TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 335 di Mercoledì 6 maggio 2020

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   ROSSI, LOTTI, PICCOLI NARDELLI, PRESTIPINO, CIAMPI, DI GIORGI, ORFINI, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   considerato l'evolversi della situazione epidemiologica in Italia, causata dal carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia da Coronavirus (COVID-19), negli ultimi mesi il Governo ha varato diverse misure restrittive;

   l'articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, ha sospeso già dal 5 marzo 2020 gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, sospensione confermata dall'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 anche nell'avvio della «fase 2», che ha invece, all'articolo 1, comma 1, lettera g), consentito, dalla data del 4 maggio 2020, sessioni di allenamento a porte chiuse degli atleti, professionisti e non professionisti, di discipline sportive individuali;

   la circolare del Ministero dell'interno pubblicata il 2 maggio 2020, sulla base di una lettura sistematica delle varie disposizioni, ritiene sia comunque consentita, anche agli atleti, professionisti e non, di discipline non individuali l'avvio di sessioni di allenamento;

   sono già molte le regioni che hanno disposto l'apertura agli allenamenti individuali anche per tutti gli atleti di squadra. Tra le prime, la regione Emilia-Romagna, seguita anche dal Lazio, dalla Campania e dalla Sardegna;

   necessitano di adeguato chiarimento le modalità e le tempistiche di un'eventuale ripresa degli sport di squadra e la conclusione della stagione in corso dei campionati professionistici di calcio di serie A, B e di Lega Pro, nonché della Lega nazionale dilettanti;

   l'Uefa – si apprende dalle dichiarazioni del presidente Aleksander Ceferin – ribadendo la volontà di portare a termine tutti i campionati, avrebbe emesso le prime direttive in merito alle competizioni europee, stabilendo la data del 3 agosto 2020 quale termine ultimo per disputare le competizioni interrotte –:

   se il Ministro interrogato non intenda attivarsi, per quanto di competenza, al fine di promuovere, nel rispetto del principio dell'autonomia sportiva, un percorso condiviso per affrontare la conclusione della stagione in corso dei campionati professionistici di calcio di serie A, B e di Lega Pro, nonché della Lega nazionale dilettanti, contemperando il valore assoluto della tutela della salute con la regolarità delle richiamate attività sportive e scongiurando ripercussioni negative sul sistema che potrebbero comprometterne la stessa sostenibilità.
(3-01513)

(5 maggio 2020)

   TASSO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la scuola pubblica italiana, attualmente, soffre per la mancanza di circa 80.000 titolari di cattedre di sostegno;

   questo si traduce in un danno grave, e duraturo nel tempo, per le alunne e gli alunni con disabilità;

   per il loro «progetto di vita», infatti, non possono essere garantiti il supporto di docenti specializzati, nel rispetto della legge n. 104 del 1992, il successo formativo e la continuità didattica, cioè l'evitare che cambino insegnante ogni anno o più volte nello stesso anno;

   nelle ultime settimane hanno conseguito la specializzazione 14.224 nuovi docenti di sostegno, già selezionati da tre prove concorsuali, con oltre l'80 per cento di bocciati;

   per le scuole secondarie di secondo grado, all'Università Bicocca di Milano hanno partecipato 1.892 candidati per 60 posti; a Perugia, 1.200 per 55 posti; alla Suor Orsola Benincasa di Napoli, 7.600 per 270 posti;

   i corsisti hanno affrontato un percorso formativo caratterizzato da numerosi esami «in itinere», tirocinio presso gli istituti scolastici, impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ed esame finale;

   dei 14.224 vincitori, una parte era in possesso di laurea e 24 crediti formativi universitari relativi alle discipline antropo-psico-pedagogiche e alle metodologie e tecnologie didattiche; l'altra, minoritaria, compensava la mancanza dei citati 24 crediti formativi universitari con tre anni di servizio sul sostegno;

   una scelta di civiltà e una buona gestione della pubblica amministrazione vorrebbe che, dal 1° settembre 2020, i 14.224 neo-specializzati e quelli ancora presenti in graduatoria ad esaurimento o in graduatoria di merito, venissero immessi in ruolo su circa 20.000 delle 80.000 cattedre attualmente prive di titolare. Si tratta di appena il 25 per cento del fabbisogno di docenti di sostegno;

   invece, il concorso straordinario appena bandito richiede agli specializzati, già selezionati e formati per una didattica di qualità, tre anni di docenza. Di conseguenza, molti posti liberi previsti dal concorso straordinario non verranno assegnati per mancanza di aspiranti già specializzati in possesso delle tre annualità;

   si profila un grave spreco di fondi pubblici;

   risulta chiaro che il concorso ordinario, a causa della pandemia, sarà rinviato «sine die». Per non parlare dell'inadempienza del Ministero dell'istruzione, che non ha ancora ottemperato alla rimodulazione degli organici di diritto di sostegno, tuttora incentrati su dati bloccati al 2006, sancita da ben due sentenze del tribunale amministrativo regionale del Lazio –:

   come si intendano recuperare i posti di sostegno che risulteranno non assegnati col concorso straordinario, data la mancanza di un apposito articolo nel bando pubblicato.
(3-01514)

(5 maggio 2020)

   SASSO, MOLINARI, BELOTTI, BASINI, COLMELLERE, FOGLIANI, FURGIUELE, LATINI, PATELLI, RACCHELLA, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BELLACHIOMA, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   dalla chiusura delle scuole per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 il caos regna intorno al settore della scuola;

   con un decreto-legge ad hoc varato dal Consiglio dei ministri ma non ancora convertito in legge, con gli annunci «stop&go» del Ministro interrogato circa le modalità degli esami di Stato (presenza forse; no tesina, ma argomento a piacere) e della ripresa delle lezioni a settembre 2020 (didattica mista con metà classe a scuola e metà collegata con telecamera da casa per tre giorni, con scambio di «posto» nei tre successivi), i maturandi e gli studenti tutti sono oltre misura disorientati;

   specificatamente con riguardo alla didattica mista, a seguito della pioggia di critiche, il Ministro interrogato ha ritrattato, precisando che è solo «una proposta, non sono decisioni già prese o imposte, sono elementi di dibattito»;

   particolarmente infelice e paradossale è poi la situazione dei candidati privatisti all'incerta maturità 2020, per i quali, al momento, si ipotizza che possano svolgere in presenza gli esami preliminari al termine dell'emergenza epidemiologica, sostenendo l'esame di Stato conclusivo nel corso della sessione straordinaria, ovvero a settembre 2020 inoltrato, con ciò impedendo loro di scegliere liberamente la propria facoltà universitaria o partecipare a concorsi e test di ammissione, in quanto fuori tempo massimo;

   nonostante l'impegno e lo sforzo dei docenti nella didattica a distanza, purtroppo l'Istat fotografa un quadro nero sul divario digitale in Italia: ben il 33 per cento delle famiglie dei nostri alunni non ha personal computer o tablet, e quindi per loro nessuna didattica a distanza e diritto allo studio, benché il Ministro interrogato avesse dichiarato che «nessuno verrà lasciato indietro»;

   ancora oggi, tuttavia, a poco più di un mese dalla maturità e di tre mesi dal rientro scolastico, ci si ritrova alla sola fase degli annunci e delle dichiarazioni sui social o in conferenze stampa, ma non vi è nessuna circolare, nessuna ordinanza che dia puntuali indicazioni –:

   quali concrete e tempestive iniziative intenda adottare con riguardo alle criticità esposte in premessa, ovvero il divario digitale, le modalità di rientro a settembre 2020, le modalità degli esami di Stato sia per gli interni che per i privatisti, e se non ritenga opportuno procedere con atti di indirizzo di propria competenza, invece che tramite esternazioni pubbliche che ad avviso degli interroganti gettano ancor più nel caos e nella confusione sia gli studenti che le rispettive famiglie.
(3-01515)

(5 maggio 2020)

   CASA, VACCA, GALLO, ACUNZO, BELLA, CARBONARO, LATTANZIO, MARIANI, MELICCHIO, TESTAMENTO, TUZI, VALENTE e VILLANI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza COVID-19 ha compromesso profondamente il regolare svolgimento delle attività didattiche in presenza, purtuttavia il Ministero dell'istruzione si è immediatamente attivato per garantire, nonostante l'emergenza, l'attività didattica a distanza, che ha permesso la prosecuzione dei percorsi scolastici progettati, anche se con le dovute rimodulazioni;

   anche per quanto riguardo l'esame di maturità molte sono le inevitabili novità dettate dalla contingenza, prima fra tutte l'assenza delle prove scritte e un solo esame orale più lungo, in cui i ragazzi potranno esternare la loro preparazione sulle materie di esame;

   si attende l'ordinanza della Ministra interrogata che disciplinerà compiutamente tutto l'esame di Stato, ma già la Ministra interrogata ha preannunciato il diverso «peso» del percorso di studi con quello delle prove d'esame, diversamente da quanto accadeva in precedenza, che necessiterà di una tabella di riconversione dei crediti scolastici;

   l'esame sarà «tarato» su quello che i ragazzi effettivamente hanno svolto in classe e anche l'assetto della commissione è stato modificato, prevedendo la presenza degli insegnanti interni, con la sola presidenza esterna che garantirà la correttezza di tutta la procedura;

   invero, però, ancora moltissimi sono i dubbi e le perplessità manifestate soprattutto dagli studenti che necessitano di ulteriori e più precise informazioni sulle modalità di svolgimento dell'esame –:

   come il Ministro interrogato intenda disciplinare l'esame di maturità 2020, stante la necessità di rispondere alle molteplici istanze pervenute dal mondo della scuola e, in particolar modo, dagli studenti, illustrando, altresì, quali iniziative intenda promuovere al fine di garantire la sicurezza di studenti e del personale scolastico.
(3-01516)

(5 maggio 2020)

   FRATOIANNI e FORNARO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   grazie al lavoro dei docenti e all'impegno degli studenti, la scuola italiana ha saputo reagire alla crisi causata dal Coronavirus, ma non si può negare che la didattica a distanza, seppur utilissima nel breve periodo nella gestione dell'emergenza, nel lungo periodo faccia emergere ed amplifichi forti disuguaglianze, perché carica sul contesto familiare una serie di incombenze, facendo affidamento sulle possibilità dei genitori. È evidente che in questo momento restano indietro, se non del tutto escluse, le fasce più vulnerabili;

   se, infatti, il Governo si è mosso tempestivamente per rispondere alle ragioni di impossibilità materiale, stanziando 160 milioni di euro destinati all'acquisto di computer, tablet e connettività per bambini e ragazzi in difficoltà, ci sono ragioni legate al disagio sociale e familiare a cui è più difficile rispondere in questa fase;

   è necessario che a settembre 2020 tutti gli studenti, a partire dalle fasce dei più piccoli, possano rientrare in classe perché la scuola non è solo apprendimento, è soprattutto relazione. La possibilità che l'abbandono, la dispersione e la povertà educativa aumentino esponenzialmente è un rischio che non ci si può permettere;

   ora più che mai la scuola ha bisogno di investimenti, risorse, assunzioni. La scuola deve essere un tema centrale della ripartenza del Paese;

   da lunedì 4 maggio 2020 sono partiti i cantieri di edilizia scolastica per la messa in sicurezza delle aule: più di 2.000 su tutto il territorio nazionale, ma questo non basta. Per garantire il distanziamento bisognerà rivedere il rapporto numerico alunni-docenti, che, negli ultimi anni, è decisamente aumentato –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario un piano straordinario di assunzioni degli insegnanti per permettere a tutti gli studenti di rientrare in classe, garantendo il diritto all'istruzione e nel contempo la sicurezza di tutti.
(3-01517)

(5 maggio 2020)

   TOCCAFONDI, ANZALDI, OCCHIONERO, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 62 del 2000 istituisce il sistema di istruzione nazionale al quale contribuiscono le scuole statali e le scuole paritarie;

   indagini internazionali, tra le quali una dell'Ocse, confermano che ogni anno lo Stato spende per ogni studente che frequenta la scuola statale circa 6.700 euro, a fronte di un contributo per gli studenti delle paritarie di circa 500 euro;

   è innegabile la funzione sussidiaria e pubblica delle scuole paritarie in Italia, che contano 12 mila scuole, 900 mila allievi e 180 mila dipendenti, che va riconosciuta concretamente;

   le famiglie sono tenute a pagare per l'istruzione pubblica due volte: le tasse che sostengono le scuole statali e le rette per le scuole non statali;

   al fine di ottenere la parità scolastica, la legge n. 62 del 2000 richiede alla scuola la «non discriminazione», ma per anni si è perpetrata una disparità nei confronti degli studenti diversamente abili, costretti a pagare 2 volte: la retta e l'onere degli insegnanti di sostegno;

   dal 2015 il Governo Renzi ha previsto un fondo di 12 milioni di euro, diventati 24 milioni nel 2017 e 36 nel 2020, in favore delle scuole paritarie con ragazzi diversamente abili, quale contributo per gli insegnanti di sostegno, che attualmente copre solo circa il 25 per cento dei costi sostenuti;

   il Governo Renzi, inoltre, dal 2015 ha introdotto una parziale detrazione fiscale della retta, consistente in una cifra iniziale di circa 500 euro l'anno, progressivamente incrementata a 800 euro; nell'attuale situazione di emergenza da COVID-19 le scuole paritarie stanno attraversando una crisi, anche di natura finanziaria, dovuta all'aumento dei costi per fronteggiarla e ai problemi delle famiglie a continuare a sostenere il pagamento delle rette;

   se l'attuale crisi dovesse portare con il nuovo anno scolastico alla chiusura di parte delle paritarie, ciò avrebbe delle conseguenze molto gravi, sia sul piano occupazionale sia su quello del pluralismo dell'offerta didattica;

   inoltre, ciò porterebbe a riversare sul sistema statale un gran numero di studenti in un momento in cui si sta addirittura prospettando la divisione delle classi –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare, anche di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di incrementare gli stanziamenti a favore delle scuole paritarie, di garantire il servizio rivolto alle famiglie e di scongiurare le conseguenze richiamate in premessa e, in tale contesto, quali siano gli intendimenti in ordine alla ripresa delle attività scolastiche sia delle scuole statali che paritarie.
(3-01518)

(5 maggio 2020)

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, FRASSINETTI, BUCALO, MOLLICONE, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DONZELLI, FERRO, FOTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   destano enormi preoccupazioni le recenti dichiarazioni del Ministro interrogato in merito alle opzioni previste riguardo alla riapertura dell'anno scolastico e alla possibilità di ripartire, con classi miste, tra didattica a distanza e in classe;

   l'emergenza COVID-19 ha evidenziato le fragilità del sistema scolastico e al tempo stesso la necessità della centralità della scuola e l'importanza per le famiglie di essere adeguatamente supportate;

   con l'avvio della «fase 2» e la riapertura di gran parte delle aziende nulla è ancora cambiato per la scuola. Nella sostanza, nel settore centrale e trainante della società, la scuola, non succede nulla di rilevante rispetto alla «fase 1»;

   sono numerose le famiglie dove i genitori ritorneranno a lavoro, con il problema di seguire i figli nella «problematica didattica a distanza» che in questo periodo ha evidenziato diversi squilibri tecnologici, non solo tra Nord e Sud, ma anche tra le classi sociali più povere e quelle più abbienti, con le inevitabili differenze nella possibilità di usufruire degli strumenti informatici imprescindibili in questa fase;

   ci sono pareri discordanti sulle diverse opzioni al vaglio e ancora si attende l'ordinanza sull'esame di Stato in cui verranno spiegate le modalità per la prova orale che si svolgerà il 17 giugno 2020;

   famiglie, studenti, docenti e dirigenti scolastici sono seriamente preoccupati per la gestione attuale della didattica a distanza, pressoché impossibile per i più piccoli e molto complessa per le scuole superiori. In tutto ciò non sono confortanti le diverse opzioni messe in campo e non supportate da informazioni chiare e uniformi;

   diverse le polemiche in merito all'ipotesi di ripartire a settembre 2020 con metà alunni a scuola e metà collegati da casa e con un'alternanza nella settimana dei ragazzi sui banchi di scuola. In questa difficile fase di ripartenza per le famiglie, sarebbe un aggravio di responsabilità ulteriore non avere delle linee guida nell'organizzazione scolastica. È di tutta evidenza che turnazione e didattica a distanza sono improponibili per il livello di povertà di tante famiglie e per la scarsa diffusione della banda larga ed è altrettanto evidente che la pianificazione necessaria per la ripresa a settembre 2020 in sicurezza va già programmata da ora –:

   quali misure urgenti intenda adottare per aiutare le famiglie e, soprattutto, le donne che devono lavorare e non possono assentarsi dal lavoro e in che modo intenda far fronte alla riapertura dell'anno scolastico a settembre 2020, vista l'improponibilità, a parere degli interroganti, dell'applicazione della didattica mista.
(3-01519)

(5 maggio 2020)

   ZANETTIN, COSTA, GELMINI, OCCHIUTO, BARTOLOZZI, CASSINELLI, CRISTINA, PITTALIS, SIRACUSANO, SISTO e ROSSELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della trasmissione televisiva «Non è l'Arena» del 3 maggio 2020, è andato in onda un «botta e risposta» desolante tra il Ministro interrogato e il dottor Di Matteo, che, a parere degli interroganti, risulta evidentemente non consono agli incarichi che entrambi ricoprono;

   Di Matteo ha raccontato come nel 2018 Bonafede gli avesse chiesto di dirigere il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ma l'offerta venne meno dopo la reazione di alcuni boss detenuti al 41-bis, che, intercettati, avevano espresso preoccupazione per la nomina. Bonafede ha immediatamente replicato dicendosi «esterrefatto», perché la circostanza che lui avrebbe cambiato decisione, dopo aver saputo dell'intercettazione, «non sta né in cielo, né in terra». Il Ministro interrogato ha aggiunto che l'incarico di capo degli affari penali, che Di Matteo ha poi rifiutato, «non era un ruolo minore, ma più di frontiera nella lotta alla mafia. Lo stesso incarico che ricoprì Giovanni Falcone»;

   le dichiarazioni del Ministro interrogato risultano, però, ad avviso degli interroganti particolarmente allarmanti ed ambigue: non solo ha testualmente dichiarato di poter disporre delle intercettazioni effettuate dal nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria (circostanza grave che andrebbe comunque chiarita), ma sembra non conoscere nemmeno l'organizzazione del suo Ministero. Il ruolo di Falcone al Ministero non esiste più: egli ricoprì, infatti, l'incarico di direttore generale degli affari penali, delle grazie e del casellario, che corrisponde oggi ad un capo dipartimento, incarico apicale di fiducia del Ministro. La Direzione generale degli affari penali, incarico che il Ministro interrogato ha dichiarato di aver offerto a Di Matteo, in realtà oggi si chiama Direzione generale degli affari interni, ma non è incarico apicale, né tantomeno di frontiera nella lotta alla mafia. Tra l'altro, a quanto consta agli interroganti, all'epoca dei fatti quell'incarico non era neppure nella disponibilità del Ministro interrogato, in quanto non soggetto a spoil system, ed era occupato da un altro magistrato, che non si sarebbe potuto sostituire;

   è necessario, a questo punto, fornire al Paese e al Parlamento una versione più credibile di come siano andate davvero le cose –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti relativamente a quanto denunciato dal dottor Di Matteo, specificando se e quali interferenze si siano manifestate con riguardo alla nomina di capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nel 2018, e, comunque, quali valutazioni di opportunità politica abbiano suggerito di desistere dal suo iniziale intendimento di affidare l'incarico a Di Matteo e quali, invece, siano state le trattative e le interlocuzioni che ha avuto prima di nominare i nuovi vertici del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nei giorni scorsi.
(3-01520)

(5 maggio 2020)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE VOLTE AL SUPERAMENTO DELLE LIMITAZIONI DELLE LIBERTÀ COSTITUZIONALMENTE GARANTITE E DELLE CRITICITÀ NORMATIVE EMERSE IN RELAZIONE ALLA GESTIONE DELL'EMERGENZA DA COVID-19

   La Camera,

   premesso che:

    l'emergenza sanitaria, determinata dall'arrivo in Italia dell'epidemia da COVID-19, rischia di stravolgere tutto l'impianto costituzionale del nostro Paese nell'importantissima parte riguardante proprio i diritti e le libertà fondamentali costituzionalmente garantiti;

    in nome della suprema tutela della salute pubblica, sia nei confronti del singolo sia con riguardo alla collettività, con l'apertura della fase emergenziale decretata il 31 gennaio 2020 dal Presidente del Consiglio dei ministri e che durerà per sei mesi, sono stati adottati numerosi provvedimenti sostanzialmente amministrativi, che hanno poi portato al cosiddetto lockdown il 9 marzo 2020, fortemente restrittivi della libertà di circolazione (articolo 16 della Costituzione), di riunione (articolo 17 della Costituzione), di associazione (articolo 18 della Costituzione), di esercizio dei culti religiosi (articolo 19 della Costituzione), di insegnamento e di istruzione (articoli 33 e 34 della Costituzione), oltre che della libertà di iniziativa economica (articolo 41, primo comma, Costituzione);

    sempre in nome dell'emergenza si ipotizza, ora, anche di modificare la Costituzione per inserire una clausola di supremazia dello Stato nei confronti delle regioni a tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica ovvero della tutela dell'interesse nazionale, stravolgendo così anche l'assetto costituzionale previsto dal Titolo V della Parte II della Costituzione, laddove, invece, negli ultimi venti anni il legislatore ha scelto di abbandonare il disegno di uno Stato centrale accentratore in favore di un principio federalista e decentratore, maggiormente in grado di soddisfare le necessità dei cittadini, dal momento che le decisioni vengono prese dalle autorità locali a loro più prossime;

    con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri è stato stabilito il divieto per chiunque di circolare sia all'interno, sia al di fuori del proprio comune di residenza, a meno che sussistano comprovate esigenze lavorative, di salute o per andare a fare la spesa, con il conseguente impiego, su tutto il territorio nazionale, di pattuglie e posti di blocco delle forze dell'ordine obbligate a fermare automobilisti e pedoni per verificare le ragioni e la direzione dello spostamento;

    chi contravviene a tale divieto, fino al 25 marzo 2020 è incorso nel reato di cui all'articolo 650 del codice penale, che prevede l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a 206 euro (articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6); successivamente la condotta penale si è ridotta ad una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 (articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19);

    è innegabile che la continua emanazione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con effetti sui diritti costituzionalmente garantiti, limitando o addirittura sopprimendo le principali libertà tutelate dalla Carta costituzionale, ha creato una violazione delle fonti del diritto, trattandosi di una fonte normativa secondaria di natura regolamentare a dispetto del principio della gerarchia delle fonti, che è il fondamento del diritto costituzionale italiano e che prevede una riserva di legge assoluta con riguardo alle limitazioni alla libertà di circolare di cui all'articolo 16 della Costituzione, nonché con riguardo alla libertà d'iniziativa economica privata di cui all'articolo 41 della Costituzione;

    in tale quadro normativo dell'emergenza sanitaria, è stata impedita non soltanto la libertà di riunione e associazione, bensì anche la libertà religiosa – che, come tutte le espressioni di spiritualità, deve essere garantita – nonostante il contesto pandemico abbia accresciuto la ricerca di fonti spirituali ed il bisogno di momenti di espressione religiosa;

    con la proibizione delle messe, ai cattolici italiani è stata addirittura preclusa qualsiasi memoria pubblica della loro festa più importante, la Pasqua, senza alcun impegno da parte del Governo nel tentativo di conciliare la partecipazione alla Messa col possibile rispetto delle regole di distanziamento e di igiene;

    parimenti, a tutti gli italiani è stata preclusa la possibilità di assistere ad un funerale, cui ogni civiltà collega il commiato con un proprio caro, sopportando, attenendosi scrupolosamente ai divieti, di dover vedere portar via i propri familiari defunti tramite immagini televisive da camion dell'Esercito italiano oppure con un saluto per l'ultima volta attraverso lo schermo del telefono cellulare dell'infermiera o del rianimatore che in quel momento fosse vicino al proprio caro parente;

    lo stesso Presidente della Corte costituzionale, nella relazione sull'attività della Corte costituzionale nel 2019, ha affermato che: «La piena attuazione della Costituzione richiede un impegno corale, con l'attiva, leale collaborazione di tutte le istituzioni, compresi Parlamento, Governo, regioni, giudici. Questa cooperazione è anche la chiave per affrontare l'emergenza. La Costituzione, infatti, non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per “navigare per l'alto mare aperto” nei tempi di crisi, a cominciare proprio dalla leale collaborazione fra le istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini» (...) «la nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza» (...) «la Repubblica italiana ha attraversato varie situazioni di emergenza e di crisi, dagli anni della lotta armata a quelli più recenti della crisi economica e finanziaria, tutti senza mai sospendere l'ordine costituzionale, ma ravvisando al suo interno gli strumenti gli strumenti idonei a modulare i principi costituzionali in base a specifiche contingenze»;

    la vita sociale, la vita economica, l'esercizio della libertà religiosa per tutti, il diritto all'istruzione, in altri termini la vita democratica di un Paese e il perseguimento dello sviluppo, del benessere e della pace, dimensioni senza le quali alla vita meramente biologica viene meno molto della sua dignità, necessitano del libero esercizio dei diritti fondamentali dei cittadini; superata la prima fase di emergenza, eventuali ulteriori restrizioni vanno decise, pertanto, solo ed esclusivamente dal Parlamento;

    le misure contenute nel nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, relative alla cosiddetta «fase 2» che inizierà a partire dal 4 maggio 2020, soprattutto dopo le recentissime celebrazioni del 25 aprile, che in diverse città italiane hanno determinato anche assembramenti per i quali sono dovute intervenire le forze dell'ordine, continuano a non consentire invece la celebrazione delle Messe, se non ad eccezione delle cerimonie funebri con l'esclusiva partecipazione di congiunti fino a un massimo di quindici persone, misure che hanno creato un incidente con la Conferenza episcopale italiana, costretta a manifestare il proprio disappunto in modo anche duro nella nota con cui afferma: «I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l'esercizio della libertà di culto (...) la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale»;

    peraltro, tutta questa produzione normativa di rango secondario, che non passa per il controllo parlamentare, è scritta anche in maniera discutibile dal punto di vista giuridico, criticità che sicuramente troverebbero la giusta cornice normativa attraverso il passaggio in Parlamento, deputato in via principale allo svolgimento della funzione legislativa;

    esempio ne sia la querelle che si è aperta sulla visita ai congiunti che si potranno legittimamente incontrare; quindi, visitare congiunti sarà un valido motivo per spostarsi da autocertificare a decorrere dal 4 maggio 2020, ma il termine non fa parte del vocabolario giuridico e spetterà, quindi, alle forze dell'ordine interpretare se il fidanzato o un amico speciale possa essere un congiunto secondo gli usi e le consuetudini o il buon senso o secondo le faq esplicative della Presidenza del Consiglio dei ministri, che definiscono i congiunti come «affetti stabili», interpretazione che, necessariamente, non sarà la stessa per tutti, a dispetto anche del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

    tale modo di legiferare comporterà inevitabilmente una lunga fase di contenzioso civile e penale con riguardo a tutte le denunce penali e alle sanzioni amministrative pecuniarie che sono state irrogate durante la fase dei controlli per il rispetto delle misure di contenimento determinate dall'emergenza sanitaria, almeno quasi sicuramente per quelle comminate fino al 25 marzo 2020,

impegna il Governo:

1) con l'avvio della cosiddetta «fase 2», ad adottare iniziative per ripristinare tutte le libertà costituzionalmente garantite limitate nella cosiddetta «fase 1» del lockdown, nel rispetto delle misure di sicurezza sanitaria adottate e delle norme sul distanziamento sociale prescritto, anche attraverso un puntuale e quotidiano controllo da parte delle forze dell'ordine;

2) ad adottare iniziative per ristabilire al più presto lo Stato di diritto al fine di correggere tutte le criticità normative emerse nella «fase 1» dell'emergenza, in modo da riavviare la normale dialettica con il Parlamento, essenziale per valutare e contemperare tutti i pesi e i contrappesi della decretazione d'urgenza cui ricorre il Governo, ed assegnare a norme di rango primario eventuali interventi limitativi delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite.
(1-00346) «Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi».

(29 aprile 2020)