XIX Legislatura

Commissioni Riunite (VII e XI)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 16 febbraio 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mollicone Federico , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE AFFERENTI AL LAVORO SPORTIVO

Audizione del presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa, Vito Cozzoli.
Mollicone Federico , Presidente ... 3 
Cozzoli Vito , presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa ... 3 
Mollicone Federico , Presidente ... 8 
Amato Gaetano (M5S)  ... 8 
Berruto Mauro (PD-IDP)  ... 8 
Perissa Marco (FDI)  ... 9 
Cozzoli Vito , presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa ... 12 
Mollicone Federico , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione presentata dal presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa, Vito Cozzoli ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VII COMMISSIONE FEDERICO MOLLICONE

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa, Vito Cozzoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche afferenti al lavoro sportivo, l'audizione del presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa, dottor Vito Cozzoli, che saluto e ringrazio per la sua presenza. Nel ringraziare anche il presidente della XI Commissione, Walter Rizzetto, do la parola al dottor Cozzoli, presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa.

  VITO COZZOLI, presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa. Innanzitutto grazie per questo invito. Mi fa particolarmente piacere parlare in quest'aula avendo lavorato alla Camera per trent'anni. Quindi ringrazio i presidenti Mollicone e Rizzetto per questo invito e saluto tutti i componenti delle Commissioni riunite VII e XI, anche a nome di Sport e Salute. Siamo a disposizione per poter dare il nostro contributo di conoscenze e per assicurare un supporto al vostro lavoro e alla vostra attività parlamentare su un tema certamente molto importante, ma anche estremamente complesso, qual è quello del lavoro sportivo. Alla luce di queste necessità, Sport e Salute vuole mettere a vostra disposizione il proprio know-how, e soprattutto alcuni dati, alcuni elementi che sono in nostro possesso, affinché questa indagine conoscitiva possa arricchirsi di ulteriori spunti e supportare le vostre future scelte.
  Al fine di fornire un quadro ancora più completo proveremo anche a rappresentare alcuni elementi di possibile criticità emersi sul campo, anche a seguito della nostra quotidiana attività di supporto diretto agli organismi sportivi, alle società sportive e ai suoi lavoratori, attività ovviamente portata avanti insieme al Governo.
  Come a voi ben noto, in questi anni è stato avviato un percorso importante anche in termini di atti normativi già adottati, in attuazione di quanto previsto originariamente dalla legge 8 agosto 2019, n. 86, che delegava il Governo ad intervenire in materia di ordinamento sportivo e di professioni sportive. A partire dalla legge delega sono stati adottati dal legislatore prima il decreto legislativo n. 36 del 2021, direttamente attuativo, e successivamente il più recente decreto correttivo, che interviene modificando in più punti il testo originario. Tuttavia, nonostante la volontà chiara del legislatore, e in primis del Parlamento, di dare finalmente una nuova veste giuridica al settore sportivo in ambito giuslavoristico, statutario e fiscale – perché queste sono le ricadute, che non sono soltanto nell'ordinamento giuslavoristico – il Paese purtroppo si è trovato ad affrontare momenti estremamente complicati, che hanno messo a dura propria l'ossatura del nostro sistema sportivo, fatto di realtà straordinariamente capaci di creare valore in termini Pag. 4di promozione e diffusione della pratica sportiva, ma prive di adeguati sostegni strutturali che, invece, sono assolutamente necessari per affrontare periodi complessi come quelli che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo. Durante la pandemia sono emerse con grande chiarezza carenze, che perdurano anche oggi a causa del forte rincaro dei prezzi per l'approvvigionamento energetico, il quale ha ulteriormente indebolito le già fragili condizioni delle realtà meno strutturate. Iniziamo con qualche dato.
  Secondo le rilevazioni di Sport e Salute le chiusure connesse al lockdown, hanno interessato il 56 per cento delle società sportive, mentre il 61 per cento di chi è rimasto aperto ha permesso l'allenamento solamente ad atleti che partecipavano a competizioni di livello agonistico e di interesse nazionale. Oltre 5.000 società sportive hanno cessato definitivamente la propria attività entro un anno dal primo lockdown – quindi l'8 per cento del totale – concentrate principalmente nel Mezzogiorno. In uno scenario di ripresa delle attività post pandemia, già molto complesse, nel corso del 2022 la crisi energetica ha portato pressione aggiuntiva sui margini delle aziende del settore sportivo. I costi energetici per gli impianti sportivi sono aumentati tra il più 200 per cento e il più 400 per cento del 2022 rispetto all'anno precedente. In particolare le piscine e le palestre riportano un aumento dei costi dalle tre alle quattro volte.
  È quindi comprensibile che in tali condizioni, in un sistema già di per sé frammentato, anche a causa di una regolamentazione ormai non più in grado di disciplinarlo con efficacia, un nuovo intervento così importante da parte del legislatore venga soppesato dallo stesso con la massima attenzione. Rispetto a ciò, come Sport e Salute, crediamo possa rivelarsi utile l'esperienza maturata nel corso di questi anni. Un'esperienza che ha visto il Governo e Sport e Salute lavorare incessantemente per assicurare agli operatori del mondo sportivo italiano bonus e sostegni utili a resistere all'onda d'urto economica e sociale generatasi con la pandemia.
  Allora il parallelismo credo possa essere utile proprio perché, come in questo caso, siamo stati in grado di valutare soprattutto gli effetti che l'introduzione di nuove forme di tutela, seppur temporanee, hanno generato nel sistema sportivo. In considerazione delle novità introdotte, a partire dalla legge delega n. 86 del 2019, oggi in attesa di prossima definitiva attuazione, che mirano finalmente a superare alcune criticità che si sono generate nel corso negli anni, anche a causa di un sistema ordinamentale in ambito giuslavoristico non più al passo con l'incredibile crescita di cui il mondo sportivo oggi è protagonista, credo possa essere oggi utile fare alcune analisi di tipo comparativo. Infatti, proprio in occasione dell'erogazione dei bonus previsti dai vari Governi, a partire dal periodo pandemico, erogati da Sport e Salute ai collaboratori sportivi, è emerso, in tutta la sua particolarità, in tutta la sua consistenza, un mondo di lavoratori fino ad allora quasi sconosciuto. Ricordo che durante la pandemia, quando bisognava immaginare quale potesse essere l'impatto rispetto al numero dei lavoratori, si partiva di fatto da zero.
  Come sapete, Sport e Salute in questi anni si è fatta carico di creare da zero una piattaforma dedicata all'erogazione di sostegni governativi che in diciannove mesi ha supportato circa 197.000 collaboratori sportivi, beneficiari appunto, con l'erogazione diretta di 1 miliardo e cento milioni di euro, attraverso una scrupolosa verifica dei requisiti normativi, sussidi che ci hanno consentito, in maniera indiretta, di mappare per la prima volta, così dettagliatamente, una porzione consistente di operatori, a cui – mi permetto di dire «finalmente» – è stata riconosciuta la dignità di lavoratore sportivo.
  Operatori di un mondo che fino a quel momento risultavano difficilmente inquadrabili all'interno del nostro sistema, anche a causa dello speciale regime fiscale e dell'assenza di una banca dati previdenziale, e che anche l'introduzione di nuovi sostegni ha spinto ad emergere. Un mondo frammentato, articolato e assolutamente variegato, anche da un punto di vista delle numerose professionalità racchiuse in un'unicaPag. 5 definizione quella del collaboratore sportivo. Ad esempio sono state identificate nel periodo pandemico, solo all'interno della categoria dei lavoratori dello sport, genericamente detti collaboratori sportivi, numerosissime figure professionali differenti.
  L'indagine condotta da Sport e Salute sui collaboratori sportivi offre, speriamo, un identikit. I collaboratori sono, per oltre la metà dei casi, allenatori, tecnici o istruttori, seguiti da atleti dilettanti e collaboratori amministrativi. Complessivamente non sussiste una particolare prevalenza di genere tra i collaboratori, anche se gli uomini superano lievemente il 50 per cento. Invece divergenze emergono se si analizza la composizione dei collaboratori per disciplina sportiva. Risulta, invece, spiccata la differenza legata alle fasce di età. Due terzi dei collaboratori è infatti under 35. Operano, inoltre, principalmente al nord della penisola, anche se la regione con la percentuale più elevata di collaboratori è il Lazio. Mentre tra le province spicca Roma. Inoltre, altro dato che riteniamo interessante, è emerso che la metà del campione ha conseguito una qualifica sportiva, e nello specifico oltre un quarto ha conseguito quella di primo livello, mentre solo il 4 per cento possiede quella di quarto livello, mentre il 15 per cento ha conseguito un diploma di laurea e scienze motorie, o ex diploma ISEF. Un collaboratore su sei, infine, ha detto di non avere alcuna qualifica. Rispetto al campione intervistato gli uomini sono risultati più qualificati rispetto alle donne, evidenziando un gap di genere nell'ambito delle qualifiche sportive, a cui bisogna senz'altro prestare la necessaria attenzione.
  Si consideri, tra l'altro, come, con riferimento a queste figure professionali elencate, emerga, per ognuna di esse, un ulteriore elemento di complessità, dato dalla specificità della pratica sportiva di riferimento e dall'ambito o dal settore in cui la propria attività viene svolta. Se pensiamo ad esempio alla specifica categoria degli atleti dilettanti la stessa ricomprende al proprio interno, come è noto, non soltanto atleti che svolgono ad un livello amatoriale la propria attività sportiva, ma anche gli atleti cosiddetti di «alto livello», che militano all'interno di campionati che non prevedono la natura professionista. Tuttavia occorre sottolineare come il numero di collaboratori che hanno effettivamente presentato una domanda per l'accesso al bonus sia stato più elevato degli effettivi percettori. Infatti sono state 213.119 le domande compilate, ma soltanto 195.000 quelle rispondenti ai requisiti previsti dalla legge.
  Rispetto alla riforma del lavoro sportivo, che ha il compito di tipizzare la figura del lavoratore e dell'atleta, occorrerà necessariamente tentare di centrare il più possibile, in termini giuridici, i destinatari delle tutele che si vogliono introdurre. Perché, al contrario, il rischio sarà quello di trovare una platea di soggetti non rientranti all'interno della nuova disciplina, che potrebbero determinare ulteriori difficoltà anche in termini di possibile contenzioso. Il pericolo che oggi occorrerebbe scongiurare rispetto a questo aspetto, a nostro avviso, è proprio quello di tentare di ridurre il più possibile la frammentarietà, l'incertezza, dal momento che, se nel caso del bonus è stato possibile ampliare o restringere la platea dei beneficiari con agilità, ben più complesso si rivelerebbe un tale passaggio in ambito giuslavoristico. E quindi siamo oggi consapevoli che il Governo e il Parlamento sono a lavoro, e colgo l'occasione per ringraziare il Ministro Abodi per l'attenzione che dedica allo sport di base, proprio per dare risposte a questi timori e per valutare e soppesare i possibili rischi. Occorre infatti evitare che tali tutele si traducano in nuovi carichi burocratici che oggi non sarebbero certamente sostenibili, soprattutto per le realtà più fragili.
  Per fare un esempio concreto occorre scongiurare la possibilità che il sistema sportivo venga spinto verso una nuova riorganizzazione e polarizzazione magari attraverso una modifica del monte ore lavorativo o di allenamento, vanificando l'applicazione delle nuove norme, e di fatto la volontà del legislatore. Oggi, tuttavia, è sempre più forte e necessario il bisogno di sostegno e supporti strutturali. Quindi, dobbiamo passare da una logica emergenziale ad una logica strutturale per le nostre Pag. 6realtà sportive e per i lavoratori del comparto, a cui dobbiamo essere grati per gli sforzi fatti ogni giorno per continuare a tenere in piedi il sistema sportivo italiano. Questa è anche l'occasione per dirlo e per sottolinearlo. Infatti, la presenza di tali complessità, come evidentemente è nello spirito stesso di questa audizione, non sarà una leva per assicurare al nostro sistema sportivo una nuova veste giuridica, ma un'opportunità, del resto prevista dalla stessa legge delega, per assicurare la sostenibilità necessaria al sistema e al suo funzionamento.
  Altro elemento rilevante, che del resto è già stato sollevato anche nei lavori preparatori a questa indagine conoscitiva, è il tema dei nuovi costi gravanti sul sistema sportivo come diretta conseguenza delle nuove incombenze amministrative e fiscali. Credo che anche da questo punto di vista si debbano creare strumenti giuridici che siano il più possibile inclusivi e chiari, in modo da ridurre in maniera importante, a costo zero, il carico di oneri che le realtà sportive dovranno affrontare. Tanto più chiara sarà infatti la normativa introdotta, quanto più agile sarà anche in termini burocratici la sua applicazione, e tanto più sarà ridotto l'impatto anche economico sul sistema sportivo. È chiaro infatti che il legislatore parla a migliaia di società sportive e di lavoratori che oggi non possono permettersi un ulteriore appesantimento, soprattutto in termini di aggravi amministrativi, ma che al contrario hanno la necessità di una veste giuridica che sia il più possibile di supporto, calata in una realtà sempre più destrutturata, sempre più smart, anche in continua evoluzione.
  Altri dati. Secondo le rilevazioni dell'Eurostat pubblicate nel 2022 emerge che nel 2021 in Europa hanno lavorato nel settore sportivo quasi 1,37 milioni di persone, e l'occupazione rappresentava lo 0,7 per cento dell'occupazione totale dell'Unione europea, con un range variabile tra lo 0,2 registrato in Romania e l'1,4 in Svezia. In testa alla classifica troviamo Svezia e Finlandia; seguono la Spagna, la Francia e la Danimarca, dove il totale degli occupati nello sport ha raggiunto almeno l'1 per cento. In Spagna e in Italia i giovani di 15/29 anni rappresentano ben il 30 per cento (e questo penso che sia un dato molto incoraggiante anche per il futuro del nostro Paese) del totale degli occupati nello sport. Percentuale che sale fino a raggiungere però il 60 per cento in Norvegia, seguita dalla Danimarca con il 52 per cento, la Finlandia con il 46 per cento e la Svezia con il 42 per cento. Dall'altro lato, sono sei i Paesi che raggiungono meno del 30 per cento, con la percentuale più bassa osservata in Repubblica Ceca, ovvero solo il 19 per cento.
  Inoltre, secondo la rilevazione sulle forze di lavoro Istat del 2021, si stimano 104.000 occupati in ambito sportivo. È un valore che, seppure in calo, rispetto al 2020 (128.000) e al 2019 (132.000), mostra numeri importanti, secondo me, sinceramente per difetto, soprattutto se collegati a quelli relativi al prodotto interno lordo e ai valori economici generati dal comparto. Invece con riferimento al 2019, il più recente per il quale si dispone dei dati prodotti dalla statistica ufficiale, l'apporto dello sport in termini economici per il Paese è oggi di circa 24,5 miliardi di euro, con circa 420.000 occupati. Rispetto al quadro europeo la Germania rappresenta il Paese che ad oggi contribuisce in maniera maggiore al PIL europeo collegato con lo sport, con 104 miliardi, il 37,4 per cento del totale. Seguono pressoché appaiate la Francia (14 per cento), il Regno Unito (13 per cento), seguito dall'Italia (7,6 per cento). Una posizione di grande rilevanza, in termini macroeconomici, ma che mostra con chiarezza come il nostro Paese guardi allo sport oggi più che mai non soltanto in termini sportivi, non soltanto in termini di benessere psicofisico, non soltanto – e noi di Sport e Salute ci crediamo particolarmente – in termini sociali, ma anche come un'occasione di lavoro, di investimento, e più in generale come un importante settore produttivo.
  Rispetto a questi dati è evidente come il settore del lavoro sportivo in Italia abbia ormai cambiato pelle, passando da un comparto secondario dal punto di vista lavorativo, e soggetto soprattutto a contratti di Pag. 7natura occasionale, ad un settore in cui il lavoratore svolge la propria professione in via principale e ad un livello elevato. Ragioni che spiegano come mai in tutti questi anni lo sport abbia avuto, anche da un punto di vista fiscale, previdenziale e assicurativo, strumenti meno robusti di altri settori, e ciò spiega l'assoggettamento dei suoi lavoratori a regimi agevolati e specifici. È evidente, tuttavia, che sulla base dei dati attuali, sia in termini di volumi economici che di forza lavoro in campo, guardare oggi solo alla occasionalità o alla natura volontaria dell'impiego nel settore sportivo non è più coerente con i cambiamenti in atto anche nel nostro Paese e con la realtà esistente. Una platea quella a cui guardiamo oggi estremamente capillare dal momento che a ieri, 15 febbraio 2023, le associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche – con regolamenti scritti nel registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche – risultano essere ben 111.951 su tutto il territorio nazionale.
  Voi sapete bene che il registro, istituito con il decreto legislativo n. 39 del 2021, gestito da Sport e Salute per conto del Dipartimento per lo sport, è uno dei pilastri su cui si struttura il nuovo sistema, operante non più solo come strumento di controllo, ma anche in termini di semplificazione e di promozione. Il registro infatti include la raccolta dei dati di tutti i tesserati delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche iscritte e degli impianti utilizzati per lo svolgimento dell'attività sportiva. L'obiettivo è quello di fornire un patrimonio informativo certo, completo, interoperabile, pubblico e trasparente, in grado di valorizzare, da un lato, il ruolo degli organismi sportivi, e dall'altro anche di consentire alle pubbliche amministrazioni interessate, come è previsto dalla legge, l'accesso al registro per le loro attività istituzionali. Elementi questi che mostrano ulteriore complessità rispetto ad una definizione univoca di lavoro sportivo e di lavoratore sportivo, soprattutto se guardiamo alla molteplicità delle attività che lo compongono e delle sue filiere. Filiere, tra l'altro, che sono state mappate dalla Commissione europea nella cosiddetta definizione di Vilnius, la quale ha individuato oltre 400 settori economici interessati, selezionati in base ad un approccio metodologico che comprendesse: le attività sportive, ovvero le attività direttamente collegate alla pratica sportiva e alla gestione degli impianti, nonché le attività di enti e di organizzazioni sportive; le attività strettamente connesse, comprendendo anche le attività che forniscono beni e servizi collegati direttamente allo sport; infine le attività connesse in senso lato, ovvero le attività collegate allo sport non necessarie a praticare lo sport, ma che supportano lo sportivo a 360 gradi (pensiamo agli alberghi, ai mezzi di trasporto e ai ristoranti).
  Dati che ci dicono con chiarezza che lo sport dovrebbe essere visto – e non potrebbe che essere così – non più come un settore meramente dedicato al divertimento e al gioco, ma come qualcosa di molto più complesso, qualcosa di più strutturato, consentendo anche in questo modo di superare il pregiudizio del lavoro sportivo quale attività legata ad un ambito ludico-ricreativo, riconoscendo di converso l'importanza strategica e la professionalità di tali figure lavorative.
  Si tratta di un settore che oggi nel nostro Paese sta crescendo, dal momento che dal rafforzamento dell'azione tra il Governo e il suo braccio operativo Sport e Salute Spa l'Italia ha scalato molte posizioni nella classifica delle nazionali più sedentarie realizzata da Eurobarometro, l'osservatorio della Commissione europea, passando dal quinto posto del 2018 all'attuale undicesimo posto. Tenete conto che questa classifica non ci rende giustizia perché non conta gli under 15 e, ad esempio, non conteggia i 2 milioni di bambini della scuola primaria che, grazie a Sport e Salute, fanno sport a scuola. Erano 500.000 nel 2019, oggi sono 2 milioni. Erano sei le federazioni coinvolte, oggi sono quaranta. Quindi è un settore in crescita, che naturalmente non può e non deve rallentare la sua rincorsa, a cui occorre continuare a dare un adeguato supporto perché l'Italia deve avere l'obiettivo di risalire altre classifiche europee, come quella degli investimentiPag. 8 nel settore, del numero di praticanti, della qualità degli impianti e delle infrastrutture messe a disposizione di chi vuole praticare attività fisica.
  In conclusione, quindi, siamo assolutamente convinti che la volontà di posticipare di qualche mese l'entrata in vigore della riforma del 2021 sia mirata a rendere l'impatto della riforma medesima ancora più sostenibile sugli aspetti giuslavoristici, anche e soprattutto per le associazioni e le società sportive dilettantistiche. Crediamo infatti che il processo di sviluppo sia migliorabile sotto molteplici profili, ad esempio pensando ad un superamento del precedente sistema fondato sui cosiddetti compensi sportivi, avviando così un nuovo modello in linea con le forme e le esigenze dell'evoluzione del sistema sportivo. Ciò darà finalmente una risposta positiva ad un settore che – ricordiamo – non soltanto è straordinariamente importante perché è in grado di assicurare al nostro Paese una popolazione sempre più attiva e in salute, ma lo è anche perché capace di generare posti di lavoro e ricchezza, grazie ad un volume di investimenti sempre crescente.
  Lo sport italiano sta, quindi, rispondendo positivamente a questi cambiamenti, e Sport e Salute, a cui lo Stato ha affidato il compito di promuovere e diffondere i sani e corretti stili di vita, di supportare lo sviluppo del sistema sportivo di base, in accordo con il Governo, ha prodotto in questi anni investimenti importanti, investimenti che puntano a supportare e ad innovare sempre di più lo sport attraverso una stretta collaborazione di tutti i suoi operatori. Continueremo a farlo per svolgere il nostro ruolo all'interno di una partita complicata, ma ambiziosa, come quella che riguarda i temi del lavoro sportivo, anche tramite un sostegno e un supporto diretto al mondo sportivo, attraverso le nostre attività di formazione e di orientamento della scuola dello sport, utili alle varie realtà per affrontare al meglio le novità che saranno introdotte nei prossimi mesi.
  Anche per questo, al termine di questa audizione, depositeremo una memoria contenente alcuni dati – speriamo utili a coadiuvare la vostra azione – riguardanti l'occupazione nel settore sportivo, le statistiche e le informazioni legate ai collaboratori sportivi raccolte da Sport e Salute nel corso di questi anni, e i risultati di una recente indagine condotta direttamente da Sport e Salute, che ha intercettato alcuni specifici bisogni delle società sportive censite. A ciò si aggiunge ovviamente la nostra assoluta disponibilità per favorire al meglio il vostro lavoro e la vostra attività parlamentare. Pertanto ringraziando, anche a nome di Sport e Salute, ancora una volta i presidenti e tutti voi membri delle Commissioni, rimaniamo a vostra disposizione per qualsiasi ulteriore necessità.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  GAETANO AMATO. La ringrazio perché è stato veramente esaustivo. L'unica questione che non è stata affrontata nella sua relazione riguarda lo svolgimento di un'indagine sui volontari. Molte società sportive, sia a livello dilettantistico, sia addirittura a livello delle federazioni, basano la loro attività sul volontariato. Si tratta di ex atleti che andranno comunque tutelati all'interno di questa riforma, e che dovrebbero essere, se non retribuiti, almeno coperti con un'assicurazione. Quindi avrei voluto conoscere il numero – se lo avete censito dei volontari che lavorano gratuitamente in ambito sportivo.

  MAURO BERRUTO. Grazie presidenti. Grazie presidente Cozzoli per la relazione puntuale e fondata sui fatti: questo è un bel punto di partenza. La prima parte della mia domanda riprende quanto suggeriva il collega Amato. Le chiederei se è possibile avere il dato, distribuito nei quasi 200.000 interventi che lei ha ricordato, nelle tre fasce che la legge indica di percepito annuo. Quindi sotto i 5.000 euro annui – e credo che lì rientrino molti dei soggetti che il collega Amato ricordava –; poi la forbice tra i 5 e i 15.000 e sopra i 15.000 euro. Questo credo sia un dato molto importante: la sua sollecitazione è giusta. Tutti siamo Pag. 9dalla parte della sostenibilità di questa legge. Io sono anche uno di quei rappresentanti del lavoro sportivo che non ha visto riconosciuta la sua dignità in venticinque anni di carriera, nonostante sia fortunato ad averla potuta svolgere a un altissimo livello; ma tant'è. Quindi, il tema è quello della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici sportive e delle loro tutele che impatta su quelli che lei ha ricordato essere oneri economici aggiuntivi alle società in un momento molto complicato e oneri, chiamiamoli, amministrativi-burocratici. La mia domanda in riferimento a quel dato è anche per fare chiarezza e informare su quelli che sono i valori veri e l'impatto vero, sia quello economico che quello burocratico.
  La sollecitazione che mi sento di fare a lei in quanto presidente di Sport e Salute, è se nel tempo che trascorrerà da qui all'entrata in vigore della legge, il 1° luglio 2023, avete intenzione di fare un'azione di informazione sul vero impatto che questa legge produrrà alle società sportive. Perché purtroppo – e lo sottolineo con forza – io continuo a girare il territorio e continuo a trovare ancora tantissima disinformazione. Tantissime informazioni che si riferiscono non a quest'ultima versione della legge con i correttivi, ma alla sua versione originaria che, ovviamente, aveva un impatto completamente diverso, una sostenibilità del tutto diversa. Come cerco di fare in ogni occasione pubblica, vorrei che venisse ricordato che osservatori indipendenti hanno dimostrato che l'impatto economico al di sotto dei 5.000 euro è praticamente zero; voglio dire che è una manciata di euro che permette di avere l'INAIL – come il collega Amato ricordava – ovvero un'assicurazione sull'attività che si sta facendo. Fra i 5 e i 15.000 euro che credo – ma per questo chiedevo il contributo dei dati – sia la fascia più sensibile, osservatori indipendenti ci dicono che l'impatto di questa nuova versione dopo i correttivi incida per il 5-9 per cento sul contratto per le società. Aggiungo che sono consapevole che in un momento di difficoltà anche l'1 per cento può essere un problema ed è questa la ragione per cui in ogni decreto utile ho sempre tentato di portare all'attenzione del Governo un emendamento, un ordine del giorno che inviti a creare un salvadanaio affinché – come lei stesso diceva, e condivido completamente – questo impatto possa essere anche azzerato, possa essere annullato. Almeno essere azzerato e annullato nella prima fase, che sarà quella di avvio della legge. Quindi mi aspetterei da Sport e Salute un'operazione di informazione sulle caratteristiche vere di questa legge, perché purtroppo sul territorio si agitano spettri, paure che preoccupano molto le società sportive.
  L'ultima cosa e chiudo. Visto che l'altro impatto è quello – chiamiamolo così – burocratico-amministrativo, le chiedo di aggiornarci sullo stato dell'arte della visione di Sport e Salute rispetto al registro che sarà lo strumento messo a disposizione delle società sportive proprio per attutire anche quel tipo di impatto che è altrettanto sensibile e importante. Grazie.

  MARCO PERISSA. Grazie presidente Mollicone, presidente Rizzetto, presidente Cozzoli. Grazie per questo momento di confronto che ho fortemente voluto presentando la richiesta di avvio di indagine conoscitiva. Sono molto contento che il tema sia stato considerato di competenza anche della Commissione XI perché – anche alla luce della relazione presentata egregiamente dal presidente Cozzoli – emerge un sottinteso, ovvero quanto – per costituzione, per formazione giuridica, per assetto normativo di riferimento, parlando di lavoro nel sistema dello sport – spesso si tende a parlare di cose che non vengono comprese da quel mondo nella loro complessità. Perché? Perché è un mondo che negli ultimi anni è andato avanti con le prestazioni sportive, con le collaborazioni occasionali. È un mondo che, come è stato giustamente detto in precedenza, vive di un assetto normativo in ambito giuslavoristico che considero obsoleto: cioè un sistema di riferimento che permetteva a impiegati a tempo indeterminato presso le aziende, negli anni Ottanta/Novanta, in cui c'era questa possibilità, di arrotondare, mettendo a disposizione le loro competenze nel sistema sportivo. E questo sistema, che oggi chiamiamo volontaristico, che però corrisponde,Pag. 10 invece, a rimborsi a tutti gli effetti, si è evoluto tantissimo, rendendo la prestazione in ambito sportivo dal tecnico, a volte anche dall'atleta, spesso la principale fonte di reddito e, altrettanto spesso, l'unica fonte di reddito. Ma, soprattutto, in un sistema molto più competitivo in termini di competenze e professionalità che porta i nostri tecnici, i nostri allenatori, ma anche i nostri responsabili amministrativi, presidenti, gestori di impianti sportivi, a doversi anche felicemente sottoporre a percorsi di formazione costante, continuo aggiornamento, per rimanere al passo dei tempi. Faccio una battuta. Voi sapete che oggi una società sportiva con finalità non lucrativa non paga le tasse sulle attività istituzionali, cioè le quote di iscrizione. Però abbiamo scoperto nel corso degli anni che tanti presidenti si sono trovati in difficoltà perché, nel promuovere l'attività del loro centro sportivo sul territorio di riferimento, magari attraverso l'affissione di una cartellonistica promozionale, trasformavano quelle quote di iscrizione in un'attività commerciale, che poi veniva imputata da loro, dal soggetto accertatore e portava alla realizzazione di verbali anche importanti.
  Quindi volevo ringraziare il presidente Cozzoli perché con questa relazione così pragmatica, pratica e fondata sulle expertise che Sport e Salute ha messo in campo nel corso di una tragedia come quella del Covid, ci rappresenta come la funzione di supporto all'attività legislativa del Governo, ma anche del Parlamento su un tema così complesso – e preferisco ripetere questo termine ad oltranza – sia un'attività fondamentale ed egregiamente svolta, a mio avviso, ovviamente a titolo personale, rispetto alla relazione che ho potuto ascoltare.
  Poi però c'è da dire una cosa che è fondamentale e di centrale importanza e lo dico anche forse con un po' di rammarico per l'onorevole Berruto. Forse è ora che ci si rassegni che è arrivata al Governo di questo Paese una forza politica come Fratelli d'Italia, che è una forza estremamente responsabile, che ha deciso di mettere da parte le ideologie nel suo percorso di formazione e di crescita, e di guardare il dato pragmatico. Questo lo dico perché pensare di potere risolvere il problema della riforma del lavoro sportivo, che va a strutturare un sistema di professionalizzazione, certificazione delle competenze e riconoscimento dei diritti maturati all'interno del settore sportivo, pensando che sia solo un problema di impatto economico, evidentemente rende la misura di come da un lato c'è un Governo che decide a dicembre di slittare di sei mesi l'entrata in vigore di una riforma fatta di mille sfaccettature e di mille complessità; dall'altro, c'è un Parlamento, ci sono delle Commissioni che, non appena possibile, avviano un processo di approfondimento sul piano pratico e pragmatico delle criticità potenziali dall'entrata in vigore del 1° luglio, per mettere in piedi un'architettura di correzioni che rendano sostenibile, in maniera strutturale, l'entrata in vigore della riforma. Ci sono, inoltre, alcune forze politiche che – e c'è un motivo se stanno all'opposizione – si limitano a dire: tanto con 50 milioni per i primi due anni il problema è risolto. Se noi avessimo spostato di sei mesi l'entrata in vigore della legge senza fare questo percorso di approfondimento, a luglio ci saremmo trovati ad affrontare gli stessi problemi che abbiamo affrontato che ci sono stati posti dalle categorie di riferimento, per poi farla spostare di altri sei mesi. Questo Governo e questo partito non sono forze politiche che lavorano in questo modo. Era necessario utilizzare i sei mesi di slittamento sull'entrata in vigore per poter mettere in campo un ciclo di audizioni che ci portasse a correggere la legge prima dell'entrata in vigore dei decreti attuativi e renderla sostenibile in maniera strutturata.
  Che cosa significa per noi «sostenibile in maniera strutturata»? Significa, innanzitutto, che il decreto legislativo prevede il monte ore di diciotto ore settimanali, superato il quale quel tipo di collaborazione va impiantata all'interno o di un contratto di collaborazione o di un'assunzione in termini subordinati di quel collaboratore. Questo espone i nostri gestori, ma anche i nostri lavoratori sportivi, al rischio che per lo stesso trattamento tra datore e collaboratore, se faccio diciassette ore e trenta non Pag. 11sono subordinato e sono un volontario; se faccio diciotto ore e quarantacinque, sono subordinato. La Guardia di finanza, l'Agenzia delle entrate, l'Ispettorato del lavoro devono avere indicazioni dalla politica su come trattare le apparenti similitudini fra quello che fa diciassette ore e quello che ne fa diciannove, per evitare che quelli che ne fanno diciassette vengano assimilati ad una presunta evasione fiscale o sfruttamento del lavoro da parte del soggetto accertatore. Non è un tema di carattere economico. Quando un centro sportivo si trova a gestire venti, trenta, quaranta, sessanta unità umane di capitale da mettere a sistema per la gestione e la garanzia dell'erogazione dei servizi alla propria utenza, dire che, superati i 15.000 euro l'anno, questa roba impatta solo forse tra 5.000 e 9.000 euro l'anno a lavoratore, significa moltiplicare una media a ribasso di 7.000 euro ad unità lavorativa per trenta, venti, quaranta.
  A queste domande, che ci sono state poste dai gestori, dobbiamo fornire una risposta legislativa che metta dei paletti che proteggano da un lato il legittimo diritto dei lavoratori di vedere riconosciuta la propria dignità professionale, in quanto lavoratori e, dall'altro, anche i loro contributi, i loro diritti sanitari e quant'altro. Qualcuno vuole spiegare – anche se per un euro, o per mille, perché questa è una questione di principio – che cosa succede ai contributi che questi collaboratori versano all'INPS e che vengono considerati al 30 per cento annuo, se non raggiungono la quota prevista dalla circolare INPS dei 16.900 euro l'anno? Vogliamo, per ipotesi, che questi soldi vadano ad alimentare un fondo pensionistico sportivo che risponde a regole diverse da quelle del lavoro normale, ovvero al principio contributivo per cui se verso mille euro l'anno di contributi, tra trent'anni ne rivoglio mille? Non mille e uno, ma mille. Vogliamo provare a capire che la riforma del lavoro sportivo – ovvero portare un assetto come quello del lavoro all'interno del sistema sportivo – non si risolve con 50 milioni di euro l'anno a copertura dei costi per i prossimi due anni? È una cosa che va organizzata in maniera strutturata e permanente, e che potrebbe prevedere – e qui lo dico senza nessun timore di essere smentito – anche un'entrata in vigore progressiva della dimensione del lavoro sportivo all'interno del sistema. Perché oggi possiamo decidere di introdurre due, tre, quattro aspetti principali di quella riforma, aspettare di vedere che vengano maturate le conseguenze di quella introduzione, e poi andare a migliorare ed integrare gli elementi da esigere dai gestori dei centri sportivi, dalle società sportive o dalle associazioni sportive.
  Faccio un altro esempio prima di concludere. Ci sono tre o quattro argomenti che ho voluto mettere a spunto per dimostrare che quando Fratelli d'Italia dice che su questa riforma del lavoro sportivo bisogna fare un approfondimento certo prima di prendersi la responsabilità di tirare il sasso nello stagno, perché noi non nasconderemo la mano dopo che abbiamo deciso di tirare il sasso in quello stagno, a differenza di altri. Diciotto ore, questo è il monte ore di riferimento, adesso qualcuno dice: no facciamo trenta. Qualcuno dice: no, facciamo venti. Ma qualcuno ha preso in considerazione l'ipotesi che il collaboratore sportivo quelle diciotto ore le può maturare attraverso la collaborazione con diversi soggetti giuridici? Cioè che io e posso maturare le diciotto ore, facendo tre ore con l'associazione di Marco, tre ore con l'associazione di Francesco e tre ore con un'altra associazione. Quale dei miei datori di lavoro pagherà gli oneri che derivano dalla mia collaborazione, quando sarò arrivato a diciotto e mezzo? Saranno equamente divisi? Perfetto, ma non c'è una legge che lo decide però. Perché la legge che entra in vigore il 1° luglio non chiarisce questo aspetto.
  Ora, vedete – e vado davvero a concludere questa mia riflessione con una domanda – è evidente che introdurre una riforma del lavoro sportivo porta in essere una profonda agitazione da parte del sistema sportivo di base, perché si pone una serie di domande a cui il legislatore deve saper rispondere nel momento in cui ha deciso di varare quella legge, poi di scrivere quel decreto, e poi di farlo entrare in vigore il 1° dicembre, prima che qualcuno dicesse: Pag. 12prendiamoci almeno sei mesi per capire. Hanno posto una serie di domande alle quali, nel corso degli anni, da quando si è iniziato a parlare di lavoro sportivo, nessuno ha saputo dare una risposta organica e strutturata. E il concetto che passa a livello politico è quello di far intanto entrare in vigore il lavoro sportivo dal 1° luglio, per poi vedere che cosa succede. Noi non lavoriamo così.
  Presidente, arrivo alla domanda in questione. Anche io sarei curioso di capire effettivamente la ripartizione di quote, cioè quanti sotto i 5.000, quanti sotto i 15.000. Se il Governo potesse aiutare l'entrata in vigore sotto il profilo economico, sarei disposto a sottoscrivere la richiesta. Dai conti che ho fatto, venivano una settantina di milioni l'anno. Il precedente Governo ne aveva stimati 50. Però, si potrebbe utilizzare Sport e Salute con la sua capacità di approfondimento, per dare al Parlamento e poi, eventualmente, al Governo, una cifra che abbia anche una copertura totale, che non lasci fuori nessuno, perché faremmo gli esodati del mondo dello sport. Ci siamo già passati e sappiamo che questo, tutto sommato, non funziona.
  L'altra domanda è: 197.000 collaboratori hanno aderito al bonus sportivo. È ragionevole pensare che siano solo una minima parte del sistema produttivo? Perché credo di ricordare bene che poteva accedere a quel bonus chi non aveva altro reddito o altri benefici. Quindi, se io ero contemporaneamente un dipendente delle Forze armate militari e un collaboratore sportivo, a quel bonus non potevo accedere. Anche qui qualcuno dovrà rispondere alle Forze armate militari che per definizione non possono fare un altro lavoro professionale oltre quello che fanno. E noi come facciamo a compensare la perdita di competenze e capacità professionali e umane di tutti gli uomini dei corpi armati militari che non potranno più fare gli allenatori e i tecnici perché altrimenti devono avere un contratto che non possono avere? Questi sono i temi che stanno dietro al lavoro sportivo. Quindi la domanda è: è ragionevole pensare che 197.000 sia solo una piccola parte e che, in realtà, ci sia una platea che è ancora lontana dall'emergere, a cui questa riforma non sta dando una risposta? Si tratta di tutti quelli che hanno un altro lavoro oltre a quello sportivo.
  Le domande finiscono qua: lei ha fatto una parte della relazione che ritengo estremamente interessante, perché ha parlato dei rischi da scongiurare. Quindi immagino che non sia profano, né tanto meno ideologico, né strumentale dire che questa riforma è incompleta e che prima la completiamo meglio è; altrimenti mettiamo in campo una potenziare bomba sociale, anziché dare una risposta ad una serie di problemi. Grazie.

  VITO COZZOLI, presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa. Grazie innanzitutto a tutti gli onorevoli intervenuti, perché hanno dato spunti ulteriori anche per noi come approfondimento.
  Tema dei volontari. La riforma ovviamente concerne il lavoro sportivo e, quindi, i volontari non saranno destinatari delle tutele previste. Però lo spunto che ci viene dato è fondamentale, anche perché questi volontari animano le società sportive e le associazioni sportive dilettantistiche che io mi permetto di definire l'ossatura sociale e civile del nostro Paese. Quindi noi, che siamo particolarmente dedicati al tema sociale e della promozione del diritto allo sport per tutti e di tutti, vediamo, girando tanto per l'Italia e sostenendo tutti i progetti sociali che abbiamo sviluppato in giro per il Paese, che questa è una ricchezza che dobbiamo valorizzare al massimo. Quindi tenteremo anche di mappare il più possibile questi volontari, che da una prima valutazione si aggirano intorno a un milione di persone. Quindi è una forza importante e, ripeto, una ricchezza che dobbiamo sicuramente non solo tutelare, ma valorizzare al massimo.
  Come pure lo spunto che ci viene dato dall'onorevole Berruto e dall'onorevole Perissa, ovvero delle fasce: è un tema che svilupperemo ulteriormente anche per capire il tema della sostenibilità economico-finanziaria della riforma. Ho un dato in questi minuti: guardando al 2019, l'81,77 per cento degli operatori ha certificato compensiPag. 13 annui inferiori ai 5.000 euro. Questo però è un dato che dobbiamo tentare di aggiornare. Come pure colgo molto positivamente lo spunto dell'onorevole Berruto. Ovviamente abbiamo pensato al tema dell'informazione e formazione, perché da una parte c'è la nostra scuola dello sport; tuttavia, penso che non dobbiamo realizzare da soli questa attività di informazione e formazione. Ci sono nel Paese snodi qualificati che ci possono aiutare a lavorare in squadra, per fornire un adeguato supporto alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche.
  Sul registro stiamo lavorando da qualche mese. Come sapete, la legge ha attribuito al Dipartimento dello sport il registro che lo ha affidato a Sport e Salute. È chiaro che vogliamo che sia un registro il più possibile completo, semplificato, interoperabile. Mi pare che la prima sperimentazione stia funzionando. Con il Governo metteremo a punto quegli snodi che possono ancora essere migliorati affinché sia realmente uno strumento di conoscenza di tutte le realtà sportive, ma anche utile per far crescere lo sport nel nostro Paese.
  Quanto all'ultima domanda che mi poneva l'onorevole Perissa, è vero onorevole; l'ho detto prima nel mio intervento. Quando, durante la pandemia, abbiamo immaginato quale potesse essere l'impatto, anche per la quantificazione economica del supporto al bonus, forse ci aspettavamo di più di 197.000 persone. Quindi è chiaro che, secondo me, un primo passo importante è stato fatto. Questa è l'opportunità anche per avere un quadro sempre più completo, sempre più significativo affinché il lavoro sportivo sia da una parte sempre più tutelato, ma dall'altra anche valorizzato e, secondo me, assecondato, perché il settore sportivo, fortunatamente, nel nostro Paese sta crescendo. E quindi è un'occasione unica e abbastanza irripetibile che viene data anche dall'adozione del decreto legislativo che, secondo me, ci dovrà consentire di fotografare al meglio il panorama, anche sotto il profilo giuslavoristico degli operatori del mondo sportivo. Grazie.

  PRESIDENTE. Avverto che il presidente e amministratore delegato di Sport e Salute Spa, Vito Cozzoli, ha messo a disposizione delle Commissioni una documentazione, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Ringrazio il dottor Cozzoli e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.

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ALLEGATO

Documentazione presentata dal presidente e amministratore
delegato di Sport e Salute Spa, Vito Cozzoli

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