TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 107 di Mercoledì 9 gennaio 2019

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   ROTTA, DELRIO, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, CARNEVALI, DE MARIA, FIANO, LEPRI, MORANI, PEZZOPANE, VISCOMI, MARTINA, SENSI, PAITA, FREGOLENT, MORGONI, SCHIRÒ, UNGARO, RIZZO NERVO, MADIA, SIANI, BERLINGHIERI, QUARTAPELLE PROCOPIO, CANTINI, BRAGA, SCALFAROTTO, SERRACCHIANI, PINI, MORETTO, PICCOLI NARDELLI, ZARDINI, DAL MORO, GADDA, BRUNO BOSSIO, BENAMATI, ROSSI, GAVINO MANCA, MIGLIORE, MARCO DI MAIO, ANNIBALI, NAVARRA e DE FILIPPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sugli organi di stampa, sembrerebbe che il prematuro allontanamento dei trenta membri del Consiglio superiore di sanità, organismo di primo livello scientifico che annovera scienziati di chiara fama come il farmacologo Silvio Garattini, il genetista Bruno Dallapiccola, l'endocrinologo Andrea Lenzi, sia stato preceduto da un’«inchiesta» ordinata dalla Ministra interrogata sui precedenti politici dei suoi componenti;

   tale istruttoria non sarebbe stata realizzata per valutare le qualità professionali dei componenti dell'organismo, ma gli eventuali trascorsi politici dei nominati e financo dei loro parenti e sarebbe stata determinante per definire le sorti professionali dei membri che sono stati rimossi dall'incarico per fare spazio ad «altre personalità meritevoli»;

   il documento raccoglierebbe un’«inchiesta» sui membri del Consiglio superiore di sanità: in particolare, sarebbero stati segnalati il vicepresidente del Consiglio superiore, Adelfio Elio Cardinale, professore di radiologia all'Università di Palermo, «colpevole» perché sposato «con Magistrato Palma» e cioè Anna Maria Palma, già procuratore a Palermo e Caltanissetta; il professor Francesco Bove, docente di anatomia umana a La Sapienza di Roma, «colpevole» di essere iscritto all'ordine dei giornalisti; il professor Placido Bramanti, ordinario di scienze mediche applicate all'Università di Messina, «colpevole» di essere stato candidato alle amministrative in Sicilia; il professor Antonio Colombo, luminare della cardiologia che ha lavorato negli ospedali di Stamford e della Columbia University, «colpevole» di essere uno dei medici che ha operato Berlusconi; la professoressa Gabriella Fabbrocini, dipartimento di medicina clinica e chirurgica della Federico II di Napoli, «colpevole» di essere stata candidata alle ultime politiche, e il dottor Giuseppe Segreto, medicina generale, «colpevole» di essere stato deputato per la Regione siciliana del Psi dal 2001 al 2006;

   l’«inchiesta» sarebbe stata selettiva e l'epurazione avrebbe dovuto riguardare solo i sei membri indicati; tuttavia, il regolamento non lo avrebbe consentito e si è preferito revocare tutti i componenti. In tal senso, la Ministra interrogata ha dichiarato: «Sono sicura che alcuni componenti potranno essere nuovamente nominati, di certo non i vertici»;

   la Ministra interrogata ha spiegato che ha solo chiesto qualche informazione sugli ex membri del Consiglio: «ho chiesto una verifica sulle precedenti nomine. Serve nuova linfa, coinvolgere personalità rimaste ai margini» –:

   se il fine dell'indagine fosse quello di valutare gli orientamenti politici e non le qualità professionali dei componenti del Consiglio superiore di sanità e se i suoi esiti abbiano influenzato la scelta di revocare i componenti dell'organismo due anni prima della scadenza.
(3-00411)

(Presentata l'8 gennaio 2019)

   MOLINARI, VIVIANI, ZOFFILI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, ZICCHIERI, ZIELLO e ZORDAN.— Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'incidente mortale avvenuto nella notte del 3 gennaio 2019 sull'autostrada A1, causato da un gruppo di cinghiali che ha attraversato la carreggiata, ha portato nuovamente al centro del dibattito politico la problematica relativa alla gestione e al contenimento della fauna selvatica;

   come sottolineato dal gruppo parlamentare della Lega, in un precedente atto di sindacato ispettivo, i cinghiali sono anche una delle cause della peste suina africana, che sta sempre più dilagando in Europa e che rischia di accrescere il pericolo di un arrivo in Italia dell'infezione in qualsiasi momento;

   il numero dei cinghiali presenti in Italia ha ormai superato abbondantemente il milione di esemplari, con una diffusione che ormai si estende dalle campagne alle città. I cinghiali rappresentano un grave pericolo e l'aumento dei danni, delle aggressioni e degli incidenti sono il risultato di un'incontrollata proliferazione di questa specie. Gli animali selvatici distruggono i raccolti agricoli, sterminano gli animali allevati, causano incidenti stradali, per un totale di danni stimato in quasi 100 milioni di euro all'anno;

   eventuali abbattimenti programmati della specie potrebbero rappresentare un contenimento più efficace del cinghiale e un'ulteriore prevenzione contro la peste suina africana;

   la legge n. 157 del 1992 non è più adeguata a rispondere con efficacia alle attuali esigenze gestionali del patrimonio faunistico del Paese, profondamente mutato a causa di un ampio incremento soprattutto di determinati ungulati come il cinghiale;

   in accordo con le regioni, si potrebbero valutare possibili modifiche alla legge n. 157 del 1992, prevedendo la figura dell'operatore volontario, ossia un cacciatore formato a seguito di appositi corsi di formazione, che a titolo volontario fornisca supporto nell'effettuazione del contenimento numerico della fauna selvatica, oggi in capo solo agli agenti dipendenti da province e città metropolitane;

   è necessario garantire la sicurezza alle persone, nelle campagne e nei centri abitati, oltre ovviamente ai campi e ai raccolti, frutto del lavoro di migliaia di agricoltori –:

   se non ravvisi la necessità di adottare le iniziative di competenza volte a modificare la vetusta legge n. 157 del 1992 per ampliare le possibilità delle regioni di attuare forme e piani di contenimento e di caccia efficaci, prevedendo l'ausilio di figure volontarie opportunamente formate ed abilitate allo scopo di facilitare il contenimento delle specie per le quali si rendono necessarie operazioni di controllo numerico.
(3-00412)

(Presentata l'8 gennaio 2019)

   BIGNAMI, GIACOMONI, GELMINI, OCCHIUTO, MARTINO, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO, ANGELUCCI, SPENA e BOND. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2019 è entrato in vigore l'obbligo della fatturazione elettronica tra privati e, come da tempo denunciato da Forza Italia e oggi ribadito dalla stampa nazionale, l'esordio di tale misura si è rivelato un disastro;

   voci critiche si sono levate da molteplici categorie professionali. Il presidente dell'Associazione dei commercialisti ha evidenziato numerose segnalazioni di utenti che, collegandosi al portale dell'Agenzia delle entrate, hanno visualizzato il messaggio «Il sistema non è al momento disponibile, ci scusiamo per l'inconveniente e si prega di riprovare più tardi». Anche il Codacons ha stigmatizzato il caos fiscale dovuto all'avvio della fatturazione elettronica, annunciando un esposto per interruzione di pubblico servizio;

   del resto non può considerarsi ammissibile che migliaia di persone non riescano a caricare le fatture, perché ciò significa che se bisogna mandare le fatture queste non arrivano a destinazione, chi deve pagare non paga perché, semplicemente, non gli arriva la fattura E se c'è chi non paga evidentemente c'è anche chi non incassa e a sua volta questo non può pagare i fornitori: un fatto di eccezionale gravità rispetto al quale il Governo deve dare delle risposte immediate;

   nei giorni scorsi l'Agenzia delle entrate, con un proprio comunicato, ha di fatto negato l'accaduto, nonostante il malfunzionamento che ha colpito la piattaforma web dedicata alla fatturazione elettronica sia sotto gli occhi di tutti e non vi sia stata alcuna tutela minima degli utenti;

   sono mesi che Forza Italia ha lanciato l'allarme per i disagi che questa innovazione avrebbe potuto determinare per migliaia di operatori Iva, imprenditori, artigiani, professionisti, coltivatori. La fatturazione elettronica, peraltro, oltre a creare un'ulteriore complicazione burocratica e un aumento dei costi per chi lavora (si calcola che ogni fattura elettronica avrà un costo di mercato minimo di 40 centesimi, con un aggravio complessivo per le imprese e i professionisti tra i 400 e i 600 milioni di euro), rischia di diventare una sorta di «grande fratello», una telecamera accesa 24 ore su 24 sulla vita professionale e privata di imprese e professionisti, senza sortire alcun effetto positivo ai fini dell'emersione del nero –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per rimediare immediatamente ai problemi creati dall'entrata in vigore del suddetto obbligo, ponendo in essere ogni atto di competenza finalizzato alla rimozione del generale della Guardia di finanza, Antonio Maggiore, dall'incarico di direttore dell'Agenzia delle entrate.
(3-00413)

(Presentata l'8 gennaio 2019)

   LUPI, COLUCCI, TONDO e SANGREGORIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come si legge ne Il Corriere della Sera dell'8 gennaio 2019, «con un decreto-legge approvato ieri sera in un Consiglio dei ministri straordinario convocato d'urgenza (...) Il Ministero dell'economia e delle finanze garantirà le nuove emissioni obbligazionarie di Carige ma anche finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alla banca ligure (...) il decreto-legge appronta gli strumenti per consentire di accedere alla ricapitalizzazione precauzionale ovvero al salvataggio da parte dello Stato come è avvenuto col Monte dei Paschi di Siena»;

   il 27 ottobre 2018 il Vice Presidente del Consiglio dei ministri Di Maio diceva: «Siamo vicini alle banche ma non ci metto un euro degli italiani. Ce ne abbiamo già messi troppi in questi anni» –:

   quale sia la posizione reale del Governo in materia di intervento pubblico nel salvataggio delle banche, prevedendo nelle ipotesi di salvataggio pubblico anche interventi di nazionalizzazione delle banche.
(3-00414)

(Presentata l'8 gennaio 2019)

   CONTE e FORNARO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 116 della Costituzione prevede che «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (...) possono essere attribuite ad altre regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la regione interessata»;

   nella seduta del 21 dicembre 2018, il Consiglio dei ministri ha preso atto delle intese concernenti l'autonomia differenziata e ha fissato il relativo percorso di attuazione, come richiesto da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna;

   nella medesima seduta è stato delineato il percorso per il completamento delle intese istruttorie entro il 15 gennaio 2019 e la definizione della proposta entro il 15 febbraio 2019;

   secondo una nota dello Svimez, le richieste di autonomia avanzate dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, «in assenza di riforme costituzionali», potrebbero innescare «un percorso verso un sistema confederale, nel quale alcune regioni si fanno Stato, cristallizzando diritti di cittadinanza diversi in aree del Paese differenti», mettendo così a rischio l'unità nazionale;

   l'articolo 117 della Costituzione, alla lettera m), stabilisce che lo Stato ha legislazione esclusiva sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire sul territorio nazionale; dal 2001 si è in attesa di fissarli;

   nel Mezzogiorno d'Italia si registra, rispetto al Centro-Nord, una diffusione delle disuguaglianze ai più alti livelli d'Europa;

   il reddito pro capite del Sud ammonta a circa il 56-57 per cento di quello del Nord; rispetto al 2008 al Sud si sono persi 510 mila posti, mentre gli occupati delle regioni del Centro-Nord sono aumentati di 242 mila unità;

   al Sud la percentuale delle persone a rischio povertà è al 33,8 per cento, rispetto al 13,8 del Centro-Nord;

   l'articolo 3, secondo comma, della Costituzione impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto l'eguaglianza dei cittadini –:

   se non sia costituzionalmente doveroso e politicamente equo che il Governo proceda prima alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e alla loro realizzazione su tutto il territorio nazionale (principio di uguaglianza) e poi all'approvazione del progetto di autonomia differenziata (progetto federale), allo scopo di consentire a tutte le regioni, in particolare a quelle del Sud, di concorrere alla pari all'unità nazionale e allo sviluppo della loro autonomia.
(3-00415)

(Presentata l'8 gennaio 2019)

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, BUCALO, FERRO, GEMMATO, VARCHI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI e ZUCCONI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il 15 febbraio 2019 è previsto l'incontro tra il Governo e le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna volto a formalizzare l'intesa in merito alla maggiore autonomia da concedere alle stesse regioni, sulla base di un modello di regionalismo differenziato;

   l'incontro si propone il completamento del percorso formalmente avviato in data 28 febbraio 2018 con la firma di tre accordi preliminari all'intesa per la concessione di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione;

   in base all'accordo previsto alle tre regioni sarà riconosciuta ampia autonomia in materia di politiche attive del lavoro, di istruzione, di salute, di mobilità, di rispetto alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e nei rapporti internazionali con l'Unione europea;

   l'accordo, inoltre, potrebbe prevedere che tali regioni possano trattenere sui propri territori fino al 90 per cento dei residui fiscali, come richiesto dal Veneto;

   tale ipotesi rischia di risolversi in un grave danno per le regioni economicamente più deboli perché andrebbe a sottrarre risorse al fondo di perequazione, minando il principio solidaristico posto a base dell'unità nazionale;

   la formalizzazione dell'intesa comporterà la formazione di una commissione Stato-regione che determinerà «le modalità per l'attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie»;

   stante il divario già esistente tra le regioni meridionali e quelle settentrionali d'Italia, la formalizzazione delle intese e l'assegnazione delle risorse, in particolar modo di quelle a valere sui fondi finalizzati allo sviluppo infrastrutturale del Paese, rischiano di determinare ulteriori pesanti squilibri a danno del Sud Italia –:

   quali siano i contenuti dell'intesa che sarà sottoposta alle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nell'incontro del 15 febbraio 2019 e quali iniziative intenda assumere per scongiurare il rischio che l'autonomia concessa danneggi le altre regioni e, in particolare, l'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini ivi residenti.
(3-00416)

(Presentata l'8 gennaio 2019)

   SCAGLIUSI, BARBUTO, BARZOTTI, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, GRIPPA, LIUZZI, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il pedaggio autostradale è l'importo che l'utente paga per l'utilizzo dell'autostrada ed è commisurato alla lunghezza del percorso compiuto. Le disposizioni vigenti prevedono variabili standardizzate per la determinazione del pedaggio, al fine di escludere autonomia o discrezionalità nella quantificazione della tariffa di partenza di ciascun periodo regolatorio e negli aggiornamenti annuali;

   l'aggiornamento annuale delle tariffe autostradali, che è sempre avvenuto dal 1° gennaio di ogni anno, è eseguito in osservanza dei regimi tariffari stabiliti dalla normativa, nonché dagli atti convenzionali firmati tra lo Stato e i concessionari;

   è in atto una vera e propria rivoluzione in tema di rapporti tra lo Stato e le società concessionarie autostradali, iniziato con la XVIII legislatura, declinato dapprima nel decreto-legge recante «Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze», in particolare sotto il profilo della vigilanza sui concessionari e i nuovi poteri dell'Autorità di regolazione dei trasporti;

   le importanti modifiche in corso nei rapporti tra lo Stato e i concessionari autostradali vedono, da ultimo, una novità proprio sul fronte degli aumenti annuali delle tariffe autostradali attraverso i decreti interministeriali firmati il 31 dicembre 2018;

   con l'emanazione dei decreti interministeriali del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 31 dicembre 2018 sono stati sterilizzati gli aumenti sui 2.860 chilometri della rete gestita da Autostrade per l'Italia, nonché sull'Autobrennero, sulla Brescia-Padova, sulle Autovie venete, sulla Torino-Milano, sulla Torino-Piacenza e sulla Torino-Ivrea, sull'Asti-Cuneo, sulle Autostrade siciliane e quelle meridionali: si tratterebbe, dunque, di un blocco agli aumenti annuali sul 90 per cento della rete autostradale corrispondente a 5.208 chilometri sui 5.868 chilometri complessivi di rete –:

   quali iniziative intenda assumere nel prossimo futuro nell'ambito dei rapporti tra soggetto concedente pubblico e società concessionarie per garantire il riequilibrio tra le attività di gestione della rete autostradale e la tutela degli utenti.
(3-00417)

(Presentata l'8 gennaio 2019)