XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 39 di Giovedì 11 aprile 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 2 

Comunicazioni del presidente:
Semenzato Martina , Presidente ... 2 
Valente Valeria  ... 2 
Semenzato Martina , Presidente ... 12 
Ascari Stefania (M5S)  ... 12 
Zanella Luana (AVS)  ... 13 
Cosenza Giulia  ... 14 
Semenzato Martina , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispongo l'attivazione.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento delle comunicazioni del presidente sul programma del gruppo di lavoro in tema di vittimizzazione secondaria. A riguardo segnalo che, come convenuto in modo unanime in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si è istituito un gruppo di lavoro incaricato di monitorare l'attuazione del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, la cosiddetta «Riforma Cartabia», a distanza di un anno dalla sua entrata in vigore, con particolare riferimento alla violenza di genere e al fenomeno della vittimizzazione secondaria, nella tutela dell'interesse del minore.
  Il gruppo di lavoro, coordinato dalla collega senatrice Valente, prevede l'impegno della senatrice Campione in qualità di relatrice. Le due colleghe hanno predisposto un programma sulle attività del gruppo di lavoro, che è in distribuzione. La seduta odierna è, pertanto, finalizzata all'illustrazione di tale programma da parte delle colleghe.
  Do la parola alla senatrice Valente. Prego, senatrice.

  VALERIA VALENTE. Signor presidente, la ringrazio.Pag. 3
  Questo gruppo di lavoro parte – come ci eravamo già detti in diverse circostanze – dalla necessità di monitorare l'attuazione della Riforma Cartabia, venuta a seguito o, per essere ancora più precisi, durante la stesura della relazione della Commissione d'inchiesta in tema di vittimizzazione secondaria, soprattutto nei procedimenti civili. Noi abbiamo visto, nella scorsa legislatura, nel lavoro e nell'attività della precedente Commissione, che una delle violenze più drammatiche, più atroci e anche meno indagata e meno conosciuta era quella che si consumava nei procedimenti civili, soprattutto quando vi erano separazioni giudiziali con tema di affido relativo dei minori.
  Come è noto, il tema dell'affido dei minori può essere affrontato tanto in sede civile, quindi di fronte a un tribunale di sezione civile, a un tribunale ordinario, quanto di fronte a un tribunale minorile, a seconda che sia o meno collegato alla causa di separazione.
  Ragion per cui, dopo aver analizzato circa 1.400 fascicoli, più o meno 700 relativi a procedimenti giudiziari in sede civile e altrettanti a procedimenti giudiziari in sede minorile, eravamo giunti a delle conclusioni.
  Mentre facevamo tutto questo, la Ministra Cartabia dava il via alla riforma del procedimento civile. In realtà, le conclusioni della Commissione non erano ancora note, ma il lavoro era abbastanza conosciuto. Ragion per cui, l'allora Ministra ci diede la possibilità di intervenire nella sua riforma, nonostante la relazione della Commissione non fosse ancora conclusa formalmente e i risultati pubblicati ufficialmente. Ma eravamo in dirittura d'arrivo. Era quasi in stesura definitiva la relazione. Ragion per cui, tutti i dati di cui eravamo già in possesso e le conclusioni, anche se in via informale, li abbiamo consegnati alla Ministra. Molte di quelle conclusioni le abbiamo ritrovate Pag. 4nella Riforma Cartabia. Ovviamente, non è stato solo il lavoro della Commissione Femminicidio a essere incluso nella riforma, come era ovvio e giusto che fosse. È stato un lavoro affidato, poi, alla Commissione Giustizia, nella quale Commissione Giustizia c'erano anche altri punti di vista.
  Se io dovessi dire, del lavoro della precedente Commissione, nella Riforma Cartabia, sono stati assunti, in linea di massima, due terzi. Molte delle indicazioni. Alcune di queste indicazioni per noi sono veramente preziose. Intanto, quali temi affrontano? Quali criticità abbiamo provato ad affrontare, con le conclusioni e con le indicazioni date nelle conclusioni della relazione, poi assunte dalla Riforma Cartabia? Il tema che, fondamentalmente, veniva fuori dalla relazione era che nei tribunali civili, ma anche in quelli minorili il tema della violenza maschile contro le donne venisse sostanzialmente rimosso, anche quando palesato in qualche maniera.
  Intanto, quindi, abbiamo detto che era necessario riconoscere la violenza, riconoscerla in maniera formale, ufficiale da parte dei giudici che conducevano o che guidavano il procedimento. Cosa accadeva nella maggior parte dei casi? Do veramente soltanto un dato. Allegazioni di violenza ve ne erano nel circa il 37 per cento dei casi. Molto simile il numero tanto in sede civile che in sede minorile. In sede di giudizi di separazione con tema di affido dei minori, nel 37 per cento dei casi la donna rilevava, faceva presente di avere subìto qualche forma di violenza. E allegava qualcosa. Qualsiasi cosa. Una testimonianza, un referto psicologico, un referto medico, anche semplicemente la sua dichiarazione. Queste che noi chiamiamo in gergo «allegazioni» venivano, sostanzialmente, nel procedimento civile e in quello minorile, nel 90 per cento, e anche più, nel 94-96 per cento dei casi, si perdevano nel corso del procedimento, quindi venivano, sostanzialmente, ignorate. Per Pag. 5malafede del giudice? Per malafede di chi guidava il procedimento? Assolutamente no. Nell'ambito civile, quella allegazione era ritenuta, ai fini della decisione, non rilevante, perché era un qualcosa che doveva riguardare esclusivamente il procedimento penale. In sede civile i giudici ritenevano che il fatto che un padre esercitasse violenza nei confronti della madre, per esempio, verso i minori non rilevava. A meno che non usava violenza diretta nei confronti del minore.
  Questo è stato come scoperchiare il vaso di Pandora. Soprattutto, un vaso di Pandora scoperchiato alla luce della Convenzione di Istanbul, che nei fatti era diventata, nel frattempo, legge di questo Stato, che all'articolo 31 declina chiaramente quanto il minore vada messo sempre e comunque in sicurezza, allontanato, quindi, anche da un padre violento. Nel frattempo, il legislatore italiano affermava che anche la violenza indiretta, quindi la violenza assistita era, nei fatti, da considerare una violenza diretta.
  Alla luce di questi due orientamenti e norme vigenti nel nostro Paese, noi abbiamo potuto spingere il legislatore a formalizzare la necessità di ritenere la violenza allegata nel corso del procedimento civile una violenza rilevante ai fini delle decisioni finali, tanto rispetto al procedimento di separazione quanto, soprattutto, rispetto al procedimento di affidamento dei minori.
  Di qui le indicazioni precise. Quali sono state le indicazioni recepite nella Riforma Cartabia? Innanzitutto, le allegazioni devono avere rilievo, di qualunque tipo, e vanno considerate. Questa è stata la vera grande rivoluzione che è stata assunta nel procedimento civile. Per la prima volta – e lo vedrete – nel Codice civile vi è un capitolo dedicato alla violenza di genere in famiglia. È stata una grande conquista, perché significa, nei fatti, anche dal punto di vista formale, verbalizzare nel civile il Pag. 6rilievo della violenza, che era considerata esclusivo appannaggio del penale. Invece noi lo abbiamo messo nel codice. Quindi, non è più un tema di interpretazione. Adesso è nel Codice civile, quindi non si può dire appannaggio del penale. È una delle parti del Codice civile, quindi va vista.
  Dentro questo capitolo, all'articolo 473-bis e seguenti, abbiamo dato le indicazioni. Prima tra tutte: la necessaria specializzazione degli operatori. Questa è una delle criticità che indagheremo, come viene interpretata questa norma. La specializzazione in materia di violenza di genere. Tutti gli operatori, in modo particolare psicologi e assistenti sociali.
  Giusto per memoria e consapevolezza, credo sia bello saperlo, condivisa e collettiva della Commissione: quando abbiamo presentato questa relazione, oltre ai giudici che ci avevano lavorato e alle consulenti che ci avevano lavorato, di cui due sono attualmente consulenti di questa Commissione, è venuto a presentare la relazione, dopo averla condivisa e studiata, il Presidente dell'allora Corte costituzionale, Giuliano Amato. Io utilizzo sempre le sue parole, perché, secondo me, sono semplici, ma molto efficaci. Avendola presentata lui, ovviamente mi affido anche alla sua autorevolezza per il riconoscimento del lavoro. Lui diceva sempre, in questo caso, che il giudice molto spesso, secondo i dati della Commissione, che anche lui condivideva, in sede civile sostituisce all'accertamento un pregiudizio. Che vuol dire? Che il giudice non accerta la verità, perché finisce per non credere a quell'allegazione o a sminuire quell'allegazione, semplicemente perché non le riconosce valore. Non crede alla donna, semplicemente sminuisce il comportamento dell'uomo. Quello che allega la donna non ha un grande valore perché, nei fatti, è una esagerazione del racconto, la donna, alla fine, non ha subìto chissà cosa, il Pag. 7comportamento dell'uomo è normale, così come alzare la voce davanti ai figli. Sminuire o, semplicemente, rimuovere.
  Abbiamo chiesto, quindi, che gli operatori fossero specializzati. In modo particolare, nella relazione, quindi anche nella Riforma Cartabia, è previsto che, per esempio, tutti i CTU che devono essere chiamati, in sede di separazione civile, a rendere... Anche in quel caso è un atto di valutazione e non un atto di accertamento. Lo psicologo deve valutare la capacità genitoriale e la situazione psicologica del minore. Se il minore esprime rifiuto nel vedere il padre, il consulente tecnico deve valutare la capacità del minore di avere rapporti con entrambi i genitori, le ragioni del rifiuto e fare una relazione al magistrato, il quale magistrato, secondo le indicazioni date dalla relazione, non deve e non può prendere quelle conclusioni e fare di quelle conclusioni l'unico vero verbo del suo pronunciamento finale, ma deve aggiungere a quella valutazione la sua attività di accertamento. Quindi, deve essere specializzato il consulente tecnico che fa quella valutazione e lo deve essere il giudice.
  Il giudice – altra indicazione precisa – dovrà ascoltare direttamente il minore e non delegare più l'ascolto. Molto spesso non veniva ascoltato perché inferiore a 12 anni. Nella relazione, invece, si dice che anche il minore inferiore a 12 anni, se capace di discernimento, deve essere ascoltato e deve essere ascoltato direttamente dal giudice, che non può delegare quell'attività. Anzi, se da solo non riesce, si può far coadiuvare da un esperto. Anche qui ritorna la specializzazione dell'operatore.
  Nel momento in cui vi è una criticità, noi lo abbiamo chiamato in gergo «procedimento incidentale», ma formalmente non sarebbe corretto, nei fatti chiediamo al giudice istruttore – questa è stata anche una mediazione con chi la pensava diversamente allora; in modo particolare penso al Pag. 8senatore Pillon, alla Lega; molti la pensavano diversamente – di fare attenzione al valore delle allegazioni. Possono essere allegazioni non rispondenti a verità, cosiddette «false». Ci possono essere diverse ragioni per cui la donna in quel procedimento racconta cose... Ovviamente, al netto delle discussioni che possiamo fare tra noi, del quanto può essere difficile per una donna mentire su questo, doloroso, sofferente, non abbiamo potuto escludere questa possibilità. Abbiamo detto, quindi: nessuno pensa che debba essere oro colato il racconto della donna; pensiamo, però, che vada indagato dal giudice, indagato con i poteri istruttori che il giudice ha già. Chiediamo che questi poteri istruttori – così è scritto nella Riforma Cartabia adesso – siano utilizzati nella prima fase del procedimento, appena vi è una allegazione. Il giudice istruttore, quindi, che fa? Chiama vicini di casa, insegnanti di scuola del figlio, negozianti prossimi all'abitazione e cerca di prendere informazioni, di fare un'attività di accertamento, per capire la veridicità e la fondatezza di quelle allegazioni, del fatto che la donna dice di avere subìto forme di violenza.
  Anche qui, quindi, specializzazione del giudice, procedimento che io chiamo «incidentale» (semplicemente, si fa riferimento alla necessità di utilizzare i poteri istruttori del giudice in maniera veloce e rapida nella prima fase, per accertare la fondatezza delle allegazioni), consulenti specializzati, ascolto diretto del minore e, andando avanti nel procedimento, considerazione e lettura delle relazioni dei consulenti, mettendo al bando le teorie non riconosciute dalla comunità scientifica come affidabili. Esplicito riferimento alla teoria sull'alienazione parentale, ovvero il fatto che un minore possa essere condizionato a tal punto dal rapporto con la madre da mutuare il rifiuto della madre verso l'uomo, quindi farsene portatore o portatrice, consapevole o inconsapevole, per un'attività quasi di plagio che Pag. 9la madre ha esercitato nei suoi confronti. Questa teoria, che è molto utilizzata dai consulenti e dai tribunali, ahimè, ancora oggi, nei fatti è stata messa al bando prima dalla comunità scientifica, poi dalle conclusioni della nostra relazione, oggi dalla Riforma Cartabia. È esplicitamente detto che queste teorie, che non sono riconosciute come valide dalla comunità scientifica, vanno messe al bando dai procedimenti giudiziari, quindi anche dagli scritti dei magistrati, dalle pronunce, dalle sentenze, dalle ordinanze. Non possono essere prese in considerazione nell'attività di accertamento del giudice.
  Queste sono, sostanzialmente, le indicazioni.
  L'ultima. Accadeva spesso che i minori fossero prelevati con l'uso della forza per essere sottratti alla madre e affidati, proprio alla luce del fatto che la violenza non veniva letta, il minore non veniva ritenuto a rischio. Un padre che esercita violenza nei confronti della madre potrebbe non esercitarla nei confronti del figlio. Quindi, il tema è separare l'uomo dalla donna, ma non l'uomo dal minore. Per consentire al minore di mantenere sempre i rapporti con il padre e con la madre – questo accadeva prima della Riforma Cartabia – si sottraeva, anche con l'uso della forza, il minore alla madre, lo si affidava a una casa famiglia o, addirittura, in alcuni casi estremi, al padre, che era considerato un buon padre, seppur violento nei confronti della madre, proprio perché tutto il resto non veniva considerato ai fini dell'affidamento del minore. Quindi, se il minore opponeva resistenza – e abbiamo tanti casi in carico anche a questa Commissione, a questa non a quella precedente – e diceva «voglio restare con mia madre», interveniva l'utilizzo della forza pubblica, anche in maniera considerevole. Abbiamo casi di dodici, tredici o quattordici poliziotti recatisi presso l'abitazione della madre per sottrarre, con l'uso della Pag. 10forza pubblica, il minore alla madre, affidarlo a una casa famiglia o portarlo addirittura al padre.
  Abbiamo denunciato questa modalità e adesso nella riforma Cartabia è scritto che questo utilizzo della forza pubblica è veramente un'extrema ratio e può essere utilizzato esclusivamente quando è a rischio l'incolumità psicofisica del minore.
  Queste sono le conclusioni. Che cosa accade oggi? Perché c'è l'esigenza di un gruppo di lavoro che verifichi tutto questo? Perché queste sono le norme, ma, come spesso diciamo, le norme camminano sulle gambe degli uomini e delle donne che sono chiamati a interpretarle e ad applicarle.
  Oggi, infatti, ci risulta – potrei citare alcuni casi, ma non lo faccio perché li indagheremo – che in molti casi, sia già esistenti prima, che sono proseguiti esattamente secondo lo stesso andazzo, le stesse procedure, sia in casi nuovi, queste norme non vengono applicate correttamente o sostanzialmente, mi sentirei di dire, non vengono minimamente applicate.
  Per cui, per esempio, l'ascolto del minore non si fa direttamente da parte del giudice. Sui consulenti addirittura abbiamo notizie che quando scriviamo «specializzati» loro intendono anche specializzati in senso opposto, cioè utilizzano consulenti che negano la violenza.
  Abbiamo scritto nella legge di riforma Cartabia «consulenti specializzati in materia di violenza di genere». Alcuni giudici, però, ritengono che sono specializzati anche quelli che utilizzano teorie ascientifiche che non chiamano alienazione parentale o semplicemente consulenti tecnici che si sono specializzati anche negando il tema della violenza. Sono specializzati perché si occupano di quella materia, anche se sono giunti a conclusioni opposte. Per alcuni giudici sono sempre specializzati. Questo per dire che l'applicazione non corretta delle norme della riforma Cartabia può generare un corto circuito.Pag. 11
  Essendo arrivate diverse segnalazioni, noi crediamo che sia indispensabile fare un'attività di accertamento, che facciamo con i poteri propri della Commissione.
  In questo programma, quindi, troverete, nelle premesse, quello che vi ho detto, perché siamo arrivati al 473-bis, che sono le prime tre pagine, così il senatore Sensi non si avvilisce più e ha il senso di quello che succede.
  Invece, l'attività programmata la faremo con l'ascolto di alcuni casi, la visione di alcuni fascicoli dei casi che ci sono stati segnalati, l'ispezione – non mi piace, però, chiamarla così perché mi sembra un po' troppo inquisitorio – o semplicemente la visita in alcuni tribunali per dialogare con chi concretamente quella riforma la sta attuando, chiedere quali sono le modalità interpretative e come viene attuata, ovviamente provando, sostanzialmente, a prendere anche tribunali diversi tra loro, anche minorili e civili, senza forse un campione tanto dettagliato ed esteso come abbiamo fatto nella precedente.
  Nella precedente dovevamo, infatti, solo fotografare il fenomeno, adesso dobbiamo verificare la corretta attuazione, quindi sono cose diverse. Poi, abbiamo le audizioni dei centri antiviolenza, ma soprattutto degli avvocati che hanno seguito queste donne, quindi avvocati civilisti che hanno seguito queste donne nei procedimenti.
  L'ultima cosa che mi sono dimenticata di dire, che è una delle altre indicazioni molto chiare, che pure viene negata da molti operatori che attuano la riforma, che noi abbiamo scritto in questa riforma, riguarda il fatto che vi è una necessaria e indispensabile necessità di dialogo tra i procedimenti in sede civile, penale e minorile. Se di fronte a un giudice viene portata un'allegazione di violenza, nell'attività di istruttoria e di accertamento iniziale che deve fare il giudice, deve anche verificare Pag. 12se ci sono pendenze e le deve chiedere attraverso l'intervento del PM, che non si può rifiutare.
  Poi lo faremo, ovviamente, con le audizioni di Ordini, avvocati, consulenti, assistenti sociali che rilevano più nella fase del procedimento minorile. Attraverso audizioni, ispezioni e valutazioni di fascicoli faremo questa attività di accertamento. Ovviamente, sono tempi non necessariamente brevissimi, perché penso che, condividendo con la presidente, sia più importante fare il lavoro bene che farlo in fretta. Lo faremo cercando di non ampliare troppo, ma mantenere su numeri minimi ed essenziali che però siano a tutela della serietà del nostro lavoro per arrivare a delle conclusioni che speriamo diano delle indicazioni molto nette sulle criticità dell'attuazione e il Parlamento possa valutare se correggere alcune norme e renderle più cogenti o, come nelle attività di una Commissione parlamentare d'inchiesta, segnalare alle autorità competenti qualche disfunzione e qualche mancata corretta applicazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio la senatrice Valente per la puntuale relazione, che abbiamo distribuito.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANIA ASCARI. Ringrazio la senatrice Valente per il programma.
  Questo programma è una continuazione rispetto a un lavoro importante che è stato fatto la scorsa legislatura. È essenziale monitorare anche i casi che sono stati considerati un esempio di violenza istituzionale, perché, purtroppo, nonostante sia stato messo nero su bianco da un'importante relazione, è bene, sulla base degli obiettivi indicati, che più volte anche noi abbiamo cercato di spronare per inserirli in leggi come il Codice rosso, ma anche nella riforma del sistema affidi che poi è Pag. 13entrato nella Cartabia, cercare di puntualizzare l'importanza dell'ascolto diretto. Questo punto in particolare, la preparazione e la competenza, ma soprattutto il rispetto del riconoscimento della violenza vengono regolarmente stralciati.
  Questo è un aspetto gravissimo che si sta continuamente verificando anche rispetto a quei casi che sono stati esaminati, ma che continuano a subire violenza istituzionale.
  Va benissimo il lavoro della senatrice Valente, a cui io sicuramente parteciperò, perché è inaccettabile che non venga riconosciuta la violenza, i minori siano dei fantasmi ancora nelle aule dei tribunali, le madri non vengano credute, le denunce vengano di fatto cestinate in caso di violenza, quindi ben venga andare a bussare alle porte – ovviamente nel rispetto dell'importante ruolo dei magistrati e quant'altro – di quei tribunali su cui ci sono maggiori segnalazioni di applicazione da parte di consulenti di teorie scientifiche che portano veramente a conseguenze irreparabili, tra cui l'allontanamento violento coatto di bambini che sono trattati peggio di boss mafiosi.
  Grazie. Mi auguro veramente che si farà un lavoro molto importante.

  LUANA ZANELLA. Non ripeto quello che ha detto la collega Ascari perché mi riconosco al cento per cento. Credo sia uno dei punti cruciali del nostro lavoro, lo è stato in passato e lo è ancora di più oggi, perché mi rendo conto che, anche all'interno della Camera dei deputati, la consapevolezza di questa questione e di questo nodo irrisolto non è così ben conosciuta e non c'è una presa in carico anche da parte di molti colleghi e colleghe che poi magari nelle Commissioni hanno una responsabilità diretta.
  Mi chiedo, per esempio, se nella Commissione bicamerale infanzia e adolescenza ci siano momenti di riflessione su questo. Ricordo che, a mio tempo, quando ero in quella Pag. 14Commissione, parlammo di questo. Penso, quindi, che oltre a fare un lavoro noi – la collega Valente sarà sicuramente una validissima guida – dobbiamo cercare di portare nelle rispettive Commissioni e in Aula questo tema, perché credo sia necessario mettere le mani anche dal punto di vista normativo.
  Grazie.

  GIULIA COSENZA. Condivido quanto espresso precedentemente. Ringrazio la senatrice Valente per la relazione. Penso sia una parte molto importante del lavoro della nostra Commissione ed è giustamente necessario coinvolgere anche la Commissione infanzia e adolescenza.
  Parteciperò anch'io al suo lavoro. Ritengo veramente che oggi sia stata fatta una cosa molto utile. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice Cosenza. Penso sia in animo di questa Commissione il dialogo in tutte le Commissioni competenti che possano essere utili all'indagine. Non ci siamo preclusi niente come focus dell'indagine per, come ha detto bene la senatrice Valente, dare degli spunti di riflessione anche normativi. Penso sia uno dei punti fondamentali indicati anche dalla nostra legge istitutiva, quali sono gli epiloghi delle nostre relazioni.
  Se non ci sono altri interventi, ringrazio la senatrice Valente per la disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.