XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie

Resoconto stenografico



Seduta n. 20 di Lunedì 25 marzo 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione dei consulenti della Commissione:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 3 
Andreuzza Giorgia (LEGA)  ... 5 
Morassut Roberto (PD-IDP)  ... 7 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 7 
Ruffino Daniela (AZ-PER-RE)  ... 7 
De Maria Andrea (PD-IDP)  ... 8 
De Palma Vito (FI-PPE)  ... 9 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 10 
Della Porta Domenico  ... 10 
Dongarrà Andrea  ... 14 
Balducci Armando  ... 16 
Picco Nicola  ... 17 
Ricci Laura  ... 19 
Ombuen Simone  ... 24 
Saladini Giuseppe  ... 30 
Derinaldis Antonio Rosario  ... 33 
De Nardis Adriano  ... 35 
Merlino Emanuele  ... 39 
Cadeddu Maria Eugenia  ... 42 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 45

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BATTILOCCHIO

  La seduta inizia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione dei consulenti della Commissione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei consulenti della Commissione.
  Buonasera ai colleghi in presenza e ai colleghi da remoto. Buonasera a tutti voi che siete i nostri consulenti in questa avventura della Commissione di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e di degrado delle città e delle loro periferie.
  Come Ufficio di Presidenza ci tenevamo a fare il punto con voi dopo questi primi mesi di attività, anche per pianificare insieme le prossime attività.
  In questi mesi, grazie a una straordinaria collaborazione di tutti i gruppi politici, abbiamo iniziato questo percorso. Nella cartellina avete una breve sintesi delle attività che abbiamo portato avanti in questi primi mesi; una serie di audizioni importanti che hanno visto la presenza in Commissione di molti Ministri, dei rappresentanti del Governo, ma anche di soggetti esterni, dall'ISTAT al CNEL, a Save the Children, a UNICEF.
  Alcuni di voi sono già venuti in audizione e hanno iniziato a dare un contributo. Però, accanto a questo lavoro di analisi e di approfondimento, siamo stati anche sul campo in molte iniziative esterne, che ci hanno visto a Roma in varie occasioni, Pag. 4a Tor Bella Monaca, a Primavalle. Siamo stati al Quadraro, Romanina, Tor Marancia. Fuori dalla capitale siamo già stati a Napoli e Caivano, siamo stati a Bari, a Catania e tra qualche giorno saremo a Genova, portando avanti un'azione che, come diciamo spesso, ha un triplice schema.
  Da un lato, c'è la necessaria attività di analisi e di approfondimento, anche rispetto al lavoro della precedente Commissione, che è stato un lavoro molto ben fatto, per aggiornare alcuni dati, vedere le situazioni che si sono modificate. Quindi, da un lato un lavoro di analisi e di approfondimento e dall'altro, essendo ancora nella prima fase della legislatura, l'obiettivo che ci poniamo, e sul quale chiediamo ovviamente anche il vostro supporto, è quello di avviare una fase di proposta, con delle proposte concrete che possono partire anche dall'azione propulsiva di questa Commissione, che lavora sui temi in maniera molto sinergica.
  Terzo aspetto, altrettanto importante, è quello della presenza sui territori. Su questo abbiamo in questi mesi cercando di rispondere alle tante sollecitazioni che ci sono giunte, ben sapendo quali sono i poteri di una Commissione parlamentare d'inchiesta. Non abbiamo nessuna bacchetta magica, però al tempo stesso abbiamo consapevolezza delle tante, tantissime aspettative che si sono create su questo tema che è oggettivamente arrivato al centro dell'agenda politica del Paese, non solo a livello centrale, ma anche a livello periferico in questi mesi. Lo potranno confermare i colleghi. Siamo stati in tante città, abbiamo trovato avviate delle progettualità di grande qualità e di grande impatto.
  Adesso inizia una fase ulteriore, in cui dovremo iniziare a elaborare dei documenti da condividere anche con il Parlamento. La riunione di oggi è un passo intermedio, innanzitutto – poi lo faranno anche i colleghi – per ringraziare tutti voi, Pag. 5perché state dando una mano, avete dato la vostra disponibilità e noi vi vogliamo sempre più coinvolti nella attività che stiamo portando avanti come squadra; inoltre, per presentarvi, perché questa deve essere per noi, ma credo anche per voi, un'occasione di rete, di network, di scambio.
  Questo momento cercheremo di replicarlo anche in occasioni future, quando andremo ad analizzare alcune idee e alcune attività da fare congiuntamente. Vi chiederemo una sempre maggiore interazione e collaborazione, assieme agli uffici della Camera. Potremmo studiare, come era stato fatto con la Commissione precedente, anche la suddivisione per aree tematiche dei nostri consulenti, per fare in modo che si arrivi dritti all'obiettivo. Questo è un po' il senso della riunione odierna, che comunque è una seduta che viene registrata e che entra a tutti gli effetti nell'attività parlamentare d'inchiesta, che, ripeto, con le maniche rimboccate stiamo tentando di portare avanti al meglio, perché sentiamo le tantissime aspettative che ci sono rispetto ai risultati che, anche grazie al vostro aiuto, riusciremo a produrre.
  Passo la parola ai colleghi che si sono prenotati.

  GIORGIA ANDREUZZA. Buongiorno a tutti. Grazie per essere qui, soprattutto in presenza, nel senso che penso sia un momento importante per noi, ma in particolar modo anche per voi, perché, come diceva il presidente, ci aspetta un lavoro di condivisione, di scambio. Ovviamente, noi parlamentari che abbiamo scelto questa Commissione l'abbiamo fatto consapevoli che si tratta di un tema molto complesso, e lo dimostrano anche le varie figure che voi rappresentate, le varie competenze. Le sfaccettature sono tantissime. È un problema ovviamente che ci si trascina dietro nel tempo, perché i tempi cambiano e si sommano circostanze e situazioni diverse.Pag. 6
  Le aspettative sono effettivamente tante da parte dei territori. Però, c'è anche – credo che il presidente condivida – il desiderio di questa sfida di portare a casa anche dei risultati tangibili.
  La parte di approfondimento e analisi è fondamentale. Abbiamo ascoltato alcuni interventi vostri importanti, ma anche la parte che riguarda i ministeri.
  L'invito che faccio a voi è di fare quegli approfondimenti che la Commissione mette a disposizione per sapere cosa sta succedendo in tempo reale in questo momento, perché, ovviamente, tutti i provvedimenti in corso, dal sociale all'edilizia, alla sicurezza, ci stiamo accorgendo che poi hanno delle ricadute e sono degli strumenti che possiamo utilizzare, a volte anche migliorare. Si sa che quando si fanno le leggi non sempre escono perfette, ma è proprio nel corso della storia che si capisce cosa si può fare in più.
  Pertanto, su questo ci potete dare davvero un importantissimo aiuto. Mi farebbe piacere avere questa interazione, perché la materia non può essere trattata per comparti stagni. In ogni posto che abbiamo visitato, dove abbiamo fatto degli incontri, siamo riusciti a captare e a elaborare delle informazioni, e penso che in alcune occasioni sia possibile anche la vostra partecipazione, anzi, io la riterrei molto utile, proprio perché più alta è la competenza, più le risposte che diamo possono essere efficaci.
  Io sono a disposizione. Sono convinta che faremo un buon lavoro e vi ringrazio in anticipo. Cercheremo di intravedere presto una soddisfazione per tutti, oltre che per i territori anche nostra. C'è bisogno sia da parte della politica, ma anche da parte di chi come voi può dare degli strumenti importanti, di sapere che possiamo essere utili al nostro Paese.
  Grazie.

Pag. 7

  ROBERTO MORASSUT. Volevo dare soltanto un piccolo suggerimento, se può essere utile, quello di ragionare insieme ovviamente con i consulenti, per dare un apporto scientifico, che è importante. Questa Commissione ha a disposizione un coordinamento, un lavoro di insieme anche più sistemico. Mi riferisco alla possibilità di valutare all'interno della Commissione la individuazione di uno o due relatori che lavorino insieme, ovviamente, con carattere di collaborazione politica tra maggioranza e opposizione, che possano essere coloro che all'interno della Commissione, insieme al presidente, coordinando questo gruppo di consulenti, possano, step by step, costruire la griglia di quella che poi dovrebbe essere, a fine lavori, la nostra relazione finale.
  Questa, essendo una Commissione d'inchiesta e di indagine, deve necessariamente concludersi con un prodotto da offrire al Parlamento sul lavoro svolto. Penso che possa essere utile ragionare su questa possibilità di individuare delle figure all'interno della Commissione, come figure di relatori della relazione finale, che possono poi progressivamente aggiornare la Commissione su come procede questo lavoro di relazione e anche istruire con i consulenti, volta per volta, un lavoro di scambio di vedute, di punti di vista anche rispetto alle missioni che noi svolgiamo periodicamente.

  PRESIDENTE. Mi sembra uno spunto assolutamente condivisibile. Rispetto alla volta scorsa, probabilmente faremo anche delle relazioni intermedie prima della relazione finale, perché siamo partiti, da un punto di vista temporale, prima.

  DANIELA RUFFINO. Buongiorno ai colleghi e ai consulenti. Penso che questo sia un nuovo momento di svolta per la nostra Commissione. C'è molto entusiasmo, c'è molta concretezza e voglia di fare per arrivare a dei risultati.Pag. 8
  Per me, l'obiettivo ultimo è quello di migliorare la qualità della vita dei nostri concittadini. In particolare, ho a cuore il tema dei minori. È stato utile in questo tempo partecipare alle missioni, ma anche ascoltare il Governo e i ministri che hanno partecipato.
  Desidero soltanto riportare un pensiero, che in un certo senso mi guida. Si parla di periferie e si parla di periferie delle grandi città, ma c'è anche la periferia dei piccoli borghi, quella legata alla desertificazione dei territori, quella che è priva di scuola, di trasporto, di povertà, che sta comunque vivendo momenti difficili. Questo è il compito che abbiamo scelto e sul quale lavorare. L'unità d'intenti sono certa che darà grandi risultati. Lo dico con ottimismo, che è quello che mi guida in questa esperienza e che sono certa ci accomunerà.
  Grazie, presidente.

  ANDREA DE MARIA. Mi ritrovo nelle considerazioni che hanno fatto il presidente e anche i colleghi che sono intervenuti dopo di lui. Mi permetto qui di fare tre considerazioni sul lavoro che possono fare i consulenti, che si possono incrociare con il nostro impegno di commissari.
  Il primo punto lo accennava già Roberto Morassut. È chiaro che uno dei nostri compiti, anzi il nostro primo compito è la stesura della relazione finale. Se su questo si inizia a impostare un lavoro, secondo me, effettivamente può essere utile, soprattutto se pensiamo anche a passaggi e relazioni intermedie che ricordava il presidente. Io ero anche nella Commissione della XVII legislatura. Quella volta c'era un relatore che si occupava dell'insieme della relazione. Poi si erano individuati anche alcuni parlamentari che coprivano temi specifici: la sicurezza, l'urbanistica.
  Forse si potrebbe fare anche questo ragionamento. Se coinvolgiamo i nostri consulenti sulle loro particolari competenze su Pag. 9temi specifici si potrebbe anche legare questo lavoro a un'organizzazione del lavoro della Commissione.
  In secondo luogo ci siamo detti tante volte, ed è una idea a cui tengo molto, che la Commissione è anche un'occasione per condividere proposte tra forze politiche di maggioranza e di opposizione e costruire già una condivisione larga che poi si può ritrovare in Parlamento.
  Intanto penso alla votazione di una relazione unica, che unisca tutta la Commissione, ma anche la possibile presentazione di proposte di legge già ora che nascono dal lavoro della Commissione. Già ce n'è una in campo, ma questo è un altro punto su cui, anche con i consulenti, potremmo trovare dei punti di coordinamento e di lavoro comune.
  Infine, penso che i consulenti ci possano anche suggerire loro audizioni da fare o missioni da compiere. Noi stiamo audendo tutti i ministri, stiamo facendo missioni in tutte le città metropolitane, stiamo audendo una serie di interlocutori come ANCI, UPI, ALI, ISTAT. Abbiamo un elenco ampio di audizioni che credo vi sia stato anche consegnato oggi.
  Penso che voi ci potreste suggerire anche ulteriori soggetti da audire o missioni da compiere nell'ambito dei temi che è chiamata ad affrontare la Commissione.
  Grazie.

  VITO DE PALMA. Buon pomeriggio a tutti. Saluto i colleghi e saluto in particolar modo i consulenti oggi presenti.
  Condivido quanto è stato già riportato, quindi voglio evitare di ripetermi, sarebbe ridondante. Credo fortemente in un approccio dell'attività dei collaboratori suddivisa in team. Il discorso dei gruppi di lavoro può essere utile magari se noi in principio riuscissimo già a inquadrare quattro o cinque temi su cui i collaboratori possono essere distribuiti. Questa organizzazione in team potrebbe essere molto utile per sviluppare Pag. 10meglio l'attività che noi andiamo a realizzare, sia in termini di analisi, ma anche in termini di proposta, ovviamente, perché potrebbe aiutarci, anche nelle prossime missioni, ad approfondire meglio alcuni temi, alcune questioni fuori dallo standard a cui noi siamo abituati, che si sommano allo standard a cui siamo abituati: questore, prefetto, sindaco della città, presidente dell'Istituto case popolari e così via.
  Condivido pienamente quanto detto dal collega De Maria. La funzione di questa Commissione è quella di tirar fuori una relazione, però male non farebbe se oltre alla relazione riuscissimo a elaborare una proposta di legge che venga fuori dall'analisi dei territori. Spesso magari queste proposte di legge sono finalizzate agli interessi della parte politica cui ognuno di noi appartiene. Però, una proposta di legge unitaria, così «ecumenica», di tutta la Commissione avrebbe la possibilità di raggiungere meglio l'obiettivo che ognuno di noi si pone, che è quello del benessere dei cittadini.
  In questa maniera questa Commissione avrebbe la possibilità di essere molto operativa. Si potrebbe passare dal pensiero all'azione in maniera automatica, con una trasformazione in proposta di legge. Non aggiungo altro. Buon lavoro a tutti.
  Sono a disposizione anche per interfacciarmi con coloro i quali volessero approfondire alcuni aspetti. Io ci sono. Grazie.

  PRESIDENTE. Se altri colleghi volessero intervenire, possono segnalarmelo anche successivamente.
  Passerei alla presentazione e al contributo da parte dei nostri consulenti. In maniera libera vi presentate e date un piccolo inquadramento della vostra provenienza anche professionale. Poi magari avremo modo di interagire.
  Vi chiedo di rimanere nei cinque o sei minuti.

  DOMENICO DELLA PORTA. Buonasera a tutti.Pag. 11
  Chi vi parla è un docente associato di Igiene generale speciale e di Medicina del lavoro all'Università degli Studi di Salerno e si è interessato da sempre, da oltre quarant'anni, di sanità pubblica.
  «Sanità pubblica» significa quella vera, quella che veniva fatta dai medici provinciali, dagli ufficiali sanitari che oggi si chiamano Dipartimenti di prevenzione. In Italia ce ne sono 139. In ogni ASL c'è un Dipartimento di prevenzione.
  Ho fatto questa precisazione perché la sanità pubblica – vale la pena sottolinearlo – è coinvolta, soprattutto in questo discorso che pone la periferia al centro, sotto tutte le sue sfaccettature, quando, ovviamente, deve migliorare la vita.
  La sanità pubblica si occupa di mantenimento dello stato di salute e non di curare le malattie. Nel momento in cui cura la malattia significa che la sanità pubblica non ha funzionato. Ci sono carenze di organico, di organizzazione e così via.
  Nel discorso degli obiettivi fissati dalla legge istitutiva della Commissione in cui noi stiamo operando c'è uno dei primi punti, ovvero il miglioramento della vita, l'incoraggiamento allo sviluppo di azioni immateriali, la garanzia di partecipazione dei cittadini alla vita economica e sociale. Per raggiungere questi obiettivi la sanità pubblica può intervenire oggi, come interveniva nel lontano 1934, o quando fu istituita, con regio decreto del 1865, aiutando i comuni a fare i piani che a quel tempo si chiamavano Piani comunali di programmazione, Piani urbanistici, regolamenti edilizi comunali. Oggi questo non avviene più, eppure ci stanno dei riferimenti di norma che richiedono la partecipazione nella pianificazione urbanistica della sanità pubblica, di queste figure che sono specializzate a leggere il territorio e a salvaguardare la salute della popolazione.
  Quali sono questi riferimenti legislativi? Esistono già, quindi non c'è bisogno di fare altre leggi. Innanzitutto abbiamo i LEA. Pag. 12Nei LEA, che sono stati rimodulati nel 2017, esiste un settore che si chiama «prevenzione collettiva» in cui si prevedono gli interventi, i coinvolgimenti di questi soggetti che stanno nei Dipartimenti di prevenzione nella riformulazione dei Piani urbanistici, dei regolamenti comunali d'igiene, mai soppressi. Esistono dal 1934. Sono stati istituiti e non sono stati mai cancellati. Quanti comuni hanno il regolamento di igiene aggiornato? Secondo uno studio che ha fatto uno dei miei maestri, il professore Carreri, poco meno del 20 per cento. Altri regolamenti vigenti risalgono agli anni Cinquanta o Sessanta. Il più aggiornato risale agli anni Ottanta.
  I LEA parlano della prevenzione collettiva, un altro elemento di legge, con i Piani nazionali di prevenzione. L'ultimo Piano nazionale di prevenzione 2021-2025 parla, ovviamente, di un approccio per la salute a trecentosessanta gradi, non scostata da azioni che vedono l'intervento di questi soggetti per aiutare gli urbanisti, gli strutturisti, ma in una misura percentuale minima. Certamente queste figure non vogliono occupare il posto di quello che è chiamato a pianificare il nuovo Piano urbanistico, ma solo in misura del 5-10 per cento, non più di tanto. Tuttavia, collaborano, perché hanno la possibilità di mettere in atto questi due strumenti ultimi nel tempo, che abbiamo a disposizione e che ancora non vengono utilizzati.
  Chiederei al presidente di programmare anche l'audizione del Ministro della salute, perché sono alle dirette dipendenze del Ministero della salute. Parlo del documento proprio del Ministero della salute di indirizzo per la pianificazione urbana in un'ottica di salute pubblica. È un documento di 76 pagine, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il 22 settembre del 2021. Dà proprio le linee guida e porta per mano i 139 Dipartimenti di prevenzione. «Amici – dice il Ministero della salute – voi dovete fare uno, due, tre e quattro e basta, perché Pag. 13voi non siete degli ingegneri. Voi leggete il territorio, siete degli igienisti, siete le persone che devono salvaguardare la salute».
  Un altro elemento, e chiudo, riguarda gli indicatori di contesto per la stima del bisogno sanitario e gli indicatori di equità, previsti da due decreti sempre del Ministero della salute, che risalgono al 2019.
  Attraverso questi indicatori l'igienista – non l'urbanista, perché l'urbanista fa il suo mestiere – ha a disposizione dei dati importantissimi che vengono fuori dal nuovo sistema informativo sanitario e dal nuovo sistema di garanzia. Si hanno dei dati importantissimi – li lascerò alla Commissione – che danno la possibilità all'igienista, che partecipa nel 5 per cento con l'urbanista, di verificare la salute percepita da parte della popolazione. In questo modo l'igienista ha le idee chiare per dire all'amico urbanista che viene chiamato dal comune oppure dalle province... Le province sono chiamate oggi, con il PNRR, a rivedere i propri Piani di coordinamento provinciale. Devono ovviamente coordinare tutti i Piani urbanistici dei comuni che fanno parte di quella provincia, e lo devono fare altrimenti non accedono ai finanziamenti.
  Questi elementi, che vengono regolarmente rilevati dal Ministero della salute attraverso delle trasmissioni obbligatorie che le 139 ASL devono trasmettere, danno la possibilità di avere chiaramente tutte quelle cose che vengono chieste già da questi due sistemi di informazione sanitaria: l'eccesso ponderale in età associato al rischio di morte prematura, la disabilità adulta, la maggiore probabilità di sviluppare le patologie croniche, per non parlare degli indicatori che ci dicono quanti anziani abili o disabili ci sono in un territorio.
  Tutto questo dà la possibilità al pianificatore di intervenire in un settore molto delicato: l'inclusione, l'accessibilità, la programmazione.Pag. 14
  Grazie.

  ANDREA DONGARRÀ. Buongiorno a tutti. Sono Andrea Dongarrà. Mi fa piacere vedere il professor Ombuen.
  Lavoro presso l'Agenzia delle entrate del territorio e mi occupo sostanzialmente di stime immobiliari. Cosa c'entrano le stime immobiliari con questo tema? Può darsi che non c'entrino, ma in realtà entrano pienamente perché, in maniera indiretta, sono un operatore, qualcuno che fisicamente va nei vari uffici delle varie amministrazioni, le quali molte volte rispondono non in maniera corretta alle valorizzazioni, ai diversi punti che hanno intenzione, anche in partnership con il pubblico e il privato, di sviluppare in un'area.
  Sostanzialmente noi troviamo in queste amministrazioni difficoltà sia di quantità di personale, ma soprattutto di professionalità. Noi stiamo cercando di ragionare – ne ha parlato la parlamentare Ruffino – sulla qualità della vita del cittadino.
  La qualità della vita del cittadino, come giustamente ha fatto presente la parlamentare Andreuzza, non deve essere vista in compartimenti stagni, ma deve essere vista come un insieme di aspetti per i quali alla fine bisogna raggiungere il soddisfacimento.
  Non è solo il tema della rigenerazione urbana, se vogliamo parlare così, di un aumento simbolico della cubatura, ma è quello sostanzialmente di portare, all'interno di quelle parti di territorio degradate, servizi. Non è possibile portare un teatro in una zona dove manca il lavoro, non è possibile portare quelle strutture che poi, alla fine, non servono perché vengono vandalizzate.
  Io faccio parte anche della segreteria tecnica della Presidenza, sia delle periferie che del City Branding. Il City Branding tratta finanziamenti nei confronti di bandi per la progettazione. Pag. 15Le periferie, invece, trattano l'applicazione edilizia, effettivamente dove atterrano.
  Ho fatto un sopralluogo l'altra settimana. Ho visto che sono stati finanziati e messi in campo dei denari per realizzare un pezzo di palestra, ma l'altra parte della palestra era vandalizzata. Noi facciamo atterrare economicamente, con dei bandi, le situazioni che i comuni non sanno percepire. Noi possiamo inventarci qualsiasi tipo di sistema, ma poi, alla fine, abbiamo la difficoltà, a livello professionale, di far capire agli amministratori come fare il loro lavoro. Possono esserci scritte mille regole, ma dobbiamo mettere in condizione il Governo di dare una mano a queste amministrazioni, perché non riescono ad andare avanti. Alcune saranno sicuramente lodevoli, ma nella maggior parte ho trovato delle difficoltà proprio a comprendere le realtà che servono poi ai cittadini.
  Presidente, questa è la vera problematica. Dobbiamo ragionare con un'ottica a tutto campo, ma sicuramente vanno eseguiti migliori e più puntuali sopralluoghi nelle diverse città che hanno queste problematiche, però, insisto, bisogna anche andare negli uffici per comprendere quello che si è fatto, se effettivamente poi è atterrato. Questa è la problematica di base. Questo è un aspetto operativo. Io posso essere una figura operativa nei vostri confronti, posso comprendere e avere la sensibilità di poter sapere se un'operazione può andare bene, perché poi, alla fine, deve esprimere quello che abbiamo detto, il miglioramento della qualità della vita.
  Noi dobbiamo formulare questa relazione, le relazioni intermedie e quello che dobbiamo poi sviluppare alla fine, avendo un unico punto di riferimento, che è quello della qualità della vita delle persone. Ogni altra attività che può essere interessante, ma che può essere – scusate, passatemi il termine – un Pag. 16«mischio», può solo creare, secondo me, per la redazione di questo documento, delle problematiche.
  Grazie a tutti.

  ARMANDO BALDUCCI. Buonasera a tutti i convenuti.
  Io sono un professionista e ho insegnato pianificazione territoriale ambientale alla Facoltà di Architettura della Sapienza in Roma. Di periferie il mondo della cultura si è sempre occupato.
  Evidenzio come con questa Commissione ci si stia occupando anche di circa 3.800.000 bambini e adolescenti ricompresi in un'età tra 0 e 19 anni. Questa è la concentrazione degli utenti delle cosiddette «periferie», unitamente alle loro famiglie nelle grandi città, quindi grandi città e periferie delle grandi città.
  In queste realtà le famiglie che costituiscono questa massa hanno per la metà un reddito inferiore a 15.000 euro l'anno. Queste aree sono caratterizzate, oltre che da privazione socioeconomica, anche da una privazione di spazi adeguati alla crescita dei minori.
  Si sommano due situazioni, una situazione di natura economica e una di offerta dei servizi. Su questo vale anche la pena introdursi e ragionare in che quadro normativo queste periferie si sono sviluppate, ma ancora oggi si svilupperebbero.
  Facciamo ancora la pianificazione urbana in esito al decreto ministeriale n. 1444 del 1968, una norma di cinquantasei anni fa. Per contestualizzarla con una icona automobilistica, in quell'anno usciva la 500 F, ovvero si era girata la portiera e anziché aprirla a vento, si apriva contro vento, con tutte le storture che poi sono intervenute in termini applicativi di questa norma che definisce gli standards, le superfici da destinare a spazi pubblici, collettivi, istruzione, parcheggio, verde eccetera, eccetera.Pag. 17
  È chiaro che a questo non si è correlata una economia finanziaria statale in grado di realizzare ancor prima degli spazi abitativi o contestualmente tutti quegli spazi di servizio che possono e potevano contribuire alla crescita delle fasce sociali meno abbienti e se vogliamo anche dei giovani che hanno abitato queste periferie.
  Il dramma è che il qualunquismo di queste periferie, tutte uguali, tutte con le stesse lacune, con le stesse carenze, con la stessa mancanza di uno spirito destinato a guardare principalmente all'uomo che le doveva abitare, ha fatto sì che nello sviluppo della società ci siano ancora infinite periferie che hanno una deficienza cronica di offerta dei servizi.
  Detto questo, che è una premessa alle tematiche parziali, dal mio punto di vista, quello che viene dal mio mestiere, necessita sicuramente fare un'attenzione e una correzione a quanto abbiamo. Quotidianamente i piani attuativi di sviluppo delle città, dei comuni, dei grandi comuni e dei piccoli comuni ancora si riferiscono a questa norma, datata cinquantasei anni or sono.
  Io sono disponibile a operare in qualsiasi tavolo al quale riterrete utile vedermi partecipe.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  NICOLA PICCO. Signor presidente, vi ringrazio anche per questa occasione. Io sono già stato in audizione circa un mese, un mese e mezzo fa con alcuni di voi.
  Faccio una breve sintesi di quello che ho raccontato la scorsa volta, a titolo introduttivo.
  Faccio l'architetto a Venezia, parallelamente alla professione che esercito primariamente ho un trascorso di molti anni presso l'attività ordinistica. Facevo attività ordinistica di Fondazione con l'Ordine e con la Fondazione architetti, di cui sono stato presidente. Negli ultimi cinque-sei anni sono stato presidente di una società che si occupa di manutenzione e gestione Pag. 18del patrimonio pubblico residenziale del comune, una società strumentale del comune che si occupa di residenzialità pubblica. Sono, infine, consigliere di Confedilizia. Evidentemente, il mio contributo, per quanto settoriale, prende spunto dalle mie esperienze professionali in questi campi.
  La scorsa volta ho, sostanzialmente, raccontato di due tematiche. Ho cercato di leggere il territorio con un'attenzione particolare a quello locale. Ho cercato di introdurre – qua leggerò solo i titoli, i temi della trattazione – un po' di forme di strumenti di correzione, come diceva il collega, possibili, su cui possiamo lavorare.
  Nel merito, passo a una trattazione a elenco, altrimenti si fatica.
  Per quanto riguarda la lettura del territorio, ho raccontato (strumentalmente, ovviamente, all'obiettivo) le diverse definizioni di città, comunità e popolazioni. In realtà, anticipo, quello che mi interessa – l'ha detto anche un onorevole in collegamento – è allargare il campo come, tra l'altro, è nel titolo della Commissione. Io ho partecipato anche ad alcune audizioni e a un sopralluogo nel corso della XVII legislatura, sempre con la Commissione Degrado delle periferie.
  Quest'anno ho visto che il titolo è cambiato e si è allargato a «città». Quindi, c'è un'attenzione particolare – come diceva, ripeto, una onorevole collegata – ad allargare anche ai centri urbani il degrado, che ha altre forme, magari meno emergenziali, ma con necessità di altrettanto intervento. Una lettura del territorio, dicevo, sulla diversità delle popolazioni. Potete interpretarlo anche nell'overtourism, nelle diverse forme di abitare la città, con la periferia, ovviamente. Ho evidenziato le forme di riqualificazione nel patrimonio pubblico, le nuove tendenze di scrittura dei bandi di assegnazione delle case, i social housing (meno ERP e più social housing), quali sono le Pag. 19attività, quantomeno nel territorio che io conosco, l'incidenza del privato e la tutela, in qualche maniera, del privato sul patrimonio anche per la locazione o, comunque, per la distribuzione del bene e la messa sul mercato.
  Un altro tema è stato quello delle possibili correzioni in termini di modifica dei regolamenti, cioè come, attraverso anche regolamenti tipo nazionali, si possa incidere nei regolamenti, nelle leggi, nei piani e anche negli accordi sia in tema, ovviamente, urbanistico, ma anche di commercio, con tutte le ripercussioni che anche temi che non mi sono esattamente attinenti, come il commercio, possono avere nella riqualificazione del tessuto e anche nella coesione e nel presidio di alcuni luoghi, siano essi periferici o centrali. Il tema del presidio dei residenti o, comunque, dei nuovi residenti è importante.
  Ho affrontato – e mi fermo qui – la necessità della formazione per i più piccoli, della formazione sulla qualità, della formazione sulla cultura della domanda di qualità e di architettura, a partire dalle scuole, ma anche a livelli superiori, quindi come la formazione possa aiutare. Il Veneto si contraddistingue per una strana capacità di investire, ma magari poca cultura della qualità.
  Mi fermerei qua, però coglierei l'occasione per invitarvi e mettermi a disposizione per un sopralluogo anche nei territori della provincia o del Veneto, quando la Commissione vuole.
  Grazie.

  LAURA RICCI. Buonasera a tutti.
  Ringrazio il presidente e la Commissione per questa riunione operativa, per questa audizione. Io sono già stata audita il 29 gennaio, quindi dirò veramente pochissimo. Prima di tutto, però, una breve presentazione, soprattutto rispetto ai colleghi con cui non ci conosciamo, a parte qualcuno. Io sono un professore ordinario di Urbanistica della Sapienza. Sono stata Pag. 20direttore del Dipartimento di pianificazione, design, tecnologia dell'architettura dal 2015 al 2021, direttore della Scuola di specializzazione in beni naturali e territoriali dal 2016 al 2023 e sono attualmente coordinatore del dottorato di ricerca in pianificazione, design, tecnologia dell'architettura sempre della Sapienza.
  Per quanto riguarda il mio percorso professionale, c'è una forte caratterizzazione nel coniugare aspetti teorico-metodologici che sono propri delle discipline, quindi nell'ambito universitario, con una forte dimensione sperimentale, che poi è propria della mia disciplina. Non si può, ovviamente, insegnare a fare piani urbanistici, a progettare se non lo si è fatto.
  Io sono stata dal 1994 al 2012 consulente generale per il comune di Roma per il nuovo piano regolatore, che è il piano vigente. Questo per richiamare alcune delle esperienze più importanti. Di particolare interesse è stata anche la mia partecipazione a questa stessa Commissione d'inchiesta nel 2017, in cui ho anche potuto collaborare con il relatore, che era l'onorevole Roberto Morassut, alla stesura del rapporto, in particolare per la parte sulla rigenerazione urbana, potendo anche in qualche modo supportare almeno la stesura del rapporto.
  Un'altra esperienza, rimanendo in questo campo, che ritengo particolarmente importante è quella della partecipazione alla Commissione che ha valutato le 120 proposte nell'ambito del bando per la sicurezza e la riqualificazione delle periferie, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2016, presso la Presidenza del Consiglio. Facevo parte anche della Commissione di monitoraggio che, pressoché contestualmente, era stata istituita proprio per garantire che questi tantissimi progetti fossero valutati. All'interno di ciascuna di queste 120 domande – che, ricordo, interessavano capoluoghi di provincia Pag. 21e città metropolitane esclusivamente – c'erano dagli 8 ai 15, quando non 20, interventi. Quindi, era una mole progettuale di proposte molto consistente. Anche la struttura del bando, quindi la sua declinazione in termini di criteri operativi ai fini della valutazione di queste tante proposte, è stato un banco molto importante, proprio al fine di mettere a punto alcune questioni che riguardano la rigenerazione urbana, la questione della sicurezza delle periferie e i modi con cui possiamo affrontare queste problematiche.
  Certamente quel bando fu molto importante, perché si vide che gli enti locali sollecitati hanno la capacità, la possibilità, ma anche lo slancio di fare molte proposte. Ripeto, erano 120 domande e ciascuna di queste aveva una media dagli 8 ai 15 interventi differenti. Spesso riguardavano sia il capoluogo di provincia che la città metropolitana. Comunque, le domande erano 120.
  Detto questo, aggiungerò due parole nel merito, ripeto, essendo già stata audita mi sono anche particolarmente dilungata. Per sintetizzare il concetto, direi che certamente la città contemporanea ci restituisce oggi una situazione particolarmente mutata dei nostri territori all'esito dei processi di metropolizzazione che hanno interessato le nostre città, ma che certamente determinano ed esplicitano l'aggravarsi di alcune di quelle che sono state delle carenze strutturali delle nostre città nel Novecento, in particolare di città che sono sorte prioritariamente lungo infrastrutture per la mobilità privata su gomma. Questo ha determinato moltissimo alcuni aspetti di carenza e di malfunzionamento nelle nostre città.
  In questa dimensione particolarmente estensiva della città contemporanea, la dimensione della marginalità a livello economico, sociale, morfologico, funzionale, quindi di degrado è una situazione anch'essa estesa territorialmente. Questo, in Pag. 22qualche modo, ci fa capire che emerge oramai da tempo una nuova questione urbana, che è stata anche molto ben rappresentata nel rapporto di questa Commissione nel 2017, che sostanzialmente ha superato negativamente la contrapposizione centro-periferia, per cui noi abbiamo molti dei nostri centri storici che presentano, oggi, condizioni di particolare degrado e di marginalità come una periferia. Questa dicotomia territoriale, ovviamente, è stata superata. Oggi le città ci chiedono, da una parte, una maggiore sicurezza, che è uno degli elementi più rilevanti, e, dall'altra, i diritti. Lo chiedono a gran voce. La necessità è quella di avere il diritto alla salute, il diritto all'istruzione, il diritto alla socialità, il diritto all'inclusione, anche attraverso un'accessibilità sostenibile, il diritto all'ambiente, quindi, in termini generali, il diritto alla città.
  Questa questione dei diritti, che mi sta particolarmente cara, è quella che collega fortemente l'urbanistica, quindi la mia disciplina, al welfare urbano, alla città intesa come sistema dei diritti. Infatti, il già citato decreto ministeriale n. 1444/68 segna proprio questa convergenza. Il decreto – e, io dico, meno male; rispetto a quello che diceva prima il collega architetto, io dico, meno male che abbiamo ancora questo decreto – ci ha consentito di garantire nelle nostre città la vivibilità minima che questo decreto ha chiesto dagli anni Sessanta, cioè l'obbligo di garantire dotazioni minime negli standard urbanistici per l'istruzione, per la salute, per il verde pubblico, per le attrezzature sociali.
  Questo è un punto fondamentale. Oggi, a mio modo di vedere, dobbiamo realizzare un nuovo welfare urbano, di cui la città pubblica, quindi l'insieme dei servizi, delle attrezzature fanno parte. Chiaramente, questi diritti sono andati evolvendosi nel tempo. Abbiamo bisogno di nuovi diritti. Anche lo stesso diritto alla digitalizzazione, durante la pandemia, è apparso Pag. 23come un diritto, un'esigenza molto forte. Siamo arrivati al diritto alla città, al diritto all'ambiente, che chiamano in campo nuove sensibilità. Bisogna realizzare questo nuovo welfare urbano, che trovi nella città pubblica, ed è questa la dimensione fisico-strutturale che affrontano normalmente gli urbanisti, la matrice, la proiezione fisico-territoriale di questo welfare. Questo ci pone, quindi, di fronte alla necessità che richiama il concetto di opera pubblica, di servizio pubblico e di verde pubblico, che necessariamente è collegato a tutte quelle problematiche che la pianificazione urbanistica ha da sempre incontrato nella realizzazione proprio di queste opere, fin dalla legge n. 10/77.
  Questo fa sì che la rigenerazione urbana, di cui tantissimo si parla, debba essere tarata e finalizzata essenzialmente alla costruzione della città pubblica e alla realizzazione di questo nuovo welfare, quindi si distingua in modo netto rispetto a tutte quelle questioni che, invece, vediamo oggi coincidere con la sostituzione edilizia, con la demolizione e la ricostruzione di un singolo edificio, cioè con tutto ciò che aumenta la rendita, ma non va a costruire la città pubblica.
  Addirittura, abbiamo l'articolo 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 che concede, praticamente, a fronte di interventi cosiddetti «di rigenerazione urbana», una deroga agli standards urbanistici. Capite che quello che io ho detto è proprio un ossimoro.
  Questo ci pone questo tipo di problematica e ci pone, quindi, a mio modo di vedere, la necessità ineludibile – questa è stata richiamata con chiarezza anche nel rapporto che la Commissione vuole aggiornare, quindi anche nel rapporto della precedente Commissione – di mettere in campo una riforma di princìpi per il Governo del territorio. Noi non abbiamo bisogno di una legge per la rigenerazione urbana, di una legge per il Pag. 24consumo di suolo, cioè di leggi di settore. Abbiamo bisogno della rigenerazione urbana colta nella sua dimensione strutturale e reintrodotta all'interno del governo del territorio. Una legge, quindi, che dia la certezza del diritto alle tante sperimentazioni, meccanismi attuativi, acquisizioni che ci consentono di costruire la città pubblica attraverso cessione di aree e quant'altro, che superi, ovviamente, l'esproprio per pubblica utilità, che, purtroppo, oramai è chiaro, è un'arma spuntata, che ci consenta, quindi, di mettere davvero mano alla rigenerazione delle nostre periferie, intese in questo senso ampio, anche mettendo mano agli oneri di urbanizzazione. Abbiamo il contributo straordinario che ha emendato il decreto del Presidente della Repubblica dal 2014. È un altro elemento che ci consente di andare in questa direzione.
  Tutto questo sistema di innovazione è molto sperimentato nei piani urbanistici. Devo dire che Roma è un piano emblematico sotto questo profilo, tant'è che il Consiglio di Stato nel 2010 ha dato ragione, sostanzialmente, all'amministrazione su tutti questi elementi perequativi, questi meccanismi di acquisizione delle aree pubbliche, che erano sperimentati nel piano, ma che non trovano riscontro in nessuna legge. Quindi, una legge di princìpi che deve dare certezza del diritto, fare chiarezza sul coacervo di tanti provvedimenti che si sono stratificati, anche spesso, purtroppo, con il fatto che si pensa che per superare le complessità urbanistiche basti agire sulla deregolamentazione attraverso l'edilizia. Questo è quello che, a mio modo di vedere, non serve per le nostre periferie, per la città pubblica, quindi per i diritti dei cittadini.

  SIMONE OMBUEN. Signor presidente, ringrazio molto per l'occasione che mi è offerta.
  Anche io sono stato audito nella precedente Commissione, nella XVII legislatura. Sono stato, peraltro, già audito dal Pag. 25presidente poiché, in quanto coordinatore del tavolo «Città sostenibili» di ASviS, abbiamo presentato un nostro position paper che entra nel merito delle questioni. Sono, peraltro, una persona con un profilo in qualche modo complementare a quello della professoressa Ricci, nel senso che sono anch'io professore ordinario di Urbanistica presso l'Università Roma Tre. Sono stato per sei anni direttore del corso di laurea in progettazione urbana, ma ho una storia un po' diversa. Per i primi vent'anni della mia vita ho progettato e realizzato grandi interventi di edilizia residenziale pubblica. Sono entrato da giovanissimo in uno studio molto grande che si occupava di queste cose e ho sulla coscienza qualche cosa come 4-5 mila alloggi di edilizia pubblica. Anche 500 alloggi di recupero. Quindi, non solamente edilizia nuova.
  Ho avuto una lunga storia. Sono stato sin da giovane membro dell'Istituto nazionale di urbanistica. Sono stato per due mandati segretario generale dell'Istituto. Sono membro del Comitato scientifico di un'associazione per le politiche urbane tra sedici Atenei italiani, che si chiama «Urban@it» e sono membro, militante di ASviS. Sono stato membro del gruppo di lavoro dell'INU che ha prodotto la proposta di legge del 2008, nonché la più recente proposta di legge che è stata presentata nel novembre dello scorso anno, a cui la stessa professoressa Ricci faceva riferimento nel suo intervento, cioè in materia di governo del territorio.
  Prendo spunto da questa cosa per chiarire che noi abbiamo sempre visto – per «noi» intendo «urbanisti italiani» – una differenza profonda tra urbanistica e governo del territorio, là dove il governo del territorio ricomprendeva degli elementi in realtà implicitamente già inclusi nella prospettiva astenghiana, di Giovanni Astengo, all'origine, ma di coordinamento dei diversi aspetti di interesse pubblico, in una visione nella quale Pag. 26è dato compito specifico agli enti pubblici di governare le trasformazioni del territorio, che è il retaggio che ancora oggi è scritto nelle norme vigenti, che, purtroppo, non siamo ancora riusciti a coordinare, in particolare dopo l'approvazione del nuovo Titolo V, che prevede che lo Stato compia una ricognizione sui princìpi fondamentali.
  Non solo non abbiamo una legge per il governo del territorio, pur necessaria sin dal decreto legislativo n. 112/1998, che fissò il termine «Governo del territorio» per la prima volta nella legislazione nazionale, ma non abbiamo nemmeno una ricognizione sui princìpi, che è stata avviata una volta, nel 2007, e poi peraltro interrotta senza essere portata a termine. Questo è un elemento molto rilevante di ostacolo all'esercizio di poteri legislativi, che sono quelli per il Parlamento. La cosa particolare che mi interessa personalmente è che questa è una sede pienamente parlamentare, peraltro gestita – mi è parso di capire – in modo unitario, con una prospettiva di coesione istituzionale, che, a mio avviso, è molto interessante, che, però, trova davanti a sé un terreno accidentato. È una cosa su cui dovremo riflettere nello sviluppo dei lavori per capire come finalizzare gli esiti. Una prospettiva parlamentare su questi aspetti non può non guardare ai vincoli specifici che i nuovi articoli 117 e 118 della Costituzione pongono ai poteri legislativi. Questo è un aspetto. Tra l'altro, me ne sono occupato anche professionalmente, perché ho scritto vari testi di normativa urbanistica per ilSole24Ore quando uscì il Titolo V, per interpretare le norme regionali. Quindi, posso anche dare un sostegno specifico.
  In più, guardando a quello che ci si pone davanti, un ulteriore problema è dato dal fatto che non solo è cambiata la struttura fisica della città, che non è più una città compatta, è fatta da centro e periferia, ma è proprio cambiata la spazializzazionePag. 27 delle diseguaglianze, che costituiscono le problematiche fondamentali della nostra contemporaneità. Grazie all'introduzione delle tecnologie, degli strumenti di navigazione, molti dei fenomeni che colpiscono e trasformano i contesti urbani vengono continuamente despazializzati, nonché, poi, rispazializzati secondo logiche molto diverse.
  Una cosa banale: l'e-commerce sta triturando il commercio urbano. In provincia di Roma ormai siamo arrivati a un tasso di 2 mila chiusure, a un bilancio negativo, tra aperture e chiusure, di 2 mila esercizi l'anno, che non è tutto il problema. Alle chiusure degli esercizi storici corrispondono spesso le aperture di negozi di nessuna qualità, come quei negozietti gestiti da extracomunitari che vendono di tutto, che non sono, effettivamente, quello che era il commercio urbano di una volta. Questo riduce, anche notevolmente, il ruolo degli spazi urbani, che si trovano, invece, sovraffaticati dai pulmini che fanno le consegne dell'e-commerce. Per cui, abbiamo meno qualità dell'attività commerciale su strada e aggravamento delle condizioni di traffico, perché la logistica delle consegne moltiplica il traffico urbano derivante dai fenomeni delle consegne a domicilio.
  Ci sono aspetti molto complessi che portano in luce un altro – e concludo con questo – elemento fondamentale, cioè che, purtroppo, alle grandi contraddizioni storiche e alle incapacità strutturali, se volete, dell'amministrazione pubblica nel governare i processi di trasformazione, si vanno appoggiando ulteriori incapacità derivanti dalla storica debolezza delle amministrazioni, dall'aggravamento di questa debolezza, che anche un recente rapporto della Banca d'Italia ha testimoniato.
  Come sapete, le amministrazioni territoriali hanno perso, nel giro di dieci anni, circa il 25 per cento dei propri organi tecnici, con un impoverimento delle capacità operative. A Pag. 28questo si aggiunge, inoltre, l'insufficiente profilo cognitivo, nel senso che le competenze per le quali i dipendenti pubblici delle amministrazioni che si occupano di gestione del territorio vengono fatte sono ancora riferite al profilo dell'ingegnere capo, in qualche modo, mentre, di fatto, i fenomeni che producono le trasformazioni sono da recapitare a una complessità organizzativa, supportata da strumenti tecnologici molto più avanzati. Questo genera un'ulteriore problematica.
  Perché è importante questo? Avete già cominciato ad andare a vederli. So che avete visitato vari luoghi, inclusi anche alcuni dei disastri che ho fatto io. Vi posso citare Aventino, Tor Bella Monaca, Quartaccio, Castel Giubileo, San Giovanni a Teduccio, Barra, Pazzigno, Librino. Tutte vicende che ancora portano i segni fisici del lavoro che ho fatto. In quasi tutti questi casi, il disastro, il problema è dato dall'insufficienza dell'azione pubblica. Questo vale tanto per la parte di realizzazione dell'edilizia residenziale pubblica storica, ma altrettanto vale per il mancato recupero dell'abusivismo, anch'esso un compito fissato per legge in capo alle amministrazioni e che, purtroppo, segna gravissimi ritardi.
  Quindi, i due capisaldi fondamentali degli elementi di degrado sono, fondamentalmente, da recapitare a insufficienze dell'amministrazione. Quindi, un lavoro approfondito, di riqualificazione delle città, vuol dire anzitutto ricostruire le capacità operative dei soggetti, anzitutto dei soggetti pubblici. Non si nega l'importanza del rapporto di partenariato con il privato, ma se delle due parti del partenariato una è inabile o incapace a gestire è chiaro che i risultati non possono che essere modesti e, comunque, non all'altezza delle aspettative.
  Da questo punto di vista, quindi, sarà importante, a mio avviso, anzitutto acquisire dei pareri in merito. Io sono in ottimi rapporti con l'ANCI e lavoro permanentemente per IFEL. Tra Pag. 29l'altro, ho scritto il rapporto IFEL a commento del «bando periferie» che governò la professoressa Ricci al tempo e sono membro, adesso, del Comitato di monitoraggio istituito da quel programma. Per cui, sono anche colui il quale è in grado di raccontarvi com'è andata a finire o, per essere più esatti, come non è andata a finire. Su 2,1 miliardi di budget, siamo arrivati, adesso, a 660 milioni di spesa, con un decreto istitutivo del 2016. Capite bene: otto anni per spendere un terzo, è chiaro che c'è un'incapacità complessiva. Pur essendo, tra l'altro, capoluoghi di provincia e città metropolitane, quindi strutture tecniche di maggiore capacità di comuni medi o piccoli.
  Si tratta di integrare molto con questa dimensione.
  Il secondo aspetto è capire che i processi di rigenerazione urbana sono impossibili da fare senza gli abitanti dei luoghi da rigenerare. Il punto fondamentale – alcuni interventi hanno già introdotto questa questione – è capire come fare a considerare e promuovere i soggetti presenti come protagonisti. Urbanizzare un campo arato e cacciar via le ranocchie si fa autoritativamente. Quando si tratta di rigenerare una parte di città abitata, peraltro gli obiettivi di annullamento del consumo di suolo non ci portano che a vedere come prospettiva quella di rigenerare la città esistente, è chiaro che non lo si può fare senza le persone che ci abitano e senza fare fino in fondo un lavoro di, eventualmente, anche svalutazione del capitale fisso territoriale inutilizzato. Quando un capannone sta lì abbandonato vent'anni e non si riesce a trovare il modo di cambiarlo in qualcos'altro, è evidente che il suo valore effettivo è zero. C'è solo, da qualche parte, una Srl che ancora oggi tutela il valore immobiliare nominale che contiene. Essendo io in contatto, per miei motivi d'interesse, con un coordinamento tra le associazioni dei quartieri in crisi delle grandi città italiane, spero di poter anche organizzare un momento di confronto in cui questi rappresentantiPag. 30 possano incontrare la Commissione e presentare le loro istanze, anche per riacquistare un rapporto con i soggetti più attivi del terzo settore, che possono dare un contributo specifico in questo.
  Un augurio di buon lavoro a tutti noi.

  GIUSEPPE SALADINI. Buonasera a tutti i colleghi. Ringrazio il presidente Battilocchio.
  Io sono già stato ascoltato da questa Commissione, però voglio sintetizzare rapidamente. Io sono un medico specialista in medicina legale e specialista in psicologia clinica. Sono un criminologo, docente di Psicopatologia forense alla Sapienza, a Unicusano e anche alla Lincoln University.
  Ovviamente, il mio mondo non è parallelo, non siamo a strati, ma si coniuga in maniera assolutamente perfetta con il lavoro urbanistico, con il lavoro delle forze dell'ordine, con il lavoro anche dell'Agenzia delle entrate, come prima sentivo, quindi il lavoro d'ufficio, il lavoro di strutturazione.
  La cosa importante è che le periferie sono tante, il termine va declinato assolutamente al plurale. Come ha detto molto bene la professoressa Ricci prima, c'è un'osmosi. Parlare oggi di periferia rigida, di un «nonluogo» non esiste. Assolutamente. Pensate a Milano quant'è più piccola di Roma e a quanti flussi ci sono che dalle periferie arrivano al centro: flussi per lavoro, flussi per studio, flussi per criminalità. Le baby gang milanesi non vanno certo a fare le loro rapine nei luoghi deputati della periferia, ma vanno sui Navigli. Questo è un fatto veramente concreto. Quindi, luoghi in cui la pericolosità, dal punto di vista criminologico, esiste. Non va assolutamente abbassata la guardia. Pericolosità, insicurezza, marginalità, ma anche tante, tante sacche – era la parola giusta, isole – di impegno, a volte anche velleitario, presidente. Va fatta rete, assolutamente.Pag. 31
  Si dice che una rondine non fa primavera. Bisogna lavorare tutti insieme, in maniera strutturata, altrimenti anche il prete di periferia, anche la persona che si impegna e apre una casa editrice addirittura sotto le vele a Scampia, come è accaduto, addirittura pubblicando romanzi di grandissimi scrittori americani tradotti, non possono risolvere il problema. Il problema è risolvibile nel tempo. Certo. È risolvibile entrando all'interno delle varie periferie, liberando queste case di edilizia popolare occupate. Occupate da chi? Molto spesso contese. Contese da chi? Gestite da chi? Dai racket criminali? Certo, perché ci dobbiamo nascondere dietro un dito? Esistono veramente strutture criminali – chiamiamole così – che gestiscono gli appartamenti dell'edilizia popolare, che non si sa di chi siano in alcune periferie.
  Andiamo negli uffici, leggiamo, guardiamo. Spazi sociali attrezzati che mancano, lo dico a voi urbanisti, che molto spesso sono stati degradati, abbandonati e sono diventati luoghi di spaccio, luoghi di spaccio terribili. Un bell'esempio, però, di recupero ce l'abbiamo sempre a Torino, ne abbiamo parlato nel corso dell'audizione, dove uno spazio di questo tipo è stato trasformato in una struttura sportiva. I ragazzi di questa periferia torinese vanno a giocare a pallavolo. Hanno creato una squadra di quel quartiere. Stanno ottenendo anche grandi risultati sociali. Questa è una cosa molto, molto, molto bella.
  E poi lo studio delle subculture. Molto spesso noi, che insegniamo nelle università, perdiamo di vista le subculture marginali. Le nostre periferie si diversificano l'una dall'altra proprio per le subculture presenti. Subculture rom, come tu hai visto, presidente, a Reggio Calabria, spostate in maniera massiccia in una periferia. Subcultura del rap, del trap. C'è una cultura veramente che ha permeato i giovani, non soltanto in periferia. Per questo diceva la professoressa Ricci che c'è una Pag. 32osmosi. La cultura della delinquenza. La «money culture»: vogliamo i soldi, li vogliamo subito, non si sa come li vogliamo. Anzi, sì, si sa come li vogliono. Spaccio di droga, baby gang, criminalità giovanile. C'è, esiste. E noi, come criminologi, la stiamo studiando. Ed è diversificata nelle varie periferie. Non ci sono solo le vele di Napoli. Ci sono periferie milanesi, periferie torinesi, periferie fiorentine, bolognesi. La criminalità sta crescendo.
  C'è un altro pericolo altissimo: il pericolo della radicalizzazione dei musulmani presenti nel nostro territorio. Quello che è avvenuto al Bataclan, quello che è avvenuto, poi, in Francia, quello che è avvenuto adesso a Mosca è un pericolo reale, concreto. Molte periferie sono veramente la fucina dove si radicalizzano alcuni jihadisti. Questo ormai è già studiato a livello internazionale ed è importante che ne teniamo conto. Quindi, non ghettizzare, ma integrare e diluire: questo è molto importante. La diluizione all'interno di una periferia delle presenze culturali è molto importante. Si integra soltanto diluendo. Se c'è una concentrazione – è un fenomeno osmotico – diventa estremamente difficile combatterli.
  Occorre, inoltre, criminologicamente, potenziare il controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine. Le nostre forze dell'ordine sono straordinarie, ma sono poche, sono veramente poche. Quindi, lavorano sotto uno stress durissimo. Occorre potenziare i controlli con le videocamere, in maniera che c'è un «no» all'atto vandalico. Ovviamente, le videocamere vanno collocate – qui lo dico a chi è più bravo di me – in maniera tale da non essere, dopo pochi secondi, vandalizzate e distrutte. Occorre portare la bellezza e la cultura. Lo dicevamo prima con l'onorevole. Bisogna portare teatri, certo, ma non nel deserto, altrimenti non riusciremo mai a coinvolgere i ragazzi.Pag. 33
  Infine, occorre ridurre la dispersione scolastica. Del resto, se vogliamo insegnare la legalità, la prima base è la scuola. L'agenzia principale è la scuola, perché l'agenzia famiglia già sta fallendo a livello globale, figuratevi all'interno di una periferia. Quindi, bisogna potenziare la presenza nella scuola, potenziare i controlli, non mandare via i bambini dalle scuole. Dico i bambini non a caso. Infatti, come criminologo sono un po' pessimista: arrivati a una certa età, è veramente difficile parlare di criminologia clinica, di dissuasione, di recupero. Certo, c'è chi riesce, ci fanno i film, ci fanno le fiction. Oggi tutti guardano Mare fuori. Interessantissimo, bellissimo, divertentissimo, ha avuto un grande successo questa fiction. Ma è reale? Effettivamente riusciamo noi a ricollocare questi giovani che hanno commesso un crimine? Noi come criminologi questo problema ce lo poniamo, specialmente in queste periferie.
  Non voglio levarvi più tempo. Sarebbe bello coordinarci in gruppi, dove ognuno di noi può portare il suo contributo, per poi arrivare a una relazione che veramente indichi dei percorsi in grado di portare a risultati chiari e leggibili, anche da chi non è addetto ai lavori. Grazie.

  ANTONIO ROSARIO DERINALDIS. Sono Antonio Derinaldis, sono responsabile del dipartimento relazioni istituzionali UIL università e ricerca e, nello stesso tempo, docente di sociologia della conoscenza alla Scuola superiore per mediazione linguistica di Salerno. Da qualche giorno, se può essere utile metterlo a disposizione anche della Commissione, ho assunto anche la presidenza di una grande rete associativa, di un ente del terzo settore che si occupa proprio di politiche dei diritti degli anziani, della longevità e del dialogo tra le generazioni.
  Vi rivolgo un grande ringraziamento. È un onore poter portare il mio contributo e alcune considerazioni a questa Pag. 34importante Commissione. Quindi, ringrazio la Presidenza. Ringrazio anche l'onorevole Andrea De Maria, con il quale è nata questa idea, e chiaramente tutti i componenti della Commissione.
  Questa cosa nasce perché, quando in piena pandemia ho avuto modo di approfondire questo straordinario tomo di quasi 400 pagine della relazione della Commissione della XVII legislatura. Mentre studiavo e analizzavo le varie pagine, quindi leggevo dei 21 milioni di euro per tutte le aree metropolitane, dei 9 milioni per i comuni capoluogo, degli indici di centralità, mi colpirono moltissimo alcuni aspetti, precisamente quando la relazione mise in evidenza questi grandi fenomeni dirompenti, che sono il disagio giovanile, il multiculturalismo, la crisi del ceto medio urbano. Poi, mi colpì in quel momento il termine «longevità». Non si parlava di crisi della persona anziana, ma si usava per la prima volta, già in quel momento, la parola «longevità». Questo mi colpì moltissimo.
  Io cerco di portare avanti il grande ruolo strategico che si può avere all'interno delle città di quella che oggi è chiamata la terza missione della conoscenza. Non dico la terza missione dell'università, ma la terza missione del sistema conoscenza, vale a dire l'idea di immaginare sempre di più una città della conoscenza, però non vista soltanto come questi grandi hub, dove ci sono soltanto le istituzioni, le università e il mondo dell'impresa, ma quasi come una learning city, dunque un'idea di una città che possa coinvolgere istituzioni, terzo settore, società civile, abbracciando tutte le periferie.
  Io abito in periferia, nel VI municipio di Roma a Torre Maura, quindi conosco le dinamiche presenti in quelle zone, anche perché lì vicino c'è Tor Vergata. Occorre immaginare di coinvolgere la società civile nelle piazze di periferia, nelle aree più abbandonate, dove i centri di cultura, tipo le università, Pag. 35insieme agli enti locali possono trasferire risultati delle ricerche, delle indagini, presentazioni di libri, insomma momenti culturali molto forti. Non che in alcune città italiane questo non venga fatto, però io credo che ripartire dalla conoscenza possa avere un ruolo determinante.
  Si potrebbe, quindi, immaginare di dar vita a una grande strategia nazionale di un civic university action plan, ossia immaginare che l'università sia sempre più civica e vicina ai cittadini, utilizzando il grande ruolo dei territori e delle città a grande impatto sociale.
  Poi, la longevità, che già nella XVII legislatura è uscita fuori. Noi siamo stati abituati a vedere nei grandi action plan, anche a livello internazionale, penso a quello delle Nazioni Unite, l'idea delle città a misura di anziano. Ebbene, io credo che, con l'avvento dell'intelligenza artificiale e con l'avvento di una age tech generation, sia necessario iniziare a immaginare di dar vita in Italia a un grande piano nazionale, a una grande strategia nazionale su quelle che possono essere le longevity-ready cities, vale a dire città pronte anche alla longevità, che possa riguardare tutto l'arco della vita, quindi superare il famoso concetto dell'invecchiamento attivo e puntare alla longevità.
  La Commissione ha un grande compito, perché è all'interno della cornice, come tanti di voi hanno detto, dell'Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, quindi l'Obiettivo 3, l'Obiettivo 4 e l'Obiettivo 11, quindi il diritto ad avere diritti. Peraltro, quando si parlava di diritto alla città, è tutto lì. È il grande messaggio che Henri Lefebvre ci ha lasciato, che io credo sia centrale come obiettivo, quindi un grande right to the city.
  Grazie.

  ADRIANO DE NARDIS. Buonasera a tutti. Ringrazio il presidente e la Commissione, perché è già la seconda volta che posso partecipare e ho l'onore di portare un'esperienza e Pag. 36soprattutto una disponibilità a poter essere d'aiuto, perché questo penso che chi si mette a questo tavolo debba poter fare.
  Io ho una formazione economica, sono un commercialista, di fatto oggi mi occupo di risk management, ma da oltre ventidue anni ho l'onore di poter essere forgiato alla scuola della Croce rossa italiana, quindi del volontariato. Attualmente sono consigliere nazionale della Croce rossa italiana, ma per dieci anni mi sono occupato di realtà territoriali. Sicuramente il mix tra le due cose mi ha dato un punto di vista e di esperienza che potrebbe tornare utile a questa attività.
  Molte cose le ho portate in audizione, quindi cercherò di non ripeterle. Ho sentito molte cose negli interventi precedenti, il che mi ha stimolato delle riflessioni. Sono stati toccati temi di sanità e inclusione, temi a noi sicuramente molto cari, temi di urbanistica, che però a me ha portato a un collegamento con l'emergenza, perché in questo momento parliamo molto spesso di emergenze, per esempio mi viene in mente emergenza caldo ed emergenza freddo, quando spesse volte fa freddo d'inverno e fa caldo d'estate, il che avviene più o meno ogni anno. Quindi, trattiamo alcune cose perché probabilmente non siamo strutturati, non abbiamo fatto una pianificazione a monte per riuscire ad affrontare temi di questo tipo. Ovviamente, non arrivo alle emergenze più strutturali, vale a dire le emergenze di protezione civile (per capirci) dove molto si potrebbe fare, forse anche all'interno della Commissione, in stretto rapporto con le regioni, per far sì che i piani di emergenza siano sempre più attivi, ma soprattutto conosciuti e diffusi sul territorio, perché questo è quello che fa la differenza in quei momenti.
  Ho sentito parlare di diritti, che io ho declinato molto più facilmente come diritti umani, e nei diritti umani sicuramente, tra le varie cose, molte delle vecchie e nuove povertà sono state indotte dall'emergenza pandemica che abbiamo avuto, ma sicuramentePag. 37 altre ce le portiamo dal punto di vista sistemico da molto più tempo. Ma mi viene in mente anche tutta l'escalation di violenza che c'è stata, ovviamente la violenza sulle donne, ma anche la violenza sui sanitari. Abbiamo inaugurato un osservatorio nel 2017, che poi è stato ripreso anche a livello di Governo, e di questo ringrazio, osservatorio delle violenze sugli operatori sanitari, operatori che durante il momento pandemico erano visti come eroi e che oggi si ritrovano, invece, a doversi difendere spesso non solo da una, ma da più persone che in quel momento intervengono. Anche quello è un qualcosa che ha a che vedere con la strutturazione del sistema sanitario, anche nelle periferie.
  Personalmente faccio un po' fatica sulle periferie, perché le periferie per chi fa il volontario sono il centro. Forse funziona un po' al contrario, nel senso che per noi l'attività principalmente parte da chi ha più bisogno, quindi è lì che dobbiamo guardare e fare l'azione. Da questo punto di vista c'è un ricco bagaglio di strutturazione di associazioni del terzo settore, declinate in tutti gli aspetti, dal mondo giovanile fino agli anziani. Comunque, il nostro è un mondo che sta invecchiando, quindi c'è anche un tema di tipo degenerativo, per cui sarebbe opportuno anche chiedersi se le nostre città sono a misura di persone con autismo, persone con tratti neurodegenerativi sempre più cogenti. Ho visto che sono presenti anche dei medici, che ritengo siano utili anche per questo, perché ci possono dare una visione maggiore. Però, questo lo vediamo anche come servizi per il volontariato. Certo, la cura a casa molto spesso può avere un maggiore effetto per chi è affetto da queste patologie.
  Allora, riuscire a strutturare una sanità – prima si parlava di sanità di prossimità – aiuta la periferia a essere meno periferia. Questo l'abbiamo imparato anche con il Covid, dove Pag. 38l'ospedale non poteva essere raggiungibile da tutti. Eppure, oggi l'ospedale diventa il punto di cura principale. Chi deve curarsi va in ospedale, a prescindere da quello che ha. Quando, invece, gli studi dicono che entro un 10 per cento i casi acuti sono quelli che dovrebbero gestire negli ospedali, invece il resto è sanità territoriale.
  Questi sono gli spunti che vorrei darvi, senza andare oltre. Mi limito soltanto a darvi un ultimo spunto, che trovo particolarmente interessante, su qualcosa che, come spesso succede, già esiste. Per esempio, si parla per gli enti del terzo settore, ma non solo gli enti di terzo settore, nel loro lavoro con il pubblico, di coprogettazione e coprogrammazione. Ebbene, sarebbe importante riuscire ad attuare in maniera adeguata questa attività di coprogettazione e coprogrammazione, considerato che spesso, invece, sono dei semplici appalti, ovverosia viene pensato da un'altra parte e poi viene appaltato al terzo settore o a chi lo deve fare. Invece no, dovrebbe esserci un tema di lavoro insieme. E questo lavoro insieme sulle periferie potrebbe dare un risultato.
  D'altronde, non per forza bisogna creare tutte cose nuove, anche perché ci vuole più tempo di quello che magari si immaginava, ma si potrebbero utilizzare gli strumenti che già sono a disposizione, cercando di portarli sulle periferie, cercando anche di dare alle città una modalità di azione. Questo, ovviamente, porta a un lavoro – prima si parlava di osmosi – di collaborazione tra tutti gli enti. Quindi, riuscire a essere guida in una Commissione come questa per più situazioni porta a non essere stratificati, ma porta ad avere una collaborazione che diventa sinergica.
  Considerato che oggi è 25 marzo, la giornata dedicata al Sommo poeta, Dante Alighieri, mi permetto di dire che dobbiamo riuscire a cancellare la famosa frase «lasciate ogni Pag. 39speranza, o voi ch'entrate» per quanto riguarda le periferie e arrivare, invece, a poter sviluppare tutte quelle forze che ci portano a tirar fuori «l'amor che move il sole e l'altre stelle».
  Grazie.

  EMANUELE MERLINO. Buonasera. Ringrazio il presidente e tutti i membri della Commissione, nonché i colleghi consulenti.
  Io vengo da un'esperienza sul campo, che poi è diventata un'altra cosa come vi dirò, perché per molti anni ho collaborato alla gestione di un centro culturale dell'estrema periferia romana, in un quartiere che qualcuno forse conoscerà visto che ci occupiamo di questo tema, che si chiama Casale Caletto, che è attaccato al quartiere La Rustica, un quartiere di circa 5.000 abitanti, caratterizzato dalla presenza di case popolari.
  Ebbene, in quell'area insisteva un centro culturale di pertinenza del municipio, all'epoca municipio V, interessante, chiaramente interessante rispetto alle dinamiche che affronta questa Commissione, non solo perché era nell'estrema periferia, ma anche perché anni dopo, lavorando a questo progetto, scoprimmo che lo stesso centro culturale di pertinenza del municipio non era accatastato, non aveva l'agibilità, quindi a un certo punto arrivò il cambiamento del governo del municipio e per motivi di regole giustamente fu chiuso il centro culturale, abbandonando il quartiere a sé stesso. Quel tipo di esperienza, rispetto a cui stavo preparando un report sulle cose fatte, dimostra quello che è stato detto in più interventi, vale a dire che l'impegno nelle zone degradate o depresse deve essere necessariamente un intervento olistico.
  Oggi mi occupo in maniera istituzionale di cultura, dato che sono il capo della segreteria tecnica del Ministro Sangiuliano, e sentendo dire che non si può aprire un teatro se non c'è lavoro da una parte un po' mi turba, ma lo condivido in realtà, perché Pag. 40nel momento in cui non c'è il lavoro tutto il resto è enormemente importante, ma rischia di essere l'accensione di una luce che, però, poi si spegne.
  Ciò che ho vissuto in questi anni e che vedo anche all'interno del ministero rispetto al tema delle periferie è che molto spesso ci viene chiesto dalle associazioni che lavorano sui territori di evitare interventi spot. Ad esempio, anni fa il comune di Roma organizzò un evento bellissimo, denominato «Opera Camion», che prevedeva concerti del Teatro dell'Opera in periferia, davvero meravigliosi, però poi finiva la musica e il quartiere rimaneva sempre il quartiere. Invece, c'erano eventi sicuramente di livello più basso che, però, erano continuativi e molto spesso – voi siete esperti, quindi lo sapete – riuscivano a portare, per quanto possibile, un minimo contributo economico al tessuto sociale.
  Questo, secondo me, è un tema centrale, per vari motivi, tant'è che una delle proposte che ho avanzato in ambito culturale, che è il mio (prima ho lavorato molto nel terzo settore, oggi ho un ruolo istituzionale, quindi è una questione diversa), riguarda quelli che possiamo e dobbiamo chiamare centri culturali utilizzando gli spazi disponibili all'interno delle periferie, ma centri culturali che non si limitino soltanto a presentazioni di libri, conferenze, spettacoli teatrali, aspetti fondamentale questi – prima il professore parlava di subculture, un tema assolutamente centrale, perché non possiamo far finta che il disagio da solo crei la cultura, la cultura sicuramente prospera dove c'è una situazione di disagio, ma dobbiamo costruire un'altra narrazione, dando però anche delle opportunità – ma che abbiano la possibilità di fare anche altro, ossia formazione, centri per l'impiego, presenza dello Stato.
  Badate, la presenza dello Stato sul territorio – non intendo soltanto forze dell'ordine, che sono ovviamente fondamentali, Pag. 41ma forse non c'è neanche bisogno di dirlo – rappresenta un fattore culturale. Il dipendente pubblico, la struttura pubblica in qualche misura garantisce la terzietà rispetto a quello che accade nel tessuto sociale. Le associazioni spesso possono essere considerate di parte o, quantomeno, interessate.
  C'è, quindi, il tema dei centri culturali. Come Ministero della cultura questo riguarda le aree ex Obiettivo 1, quindi il sud Italia. A tal riguardo, presidente, sto preparando una vasta relazione su tutto quello che il ministero ha realizzato, dove c'è anche una valutazione di impatto, che non sempre viene fatta, e su tutto quello che sta realizzando in vari ambiti, chiaramente con le disponibilità economiche a disposizione. Peraltro, abbiamo un dipartimento all'interno della Direzione creatività che si occupa di riqualificazione urbana, per esempio, ma non è soltanto questo, c'è anche lo spettacolo dal vivo e altro ancora. Tutto questo per cercare di arrivare a creare luoghi di questo genere.
  Nelle aree ex Obiettivo 1, quindi le Regioni del sud Italia essenzialmente, con il Programma nazionale cultura abbiamo stanziato 100 milioni di euro per la riqualificazione dei luoghi culturali, per farli diventare centri welfare culturale. Banalizzo moltissimo: immaginate l'idea di un museo, non necessariamente di periferia, che apra una parte, ad esempio, come asilo, o come centro per l'impiego, o come formazione. Riteniamo che sia qualcosa di assolutamente necessario.
  Qualcuno prima parlava di una visione olistica, quindi cultura, lavoro e via elencando. Ebbene, sentendomi responsabile evidentemente, penso che il lavoro che dobbiamo provare a fare, tutti quanti, ognuno con le proprie competenze, sia quello di mettere al centro dell'informazione di questa Commissione ciò che sta accadendo. Ad esempio, questa mattina, mentre andavo al lavoro, ho letto una notizia su internet, che Pag. 42però non ho ancora approfondito, secondo cui il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha annunciato un progetto per costruire sessanta comunità giovanili. Non ho visto come viene declinata la cosa, quindi non entro nel merito del progetto in sé, però penso che un progetto come quello possa avere grandissima attinenza con un progetto con fondi europei per fare welfare culturale.
  Io credo che una delle cose necessarie da fare sia quella di mettere a sistema tutte queste informazioni, per far sì non soltanto che ognuno non vada per la propria strada, ma anche che le risorse, che sono così poche e che evidentemente non sempre sappiamo spendere, non vengano disperse in mille rivoli, che poi, invece di arrivare al mare, si seccano nel deserto.
  Grazie.

  MARIA EUGENIA CADEDDU. Grazie, presidente. Sono Maria Eugenia Cadeddu, sono un ricercatore del CNR afferente al settore delle scienze storiche. Nell'ambito del mio percorso di ricerca mi sono occupata di vari temi, dalle relazioni italo-iberiche in epoca medievale e contemporanea alla storia delle biblioteche, al plurilinguismo, fino alle migrazioni di epoca contemporanea.
  Nel settore proprio delle migrazioni sono stata consulente della Commissione migranti della XVII legislatura e ho seguito e partecipato a diversi progetti di ricerca, anche con il collega Marco Accorinti, progetti di ricerca e tematiche comunque inerenti anche al tema della Commissione periferia, dal momento che ci siamo occupati di centri di accoglienza, associazionismo delle comunità migranti, buone pratiche.
  Attualmente, inoltre, coordino un progetto CNR sul quartiere di San Lorenzo, a Roma, il quartiere dove è ubicata la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche, un progetto basato sul rapporto tra la sede centrale del CNR e il quartiere Pag. 43di San Lorenzo come metafora tra la ricerca e la società. È un progetto che conta diverse collaborazioni, che ha costruito una sua rete e che vede anche la partecipazione di una scuola. È un progetto dedicato alle scritture esposte e alla street art, alla capacità di leggere il territorio.
  Mi sono anche occupata di scuola e a questo proposito, per venire al tema delle periferie, anch'io vorrei sottolineare l'importanza del tema scuola. Ricordo che l'articolo 34 della Costituzione sancisce che la scuola è aperta a tutti e che i capaci e i meritevoli, anche non disponendo di mezzi economici, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. Penso che questo sia un monito molto importante. I disagi e le difficoltà socioeconomiche possono influire sulla dispersione scolastica e sui percorsi formativi. Questo è un tema che è stato messo bene in evidenza, come anche il concetto di scuola aperta a tutti, dalla recente audizione del ministro Valditara, com'era stato a suo tempo messo in evidenza dal ministro Fedeli nella precedente Commissione.
  La centralità della scuola e l'importanza dell'educazione sul tema delle periferie sono aspetti che qui sono già stati citati, ma anche come le scuole siano dei presìdi aperti sul territorio. Questo elemento è stato evidenziato recentemente anche dal commissario Ciciliano nell'ambito dell'audizione su Caivano. Io penso che sia un tema fondamentale da sviluppare e da indagare.
  Mi ha molto colpito, nel leggere i resoconti della precedente Commissione, che un deputato abbia dichiarato che, proprio nel corso delle indagini svolte da quella Commissione, si sia trovato di fronte a dirigenti scolastici preparatissimi proprio nelle periferie, con grande capacità e grande interesse a svolgere il proprio lavoro.Pag. 44
  Un altro tema che vorrei sottolineare è quello delle buone pratiche. Anche qui, si tratta di un tema ampiamente impostato (mi si permetta il termine) dal presidente Brunetta nella sua audizione, ma le buone pratiche erano presenti anche nella precedente Commissione, e l'audizione della Comunità di Sant'Egidio ne metteva diverse in evidenza. Anche qui, c'è stato un suggerimento preciso da parte del presidente Brunetta di avviare una sorta di racconto o, comunque, di rendere note queste buone pratiche sulle periferie.
  Un altro tema che mi permetto di evidenziare a questa Commissione, magari anche in funzione di quella che poi sarà la relazione, collegandomi a quanto detto dal dottor Merlino, è rappresentato dall'importanza dell'arte, dei musei, delle biblioteche, di una cultura che non sia soltanto fatta di eventi, ma sia fatta anche di presenza nel territorio.
  Penso che l'arte, al di là della sua funzione decorativa, alla quale molto spesso rischia di essere ridotta, possa fornire un contributo straordinario nel quadro delle periferie. Vorrei ricordare soltanto alcuni dati. I musei e le biblioteche di Roma, numerosissime, sono per massima parte concentrate all'interno del grande raccordo anulare. Probabilmente il Museo delle periferie, al quartiere di Tor Bella Monaca, sarà il primo museo al di fuori del grande raccordo anulare. Anche le biblioteche di Roma costituiscono una rete importantissima. A tal riguardo, sottolineo che una biblioteca non è soltanto un luogo di conservazione o di prestito di libri. Le biblioteche sono spazi fondamentali per l'accoglienza e la socialità e svolgono diverse attività culturali. Penso che le biblioteche di Roma siano un esempio importantissimo in questo senso. Sarebbe opportuno e auspicabile che possano essere più numerose sul territorio.
  Vorrei citare un altro esempio: i progetti artistici nelle carceri. La Fondazione Pastificio Cerere, insieme alla FondazionePag. 45 Severino, ha un progetto sull'arte nel carcere di Rebibbia che trovo sia un esempio particolarmente interessante.
  In ultimo, sempre riguardo alle periferie di Roma, grande rilevanza assumono i siti archeologici, i beni culturali. È vero che si parla spesso di queste periferie anche come non luoghi. Non è ovviamente una narrazione esclusiva, tengo a precisare. Se ne parla spesso in questo modo. Però, è altrettanto vero che il territorio esterno alla città di Roma offrirebbe diverse possibilità di sviluppo e di attività non soltanto culturali, ma anche proprio di sviluppo territoriale.
  Con questo concludo, spero di aver citato tutti gli argomenti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie mille agli intervenuti, e grazie anche a tutti i colleghi, a quelli collegati e a quelli in presenza.
  È stato un momento importante. Sono passate oltre due ore in cui ognuno ha dato il suo contributo. Questa deve essere, però, anche un'occasione per creare rete. È una cosa alla quale io, ma anche gli altri colleghi della Commissione, teniamo molto. Dobbiamo fare rete tra noi.
  Ci sono all'interno di questa Commissione delle professionalità veramente importanti. Dobbiamo fare sinergia, nel senso etimologico del termine, quindi lavorare insieme. A noi il compito di coordinare un po' questo tipo di meccanismo. Ne abbiamo già parlato e vi forniremo anche ulteriori indicazioni nelle prossime settimane. La cosa alla quale tengo molto è il fatto che voi vi sentiate tutti coinvolti in questa sfida per provare a dare il nostro contributo in una tematica che è al centro dell'agenda politica del Paese. Ci tengo molto al fatto che voi sentiate anche un po' vostra questa Commissione e i risultati che ne usciranno. Abbiamo davanti circa tre anni e mezzo di lavoro. C'è la possibilità di fare tantissimo, con un'attenzione della politica che al di là dei partiti, di tutta la politica. Pag. 46Un'attenzione probabilmente non riscontrabile in passato, perché il tema delle periferie è veramente arrivato al centro. Sembra un gioco di parole, però credo che sia una considerazione di fondo che voi condividiate.
  Oggi abbiamo messo tanta carne a cuocere, ognuno dal suo ambito di provenienza, però compito nostro, di noi parlamentari, è quello di fare sintesi e di canalizzare, passatemi il termine, tutte queste energie positive, tutta questa voglia di partecipare e di dare una mano, che anche stamattina è stata evidente e che ci carica di ottimismo, ma anche di responsabilità, perché, come è stato detto in molti interventi, sentiamo anche tutte le aspettative che ci sono attorno a questa Commissione.
  Noi, insieme, ce la metteremo tutta.
  Dichiaro conclusa l'audizione, e rinnovo i ringraziamenti a tutti voi.

  La seduta termina alle 17.15.