XIX Legislatura

Commissioni Riunite (XI-XIV Camera e 4a-10a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 5 dicembre 2023
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzetto Walter , Presidente ... 3 

Audizione del Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, sulle tematiche di sua competenza (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica,):
Rizzetto Walter , Presidente ... 3 
Schmit Nicolas , Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali ... 4 
Rizzetto Walter , Presidente ... 15 
De Monte Isabella (IV-C-RE)  ... 15 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 16 
Murelli Elena  ... 17 
Rizzetto Walter , Presidente ... 18 
Schmit Nicolas , Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali ... 18 
Rizzetto Walter , Presidente ... 26 
Pellegrino Cinzia  ... 26 
Carotenuto Dario (M5S)  ... 26 
Gribaudo Chiara (PD-IDP)  ... 27 
Camusso Susanna Lina Giulia  ... 28 
Pirro Elisa  ... 29 
Zullo Ignazio  ... 29 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 30 
Terzi Di Sant'Agata Giuliomaria  ... 31 
Rizzetto Walter , Presidente ... 32 
Schmit Nicolas , Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali ... 32 
Rizzetto Walter , Presidente ... 40

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XI COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI
DEPUTATI WALTER RIZZETTO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, sulle tematiche di sua competenza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica.
  Do innanzitutto il benvenuto al Commissario Nicolas Schmit, che ringrazio per il suo intervento alla seduta odierna, anche a nome del presidente della XIV Commissione politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati onorevole, Alessandro Giglio Vigna, nonché dei presidenti della 4a Commissione del Senato politiche dell'Unione europea, senatore Giuliomaria Terzi di Sant'Agata, e della 10a Commissione del Senato Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale, senatore Franco Zaffini.
  Consideriamo molto importante consolidare il rapporto diretto fra il Parlamento italiano e la Commissione europea attraverso occasioni come quella di oggi, che integrano di fatto Pag. 4il dialogo politico sviluppato attraverso la trasmissione e la connessione delle nostre proposte sui progetti di atti dell'Unione europea.
  Questi incontri, infatti, sono a nostro avviso di estrema utilità, in quanto permettono uno scambio importante tra la Commissione europea e noi parlamentari nazionali con riguardo alle scelte politiche e legislative operate a livello di Unione europea.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori delle Commissioni e garantire a tutti i gruppi di poter intervenire, chiedo ai colleghi di far pervenire sin da ora al banco della Presidenza le proprie richieste di intervento per poter ripartire il tempo a disposizione e dare modo al Commissario di replicare.
  Cedo immediatamente la parola al Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit. Prego.

  NICOLAS SCHMIT, Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali. Grazie, Presidente.
  Per me è un grande onore essere invitato dai membri del Senato e della Camera e presentare la grande linea della politica sociale europea.
  Col vostro permesso passerei all'inglese perché è alquanto difficile per me continuare in italiano.
  Sappiamo tutti che stiamo attraversando enormi trasformazioni, enormi cambiamenti, nell'economia e anche a livello geopolitico. Si tratta di una sfida per l'Europa e per l'Unione europea, a livello economico chiaramente ma anche per i nostri cittadini.
  Questa Commissione ha lanciato un programma ambizioso per la transizione climatica, perché ci troviamo ad affrontare cambiamenti climatici in tanti luoghi dell'Europa e del mondo. Pag. 5Viviamo le conseguenze dei cambiamenti climatici e quindi l'Europa non può non avere politiche attive in questo settore.
  Attualmente si sta svolgendo la Cop a Dubai, dove tutto il mondo sta parlando delle soluzioni necessarie per poter affrontare i problemi derivanti dai cambiamenti climatici.
  Stiamo anche vivendo la trasformazione delle nostre economie, non soltanto perché sta cambiando la globalizzazione ma anche perché la tecnologia è sempre più pervasiva in tanti settori e attività.
  Abbiamo la robotizzazione in tutta l'economia. L'importanza della digitalizzazione è evidente, abbiamo l'intelligenza artificiale che sta diventando davvero un tema fondamentale anche per l'Europa, quindi l'Europa deve capire come essere competitiva nel campo dell'intelligenza artificiale. Il futuro della nostra economia e dell'economia globale sarà anche deciso dalla posizione che riusciremo ad avere in quest'area fondamentale.
  Tutto questo è per i nostri cittadini, voi rappresentate i cittadini italiani; noi rappresentiamo i cittadini europei, ed è una sfida. Molti sono preoccupati per le loro vite, il loro benessere, per il loro reddito, per il reddito e il benessere dei loro figli, e sono preoccupazioni che dobbiamo prendere molto sul serio.
  Ci stiamo avvicinando alle elezioni europee e queste sono alcune delle domande che ci verranno fatte; ci chiederanno quali soluzioni abbiamo, cosa intendiamo fare per quanto riguarda queste trasformazioni e transizioni affinché nessuno sia lasciato indietro e per evitare che i divari nelle nostre società aumentino.
  Per questo le politiche sociali sono importanti, in senso ampio. Non soltanto è un dovere di tutti gli Stati membri avere politiche sociali e occupazionali attive, ma questa è una dimensionePag. 6 che deve essere anche europea. Abbiamo l'obbligo di favorire una convergenza sociale tra gli Stati membri proprio per poter avere una solidarietà reale tra i nostri Stati membri in termini di standard di vita, di opportunità, solidarietà nelle nostre società e nei nostri Stati membri, ma anche evidentemente tra gli Stati membri dell'Unione europea.
  Le politiche in questo settore della nostra Commissione si basano su un documento che è stato adottato circa sei anni fa a Göteborg, in Svezia, il Pilastro dei Diritti Sociali, che non è un documento vincolante dal punto di vista giuridico, pur avendo dei principi estremamente concreti, venti principi.
  Sono gli impegni della società europea, riguarda l'uguaglianza tra uomini e donne, il diritto ad avere capacità e conoscenze, il diritto ad avere salari minimi adeguati, redditi adeguati. Questi sono i principi fondamentali del Pilastro dei Diritti Sociali.
  Noi abbiamo cercato di trasformare questi concetti in politiche concrete. Siamo stati aiutati dal vertice sociale di Porto, che è stato organizzato tre anni fa durante la presidenza portoghese. Lì i capi di Stato e di Governo hanno stabilito un piano d'azione che include impegni sociali in varie aree per rendere l'Europa socialmente forte ed economicamente forte. Sono due facce della stessa medaglia, avere un'economia forte, attiva, innovativa, che includa tutti, e allo stesso tempo avere dei diritti sociali, che è qualcosa che è molto vicino ai nostri valori europei, l'idea di non voler lasciare nessuno indietro e dare opportunità a tutti.
  Quindi, brevemente, a Porto abbiamo definito tre obiettivi fondamentali.
  Il primo è quello di inserire tutte le persone attive nel mercato del lavoro; si tratta di una sfida perché attualmente, per motivi demografici e di altro genere, rileviamo una carenza Pag. 7di capacità e una carenza di forza-lavoro, quindi dobbiamo aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e dovremmo avere un tasso di occupazione, come media europea, per lo meno del 78 per cento. L'Italia non sta andando molto bene, francamente, per quanto riguarda il tasso di occupazione; l'Italia si è impegnata a migliorare questo tasso di occupazione innalzandolo al 73 per cento.
  Secondo punto. Visto che la nostra economia e la nostra società ci sfidano a livello di sviluppo tecnologico, dobbiamo rendere le nostre tecnologie più verdi introducendo nuove tecnologie a livello trasversale, nelle grandi e nelle piccole aziende. Soprattutto le piccole non potranno sopravvivere se non saranno digitalizzate. L'abbiamo visto durante la pandemia, abbiamo visto quanto è stato importante per le piccole aziende introdurre la digitalizzazione per mantenere i clienti e avere una migliore gestione del mercato. Ormai è fondamentale, quindi dobbiamo davvero aumentare e migliorare le capacità dei nostri cittadini. Questo è un obiettivo: per lo meno il 60 per cento di tutti gli adulti devono poter partecipare ad attività di formazione ogni anno.
  In Europa abbiamo raggiunto il 35 per cento, siamo al di sotto dell'obiettivo del 60 per cento, l'Italia è leggermente al di sotto di questo 35 per cento. Quindi è una sfida per tutti noi quella di migliorare gli sforzi per aumentare le capacità, le conoscenze e la formazione dei nostri cittadini, anche attraverso i cambiamenti tecnologici.
  La terza area riguarda la coesione sociale. Non avremo una buona società, se non riusciremo ad affrontare le minacce e i pericoli di un nuovo mondo globale. Sappiamo quello che sta accadendo non troppo lontano dai nostri confini, ci sono guerre, pressioni, tanti problemi e discussioni per quanto riguardaPag. 8 i sistemi buoni, quelli democratici, rispetto ai sistemi autoritari.
  Un tema riguarda la povertà e l'esclusione. Noi siamo senz'altro un continente ricco, ma allo stesso tempo abbiamo ancora persone che sono escluse dal mercato del lavoro, escluse dalle opportunità, abbiamo milioni di bambini in Europa che sono a rischio povertà. Questo è un pericolo per la nostra stessa prosperità, perché noi abbiamo bisogno di tutti e la povertà esclude tanti dal mercato del lavoro e dalla conoscenza.
  Per questo i capi di Stato a Porto si sono fissati un obiettivo, che è quello di ridurre la povertà o il numero di persone a rischio povertà di 15 milioni in tutta Europa – che è un obiettivo modesto se consideriamo che abbiamo circa 90 milioni di persone nell'Unione europea che sono a rischio povertà – compresi 5 milioni di bambini.
  Tutti noi nei nostri discorsi diciamo che i bambini sono il futuro. Ecco, se sono il futuro, e io lo credo, dobbiamo prenderci cura di loro, dobbiamo davvero offrire loro le giuste opportunità a livello di istruzione, di capacità e conoscenze, di benessere e di salute, quindi questo obiettivo di ridurre di 5 milioni il numero di bambini poveri in Europa è, lo ripeto, un obiettivo modesto. Dovremmo riuscire senz'altro a raggiungerlo entro il 2030.
  Questi sono i tre obiettivi principali.
  Come farcela? Cosa ha fatto la Commissione per migliorare i nostri mezzi e le nostre risorse?
  Innanzitutto abbiamo adottato una direttiva sul salario minimo adeguato; so che in Italia si sta parlando dell'introduzione del salario minimo e forse è proprio per questo che sono qui oggi.
  Quello che posso dirvi è che quando è entrata in carica questa Commissione, la Presidente von der Leyen nel suo primo Pag. 9discorso al Parlamento Europeo disse una cosa molto normale in un certo senso, ma che comunque ha un significato profondo per tantissimi cittadini europei.
  Ha detto che il lavoro deve essere retribuito, «quindi se lavorate, se vi alzate presto ogni mattina, se avete un lavoro difficile da svolgere dovreste avere un salario dignitoso, adeguato, dovreste avere un salario dignitoso per il lavoro che svolgete». Questo è un obiettivo che tutti noi dovremmo condividere.
  Ci sono vari modi per ottenere questo. Nella maggior parte dei Paesi europei il salario minimo è obbligatorio per legge, per garantire che tutti i lavoratori abbiano per lo meno un salario minimo. In altri ancora, come i Paesi scandinavi, ma anche in Austria e in Italia, si usa la contrattazione collettiva.
  Nel Pilastro dei diritti sociali (credo che sia il principio 5 o 6, non ricordo mai) sono previste queste due opzioni. Il che non vuol dire che occorra per forza il salario minimo oppure la contrattazione collettiva; si possono anche fissare i salari minimi con la contrattazione collettiva, il punto è capire cosa sono questi salari minimi e se permettono un livello di vita dignitoso o se non aumentano i divari nella società, soprattutto nelle società in cui c'è un problema enorme, cioè quello dei lavoratori poveri.
  Ecco, quando si parla di lavoratori poveri pensiamo al fatto che si lavora e nonostante ciò si è poveri, non si riesce ad avere uno standard di vita dignitoso, non si offrono ai propri figli condizioni di vita dignitose.
  Questo è un aspetto che abbiamo cercato di gestire introducendo una direttiva che ora gli Stati membri devono recepire.
  Lo dico chiaramente dall'inizio, questo non significa che gli Stati membri saranno obbligati a introdurre un salario minimo obbligatorio.Pag. 10
  Ho avuto tante discussioni con i nostri amici scandinavi, soprattutto svedesi e danesi, i quali hanno detto: «Il nostro mercato del lavoro si basa sulla contrattazione collettiva, il nostro mercato del lavoro si basa su sindacati e organizzazioni datoriali molto forti, che hanno fissato i giusti salari; i nostri salari sono ad un livello che ci consente di raggiungere l'obiettivo di salari dignitosi». Quindi loro hanno escluso sin dall'inizio la propria disponibilità a introdurre il salario minimo, il che va bene.
  Questa direttiva non impone un sistema rispetto a un altro; l'obiettivo della direttiva però è quello di avere salari dignitosi, questo è l'obiettivo da raggiungere. Ed è anche un elemento fondamentale per capire come portare le persone sul mercato del lavoro, se queste persone hanno l'impressione che, pur lavorando, non riescono ad arrivare alla fine del mese.
  Questa è un'esperienza molto difficile, che tanti hanno vissuto in questi ultimi mesi e in questo ultimo anno, in cui all'improvviso in Europa è tornata l'inflazione e tante persone non riuscivano a tirare avanti con il loro salario, perché il prezzo dell'energia e quello dei generi alimentari sono aumentati a dismisura. Anche questo aspetto è legato al tema dei salari dignitosi e appropriati.
  Magari dopo, durante il dibattito, possiamo parlare più in dettaglio di questa direttiva, di cosa chiede agli Stati membri, che significato ha e come può essere recepita.
  Ho accennato anche ad altre iniziative che abbiamo posto in essere, ad esempio una raccomandazione del Consiglio sul reddito minimo adeguato. So che in Italia c'è stato un dibattito sul reddito di cittadinanza; lo so, questo aspetto riguarda le persone che non possono lavorare o che sono state disoccupate per un periodo prolungato o anche solo per un periodo. Ecco, queste persone non devono essere abbandonate, devono riceverePag. 11 un qualche sostegno, un qualche reddito, ma allo stesso tempo devono essere aiutate a reintegrarsi sul mercato del lavoro se è possibile.
  Ho parlato molto dei bambini, per i quali abbiamo lanciato la Child Guarantee, un sistema di garanzia per bambini vulnerabili, il cui obiettivo fondamentale è quello di contrastare la povertà dei bambini con buoni servizi, in termini di assistenza, sanità o istruzione. Questo è il senso della garanzia per i bambini.
  L'Italia prende una parte relativamente alta dei finanziamenti del Fondo sociale europeo proprio per fornire questi servizi ai bambini.
  Infine, un'altra direttiva importante sulla quale stiamo lavorando, che non è ancora stata adottata, riguarda la direttiva sul lavoro tramite piattaforme digitali.
  Ho parlato della tecnologia e dei cambiamenti nella tecnologia e stanno apparendo nuove forme di lavoro che si basano sugli algoritmi, su queste tecnologie.
  Queste piattaforme si sviluppano molto rapidamente in tante aree, conosciamo molto bene i rider, i driver, le persone che portano le pizze a domicilio nelle nostra città, ci sono milioni di giovani che sulle loro biciclette o con le loro automobili vi portano un ordine di cibo da un punto A ad un punto B.
  Spesso queste persone, soprattutto giovani, non hanno alcun tipo di previdenza sociale, non hanno alcun tipo di protezione sociale, non hanno un reddito fisso e costante, spesso lo fanno perché non hanno scelta o lo fanno per avere un reddito in più.
  Questo modello di lavoro tramite piattaforma, al quale non mi oppongo, è un nuovo modello di business che può funzionare e che può essere utile anche in risposta a una domanda che esiste nelle nostre società; se, ad esempio, voglio ricevere una pizza a domicilio alle undici di sera e posso ordinarla a un Pag. 12ristorante perché non voglio uscire di casa va bene, ma questo significa che io ricevo un servizio e devo anche essere pronto a pagare per questo servizio; non può essere consentito che il rider sulla bicicletta debba pagare per le mie aspettative o per i miei desideri.
  Quindi, questa è l'equità che serve nelle nostre società, dove i servizi vanno pagati in modo adeguato, il che significa che le persone che fanno le consegne a domicilio devono essere protette adeguatamente a livello sanitario, contro gli infortuni. Sappiamo che molti di questi giovani hanno incidenti perché vanno sempre di fretta, devono avere anche una forma di pensione per la loro anzianità perché alla fine anche loro vorranno avere una pensione. Se non hanno mai pagato i contributi, chi è che finanzierà questa loro pensione? Dobbiamo pensare a come vengono finanziati i nostri sistemi pensionistici.
  Questo è un tema molto più ampio di quello che conosciamo adesso, riguarda il futuro del lavoro nelle nostre società, riguarda la solidarietà delle nostre società sul tema del lavoro, sulla qualità del lavoro e su come proteggiamo le persone.
  Nel corso dei decenni, se non dei secoli, abbiamo creato un certo sistema sociale con protezione per i lavoratori, al quale non possiamo rinunciare solo perché la tecnologia ci permette di inventare nuove forme di lavoro. Per questo, quindi, abbiamo redatto questa direttiva sul lavoro tramite piattaforme che stabilisce che se si è un lavoratore autonomo naturalmente bisogna rispettare le regole del lavoro autonomo, ma molti di questi non sono lavoratori autonomi perché sono di fatto dei dipendenti, quindi se lo sono ci sono anche degli obblighi da parte datoriale.Pag. 13
  Le piattaforme non possono dire di essere soltanto intermediari e non datori di lavoro. Non è vero, sono datori e hanno quindi il dovere di rispettare i loro obblighi.
  Con la nostra direttiva intendiamo creare regole paritetiche in tutta Europa, un sistema che sia più o meno simile in tutta Europa, che possa anche introdurre concorrenza equa. Perché se io sono una piattaforma e mi avvalgo solo di lavoratori autonomi, allora non pago i contributi previdenziali; e se sono in concorrenza con altre aziende o con altre forme di attività che, invece, quei contributi li pagano, allora questa diventa concorrenza sleale. Quindi dobbiamo davvero ripristinare una situazione di equità e di concorrenza leale tra i vari modelli di business.
  È una direttiva importante e c'è un ulteriore elemento che vorrei citare brevemente.
  Naturalmente queste piattaforme operano sulla base di una gestione algoritmica; tutti noi siamo molto interessati agli algoritmi e all'intelligenza artificiale; le piattaforme operano soltanto con l'intelligenza artificiale, perché sono gli algoritmi che scelgono i rider o gli erogatori di un servizio e sono gli algoritmi che misurano l'efficienza di una certa attività lavorativa e sono sempre gli algoritmi a decidere anche se una persona debba essere esclusa oppure no.
  È una questione economica, sociale, ma in un certo qual modo è anche una questione etica. Quindi fino a che punto possiamo consentire alle macchine di prendere decisioni sulle persone, sulle nostre condizioni sociale o sui nostri diritti sociali.
  Questa direttiva introduce alcuni limiti, nonché criteri di trasparenza su come funzionano o decidono le macchine, e concede a tutti i lavoratori delle piattaforme il diritto di sapere perché la macchina ha deciso una cosa piuttosto che un'altra. Pag. 14Essi hanno anche il diritto di interloquire con qualcuno; non è possibile parlare con un algoritmo, ma bisogna poter parlare con una persona umana. Con ciò si sta creando un primo quadro per gli algoritmi e l'intelligenza artificiale.
  Noi sappiamo che l'evoluzione dell'intelligenza artificiale porterà molte opportunità e molte occasioni, quindi l'Europa non deve evitare di partecipare a questa evoluzione in un contesto globale. Però dobbiamo pur sempre rispettare i nostri valori e quindi dare garanzie e sicurezza.
  È la prima volta che si lavora su un quadro di questo genere, non vogliamo escludere nulla e nessuno ma vogliamo fissare alcune regole su come gli algoritmi debbano e possano funzionare.
  Gli algoritmi vengono utilizzati sempre più nei più svariati contesti e nelle situazioni più svariate, quindi è importante capire e prevedere in che modo si potrà accettare tutto ciò.
  Se ne parla molto, ora c'è un vertice a Londra sul futuro dell'intelligenza artificiale. Io non credo che lo scenario possa essere così catastrofico per cui le macchine si prenderanno il potere su tutto, però il potere di queste macchine cresce sempre più velocemente.
  Abbiamo visto lanciare ChatGPT un annetto fa circa; le nuove versioni di ChatGPT ora sono più efficienti e più intelligenti di quelle lanciate pochi mesi fa, hanno una forte influenza e un'ampia gamma di applicazioni.
  Io terminerei qui questo mio primo intervento, possiamo passare alle domande.
  Desidero ringraziarvi ancora una volta per avermi invitato; sono davvero lieto di avere questa occasione di scambiare con voi delle idee su queste tematiche davvero importanti.
  Io ritengo che ci si trovi in una situazione davvero particolare in Europa, anche per quanto riguarda le sfide geopolitiche Pag. 15che dobbiamo affrontare, questo lo sapete benissimo naturalmente, quindi dobbiamo difendere i nostri valori democratici, dobbiamo difendere i nostri valori umanistici e nel fare tutto ciò dobbiamo anche tutelare il nostro modello sociale.
  Non possiamo abbandonare le persone quando si trovano in difficoltà, le dobbiamo aiutare sempre. Questo è fondamentale per le nostre società, è importante per avere una coesione sociale e quindi è importante anche per garantire una sorta di identità europea. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati e senatori che intendano porre quesiti o formulare osservazioni; considerate le tempistiche darei circa tre minuti a parlamentare.

  ISABELLA DE MONTE. Ringrazio i presidenti. Benvenuto, Commissario. Mi atterrò ai tempi europei e quindi forse anche al di sotto dei tre minuti.
  La mia domanda riguarda la digitalizzazione, perché un tema che è sempre stato affrontato a Bruxelles è quello di come la digitalizzazione possa determinare, purtroppo, anche delle esclusioni lavorative di chi non è pronto per questa fase. Però la mia domanda riguarda tre gap, diciamo tre limiti che purtroppo possono riguardare lo sviluppo del mondo del lavoro.
  Lei ha parlato delle piattaforme, ma le chiederei, soprattutto nel periodo post-pandemia, che cosa si può fare per avere un sistema armonizzato nell'ambito dello smart working, perché ogni Stato va un po' per conto suo (anche in Italia). So che è un tema forse più di mercato interno però comunque riguarda l'ambito del lavoro. Il secondo limite è quello della parità retributiva. Noi siamo nella fase del recepimento della direttiva UE 2023/970 (molto recente), però alcuni studi ci dicono che alla parità retributiva in realtà si arriverà al 2100; quindi, le chiedo se, con questa nuova normativa, le aspettative siano tali Pag. 16da poter anticipare, come auspichiamo, questa data, direi al momento troppo lontana nel tempo.
  Il terzo e ultimo aspetto è quello che fa riferimento alla mobilità delle competenze, di cui è stata presentata la proposta al pacchetto lo scorso 15 novembre. Esistono ancora dei blocchi, addirittura a livello transfrontaliero, circa l'equipollenza dei titoli, cioè non è così automatico come si può pensare. Io vengo ad esempio da una regione del Nord-est, Friuli-Venezia Giulia, e si riscontrano dei limiti anche nei rapporti con la Slovenia. Questo è un problema anche dei rapporti tra i vari Stati.
  Secondo lei cosa si può fare in questi tre ambiti per poter raggiungere una maggiore efficienza dello sviluppo del mercato del lavoro e anche della relazione tra gli Stati membri?

  VALENTINA BARZOTTI. Innanzitutto ci tengo a ringraziare molto il Commissario Schmit per il suo lavoro di questi anni, per il suo impegno e per tutto quello che sta facendo per dare forza ai diritti sociali in Europa e anche per quello che è stato proprio il suo lavoro sulla direttiva in materia di salario minimo all'interno dei Paesi dell'Unione europea.
  Volevo farle tre domande. Rispetto al salario minimo – come lei ha detto e come ha ricordato, oggi inizierà il dibattito in Aula – rispetto anche alle sue dichiarazioni che ha reso nel mese di novembre in relazione al fatto che l'introduzione del salario minimo di legge, e quindi statutory, in Italia possa essere una soluzione preferibile rispetto a una via di contrattazione. Con la delega prevista dal Governo invece si rischia di legittimare una contrattazione pirata e di mettere in discussione la tutela delle persone che vivono in una condizione di lavoro povero.
  Oltre a questo, come MoVimento 5 Stelle riteniamo che la delega sia uno strumento totalmente errato, nel momento in cui non va a introdurre proprio la soglia legale, dato che in tutti Pag. 17questi anni la contrattazione da sola non è riuscita a rispondere alle esigenze del lavoro povero.
  Volevo una sua opinione su questo.
  Poi volevo porle una domanda sull'intelligenza artificiale e sul lavoro tramite piattaforme. Rispetto a questo lei ha fatto riferimento all'imprenditorialità all'interno delle piattaforme digitali. Noi riteniamo che l'imprenditoria all'interno delle piattaforme spesso e volentieri, soprattutto per quanto riguarda i piccoli imprenditori, di fatto si trovi in una condizione prima sociale e poi economica di dipendenza nei confronti delle piattaforme.
  Quindi ci chiediamo se l'iniziativa dell'Unione europea non debba essere più incisiva, considerata questa condizione di dipendenza.

  ELENA MURELLI. Benvenuto al Commissario Schmit. La ringrazio perché nella sua introduzione ha parlato anche della transizione ecologica e della transizione digitale.
  Considerando che il 90 per cento del nostro mercato è formato da piccole e medie imprese – non solo in Italia ma anche in Europa – chiedo se invece sono stati calcolati i costi che queste aziende devono subire – le piccole e medie imprese – per sopportare i costi verso la transizione ecologica e la digital transition.
  Non voglio dire che non lo devono fare perché naturalmente è corretto passare a questa transizione ecologica, ma sicuramente imporre dei tempi e delle limitazioni soprattutto alle piccole e medie imprese diventa preoccupante, anche in particolare riguardo alla cyber-security.
  Diventa ancora più importante se consideriamo le piccole e medie imprese nella competizione europea; mi riferisco al mercato del lavoro, perché molto spesso loro si trovano in competizione con altre aziende che hanno sicuramente un Pag. 18sistema fiscale e un sistema di costi salariali più bassi rispetto ad altri Paesi europei. Quindi questo dumping fiscale e questo dumping salariale crea una competizione molto forte in Europa.
  Pensa quindi che la proposta di salario minimo possa andare anche a colmare e risolvere questo tipo di problema?
  Per quanto riguarda invece il lavoro su piattaforma, sono assolutamente d'accordo che occorra impedire la unfair competition tra le piattaforme, in modo tale che ci sia un business model uguale e si facciano concorrenza sui tipi di servizi offerti e sulla qualità. Queste piattaforme, però, come finanziano la social security e come si alimenta il sistema di pensione di questi dipendenti se non si sa neanche dove vanno pagate le tasse in Europa?
  Una domanda riguarda la mobilità delle competenze e dei talenti, perché come diceva la collega De Monte ci sono dei problemi di equipollenza dei titoli specialmente nei dottorati, per esempio, anche tra Italia e Spagna. Quindi sicuramente bisogna garantire la mobilità dei talenti, ma bisogna anche riconoscere quelli che sono i titoli di studio in tutta Europa.
  L'ultimo problema riguarda il sistema pensionistico e il sistema della sicurezza sociale tra i Paesi, in modo tale che siano riconosciute prestazioni allo stesso livello e non ci siano problemi di tassazioni tra i diversi Paesi.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per una prima replica.

  NICOLAS SCHMIT, Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali. Rispondo ora altrimenti rischio di dimenticare le domande.
  Sulla digitalizzazione e il lavoro. La direttiva sulle piattaforme è un primo passo importante volto ad armonizzare le regole di base di questo tipo di economia, che noi chiamiamo Pag. 19gig economy, che sta assumendo anche una dimensione sempre più internazionale visto che esistono sempre più piattaforme internazionali sulle quali le persone lavorano e pertanto servono regole. Regole europee sì, ma probabilmente anche regole internazionali.
  Io sono in contatto con il direttore generale dell'OIL (l'Organizzazione internazionale del lavoro), che vuole promuovere una conferenza proprio sul tema delle regole internazionali per le piattaforme, su quali siano i diritti sociali, i diritti di questi lavoratori in termini più globali. Quindi abbiamo bisogno di norme comuni, certamente.
  Faccio un esempio, anch'esso legato alla digitalizzazione, cioè il diritto di disconnettersi, perché in fondo siamo tutti umani, non siamo robot. Noi possiamo lavorare molto, ma non possiamo lavorare sempre e continuamente, quindi occorre concedere ai lavoratori il diritto di disconnettersi: non si può essere reperibili ogni giorno, ogni ora, ogni minuto per tutto l'anno, è impossibile.
  Per questo è importante avere il diritto di disconnettersi: occorrono regole comuni e condivise, e anche regole da negoziare per ogni impresa perché le imprese sono diverse tra loro.
  C'è stato anche un negoziato tra le parti sociali in Europa, ma non ha avuto successo; non sono riuscite ad arrivare a un accordo su questo tema importante, che riguarda ovviamente anche la salute e la sicurezza dei lavoratori.
  Ora, proprio perché non abbiamo più tanti lavoratori a causa di carenze, è meglio proteggerli e garantire la loro salute e sicurezza.
  La Commissione si trova di fronte a queste sfide e dobbiamo capire in che modo vogliamo rimettere mano a questo dossier.
  Quindi sì, lo smart working è perfetto; la digitalizzazione e la robotizzazione e anche l'intelligenza artificiale possono portarePag. 20 tanti vantaggi e benefici, riducendo tutta una serie di mansioni ripetitive in diversi ambiti lavorativi, e questo è un aspetto positivo.
  Però, in relazione agli aspetti negativi servono standard comuni a livello europeo.
  Per quanto riguarda la parità di salario, nel Trattato di Roma nel lontano 1957 fu introdotto il principio della parità di retribuzione per uomini e donne. Appunto, nel lontano 1957, quando nella maggior parte dei Paesi addirittura le donne coniugate non potevano aprire un conto corrente proprio (almeno nel mio Paese accadeva questo), però nel Trattato di Roma vigeva il principio della parità di trattamento economico. Ma siamo lontani da questo obiettivo: in Italia abbiamo una differenza retributiva superiore al 10/15 per cento tra uomini e donne, in altri Paesi questa differenza è del 20 per cento; stesso lavoro, ma differenza di stipendio tra donne e uomini. Qualcuno ha detto che ci vorranno altri cento anni. Io ho due figlie; posso dire alle mie figlie: «Voi non fate ancora parte di questo mondo: non accadrà con voi, perché ci vorranno ancora due o tre o quattro generazioni prima che sia garantita la parità di retribuzione per le donne»? Ma no, per carità, non posso certo dire loro questo.
  È per questo che la nostra Commissione è molto attenta al discorso della parità tra donne e uomini e abbiamo introdotto la direttiva sulla trasparenza, quantomeno per sapere che cosa succede all'interno di un'azienda e come mai una determinata persona guadagna il 20 per cento più di me anche se facciamo lo stesso lavoro: se le mansioni sono diverse d'accordo, però se sono le stesse occorre parità. Dunque, questo è il contenuto della Direttiva che state per recepire, mi è parso di capire.
  Quindi questo tema è molto importante per la nostra società, ma è importante anche per il mercato del lavoro. Noi vogliamo Pag. 21attrarre più donne sul nostro mercato del lavoro, abbiamo ancora un divario tra i tassi di occupazione sul nostro mercato del lavoro: in Italia la situazione non è buona, mancano le donne sul mercato del lavoro. Ci lamentiamo delle carenze eppure lasciamo ai margini una metà della potenziale forza-lavoro in Italia, un 40 per cento all'incirca, mentre in altri Paesi molto meno. Molto spesso le donne si trovano fuori dal mercato del lavoro, ma sono molto qualificate, eppure non lavorano per vari motivi: o perché non hanno un incentivo in termini salariali, oppure non hanno assistenza per i figli, oppure devono scegliere un impiego part-time sebbene vogliano lavorare di più, ma con il part-time naturalmente vengono escluse da un normale avanzamento di carriera nella propria azienda. Per questo la direttiva è importante.
  La domanda sulla mobilità. Sì, è importante avere questa mobilità all'interno dell'Europa, perché parliamo di libera circolazione, di lavoratori e di persone e questo è un aspetto legato alle competenze. Naturalmente questo è l'anno delle competenze; noi abbiamo reso centrale la questione delle competenze per motivi validissimi, ma esiste la questione per cui non sempre vengono riconosciute le competenze o le qualifiche, o ancora i titoli di studio che vengano rilasciati in altri Stati Membri; alcune professioni sono ben regolamentate e il sistema funziona più o meno (dico più o meno) mentre in molti altri campi è più difficile, quindi ci dobbiamo dare da fare.
  La presidenza spagnola ha spinto molto su questo tema per migliorare il riconoscimento dei titoli. Parliamo di Paesi terzi, perché noi vogliamo attrarre talenti da Paesi terzi, per cui se una persona di un Paese terzo viene in Europa cosa fare con il riconoscimento dei suoi titoli, delle sue competenze? Vogliamo gli ingegneri dall'India e i medici da non so dove, ebbene noi dobbiamo avere le modalità e i meccanismi per riconoscere i Pag. 22loro titoli. Ma quello che si applica a un Paese terzo deve applicarsi anche ai Paesi dell'Unione europea ed è per questo che ci dobbiamo dare ancora da fare per questo riconoscimento reciproco.
  Ora passo al salario minimo. Ho detto chiaramente che la Commissione, con la direttiva non intende imporre un salario minimo negli Stati membri, non può esserci questo obbligo. Quindi esistono due sistemi, anzi vigono tre sistemi direi.
  Abbiamo la contrattazione collettiva soltanto, è quello che avviene in Italia, in Svezia, in Austria e in Danimarca (forse Cipro, però l'hanno abolito, ora hanno introdotto il salario minimo).
  Poi abbiamo l'altro modello, quello del salario minimo più la contrattazione collettiva. Non è una scelta. Non è una scelta e su questo voglio essere davvero chiaro, non è una scelta tra contrattazione collettiva o salario minimo. No. La scelta riguarda la contrattazione insieme al salario minimo.
  Perché entrambi? Perché se vi trovate in una situazione in cui la contrattazione collettiva non funziona bene, o perché molte persone non sono coperte da accordi collettivi, e non mi pare che sia questo il caso dell'Italia, oppure la contrattazione collettiva non porta dei buoni risultati perché vi sono degli squilibri tra le parti sociali in fase negoziale, quindi non abbiamo una situazione come in Austria dove abbiamo una grande confederazione sindacale che negozia con i datori di lavoro e quindi arrivano ad accordi in vari settori come per esempio anche in Svezia, quando non è possibile questo, allora si può arrivare a una situazione in cui, malgrado una vasta copertura di accordi collettivi, i salari sono molto bassi.
  Quindi, cosa fare in questi casi? Vi sono due soluzioni: o si lavora seriamente al sistema di contrattazione collettiva per migliorarlo. Lo potete fare? Non lo so, quindi io vi do semplicementePag. 23 le opzioni che avete. Voi dovete migliorare il sistema di contrattazione collettiva. Avete sindacati in tutti i settori, che genere di sindacati avete, come lavorano, come vengono svolti i negoziati, sono svolti a livello periodico oppure il contratto vale per dieci anni? Se poi arriva l'inflazione magari in un solo anno il risultato conseguito con l'accordo collettivo viene perso. Questo è quello che succede con la contrattazione collettiva.
  Dovete verificare il vostro sistema; se non funziona bene, potreste avere un altissimo numero di lavoratori in povertà. Questo è un problema, per cui non viene garantito l'obiettivo dei salari dignitosi nella vostra società e nella vostra economia.
  Poi dovreste anche abbinare eventualmente la contrattazione. Tra l'altro nella direttiva si pensa alle due cose, cioè che gli Stati membri con le parti sociali devono rafforzare la contrattazione e arrivare se possibile a un minimo dell'80 per cento di copertura, oppure abbiamo un sistema in cui si determinano i salari minimi, non in via esclusiva ma insieme.
  Vi faccio l'esempio della Germania. La Germania non aveva il salario minimo fino al 2015. Chi era contro il salario minimo in Germania? Probabilmente i datori di lavoro, ma anche i sindacati si opponevano a un salario minimo in Germania, fino a quando non hanno scoperto, soprattutto dopo la riunificazione, che sempre più persone non erano coperte da accordi collettivi dignitosi e che il numero di persone con salari molto bassi, in un'economia relativamente ricca, era diventato un elemento davvero di frattura. C'è stato quindi un dibattito e nel 2015 è stato introdotto un salario minimo in Germania, a un livello relativamente modesto, che poi è aumentato perché hanno anche creato un sistema per adeguare il salario minimo, e continuano a parlarne per migliorarlo.
  Il che dimostra che in alcune circostanze c'è bisogno di uno sforzo collettivo per avere un salario minimo, perché la contrattazionePag. 24 collettiva potrebbe non essere in grado di coprire una parte sostanziale della forza-lavoro e questo non va bene per l'economia. Non va bene avere una grande parte dell'economia coperta da salari molto bassi.
  Il salario non riguarda soltanto aspetti sociali, non è soltanto un costo come è stato detto, è anche un elemento fondamentale di un'economia che si basa sulla domanda. Se tante persone hanno salari molto bassi, non ci si può aspettare che queste persone contribuiscano ad aumentare la domanda interna. Per questo credo che occorra bilanciare i due punti di vista e studiare la soluzione migliore per avere dei salari normali nel Paese.
  La Commissione ha fornito alcuni elementi procedurali, ma ci sono due elementi in particolare che vorrei sottolineare e sui quali vorrei insistere.
  Non possiamo dire che il salario minimo in Europa debba essere pari a 1000, 2000 euro o 800 euro, questo non è possibile e non vogliamo farlo; sarebbe impossibile perché non si può avere un unico salario minimo in Europa.
  Quello che abbiamo detto, però, è di guardare al salario mediano che può oscillare tra il 60 e il 50 per cento. Questo è un indicatore, non è una cosa da applicare alla cieca, ma è comunque un indicatore. Ed è una discussione che bisognerebbe avere per capire quali sono i salari, quante persone sono al di sotto del 60 per cento del salario mediano; se il numero è grande significa che l'economia ha dei problemi.
  Poi c'è il tema della produttività. Un Paese con salari bassi in cui una grande parte dell'economia ha salari bassi (ed è una discussione che ho avuto con i Paesi dell'Europa centrale soprattutto e ora stanno cambiando perché hanno capito il tema), quando si ha una grande parte dell'economia con un salario basso questa non è una buona garanzia per avere Pag. 25un'economia produttiva competitiva, perché quando si hanno salari bassi i datori di lavoro non investono nelle tecnologie digitali. Magari si potrà lavorare sul mercato locale, ma se poi c'è un concorrente che investe in quel mercato in modo più produttivo e più competitivo, prima o poi si perderanno quote di mercato, si perderà la propria attività, quindi dobbiamo investire nella produttività. Questo non può essere fatto se allo stesso tempo non si offrono salari migliori. So che i salari migliori vanno di pari passo con la produttività, c'è un'interazione tra produttività da un lato e competenze e lavoro più produttivo dall'altro.
  Venendo ora all'intelligenza artificiale, io direi che certamente va sviluppata. Quello che è stato detto sulla subordinazione è verissimo, è proprio il tema di questa direttiva, per capire chi è subordinato e chi non lo è.
  Per quanto riguarda la transizione digitale e l'ambiente. Sapete che la transizione green è per le piccole e medie imprese, per loro è più un'opportunità che un rischio, a patto che si investa nelle capacità e nelle nuove tecnologie offerte. Se dobbiamo ammodernare tante cose nella nostra economia e nelle nostre società, questo vale soprattutto per le piccole e medie imprese, sono queste che potranno sviluppare nuove tecnologie, nuovi lavori, potranno ristrutturare gli edifici, potranno installare pannelli solari. Questo non riguarda le grandi aziende; potrebbe riguardare la produzione ma questo è un altro tema; l'industria in questo settore è importantissima ma il tema dell'applicazione vera e propria riguarda le piccole e medie imprese.
  Qui naturalmente dobbiamo sostenere le piccole e medie imprese affinché possano affrontare queste nuove sfide, offrendo formazione ai loro dipendenti, aiutandole ad adeguarsi a questa transizione e a questi cambiamenti.Pag. 26
  Per quanto riguarda i sistemi pensionistici, il welfare. Abbiamo tanti sistemi pensionistici diversi in tutta Europa e io, da Commissario, non direi mai che occorre armonizzare il sistema pensionistico. Quello che dobbiamo fare è garantire che ogni sistema nazionale abbia un regime pensionistico finanziariamente sostenibile, perché altrimenti le future generazioni non avranno mai una pensione dignitosa. Ma deve anche essere un sistema pensionistico adeguato, in modo che i pensionati abbiano uno standard di vita dignitoso.
  Questo è il nostro obbligo sociale, questo riguarda la solidarietà intergenerazionale.

  PRESIDENTE. Abbiamo altri interventi di deputati e senatori. Vi prego, la tempistica.

  CINZIA PELLEGRINO. Grazie, dottor Schmit, per l'esaustiva spiegazione che ci ha dato prima.
  Il tema, secondo me, non è soltanto ragionare sul salario o meno, ma anche ad esempio sulla riconversione professionale, che è un tema che può sicuramente dare una migliore aspettativa lavorativa e che è urgente adottare anche in seguito alle conseguenze – opportunità o rischi – derivanti dall'intelligenza artificiale.
  Quindi in merito a questo volevo chiedere se si sta lavorando per promuovere una migliore riconversione professionale anche e soprattutto nel campo dell'intelligenza artificiale e se in generale si intende promuovere un'adeguata formazione e specializzazione proprio del personale in merito alla più recente evoluzione di cui ci stiamo occupando.

  DARIO CAROTENUTO. Grazie per la relazione veramente molto interessante.
  Volevo domandarle, visto che la maggioranza di Governo sta per approvare un provvedimento che introduce il criterio dei Pag. 27contratti maggiormente applicati, con il rischio di una legalizzazione di fatto dei cosiddetti contratti pirata, se non si prefiguri una violazione del diritto dell'Unione europea, stante che questo testo non prevede una tutela di livello generale di protezione – come offerto ai lavoratori in altri Stati membri – non istituisce le necessarie procedure per la determinazione e l'aggiornamento dei salari minimi con cadenza almeno biennale e non dispone un aumento della copertura della contrattazione collettiva sino ad arrivare all'80 per cento, posto che la determinazione del salario minimo resterebbe affidata alla contrattazione medesima.
  Infine, le volevo domandare se una soglia al di sotto dei 9 euro l'ora, che in questo Paese è quella che consente a chi lavora a tempo pieno di superare la soglia di povertà, sarebbe compatibile appunto con la direttiva europea, a maggior ragione dal momento che uno strumento come il reddito di cittadinanza, che forniva un supporto economico per consentire a chi era sotto soglia di raggiungere almeno quel limite, che l'Istat calcola come soglia di povertà, è stato eliminato.
  Lei ha dedicato buona parte del suo intervento alla povertà; le chiedo una sua opinione sulle sperimentazioni fatte in Europa – ma non solo in Europa – sul reddito minimo universale.
  Infine, le chiedo se non ritenga necessario frenare il dumping salariale all'interno della stessa Unione europea.

  CHIARA GRIBAUDO. Ringrazio il Commissario Schmit.
  Mi concentro sull'aspetto che lei ha toccato, cioè la povertà educativa infantile. Per la verità, nel nostro Paese, come lei sa bene, non va meglio per i giovani italiani, nel senso che continuiamo ad avere il triste primato di essere coloro che hanno il maggior numero di NEET, cioè di ragazzi e ragazze Pag. 28che non studiano e non lavorano; da questo punto di vista il record è ancora imbattuto.
  Le domando dunque se a livello europeo non si debba forse intervenire in modo più forte sul tema della formazione, tema che lei ha toccato, probabilmente tenendo insieme tre questioni: il livello reddituale, un sostegno al reddito e una formazione portatile, personalizzata e usufruibile a livello più forte (a livello europeo). Soprattutto, le chiedo se non si possa intervenire in maniera più forte anche sul tema del precariato a tutela dei giovani, proprio per invertire la tendenza demografica – che è soprattutto italiana ma non solo – e per impedire il collasso dei sistemi di welfare.

  SUSANNA LINA GIULIA CAMUSSO. Ringrazio il Commissario Schmit per le sue informazioni. Io vorrei provare ad approfondire due temi.
  Se gli obiettivi fondamentali di questa stagione sono rispettivamente la transizione ambientale e la transizione digitale, sappiamo bene che ciò ha degli effetti sia in termini di necessità di formazione e riconversione sia in termini di occupazione per le persone. Quindi, le chiedo se la riflessione che aveva poi condotto alle misure di protezione sociale durante la pandemia rispetto alla disoccupazione in Europa, possa essere svolta anche in questo caso. Oppure le chiedo quali siano gli strumenti che la Commissione europea ritiene di introdurre, considerato che la prossima stagione sarà di transizione.
  La seconda domanda riguarda il tema dell'intelligenza artificiale e delle piattaforme digitali.
  La direttiva sulle piattaforme giustamente si occupa di un tema che è quello dei diritti dei lavoratori rispetto a un interlocutore che si presenta come un intermediario pur essendo un datore di lavoro. Su questo non c'è dubbio. Però c'è un tema ulteriore, che è quello che comunque gli algoritmi sono Pag. 29utilizzati per regolare le condizioni di lavoro anche laddove le parti datoriali sono esplicitamente visibili; penso per esempio a quello che succede in tutta la grande distribuzione rispetto agli orari e alle modalità con cui si sceglie di assumere a tempo pieno o a part-time; sono aspetti molto spesso regolati sulla base degli algoritmi, dell'affluenza clienti e non più nell'ambito delle relazioni sindacali e del rapporto tra un datore di lavoro e le organizzazioni sindacali.
  Allora io mi domando, se esiste un regolamento europeo che impedisce la concorrenza sleale, permettendo di accedere alla fonte dell'algoritmo e quindi di intervenire rispetto ai temi del segreto industriale, perché questo non avvenga rispetto alle condizioni di lavoro e alla contrattazione.
  Se noi non permettiamo di accedere alle fonti dei modelli regolatori del lavoro – ricollegandosi a quello che lei giustamente ricordava, cioè che salario minimo e la contrattazione possono coesistere e che la contrattazione collettiva può essere altrettanto protettiva – se noi non abbiamo la possibilità di accedere a questi meccanismi, se non ci sono strumenti che permettano di rendere disponibili alla contrattazione questi strumenti, il destino della contrattazione sarà quello di essere sempre più debole.

  ELISA PIRRO(Intervento da remoto). Il Commissario ha parlato prima di parità salariale di genere tra uomini e donne. Quello che volevo sapere è se ci sono già delle proiezioni statistiche in quei Paesi che hanno introdotto – come la Spagna recentemente – il congedo paritario tra madre e padre alla nascita di un bambino, e se questo ha avuto degli impatti sull'occupazione femminile (come pensiamo noi), contribuendo a ridurre questo divario e ad avvantaggiare l'occupazione femminile.

  IGNAZIO ZULLO. Ringrazio il Commissario Schmit.Pag. 30
  Io volevo parlare della continuità del lavoro per un lavoratore. Il mercato del lavoro si confronta con un mondo globale con concorrenza, competitività e molto spesso non dà garanzia di tutela di continuità del lavoro.
  Quali sono le tutele per determinare una continuità del lavoro oppure – quando il lavoro si interrompe – per «reingegnerizzare» il lavoratore e adattarlo a un nuovo compito o a una nuova attività lavorativa.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. Commissario, ho una domanda molto rapida e molto precisa.
  C'è un dibattito europeo, nel senso che se ne parla in tutti i Parlamenti e in tutti i contesti; negli ultimi tre anni per lo meno abbiamo visto il pilastro delle politiche ambientali passare davanti al pilastro sociale (mi riferisco alle ultime direttive e agli ultimi regolamenti sulla transizione verde). Il nostro sistema Paese e la nostra politica stanno puntando invece sulla transizione verde che sia socialmente sostenibile per i lavoratori e le imprese e che non contrasti con l'altro grande obiettivo dell'autonomia strategica dell'Europa.
  Noi ci stiamo liberando dal gas russo (in Italia quest'anno il 24 per cento; il prossimo anno zero per cento di dipendenza dal gas russo). Se andiamo nelle braccia e nelle mani della filiera del litio cinese è chiaro che creiamo un altro corto circuito, questo sia dal punto di vista produttivo sia dal punto di vista dell'indipendenza strategica, visto che lei ha parlato anche giustamente, come è nel suo ruolo, di temi di geopolitica.
  L'argomento numero due è un uso esagerato dell'Europa dei regolamenti rispetto alle direttive, soprattutto su questi temi ambientali. In questo modo si sterilizza la possibilità degli Stati nazionali di legiferare e si va anche ad appiattire a livello europeo il sistema di autonomie locali e il rapporto che gli Stati hanno scelto di avere con le proprie regioni; in Italia questo è Pag. 31un tema abbastanza caldo, visto anche l'iter riguardante l'autonomia differenziata e la presenza di alcune regioni a statuto speciale nel nostro asset istituzionale.

  GIULIOMARIA TERZI DI SANT'AGATA. Innanzitutto manifesto grande interesse per l'esposizione così incisiva e ad ampio raggio su una serie di tematiche che riguardano un pilastro fondamentale. Sono tutti fondamentali i pilastri evidentemente, ma lo è particolarmente il pilastro sociale, e non posso che associarmi a quanto detto dal presidente Giglio Vigna sugli aspetti della transizione verde. Aggiungerei la transizione al digitale per i due punti che sto accennando (uno comprende anche il secondo).
  Il punto è la disoccupazione in Italia o la crescita dell'occupazione, in particolare quella femminile, un tema che riguarda anche, come lei giustamente ha detto, le piattaforme e la transizione digitale in particolare.
  Ho registrato le indicazioni statistiche che vedono l'Italia al di sotto delle medie europee per quanto concerne in generale l'occupazione, in particolare quella femminile.
  Mi domando se questa valutazione statistica, che è anche e soprattutto politica, sia comprensiva anche di quello che è avvenuto nel corso dell'ultimo anno: un aumento degli occupati – per la maggior parte, al 90 per cento, a tempo indeterminato e per un 10 per cento in altre forme – che è stata di mezzo milione di unità.
  In particolare, un'altra considerazione che ritengo potrebbe anche essere vista in senso dinamico, riguarda tutte le misure – che sono state già adottate con leggi passate dal Parlamento e che sono peraltro su un altro piano ancora in fase di elaborazione (ma è chiaro che su questo l'aspetto di quantificazione dinamica è più complesso) – che riguardano la famiglia, le madri, gli asili nido, il trattamento dei figli, la creazione Pag. 32di spazi, di lavoro, di tempo e di garanzie sociali, adottate nel corso di questa legislatura e in programma per i prossimi mesi.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  NICOLAS SCHMIT, Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali. Intanto grazie per le domande interessantissime che affrontano tanti punti e che riflettono i tanti temi che dobbiamo affrontare.
  Torno all'idea della riconversione. La riconversione dei lavoratori è davvero un tema centrale, perché se dobbiamo affrontare dei cambiamenti strutturali delle nostre economie c'è bisogno di una riconversione; dobbiamo accettare il fatto che alcuni tipi di lavoro scompariranno mentre ne nasceranno di nuovi.
  Giusto per darvi un esempio, secondo un economista americano il quale oggi il 60 per cento dei lavori che conosciamo attualmente non esistevano nel secolo scorso, il che dimostra quanto rapidamente e quanto profondamente stiano cambiando i nostri mercati del lavoro.
  Il problema è che spesso le transizioni del mercato del lavoro non vanno altrettanto rapidamente rispetto alle transizioni economiche più generali e qui dobbiamo davvero assicurarci che le persone vengano aiutate a riconvertirsi e a tenere il passo di queste transizioni, perché le transizioni accelerano anche.
  Io vengo da una regione siderurgica del piccolo Stato del Lussemburgo. Quello che abbiamo vissuto lì (e questo vale anche per alcune regioni italiane) è che molti dei lavoratori siderurgici, molti dei metalmeccanici e lo stesso si può anche dire per il tessile o per il settore del carbone e quant'altro, molti di questi lavoratori che hanno perso il proprio posto di lavoro non sono stati riconvertiti, sono stati magari prepensionati o Pag. 33hanno ricevuto altri tipi di sostegno. Nelle regioni colpite da questa transizione vediamo un effetto a lungo termine, per cui il tasso di disoccupazione è rimasto elevato, non soltanto per un breve periodo ma per un periodo lungo, per tante generazioni. Questo si vede in tanti luoghi d'Europa che vado a visitare, vedo le cicatrici delle precedenti transizioni o delle precedenti ristrutturazioni.
  Ecco, questo è l'errore che non va commesso. Dobbiamo davvero pianificare la riconversione delle regioni in tutti gli Stati membri in cui si verifica questa transizione, con una particolare attenzione per le persone; quindi dobbiamo davvero integrare il nuovo sviluppo delle regioni quando sappiamo che alcune attività finiranno.
  Ricordo di essere stato in Sardegna nell'ultima miniera di carbone, che poi è stata chiusa. Rimasi molto sorpreso nel vedere che ancora c'erano miniere di carbone in Sardegna.
  Bisogna davvero considerare quello che accadrà ai lavoratori; certo, se hanno 58 anni non potranno essere riconvertiti, ma ci sono anche lavoratori più giovani che vanno riconvertiti, ai quali bisogna offrire nuove possibilità. Ma la riconversione non basta ai lavoratori, bisogna riconvertire tutta la regione, bisogna creare nuovi posti di lavoro, pianificare una nuova prospettiva economica per le regioni che sono colpite dalla transizione.
  E questo è quello che stiamo cercando di fare anche noi, adesso: esiste il Fondo per la transizione giusta, per investire nelle regioni colpite dalla transizione, nelle persone ma anche nelle attività. Tutto deve andare di pari passo.
  Quindi credo che questa sia davvero la maggiore sfida che abbiamo con la transizione verde, ma anche con le nuove tecnologie che stanno emergendo.Pag. 34
  Non sappiamo ancora esattamente quale sarà l'impatto dell'intelligenza artificiale sui posti di lavoro. Secondo alcuni alla fine della fiera nessuno dovrà più lavorare perché le macchine faranno tutto. Questo non credo che accadrà per i prossimi decenni, ma chi può dirlo.
  Sicuramente ci saranno nuovi posti di lavoro legati all'intelligenza artificiale e ci vorranno nuove e diverse capacità per poter gestire l'intelligenza artificiale, e questo fa parte del concetto di riconversione dei lavoratori. Questo è il tema fondamentale da gestire e affrontare nei prossimi anni, ed è la riconversione delle regioni e dei territori che verranno colpiti dalla transizione e delle persone che lì vivono, i lavoratori che lì vivono: questo sarà un tema davvero fondamentale.
  Per quanto riguarda i contratti e le soglie, come dicevo noi non possiamo stabilire delle soglie, non possiamo dire che il salario minimo in Italia deve essere X, non posso e non voglio dire che deve essere 9 euro o se la soglia di 9 euro va bene o meno, non voglio entrare in questo dibattito.
  Quello che posso dire è che se si introduce un salario minimo in qualunque luogo, in Italia o altrove, se viene introdotto o se già esiste, quel salario minimo deve garantire un livello di vita minimo, altrimenti il salario minimo non ha alcun senso: deve poter garantire uno standard di vita adeguato. Sono d'accordo, deve anche far sì che le aziende possano reggere il peso, non si può dire che bisogna introdurre un salario minimo di un certo livello e poi da un giorno all'altro ci sono aziende che non possono sopportare questo peso.
  Quindi occorre creare un equilibrio, ma innanzitutto bisogna vedere il livello generale del salario in Italia, 50/60 per cento può essere la media, per poi vedere cosa può essere fatto, anche in modo progressivo.Pag. 35
  Ho parlato della Germania prima: la Germania ha introdotto il salario minimo, a un livello relativamente basso, e poi piano piano l'ha aumentato, in modo graduale.
  Credo sia una tematica davvero importante.
  Per quanto riguarda il livello di povertà, noi abbiamo proposto la raccomandazione sul reddito minimo. Ho seguito il dibattito in Italia, non voglio commentarlo ora; il punto è che chi non può lavorare deve poter ricevere un sostegno, perché non si può pensare di lasciare le persone nella povertà assoluta, non è una soluzione questa. Non possiamo pensare che non pagare una persona la farà tornare automaticamente al lavoro.
  La Danimarca è il Paese che ha il sussidio di disoccupazione più elevato; ma quello è anche un sistema duro, per cui lo Stato eroga il sussidio ma allo stesso tempo obbliga le persone a sottoporsi a una riconversione, a una riqualificazione professionale per trovare un nuovo lavoro. Bisogna sempre abbinare questi concetti.
  Pensare che senza un sussidio sia possibile tornare sul mercato del lavoro automaticamente, è sbagliato, perché il mercato del lavoro potrebbe avere delle aspettative e richiedere alcune abilità che non si possiedono.
  Per quanto riguarda il reddito minimo universale, io non sono proprio un suo sostenitore. Tra quarant'anni, se l'intelligenza artificiale davvero dovesse prevalere e svolgere tutti i lavori, forse si potrà parlare in questi termini, però intanto introdurre questo reddito minimo senza condizioni creerà delle divisioni profondissime nella nostra società. Ad ogni modo voi avete fatto riferimento ad alcune esperienze che sono state realizzate, ma nessuna di esse ha avuto poi un seguito; quindi, io non sono favorevole al reddito minimo, ma ritengo che si debbano sostenere le persone che si trovano in gravi difficoltà Pag. 36anche attraverso il reddito minimo, ma solo in situazioni di grande difficoltà.
  A proposito dei giovani e dei NEET, si tratta di una sfida per molti Paesi in Europa. L'Italia ha una quota di NEET molto alta. Si tratta di una riserva per il nostro mercato del lavoro, ma è anche una bomba sociale a orologeria, perché se abbiamo centinaia di migliaia di giovani che non sono da nessuna parte, non studiano, non lavorano, non fanno formazione, questa diventa una bomba ad orologeria per il futuro sociale di una nazione; è una forma di esclusione dei giovani dalla società.
  Ci stiamo lavorando su e ci vuole un'iniziativa europea proprio per contrastare questo fenomeno. Abbiamo 8 milioni di NEET in Europa, e in Italia il tasso è tra i più elevati, quindi non possiamo parlare di una carenza di lavoratori e poi accettare che vi siano 8 milioni di giovani esclusi dal nostro mercato del lavoro. Non è accettabile questo, pertanto dobbiamo affrontare questa tematica subito.
  Per quanto riguarda la precarietà io non credo che un lavoro precario sia migliore dell'assenza di lavoro: è sbagliato creare questa alternativa. Occorrono lavori di qualità, che richiedano il massimo livello di istruzione e di competenze: questo è il futuro dei giovani. Non voglio dire che debbano passare da un lavoro precario ad un altro. Come si può costruire una società, come si può creare una famiglia basandosi sul precariato, come possiamo incoraggiare i giovani ad avere più figli in queste condizioni?
  Io non sono contrario, però non è possibile neanche pensare che possano cambiare un contratto di lavoro ogni settimana. Come fanno a pianificare la loro vita? Non possono neanche permettersi un alloggio dignitoso. Come ci si può aspettare che facciano più figli o che facciano proprio figli? Il precariato per Pag. 37me va contro l'idea di una buona società e di un buon mercato del lavoro.
  Avete citato il Fondo SURE, che è stata una buona esperienza perché è stato creato per una situazione di crisi. Sicuramente dobbiamo pensare a nuovi strumenti proprio per gestire le transizioni di cui abbiamo appena parlato, così potremo capire in che modo gestire anche le competenze delle persone. Perché molti di noi, o piuttosto molti dei nostri figli, arriveranno a un momento in cui dovranno cambiare lavoro oppure prepararsi per un nuovo lavoro. Ebbene, questo non dovrebbe essere un periodo buio della loro vita, dovrebbe essere un periodo in cui ci si sottopone a una riconversione professionale e si percepisce un reddito. Questo deve essere, in parte, un obbligo dell'azienda, anche futura, che intende assumerli, e in parte delle autorità pubbliche, Stati o regioni che siano. Quindi dobbiamo rivedere il funzionamento del mondo del lavoro, secondo questi termini.
  Voglio rispondere ancora a qualche altra domanda, brevemente.
  Il Pilastro sociale è un contributo davvero importante, sono d'accordo Presidente. A proposito dell'aumento dell'occupazione delle donne. Io non ho mai detto che non ci siano stati progressi. Anzi, mi auguro che in tutta Europa, Italia inclusa, si registrino forti progressi, che ci si impegni per avvicinare più persone al mercato del lavoro.
  Però ora in Europa serve una convergenza positiva verso l'alto. Ogni contributo volto a migliorare questa convergenza per noi è ben accetto. Eppure ci sono ancora dei divari e dobbiamo aiutare, senza dare colpe, quindi aiutare gli Stati membri a colmare questi divari.Pag. 38
  A me non piace additare e accusare le persone, io voglio aiutare gli Stati membri ad affrontare le problematiche e quindi a colmare i divari esistenti.
  A proposito della Spagna e delle sue recenti misure: non ho ancora i dati, non so se queste hanno avuto un impatto positivo sul divario di genere, penso che lo avranno. La questione è legata alla visione dell'uomo e della donna nella società. Noi siamo abituati a pensare che le donne debbano occuparsi della famiglia. Ma tutti devono occuparsi dei figli o anche dei propri genitori, quindi la questione è soprattutto sociale, legata al ruolo degli uomini e delle donne nella società e all'organizzazione della società stessa.
  A proposito della continuità lavorativa. Certo, l'ho spiegato, occorre garantire la continuità. Dobbiamo quindi riqualificare le persone, aiutarle quando devono cambiare un lavoro e passare a un altro e sostenerle.
  Ieri ero in Confindustria e ho notato che il 40 per cento delle persone, quando si parla dell'intelligenza artificiale, risponde: «Perderò il lavoro con l'intelligenza artificiale». Dobbiamo fugare queste loro preoccupazioni, dicendo loro: «Magari perderai il lavoro che stai facendo in questo momento, ma noi ti offriremo un altro lavoro». Dobbiamo garantire questo tipo di continuità.
  A questo punto credo di aver risposto, più o meno, a tutte le domande.
  Forse dobbiamo parlare ancora della questione strategica. Dobbiamo eliminare i carburanti fossili non appena possibile, per il bene dell'Europa. Non soltanto sono dannosi per il clima, ma è importante eliminarli anche per l'autonomia economica dell'Europa.
  Noi importiamo miliardi e miliardi di gas russo, che diminuisce naturalmente, ma anche di petrolio, e dobbiamo eliminarePag. 39 tutto questo. Sarebbe positivo per l'economia europea, ma per far ciò dobbiamo operare bene la nostra transizione.
  Per quanto riguarda poi gli altri materiali strategici, dobbiamo pensare anche a questi: infatti la Commissione ha adottato un atto sui materiali strategici, perché sappiamo che esistono questi materiali, incluso il litio, di cui avete parlato, e anche altri che sono controllati primariamente dai cinesi. Ma dobbiamo cambiare questa situazione, quantomeno diminuendo la nostra dipendenza dalla Cina per questi materiali strategici.
  Poi si è parlato della regolamentazione dell'inflazione. Considerando la trasformazione in atto, occorre un quadro forte in cui operare, ci vogliono regole uguali per tutti, ma in fase di attuazione dobbiamo essere flessibili, dobbiamo capire le conseguenze. Per questo io sono d'accordo sul fatto che sapremo gestire la transizione digitale, ma soprattutto quella verde, solo se riusciremo a integrare pienamente la dimensione sociale. Perché senza prendere atto della dimensione sociale la gente non accetterà nulla e opporrà resistenza. Non va bene per l'Europa, non va bene per la nostra posizione nell'economia mondiale, non va bene per la nostra competitività e non va bene per la nostra stabilità politica e sociale.
  Quindi abbiamo bisogno di un quadro forte, però l'attuazione va fatta in modo tale che ci siano tutte le dimensioni: quella sociale, quella dell'istruzione, quella delle competenze professionali, quella regionale. Tutto ciò, a mio avviso, è di fondamentale importanza perché la dimensione territoriale conta molto qui in Europa. Non siamo soltanto 27 Stati membri in Europa: siamo anche centinaia di regioni, ciascuna con problematiche diverse; quindi dobbiamo tenere conto delle differenze e divergenze territoriali e dobbiamo aiutare le regioni che sono maggiormente colpite dalle transizioni.Pag. 40
  È questa l'idea alla base della politica di coesione, ma anche alla base del concetto della transizione giusta ed equa, vale a dire raggiungere la coesione territoriale in Europa. In questo modo potremo rendere l'Europa più forte.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario per il suo contributo. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.