TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 140 di Martedì 12 marzo 2019

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interrogazione

   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai mezzi di informazione in occasione della proiezione del film «Sulla mia pelle» riguardante il caso di Stefano Cucchi presso una libreria all'interno del centro commerciale «le Gru» di Siderno, in provincia di Reggio Calabria, si è registrato un episodio che, ad avviso dell'interrogante, necessita di un chiarimento istituzionale;

   poco prima della proiezione del film due carabinieri in divisa avrebbero chiesto alla titolare della libreria l'elenco dei partecipanti e ogni tanto nel corso della proiezione e del dibattito che ne è seguito si affacciavano per ascoltare;

   il colonnello Gabriele De Pascalis, comandante dell'Arma della compagnia di Locri, raggiunto dalla stampa ha escluso la volontà di schedare i presenti parlando di «attività di routine» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e come si giustifichi la richiesta di avere l'elenco dei partecipanti alla presentazione di un film, che, secondo l'interrogante, non può essere qualificata come «attività di routine».
(3-00317)

(12 novembre 2018)

B) Interrogazione

   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende la notizia che l'autorità di bacino ha spostato, sull'area metropolitana di Roma capitale, fondi per 10 milioni di euro già destinati alla sistemazione e alla messa in sicurezza dei fiumi dell'Abruzzo e delle altre regioni dell'Appennino centrale, attraverso il piano stralcio 2018;

   tale decisione compromette la sistemazione e la messa in sicurezza idraulica di 9.500 chilometri di fiumi, torrenti, fossi e ruscelli che scorrono sul territorio abruzzese e rivela, per l'interrogante, l'assoluta disattenzione dell'Esecutivo nei confronti della regione Abruzzo;

   l'assessore regionale alle opere pubbliche, Lorenzo Berardinetti, assieme al direttore regionale ai dissesti idrogeologici, Emidio Primavera, ha partecipato alla conferenza istituzionale permanente dell'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino centrale, che si è tenuta martedì 16 ottobre 2018 nella sede del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a Roma. All'incontro erano presenti anche i rappresentanti istituzionali di Marche e Umbria, assenti invece i delegati per il Lazio. «Le tre regioni hanno manifestato assoluta contrarietà all'approvazione della delibera, anche se, nonostante il voto contrario della regione Abruzzo e il dissenso scritto della regione Umbria, è stata ugualmente approvata», sottolinea Berardinetti, che adesso punta il dito contro «l'atteggiamento gravissimo, totalmente insensibile alle voci degli amministratori locali», invoca l'intervento del Ministro interrogato e chiede «che i 10 milioni vengano almeno redistribuiti con equità»;

   nell'ambito delle attività di pianificazione, le strutture della regione hanno messo in luce lo stato di rischio e le condizioni critiche di molti corsi d'acqua abruzzesi, individuando alcune priorità d'intervento. Il lungo elenco stilato dai tecnici comprende il torrente Buonanotte nel Vastese, l'Appello ad Atessa e i fiumi Alento e Moro, sempre in provincia di Chieti. Compaiono poi i fiumi Nora e Orta a Pescara e Salinello e Vibrata a Teramo, alcuni corsi d'acqua più piccoli come Fosso Grande e i torrenti Cigno e Arolle, sempre nel Pescarese, e i torrenti del Cerrano e Calvano nel Teramano. Restano poi le necessità di manutenzione del fiume principale della regione, l'Aterno-Pescara. Il fabbisogno complessivo stimato per mettere in sicurezza l'intero reticolo idrico è pari ad almeno 270 milioni di euro, riferito sia al reticolo principale, con sviluppo complessivo di circa 1.000 chilometri, che a quello secondario, con uno sviluppo di 8.500 chilometri;

   risulta urgente che venga riaperta nel merito la discussione, «poiché non solo sono state ignorate le posizioni regionali, ma il metodo usato ha violato – ha dichiarato l'assessore regionale dell'Abruzzo, Lorenzo Berardinetti – quanto disposto dal testo unico ambientale, che impone forme concertate e condivise con le regioni sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma di intervento». Da quanto si è appreso, infatti, durante il vertice a Roma, l'Abruzzo ha espresso il proprio dissenso insieme alle Marche, mentre l'Umbria avrebbe inviato una lettera che non sarebbe stata presa in considerazione ai fini del voto della delibera. Infine, anche la posizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risulta all'interrogante incomprensibile, considerata l'assenza di un confronto con le parti –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze.
(3-00277)

(7 maggio 2018)

C) Interrogazione

   COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la fabbrica della Bcs automotive (ex Trw di Nichelino), produttrice di sistemi bloccasterzo elettrici e meccanici, servosterzi e abs e storico partner del gruppo Fiat Chrysler automobiles, è uno degli storici poli industriali di Nichelino e, insieme a Liri e Viberti, l'unico ad essere sopravvissuto alle precedenti crisi;

   la filiera piemontese dei componentisti e dei fornitori vale 16 miliardi di euro di fatturato annuo;

   negli ultimi dieci anni l'impianto di Nichelino ha molto sofferto la crisi del settore automobilistico e ha fatto ricorso a più riprese alla cassa integrazione;

   poco più di un anno fa la fabbrica era passata dalla proprietà tedesca Trw ai cinesi della Luxshare, un colosso dell'informatica e uno dei principali partner produttivi di Apple;

   Luxshare ha affidato lo stabilimento di Nichelino alla sua divisione automotive, la Bcs-automotive interface solutions, una multinazionale con oltre 5.500 dipendenti in tutto il mondo e una presenza in 14 Paesi;

   la contrazione dei volumi del mercato, unita all'assenza di progetti e di nuovi modelli da parte del maggior e storico committente e storico, la Fiat Chrysler automobiles, ha tuttavia determinato diverse difficoltà all'intero indotto dell'auto;

   Bcs automotive ha firmato il 12 settembre 2018 a Torino con i sindacati l'accordo per un anno di contratti di solidarietà per 140 dei 188 dipendenti dello stabilimento ex Sipea, che dunque lavoreranno a orario e paga ridotti;

   il 17 settembre 2018 sono partiti i contratti di solidarietà e, a seguito della firma dell'accordo, la Fiom-Cgil ha spiegato di aver sottoscritto i contratti di solidarietà «per difendere l'occupazione e proteggere i lavoratori con un accordo che durerà 12 mesi, ma è necessario che la proprietà annunci investimenti per consentire un rilancio dell'attività del sito produttivo»;

   aziende come l'ex Sipea Trw, che dipendono quasi esclusivamente dalle commesse del gruppo Fiat, hanno subito negli ultimi anni notevoli perdite di fatturato, nel momento in cui sono venute a mancare le richieste di fornitura;

   in data 17 gennaio 2019 si è tenuto presso l'Unione industriale di Torino il programmato incontro tra la direzione aziendale e le rappresentanze dei lavoratori;

   il direttore operativo di Bcs automotive Europa, in rappresentanza dell'azienda, ha dichiarato di considerare «strategico» lo stabilimento di Nichelino;

   la dirigenza ha dichiarato di voler superare l'attuale calo di committenze attraverso lo spostamento di produzioni precedentemente esternalizzate, l'allargamento della platea di clienti e ingenti investimenti per il sito di Nichelino, che, secondo il comunicato sindacale Fiom –Cgil, ammonteranno a oltre mezzo milione di euro;

   a maggio 2019 è previsto un nuovo incontro tra la dirigenza e le rappresentanze sindacali, per valutare le azioni realmente messe in atto e valutare l'eventuale interruzione dei contratti di solidarietà;

   ad oggi e per altri nove mesi i dipendenti continuano a subire una decurtazione salariale per effetto dei contratti di solidarietà attualmente in essere –:

   se il Governo intenda porre in essere le opportune iniziative di competenza per monitorare la situazione dello stabilimento di Nichelino, al fine di valutare l'effettivo impegno anche finanziario garantito dai vertici europei di Bcs automotive;

   se il Governo intenda attivarsi per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per il superamento dei contratti di solidarietà, anche attraverso incontri istituzionali con i vertici europei di Bcs automotive.
(3-00599)

(11 marzo 2019)

(ex 4-02432 del 7 marzo 2019)

D) Interpellanza e interrogazione

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante la proroga di termini di disposizioni legislative, sposta dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 la data della cessazione del regime «di maggior tutela» nel settore del gas naturale e dell'energia elettrica, stabilita dall'articolo 1, commi 59 e 60, della legge 4 agosto 2017, n. 124, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», ritardando il processo di passaggio previsto che ha la finalità di estendere il mercato libero, favorendo regimi di sana concorrenza tra gli operatori, obbligandoli a fornire offerte trasparenti e «certificate», e di mettere i consumatori nella condizione di scegliere in maniera chiara e consapevole, tra le offerte di luce e gas, quelle che siano ritenute più vantaggiose e affidabili;

   lo slittamento della data incide su un mercato dove, alla fine del 2017, i clienti domestici nel mercato libero risultano essere il 40,6 per cento (complessivamente 11,8 milioni di punti di prelievo) contro 17,2 milioni di utenze nel tutelato, cioè il 59,4 per cento; mentre, nella tipologia «altri usi», risultano sul mercato libero 3,6 milioni di utenze (51,9 per cento) e 3,2 sul mercato tutelato (46,2 per cento), nella tipologia «pubblica», 214 mila utenti nel mercato libero (80,7 per cento) contro 24 mila nel tutelato (9,3 per cento): complessivamente, 15,7 milioni di utenze hanno scelto il mercato libero, cifra che rappresenta il 43,2 per cento del mercato, e 20,5 milioni il mercato tutelato (56,5 per cento del mercato), mentre 91 mila risultano essere quelle in regime di salvaguardia (lo 0,3 per cento);

   all'articolo 1, commi 67 e 68, della legge n. 124 del 2017, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», è previsto che siano rimandate ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle misure necessarie a garantire l'ingresso consapevole nel mercato dei clienti finali, secondo meccanismi che assicurino la concorrenza e la pluralità di fornitori e di offerte nel mercato libero;

   il processo di implementazione è in ritardo, stante la mancanza di tale decreto attuativo per l'avvio della riforma, decreto che il Ministro interpellato avrebbe dovuto già emanare;

   la proroga, rispetto al superamento del mercato di maggior tutela, non deve comportare un mero slittamento temporale che vanifichi il processo di riforma del mercato energetico che è stato più volte rinviato, ma deve essere utilizzata, sfruttando il periodo che resta, per offrire un meccanismo che fornisca le maggiori certezze ai consumatori in termini di trasparenza affinché possano scegliere nel modo più consapevole –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla riforma di cui in premessa e se abbia intenzione di proseguire nel percorso delineato dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, teso a favorire la concorrenza in un settore così importante per la vita di cittadini e imprese.
(2-00100) «Benamati, Moretto, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Nardi, Noja, Zardini».

(18 settembre 2018)

   BENAMATI e MORETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la legge 4 agosto 2017, n. 124 («Legge annuale per il mercato e la concorrenza»), entrata in vigore il 29 agosto 2017, prevede, all'articolo 1, commi 59 e 60, la cessazione del regime «di maggior tutela» nel settore del gas naturale e dell'energia elettrica, con la finalità di estendere il mercato libero favorendo regimi di sana concorrenza tra gli operatori, obbligandoli a fornire offerte trasparenti e «certificate», e di mettere i consumatori nella condizione di scegliere in maniera chiara e consapevole, tra le offerte luce e gas, quelle che siano ritenute più vantaggiose e affidabili;

   il mercato elettrico nazionale è contraddistinto da una grande frammentarietà di venditori attivi, che risultano essere 410 (la classifica dai primi venti gruppi per vendite nel mercato libero è esposta nella tavola 2.47 estratta dalla relazione annuale dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) con il gruppo Enel in prima posizione e il gruppo Eni in seconda;

   sempre dalla relazione dell'Autorità il grado di concentrazione nazionale nel mercato libero appare ancora basso, ma in aumento: nel 2017 l'indice HHI (indice di concentrazione di un settore) è sì salito da 623 a 806, ma rimane lontano dalla soglia di 1.500 a partire dalla quale il mercato viene giudicato moderatamente concentrato;

   la legge sulla concorrenza prevede, al comma 80 dell'articolo 1, che al fine di garantire la stabilità e la certezza del mercato dell'energia elettrica, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, venga istituito presso il Ministero dello sviluppo economico l'elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica a clienti finali e che, a decorrere dalla data dell'istituzione di tale elenco, le condizioni necessarie per lo svolgimento delle attività di vendita di energia elettrica a clienti finali sono l'inclusione e la permanenza nell'elenco stesso;

   ai due commi successivi, si prevede inoltre che il Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, stabilisca con decreto, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, i criteri, le modalità e i requisiti tecnici, finanziari e di onorabilità per l'iscrizione nell'elenco stesso che deve essere pubblicato nel sito internet del Ministero dello sviluppo economico e aggiornato mensilmente;

   l'Autorità, con delibera 762/2017/I/eel del 16 novembre 2017, ha approvato la proposta al Ministro dello sviluppo economico in merito ai criteri, requisiti e modalità per l'ammissione dei soggetti esercenti la vendita di energia elettrica nell'elenco previsto dalla legge sulla concorrenza, ai fini della successiva predisposizione del relativo decreto ministeriale;

   dopo la redazione del decreto da parte del Ministero, questo è stato inviato al Consiglio di Stato il quale ha espresso un parere positivo con poche osservazioni al riguardo;

   le previsioni incluse in tale decreto sono fondamentali per il corretto funzionamento del libero mercato e per la tutela dei consumatori da soggetti non qualificati e senza i necessari requisiti di serietà e onorabilità;

   il provvedimento risulta ancora fermo al Ministero dello sviluppo economico, nonostante fosse prevista la sua emanazione entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge sulla concorrenza, ovvero entro il mese di novembre 2017 –:

   se il Governo abbia intenzione di proseguire nel percorso delineato dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, indicando tempi certi per l'emanazione del decreto citato in premessa per garantire che tutti gli adempimenti di sua competenza previsti dalla legge stessa siano portati a termine.
(3-00600)

(11 marzo 2019)

(ex 5-00587 del 2 ottobre 2018)

E) Interrogazione

   MULÈ. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel corso di un sopralluogo dei consiglieri di minoranza, autorizzato dal competente dirigente del comune di Albenga, avvenuto in data 11 luglio 2018, presso il palazzo comunale Peloso Cepolla, sede del Museo navale, non è stato consentito l'accesso alle sale espositive ove sono conservati:

    a) l'archivio storico del comune di Albenga e l'archivio degli scavi compiuti da Nino Lamboglia, per oltre un quarantennio nella veste di funzionario della soprintendenza archeologica della Liguria;

    b) la collezione di vasi in ceramica savonese dell'antica Farmacia dell'Ospedale di Albenga, comprendente un centinaio di esemplari, dalla caratteristica decorazione bianco-blu, prodotti a Savona e ad Albissola tra il XVII e il XIX secolo;

    c) la mostra permanente «Preistoria in Val Pennavaira»;

    d) l'attrezzatura della prima archeologia subacquea italiana di proprietà dello Stato;

   da circa due anni, e precisamente da quando la gestione dei Musei Ingauni è stata affidata dal comune alla Fondazione Oddi (interamente partecipata dall'ente comunale), dette sale restano chiuse non solo al pubblico dei visitatori, ma anche all'amministrazione comunale che ne è legittima proprietaria, in quanto le chiavi di accesso sono nell'esclusiva disponibilità della famiglia di Camillo Costa, rappresentante dell'Istituto Studi liguri;

   risulta all'interrogante che sia stato riferita ai consiglieri comunali da soggetti terzi la possibilità che alcuni reperti comunali e statali ivi conservati possano di fatto non essere più presenti all'interno del palazzo comunale Peloso Cepolla, sede del Museo navale;

   come detto, si è registrato però un diniego ai consiglieri comunali ad accedere per la doverosa verifica –:

   se il Ministro interrogato intenda valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa di competenza al fine di tutelare il patrimonio dei beni culturali custodito nel museo sopra richiamato.
(3-00080)

(13 luglio 2018)

F) Interrogazione

   DADONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa di reclusione di Alba è stata chiusa nel mese di gennaio 2016 a causa di un'epidemia di legionella, che ha comportato il trasferimento di 122 detenuti in altre strutture;

   nel giugno del 2017, dopo alcuni lavori di bonifica e messa in sicurezza, ha riaperto una sezione della stessa casa di reclusione adatta ad ospitare 35 persone;

   nello stesso anno l'allora Ministro Orlando annunciava un cronoprogramma che prevedeva l'ingresso di tutti i detenuti entro la metà del 2019, con oltre a 4 milioni di euro di investimento;

   nel settembre 2018 tale progetto è stato ultimato e inviato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria al provveditorato opere pubbliche competente per il Piemonte, che lo ha però respinto per un vizio di forma (mancanza di firme originali);

   secondo una ricostruzione giornalistica, durante un convegno svoltosi ad Alba nel mese di novembre 2018, il garante regionale per i diritti dei detenuti e il sindaco di Alba esponevano la questione al Ministro interrogato;

   quest'ultimo provvedeva nell'immediato, sempre come riportato dalle testate giornalistiche, a telefonare al direttore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il quale a sua volta si impegnava a sbloccare immediatamente l’iter burocratico;

   ad oltre un mese dalla presenza del Ministro interrogato presso la provincia di Cuneo, sui giornali compariva un nuovo appello, lanciato dai garanti comunale e regionale dei detenuti, intitolato «Sul futuro del carcere di Alba c'è un'incertezza imbarazzante». Nell'articolo in questione i garanti ricostruiscono le pregresse situazioni concernenti la struttura, lamentando una sorta di paralisi delle istituzioni;

   la casa circondariale di Alba risulta attualmente la più sovraffollata del Piemonte, con una presenza di 45-50 detenuti su una capienza massima di 35; tale problematica ovviamente si riverbera sulla funzione rieducativa della pena prevista dalla Costituzione, vista anche la carenza di spazi per svolgere attività socializzanti, nonché di mediatori culturali per i detenuti stranieri –:

   se sia a conoscenza delle ragioni per le quali l’iter dei lavori della casa di reclusione di Alba non sia ancora ripartito e, qualora non vi fossero idonei motivi per il citato rallentamento dell’iter, cosa intenda fare al fine di permettere l'avvio dei lavori.
(3-00598)

(11 marzo 2019)

(ex 5-01160 del 9 gennaio 2019)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LO SVILUPPO DELLA FORMAZIONE TECNOLOGICA E DIGITALE IN AMBITO SCOLASTICO

   La Camera,

   premesso che:

    come emerge dal «The future of jobs report 2018», che ha coinvolto gli strateghi esecutivi, nonché i responsabili delle risorse umane di un campione di aziende riconducibili a 12 settori industriali e 20 economie (che valgono il 70 per cento del prodotto interno lordo mondiale e 15 milioni di lavoratori impiegati), presentato al World economic forum del 2019, entro il 2022 le aziende 4.0 adotteranno tecnologia cloud, intelligenza artificiale, analisi big data, connessioni mobili ad alta velocità, realtà aumentata, impiego di droni, distribuzione on line, e successivamente al 2022, anche robot umanoidi;

    tutto ciò porterà entro il 2022 alla soppressione di 75 milioni di posti di lavoro che potranno essere affidati a macchine, mentre, allo stesso tempo, altri 133 milioni verranno creati in ruoli più adatti alla divisione del lavoro tra umani, macchine e algoritmi, con un aumento netto di 58 milioni di nuove opportunità lavorative;

    in pochi anni ci sarà anche in Italia una crescente domanda di lavori in cui vi è un alto impiego di tecnologie: analisti di dati, sviluppatori di software e applicazioni, esperti di social ed e-commerce, esperti di automazione, ingegneri robotici e tanti nuovi ruoli in qualità di specialisti in machine learning e intelligenza artificiale;

    secondo il rapporto Ocse sul futuro dell'occupazione «Job creation and local economic development 2018», che analizza l'impatto del progresso tecnologico sui mercati del lavoro regionali e locali, il 14 per cento dei posti di lavoro all'interno dell'area è ad alto rischio automazione e, nel periodo 2011-2016, circa l'80 per cento delle regioni dell'area Ocse ha subito riduzione di posti di lavoro ad alto rischio automazione, anche se, a fronte di questa riduzione, sono stati creati nuovi posti di lavoro;

    secondo il rapporto Ocse sopra citato nei Paesi Ocse il 31,6 per cento dei lavori è a elevato rischio di cambiamento e il 14 per cento è a elevato rischio di automazione; in questo quadro generale l'Italia è il Paese europeo con il più alto tasso di skill mismatch e presenta un indice di fattore di rischio superiore alla media, pari al 35,5 per cento dei lavori che presentano elevato rischio di cambiamento, mentre il 15,2 per cento è a elevato rischio di automazione;

    per colmare il gap di competenze determinato dall'adozione di nuove tecnologie, le aziende punteranno, tra le strategie future prevalenti, sull'assunzione di interi nuovi staff di lavoratori in possesso delle competenze per l'utilizzo delle nuove tecnologie;

    le trasformazioni della quarta evoluzione industriale (intelligenza artificiale, robotica e biotecnologia), se governate da scelte pubbliche, oltre che private, tempestive ed innovative, possono favorire una nuova era del lavoro, migliorare, anziché sostituire, le condizioni e le opportunità del lavoro, migliorare i prodotti e il modo in cui un'azienda sta nel mercato, aggiungere valore per i clienti, migliorando la qualità della vita. Viceversa, se ignorate, queste trasformazioni allargheranno le lacune di competenze e creeranno nuove e maggiori disuguaglianze e polarizzazioni;

    le 10 skills, sempre secondo il rapporto «The future of jobs report 2018», che saranno indispensabili già a partire dal 2020 per gestire, coordinare o lavorare, rimandano a capacità di problem solving in situazioni complesse, pensiero critico, creatività, gestione delle persone, coordinarsi con gli altri (team working skills), intelligenza emotiva, capacità di giudizio e prendere decisioni, orientamento al servizio, negoziazione, flessibilità;

    queste competenze dovranno essere affrontate, insegnate e soprattutto allenate nei percorsi di istruzione scolastica e accademica per non avere degli «analfabeti di ritorno», al termine degli studi superiori, e per non farne dei disoccupati da formare nuovamente con nuovi costi per la collettività;

    la scuola italiana, da quest'anno, è frequentata da «centennials», la generazione che non ha conosciuto il mondo senza internet;

    gli alunni che frequentano il primo anno della scuola dell'infanzia concluderanno gli studi superiori nel 2034 e quelli che frequentano la prima classe della scuola primaria nel 2031;

    il «coding», cioè la programmazione informatica, è diventata negli ultimi anni una nuova «lingua» che permette di dialogare con il computer per assegnare allo stesso i compiti o comandi in modo semplice e permette agli studenti, giocando a programmare, di imparare ad usare la logica, a risolvere i problemi e sviluppare il pensiero computazionale;

    il «coding» è una materia fondamentale per le nuove generazioni di studenti per alfabetizzarli ai linguaggi delle tecnologie e dominarle e rappresenta la quarta abilità di base della scuola, in continuità e non in contrapposizione con le abilità tradizionali del leggere, scrivere e far di conto;

    dal 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha avviato sperimentazioni nelle scuole dell'infanzia e primarie del nostro Paese;

    la Gran Bretagna, la Finlandia, l'Estonia e altri Paesi europei hanno inserito la materia del «coding» tra quelle obbligatorie, a partire dalla scuola primaria, come pure nei Paesi più avanzati sul piano tecnologico ed economico (Usa, Cina e India);

    l'Unesco ha più volte cercato di attirare l'attenzione sulla necessità di favorire l'accesso delle bambine agli studi matematici e scientifici sin dai primi anni di scuola, al fine del superamento degli stereotipi che le vogliono meno adatte allo studio di tali materie, anche se le ricerche dimostrano che il livello delle performance dipende dall'esperienza, dall'allenamento, dall'abilità esercitata dal cervello di creare nuove connessioni. Appare, quindi, evidente che ciò non si può lasciare all'iniziativa di singoli soggetti, ma che è nel sistema nazionale di istruzione, con conseguente distribuzione su tutto il territorio del Paese e sin dai primi anni del percorso formativo, senza differenze derivanti dal titolo di studio dei genitori o dalle condizioni socio-economiche delle famiglie, che va sviluppata l'alfabetizzazione alle nuove tecnologie, anche e soprattutto delle bambine affinché possano accedere alle professioni del nuovo millennio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per introdurre entro il 2022 l'obbligatorietà dello studio del «coding» nelle scuole dell'infanzia e nella scuola primaria;

2) a considerare lo studio del «coding» e la dotazione nelle classi degli strumenti tecnologici a tal fine necessari come nuovi aspetti degli ambienti per l'apprendimento in sostituzione degli arredi tradizionali, quali le lavagne di ardesia e la tradizionale organizzazione degli spazi con banchi e sedie non modulabili;

3) a valutare, di conseguenza, la dotazione di arredi in nuovi spazi non più rigidi e la fornitura di strumenti hardware avanzati come componente essenziale e obbligatoria dell'aula del terzo millennio;

4) ad adottare iniziative per impegnare, a tal fine, quota delle risorse finanziarie attualmente destinate a interventi di edilizia scolastica al fine di avviare su tutto il territorio nazionale e in tutte le scuole dell'infanzia e primarie, dall'anno scolastico 2022-2023, lo studio obbligatorio del «coding»;

5) ad adottare iniziative per prevedere, a partire già dall'anno scolastico in corso, percorsi di formazione tecnologica per il personale educativo e docente delle scuole dell'infanzia e primaria, al fine di sensibilizzarlo alle nuove metodologie didattiche digitali attraverso cui veicolare gli apprendimenti e raggiungere gli obiettivi delle indicazioni nazionali;

6) a promuovere e favorire iniziative volte all'alfabetizzazione e allo sviluppo dell'apprendimento del «coding» nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, come l'iniziativa «Programma il futuro», che è attiva nelle scuole italiane dall'anno scolastico 2014-2015.
(1-00117) «Aprea, Gelmini, Palmieri, Casciello, Marin, Marrocco, Saccani Jotti, Battilocchio, Calabria, Cassinelli, D'Attis, D'Ettore, Ferraioli, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Mandelli, Mugnai, Musella, Napoli, Novelli, Pentangelo, Perego Di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Polidori, Rossello, Rosso, Rotondi, Ruffino, Paolo Russo, Scoma, Silli, Maria Tripodi, Versace, Vietina, Zanella, Spena, Sozzani».

(1° febbraio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    il Pew research center di Washington ha girato una domanda a un campione di esperti sulle tecnologie dell'informazione e sulla possibilità che siano destinate a cancellare più posti di lavoro di quanti ne creeranno; secondo il 48 per cento degli interpellati, con la nuova ondata di innovazione le macchine sostituiranno anche parte dei lavoratori specializzati, mettendo a repentaglio l'ordine sociale. L'altra metà degli esperti è invece convinta del contrario: la tecnologia sarà in grado di creare più posti di lavoro rispetto a quelli che andranno perduti;

    la ricerca Skills revolution, condotta da Manpower group tra 18.000 datori di lavoro in 43 Paesi del mondo e presentata al World economic forum 2017 di Davos, vede la percentuale di «ottimisti» salire addirittura all'83 per cento del totale. Secondo la ricerca, l'automatizzazione e la digitalizzazione faranno crescere il lavoro, in particolare in Italia: tra i 43 Paesi oggetto dell'indagine è proprio nel nostro che si stima una creazione di nuovi posti tra il 31 per cento ed il 40 per cento del totale, al netto naturalmente dell’«upskilling», ossia dell'aggiornamento delle competenze professionali;

    la chiave del successo nel rapporto tra tecnologia e lavoro deve abbracciare la rivoluzione digitale, a partire dai banchi di scuola. Lo ha sottolineato anche Unctad, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, nel suo report «Robot and industrialization in developing countries»: «(...) Bisogna ridisegnare i sistemi educativi – si legge nel documento – in modo da creare le competenze manageriali e professionali necessarie a lavorare con le nuove tecnologie (...)»;

    per far fronte a quello che non è un cambiamento lineare ma una vera e propria «rottura» bisogna impegnarsi al fine di dotare le scuole di un supporto tecnologico adeguato;

    il vero cambiamento mentale da sostenere è la possibilità di diventare protagonisti e creatori della tecnologia stessa già in tenerissima età, attraverso corsi che stanno accelerando il modo di «vivere digitale» dei giovanissimi e stanno dando una carta in più per un inserimento professionale sicuro nella società «iper tecnologica» di domani. Si tratta dei nuovi programmi formativi di «coding» (ovvero della programmazione);

    il concetto di «coding» va ben oltre la sua traduzione letterale in «codifica o programmazione», ma indica «l'uso di strumenti e metodi intuitivi di programmazione per favorire lo sviluppo del pensiero computazionale»;

    l'efficacia del «coding» nello sviluppo dei ragazzi è così rilevante che la Commissione europea dal 2013 ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e alfabetizzazione funzionale denominata «Europe code week»;

    molte esperienze stanno dando grandi risultati se si considera che le scuole italiane sono state protagoniste del 45 per cento delle attività organizzate durante l'ultima edizione di «Europe code week»;

    sono decine di migliaia gli insegnanti che si sono formati nel nostro Paese, coinvolgendo oltre un milione di bambini;

    il «coding» utilizzato nella pratica didattica è un metodo, uno strumento da applicare alla didattica per innescare nuove dinamiche all'interno della classe, favorire il lavoro in gruppo, fare squadra, coinvolgere tutti;

    il progetto di digitalizzazione delle istituzioni scolastiche è stato uno dei pilastri fondamentali della «Buona scuola» (legge n. 107 del 2015), che ha posto al centro della didattica l'educazione digitale; la «Buona scuola» ha sancito la necessità di riportare al centro la didattica laboratoriale, come punto d'incontro essenziale tra sapere e saper fare;

    gli studenti che oggi frequentano le scuole appartengono alla cosiddetta generazione dei «centennials», di coloro che non ha mai vissuto senza connessione;

    per questa nuova generazione il «coding» è un modo di comunicare, di imparare e sviluppare il proprio pensiero;

    in molti Paesi europei la materia del «coding» è inserita tra le materie obbligatorie;

    come emerge dall'osservazione dei mutamenti sociali ed economici a cui si assiste quotidianamente, è necessario tener conto di una nuova prospettiva di insegnamento,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per rafforzare – anche in considerazione degli investimenti già previsti dalla «Buona scuola» – un disegno organico di innovazione delle scuole italiane, con programmi e azioni coerenti che comprendano l'accesso, gli ambienti di apprendimento, i dispositivi, le piattaforme, l'amministrazione digitale, la ricerca, la formazione e ovviamente la didattica, la metodologia e le competenze;

2) ad avviare tutte le iniziative necessarie a considerare lo studio generalizzato del «coding» nelle scuole di ogni ordine e grado, quale metodo intuitivo di programmazione per favorire lo sviluppo del pensiero computazionale;

3) a valutare, di conseguenza, l'assunzione di iniziative per allineare tutti gli spazi della scuola a questa visione di cambiamento, a partire dagli interventi a favore dell'edilizia scolastica che includano una riconfigurazione funzionale degli ambienti per l'apprendimento, con l'obiettivo di renderli ambienti associati all'innovazione e alla creatività digitale;

4) ad adottare iniziative per rafforzare percorsi di formazione per il personale educativo e docente delle scuole di ogni ordine e grado, sostenendo il progetto – già avviato dal precedente Governo – della presenza nelle scuole degli «animatori digitali», docenti che, adeguatamente formati, hanno svolto negli ultimi anni un ruolo strategico nella diffusione dell'innovazione didattica nelle scuole, tenendo conto delle tecnologie digitali come sostegno per la realizzazione dei nuovi paradigmi educativi e per la progettazione operativa di attività.
(1-00136) «Ascani, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Piccoli Nardelli, Prestipino, Rossi, Enrico Borghi, Fiano».

(6 marzo 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    secondo le stime dell'Ocse l'avvento della robotica e dell'intelligenza artificiale sta determinando mutamenti strutturali nel mondo del lavoro, tanto da ipotizzare una vera e propria sostituzione dei ruoli occupazionali;

    se la nuova tecnologia sta creando effetti positivi in campo economico, nel campo occupazionale sta, invece, creando grave disagio, poiché alimenta la preoccupazione che si possa realizzare la «disoccupazione tecnologica» profetizzata già all'inizio del ’900 da Keynes;

    è inevitabile che l'adozione di nuove tecnologie costringerà le aziende ad assumere personale in possesso delle competenze necessarie a gestire le nuove strutture, ma se anche molti lavori cesseranno di esistere, allo stesso tempo si creeranno nuove opportunità lavorative;

    i mercati da soli, tuttavia, non sono in grado di gestire questo processo di trasformazione e di adeguamento ai mutamenti tecnologici, motivo per il quale il ruolo delle istituzioni e, in particolare, della scuola deve essere trainante in questo processo;

    in primo luogo, occorre adeguare i percorsi didattici con l'obiettivo di sviluppare l'alfabetizzazione alle nuove tecnologie, fino a raggiungere una formazione che consenta ai cittadini di saper affrontare un sistema come quello che si prospetta nell'immediato futuro, basato su tecnologie sofisticate e intelligenze artificiali;

    uno dei modi per arrivare preparati ad affrontare le problematiche sopra trattate è quello di iniziare proprio ad insegnare ai bambini e ai ragazzi a gestire questi nuovi meccanismi, attraverso l'apprendimento della programmazione informatica;

    in questo modo si intende scongiurare che, alla fine del percorso scolastico, si creino degli studenti già in difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, perché carenti dei requisiti necessari ad affrontare le nuove dinamiche lavorative;

    la programmazione informatica («coding») agevola l'uso dei mezzi informatici, consentendo agli studenti di interagire con essi in modo semplice e immediato, e applicata alla didattica come un nuovo metodo di apprendimento, indistintamente per le materie scientifiche e letterarie, ha un enorme potenziale, in quanto aiuta i ragazzi ad allenare la mente usando la logica, riuscendo a catturare l'attenzione anche degli alunni più demotivati;

    è pertanto necessario che le scuole incrementino la sperimentazione a partire dalle primarie, adeguandosi in questo modo ad altre nazioni europee dove la programmazione informatica è già stata inserita tra le materie obbligatorie;

    l'alfabetizzazione digitale, favorendo lo sviluppo di abilità e competenze, rappresenta uno strumento importante anche per favorire l'inserimento nel sistema dell'istruzione delle persone svantaggiate;

    nei percorsi scolastici e formativi dovrà quindi essere inserita, oltre alle abilità tradizionali quali la lettura, la scrittura e la matematica, anche la programmazione informatica;

    l'introduzione di questa nuova materia indubbiamente incentiva le competenze scientifiche, ma non dovrà in alcun modo ridurre l'importanza che hanno nella tradizione scolastica italiana le materie umanistiche, che sono i pilastri su cui si basano la cultura e l'identità italiane;

    è, pertanto, necessario e urgente porre questa tematica al centro del dibattito, affinché il sistema istruzione nel suo complesso si prepari ad affrontare questa importante sfida in modo strutturale e adeguato, con l'obiettivo di mettere tutti gli studenti, senza distinzione alcuna, in grado di affrontare questi cambiamenti epocali,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per introdurre entro l'inizio dell'anno scolastico 2020/2021 l'obbligatorietà dello studio della programmazione informatica («coding») nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, nel rispetto dell'autonomia organizzativa e didattica di ciascuna istituzione scolastica;

2) ad adottare iniziative per prevedere obbligatoriamente percorsi formativi nell'ambito dell'alternanza scuola lavoro, anche attraverso la collaborazione con università, associazioni, organismi del terzo settore e imprese, con l'obbiettivo finale di trasmettere agli studenti il pensiero computazionale e la logica della programmazione, indispensabile per qualunque professione essi vorranno esercitare, dando così vita ad un circolo virtuoso in grado di contribuire in modo significativo alla creazione della cosiddetta cittadinanza digitale;

3) ad adottare iniziative per incrementare la formazione obbligatoria dei docenti sull'innovazione didattica e lo sviluppo della cultura digitale per l'insegnamento, l'apprendimento e la formazione delle competenze lavorative, così come previsto dal Piano nazionale scuola digitale.
(1-00137) «Frassinetti, Lollobrigida, Mollicone, Bucalo, Ciaburro, Acquaroli, Bellucci, Butti, Caretta, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Meloni, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(11 marzo 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    le competenze trasversali sottolineano l'importanza di progettare la formazione non soltanto in termini pratici, ma soprattutto prendendo in considerazione un insieme di conoscenze, abilità e comportamenti utili per incanalare le capacità del soggetto nel contesto sociale di riferimento, utilizzando specifiche risorse culturali e cognitive. In tal senso, le tecnologie digitali favoriscono questo processo, facilitando l'apprendimento e progetti di inclusione didattica. Come specificato nel Piano nazionale per la scuola digitale: «(...) le tecnologie digitali intervengono a supporto di tutte le dimensioni delle competenze trasversali (...). Ma si inseriscono anche verticalmente, in quanto parte dell'alfabetizzazione del nostro tempo e fondamentali competenze per una cittadinanza piena, attiva e informata, come anticipato dalla raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio d'Europa e come ancor meglio sottolineato da framework come 21st Century skills (“Competenze per il 21mo secolo”), promosso dal World economic forum» (pagina 72 del Piano nazionale per la scuola digitale);

    in «Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile», adottata dai leader globali durante il summit delle Nazioni Unite del 25 settembre 2015, si chiede un impegno agli Stati aderenti a promuovere la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva attraverso una strategia in grado di produrre prosperità e benessere collettivo, di contrastare fenomeni di disuguaglianza e di esclusione sociale, coinvolgendo le università, gli enti di ricerca e la società civile. In particolare, l'obiettivo 4 si concentra sul «Fornire un'educazione di qualità, equa e inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti» e l'obiettivo 8 nell’«Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un'occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti»;

    anche negli «obiettivi di servizio» del Fondo sviluppo e coesione con le priorità riconosciute dalla strategia Europa 2020, vengono tracciate le linee di sviluppo per i sistemi educativi, individuando, tra gli obiettivi fondamentali per le politiche nazionali, la promozione delle competenze essenziali a favorire l'equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva, nonché l'occupabilità dei giovani;

    la Commissione europea nel Digital education action plan del 17 gennaio 2018 si pone il problema di come la trasformazione digitale stia cambiando il mondo e, quindi, di come aiutare il mondo dell’education a rispondere a queste nuove esigenze. La Commissione europea sostiene, infatti, un piano d'azione per l'istruzione digitale per aiutare cittadini, istituti e sistemi di istruzione a prepararsi meglio a vivere e lavorare in un'era di rapidi cambiamenti digitali mediante un migliore impiego delle tecnologie digitali per l'insegnamento e l'apprendimento, mediante lo sviluppo delle competenze e delle abilità digitali necessarie per vivere e lavorare in un'era di trasformazioni digitali, mediante il miglioramento dell'istruzione e mediante una previsione e un'analisi dei dati più attente. Il piano, inoltre, indica come obiettivo che il «coding» venga praticato in ogni scuola entro il 2020 e che almeno il 50 per cento delle scuole europee prenda parte a «Europe code week», la campagna per la diffusione del pensiero computazionale;

    al pensiero computazionale è dedicato il paragrafo 5.4 delle «Indicazioni nazionali e nuovi scenari per la scuola dell'infanzia e il primo ciclo», pubblicate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 22 febbraio 2018, che lo inseriscono tra gli strumenti culturali per la cittadinanza. L'intero documento punta a garantire a tutte le studentesse e a tutti gli studenti le competenze chiave per affrontare i cambiamenti e le sfide del loro presente, per proiettarsi al meglio nel futuro, per diventare cittadine e cittadini attivi e consapevoli, capaci di condividere valori comuni e di confrontarsi positivamente con l'altro;

    per pensiero computazionale si intende un processo mentale che consente di risolvere problemi di varia natura, seguendo metodi e strumenti specifici e pianificando una strategia. Il pensiero computazionale riformula un problema apparentemente difficile in uno che si sa di essere in grado di risolvere, magari attraverso la riduzione, l'inclusione, la trasformazione o la simulazione. Il «coding» è «la palestra» nella quale sviluppare il pensiero computazionale, l'applicazione dei principi del pensiero informatico per la risoluzione di attività o problemi logici più o meno complessi. Si sviluppa così un processo logico creativo che, più o meno consapevolmente, viene messo in atto nella vita quotidiana per affrontare e risolvere problemi. L'obiettivo non deve essere quello di far diventare tutti dei programmatori informatici, ma di diffondere elementi di pensiero fondamentali per la comprensione della società moderna, qualunque sia il mestiere che gli studenti svolgeranno da grandi;

    in questa nuova visione, il pensiero computazionale e la creatività digitale servono per sviluppare e praticare competenze e attitudini che possano portare ad un uso consapevole della tecnologia, diventano una nuova sintassi, tra pensiero logico e creativo, che forma il linguaggio che si parla con sempre più frequenza nel nostro tempo e fungono da agenti attivi dei grandi cambiamenti sociali, economici e comportamentali, di economia, diritto e architettura dell'informazione, traducendosi in competenze di «cittadinanza digitale» essenziali per affrontare il nostro tempo ed essere utenti consapevoli delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ed esercitare appieno i propri diritti di cittadinanza. Non può esserci uso consapevole della tecnologia senza il pensiero computazionale e la creatività digitale, capacità da coltivare e applicare in modo interdisciplinare. Le nuove generazioni saranno in grado di affrontare così la società del futuro non da consumatori passivi e ignari di tecnologie e servizi, ma da soggetti consapevoli di tutti gli aspetti in gioco e come attori attivamente partecipi del loro sviluppo;

    a tal proposito, i membri del MoVimento 5 Stelle della Commissioni cultura di Camera e Senato hanno commissionato ad una società specializzata in studi previsionali una ricerca su come evolverà la cultura italiana fino al 2030. La ricerca, condotta con il metodo Delphi, si è avvalsa della collaborazione di 11 tra i massimi esperti del settore ed ha fornito una ricca serie di risultati che sono stati resi pubblici in diversi incontri. Tra i risultati emersi dalla ricerca, vi è l'elevato rischio previsto nel 2030 di una crescente disuguaglianza nelle opportunità di formazione tra persone in possesso di elevate competenze e maggiormente in grado di orientarsi nelle migliori opportunità, da un lato, e, dall'altro, soggetti meno pronti a cogliere i benefici di internet. A supporto di quanto affermato, la ricerca indica proprio l'esempio degli scarsi sforzi portati avanti, negli anni, dalle scuole dell'infanzia in merito allo svolgimento di attività didattiche relative al «coding». Invero, è proprio da questo ordine di scuola che risulta fondamentale partire per educare gli studenti al pensiero computazionale e poter fornir loro le competenze necessarie per affrontare i cambiamenti e le sfide del loro presente e quelle riservate dal loro futuro;

    il pensiero computazionale, quindi, è una competenza che risulta funzionale al «cittadino 4.0» e le relative attività sono sufficientemente versatili, ricche e immediate da poter essere applicate alla pratica didattica in ogni disciplina e in ogni ordine di scuola, con il duplice beneficio di contribuire allo sviluppo del pensiero computazionale e della creatività digitale e di applicarle alla comprensione della disciplina oggetto dell'attività;

    invero, però, non si può non sottolineare l'aspetto strumentale della tecnologia, il suo essere mezzo e non scopo. Una didattica basata sulla tecnologia amplifica e potenzia le molteplici possibilità di rinforzo che la mera lezione frontale non offre, anche per l'interesse e la curiosità che il mezzo induce nei giovani, che agevola l'apprendimento rendendolo efficace. Le diverse metodologie didattiche innovative, Eas, Flipped classroom, Tinkering, Ibse, scuola scomposta, il Debate, Problem solving, storytelling, Cooperative learning e così molte altre presentano l'innegabile merito di porre lo studente al centro del proprio apprendimento come artefice della costruzione delle proprie abilità e competenze, un protagonismo che valorizza innegabilmente la trasversalità dei saperi;

    anche l'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire) ha dato vita ad un progetto di ricerca-azione denominato «Avanguardie educative», il cui obiettivo è di individuare le possibili strategie per diffondere l'innovazione nella scuola italiana, ponendo particolare attenzione ai fattori abilitanti e a quelli che ne ostacolano la diffusione. Il progetto ha lo scopo di individuare, supportare, diffondere e sistematizzare pratiche e modelli educativi volti a ripensare l'organizzazione della didattica, in una società della conoscenza in continua evoluzione;

    tra i vari modelli di innovazione educativa, si consideri l'iniziativa «Scuola senza zaino», basata sull'adozione di strategie educative volte ad accrescere valori come l'ospitalità e il senso di appartenenza ad una comunità e di responsabilità. Oltre a fornire le aule degli strumenti necessari alle attività didattiche ed a escludere, quindi, l'utilizzo dello zaino, tale iniziativa propone un rinnovamento della didattica attraverso una nuova visione degli spazi scolastici. Viene così dato il giusto valore pedagogico all'ambiente, inteso come un soggetto che partecipa al progetto educativo dedicato agli studenti, prevedendo, ad esempio, un'organizzazione degli spazi in aree distinte, con lo scopo di poter diversificare il lavoro scolastico, e consentendo più attività in contemporanea, lo sviluppo dell'autonomia, l'esercizio della capacità di scelta ed una molteplicità di pratiche condivise di gestione della classe;

    l'utilizzo delle nuove tecnologie ed una maggiore conoscenza del «coding» richiedono un'organizzazione diversa dello spazio di apprendimento, a partire dalla progettazione integrata tra gli ambienti, per renderli «interoperabili», garantendo la cooperazione e il confronto tra gli studenti e permettendo, inoltre, una condivisione della conoscenza e delle informazioni che vada oltre l'aula;

    si ritiene necessario, però, evidenziare un pericolo recente ed estremamente insidioso che si concretizza quando la tecnologia si trasforma in dipendenza. Infatti, tra le fobie in rapida diffusione si comincia ad annoverare la «nomofobia», ossia la paura incontrollata di non essere collegati alla rete della telefonia mobile e quindi ai servizi grazie alla quale è possibile accedere, tra cui i social network. Tale paura può comportare intensi stati d'ansia, malessere, irrequietezza ed aggressività, fino a generare una vera e propria dipendenza patologica,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per integrare nei moduli didattici delle scuole dell'infanzia e delle scuole primarie il pensiero computazionale, la creatività digitale, il «coding», la cittadinanza digitale;

2) a promuovere gli elementi fondamentali per l'introduzione dello sviluppo del pensiero computazionale per rafforzare la capacità di analisi e risoluzione dei problemi e l'utilizzo dei suoi strumenti e metodi, sia attraverso tecnologie digitali sia attraverso attività unplugged, per stimolare un'interazione creativa tra digitale e manuale, anche attraverso esperienze di making, robotica educativa e internet delle cose;

3) ad adottare iniziative per prevedere specifiche equipe territoriali formate da docenti, professori universitari e ricercatori di didattica e pedagogia, per progettare e guidare percorsi di educazione attiva e consapevole ai media, per adottare e diffondere modelli educativi innovativi già previsti dal progetto «Avanguardie educative» e per costruire percorsi didattici in spazi esterni alla scuola, all'interno di una rete formata dai diversi attori educativi, sociali e culturali presenti sui singoli territori, anche al fine di adottare iniziative volte allo sviluppo dell'apprendimento del «coding», utilizzando i fondi europei a disposizione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

4) ad adottare iniziative per incentivare percorsi di consapevolezza delle norme sociali e giuridiche in termini di «Diritti della rete», educazione all'uso positivo e consapevole dei media e della rete, anche per il contrasto all'utilizzo di linguaggi violenti, alla diffusione del cyberbullismo, alle discriminazioni; ad adottare iniziative per educare alla valutazione della qualità e dell'integrità delle informazioni, alla lettura, alla scrittura e alla collaborazione in ambienti digitali, alla comprensione e all'uso dei dati e all'introduzione all’open government, al monitoraggio civico e al data journalism; a prevedere iniziative per stimolare la creatività e la produzione digitale, l'educazione all'uso dei nuovi linguaggi del digitale, ai nuovi modelli di lavoro e produzione, alle potenzialità dell'interazione tra fisico e digitale;

5) ad adottare iniziative per prevedere percorsi di formazione tecnologica per il personale docente delle scuole dell'infanzia e primaria, al fine di supportare l'acquisizione di modelli didattici innovativi in grado di superare la dimensione frontale e trasmissiva dei saperi, promuovendo la didattica attiva e l'apprendimento interattivo anche attraverso la simulazione di casi concreti;

6) ad adottare iniziative per valorizzare lo spirito d'iniziativa delle alunne e degli alunni attraverso percorsi di didattica mirata in grado di facilitare in maniera efficace e coinvolgente lo sviluppo della creatività, del pensiero logico e computazionale, nonché l'acquisizione di competenze riferite alla «cittadinanza digitale»;

7) ad adottare iniziative volte a contrastare il fenomeno della «nomofobia», anche favorendo azioni mirate volte alla prevenzione e alla cura di tale preoccupante nuova fobia.
(1-00138) «Melicchio, Belotti, Gallo, Carbonaro, Acunzo, Azzolina, Basini, Bella, Casa, Colmellere, Fogliani, Frate, Furgiuele, Latini, Lattanzio, Mariani, Marzana, Nitti, Patelli, Racchella, Sasso, Testamento, Torto, Tuzi, Villani».

(11 marzo 2019)