XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 38 di Lunedì 8 aprile 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 3 

Audizione di Giulia Boccassi, componente dell'Ufficio di Presidenza dell'Unione delle Camere Penali italiane:
Semenzato Martina , Presidente ... 3 
Boccassi Giulia , componente dell'Ufficio di Presidenza dell'Unione delle Camere Penali italiane ... 4 
Semenzato Martina , Presidente ... 15 
D'Elia Cecilia  ... 15 
Semenzato Martina , Presidente ... 16 
Boccassi Giulia , componente dell'Ufficio di Presidenza dell'Unione delle Camere Penali italiane ... 16 
Semenzato Martina , Presidente ... 17 

Audizione di Antonio Mura, Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della giustizia, e di Mirella Delia, Maria Elena Mastrojanni ed Elisabetta Pierazzi, magistrate addette al medesimo Ufficio legislativo, nonché componenti dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia:
Mura Antonio , Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia ... 19 
Semenzato Martina , Presidente ... 25 
Pierazzi Elisabetta , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 25 
Semenzato Martina , Presidente ... 29 
Pierazzi Elisabetta , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 29 
Semenzato Martina , Presidente ... 29 
Pierazzi Elisabetta , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 29 
Semenzato Martina , Presidente ... 30 
Pierazzi Elisabetta , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 30 
Semenzato Martina , Presidente ... 31 
Mura Antonio , Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia ... 31 
Pierazzi Elisabetta , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 33 
Semenzato Martina , Presidente ... 34 
Pierazzi Elisabetta , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 34 
Delia Mirella , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 35 
Semenzato Martina , Presidente ... 42 
Delia Mirella , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 42 
Semenzato Martina , Presidente ... 43 
Mastrojanni Maria Elena , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 43 
Semenzato Martina , Presidente ... 46 
Mastrojanni Maria Elena , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 46 
Semenzato Martina , Presidente ... 46 
Mastrojanni Maria Elena , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 46 
Semenzato Martina , Presidente ... 46 
Mastrojanni Maria Elena , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 47 
Semenzato Martina , Presidente ... 47 
Mastrojanni Maria Elena , magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia ... 47 
Semenzato Martina , Presidente ... 51

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

  La seduta comincia alle 16.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione di Giulia Boccassi, componente dell'Ufficio di Presidenza dell'Unione delle Camere Penali italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione dell'Avvocata Giulia Boccassi, componente dell'Ufficio di Presidenza dell'Unione delle Camere Penali italiane, per la quale è anche responsabile dell'Osservatorio Pari Opportunità.
  A nome di tutti i Commissari e le Commissarie, do il benvenuto all'Avvocata Boccassi, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  L'audizione odierna si inquadra nel ciclo di audizioni dedicato al filone di inchiesta incentrato sulla stesura di un testo unico sulla materia, in linea con l'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 9 febbraio 2023, n. 12, istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  Il nostro obiettivo è incidere sul Legislatore, attraverso gli strumenti propri della Commissione, affinché pervenga alla stesura di un corpus normativo coerente, utile ad orientare tutti Pag. 4gli operatori coinvolti e a rafforzare la certezza del diritto in una materia in continua evoluzione, quale è la prevenzione e repressione della violenza di genere.
  In questo percorso, il contributo tecnico e di esperienza dell'Unione delle Camere Penali italiane è assai prezioso.
  È, d'altra parte, doveroso menzionare in questa sede il lavoro svolto in questi anni dall'Osservatorio Pari Opportunità dell'Unione non solo rispetto alle specificità della professione forense, ma rispetto al tema della disparità di genere nel settore della giustizia penale, compreso il carcere.
  Nel rinnovare il ringraziamento all'Avvocata Boccassi, le do quindi la parola.

  GIULIA BOCCASSI, componente dell'Ufficio di Presidenza dell'Unione delle Camere Penali italiane. Grazie presidente, grazie onorevoli parlamentari per l'invito a partecipare a questa audizione. In quanto rappresentante dell'Unione delle Camere Penali italiane a ciò delegata dal presidente, avvocato Francesco Petrelli, porto a questa Commissione il punto di vista degli avvocati penalisti su questa complessa materia. Come potrete immaginare, sotto diversi aspetti, l'approccio è in qualche misura differente, ma spero che possa essere utile ai lavori di questa Commissione. L'approccio è di natura liberale, garantista, di tutela del giusto processo per tutti, come, del resto, è improntata l'azione politica dell'Unione delle Camere penali e questa giunta in particolare. Ciò naturalmente non sta a significare che l'ingravescente problema dei femminicidi e della violenza di genere non debba avere un'organica e sistematica legislazione il più possibile adeguata ad affrontare e, se possibile, a sconfiggere questa che possiamo definire una piaga sociale di cui solo da poco tempo si è presa coscienza e su cui si sta cercando di intervenire.Pag. 5
  Rispetto al tema al tema proprio dell'audizione non possiamo che esprimere piena condivisione al progetto di elaborazione di un testo unico in materia che raccolga a 360 gradi tutta la normativa, non solo quella di fonte primaria. È chiaro che il quadro legislativo, sempre in continua evoluzione, lascia nell'interprete il dubbio di una ricognizione normativa non esaustiva. Un complesso normativo si articola, oltre che nella produzione di nuove fattispecie di reato e la ridefinizione delle fattispecie di reato già previste, in un complesso di misure amministrative, civili, penale preordinate ad una tutela rapida ed immediata, anticipata rispetto alla definizione del procedimento penale: dalle misure di prevenzione, di competenza del questore, alle diverse misure cautelari e precautelari, dalle misure di sicurezza alle diverse tipologie delle misure di protezione.
  È un quadro – già solo da questo si comprende – complesso, che pone difficoltà non solo agli operatori come noi che devono applicarlo nella pratica, ma anche ai presunti autori di violenza che vivono questo stato di incertezza e di ignoranza della legge, che finisce per disperdere l'effetto di deterrenza che un sistema sanzionatorio, viceversa, chiaro e trasparente deve perseguire.
  Ciò vale in primo luogo per le norme di diritto penale, che sono proprio quelle che, per loro stessa natura, richiedono un grado di stabilità e prevedibilità se si vuole promuovere, come si vuole, una cultura diffusa della legalità necessaria per prevenire comportamenti delittuosi.
  Vale anche per le norme di diritto civile, anche se non è propriamente la mia materia, perché, indubbiamente, anche queste sono capaci di avere straordinari effetti deterrenti, ma solo a condizione che i processi siano rapidi e la giurisprudenza non sia eccessivamente creativa. Se la stessa Corte di cassazione ha avuto modo di dire che ha incontrato difficoltà a orientarsi Pag. 6all'interno delle norme presenti, che cosa potrà mai dire un cittadino qualunque?
  A questo quadro confuso, ampio e complesso, dobbiamo porre rimedio. Come via principale, però, ritengo che, al di là della mera compilazione acritica delle norme già esistenti, occorrerebbe rivedere anche alcuni aspetti che assumono una certa criticità.
  Da un punto di vista meramente di riordino, direi che uno dei metodi potrebbe essere quello indicato dalla Convenzione di Istanbul che, come voi ben sapete, è la convenzione che ci dà l'indirizzo in questa materia, seguendo le quattro «p» che vengono enucleate dalla Convenzione di Istanbul: prevenzione, protezione, punizione e politiche integrate e coordinate.
  Fatto il riordino e ritrovate tutte le norme che sono sparse, quindi norme non solo di carattere primario, ma secondario o anche legislazione regionale, in tante regioni si sono fatti numerosi interventi di assoluto interesse, questa Commissione proporrà al Parlamento gli strumenti per effettuare quegli interventi che possono essere utili per meglio governare questo increscioso fenomeno. È indubbio che gli strumenti che fino ad oggi abbiamo utilizzato hanno mostrato la loro fallacia, posto che il fenomeno della violenza di genere non è arretrato, ma anzi è aumentato. Occorre, quindi, che l'operazione di riordino e raccordo sistematico delle tante norme che talvolta confliggono tra loro riesca a individuare la strada per portare all'eliminazione della violenza di genere o quanto meno a una significativa riduzione.
  Dico subito, e questo non è il pensiero degli avvocati, ma è anche condiviso da diverse voci della magistratura e soprattutto è ben fotografato dalle statistiche a disposizione, che l'aumento delle pene e l'introduzione di nuove fattispecie di reato non costituisce un valido ed efficace deterrente per gli agiti violenti. Pag. 7L'investimento sulla P di punizione come si è fatto fino ad ora non basta.
  Sappiamo che è molto più facile scommettere sulla punizione piuttosto che sulla prevenzione o sulla protezione, e che ha certamente un valore efficace sul piano mediatico, ma si è rivelato totalmente fallimentare sul piano pratico.
  Il diritto penale, così costruito da talune norme, risulta intriso di istanze populiste e pone il rischio di derive irrazionali dettate molto spesso da una comprensibile emotività del momento, ma che razionalmente risultano essere inidonee a contenere le reali e sacrosante istanze di tutela che provengono da chi si trova a dover gestire un'uscita da situazioni di violenza, norme nazionali e anche sovranazionali, perché anche a livello sovranazionale le norme si affastellano. Noi, però, constatiamo che la violenza di genere non arretra. Non è così che si contrasta un fenomeno ingravescente che ha radici sociali e subculturali molto profonde, che vanno sicuramente indagate.
  Ecco perché riteniamo che l'aspetto principale da privilegiare sia quello di investire in prevenzione e in protezione. Sono questi i piani sui quali forse potremmo trovare una chiave di volta. Occorre, però, investire con serietà e soprattutto con risorse economiche, proponendo l'attuazione di vere e proprie azioni positive di serie politiche di sensibilizzazione e di educazione, che non rimangano sulla carta come semplici proclami, ma vengano messe in atto.
  Riteniamo che l'attuazione concreta delle due P identificate dalla Convenzione di Istanbul, la prevenzione e la protezione, davvero consentirebbe un significativo contenimento della violenza nelle sue diverse estrinsecazioni. Ciò a cui dovrebbe essere data una particolare attenzione è la valutazione del rischio, ossia dell'opportunità di individuare i criteri che ci consentano di definire quando ci troviamo in una situazione di Pag. 8violenza e quando invece ci sia una semplice conflittualità che connota i rapporti umani. Questo è molto importante perché aiuta le forze dell'ordine che in primo luogo intervengono, ma anche i pubblici ministeri e i giudici che poi devono applicare le misure cautelari, le misure di sicurezza provvisorie o altri provvedimenti di protezione, ad indirizzarsi.
  Ci sono diversi criteri e non sto qui ad enuclearli perché sicuramente voi li conoscerete meglio di me, ma quello che è certo è che al momento troppo spesso vengono confuse le due fattispecie, cioè una semplice conflittualità familiare da una situazione di violenza. Formare soprattutto le forze dell'ordine nell'identificare la differenza tra le due fattispecie sicuramente potrà essere utile proprio riguardo alla violenza in famiglia, perché sappiamo bene, e questo è un tasto dolente, che è all'interno della famiglia o comunque dei rapporti intrafamiliari che si sviluppano i rischi più grandi.
  La famiglia, che dovrebbe rappresentare emblematicamente uno dei luoghi di maggior sicurezza, molto spesso diventa il luogo più pericoloso in assoluto proprio perché l'affectio che denota i rapporti tra i membri della famiglia lato sensu intesa fa divenire le persone più vulnerabili e meno predisposte a vedere quando la violenza sta maturando o sta esplodendo. Quello che è peggio è quando avviene alla presenza dei minori.
  Le principali criticità che quindi sono state identificate dal Comitato dei ministri europei e che sono state ravvisate anche dalla Commissione GREVIO (Group of Experts on action against Violence against Women and Domestic Violence) nell'ultima relazione sull'applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia credo debbano in qualche misura fornirci una strada per poi risolvere questo problema o comunque superare le barriere che ancora noi abbiamo. Questo lo posso affermare dalla esperienza professionale che svolgo ormai da più di trent'anni. Pag. 9La mancata considerazione degli episodi di violenza domestica nelle decisioni civili concernenti la custodia e i diritti di visita, il mancato coordinamento tra la giustizia civile e penale, l'inadeguatezza delle procedure di valutazione del rischio di cui parlavo poco fa non risultano esaustive in quanto non fondate su checklist standardizzate, nonché l'assenza di formazione specifica degli attori istituzionali coinvolti nei processi valutativi decisionali.
  In buona sostanza, il Comitato dei Ministri europei, pur dando atto che l'Italia ha fatto notevoli sforzi e notevoli passi avanti in questa materia, dall'approvazione della Convenzione di Istanbul, ha accertato una inadeguatezza rispetto agli standard convenzionali soprattutto rispetto a quello di cui stavo parlando prima, cioè il problema della valutazione del rischio e della valutazione del fenomeno della violenza di genere in generale.
  Ho avuto modo di vedere che molto spazio è stato dedicato anche in queste audizioni a un tema che a me è particolarmente caro, ovvero quello della violenza economica, che solo da poco trova sensibilità. In realtà, la pratica, la vita ci insegna che il primo fattore discriminatorio è proprio il fattore economico. Laddove ci sia una disparità economica notevole oppure ancora esistano dei casi in cui donne dipendano completamente dal partner per la propria vita, questo è un grave fattore di rischio perché diverse donne, non avendo alternative di sorta, rimangono con il soggetto che usa violenza nei loro confronti perché, per l'appunto, non vedono vie di uscita. Quindi, da una violenza economica, che è stata identificata dalla giurisprudenza quando un soggetto è debole e subisce ricatti economici dal proprio partner, si passa a una forma strisciante, che passa sotto, di una violenza psicologica, che talvolta magari non sfocia in violenza Pag. 10fisica, ma ha la stessa gravità delle altre. Insomma, la violenza economica non deve avere un aspetto secondario.
  Noi italiani purtroppo, come ci ha detto la Banca d'Italia, abbiamo un livello di alfabetizzazione finanziaria basso, le donne bassissimo. Quindi, da un punto di vista culturale e sociale, ma non solo di alfabetizzazione, anche di strumenti, che sono già stati predisposti e che, come dicevo poco fa con la presidente, tante volte non sono conosciuti, possono offrire alla donna vie di uscita da fenomeni di violenza, anticipando quello che sarà il reato, quindi ponendo in essere buone pratiche che impediscano la commissione dei reati ai danni delle donne.
  È evidente che c'è una importante componente culturale sulla quale è necessario incidere, ma su questo bisogna lavorare, perché sono soprattutto le donne che ancora oggi, nel 2024, vivono disagi e fragilità e rischiano di pagare le conseguenze maggiori di questa situazione, anche in un momento in cui il livello economico non è così elevato.
  Un altro aspetto di cui desidero parlare, proprio perché è la fonte delle maggiori criticità e l'innesco delle più pericolose forme di violenza, riguarda le cause di separazione e divorzio, dal momento che su questo terreno si giocano le partite più dure e, al contempo, seppur prima il «codice rosso» e poi la riforma Cartabia abbiano dato impulso per addivenire a un grado di collaborazione tra il giudice civile e il giudice penale, purtroppo questi processi viaggiano paralleli. Questo è sicuramente un aspetto che dovrà essere corretto, perché il mancato colloquio e la mancata collaborazione tra il civile e il penale possono causare seri danni, in quanto il processo civile ha regole proprie e il processo penale ne ha altre.
  Abbiamo assistito e assistiamo a soggetti che vengono indagati, imputati e condannati per violenze e può accadere che nel giudizio civile vengano ritenuti genitori che possono esercitare Pag. 11congiuntamente la potestà genitoriale, per evitare che i figli si vedano sottratti dalla presenza del padre. Ma le pronunce in questo senso sono favorevoli a ciò che sto per dire: un vero ed efficace deterrente per reprimere le condotte di violenza domestica si realizza anche e soprattutto nel processo civile, perché il processo civile, se viene gestito correttamente, con gli ordini di protezione e con le misure interdittive che può applicare il giudice civile, può essere più rapido e può essere un deterrente, e non sfociare poi nel procedimento penale. Anche perché i tempi del processo penale li conosciamo tutti e non hanno la celerità, nonostante il binario accelerato creato dal «Codice rosso», che dovrebbero avere.
  Ritengo, quindi, che una corretta gestione del processo civile e del processo penale possa contribuire ad allentare questo fenomeno davvero increscioso.
  Lo ribadisco ancora una volta, cedere all'idea di un sistema penale legato solo a una legislazione punitiva non può produrre efficaci risultati per il contrasto alla violenza di genere, che vede vittime sempre le donne, vittime per elezione.
  Alle menti dei semplici, prive di capacità di critica e di analisi, con una comunicazione che parla alla pancia e urla sui social, l'idea che ci siano nuove figure di reato e pene più alte infonde sicurezza. Ma noi sappiamo, lo sappiamo tutti quanti, giuristi e non, che il processo penale e le sue pene non funzionano mai come deterrente, nemmeno rispetto ai reati più gravi.
  Gli studi ci dicono che investire sulla prevenzione e sulla protezione è la strada giusta per ottenere l'attenuazione di questo gravissimo fenomeno. Tuttavia, c'è un «ma», come dicevo prima: la prevenzione e la protezione hanno un costo economico, che al momento non è stato affrontato.Pag. 12
  Sempre il GREVIO ha indicato le attività che anche in Italia sono state messe a terra, che però poi non vengono concretamente attuate, attività di sensibilizzazione e di educazione, formazione di figure professionali, programmi rivolti agli autori delle violenze, anche quando le violenze si attivano nel settore lavorativo – questo è un altro aspetto, che non è strettamente afferente al tema in oggetto, però è certamente un dato allarmante, quello della violenza nell'ambito lavorativo – in modo da promuovere un cambiamento dei comportamenti sessisti, basati sulla concezione dell'inferiorità delle donne nel contesto sociale e culturale.
  I campi di azione sono davvero tanti e, poiché abbiamo una legislazione ampia, andrebbero tutti recuperati, non solo attraverso il filone che in prima battuta ci viene in mente, vale a dire la normativa strettamente legata alla punizione in materia di violenza di genere, ma anche andando a recuperare tutte le norme che consentano quello che deve essere un cambiamento radicale.
  In questa direzione credo che si debba andare, cercando per il futuro di investire meno sulla punizione e aumentando i reati, tanto più, però, senza fare nulla nell'ambito giudiziario, perché si investe sui reati, si investe sulla punizione, ma i magistrati sono gli stessi dall'inizio della storia repubblicana, il numero dei processi è esponenzialmente aumentato, i cancellieri non ci sono, le strutture non ci sono, i servizi necessari per l'applicazione del «Codice rosso» non ci sono e i fascicoli si accumulano. Questo lo vediamo noi sulle scrivanie dei pubblici ministeri, dove tutto è urgente, quindi immancabilmente nulla è urgente. E proprio in mezzo a queste centinaia di fascicoli, di cui – non dobbiamo negarlo – molti, ahimè, sono strumentali proprio perché non funziona il giudizio civile, quasi quotidianamente troviamo i fatti di cronaca che poi ci vengono raccontatiPag. 13 in televisione. In mancanza di questi investimenti concreti, davvero la situazione non credo possa migliorarsi.
  L'intervento panpenalistico a costo zero si è rilevato fallimentare, quindi credo che con l'ausilio di tutti si debba trovare una soluzione. Penso, ad esempio, a investimenti per i centri antiviolenza, investimenti per i servizi sociali, che sono perennemente in sofferenza, investimenti per i consultori. La clausola di invarianza finanziaria prevista dal «Codice rosso», richiamato dal «Codice Roccella», lascia sicuramente un po' di sconforto perché, se non c'è possibilità di investire in tutte le misure che sono state ivi previste, difficilmente troveranno applicazione.
  Il «Codice rosso» ha un aspetto positivo, mutuato sempre dalla Convenzione di Istanbul, che è quello, tornando alla fase di rieducazione, del recupero e del sostegno dell'autore delle violenze. Gli autori devono essere ammessi a specifici percorsi di reinserimento nella società di recupero, organizzati con enti, associazioni e istituti penitenziari.
  La realtà carceraria, peraltro drammatica sotto tutti i punti di vista in questo momento in particolare, ci porta un quadro diverso, perché i cosiddetti «sex offenders» vengono semplicemente isolati in alcuni carceri e in alcuni reparti e, se va bene, vedono uno psicologo una volta all'anno. Quindi, viene curato solamente l'aspetto retributivo, che secondo la nostra Costituzione non è sufficiente. Questi soggetti prima o poi usciranno dal carcere e quando usciranno, se non avranno avuto una rieducazione, una riabilitazione e un reinserimento sociale, certamente tenderanno a replicare le condotte per le quali sono stati condannati.
  Un altro aspetto, che è nuovo e rispetto al quale ci stiamo tutti confrontando, è quello della giustizia riparativa. È un argomento delicatissimo, sul quale anche noi ci siamo interrogatiPag. 14 su cosa vorremmo intendere. Da un punto di vista dell'esecuzione della pena, probabilmente potrebbe essere utile anche in questi reati, certamente non in fase processuale.
  Il Decreto Roccella, da ultimo, ha introdotto altre misure di prevenzione, rispetto a cui devo dire che vanno gestite con una certa cautela, perché le misure di prevenzione sappiamo tutti che sono state introdotte per la criminalità organizzata, quindi per prevenire una pericolosità radicata in certi substrati culturali, vengono forzatamente applicate ai reati di violenza di genere, ma noi riteniamo che questa limitazione del diritto di difesa, che è tipica delle misure di prevenzione e che non passa attraverso un accertamento giurisdizionale, quindi all'applicazione di una misura amministrativa senza il controllo di un giudice, sia un po' pericolosa. La riteniamo pericolosa perché intanto viene applicata solo ascoltando la voce della vittima, senza avere ulteriori elementi, il che potrebbe generare problemi per le ricadute soprattutto nel processo, in quanto la procedura dell'ammonimento, ad esempio, che nei casi più semplici si è rivelata molto utile, ha alcune ricadute da un punto di vista processuale, perché sappiamo bene che, se l'ammonito commette un reato, il reato è procedibile d'ufficio. Inoltre, sempre con il Decreto Roccella c'è la contestazione di una circostanza aggravante. Quindi, una procedura amministrativa finisce per diventare una sanzione penale, con la violazione del dettato costituzionale secondo il quale la pena la può applicare solamente un giudice.
  Queste sono alcune considerazioni che io metto lì. Ovviamente non formeranno oggetto delle vostre valutazioni, ma di una futura valutazione da parte di questa Commissione, allorquando andrà a rivedere tutta la normativa che è a disposizione per questa materia.Pag. 15
  Il processo penale arriva a punire il colpevole, ma quando arriva il processo penale è troppo tardi. Dobbiamo arrivare prima del processo penale, se vogliamo davvero scardinare la violenza di genere. Inoltre, come ho detto prima, la punizione per il colpevole non costituisce un deterrente, diversamente non ci sarebbero più omicidi, perché se una persona non si spaventa della pena dell'ergastolo in caso di omicidio evidentemente il deterrente non esiste, come ha ben statuito la Convenzione di Istanbul.
  Ancora, occorre inquadrare gli interventi per il contrasto alla violenza di genere all'interno di un approccio globale, quello che ho tentato di dire, che punta a rimettere al centro di tutto l'intervento a favore delle donne, con la complessità delle loro esperienze, che non sono solamente quelle che normalmente consideriamo ma, come ho detto prima, di ordine economico, sociale, culturale e familiare, che si frappongono soprattutto alla loro libertà e alla loro indipendenza. L'augurio mio e dell'Unione delle camere penali è che si riesca a farlo attraverso la predisposizione di un testo unico.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Boccassi, per questa relazione puntuale e precisa, che è andata oltre il tema oggi in discussione e ha investito anche l'ambito programmatico.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CECILIA D'ELIA. Innanzitutto voglio ringraziare la dottoressa Boccassi. Condivido la lettura complessiva che lei ha fatto e il concetto che non è solo la strada penale che ci dà la capacità di affrontare questo dato strutturale che riguarda le relazioni di potere tra uomini e donne, nonché tutte le cose che la Convenzione di Istanbul ci spiega, come anche queste norme a Pag. 16invarianza finanziaria. Su alcune, per esempio, la mia forza politica si è astenuta per questo, perché non si davano risposte e perché si indicavano tre giorni ma poi non si dava nessuno strumento per poter operare davvero in tre giorni. Quindi, è molto importante che l'Unione delle Camere penali sottolinei questo aspetto. Inoltre, come è emerso anche dalle altre audizioni, dobbiamo lavorare sul modello della Convenzione di Istanbul, sulle quattro categorie, le cosiddette «quattro P».
  Io vorrei capire una cosa, dato che non sono laureata in giurisprudenza. Lei ha parlato di un profilo di possibile incostituzionalità delle misure cautelari presenti nella norma che tutti abbiamo votato. Ebbene, vorrei capire la ragione per cui lei ha detto che, alla fine, ha una ricaduta penale, quando invece solo il giudice può intervenire. Nella norma, ripeto, ci sono alcune misure prese in maniera amministrativa che lei ha detto che possono avere un profilo di possibile incostituzionalità. Vorrei capire bene la questione.

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, do la parola alla dottoressa Boccassi per la replica.

  GIULIA BOCCASSI, componente dell'Ufficio di Presidenza dell'Unione delle Camere Penali italiane. Non mi sono dilungata perché questo è un aspetto prettamente tecnico. Il punto è che le misure di prevenzione delineate, che erano già state potenziate dal codice rafforzato, vengono applicate dal questore, quindi con un procedimento amministrativo. Questa norma, però, ha una ricaduta nel processo penale. E qual è la ricaduta? È la non procedibilità a querela di reati che, viceversa, sono procedibili a querela. Ma soprattutto, in presenza dei cosiddetti «reati spia», scatta una specifica e nuova circostanza aggravante, cosicché un atto amministrativo diviene il presupposto di Pag. 17un'aggravante penale, il che potrebbe avere un profilo di incostituzionalità perché – è qui presente un magistrato che sicuramente lo potrebbe spiegare meglio di me – da una misura di prevenzione che deve essere dissuasiva e preventiva si passa a un'aggravante nel processo penale, per cui la sanzione penale viene ricavata da un atto amministrativo. Questo non è previsto dalla nostra Costituzione, dal momento che un'aggravante deve essere prevista dal codice penale, che è l'unica legge che può punire.
  Non so se questo profilo verrà trattato quando verrà applicato, però a livello astratto ci siamo posti tale questione. Il tema delle misure di prevenzione è un tema molto ampio.

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, dato che la relazione sicuramente è stata molto compiuta e puntuale, nel ringraziare l'avvocato Boccassi dichiaro conclusa l'audizione.

  (La seduta, sospesa alle 17.05, è ripresa alle 17.15)

Audizione di Antonio Mura, Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della giustizia, e di Mirella Delia, Maria Elena Mastrojanni ed Elisabetta Pierazzi, magistrate addette al medesimo Ufficio legislativo, nonché componenti dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia.

  PRESIDENTE. Rinnovo i saluti a tutte e a tutti.
  Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.Pag. 18
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta sia a richiesta degli auditi che dei colleghi, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
  L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione del dottor Antonio Mura, capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della giustizia, e di rappresentanti dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso lo stesso Ministero della giustizia.
  A nome di tutte le commissarie e di tutti i commissari do il benvenuto al dottor Mura, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  Do, altresì, il benvenuto alle magistrate Mirella Delia, Maria Elena Mastrojanni ed Elisabetta Pierazzi.
  L'audizione odierna si inquadra nel ciclo di audizioni dedicato al filone d'inchiesta incentrato sulla stesura di un testo unico sulla materia, in linea con l'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 9 febbraio 2023, n. 12, istitutiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. Il nostro obiettivo è incidere sul legislatore attraverso gli strumenti propri della Commissione, affinché pervenga alla stesura di un corpus normativo coerente, utile a orientare tutti gli operatori coinvolti e a rafforzare la certezza del diritto in una materia in continua evoluzione quale la prevenzione e la repressione della violenza di genere.Pag. 19
  In questo percorso è evidente il ruolo centrale del Ministero della giustizia, presso il quale è stato istituito, nel 2022, l'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, con l'obiettivo di raccogliere le prassi organizzative degli uffici giudiziari e svolgere attività di analisi ed elaborazione dei dati statistici e giudiziari di interesse. Si tratta di un attore assai prezioso per il nostro lavoro, che opera in dialogo costante con il Consiglio Superiore della Magistratura e la Scuola Superiore della Magistratura, i cui vertici contribuiranno presto alla nostra inchiesta.
  Nel rinnovare il ringraziamento al dottor Mura, gli lascio la parola.

  ANTONIO MURA, Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia. Grazie. Buonasera. Sono onorato dell'invito, onorevole presidente. Desidero ringraziare lei, le commissarie e i commissari per averlo esteso anche alle colleghe, magistrati addetti all'Ufficio legislativo del Ministero della giustizia, esperte sui temi della violenza contro le donne.
  Credo si possa dire che anche questa occasione esprime lo sforzo del Paese per la collaborazione di tutte le istituzioni al fine di dare una risposta efficace a quella che non da oggi è un'emergenza dai contorni drammatici.
  Su questi temi il Ministero della giustizia ha un'attenzione costante. Tale attenzione si è manifestata nel corso della presente legislatura con l'adozione di norme di natura sostanziale e processuale, civili e penali, oltre che con la partecipazione a varie sedi di discussione interistituzionale.
  Per limitare a un cenno estremamente sintetico il percorso in materia nella presente legislatura, il riferimento è anzitutto alla cosiddetta «legge Roccella-Nordio-Piantedosi», che in sintonia con il quadro sovranazionale e con le pronunce della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) ha potenziato gli Pag. 20strumenti di prevenzione e contrasto alla violenza sia nella fase precedente all'apertura del procedimento penale, sia nella fase procedimentale vera e propria, quindi nelle indagini, nel momento cautelare, con norme sulla tempestività coerenti con le cadenze procedimentali fissate dal «Codice rosso», fino alla previsione di sanzioni sempre più incisive, senza però dimenticare la prevenzione e la risocializzazione dell'autore del reato.
  Successivamente con il «decreto-legge Caivano» sono stati potenziati i servizi della rete territoriale antiviolenza, è stata promossa una specializzazione degli operatori, si sono approntate tutele avverso l'esposizione di minori a contenuti pornografici on-line suscettibili di veicolare un modello di sessualità predatoria, che si ritrova anche nelle condotte di violenza. Nell'ultima legge di bilancio sono stati previsti stanziamenti di varia natura, anche per la realizzazione di misure per la fuoriuscita dalla violenza, e tali sono, ad esempio, le case rifugio e i centri antiviolenza, il sostegno all'occupazione delle donne vittime. Lo stesso decreto-legge n. 132 del 2023 ha prorogato la possibilità di accesso al Fondo di solidarietà per le vittime.
  Limito a questo il riferimento che vuole testimoniare l'attenzione del Ministero e del Ministro della giustizia per questo ambito, facendo peraltro riferimento al fatto che, oltre che all'attività normativa, l'Ufficio legislativo trova un proprio campo d'azione nell'interlocuzione con gli organismi anche sovranazionali e internazionali impegnati nell'elaborazione e nella valutazione delle politiche di contrasto alla violenza di genere. È in questo quadro che i rappresentanti dell'ufficio da me coordinato hanno partecipato alla conferenza «The Women and Justice», promossa dalla Presidenza spagnola dell'Unione, al round di valutazioni del Committee on the elimination of discrimination against women, costituito presso le Nazioni Unite, e all'incontro con la coordinatrice antitratta dell'Unione europeaPag. 21 nel corso della sua prima visita in Italia. Mi piace ricordare in più che, nel recentissimo colloquio di due settimane fa, tenutosi a Parigi, il Ministro Nordio, unitamente a chi vi parla, ha ritenuto di affrontare questo tema parlando dell'iniziativa dell'Osservatorio, a cui lei, onorevole presidente, ha fatto riferimento, anche nel contesto dei cosiddetti «colloqui» sul Trattato del Quirinale, che regolano il confronto continuativo del nostro Paese nell'ambito della giustizia con il Governo francese.
  Sottolineo anche che, nel quadro delle linee programmatiche dell'attività formativa della Scuola Superiore della Magistratura, l'Ufficio legislativo di giustizia ha segnalato la necessità di un particolare investimento nella formazione di professionalità specifiche. Peraltro, se mi è consentito un riferimento a un'esperienza personale diretta, nelle mie pregresse funzioni di procuratore generale della Repubblica presso le corti d'appello prima di Venezia e poi di Roma, posso testimoniare di un'effettiva sensibilità diffusa nell'ambito delle forze dell'ordine e delle procure della Repubblica in una interpretazione che ho constatato essere non burocratica del «Codice rosso», con le sue tempistiche, quindi inteso davvero come mezzo per uno strumento di intervento efficace, e anche nello stabilire buone prassi, quale ad esempio è stata, nel distretto del nord-est, a Venezia, l'ideazione di una sorta di doppio fascicolo che consentisse di proteggere i dati che permetterebbero la localizzazione della vittima da parte del soggetto quando questi viene scarcerato, se venissero gestiti come atti ordinari.
  Questo semplicemente per dire che, nel momento stesso in cui continuiamo a farci promotori di iniziative formative, bisogna constatare, credo con soddisfazione, che l'attenzione e la sensibilità in ambito giudiziario a queste problematiche sono assolutamente presenti già oggi.Pag. 22
  La presidente ha fatto un riferimento all'Osservatorio permanente costituito presso il Ministero della giustizia. In effetti, questa è un'iniziativa che credo sia la più pertinente da citare in questa sede, anche in rapporto al compito della Commissione di curare l'impostazione di un possibile testo unico in materia.
  L'Osservatorio è stato costituito nell'ottobre 2022 ed è composto da rappresentanti ministeriale, ma anche da magistrati, avvocati, esponenti dell'accademia e operatori dei mezzi di informazione. Oggi è in via di aggiornamento il sito web dedicato alle attività dell'Osservatorio, nel quale verrà data pubblicità alle attività svolte attraverso box informativi dedicati alle proposte di interventi normativi, al monitoraggio sull'efficacia delle norme in atto e alle buone prassi implementate dagli uffici giudiziari.
  Ciò che, però, soprattutto a me preme sottolineare è che di recente l'Osservatorio di fronte a questo continuo susseguirsi di interventi legislativi – basta il piccolo catalogo che ho svolto all'inizio per darne un'idea – ha proceduto a una prima ricognizione di tutte le fonti normative dedicate al tema che oggi ci occupa e ha ricostruito gli strumenti che finora il nostro ordinamento ha approntato anche in risposta a obblighi sovranazionali. Su ciò darò subito la parola alle colleghe che concretamente hanno contribuito al progetto. Prima, però, vorrei muovere da quella esperienza per formulare un'osservazione.
  Quella dell'Osservatorio è stata un'esperienza pilota che ha consentito di apprezzare, proprio nel quadro di questa prima ricognizione della normazione in atto, la complessità del compito assegnato oggi a questa Commissione. Questo perché la legge istitutiva le attribuisce la funzione di adottare iniziative per la redazione di testi unici nei vari settori di interesse. Ebbene, da questo punto di vista, al di là di quello che è sicuramente l'impegno intellettuale nell'elaborazione, a me sembraPag. 23 che sia utile sottolineare che ci si pone nel solco del consolidamento normativo che, alla fine, è finalizzato a un recupero complessivo di un equilibrio interno all'ordinamento. Un compito sicuramente sfidante, orientato all'obiettivo, in ultima analisi, di certezza, di certezza del diritto come valore costituzionale, espressione dei princìpi di eguaglianza e di ragionevolezza, di cui all'articolo 3 della nostra Carta fondamentale.
  Preso atto, quindi, del fondamento addirittura costituzionale dell'obiettivo, a me pare che perseguirlo presupponga una metodologia che tenga conto anche di alcuni passaggi di ordine tecnico. E con questi vorrei concludere questa introduzione. Anzitutto, a me sembra che occorra riflettere sulla struttura, cioè quale tipo di testo possa concepirsi in questa prospettiva. Direi che si tratta, secondo la prescrizione della legge istitutiva, di un testo unico riepilogativo, che, vista la frammentarietà della legislazione di settore, che a noi tutti è ben presente, costituisce un obiettivo di primaria importanza, anche se meramente ricognitivo della situazione, proprio per la chiarificazione del sistema normativo e, in chiave propedeutica, a migliorarne coerenza e eliminarne le lacune.
  In quest'ottica, presenta interesse la delimitazione delle fonti da considerare per la formazione del testo unico. A questo riguardo – si tratta soltanto di uno spunto per la riflessione futura, evidentemente, e non di una possibile affermazione di certezza della prevalenza di questa possibile prospettiva metodologica – un'idea potrebbe trarsi da quelle esperienze (non sono moltissime; credo non raggiungano la decina, ma esistono) del nostro diritto positivo. Un esempio è quello del Testo Unico sulle spese di giustizia, che nel 2002 fu fatto per raccogliere le complesse normative in materia, il decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. Operare, cioè, una ricognizione Pag. 24normativa destinata a confluire in un testo unico di tipo misto. Questo significa un unico testo che possa riunire disposizioni legislative e regolamentari, naturalmente mantenendo l'attenzione sulla conoscibilità delle fonti, che sono di rango differente, mediante tecniche redazionali, che già si sono sperimentate in materia, appositamente finalizzate a questo scopo di immediata riconoscibilità e inquadramento corretto delle singole disposizioni.
  A questo spunto metodologico aggiungerei quella che più che altro è una considerazione, cioè muoverei dall'esigenza, nella governance di quella che è una regolazione multilivello, di rispettare le caratteristiche tipiche del sistema italiano, che valorizza le specificità normative a livello locale. È noto che la legislazione regionale è una sede in cui la concreta declinazione degli strumenti nella materia del contrasto alla violenza di genere ha trovato spazio e varietà di interpretazioni proprio nella concretezza degli strumenti approntati.
  Questo potrebbe suggerire, quindi, naturalmente dando per presupposto l'obiettivo primario della redazione del testo unico, una soluzione articolata che sia rivolta anche alla legislazione regionale, promuovendo, a complemento proprio del testo unico delle norme statali, la raccolta di ogni altro aspetto delle discipline locali di questo settore che investono le tutele economiche e sociali, la protezione delle vittime, le misure preventive. Sono assai variegate.
  Il risultato sarebbe un corpus altrettanto variegato, ma di immediata conoscibilità, questo è il valore aggiunto, anche in funzione di una visione d'insieme, che rientra tra le indicazioni della legge istitutiva della Commissione. Sarebbe, cioè, questo che potrebbe affiancare il futuro testo unico, un documento o, comunque, un'iniziativa, da studiare a chi debba essere rivolta, di sicuro ausilio per la conoscenza della rete territoriale di Pag. 25sostegno alle vittime, che è il pilastro proprio del contrasto al fenomeno.
  In conclusione, penso si possa dire, sulla base di queste considerazioni, che le scelte tecniche che saranno compiute in questa sede dalla Commissione non saranno neutre, perché incideranno sulla qualità e sulla quantità del materiale normativo selezionato e getteranno le fondamenta di quella circolarità ampia, che è una circolarità in prospettiva di formazione, in prospettiva educativa, in prospettiva rieducativa, cui il prezioso lavoro della Commissione è dedicato.
  In questa cornice, posso cedere ora la parola alle colleghe che, secondo una ricognizione che abbiamo compiuto prima dell'audizione, potranno esporre in sintesi, da un lato, gli esiti della ricognizione normativa che è stata compiuta dall'Osservatorio permanente del Ministero della giustizia, quale potenziale contributo – che viene, naturalmente, messo a disposizione della Commissione già nell'immediato, se utile – alla redazione di un futuro testo unico e, per altro verso, la seconda prospettazione potrà tenere alla ricostruzione delle macroaree che in questa prospettiva si possono già individuare come di interesse nell'ottica della realizzazione di questo testo di unificazione complessiva.
  Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, dottore.
  Lascio, a questo punto, la parola alle sue colleghe.

  ELISABETTA PIERAZZI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Signor presidente, la ringrazio.
  Ringrazio anche il presidente Mura per aver disseminato questa modalità di ascolto e questa possibilità. Il presidente ha Pag. 26già esposto quali sono i compiti della Commissione e anche quali sono le finalità, che mirano effettivamente alla redazione di un testo unico che sia allo stato compilativo, quindi non novativo, sembrerebbe di comprendere dalla lettura delle norme istitutive della Commissione. La collaborazione che l'Ufficio legislativo del Ministero della giustizia può fornire in questa fase attiene, io credo, effettivamente anche all'individuazione delle singole macroaree.
  Al di là dell'individuazione delle singole norme da inserire all'interno, che appartiene a un lavoro, forse, anche successivo, la prima difficoltà con la quale, anche come Osservatorio, ci siamo trovati a trattare è stata proprio quella della delimitazione dell'ambito delle misure che potessero essere utilmente inserite in un corpus più o meno unitario, con una finalità unitaria, proprio perché la materia, di per sé fondandosi su un problema strutturale e culturale che pervade tutti gli ambiti della nostra società, la troviamo, alla fine, in diversi ambiti.
  In questo senso, l'esperienza maturata nell'esercizio della giurisdizione, sia nel campo del diritto penale che in materia di famiglia e in materia minorile, può essere di qualche ausilio, effettivamente. Fa emergere, innanzitutto, l'esistenza di raccordi con disposizioni apparentemente lontane dalle norme più direttamente mirate, finalizzate al contrasto alla violenza, intesa come reato, che, però, influenzano a monte la possibilità dell'emersione della violenza. Come sappiamo con certezza, il black number è elevatissimo in queste materie. Quindi, non tutte le vittime denunciano. Tutt'altro. Inoltre, è difficile anche l'accertamento in giudizio della violenza. Ci sono difficoltà aggiuntive che la vittima di violenza di genere supporta rispetto a quelle delle vittime generiche, che sono legate anche al contesto socioeconomico nel quale si verificano le violenze. Sappiamo che in Italia – dato che non è limitato al nostro Paese Pag. 27– la percentuale più elevata di violenza contro le donne avviene in ambito familiare o in ambito di relazioni. La disparità, anche economica, di potere, è un dato che è stato da ultimo rilevato dall'ISTAT nella relazione del 2008. Abbiamo un gender pay gap. Non solo, il 60 per cento dei casi di denunce registrate dal numero antiviolenza riguarda donne che non hanno una propria indipendenza economica, quindi non denunciano. Non denunciano perché, poi, si troverebbero in difficoltà, specie se madri. La difficoltà aggiuntiva delle donne madri è che una su cinque delle donne che hanno un figlio esce dal mercato del lavoro e si troverà a dover difendere la propria posizione anche in sede civile, in sede minorile.
  A fronte di questa realtà, così interconnessa, sulla base di quanto emerso nelle precedenti audizioni, appare effettivamente condivisibile l'impianto, che è stato illustrato a grandi linee dalla collega consigliera Tudino, che ha dato un'indicazione di massima basata a grandi linee, anche se non completamente sovrapponibili, su quella del testo della Convenzione di Istanbul. Comunque sia, è la cosa più vicina che abbiamo in questo momento a un codice complessivo della tutela della donna dalla violenza maschile.
  Senza entrare nel dettaglio del catalogo dei testi normativi, ci sono alcuni spunti che possiamo indicare. Intanto, delle norme di diritto eurounitario internazionali parlerà la collega, quindi faccio un brevissimo cenno, solo per dire che, pur non potendo rientrare in un testo unico, per la natura delle norme, molte di queste norme sono state recepite all'interno della legislazione nazionale. In questo senso, sono già nel diritto interno. Bisognerà valutare se è utile un catalogo esteso alle norme di recepimento. Da valutare. È una possibilità tecnica da verificare, l'utilità è evidente.Pag. 28
  Quanto alle norme di genesi nazionale, se i temi delle pari opportunità, dell'inclusione, non discriminazione, formazione e specializzazione degli operatori e quelli del sostegno psicologico, sanitario, logistico, economico alle donne che intraprendono un percorso di fuoriuscita dalla violenza toccano indubbiamente più la competenza di altri ministeri, tuttavia in questa sede credo possa essere consentito un riferimento ad alcune norme che possono essere, in qualche misura, di interesse in questo lavoro di codificazione o di raccolta, sempre valutando l'inferenza del testo unico sulle norme del Codice delle pari opportunità, il codice adottato nel 2006, che si occupa estesamente delle discriminazioni in ambito lavorativo e di azioni positive, che, quindi, bisognerà esaminare per comprendere in che misura è opportuno evitare sovrapposizioni oppure lavorare anche in questa direzione.
  Le ragioni per le quali appare necessario inserire disposizioni a tutela delle pari opportunità, che sono state rappresentate nella precedente audizione anche dalla presidente Quadri e dalla consigliera Tudino, ci portano a individuare anche norme come quelle sul congedo parentale e la sua estensione ai padri. Si tratta di norme che consentono una evidente ripartizione equa del carico e incidono sulla possibilità della donna di continuare a lavorare, per quello che dicevamo prima. Il divieto di licenziamento. Tutte le materie lavoristiche, in questo senso, specificamente mirate, sono interessanti.
  Disposizioni antidiscriminatorie e azioni positive. Norme elettorali che mirano ad assicurare un'equilibrata rappresentanza femminile. Da valutare, è un tema su cui bisogna verificare se è interessante inserire questo testo unico. Queste sono molto presenti nelle normative sulle leggi regionali. Ancora, la composizione dei board delle società partecipate, la legge Golfo-Mosca del 2011. Anche queste sono norme antidiscriminatorie Pag. 29in senso lato, però direttamente pertinenti all'obiettivo della riduzione dello squilibrio, anche di potere, di rappresentazione.
  La rappresentazione della figura femminile nei media. Si può valutare l'inclusione delle norme del decreto legislativo n. 177 del 2015, il Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, in che modo richiamarle. Ci sono punti di specifico interesse su questo tema. Per quanto riguarda, invece, i settori normativi, che, anche se in un'approssimazione un po' rozza, riguardano più specificamente la giustizia, quindi quelli relativi all'accertamento dei diritti in sede civile e in sede penale, quindi il tema delle codificazioni, il problema della riserva di codice è stato già affrontato. Questo è formalizzato solo all'interno del Codice penale.

  PRESIDENTE. Ne approfitto. A livello metodologico, durante l'audizione della dottoressa Quadri si evidenziò il fatto che la riserva di codice non sarebbe ostativa ad applicare il contenuto delle stesse in questo testo unico. Questa è una domanda che mi piacerebbe lasciarvi e capire, naturalmente, laddove venissero modificate, se in automatico si modificano nel testo unico sulla violenza di genere. Qui facciamo riferimento ai quattro Codici (civile, penale, procedura civile e procedura penale). Vorrei capire, quindi, se siete in linea con questa narrazione.

  ELISABETTA PIERAZZI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Questo è un tema veramente delicato, sotto vari profili.

  PRESIDENTE. Ne ho approfittato.

  ELISABETTA PIERAZZI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il Pag. 30contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Ci mancherebbe altro.
  In realtà, la codificazione ha un suo valore. Il fatto che le norme penali siano all'interno del Codice penale non è una cosa neutra, perché, in qualche modo, rappresenta un intento unitario, una tutela unitaria, una sua unitaria rappresentazione di quali sono gli elementi, le condotte che vengono ritenute non meritevoli di una tutela penale.
  Per quanto riguarda le norme dei codici di rito, il tema è veramente complesso tecnicamente, di una complessità elevatissima a livello tecnico. Le disposizioni, anche le ultime introdotte, per esempio, con l'ultima legge n. 168 del 2023, che incidono proprio sul rito, sulla procedura, in modo tale da aumentare il livello di tutela delle donne vittime di violenza di genere, non sono norme autonome, ma si innestano su istituti generali. Quindi, espiantare o, comunque, individuare le singole disposizioni che mirano esplicitamente a una tutela di queste realtà, nel caso di commissione di reati iscritti in questo catalogo, spostarle a parte, fuori dal testo del codice, rischierebbe veramente, se non fatto con accortezza, sulla quale bisogna ragionare in modo rigorosissimo, di creare un testo veramente poco comprensibile. Per un'eterogenesi dei fini, si potrebbe rischiare di andare in una direzione di scarsa comprensibilità del significato delle norme.

  PRESIDENTE. Non si espianta niente.

  ELISABETTA PIERAZZI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Dipende. Se si tratta di una trasposizione complessiva, dobbiamo trasporre un po' più norme che specificamente incidono sull'accertamento dei reati e sugli strumenti per il contrasto a questo tipo di reati.Pag. 31
  Per essere molto pratici, si tratta di commi, di periodi di commi, non di un articolo del codice. Bisogna ragionare su cosa fare: espiantiamo o, comunque, ricopiamo l'intero testo...

  PRESIDENTE. Non è un travaso di norme, ovviamente, ma è un intervento sulla stratificazione normativa per una maggiore intelligibilità. È una riflessione, approfitto dell'audizione perché poi può essere utile.
  Mi permetto di interrompere anche per entrare in qualche tecnicismo, se posso permettermi. Il tema della riserva di codice è un tema non di poco conto.

  ANTONIO MURA, Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia. Vorrei dire una cosa a complemento di quanto la collega ha accennato, che poi è stato un mettere in evidenza la problematicità. Credo si debba entrare nell'ordine di idee di accentuare, per quanto possibile, la normalità del rispetto di quelle disposizioni che pure sono di settore, che sono specifiche, quasi speciali, però che devono diventare patrimonio ordinario, soprattutto se si parla di procedura penale.
  Io lo vedo in tutta l'attività. Tra l'altro, è confortante, perché mi sono premurato di verificare presso gli uffici nei quali ho avuto modo di lavorare, anche in modo aggiornato, l'applicazione di questa disciplina, che in effetti sta funzionando. Un esempio è dato dalla disciplina che tende a evitare la stasi dei procedimenti. È stato scelto un percorso, che è quello di una relazione periodica al Procuratore generale da parte di ogni ufficio del pubblico ministero. Il Procuratore generale del distretto riferisce al Procuratore generale della Cassazione. Se un intervento di questo tipo lo si intende semplicemente come un adempimento di routine, necessitato, probabilmente non raggiunge l'obiettivo, perché fin dall'origine, allora, chi deve rispettare i tempi lo vede soltanto come un qualcosa di necessario,Pag. 32 senza condividerne, invece, la portata, la rilevanza concreta.
  Occorre arrivare, invece, a quella che mi sembra si stia diffondendo, a una condivisione del senso di questi interventi di procedura. Nel momento in cui si dovessero estrarre dalla sede propria del codice e trasferire tali precetti in ambiti normativi diversi, io non so se si compia un passo avanti in questo senso, però è anche vero che si otterrebbe un beneficio da un altro punto di vista.
  Mi permetto di dire, in un approccio generale, quale quello che stiamo avendo ora, che non mi pare un ambito nel quale si possa arrivare ad una risposta assoluta di principio.
  Penso che l'ideale sia che la Commissione affronti il tema consapevole dei benefìci, ma anche delle problematicità o criticità che ne possono conseguire, e non è detto che la soluzione debba essere unitaria per tutta la materia che si rinviene in uno dei codici, cioè di trasposizione o meno.
  Cercherei di selezionare ciò che utilmente si immagina di far confluire in questo testo rispetto ad altro che, invece, trova la sua sede propria altrove e che grazie proprio alla collocazione sistematica si può più facilmente acquisire in altra sede.
  Noi parliamo tanto di iniziative di formazione e di specializzazione. Quello che conta è che si percepisca l'effettiva portata sostanziale delle disposizioni di procedura di cui parliamo, perché se questa non è condivisa prima di tutto dagli operatori diretti, cioè la Polizia giudiziaria, il pubblico ministero che deve compiere determinate attività in tempi brevissimi, se non è condivisa l'esigenza di rispettare quella tempistica e quelle modalità, perché questa è ritenuta l'unica via funzionale al perseguimento dell'obiettivo sostanziale di tutela e di prevenzione, allora rischiamo di intraprendere una strada che è di mero rispetto formale, che è quanto di peggio si possa fare, Pag. 33perché allora porterebbe ad una interpretazione, quella che mi son permesso di definire poc'anzi burocratica, di un ruolo che, invece, deve essere un ruolo di operatore che interviene nel concreto.
  Forse, non una risposta, perché è talmente complessa la questione che non azzarderei oggi una risposta, però una prospettiva di ricostruzione per arrivare a una scelta potrebbe essere quella di non effettuare una scelta di principio radicale, piuttosto di verificare, istituto per istituto, che cosa si presti a questa trasposizione.

  ELISABETTA PIERAZZI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Aggiungo solo una cosa.
  Le norme del codice penale non riguardano espressamente i reati commessi in danno di donne, se non in casi rarissimi, che sono le mutilazioni genitali femminili, il procurato aborto colposo o doloso senza il consenso della donna e alcune aggravanti. Quindi, l'individuazione del catalogo dei delitti commessi nei confronti di una donna è un'operazione che richiede un intervento anche valutativo. Come si fa? Si fa sulla base di inferenza statistica, quali sono nel catalogo classico, evidenziato, i reati di violenza sessuale, lo stalking e tutto il catalogo di reati che ritroviamo nelle norme che se ne occupano.
  Anche in questo caso l'individuazione non è un'operazione neutra. Ci sono da fare, per esempio, delle osservazioni sul tema delle disposizioni in materia di tratta, le disposizioni in materia di riduzione in schiavitù. Sono inserite o meno nel catalogo dei delitti contro le donne. Anche in questo caso, l'operazione è certamente complessa.
  Abbiamo, come Osservatorio, optato per l'introduzione all'interno di queste norme, perché rappresentative di fenomeni Pag. 34statisticamente rilevanti. Non tutte sono all'interno del codice penale. La legge Merlin prevede lo sfruttamento, anche violento, della prostituzione ed è un corpo normativo che è extra codice. Queste sono tutte puntualizzazioni che occorre fare.
  Solo un ultimo minuto.

  PRESIDENTE. Non si preoccupi. Questo è un argomento a cui siamo molto sensibili, su cui ci prendiamo tutto il tempo che vogliamo, se non ci mandano via.

  ELISABETTA PIERAZZI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Non dirò nulla sulla giustizia riparativa, perché l'unica cosa che ho letto in realtà è l'indicazione della consigliera Tudino sull'inserimento nella materia dell'esecuzione penale. In realtà, forse si può valutare se inserirla in un diverso ambito, quello dei servizi pubblici di cura della relazione tra le persone, proprio perché non riguarda solo la fase dell'esecuzione penale, ma tutta la fase anteriore. È una cosa un pochino diversa.
  Per quanto riguarda le misure di prevenzione, anche lì è stata individuata come area di destinazione di elezione quella delle disposizioni per la prevenzione dei reati. In realtà, si può anche qui valutare di inserirle nella parte relativa alle codificazioni, ove venisse esercitata un'opzione, nel senso dell'inclusione di queste norme, proprio perché sono misure adottate anche dall'autorità giudiziaria in alcuni casi, non solo dall'autorità di pubblica sicurezza, quindi sono veramente correlate all'accertamento e al perseguimento delle condotte di reato.
  Per quanto riguarda il tema del diritto di famiglia e minorile, al quale vorrei proprio dedicare l'ultimo minuto, in questo caso, la relazione tra la violenza contro le donne e il diritto di famiglia è veramente strettissima, perché le donne vittime di Pag. 35violenza di genere in ambito di relazioni familiari, che hanno figli, si ritrovano poi tutte anche nella sede civile o minorile per l'accertamento delle capacità genitoriali, per la tematica dell'affidamento dei figli, per i procedimenti de potestate.
  In questo senso è veramente importantissimo anche l'intervento che è stato fatto recentemente di riforma delle norme del codice di procedura civile con un catalogo di misure cautelari anche immediate, che possono intervenire a supporto della donna vittima di violenza che si rivolge invece al giudice civile, perché è tenuta a farlo, proprio perché ci sono dei figli coinvolti in queste vicende.
  In questo senso, credo che inserire in un testo unico le norme sia penali che civili, che prevedono anche la circolarità delle informazioni tra i giudici, tra le autorità giudiziarie civili e penali, certamente avrebbe, io credo, un fortissimo valore, anche perché in questo caso anche il più distratto degli interpreti o degli operatori della giustizia vedrebbe plasticamente l'unitarietà della materia, l'unitarietà della vicenda, proprio in casi nei quali, inaspettatamente, forse, a volte è più difficile provare una violenza in ambito civile che in ambito penale, anche se il livello di prova è diverso.

  MIRELLA DELIA, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Onorevole presidente, mi unisco al corale saluto e ai ringraziamenti. Sono anch'io una magistrata addetta all'Ufficio legislativo presso il Ministero di giustizia.
  Nella prospettiva di continuare a profilare questo possibile contenuto nella proposta del testo unico, partendo dalla traccia assegnata dal qualificato itinerario normativo sviluppato all'interno dell'Osservatorio permanente istituito presso il Ministero Pag. 36di giustizia, estrarremmo una struttura basilare proprio da quei titoli e dai sottostanti capi con cui la raccolta si snoda.
  Il primo titolo è dedicato, effettivamente, alle fonti internazionali seguendo poi quello delle fonti sovranazionali. È indubbio che la legislazione nazionale si sia implementata grazie all'apporto di queste cornici di ampio respiro. Per cui, ci sentiamo di avvalorare la scelta di non trascurarle.
  Nella mappatura normativa nazionale di recepimento delle fonti di diritto internazionale, i trattati internazionali, quindi le leggi di ratifica dei trattati internazionali vincolanti in questa materia, spostano l'attenzione subito sulla Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e quindi sulla legge di ratifica intervenuta nel 1985 per l'Italia.
  Segue un altro trattato di diritto internazionale vincolante, la Convenzione di Istanbul, la cui legge di ratifica risale al 2013. Vi sono anche trattati internazionali vincolanti in materie più specifiche, quelle del lavoro.
  Il nostro studio e approfondimento si è soffermato sulla legge n. 4 del 2021 con cui l'Italia ha ratificato la convenzione n. 190 del 2019 a firma di un'organizzazione internazionale delle Nazioni Unite, l'Organizzazione internazionale del lavoro, che ha introdotto questo modulo che affronta in modo organico la questione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.
  La lettura di questa convenzione andrebbe completata con una raccomandazione dello stesso anno, la n. 206. Questa raccomandazione non è vincolante, ma aiuta a completare l'approfondimento delle misure che possono attenuare l'impatto delle molestie e delle disparità nel mondo del lavoro.
  Sotto il profilo, invece, della implementazione della legislazione nazionale con le fonti di diritto sovranazionale, dovremmoPag. 37 osservare come la legislazione si è mossa a singhiozzo. Non sempre, per esempio, le direttive euronionali sono state attuate all'interno di un unico corpo normativo. Faremo solo un esempio. La direttiva n. 80 del 2004 della Comunità europea è stata attuata con due interventi del legislatore italiano, un decreto legislativo del 2007, che ha radicato nella Procura della Repubblica presso il tribunale del luogo in cui risiede la vittima richiedente la competenza a fornirle informazioni e assistenza per comprendere nello Stato membro in cui è stato commesso il reato qual è il sistema dell'indennizzo fruibile e quindi anche le modalità di compilazione della domanda. Diventa importante per dare attuazione a questo beneficio.
  Con una seconda legge, nel 2016, la legge europea 2015-2016, si è data piena attuazione alla direttiva menzionata proprio nel prevedere un sistema che attuasse l'erogazione degli indennizzi a favore delle vittime di violenza di genere come indennizzi equi ed adeguati. Questo è solo un esempio di come, se si scegliesse, se si valutasse l'opzione di inserire nella proposta del testo unico il recepimento delle fonti di diritto sovranazionale, bisognerebbe fare anche qui una ricostruzione che si muove su più interventi normativi interni.
  Volgendo, invece, lo sguardo sulla macroarea nazionale delle disposizioni sostanziali in materia civilistica, nel codice civile il legislatore si è mosso con interventi sporadici, di cui rimane a monte la riserva che abbiamo posto se menzionare o fare comunque dei raccordi di complementarietà a queste disposizioni; solo per menzionare e per completezza di ragionamento, l'intervento sporadico è quello, per esempio, in materia di sospensione del diritto di successione per l'autore del crimine domestico, fintanto che il procedimento penale non si completi in maniera definitiva. Quindi, c'è anche questa disposizione. Oppure, nell'ambito delle misure di prevenzione della violenza Pag. 38cosiddetta «economica» all'interno della famiglia, pensiamo alla disposizione che consente al coniuge, nelle famiglie monoreddito, di chiedere al giudice un ordine di distrazione di parte del reddito da parte del coniuge lavoratore che non provveda alle esigenze del nucleo.
  Diversamente, il legislatore si è mosso nelle leggi speciali con una certa sistematicità, seguendo, cioè, un filo, che sicuramente ci riporta ai quattro punti cardinali della Convenzione di Istanbul, dalla prevenzione alla punizione, alla protezione della vittima, fino alle politiche sociali a sostegno delle vittime. Questo per rimuovere tutti gli elementi, soprattutto di disparità e di discriminazione, che vengono sofferti non solo nei rapporti sociali, ma soprattutto nei rapporti lavorativi. Su questo punto il decreto legislativo n. 80 del 2015 declina una serie di benefìci a favore delle donne lavoratrici. Sarebbe, forse, possibile pensare di farle confluire in una macroarea.
  Pensiamo a quando le lavoratrici accedono a percorsi di protezione certificati, naturalmente al congedo retribuito e indennizzato a carico dell'INPS, ma anche alla possibilità, nel caso in cui la lavoratrice non abbia un rapporto di lavoro stabile, ma di collaborazione coordinata e continuativa, di sospenderlo. E ancora, di trasformare il suo rapporto di lavoro a tempo indeterminato e pieno a tempo parziale e poi di ritrasformarlo qualora la criticità cessi.
  Sempre nel testo unico del pubblico impiego è stato di recente garantito alla dipendente vittima di violenza di genere la possibilità di chiedere, allorquando acceda a un percorso certificato di protezione, una domanda di trasferimento in altra pubblica amministrazione, in un comune diverso dal suo (la pubblica amministrazione sappiamo che ha anche un obbligo di risposta immediata, entro quindici giorni), garantendo nei posti Pag. 39vacanti il mantenimento della qualifica professionale della lavoratrice.
  Il Codice delle pari opportunità è stato menzionato dalla collega Pierazzi. Confermo che abbiamo individuato una serie di punti di interesse non soltanto nel profilo in cui il codice lambisce la violenza nelle relazioni familiari facendo richiamo a sua volta, per relationem, alla legge n. 154 del 2001, ma nel punto in cui focalizza la proiezione delle molestie, in particolar modo delle molestie sessuali, nell'ambito del lavoro. Anche qui, seguendo la scia del diritto antidiscriminatorio di matrice eurounitaria. L'estensione della tutela giurisdizionale in quel codice è garantita in ogni forma di discriminazione, finanche nel caso di accesso a beni e servizi, anche per ragioni di sesso, da parte di soggetti pubblici o privati, ai quali siano stati accordati benefìci dallo Stato, dalle regioni o che abbiano stipulato contratti di appalto per opere pubbliche, di servizi e forniture.
  Sempre nell'ambito delle prerogative di cui può usufruire nel mondo del lavoro non soltanto la donna vittima delle molestie o dei crimini domestici, ma anche i figli sostanzialmente orfani di un genitore per crimine domestico, ricordiamo che la legge n. 4 del 2018 ha inserito una serie di profili di beneficio. Per esempio, l'estensione ai figli orfani di una quota di riserva sul numero dei dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati. Ancora, è stata estesa la caducazione del diritto alla pensione di reversibilità per gli autori del crimine in danno del loro familiare pensionato, quando raggiunti da una condanna con sentenza passata in giudicato. E ancora, sempre sul profilo significativo delle prerogative, pensiamo alla disposizione che declina i criteri con cui il tribunale competente è chiamato a disporre l'affidamento familiare di un minore rimasto orfano in seguito a un crimine domestico; o quella che Pag. 40prevede le sorti dell'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica. Anche questa è una disposizione che individua intanto una causa di decadenza ad hoc che colpisce gli autori dei crimini domestici al sopraggiungere di una pronuncia definitiva di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti e consente agli altri conviventi di conservare il diritto di abitazione con un subentro nel relativo contratto.
  Significativa, altresì, sempre nell'ottica di una maggiore tutela dei figli rimasti orfani di un genitore in seguito a un crimine domestico, è la possibilità per loro di modificare il cognome, se coincide con quello del genitore condannato.
  Spostandoci, invece, nell'area dell'assistenza sanitaria, la legge di stabilità del 2016, per la prima volta, in attuazione, anche qui, di una serie di princìpi euronionali, ha istituito nelle aziende sanitarie e ospedaliere il percorso di tutela delle vittime di violenza, il cosiddetto «codice rosa», che ha trovato, poi, attuazione in linee guida, in questo caso, però, collocate in una fonte di diritto che potremmo definire di «soft law», un DPCM, che bisognerà valutare se inserire all'interno di questo percorso.
  Nella macroarea, invece, delle disposizioni ordinamentali processuali di natura civilistica, avremmo individuato – anche qui – diverse fonti di diritto e diversa natura delle disposizioni. Per esempio, non sono collocati negli effetti della sospensione feriale quei procedimenti diretti all'adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari. Il legislatore fa qui una valutazione evidente di urgenza. Come anche il regime delle spese di giustizia. Siamo consapevoli che la tutela giudiziaria delle vittime di violenza di genere e domestica passa necessariamente dall'erogazione di una pertinente assistenza legale. Anche qui, il testo unico delle spese di giustizia estende il beneficio del patrocinio a spese dello Stato anche in deroga ai Pag. 41limiti di reddito, tanto per le donne che per gli orfani vittime di crimini nelle mura domestiche.
  All'interno di questo blocco normativo potrebbe, poi, trovare collocazione la legge n. 154 del 2001, che introduce un'esenzione fiscale da tutti gli atti e provvedimenti compiuti nell'esercizio di un'azione civile di contrasto alla violenza familiare, ma anche nei procedimenti cautelari ed esecutivi correlati alla corresponsione dell'assegno di mantenimento, allorquando il coniuge imputato si veda imposto un allontanamento dalla casa familiare o un ordine di protezione.
  Termina, questa ricostruzione, con un blocco normativo, che abbiamo ritenuto di sussumere all'interno di un termine coniato all'interno dell'Osservatorio permanente, di misure pubbliche di sostegno. Una costellazione di interventi con cui il legislatore mira a fornire un sostegno, quindi una tutela, che anticipa la soglia di protezione della vittima, soprattutto di prevenzione della violenza cosiddetta «economica». Per esempio, il decreto legislativo n. 223 del 2006, poi convertito in legge, si occupa di soddisfare l'essenziale bisogno di un alloggio sicuro per le donne e per la loro prole quando vittime di violenza, garantendo un'ospitalità a titolo gratuito, per salvaguardarne l'incolumità fisica e psichica. O ancora, pensiamo al decreto legislativo n. 93 del 2013, convertito anch'esso in legge, con cui l'ordinamento italiano si è per la prima volta dotato, con l'elaborazione di un Piano strategico nazionale, di un modello integrato di interventi, potenziando servizi già esistenti, rafforzando la rete territoriale e destinando risorse finanziarie a Centri antiviolenza e Case rifugio. Un piano rifinanziato a più riprese.
  Nell'ambito delle politiche sociali, sicuramente torna il rilievo della legge n. 4 del 2018. Qui introduciamo un altro tema. Spesso un intervento normativo nazionale si può proiettare su Pag. 42più macroaree, cioè non necessariamente un unico intervento normativo nazionale si proietta in un'unica area. Termino questo profilo.

  PRESIDENTE. Questa Commissione non dà limiti alle audizioni, soprattutto su temi che rappresentano il filo conduttore del lavoro di questa Commissione. Cerchiamo sempre il massimo rispetto di tutti gli auditi. Si senta libera di finire la sua relazione nei tempi e nei modi che ritiene. Non si preoccupi, dottoressa Delia.

  MIRELLA DELIA, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. La legge n. 4 del 2018 si proietta nell'ambito delle politiche sociali, garantendo, per esempio, un bonus in favore degli orfani per crimini domestici di assistenza di tipo medico-psicologico gratuita a carico del Servizio sanitario nazionale, fino al recupero dell'equilibrio psicologico della vittima. Ancora, sono incrementate le risorse destinate al Fondo di rotazione per la solidarietà delle vittime di questo tipo di reati, per finanziare borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici. Iniziative di orientamento, di formazione e sostegno per il loro inserimento nel mondo del lavoro e di aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie.
  Sempre nell'ambito delle misure di sostegno pubblico, spesso nelle leggi di bilancio troviamo disposizioni che possono avere un impatto significativo. Ricordiamo, tra i vari fondi dedicati, quello destinato al supporto dell'associazione «DONNEXSTRADA», per potenziare progetti diretti alla messa in sicurezza di percorsi di sviluppo sulla rete intermodale dei trasporti di servizio di sostegno immediato e di prossimità a potenziali vittime donne.Pag. 43
  Terminiamo con l'ultimo blocco normativo. Questa volta sconta la necessità di racchiudere disposizioni eterogenee, ma che vanno tutte nella direzione di rendere effettiva la tutela delle donne vittime di violenza. Parliamo delle campagne formative in tema di pratiche di mutilazione genitale femminile. Parliamo di formazione specifica degli operatori di polizia, onde garantire l'attivazione pronta e tempestiva da parte di costoro del «Codice rosso». Parliamo, infine, dell'esigenza di individuare moduli formativi omogenei sul piano nazionale, soprattutto quando rivolti agli operatori che, a diverso titolo, vengono a contatto con i percorsi di violenza di genere. Tra questi, la legge n. 168 del 2023 ha anche inserito una collaborazione del Ministero della giustizia nella definizione delle linee programmatiche sulla formazione, proposte annualmente alla Scuola superiore della magistratura, che tenga conto di iniziative formative specifiche dirette ai magistrati.
  Vi ringrazio ancora.

  PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi presenti se ci sono domande, sennò finiamo con la narrazione dell'audizione.
  Do la parola alla dottoressa Mastrojanni.

  MARIA ELENA MASTROJANNI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Signora presidente, ringrazio lei, le commissarie e i commissari per averci dato la possibilità di offrire il nostro contributo, e il nostro capo ufficio legislativo, il presidente Mura, per aver inteso coinvolgere l'Osservatorio e noi. È un gesto di riconoscimento del lavoro che si tenta di fare.
  Abbiamo lavorato con le colleghe alla preparazione di questo contributo. Se può essere utile, in questa sede, mi piaceva rimarcare due aspetti che sono emersi dalle domande che lei, presidente, rivolgeva alla collega Pierazzi prima.Pag. 44
  Può essere sottolineato il fatto, riprendendo lo spunto del presidente Mura, che quando ci si pone di fronte a una prospettiva così impegnativa, come quella di iniziative normative per la redazione anche di più testi unici, come da mandato istitutivo della Commissione, che declina al plurale questa possibilità, partendo evidentemente dalla circostanza che comunque già abbiamo dei testi unici, per esempio il testo unico del Codice delle pari opportunità, già il lavoro di questa Commissione, come diceva il presidente, è un lavoro sfidante, perché si pone in un contesto in cui c'è da ritagliare uno spazio anche rispetto a testi normativi già esistenti.
  Mi sembrava importante l'accenno, che faceva da ultimo la collega, a tutto quel mondo della regolamentazione della materia della tutela delle donne, tutela essenziale per prevenire il contrasto della violenza di genere, che si muove su fonti – come sono solite essere chiamate – di «soft law». Noi abbiamo tutto un mondo di atti amministrativi, di circolari, di decreti ministeriali, che offre un inquadramento di tutela delle donne a volte molto più capillare ed efficace, che incarna quel modello di giustizia di prossimità che le fonti sovranazionali ci dicono essere necessario per tutelare efficacemente le donne, a volte in maniera più diretta e più efficace di quanto non facciano gli strumenti di hard law, diciamo così, quindi di quanto non facciano le fonti normative di altro livello, di rango primario.
  Potrebbe essere importante, in questo senso – non vuole essere una sollecitazione, ma semplicemente una considerazione – prestare attenzione a tutto il sistema della soft law, perché lì c'è molto della tutela e dell'assistenza alle donne. Soprattutto c'è la prospettiva europea e sovranazionale. In realtà, gli strumenti sovranazionali ci dicono che la tutela delle donne passa attraverso strumenti normativi facilmente conoscibili dalle donne.Pag. 45
  In questo senso, il compito di questa Commissione è un compito molto importante per chi come noi, operatori del settore, conosce un po' la problematica, perché l'immediata conoscibilità non è soltanto legata alla possibilità di avere un testo unico che racchiuda tutte le norme, ma è anche l'immediata conoscibilità di tutti quegli strumenti di tutela non necessariamente derivanti da una norma di rango primario. Anche questa può essere una prospettiva da tenere in considerazione, in forme che bisognerà necessariamente essere un po' creativi nell'individuare. In questo senso non ci permettiamo di offrire suggerimenti, però sicuramente è un orizzonte importante. Questo lambisce il tema della giustizia di prossimità, e l'esperienza sovranazionale ce lo insegna.
  Il presidente faceva riferimento prima alle preziosissime occasioni che noi, come Ufficio legislativo del Ministero della giustizia, abbiamo di collaborare a tavoli di confronto con altri ordinamenti europei. In queste occasioni molto preziose quello che abbiamo verificato, dovendo necessariamente fare esperienza e tesoro dei Paesi che in questa materia sono più avanti del nostro, senza avere nessuno spirito emulativo, ma sicuramente riconoscendo i passi che sono stati fatti, in adesione piena alle fonti sovranazionali, è che tanto più si riesce ad essere vicini con gli strumenti di tutela alle donne tanto più il fenomeno della violenza viene efficacemente contrastato, perché è una questione di tempi ed è anche una questione di distanze.
  Abbiamo addirittura modelli di altri Paesi dove evidentemente il sistema lo consente più agevolmente che nel nostro, dove non sarebbe semplice, in cui è immaginata una sorta di giurisdizione speciale, come a voi sicuramente è ben noto: tribunali unici penali e civili, una dimensione in cui comunque il nostro legislatore si sta muovendo, perché il tribunale unico Pag. 46dei minori e della famiglia, con tutte le sue difficoltà, è comunque un tentativo di andare in questa direzione. Sono imperniati su quel discorso quantomeno di circolarità informativa tra il giudice civile e il giudice penale.
  Questo della prossimità della giustizia alle vittime di violenza è assolutamente un principio cardine.

  PRESIDENTE. Dottoressa, approfitto. L'Osservatorio del Ministero della giustizia ha già fatto una ricognizione sugli istituti di giustizia di prossimità a livello locale, regionale?

  MARIA ELENA MASTROJANNI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Non lo ha ancora fatto. È lo step successivo del lavoro dell'Osservatorio. Il lavoro dell'Osservatorio si muove in vari step.

  PRESIDENTE. Giusto per non fare una sovrapposizione, che tempi vi siete dati su questa metodologia di lavoro sulla giustizia di prossimità? Obiettivo di questa Commissione è il dialogo per non sovrapporsi nei lavori.

  MARIA ELENA MASTROJANNI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Abbiamo appena terminato il primo step e stiamo iniziando il secondo. La prossima riunione inizia il secondo step. Non è immediato il lavoro, perché, ovviamente, mentre a livello centrale è facilissima la raccolta...

  PRESIDENTE. Non è neanche semplice, perché i livelli sono differenti.

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  MARIA ELENA MASTROJANNI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Nella giustizia di prossimità c'è anche un altro aspetto importante, che forse merita di essere sottolineato. La dimensione territoriale è una dimensione molto importante, non solo perché la giustizia si fa prossima alle vittime di violenza come i documenti sovranazionali ci chiedono, ma perché è inevitabile che una donna vittima di violenza viva una situazione che ha bisogno di essere tutelata nel suo territorio, laddove esperienze pur tentate di sradicamento delle donne vittime di violenza dal proprio territorio per essere in un primo momento tutelate hanno dimostrato poi che il prezzo da pagare per le donne, il rischio di una vittimizzazione secondaria è ancora più elevato. Da questo punto di vista la giustizia di prossimità è un obiettivo che chiaramente presuppone uno statuto particolare di tutela.

  PRESIDENTE. Anche perché il perimetro di applicabilità è completamente diverso da genesi a genesi.

  MARIA ELENA MASTROJANNI, magistrata addetta all'Ufficio legislativo, nonché componente dell'Osservatorio permanente per il contrasto alla violenza di genere, istituito presso il Ministero della giustizia. Sì, si possono immaginare due livelli, con un livello nazionale in cui la giustizia di prossimità abbia dei livelli essenziali uniformi su tutto il territorio nazionale e poi chiaramente una tutela. Noi abbiamo il Titolo V della Costituzione che lascia un'autonomia alle realtà regionali, non lo devo dire a voi, per cui è chiaro che ci saranno, da questo punto di vista, delle realtà necessariamente e strutturalmente disomogenee, ma questo è nei fatti. Non è questo il momento e la sede per eliminarle. Ci sarà da fare una ricognizione e da prenderne atto.Pag. 48
  Vengo a un altro aspetto, e poi con questo chiudo, se voi non avete domande, agganciandomi alla relazione della collega, ma anche a temi affrontati nell'esame della consigliera Tudino, che ho visto che sono stati oggetto di interesse di questa Commissione. Mi riferisco alla possibilità di inserire o meno le norme sulla giustizia riparativa nell'ambito delle norme sulla violenza di genere e comunque sulla tutela delle donne in senso ampio.
  Non ci nascondiamo il fatto che ci sia un ampio dibattito su questo, benché a livello istituzionale e normativo non possano non essere inserite mi verrebbe da rispondere, perché ormai sono norme vincolanti, vigenti, che si muovono parallelamente al procedimento penale, con dei punti di intersezione e di interpolazione nel processo penale.
  Detto questo, però, non vorrei fermarmi alla constatazione formale che non c'è preclusione per nessun tipo di reato e che quindi debbano essere considerate come norme validamente fruibili dalle vittime dei reati di violenza di genere, perché sul piano formale è sicuramente così. Vorrei invece richiamare l'attenzione su un dato sostanziale. Premesso che è un argomento molto delicato, che richiede una sua attenzione particolare, perché è delicatissimo l'innesto di un sistema di giustizia alternativa e complementare in un sistema granitico e consolidato come il nostro. Quindi, già è delicato in assoluto per qualsiasi genere di reato, per questo genere di reato, che ha una sua specificità, ci sono delle obiezioni che voi ben conoscete e sono state anche oggetto di alcuni passaggi di ordine dogmatico e di ordine logico, al di là dell'astratta percorribilità di questi percorsi, alla possibilità concreta di ritenerli compatibili con un'efficace tutela delle donne vittime di violenza di genere.
  Ho avuto l'occasione di potermene occupare e mi pare di poter dire che le criticità evidenziate, che devono essere tenute presenti come segno di attenzione per il problema, credo che si Pag. 49possano superare, nel senso che sul piano dei principi sovranazionali è stato risolto il problema, perché è vero che noi avevamo una risoluzione internazionale che in una prima traduzione sembrava vietare il ricorso a pratiche di mediazione penale per i reati di violenza di genere. È intervenuta la rettifica di quella traduzione. Il testo italiano tradotto era un testo sbagliato. È intervenuta la rettifica perché, in realtà, è vietato il ricorso a pratiche di ADR obbligatorie, ma per fortuna, in maniera anche lungimirante, il nostro legislatore ha inserito un ricorso alla giustizia riparativa che non è mai obbligatorio. Anche laddove c'è l'invio d'ufficio da parte del giudice, l'invio è a un mediatore unico deputato a valutare in quella sede il consenso libero e autonomo dei partecipanti. Quindi, è una falsa prospettazione quella dell'invio obbligatorio. Sul piano delle fonti sovranazionali il problema è risolto.
  Il rischio serio denunciato dalle associazioni che si occupano di difesa dei diritti delle donne vittime di violenza è quello della vittimizzazione secondaria, perché la peculiarità di questi reati, non sta a me ricordarlo, è nel fatto che tra l'autore e la vittima c'è un rapporto di disparità sostanziale, ed è quella disparità da tanti punti di vista che poi facilita la commissione del reato.
  Questo piano di disparità si ritiene non componibile sul piano della giustizia riparativa, che è un modello per sua natura assolutamente paritario. Quindi, si ritiene che ci sia un rischio di trasporre nell'ambito del procedimento riparativo quelle identiche disuguaglianze che la donna vive sul piano della relazione violenta e della commissione del reato.
  Anche qui, l'attenzione alla soft law perché è importante? Perché al di là del fatto che il legislatore abbia individuato già nella norma primaria l'ambito delle vittime particolarmente vulnerabili come ambito di formazione del mediatore, di formazione obbligatoria, ma c'è tutta la fase attuativa, che è Pag. 50andata in porto, si è conclusa con decreti pubblicati in Gazzetta Ufficiale lo scorso luglio, in cui c'è tutto un corpo normativo dedicato alla formazione del mediatore che prevede una formazione specifica per categorie vittimologiche e per vittime vulnerabili.
  A questa figura professionale, che è una nuova figura professionale qualificata che rientra nell'ambito di certificazione delle competenze, è proprio una nuova professione, viene richiesta una particolare preparazione e competenza nella gestione del conflitto subìto dalle vittime vulnerabili, minori e donne. Per questo la soft law è importante, perché lì a volte, in materia di violenza di genere, si trova molto di più. Nella relazione illustrativa ci sono ampi passaggi dedicati proprio alla necessaria preparazione del mediatore, perché è soltanto il mediatore che può percepire, tramite le sue competenze e la sua professionalità, se la donna è andata a quel primo incontro – la norma primaria prevede una serie di incontri preparatori, anche questo è un aspetto importante, spesso sottovalutato – perché ha subìto una pressione familiare che riproduceva quella disparità di partenza della relazione violenta.
  Sicuramente, da questo punto di vista, il rischio è scongiurato.
  L'altro rischio della dimensione pubblicistica della vicenda penale che si ritiene invece sminuito nel campo della giustizia riparativa, quasi che fosse una giustizia privata, e quindi la perdita della dimensione pubblicistica di questi reati, che sono reati che feriscono la collettività e la comunità, è sicuramente frutto di un senso malinteso dell'essenza del programma riparativo, che, invece, è essenzialmente una giustizia di comunità, dove la porzione risarcitoria della vicenda è del tutto secondaria, anche sul piano dell'esito materiale del programma.Pag. 51
  La giustizia riparativa, paradossalmente, in reati che sono caratterizzati dalla vicinanza, da un conflitto preesistente, facilmente preesistente, seppure sul piano di disparità, riguarda reati caratterizzati da una forte vicinanza, perché sono reati chiaramente di maltrattamenti, di violenza sessuale, di stalking.
  Quello è proprio il momento, invece, in cui il mediatore si fa carico del conflitto e dà la possibilità alla vittima di avere un momento di riconoscimento. Questo può essere liberatorio e assolutamente ricomponente il conflitto, laddove la giustizia tradizionale, con i suoi strumenti, non è in grado di offrire questa possibilità. Quindi, va molto sapientemente dosato, però è un percorso che può offrire alla vittima quello spazio di ascolto, quel diritto di essere sentita di cui parlano le fonti sovranazionali che nel processo tradizionale non è previsto che ci sia, perché il giudice non può farsi carico del dolore della vittima nel procedimento penale, mentre invece il mediatore ha il precipuo compito di farsi carico di questo dolore.
  Scusate per il tempo che vi ho rubato.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa.
  Non penso ci siano domande, perché abbiamo scavato, anche se questo è il primo appuntamento.
  Ringrazio il dottor Antonio Mura e le dottoresse Delia, Mastrojanni e Pierazzi per questa puntuale esposizione e anche per aver messo a disposizione di questa Commissione questa prima parte del lavoro dell'Osservatorio, perché abbiamo capito che è solo l'inizio di un lavoro che vedrà approfondito il tema soprattutto della giustizia di prossimità.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.30.