TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 265 di Lunedì 25 novembre 2019

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALL'EMERGENZA CLIMATICA E AMBIENTALE

   La Camera,

   premesso che:

    il tempo è finito. La crisi ambientale, sociale ed economica è un dato assodato. La convinzione è diffusa, ma la politica non ha ancora affrontato, se non con frasi fatte, questi tre macro temi;

    i cambiamenti climatici sono in atto, come dimostrato dalla comunità scientifica internazionale riunita nell’Intergovernmental panal on climate change (Ipcc), e sono determinati dall'attività umana, in particolare dall'uso dei combustibili fossili, e rischiano di compromettere in maniera irreversibile la sicurezza e la sopravvivenza stessa del pianeta e degli esseri viventi;

    eventi climatici estremi sono all'origine di conflitti e migrazioni di massa che sconvolgono la vita di milioni di persone; la distruzione delle risorse naturali e il livello di inquinamento degli oceani, del suolo e dell'aria hanno impatti devastanti sulla salute umana, sugli ecosistemi e sulla biodiversità, sulle attività produttive e sulle infrastrutture;

    nel 2018 si sono contati 850 disastri naturali, soprattutto alluvioni, inondazioni, frane (46 per cento) e uragani e tempeste (42 per cento). Il conto da pagare per questi disastri è stato particolarmente alto: 160 miliardi di dollari. Questo è quanto emerge dal Rapporto annuale sui disastri naturali e ambientali realizzato dal colosso assicurativo Munich Re che mostra come gli eventi meteorologici estremi diventino sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico. Le perdite complessive dei cicloni tropicali nel 2018 sono state particolarmente alte, circa 57 miliardi di dollari;

    in Europa i disastri naturali del 2018 sono stati simili a quelli registrati negli anni 2014, 2015 e 2017, con un totale di 113 eventi con perdite di 16 miliardi di euro. Le perdite maggiori sono state causate dalla siccità che è costata circa 4 miliardi di dollari;

    uno studio internazionale pubblicato dalla rivista scientifica Climate ha precisato che i danni per le inondazioni in Europa potrebbero arrivare a costare 17 miliardi di euro all'anno, qualora le temperature medie dovessero salire di 3 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto alla media pre-industriale. Mentre il numero di cittadini che subiranno le conseguenze delle piene potrebbe raggiungere le 780 mila unità, in crescita del 123 per cento rispetto ad oggi. Il problema, dunque, non riguarderebbe solo il sud del mondo;

    non ci sono solo le conseguenze ambientali, ci sono anche le conseguenze sociali derivanti dagli effetti dei cambiamenti climatici. Con la pubblicazione, il 19 marzo 2018, del rapporto, la Banca mondiale ha lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, infatti, potrebbe arrivare a quota 143 milioni il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case per colpa dei fenomeni meteorologici estremi o delle condizioni ambientali diventate invivibili;

    tale conferma arriva anche dal documento, intitolato «Groundswell – Preparing for internal climate migration», che indica l'Africa subsahariana, l'Asia meridionale e l'America latina come le tre macro-aree più a rischio. I cambiamenti climatici incidono già oggi sulle migrazioni di esseri umani e il fenomeno potrebbe intensificarsi in futuro; il documento realizza una serie di proiezioni sul numero di migranti climatici. Tali scenari sono stati realizzati grazie ad un modello ad hoc, costruito incrociando indicatori come la crescita della temperatura media, l'evoluzione delle precipitazioni, la risalita del livello dei mari, nonché dati demografici e socio-economici. Su tale base sono stati individuati tre possibili scenari: quello peggiore prevede 86 milioni di migranti in Africa subsahariana, 40 milioni nell'Asia meridionale e 17 milioni in America Latina. Ad esempio, in una nazione come l'Etiopia, la cui economia si basa soprattutto sull'agricoltura e nel quale si prevede una crescita demografica fortissima nei prossimi decenni, il calo della resa della terra rappresenterà la principale causa di emigrazione;

    si può affermare che il cambiamento climatico, l'inquinamento e la distruzione ambientale hanno esacerbato le sistemiche ingiustizie sociali, ambientali ed economiche, costituendo di fatto una minaccia diretta, perché incidono sulla stabilità economica, ambientale e sociale, agendo come un moltiplicatore di minacce;

    in Italia la situazione non è migliore, anzi. Il 2018 è stato l'anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 e si assiste al susseguirsi di record che non possono lasciare indifferenti. Nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate, fenomeni meteorologici sempre più intensi ed estremi, dovuti in primis ai cambiamenti climatici, stanno causando danni ai territori e alle città, indietro nelle politiche di adattamento al clima, e alla salute dei cittadini;

    soltanto nel 2018 sono state 32 le vittime in 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d'aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 esondazioni fluviali;

    questi fenomeni dovrebbero dimostrare anche ai negazionisti dei cambiamenti climatici che non si sta più parlando di maltempo, ma di un'emergenza climatica che ormai è diventata anche una vera questione di sicurezza nazionale e globale. La neve e la grandine cadute nel maggio 2019 in piena primavera hanno provocato danni enormi all'agricoltura; non è solo un evento storico ma un chiaro segnale di come il clima sia cambiato; si viene da un inverno che ha registrato livelli preoccupanti di siccità con una quantità enorme di incendi delle aree boschive: fino al 30 marzo 2019 sono stati 101 gli incendi che hanno distrutto 3.400 ettari di bosco, censiti dal sistema di monitoraggio europeo Effis, e per trovare una situazione simile bisogna andare indietro nel tempo fino al 1800 secondo il Cnr;

    si continua a parlare di maltempo, come se fosse tutto legato all'arrivo fortuito di una perturbazione. La verità è che ogni anomalia conferma che si è in una situazione di emergenza climatica con forti ripercussioni sull'economia del Paese, ma anche sulla vita e sulla spesa delle persone. Per fare solo due esempi: a Lucca, una grandinata improvvisa ha distrutto il 60 per cento della produzione di fragole, insalata, pomodori, pere, mele, albicocche, ciliegie. In Val Tiberina le intense piogge hanno messo in ginocchio la produzione di tabacco finalizzata alla produzione dei sigari toscani: le radici sono andate letteralmente in asfissia. Insomma, la produzione agricola è andata in gran parte perduta o seriamente lesionata. E questo, oltre ad essere una rovina per gli agricoltori, farà lievitare i costi finali di questi prodotti;

    secondo i dati della Coldiretti gli sbalzi termici anomali degli ultimi dieci anni sono costati 14 miliardi di euro, quasi uno e mezzo all'anno. Si tratta di una catastrofe che deve essere da lezione. Non si può continuare a sperare che fenomeni del genere si ripetano, è tempo di agire;

    la crisi climatica è la sfida del nostro tempo, affrontarla significa rispondere anche alle crisi economica e sociale. Nel nostro Paese sono diversi gli aspetti della crisi economica e sociale che si dipanano lungo quattro direttrici: una lunga recessione, un debito pubblico in continua crescita, una pressione fiscale in costante aumento e più alta della media europea, una disoccupazione (febbraio 2019) al 10,7 per cento con quella giovanile al 32,8 per cento;

    crisi ambientale, crisi economica e crisi sociale camminano insieme e le soluzioni pure. Per questo in Italia, come per tutte le nazioni del pianeta, solo intervenendo in un'ottica globale e ambientale si possono affrontare le sfide climatiche ed economiche, sociali ed ambientali che ci aspettano;

    secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile in Italia è possibile dare un forte impulso ad uno sviluppo sostenibile e a un aumento importante dell'occupazione – che potrebbe raggiungere 800.000 addetti in sei anni – affrontando con misure adeguate alcune grandi problematiche ambientali. Tra queste: la crisi climatica, con la riduzione dei consumi di energia nelle case, nelle scuole e negli uffici e con un forte aumento delle energie rinnovabili; i forti impatti generati dallo spreco di risorse e dallo smaltimento dei rifiuti, accelerando il cambiamento verso l'economia circolare; il miglioramento delle città con un programma rigenerazione urbana; un percorso per una mobilità sostenibile. La Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in collaborazione con gli economisti di Cles Srl, ha calcolato che realizzando le misure per raggiungere questi 5 obiettivi green si attiverebbero circa 190 miliardi di euro di investimenti con circa 682 miliardi di euro di aumento della produzione e 242 miliardi di euro di valore aggiunto, creando circa 800.000 nuovi posti di lavoro al 2025;

    sulla base delle indagini realizzate da Unioncamere e Fondazione Symbola c'è stata una domanda di green jobs pari a quasi 474.000 contratti attivati, il 10,4 per cento del totale delle figure professionali richieste per il 2018. Si tratta di ingegneri energetici, agricoltori biologici, esperti di acquisti verdi, tecnici meccatronici, installatori di impianti termici a basso impatto. Nel manifatturiero si sfiora il 15 per cento. Se si guarda alle competenze trasversali che le imprese si aspettano di trovare nei lavoratori previsti in assunzione, si riscontra un'aspettativa sistematicamente più elevata nell'ambito dei green jobs, rispetto alle altre figure professionali: ciò vale per la capacità comunicativa (scritta e orale), per l'attitudine a lavorare in gruppo, per la capacità di risolvere problemi, per quella di lavorare in autonomia per la propensione alla flessibilità e all'adattamento. Focalizzando, infine, l'attenzione sui soli dipendenti e scendendo nel dettaglio delle aree aziendali, si nota come in quella della progettazione e della ricerca e sviluppo il 63,5 per cento dei nuovi contratti nel 2018 siano green, a dimostrazione del legame sempre più stretto tra green economy e innovazione aziendale;

    è del tutto evidente, invece, che il nostro Paese sta puntando ancora oggi su logiche di aumenti indistinti di consumi e produzioni, invece di virare di 180° verso questo nuovo modo di concepire lo sviluppo sostenibile, come richiesto anche dalle centinaia di migliaia di giovani e di studenti italiani e di tutto il mondo, sull'esempio della studentessa svedese Greta Thunberg, che stanno quasi quotidianamente invadendo le piazze per chiedere ai rispettivi Capi di Stato un impegno più forte per contrastare i cambiamenti climatici e salvare il pianeta;

    per combattere i cambiamenti climatici – come richiesto anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – arrestare la recessione, la crisi economica e sociale, sviluppare l'economia circolare, ridurre il degrado degli ecosistemi, valorizzare le potenzialità del nostro Paese non si può che passare attraverso un piano decennale denominato «Green new deal» che metta politiche e misure di stimolo antirecessione al centro di un «nuovo patto per uno sviluppo», in modo da affrontare le «molteplici crisi» dell'Italia;

    il «Green new deal» deve sviluppare una serie di misure che coinvolgono tutti i principali settori: dall'energia alle infrastrutture, dalle manifatture all'agricoltura, dai trasporti alle costruzioni;

    per far questo bisogna investire in innovazione e ricerca, green economy, riduzione delle diseguaglianze. È davvero ipocrita e inaccettabile continuare a trasferire ogni anno miliardi di euro (19 miliardi secondo l'ultimo catalogo Sad pubblicato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) a sostegno di petrolio, gas e carbone, quando il mondo intero, Italia compresa, soffrono già gli impatti di alluvioni, siccità e ondate di calore;

    investire in innovazione e ricerca e in green economy vuol dire attuare un piano di investimenti che permetta al nostro Paese di realizzare principalmente due obiettivi: produrre il 100 per cento di energia da fonti rinnovabili entro il 2050 e abbattere del 50 per cento le emissioni di gas serra rispetto all'epoca preindustriale entro il 2030;

    occorre dar vita ad una serie di programmi nazionali di investimenti:

     a) per l'efficienza energetica e la riqualificazione energetica degli edifici;

     b) per le infrastrutture sostenibili e le manifatture;

     c) per i trasporti e la mobilità sostenibile;

     d) per il rischio idrogeologico e sismico e il consumo del suolo;

     e) per la rigenerazione urbana e la ristrutturazione ecologica e sociale delle città;

     f) per la qualità dell'acqua e il risparmio di risorse idriche;

     g) per la crescita dell'agricoltura di qualità e per le produzioni biologiche;

     h) per la gestione dei rifiuti, le attività di riciclo e recupero e l'uso di prodotti provenienti dal riciclo;

     i) per l'occupazione giovanile;

     l) per il risanamento e riqualificazione ambientale degli impianti e delle produzioni ad elevato impatto;

    l'individuazione dei fondi per il «Green new deal» deve avvenire: attraverso la revisione della spesa pubblica in chiave green, eliminando i sussidi ambientalmente dannosi che hanno effetti negativi per l'ambiente; introducendo un contributo ecologico per favorire il perseguimento di un progressivo contenimento delle emissioni di anidride carbonica derivanti dal consumo di combustibili fossili impiegati in processi di combustione; introducendo un fisco «green» che tassi le attività inquinanti e il consumo di ambiente secondo il principio del «chi inquina paga», in modo da far arrivare l'eco-gettito dal 6 per cento attuale al 12,5 per cento; dal risparmio sugli armamenti militari;

    si ha tempo fino al 2030 secondo gli scienziati dell'Onu dell’Intergovernmental panal on climate change (Ipcc) per contenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi e molti parlamenti di Paesi europei hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica; è ora che anche l'Italia lo faccia;

    la portata e l'urgenza della crisi climatica richiedono con forza, in Italia e in Europa, un più forte impulso all'affermazione di un nuovo modello di sviluppo, fondato sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale e sulla lotta alle disuguaglianze anche generazionali, derivanti dall'esposizione agli impatti dei cambiamenti climatici; la sostenibilità ambientale, ancora oggi percepita come vincolo, rappresenta al contrario, se interpretata in modo positivo e di concerto con gli attori economici e sociali, una straordinaria opportunità di sviluppo, innovazione e competitività per il tessuto industriale e produttivo;

    in questo drammatico contesto l'Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibili ed ecologiche, coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie, in modo da uscire dalla crisi climatica, economica e sociale e arrestare la marea dell'euroscetticismo, della paura e del populismo. Per fare questo il nostro Paese deve fare una sola scelta: puntare su un «Green new deal» che metta davvero al centro l'ambiente e il tema dei mutamenti climatici, accelerando il cambiamento in questa direzione. Quanto alle modalità, occorre puntare prima di tutto su un'economia decarbonizzata e circolare, ridisegnando la fiscalità in chiave green (differenziando l'Iva, introducendo una carbon tax ed eliminando i sussidi alle fonti fossili) per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, accelerando nella transizione energetica e nelle politiche di adattamento al clima e rilanciando la cooperazione internazionale, mettendo al centro il Mediterraneo e l'Africa in un progetto comune che vada oltre gli interessi dei singoli Stati e delle imprese;

    per questo il nostro Paese deve avere il coraggio di prendere decisioni più incisive in questa direzione e al contempo rilanciare sul piano dei diritti e sulle politiche di integrazione, per smetterla di rincorrere chi punta su muri e respingimenti. Non è un problema di risorse ma di scelte, l'Italia deve scegliere di eliminare i sussidi alle fonti fossili e di cancellare i privilegi fiscali di cui godono le multinazionali. Bisogna integrare le risorse nazionali con quelle previste dal prossimo quadro pluriennale europeo (sino a 480 miliardi di euro per il periodo 2021-2027), prevedendo di destinarle all'azione climatica in modo da realizzare un pacchetto di investimenti pubblici sufficiente per iniziare a dare gambe ad un vero «Green new deal»;

    è positivo che nel programma il Governo, al punto 7 dei 29 punti programmatici, intenda «realizzare un Green new deal, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti a inserire la protezione dell'ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale. Tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell'ambiente, il progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici. Occorre adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese; perseguire la piena attuazione della eco-innovazione; introdurre un apposito fondo che valga a orientare, anche su base pluriennale, le iniziative imprenditoriali in questa direzione. È necessario promuovere lo sviluppo tecnologico e le ricerche più innovative in modo da rendere quanto più efficace la “transizione ecologica” e indirizzare l'intero sistema produttivo verso un'economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto»; queste sono tutte questioni che, se affrontate adeguatamente, rappresenterebbero una vera svolta e che è necessario porre in essere concretamente,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza per riconoscere immediatamente lo stato di emergenza climatica nel nostro Paese;

2) ad adottare iniziative per raggiungere entro il 2050 la produzione del 100 per cento di energia da fonti rinnovabili e la riduzione del 50 per cento delle emissioni di gas serra rispetto all'epoca preindustriale entro il 2030;

3) a realizzare un piano decennale denominato «Green new deal» che coinvolga tutte quelle forze ambientaliste, sociali, imprenditoriali ed economiche disposte a lavorare insieme per vincere la triplice sfida climatica, economica e sociale e dar vita a una serie di programmi nazionali, assumendo iniziative:

   a) per realizzare la transizione energetica per ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori produttivi, attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, l'utilizzo di fonti rinnovabili, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e il progressivo superamento della dipendenza dai combustibili fossili;

   b) per realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;

   c) per realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di rigenerazione urbana delle città, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi, di contrasto al nuovo consumo di suolo e all'abusivismo edilizio;

   d) per accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti alla riduzione della loro produzione e al recupero di materia ed energia;

   e) per favorire la transizione verso un sistema di trasporto sostenibile e la mobilità elettrica, destinando il 50 per cento degli investimenti in infrastrutture per la mobilità sostenibile nelle città e per il trasporto pubblico collettivo e condiviso, in modo da raggiungere l'obiettivo della completa decarbonizzazione – emissioni zero – del settore;

   f) per promuovere uno sviluppo della filiera agricola, biologica e delle buone pratiche agronomiche, in modo da tutelare le risorse sotto il profilo qualitativo e quantitativo, aumentare e mantenere la qualità del territorio, la fertilità organica del suolo ed il sequestro di carbonio; per adottare gli strumenti necessari per preservare le colture tradizionali e biologiche da commistioni e contaminazioni con colture geneticamente modificate, tutelando altresì peculiarità e specificità produttive; per rafforzare le regole comunitarie per l'etichettatura di alimenti e mangimi con presenza di organismi geneticamente modificati, assicurando la massima trasparenza;

   g) per incentivare l'occupazione giovanile attraverso l'introduzione, per cinque anni, di incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani (età non superiore a 35 anni) nei seguenti settori: protezione del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico; ricerca e sviluppo e produzioni di biocarburanti di seconda e terza generazione; ricerca e sviluppo e produzioni e installazione di tecnologie nel solare termico, solare a concentrazione, solare termo-dinamico, solare fotovoltaico, biomasse, biogas e geotermia; incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile e terziario, compresi gli interventi di social housing;

   h) per procedere, per il risanamento e la riqualificazione ambientale degli impianti e delle produzioni ad elevato impatto, nella graduale riduzione, fino all'azzeramento, degli incentivi ai combustibili fossili e dei sussidi ambientalmente dannosi; per introdurre un contributo ecologico per favorire il perseguimento di un progressivo contenimento delle emissioni di anidride carbonica derivanti dal consumo di combustibili fossili impiegati in processi di combustione; per destinare, a fronte del gettito ricavato, risorse pubbliche di pari entità alla realizzazione degli interventi del «Green new deal»;

4) ad assumere iniziative, nelle competenti sedi europee, per l'adozione di una carbon tax europea da applicare ai settori non Ets e per adottare una tassazione sul carburante degli aerei, così come già deciso dal Governo francese dal 2020;

5) ad adottare le iniziative di competenza affinché l'Eni avvii una strategia di diversificazione, investendo con decisione sulle energie rinnovabili, come stanno facendo altre Oil companies, in modo da ridurre il rischio di rimanere con stranded assets ed aprire contemporaneamente nuove aree di business.
(1-00181) (Nuova formulazione) «Muroni, Fornaro, Bersani, Conte, Epifani, Fassina, Fratoianni, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Stumpo».

(10 maggio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    numerosi studi accademici hanno confermato come il cambiamento climatico in atto sia direttamente influenzato e dipendente dalle attività umane, siano esse industriali o meno;

    eventi climatici estremi – alluvioni, siccità, ondate di calore – si susseguono con sempre maggiore frequenza in diverse parti del mondo, determinando danni economici a persone, animali e interi sistemi produttivi;

    l'urgenza di un intervento netto e deciso per invertire tale processo non è più in alcun modo rinviabile, come ampiamente dimostrato dal sempre crescente numero di allarmi che giungono dall'intera comunità scientifica;

    secondo l'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico si hanno soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale; l'organismo scientifico dell'Onu invitato ha invitato tutti i legislatori e i Governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente;

    nonostante la portata storica dell'Accordo di Parigi siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con lentezza e fatica per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose e capaci di superare un modello di sviluppo ormai insostenibile, sotto il profilo ambientale, ma anche sociale ed economico;

    nella recente Cop24 (Conferenza delle parti della Convenzione internazionale sui cambiamenti climatici) tenutasi a Katowice, in Polonia, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento degli impegni assunti dai membri della comunità internazionale; elemento positivo è stato aver dotato l'Accordo del 2015 di linee guida (Rulebook) per la sua attuazione dal 2020, mentre non sono stati concordati impegni sull'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso;

    l'esempio dell'adolescente svedese Greta Thunberg ha dato vita ad una manifestazione transnazionale che il 15 marzo 2019 ha riempito di giovani e studenti le piazze di tutto il mondo, comprese quelle italiane, chiedendo l'impegno concreto dei Governi nazionali nel contrasto dei cambiamenti climatici e per salvare il pianeta, non pregiudicandone oltre il futuro;

    con apprezzabile costanza e ferma chiarezza, i giovani chiedono ai Governi di tutto il mondo con urgenza azioni concrete e radicali per il rispetto degli obiettivi sul clima stabiliti dall'Accordo di Parigi. A quei giovani, a quelle piazze è necessario dare una risposta,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per dichiarare lo stato di emergenza ambientale e climatica e ad operare, in raccordo con il Parlamento, per giungere ad un cambio di direzione in tutti i settori dell'economia tali da consentire in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia;

2) ad assumere iniziative normative volte a definire una legge quadro sul clima che intervenga in maniera coerente e coordinata sul quadro normativo esistente per:

   a) rivedere il piano nazionale integrato per l'energia e il clima, rendendolo coerente con gli obiettivi e tempi previsti dall'Accordo di Parigi;

   b) procedere alla ricognizione degli incentivi esistenti per l'efficientamento energetico e per il sostegno all'utilizzo di tecniche e materiali di edilizia ecocompatibile, in modo da aggiornare il catalogo alle più recenti innovazioni tecnologiche, garantendo la massima efficacia possibile allo strumento;

   c) avviare un'azione di recupero e riforestazione del patrimonio forestale pubblico (urbano ed extra-urbano) che aumenti l'effetto di compensazione delle emissioni di anidride carbonica;

   d) progettare e finanziare un piano di sensibilizzazione globale volto a creare una coscienza ecologica consapevole anche attraverso la disincentivazione di azioni dannose (quali utilizzo di plastiche monouso, errata differenziazione dei rifiuti, mancato utilizzo di mezzi di trasporto pubblici e altro);

   e) allineare la normativa italiana alle direttive europee del «pacchetto economia circolare» in materia di rifiuti, imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile;

   f) sostenere la raccolta dei rifiuti in mare da parte dei pescatori senza ricorrere a un facile sistema premiale, quale l'automatica certificazione della filiera;

   g) sostituire tutti i sussidi ambientali dannosi con ipotesi alternative aventi impatto favorevole per l'ambiente, anche attraverso l'obbligo di valutazione ambientale preventiva dei sussidi, con particolare attenzione a quelli fiscali per i quali l'incidenza di dannosità è più netta;

   h) elaborare politiche di trasporto, edilizia, modelli produttivi che rispondano in maniera coerente alla necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e che coinvolgano regioni e comuni;

3) a presentare, nel minor tempo possibile, le proprie proposte in materia di politica industriale e di riqualificazione del settore manifatturiero, sostenendo e favorendo la transizione verso un modello economico-produttivo ecologicamente sostenibile;

4) a sostenere a livello europeo la proposta di arrivare alla «carbon neutrality» entro il 2050;

5) a studiare, con i grandi istituti bancari e creditizi, la possibilità di prevedere finanziamenti agevolati per sostenere l'economia circolare e quella eco-compatibile;

6) ad attuare la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, rendendo pienamente operativa la Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile già prevista dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 marzo 2018 e ottemperando all'impegno assunto dai Ministeri competenti a condurre un'analisi circa la coerenza tra le azioni programmate per il triennio successivo, i contenuti della strategia nazionale e i risultati della valutazione annuale della sua attuazione;

7) ad assumere iniziative normative volte a promuovere l'inserimento del principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione.
(1-00178) «Orlando, Delrio, Braga, Rotta, Gribaudo, Enrico Borghi, Carnevali, De Maria, Fiano, Lepri, Pezzopane, Viscomi, Buratti, Cenni, Del Basso De Caro, Incerti, Morgoni, Pellicani, Annibali, Anzaldi, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Bonomo, Bordo, Boschi, Bruno Bossio, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cardinale, Carè, Ceccanti, Ciampi, Colaninno, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, De Filippo, De Luca, De Menech, Del Barba, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, Fragomeli, Frailis, Fregolent, Gadda, Gariglio, Giachetti, Giacomelli, La Marca, Lacarra, Librandi, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Marattin, Martina, Mauri, Melilli, Miceli, Migliore, Minniti, Mor, Moretto, Mura, Nardi, Navarra, Nobili, Noja, Orfini, Padoan, Pagani, Ubaldo Pagano, Paita, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Portas, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Schirò, Sensi, Serracchiani, Siani, Topo, Ungaro, Vazio, Verini, Zan, Zardini».

(29 aprile 2019)