CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 31 gennaio 2023
54.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
Pag. 65

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 31 gennaio 2023. — Presidenza del vicepresidente Giovanni Luca CANNATA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Federico Freni.

  La seduta comincia alle 14.20.

DL 5/2023: Disposizioni urgenti in materia di trasparenza dei prezzi dei carburanti e di rafforzamento dei poteri di controllo del Garante per la sorveglianza dei prezzi, nonché di sostegno per la fruizione del trasporto pubblico.
C. 771 Governo.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Roberto PELLA (FI-PPE), relatore, segnala preliminarmente che il disegno di legge di conversione del decreto-legge 14 gennaio 2023, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di trasparenza dei prezzi dei carburanti e di rafforzamento dei poteri di controllo del Garante per la sorveglianza dei prezzi, nonché di sostegno per la fruizione del trasporto pubblico, è corredato di relazione tecnica e di prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento.
  Con riferimento all'articolo 1, comma 1, relativo al cosiddetto bonus carburante, in merito ai profili di quantificazione rileva che quest'ultima appare verificabile sulla base dei dati e degli elementi posti alla base della stima, riportati dalla relazione tecnica. In merito alle ipotesi formulate dalla stessa relazione, pur prendendo atto della Pag. 66prudenzialità della scelta di considerare ai fini della stima l'importo massimo agevolato di 200 euro, ritiene che sarebbe utile acquisire i dati e gli elementi quantitativi a supporto dell'ipotesi assunta per cui solo il 25 per cento di 886.000 soggetti considerati percepirà il buono benzina previsto dalla norma. Evidenzia, inoltre, che la relazione tecnica non considera effetti relativi al gettito contributivo. In proposito, pur essendo tale impostazione analoga a quella della relazione tecnica riferita alla precedente analoga misura disposta per il 2022 dal decreto-legge n. 21 del 2022, rileva che, con messaggio n. 4616 del 22 dicembre 2022, l'INPS ha ritenuto applicabile la predetta esenzione anche alla base imponibile della contribuzione previdenziale. Sulla base di quanto evidenziato, andrebbe quindi acquisito, a suo avviso, un chiarimento del Governo in merito alla mancata quantificazione di effetti in termini di minori entrate contributive.
  In merito ai profili di copertura finanziaria, fa presente che il comma 1 dell'articolo 1 dispone che il valore dei buoni benzina o di analoghi strumenti ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 non concorre alla formazione del reddito del lavoratore se il relativo importo non è superiore a 200 euro per lavoratore. Segnala che ai relativi oneri, valutati in 13,3 milioni di euro per il 2023 e 1,2 milioni di euro per il 2024, si provvede, quanto a 7,3 milioni di euro per il 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 e, quanto a 6 milioni di euro per il 2023 e a 1,2 milioni di euro per il 2024, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014. In proposito, per quanto riguarda la prima modalità di copertura, rileva che da una interrogazione effettuata alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato emerge che, per l'anno in corso, sul Fondo per interventi strutturali di politica economica, iscritto sul capitolo 3075 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, risulta già accantonata una somma pari a quella utilizzata a copertura. Nel rilevare, pertanto, che il fondo in esame reca le occorrenti risorse per far fronte agli oneri ad esso imputati, ritiene comunque necessario che il Governo assicuri che l'utilizzo delle occorrenti risorse non pregiudichi la realizzazione di interventi già programmati a legislazione vigente.
  Anche per quanto riguarda la seconda modalità di copertura, rileva preliminarmente che il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, iscritto sul capitolo 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, in base a un'interrogazione effettuata alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato risulta che, per l'annualità 2023, sul predetto Fondo risultano risorse residue pari a circa 49 milioni di euro. Ciò stante, nel rilevare che per l'anno 2023 il fondo in esame reca le occorrenti risorse per far fronte agli oneri ad esso imputati, appare comunque necessario, a suo avviso, che il Governo assicuri che l'utilizzo delle risorse medesime non pregiudichi interventi già previsti a legislazione vigente. Andrebbe, altresì, acquisita una conferma da parte del Governo sia in merito all'esistenza delle occorrenti risorse sul predetto Fondo anche per l'anno 2024, sia in ordine al fatto che il loro utilizzo non pregiudichi interventi già previsti a legislazione vigente.
  Con riferimento all'articolo 1, commi da 2 a 7, recante disposizioni in materia di trasparenza e controllo del prezzo di vendita al pubblico di carburante per autotrazione, in merito ai profili di quantificazione rileva che, per quanto riguarda l'attività sanzionatoria in rapporto agli obblighi di indicazione dei prezzi da parte dei gestori di impianti, come confermato anche dalla relazione tecnica, i compiti di vigilanza, di accertamento delle violazioni e di irrogazione delle sanzioni amministrative sono già svolti a legislazione vigente presso i medesimi impianti e inoltre per le attività demandate alla Guardia di finanza è prevista una specifica clausola di invarianza. Pag. 67In proposito non ha quindi osservazioni da formulare.
  Per quanto attiene alle modificazioni dei limiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, rileva che i relativi proventi non sembrano scontati nelle previsioni tendenziali, come si evince dallo stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato. Premessa l'opportunità di una conferma a tal proposito, per quanto concerne la riassegnazione dei proventi a finalità di spesa, fa presente che la relazione tecnica informa che le spese cui sono destinati i proventi hanno carattere eventuale e modulabile, in quanto il sistema informatico è già operativo e gli eventuali proventi sono destinati a miglioramenti e potenziamenti dello stesso. Non formula pertanto osservazioni nel presupposto, sul quale considera utile una conferma, che gli utilizzi in questione riguardino spese di carattere non obbligatorio e, quindi, programmabili e realizzabili soltanto al sussistere dei pertinenti proventi.
  Con riferimento all'articolo 2, recante modifiche all'articolo 1, commi 290 e 291, della legge n. 244 del 2007, in merito ai profili di quantificazione, non ha osservazioni da formulare, dal momento che le modifiche, così come evidenziato dalla relazione tecnica, non incidono sulle modalità di calcolo del maggior gettito IVA, ma solo sui presupposti per l'adozione del decreto interministeriale previsto dalle norme novellate, che verrà comunque adottato, come previsto a legislazione vigente, per la riduzione delle accise al fine di compensare le maggiori entrate IVA derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale.
  Con riferimento all'articolo 3, che prevede il rafforzamento dei poteri del Garante per la sorveglianza dei prezzi, in merito ai profili di quantificazione, non formula osservazioni, tenuto conto di quanto precisato nella relazione tecnica, nel presupposto che le funzioni previste, con particolare riguardo a quelle di segreteria e di supporto alle attività della Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi, e alle connesse attività di monitoraggio, possano essere effettivamente svolte dalle strutture competenti ad invarianza di risorse. In proposito appaiono opportuni, a suo avviso, elementi di valutazione e di conferma.
  Con riferimento all'articolo 4, recante misure di sostegno per la fruizione dei servizi di trasporto pubblico, in merito ai profili di quantificazione rileva preliminarmente come la disposizione in esame ricalchi, in larga parte, la previsione contenuta nell'articolo 35 del decreto-legge n. 50 del 2022. Al riguardo, rileva che l'onere è limitato allo stanziamento previsto e che il comma 2 prevede l'emanazione di un apposito decreto ministeriale per definire le modalità di attuazione della norma, anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto: sotto questo profilo non si formulano quindi osservazioni. Rileva peraltro che, a differenza di quanto riportato nella relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 50 del 2022, la relazione tecnica riferita alla norma in esame non fornisce elementi e dati di dettaglio volti a suffragare l'idoneità dello stanziamento rispetto all'obiettivo della misura in relazione ai requisiti stabiliti per i potenziali beneficiari. Ritiene dunque opportuno acquisire tali ulteriori elementi di valutazione sottostanti la determinazione del limite di spesa nella misura indicata.
  In merito ai profili di copertura, fa presente che l'articolo 4, comma 1, istituisce, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo, con una dotazione pari a 100 milioni di euro per il 2023, finalizzato a riconoscere un buono da utilizzare per l'acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale ovvero per i servizi di trasporto ferroviario nazionale. Rileva che ai relativi oneri si provvede, ai sensi del comma 3, mediante corrispondente utilizzo di quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 47 del 2020, relativi all'anno 2022, con esclusione delle risorse destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, versata dal Gestore dei servizi energetici ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, che resta acquisita definitivamente all'erario. In proposito, rammenta che l'articolo 23 del decreto legislativo n. 47 del 2020 disciplina la messa Pag. 68all'asta delle quote di emissione di CO2, prevedendo che il 50 per cento dei relativi proventi sia riassegnato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato e che il restante 50 per cento delle risorse sia ripartito tra il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e il Ministero delle imprese e del made in Italy per essere destinato a finalità di carattere ambientale. Al riguardo, considerato che la relazione tecnica afferma che la quota necessaria alla copertura finanziaria in esame risulta disponibile, segnala che andrebbe comunque acquisita una rassicurazione da parte del Governo in merito al fatto che il suo utilizzo non sia suscettibile di pregiudicare le finalità già programmate a legislazione vigente sulla base del citato articolo 23 del decreto legislativo n. 47 del 2020.
  Infine, considera necessario, da un punto di vista formale, precisare che la quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 relativi all'anno 2022 deve essere versata dal Gestore dei servizi energetici ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2023. Sul punto, ritiene comunque opportuno acquisire l'avviso del Governo.

  Il sottosegretario Federico FRENI deposita agli atti della Commissione una nota predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze, contenente elementi di risposta alle richieste di chiarimento formulate dal relatore (vedi allegato).

  Maria Cecilia GUERRA (PD-IDP) invita il relatore e il rappresentante del Governo a compiere una più puntuale valutazione in merito ai profili di potenziale onerosità connessi alle disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 1, laddove si prevede che l'accertamento delle violazioni per mancato rispetto degli obblighi in materia di trasparenza e controllo del prezzo di vendita al pubblico del carburante per autotrazione, di cui al medesimo articolo 1, sia effettuato esclusivamente dalla Guardia di finanza e che i relativi proventi siano versati, per una quota pari al 50 per cento, all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati ad apposito capitolo di spesa iscritto nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy. Al riguardo, osserva che tale previsione normativa – che presenta carattere innovativo rispetto alla previgente disciplina, secondo cui l'azione di accertamento delle violazioni era affidata agli enti locali, come tali destinatari dei proventi rivenienti dalle sanzioni irrogate – appare suscettibile di determinare in capo ai medesimi enti locali un minor gettito da entrate extratributarie che necessiterebbe, comunque, di idonea compensazione finanziaria.

  Roberto PELLA (FI-PPE), preso atto della documentazione depositata dal rappresentante del Governo, si riserva di predisporre una proposta di parere, anche al fine di approfondire la questione evidenziata dalla deputata Guerra.

  Giovanni Luca CANNATA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 31 gennaio 2023. — Presidenza del vicepresidente Giovanni Luca CANNATA indi del presidente Giuseppe Tommaso Vincenzo MANGIALAVORI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Federico Freni.

  La seduta comincia alle 14.30.

Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici.
Atto n. 19.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Roberto PELLA (FI-PPE), relatore, osserva che il provvedimento, adottato nell'esercizioPag. 69 della delega in materia di riforma della disciplina dei contratti pubblici, conferita dalla legge n. 78 del 2022, reca disposizioni in materia di disciplina dei contratti pubblici.
  Segnala che il testo è corredato di relazione tecnica ed è a sua volta corredato, all'articolo 228, di una generale clausola di neutralità finanziaria in base alla quale dall'attuazione del codice non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni provvedono agli adempimenti conseguenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Evidenzia che, oltre alla predetta clausola generale di invarianza, ulteriori clausole speciali di invarianza riferite a singole disposizioni sono riportate più volte nello schema di decreto in esame, anche con diverse formulazioni testuali.
  Fa riferimento in particolare:

   all'articolo 23, comma 3, in materia di informatizzazione della banca dati nazionale dei contratti pubblici;

   all'articolo 27, comma 5, relativo ai compiti dell'ANAC riguardanti la pubblicità legale degli atti;

   all'articolo 39, comma 6, concernente il Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici;

   all'articolo 134, comma 2, relativo alle forme facoltative di partenariato fra enti pubblici e soggetti privati in materia di patrimonio culturale;

   all'articolo 10, comma 1, dell'allegato I.5, relativo agli elementi per la programmazione dei lavori e dei servizi e agli schemi tipo;

   all'articolo 5, comma 2, dell'Allegato I.11, recante disposizioni relative all'organizzazione, alle competenze, alle regole di funzionamento, nonché alle ulteriori attribuzioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici;

   all'articolo 3, comma 3, dell'Allegato II.15, recante criteri per la determinazione dei costi per gli accertamenti di laboratorio e le verifiche tecniche;

   all'articolo 5, comma 3 dell'Allegato V.3, riguardante le modalità di formazione della Cabina di regia.

  In merito ai profili di quantificazione delle disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo, rileva in via preliminare che, data la natura del testo in esame, molte norme sono riproduttive di previsioni già contenute nella vigente legislazione e, in quanto tali, le medesime risultano inidonee a comportare, per la finanza pubblica, nuovi o maggiori oneri rispetto a quelli già scontati nei tendenziali.
  Fa presente che la disciplina in esame è comunque di carattere prevalentemente ordinamentale e procedurale, essendo volta a disciplinare le modalità e i presupposti del ricorso ad affidamenti esterni, le modalità di selezione del contraente, la disciplina delle gare e dell'esecuzione dei contratti, i profili giuridici delle concessioni, e la stessa non sembra quindi, in linea generale, determinare effetti diretti ed immediati per la finanza pubblica. Tali effetti sono, semmai, ascrivibili alle discipline che comportano specifiche finalità di spesa per le amministrazioni interessate, per il conseguimento delle quali sono svolte le procedure di affidamento disciplinate dal testo in esame.
  Rammenta che i precedenti testi unici sui contratti pubblici sono stati considerati privi di effetti sui saldi di finanza pubblica, come il decreto legislativo n. 50 del 2016, di cui all'atto del Governo n. 283 della XVII legislatura, sul quale la Commissione Bilancio ha espresso parere favorevole con una sola condizione riferita alla corretta formulazione della clausola di invarianza, e il decreto legislativo n. 163 del 2006. Ricorda, in proposito, che ambedue i decreti sono corredati di una clausola generale di invarianza finanziaria.
  Rileva inoltre che diverse disposizioni hanno carattere facoltativo, come, ad esempio, gli articoli 8; 15, comma 6; 33; 43, comma 2; 61; 62, commi 6, lettera g), 11, 14 e 16; 64; 77; 84, comma 3; 130, comma 3; 134, comma 2; 162; 164, comma 4; 168, Pag. 70comma 1. Rileva, pertanto, che le amministrazioni potranno darvi attuazione al sussistere delle necessarie disponibilità di bilancio.
  Ciò posto, evidenzia comunque i seguenti profili suscettibili di comportare riflessi finanziari, rispetto ai quali ravvisa l'opportunità di acquisire ulteriori elementi di valutazione.
  In merito agli articoli relativi al processo di digitalizzazione dei contratti pubblici e delle gare, la relazione tecnica esclude l'insorgenza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica per tre ragioni: il fatto che la digitalizzazione dei processi amministrativi sia già prevista a legislazione vigente, la presenza della clausola di invarianza finanziaria, la disponibilità di risorse del PNRR, nell'ambito degli interventi a titolarità del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, e di quelle messe a disposizione ai sensi dell'articolo 45, comma 5, del presente decreto da utilizzare per l'acquisto da parte delle stazioni appaltanti di beni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione.
  Tenuto conto che le medesime argomentazioni sono ripetute per una pluralità di disposizioni – ossia gli articoli da 19 a 23, 30, 43 e 88 –, ritiene che andrebbe esplicitato se dalle norme derivino spese di investimento e di funzionamento ulteriori rispetto a quelle già previste a normativa vigente e, in caso affermativo, il loro ammontare e la loro distribuzione temporale, nonché le risorse con le quali si intende far fronte ai relativi oneri, evidenziandone sia la fonte, individuata dalla relazione tecnica, sia il presumibile ammontare, ciò al fine di poter verificare l'effettiva idoneità delle risorse medesime a garantire la neutralità finanziaria delle disposizioni.
  In merito alla modifica dei valori utilizzati per il calcolo del bollo riferito alla stipula del contratto, ai sensi dell'articolo 18 e dell'Allegato I.4, al fine di verificare l'assenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ritiene che andrebbero acquisiti elementi di dettaglio idonei a confermare la compensatività – riferita dalla relazione tecnica – delle entrate tributarie derivanti dalla nuova tabella, di cui all'Allegato I.4 del provvedimento in esame, rispetto a quelle riscontrate a legislazione vigente quali la stima dei contratti interessati e il loro raggruppamento per fasce di reddito.
  Tenuto conto, infine, che lo schema di decreto in esame è assistito da una generale clausola di invarianza, applicabile per espressa previsione all'intero provvedimento, ritiene che andrebbe acquisito l'avviso del Governo circa l'effettiva opportunità di corredare singole disposizioni del decreto medesimo di specifiche clausole di invarianza, che appaiono duplicative – e quindi non produttive di vincoli ulteriori – rispetto alla clausola generale.
  In merito ai profili di copertura finanziaria, resta fermo comunque che, qualora si ritenesse invece necessario mantenere nel testo del provvedimento le specifiche clausole di invarianza finanziaria riferite a singole disposizioni, alcune di esse dovrebbero essere più puntualmente formulate. In particolare, dovrebbero essere apportate le seguenti modifiche:

   all'articolo 39, comma 6, dopo le parole: «senza nuovi o maggiori oneri» dovrebbero essere inserite le seguenti: «per la finanza pubblica»;

   al comma 13 dell'Allegato I.9, le parole «senza oneri aggiuntivi» dovrebbero essere sostituite con le seguenti: «senza nuovi o maggiori oneri»;

   all'articolo 3 dell'Allegato I.11, dopo il comma 4, dovrebbe essere aggiunto il seguente: «4-bis. Dall'attuazione del presente allegato non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.»;

   all'articolo 5, comma 3, dell'allegato V.3 le parole: «non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato» dovrebbero essere sostituite con le seguenti: «non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

  Infine, rileva la necessità, da un punto di vista formale, di riformulare anche la Pag. 71clausola di invarianza finanziaria riferita all'intero provvedimento, di cui all'articolo 228, sostituendo, al comma 1, le parole: «non derivano» con le seguenti: «non devono derivare».
  Anche su tali profili considera comunque necessario acquisire l'avviso del Governo.

  Il sottosegretario Federico FRENI si riserva di fornire nella prossima seduta utile i chiarimenti richiesti dal relatore, evidenziando tuttavia sin d'ora che, come peraltro rilevato in via generale dallo stesso relatore, all'attuazione del presente provvedimento si darà corso in condizioni di neutralità finanziaria, in linea del resto con i precedenti decreti attuativi di deleghe in materia di contratti pubblici, tra cui, ad esempio, il decreto legislativo n. 50 del 2016, recante il Codice dei contratti pubblici, cui di norma non sono stati ascritti effetti onerosi a carico della finanza pubblica.

  Ubaldo PAGANO (PD-IDP) auspica che la Commissione sia posta in grado di svolgere ogni debito approfondimento sul provvedimento in esame ai fini dell'espressione del parere di propria competenza, evidenziando come presso la VIII Commissione Ambiente, anch'essa assegnataria in sede primaria dello schema di decreto in titolo, sia ancora in corso di svolgimento un ampio ciclo di audizioni, finalizzato anche alla valutazione di eventuali proposte di modifica del testo presentato alle Camere dal Governo.

  Giuseppe Tommaso Vincenzo MANGIALAVORI, presidente, nel rammentare che nella presente sede la V Commissione Bilancio è chiamata a pronunciarsi esclusivamente sui profili di carattere finanziario del provvedimento in titolo, rassicura l'onorevole Ubaldo Pagano in merito al fatto che, come di regola avviene, la Commissione medesima avrà modo di esaminare compiutamente le diverse questioni sottoposte al suo vaglio.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 31 gennaio 2023. — Presidenza del presidente Giuseppe Tommaso Vincenzo MANGIALAVORI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Federico Freni.

  La seduta comincia alle 14.40.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Comunicazione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'UE.
COM(2022)583 final.
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della Comunicazione in titolo.

  Ylenja LUCASELLI (FDI), relatrice, avverte che la Commissione avvia oggi l'esame della Comunicazione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'UE, presentata dalla Commissione europea nello scorso novembre, con la quale vengono prospettate le opzioni concrete per una profonda revisione di una disciplina che riveste la massima importanza per il futuro dell'Unione europea e del nostro Paese. Sottolinea, infatti, che dalla definizione di un nuovo assetto di regole economiche e di bilancio dipendono, infatti, in misura significativa, le prospettive di ripresa economica e sociale, la competitività e, in generale, la realizzazione delle principali politiche nazionali ed europee.
  Gli orientamenti della Commissione costituiscono, da un lato, l'esito di un lungo e articolato dibattito, formalmente avviato nel febbraio 2020, sull'opportunità di riformarePag. 72 il Patto di stabilità e crescita e il quadro della governance economica; dall'altro lato, essi intendono alimentare un ulteriore confronto che, nelle intenzioni della Commissione, dovrebbe portare nel corso del 2023 alla presentazione e alla approvazione di apposite proposte legislative, prima dunque della disattivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita.
  Osserva che la riflessione della Commissione europea ha preso le mosse da una premessa quanto mai condivisibile: l'inadeguatezza dell'attuale assetto di regole i cui limiti sono venuti alla luce soprattutto nei momenti di crisi economica. Tra questi, segnala in particolare la complessità e la scarsa trasparenza, associate, tra l'altro, all'utilizzo di indicatori non osservabili e soggetti a frequenti revisioni, il ritmo irrealistico di riduzione del debito implicito nella cosiddetta regola dell'1/20, gli incentivi limitati per riforme e investimenti e la loro scarsa applicazione.
  Ricorda che la crisi pandemica ha aggiunto ulteriori elementi all'analisi della Commissione, determinando, innanzitutto, un aumento significativo del debito che, a livello aggregato dell'Unione europea, è salito dal 79,2 per cento del 2019 all'86 per cento del 2022. La crisi ha aumentato altresì la consapevolezza di quanto sia essenziale incrementare gli investimenti pubblici, evidenziando la necessità che la politica di bilancio agisca in modo anticiclico, sia per sostenere l'economia durante le crisi, sia per migliorare le condizioni di bilancio nei periodi di crescita economica. La pandemia ha altresì indotto le Istituzioni europee a varare nuovi programmi di spesa, finanziati attraverso l'emissione di debito comune dell'Unione, come lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (SURE), ma soprattutto Next Generation EU e i Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR).
  Da ultimo, la guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica stanno rimarcando la necessità di un forte coordinamento delle politiche tra livello europeo e nazionale, nonché l'importanza di una stretta interazione tra politica di bilancio e politica monetaria per un'efficace risposta alle crisi.
  Al dibattito avviato dalla Commissione hanno partecipato Istituzioni dell'Unione e nazionali, accademici, ricercatori, cittadini e portatori di interesse di vario genere. Ricorda che anche la Commissione bilancio si è già attivata nella scorsa legislatura, esaminando tra marzo e maggio 2022, la Comunicazione dell'ottobre 2021 con cui la Commissione europea ha rilanciato il dibattito dopo la sua sospensione a causa dello scoppio della crisi pandemica.
  In questa cornice, la Commissione Bilancio ha svolto un ampio ciclo di audizioni – richiamate in dettaglio nella documentazione predisposta dagli uffici – dalle quali è emerso un generale favore per la definizione di regole più semplici e più trasparenti, capaci di sostenere la crescita e gli investimenti pubblici. Dai soggetti auditi sono state avanzate, tra le altre, proposte volte a:

   creare strumenti permanenti per il finanziamento degli investimenti a livello europeo, sulla base dell'esperienza maturata con Next Generation EU e con SURE;

   valutare l'introduzione di una golden rule per lo scorporo degli investimenti, in particolare quelli «verdi», dal calcolo del deficit;

   dotare l'Unione o l'Eurozona di una capacità fiscale centrale comune con una funzione di stabilizzazione macroeconomica;

   trasferire una quota dei debiti pubblici nazionali accumulati durante la pandemia ad un'agenzia europea di gestione del debito di nuova creazione;

   concentrare l'attenzione sulla sostenibilità del debito pubblico, anche eliminando il riferimento a numeri fissi e validi per tutti i Paesi membri;

   innalzare il valore di riferimento per il debito pubblico, ad esempio al 100 per cento del PIL.

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  Da più parti si è chiesta anche una maggiore sinergia tra il Patto di stabilità e crescita e la procedura per gli squilibri macroeconomici, nonché la necessità di integrare il quadro di governance economica con il completamento dell'Unione bancaria e dell'Unione dei mercati dei capitali.
  Svolte queste necessarie premesse, passa quindi all'illustrazione dei principali contenuti degli orientamenti, rinviando comunque alla documentazione predisposta dagli uffici per un ulteriore approfondimento.
  Prima di tutto, evidenzia che il percorso di riforma proposto dalla Commissione non prevede una modifica dei Trattati, ma un intervento sul diritto derivato e sull'attuazione delle regole. Si tratta indubbiamente del percorso più realistico, date le posizioni in campo e la procedura richiesta, che non implica, come in caso di revisione dei Trattati, la convocazione di una conferenza intergovernativa, l'unanimità dei consensi, le ratifiche e presumibilmente anche alcuni referendum a livello nazionale. Tuttavia, tale percorso non consentirà né di modificare parametri del deficit e del debito né di assicurare un ruolo più incisivo alla BCE. Resterebbero, pertanto, in vigore i valori di riferimento del 3 per cento e del 60 per cento per il deficit e il debito pubblico in rapporto al PIL, ma l'attuale parametro per la riduzione del debito, la cosiddetta regola dell'1/20, che, a giudizio della Commissione, «implica (in particolare per i Paesi con debito elevato) un aggiustamento di bilancio troppo impegnativo, prociclico e anticipato», determinando «un impatto molto negativo sulla crescita e quindi sulla stessa sostenibilità del debito», verrebbe abbandonato in favore della definizione di percorsi specifici per Paese che riducano il debito «in modo realistico, graduale e duraturo».
  L'obiettivo di fondo del nuovo quadro – secondo la Commissione – è coniugare sostenibilità del debito e crescita, attraverso riforme e investimenti strategici.
  Prendendo a riferimento l'esperienza dei PNRR, al centro del nuovo Patto di stabilità e crescita la Commissione propone di porre Piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine, con cui gli Stati membri dovrebbero definire i propri impegni di bilancio, di riforma e di investimento, all'interno di un quadro comune dell'Unione europea.
  Fa presente che i Piani sarebbero valutati dalla Commissione e approvati dal Consiglio dell'Unione europea. Avrebbero la durata di quattro anni, ma uno Stato membro potrebbe richiedere e concordare un percorso più lungo, estendendo la durata del proprio piano fino a un massimo di sette anni, in cambio di più riforme e investimenti. Potrebbero essere rivisti in anticipo in caso di circostanze oggettive che ne rendano impossibile l'attuazione, ma dovrebbero essere sottoposti allo stesso processo di convalida.
  I Piani dovrebbero assicurare un percorso di bilancio a medio termine, fissato in termini di spesa primaria netta, vale a dire spesa al netto delle misure discrezionali sul lato delle entrate ed esclusa la spesa per interessi e la spesa ciclica per la disoccupazione, che metta il debito pubblico su un sentiero discendente, o lo faccia rimanere su livelli prudenti, e che mantenga il disavanzo al di sotto del 3 per cento del PIL, garantendo nel contempo una crescita sostenibile.
  Tra l'altro, i Piani dovrebbero indicare la prevista spesa finanziata dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza, dai fondi della politica di coesione e da altri trasferimenti dell'Unione europea.
  Gli orientamenti fissano come punto di partenza del percorso per l'elaborazione dei Piani un'analisi di sostenibilità del debito della Commissione che andrebbe a valutare il livello di rischio del debito dei Paesi suddividendoli ex ante in tre gruppi:

   Stati membri con un debito pubblico sostanziale (probabilmente superiore al 90 per cento del PIL);

   Stati membri con un debito pubblico moderato (probabilmente tra il 60 per cento e il 90 per cento del PIL);

   Stati membri con un debito pubblico modesto (probabilmente inferiore al 60 per cento del PIL).

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  Sulla base di tale ripartizione, la Commissione proporrebbe un percorso di aggiustamento pluriennale di riferimento in termini di spesa primaria netta.
  L'analisi di sostenibilità in apertura del processo e il suo impiego per classificare i Paesi in tre gruppi e definire i loro percorsi di aggiustamento del debito rappresenta un elemento problematico del negoziato, anche sulla base di quanto emerso nelle prime discussioni in Consiglio ECOFIN. Si sarebbero infatti al riguardo registrate perplessità da parte di diversi Stati.
  Come già detto, un unico indicatore operativo, la spesa primaria netta, fungerebbe da base di riferimento per la definizione del percorso di aggiustamento di bilancio. Ma non solo: esso costituirebbe l'unico riferimento anche per lo svolgimento della sorveglianza annuale della Commissione e del Consiglio dell'Unione europea nell'ambito del Semestre europeo. Ciò non comporterebbe tuttavia il completo abbandono del parametro della riduzione del saldo strutturale e, conseguentemente, dell'output gap, che misura il divario tra il PIL effettivo e il PIL potenziale, giacché la spesa primaria netta e il suo tasso di variazione – che costituirà l'indicatore unico adottato nel nuovo quadro di regole – sono correlati al corrispondente andamento del saldo primario strutturale, anche se tale variabile non viene espressamente indicata tra quelle oggetto di sorveglianza e monitoraggio.
  Invece di emanare raccomandazioni annuali, la Commissione si concentrerebbe sull'osservanza, da parte degli Stati membri, del percorso di spesa netta a medio termine approvato dal Consiglio. Gli Stati membri dovrebbero presentare relazioni annuali di attuazione, invece dei Programmi annuali di stabilità o convergenza.
  Gli orientamenti prevedono anche un ruolo importante per le istituzioni nazionali di bilancio indipendenti che tra l'altro potrebbero valutare le ipotesi alla base dei Piani, la loro adeguatezza rispetto alla sostenibilità del debito e agli obiettivi di medio termine specifici per Paese.
  Verrebbe inoltre mantenuta una clausola di salvaguardia generale per gestire una grave recessione economica in caso di gravi shock per la zona euro o l'Unione europea nel suo insieme, ma si introdurrebbe anche una clausola di salvaguardia nazionale in caso di rilevanti shock asimmetrici.
  La maggiore titolarità nazionale ex ante nella progettazione delle traiettorie di bilancio sarebbe bilanciata, secondo gli orientamenti, da un'applicazione più rigorosa ex post delle regole a livello dell'Unione.
  In particolare, gli orientamenti propongono di mantenere invariata la procedura per i disavanzi eccessivi relativamente al deficit, ma di rafforzare quella concernente debito, nel senso di renderla più effettiva. In pratica, per gli Stati membri con un problema di debito pubblico sostanziale, gli scostamenti dal percorso di bilancio concordato comporterebbero automaticamente l'avvio della procedura, mentre per gli Stati membri con un problema di debito pubblico moderato gli scostamenti potrebbero comunque portare all'avvio di una procedura se giudicati atti a dar luogo a errori rilevanti.
  Anche i meccanismi esecutivi verrebbero rafforzati. In particolare, le sanzioni previste in esito alla procedura per i disavanzi eccessivi saranno di tre tipi: finanziarie, più facili da comminare in quanto basate su importi ridotti rispetto a quelli attualmente previsti; reputazionali, con obblighi di illustrazione delle misure adottate in risposta alle raccomandazioni europee; di condizionalità macroeconomica, con possibilità di sospensione dei finanziamenti europei in caso di inottemperanza all'obbligo di correzione dei disavanzi eccessivi.
  La Commissione propone, infine, di rivedere la procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di garantire una maggiore integrazione con il quadro di bilancio riveduto e, in particolare, di prevedere l'inserimento nei Piani strutturali di bilancio a medio termine anche delle riforme e degli investimenti per correggere gli squilibri individuati, nonché di rivedere il quadro di sorveglianza post-programma.
  Prima di avviarsi alla conclusione, intende evidenziare alcuni profili che ritiene meritevoli di approfondimento che riguardanoPag. 75 tutte e tre le fasi della nuova procedura vale a dire: la definizione da parte della Commissione europea del percorso di aggiustamento richiesto a ciascuno Stato, la definizione, sulla base del percorso di riferimento indicato dalla Commissione, di Piani nazionali di bilancio di medio termine nonché l'esecuzione e il monitoraggio e le relative sanzioni.
  Per quanto riguarda la fase relativa alla definizione da parte della Commissione europea del percorso di aggiustamento richiesto a ciascuno Stato, ritiene andrebbe in primo luogo chiarito se sussistano spazi di interlocuzione effettiva nell'interazione con la Commissione, nella fase in cui quest'ultima, in base ai risultati delle analisi di sostenibilità del debito, individua il percorso programmatico di riferimento, verificando altresì se la stessa Commissione, su richiesta degli Stati, possa ridefinire, nel periodo di operatività dei Piani già approvati, il percorso originariamente delineato, con conseguente aggiornamento da parte degli Stati degli obiettivi già definiti in base a tale percorso.
  Poiché il saldo strutturale verrà incluso nel quadro di riferimento come obiettivo da raggiungere al termine del percorso pluriennale di aggiustamento, ritiene in secondo luogo necessario verificare se le problematiche di carattere metodologico, emerse in relazione al calcolo di tale variabile nonché del PIL potenziale nell'esperienza applicativa dell'attuale governance economica, possano riproporsi anche se in diversa misura anche nel quadro della nuova disciplina.
  In terzo luogo, considerato che, con riferimento all'aggregato del debito rilevante la proposta della Commissione non contempla distinzioni sulla base del soggetto detentore dei titoli, trattando il debito detenuto da istituzioni pubbliche, nazionali (banche centrali) o europee (BCE e Commissione), alla stregua del debito detenuto da operatori di mercato, benché i rischi associati a tali tipologie di debito pubblico siano diversi, ritiene che andrebbe verificata l'opportunità di introdurre invece delle distinzioni anche in ragione del diverso grado di rischio associato a singole componenti del debito complessivo nonché della quota di debito connessa all'adesione a specifiche azioni di politica economica comunitaria, quali la Recovery and Resilience Facility (RRF), attuata nel nostro Paese tramite il PNRR.
  Per quanto concerne invece la fase relativa alla definizione, sulla base del percorso di riferimento indicato dalla Commissione, di Piani nazionali di bilancio di medio termine, poiché la proposta della Commissione europea adotta un aggregato di spesa di riferimento che include gli investimenti, non facendo quindi ricorso alla cosiddetta golden rule, ma al tempo stesso consente un percorso di aggiustamento più graduale, definito su un arco di sette anziché quattro anni, in presenza di ulteriori impegni di riforma e di investimenti ritiene che andrebbe in primo luogo verificata l'effettiva efficacia di tale sistema a garantire l'invarianza o l'auspicabile incremento della spesa per investimenti soprattutto per i Paesi con ridotti spazi di modulabilità della spesa.
  In secondo luogo, considerato che la predetta facoltà di estensione temporale riguarda i soli Paesi con un problema di debito sostanziale, mentre per i Paesi classificati a rischio modesto non è previsto alcuno strumento affinché siano assicurati soddisfacenti impegni di investimento coerenti con le priorità e le esigenze di sviluppo dell'economia europea, ritiene che andrebbe valutato se – in assenza di una capacità fiscale propria dell'Unione europea idonea a finanziare una politica di investimento europea – tale assetto regolatorio sia adeguato rispetto all'esigenza di sostenere l'attuazione di quegli investimenti che la Comunicazione in esame riconosce come necessari rispetto agli obiettivi delle transizioni verde e digitale, della sicurezza energetica e della resilienza economica e sociale, nonché della costruzione della capacità di difesa europea.
  In terzo luogo, data la centralità del ruolo delle misure discrezionali di entrata (DRM) nella futura regola di governance, basata sull'indicatore unico della spesa, reputa necessaria una dettagliata indicazione delle voci che compongono l'aggregato delle Pag. 76DRM e dei fattori riscontrati alla base di eventuali scostamenti tra le relative previsioni ex ante e i corrispondenti risultati ex post, verificando altresì se risulti possibile utilizzare per finalità di copertura di interventi di carattere discrezionale le maggiori entrate inattese ove si possa dimostrare che queste ultime abbiano carattere strutturale, come ad esempio quelle derivanti da un miglioramento della compliance fiscale.
  Osserva infine che, poiché la proposta della Commissione non prevede che le misure discrezionali di stabilizzazione del ciclo economico possano giustificare scostamenti dal percorso di spesa programmato, nel caso di andamento ciclico inatteso, o peggiore di quello prefigurato al momento della predisposizione dei Piani nazionali, per i Paesi classificati a rischio alto o moderato non sarebbero possibili interventi discrezionali a sostegno dell'economia, né sul lato dell'entrata né su quello della spesa, in quanto ogni intervento dovrebbe prevedere adeguate compensazioni che ne neutralizzerebbero l'effetto, mentre analoga limitazione non graverebbe sui Paesi a rischio modesto, purché sia rispettata dagli stessi, sia in termini annuali che in proiezione pluriennale, la soglia massima del 3 per cento del rapporto deficit/PIL, determinando con ciò una condizione ineguale tra i diversi Paesi che sarebbe accentuata in mancanza di strumenti che facciano leva su una capacità fiscale europea centralizzata.
  Per quanto riguarda, inoltre, la fase relativa all'esecuzione, al monitoraggio e alle sanzioni, poiché dalla proposta della Commissione emerge un maggior grado di rigidità del nuovo quadro programmatico pluriennale, che non prevede la possibilità di apportare aggiornamenti anno per anno, se non per eventi eccezionali, ritiene che andrebbe chiarito se, ed eventualmente in quale misura, saranno ammessi scostamenti, sia pur limitati, dal percorso programmatico per i Paesi a rischio elevato, fermo restando che dovrebbe essere comunque considerata l'esigenza di prevedere anche per i Paesi ad alto rischio, margini di flessibilità nell'avvio della procedura di deficit eccessivo, con riferimento al rispetto del percorso pluriennale previsto, almeno per quanto attiene ai traguardi annuali di tale percorso.
  Osserva, altresì, che la previsione di sanzioni basate sulla sospensione di finanziamenti europei, qualora fosse applicabile anche a programmi di finanziamento già in corso, potrebbe ripercuotersi su eventuali impegni già assunti dai governi nazionali, fermo restando che l'eventuale sospensione o definanziamento dei fondi strutturali porrebbe le conseguenze delle inadempienze a carico delle aree più depresse dei vari Paesi.
  Rileva, infine, che la nuova disciplina potrebbe avere un impatto non trascurabile sulle regole nazionali di programmazione economico-finanziaria, giacché l'adozione di un'impostazione di medio termine non andrebbe limitata alla riconfigurazione delle regole fiscali, ma dovrebbe permeare tutta la politica di bilancio che andrebbe conseguentemente ridefinita in un'ottica di medio termine. In questo quadro, data l'apparente assenza nella nuova architettura di margini di aggiustamento, al netto degli effetti di eventi eccezionali, del percorso pluriennale di finanza pubblica, la programmazione del bilancio dovrebbe considerare l'esigenza di assicurare necessari margini di sicurezza, mantenendo la spesa programmata al di sotto di quanto previsto dall'evoluzione dell'indicatore unico, al fine di assorbire eventuali shock esogeni a livello nazionale che non giustifichino la ridefinizione degli obiettivi programmatici. Tutto ciò considerato, alla luce delle sensibili differenze tra il nuovo quadro regolatorio proposto e quello vigente, fa presente che andrebbe considerato anche l'impatto che la nuova disciplina avrebbe sulla normativa contabile nazionale a partire dalla legge rinforzata n. 243 del 2012 e dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009.
  Rispetto al complesso delle tematiche evidenziate, sottolinea che nei primi scambi di vedute in seno al Consiglio sarebbero emerse, tra l'altro, posizioni differenti tra i Paesi cosiddetti «frugali», che avrebbero chiesto un'applicazione diretta delle regole Pag. 77evitando il ricorso eccessivo a clausole e margini di flessibilità, sui quali, invece, l'Italia si sarebbe espressa favorevolmente, e altri che invece avrebbero espresso dubbi sull'adozione di meccanismi rigidamente automatici. Avverte che sono state avanzate anche critiche, non solo a livello di Consiglio, sul ruolo che si vedrebbe assegnare la Commissione europea, specie per quanto riguarda la definizione e la valutazione dei Piani strutturali di bilancio nazionali che, a giudizio di alcuni, potrebbe portare a un approccio eccessivamente bilaterale e specifico per Paese a scapito della trasparenza e della parità di trattamento.
  Come ha avuto modo di accennare in premessa, l'obiettivo della Commissione europea sarebbe dunque quello di raggiungere un accordo politico sulle opzioni di riforma in seno all'Eurogruppo del 13 marzo prossimo e al Consiglio ECOFIN del 14 marzo, da poter sottoporre all'avallo del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo. In particolare, il Consiglio europeo potrebbe invitare la Commissione europea a presentare una proposta legislativa che a quel punto sarebbe già forte di un'intesa di massima tra le delegazioni.
  Evidenzia che i tempi per l'esame in questa sede sono dunque ristretti. Proprio per tale ragione, ritiene che il ciclo di audizioni deliberato nella scorsa riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dovrebbe svolgersi in tempi rapidi, in modo da consentire alla Commissione stessa di acquisire ulteriori elementi di approfondimento e valutazione ai fini dell'eventuale adozione di un documento finale in tempo utile per le riunioni dell'Eurogruppo e dell'ECOFIN del prossimo mese di marzo.

  Il sottosegretario Federico FRENI si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.

  Giuseppe Tommaso Vincenzo MANGIALAVORI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame della Comunicazione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.50 alle 15.