TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 339 di Mercoledì 13 maggio 2020

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AL SUPERAMENTO DELLE LIMITAZIONI DELLE LIBERTÀ COSTITUZIONALMENTE GARANTITE E DELLE CRITICITÀ NORMATIVE EMERSE IN RELAZIONE ALLA GESTIONE DELL'EMERGENZA DA COVID-19

   La Camera,

   premesso che:

    l'emergenza sanitaria, determinata dall'arrivo in Italia dell'epidemia da COVID-19, rischia di stravolgere tutto l'impianto costituzionale del nostro Paese nell'importantissima parte riguardante proprio i diritti e le libertà fondamentali costituzionalmente garantiti;

    in nome della suprema tutela della salute pubblica, sia nei confronti del singolo sia con riguardo alla collettività, con l'apertura della fase emergenziale decretata il 31 gennaio 2020 dal Presidente del Consiglio dei ministri e che durerà per sei mesi, sono stati adottati numerosi provvedimenti sostanzialmente amministrativi, che hanno poi portato al cosiddetto lockdown il 9 marzo 2020, fortemente restrittivi della libertà di circolazione (articolo 16 della Costituzione), di riunione (articolo 17 della Costituzione), di associazione (articolo 18 della Costituzione), di esercizio dei culti religiosi (articolo 19 della Costituzione), di insegnamento e di istruzione (articoli 33 e 34 della Costituzione), oltre che della libertà di iniziativa economica (articolo 41, primo comma, Costituzione);

    sempre in nome dell'emergenza si ipotizza, ora, anche di modificare la Costituzione per inserire una clausola di supremazia dello Stato nei confronti delle regioni a tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica ovvero della tutela dell'interesse nazionale, stravolgendo così anche l'assetto costituzionale previsto dal Titolo V della Parte II della Costituzione, laddove, invece, negli ultimi venti anni il legislatore ha scelto di abbandonare il disegno di uno Stato centrale accentratore in favore di un principio federalista e decentratore, maggiormente in grado di soddisfare le necessità dei cittadini, dal momento che le decisioni vengono prese dalle autorità locali a loro più prossime;

    con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri è stato stabilito il divieto per chiunque di circolare sia all'interno, sia al di fuori del proprio comune di residenza, a meno che sussistano comprovate esigenze lavorative, di salute o per andare a fare la spesa, con il conseguente impiego, su tutto il territorio nazionale, di pattuglie e posti di blocco delle forze dell'ordine obbligate a fermare automobilisti e pedoni per verificare le ragioni e la direzione dello spostamento;

    chi contravviene a tale divieto, fino al 25 marzo 2020 è incorso nel reato di cui all'articolo 650 del codice penale, che prevede l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a 206 euro (articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6); successivamente la condotta penale si è ridotta ad una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 (articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19);

    è innegabile che la continua emanazione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con effetti sui diritti costituzionalmente garantiti, limitando o addirittura sopprimendo le principali libertà tutelate dalla Carta costituzionale, ha creato una violazione delle fonti del diritto, trattandosi di una fonte normativa secondaria di natura regolamentare a dispetto del principio della gerarchia delle fonti, che è il fondamento del diritto costituzionale italiano e che prevede una riserva di legge assoluta con riguardo alle limitazioni alla libertà di circolare di cui all'articolo 16 della Costituzione, nonché con riguardo alla libertà d'iniziativa economica privata di cui all'articolo 41 della Costituzione;

    in tale quadro normativo dell'emergenza sanitaria, è stata impedita non soltanto la libertà di riunione e associazione, bensì anche la libertà religiosa – che, come tutte le espressioni di spiritualità, deve essere garantita – nonostante il contesto pandemico abbia accresciuto la ricerca di fonti spirituali ed il bisogno di momenti di espressione religiosa;

    con la proibizione delle messe, ai cattolici italiani è stata addirittura preclusa qualsiasi memoria pubblica della loro festa più importante, la Pasqua, senza alcun impegno da parte del Governo nel tentativo di conciliare la partecipazione alla Messa col possibile rispetto delle regole di distanziamento e di igiene;

    parimenti, a tutti gli italiani è stata preclusa la possibilità di assistere ad un funerale, cui ogni civiltà collega il commiato con un proprio caro, sopportando, attenendosi scrupolosamente ai divieti, di dover vedere portar via i propri familiari defunti tramite immagini televisive da camion dell'Esercito italiano oppure con un saluto per l'ultima volta attraverso lo schermo del telefono cellulare dell'infermiera o del rianimatore che in quel momento fosse vicino al proprio caro parente;

    lo stesso Presidente della Corte costituzionale, nella relazione sull'attività della Corte costituzionale nel 2019, ha affermato che: «La piena attuazione della Costituzione richiede un impegno corale, con l'attiva, leale collaborazione di tutte le istituzioni, compresi Parlamento, Governo, regioni, giudici. Questa cooperazione è anche la chiave per affrontare l'emergenza. La Costituzione, infatti, non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per “navigare per l'alto mare aperto” nei tempi di crisi, a cominciare proprio dalla leale collaborazione fra le istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini» (...) «la nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza» (...) «la Repubblica italiana ha attraversato varie situazioni di emergenza e di crisi, dagli anni della lotta armata a quelli più recenti della crisi economica e finanziaria, tutti senza mai sospendere l'ordine costituzionale, ma ravvisando al suo interno gli strumenti gli strumenti idonei a modulare i principi costituzionali in base a specifiche contingenze»;

    la vita sociale, la vita economica, l'esercizio della libertà religiosa per tutti, il diritto all'istruzione, in altri termini la vita democratica di un Paese e il perseguimento dello sviluppo, del benessere e della pace, dimensioni senza le quali alla vita meramente biologica viene meno molto della sua dignità, necessitano del libero esercizio dei diritti fondamentali dei cittadini; superata la prima fase di emergenza, eventuali ulteriori restrizioni vanno decise, pertanto, solo ed esclusivamente dal Parlamento;

    le misure contenute nel nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, relative alla cosiddetta «fase 2» che inizierà a partire dal 4 maggio 2020, soprattutto dopo le recentissime celebrazioni del 25 aprile, che in diverse città italiane hanno determinato anche assembramenti per i quali sono dovute intervenire le forze dell'ordine, continuano a non consentire invece la celebrazione delle Messe, se non ad eccezione delle cerimonie funebri con l'esclusiva partecipazione di congiunti fino a un massimo di quindici persone, misure che hanno creato un incidente con la Conferenza episcopale italiana, costretta a manifestare il proprio disappunto in modo anche duro nella nota con cui afferma: «I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l'esercizio della libertà di culto (...) la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale»;

    peraltro, tutta questa produzione normativa di rango secondario, che non passa per il controllo parlamentare, è scritta anche in maniera discutibile dal punto di vista giuridico, criticità che sicuramente troverebbero la giusta cornice normativa attraverso il passaggio in Parlamento, deputato in via principale allo svolgimento della funzione legislativa;

    esempio ne sia la querelle che si è aperta sulla visita ai congiunti che si potranno legittimamente incontrare; quindi, visitare congiunti sarà un valido motivo per spostarsi da autocertificare a decorrere dal 4 maggio 2020, ma il termine non fa parte del vocabolario giuridico e spetterà, quindi, alle forze dell'ordine interpretare se il fidanzato o un amico speciale possa essere un congiunto secondo gli usi e le consuetudini o il buon senso o secondo le faq esplicative della Presidenza del Consiglio dei ministri, che definiscono i congiunti come «affetti stabili», interpretazione che, necessariamente, non sarà la stessa per tutti, a dispetto anche del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

    tale modo di legiferare comporterà inevitabilmente una lunga fase di contenzioso civile e penale con riguardo a tutte le denunce penali e alle sanzioni amministrative pecuniarie che sono state irrogate durante la fase dei controlli per il rispetto delle misure di contenimento determinate dall'emergenza sanitaria, almeno quasi sicuramente per quelle comminate fino al 25 marzo 2020,

impegna il Governo:

1) con l'avvio della cosiddetta «fase 2», ad adottare iniziative per ripristinare tutte le libertà costituzionalmente garantite limitate nella cosiddetta «fase 1» del lockdown, nel rispetto delle misure di sicurezza sanitaria adottate e delle norme sul distanziamento sociale prescritto, anche attraverso un puntuale e quotidiano controllo da parte delle forze dell'ordine;

2) ad adottare iniziative per ristabilire al più presto lo Stato di diritto al fine di correggere tutte le criticità normative emerse nella «fase 1» dell'emergenza, in modo da riavviare la normale dialettica con il Parlamento, essenziale per valutare e contemperare tutti i pesi e i contrappesi della decretazione d'urgenza cui ricorre il Governo, ed assegnare a norme di rango primario eventuali interventi limitativi delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite.
(1-00346) «Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi, Basini».

(29 aprile 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    la straordinaria situazione di emergenza sanitaria dovuta all'epidemia da COVID-19 ha imposto una reazione dello Stato tempestiva e urgente per arginare la diffusione del virus e tutelare la salute e l'incolumità pubblica;

    il COVID-19, classificato come pandemia dall'Organizzazione mondiale della sanità, ha messo a dura prova tutti i Paesi colpiti dalla sua diffusione, inducendoli ad adottare normative d'urgenza, che in alcuni casi – come per Polonia ed Ungheria – suscitano diffusi dubbi rispetto agli standard richiesti dalla comune appartenenza all'Unione europea, al sistema di garanzia del Consiglio d'Europa e agli standard Onu;

    la gestione di una simile emergenza ha inevitabilmente portato ad una compressione temporanea di alcune libertà fondamentali e di diritti di rango costituzionale, nei limiti di quanto previsto dalla stessa Costituzione che all'articolo 16 consente alla legge di introdurre limitazioni alla libertà di circolazione «per motivi di sanità e sicurezza»;

    le riserve di legge previste nei principi della prima parte della Costituzione, rilevanti ai fini della valutazione delle misure di contenimento del virus, sono state ritenute dalla giurisprudenza costituzionale (in particolare, si vedano le sentenze n. 2 del 1956, n. 72 del 1968, n. 68 del 1964, n. 26 del 1961) come riserve relative, essendo possibile intervenire con normazione secondaria per specificare le disposizioni contenute nella fonte primaria, tanto più in situazioni di emergenza che giustificano un diverso bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti;

    l'azione di contenimento ha cercato di perseguire un ragionevole bilanciamento tra principi, diritti costituzionali e libertà personali, allo scopo di garantire l'effettiva tutela della salute, quale fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, così come definito dall'articolo 32 della Costituzione, nel rispetto dei principi di massima precauzione, adeguatezza, proporzionalità, gradualità e temporaneità, adottando specifiche misure;

    la Costituzione garantisce parimenti e prioritariamente alcune libertà fondamentali, come quella personale, religiosa, di circolazione che possono essere limitate solo per un periodo ristretto di tempo e laddove strettamente necessario a tutelare altri diritti fondamentali;

    l'articolo 32 della Costituzione non solo esplicita che il diritto alla salute è un diritto «fondamentale diritto dell'individuo», ma aggiunge che esso costituisce anche «un interesse della collettività»;

    il diritto alla vita, solennemente proclamato nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nel Patto internazionale sui diritti civili e politici, nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo e nella Carta fondamentale dei diritti dell'Unione europea, come più volte evidenziato dalla Corte costituzionale, va tutelato sulla base dell'articolo 2 della Costituzione;

    le misure di contenimento adottate appaiono compatibili con la normativa internazionale recepita dal nostro Paese, in particolare con l'articolo 15 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che prevede una deroga a norme in essa contenute in materia di diritti «nella stretta misura in cui la situazione lo richieda», nonché all'articolo 4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, in base al quale «in caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l'esistenza della nazione e venga proclamato con atto ufficiale», gli Stati possono derogare ad alcune disposizioni dettate in tema di diritti fondamentali «nei limiti in cui la situazione strettamente lo esiga»;

    nel rapporto dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (Fra), che ha valutato le misure che gli Stati membri hanno adottato per affrontare la pandemia, si legge che agli Stati è consentito introdurre leggi di emergenza quando si verificano circostanze eccezionali, come l'urgenza di contenere un virus e di salvare vite umane, e che le condizioni per la legittimità delle limitazioni si rinvengono nella previsione di un periodo di tempo limitato e nella proporzionalità;

    alle misure adottate per contenere la diffusione del Coronavirus può essere riconosciuta una copertura di legge offerta, dopo la deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, con cui è stato proclamato – come ha ricordato il Presidente del Consiglio dei ministri – lo Stato di emergenza nel limite della durata tassativa di sei mesi, in particolare dai decreti-legge 23 febbraio 2020, n. 6, e 25 marzo 2020, n. 19;

    il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, nello stabilire che «le autorità competenti (...) sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica», ne specificava anche l'ambito di intervento;

    il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, ha riordinato il sistema delle fonti del diritto da impiegarsi in relazione all'emergenza, in particolare individuando in modo tassativo le misure adottabili «secondo principi di adeguatezza e proporzionalità» sull'intero territorio nazionale attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché il percorso per l'adozione dei suddetti decreti e la loro durata, non superiore a trenta giorni, prorogabile non oltre il termine dello stato di emergenza;

    lo stesso decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, ha disciplinato anche il rapporto tra lo Stato, le regioni e gli enti locali;

    il Presidente del Consiglio dei ministri ha assicurato che l'iter che ha preceduto l'emanazione di ogni decreto è stato caratterizzato da una costante interlocuzione con le forze sociali, da quelle sindacali a quelle datoriali, e con le istituzioni religiose, anche aggiornando, in taluni casi, le misure adottate sulla base di tali confronti;

    in ossequio al principio della centralità del Parlamento nella regolamentazione delle libertà e al rapporto di dialettica costante tra Governo e Parlamento, alla base della struttura democratica del nostro Stato, nella cosiddetta «fase due» è opportuno che i provvedimenti emanati dal Governo al fine di limitare il contagio da COVID-19 vengano comunicati alle Camere preventivamente alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, con possibilità per le stesse di approvare contestualmente atti di indirizzo all'Esecutivo, e che il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato riferisca ogni quindici giorni al Parlamento sulle misure introdotte, come previsto dall'articolo 2, comma 5, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19;

    nel passaggio alle fasi ulteriori, ove il quadro epidemiologico confermi la tendenza positiva delle ultime settimane, andrà assicurata una progressiva riespansione dei diritti, grazie anche all'utilizzo di nuovi strumenti messi in campo, a cominciare dal sistema di allerta COVID-19 introdotto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 28 del 2020;

    in tutti i casi possibili, per le decisioni che dovranno regolare lo svolgimento della «fase 2», si ritiene di privilegiare la soluzione del decreto-legge, anche richiamando il Parlamento a riunirsi in sedute straordinarie e a lavorare con tempistiche d'urgenza qualora le condizioni di contesto lo richiedano;

    la pandemia in corso, lungi dal costituire un fatto cristallizzato nel tempo, si caratterizza quale processo in fieri, che si sviluppa secondo una continua e imprevedibile evoluzione, e dunque non può non richiedere una maggiore tolleranza circa il grado di determinatezza delle norme primarie che legittimano la normativa secondaria,

impegna il Governo:

1) a proseguire la propria azione a tutela del diritto alla salute nell'ottica di un corretto equilibrio con la tutela delle libertà personali, nel rispetto dei principi di precauzione, adeguatezza e proporzionalità, sì da modulare gli interventi di rango secondario nei limiti temporali e di materia previsti dagli atti normativi di rango primario citati in premessa;

2) a privilegiare lo strumento del decreto-legge laddove si tratti di introdurre limiti ai diritti fondamentali e comunque a comunicare tempestivamente al Parlamento ogni tipo di azione intrapresa a tutela della salute pubblica, in ossequio alla centralità dell'assemblea elettiva e nell'ottica di promuovere un suo costante coinvolgimento;

3) ad illustrare preventivamente alle Camere il contenuto dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati; ove ciò non sia possibile per ragioni di urgenza connesse alla natura delle misure da adottare, a riferire alle Camere ai sensi dell'articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 19 del 2020;

4) a mantenere e determinare, nel rispetto del principio di leale collaborazione istituzionale, unità di orientamento e di intenti con le regioni e con tutti gli enti territoriali coinvolti, nel quadro del principio di unità e indivisibilità della Repubblica.
(1-00348) «Davide Crippa, Delrio, Boschi, Fornaro, Baldino, Ceccanti, Marco Di Maio».

(11 maggio 2020)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   ZOFFILI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO e ZORDAN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la volontaria cooperante Silvia Romano è stata sequestrata il 20 novembre 2018 nel villaggio di Chakama, in Kenya, dove si trovava per realizzarvi un progetto umanitario per l'infanzia promosso dalla onlus Africa Milele;

   il rapimento è stato opera di armati forse appartenenti al gruppo terroristico jihadista denominato al Shabaab o comunque a questo in qualche modo collegato;

   gli al Shabaab conducono da anni una spietata campagna terroristica che sta contribuendo ad insanguinare la Somalia, ma sono presenti anche in Kenya;

   agli al Shabaab sono stati attribuiti anche numerosi attentati recenti che in un caso, il 30 settembre 2019, hanno coinvolto anche dei militari italiani in movimento con un convoglio della Eutm (European union training mission) Somalia, rimasti fortunatamente illesi;

   il sito viaggiaresicuri.it – servizio dell'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – definisce il Kenya un Paese nel quale «permane elevata la minaccia terroristica di matrice islamica», paventando il persistente pericolo di atti ostili contro cittadini stranieri e raccomandando a coloro che vi si rechino di evitare gli spostamenti via terra e il soggiorno in alcune regioni di quello Stato;

   al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale competono delicate funzioni di orientamento ed indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, delle quali dovrebbe essere parte anche la valutazione concernente il rischio connesso all'effettuazione di interventi umanitari da parte delle organizzazioni non governative e delle onlus italiane –:

   quali iniziative il Governo ritenga opportuno assumere per scoraggiare in modo efficace gli interventi della cooperazione volontaria italiana nelle zone in cui sia concreto il pericolo del verificarsi di atti ostili nei confronti dei cittadini del nostro Paese.
(3-01531)

(12 maggio 2020)

   MAGI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio dell'Unione europea ha approvato il 31 marzo 2020, con procedura scritta (prevista in casi di urgenza dall'articolo 7 del Regolamento del Consiglio), la decisione PESC 2020/472 relativa all'istituzione e all'avvio – dal 1° aprile 2020 – della nuova missione militare dell'Unione europea nel Mediterraneo, la missione Eunavfor Med Irini; contemporaneamente è terminata la missione Eunavfor Med Sophia, avviata nel 2015;

   essendo stata adottata la procedura scritta, non si è tenuta una formale riunione del Consiglio dell'Unione europea in composizione esteri e difesa, ma i Paesi membri, su proposta dell'Alto rappresentante Borrell, hanno espresso per iscritto il loro assenso e la decisione è stata adottata sulla base dell'articolo 42 del Trattato sull'Unione europea. Nessun atto d'iniziativa è stato comunicato formalmente dal Governo italiano al Parlamento;

   compito principale della missione è contribuire all'attuazione dell'embargo sulle armi imposto dall'Onu nei confronti della Libia; tra i compiti secondari, vi è quello di contribuire allo sviluppo delle capacità e alla formazione della guardia costiera e della marina libiche;

   gli assetti navali della missione Irini saranno comunque obbligati, secondo il diritto internazionale, a condurre eventuali operazioni di salvataggio nelle zone di loro operazione. In una dichiarazione a verbale, allegata alla decisione del Consiglio, l'Italia ha indicato che, durante l'emergenza per l'epidemia di Coronavirus e fino alla prossima revisione della missione tra quattro mesi, non sarà in posizione di attuare gli accordi sulla redistribuzione delle persone salvate;

   come già per la missione Sophia, il comando operativo della missione Irini avrà sede a Roma e la missione sarà guidata dal contrammiraglio Agostini;

   nessun organo parlamentare ha deliberato sulla missione. Vi è stato solo un generico passaggio durante l'audizione del Ministro interrogato – il 30 gennaio 2020 – innanzi alle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato; nell'occasione, il Ministro interrogato ha fatto riferimento agli impegni assunti nella Conferenza di Berlino sulla Libia (che non era una conferenza dell'Unione europea) e alla necessità di rivedere lo scopo della missione Sophia e ha comunicato che era convocato un Consiglio «affari esteri» il successivo 17 febbraio;

   la missione Sophia – sebbene anch'essa derivata da una decisione del Consiglio dell'Unione europea (composizione affari esteri), la n. 2015/778 – era stata oggetto di un decreto-legge (il n. 99 del 2015) –:

   quali siano le finalità specifiche e le caratteristiche operative della missione Irini e in quali sede e tempi intenda sottoporla al prescritto vaglio parlamentare.
(3-01532)

(12 maggio 2020)

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:

   per migliaia di nostri connazionali è ancora difficile rientrare in Italia, nonostante siano stati messi a disposizione dall'Unione europea 75 milioni di euro per cofinanziare il 75 per cento di una serie di voli umanitari di rimpatrio coordinati dalla protezione civile comunitaria;

   l'attivazione del meccanismo di rimpatrio ha permesso a quasi 60 mila persone di rientrare in Europa. Si tratta per circa la metà di tedeschi, oltre 5 mila francesi, 3.500 spagnoli e 2.500 belgi. L'Italia è ferma a poco più di mille persone;

   per rientrare a casa dall'estero, durante l'emergenza Coronavirus, gli italiani hanno speso il doppio degli altri europei;

   la Commissione europea mette a disposizione gli aiuti per gli Stati membri, ma il Governo deve chiedere il sostegno del meccanismo europeo di protezione civile;

   in Italia il Governo sembrerebbe essersi attivato per il solo volo di Tokyo che il 21 febbraio 2020 ha riportato in Europa 37 persone. Allo stato attuale risulta l'unica volta, dall'emergenza Coronavirus, che l'Italia ha chiesto l'attivazione del meccanismo (Ucpm) europeo;

   notizie di stampa e molteplici testimonianze dei cittadini hanno confermato costi sproporzionati per i biglietti di rientro. A differenza degli altri europei, gli italiani si sono ritrovati a pagare 800 euro per un volo solo andata da New York, 900 euro per la tratta Quito/Bogotà-Milano;

   nella maggior parte dei casi, per venire incontro a chi si trova bloccato all'estero da settimane in situazione di difficoltà economica, i voli umanitari organizzati da Bruxelles e da Parigi prevedono il saldo attraverso l'invio della fattura solo una volta che il passeggero ha fatto ritorno al proprio domicilio: quanti lo hanno fatto a proprie spese ancora non hanno ricevuto rimborso alcuno;

   a parere degli interroganti, una soluzione alle problematiche ostative al ricorso al meccanismo europeo è rappresentata dalla possibilità di utilizzare i 455 milioni di euro stanziati per la cooperazione allo sviluppo nel 2020 per l'organizzazione di voli di rimpatrio, operando, inoltre, le opportune modifiche alla legislazione vigente in materia di aviazione affinché per questi voli vengano derogate le disposizioni per il distanziamento minimo –:

   per quale motivo il meccanismo di finanziamento dell'Unione europea (Ucpm) sia stato utilizzato dall'Italia solo in piccolissima parte, abbandonando di fatto a sé stessi migliaia di italiani bloccati all'estero a causa di un iter burocratico ed economico estenuante, con costi elevati dei biglietti e pratiche di sicurezza poco efficienti.
(3-01533)

(12 maggio 2020)

   MURONI e FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   tra i molti effetti che il COVID-19 sta portando con sé, c'è quello relativo ai rifiuti e alla loro gestione. Secondo i dati Ispra nei mesi di marzo e aprile 2020 si è registrato un –10 per cento nella raccolta differenziata rifiuti, così come una riduzione della produzione di rifiuti urbani sempre pari a circa il 10 per cento. Da qui a fine 2020 il sistema italiano dovrà gestire un quantitativo di rifiuti derivanti dall'uso di mascherine e guanti, compreso tra 150 mila e 450 mila tonnellate;

   nel frattempo è in corso una campagna per rilanciare la plastica monouso come unica garanzia di igiene e sicurezza. Anche in ambito europeo i produttori del settore stanno provando a rimandare l'entrata in vigore della direttiva Sup (Single use plastics) che gli Stati membri, compresa l'Italia, hanno ancora un anno per recepire nel diritto nazionale;

   in Italia si va verso la sospensione della cosiddetta «plastic tax», mentre si ricorda che la direttiva sulla plastica monouso, adottata nel giugno 2019, ha introdotto il divieto su un numero selezionato di articoli plastici «usa e getta», come posate, bicchieri per bevande, bastoncini per palloncini, cannucce e bastoncini di cotone. In tempi di COVID-19 dire che una bottiglia di plastica è più sicura di una borraccia personale riutilizzabile è solo una risposta emotiva, perché sarebbe dimostrato che il virus sopravvive sulla plastica per 72 ore ed è inoltre intuitivo ritenere che l'aumento del monouso porti con sé un aumento nel volume dei rifiuti e della quantità degli oggetti con cui si entra quotidianamente in contatto. L'Unione europea ha già confermato che le strategie di medio termine sulla plastica continueranno ad essere governate dalle determinanti di sostenibilità, circolarità, minimizzazione del prelievo delle risorse e da investimenti su efficientamento del sistema, sviluppo di nuovi modelli di business e indotto occupazionale, a partire dalle bioplastiche. Le linee guida dell'Unione europea per l'adattamento alla crisi COVID-19 prevedono il mantenimento della raccolta differenziata, del riciclo e del compostaggio come servizi essenziali e prevedono di monitorare che non ci siano interruzioni in tali servizi o arretramento nelle politiche nazionali rispetto agli obiettivi del «pacchetto economia circolare», ulteriormente rafforzato del «Green deal» –:

   quali iniziative intenda assumere per tenere il Paese in linea con quanto previsto in sede europea e per scongiurare l'aumento dei rifiuti indifferenziati a causa del COVID-19.
(3-01534)

(12 maggio 2020)

   MORETTO, MARCO DI MAIO, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   dopo l'inizio della cosiddetta «fase 2», che ha permesso un parziale allentamento del lockdown e dell'isolamento sociale, il 18 maggio 2020 riapriranno anche alcune attività commerciali finora sospese: bar, ristoranti, parrucchieri e centri estetici;

   si tratta di un anticipo di circa 15 giorni rispetto alla data precedentemente annunciata che permetterà anche alle attività al dettaglio – che rappresentano un tassello fondamentale del sistema produttivo italiano –, fino ad ora rimaste chiuse, di ripartire;

   terminata la prima fase di emergenza, è adesso il momento di programmare la ripartenza, anche in considerazione delle caratteristiche territoriali e dei dati epidemiologici di ogni singola zona. Tale richiesta giunge da tempo al Governo anche da alcuni presidenti di regione;

   all'incontro tenutosi lunedì sera 11 maggio 2020 tra l'Esecutivo ed i rappresentanti delle regioni, queste ultime hanno chiesto che ci sia un cambio di posizione che premi la collaborazione istituzionale, l'atteggiamento responsabile delle regioni ed una visione dell'autonomia territoriale come opportunità per rispondere alle esigenze dei diversi contesti socio-economici, al fine di sperimentare forme differenziate di ripresa delle attività;

   a tale riguardo sarà necessario, per una ripresa in sicurezza, che il Governo vari al più presto delle linee guida di carattere generale, alle quali le regioni si possano conformare: un nucleo di poche e chiare regole, sulla base delle quali chi è in grado di aprire, tenendo conto dei dati epidemiologici e nel rispetto delle regole di prevenzione, possa farlo il prima possibile;

   a tale richiesta si unisce anche la necessità di chiarire quanto prima quando e come sarà possibile spostarsi da una regione all'altra: una precisazione indispensabile per la completa ripresa delle attività produttive, con particolare riguardo alla filiera del turismo, che dalla limitazione allo spostamento interregionale è sicuramente il settore più colpito;

   è necessario anche stabilire quando sarà permesso ai cittadini iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero di rientrare in Italia per visitare i propri famigliari –:

   come intenda garantire entro il 18 maggio 2020 l'emanazione delle linee guida indispensabili per la riapertura delle attività di cui in premessa, se e come saranno differenziate le riaperture in ciascuna regione ed in tale contesto quali siano i tempi previsti per la riapertura degli spostamenti interregionali.
(3-01535)

(12 maggio 2020)

   NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA, ZARDINI, FIANO, GRIBAUDO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'edilizia rappresenta da sempre un settore trainante del sistema economico ed occupazionale del nostro Paese e può costituire uno dei settori strategici per la ripartenza economica dell'Italia in questa cosiddetta «fase 2» dell'emergenza Coronavirus;

   si tratta di un comparto che ha registrato una gravissima crisi negli ultimi anni, determinando in Italia la chiusura di circa 130 mila imprese e la perdita di 640 mila posti di lavoro;

   l'ultimo rapporto dell'Osservatorio congiunturale sull'industria delle costruzioni dell'Ance, pur registrando negli ultimi tre anni una moderata inversione di tendenza, ha comunque rimarcato che i dati positivi relativi al 2019 non rappresentano un aumento in grado di segnare una vera svolta e di stabilizzare un settore che negli ultimi 11 anni si è ridotto ai minimi storici;

   il valore della produzione in Italia del settore delle costruzioni è rappresentato per il 74 per cento dagli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio edilizio e delle infrastrutture esistenti;

   un fattore importante per la crescita degli investimenti nella riqualificazione del patrimonio è rappresentato dagli incentivi per l'efficienza energetica, che hanno svolto un'azione anticiclica, anche se non risolutiva, rispetto alla forte crisi che ha interessato il mercato delle nuove costruzioni;

   tali incentivi hanno anche quindi rappresentato, promuovendo la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, politiche efficaci di risparmio energetico, di contrasto al consumo di suolo e di messa in sicurezza degli edifici;

   alla luce delle varie tipologie di incentivi (che riguardano, ad esempio, la ristrutturazione edilizia, la manutenzione straordinaria, il risparmio energetico, l'abbattimento delle barriere architettoniche, la bonifica amianto, gli interventi antisismici, la riqualificazione di facciate e di parti comuni del condominio), che prevedono differenti percentuali di detrazione da spalmare in tempi diversi e tetti di spesa massima variabili, si rende urgente un coordinamento del quadro normativo esistente per renderlo organico e in grado di dare stabilità agli investimenti di famiglie e imprese e si rende, altresì, urgente il rafforzamento di alcune di queste misure per consentire che la riqualificazione energetica e l'adeguamento sismico del patrimonio edilizio italiano possano costituire il necessario volano per il rilancio economico del settore e dell'economia nazionale –:

   quali misure urgenti intenda assumere, compatibilmente con la sostenibilità ambientale, al fine di rilanciare e sostenere il comparto dell'edilizia, favorendo una filiera produttiva italiana legata alla riqualificazione energetica e alla riconversione ecosostenibile.
(3-01536)

(12 maggio 2020)

   RIZZONE, GIARRIZZO, SUT, ALEMANNO, BERARDINI, CARABETTA, FANTINATI, MASI, PAPIRO, PAXIA, PERCONTI, SCANU e VALLASCAS. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   la diffusione dell'epidemia da COVID-19 ha innescato, in Italia e in Europa, una crisi senza precedenti, che sta esponendo il nostro Paese a una prova durissima;

   se, da un lato, si assiste al calo generalizzato della domanda di beni e servizi, correlata all'introduzione delle necessarie misure di contenimento del contagio, dall'altro si registra l'aumento della richiesta di alcuni prodotti, più strettamente legati al contrasto della pandemia;

   la corsa all'acquisto scatenata dal diffondersi dell'epidemia, infatti, ha favorito una lievitazione dei prezzi al consumo di molti prodotti non solo di tipo sanitario e parasanitario (come igienizzanti e mascherine), ma anche di beni di prima necessità (alimentari in particolare);

   numerose sono le segnalazioni effettuate da parte dei cittadini per denunciare gli ingiustificati rincari, con riferimento in particolare ai prezzi di mascherine e di altri prodotti che coadiuvano il contenimento dei rischi di contagio;

   il fenomeno sopra descritto – quanto mai inopportuno in una situazione di necessità e di emergenza, non solo sanitaria ma anche economico-sociale, quale quella in cui versa il Paese – è da contrastare –:

   quali iniziative, oltre a quelle già adottate, intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per contrastare aumenti esorbitanti dei prezzi, pratiche commerciali scorrette, manovre speculative e altri fenomeni opportunistici legati all'emergenza sanitaria in atto, anche al fine di individuare soluzioni di sistema e prevenire ulteriori criticità che potrebbero estendersi anche su un numero più ampio di beni di prima necessità.
(3-01537)

(12 maggio 2020)

   TARTAGLIONE, GIACOMONI, MANDELLI, MULÈ, SQUERI, POLIDORI, PRESTIGIACOMO, SPENA, MAZZETTI, ROSSO, BAGNASCO, FASCINA, SACCANI JOTTI, PALMIERI, FASANO, NAPOLI, PETTARIN, CASSINELLI, FIORINI, RUFFINO, CANNATELLI, SARRO, GIACOMETTO, ROTONDI, D'ATTIS, LABRIOLA, VIETINA e PITTALIS. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   appaiono sottovalutati gli effetti della crisi generata dal COVID-19 per alcune categorie economiche;

   nel settore della ristorazione, l'Osservatorio sui bilanci 2018 delle società a responsabilità limitata della Fondazione nazionale dei commercialisti prevede una contrazione di 8,8 miliardi di euro (-37,9 per cento) per le 53.145 società a responsabilità limitata del settore. Questo calcolo non tiene conto delle regole sul distanziamento dei posti a sedere e delle presenze nell'esercizio che il Governo si accinge a varare, dalle quali deriva una drastica riduzione della clientela;

   in merito alla riapertura degli esercizi commerciali prevista per il 18 maggio 2020, nelle aree turistiche questa equivale ad aprire nel deserto. Una situazione che si protrarrà per mesi. Gli esercenti di molte vie commerciali a Roma, Firenze, Venezia hanno organizzato serrate e manifestazioni di protesta per quella data. Secondo la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (Cna), a Roma le imprese a rischio chiusura per alcuni settori arrivano al 40 per cento;

   per gli stabilimenti balneari (8.000 stabilimenti sui quali operano 30.000 imprese, quasi tutte a conduzione familiare), le regole del distanziamento, le incertezze sull'avvio delle attività e l'elevata possibilità di «defezione» del turismo straniero (6,6 miliardi di euro nel 2018) lasciano intravedere una consistente riduzione delle attività nel 2020;

   nelle bozze del decreto-legge in sede di redazione, per le imprese sotto i 5 milioni di euro di fatturato è previsto un contributo a fondo perduto una tantum in percentuale al calo del fatturato del mese di aprile 2020, rispetto allo stesso mese del 2019. Quanto alla tassa di concessione di suolo pubblico (Tosap) per gli esercizi di ristorazione, è previsto il mero azzeramento dell'imposta per gli spazi concessi in più, ma solo fino al 31 ottobre 2020. Per i balneari è prevista la sospensione di una rata dell'Imu e un fondo di 50 milioni di euro da condividere con altre categorie del turismo;

   le amministrazioni locali, nei limiti dei propri bilanci, stanno valutando ogni possibile forma di aiuto. Dall'azzeramento della Tosap per gli esercizi di ristorazione all'ampliamento delle aree pubbliche per essi disponibili, fino allo stanziamento di fondi per le attività maggiormente penalizzate. Misure apprezzabili, ma del tutto insufficienti –:

   quali iniziative urgenti di competenza, a carattere duraturo e non una tantum, si intendano adottare in favore delle categorie citate in premessa e se non ritenga opportuno prevedere misure di ristoro per i comuni che adottano misure di azzeramento della Tosap, oltre a maggiori risorse per il sostegno del settore balneare.
(3-01538)

(12 maggio 2020)