TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 427 di Venerdì 13 novembre 2020

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   Inarcassa è la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e architetti liberi professionisti;

   Inarcassa ha un patrimonio complessivo pari a 9 miliardi di euro e gli iscritti ad oggi risultano essere circa 168.000, di cui il 35 per cento ha meno di 40 anni di età, mentre i pensionati sono oltre 28.000, e l'iscrizione costituisce un obbligo che insorge al verificarsi di condizioni oggettive, date dal possesso di requisiti specifici;

   sulla Gazzetta Ufficiale 5a serie speciale – contratti pubblici n. 27 dell'8 marzo 2010 è stato pubblicato un avviso di avvenuta aggiudicazione del bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 89 del 31 luglio 2009, avente per oggetto la selezione di una società di gestione del risparmio per l'istituzione, costituzione e gestione di un fondo comune di investimento immobiliare, riservato a investitori qualificati di cui all'articolo 1, comma 1, Gap 65/09 con il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa dove risultava aggiudicataria Fabrica immobiliare sgr s.p.a.;

   in riferimento a ciò, con atto repertorio n. 196389 rogito n. 70194 del 31 gennaio 2014, Inarcassa trasferiva il diritto di proprietà degli «immobili» costituenti l'«apporto in natura» per un valore complessivo, quale attestato nella «relazione», pari a euro 490.600.000 e la somma di euro 400.000 a titolo di «apporto in denaro» a conguaglio del conferimento degli «immobili»;

   a fronte dell'apporto degli «immobili» Inarcassa sottoscriveva complessivamente n. 982 «quote dei Comparto Due» per un ammontare complessivo di euro 491.000,000;

   la mozione detta «fiume» contenuta nel verbale del Comitato nazionale dei delegati del 29 e 30 novembre 2012 aveva per oggetto la gestione del patrimonio immobiliare di Inarcassa e non il conferimento del diritto di proprietà degli «immobili»;

   in data 6 agosto 2015 è stata pubblicata la sentenza n. 10707 del 2015 del tribunale amministrativo regionale del Lazio nel giudizio promosso dall'architetto Gianluca Valle per richiedere l'accesso ai documenti afferenti al conferimento al fondo di investimento immobiliare di una parte del patrimonio immobiliare di Inarcassa;

   in data 16 gennaio 2017 è stata pubblicata la sentenza n. 113 del 2017 del Consiglio di Stato sempre in riferimento all'accesso agli atti;

   nei giudizi Inarcassa è stata giudicata soccombente e condannata al pagamento di 4.000 euro di spese legali;

   con email pec del 17 gennaio 2017 l'architetto Gianluca Valle, delegato di Inarcassa architetti Roma, chiedeva al direttore generale per le politiche previdenziali e assicurative, dottoressa Concetta Ferrari, di svolgere la funzione di vigilanza, ex articolo 3 del decreto legislativo n. 509 del 1994, inerente al conferimento immobiliare avvenuto da Inarcassa al Fondo Inarcassa RE gestito da Fabrica immobiliare sgr s.p.a., per verificare la procedura di conferimento immobiliare a partire dalla delibera del Comitato nazionale dei delegati e le autorizzazioni necessarie, per tale conferimento, dei Ministeri competenti;

   con nota protocollo 26/DG/2017 del 13 febbraio 2017, a firma del direttore generale di Inarcassa, nella trasmissione dei documenti all'architetto Gianluca Valle, inerenti al conferimento del patrimonio immobiliare di Inarcassa al Fondo Inarcassa Re Comparto Due, si precisava che «non esistono in proposito altri atti e documenti da poter esibire»;

   nel verbale del 27 e 28 marzo 2014 del Comitato nazionale dei delegati di Inarcassa, il presidente di Inarcassa dichiarava che la mozione «fiume» era quella utilizzata per il conferimento degli immobili e che il patrimonio restava al 100 per cento di proprietà Inarcassa –:

   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di verificare l'effettiva correttezza delle procedure di conferimento del patrimonio immobiliare da Inarcassa al Fondo Inarcassa RE, gestito da Fabrica immobiliare sgr s.p.a., nonché l'intero processo autorizzativo, e quali iniziative di competenza intenda eventualmente assumere qualora risultassero esservi state violazioni, lesive per l'istituto e i propri assicurati.
(2-00941) «Fiano».

(29 settembre 2020)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   la pandemia si sta accanendo sulle famiglie più fragili e fra queste, in modo particolare, su quelle degli oltre ottocentomila disabili iscritti nelle liste di disoccupazione, ai quali gli uffici per il collocamento mirato, istituiti dalla legge n. 68 del 1999, non riescono a procurare alcun inserimento lavorativo;

   lo stato di abbandono che, da alcuni anni, ha colpito questo settore del welfare è comprovato dai dati statistici, che vedono ormai il tasso di occupazione dei disabili italiani (30,1 per cento) fra i più bassi d'Europa (media nell'Unione europea, 50 per cento);

   il Parlamento non dispone più neanche dei dati ufficiali per poter valutare l'efficacia dell'attività di questa componente (non marginale) del sistema italiano di welfare ed eventualmente migliorarla. Infatti, nella sezione relativa ai «Documenti parlamentari: i DOC» n. CLXXVIII, sul sito della Camera dei deputati («Relazione sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto al lavoro dei disabili») non sono presenti documenti: un atto ministeriale dovuto, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 68 del 1999, che rimane lettera morta, al punto che gli ultimi dati di cui dispone il Parlamento, peraltro lacunosi, risalgono al 2015;

   in questo quadro scoraggiante, fra i pochi istituti previsti dalla legge n. 68 del 1999 che oggi funzionano vi è certamente il fondo, istituito dall'articolo 13, comma 4, della legge n. 68 del 1999, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso il quale l'Inps corrisponde incentivi ai datori di lavoro che effettuano assunzioni di lavoratori con disabilità;

   particolarmente significativa è la previsione normativa che dispone un incentivo alle imprese pari al 70 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, della durata di 60 mesi, per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento: questa categoria di disabili, insieme a quella delle persone affette da malattia rara, vanno a formare oggi l'area di disabilità maggiormente penalizzata sul terreno dell'inclusione lavorativa, come peraltro segnalato di recente dall'ordine del giorno in Assemblea 9/02500-AR/105 (Germanà, Lupi e altri), presentato alla Camera dei deputati l'8 luglio 2020 e accolto dal Governo;

   il suddetto fondo è stato alimentato, da ultimo, dal decreto interministeriale del 3 luglio 2019, per 19.195.353 euro;

   solo la certezza da parte delle imprese di ricevere i contributi previsti può assicurare l'efficacia dell'istituto, ma tale certezza viene a mancare laddove il fondo non riesca a soddisfare le domande regolarmente presentate –:

   quale sia lo stato di capienza del fondo di cui in premessa, quante siano state, per l'anno 2019, le domande pervenute all'Inps dalle imprese e quante di queste siano state evase, quali siano gli andamenti per l'anno in corso e in che data si preveda di emanare il decreto interministeriale per l'anno 2020, al fine di garantire che la capienza del Fondo sia tale da assicurare che tutte le imprese che adempiono ai requisiti richiesti dalla legge possano ricevere l'incentivo su cui hanno fatto affidamento.
(2-01003) «Lupi, Schullian».

(10 novembre 2020)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   i dati sull'andamento della curva epidemiologica relativa ai contagi da COVID-19 sono pubblicati con cadenza giornaliera dal Ministero della salute;

   tali dati vengono forniti in forma aggregata, suddivisi per regioni, e concernono anche la variazione giornaliera dei ricoveri in terapie intensiva, intesa come variazione del saldo tra ingressi e dimissioni registrati nell'arco delle ultime ventiquattro ore;

   in relazione al COVID-19 si calcola che fra contagio e ricovero in terapia intensiva decorrano in media circa dieci giorni, pertanto il numero di ingressi registrato in un determinato giorno può ritenersi proporzionale al numero di contagi avvenuti circa dieci giorni prima;

   tale latenza implica che il dato sulla variazione giornaliera del numero delle terapie intensive sia da intendersi quale indice della situazione epidemiologica sussistente nei dieci giorni precedenti, offrendo informazioni sull'efficacia delle misure di contenimento approntate in quel momento, ma non su quelle predisposte nel giorno in cui la variazione è registrata (che si vedranno nei dieci giorni successivi);

   fondamentale per capire l'evoluzione dei contagi e verificare l'efficacia delle misure di contenimento è, dunque, guardare alla variazione giornaliera delle terapie intensive in maniera disaggregata, cioè analizzando il numero di accessi al netto delle dimissioni registrate nel medesimo periodo;

   un simile dato, tuttavia, non risulta disponibile, in quanto la variazione giornaliera dei ricoveri in terapia intensiva viene resa nota esclusivamente in forma aggregata, imputando a un'unica voce due variabili fra loro scollegate e interdipendenti;

   ciò rende difficile avere piena contezza della situazione epidemiologica e, soprattutto, rischia di ostacolare ogni valutazione in ordine all'efficacia e all'adeguatezza dei provvedimenti adottati dal Governo;

   sulla base del solo numero di accessi alle terapie intensive, infatti, sarebbe più agevole verificare se le misure di contenimento già adottate siano sufficienti e se abbiano cagionato, o meno, l'alleggerimento dei reparti di terapia intensiva, circostanza che risulta allo stato non verificabile, se non in termini assoluti e con ritardo;

   in tale prospettiva, non appare secondario il fatto che negli ultimi giorni si sia osservato un importante rallentamento della crescita dei ricoveri in terapia intensiva, il quale potrebbe imputarsi, dunque, agli effetti dei provvedimenti adottati a partire dal 13 ottobre 2020;

   occorre sottolineare, inoltre, che mentre sono pubblici i criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario, di cui all'allegato 10 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020 e al documento «Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale» redatto dall'Istituto superiore di sanità e dal Ministero della salute, e vengono resi pubblici gli indici di rischio da essi ricavabili, non risultano pubblici, accessibili o reperibili i dati su cui proprio quegli indici vengono elaborati;

   tali dati, su cui sono fondati gli indici di rischiosità, sono assolutamente fondamentali per definire il livello di rischio di una o più regioni e una loro pubblicazione – con la relativa messa a disposizione della comunità scientifica – potrebbe contribuire non poco all'analisi e al controllo dell'andamento della situazione epidemiologica, nonché a migliorare la comunicazione con l'opinione pubblica;

   con le informazioni ad oggi a disposizione, tuttavia, esprimere valutazioni scientifiche riguardo alla correlazione tra la variazione della crescita delle terapie intensive e i provvedimenti presi dal Governo risulta difficile senza restare nel campo delle ipotesi;

   è anche sul piano della tenuta del servizio sanitario nazionale e dell'adeguatezza dei provvedimenti e delle risorse approntate che appare necessario ottenere il numero dei posti in terapia intensiva ancora disponibili rispetto al totale e l'andamento (disgiunto) dei flussi di entrata e uscita anche degli altri reparti;

   ove tutte queste informazioni venissero ottenute e condivise, ripartendole su base regionale e per fasce di età, si avrebbe un quadro maggiormente completo della situazione e dell'andamento epidemiologico della pandemia, su cui potrà innestarsi l'apporto di un'intera comunità di ricercatori qualificati, pronti ad analizzare tale quadro e a dare un valido contributo alla sua interpretazione –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza del dato relativo ai soli accessi giornalieri ai reparti di terapia intensiva e agli altri reparti ospedalieri – ripartito su base regionale e per fasce di età – dovuti al COVID-19 e di come quest'ultimo incida sulla variazione giornaliera del numero di terapie intensive divulgata quotidianamente;

   se del caso, quali iniziative intenda assumere il Governo affinché tale dato sia reso pubblico e messo a disposizione della comunità scientifica;

   se, parimenti, al fine di assumere decisioni di contrasto della pandemia sulla base di ulteriori dati oggettivi, il Ministro interpellato intenda fornire al Parlamento e all'opinione pubblica, su base giornaliera e ripartiti per regioni, i dati sulla cui base vengono elaborati gli indici di rischio sanitario.
(2-00985) «Marattin, Anzaldi, Annibali, Bendinelli, Cattaneo, Colaninno, Costa, D'Alessandro, De Filippo, Del Barba, Marco Di Maio, Ferri, Fregolent, Gadda, Giachetti, Librandi, Lupi, Magi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Noja, Occhionero, Paita, Perego Di Cremnago, Rosato, Rostan, Ruggieri, Scoma, Toccafondi, Maria Tripodi, Ungaro, Vitiello».

(3 novembre 2020)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'hospice è una struttura socio-sanitaria residenziale per malati terminali, luogo d'accoglienza e ricovero temporaneo dove il paziente, per il quale non è più possibile svolgere un'adeguata assistenza a domicilio, viene accompagnato nelle ultime fasi della sua vita con un appropriato sostegno medico;

   l'hospice è luogo in cui la presenza di familiari è da considerarsi parte integrante del processo di cura e dove l'accompagnamento del proprio caro, in caso di fine vita, assume un'importanza fondamentale;

   il Ministero della salute ha pubblicato l'11 agosto 2020 la circolare «Elementi di preparazione e risposta a COVID-19 nella stagione autunno-invernale». Le cure palliative sono citate nell'ambito della sezione 3 area territoriale, che prevede: «Incremento delle azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare, per rafforzare i servizi di assistenza domiciliare integrata per i soggetti affetti da malattie croniche, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, con bisogni di cure palliative, di terapia del dolore, e in generale per le situazioni di fragilità, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020, come convertito nella legge n. 77 del 2020»;

   nell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020, recante misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale, all'articolo 1, comma 9, lettera bb), si prevede che l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite, hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni –:

   se il Ministro interpellato, tenuto conto di quanto riportato in premessa e del persistere della pandemia da COVID-19, non ritenga di adottare linee guida nazionali specifiche per le attività degli hospice, per permettere al paziente che è nelle ultime fasi della propria esistenza, di essere accompagnato dai propri parenti verso il fine vita;

   se il Ministro interpellato non intenda predisporre le iniziative di competenza affinché presso gli hospice accreditati/convenzionati presso il servizio sanitario siano assicurati regolarmente tamponi di riscontro del COVID-19 per i familiari dei pazienti in fine vita, al fine di permettere regolarmente la presenza dei parenti all'interno degli hospice medesimi.
(2-00988) «Lapia, Trizzino, Lorefice, Mammì, Nesci, Menga, Sportiello, Nappi, Provenza, Ruggiero, Sapia, Sarli, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Bruno, Berti, Galizia, Giordano, Grillo, Palmisano, Papiro, Penna, Scerra, Spadoni, Vignaroli, Leda Volpi, Baldino, Alaimo, Elisa Tripodi».

(3 novembre 2020)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   con la circolare n. 17167 del 21 agosto 2020, recante «Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell'infanzia», successivamente approvata dalla Conferenza unificata, nella seduta del 28 agosto 2020, richiamata dall'articolo 1, comma 4, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020, si forniscono chiarimenti in merito agli attestati di guarigione da COVID-19 o da patologia diversa da COVID-19 per alunni e personale scolastico;

   successivamente, con circolare 0030847 del 24 settembre 2020, sono stati forniti ulteriori chiarimenti in merito agli attestati di guarigione da COVID-19 o da patologia diversa da COVID-19 per alunni/personale scolastico;

   in dette circolari sono rappresentati gli scenari più frequenti rispetto al verificarsi di casi e/o focolai da COVID-19 nelle scuole e le conseguenti indicazioni, sia per il contenimento dell'epidemia che per garantire la continuità in sicurezza delle attività didattiche ed educative;

   in particolare, le indicazioni riguardano quattro scenari, che concorrono a definire un «caso sospetto», anche sulla base della valutazione del medico curante (pediatra di libera scelta/medico di medicina generale):

    a) caso in cui un alunno presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5 gradi o sintomatologia compatibile con COVID-19 in ambito scolastico;

    b) caso in cui un alunno presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5 gradi o sintomatologia compatibile con COVID-19 presso il proprio domicilio;

    c) caso in cui un operatore scolastico presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5 gradi o sintomatologia compatibile con COVID-19 in ambito scolastico;

    d) caso in cui un operatore scolastico presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5 gradi o sintomatologia compatibile con COVID-19 al proprio domicilio;

   in presenza di sintomatologia sospetta, il pediatra di libera scelta/medico di medicina generale richiede tempestivamente il test diagnostico e lo comunica al dipartimento di prevenzione o al servizio preposto sulla base dell'organizzazione regionale;

   il dipartimento di prevenzione o il servizio preposto sulla base dell'organizzazione regionale provvede all'esecuzione del test diagnostico. Se il caso viene confermato, il dipartimento di prevenzione si attiva per l'approfondimento dell'indagine epidemiologica e le procedure conseguenti;

   si sottolinea che gli operatori scolastici e gli alunni hanno una priorità nell'esecuzione dei test diagnostici;

   le indicazioni previste, dunque, riguardano una serie di scenari, che concorrono a definire un «caso sospetto», anche sulla base della valutazione del medico curante;

   in presenza di sintomatologia dubbia, il pediatra di libera scelta o il medico di medicina generale richiede tempestivamente il test diagnostico, comunicandolo al servizio preposto sulla base dell'organizzazione regionale;

   lo studente o il lavoratore saranno obbligati a casa fino a guarigione clinica seguendo le indicazioni del pediatra di libera scelta/medico di medicina generale, che redigerà una certificazione per autorizzarli al rientro, attestando l'esecuzione del percorso diagnostico/terapeutico e di prevenzione per COVID-19, come disposto da documenti nazionali e regionali;

   allo stato, dunque, studenti e lavoratori, per una patologia da raffreddamento, saranno costretti a restare a casa dai sette ai dieci giorni ovvero fino a guarigione completa e non prima dell'esito negativo di un test diagnostico di difficile esecuzione viste le lunghe liste d'attesa –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della sopra indicata situazione e quali iniziative di competenza intenda adottare per:

    a) ottimizzare i tempi di risposta dei test effettuati presso aziende sanitarie locali e strutture private;

    b) consentire un facile e rapido accesso ai test diagnostici e specificarne la sensibilità e l'attendibilità;

    c) identificare, implementare e approvvigionare i soggetti autorizzati con test rapidi, affidabili, da utilizzare anche presso gli studi medici, ai fini della certificazione che i pediatri di libera scelta e i medici di medicina generale devono redigere per il rientro a scuola.
(2-00998) «Nappi, Provenza, Ruggiero, Sapia, Sarli, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lapia, Lorefice, Mammì, Nesci, Menga, Sportiello, Del Sesto, Bella, Carbonaro, Casa, Cimino, Ricciardi, Iorio, Mariani, Melicchio, Testamento, Tuzi, Vacca, Valente, Villani».

(10 novembre 2020)

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   secondo quanto era previsto dalla legge n. 1766 del 1927 i commissari regionali per la liquidazione degli usi civici provvedevano, quali organi speciali di giurisdizione ordinaria, alle operazioni di sistemazione dei beni e dei diritti collettivi. I commissari svolgevano in prevalenza funzioni amministrative, ma quando nel corso delle operazioni sorgevano contestazioni sui diritti dovevano pronunciarsi in via incidentale come giudici, sospendendo nel frattempo il procedimento amministrativo;

   dopo il trasferimento delle funzioni amministrative alle regioni ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, i commissari sono nominati dal Consiglio superiore della magistratura e le funzioni amministrative sono state trasferite pressoché integralmente alle regioni. Nelle regioni a statuto ordinario il trasferimento ha avuto luogo incorporando gli usi civici nella materia dell'agricoltura;

   solo le funzioni che, incidendo sulla titolarità e sul regime pubblicistico dei beni, furono sempre considerate prerogativa sovrana e sono state mantenute allo Stato; la vigilanza sull'amministrazione dei beni di uso civico è stata invece attribuita direttamente ai comuni (articolo 78, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977). Le funzioni amministrative sono state così separate da quelle giurisdizionali e lasciate ai commissari;

   pertanto il commissario per la liquidazione degli usi civici ora è solo giudice con poteri inquisitori e ampi poteri istruttori, può consultare direttamente gli atti d'ufficio, modificare e disporre la rinnovazione delle istruttorie demaniali;

   a tale riguardo va altresì evidenziato che, per quanto gli usi civici per lungo tempo siano stati considerati materia a volte desueta e a volte residuale, hanno assunto una significativa rilevanza anche alla luce delle molteplici pronunce della Corte costituzionale, che via via ha aumentato esponenzialmente la tutela degli stessi anche sotto il profilo naturalistico, paesaggistico, ambientalistico e archeologico, con la conseguenza che spessissimo si ricorre a tale giudizio commissariale per far valere gli usi civici che comunque sono ampiamente documentati in moltissime regioni d'Italia;

   pertanto, attesa la rinnovata attualità e rilevanza della materia, il commissario per la liquidazione degli usi civici è un magistrato abilitato a svolgere la propria funzione quale consigliere di corte di appello;

   per quanto riguarda la nomina del commissario, ad oggi, compete al Consiglio superiore della magistratura, sulla base della presentazione spontanea della domanda per l'esercizio di tale funzione e, soprattutto, si tratta di una figura che svolge la propria attività, in aggiunta ai ruoli detenuti dal magistrato ordinario di tribunale e/o di corte d'appello, per la quale, dal punto di vista della retribuzione, non è previsto alcun emolumento aggiuntivo, sebbene sia gravato di un compito assai più arduo del solito, in quanto spesso si trova di fronte a questioni di enorme complessità e di difficile soluzione;

   occorre, poi, segnalare che, qualora non siano state presentate domande spontaneamente dai magistrati dotati dei requisiti per tale funzione, il Consiglio superiore della magistratura non può procedere alla nomina; pertanto, in tali circostanze l'onere di nominare il commissario ricade sul presidente della corte di appello competente che, in casi simili, non potendo lasciare scoperta tale funzione, cosa che invece spesso accade anche per svariati mesi, assegna d'ufficio, ad uno dei tanti magistrati aventi i requisiti, lo svolgimento di tale incarico. Situazione questa che accade soventemente, generando enormi ritardi nella risoluzione delle controversie, come ad esempio è accaduto in Sardegna, dove tale criticità si è palesata frequentemente, atteso l'elevato numero di contenziosi aperti a causa delle gravissime problematiche sorte tra la regione Sardegna ed i comuni destinatari degli accertamenti previsti dall'articolo 5 della legge n. 12 del 1994;

   in circostanze simili a quella sopra descritta, vengono alla luce notevoli criticità legate al processo di individuazione dei commissari per la liquidazione degli usi civici e ciò, in primo luogo, per il ristretto numero di magistrati aventi i requisiti, in secondo luogo perché, tra i pochi magistrati, nessuno spontaneamente si propone a causa della gravosità del ruolo, che, tra l'altro, non prevede alcuna remunerazione aggiuntiva rispetto a quella ordinaria e, in fine, talvolta anche a causa di eventuali situazioni di inopportunità o di conflitto di interessi;

   in base a quanto fin ora descritto emerge un'ulteriore criticità legata alla durata semestrale dell'incarico del commissario per la liquidazione degli usi civici e ai tempi biblici per le nomine dei sostituti;

   infatti, tale situazione determina una dilatazione dei tempi di durata dei contenziosi con relativo aggravio dei costi, spesso ai danni delle finanze degli enti locali coinvolti nei vari giudizi;

   tra l'altro, la complessità della materia, talvolta accompagnata anche dalle difficoltà di recuperare ed interpretare documenti molto antichi, rende particolarmente ardua l'impresa del commissario di concludere le fasi istruttorie e quindi di giungere ad una decisione entro la scadenza del proprio incarico, con la conseguenza che i giudizi pendenti restano bloccati per mesi prima di essere riassegnati, senza tralasciare l'aspetto non meno rilevante che il commissario subentrante sarà chiamato a riesaminare, in pochissimo tempo, tutta la copiosa documentazione prodotta in ogni singolo giudizio in cui è chiamato a pronunciarsi oppure la circostanza che, attraverso lo strumento del ricorso siano incardinati o introdotti nuovi giudizi, il ricorrente deve attendere mesi prima veder valutata la fondatezza o meno del proprio ricorso e ricevere la comunicazione dell'esito di tale preventiva istruttoria, al fine di ordinare la notifica del ricorso ai soggetti direttamente chiamati in giudizio o, in caso di esito negativo dell'istruttoria iniziale, archiviarne il caso;

   sul punto, attesa l'importanza della tutela degli usi civici e la particolare attenzione ad essa rivolta anche dai giudici costituzionali, appare agli interpellanti necessario ed urgente un intervento di riordino da parte del Governo –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle criticità descritte in premessa;

   quali iniziative normative il Ministro interpellato intenda intraprendere per risolvere le criticità rappresentate in premessa al fine di velocizzare l'iter processuale dei giudizi che abbiano per oggetto gli usi civici;

   se siano previste iniziative, per quanto di competenza, volte ad incentivare la disponibilità dei magistrati ad assumere l'incarico di commissario per la liquidazione degli usi civici.
(2-01001) «Alberto Manca, Perantoni, Giuliano, Ascari, Bilotti, Barbuto, Businarolo, Cataldi, Di Sarno, Ricciardi, Saitta, Salafia, Sarti, Cadeddu, Cassese, Cillis, Del Sesto, Gagnarli, Lovecchio, Lombardo, Maglione, Marzana, Parentela, Pignatone, Adelizzi, Aresta, Bella, Cancelleri, Ehm, Federico».

(10 novembre 2020)

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   la chiusura del carcere «Sant'Agostino» di Savona è avvenuta con decreto del Ministro della giustizia, il 28 dicembre 2015; lo stesso è stato poi totalmente dismesso il 3 giugno 2016;

   Savona è l'unica provincia in tutta Italia ad essere mancante di istituto penitenziario (unico circondario del tribunale privo di un carcere) e inevitabilmente ciò crea disagio alla procura, agli avvocati, ma anche ai familiari dei detenuti. Non viene garantito il principio della territorialità della pena;

   già in data 30 maggio 2016, l'allora Ministro alla giustizia, firmatario del decreto di chiusura sulla base della circostanza che si trattasse di un penitenziario «indegno» per i diritti umani dichiarava: «Stiamo portando avanti un progetto dell'istituto penitenziario che superi la vecchia struttura fatiscente e che dia una risposta che il comprensorio attende da tempo»;

   lo smistamento dei detenuti, con i conseguenti problemi sia di sovraffollamento che di sicurezza, è avvenuto mediante trasferimenti nelle case circondariali di Marassi a Genova (istituto di per sé problematico ed in costante emergenza per il sovraffollamento carcerario), Sanremo-Imperia o in Toscana; il personale di polizia penitenziaria è stato destinato ad altre sedi dove tuttora permane in attesa di conoscere la definitiva assegnazione;

   la prima firmataria del presente atto, nel mese di ottobre 2019, ha visitato il carcere di Pontedecimo e nel mese di agosto 2020 quello di Sanremo, per raccogliere le testimonianze dirette di chi ogni giorno presta servizio nelle strutture e verificare di persona questioni urgenti che devono essere affrontate quanto prima: sovraffollamento, con un'alta percentuale di detenuti psichiatrici e stranieri. Una situazione resa ancor più difficile dalla preoccupante carenza di personale, pari al 40 per cento, e dalla necessità di urgenti opere di manutenzione;

   gli ingressi degli arrestati in provincia di Savona nel 2020 superano già le 400 unità. Un carico ripartito sulle carceri di Genova, Imperia e Sanremo; già a marzo 2020 un articolo su Il Secolo XIX denunciava 400 detenuti in più nelle carceri liguri;

   occorre ribadire che come effetto diretto della chiusura del carcere di Savona, ad oggi il carcere di Imperia, progettato per 60 posti, ospita 98 detenuti. Il carcere di Sanremo, su 240 posti, ne ospita 262. A Marassi è stata superata la soglia dei 700 detenuti su una capienza di 511 posti;

   gli episodi di violenza possono avere molte radici, ma sicuramente il sovraffollamento penitenziario incide fortemente, tanto che sono allarmanti i dati degli eventi critici prodotti nel 2019 dai detenuti di Marassi fronteggiati dalla polizia penitenziaria: 187 atti di autolesionismo, 2 suicidi e ben 22 tentati suicidi, 173 colluttazioni con 58 ferimenti e 3 evasioni da permessi premio;

   solo nei primi 5 mesi del 2020 si sono registrati:

    a) a Pontedecimo 24 casi di autolesionismo, 9 danneggiamenti a celle, 3 aggressioni alla polizia penitenziaria, 11 colluttazioni tra detenuti;

    b) a Marassi 7 aggressioni alla polizia penitenziaria, 60 danneggiamenti a celle, 85 casi di autolesionismo;

    c) a La Spezia 3 aggressioni tra detenuti, 2 incendi alle celle, 2 aggressioni al personale. Il 70 per cento della popolazione detenuta di La Spezia fa uso di psicofarmaci e questo non è incoraggiante per il lavoro del poliziotto penitenziario, che già deve fare i conti con 180 detenuti su una capienza di 150;

    d) a Sanremo 10 aggressioni al personale;

   alcuni esempi dalle cronache locali e nazionali:

    a) il 20 giugno 2020 c'è stata un'aggressione ai danni di tre agenti del carcere di La Spezia per futili motivi;

    b) il 21 giugno 2020 c'è stata una rissa in carcere a Sanremo. Dieci detenuti africani hanno creato disordini usando anche sgabelli come arma;

    c) il 6 luglio 2020 a Sanremo due detenuti sono venuti in colluttazione e un ispettore è stato colpito da una lamettata sul braccio, tanto dover ricorrere alle cure ospedaliere;

    d) il 13 agosto 2020 si è verificata un'aggressione alla polizia penitenziaria di Marassi, ai danni di tre agenti in servizio raggiunti da una serie di pugni e di morsi, tanto da ricorrere alle cure ospedaliere riportando danni fisici ben evidenti, come la rottura dell'arcata sopraciliare; uno di loro ha riportato un dente rotto;

    e) il 20 agosto 2020 un detenuto, con alle spalle una scia di reati tra violenza sessuale, rapina e possesso illegale di armi, ha dato fuoco alla sua cella: 4 agenti sono rimasti intossicati, tra cui anche il comandante;

    f) il 14 settembre 2020 nel carcere di Sanremo un detenuto di origine africana ha dato fuoco alla cella;

   a causa del contrasto alla diffusione da Coronavirus e del cronico sovraffollamento, tutti gli arrestati della provincia di Savona vengono associati nel carcere di Marassi e nel piccolo carcere di Imperia, che deve farsi già carico degli arrestati da Sanremo a Finale Ligure, e gli arrestati da Ventimiglia sino a Sanremo vengono collocati presso il locale carcere di Valle Armea, tutti sovraffollati e senza posti letto;

   ad oggi non risulta avviato alcun progetto di costruzione del nuovo istituto penitenziario savonese, anche se alcuni comuni della provincia (Cairo Montenotte e Cengio) hanno dato piena disponibilità ad ospitare il carcere nei loro territori;

   a settembre 2020 si è appreso dell'utilizzo delle risorse del Recovery Fund per le carceri italiane:

    a) 300 milioni di euro per «Riqualificazione del patrimonio immobiliare penitenziario mediante interventi di miglioramento della performance funzionale, in termini di aumento della capacità ricettiva dei complessi penitenziari, di lotta al sovraffollamento e di realizzazione di nuove strutture edilizie, sempre più vicine alle ordinarie strutture urbane, finalizzate all'obiettivo della rieducazione e del reinserimento sociale»;

    b) 300 milioni di euro per «Riqualificazione del patrimonio immobiliare penitenziario mediante interventi di miglioramento della performance strutturale, in termini di mantenimento della capacità ricettiva dei complessi penitenziari, anche in situazioni critiche per la sicurezza e l'ordine pubblico (ad esempio eventi sismici rilevanti)» –:

   quali saranno le iniziative del Ministro interpellato per risolvere le problematiche espresse con riferimento ai modi e ai tempi di costruzione ed apertura del nuovo carcere di Savona ed a tutela del personale di polizia penitenziaria di Savona;

   quali saranno gli stanziamenti economici destinati alle strutture penitenziarie della Liguria e, in particolare, per la città di Savona.
(2-01002) «Foscolo, Molinari, Di Muro, Rixi, Viviani».

(10 novembre 2020)