramenti applicati al benessere delle bambine e dei bambini siano duraturi e generalizzati. Significa, dunque, progettare e implementare accuratamente delle politiche che pongano delle solide basi per l'infanzia e l'adolescenza e, di conseguenza, per la società nella sua interezza partendo dalle sue fondamenta. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, nel quadro dell'Agenda globale 2030, rappresentano una guida eccellente per orientare le politiche pubbliche e intensificare e accelerare i miglioramenti del benessere dei più piccoli nella comunità e nel sistema Paese. In tale quadro ci si riferisce, in particolare, ad un sistema di azioni interdipendenti per:

     a) ridurre la disuguaglianza di reddito e la povertà, assicurando così che tutti i bambini abbiano accesso alle risorse di cui necessitano;

     b) migliorare l'accesso di tutti i bambini ai servizi di cura della prima infanzia; migliorare i servizi di supporto psicologico per bambini e adolescenti;

     c) implementare e ampliare le politiche dedicate alla famiglia che sostengano la work-life balance;

    il Centro di ricerca Innocenti dell'Unicef ha diffuso a settembre 2020 lo studio «Sfere di influenza – Un'analisi dei fattori che condizionano il benessere dei bambini nei Paesi ricchi», all'interno del quale si specifica innanzitutto che «quella che è iniziata come una crisi sanitaria si è progressivamente allargata, andando a interessare tutti gli aspetti delle economie e delle società. Se da un lato i bambini sembrano non subire gli effetti diretti più gravi sulla salute provocati dal virus, dall'altro, come ci hanno insegnato crisi precedenti, saranno uno dei gruppi più colpiti dal suo impatto a lungo termine»;

    si distinguono tre tipologie principali di effetti che il COVID-19 ha prodotto sulle bambine e sui bambini: 1) gli effetti sulla salute fisica, che saranno a breve e lungo termine. A breve termine, i sistemi sanitari ridotti allo stremo potrebbero annullare le priorità dedicate alle immunizzazioni programmate o alle terapie per le patologie croniche. A lungo termine, i crescenti livelli di povertà potrebbero alterare le condizioni di alimentazione, abitative e di vita, andando a influire sulla salute dei bambini; 2) gli effetti sul benessere mentale, per cui le crisi emotive già manifeste nei bambini probabilmente si intensificheranno. L'isolamento, il lutto e le continue tensioni nelle relazioni familiari causate dall'incertezza economica possono danneggiare il benessere mentale di molti bambini, provocando ansia, insicurezza e paura del futuro; 3) gli effetti sull'istruzione, in quanto nella maggior parte dei Paesi i bambini hanno perso mesi di istruzione e contatto sociale. Come evidenziato dalle crisi precedenti, molti bambini non riusciranno mai a recuperare questa perdita di apprendimento, che sortirà effetti a lungo termine sulla loro vita e sulle società in cui vivono. Secondo un recente studio condotto dalla Banca mondiale (Simulating the potential impacts of the COVID-19 school closures on schooling and learning outcomes) la perdita di diversi mesi, se non addirittura un anno di scuola a causa del COVID-19, può tradursi per gli studenti e le studentesse in future perdite di reddito che variano da 355 a 1.408 dollari l'anno;

    a tutte queste considerazioni si aggiunge il tema delle disuguaglianze sociali, già presenti con forza nel nostro Paese, ma profondamente acuite dalla pandemia in termini economici, culturali, sociali, educativi per i più piccoli. La riduzione dei servizi scolastici rischia di minare la salute psicofisica, l'apprendimento scolastico e la socialità delle future generazioni, soprattutto per i bambini e ragazzi provenienti da contesti più difficili;

    la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza è profondamente cambiata nel corso delle ultime decadi, come viene riportato nel documento «Senza confini» del Centro salute del bambino, soprattutto in relazione a gran parte dei Paesi a reddito medio o elevato – tra i quali si colloca l'Italia;

    i problemi di salute si sono in gran parte trasferiti dalle acuzie alle patologie croniche e rare e ai problemi di neurosviluppo e di salute mentale. Le problematiche sociali e quelle educative sono sempre più evidenti e intrecciate con quelle di salute. Le diseguaglianze sociali, territoriali e tra generazioni si sono aggravate, aspetto – quest'ultimo – che caratterizza l'Italia in modo particolarmente drammatico. Su tutto incombono le minacce derivanti dal degrado ambientale e dal cambiamento climatico, come testimoniato con assoluta evidenza anche nel quadro della pandemia da COVID-19; inoltre, determinano un impatto rilevante anche i cambiamenti nei comportamenti riproduttivi che, in combinazione con la progressiva restrizione delle coorti in età fertile, determinano un trend di denatalità molto accentuato;

    i bambini con genitori in condizioni socio-economiche più compromesse dall'età di 4 anni accumulano un significativo svantaggio in termini educativi e di sviluppo rispetto ai coetanei provenienti da situazioni familiari più favorevoli;

    allarmano i dati per cui quasi 1 minore su 7 lascia prematuramente gli studi e meno di un bambino su 4 può frequentare un nido, dato che diventa inferiore ad uno su 10 nel Mezzogiorno;

    ancora prima che il COVID-19 le rendesse ulteriormente evidenti, erano già emerse molte inadeguatezze infrastrutturali, di risorse umane e di contenuti pedagogici e didattici della scuola, baluardo fondamentale delle pari opportunità educative, della formazione del capitale umano e della mobilità sociale e riferimento fondamentale per la vita di bambini e ragazzi e delle loro stesse comunità di appartenenza. Tagli di spesa e mancati investimenti, oltre ad una frequente mancanza di visione strategica in grado di porre istruzione e inclusione al centro del disegno di crescita del Paese, ne hanno intaccato qualità, performance e prestigio anche con riferimento agli standard europei. La Commissione europea nella «Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2019» per l'Italia evidenzia che «gli investimenti dell'Italia nell'istruzione sono ridotti e distribuiti in modo disomogeneo tra i vari gradi di istruzione. La spesa pubblica per l'istruzione, sia in percentuale del prodotto interno lordo (3,8 per cento) che in percentuale della spesa pubblica totale (7,9 per cento), è stata tra le più basse dell'Unione europea nel 2017. Mentre la quota di prodotto interno lordo assegnata all'educazione della prima infanzia e all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con gli standard dell'Unione europea, la spesa per l'istruzione terziaria è la più bassa dell'Unione europea, appena lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo nel 2017, ben al di sotto della media dell'Unione europea dello 0,7 per cento»;

    chi si occupa della salute di bambini e ragazzi non può non identificare nella crisi delle istituzioni educative un fattore di acutizzazione di diversi fattori di rischio, che vanno oltre la perdita di opportunità di apprendimento e di socializzazione e investono la salute mentale nel suo senso più lato;

    nel quadro della definizione delle misure emergenziali, la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza è stata affrontata innanzitutto guardando alla scuola: tanta attenzione è stata dedicata all'edilizia, agli spazi, alle norme sanitarie, alle infrastrutture digitali, ma sono state spesso tralasciate le dinamiche emotive, empatiche, pedagogiche, sociali e di crescita più intime, che fanno parte del benessere psicologico e della crescita sana dei bambini e delle bambine, delle ragazze e dei ragazzi e sono parte integrante di tutto il percorso educativo e di formazione;

    inoltre, appare chiaro che il focus per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza rappresenta un terreno estremamente vasto, che non può fermarsi al tema della didattica o alla definizione di politiche «residuali»;

    è necessaria una svolta verso un approccio strategico «bambinocentrico», capace di porre l'infanzia al centro di una visione integrata della tutela dei bambini, che implica il prendere atto dei nessi e degli scambi tra ciò che produce benessere per i più piccoli e le condizioni di contesto sociale, economico, culturale, educativo, in modo da coordinare adeguatamente le politiche pubbliche. Per essere efficaci ed efficienti, gli interventi devono dunque riconoscere il modo in cui le azioni politiche a un dato livello andranno a influire su di un altro. Normalmente si valuta l'impatto economico delle leggi e delle politiche: a questo punto sarebbe però anche necessario prendere in considerazione la possibilità di integrare sistematicamente una valutazione relativa all'impatto di leggi e politiche sul benessere dei bambini. Un child mainstreaming;

    un esempio pratico di un approccio capace di porre il superiore interesse dei bambini lo si trova concretamente nel caso della Nuova Zelanda, dove nel 2019 la Premier Jacinta Adern – recentemente eletta per il suo secondo mandato – ha promosso la stesura di una legge di bilancio basata sul benessere umano ed emotivo, inserendo come obiettivo primario la lotta alla povertà infantile. Già a partire dal 2018 era stata promossa dal Governo del Paese la creazione di un gruppo specifico di lavoro sul benessere dell'infanzia e sulla povertà infantile, con l'obiettivo di rendere effettive le azioni previste nel Child poverty reduction's Act. All'indomani della sua rielezione, la Premier neozelandese ha riconfermato nuovamente la sua profonda attenzione alla lotta alla povertà infantile. Il focus centrale sul principale benessere dell'infanzia si consolida anche nell'esempio di tutti quei Paesi europei che oggi – nel quadro delle rispettive misure di lockdown – hanno deciso di lasciare le scuole aperte, prevedendo tutte le necessarie misure di sicurezza;

    la seconda ondata di contagi, che si sta attualmente affrontando, pone nuovamente di fronte all'emergenza il tema di una pianificazione e di una strategia che possano adeguatamente preservare una forma di «normalità» per i più piccoli, a partire proprio dalla salvaguardia della didattica in presenza. Senza dubbio questa rappresenta una priorità, proprio perché è impensabile privare nuovamente le bambine e i bambini della socialità, della crescita e dell'apprendimento attraverso un confronto diretto con i propri coetanei e docenti: tutti elementi che hanno pesato enormemente sul benessere psicologico dei più piccoli durante i primi mesi di lockdown. Certamente è fondamentale lavorare su politiche in risposta alla situazione emergenziale, ma risulta quanto mai fondamentale progettare su quello che è un orizzonte futuro di medio-lungo termine: se l'obiettivo del presente è quello di superare gli effetti immediati della pandemia, risulta essenziale la previsione di misure progettuali che siano in grado di supportare un «rimbalzo in avanti», come lo definisce Enrico Giovannini – portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile e già presidente dell'Istat – nella lungimiranza di prevedere e anticipare le sfide future per l'infanzia, per l'adolescenza e per il Paese;

    a tale priorità si associa il chiaro bisogno di avere a disposizione i dati disaggregati relativi ai contagi per le fasce 0-6, 7-10 e 11-18, permettendo così di sostanziare in maniera scientifica le scelte politiche inerenti alle decisioni sull'apertura o chiusura delle scuole. Inoltre, i dati così composti permetterebbero senza dubbio una più attenta pianificazione da parte degli ospedali pediatrici, perché siano in grado di attrezzarsi – in previsione dell'ondata di influenza stagionale – per la gestione dei contagiati da COVID-19 e per garantire le adeguate cure ai pazienti più piccoli;

    è prioritario perseguire il contrasto alla povertà materiale, attraverso misure che possano portare ristoro e supporto alle famiglie in difficoltà. Accanto a quelle misure già poste in cantiere – con riferimento specifico all'assegno unico ed al Family act – è auspicabile la previsione di una revisione dei criteri di assegnazione del reddito di cittadinanza per cui deve essere inserito un criterio di «premialità» direttamente connesso al numero di minori presenti nelle famiglie beneficiarie e in aggiunta prevedere forme di doti educative per ogni figlio minorenne presente nel nucleo familiare. Tali misure di sostegno economico impattano, da un lato, sulla sfera emotiva dei più piccoli, poiché, come già anticipato, una maggiore garanzia economica per le famiglie significa un clima più sereno tra le mura domestiche e dunque ricadute sul benessere dei figli; d'altro canto, il contrasto della povertà economica ha implicazioni dirette anche sul fronte della povertà educativa, permettendo un più semplice accesso a prodotti, beni e servizi culturali;

    è del tutto evidente che non tutte le bambine e i bambini possono contare su famiglie solide e risulta imprescindibile dedicare puntuale attenzione a tutti quelli che presentano maggiori fragilità: bisogna avere particolare cura delle disabilità, con indirizzi specifici per la didattica digitale e con la possibilità di avere educatori a domicilio ed un adeguato supporto ai genitori; è importante monitorare e salvaguardare le condizioni dei minori vittima di violenza domestica, poiché a causa della quarantena forzata tali situazioni possono facilmente degenerare; bisogna includere, inoltre, misure che guardino alle condizioni degli adolescenti nelle carceri minorili, di tutti i minorenni stranieri che hanno bisogno di cura ed assistenza, dei figli che subiscono l'allontanamento dal genitore malato di COVID-19, nonché dei cosiddetti bambini e adolescenti perduti che fuoriescono da qualsiasi possibilità di controllo e supporto perché sprovvisti di un qualsiasi apparecchio digitale per il contatto con la scuola e la collettività e soggetti ad un elevatissimo rischio di dispersione scolastica;

    la comunità ed il territorio rappresentano un presidio irrinunciabile per la concreta attuazione delle previsioni sinora elencate: la prossimità diventa un elemento importante laddove sia necessario monitorare e comprendere esattamente i bisogni di determinate realtà, ancora di più nel caso in cui ci si riferisca ai contesti periferici. È dunque necessario contemplare un approccio quanto più possibile legato al territorio. In questo contesto si deve riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come protagonisti della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente anche gli attori istituzionali e di prossimità. Inoltre, sono fondamentali la sinergia ed un maggiore supporto agli enti locali: bisogna stanziare maggiori risorse a loro favore, perché proprio i comuni e le regioni sono tra i primi presidi istituzionali a rendere possibile l'attivazione di servizi per l'infanzia e l'adolescenza;

    in una visione di azione politica integrata, occorre lavorare per azioni di sistema che garantiscano una reale integrazione socio-educativa-sanitaria, che dia priorità di accesso e di presa in carico alle situazioni di fragilità e vulnerabilità. È importante allora dedicare ampio spazio alla dimensione psicologica e pedagogica e valorizzare le figure di educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie;

    il quadro di misure e di indirizzi sinora elencati deve rappresentare il contenuto di quello che si è definito come un approccio integrato «bambinocentrico», che deve essere trasformato in politiche ed azioni organiche e sistemiche capaci di rispondere in maniera coordinata ai bisogni e ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in previsione della programmazione e dell'utilizzo delle risorse nazionali ed europee;

    il Governo ha accolto l'ordine del giorno in assemblea 9/02790-bis-AR/127 volto alla realizzazione di un piano straordinario dedicato all'infanzia ed all'adolescenza in risposta alla crisi da COVID-19, che abbia come obiettivo la protezione dei bambini, delle bambine e degli adolescenti dagli effetti sociali, educativi e psicologici negativi provocati dalla pandemia, soprattutto con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni ed alla genitorialità, in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1.000 giorni di vita elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per definire con urgenza il prossimo Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, attraverso la promozione di un approccio integrato nella definizione delle misure destinate ad infanzia e adolescenza, che coinvolga contemporaneamente tutti i Ministeri competenti sulla tutela dei diritti e dei bisogni dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze, oltre al Parlamento;

2) a fornire dati disaggregati sul piano epidemiologico relativi alle diverse fasce di età associate ad ogni livello educativo e quindi 0-6 anni, 7-10 anni e 11-18 anni, al fine di supportare scientificamente le misure indirizzate all'infanzia e all'adolescenza in questa fase emergenziale, posto che tali dati rappresentano uno strumento propedeutico per il bilanciamento del diritto alla salute e per il diritto all'istruzione, poiché permettono la definizione di decisioni ragionate e consapevoli relative alla ripresa in sicurezza della didattica in presenza, al tracciamento, alla programmazione dei trasporti e all'utilizzo ed organizzazione degli spazi dedicati alle attività educative;

3) in relazione al contrasto alla povertà educativa, ad adottare iniziative per investire nella misura europea della child guarantee, per cui l'Italia rientra tra i Paesi capofila per la sperimentazione a partire dal 2021;

4) con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni e alla genitorialità, ad adottare iniziative per indirizzare maggiori investimenti al periodo compreso tra il concepimento e la prima infanzia (act early), in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1000 giorni («Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita») elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni; ad adottare iniziative per estendere i servizi educativi per bambini di età compresa tra 0-3 anni insieme ad interventi dedicati a promuovere la genitorialità responsiva con servizi che siano basati su esperienze e modelli già sperimentati e da attuarsi nell'ambito dei piani educativi 0-6 anni previsti dal decreto legislativo n. 65 del 2017; a promuovere, in collaborazione con i servizi educativi, l'inserimento di contenuti relativi allo sviluppo del bambino e alla genitorialità nell'ambito dei percorsi nascita;

5) ad adottare iniziative per finanziare la realizzazione e la gestione degli asili nido pubblici per raggiungere almeno il 33 per cento di posti su base regionale su tutto il territorio nazionale e a promuovere la gratuità del servizio, secondo quanto già previsto per le scuole dell'infanzia;

6) in risposta alla crescita del tasso di povertà economica infantile, ad adottare iniziative per prevedere che per il reddito di cittadinanza sia ampliato il target di riferimento della misura per dare continuità di sostegno alle famiglie oggi raggiunte attraverso il reddito di emergenza e coordinare questo intervento con quello dell'assegno unico, rivolto esclusivamente alle famiglie con figli; a dare attuazione alle disposizioni per rendere operativo lo strumento dell'assegno unico;

7) a riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come co-protagonisti responsabili della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente gli attori istituzionali; a sostenere una semplificazione dei processi di riconversione delle progettualità bloccate dalla diffusione della pandemia, al fine di indirizzare il potenziale del terzo settore verso servizi destinati all'educazione e all'infanzia in fase emergenziale, anche nell'eventualità di pensare ad un utilizzo degli spazi di luoghi culturali oggi chiusi, come musei, cinema e teatri per fini educativi;

8) nel quadro della valorizzazione dei patti educativi territoriali e del ruolo della comunità educante, a promuovere iniziative educative come i nuclei educativi di prossimità caratterizzate da una forma di home visiting, nonché azioni che si svolgono in prossimità del luogo di residenza e vita dei minori interessati principalmente in condizione di maggiore difficoltà familiare; nelle situazioni di maggiore difficoltà e di rischio di dispersione scolastica, a promuovere la realizzazione di presidi educativi di prossimità, dove riunire piccoli gruppi di bambini e ragazzi seguiti da un educatore, per seguire insieme la didattica a distanza, preservando così almeno una parte di socialità; a promuovere e finanziare la realizzazione di piani territoriali integrati di contrasto alla povertà educativa minorile nelle zone a più alto rischio, come le periferie urbane e le aree interne individuate sulla base dei parametri e degli indicatori definiti da Istat in base al comma 230 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana volti a recuperare spazi pubblici abbandonati da destinare ad attività educative e culturali gratuite per bambini e adolescenti;

9) ad adottare iniziative per sostenere la diffusione di interventi a favore della tutela della sfera emotiva e psicologica, anche attraverso la valorizzazione di figure professionali come educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale – coerentemente con i livelli essenziali – a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie;

10) a investire sul capitale umano delle giovani generazioni e a sostenere il loro diritto allo studio e ad una educazione di qualità fin dai primi anni di vita, utilizzando il 15 per cento del totale degli investimenti programmati nel quadro del Recovery fund, per arrivare gradualmente a regime allo standard europeo di un investimento in educazione del 4,5-5 per cento sul prodotto interno lordo;

11) ad adottare iniziative per contrastare il rischio di un arretramento e di una diminuzione nell'offerta educativa – in termini di livelli di copertura e di tempo trascorso nella scuola primaria e secondaria – agendo sull'aumento dei servizi dedicati alla prima infanzia e delle attività extrascolastiche ed incrementando le ore di tempo pieno, mantenendo alto lo standard della qualità dell'insegnamento;

12) a promuovere il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze in questo periodo di crisi, sostenendo le reti associative di giovani attive, anche in rete, e realizzando momenti di ascolto e confronto tra bambine, bambini e adolescenti con le istituzioni centrali e territoriali.
(1-00405) (Nuova formulazione) «Lattanzio, Siani, Muroni, Nitti, Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Quartapelle Procopio, Lorenzin, Serracchiani, Viscomi, Schirò, Rizzo Nervo, Fioramonti, Fusacchia, Ciampi, Vizzini, Pezzopane, Ruocco, Casa, Gribaudo».

(25 novembre 2020)

MOZIONI IN MATERIA DI INDIVIDUAZIONE DEL DEPOSITO NAZIONALE PER IL COMBUSTIBILE NUCLEARE IRRAGGIATO E I RIFIUTI RADIOATTIVI

   La Camera,

   premesso che:

    in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, la Sogin s.p.a. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

    la Carta comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;

    tale passo intende anche rispondere all'infrazione comunitaria in atto sulla mancata trasmissione del Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, verso la realizzazione del deposito per la conservazione dei rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività e del parco tecnologico;

    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come da ultimo modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché i benefici economici per i territori interessati, e prevede i criteri per la scelta dei siti idonei, successivamente sviluppati da Ispra (oggi organo di controllo Isin) e da Sogin s.p.a. e più volte revisionati nel corso degli anni; le ultime revisioni della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, elaborate dalla Sogin s.p.a., contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e delle stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;

    la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, con l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, di fatto dà l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, un seminario nazionale. Pertanto, si avvia ora il dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali e regioni, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

    in base alle osservazioni pervenute e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin s.p.a. aggiornerà la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello sviluppo economico, dell'ente di controllo Isin, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In base a tali pareri, il Ministero dello sviluppo economico convaliderà la versione definitiva della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). La Carta nazionale delle aree idonee, pertanto, sarà il risultato dell'aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sulla base dei contributi emersi durante la consultazione pubblica, che verrà comunicata agli enti territoriali interessati ai fini della presentazione delle proprie candidature per ospitare l'impianto; è prevista un'apposita procedura per l'acquisizione dell'intesa della regione nel cui territorio ricadono aree idonee;

    nella guida tecnica n. 29 dell'Ispra del 2014, sono stati stabiliti i criteri di «esclusione» e di «approfondimento» per la localizzazione dell'impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, basati anche sulle raccomandazioni elaborate da organismi internazionali e, in particolare, dalla International atomic energy Agency (Iaea), utilizzati da Sogin s.p.a. per la redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;

    sono state escluse: le aree vulcaniche attive o quiescenti e quelle sismiche e interessate da fenomeni di fagliazione; le aree caratterizzate da rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali e quelle contraddistinte dalla presenza di depositi alluvionali di età olocenica; le aree ubicate ad altitudine maggiore di 700 metri sul livello del mare, o caratterizzate da versanti con pendenza media maggiore del 10 per cento o ubicate sino alla distanza di 5 chilometri dalla linea di costa attuale, oppure ubicate a distanza maggiore ma ad altitudine minore di 20 metri sul livello del mare; le aree interessate dal processo morfogenetico carsico o con presenza di sprofondamenti catastrofici improvvisi (sinkholes) o caratterizzate da livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito, nonché tutte le aree naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati o che siano a distanza inferiore a 1 chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari; le aree caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo e quelle caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, di dighe e sbarramenti idraulici artificiali, di aeroporti o poligoni di tiro militari operativi;

    i criteri di approfondimento valutano, inoltre, i seguenti aspetti: presenza di manifestazioni vulcaniche secondarie; presenza di movimenti verticali significativi del suolo in conseguenza di fenomeni di subsidenza e di sollevamento (tettonico e/o isostatico); assetto geologico-morfostrutturale e presenza di litotipi con eteropia verticale e laterale; presenza di bacini imbriferi di tipo endoreico; presenza di fenomeni di erosione accelerata; condizioni meteo-climatiche; parametri fisico-meccanici dei terreni; parametri idrogeologici; parametri chimici del terreno e delle acque di falda; presenza di habitat e specie animali e vegetali di rilievo conservazionistico, nonché di geositi; produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico; disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto; presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche;

    l'impianto, il cui finanziamento è previsto a carico della quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari, interessa un'area di circa 150 ettari, di cui 40 sono destinati al Parco tecnologico. Il deposito consiste in 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, ove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all'interno i rifiuti radioattivi già condizionati; si tratta di circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività provenienti dal mondo civile, dagli impianti nucleari in dismissione nel nostro Paese, da combustibili inviati in Francia e Gran Bretagna e in special modo dal settore medico e ospedaliero; sono previste misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale per i territori che ospiteranno il deposito, da definire con trattative bilaterali;

    le premesse del nulla osta del 30 dicembre 2020 specificano che la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, l'ordine di idoneità delle aree sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali ed il progetto preliminare del Parco tecnologico sono definiti dalla Sogin s.p.a. a titolo di «proposta» e che, solo a seguito delle procedure di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni, verrà approvata la Carta nazionale delle aree idonee con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; in particolare, l'articolo 3 citato prevede la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sul sito internet della Sogin s.p.a. e il contestuale avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin s.p.a. appositamente indicato;

    nonostante la realizzazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sia stata prevista già da 10 anni e i criteri tecnici siano stati ben stabiliti da Ispra nel 2014, il modo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inquietante, adottato dal Governo per la presentazione di una questione di massima delicatezza, come quella della realizzazione di un deposito nucleare, ha creato tensioni sociali, divisioni conflittuali nella popolazione e rivolte da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;

    «no» categorici sono apparsi sulla stampa da parte di presidenti di regioni e province e di sindaci dei comuni individuati sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, nonché critiche pesanti provenienti da associazioni di comuni, come l'Anci, e da associazioni ambientaliste come Italia nostra, Greenpeace, Wwf;

    infatti, in seguito alla firma del nulla osta interministeriale del 30 dicembre 2020, sono state diffuse notizie sulla stampa e sui social, senza un minimo di ufficialità e senza alcun chiarimento sul valore effettivo della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, sulle procedure fino ad oggi attivate per giungere alla redazione di tale carta e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per la scelta effettiva del sito;

    le regioni e i comuni interessati hanno visto il proprio nome sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee senza un minimo di preavviso da parte del Governo, peraltro, in un momento particolare, laddove l'attenzione di tutti è posta sulla crisi pandemica da COVID-19 oltre che sulle tensioni nell'ambito della maggioranza di Governo;

    alcune proposte, come quelle dei siti ubicati nelle due isole della Sardegna e della Sicilia, contrastano chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e, inoltre, sembra discutibile la scelta della distanza di solo 1 chilometro da autostrade, ferrovie e infrastrutture di comunicazione principali e anche dai centri abitati molto piccoli e, in generale, non è assolutamente chiara la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, né la scala della cartografia permette calcoli esatti;

    alcune province presentano una massima concentrazione di siti idonei, come quella di Alessandria, che comprende 6 siti idonei, nei comuni di Alessandria, Castelletto Monferrato, Quargnento, Fubine, Oviglio, Bosco Marengo, Frugarolo, Novi Ligure, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, con ben 5 siti classificati in categoria A1, ossia con il massimo grado di priorità; in analoga situazione si trova anche la provincia di Viterbo; eppure le amministrazioni comunali non sono state informate preventivamente delle prerogative del proprio territorio;

    solo il 5 gennaio 2021 è apparso un comunicato stampa sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha annunciato ufficialmente la notizia della pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee da parte della Sogin s.p.a. e dell'avvio della consultazione pubblica, riportando il nulla osta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i riferimenti per tutte le informazioni sul sito appositamente indicato da Sogin s.p.a. «www.depositonazionale.it»;

    tale comportamento dell'Esecutivo su un tema delicato e fortemente divisivo, come quello dei rifiuti nucleari, è stato giudicato sulla stampa pericoloso, arrogante e irresponsabile da parte di molti esponenti della classe politica, volto a creare ulteriori inaccettabili conflitti nella società, tra i territori e le comunità locali e accrescere l'ansia sociale e la paura;

    inoltre in piena pandemia sanitaria da COVID-19, ove le amministrazioni locali cercano con grande fatica di corrispondere agli impegni in corso tra le assenze di personale per malattia e lo smart working, un periodo di soli 60 giorni per esprimere osservazioni sulla mole di documentazione tecnica e complessa, pubblicata da Sogin s.p.a. sul sito www.depositonazionale.it, si presenta estremamente ridotto ed insufficiente e diventa impraticabile lo svolgimento del seminario nazionale in presenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le opportune iniziative, nell'ambito della leale collaborazione tra enti istituzionali, per porre rimedio alle carenze di informazione ufficiale intervenute e alla mancanza di una preventiva informazione delle regioni e degli enti locali in merito alle caratteristiche tecniche del proprio territorio, che lo hanno reso idoneo ad ospitare il deposito nazionale per il combustibile irraggiato e i rifiuti radioattivi e ad inserirsi nella Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;

2) ad attivare la massima condivisione con i territori interessati e una strategia di effettivo coinvolgimento delle regioni in tutto il processo successivo per la scelta dei siti definitivamente idonei, da inserire nella Carta nazionale delle aree idonee, e ad escludere qualsiasi imposizione ai territori di scelte di livello governativo centrale;

3) ad informare preventivamente il Parlamento sugli esiti della consultazione pubblica e sulle scelte dei Ministri interessati per la definitiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee;

4) ad adottare iniziative per informare i cittadini sulla procedura tecnica fino ad oggi attivata per giungere alla redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per l'approvazione della Carta nazionale delle aree idonee e la scelta effettiva del sito per il deposito nazionale;

5) a promuovere iniziative di carattere normativo per prorogare i tempi a disposizione degli enti territoriali e dei soggetti interessati per la consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, almeno per sei mesi dalla cessazione dello stato di emergenza dovuta alla pandemia sanitaria per COVID-19;

6) nell'ambito della consultazione pubblica, ad informare gli enti territoriali sulle effettive e congrue compensazioni economiche e di riequilibrio ambientale e territoriale che dovranno essere assegnate ai territori che ospiteranno il deposito nucleare per tutto il periodo di giacenza di rifiuti nucleari, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale;

7) allo scopo di evitare tensioni sociali, nell'ambito della consultazione pubblica e in accordo con gli amministratori locali, a valutare l'opportunità di adottare maggiore attenzione nel coinvolgimento della popolazione per l'individuazione definitiva nella Carta nazionale delle aree idonee dei siti in territori con alta densità abitativa o particolare vocazione agricola;

8) anche in seguito alla consultazione pubblica, ad approfondire promuovendo l'eliminazione delle proposte che eventualmente presentano distanze di un solo chilometro da strade, ferrovie e centri abitati, come risulta da alcuni criteri Ispra-Sogin esposti nelle premesse, e ad esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;

9) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte relative all'ubicazione dei siti nelle due isole maggiori che inevitabilmente richiederebbero trasporto di rifiuti radioattivi per via marittima o aerea, con alti profili di rischio;

10) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte che interessano aree prossime a siti definiti dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità», come quello de «I Sassi e Parco delle chiese rupestri di Matera» o quello de «I paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato», o quello di Pienza Val d'Orcia e alle relative «buffer zone».
(1-00414) (Nuova formulazione) «Molinari, Gava, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».

(12 gennaio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e, successivamente, dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile e dei rifiuti radioattivi e individua criteri generali per stilare una lista di siti idonei, sviluppati nel dettaglio da Ispra (oggi Isin) nella guida tecnica 29, in linea con gli standard della Iaea (International Atomic Energy Agency), tra i quali individuare, tramite apposita procedura, il sito unico su cui realizzare il deposito nazionale;

    i criteri sono stati formulati per individuare aree dove sia garantita l'integrità e la sicurezza nel tempo del Deposito nazionale e sono suddivisi in 15 criteri di esclusione, per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza. L'applicazione dei criteri d'esclusione porta all'individuazione delle «aree potenzialmente idonee» e ulteriori 13 criteri di approfondimento, per valutare le aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione;

    l'applicazione dei criteri di esclusione dovrebbe essere stata effettuata attraverso verifiche basate su normative, dati e conoscenze tecniche disponibili per l'intero territorio nazionale, anche mediante l'utilizzo dei Gis – Sistemi informativi geografici e, in alcuni casi, di banche dati gestite da enti pubblici;

    l'applicazione dei criteri di approfondimento dovrebbe invece essere stata effettuata attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse;

    a interpretare, elaborare e applicare i criteri, individuando i siti idonei e redigendo la bozza di Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) è stata chiamata Sogin Spa e le ultime revisioni della Cnapi, contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;

    la redazione della Cnapi ha avuto una gestazione molto lunga, la versione conclusiva risalirebbe al 2015; pur se risultano da allora ad oggi alcuni innesti su cui sarebbe interessante individuare le procedure seguite, tuttavia è ragionevole ritenere che molti dei dati su cui si basano le valutazioni potrebbero non essere più attuali, così come molti territori, ora esclusi, potrebbero invece avere le caratteristiche opportune per avanzare le proprie candidature;

    la bozza di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) elaborata da Sogin, in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, ha ricevuto il nullaosta e il 5 gennaio è stato dato il via alla pubblicazione, togliendo il segreto che incideva sul documento;

    in seguito, la Sogin S.p.A. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

    con la pubblicazione della Cnapi, che contiene l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, si avvia la fase di consultazione dei documenti che ha una durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione, il prescritto seminario nazionale;

    benché il processo di redazione della Cnapi sia stato assai lungo e i criteri tecnici siano stati stabiliti da Ispra nel 2014, la sua pubblicazione ha creato forti tensioni sociali, e aspre contestazioni da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;

    non sono chiari, infatti, il processo e il metodo seguiti da Sogin, nell'individuare i siti e in che modo siano stati interpretati i criteri definiti da Ispra, ora Isin – Guida tecnica n. 29 – e quelli indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency), anche perché, nell'ambito di tale interpretazione non sembrano essere stati tenuti adeguatamente in considerazione diversi elementi, in ragione del fatto che nell'elenco compaiono siti ad alto pregio agricolo (Carmagnola), ad elevata pericolosità sismica (Alessandrino) ed aree adiacenti a siti Unesco (Pienza e Val d'Orcia);

    tra i siti individuati dalla Cnapi vi sarebbe perfino quello «Patrimonio dell'umanità» Unesco dei «sassi e Parco delle Chiese Rupestri di Matera», città capitale della cultura 2019 sul cui territorio sono stati impiegati consistenti investimenti in termini di restauro di beni culturali, di nuove infrastrutture e di riqualificazioni che rischierebbero seriamente di essere del tutto vanificati ove il sito unico andasse ad incidere su tale territorio;

    inoltre, alcune province sembrerebbero, a ben guardare, presentare una fortissima concentrazione di siti idonei, quella di Alessandria, in Piemonte, ad esempio, che comprende ben 6 siti idonei e quasi tutti in fascia A1 (ben 5 su 6) o quella del viterbese, nel Lazio;

    alcune altre proposte, poi, come quelle dei siti ubicati nelle due isole maggiori del Paese, Sardegna e Sicilia, sembrano contrastare chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e non è chiaro se i siti sardi e siciliani fossero già nella versione Cnapi del 2015 o siano parte delle integrazioni successive e, ancora, quali procedure fino ad oggi si siano attivate per addivenire a tali integrazioni;

    in ragione del fatto che non si comprende a fondo la scelta della distanza dei siti da autostrade, ferrovie e comunicazioni principali, né quale sia la distanza «adeguata» che si è presa a parametro dai centri abitati più vicini, né essendovi a disposizione rilievi cartografici tali da consentire un esame approfondito che possa definire calcoli esatti in merito alle distanze e considerando che il processo di consultazione pubblica per l'individuazione del sito prevede anche la possibilità per amministratori, comitati, associazioni e cittadini di recarsi direttamente sui siti ed effettuare rilievi e sopralluoghi, il termine di due mesi per la fase di consultazione, per di più in piena emergenza pandemica appare assolutamente inadeguato;

    anche l'indizione del seminario nazionale, che dovrebbe svolgersi in presenza, nei prossimi quattro mesi, con il perdurare dell'emergenza sanitaria, sembra di difficilissima realizzazione, anche in considerazione del fatto che, nella procedura di selezione dei sito e delle prescritte osservazioni, sono coinvolte associazioni, enti locali e territoriali e regioni, tutti soggetti a corto di personale, il quale in buona parte svolge ora i propri compiti in regime di lavoro agile;

    molte regioni, province, comuni e associazioni di comuni, a partire dall'Anci, oltre ad associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Greenpeace e Wwf, solo per citarne alcune, hanno espresso forti perplessità tanto sull'elenco dei siti, quanto sulle procedure seguite e da seguire per individuare il sito unico;

    risulterebbe, poi, che una serie di comunità territoriali, comuni ed enti locali avrebbero avanzato la candidatura dei propri territori per la realizzazione del sito unico, ma che tali candidature non verranno prese in considerazione, in quanto tali territori non sono ricompresi nella Cnapi, che come si è ricordato, proviene da un percorso istruttorio assai lungo e complesso e potrebbe pertanto darsi il caso che, pur non inseriti nell'elaborato, essi presentino le caratteristiche per avanzare le suddette candidature,

impegna il Governo:

1) a favorire, promuovere e facilitare in ogni modo il coinvolgimento delle comunità territoriali, delle popolazioni, degli enti locali e territoriali, delle regioni e delle associazioni, anche al di fuori e al di là delle prescrizioni della consultazione pubblica, in modo da addivenire ad un piano che sia compatibile con le aspirazioni e le esigenze delle comunità locali e territoriali, consentendo anche una procedura di selezione e di consultazione pubblica che sia libera dai vincoli dettati dall'emergenza pandemica;

2) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa a prorogare i tempi previsti per lo svolgimento della consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, in considerazione tanto dell'emergenza pandemica, quanto della effettiva necessità di rivedere normativamente il processo e la carta stessa;

3) a ritirare il nullaosta rilasciato con il decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, in vista e in previsione di aggiornamenti tanto normativi che della Cnapi stessa;

4) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa ad individuare un criterio di redazione della Cnapi e, più in generale di individuazione del sito unico, che parta dal basso, come si è fatto in altri Paesi europei, ad esempio la Spagna, attraverso le candidature delle comunità locali, in luogo di un processo che parta da un censimento di siti idonei o presunti tali, redatto in maniera centralistica, attraverso un'applicazione quantomeno discutibile di criteri non aggiornati.
(1-00417) «Fregolent, Occhionero, Anzaldi, Paita, Nobili, Del Barba, Annibali, Migliore, Ferri, Toccafondi».

(25 gennaio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010, emanato durante il Governo Berlusconi IV, ha previsto la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) per la localizzazione di un deposito unico nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin s.p.a., la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi. Il medesimo decreto riconosce altresì un contributo economico al territorio che ospiterà il deposito secondo modalità che gli enti locali interessati regoleranno attraverso la stipula di una specifica convenzione con la medesima Sogin;

    il suddetto decreto legislativo definisce le norme per l'individuazione del sito e della successiva costruzione del parco tecnologico e del deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei materiali a bassa e media radioattività, e lo stoccaggio temporaneo di lunga durata dei rifiuti ad alta radioattività provenienti dalla attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane spente a seguito del referendum del 1987 e dalle attività industriali e sanitarie annualmente prodotti nel nostro Paese. Il deposito ospiterà esclusivamente i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese;

    il medesimo deposito nazionale e il parco tecnologico saranno realizzati in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco. Nel deposito saranno definitivamente smaltiti i rifiuti a molto bassa e bassa attività, ossia quelli che nell'arco di 300 anni raggiungeranno un livello di radioattività tale da non rappresentare più un rischio per l'uomo e per l'ambiente. Inoltre, saranno stoccati temporaneamente i rifiuti a media e alta attività, ossia quelli che perdono la radioattività in migliaia di anni e che, per essere sistemati definitivamente, richiedono la disponibilità di un deposito geologico;

    il parco tecnologico ospiterà un centro di ricerca, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. La realizzazione e la gestione dell'infrastruttura sono affidate a Sogin, come previsto dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010;

    il deposito e il parco tecnologico prevedono un investimento di circa 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica pagata dai consumatori, e che genererà più di 4.000 posti di lavoro (diretti e indiretti) per ciascuno dei 4 anni del cantiere e un migliaio per gli anni di esercizio successivi. Il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di superare la logica delle decine di depositi temporanei sparsi su tutto il territorio nazionale;

    il deposito definitivo ha l'obiettivo di conservare in assoluta sicurezza questi materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività. Ciò risponde in primo luogo ad un'esigenza di sicurezza nazionale, peraltro sollecitata da tutte le autorità internazionali, in primis l'Unione europea, che nell'autunno scorso ha aperto una procedura di infrazione a carico dell'Italia per non aver ancora definito il sito entro cui conferire i rifiuti radioattivi presenti sul nostro territorio nazionale;

    in base alle normative internazionali (direttiva europea 2011/70 Euratom), gli Stati membri sono obbligati a dotarsi di strutture e sistemi finalizzati alla gestione e al deposito, in condizioni di massima sicurezza, delle scorie radioattive prodotte dalle vecchie centrali nucleari nazionali e di quelle provenienti dalle attività industriali, mediche e di ricerca. Rifiuti che secondo la direttiva dell'Unione europea richiedono una gestione responsabile per garantire un elevato livello di sicurezza e proteggere i lavoratori e cittadini dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. L'obiettivo della misura è anche quello di evitare di imporre oneri indebiti alle generazioni future, visto che spesso questi materiali restano radioattivi per diverse centinaia di anni;

    il deposito nazionale è un'infrastruttura indispensabile per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, e la sua realizzazione consentirà così di completare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, nonché di gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca;

    le principali strutture in cui attualmente si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi sul territorio nazionale che saranno poi conferiti al deposito nazionale sono: 4 centrali in decommissioning (Sogin); 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin); 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin); 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF – Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi – Università di Pavia, Università di Palermo); 3 centri del Servizio integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex); 1 centro del Servizio integrato non più attivo (Cemerad);

    per volume e livello di radioattività dei rifiuti prodotti, i principali centri sono comunque i siti nucleari in fase di smantellamento. Di tutti i rifiuti radioattivi che saranno conferiti nel deposito nazionale, circa il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;

    la scelta di un deposito definitivo ha una grande valenza ambientale, perché un solo deposito realizzato in un luogo idoneo con tutti gli standard di sicurezza ha il merito di superare l'attuale situazione italiana, caratterizzata da circa 20 depositi nucleari di bassa e media intensità sparsi lungo tutta la nostra penisola, cui si aggiungono decine di aree di stoccaggio temporanee. Siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo;

    già nel giugno 2014 l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), rendeva nota la Guida tecnica n. 29 «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», elaborati stalla base degli standard dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), mediante la quale sono stati individuati i requisiti fondamentali e gli elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della Sogin s.p.a., per la definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) poi validata da Isin;

    la Carta delle aree potenzialmente idonee è stata per diversi anni volutamente tenuta segreta; impedendo così, perlomeno alle istituzioni locali e centrali, di poter essere messe a conoscenza, sia pure in via preliminare, dei territori individuati dalla medesima Sogin per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;

    l'elenco delle aree potenzialmente idonee era pronto dal 2015, e i Governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e l'attuale Governo, per oltre un anno, hanno perso anni di tempo prezioso per far partire la procedura per scegliere il luogo dove costruire in sicurezza il deposito nazionale nucleare;

    la Carta nazionale è infatti a disposizione dei Ministeri da oltre 5 anni. Come dichiarava il rappresentante del Governo pro tempore il 30 settembre 2015, in risposta ad una interrogazione (n. 5-06515) presentata alla Camera, «il 20 luglio 2015 la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee è pervenuta agli uffici dei Ministeri competenti (MATTM e MISE) che si sono immediatamente messi al lavoro perché possano essere compiute al più presto le valutazioni necessarie al fine di comunicare il nulla osta alla pubblicarne della Cnapi»;

    nel marzo 2018, l'allora Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, prometteva che avrebbe pubblicato a giorni il decreto per la Carta nazionale per le aree potenzialmente idonee al deposito nucleare di superficie. Così non è stato;

    il 30 dicembre 2020, così come previsto dall'articolo 27, comma 3, del citato decreto legislativo n. 31 del 2010, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, hanno finalmente dato il proprio nulla osta alla società Sogin s.p.a., la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, per la pubblicazione sul sito internet della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito nazionale di scorie radioattive per conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività;

    il 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. ha conseguentemente provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it la suddetta Carta nazionale, dove vengono individuate 67 aree che, in base ai criteri di esclusione stabiliti nella guida tecnica 29, sono tutte equivalenti tra di esse per garanzia di sicurezza, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche logistiche e territoriali;

    la suddetta pubblicazione della Cnapi, ha dato di fatto l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi, il seminario nazionale a cui parteciperanno vari soggetti tra cui Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca, portatori di interesse qualificati;

    alla luce dello stato di emergenza sanitaria conseguente alla drammatica pandemia da Sars-CoV-2 in atto, i suddetti tempi di consultazione pubblica e di confronto tra i tanti portatori di interesse, previsti dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010, rischiano di risultare inadeguati ed estremamente stretti, proprio perché l'attuale stato di emergenza sanitaria sta comportando tra l'altro fortissime restrizioni della normale attività amministrativa, economica, sociale ed individuale, oltre a gravi evidenti ripercussioni sulla salute delle persone, alla tenuta dei posti di lavoro e alla crisi del sistema produttivo;

    attualmente l'iter prevede un dibattito pubblico e quindi una fase successiva che vedrà la partecipazione di enti territoriali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere. Dopodiché saranno necessari almeno 4 anni per costruire il deposito e parco tecnologico;

    in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin elaborerà una proposta di Cnai (Carta nazionale delle aree idonee). Questa fase prevede che il Ministero dello sviluppo economico approvi, su parere tecnico dell'ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnai, che sarà il risultato dell'applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnai, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee;

    le 67 aree potenzialmente idonee individuate per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, sono situate in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, e sono state individuate senza alcuna comunicazione e coinvolgimento delle amministrazioni locali interessate che hanno appreso tutto dalla stampa nazionale. La Cnapi individua 8 aree nella regione Piemonte; 24 aree complessive nelle regioni Toscana e Lazio; 17 nelle regioni Basilicata e Puglia, 14 nella regione Sardegna e 4 aree nella regione Sicilia;

    vale peraltro la pena chiedersi se, riguardo alle regioni Sardegna e Sicilia, sia stato preso in debita considerazione il rischio connesso al trasferimento via nave delle scorie radioattive;

    vale ricordare che attualmente il Piemonte, che conta 8 siti potenziali di cui 7 definiti «molto buoni – A1» e 1 definito «buono – A2»: due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria, già oggi è la regione depositaria del maggior numero di scorie radioattive. Se si prendesse come riferimento l'indice di radioattività dei rifiuti (che è alla base delle compensazioni economiche erogate dal Cipe per i comuni sede e confinanti con impianti di questo tipo e che rappresenta l'indicatore internazionalmente utilizzato), per il Piemonte la soluzione di un deposito unico nazionale – alla quale corrisponderebbe il completo recupero ambientale e socioeconomico delle aree che attualmente ospitano i rifiuti radioattivi – rappresenterebbe finalmente un importante miglioramento della situazione esistente: da più di trent'anni, infatti, all'interno dei suoi sei depositi sono stoccati rifiuti i nucleari che arrivano al 74 per cento rispetto all'indicatore di radioattività (circa 2,3 milioni di Gigabequerel, su un totale di circa 3,1 milioni in Italia), quasi totalmente stoccati nell'area Eurex di Saluggia, in una zona esondabile per la contiguità con il letto del fiume Dora Baltea e nei pressi delle falde acquifere che alimentano i pozzi dell'Acquedotto del Monferrato (che eroga il servizio idrico a 107 comuni piemontesi, principalmente delle province di Asti e Alessandria, con una piccola quota di comuni della città metropolitana di Torino);

    una situazione precaria e pericolosa che dura da anni, e simile, seppur in misura maggiore, a quelle tante strutture (circa 20) sparse sul territorio nazionale in cui si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi, a cui solo il deposito nazionale può finalmente porre rimedio. Da qui la necessità ineludibile di realizzare il deposito nazionale per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, oggi stoccati all'interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per prorogare per lo stretto necessario, alla luce della grave pandemia in atto, i tempi attualmente previsti dalla normativa vigente per il dibattito pubblico e il seminario nazionale, anche valutando di prevedere che dette scadenze partano dal termine dello stato di emergenza;

2) a garantire, al netto dell'eventuale suddetta breve proroga dei termini conseguente all'emergenza sanitaria, il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando di ripetere l'atteggiamento, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, colpevolmente dilatorio che ha caratterizzato in questi anni i Governi che si sono succeduti e che non ha consentito l'avvio dell'iter per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;

3) a garantire che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, e comprenda tutta quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;

4) a tenere aggiornate e a informare le Commissioni parlamentari competenti sugli sviluppi dell'iter che porterà all'individuazione del sito per il deposito nazionale e del parco tecnologico, nonché riguardo all'individuazione dei previsti benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

5) a definire e quantificare le risorse e i benefici economici per gli enti e le comunità residenti nel territorio dove sarà localizzato il deposito nazionale;

6) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;

7) ad adottare iniziative per chiarire e dare una misurazione oggettiva alla definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, relativamente all'individuazione dell'ubicazione del futuro deposito nazionale e parco tecnologico;

8) ad avviare tutte le iniziative utili, di concerto con gli enti territoriali interessati, volte a definire prima della conclusione dell'iter che dovrà portare all'individuazione del deposito definitivo, risorse, modalità e tempi certi relativamente allo smantellamento, alla messa, in sicurezza, alla bonifica completa e al ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare;

9) a verificare con Sogin s.p.a. se siano state presi in considerazione nell'elaborazione della Cnapi le aree militari dismesse o in fase di dismissione, o aree destinate a siti produttivi dismessi o in corso di dismissione ed, in caso contrario, a richiedere a Sogin s.p.a., senza interrompere o minimamente rallentare l'iter avviato, di effettuare tale verifica, al fine di integrare nella carta eventuali ulteriori siti potenzialmente idonei;

10) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge 314 del 2003, al fine di includere anche il parametro della distanza chilometrica dal sito che ospita i medesimi rifiuti nucleari;

11) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle suddette compensazioni ai territori interessati.
(1-00418) «Gelmini, Prestigiacomo, Cortelazzo, Barelli, Mazzetti, Baldini, Giacometto, Della Frera, Labriola, Polidori, Ruffino, Squeri, Casino, Torromino, Ferraioli, Porchietto».

(25 gennaio 2021)