XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 41 di Martedì 26 marzo 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Colosimo Chiara , Presidente ... 2 

Audizione di Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania:
Colosimo Chiara , Presidente ... 2 
Di Bella Roberto , presidente del Tribunale per i minorenni di Catania ... 3 
Colosimo Chiara , Presidente ... 12 
Santocono Carla , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Catania ... 13 
Colosimo Chiara , Presidente ... 16 
Russo Raoul  ... 16 
Di Bella Roberto , presidente del Tribunale per i minorenni di Catania ... 16 
Colosimo Chiara , Presidente ... 17 
Della Porta Costanzo  ... 17 
Di Bella Roberto , presidente del Tribunale per i minorenni di Catania ... 18 
Colosimo Chiara , Presidente ... 19 
Rando Vincenza  ... 19 
Di Bella Roberto , presidente del Tribunale per i minorenni di Catania ... 20 
Colosimo Chiara , Presidente ... 21

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CHIARA COLOSIMO

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso nonché via streaming sulla web-tv della Camera.

Audizione di Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, accompagnato dalla dottoressa Carla Santocono, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Catania.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. I lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta dell'audito dei colleghi e in tal caso non sarà più consentita la partecipazione da remoto e verrà interrotta la trasmissione via streaming sulla web-tv.
  La presente audizione, in programma già da tempo, concerne in particolare la macro-area di interesse della Commissione che riguarda la prevenzione e il contrasto all'azione e alla cultura mafiosa, con particolare attenzione alla protezione dei minori e agli strumenti a disposizione della magistratura e della società civile per sottrarre i giovani all'attrazione delle cosche.
  Come immagino molti già sapranno, questo pomeriggio ci sarà il rinnovo del cosiddetto Protocollo «Liberi di scegliere», Pag. 3un protocollo che in questi anni ha portato molti risultati. Nello specifico il Comitato sulla protezione dei minori e la cultura della legalità sta approfondendo questo tema. A nostro avviso è possibile «superarlo» con una proposta di legge che lo faccia diventare un fatto stabile e utile a sottrarre i minori alla criminalità organizzata. Questo ci racconterà il presidente Di Bella che voglio veramente ringraziare per la lunga giornata romana che sta attraversando. Come sapete, avremo dei tempi ristretti, ma per noi era importante che in questa sede il presidente ci desse tutte le indicazioni per poter portare a breve termine una proposta.
  Prego, presidente Di Bella.

  ROBERTO DI BELLA, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. Innanzitutto grazie per l'invito. Buongiorno a tutti. Sono giudice minorile ormai da trent'anni. Venticinque anni della mia attività li ho svolti al Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, da tre mi trovo nell'omologo ufficio di Catania. In 25 anni a Reggio Calabria mi sono trovato, assieme ai colleghi del Tribunale per i minorenni, a processare tanti minorenni appartenenti ai contesti di criminalità organizzata. Addirittura, nell'arco di 25 anni, mi sono passati davanti prima i padri e poi i figli. È la conferma che, a certe latitudini, la cultura di mafia e di 'ndrangheta si eredita all'interno della famiglia o comunque si assorbe nel contesto locale in cui si cresce. Insieme ai colleghi, di fronte all'orrore di tante vicende che hanno visto protagonisti o vittime minorenni, abbiamo pensato che bisognava fare qualcosa in più. Non limitarsi ad aspettare il momento penale, che magari arriva troppo tardi, ma di anticipare gli interventi a tutela, quindi i livelli di protezione. Lo abbiamo fatto provando a censurare il modello educativo mafioso, così come si censurano le condotte dei genitori maltrattanti. Nelle situazioni di concreto pregiudizio Pag. 4abbiamo iniziato, per evitare progressioni criminali altrimenti inarrestabili o situazioni di pregiudizio per il regolare sviluppo psicofisico di questi bambini, di questi ragazzi, ad allontanarli momentaneamente dal loro contesto, inserendoli in strutture comunitarie, anche in famiglie di volontari antimafia.
  Anzitutto, sono provvedimenti che vengono adottati nell'ambito di una cornice costituzionale ben precisa. Ripeto, non siamo degli avventurieri del diritto, ma ci muoviamo sulla base di norme ben precise, caso per caso, in presenza di situazioni estreme di pregiudizio che ci impongono di non voltarci dall'altra parte e di intervenire. L'obiettivo è quindi assicurare immediate tutele per una regolare crescita psicofisica. Nel contempo, nelle situazioni estreme, allontanando i ragazzi dal loro contesto, cerchiamo di ampliare i loro orizzonti culturali proprio per consentire di operare quelle infiltrazioni di cultura che possano renderli liberi di scegliere. Diciamocelo chiaramente se un ragazzo proviene da un quartiere o da una famiglia disagiata, penso a città come San Luca, Bovalino, Africo, Archi o da quartieri di Catania come Librino o San Cristoforo, dallo Zen di Palermo, da Scampia di Napoli e se tutti i familiari sono intrisi di cultura mafiosa e magari non ti mandano a scuola, la devianza è una strada sostanzialmente già predestinata. Ci siamo prefissi di provare a cambiare i destini e le traiettorie di vita che apparentemente sono ineluttabili. Abbiamo iniziato nel 2012. Stiamo aiutando veramente tanti ragazzi.
  Quello che è accaduto di molto interessante è che ci siamo imbattuti nella sofferenza, lo possiamo dire. Abbiamo il contatto con le famiglie e vediamo che le mafie provocano sofferenza non soltanto alle vittime dei reati ma anche all'interno delle famiglie, anzi, le prime vittime delle mafie sono proprio i bambini e le donne di mafia. Ci siamo imbattuti nelle richieste di aiuto di molte madri. Superata magari una prima fase di Pag. 5contrapposizione anche aspra verso i provvedimenti, quando queste donne si sono rese conto che non sono punitivi, ma hanno come un unico obiettivo quello di tutelare i loro figli, queste donne non si sono più opposte, anzi hanno assecondato i percorsi di accompagnamento. Molte di loro ci hanno chiesto di andare via dai contesti di mafia, dalla Calabria – adesso io lavoro a Catania – e anche da Catania. Alcune di loro sono diventate collaboratrici o testimoni di giustizia. Sapete che c'è una legge ben precisa e quindi lo Stato le protegge. Possono cambiare il cognome, hanno l'assegno, possono organizzarsi. Molte altre invece continuano a presentarsi da noi giudici minorili e ci chiedono di andare via con i loro figli, ma non hanno apporti collaborativi da rendere all'autorità giudiziaria o quelli che hanno non sono di rilevanza tale da giustificare l'ammissione negli speciali programmi di protezione. Per queste donne c'è quindi un vuoto legislativo, una lacuna di tutela che speriamo sia presto colmata. Per colmarla cosa abbiamo fatto? A poco a poco i numeri di donne con bambini che volevano andare via dalla Calabria e dalla Sicilia diventavano sempre più importanti, ma tuttora ce ne sono altre «in lista d'attesa». Abbiamo chiesto aiuto alla rete di accoglienza dell'associazione «Libera», e con loro abbiamo creato capillarmente su tutto il territorio nazionale una rete di accoglienza per le donne e i bambini di 'ndrangheta e della mafia siciliana. Questo progetto, al momento finanziato soltanto della Conferenza episcopale italiana con i fondi dell'otto per mille, sta alimentando speranze laddove sembrava che non potesse esservi speranza. Dico sempre che l'amore per i figli e la consapevolezza che c'è uno Stato pronto a tendere la mano, ha consentito a molte donne di «varcare il Rubicone», di fare delle scelte impensabili nei loro contesti. Questa rete di accoglienza con Libera e finanziata dalla CEI, ben presto è diventato un Protocollo governativo Pag. 6«Liberi di scegliere», questo il nome evocativo che abbiamo voluto dare. Al momento, pensate, più di 150 minori sono tutelati, 30 donne sono andate via da quei contesti, 7 di loro sono diventate collaboratrici o testimoni di giustizia, ma è accaduto anche di più. I provvedimenti sulla responsabilità genitoriale hanno toccato le corde emotive anche di importanti boss detenuti. Abbiamo avuto delle collaborazioni in Calabria, e di recente anche a Catania, agevolate proprio dai nostri provvedimenti, hanno fatto riflettere queste persone che hanno deciso per i loro figli, ma addirittura per i loro nipoti. A Catania, nei mesi scorsi, si è pentito un boss importante. Lo ha fatto per i nipoti, pensate un po'. Anche l'orientamento giurisprudenziale sta agevolando anche percorsi di collaborazione pure di importanti boss. Oggi alle 15 sarò al Ministero della giustizia, anche con il presidente Colosimo, perché rinnoviamo il Protocollo «Liberi di scegliere», lo potenziamo – al momento il protocollo è calibrato solo su Reggio Calabria. Sarà firmato da ben cinque ministri: Giustizia, Interno, Famiglia, Istruzione e Università. Ci sarà la Direzione nazionale antimafia, la Conferenza episcopale italiana, Libera. La rete sarà integrata con altre realtà associative, ma soprattutto questa rete verrà estesa anche ad altri uffici giudiziari. Non soltanto quelli della Corte di appello di Reggio Calabria, ma anche Catania, Napoli e Palermo, i territori italiani forse a più alta densità mafiosa.
  Questo progetto e le prassi che si sono snodate da questo Protocollo ci hanno consentito di entrare all'interno delle famiglie di mafia, come forse mai nessuno era riuscito a fare. Sapete che il Protocollo oggi sarà firmato e potenziato con fondi ministeriali, ma il Protocollo ha una durata di tre anni ed è legato alla volontà contingente di chi lo sottoscrive. Abbiamo tante persone che chiedono aiuto e che non sono ancora autonome, anche da un punto di vista economico, e non Pag. 7possiamo deluderle, non possiamo lasciarle al loro destino. La Commissione parlamentare antimafia con il presidente Colosimo, ha istituito questo Comitato minori e cultura della legalità. Mi sembra molto significativo. Sarebbe molto bello che da questa Commissione possa partire questa iniziativa legislativa bipartisan. Abbiamo bisogno che le prassi di questo progetto che stanno portando veramente tanti benefici diventino legge, per dare continuità giuridica, economica, sociale, culturale, psicologica al progetto di emancipazione dalle mafie che abbiamo proposto e che stiamo perseguendo.
  Chiaramente servono dei finanziamenti stabili. Al momento, ripeto, è soltanto la Conferenza episcopale italiana, quindi io dico uno Stato estero, perché il Vaticano è uno Stato estero, che sta finanziando il progetto, Serve più Stato. Adesso arriveranno dei fondi ministeriali, bene, ma occorre una continuità nel tempo. Al momento i comuni, soprattutto del Sud, hanno grandi difficoltà a sostenere ad esempio le rette comunitarie dei ragazzi. Per tenere un ragazzo magari anche con la mamma fuori dal suo contesto servono 100 euro al giorno a persona. Abbiamo dei comuni che sono in dissesto finanziario, come quello di Catania, con gravi grandi difficoltà a sostenere questo progetto che sta dando veramente dei risultati molto importanti. Non solo, le donne che vanno via – al momento grazie alla rete di Libera con i fondi della Conferenza stiamo cercando di aiutarle – hanno bisogno di avere una sorta di assegno di inclusione fino a quando non le accompagniamo per realizzare la loro autonomia esistenziale, economica, lavorativa. Quindi, ampliando il progetto, i numeri diventeranno molto più importanti. Credo che queste strategie possano diventare uno snodo fondamentale, perdonatemi l'enfasi, nella tutela dei minori e nella lotta ai sistemi di criminalità organizzata strutturati su base familiare o locale.Pag. 8
  Servono altresì dei finanziamenti anche per i percorsi di formazione professionale delle donne che vanno via, dei ragazzi che vogliono continuare a lavorare o a studiare, dobbiamo trovare dei fondi per le case. Questi ragazzi e queste mamme che vanno via hanno bisogno anche di un riferimento logistico. Poi credo che sia anche molto importante accompagnare, per l'aspetto strettamente operativo, anche un programma di formazione e informazione nelle scuole e nelle Università affidandolo non a progetti estemporanei, ma con indicazioni specifiche. La lotta alle mafie la facciamo dal punto di vista operativo, ma va fatta anche dal punto di vista culturale. Credo che sia anche molto importante ampliare l'offerta formativa nei territori, nelle scuole, nelle Università. Ad esempio l'Accademia crea le classi dirigenti: è bene che tutti siano sensibilizzati su questi temi. A scuola dobbiamo parlare di mafie non lasciando questi compiti agli insegnanti che non sempre hanno la formazione professionale, ma occorrono programmi e progetti ben strutturati. Dobbiamo demistificare il modello e il mito mafioso che affascina tanti ragazzi. In Calabria, in Sicilia, ma anche in Campania i ragazzi sono affascinati dal mito del boss. A Catania ad esempio i ragazzi hanno ancora, pensate, il mito di Nitto Santapaola, nel quartiere di San Cristoforo. È stato arrestato da trent'anni. Dico sempre: «Ragazzi lui è un signore ultraottantenne, morirà in carcere, gli hanno ucciso la moglie, non può abbracciare i suoi figli, avrà disponibilità economica ma certamente adesso non se la potrà godere. Morirà nell'oscurità, anche interiore, della sua cella. È una vita da imitare?». Dobbiamo cominciare a cambiare l'alfabeto nelle scuole e non solo. Dal punto di vista strettamente operativo il progetto vuole la presenza dello Stato importante, ma anche uno stretto collegamento con le realtà associative antimafia che possono muoversi in maniera più agile rispetto a quella che è a volte la Pag. 9lentezza dello Stato. Lo Stato deve esserci, deve avere la regia, ma serve una sinergia tra pubblico e privato sociale qualificato. Si tratta di un progetto di liberazione molto importante che ha avuto anche una dimensione mondiale. Abbiamo avuto interessamenti di tantissime Università del mondo: Harvard, il Trinity College di Dublino, il MEF di Istanbul. Se ne sono occupati i più importanti network internazionali, ci sono state inchieste di approfondimento molto interessanti della BBC, del New York Times, del New Yorker.
  Credo che sia un momento importante. La lotta alle mafie passa anche dalla prevenzione. Se, a distanza di un secolo, imperversano nel Mezzogiorno d'Italia, e non solo, le stesse organizzazioni criminali e questo nonostante lo Stato abbia affinato le sue armi, vuol dire che qualcosa è mancato, è mancato il livello di prevenzione. Bisogna aggredire questo fenomeno alla sua genesi e la genesi è la questione culturale e la questione minorile. Se andiamo ad analizzare la storia italiana degli ultimi 40-50 anni, tutti i grandi boss siciliani, calabresi, campani, in Sicilia Brusca, Provenzano, Riina, in Calabria De Stefano, Piromalli, Molé, in Campania Giugliano, sono stati ragazzi di un quartiere difficile, di un contesto familiare disagiato che, nella disattenzione delle istituzioni, hanno compiuto la loro ascesa criminale. Questi ragazzi, che prima ancora di essere boss erano ragazzi come tutti gli altri, hanno trovato nelle mafie un welfare, un appagamento identitario, condizioni di riscatto economico e sociale. Questo non dimentichiamocelo mai. Questo tema credo sia di fondamentale importanza e non sempre è stato all'attenzione del dibattito politico. Per questo sollecito qui la vostra attenzione.
  Strettamente collegato a questo è anche il tema della dispersione scolastica. Noi stiamo a Catania e assieme alla collega Santoro abbiamo ingaggiato una vera e propria battaglia contro Pag. 10questo fenomeno. Catania è la prima delle 14 città metropolitane per dispersione scolastica. Il 25,2 per cento di ragazzi tra i 6 e i 16 anni eludono l'obbligo scolastico formativo. Questo significa che ci sono migliaia e migliaia di ragazzi che non vanno a scuola e diventano preda, nella migliore delle ipotesi, del lavoro nero. Purtroppo in tante situazioni vengono utilizzati dalle organizzazioni criminali ad esempio come pusher. Lo vedete nelle piazze di spaccio a Catania, ma lo stesso discorso possiamo farlo per Palermo e Napoli, una parte della Calabria. I ragazzi vengono utilizzati senza scrupolo nelle piazze di spaccio come vedette o come pusher. Addirittura abbiamo bambini di 6-7 anni che vengono utilizzati come scudo per eludere le investigazioni delle autorità. Cioè padre e madre vanno a fare una transazione di droga, devono consegnare la droga o acquistarla, si portano il bambino sul passeggino per non destare sospetto o addirittura la droga viene nascosta addosso al bambino o nel passeggino. Sono realtà vere, crude, ma noi non possiamo girarci dall'altra parte. Tutto parte quindi anche dalla cultura e dalla scuola. Non andare a scuola per tanti ragazzi significa perdere non soltanto la nozione tecnica, ma la dimensione educativa e relazionale. La scuola è il primo luogo dove i ragazzi affrontano le responsabilità e si confrontano con l'esterno. Non andare a scuola significa impoverimento culturale di larghi strati della popolazione. A Catania abbiamo intere generazioni di persone che non sono andate a scuola. Il nonno non andava a scuola, il padre non va a scuola e il figlio non va a scuola. Quello che accade è davanti agli occhi di tutti, dalla devianza agli episodi di malcostume. Ecco perché servirebbe una legge-quadro su questi temi. Mi piacerebbe che si potesse intitolare «Liberi di scegliere» che preveda tutta una serie di interventi mirati. Abbiamo fatto già un'esperienza. Questa esperienza del Protocollo «Liberi di scegliere» potrebbe Pag. 11essere mutuata in un articolato normativo che dovrebbe comunque contenere anche aspetti più ampi. Sulla dispersione scolastica la legge Caivano ha già fatto molto. Bisogna migliorare ancora alcuni aspetti, bisogna migliorare l'offerta formativa nelle scuole. Penso al tempo pieno, che è importante le scuole. Dovrebbero diventare degli hub della legalità, dei centri di aggregazione culturale. Serve razionalizzare anche l'intervento delle realtà associative che sono molto importanti.
  A Catania abbiamo fatto anche un'esperienza molto bella che potrebbe benissimo essere mutuata anche in altri territori. Abbiamo creato con il prefetto un Osservatorio prefettizio sulla condizione minorile nella Città metropolitana, Osservatorio che raccoglie tutte le forze, le istituzioni e realtà associative importanti della città. Chiaramente ci siamo noi uffici giudiziari minorili, c'è la direzione distrettuale antimafia, l'Università, l'ASP, la Città metropolitana, le realtà del Terzo settore, tutte le forze dell'ordine. Abbiamo iniziato a mappare i territori, con l'aiuto dell'Università, analizzare quelli che sono i punti di criticità e i punti di forza, e stiamo aiutando anche i comuni dell'area, grazie ai tecnici dell'Università, a progettare per attingere bene ai fondi del PNRR. Stiamo avendo dei risultati veramente molto interessanti. Il prefetto addirittura, nell'ambito dell'Osservatorio, ha creato tre tavoli. Uno si occupa di rigenerazione urbana a fini sociali, l'altro di dispersione scolastica, l'altro ancora di devianza minorile. Stiamo attuando tutta una serie di interventi con protocolli, ma anche con strategie di lunga durata. Stiamo aiutando soprattutto le amministrazioni comunali a spendere bene, sensibilizzando tutti sulle tematiche importanti. Bisogna riconquistare culturalmente determinati territori. Credo che sia inaccettabile che oggi ci siano interi quartieri di città italiane che sono fuori controllo, dove non si riesce a evitare che si svolgano le più svariate Pag. 12attività illegali, dalla minuta alla più grave, con il coinvolgimento di minorenni. Dobbiamo riconquistarle culturalmente. Magari la legge che partirà, io mi auguro da questa Commissione, potrà avere uno sguardo importante anche su questo. Per esempio l'esperienza dell'Osservatorio prefettizio catanese potrebbe benissimo essere replicato. La legge Caivano prevede un Osservatorio nazionale sulle periferie, molto bene, però credo che servirebbero articolazioni territoriali. L'esperienza catanese – vi invito anche ad ascoltare il prefetto di Catania – sta dando risultati molto importanti.
  Tornando ai finanziamenti, essi servono se vogliamo programmare e progettare bene, affinare, come si suol dire, le armi. Ho avuto nei giorni scorsi la possibilità di incontrare il dottor Onelli, direttore generale del ministero del lavoro e delle politiche sociali. Mi ha detto che il suo ministero può trovare fondi importanti per questo progetto. Non lo firmerà oggi, ma lo firmerà con un addendum nelle prossime settimane, però ai fini dell'individuazione dei finanziamenti potrebbe essere molto interessante anche sentire il direttore generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Un ultimo aspetto riguarda il rapporto con le regioni. Credo che le regioni siano molto importanti. Devono aiutare gli enti locali nella programmazione, ma anche sostenerli da un punto di vista economico. Le eventuali fonti di finanziamento al progetto potrebbero quindi arrivare dalla legge nazionale, ma anche dal coinvolgimento delle regioni, quantomeno quelle del Mezzogiorno d'Italia che sono più coinvolte in questi fenomeni deteriori.
  Mi fermerei qui. Sono disponibile a rispondere a eventuali domande.

  PRESIDENTE. La dottoressa Santocono intende aggiungere qualcosa?

Pag. 13

  CARLA SANTOCONO, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Catania. Intanto grazie. Certamente il collega ha già rappresentato tutti gli aspetti di questa vicenda. Faccio il procuratore per i minorenni. L'analisi delle dinamiche della criminalità organizzata ci restituisce in maniera chiara ed evidente che le dinamiche sono assolutamente intrise di vincoli familiari e di tradizioni che si reiterano di generazione in generazione. L'esperienza delle aule giudiziarie ha già restituito questa situazione. A fronte dell'analisi di questo dato investigativo, non avevamo altra scelta. Da un lato, un imperativo giuridico, quindi un insieme di norme costituzionali e ordinamentali e dall'altro una questione morale ma anche sociale. Questi figli coinvolti in dinamiche familiari assolutamente improntate alla violenza, all'omertà, all'assoluto senso di distanza dalle istituzioni, all'utilizzo delle attività criminali come unica forma di sostentamento per generazioni delle famiglie di riferimento, non può che impattare non solo sulla individualità personale del singolo ma anche sulla società. Non è un caso che queste dinamiche di criminalità organizzata insistano in città e in realtà diffuse su tutta la penisola però fortemente compromesse anche da altre emergenze sociali che sono inevitabilmente connesse. Non solo la dispersione scolastica, ma l'uso assolutamente precoce delle sostanze stupefacenti che abbiamo riscontrato in questi adolescenti, inevitabilmente coinvolti nelle dinamiche criminali dei genitori e dei gruppi familiari di riferimento e quindi vicini al confezionamento della sostanza, all'accompagnare i genitori e i familiari o anche all'assistere nella loro assoluta quotidianità agli affari illeciti delle associazioni criminali. Questi sono elementi sociali che impattano su tutti i contesti. L'assenza dalle scuole, l'utilizzo di sostanze stupefacenti, l'uso della violenza assorbito dalle dinamiche familiari non può che riversarsi anche nel vivere quotidiano dei Pag. 14cittadini, soprattutto in quelle grandi città che sono così fortemente compromesse dalla presenza di organizzazioni criminali. Non solo quindi c'è l'esigenza di affermare la presenza dello Stato, l'esigenza di affermare i principi giuridici che sono il nostro punto di riferimento, l'utilizzare il principio della famiglia mafiosa come famiglia diseducativa, violenta e quindi maltrattante nei confronti dei loro figli, ma anche tutelare la libertà e la dignità del singolo e quindi affermare con forza il principio di uguaglianza. Quando sento, durante le investigazioni, il boss mafioso che, durante uno scambio di partita di cocaina con un altro boss, si vanta delle velleità in pectore del proprio figlio dicendo che lui da grande farà il killer, non solo voglio intervenire giuridicamente, ma voglio intervenire anche per affermare la presenza dello Stato per quel bambino che certamente lui il killer da solo non l'avrebbe voluto fare, se non condizionato in maniera costante, quotidiana, massiccia da tutti questi messaggi provenienti da quel contesto familiare, un contesto familiare allargato perché le indagini ci restituiscono famiglie che si intrecciano tra di loro di generazione in generazione. A Catania durante gli ultimissimi procedimenti, ma è comunque un effetto ricorrente, arrivo a intervenire su tre generazioni. Quando, chiedendo al Tribunale, devo mettere in protezione dei bambini che magari sono portati dai genitori per consegnare cocaina quando sono con la figlia femmina, crack quando sono con il figlio maschio, sono bambini piccoli, i genitori hanno l'età di mia figlia, magari nati nel 2001, i nonni sono più giovani di me e quindi si arriva anche ai bisnonni. Sono tutti operativi, tutti ancora sul territorio e quindi sono contesti familiari molto allargati, dove anche le figlie femmine – sembrano discorsi arcaici ma è ancora così – sono anello di congiunzione con famiglie mafiose contigue, mantenendo così sempre fermi i legami familiari tra la criminalità organizzata.Pag. 15
  Noi interveniamo, senza alcun timore, con assoluta fermezza, perché rispondiamo a una esigenza giuridica – in quanto magistrati e giuristi – ma anche morale. Su questo penso che possiamo essere tutti d'accordo, perché davanti a certe violenze, anche se con queste modalità ancora più subdole, non si può non intervenire, anzi forse si interviene con più determinazione. Abbiamo però anche l'esigenza di riempire di contenuti questi provvedimenti e qua ci scontriamo con un'assenza di una normativa che organizzi in concreto questo tipo di interventi perché, al momento, siamo collegati a quelle realtà sulle quali stesse dobbiamo intervenire. Questi provvedimenti sono demandati nell'operatività ai comuni, quindi comprenderete che un comune fortemente condizionato da una presenza mafiosa, deprivato di risorse, deprivato anche di strutture, fatica molto a sostenere l'impegno di eseguire questi provvedimenti. Cerchiamo di coinvolgere le forze dell'ordine, ma esse non sono deputate a eseguire questi provvedimenti civili, ma senza le forze dell'ordine non potrebbero essere eseguite. È vero che forse avremo una restituzione futura, ma quello che ci torna dai campi operativi delle forze dell'ordine che intervengono e che poi realizzano l'esecuzione di questi provvedimenti, è che, quando alle famiglie mafiose – questa ormai è una priorità acquisita – si levano i patrimoni si incide nel cuore della mafia e della criminalità organizzata, quando si toccano i figli l'effetto è assolutamente di implosione. Si può levare il patrimonio, si può levare la ricchezza ed è già un colpo ben assestato, ma quando si levano i figli vi assicuro che si incide nel cuore delle dinamiche umane che esistono anche all'interno della criminalità organizzata. Questa è una esigenza ed è anche un tentativo di verificare cosa possa succedere all'interno di queste strutture criminali così forti e i risultati finora ci sono, perché, io dico, all'inizio volenti o nolenti, si mettono in moto Pag. 16dinamiche di resipiscenza e di riflessione. Prima si interviene sui figli, meglio è.

  PRESIDENTE. Grazie. Solo perché tutti lo abbiano chiaro quando la dottoressa parla di bambini parla anche di bambini di 8-9 anni. Questo per inquadrare la reale portata del tema. Non abbiamo moltissimo tempo perché, come detto, la firma del protocollo è ovviamente prioritaria. Se c'è qualche intervento chiuderei però la seduta entro le 14.35, in modo che tutti ce la possiamo fare. Sono iscritti a parlare i senatori Russo, Della Porta e Rando.

  RAOUL RUSSO. Mi interessava molto questo aspetto dell'Osservatorio prefettizio, anche perché in un'altra vita mi sono occupato di infanzia e adolescenza come assessore alle attività sociali a Palermo. In questo tipo di esperienza la vecchia normativa sull'infanzia e adolescenza, la legge n. 285 per intenderci, che prevedeva le Città metropolitane riservatarie della creazione di appositi tavoli tecnici con il settore privato e anche con le procure dei minorenni e quant'altro, è ancora funzionante, forse dovremmo andare anche a incidere e migliorare quella normativa?

  ROBERTO DI BELLA, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. La legge n. 285 finanzia molti degli interventi che fa il comune di Catania assieme all'ASP. Sarebbe importante fare una ricognizione e avere una legge-quadro sul tema che disciplini tutti gli aspetti, richiamando anche leggi come la 285 già esistenti. L'Osservatorio prefettizio potrebbe essere un'introduzione a costo zero, perché è a costo zero, ma che sta portando veramente importanti benefici. Mi ero dimenticato di dire che, sempre nell'ambito delle attività dell'Osservatorio, di concerto con l'ASP, abbiamo istituito delle équipe multidisciplinariPag. 17 integrate. Sono dei professionisti dell'ASP e del servizio sociale, che formano équipe multidisciplinari che lavorano al servizio dei tribunali minorili e ordinari. Questa è un'iniziativa nata proprio nell'ambito dell'Osservatorio dal dialogo che abbiamo con i comuni e con le ASP e sta portando benefici enormi perché i servizi pubblici si muovono come se fossero dei consulenti dei tribunali, consulenti nella fase preparatoria e informativa, ma anche nella fase esecutiva. Abbiamo realizzato in questo modo l'integrazione sociosanitaria, ma abbiamo creato delle strutture dove ci sono più professionisti che hanno quindi una pluralità di sguardi specializzati sulle famiglie con una condivisione di responsabilità senza esposizione del singolo e questo sta portando benefici enormi. Comprendo che la Sanità per certi aspetti è di competenza delle regioni, però avere anche un indirizzo dal legislatore nazionale potrebbe essere molto importante. Tutto parte però dalle attività dell'Osservatorio prefettizio che è un laboratorio di idee, di confronti, di momenti molto importanti. Ripeto, bastano quattro righe di una norma ed è a costo zero.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Prego, senatore Della Porta.

  COSTANZO DELLA PORTA. Grazie presidente e grazie ai nostri qualificatissimi interlocutori. Ritengo personalmente che la parola magica sia «prevenzione». L'avete ripetuta più volte anche voi e la prevenzione serve a fare in modo che i ragazzi non arrivino al vostro cospetto, perché poi, quando arrivano al vostro cospetto, che sia nella fase delle indagini o nella fase del giudizio, comunque poi bisogna solo limitare il danno. Lei, presidente, ha usato una frase molto bella: demistificare il modello mafioso, e questo è un fatto culturale.
  Sono fortunato perché vengo da una regione nella quale il Tribunale per i minorenni si occupa di tutt'altro verso i ragazzi, Pag. 18hanno anche poche cause. Mi rendo conto che da padre di due figlie, sentire quello che ci avete raccontato sull'utilizzo dei minori addirittura per le transazioni di stupefacenti fa rabbrividire. Volevo capire, rispetto anche alla vostra azione di collaborazione con l'associazionismo per evitare la prosecuzione di certe attività, se invece avete contratto delle collaborazioni con i provveditori scolastici per portare nelle scuole la vostra esperienza e far capire ai bambini che da quell'età, al netto delle dispersioni scolastiche, si può poi crescere uomini o donne più maturi e con sani principi. Grazie.

  ROBERTO DI BELLA, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. Sì, certamente, e le dico anche che la regione Calabria ha approvato una legge che prevede proprio lo studio in tutte le scuole di ogni ordine e grado calabresi del progetto «Liberi di scegliere», facendo leva sul film, una bella fiction della RAI e, bontà loro, anche sul mio libro omonimo. Stiamo toccando le corde emotive di tantissimi adolescenti in Calabria, ma lo stesso progetto lo abbiamo anche a Catania, lo stiamo seguendo anche con l'associazione Libera in tante parti d'Italia. Va strutturato bene. Anche qui una normativa nazionale può dare un impulso ben preciso. Dobbiamo andare a parlare ai ragazzi nelle scuole con progetti semplici, ma dobbiamo demistificare, appunto è questo il termine giusto, il modello mafioso. Magari farsi aiutare anche dalla RAI, dal servizio pubblico. Sarebbe importante che film come «Liberi di scegliere» avessero un seguito. Non so se l'avete visto, è un film scritto da Monica Zapelli cui ho dato un contributo chiaramente gratuito, scritto sulla nostra esperienza, sulla base di quello che vediamo e di quello che accade realmente in queste famiglie. Ci sono pochi miti, sì il boss sarà importante, ma poi finisce in carcere o comunque è costretto a nascondersi, a non poter abbracciare i suoi figli. Bisogna far capire la sofferenza che questo tipo di Pag. 19vita provoca. Quello che dico ai ragazzi è che può andare bene una, due, tre volte, è un delirio di onnipotenza, ma poi con i sistemi investigativi che ci sono non se ne esce, si finisce in carcere – e lo dimostrano le storie di tutti i grandi boss italiani talvolta anche ammazzati. E noi di ragazzini che hanno fatto una brutta fine purtroppo ne abbiamo visti tanti. Una legge nazionale quadro che dia indicazioni ben precise – per questo parlo anche dell'aspetto informativo, scolastico, universitario, preventivo – è molto importante e l'obiettivo è proprio questo: demitizzare, demistificare, far vedere che cosa significhi criminalità organizzata. Significa sofferenza per le vittime, ma anche per chi agisce in quei contesti.

  PRESIDENTE. Grazie mille. La parola alla senatrice Rando.

  VINCENZA RANDO. Grazie presidente e grazie al presidente Di Bella e alla procuratrice Santocono. Si tratta di un tema importante. Anche i colleghi lo hanno detto, qui siamo nella fase della prevenzione. Prendiamo i minori prima che arrivino al processo penale. Ci ha parlato di tante cose: l'Osservatorio, il rapporto con le regioni. Abbiamo voluto svolgere con la presidente questa audizione in plenaria e non nel Comitato che si occuperà di questi argomenti. Mi piacerebbe se potesse sottolineare il ruolo delle donne, delle mamme. Le mamme che istruiscono i figli a continuare questa subcultura mafiosa. A un certo punto, c'è una rottura che chiamiamo una collaborazione culturale: non sono collaboratrici, non sono testimoni. Ha ricordato che c'è una legge sui collaboratori e sui testimoni di giustizia e queste non sono niente, sono in un limbo, ma ci sono delle problematiche. Per esempio come vede la possibilità di estendere loro il cambio di identità o il nome di copertura o l'esperienza di queste donne che spesso vanno poi in carcere perché hanno commesso reati e in quale carcere? Pag. 20Nella cornice della legge quadro bisogna ragionare sui minori sotto un profilo preventivo, sui servizi, sul ruolo dell'associazionismo che accompagna alla cultura della legalità, ma c'è anche questo altro ruolo delle donne. C'è la mancanza di una cornice legislativa su questo punto. Si potrebbe fare immediatamente? Cosa ne pensate?

  ROBERTO DI BELLA, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. Sì le donne, le mamme sono uno snodo fondamentale. L'amore per i figli apre veramente varchi enormi, l'ha detto anche la collega. Tante donne stanno varcando il Rubicone proprio per l'amore dei loro figli. Sarà coperto magari dalle incrostazioni mafiose, ma poi, scava scava, emerge. Emerge quando a un certo punto chiedono aiuto. Al momento ci siamo avvalsi della rete di Libera e dei fondi della Conferenza episcopale italiana. Queste donne richiedono un accompagnamento totale, vanno via da quei contesti e spesso non possono più tornare perché per la famiglia mafiosa una donna che va via e si porta i figli, dà un colpo alla credibilità di queste organizzazioni che sulla famiglia fondano un mito molto importante. Quindi le famiglie di origine tagliano i viveri, spesso i contatti si troncano definitivamente, e quindi il ruolo dell'associazione è molto importante. Libera ha accompagnato questi nuclei familiari fino al raggiungimento di una autonomia esistenziale, trovando la casa, trovando il lavoro, sostenendole economicamente e psicologicamente in tutto questo percorso. Sempre per demistificare il modello mafioso ci sono donne e ragazzine che hanno subito violenze sessuali dai loro stessi familiari e in quei casi queste ragazze non parlano per paura che possa scoppiare una faida all'interno della famiglia. Abbiamo aiutato queste ragazze con psicoterapeuti privati, pagati dall'Associazione Libera con i soldi della CEI. Queste Pag. 21donne hanno bisogno di un accompagnamento importante, logistico – dobbiamo trovare una casa – ed economico. Servirebbe un assegno di inclusione o qualcosa che consenta loro di sopravvivere fino a quando non riescono a trovare una loro autonomia. Devono essere formate professionalmente perché spesso le famiglie di origine le tengono nell'ignoranza assoluta. Abbiamo avuto signore che abitavano lontano da Catania: per poterle fare lavorare hanno dovuto fare prima un corso di alfabetizzazione, sono dovute andare a scuola. Serve tutto questo, ma le madri sono uno snodo fondamentale.
  Non possiamo lasciare tutto a Libera. Libera è importante, spero che continui a esserci. Ci sarà nel Protocollo, magari anche in un progetto di legge, perché l'aggancio con le realtà associative è importante, ma serve anche un impianto normativo certo che dia anche un sostegno economico alle donne che hanno fatto questa scelta. Sono già tante. Ce ne sono altre che aspettano una legge. Occorre anche una promozione della legge perché far sapere nei territori che c'è uno Stato pronto a tendere la mano può avere effetti dirompenti. Vi dico che noi con prassi poco più che artigianali abbiamo avuto risultati enormi, figuriamoci se normiamo questo sistema e lo accompagniamo con adeguata promozione sui territori. Penso che i risultati potrebbero essere veramente inimmaginabili.

  PRESIDENTE. Grazie. Non vedo altri iscritti a parlare, siamo stati perfettamente nei tempi. Mi permetterete un inusuale appello all'unità su questo tema, non soltanto perché credo che abbiamo toccato tutti con mano la delicatezza di quello che ci è stato raccontato, ma perché credo che sarebbe un bellissimo segnale da qui alla pausa estiva arrivare con un fatto e non con una promessa. Per cui lo dico a tutti i Pag. 22membri presenti e a quelli collegati, lo dico in special modo al Comitato coordinato dalla senatrice Rando. Mi aspetto che la prossima volta che loro verranno qui avranno di fronte una legge che possa sostenere questo lavoro e possa permettere anche alle nostre coscienze di sentirsi un po' meno colpevoli. Grazie a tutti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.