XIX Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 12 aprile 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Pagano Nazario , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Pagano Nazario , Presidente ... 3 
Alberti Casellati Maria Elisabetta , Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa ... 3 
Pagano Nazario , Presidente ... 6 
Bonafè Simona (PD-IDP)  ... 6 
Pagano Nazario , Presidente ... 8 
Bonafè Simona (PD-IDP)  ... 8 
Pagano Nazario , Presidente ... 8 
Colucci Alfonso (M5S)  ... 8 
Pagano Nazario , Presidente ... 9 
Colucci Alfonso (M5S)  ... 9 
Pagano Nazario , Presidente ... 9 
Zaratti Filiberto (AVS)  ... 9 
Pagano Nazario , Presidente ... 11 
Zaratti Filiberto (AVS)  ... 11 
Pagano Nazario , Presidente ... 11 
Giachetti Roberto (A-IV-RE)  ... 11 
Pagano Nazario , Presidente ... 12 
Iezzi Igor (LEGA)  ... 12 
Pagano Nazario , Presidente ... 14 
Magi Riccardo (Misto-+Europa)  ... 14 
Pagano Nazario , Presidente ... 15 
Russo Paolo Emilio (FI-PPE)  ... 15 
Pagano Nazario , Presidente ... 16 
Urzì Alessandro (FDI)  ... 16 
Giachetti Roberto (A-IV-RE)  ... 16 
Urzì Alessandro (FDI)  ... 16 
Pagano Nazario , Presidente ... 16 
Michelotti Francesco (FDI)  ... 16 
Pagano Nazario , Presidente ... 17 
Alberti Casellati Maria Elisabetta , Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa ... 17 
Zaratti Filiberto (AVS)  ... 20 
Alberti Casellati Maria Elisabetta , Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa ... 20 
Pagano Nazario , Presidente ... 20 
Alberti Casellati Maria Elisabetta , Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa ... 20 
Pagano Nazario , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NAZARIO PAGANO

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la resocontazione stenografica e attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sulle linee programmatiche.

  PRESIDENTE. Buon pomeriggio. Un saluto cordiale al Ministro Elisabetta Casellati, che ho avuto come Presidente al Senato nella passata legislatura e che quindi accolgo con grande piacere e affetto.
  Oggi abbiamo all'ordine del giorno, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione sulle linee programmatiche del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
  Avverto che i deputati possono partecipare in videoconferenza alla seduta odierna, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il regolamento.
  Comunico che, al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori, dopo l'intervento del Ministro, secondo quanto convenuto nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ciascun gruppo potrà intervenire per 5 minuti, suddividendo eventualmente il tempo a propria disposizione tra più oratori. Come ho già avuto modo di preannunciare alla collega Bonafè, confermo a tutti voi che su questi 5 minuti non sarò così fiscale. Sulla base del tempo disponibile si valuterà se procedere, prima della replica del Ministro, allo svolgimento di ulteriori interventi.
  Invito pertanto i gruppi che non l'avessero già fatto a far pervenire le richieste di iscrizione a parlare.
  Nel ringraziare il Ministro Alberti Casellati per la sua disponibilità, le cedo la parola. Prego.

  MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Buongiorno a tutti. Presidente Pagano, onorevoli deputati, è per me la prima occasione di confronto con questa Commissione dopo la mia nomina a Ministro e il conferimento delle deleghe relative alle riforme istituzionali e alla semplificazione normativa.
  Si tratta di due ambiti di grande importanza, trasversali rispetto alle competenze degli altri Ministeri. Proprio per questo sono stata finora impegnata nella messa a punto degli interventi che intendo intraprendere per entrambi i settori, mediante un ampio confronto con il mondo accademico e con la società civile. Oggi sono qui per condividere i risultati e i progetti derivanti da questo primo periodo di preparazione e altresì per illustrarvi gli interventi che intendo intraprendere.
  Seguendo le deleghe che mi sono state conferite, articolerò questa relazione in due parti: la prima dedicata alle riforme istituzionali e la seconda alla semplificazione normativa. Si tratta di settori apparentemente distanti che, come avrò modo di illustrare, presentano in realtà ampi punti di contatto in quanto volti entrambi a garantire il pieno dispiegarsi dei diritti di cittadini e imprese.
  Parto dal tema delle riforme istituzionali, al centro del dibattito politico italiano da oltrePag. 4 trent'anni, e che ha dato luogo a innumerevoli proposte di riforma.
  Il Governo è fortemente determinato a intraprendere una riforma costituzionale che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare; una riforma che, come affermato dal Presidente Meloni durante il discorso sulla fiducia, consenta all'Italia di passare da una democrazia interloquente a una democrazia decidente, capace di guidare il Paese nelle sfide della transizione economica, digitale, ambientale e nelle dinamiche europee ed internazionali. Questa ambizione richiede l'impegno di tutte le competenze organizzative e professionali a disposizione e presuppone un'ampia condivisione politica. Ho quindi proceduto alla consultazione di tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione e ho raccolto i contributi della comunità scientifica, per raccogliere le principali criticità e prospettive di soluzione, al fine di giungere a una decisione il più possibile partecipata.
  L'intensa ricerca di concertazione, ancora in corso, non potrà tuttavia diventare il pretesto per non decidere o per limitarsi a decisioni inconcludenti rispetto all'esigenza di giungere a una riforma di sistema, organica.
  Entro l'estate presenterò dunque un disegno di legge di riforma della seconda parte della Costituzione, che verterà su due imprescindibili punti: un rapporto fra la comunità nazionale e i suoi rappresentanti che passi attraverso meccanismi di elezione diretta dei vertici delle istituzioni, siano essi – secondo il modello prescelto – il Presidente della Repubblica o il Presidente del Consiglio; la stabilità del Governo mediante meccanismi che consentano di superare l'atavica instabilità delle nostre istituzioni rappresentative. Nei 75 anni della Repubblica si sono infatti succeduti 68 Governi, con un tempo medio di durata di 14 mesi. La fragilità del nostro sistema politico istituzionale, dovuta all'incapacità di esprimere nel lungo periodo un pensiero politico stabile, produce conseguenze negative sulle imprese e i cittadini e quindi sullo sviluppo economico del nostro Paese.
  È ormai maturo il tempo per ricondurre il Governo del Paese alla volontà degli elettori. Troppo spesso negli ultimi anni al voto dei cittadini sono seguiti Governi non corrispondenti alle scelte elettorali. Era infatti dalle elezioni del 2008 che l'Esecutivo non era espressione del voto degli elettori. Questo disallineamento ha contribuito alla disaffezione dei cittadini verso la politica, manifestatasi con il crescente astensionismo che ha caratterizzato le ultime tornate elettorali.
  Le riforme istituzionali non si esauriscono nelle riforme della Costituzione, ma comprendono anche misure ordinamentali per la sua attuazione mediante legge ordinaria; in tal senso, nell'ambito della delega a me conferita, ho partecipato alla stesura del disegno di legge sull'autonomia differenziata contribuendo al definitivo superamento del criterio della spesa storica a favore dei costi e fabbisogni standard. Abbiamo poi stabilito che la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti LEP, è una precondizione per le intese fra Stato e regioni, e su questo il coinvolgimento delle Camere sarà determinante. Con riferimento alla definizione dei LEP sono inoltre stata chiamata a integrare la composizione della cabina di regia istituita dall'ultima legge di bilancio. Ancora, affinché nessuna regione venga lasciata indietro, sono intervenuta per garantire un ruolo determinante del fondo di perequazione, secondo il principio di sussidiarietà.
  Quanto alla semplificazione normativa, desidero innanzitutto sottolineare come la semplificazione e il miglioramento della qualità della regolazione costituiscano un obiettivo prioritario per garantire la certezza del diritto, nonché il presupposto per lo sviluppo politico e sociale e per la crescita economica del Paese. Avere la certezza di regole univoche, applicabili ai singoli casi concreti, costituisce la condizione necessaria per un'azione amministrativa rapida ed efficiente, per dare chiarezza circa i diritti e i doveri di ciascuno e rafforzare così il legame di fiducia alla base del rapporto tra lo Stato e i cittadini, nonché per favorire gli investimenti delle imprese italiane e straniere che necessitano di un quadro regolatorio stabile e chiaro.
  Ricordo che anche le istituzioni sovranazionali reclamano a gran voce una semplificazione normativa, intesa come miglioramento quantitativo e qualitativo della regolazione. Già nel 2001 l'OCSE, nel report RegulatoryPag. 5 reform in Italy evidenziava un problema di inflazione regolatoria, rilevando come ciò determinasse, a carico dei cittadini e delle imprese, oneri non necessari. Inoltre, l'eccesso di regolazione burocratica è uno dei fattori che incidono negativamente sull'indice del livello di corruzione percepita che, per il 2022, vede l'Italia ancora quarantunesima su 180 Paesi, ed è noto come la Better regulation agenda europea raccomandi che l'introduzione di nuovi oneri debba essere bilanciata dalla riduzione di quelli esistenti.
  Lo stesso PNRR prevede, tra le riforme abilitanti, la semplificazione e la razionalizzazione della legislazione, qualificandola come intervento riformatore essenziale per favorire la crescita del Paese e supportare trasversalmente le sei missioni del Piano. In questa prospettiva, sono stata chiamata a integrare la composizione della cabina di regia per l'attuazione del PNRR.
  Alla luce di tali considerazioni, in virtù della delega a me conferita, ho ritenuto di avviare un'azione di semplificazione in senso ampio fondata su due direttrici principali: la riduzione dell'eccessiva mole della normativa esistente e la razionalizzazione del sistema di fonti del diritto, attraverso un'attività coordinata con i Ministri competenti per materia, le regioni e gli organismi rappresentativi delle parti sociali.
  La semplificazione normativa trova infatti la sua più profonda ragione d'essere nella necessaria riduzione e razionalizzazione di un sistema caratterizzato da una quantità, complessità e contraddittorietà di fonti del diritto non più compatibile con le esigenze di una moderna società. Per quanto riguarda, innanzitutto, la riduzione dell'ipertrofia normativa, ritengo che sia opportuno partire da un dato: dall'ultima rilevazione dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, del settembre 2021, risulta che nell'ordinamento italiano dal 1861 al 21 settembre 2021 sono stati adottati 203.893 atti aventi valore normativo, e di questi ne sono stati espressamente abrogati solo 93.979. Tra gli atti ancora vigenti risultano addirittura circa 33.000 regi decreti.
  Per porre rimedio a tale peculiare situazione ho ritenuto doveroso partire, nel censimento e nell'analisi della normativa da abrogare, proprio da tali atti. La loro esistenza provoca ancora oggi questioni interpretative e difficoltà nel sistema giuridico e nella vita di persone e di imprese. Si pensi al caso del regio decreto n. 635 del 1940, una norma vecchia di quasi ottant'anni, che non è mai stata abrogata. Proprio grazie a tale regio decreto un alto ufficiale dell'esercito italiano ha ottenuto dal TAR ligure l'annullamento degli atti con cui gli era stata negata l'autorizzazione al porto di un'arma individuale. Anche il Consiglio Superiore della Magistratura è dovuto intervenire con apposite circolari al fine di chiarire che l'applicazione ai magistrati dell'obbligo di residenza nell'ufficio a cui sono destinati si evince da un regio decreto del 1941.
  Con apposito disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri del 16 marzo scorso, ho dunque disposto l'abrogazione di 2.535 regi decreti adottati nel primo decennio dell'Unità d'Italia, dal 1861 al 1870. Questo provvedimento è solo la prima tappa di un percorso di lungo periodo attraverso il quale porterò avanti l'opera di semplificazione del sistema normativo. L'analisi dei regi decreti ancora vigenti sta proseguendo a ritmo serrato; a breve proporrò un secondo provvedimento ed entro luglio prevedo di abrogarne circa 20.000.
  Con riferimento alla semplificazione volta alla riduzione degli oneri e dei limiti non necessari, ho avviato una consultazione pubblica delle categorie e associazioni interessate, per acquisire un quadro delle criticità percepite e delle soluzioni proposte e ho già sottoscritto diversi protocolli con alcune regioni italiane (Veneto, Basilicata, Marche, Abruzzo e Calabria), volti a cogliere le proposte dei territori per convogliarle nell'azione di semplificazione della normativa nazionale, nonché per fornire supporto alla semplificazione della disciplina regionale. È chiaro che i protocolli interesseranno tutte le regioni italiane ma, nell'ottica di un'azione il più possibile ampia, ho inteso coinvolgere anche le rappresentanze delle parti sociali. A tal fine ho sottoscritto un apposito accordo di collaborazione con il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, che mira ad introdurre semplificazioni pensate Pag. 6soprattutto per le categorie produttive e per i lavoratori. I lavori dei tavoli tecnici attivati dopo la sottoscrizione dei protocolli e dell'accordo sono in corso, e alcune prime misure già elaborate sono in fase di valutazione.
  Come ho detto, la semplificazione normativa è una funzione trasversale che si interseca con l'attività di tutti i Ministeri, in virtù delle competenze, a me delegate, di coordinamento ed indirizzo della materia, nonché di promozione di ogni necessaria iniziativa anche normativa e di codificazione. In questo senso, le mie competenze coinvolgono direttamente l'attuazione del PNRR che annovera, tra le sue molteplici misure, interventi di semplificazione del quadro normativo nazionale sia nell'ambito dell'approvazione delle leggi che nell'ambito dell'adozione dei decreti legislativi.
  In questa prospettiva, ho già partecipato alla stesura del nuovo codice dei contratti pubblici e alla predisposizione del cosiddetto decreto-legge PNRR, in corso di conversione, proponendo l'inserimento di una serie di disposizioni volte a favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili. Inoltre, sto predisponendo, congiuntamente al Ministro per la pubblica amministrazione e in accordo con gli altri Ministri competenti, una legge di delegazione che introduca princìpi di semplificazione, anche normativa, nel settore farmaceutico, sanitario e della disabilità, nonché nel campo dell'accesso ai servizi in modalità digitale del turismo e delle autorizzazioni di pubblica sicurezza.
  Infine, segnalo la mia partecipazione a ulteriori iniziative. Parteciperò, con i Ministri competenti, alla riforma del TUEL, al fine di riportare all'interno del quadro organico, che deve essere garantito dal testo unico, i diversi interventi che si sono stratificati negli anni e di adeguarli, laddove necessario, alla giurisprudenza costituzionale. In quest'ambito il mio impegno sarà rivolto a introdurre delle proposte di riflessione che riguardano principalmente la figura del sindaco.
  Come Ministro della semplificazione normativa sarò in prima linea nel tavolo tecnico con il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica che avrà ad oggetto la revisione e riscrittura del codice dell'ambiente, con uno sguardo rivolto alle prospettive dell'economia verde e delle fonti rinnovabili, al fine di rendere l'ambiente un'occasione e non un limite per lo sviluppo economico e sociale.
  Inoltre, ho proposto l'inserimento, nel disegno di legge di delegazione europea, di una norma dedicata alla semplificazione normativa della disciplina nazionale di attuazione del diritto europeo nell'ambito della cosiddetta legge quadro sulle disabilità, che reca una delega al Governo per l'adozione, entro il mese di giugno 2024, di uno o più decreti legislativi. Collaborerò alla revisione e al riordino delle disposizioni vigenti in materia di disabilità. Prenderò inoltre parte alla predisposizione dei provvedimenti attuativi della delega al Governo in materia di politiche a favore delle persone anziane.
  In conclusione, al pari della riforma sul presidenzialismo con la quale, come recentemente affermato dal Presidente Meloni, la democrazia può diventare più forte e solida, anche la semplificazione normativa rappresenta uno strumento di garanzia della democraticità del sistema, consentendo di attivare i diritti e doveri di ciascuno nei rapporti tra Amministrazione, cittadini ed imprese. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie Ministro per la sua relazione. A questo punto cominciamo con gli interventi. Do la parola all'onorevole Simona Bonafè. Prego.

  SIMONA BONAFÈ. Grazie presidente, buongiorno Ministra. Ci siamo già incontrate quando lei ha avuto una prima discussione con i gruppi parlamentari e le ripropongo qui le considerazioni che avevamo fatto in quella sede informale.
  Intanto, non le nego che per noi la delega che lei ha – cioè la delega alle riforme – è fra le deleghe più importanti, e non solo perché al tema delle riforme è legata l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Noi troppo spesso consideriamo questo Piano solo relativamente agli investimenti, invece, come lei ha giustamente ricordato, sono previste anche le riforme all'interno del PNRR e, in particolare, le riforme volte alla semplificazione normativa a cui lei ha dedicato gran Pag. 7parte della sua relazione oggi. Questo forse è anche il segno del fatto che, quando nel 2010 ci fu il rogo delle famose leggi anti burocrazia di Calderoli, non ne sono state evidentemente bruciate a sufficienza.
  Come dicevo, le riforme sono per noi importanti; lo sono in generale e lo sono in particolare. In particolare mi riferisco alle riforme istituzionali che sono oggettivamente una necessità. Il tema di come noi vogliamo rivedere la seconda parte della nostra Carta costituzionale è oggettivamente una necessità. È vero che se ne parla da decenni e che molto spesso si è fallito. Allora, io penso che per non fallire sia necessario cambiare il metodo, e che il metodo potrebbe essere quello di partire dai problemi e non dalle soluzioni, anche perché non ci sono soluzioni importabili e noi dobbiamo guardare quella che è la realtà del nostro Paese e proporre soluzioni adeguate alla realtà del nostro Paese.
  Se dobbiamo partire dai problemi, non c'è dubbio (l'ha detto anche lei e io lo condivido, credo che sia un dato oggettivo) che il primo problema nel nostro Paese è l'instabilità governativa: 75 anni di Costituzione repubblicana e 68 Governi sono un dato. Siamo l'unico Paese in Europa che vanta questo primato. È chiaro che questo poi si ripercuote sull'incapacità dei Governi di dare soluzioni adeguate alle sfide che stiamo vivendo – quella che lei ha chiamato una democrazia decidente – che poi porta all'altro grande problema che è quello della disaffezione dei cittadini rispetto alla politica, perché i cittadini non percepiscono la politica e le Istituzioni come in grado di dare loro risposte. Se il problema è l'instabilità di governo, io credo che la soluzione non sia l'elezione diretta del Capo dello Stato o del Capo del Governo. Ancora, peraltro, non ho capito bene quale sarebbe la proposta, che lei evidentemente formalizzerà in un secondo momento. Perché se, come dicevo prima, dobbiamo partire dai problemi, non possiamo partire proprio dalle cose che funzionano; e una delle cose che in questa democrazia funziona è proprio il ruolo del Capo dello Stato.
  Il Capo dello Stato è da sempre una figura di garanzia dell'unità del Paese, a prescindere da chi ha occupato questa posizione. Anzi, possiamo dire che proprio la figura del Capo dello Stato è quella che i cittadini percepiscono come maggiormente autorevole ed è quella che gode da sempre del maggior consenso all'interno delle Istituzioni. E questo senza l'elezione diretta del Capo dello Stato.
  Per questo noi pensiamo che per risolvere il problema della stabilità di governo evidentemente non ci sia bisogno di andare a toccare questo presidio di garanzia, che fino ad oggi ha funzionato.
  Ma siccome vogliamo essere propositivi, noi crediamo che ci possano essere anche altre modalità per garantire la stabilità del Governo che non sono quelle dell'elezione diretta del Capo dello Stato e nemmeno quelle dell'elezione diretta del Capo del Governo; si potrebbe invece ragionare su un ampliamento delle competenze e delle funzioni – e quindi su una maggiore legittimazione – del Presidente del Consiglio, senza che ci sia un'elezione diretta, ma in qualche modo prevedendo che egli sia espressione del voto popolare (che è un po' anche quello che lei sottolineava prima).
  Non vorrei che il tema dell'elezione diretta fosse il tema che ci mette su una scorciatoia, come se il tema dell'elezione diretta risolvesse tutti i problemi che esistono nel nostro Paese.
  Per noi, invece, i temi aperti sono tre. Il primo è che secondo noi manca un quadro d'insieme rispetto alle riforme che questo Governo sta proponendo; cioè, se dovessi dirla con una battuta, le direi che mi sembra che manchi un'agenda sulle riforme. Ci sono tanti Ministri che se ne stanno occupando – lei e il Ministro Calderoli – ma non c'è un quadro d'insieme, non c'è un perimetro complessivo, non c'è coordinamento, anche perché si sentono cose diverse l'una dall'altra. Quindi c'è lei che sta lavorando insieme al Ministro Calderoli sulla questione dell'autonomia differenziata, che però non passerà se non marginalmente dal Parlamento; al tempo stesso lei sta lavorando sul presidenzialismo e c'è poi la riforma del testo unico degli enti locali, a cui lei ha fatto riferimento, che peraltro avrà un iter parlamentare e anche su quella non si capisce quale sia il quadro complessivo, il quadro d'insieme.
  Altro tema che secondo noi è aperto: alla luce della riforma della scorsa legislatura Pag. 8sulla riduzione del numero dei parlamentari oggi è sempre più necessaria una ristrutturazione del lavoro del Parlamento. Le faccio due esempi. Possiamo dire che oggi il bicameralismo funzioni? No, oggi noi siamo in un sistema monocamerale di fatto, se non di diritto, e questo è particolarmente grave laddove atti fondamentali, che dovrebbero essere espressione del lavoro del Parlamento, come la legge di bilancio, vengono esaminati in una Camera e poi arrivano blindati nell'altra Camera; questo non è assolutamente più proponibile. Non solo. Io non le ho sentito francamente dire niente rispetto a un altro grave problema che affligge la legittimità del lavoro dei parlamentari, che è quello della decretazione d'urgenza. Per carità, non è che sia solo questo Governo ad abusarne, però anche questo Governo sta utilizzando per la maggiore la decretazione di urgenza.

  PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere perché abbiamo superato i 7 minuti.

  SIMONA BONAFÈ. Vado a chiudere con l'ultimo punto. Io penso che le riforme non possano essere un'arma propagandistica in mano alla maggioranza di turno, ma debbano essere invece fatte nell'interesse del Paese. Per questo mi auguro che ci sia sempre un confronto e una condivisione, la più ampia possibile, con tutte le forze di questo consesso.

  PRESIDENTE. Grazie collega, come vede non sono stato fiscale. Adesso do la parola al collega Alfonso Colucci. Prego. Il Ministro risponderà alla fine.

  ALFONSO COLUCCI. Grazie presidente. Io, finito questo intervento, dovrò allontanarmi ma rientro perché sono assai interessato alla replica del Ministro. La ringrazio della sua relazione, ma a me non è chiaro quale metodo lei intenda seguire. Ci ha annunciato che entro luglio formulerà una proposta formale e sinceramente noi riterremmo che le opposizioni debbano essere interessate alla formulazione di un tema così importante. Signor Ministro, noi ci siamo incontrati qualche tempo fa presso il Ministero col Presidente Conte; è stato un incontro veloce, con i voti e gli auspici di ulteriori tavoli. Non ho capito se in mente c'è la presentazione di una proposta di istituzione di una Commissione parlamentare di natura costituente, di una Commissione parlamentare ordinaria o se lei intenda costituire un tavolo di lavoro. Non è chiaro il metodo e non è chiaro come noi delle opposizioni saremo interpellati su questo. Riterrei essenziale che riforme di tale importanza, che investono la struttura del Paese, fossero esaminate tra di noi e riteniamo di poter dare un ricco apporto anche alla discussione.
  La stabilità quale esigenza primaria. Mi è difficile pensare come l'ipotesi di elezione diretta del Presidente della Repubblica possa rafforzare il tema della stabilità. Lei, peraltro, ha posto alternativamente la possibilità di elezione diretta del Presidente Repubblica o del Capo del Governo, quindi non è chiaro il modello verso il quale lei intenderebbe dirigersi. A noi sembra che l'elezione del Presidente della Repubblica introduca un elemento plebiscitario su una istituzione che finora si è qualificata per avere una natura super partes, natura che ha consentito al Presidente della Repubblica (anche in forza dei poteri cosiddetti costruiti a fisarmonica, così come disegnati dalla Costituzione) di essere il baricentro istituzionale, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà, del funzionamento delle Istituzioni della Repubblica italiana. Davvero è forse l'Istituzione che fino a oggi ha lavorato meglio e quindi l'ipotesi di andarla a toccare ci lascia assai perplessi.
  Allo stesso tempo, l'ipotesi di elezione diretta del Presidente del Consiglio, che sembrerebbe affermarsi come un'ipotesi più morbida, in realtà a noi non appare neanche essa morbida. Se è vero che l'elezione diretta del Presidente del Consiglio non comporterebbe l'eliminazione del Presidente della Repubblica (cosa che invece accadrebbe al contrario, perché se il Presidente della Repubblica venisse eletto direttamente avremmo un accentramento di poteri in capo all'organo eletto direttamente e non avrebbe più ragion d'essere una figura di Capo dell'Esecutivo), è vero anche che l'elezione diretta del Presidente del Consiglio di fatto svuoterebbe di potere il Presidente della Repubblica,Pag. 9 determinando effetti su una Istituzione che noi riteniamo non sia opportuno oggi andare a modificare. Peraltro l'esperienza comparatistica dimostra che nessun Paese straniero ha adottato l'elezione diretta del Presidente del Consiglio; sembrerebbe che un'esperienza di questo tipo sia stata fatta in Israele, ma che dopo due o tre anni sia stata revocata perché ha dato risultati negativi. D'altra parte, l'elezione diretta del Presidente del Consiglio priverebbe il Parlamento del potere di fiducia e della mozione di fiducia (e della mozione di sfiducia naturalmente) e anche probabilmente dei poteri di indirizzo e di controllo che attualmente il Parlamento esercita sulle attività del Governo. Quindi questa riforma avrebbe effetti non solo sulla figura istituzionale del Presidente della Repubblica, ma anche sul Parlamento stesso.
  D'altra parte, potremmo essere sensibili a uno studio dell'ipotesi del premierato alla tedesca, che noi sappiamo non essere elettivo, e in qualche modo tale, per come costruito, da preservare il ruolo del Presidente della Repubblica quale rappresentante dell'unità nazionale. Ma di questi temi – lei ricorderà signor Ministro – abbiamo discusso insieme nell'incontro che abbiamo avuto presso il Ministero.
  A noi sembra, davvero, che se vogliamo andare verso un risultato di stabilità, probabilmente altre sono le proposte che oggi servirebbero al Paese.
  Immaginiamo la possibilità di una nomina-revoca diretta dei Ministri da parte del Presidente del Consiglio, cosa che attualmente non è; ipotizziamo che la fiducia possa essere attribuita dal Parlamento – che conserverebbe la sua centralità – non già al Governo nella sua interezza, bensì al Presidente del Consiglio, talché la sostituzione di un Ministro rispetto all'altro non comporti il venir meno del rapporto fiduciario con il Governo stesso.
  Immaginiamo anche la possibilità di costruire un istituto, che è conosciuto in ordinamenti esteri, di fiducia costruttiva; quindi la possibilità che non si aprano, come purtroppo è accaduto molto spesso nel nostro Paese, situazioni di sfiducia al buio, ma che vi sia immediatamente una nuova ipotesi di Governo sul quale converge già una maggioranza parlamentare all'atto della presentazione della mozione di sfiducia.
  Possiamo anche pensare, proprio per limitare il tema della decretazione di urgenza, di attribuire in Parlamento una corsia preferenziale ai disegni di legge del Governo, in modo che vi sia una possibilità di celere svolgimento dei lavori parlamentari per quei provvedimenti. Ma questo può attuarsi con una mera revisione dei regolamenti parlamentari, non abbiamo bisogno di una riforma costituzionale.

  PRESIDENTE. Le chiedo di andare alla conclusione. Grazie.

  ALFONSO COLUCCI. Senz'altro. Possiamo anche pensare a una nuova disciplina della questione di fiducia: attualmente si abusa di questo istituto, trasformando il nostro sistema parlamentare in una sorta di mono cameralismo di fatto. Possiamo ragionare su questo bicameralismo perfetto; possiamo ripensare l'attività di coordinamento del Parlamento con l'attività delle regioni, ma anche della Conferenza Stato-regioni, anche un coordinamento con il nuovo quadro dell'autonomia differenziata; possiamo ripensare alle province, perché anche il tema delle province non è lambito anche nell'ambito delle riforme del PNRR. Su questo noi signor Ministro ci siamo.

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo adesso al collega Zaratti del gruppo dei Verdi. Prego.

  FILIBERTO ZARATTI. Grazie presidente e grazie signora Ministra. Anche noi l'abbiamo incontrata e la vogliamo ringraziare di questo, nell'ambito del ciclo di incontri che lei ha fatto qualche mese fa in ragione soprattutto della questione della riforma costituzionale. Proprio per questa ragione ci saremmo aspettati, oggi, qualcosa di più preciso, qualcosa di più articolato rispetto alla discussione che al tempo avemmo nel suo ufficio.
  Oggi lei ci dice che entro l'estate sarà presentato un disegno di legge che si articolerà su un punto che è l'elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Presidente del Pag. 10Consiglio. Come accennato dai colleghi, le due cose sono molto diverse, profondamente diverse, perché dal punto di vista generale, cioè dal punto di vista dell'esperienza degli altri Paesi, che dobbiamo sempre vedere con attenzione, ci sono molti esempi di elezione diretta del Presidente della Repubblica (non li sto a citare) e ce ne è solo uno di elezione diretta del Presidente del Consiglio (è quella di Israele) che, come è noto, ha evidenziato una serie di criticità.
  Quindi, il fatto di orientarsi nella nostra discussione in una direzione piuttosto che nell'altra non è indifferente. Ci saremmo aspettati che, a questo punto della vita politica del nostro Parlamento, proprio perché mancano soltanto pochi mesi all'estate, da parte sua ci fosse un'indicazione più precisa di quello che è l'orientamento del Governo e della maggioranza. Anche perché, mi permetta di dire, i dati che vengono portati a supporto di questa necessità - quella dell'elezione diretta dell'una o dell'altra tra le due massime istituzioni apicali del nostro Paese - sono dati che andrebbero un po' interpretati. Lei ci dice della fragilità dei Governi italiani: 68 Governi dalla durata media di 14 mesi. Però io le voglio ricordare che questi 68 Governi in gran parte, almeno fino al 1992, sono stati formati dalla stessa maggioranza. Cioè, a fronte di Governi che cambiavano nei propri rappresentanti – anche se i Presidenti del Consiglio sono stati 30 in questi 68 anni – la maggioranza che ha espresso questi Governi dal 1945 al 1992 è sempre stata la stessa. Quindi si è avuta una grande stabilità dal punto di vista politico, dei programmi e dal punto di vista anche delle maggioranze che supportavano questi Governi. Dal 1992 ad oggi ci sono stati 17 Presidenti del Consiglio nel nostro Paese, alcuni di essi hanno svolto la funzione per due volte. Nello stesso periodo in Francia, che è uno degli esempi che noi prendiamo come modello di semipresidenzialismo, ci sono stati 13 Primi Ministri e 23 Governi diversi. Quindi dati ben più instabili, dal punto di vista formale, di quelli relativi al nostro Paese.
  Peraltro, vorrei ricordare che la politica ci insegna sempre, quotidianamente, qualcosa: le difficoltà avute per esempio in Francia in relazione all'approvazione della legge sulle pensioni, dove il Presidente ha bypassato i poteri del Parlamento avocando a sé la decisione di emanare una legge controversa, determinando una serie di tensioni sociali di portata enorme; ciò sta a significare che quel sistema politico (che si basa appunto sul semipresidenzialismo) non dà maggiore stabilità e maggiore tranquillità, ma forse accade l'esatto contrario.
  Quindi, questa vostra volontà di porre la questione avviene proprio nel momento nel quale, come lei ci ha ricordato, per la prima volta dal 2008 c'è un Governo eletto direttamente dagli elettori, che ha un'ampia maggioranza nel Parlamento, che ha la possibilità costituzionale, oltre che politica, di svolgere pienamente il programma su cui ha chiesto il consenso degli elettori. Quindi questa necessità di modificare, volgendo al presidenzialismo, la Costituzione, francamente è abbastanza discutibile; cioè, non se ne vede la necessità, e anche i numeri che vengono citati francamente non sono assolutamente convincenti.
  Noi chiederemo quindi che questo Governo eserciti la sua legittimazione politica, quella derivata dal dato elettorale, per mettere in campo il suo programma, se ci riesce. Cosa che a questo punto sembra abbastanza discutibile.
  Anche rispetto all'altro tema che lei ha citato molto brevemente, che è quello dell'autonomia differenziata, mi piacerebbe mettere in correlazione l'autonomia differenziata con l'altro profilo delle sue attribuzioni, cioè quello della semplificazione amministrativa. Le faccio in merito soltanto una domanda, alla quale spero che lei dia una risposta: quando avremo venti sistemi sanitari diversi, venti sistemi fiscali diversi, venti sistemi scolastici diversi, dal punto di vista della semplificazione amministrativa faremo un passo in avanti o faremo un passo indietro? Perché le due cose sono strettamente correlate. Immagini Ministra un imprenditore che viene a investire in Italia e si trova in una situazione nella quale non sa se la legge che governa la regione Emilia-Romagna è uguale a quella che c'è in Toscana o nel Lazio. Questo favorirà gli investimenti stranieri nel nostro Paese o invece semplicemente l'investitore deciderà di investire in Pag. 11un altro luogo, in un'altra situazione, perché la situazione italiana sarà così assolutamente medievale?

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  FILIBERTO ZARATTI. Io ho concluso presidente, perché la sostanza delle questioni che volevo porre è questa. Io penso che forse dovreste fare una ulteriore riflessione, anche perché Ministra, mi dispiace dirlo, ma la vicenda dell'autonomia differenziata non la sta gestendo il suo Ministero, la sta gestendo il Ministro Calderoli, con altri princìpi, con altre questioni. Forse lei avrà collaborato, e la ringrazio di questo, ma certamente la gestione politica di questa cosa non soltanto sta in capo a un Ministro diverso, ma anche a una parte politica specifica, che è la Lega. Una parte politica che sta facendo dell'autonomia differenziata un cavallo di propaganda che è contro l'interesse del Paese. Grazie.

  PRESIDENTE. Do adesso la parola all'onorevole Giachetti, del gruppo Azione-Italia Viva. Prego.

  ROBERTO GIACHETTI. Grazie signor Ministro. Io mi scuso perché credo di essere l'unico che non ha avuto la possibilità di incontrarla precedentemente perché non facevo parte della delegazione che lei ha incontrato; quindi mi scuso se ripeto cose che lei aveva già affrontato con i vertici del mio partito. Io le dico prioritariamente, signor Ministro, che non penso che ci sia nessun attentato, nessun vulnus, nel prendere in considerazione l'esigenza di riformare, attraverso la Costituzione, il sistema istituzionale del nostro Paese.
  Io, personalmente, insieme ad altri deputati del Partito Democratico, nella scorsa legislatura ho presentato una proposta di legge esattamente per proporre al nostro Paese il semipresidenzialismo alla francese, con annesso doppio turno di ballottaggio (quindi riforma anche della legge elettorale), perché ho sempre ritenuto che fossero maturi i tempi nel nostro Paese anche per tentare di superare, attraverso questa strada, delle evidenti problematiche che ci trasciniamo da tempo.
  Nella fattispecie, come lei forse saprà, la proposta che è stata avanzata dal mio partito è esattamente quella del premierato, qualcuno di noi la chiama "il Sindaco d'Italia". Vorrei dire anche, a chi è intervenuto, che l'esperienza del sindaco nel nostro Paese è forse una delle poche esperienze, attraverso la legge elettorale che ne prevede l'elezione, che ha consentito non solo governabilità ma stabilita nelle amministrazioni comunali. Quindi, se dobbiamo guardare al piccolo esperimento (ovviamente mi è chiaro che ci sono cose che mutano a livello statale) diciamo che quell'esperimento, dopo tanti anni di turbolenze e di instabilità a livello delle amministrazioni locali, ha portato stabilità.
  Anche io non ho capito bene, Ministro, qual è il percorso che lei intende portare avanti. Anche di questo non mi scandalizzo; se il Governo predispone un testo, poi ovviamente noi avremo la possibilità di intervenire (è già successo in passato peraltro) per cercare di emendarlo e di concordarlo. Però a me interesserebbe sapere (siccome si è parlato dell'ipotesi di una bicamerale) se voi avete già in mente qual è lo strumento attraverso il quale portare avanti il dibattito. Se dovessimo guardare alle esperienze delle precedenti bicamerali sarebbe, dal punto di vista scaramantico, sconsigliabile, però indubbiamente può essere interessante capire come intende muoversi.
  Vorrei suggerirle Ministro, anche raccogliendo le valutazioni che hanno fatto i colleghi che sono intervenuti, uno sforzo in più per uscire da un'ipocrisia tutta italiana: nella quale noi facciamo finta di essere su Marte e in realtà stiamo sulla Luna. Mi riferisco al tema del monocameralismo. Noi siamo ormai, lo diceva la collega Bonafè, in una situazione di monocameralismo di fatto; ormai non abbiamo neanche più l'ipocrisia di nasconderlo. Noi sappiamo perfettamente che è un monocameralismo alternato: quando le cose vengono chiuse alla Camera non si riaprono più al Senato e quando vengono chiuse al Senato non si riaprono più alla Camera. Se tutti siamo consapevoli di questo, perché non Pag. 12prendere in considerazione (visto che teoricamente voi avete una maggioranza molto grande e anche un tempo abbastanza lungo di fronte a voi) di mettere insieme una riforma costituzionale che prenda atto anche di quello che ormai si è realizzato nel nostro Paese e lo renda, tra virgolette, legale, trasformando in costituzione formale l'attuale Costituzione di fatto per quel che riguarda il tema del bicameralismo?
  A me fa piacere sentire l'onorevole Colucci che dice che, per esempio, si potrebbe prevedere (io sono assolutamente d'accordo, per ovviare al tema dell'abuso dei decreti-legge) di dare la possibilità al Governo di fissare una data certa per l'approvazione di provvedimenti importanti. Su questo argomento (come su molti di quelli che noi stiamo affrontando) vorrei semplicemente ricordare che il Movimento 5 Stelle, e molti di coloro che sono intorno a questo tavolo, hanno fatto una campagna elettorale contro una riforma costituzionale, e regolamenti e leggi e via dicendo, che era stata predisposta nel 2016 e che è stata abbattuta dal voto popolare su indicazione della gran parte di coloro che oggi, magari, richiamano quelle esigenze. Personalmente le dico, e ho concluso (quindi credo di essere stato nei miei cinque minuti), che sarebbe anche utile, vista la realtà con la quale ci siamo misurati con il taglio dei parlamentari, e la difficoltà oggettiva, non solo in termini di rappresentanza (perché 400 deputati e peggio ancora 200 senatori rappresentano aree di popolazione di centinaia di migliaia e in qualche caso anche di milioni di persone e quindi sostanzialmente non rappresentano più niente), se noi distinguessimo una Camera che fa le leggi, tipo la Camera deputati, che in base alla riforma costituzionale che abbiamo approvato avrebbe 600 deputati e restituirebbe un po' più di rappresentanza reale a chi sta in Parlamento, e una Camera, tipo il Senato della Repubblica, che rappresenta le autonomie. Così probabilmente avremmo dato, oltre che dal punto di vista istituzionale anche dal punto di vista dell'assetto parlamentare, un minimo di razionalità a una situazione che in questo momento razionalità non ha.
  Mi interesserebbe sapere – anche se so che non è necessariamente una sua competenza – qualunque sia il tipo di riforma che voi immaginate, se pensate di intervenire anche sulla legge elettorale. Presumo che non sia necessario e indispensabile, però faccio presente che se noi facciamo una riforma – che sia quella semipresidenziale o che sia quella del premierato – il tema di una legge elettorale, che non è che abbia funzionato perfettamente, dovremmo anche porcelo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole. Anche lei si è attestato sui sette minuti. Passiamo adesso all'onorevole Iezzi. A seguire interverrà l'onorevole Magi.

  IGOR IEZZI. Grazie presidente. Sarò decisamente breve. Ringrazio la Ministra per la spiegazione e la disponibilità. Credo che i due temi che maggiormente seguirà – cioè le riforme che riguardano le Istituzioni, quindi la casa di tutti gli italiani, e la semplificazione normativa che riguarda direttamente la vita dei cittadini – siano di fondamentale importanza. Chiunque si rende conto che se un cittadino prova a raccapezzarsi nel mondo delle leggi italiane non ne esce vivo. Quindi è di fondamentale importanza riuscire ad arrivare a una semplificazione di tipo sia quantitativo, sia qualitativo. Chi di questa Commissione è in Giunta per il Regolamento sa bene che uno dei temi su cui penso più o meno tutti i gruppi si sono concentrati è la possibilità di dare una maggiore incisività al Comitato per la legislazione, affinché possa intervenire con maggior rigore sulla qualità, sulla forma e quindi sulla chiarezza dei dispositivi normativi, che spesso sono materia non leggibile per un cittadino comune. A volte anche per noi, che spesso ci dobbiamo fare aiutare da fior fiore di funzionari per riuscire, anche noi per primi, a capire cosa dice una legge.
  Poi c'è l'altro tema, quello delle riforme. Ecco, io credo che sul tema delle riforme lei abbia la possibilità di scrivere una pagina davvero importante nel nostro Paese, perché questo Governo è sostenuto da una maggioranza politica che sul tema delle Pag. 13riforme ha ricevuto un mandato elettorale chiaro da parte dei cittadini, e questo mandato dobbiamo rispettarlo al massimo.
  Il mandato prevede, appunto, che venga ammodernata la Costituzione che, sebbene sia una Costituzione bellissima, ha sul suo viso le rughe dell'età che porta. Io credo che lei abbia iniziato un percorso nella giusta maniera; un percorso che prima ha previsto un confronto con tutte le forze politiche, perché credo che sia importante non arrivare con un testo scritto da lei o scritto dalla maggioranza, ma frutto della ricerca della condivisione più ampia possibile, per poter arrivare, come ci ha detto, entro l'estate, a un testo sul quale potremmo iniziare a lavorare.
  In questo contesto credo che i princìpi (perché non siamo ancora nel dettaglio) che lei ci ha elencato siano fondamentali. Lo è l'elezione diretta, perché noi non dobbiamo mai avere paura degli elettori, ai quali spetta la sovranità e noi crediamo che un cittadino, quando va nell'urna, debba avere la possibilità di scegliere direttamente un Governo, e soprattutto debba sapere la sera stessa da quale Governo sarà poi amministrato. Credo che questa sia una delle principali caratteristiche della sovranità popolare, caratteristica che va rispettata perché non si può lasciare la formazione del Governo in mano alle segreterie dei partiti. Io credo che il cittadino debba poter decidere direttamente, e che questo debba andare di pari passo con la stabilità del Governo, perché è fondamentale che poi una maggioranza scelta direttamente dai cittadini, un Governo scelto direttamente dai cittadini, possa rispondere al mandato che gli elettori gli hanno dato.
  Questo deve essere portato avanti in abbinamento all'affermazione della centralità del Parlamento, dove risiede la sovranità popolare. Quindi, sebbene ci sia un rafforzamento dell'Esecutivo, il Parlamento deve mantenere una sua centralità assoluta. E occorre poi un bilanciamento dei poteri, da effettuare in base alla scelta che sarà fatta circa l'elezione diretta. Sarà maggiore nel caso in cui si dovesse scegliere la strada dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, ma sarà comunque imprescindibile anche nel caso in cui si dovesse scegliere la strada dell'elezione diretta del Presidente del Consiglio.
  Tra l'altro ho sentito, e mi ha fatto piacere, il cenno all'autonomia differenziata. Ricordo peraltro alla Sinistra che non si tratta esattamente di una riforma, ma di attuare una riforma, perché la riforma con la previsione dell'autonomia differenziata la fece la Sinistra ai tempi. Cioè, come dico io per semplificare al massimo, noi stiamo facendo un minestrone con le verdure che ci ha dato la Sinistra. Quindi adesso mi fa un po' sorridere il fatto che si paventi il rischio di tornare al Medioevo, e di avere venti sistemi differenti, quando questa possibilità è data dalla riforma della Costituzione che loro fecero nel 2001. Noi non stiamo facendo altro che decidere qual è la strada con cui le regioni potranno chiedere autonomia differenziata nell'ambito di quelle materie nelle quali la riforma del 2001 ha previsto di poter dare autonomia alle regioni stesse.
  Quindi, la polemica politica è sempre giusta, però non bisognerebbe rimangiarsi quello che si è fatto. Anche perché un conto è rimangiarsi una posizione politica, un conto è rimangiarsi una riforma costituzionale importante come quella del Titolo V della Costituzione. Quella riforma l'hanno fatta loro, adesso paventare il rischio di un ritorno al Medioevo mi sembra un po' particolare.
  Tutto questo, comunque, deve essere fatto con la partecipazione e la condivisione, o almeno la ricerca della condivisione, con l'opposizione. E questo è un punto importante, perché la ricerca della condivisione va fatta, però, ripeto, c'è anche un mandato elettorale che noi abbiamo ricevuto. Quindi, se l'opposizione vorrà condividere con noi un percorso, partecipare attivamente, che non vuol dire poi approvare quello che noi diciamo ovviamente, ma tentare di trovare delle soluzioni che siano condivise, credo che sia la strada migliore. Ma questo ovviamente non deve impedire alla maggioranza di rispettare gli impegni che ha preso con i cittadini, che sono la nostra guida principale.Pag. 14
  Ministro, chiudo dicendo che abbiamo davvero la possibilità, tutti insieme, in questa legislatura, di scrivere una bella pagina della nostra storia, che spero poi si concretizzi in una pagina della Costituzione e quindi nella modifica di qualche norma della Seconda parte della Costituzione.

  PRESIDENTE. Grazie collega Iezzi. Adesso per il gruppo Misto +Europa do la parola all'onorevole Magi.

  RICCARDO MAGI (MISTO-+EUROPA). Grazie presidente e grazie Ministro Casellati. Noi siamo molto preoccupati da una questione di metodo, e quindi dal modo con cui ci si avvicina a questa fase costituente (così sembrerebbe, da quello che ci ha detto il Ministro quest'oggi). È la stessa preoccupazione che abbiamo espresso al Ministro quando abbiamo avuto modo di incontrarla nel giro di consultazioni che ha tenuto con le forze politiche.
  La questione è la seguente. Sembrerebbe che ci avviciniamo a una fase costituente profonda, addirittura che va a modificare la forma di governo nel nostro Paese, e che lo si faccia seguendo la via dell'articolo 138 della Costituzione. Sembra che lo si faccia, a nostro avviso, con dei vizi di rappresentanza politica, perché questo Parlamento è stato composto sulla base di una legge elettorale che, come tutti sappiamo, è fortemente distorsiva; è una legge elettorale che dà il 60 per cento dei seggi a coalizioni che esprimono poco più del 40 per cento del consenso popolare. Questo è il motivo che ci aveva già spinti, in quel momento, ad avanzare la proposta di un'assemblea costituente: un'assemblea costituente, preferibilmente da eleggersi insieme alla tornata elettorale delle elezioni europee.
  Ora, a tutti coloro che dovessero ritenere che questa sia una proposta velleitaria, io rivolgo l'invito a riflettere su che cosa ne è stato, negli anni scorsi, dei tentativi di riforme costituzionali organiche, complessive (relative alla forma di governo, alla questione del bicameralismo, alle funzioni e alle prerogative parlamentari, alle competenze di una Camera o dell'altra). È stato un disastro, possiamo dircelo. E io, da esponente dell'opposizione, potrei anche fare una previsione: che questo Governo, in una fase finale della legislatura, arrivi ad approvare la propria riforma costituzionale, che sulla stessa si tenga un referendum costituzionale popolare confermativo che porti la riforma a schiantarsi, come è avvenuto in altri casi precedenti.
  Invece noi vorremmo davvero che le riforme si facessero in questo Paese. E ci preoccupa il fatto che in questo momento non c'è un clima – diciamo così – costituente, non c'è un dibattito tra le forze politiche, non c'è un dibattito nel Paese, non c'è un dibattito con il mondo dell'accademia. C'è piuttosto un maneggiare questa materia estremamente delicata come una merce di scambio all'interno della maggioranza: io ti do l'autonomia differenziata, tu mi dai il presidenzialismo purché sia. È una mia lettura politica, è un mio giudizio politico, Ministro.
  Questo è preoccupante, perché invece una riforma costituzionale, che addirittura dovrebbe mutare la forma di governo, dovrebbe essere oggetto di un confronto ampio tra le forze politiche nel Paese. Noi siamo convinti di essere di fronte a una crisi istituzionale, a una crisi della democrazia rappresentativa nel nostro Paese. Ma siamo anche convinti che non si risolverà seguendo la strada dell'articolo 138 della Costituzione, perché quello significa estrema politicizzazione del processo costituente, che culmina con un referendum confermativo che rappresenta una fase che più politicizzata di quella non c'è nulla, una fase di polarizzazione.
  Per questo, invece, riteniamo che la strada dell'assemblea costituente (a breve depositeremo una proposta di legge per l'istituzione di un'assemblea costituente) sia quella che presuppone un accordo sin dall'inizio, e che vede tutte le forze politiche collaborare. E vi sarebbero anche i tempi, per quanto stretti, se si dovesse pensare di eleggerla con le elezioni europee; ma sono quei tempi stretti che a volte sono anche necessari a far prendere determinate decisioni, che tutti in fondo ritengono si debbano prendere ma che non vengono mai Pag. 15prese perché prevale in qualche modo la dinamica politica e la dinamica di parte.
  Vado a concludere. Abbiamo poi visto cosa ne è stato delle riforme non organiche, di quelle riforme chirurgiche della scorsa legislatura, tra le quali l'ultima e tra le peggiori è quella del cosiddetto taglio dei parlamentari; lo dico potendo vantare di essere uno dei 14 deputati che hanno votato contro quella proposta di legge. Proposta che doveva essere accompagnata da correttivi – annunciati, proclamati e sbandierati da tutti quelli che hanno votato a favore – che stiamo ancora aspettando.
  La nostra classe dirigente, quella di cui facciamo parte tutti, non ha la capacità, Ministra, di autolimitarsi rispetto alle questioni che hanno posto i colleghi prima, tra le quali la questione della decretazione d'urgenza. Il Governo non ha la capacità – i Governi e non questo Governo in particolare – di autolimitarsi. Per questo noi ieri abbiamo scritto al Presidente del Senato, perché come lei sa nel Regolamento del Senato c'è una previsione che dice che entro 30 giorni la fase della lettura e dell'esame del disegno di legge di conversione di un decreto-legge deve concludersi. Non c'è questa capacità di autolimitarsi. È qualcosa che fino a qualche tempo fa avveniva, non è scritto negli astri, non è un fatto obbligatorio che si debba arrivare a 45-50 giorni per la lettura nel primo ramo del Parlamento e che quindi poi il secondo, di fatto, non possa fare nessuna lettura. Ma se siamo arrivati a questo punto di degrado, io credo che non possiamo aspettarci nulla di buono in una riforma costituzionale che segue la procedura dettata dall'articolo 138 della Costituzione. Credo invece che serva, e lo ribadisco, una assemblea costituente.
  Un'ultima considerazione con la quale chiudo davvero, relativa alla centralità della sovranità popolare. Ora, in questo Paese, Ministro, è diventato impossibile fare i referendum perché la Corte costituzionale, se da un lato dice al Parlamento che deve legiferare su alcune materie – quelle sensibili da un punto di vista etico – e il Parlamento non legifera nonostante l'invito della Corte, dall'altro, quando i cittadini promuovono un referendum su quel tema, dichiara il quesito inammissibile di fatto, dicendo che ci sono materie che non sono referendabili; materie che non sono però quelle previste dall'articolo 75 della Costituzione, che esclude il referendum solo per i trattati, le leggi di bilancio, eccetera. Se dunque si vuole ridare centralità alla sovranità popolare, si faccia rivivere il referendum, si ridia forza a questo istituto. Grazie davvero.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al collega Paolo Emilio Russo, capogruppo di Forza Italia, e poi al collega Urzì, voglio dirvi che purtroppo tra venti minuti dobbiamo interrompere la riunione della Commissione, e l'audizione del Ministro, perché abbiamo lavori in Assemblea. Quindi vi prego gentilmente di essere consapevoli di questo e dare la possibilità al Ministro di dare, per quanto possibile, delle risposte. Prego onorevole Russo, a lei la parola.

  PAOLO EMILIO RUSSO. Grazie presidente. Buonasera Ministro e grazie di essere venuta. Sarò rapidissimo. Volevo ringraziarla per il metodo che ha utilizzato e che ha portato fino a qua. Ho partecipato qualche mese fa all'incontro con la delegazione di Forza Italia presso il suo Ministero, e in quella sede abbiamo approfondito con lei e abbiamo presentato le proposte politiche di Forza Italia. Abbiamo fiducia nella sua capacità di fare sintesi rispetto a tutte le proposte che sono venute anche oggi dai colleghi. Le avrei chiesto, ma mi rendo conto che non sono questioni dirimenti rispetto al dibattito di oggi, due approfondimenti sulle cose che ha detto oggi. La prima, relativa alle attività di delegificazione e di semplificazione che state portando avanti: ho sentito prima che parlava di 20 mila leggi che possono essere cancellate entro l'estate.
  Poi volevo avere un suo punto di vista rispetto alle preoccupazioni che abbiamo sentito oggi, ma non solo qua, circa la possibilità che il progetto di autonomia differenziata penalizzi le regioni economicamente più svantaggiate. In particolare, volevo capire che tipo di correttivi avevate immaginato e se esiste il rischio che qualcuno venga penalizzato. Grazie.

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  PRESIDENTE. Grazie, è stato velocissimo. Do adesso la parola all'onorevole Urzì, di Fratelli d'Italia.

  ALESSANDRO URZÌ. Grazie Presidente. Anch'io colgo la sfida della rapidità. Ringrazio il Ministro per l'esauriente rappresentazione del quadro e dell'impegno della sua attività ministeriale che, ha fatto bene a ricordare, è estremamente trasversale, interministeriale appunto.
  Io ritengo che la funzione del suo Ministero, in questo momento, si stia rivelando assolutamente chiave nello svolgimento dell'indirizzo politico contenuto nel programma elettorale della coalizione. Mi è piaciuta molto anche l'espressione «ambizione di decidere»; certo, bisogna essere molto ambiziosi, ma bisogna avere anche la consapevolezza della responsabilità, e poi infine bisogna decidere. Il fatto che il dibattito abbia seguito un percorso di partecipazione estremamente puntuale (che peraltro tutti i colleghi, anche dell'opposizione, hanno voluto riconoscere nei loro interventi) dimostra come il metodo della partecipazione, che poi in sede parlamentare si trasformerà in metodo di partecipazione parlamentare alle decisioni, sia stato una scelta opportuna, condivisa e della quale la ringraziamo Ministro.
  In relazione a quanto affermato dal collega Magi, in merito all'articolo 138, ricordo che si tratta di un articolo della Costituzione, che a noi spetta rispettare. Penso quindi che le modifiche della Costituzione possano – anzi debbano – essere approvate attraverso la procedura dell'articolo 138. Non ci vedo assolutamente nulla di particolarmente esorbitante rispetto ai compiti, ai ruoli e alla funzione del nostro Parlamento. Abbiamo delle sfide epocali e la prima sfida secondo me è quella di restituire ai cittadini il diritto di potersi scegliere i propri Governi, di poter vedere il giorno dopo il voto nascere un Governo coerente con le proprie aspirazioni, ambizioni e il proprio voto. Quindi non ho paura, anzi credo che nessuno di noi la debba avere, nel riconoscere ai cittadini il diritto di fare una scelta diretta, ovviamente secondo il modello che sarà il frutto dell'elaborazione e delle prese di posizione che abbiamo anche raccolto in sintesi oggi.
  Passando al tema della delegificazione, o meglio della semplificazione legislativa, va benissimo. Ricordo, ma questo con una punta anche di ironia se vogliamo, come in un precedente provvedimento di semplificazione si era cancellato anche un provvedimento che riguardava il nostro territorio e cancellava totalmente la toponomastica italiana della provincia autonoma di Bolzano, che risale al 1923. Attenzione signor Ministro, che ci sia la debita attenzione affinché magari, nella delegificazione spedita, non accada quello che è già successo nel passato.

  ROBERTO GIACHETTI. Magari cancellano proprio la Provincia di Bolzano...

  ALESSANDRO URZÌ. Esatto. Lo dicevo con un po' di ironia perché è un tema importante quello che lei sta affrontando, sul quale può contare sul nostro totale appoggio e sostegno, perché un Paese non può essere vittima della burocrazia ma non può essere neanche vittima di un ipertrofismo della legislazione e su questo c'è bisogno di dare una forte scossa, come lei sta facendo, alla semplificazione. Mi pare che sia una espressione usata dal sottosegretario Alessio Butti, quella che la semplificazione fa rima anche con la digitalizzazione e porterà anche alla decertificazione. Io credo che sia un importante traguardo che questo Governo si è dato e quindi può contare sul nostro massimo sostegno e appoggio. Se rimangono ancora trenta secondi, un minuto di tempo disponibile, presidente, chiedo se è possibile un intervento anche del collega del mio gruppo, onorevole Michelotti. Grazie.

  PRESIDENTE. Sì, prego onorevole Michelotti. Ha a disposizione due minuti.

  FRANCESCO MICHELOTTI. Telegraficamente. Mi unisco ovviamente alle parole di apprezzamento del capogruppo Urzì per la relazione e soprattutto per quello che ha detto il Ministro riguardo alla necessità di uniformare, allineare alla giurisprudenza Pag. 17costituzionale, il testo unico degli enti locali.
  Chiedevo, non so se questa è la sede, nell'ottica di una semplificazione normativa, magari di dare anche giusto rilievo al testo unico dell'edilizia e dell'urbanistica. Anche in questo settore, infatti, noi scontiamo un ritardo, una stratificazione, anche una contraddittorietà fra le varie norme contenute nel testo unico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che si riverberano poi anche nelle politiche degli indirizzi regionali. Perché poi ogni regione ha, nelle proprie leggi regionali appunto, una diversa politica e diverse leggi per quanto riguarda la disciplina dell'edilizia e dell'urbanistica. Lei Ministro diceva correttamente che dobbiamo puntare molto sulla semplificazione per ridurre gli equivoci e quindi ridurre anche il contenzioso. Io aggiungerei, a questo punto, che la semplificazione serve anche a renderci più attrattivi per quanto riguarda gli investimenti. È noto che le imprese e gli imprenditori sono in qualche modo scoraggiati dal quadro normativo incerto. Spesso si palesa appunto una sorta di ingorgo normativo che crea contraddizioni e incertezze, e questo ovviamente disincentiva anche gli investimenti. Ecco mi chiedevo se questa attenzione sul TUEL, che è sicuramente importante e che salutiamo con favore, potrà riguardare anche il testo unico dell'edilizia e dell'urbanistica anche con riferimento (e finisco) al ruolo delle soprintendenze, magari prevedendone un ridimensionamento. Le soprintendenze, infatti, troppo spesso, negli ultimi tempi, hanno bloccato investimenti e opportunità di lavoro. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Grazie. Con l'onorevole Michelotti abbiamo concluso il giro di domande rivolte al Ministro. Tutti i gruppi presenti sono intervenuti. Ministro, purtroppo ha solo un quarto d'ora a sua disposizione per le repliche. Prego.

  MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. È davvero poco il tempo per rispondere, perché la materia è complessa. Voglio ringraziare, come prima cosa, tutti gli intervenuti perché hanno dato un contributo forte di idee e di queste idee terrò conto.
  Il tema che è stato affrontato dagli onorevoli Bonafè, Colucci, Giachetti, Magi e Iezzi, è il tema della forma di governo, del presidenzialismo. Tutti sappiamo che i primi tentativi di riforma risalgono addirittura alla Commissione Bozzi (e parliamo del 1983), quindi andiamo indietrissimo nel tempo. Da destra e da sinistra, da tanti anni, da troppi anni, tutti cercano di riformare la Costituzione perché ritengono la Seconda parte della Costituzione insufficiente rispetto ai cambiamenti che sono avvenuti nel tempo.
  Gli stessi padri costituenti lo dicevano. Dicevano che mentre la prima parte della Costituzione è presbite, perché guarda lontano, la seconda parte della Costituzione è miope e quindi avrebbe dovuto adattarsi a quelli che sarebbero stati i cambiamenti che sarebbero intervenuti nel tempo.
  Quindi mi stupisco un po' quando, dopo tanto tempo, dopo tanti anni, quando si affronta il tema delle riforme sento dire che in realtà non bisogna cambiare nulla. Si parla del presidenzialismo nelle varie forme che sono indicate come tipiche, quindi del presidenzialismo all'americana per dire. Si parla del semipresidenzialismo alla francese, che poi ha la sua forma tipica in quella francese, ma in realtà ce ne sono di sperimentate tantissime; perché in maniera tipica abbiamo la Francia, la Romania e la Lituania; ma forme di semi presidenzialismo in Europa ne abbiamo anche altre e sono in Portogallo, Irlanda, Finlandia, Austria, Polonia, Bulgaria, Croazia, Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, dove c'è un bilanciamento di poteri fra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. Oggi sento dire che non dobbiamo cambiare nulla né per quello che riguarda l'elezione diretta del Presidente della Repubblica né per quella del Presidente del Consiglio. Per quanto riguarda il ruolo del Presidente della Repubblica posso confermare anch'io che in tutti questi anni è stato una figura di garanzia; e chi lo può negare? Il Presidente della Repubblica in Pag. 18questi anni di crisi che abbiamo attraversato, di crisi economica, di guerre, di Covid, è stato un elemento che ha rassicurato tutti, che ha impersonato meglio di chiunque l'unità nazionale.
  Ma con questo, diceva l'onorevole Bonafè, noi partiamo dalla soluzione anziché dal problema. Francamente non capisco perché si dica questo; io sono partita proprio dal problema per arrivare alla soluzione. Ma non sono partita io, sono partiti i numeri; l'instabilità determinata dal fatto che 75 anni hanno prodotto 68 Governi diversi, con una durata di 14 mesi, significa che non c'è un pensiero politico di lunga durata. Il che produce conseguenze gravi dal punto di vista della programmazione personale ed anche economica e questo incide sul governo del Paese. Ma pensiamo anche alle interlocuzioni, ad esempio, con le regioni. Una regione si deve rapportare con Governi che continuamente si modificano. Ma ancora, un imprenditore che ha la necessità di proiettarsi verso il futuro, che cosa può programmare se si cambiano continuamente, al cambiare dei Governi, le regole? Allora è chiaro che l'instabilità incide sul piano personale ed economico e quindi sullo sviluppo del Paese. Allora come trovare la stabilità? Prima si è detto che non si capisce bene qual è la linea del Governo. Non è che io non abbia un mio pensiero, ma ho fatto una scelta di metodo. È proprio per trovare una condivisione, la più ampia possibile, che non ho espresso un'idea, una mia personale idea, o l'idea che può essere quella del Governo. Quando si parla di tener conto dell'opposizione, proprio perché la Costituzione è la legge di tutti i cittadini italiani, significa proprio questo, significa cercare di creare un confronto continuo in modo da vedere se c'è un punto di caduta. Se non c'è, è chiaro che andremo avanti rispettando quello che è il mandato che gli italiani ci hanno dato votando il nostro programma. Questo è evidente, ma io sono venuta oggi, a distanza di molti mesi, a rendere le linee programmatiche, dopo aver avuto un'interlocuzione con tutti i partiti per cercare di capire se c'è un punto che possa portare alla soluzione di un problema condiviso.
  E allora io dico: i paletti, il perimetro dentro il quale vorremmo modificare la Costituzione e la forma di governo sta nell'elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio; una elezione diretta che consenta di coinvolgere i cittadini nella formazione del Governo. Perché il fatto che i cittadini si siano ritrovati a esprimere un voto che poi non ha avuto riscontro in un Governo, ha portato a una disaffezione, a una distanza fra i cittadini e le istituzioni e a un progressivo astensionismo, come si è visto nelle ultime elezioni.
  Allora, non c'è un metodo? A me sembra che il metodo – dal mio punto di vista, il migliore – sia quello di parlare alla politica. Perché vedete, poi è chiaro che ci sarà un tavolo tecnico, ma il tavolo tecnico dovrà vestire in maniera ineccepibile una volontà politica, perché diversamente possiamo fare la Bicamerale, una Costituente come proponeva Magi dicendo che il tempo c'è. Io francamente lo vedo molto difficile, non credo che ci sia il tempo, perché la Costituente dovrebbe essere approvata alle prossime elezioni europee, e quindi parliamo già del 2024. Poi ci dovrebbe essere una legge costituente, poi ci dovrebbero essere tutti i vari passaggi. Non lo so, guardi, aprioristicamente non rifiuto mai nessuna soluzione, neanche la Bicamerale tanto per dire, ma preferisco l'articolo 138. Del resto, era previsto proprio dai costituenti, perché ritenevano appunto che la seconda parte della Costituzione dovesse essere modificata. Ci sono passaggi di illustri costituzionalisti che dicono proprio questo, perché la seconda parte deve adeguarsi ai tempi. Era una preoccupazione già da allora, perché la parte seconda è dinamica, non è una parte statica. Quello che un po' mi stupisce è che non ho sentito da parte del Movimento 5 Stelle un accenno alla volontà popolare. Cioè, il fatto di dare il voto ai cittadini e la possibilità di scegliersi il Governo nella figura del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio mi pareva un po' in linea con quello che avete sempre detto sulla partecipazione popolare. Mi ricordo ancora, nella scorsa legislatura, l'idea del referendum propositivo, che non esiste in Pag. 19nessuna parte del mondo. Quindi questo un po' francamente mi stupisce, nel senso che mi sarei aspettata che laddove si parla di coinvolgimento dei cittadini in una scelta, il partito dei 5 Stelle, che di questo ha fatto una bandiera, per lo meno per questa parte, aderisse a questo progetto.
  La preoccupazione poi, che è stata evidenziata forse ancora dall'onorevole Colucci, che l'elezione diretta del Presidente del Consiglio svuoti i poteri del Presidente della Repubblica... ma al contempo l'onorevole Colucci propone un premierato alla tedesca. Beh, mi dovrà spiegare i poteri del Presidente della Repubblica in Germania, dove il Presidente è equiparato a una sorta di notaio perché chi davvero ha un potere forte è il Cancelliere. Il Presidente della Repubblica è considerato pochissimo, ha meno poteri del nostro Presidente della Repubblica. Quindi non capisco: da un lato il fatto di dire che non possiamo aderire alla elezione del Presidente della Repubblica, perché è l'unico che ha potere di mantenimento dell'unità nazionale; poi dire che non possiamo eleggere il Presidente del Consiglio perché svuoterebbe le funzioni di Presidente della Repubblica, e poi proporre un cancellierato alla tedesca che sminuisce totalmente i poteri del Presidente della Repubblica e lei lo sa bene.
  Non è vero neppure che con l'elezione diretta del Presidente del Consiglio verrebbe meno la possibilità della sfiducia. Ma dove sta scritto? È chiaro che con l'elezione diretta del Presidente del Consiglio non c'è una fiducia iniziale, essendo eletto direttamente dal popolo la fiducia è in re ipsa. È chiaro. Ma successivamente il Presidente del Consiglio eletto può essere sfiduciato secondo il principio del «simul stabunt, simul cadent». E anche il fatto di dire che il Parlamento sarebbe svuotato... guardi io sono stata Presidente del Senato e ho difeso e difendo, anche se oggi sono dalla parte del Governo, fortemente la centralità del Parlamento perché la nostra è una Repubblica parlamentare.
  Il discorso del ricorso alla decretazione d'urgenza purtroppo risale da troppo tempo e so che qui ci sarebbe da dire tantissimo. C'è stato uno slittamento del potere, una marginalizzazione del legislativo a favore di un Esecutivo in tutti gli stadi di Governo: regioni, comuni e Parlamento. Ormai il potere legislativo è stato svuotato e a torto. Ora lei dice giustamente che dobbiamo ridare centralità al Parlamento. Come si fa? Per esempio, il regolamento del Senato prevede, per alcuni provvedimenti di carattere governativo, date certe. Ecco previsioni analoghe si possono estendere ovviamente anche a leggi ordinarie del Parlamento e anche a proposte di iniziativa popolare. Poi, come diceva qualcuno prima (scusate, io ho preso degli appunti, devo ritrovare chi l'ha detto, forse lo diceva Giachetti), dovremmo anche ripensare a questa sorta di monocameralismo imperfetto e parallelo nel quale una Camera può guardare a un provvedimento e l'altra Camera mette solo il timbro. E non va bene. Però su questo fenomeno, che risale da troppo tempo, a questo Governo francamente poco si può rimproverare perché non si è mai vista una elezione estiva, abbiamo dovuto fare una legge di bilancio con il fiato sul collo, e il fatto di ricorrere alla decretazione d'urgenza è determinato da questioni che ci siamo ritrovate su percorsi già tracciati da altri, con scadenze non messe da noi. E nonostante questo, se prima, a ogni decreto d'urgenza corrispondeva una fiducia, oggi quantomeno stiamo cercando di fare meno uso dei decreti d'urgenza e comunque di non ricorrere sempre alla fiducia. È già un piccolo passo, non dico che sia un grande passo, un piccolo passo in avanti.
  In prospettiva, come già dichiarato anche in Parlamento dal Presidente Meloni, si darà luogo il meno possibile a decreti-legge e si ricorrerà il meno possibile alla fiducia.
  Vorrei poi brevemente rispondere, negli ultimi minuti a disposizione, anche al Partito Democratico che esprime una chiusura per quello che riguarda l'elezione diretta anche del Presidente della Repubblica. Ripeto, nessuno mette in discussione ciò che oggi rappresenta e che ha sempre rappresentato il Presidente della Repubblica, però non possiamo dimenticare la Bicamerale D'Alema, dove la proposta di semipresidenzialismo era stata avanzata. Vi ricordo che nella introduzione di Salvi si leggeva che Pag. 20non c'è nessun rischio di derive plebiscitarie. Lo vorrei leggere perché nella prefazione sul bicameralismo Salvi scriveva: «I vari sistemi semi presidenziali che esistono in Europa presentano un bilancio di rendimento istituzionale e democratico completamente soddisfacente e non tale da generare preoccupazioni sia sul piano dei princìpi democratici che su quello del funzionamento pratico delle istituzioni». E quindi diceva che il popolo italiano era maturo per una decisione in questo senso.

  FILIBERTO ZARATTI. Magari ci ricordi anche cosa pensavate voi in quella Bicamerale.

  MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Allora noi eravamo d'accordo su questo, tant'è vero che lo stiamo proponendo. Io sto rispondendo a chi non lo propone più, non a chi lo può proporre adesso. Io propongo adesso una forma di elezione diretta e sto dicendo che chi non la propone più la proponeva allora come soluzione. E non la proponeva solo allora, nel 1999, ormai troppo tempo fa, ma anche nella scorsa legislatura, con due disegni di legge al Senato, uno proposto dal senatore Parrini e l'altro proposto da un senatore noto costituzionalista di cui adesso mi sfugge il nome.

  PRESIDENTE. Ministro, adesso ti prego di andare a chiudere perché purtroppo è ripresa la seduta dell'Aula e dobbiamo andare a votare.

  MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Chiudo con l'autonomia differenziata. È chiaro che la competenza è del Ministro Calderoli, noi abbiamo soltanto partecipato. Però vorrei rassicurare tutti nel senso che all'autonomia differenziata corrisponde una migliore allocazione delle risorse. Se si legge il testo che è stato presentato alle Camere, e ci sarà una larga – vorrei rassicurare l'onorevole Bonafè – ci sarà una larga partecipazione delle Camere, un largo contributo, perché c'è un disegno di legge che dice che prima si stabiliscono le materie sulle quali individuare i livelli essenziali di prestazione, poi si stabiliscono i LEP, che sono la precondizione per le intese fra Stato e regioni. Questo significa che non ci sarà nessun pregiudizio per nessuna regione, nel senso che il principio di sussidiarietà è nell'articolo 1 e c'è il fondo perequativo. Quindi, che preoccupazione c'è? Nessuna. E come ha detto qualcuno prima, noi stiamo attuando una legge (che adesso sembra caduta dal cielo, come in un programma di centrodestra), una legge ordinaria di attuazione di una legge costituzionale, inserita dal centrosinistra. Io avrei tantissime cose da dire, ma il tempo non me lo consente.

  PRESIDENTE. Ministro, intanto ti ringrazio per questa audizione. Se fosse necessario, spero che tu possa anche in futuro essere disponibile per un nuovo confronto. Nel frattempo ti ringraziamo veramente, credo che sia stato un dibattito molto costruttivo per tutti. Mi pare evidente che vi sia la volontà di arrivare ad una soluzione condivisa. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.