TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 421 di Martedì 3 novembre 2020

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interrogazione

   DONZELLI, MOLLICONE, FRASSINETTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende a mezzo stampa l'archivio Fratelli Alinari, la più antica azienda al mondo tuttora operante nel campo della fotografia e della comunicazione per immagini, dal 30 giugno 2019 non sarà più nella sua sede storica, in largo Alinari a Firenze, perché l'attuale proprietà ha venduto l'immobile. Per il patrimonio invece, oggetto anch'esso di trattativa per la vendita, il trasloco è già in atto. I dipendenti sono privi di certezze sul loro futuro. In Toscana e in tutta Italia esistono moltissime eccellenze del genere, che custodiscono il patrimonio d'Italia e il cui destino è incerto a causa dell'incuria e della mancanza di progettualità, anche a tutela delle importanti professionalità che operano nel settore –:

   in che modo il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per la salvaguardia e la tutela dell'archivio Alinari e dei suoi dipendenti;

   quali iniziative si intendano intraprendere per rendere fruibile e disponibile al pubblico il patrimonio archivistico e museale dell'archivio Alinari;

   se sia attivo un monitoraggio costante degli archivi italiani e, in caso contrario, se non intenda attivarlo a tutela dell'inestimabile patrimonio storico e culturale che custodiscono e delle professionalità che ivi lavorano;

   se non intenda adottare iniziative per investire al più presto risorse nella digitalizzazione degli archivi, al fine di salvaguardare e mettere in sicurezza tale patrimonio;

   come intenda procedere per la tutela in particolare dei fondi antichi (presenti anche in biblioteche e archivi di Stato) che custodiscono lavori dal valore inestimabile.
(3-00794)

(18 giugno 2019)

B) Interrogazione

   D'ARRANDO, BOLOGNA e MENGA. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in sette università pubbliche italiane è attivo il corso di laurea in scienze e tecnologie fisiche (L30 ex 25) – ottica e optometria, nato nel 2001 presso l'Università degli studi Bicocca di Milano e riconosciuto dal Ministero dell'università e della ricerca;

   il percorso formativo della laurea in scienze e tecnologie fisiche, che si colloca nel quadro di riferimento europeo per il settore ottico e optometrico, fornisce allo studente conoscenze e competenze specifiche necessarie a eseguire un esame optometrico completo e a proporre gli ausili tecnici o di potenziamento più idonei alla soluzione dei problemi di deficit e comfort visivo;

   la sezione II del Consiglio di Stato (parere 28 gennaio 2004, n. 3862/2002) ha affermato che «il provvedimento istitutivo del corso di laurea non incide sul piano delle competenze specifiche del medico oculista né crea indebite confusioni con l'attività sanitaria del medico, ma si limita soltanto ad ampliare il campo di attività dell'ottico ». Principio confermato anche da numerose sentenze della Cassazione;

   il fisico con qualifica in ottica e optometria agisce sulla persona, in quanto compie refrazione oculare («misura della vista»), applica lenti a contatto, verifica e potenzia l'equilibrio del sistema visivo binoculare, compensa i difetti visivi misurandoli con strumenti e mezzi ottico-fisici per incrementarne abilità e benessere. Come tutti gli operatori paramedici, non effettua diagnosi, non prescrive terapie farmacologiche o chirurgiche per la cura di patologie;

   attualmente, ai fisici con qualifica in ottica e optometria che svolgono l'attività da liberi professionisti con partita iva viene assegnato – per fini statistici, fiscali e contributivi – il codice Ateco 86.90.29, ovvero la stessa classificazione attribuita agli infermieri «o altro personale paramedico nel campo dell'optometria, idroterapia, massaggi curativi, terapia occupazionale, logopedia, chiropodia, chiroterapia, ippoterapia, ostetriche eccetera»;

   la legge n. 3 del gennaio 2018 ha riordinato la disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie e istituito l'obbligo di iscriversi all'albo; con il primo decreto attuativo del 13 marzo 2018 si sono così formati gli albi di 17 professioni sanitarie fino ad allora regolamentate ma sprovviste di albo. Tra questi, ai sensi dell'articolo 8 della citata legge, si è costituito presso ciascun ordine dei chimici e dei fisici l'albo professionale unico dove anche i fisici con qualifica in ottica e optometria sono obbligati ad iscriversi alla sezione B settore «fisica»; essi secondo la tabella D allegata al decreto 23 marzo 2018 devono possedere il titolo di studio di laurea triennale nell'attuale classe L30 – scienze e tecnologie fisiche e diploma di laurea secondo ordinamenti previgenti classe 25 – scienze e tecnologie fisiche;

   ad oggi il Ministero dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero della salute, non ha ancora provveduto all'aggiornamento del decreto n. 328 del 2001 – previsto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 3 del gennaio 2018 – che definisce le competenze del fisico con qualifica in ottica e optometria in relazione alla figura sanitaria del fisico iscritto all'Ordine professionale e l'effettivo funzionamento delle commissioni di albo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere perché sia aggiornato il decreto n. 328 del 2001, anche al fine di evitare le disparità di trattamento che l'attuale mancato aggiornamento ha generato.
(3-01237)

(13 gennaio 2020)

C) Interrogazione

   SURIANO e PENNA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la Procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio di dieci docenti coinvolti nell'inchiesta «Università bandita». I capi di imputazione sono appunto l'associazione a delinquere, la turbata libertà di scelta del contraente, l'abuso d'ufficio, l'induzione indebita a promettere o dare utilità, la corruzione per atti contrari ai propri doveri e il falso ideologico e materiale;

   nell'inchiesta sono coinvolte personalità di spicco dell'ateneo catanese, come i due ex rettori Francesco Basile e Giacomo Pignataro (accusati di essere a capo della presunta associazione a delinquere e definiti dalla stessa procura, relativamente, «capo» e «promotore», dell'associazione), un prorettore e ben sette direttori di dipartimento;

   secondo la procura, i reati contestati sarebbero stati commessi per «garantire la nomina come docenti, ricercatori, dottorandi e personale amministrativo, di soggetti preventivamente individuati dagli stessi associati», perfino in assenza dei requisiti;

   accanto al filone principale dell'inchiesta, esiste anche un secondo filone per il quale ad inizio agosto 2020 sono stati notificati ben 54 avvisi di chiusura delle indagini preliminari. Tra gli indagati, oltre a diversi docenti del capoluogo etneo, spiccano i nomi di docenti di altre facoltà italiane, dell'ex procuratore di Catania Vincenzo D'Agata e di sua figlia docente universitaria, dell'ex sindaco di Catania Enzo Bianco e dell'ex assessore comunale, nonché professore universitario, Orazio Licandro;

   secondo la testata onlineLiveUniCT, l'università degli studi di Catania è stata teatro in queste settimane di presunte irregolarità nello svolgimento dei test di ammissione alla facoltà di medicina. Almeno due testimonianze raccontano di plichi arrivati già aperti e di gravi ritardi nell'inizio della prova e di un presidente di commissione che pare si sia rifiutato di far mettere a verbale tali irregolarità, come gli stessi studenti chiedevano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti relativi alle prove di ammissione alla facoltà di medicina;

   come il Ministero dell'università e della ricerca stia monitorando la ripresa dell'anno accademico dell'università etnea e quali siano le iniziative messe in campo, per quanto di competenza, per tutelare e aumentare il prestigio dell'ateneo;

   se intenda adottare iniziative normative per assicurare il pieno rispetto dei principi di trasparenza e meritocrazia sia nelle pratiche ordinarie che nelle procedure concorsuali nelle università italiane, anche alla luce delle indagini di cui in premessa e al fine di prevenire casi simili ed evitare nuovi contraccolpi per una città come Catania già martoriata da numerose inchieste.
(3-01853)

(2 novembre 2020)
(ex 5-04645 del 23 settembre 2020)

D) Interrogazione

   SURIANO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a luglio 2019 l'ateneo di Catania è stato protagonista dell'inchiesta «Università bandita» ed in seguito agli scandali sono seguite le dimissioni del rettore Francesco Basile;

   il 26 agosto 2019 sono avvenute le nuove elezioni per eleggere il nuovo rettore dell'Università di Catania per il sessennio 2019-25 ed a settembre è stato nominato nuovo rettore il professore Francesco Priolo;

   in data 19 dicembre 2019 il Senato accademico dell'Università degli studi di Catania ha approvato la designazione fatta dal rettore Francesco Priolo per la copertura della carica di direttore generale;

   la scelta avvenuta tra 38 candidature presentate, è ricaduta sul professore ordinario Giovanni La Via;

   l'approvazione è avvenuta con l'astensione delle rappresentanze studentesche;

   in data 20 dicembre 2019 il Consiglio di amministrazione dell'Università di Catania ha nominato professore Giovanni La Via quale direttore generale;

   Giovanni La Via, dal luglio 2006 a maggio 2009 ha ricoperto l'incarico di assessore regionale per l'agricoltura e per le foreste, nel 2009 prima e nel 2014 poi, è stato eletto al Parlamento europeo;

   dal 2018 è esponente di Forza Italia che però non lo ha ricandidato alle ultime elezioni europee del 2019;

   l'articolo 53, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 prevede che «Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni», come nel caso del professore Giovanni La Via;

   l'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge n. 240 del 30 dicembre 2010 prevede «...la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali...»; quindi, Giovanni La Via, professore ordinario prima e dal 2006 impegnato in politica non sembra all'interrogante avere né qualifica professionale, né esperienza neanche minima in ambito di funzioni dirigenziali –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere, anche tramite verifiche da parte dell'ispettorato della funzione pubblica, visto che la nomina oltre ad essere inopportuna appare in contrasto con le leggi richiamate in premessa.
(3-01854)

(2 novembre 2020)
(ex 5-03370 del 13 gennaio 2020)

E) Interrogazione

   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto italiano statale comprensivo di Barcellona – ormai storico ente nazionale, operante nella città catalana da decenni – rischia di non poter proseguire oltre la sua attività a causa di un contenzioso riguardante l'affitto dei locali ove lo stesso trova la sua sede; lo stallo è tale da mettere a rischio la partenza del prossimo anno scolastico;

   l'Istituto svolge le sue lezioni presso due edifici, entrambi di proprietà dell'associazione Casa degli italiani, la quale ha stipulato contratti d'affitto con il consolato italiano cittadino: il plesso di carrer Setantí 10-12 (distretto di Sarrià-Sant Gervasi) dove hanno sede, dal 1958, la scuola dell'infanzia e la scuola primaria Maria Montessori, oltre che la scuola secondaria di primo grado Edoardo Amaldi; il palazzo di pasaje Méndez Vigo 8, nel centrale quartiere di Eixample, dove è presente dal 1928 il liceo scientifico, insieme ad alcuni uffici. Nel complesso, i due edifici ospitano tra i 750 e gli 800 studenti;

   il 19 maggio 2020 l'associazione Casa degli italiani ha comunicato al consolato italiano di Barcellona l'intenzione di recuperare i due edifici, adducendo come ragione il fatto che il contratto di affitto tra le due parti, scaduto già nel giugno del 2018, ancora non fosse stato rinnovato. La console, Gaia Danese, ha in merito dichiarato come il mancato rinnovo fosse da imputarsi alla mancanza di licenze comunali aggiornate che permettessero di utilizzare gli edifici per attività scolastiche. Il presidente dell'associazione, Mirko Scalletti, ha a sua volta sostenuto che tali autorizzazioni avrebbero dovuto essere gestite dalla scuola, come inquilino degli edifici (El Pais, 22 maggio 2020);

   la sede di Eixample era stata chiusa già lo scorso gennaio a causa delle, summenzionate, mancanti licenze di sicurezza; il presidente della scuola, Carlo Prandini, con una circolare comunicava la decisione del consolato italiano a Barcellona di chiudere «temporaneamente» la struttura che ospita il liceo per la mancanza della «licenza d'uso e del piano di attività del plesso», due permessi edilizi che «garantiscono l'esistenza dei requisiti di sicurezza necessari per la conduzione dell'attività scolastica» (Il Sole 24 Ore, 4 gennaio 2020). Il liceo ha poi riaperto, con autorizzazioni temporanee; almeno fino alla successiva, nuova chiusura, scattata stavolta a causa del lockdown generale imposto dall'emergenza sanitaria da coronavirus. L'autorizzazione alla riapertura era giunta in seguito all'ispezione del consiglio comunale, il quale aveva contestualmente notificato il fatto che lo spazio avrebbe comunque dovuto essere adattato alle nuove normative;

   è d'uopo inoltre annotare come le licenze citate mancassero da decenni; come accennato, solo quattro mesi fa è stata rilevata la mancanza di questa documentazione. Oggi, tra consolato locale e Casa degli italiani è in corso una diatriba sulle responsabilità di tale omissione. In ogni caso, ad ora, quel plesso non è più utilizzabile; il consolato dovrà quindi trovare, salvo novità, una nuova sistemazione per gli alunni del liceo;

   per quel che riguarda invece i 4 mila metri quadrati della sede di Sarrià, la contrattazione è di sola natura pecuniaria, vertente intorno alla somma dovuta per il contratto d'affitto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative abbiano intenzione di intraprendere, al fine di assicurare la piena operatività dell'Istituto italiano statale comprensivo di Barcellona.
(3-01855)

(2 novembre 2020)
(ex 5-04076 del 4 giugno 2020)

F) Interrogazione

   RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si apprende della pesante limitazione al turismo nautico che vuole imporre la Slovenia, prevedendo il transito nelle proprie acque solo alle imbarcazioni immatricolate;

   tale decisione di Lubiana impedirebbe il transito a migliaia di natanti, al di sotto dei dieci metri, se non provvisti di targa;

   è evidente che un provvedimento del genere determina un danno al turismo nautico italiano, in particolare, del vicino Friuli Venezia Giulia che è tra le regioni leader sul territorio nazionale nel settore;

   a quanto è dato sapere, al momento, per le imbarcazioni sprovviste di targa, le autorità slovene hanno previsto solo il riaccompagnamento in Italia, mentre dal 15 luglio 2020 si applicheranno anche le multe a chi viola le nuove disposizioni;

   ebbene, dall'inizio dell'emergenza sanitaria da Covid-19, come l'interrogante ha già segnalato con precedenti atti di sindacato ispettivo, la Slovenia ha posto in essere provvedimenti che hanno fortemente danneggiato l'Italia, a partire dalla chiusura dei confini che hanno ostacolato anche le attività lavorative e commerciali dei nostri connazionali. Pertanto, questa forte limitazione al traffico marittimo rappresenta un ulteriore atto avverso nei confronti dell'Italia, che, oltre alle ovvie ripercussioni che avrà sul turismo italiano, mette a rischio ancora una volta la possibilità di ragionevoli relazioni tra Italia e Slovenia;

   a parere dell'interrogante, tale situazione è anche il frutto dell'incapacità che ha avuto questo Governo, ad oggi, di adottare valide iniziative per tutelare il territorio nazionale dai provvedimenti discriminatori che negli ultimi mesi hanno portato avanti non solo la Slovenia, ma anche altri Paesi di confine –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato affinché venga individuata una tempestiva soluzione che salvaguardi l'Italia, rispetto agli inevitabili danni al turismo nautico che determinerà la decisione della Slovenia di limitare il traffico nautico, come esposto in premessa;

   se e quali iniziative intenda avviare per ripristinare una ragionevole convivenza tra l'Italia e i territori di confine, allo scopo di escludere che la nostra nazione sia ancora destinataria di provvedimenti discriminatori come quelli esposti in premessa.
(3-01856)

(2 novembre 2020)
(ex 5-04204 del 23 giugno 2020)

G) Interpellanza

   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il sistema giustizia italiano si trova, ormai da troppo tempo, in una endemica condizione di crisi, cagionata da molteplici aspetti, fra i quali l'elevatissima mole di carichi pendenti con il conseguente arretrato, la sotto dotazione dell'organico e l'irragionevole durata dei procedimenti;

   tale complessa situazione, peraltro, genera ulteriore contenzioso, quello del risarcimento per ritardata giustizia, introdotto con la legge 24 marzo 2001, n. 89, così detta «legge Pinto»;

   sono evidenti le ricadute sul sistema Paese sia economiche – l'Italia è tra i Paesi meno attrattivi per le imprese proprio per i lunghi tempi di definizione dei procedimenti – quanto sociali, con i cittadini che non tollerano più un sistema costoso ed inefficiente; lo Stato di diritto, garante di tutele costituzionali, non riesce più a dare risposte ai cittadini, che si allontanano sempre di più dall'apparato giustiziale, con una sfiducia palpabile e motivata;

   il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha introdotto la figura del consigliere ausiliario delle corti d'appello, al fine di recuperare il contributo di avvocati, docenti universitari, magistrati e avvocati dello Stato collocati a riposo;

   si tratta di magistrati onorari da affiancare ai magistrati togati in servizio, allo scopo di definire le cause già mature per la decisione, a fronte di un compenso per ogni procedimento definito;

   tale categoria di soggetti dunque, ha diritto alla nomina a giudice ausiliario in corte d'appello, nel numero massimo di seicento, onde definire i procedimenti civili dichiarati prioritari dai programmi per la gestione del contenzioso pendente;

   l'articolo 119 del decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto «Cura Italia», convertito dalla legge n. 27 del 2020, ha previsto una indennità per i giudici onorari, senza però ricomprendervi i giudici onorari ausiliari delle corti d'appello sopra menzionati;

   l'interpellante ha presentato un emendamento, respinto in Commissione bilancio, per estendere le indennità previste per i magistrati onorari, anche ai giudici onorari ausiliari, che offrono un importante contributo allo smaltimento degli arretrati delle corti d'appello;

   i giudici onorari ausiliari i quali, peraltro, operano in organi di giustizia sovraordinati a quelli degli altri giudici onorari, sono pagati esclusivamente a sentenza che, però, in questo periodo di chiusura dei tribunali, non può essere emessa, con conseguente azzeramento del loro compenso;

   tale opzione pare assolutamente irragionevole, anche alla luce della delibera del Csm del 26 marzo 2020 con la quale l'organo di autogoverno ha deliberato di poter estendere il sussidio a tutte le categorie di giudici onorari –:

   se il Governo non intenda indicare le ragioni di tale esclusione e se non ritenga di dover tempestivamente intraprendere le opportune iniziative di competenza, atte a ricomprendere i giudici ausiliari onorari delle corti d'appello tra i beneficiari del bonus previsto dall'articolo 119 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020 sanando in tal modo una situazione di evidente iniqua discriminazione.
(2-00789) «Elvira Savino».

(12 maggio 2020)

H) Interrogazione

   GRIPPA e BARBUTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che è in atto una energica protesta nella città Vasto per il progetto di trasferire nella Casa lavoro di Torre Sinello i detenuti di tutta la regione Abruzzo che devono affrontare la quarantena da Covid-19 nell'ambito delle disposizioni per il contenimento del Coronavirus;

   il personale della Casa lavoro di Vasto ha un deficit di organico del 30 per cento ed è già in affanno da tempo, anche perché chi viene recluso nella Casa lavoro è stato dichiarato socialmente pericoloso. Un altro problema risulterebbe essere l'accompagnamento dei detenuti in tribunale. L'organico del nucleo traduzioni sarebbe composto da 6 unità, un numero non idoneo a coprire tutte le attività necessarie;

   andrebbe garantita la sicurezza dell'intero personale dell'amministrazione dell'istituto, degli agenti di polizia e dei detenuti nonché il corretto espletamento del servizio delle traduzioni dei detenuti e degli internati;

   è conseguentemente necessario adottare le opportune misure con lo scopo di sollevare gli addetti dal carico di lavoro da cui sono già oberati nella gestione quotidiana in un contesto di situazioni rischiose e di emergenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se essi risultano veritieri e di quali aggiornamenti disponga in merito;

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire, nei limiti delle dotazioni organiche, e per tutto il periodo della sussistenza della sezione Covid-19 presso l'istituto vastese, l'implementazione di agenti di polizia penitenziaria e di personale sanitario, nonché ulteriori forniture di dispositivi di protezione individuale e l'applicazione di ogni prescrizione suggerita per contrastare il contagio.
(3-01857)

(2 novembre 2020)
(ex 5-04248 del 25 giugno 2020)

I) Interrogazione

   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dalle anticipazioni relative al cosiddetto «decreto Semplificazioni» emerge una modifica alla disciplina dell'abuso d'ufficio;

   da notizie di stampa si apprende infatti come nella bozza del provvedimento sia presente una disposizione che definisce in maniera più circoscritta la condotta rilevante ai fini del reato di abuso di ufficio;

   il Governo avrebbe quindi intenzione di intervenire, attraverso la decretazione d'urgenza, sulla disciplina dettata dall'articolo 323 c.p., attribuendo rilevanza alla violazione da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, nello svolgimento delle pubbliche funzioni, di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge, attribuendo al contempo rilevanza alla circostanza che da tali specifiche regole non residuino margini di discrezionalità per il soggetto, in luogo della vigente previsione che fa generico riferimento alla violazione di norme di legge o di regolamento;

   Forza Italia, da sempre, sostiene che la norma sull'abuso d'ufficio debba essere soppressa. È indeterminata e consente ai pubblici ministeri di entrare nelle valutazioni dei pubblici amministratori, facendo rientrare nella «violazione di legge» anche l'eccesso di potere e le violazioni dei principi di cui all'articolo 97 della Costituzione. A questo si aggiunga che è sufficiente una condanna di primo grado per far scattare la sospensione dell'amministratore locale;

   la modifica che sarebbe allo studio del Governo, a parere dell'interrogante, appare singolare, in quanto molto circoscritta e, all'apparenza, ritagliata «su misura» in relazione a situazioni specifiche e limitate, non provvedendo, tra l'altro, a correggere, se non in parte, le macroscopiche criticità dell'attuale formulazione dell'articolo 323 c.p. e le sue interpretazioni giurisprudenziali;

   tali modifiche specifiche, limitate e circoscritte, tuttavia potrebbero incidere sui processi in corso, posto che si applicherebbe la nuova disciplina, in quanto più favorevole –:

   se il Governo confermi l'intenzione di procedere con decreto-legge alla rimodulazione di una norma penale, ed in particolare dell'articolo 323 c.p.;

   con riferimento alla modifica annunciata sulla stampa in merito all'articolo 323 c.p. e riportata in premessa, quanti e quali siano i procedimenti ed i processi pendenti, nei quali è contestato l'articolo 323 c.p. su cui la stessa andrebbe ad incidere.
(3-01648)

(30 giugno 2020)

L) Interrogazione

   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'area marina protetta di Capo Carbonara sita nel comune di Villasimius, caratterizzata da un altissimo pregio ambientale, è stata istituita nel 1998 e, più recentemente, nel 2012, è stata fatta oggetto di una nuova perimetrazione, nonché di apposita zonizzazione, con l'istituzione di quattro fasce a protezione integrale ed una zona di riserva sperimentale;

   le attività esercitate nel territorio di Villasimius, dunque, in ragione dell'insistenza della predetta area protetta sono soggette a contingentamento, con un'evidente necessità di maggior controllo da parte dei corpi preposti alla vigilanza, anche in considerazione del fatto che i confini della stessa area risultano a ridosso delle rotte utilizzate dalle navi in arrivo e partenza dal porto di Cagliari e dal polo petrolchimico di Sarroch;

   proprio in ragione di tali suindicate caratteristiche, appare evidente il grave rischio ambientale che corre l'area in questione e, pertanto, risulta assolutamente insufficiente la presenza solo stagionale del presidio della capitaneria di porto – guardia costiera, la quale, del resto, per la capacità del proprio personale è in grado di svolgere sia l'attività d'informazione/prevenzione, sia quella tipicamente repressiva;

   appare quindi necessaria la costante presenza di un presidio del citato Corpo, al fine, altresì, di salvaguardare la vita dei soggetti che svolgono le loro attività in mare, anche durante la stagione invernale, i quali, spesso, devono fronteggiare comportamenti scriteriati e irresponsabili di terzi;

   il comune di Villasimius, già in passato, ha manifestato la propria disponibilità a coprire parte dei costi necessari per l'attivazione del citato presidio e la suindicata presenza garantirebbe dei vantaggi anche per tutta la cittadinanza e per i turisti, consentendo, inoltre, di combattere con efficacia abusi ed attività illecite e di proteggere, come merita, l'area protetta in questione –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano adottare al fine di garantire, anche nel comune di Villasimius, il presidio annuale della capitaneria di porto – guardia costiera, consentendo, così, una più efficace tutela dell'area marina protetta di Capo Carbonara.
(3-01181)

(6 dicembre 2019)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA REALIZZAZIONE DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA, NELL'AMBITO DI UN PIÙ AMPIO PROGRAMMA DI RILANCIO INFRASTRUTTURALE ED ECONOMICO

   La Camera,

   premesso che:

    l'emergenza sanitaria Covid-19 è ormai una vera e propria emergenza industriale e produttiva che sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale;

    anche nel nostro Paese, la gravissima crisi economica e produttiva iniziata in conseguenza della diffusione del contagio del virus Covid-19, si sta già traducendo in una caduta della produzione e quindi del prodotto interno lordo, che il Def 2020 da poco varato dal Governo stima in oltre il 15 per cento nel primo semestre 2020 con un successivo rimbalzo nella seconda metà dell'anno. Gli ultimi dati Istat indicano una contrazione del prodotto interno lordo nel 2020 dell'8,3 per cento e solo una parziale ripresa del 4,6 per cento nel 2021;

    è indispensabile quindi mettere in campo una strategia complessiva di sostegno dell'economia italiana dopo la drammatica pandemia in atto e i cui effetti sulla produzione e sull'economia accompagneranno purtroppo per un tempo non breve;

    gli effetti sulla caduta del Pil in conseguenza del coronavirus sono quindi drammatici e stanno interessando anche un settore, quello delle costruzioni, che rappresenta oltre il 22 per cento del prodotto interno lordo nazionale, ed è un settore trainante per molti altri comparti dell'economia e quindi di crescita per tutto il sistema;

    come ricorda anche l'Ance, quello che manca al nostro Paese, ma di cui c'è grande bisogno in questa fase, sono misure shock, in grado di rimettere rapidamente in moto il Paese e il settore delle costruzioni. Misure che, invece, altri Paesi europei hanno adottato con tempestività, già all'inizio della crisi, dando certezze e prospettive alle loro economie;

    è necessario mettere in campo al più presto un piano di investimenti e un piano per le opere pubbliche e le infrastrutture. Secondo alcune stime, sarebbero 50 mila i posti di lavoro che potrebbero essere creati se solo le principali opere ferme fossero sbloccate, con un impatto enorme sulle famiglie dei lavoratori e sui loro territori;

    è indispensabile che si faccia un'analisi complessiva con tutti i soggetti interessati, per ragionare sul disegno strategico della dotazione infrastrutturale di questo Paese;

    dopo mesi di dichiarazioni nelle quali il Governo aveva promesso misure shock per ridurre finalmente la burocrazia e rilanciare le infrastrutture e le opere pubbliche, è stato approvato il decreto-legge n. 76 del 2020 in materia di semplificazioni che contiene misure troppo timide, molte delle quali non a regime, e del tutto insufficienti a sbloccare i cantieri e far ripartire il nostro sistema produttivo;

    in questi mesi si è assistito a una serie di dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, di alcuni Ministri e da componenti della maggioranza di Governo, che hanno espressamente aperto alla possibilità di riprendere in considerazione la realizzazione del ponte sullo stretto. Inaspettatamente, lo stesso Presidente Conte ha fatto riferimento alla possibilità di verificare la realizzazione di un sistema sottomarino di collegamento, tunnel interrato o ponte di Archimede (tunnel a mezz'acqua). In realtà queste ipotesi alternative al ponte erano state già esaminate negli anni 1998-2000, e successivamente archiviate perché tecnicamente non praticabili;

    così come nelle stesse 102 proposte per il rilancio dell'Italia e consegnate in questi giorni al Governo dalla task force guidata da Vittorio Colao, si propone, anche per rilanciare il turismo, il completamento dell'«alta velocità sulla dorsale tirrenica, in modo che arrivi fino in Sicilia». Una affermazione che altro non è che una chiara indicazione a riprendere in mano il «dossier» Ponte;

    si ricorda che, fortemente voluto dal presidente Berlusconi, con la legge obiettivo n. 443 del 2001, il ponte sullo stretto di Messina in quanto considerato progetto essenziale per il Mezzogiorno e per l'Italia, viene ricompreso tra le infrastrutture strategiche da inserire tra gli interventi prioritari;

    all'epoca, la difesa di quest'opera opera fu fatta, dal commissario Van Miert che precisò in Parlamento europeo che era stato realizzato un viadotto in mare per 21 chilometri per collegare la Danimarca con la Svezia, due Paesi con 4-5 milioni di abitanti ed era quindi inconcepibile non collegare con un ponte lungo 3 chilometri una isola di circa 6 milioni di abitanti con il restante Paese di circa 55 milioni di abitanti;

    nell'aprile 2004 viene pubblicato in Gazzetta ufficiale il bando internazionale per la selezione del general contractor cui sarà affidata dallo Stato la progettazione definitiva e la successiva costruzione del Ponte. L'Eurolink di Impregilo (poi gruppo Salini) si aggiudicherà la gara, con impegno di realizzare l'opera in settanta mesi;

    il quinto rapporto del luglio 2010, sullo stato di attuazione della «legge obiettivo», riguardo al Ponte sullo stretto di Messina, ricordava la previsione di completare la progettazione definitiva nel corso del 2010 e l'avvio del cantiere principale all'inizio del 2011;

    le vicende politiche degli anni successivi, hanno portato ad abbandonare il progetto di questa grande infrastruttura viaria che continua a rappresentare una occasione unica per contribuire al riequilibrio del Mezzogiorno e per il Paese tutto. Una grande ed unica occasione che produrrebbe un «cambiamento sostanziale» in termini di riequilibrio del Mezzogiorno;

    un primo «stop» all'opera era arrivato già dal Governo Prodi (2006-2008). Ma con il ritorno al Governo del centrodestra guidato da Silvio Berlusconi, nel maggio 2008 l'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli inviava alla Società Stretto di Messina una lettera in cui invitava a porre in essere, nei tempi più brevi, tutte le condizioni per la ripresa delle attività inerenti alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina;

    nel 2012 però, il Governo presieduto dal professor Mario Monti, decide di non riaprire le procedure per realizzare il ponte sullo Stretto e, con la legge di stabilità per il 2013 (legge 228 del 2012), stanzia 300 milioni di euro per il pagamento delle penali per non realizzare l'opera;

    nel 2013 decadono i rapporti di concessione con la Stretto di Messina Spa e la società viene messa in liquidazione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 aprile 2013, è venuta la messa in liquidazione della società Ponte sullo Stretto di Messina spa;

    il Ponte sullo Stretto di Messina, è stato quindi classificato tra gli interventi con procedimento interrotto a seguito di quanto comunicato nell'XI Allegato Infrastrutture al Def 2013, ossia che «con delibera CIPE 6/2012 è stata disposta la riduzione totale del contributo assegnato alla Società Stretto di Messina e l'intervento non è stato inserito fra gli interventi indifferibili (...). In seguito, l'articolo 34-decies, comma 1, del decreto-legge 179 del 2012, ha disposto la caducazione degli atti contrattuali a far data dal 1° marzo 2013 non avendo le parti stipulato apposito atto aggiuntivo entro tale data»;

    il troppo timido tentativo nel 2016 con il Governo Renzi, di riaprire la discussione sulla realizzazione di questa storica infrastruttura, non ha portato a nulla;

    peraltro, è bene sottolineare che allo stato attuale, la conferma della definitiva rinuncia alla realizzazione di questa opera, costerebbe alle casse dello Stato in termini di penali da pagare al gruppo Salini, di più della sua effettiva realizzazione;

    peraltro, ogni progetto di alta velocità per il Mezzogiorno passa anche attraverso un collegamento veloce, ormai indispensabile, tra la Sicilia e l'Europa. Sotto questo aspetto, il Ponte sullo Stretto rappresenterebbe un'opera che consente di avere anche al Sud Italia l'alta velocità e alta capacità ferroviaria necessarie per la competitività e lo sviluppo delle regioni meridionali, oltre a contribuire alla riduzione del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il nord e il sud del Paese;

    la realtà è che il Ponte sullo Stretto può rappresentare una grandissima occasione di sviluppo per l'Italia e non solo per la Calabria e la Sicilia, permettendo tra l'altro di intercettare il traffico merci che, dal canale di Suez, oggi si dirige verso Gibilterra per puntare sui porti del Nord Europa, quando invece la Sicilia con il porto di Augusta collegato all'Alta velocità potrebbe rappresentare un hub strategico nel Mediterraneo e quindi per uno sviluppo di quei territori, del Mezzogiorno e per il Paese. E la valenza strategica di questa opera è ancora più evidente in una fase nella quale stiamo entrando in recessione e in profonda crisi economica;

    vi sono opere urgenti ed essenziali per la infrastrutturazione organica del Paese, già in parte avviate ma da troppo tempo bloccate per fatti procedurali o pronte per essere avviate e ferme da anni per le quali in poche settimane sarebbe possibile consegnare formalmente le attività propedeutiche e realizzative delle stesse. Opere che sono coerenti con quello che l'Unione europea chiede all'Italia per poter accedere alle risorse messe a disposizione per superare l'emergenza che si sta vivendo; infatti sono tutte opere ubicate sul programma delle reti Trans European Network (TEN-T). Tra queste si ricordano: Terzo Valico dei Giovi sulla tratta ferroviaria ad alta velocità Genova-Milano; raddoppio dell'autostrada A10 nel tratto di attraversamento di Genova (Gronda di Genova); tratta ferroviaria ad alta velocità Brescia-Verona; tratta ferroviaria ad alta velocità Verona-Vicenza-Padova e altre. All'elenco suddetto va certamente aggiunto il Ponte sullo Stretto;

    si ricorda che nel 2003, il Gruppo di Alto Livello per la rete di trasporto transeuropea (TEN-T) includeva il ponte sullo Stretto tra i 18 progetti prioritari a livello europeo da rendere operativi entro il 2020, e al dicembre dello stesso anno, il Consiglio dei ministri dei trasporti europei approvava la proposta della Commissione UE del 1° ottobre 2020 di revisione delle Reti TEN, che prevedeva anche la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Nel 2011, la Commissione europea adottava la proposta di regolamento sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), ma il Ponte ferroviario/stradale sullo stretto di Messina non figura tra le opere «core» del Corridoio da Helsinki a La Valletta;

    la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nell'approvare all'unanimità il documento sul Recovery Fund, ha espressamente indicato, tra le opere strategiche prioritarie, il ponte sullo stretto di Messina. Si tratta di un documento poi formalmente presentato alla Conferenza Stato-regioni e alla Commissione bilancio della Camera nell'ambito della «Indagine conoscitiva delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund»;

    nello schema di relazione della Commissione Bilancio sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund, al paragrafo «Mezzogiorno», si legge: «L'obiettivo prioritario resta quello di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno al fine di colmare, nel giro di alcuni anni, il divario infrastrutturale che rallenta la crescita di quei territori anche garantendo l'infrastruttura stabile e veloce dello Stretto di Messina, dettagliatamente indicata al paragrafo 8.2, ferma restando che la stessa, in ogni caso, non può essere annoverata, per l'importanza che essa riveste, tra i progetti storici menzionati tra i criteri di valutazione negativa, di cui alle linee guida del Governo»,

impegna il Governo:

1) ad avviare quanto prima le opportune iniziative volte a riconsiderare il progetto, già cantierabile, per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, quale progetto chiave per il rilancio economico del Paese, anche valutando a tal fine le penali conseguenti alla mancata realizzazione dell'opera infrastrutturale, e che consentirebbe di estendere l'alta velocità ferroviaria anche in Sicilia, fino a Messina, Palermo e Siracusa;

2) a ricomprendere la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina tra i progetti finanziabili con quota delle risorse del Recovery Fund, in quanto opera già cantierabile e strategica per il rilancio economico del Mezzogiorno e del Paese, nonché decisiva per collegare il nostro meridione all'Europa;

3) a inserire la ripresa del progetto Ponte sullo Stretto all'interno di un più ampio ed efficace programma di rilancio degli investimenti e dei lavori pubblici coerente con la drammatica fase di crisi economica e produttiva in atto conseguente alla pandemia in corso a livello mondiale e in grado di rimettere rapidamente in moto e sostenere l'economia e il settore delle costruzioni;

4) ad avviare fin da subito, per le suddette finalità, un confronto costante con le associazioni e i soggetti imprenditoriali coinvolti, al fine di individuare le misure e linee di intervento più efficaci e rapide per garantire la ripartenza e l'apertura dei cantieri.
(1-00355) (Nuova formulazione) «Prestigiacomo, Gelmini, Occhiuto, Bartolozzi, Siracusano, Cannizzaro, Mulè, Maria Tripodi, Torromino, D'Ettore, Baldelli, Cortelazzo, Casino, Labriola, Mazzetti, Ruffino, Calabria, Sozzani, Zanella, Germanà».

(9 giugno 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    ai sensi della legge obiettivo n. 443 del 2001 è stato ricompreso il Ponte sullo stretto di Messina tra le infrastrutture strategiche da inserire tra gli interventi prioritari, in ragione dell'importanza rivestita per l'intero territorio nazionale a partire dal Sud Italia;

    il bando internazionale per la selezione del general contractor cui affidare da parte dello Stato la progettazione definitiva e la successiva costruzione del ponte, vide l'aggiudicazione della gara a Eurolink di Impregilo (poi gruppo Salini), con impegno di realizzare l'opera in settanta mesi;

    con la legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228 del 2012) vennero stanziati 300 milioni di euro per il pagamento delle penali per non realizzare l'opera;

    il Ponte sullo Stretto di Messina è classificato tra gli interventi con procedimento interrotto a seguito di quanto comunicato nell'XI allegato infrastrutture al Def 2013,

impegna il Governo

1) ad avviare quanto prima le opportune iniziative volte a riconsiderare il progetto, già cantierabile, per la realizzazione, nel rispetto della tutela dell'ambiente, del Ponte sullo Stretto di Messina.
(1-00386) «Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(12 ottobre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    il rilancio del sistema economico italiano, oggi gravemente indebolito dalle conseguenze determinate dall'emergenza sanitaria da Covid-19, passa dalla realizzazione di tutte le opere pubbliche, così da colmare il gap infrastrutturale che caratterizza l'Italia;

    tra gli interventi infrastrutturali di maggiore interesse per i benefici e le ricadute per cittadini ed imprese rientra indubbiamente il Ponte sullo Stretto di Messina, la strategicità del quale è stata riconosciuta ai sensi della legge obiettivo n. 443 del 2001;

    il progetto prevede la realizzazione di un ponte sospeso a campata centrale unica di lunghezza pari a 3.300 metri, con un impalcato di complessivi 3.666 metri lineari, campate laterali comprese, e una larghezza di 60 metri lineari; la sezione stradale dell'impalcato è composta da tre corsie per ogni carreggiata (due di marcia ed una di emergenza), mentre la sezione ferroviaria comprende due binari con due marciapiedi laterali pedonabili;

    il progetto ricomprende le opere di raccordo stradale e ferroviario sui versanti calabrese e siciliano (circa 40 chilometri), in massima parte in galleria, per assicurare il collegamento del ponte al nuovo tracciato dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria ed alla prevista linea ferroviaria AV/AC Napoli-Reggio Calabria, da un lato, e alle tratte autostradali Messina-Catania e Messina-Palermo nonché alla prevista nuova stazione ferroviaria di Messina, dall'altro;

    nell'impostazione originaria, si prevede la realizzazione del Ponte in project financing, con una partecipazione pubblica pari a solo il 40 per cento, e quella dei privati pari al 60 per cento, da recuperare attraverso pedaggi e canoni durante la durata trentennale della concessione;

    per quanto concerne il costo totale dell'investimento, esso ammonta – secondo la società Stretto di Messina Spa all'uopo costituita – a 8,5 miliardi di euro, di cui:

     a) 6,5 miliardi di euro da corrispondere al general contractor per i costi di costruzione (pari a 5,7 miliardi di euro) ma anche per i servizi, gli espropri, le opere compensative, il monitoraggio ambientale e altri oneri contrattualmente previsti (800 milioni di euro); dei 5,7 miliardi di euro previsti per la costruzione dell'opera, 3 miliardi di euro sono necessari per il ponte, 2.5 miliardi di euro sono necessari per i collegamenti e 200 milioni di euro sono necessari per le cantierizzazioni;

     b) 2 miliardi di euro per i costi assicurativi e per quelli di gestione e di manutenzione ordinaria e straordinaria;

    il costo per la costruzione del ponte ammonta, di per sé, a 3 miliardi di euro, di cui 2,4 per la realizzazione della sovrastruttura e 0,6 per le sottostrutture;

    sono riscontrabili dei vantaggi connessi, tanto alla realizzazione dell'opera, quanto alla sua messa in esercizio; in particolare:

     a) in fase di costruzione, è stimabile: un aumento dell'occupazione, sia direttamente nei cantieri che nell'indotto, che si stima complessivamente in 100.000 posti di lavoro all'anno; un aumento della produzione di beni e servizi intermedi, da parte delle imprese locali e nazionali, stimato in 6 miliardi di euro, e i relativi riflessi occupazionali; un maggior gettito fiscale, derivante dal complesso insieme di imposte, di contributi sociali, di oneri tributari di vario genere collegati alla realizzazione dell'investimento;

     b) in fase di esercizio, è stimabile: una riduzione dei costi di trasporto, sia riguardo il trasporto merci privato, che contribuisce ad un aumento della produttività dei fattori produttivi, e quindi un aumento di competitività delle imprese; un risparmio medio di tempo rispetto all'attraversamento via mare (2 ore per i treni; un'ora per i mezzi gommati; diverse ore per il traffico merci ferroviario, considerando sia il tempo di puro attraversamento, che il tempo necessario per le operazioni di imbarco e sbarco, particolarmente lunghe e laboriose per i treni); la linea AV su tutta la dorsale Roma-Reggio Calabria; il potenziamento dei porti di Gioia Tauro, Messina e Palermo, intercettando il 20 per cento delle merci da distribuire nell'Europa del Sud, con benefici per tutto il sistema portuale italiano per via del risparmio dei giorni di navigazione; una maggiore facilità nella mobilità urbana tra le due sponde, corrispondente ad una domanda di migliaia di spostamenti giornalieri per motivi di studio o di lavoro;

    nonostante gli evidenti benefici connessi all'opera, nel 2012 il Governo Monti ha approvato il decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187, con il quale sono state disposte le circostanze che comportano la «caducazione» ex lege della concessione alla Stretto di Messina e di tutti i contratti con le imprese, stanziando successivamente 300 milioni di euro per il pagamento delle penali;

    il contenzioso, creatosi nel tempo e tuttora in atto, grava notevolmente sulla finanza pubblica per un ammontare superiore agli 800 milioni di euro, cui si aggiungono i 300 milioni di euro già stanziati per il pagamento delle penali e tutti gli altri oneri connessi alla liquidazione tuttora in essere della società Stretto di Messina Spa;

    vi sono opere urgenti ed essenziali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, già in parte avviate ma da troppo tempo bloccate per fatti procedurali, o pronte per essere avviate e ferme da anni per le quali, in poche settimane, sarebbe possibile consegnare formalmente le attività propedeutiche e realizzative delle stesse; in particolare, trattasi di opere che insistono sulle reti europee del Trans European Network (TEN-T), dal novero delle quali il Ponte sullo Stretto è stato inspiegabilmente espunto in passato e il cui reinserimento costituisce oggi una esigenza non più procrastinabile,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa volta alla celere realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, anche riconsiderando – se necessario – il progetto approvato in passato al fine di adeguarlo ai nuovi standard ingegneristici e ambientali;

2) ad inserire la ripresa del progetto del Ponte sullo Stretto all'interno di un più ampio ed efficace programma di rilancio degli investimenti e dei lavori pubblici coerente con la drammatica fase di crisi economica e produttiva conseguente all'emergenza sanitaria globale in corso.
(1-00389) «Alessandro Pagano, Furgiuele, Minardo, Rixi, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Lucchini, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto».

(14 ottobre 2020)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A FAVORE DELL'OCCUPAZIONE, DELLA FORMAZIONE E DELL'EMANCIPAZIONE GIOVANILE

   La Camera,

   premesso che:

    in data 15 settembre 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alle Camere la proposta di linee guida per la definizione del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr). A tale prima fase seguirà quella della elaborazione, presentazione e adozione definitiva del Pnrr;

    il periodo di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto a causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del virus si è presto trasformato in emergenza economica e ha inciso pesantemente sulla situazione del mercato del lavoro;

    nonostante il blocco dei licenziamenti in atto, tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali concordano nel sostenere che, nonostante la ripresa delle attività, l'Italia stia per essere colpita da un periodo di grave recessione economica;

    la pandemia da Covid-19 sta provocando in Europa un aumento della disoccupazione da cui i giovani risultano essere maggiormente colpiti rispetto ai lavoratori più anziani. Molti di essi, infatti, sono occupati in settori che sono stati particolarmente penalizzati dalle conseguenze della pandemia quali il turismo, la ristorazione, le arti, l'intrattenimento, il commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altre ragazze o ragazzi ambiscono ad entrare nel mercato del lavoro proprio nel momento in cui tali settori non sono più in grado di assumere ed in cui, più in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni;

    una recente analisi ha rilevato che in Italia circa il 25,5 per cento degli occupati nelle attività definite come «non essenziali» durante il blocco delle attività, quali in particolare il turismo e la ristorazione, ha un'età compresa tra i 20 e i 30 anni, e che più di 4 giovani su 10 erano impiegati, già prima della crisi, in settori, individuati dallo stesso report, come i più colpiti dall'impatto dell'emergenza da Covid-19;

    l'Italia, già nei periodi antecedenti la pandemia, a causa degli effetti della crisi finanziaria del 2008, ha particolarmente sofferto per l'elevato tasso di disoccupazione giovanile, l'alto numero di cosiddetti «Neet» («not in Education, Employment or Training», giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione), oltre che di ragazze e ragazzi, al primo impiego, sottopagati ed, infine, del fenomeno dei cosiddetti «cervelli in fuga», spesso giovani laureati che non riescono a trovare un'occupazione adeguata agli studi intrapresi che decidono di emigrare all'estero;

    secondo gli ultimi dati Istat, riferiti al 2018, nel nostro Paese, sono oltre 2.116.000 i Neet di età compresa tra i 15 e i 29 anni, rappresentando il 23,4 per cento del totale dei giovani della stessa età presenti sul territorio; secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, l'Italia è il paese con il più alto numero di Neet dell'Unione europea, il 27,8 per cento contro una media Ue del 16,4 per cento; i dati Istat, poi, evidenziano che nel solo anno 2019 hanno lasciato l'Italia oltre 126.000 italiani – di cui almeno 30.000 laureati – con un aumento del 8 per cento sul 2018;

    la diminuzione dell'occupazione giovanile potrebbe essere aggravata dalla crisi dell'istruzione universitaria, causata anche dalla riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socio- economici più fragili e in condizioni di povertà tali da trovarsi nell'impossibilità di sostenere i costi degli studi universitari, successiva alla crisi economica innescata dal Covid-19;

    sempre i dati Eurostat 2019 mostrano quanto i giovani italiani nella media siano quelli che abbandonano il nucleo familiare d'origine più tardi rispetto ai coetanei europei. Questi ultimi infatti vanno via di casa intorno ai 26 anni, mentre in Italia si è sopra la media dei 30 anni, a dimostrazione delle forti difficoltà che i giovani italiani devono affrontare per emanciparsi e inserirsi nel mondo del lavoro;

    una situazione, quella giovanile, sicuramente aggravata dall'emergenza seguita alla diffusione della pandemia su scala mondiale, ma che negli anni è stata oggetto di particolare attenzione. L'introduzione del Jobs Act, durante il Governo Renzi, attraverso due provvedimenti, rispettivamente varati a marzo e dicembre del 2014 e attuati sin dai primi mesi del 2015, è stato forse il provvedimento in materia economica più significativo degli ultimi anni. L'introduzione della decontribuzione per i primi 3 anni di assunzione ha contribuito ad innalzare l'indice degli occupati. Nel periodo 2014-2018 il totale degli occupati ha registrato un aumento di 936 mila occupati totali, mentre il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15-24 anni, è diminuito nello stesso periodo del 10,5 per cento (dati Istat). L'introduzione del «bonus Cultura», i 500 euro per i giovani che hanno compiuto 18 anni, ha rappresentato un grande investimento sui giovani. L'apposita App è infatti ancora oggi utilizzabile non solo per l'acquisto di libri ma anche per cinema o teatro, per visitare una mostra o un museo;

    lo strumento «Resto al Sud», di cui al decreto-legge n. 91 del 2017, potenziato dalla manovra di bilancio del 2018, ha riscosso notevole interesse, tanto che è stato via via rafforzato elevando dapprima l'età dei soggetti che possono presentare un progetto di impresa da 35 a 46 anni e successivamente aprendo ai liberi professionisti. Dal 24 aprile 2016 al 17 novembre 2016 sono stati sottoscritti 8 patti per lo sviluppo attraverso lo strumento del Masterplan per il Mezzogiorno in 8 regioni del Sud (Campania, Calabria, Abruzzo, Basilicata, Molise, Sardegna, Puglia, Sicilia) per un totale di 11,5 miliardi di euro; 7 patti con le città metropolitane (Bari, Reggio Calabria, Messina Palermo, Napoli, Catania, Cagliari) per un totale di 1,83 miliardi di euro. Gli investimenti ammontano dunque a 13,4 miliardi di euro (come da delibera del Cipe 26/2016), a cui si aggiungono le risorse serventi da diverse programmazioni e recuperate per ulteriori 25 miliardi di euro;

    in tale contesto è utile ricordare che il Family Act, A.C. 2561, recante Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, all'articolo 6 prevede specifiche misure volte a sostenere le famiglie nella formazione universitaria dei figli, affinché acquisiscano autonomia sul piano finanziario, oltre a prevedere detrazioni fiscali per le spese impiegate per acquistare libri e per i costi di locazione di abitazione per gli studenti universitari; una situazione quest'ultima che trova già ampia applicazione in ambito europeo sulla quale il nostro Paese registra un ritardo;

    oggi, la necessità di un intervento straordinario da parte dello Stato per il sostegno delle famiglie, ed in particolare le giovani coppie, è emersa più forte non appena, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, è stata decisa la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado;

    in questo senso il Governo si è impegnato in un processo di riforma generale, che ha per obiettivo il contrasto della denatalità che ha assunto dimensioni tali da richiedere in tempi rapidi una risposta da parte delle istituzioni, la cui azione politica deve essere orientata al contrasto dei fattori che ne hanno determinato l'origine. Il Family Act (A.C. 2561) rappresenta dunque una risposta di carattere strutturale che oltre ad intervenire sul complesso delle norme che oggi rappresentano una risposta segmentata alle famiglie, riunificandole in un unico intervento che accompagna la crescita dei bambini dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni, intende intervenire tramite un sostegno fondamentale alle famiglie, alle giovani coppie, alle donne, sul terreno della formazione, dell'inserimento nel mondo del lavoro, del sostegno alla crescita dei bambini e delle bambine anche attraverso il potenziamento delle strutture educative;

    un capitolo importante riguarda il processo di integrazione delle nuove generazioni di bambine e bambini, ragazze e ragazzi di origine straniera, spesso nati e cresciuti nel nostro paese. Una presenza importante, che deve costituire un elemento di ricchezza e di arricchimento della nostra società, ma che è ancora vittima di discriminazione e casi di vero e proprio razzismo. A tal fine è fondamentale inserire già a partire dalla scuola primaria, approfittando dell'insegnamento dell'educazione civica recentemente inserito nei curricola scolastici come materia obbligatoria, specifici programmi mirati all'educazione di una generazione che faccia del multiculturalismo un valore fondante del futuro delle nuove generazioni;

    in questo contesto il citato Family Act valorizza la funzione dell'«educazione non formale», vale a dire tutta una gamma di possibilità di apprendimento informale ed occasionale che da sempre hanno contribuito alla formazione di una società multiculturale, fondamentale per la formazione di una nuova leva di giovani generazioni;

    la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni recante «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», del 1° luglio 2020, sottolinea l'importanza che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgano la loro attenzione verso la prossima generazione;

    la medesima comunicazione individua le principali linee di indirizzo che Unione europea e Stati membri devono attuare:

     a) rafforzare le garanzie per i giovani;

     b) rafforzare l'istruzione e la formazione professionale anche nell'ottica di una competitività sostenibile;

     c) rafforzare con correttivi l'equità sociale e la resilienza;

     d) fornire nuovo impulso agli apprendistati affinché contribuiscano a creare occupazione giovanile;

    è fondamentale quindi, alla luce dei dati fin qui esposti, che il Governo adotti riforme e interventi, anche strutturali, sia in merito al mercato del lavoro e delle politiche attive, che in merito all'istruzione, la formazione e l'apprendistato, tali da poter validamente accompagnare la strategia di rilancio;

    in tale contesto sarebbe estremamente importante potenziare le sinergie tra scuola e mondo del lavoro al fine di aumentare le possibilità di una maggiore professionalizzazione degli studenti anche per ottimizzare l'orientamento al termine del percorso scolastico. Risulta fondamentale inoltre riconoscere la centralità e rivalutare i percorsi di alternanza scuola-lavoro come introdotti dalla legge n. 107 del 2015, la cosiddetta Buona Scuola. Serve una profonda revisione e un potenziamento dei programmi di istruzione tecnica con particolare riferimento a quella di carattere professionale come strumento di accesso al mercato del lavoro ed alle professioni; potenziare le attività di orientamento scolastico al fine di meglio aumentare l'accesso all'istruzione universitaria e di conseguenza accrescere le immatricolazioni; accelerare l'ampliamento e la diffusione delle lauree professionalizzanti; promuovere e velocizzare il riconoscimento delle lauree dei titoli di studio conseguiti all'estero, così come facilitare il rientro di laureati italiani nel nostro paese o l'arrivo di ricercatori e accademici internazionali;

    in questo quadro risulta indispensabile rafforzare i percorsi di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, rafforzandone anche la qualità e riformando i trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, sia razionalizzando quelli esistenti che creando un nuovo sistema teso a legare il sostegno al reddito, in caso di rimodulazioni dell'orario di lavoro o di utilizzo di ammortizzatori sociali, a percorsi formativi, che consentano di migliorare le proprie chances occupazionali;

    in questo contesto il reddito di cittadinanza ha effettivamente mostrato una serie di criticità in quanto politica attiva del mercato del lavoro. I dati dell'Anpal mettono in evidenza che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro. Sono criticità che dovranno essere al più presto affrontate: la mancanza di controlli ha evidenziato l'impossibilità di monitorare coloro i quali, pur in presenza di un'offerta di lavoro, l'hanno rifiutata ed è mancata un'analisi puntuale sulla domanda e sull'offerta di lavoro, che consenta di comprendere di quale tipo di lavoratori abbiano bisogno le imprese;

    accanto alla salvaguardia della qualità dell'impiego, del reddito e della stabilità occupazionale dei lavoratori – subordinati, autonomi e dell'economia collaborativa (della cosiddetta sharing economy e gig economy) è necessario promuovere forme di contrattazione decentrata in un sistema di relazioni industriali multilivello;

    parallelamente alla riduzione del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo fiscale e il rafforzamento degli incentivi fiscali al welfare contrattuale, è importante favorire processi di digitalizzazione dei luoghi di lavoro unitamente alla flessibilità oraria che, attraverso nuovi percorsi tecnologici, possano coniugare le esigenze produttive dell'impresa con i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici;

    tutte le misure fin qui elencate dovranno essere accompagnate ad un necessario e importante investimento sulle competenze dei lavoratori, promuovendo la formazione continua e permanente nell'ottica di un reskilling professionale mirato, che sappia intercettare le trasformazioni del mercato del lavoro conseguenti alla pandemia;

    la crisi economica ridurrà ulteriormente le opportunità di lavoro e formazione per i giovani e sarà compito del Governo farvi fronte valutando l'attuazione di un piano «AttivaGiovani» rivolto ai giovani Neet che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese, analogamente a quanto intrapreso da altri Paesi europei. I giovani lavoratori potrebbero essere selezionati dalle imprese in base alle loro esigenze mentre il costo del lavoro sarebbe interamente a carico dello Stato. Le imprese potranno far domanda a condizione che si tratti di nuovi posti di lavoro e che assicurino un'esperienza formativa per i giovani Neet;

    tuttavia, la crisi rappresenta anche l'opportunità di ridefinire il nostro modello produttivo all'insegna della salvaguardia ambientale e dello sviluppo sostenibile, un'eventualità che potrebbe generare nuove opportunità lavorative per i giovani, i cosiddetti Green Jobs. Sia il Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea, che il Next Generation EU pongono come priorità degli investimenti dei prossimi anni la green economy. La strategia italiana per l'occupazione e la formazione giovanile dovrà tenere conto delle opportunità occupazionali della rivoluzione verde, dalla ricerca scientifica connessa all'economia sostenibile o diretta alla tutela dell'ambiente, all'agricoltura o al turismo eco-sostenibile fino agli interventi di efficientamento energetico;

    particolare rilevanza deve essere riservata alle lavoratrici e all'avvio di nuove imprese al femminile. Il disegno di legge 2561 all'articolo 5 prevede una specifica delega per il sostegno di tali attività soprattutto nei primi due anni di avvio dell'impresa. La norma stabilisce, infatti, ulteriori forme di rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile anche nelle regioni del Mezzogiorno;

    quanto esposto nella presente premessa dovrebbe essere parte della definizione dei progetti da sottoporre nell'ambito del Next Generation EU e del Piano per la ripresa e la resilienza,

impegna il Governo:

1) a definire una strategia specifica per promuovere l'occupazione, la formazione e l'emancipazione giovanile;

2) ad adottare iniziative per introdurre un piano «AttivaGiovani» che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione per giovani Neet, ovvero di cittadini disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione, presso le imprese;

3) ad adottare iniziative per potenziare, anche nell'ambito di una riforma più organica della famiglia, quale quella intrapresa con il cosiddetto Family Act, richiamato in premessa, le misure a favore dei giovani;

4) a rivalutare e modificare il programma «Garanzia Giovani» per renderlo più efficace;

5) ad adottare iniziative per realizzare una riforma dell'apprendistato professionalizzante semplificando i numerosi oneri burocratici vigenti in maniera tale che l'apprendistato diventi la via maestra per accedere al mondo del lavoro;

6) ad adottare iniziative per regolare i tirocini curriculari per assicurare che siano esperienze realmente formative e contrastare il fenomeno dei tirocini extra-curriculari non retribuiti;

7) ad adottare iniziative per incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori ed effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, «vocational master», che nascano dal continuo dialogo con le aziende e che consentano di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle imprese;

8) ad assumere iniziative per introdurre «Credito Giovani», uno strumento equivalente a una «dote universale» per facilitare l'emancipazione giovanile in maniera tale che ogni cittadino, al compimento della maggiore età, possa ricevere un emolumento da investire in corsi di formazione, avvio di una azienda o acquisto prima casa;

9) ad adottare iniziative per predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice e in questo senso, per introdurre misure affinché tale lavoro sia congruamente retribuito, al fine di scongiurare forme di sfruttamento;

10) a sostenere l'ingresso nel mondo del lavoro delle giovani donne, rafforzando ed incentivando l'imprenditoria femminile;

11) a presentare un grande progetto per l'imprenditorialità giovanile, che comprenda l'imprenditorialità sociale, con particolare riguardo, tra l'altro, all'istruzione e alla formazione all'imprenditorialità, e a servizi di consulenza, mentoring e coaching per i giovani.
(1-00392) «Ungaro, Boschi, D'Alessandro, Toccafondi, De Filippo, Marattin, Fregolent, Occhionero».

(21 ottobre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia da Covid-19 ha prodotto, e con il suo perdurare continua a produrre, un impatto fortemente negativo sull'intera economia mondiale. Il Fondo monetario internazionale ha recentemente stimato che il danno prodotto all'economia europea è quantificabile in circa tremila miliardi di euro in termini di prodotto interno lordo, che nel 2021, nonostante un rimbalzo del 4,7 per cento, si attesterà ad un livello pari al 6,3 per cento inferiore rispetto alle stime effettuate prima dell'esplosione della pandemia;

    nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2020 il Governo prevede un crollo del prodotto interno lordo del 9 per cento per l'anno in corso nell'ipotesi più ottimistica, quella cioè che non prende in considerazione un nuovo ricorso ad un lockdown generalizzato, con un rimbalzo del 5,1 per cento per il 2021 ed un ritorno ai livelli ante Covid stimato solo nel 2023;

    previsioni molto negative lo stesso Documento attribuisce all'occupazione con un calo, nell'anno in corso, del 9,5 per cento per quanto riguarda l'occupazione espressa in termini di unità standard di lavoro, e un tasso di disoccupazione che si attesterebbe al 9,5, con un peggioramento stimato per l'anno 2021, in cui il tasso di disoccupazione salirebbe al 10,7 per cento, mentre il recupero previsto per l'occupazione espressa in termini di unità standard di lavoro rimarrebbe inferiore di circa 4 punti percentuali rispetto all'anno 2019;

    i dati in termini reali dei mesi del 2020 hanno registrato risultati altrettanto negativi in termini di posti di lavoro persi, di disoccupazione e di tasso di inattività. Ad agosto 2020 erano quattrocentoventicinquemila i posti di lavoro in meno rispetto allo stesso mese del 2019, mentre da febbraio 2020 ad agosto l'occupazione ha registrato una contrazione di trecentosessantamila unità in meno;

    all'interno di questo scenario risulta in sofferenza soprattutto l'occupazione giovanile, che ad agosto 2020 ha registrato un livello di disoccupazione del 32,1 per cento, con un incremento dello 0,3 per cento rispetto al mese precedente;

    la condizione dell'occupazione giovanile è stata ulteriormente influenzata in senso negativo dalla rilevante riduzione di posti di lavoro a tempo determinato e di natura stagionale che si è registrata nel corso dell'anno 2020 a causa degli effetti della pandemia;

    la forte sofferenza riscontrata dall'occupazione a tempo determinato è riconosciuta dallo stesso Governo, sempre nella Nadef quando ascrive proprio alla perdita di questi posti di lavoro il ruolo maggiore prodotto sui livelli dell'occupazione e della disoccupazione per l'anno in corso;

    a fronte di questa presa d'atto non si riscontra un intervento altrettanto deciso tra i provvedimenti adottati per fronteggiare la crisi in corso;

    l'irrigidimento apportato alla normativa in materia di lavoro a tempo determinato dal decreto-legge n. 87 del 2018, comunemente noto come decreto «dignità» si è rivelato un boomerang nella condizione di crisi e di forte incertezza prodotta dalla diffusione della pandemia da Covid-19. I soggetti che il decreto «dignità» voleva tutelare dal fenomeno del così detto precariato, ed in particolare i giovani lavoratori, sono divenuti le principali ed in gran parte uniche vittime della crisi anche a causa di quell'intervento normativo. Mentre i lavoratori con contratti a tempo indeterminato sono stati difesi dal blocco dei licenziamenti previsto per legge, i lavoratori a termine hanno visto arrivare a scadenza i propri contratti senza la trasformazione di questi in contratti a tempo indeterminato;

    su questo fronte, che interessa tanta parte del lavoro giovanile, il Governo, pur consapevole della criticità, si è limitato ad adottare provvedimenti di portata limitata e non sufficienti a risolvere adeguatamente il problema, come ad esempio un'ampia deroga di natura transitoria valida per l'intero anno 2021, alla normativa in materia di contratto a termine risultante dalle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 87 del 2018;

    se è evidente e oggettivo che la pandemia da Covid-19 sta producendo un impatto fortemente negativo sul mondo del lavoro, sarebbe un grave errore non considerare che l'occupazione giovanile ha rappresentato una criticità anche nei periodi precedenti quando, seppur in maniera modesta e non sufficiente, i dati dell'occupazione nel suo complesso segnavano dati positivi;

    nel terzo trimestre 2019 ad esempio, quando il Covid-19 non aveva ancora dispiegato i suoi effetti neppure in Cina, la disoccupazione giovanile nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni si attestava al 17,8 per cento, un livello doppio rispetto al dato nazionale, che schizzava al 25,7 per cento se si considera esclusivamente la fascia 15-24 anni;

    allo stesso tempo un rapporto del World Economic Forum pubblicato ad inizio 2020 e riferito al 2019, attestava la presenza in Italia di oltre due milioni di così detti «Neet», cioè giovani compresi nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni che non studiano e non cercano lavoro;

    le politiche adottate dai Governi dall'inizio della legislatura in questo non hanno ottenuto i risultati attesi;

    il reddito di cittadinanza dopo diciotto mesi di funzionamento ha svolto una funzione esclusivamente dal punto di vista dell'assistenza e della lotta alla povertà, si è invece dimostrato carente sul fronte dell'avviamento al lavoro per tutti i suoi beneficiari ed in particolare per i giovani lavoratori. A fine luglio 2020 su una platea di circa 1,23 milioni di percettori maggiorenni del reddito di cittadinanza i patti per il lavoro sottoscritti sono stati soltanto 318.221, mentre la maggioranza dei percettori del beneficio, circa il 57,8 per cento del totale avevano appena ricevuto la convocazione presso i centri per l'impiego. Le offerte di lavoro e le opportunità formative proposte dai così detti navigator ai beneficiari del reddito di cittadinanza sono state, inevitabilmente, ancora inferiori, pari a 220.048;

    in una fase come quella attuale di grande difficoltà sarebbe necessario dare piena attuazione a quanto previsto dall'articolo 4, comma 15, del decreto-legge n. 4 del 2019, in merito alla partecipazione, dei beneficiari del reddito di cittadinanza a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e comunque non inferiore al numero di otto ore settimanali, aumentabili fino ad un numero massimo di sedici ore complessive settimanali con il consenso di entrambe le parti. Nel dare attuazione a tale disposizione si è registrato prima un ritardo nell'adozione del decreto ministeriale, entrato in vigore solo il 20 gennaio di quest'anno, successivamente si sono riscontrate difficoltà da parte degli enti locali nell'impiegare i beneficiari del reddito di cittadinanza in attività di pubblica utilità anche per carenza di progetti da parte degli enti locali, come si è verificato ad esempio a Roma e Torino;

    anche il provvedimento definito «quota 100» che nelle intenzioni del Governo avrebbe dovuto produrre maggiore occupazione non ha minimamente rispettato le attese sotto tale profilo;

    se si vuole concretamente affrontare il nodo dell'occupazione giovanile al fine di invertirne la tendenza negativa di lungo periodo, è indispensabile avere le capacità e il coraggio di individuare le poche opportunità che la crisi prodotta dalla pandemia ha messo a disposizione. In questo senso le risorse del così detto Recovery fund costituiscono un'occasione, forse irripetibile per investire in iniziative e progetti che sarebbero stati di difficile realizzazione nelle fasi precedenti la pandemia e che saranno probabilmente impossibili nelle fasi successive. Parte delle risorse che si renderanno disponibili dovranno essere utilizzate, da un lato, per costituire fondi a sostegno della giovane imprenditorialità e, in parte, per dare vita, con il coinvolgimento delle regioni, ad un grande piano in grado di facilitare le assunzioni di giovani lavoratori sia nel settore privato che in quello pubblico, con un'impostazione simile a quella della legge n. 285 del 1997, aggiornata alle condizioni attuali;

    l'attuale sistema delle politiche attive per il lavoro appare inadeguato alla funzione di ricollocazione dei lavoratori in generale, ma risulta estremamente carente in particolare per i lavoratori delle fasce più giovani, poiché, oltre all'assenza di adeguate risorse e di un'organizzazione razionale ed efficiente, prescinde completamente dall'aspetto della formazione continua ed in particolare sul fronte delle nuove competenze in campo tecnologico;

    appare assolutamente indispensabile interconnettere in maniera attiva ed efficiente il settore delle politiche attive, con gli istituti di formazione, con la scuola, in particolare a livello di istituti tecnici superiori, e le aziende private, al fine di garantire un'offerta formativa composta dall'armonizzazione e l'integrazione dello studio scolastico, della formazione professionale teorica e dello svolgimento dell'attività lavorativa sotto forma di periodi di stage retribuiti;

    è necessario investire nel campo della formazione in due direzioni. La prima riguarda progetti volti ad affiancare all'istruzione universitaria una formazione tecnica superiore fondata sul paradigma integrativo tra teoria e pratica, tra cultura generale e specifica (professionale), tra competenze trasversali e specialistiche, tra formazione umana e formazione professionale, tra studio, imprese e territorio;

    la seconda si riferisce all'apprendistato formativo riconosciuto come la forma di apprendimento più strategica per sostenere la declinazione e la diffusione del paradigma formativo integrativo e non separativo appena menzionato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per investire risorse in politiche strutturali di lungo periodo volte ad incentivare l'assunzione di giovani lavoratori attraverso una riduzione del costo del lavoro per i nuovi assunti;

2) ad adottare iniziative per prevedere l'attivazione di specifici percorsi di formazione professionale, anche in collaborazione con istituti universitari, al fine di consentire l'acquisizione di competenze specifiche nel settore delle nuove tecnologie digitali per i giovani al di sotto dei trenta anni, incentivando e semplificando il ricorso all'apprendistato professionalizzante;

3) ad adottare iniziative per la realizzazione di ecosistemi territoriali in grado ai realizzare una maggiore interconnessione tra il settore formativo della scuola e quello delle aziende, rafforzando in particolare l'esperienza degli istituti tecnici superiori e valutando la modifica dell'attuale rapporto tra le ore di formazione scolastica e quelle di formazione lavorativa, con un aumento di queste ultime come avviene in altri Paesi europei, quali la Germania;

4) ad adottare iniziative per aumentare i fondi previsti per il programma «Garanzia Giovani», rafforzando ed efficientando in particolare le attività di formazione professionale e garantendone il miglior utilizzo attraverso la promozione di misure finalizzate ad esiti occupazionali;

5) a destinare parte delle risorse che si renderanno disponibili nell'ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza a politiche di sostegno all'imprenditoria giovanile sia nel settore delle attività innovative e tecnologiche, sia nei settori di attività più tradizionali;

6) ad individuare, in collaborazione con regioni e comuni, opportune forme di coinvolgimento dei giovani lavoratori in progetti di pubblica utilità, anche nell'ambito dei percorsi formativi previsti dai servizi per le politiche attive del lavoro;

7) ad assumere iniziative per introdurre l'obbligo per i percettori del reddito di cittadinanza, «Naspi» e «Discol», di età inferiore ai trenta anni, di accettare proposte di stage formativi avanzate dalle aziende per il tramite del sistema di navigator e dei centri per l'impiego;

8) a prevedere, nell'ambito dell'attuale sistema delle politiche attive per il lavoro, specifici interventi mirati a rendere più efficace la ricollocazione al lavoro dei giovani in cerca di occupazione, efficientando e implementando l'attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, nonché ad implementare le risorse umane con adeguati profili di competenza e prevedendo le forme più opportune di coinvolgimento delle agenzie per il lavoro private;

9) ad adottare iniziative per prevedere una deroga per tutto l'anno 2021 alla normativa in materia di contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di facilitare il ricorso a questa forma di contratto per i giovani lavoratori di età inferiore ai trenta anni.
(1-00396) «Zangrillo, Polverini, Gelmini, Cannatelli, Musella».

(28 ottobre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    dall'esame dei dati Istat del secondo trimestre del 2020 si evince che, a causa dell'emergenza sanitaria e del lockdown, gli occupati in Italia sono diminuiti di 841.000 unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Hanno perso il lavoro soprattutto i giovani. Tant'è che il tasso di occupazione della fascia 15-34 anni è del 39,1 per cento;

    tale diminuzione non colpisce solo la fascia tra i 15 e i 34 anni: anche per i 35-49enni il tasso di occupazione cala di 1,6 punti e quello di «inattività» mostra un incremento di 3,3 punti;

    l'Italia si ritrova ad essere fanalino di coda di tutta l'Europa, seconda solo alla Grecia: nella rilevazione di luglio 2020, infatti, il tasso di disoccupazione giovanile è del 31,1 per cento e la percentuale di giovani che non studiano né lavorano, i cosiddetti Neet, è del 22,2 per cento nel 2019;

    una parte di questi dati è certamente inficiata dall'incidenza del lavoro sommerso, che per quella fascia d'età, è spesso unico appiglio per iniziare a lavorare; inoltre, essendo molto diffusa in Italia – soprattutto nel Mezzogiorno – l'impresa familiare, molto spesso i giovani iniziano a lavorare proprio all'interno di queste aziende di famiglia e vengono regolarizzati solo in un secondo momento;

    l'introduzione delle norme a modifica del contratto a tempo determinato stabilite dal cosiddetto «decreto dignità», decreto-legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ha diminuito il periodo massimo di durata del contratto determinato, reintrodotto la causale per i rinnovi dopo il dodicesimo mese e incrementato il contributo addizionale in occasione di ciascun rinnovo, invece di favorire la stabilizzazione con la conversione in contratto a tempo indeterminato, e ha indotto i datori di lavoro a non disporre rinnovi;

    difatti, il Governo è stato costretto ad introdurre delle deroghe alla predetta disciplina per ridurne l'impatto negativo durante l'emergenza, prendendo così atto delle gravi criticità che la caratterizzano e che hanno aggravato la stipula del contratto di lavoro subordinato a termine, che, si ricorda, presenta tutte quelle garanzie e tutele per il lavoratore di quello a tempo indeterminato;

    ed ancora, non di meno, l'istituzione del reddito di cittadinanza ha di fatto palesato tutte le sue criticità, non solo come misura assistenziale visto che non arriva a chi è veramente in stato di povertà, ma, altresì, come politica attiva del mercato del lavoro. Sul punto, i dati dell'Anpal riferiscono che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro;

    la situazione è molto seria e i giovani risultano essere l'anello debole della nostra economia, ma nei numerosi decreti varati dal Governo a sostegno del rilancio economico durante questo periodo di pandemia, non è stata prevista nessuna iniziativa specifica per i giovani;

    far ricadere, poi, sulle famiglie il compito di occuparsi dei giovani non è di certo una politica lungimirante: secondo i dati Eurostat 2019, infatti, i giovani italiani sono quelli che abbandonano i genitori più tardi. In Italia si è sopra la media dei 30 anni, in Europa i loro coetanei lo fanno a 25/26 anni;

    invertire questa tendenza significa occuparsi delle generazioni future, perché la precarietà lavorativa dei giovani non può non ripercuotersi sul loro percorso di vita, sulle loro possibilità di crearsi una famiglia, di mettere al mondo dei figli (per incrementare il tasso di natalità, ormai sempre più basso nel nostro Paese, bisogna partire proprio dalla stabilità dei giovani); ma significa anche occuparsi degli anziani che sul lavoro e il benessere dei giovani basano le loro certezze di una vecchiaia serena;

    anche la Commissione europea è intervenuta sull'argomento, inviando il 1° luglio 2020 una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», invitando gli Stati membri ad occuparsi del problema;

    è indispensabile che ai giovani vengano offerti dei percorsi speciali di inserimento nel mercato del lavoro: rimodulare ad esempio percorsi formativi, tirocini, affinché diventino vere occasioni per aumentare le proprie possibilità occupazionali;

    è importante anche cercare soluzioni volte ad evitare la fuga di cervelli all'estero. Nel 2019, Confindustria ha stimato che il fenomeno ha interessato circa 300.000 italiani ogni anno con una perdita di capitale umano pari a 14 miliardi di euro ogni anno;

    riorganizzare e rendere più omogenei e facilmente utilizzabili dalle imprese tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi già varati dai precedenti governi e introdurne di nuovi è, inoltre, il presupposto da cui partire per rendere operativa una ripresa che non darebbe benefici solo ai giovani, ma a tutto il sistema economia;

    è necessaria anche una riforma seria e organica dei centri per l'impiego; dai dati si evince, infatti, che solo il 2,7 per cento dei giovani trova lavoro tramite questi strumenti di politica attiva;

    fra i 5,2 milioni di autonomi che si contano in Italia ci sono anche molti giovani. Millenials, ma anche trentenni, che hanno dovuto aprire una partita iva per riuscire a inserirsi nel mondo del lavoro e che ora si trovano ad affrontare una crisi economica che per loro sarà ancora più ardua da superare: occuparsi di loro è un dovere morale per qualsiasi Governo che voglia sostenere la propria crescita;

    Fratelli d'Italia si batte, inoltre, da anni, per promuovere il diritto dei giovani italiani ad accedere in condizioni paritarie ai diversi ambiti della comunità nazionale. Gli interventi legislativi e amministrativi realizzati nel corso dei decenni hanno dato vita a un sistema che penalizza fortemente le nuove generazioni rispetto alla possibilità di partecipare in modo attivo alla vita economica, sociale, culturale e politica della nazione: la proposta di legge di Fratelli d'Italia (AC. 295), ad esempio, va verso la correzione di queste distorsioni del sistema e l'avanzamento di tali diritti;

    nuovi sbocchi lavorativi per le nuove generazioni potrebbero essere trovati anche investendo nella green economy, come, tra l'altro, previsto nel Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea e nel Next Generation EU; utile e di rilevanza per il sostegno dell'occupazione giovanile è anche il settore della digitalizzazione,

impegna il Governo:

1) a studiare strategie di lungo periodo e riforme strutturali atte a garantire un più alto livello di occupazione giovanile e di tenore di vita delle giovani generazioni, rimettendo in piena efficienza quell'«ascensore sociale» che rappresenta non solo una fondamentale condizione di giustizia per i giovani, ma anche una condizione essenziale di crescita e di sviluppo per tutti i cittadini;

2) ad adottare iniziative volte a riformare i percorsi formativi (scuola, università, ricerca) in modo da consentire un inserimento più agevole nel mondo del lavoro da parte dei giovani disoccupati e inoccupati (i cosiddetti «Neet»);

3) ad adottare iniziative volte a riformare le regole e le modalità di fruizione relative a tirocini ed apprendistati, in particolare con riguardo ai giovani, affinché diventino veri strumenti di inclusione e collocazione (e non, come spesso avviene, forme di sfruttamento e precariato legalizzato);

4) ad adottare iniziative volte ad introdurre delle garanzie per giovani professionisti e ricercatori al fine di far fronte alla sempre più frequente fuga di cervelli all'estero;

5) ad adottare iniziative per un piano di riforma dei centri per l'impiego al fine di promuovere efficacemente l'occupazione giovanile in primo luogo con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi offerti da questi enti, nell'ambito dei quali il personale deve avere le competenze necessarie per favorire l'incontro tra offerta e domanda di lavoro, garantendo standard minimi di prestazioni, nonché il raggiungimento di obiettivi, prevedendo altresì un'idonea attività di monitoraggio che offra le informazioni necessarie a misurare l'efficienza e la qualità degli interventi erogati;

6) ad adottare iniziative volte a prevedere, nell'attività di placement dei giovani in cerca di occupazione, un aumento delle attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche coinvolgendo le agenzie per il lavoro del settore privato;

7) ad adottare iniziative normative per derogare alla disciplina del cosiddetto «Decreto dignità» rispetto al contratto di lavoro a tempo determinato, fino a dicembre 2021, per intervenire successivamente, in modo strutturale, per riparare definitivamente le criticità di tale normativa, che non incentiva la conversione in contratto a tempo indeterminato, danneggiando in particolar modo i giovani;

8) ad adottare iniziative per introdurre, – con nuove disposizioni contenute nel Recovery Plan, nel disegno di legge di bilancio, e in altre eventuali norme ad hoc, – tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi possibili atti ad invogliare le imprese ad assumere la popolazione giovanile del nostro Paese;

9) ad adottare iniziative per sostenere con adeguate misure il lavoro dei giovani con partita iva attraverso sgravi e benefici che possano andare a compensare la precarietà del loro lavoro e la forte crisi cui stanno facendo fronte.
(1-00398) «Lollobrigida, Meloni, Rizzetto, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(2 novembre 2020)