XIX Legislatura

Commissioni Riunite (X Camera e 9a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 6 dicembre 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sulle linee programmatiche del suo dicastero e sulla politica spaziale e aerospaziale del Governo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 
De Carlo Luca , presidente della 9ª Commissione del Senato della Repubblica ... 3 
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 3 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12 
Squeri Luca (FI-PPE)  ... 13 
Evi Eleonora (AVS)  ... 13 
Pogliese Salvo  ... 14 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD-IDP)  ... 15 
Cantalamessa Gianluca  ... 16 
Todde Alessandra (M5S)  ... 17 
Cavo Ilaria (NM(N-C-U-I)-M)  ... 17 
Barabotti Andrea (LEGA)  ... 18 
Colombo Beatriz (FDI)  ... 19 
Orlando Andrea (PD-IDP)  ... 20 
Comba Fabrizio (FDI)  ... 21 
Giacobbe Francesco  ... 22 
Licheri Sabrina  ... 22 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 23 
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 23 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 31

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA X COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

  La seduta comincia alle 13.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web tv dei rispettivi siti istituzionali.

Audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, sulle linee programmatiche del suo dicastero e sulla politica spaziale e aerospaziale del Governo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione presso le Commissioni riunite attività produttive commercio e turismo della Camera e industria commercio turismo agricoltura e produzione agroalimentare del Senato del Ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso sulle linee programmatiche del suo dicastero.
  Ringrazio il Ministro per aver sollecitamente risposto all'invito delle Commissioni. Saluto il presidente della 9ª Commissione industria senatore Luca De Carlo e i colleghi senatori e deputati, tra cui alcuni collegati in videoconferenza.
  Prima di cedere la parola al Ministro comunico che le Presidenze hanno convenuto sulla seguente organizzazione del dibattito già comunicato ai gruppi. Agli interventi dei parlamentari è riservato un tempo complessivo di circa 60 minuti suddiviso tra due Commissioni secondo lo schema che è stato reso noto e non vi leggo.
  La ripartizione che avete ricevuto consente al Ministro di effettuare la replica in un tempo congruo. Ulteriori interventi saranno ammessi ove residui il tempo disponibile compatibilmente con quello necessario per la replica del Ministro. Invito quindi i colleghi a comunicare le richieste di intervento alla Presidenza. Do subito la parola al presidente della 9ª Commissione, senatore Luca De Carlo, per un indirizzo di saluto prima di cedere la parola al ministro Urso.

  LUCA DE CARLO, presidente della 9ª Commissione del Senato della Repubblica. Grazie presidente Gusmeroli. Anch'io intendo ringraziare il ministro Urso per la velocità con la quale ha accettato la richiesta delle due Commissioni per l'audizione, dalla quale ci aspettiamo ovviamente non solo le linee programmatiche ma anche tanta della filosofia che animerà questo Governo su temi rilevanti ed importanti come le imprese e il made in Italy, a cominciare già dalla scelta, tra l'altro assolutamente doverosa e giusta, del cambiamento del nome che rimette la «chiesa al centro del paese», cioè l'impresa al centro dell'azione di Governo e quindi lo ringrazio nuovamente e lascio al Ministro la parola. Grazie.

  ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Buongiorno a tutti. Ringrazio innanzitutto i presidenti e, tramite loro, le Commissioni qui riunite di Camera e Senato per aver voluto chiedere questa audizione in tempi così celeri, perché anch'io condivido la necessità che vi sia fin dall'inizio delineata quale possa essere, quale Pag. 4debba essere la politica industriale e produttiva del Paese in questo contesto particolarmente significativo.
  Vorrei aprire questo appuntamento come Ministro con una nota di metodo che varrà oggi e per gli incontri dei prossimi cinque anni in cui lavoreremo insieme, che sarà sempre ribadita.
  Come sapete ho una lunga esperienza da parlamentare, sono stato più volte in questa stessa Aula dall'altra parte della barricata, e proprio per questo io sono consapevole come il confronto tra l'Esecutivo e i membri del Senato e della Camera rimane sempre il momento principe del processo democratico, in cui da differenti posizioni e sensibilità si deve arrivare insieme a una sintesi. È qui che io, in queste aule, ascoltando gli altri e anche in altri contesti di confronto interno e internazionale ho imparato molto su come fare. È quanto ho anche fatto come presidente del Copasir, nell'ultimo mandato avuto, in cui in quell'organismo così delicato tutte le decisioni, tutte le delibere e tutte le relazioni sono state approvate all'unanimità.
  Mi aspetto la massima collaborazione per sostenere tutto il nostro tessuto produttivo che è la forza del nostro Paese, produce ricchezza e offre lavoro, con una capacità di adattamento straordinaria che deve essere sostenuta e, dove è possibile, premiata. Dobbiamo farlo in un quadro macro economico fatto di luci e di ombre.
  Benché il PIL italiano sia cresciuto per sette trimestri consecutivi arrivando a superare dell'1 per cento il valore precedente alla pandemia del terzo trimestre 2019, permangono tensioni sui margini delle imprese che potrebbero non giovare sulla dinamica degli investimenti.
  Il prezzo del gas in Europa è risalito a novembre dopo la netta flessione dei picchi registrati a ottobre, tale andamento riflette le alterne notizie sull'offerta russa di gas ma anche purtroppo le difficili e prolungate trattative dell'Unione europea sul price cap.
  In euro i maggiori costi energetici si tradurrebbero in un aumento della bolletta annuale per l'intera economia italiana pari a circa 110 miliardi su una bolletta energetica prepandemia – questi sono i dati di Confindustria –, di quasi 87 miliardi. Per la sola manifattura l'aumento dei prezzi delle materie prime energetiche aumenterebbe la bolletta annuale di 43 miliardi di euro, portando la bolletta totale a oltre 70 miliardi di euro.
  Proprio per questo come voi siete consapevoli, i due terzi delle risorse della manovra sono stati assorbiti dalle misure di contrasto al caro-energia in aiuto alle imprese e alle famiglie italiane.
  Scontiamo anche i ritardi dell'Unione europea che non è intervenuta tempestivamente quando l'Italia insieme con il precedente Governo l'aveva giustamente chiesto. Adesso occorre non perdere altro tempo prezioso, intervenire subito perché l'emergenza è ormai incombente.
  In particolare la manifattura vedrebbe più che raddoppiare l'incidenza dei costi, toccando i valori massimi in corrispondenza dei settori più energivori con particolari ripercussioni per la metallurgia la cui incidenza dei costi energetici potrebbe sfiorare il 26 per cento alla fine del 2022, alla fine di quest'anno, cioè 15 punti in più in percentuale rispetto a livelli prepandemia.
  Le tensioni sul fronte dei prezzi si riflettono in una revisione al basso delle previsioni di crescita del PIL contenute nella Nadef per il 2023, dal precedente più 0,6 per cento all'attuale 0,3 per cento, cioè la metà. Questo comporta che oggi più che mai dobbiamo sapere che la linea del fronte è quella che devono presidiare le nostre imprese per invertire la tendenza e riprendere la strada della crescita. La nostra missione diventa tanto più essenziale.
  Per questo il Governo che si è insediato da poche settimane ha subito approvato un decreto-legge che ha dato una nuova denominazione al Ministero: il Ministero si chiamava «dello sviluppo economico» e ancor prima «delle attività produttive» – io sono stato vice ministro sia quando si chiamava «delle attività produttive» sia quando assunse la denominazione «dello sviluppo economico: quelle denominazioni definivano un contesto di azione». Ora il Pag. 5Ministero si chiama «delle imprese e del made in Italy».
  Il termine «Imprese» individua il soggetto dello Sviluppo economico, della crescita, delle attività produttive. L'impresa è il frutto dell'intrapresa della persona, tanto più nel nostro Paese come ci ha insegnato il Rinascimento che ha posto proprio la persona al centro dell'attività creativa: sia essa l'imprenditore come il lavoratore, chiunque apporta il suo contributo a una attività produttiva contribuendo nella parte che può fare al benessere della Nazione. E poi «Made in Italy». Il made in Italy, come lo conosciamo noi, è nato nella cultura del Rinascimento, dell'arte, della creazione, dell'ingegno, del genio italico, e oggi lo è sempre di più. L'Italia infatti è conosciuta nel mondo per la qualità dei suoi prodotti.
  Il made in Italy nella percezione dei consumatori non è meramente il luogo di produzione. Made in Italy non è l'etichettatura del luogo di produzione di un prodotto, almeno non è così nella percezione del consumatore globale, in Occidente come in Oriente.
  Il made in Italy è diventato qualcosa di ben diverso e di superiore, è diventato il marchio di qualità e di eccellenza della produzione.
  I consumatori globali identificano nel made in Italy un marchio di qualità, non un luogo di produzione; o meglio, un marchio di qualità che è il frutto di un luogo di produzione, dei contesti in cui esso si è realizzato.
  Oggi però, a differenza di vent'anni fa, quando ero il delegato al commercio con l'estero e gli autori di quella straordinaria impresa, prima stilisti poi cuochi e poi infine designer e quant'altro ancora, identificavano il made in Italy con il prodotto bello e ben fatto. Oggi non è solo bello o ben fatto, ma si tratta di opere dall'elevato contenuto tecnologico che devono puntare alla sostenibilità. Oggi il made in Italy deve fare un passo ulteriore in avanti, andando incontro a quella che è la qualità a livello globale. Oggi il made in Italy deve essere un prodotto bello, ben fatto e sostenibile.
  Il nuovo nome del dicastero significa innanzitutto porre appunto al centro della politica del Governo l'azione di supporto, facilitazione, tutele e accompagnamento delle attività produttive italiane evidenziando l'eccellenza, appunto il made in Italy.
  Sostenere la nostra economia significa innanzitutto confrontarsi con un contesto internazionale, lo sappiamo. Lo sappiamo noi italiani più di altri perché abbiamo 200 mila imprese esportatrici. E ciò ci impone una politica industriale di livello europeo per far fronte alla concorrenza, alla duplice concorrenza: prima alla concorrenza asiatica, della Cina dell'India e degli altri Paesi asiatici, a cui oggi occorre aggiungere più che mai la sfida ancora più alta e difficile e competitiva che proviene dal cuore dell'Occidente.
  Le imprese degli Stati Uniti possono contare su un piano strategico industriale di estrema importanza, che ha un impatto anche sulle imprese dell'Unione europea. Gli Stati Uniti hanno messo in campo in pochi mesi tre vantaggi competitivi per le proprie imprese: tre vantaggi competitivi. Il primo vantaggio competitivo è sul prezzo dell'energia: vi è una divergenza straordinaria nei prezzi dell'energia tra Stati Uniti ed Unione europea. Il prezzo del gas negli Stati Uniti è pari a 20 dollari, loro ci vendono il gas liquefatto sette volte di più, a 140 dollari. Loro lo vendono al mercato interno a 20 dollari e ce lo vendono a 140 dollari.
  Aggiungo che il tetto al price cap di cui si parla stamattina è pari, credo, a 200/220, cioè undici volte di più del prezzo del gas che pagano le imprese americane. Non parlo delle imprese cinesi o delle imprese turche, sto parlando delle imprese americane. Questo vantaggio competitivo spiazza completamente le nostre imprese e le imprese europee.
  Il secondo vantaggio competitivo è che gli Stati Uniti hanno messo in campo una massa monetaria senza precedenti, secondo il piano già approvato dal Congresso americano: 369 miliardi di dollari per affrontare l'emergenza climatica. L'Inflation reduction act riformula infatti una cornice formalmente volta a combattere l'inflazione, la denominazione riguarda la lotta all'inflazione, ma in realtà contiene una Pag. 6serie di provvedimenti per sostenere l'energia pulita, i veicoli elettrici, la riduzione dell'inquinamento e la sicurezza energetica. Ne siamo contenti che finalmente gli Stati Uniti, come l'Unione europea, affrontano l'emergenza climatica, ne siamo contenti, finalmente. A fronte del fatto che questo non è ancora pienamente consapevole negli atti della Cina e dell'India, che sono tra l'altro tra i maggiori Paesi inquinatori al mondo. Siamo contenti che l'altra metà dell'Occidente va sulla nostra stessa strada. Ma con la massa monetaria che mette in campo realizza uno svantaggio competitivo, o meglio per loro un secondo vantaggio competitivo di fronte al quale l'impresa europea purtroppo non può competere visto quello che l'Unione europea ha messo in campo.
  Se a ciò aggiungiamo un terzo vantaggio competitivo per le imprese americane – perché io mi confronto con il meglio che c'è nel mondo, con gli Stati Uniti, non con gli altri soggetti in via di industrializzazione, che sono anche importanti competitori, ma il nostro metro di paragone deve essere quello ovviamente più alto – allora tutto è più difficile. Il terzo vantaggio competitivo è il fatto che in questo provvedimento sono previsti sussidi e contributi destinati in via esclusiva alle imprese che producono interamente, o quasi interamente, negli Stati Uniti o comunque nel nord America, cioè nell'area del Nafta o dell'ex Nafta. Tra le varie misure, pensate, il piano prevede crediti fiscali da 7.500 dollari per chi acquista auto elettriche assemblate in Nord America (assemblate in Nord America, la catena produttiva con produzione messicana ovviamente) e impone ai produttori di batterie al litio di utilizzare almeno il 40 per cento di componenti realizzati in patria. Di fatto il tanto paventato Buy american act è stato messo in pratica dal governo dell'amministrazione Biden.
  Tre vantaggi competitivi per le imprese americane rispetto alle imprese europee: gas, prezzo energia a un livello di un settimo, perlomeno o un undicesimo rispetto a quello europeo; massa monetaria in campo, 369 miliardi di dollari, altro che aiuti di Stato; e norme secondo le quali questi sussidi e incentivi vadano a chi produce in America e a prodotti realizzati in America.
  A queste tre sfide l'Europa, la nostra Europa, e noi siamo consapevoli della forza e dei limiti dell'Europa e vogliamo rafforzare l'Europa semmai riducendone i propri limiti di intervento, può reagire in tre modi, e tre sono i dibattiti nell'Unione europea. Il primo modo è quello che è già accaduto, una sfida aperta agli Stati Uniti, come ha fatto per il caso di Boeing-Airbus, con la guerra commerciale che noi ricordiamo, che l'Italia ha pagato più di altri, terminata a giugno del 2021 dopo 17 anni, la più lunga in assoluto nella storia dell'Organizzazione mondiale del commercio. È costata a produttori e consumatori delle due sponde dell'Atlantico oltre 3 miliardi di dollari in dazi aggiuntivi, fra cui in molti casi pagati proprio dai produttori italiani, ancorché non vi fosse nessuna responsabilità italiana nel caso specifico; perché la guerra era stata scatenata sulla base degli interessi franco-tedeschi, e noi abbiamo pagato il costo dei dazi aggiuntivi che gli americani hanno posto anche alle produzioni italiane.
  Sarebbe una risposta sbagliata, tanto più in questo momento in cui l'Occidente deve far fronte a una minaccia militare nel cuore d'Europa, la minaccia russa. L'Occidente non può dividersi, non può spaccarsi, non lo può fare comunque, non lo può fare certamente oggi in cui dobbiamo appunto rispondere all'urgenza, cioè la guerra militare della Russia, e comunque dare una risposta di altra natura ovviamente e di alto livello e di più lunga durata alla sfida sistemica cinese.
  Vi è una seconda risposta che alcuni in Europa vorrebbero, una risposta diciamo in ordine sparso, come fatto in tempi più recenti in occasione della crisi energetica. Purtroppo, a differenza di quanto è accaduto con la pandemia in cui la risposta è stata di alto profilo ed è stata una risposta europea, PNRR e non soltanto, la risposta in questo contesto, cioè alla crisi energetica, è avvenuta da parte di ogni singolo Stato, in attesa di una risposta europea che ancora non c'è stata. Rispondere a modo proprio sfruttando gli spazi di revisione Pag. 7delle regole degli aiuti di Stato, e qualcheduno ci dice date ancora più spazio al denaro per intervenire con il proprio denaro senza incorrere nelle regole degli aiuti di Stato.
  La Germania ha riattivato il Fondo per la stabilizzazione dell'economia, creata nel marzo del 2020 per la pandemia, destinandolo come scudo difensivo contro la guerra energetica fino al marzo-aprile 2024 con una dote da 200 miliardi, pari a circa il 5 per cento del PIL. Che ha già investito per far fronte alla crisi energetica sussidiando le proprie imprese e le proprie famiglie; e quando sussidiano in questo modo le imprese significa sostanzialmente contrastare, a mio avviso, le regole e soprattutto i principi della nostra Europa. Se questa soluzione fosse realizzata anche in questo contesto noi non divideremmo l'Occidente come sarebbe con la prima risposta, noi divideremmo l'Europa per sempre: è una strada che non possiamo perseguire, che porterebbe alla distruzione dell'Unione europea.
  La terza via è l'unica possibile ed è la nostra via, e di tutti coloro che sono consapevoli della necessità di rafforzare e non indebolire l'Unione europea in questo momento, come pilastro accanto agli Stati Uniti delle democrazie occidentali.
  Realizziamo anche noi quello che stanno facendo gli Stati Uniti, vale a dire una forte politica industriale europea. Per questo necessitano risorse ingenti, non soltanto per il reshoring e il mantenimento in Europa di investimenti, sappiamo tutti quanto importante sia completare le filiere industriali del nostro continente, anche per quanto riguarda l'approvvigionamento degli elementi critici (basta guardare a quello che accade oggi con la mancanza di chip e di semiconduttori, nella consegna di un autoveicolo a chi l'ha ordinato un anno fa), ma anche per quanto riguarda l'approvvigionamento delle materie prime.
  Domenica scorsa la Presidente Ursula Von der Leyen, in un discorso nella sede del Collegio d'Europa a Bruges, oltre a proporre una nuova revisione delle regole sugli aiuti di Stato ha richiamato la possibilità di creare un fondo sovrano per finanziare i settori industriali del futuro, e rendere l'impresa europea leader globale nella transizione green.
  Si è già aperto un dialogo, ancorché alcuni ministri europei, come il ministro delle finanze tedesche ha espresso dei dubbi, mentre altri come il collega francese e quello olandese sono sembrati più consapevoli, diciamo più d'accordo su questa strada comune europea.
  Noi abbiamo idee chiare, perché siamo un Paese fondatore dell'Unione europea, anzi siamo il Paese in cui è nata la Comunità economica europea, qui a Roma. Abbiamo le idee chiare sulla strada da seguire, di questo ho già parlato nelle mie prime occasioni internazionali, in primis nel confronto col collega francese Bruno Le Maire, con il quale siamo riusciti in occasione della ministeriale ESA a trovare soluzioni per rafforzare una forte filiera spazio europea. E poi in occasione del vertice trilaterale delle imprese tedesche italiane e francesi, che si è svolto l'altro giorno a Roma: le nostre imprese, cioè le imprese italiane francesi, e tedesche, hanno dato già le loro indicazioni in un confronto trilaterale che è quello che noi dobbiamo realizzare anche a livello di governo europeo.
  Le nostre imprese, cioè le imprese dei nostri Paesi, esprimono da sole il 55 per cento del PIL europeo. Esse rappresentano la terza forza manifatturiera mondiale dopo USA e Cina: Italia Francia e Germania, esprimono il 55 per cento del PIL europeo e insieme questi tre Paesi da soli sono comunque la terza forza manifatturiera mondiale dopo USA e Cina. Siamo in condizioni di sviluppare una politica industriale, siamo in condizioni di incentivare e sviluppare in Europa una politica industriale europea.
  Ne parlerò la prossima settimana col Commissario Breton, col quale condividiamo l'esigenza a un'autonomia strategica dell'Unione europea con ecosistemi industriali integrati anche fra più Paesi. Ne parlerò inoltre in occasione delle mie prime missioni bilaterali che intendo effettuare, non a caso, a Parigi e a Berlino.
  Abbiamo quindi la dimensione per definire una politica industriale europea ed essere attori protagonisti della politica globale,Pag. 8 una politica industriale europea che si deve basare certamente e innanzitutto su una politica energetica comune europea. E una politica industriale europea che si deve basare anche e non soltanto su una politica commerciale europea, sia per quanto riguarda la protezione della produzione interna, e non meramente del mercato interno, sia per quanto riguarda gli eventuali accordi bilaterali che andranno sottoscritti con gli altri partner internazionali così come per gli accordi multilaterali che indubbiamente dobbiamo incentivare. Una politica industriale, quindi una politica produttiva e commerciale, che debba fare dell'Europa una grande potenza industriale e produttiva – cosa che è in grado di fare – capace di competere con gli Stati Uniti e con le altre potenze che si stanno affacciando e che si stanno affermando nell'economia globale. E in questa logica può riprendersi anche il dialogo con gli Stati Uniti in merito all'area di libero scambio euroatlantica, in questa logica ovviamente.
  Questo lo facciamo perché, come abbiamo pensato e come abbiamo tentato di dimostrare con i primi atti di Governo, noi crediamo nello Stato – soprattutto oggi in questa fase di deglobalizzazione a strappi –, in uno Stato che sappia recitare il ruolo di Stato stratega.
  Io ero il negoziatore italiano quando nel novembre del 2001, a Doha nel Qatar, si svolse il vertice mondiale WTO in cui doveva decidersi il nuovo round negoziale: poche settimane dopo dell'11 di settembre 2001, quindi della tragedia, della ferita nel cuore dell'Occidente, dell'attentato che distrusse le Torri gemelle – pensate il clima di quelle settimane. Gli aerei dell'Alleanza atlantica sorvolavano il Qatar perché stavano per colpire le basi di Al Qaeda in Afghanistan. In quel clima il mondo decise di accogliere la Cina nell'Organizzazione del commercio mondiale. E ricordo ancora la sala, in cui c'era un piccolo tavolino in fondo in cui si sedette prima il rappresentante del Governo cinese a firmare l'ingresso della Cina nel WTO, e un attimo dopo lasciò il posto al rappresentante di Taipei, di Taiwan, che firmò lo stesso accordo.
  Pensate oggi se questo sarebbe possibile. In quel clima di governance globale l'Italia poi l'anno successivo tentò di coinvolgere a Pratica di Mare la Russia nella sicurezza globale. Ma era l'epoca della globalizzazione, in cui la minaccia sembrava rappresentata da coloro che rifiutavano la globalizzazione, la libertà delle donne – e non soltanto delle donne, oggi ne sappiamo qualcosa: cioè il fondamentalismo islamico che aveva colpito col terrorismo il cuore dell'Occidente.
  Quell'epoca non c'è più, oggi siamo in un'epoca di deglobalizzazione, di rinascita degli imperi continentali, alcuni minacciosi sul campo europeo perché utilizzano l'arma dell'energia e le armi in quanto tali. Altra sfida sistemica quella cinese, certamente anche quella indiana, sicuramente importante. È un'epoca diversa, e in questa epoca diversa necessita uno Stato stratega, non uno stato ideologico, né mercatista, né dirigista, ma stratega. Uno Stato che indica le regole, che usa quando necessario i poteri aurei del cosiddetto golden power, ma lo fa come previsto nell'ultimo disegno di legge sull'interesse nazionale, decreto-legge approvato giovedì scorso, non disinteressandosi dell'impresa.
  E qui delineo quella che è in quel caso la strategia dello Stato. Decreto-legge approvato giovedì scorso, che ha due capitoli, due norme: la prima è stata letta come una norma per intervenire su un'emergenza, caso ISAB Lukoil Priolo, ma è una norma generale e, per capire l'intenzione dello Stato, lo Stato non espropria nulla. Lo Stato interviene nel caso in cui fosse necessario con una amministrazione temporanea di un anno, lasciando la proprietà e le condizioni eventuali di cedere l'impresa se lo ritiene, ma consentendo appunto che la produzione continui e quindi anche oltre la data di ieri, infatti è continuata. Poi se volete approfondiamo questo argomento anche sulla base delle vostre domande.
  Nel contempo, per delineare quello che vogliamo fare, c'è una seconda norma che riguarda, ancora più in generale, cosa accade nei settori in cui lo Stato interviene con un diniego utilizzando la golden power. Fino ad oggi la golden power è stata usata Pag. 9anche in settori molto importanti e significativi, che riguardano la tecnologia, la robotica, settori della difesa; ma anche in settori che apparentemente non siano di sicurezza nazionale, apparentemente. Uno degli ultimi provvedimenti che ha preso giustamente il Governo Draghi, e che io ho lodato come presidente del Copasir, è stato di porre la golden power per un diniego all'ingresso di un capitale straniero su un'azienda che produce sementi. Perché quella multinazionale italiana con quelle sementi è un elemento critico della nostra alimentazione. Stiamo parlando di sementi, non di droni come ha riguardato l'Alpi Aviation. Il che vuol dire quanto importante sia oggi la sicurezza nazionale rispetto al passato. Quattro anni fa il potenziale utilizzo della golden power riguardava soltanto i settori della difesa e della sicurezza nazionale: oggi riguarda perfino la parte critica, gli elementi critici dell'alimentazione, la filiera sanitaria e tanto altro ancora.
  Potevamo stare a guardare? No. Per cui in questo provvedimento l'abbiamo previsto e quando lo Stato pone un diniego, perché è giusto tutelare l'interesse nazionale sino in fondo, non può limitarsi a porre un semaforo rosso: deve dire come quell'impresa possa continuare a sviluppare il suo progetto, non potendo ottenere magari il capitale finanziario di un soggetto straniero che è stato considerato abbia fini ostili, e di conseguenza attivare un semaforo verde.
  E con questo provvedimento abbiamo previsto che siano attivate alcune procedure, diciamo preferenziali, con l'intervento di Cassa depositi e prestiti e Patrimonio destinato, di Invitalia o degli stessi strumenti che gestisce il mio dicastero, in modo che quell'impresa possa continuare a sviluppare il suo progetto avendo lo Stato posto un divieto dovuto all'interesse nazionale, ma consentendo di avere le risorse necessarie per sviluppare il progetto. Perché lo Stato non deve limitarsi a ostacolare (in questo caso: in caso giusto) tantomeno a porre ostacoli, ma deve sostanzialmente agire per aiutare chi vuol fare a poter fare.
  Aggiungo inoltre che questo Governo opera come una squadra, che si confronta in maniera costruttiva e non ideologica. Abbiamo una visione pragmatica, concreta della realtà, che risponde poi alla natura del nostro Paese con un unico faro, che è quello dell'interesse nazionale.
  Al suo interno, così come i soggetti della società civile o le istituzioni sovranazionali, noi agiamo appunto a questo fine, una squadra che cerca di risolvere assieme le questioni traendo beneficio, potremmo dire, da alcune sinergie di sistema. Penso alla continua e prolifica azione congiunta con il ministro Giorgetti sul dossier ITA-Alitalia, che io ho affrontato nel 1995 in queste aule, quando allora si profilò una possibilità di intesa di fusione tra Alitalia e KLM, che era più di una fusione perché in realtà nasceva la più grande compagnia aerea a guida italiana, la più grande compagnia aerea europea a guida italiana. Purtroppo non si comprese allora qual era quel progetto e da allora l'Alitalia ha perso quote di mercato e capacità competitiva globale. Quello era il progetto giusto, oggi siamo in un mondo diverso e stiamo seguendo insieme al ministro Giorgetti in una logica pienamente sinergica questo dossier così significativo.
  Penso alla collaborazione con il ministro Pichetto Fratin in temi di incremento della capacità estrattiva, che portiamo avanti co-presiedendo il Comitato interministeriale per la transizione ecologica, che è una novità nell'architettura di questo Governo. Insieme copresiediamo questo Comitato perché siamo convinti che la transizione ecologica debba avvenire in piena rispondenza e in sintonia con le capacità di riconversione industriale del nostro sistema Paese.
  Penso al gioco di squadra con il ministro Tajani in merito alla difesa delle eccellenze italiane attraverso la copresidenza del Comitato interministeriale per il made in Italy nel mondo, che include anche la rimodulazione degli incentivi per i settori imprenditoriali maggiormente colpiti dalle sanzioni. Abbiamo istituito questo Comitato per legge perché siamo consapevoli bisogna fare un sistema squadra sempre, tanto più quando agiamo nel contesto internazionale per la tutela, e io direi per la Pag. 10valorizzazione e per l'espansione del made in Italy.
  Penso al gioco di squadra con il ministro Crosetto in tema di industria aerospaziale italiana, che tra l'altro credo che abbia ottenuto e che abbia compreso quanto importante sia stata l'azione nostra all'ESA nel vertice ministeriale che si svolge ogni tre anni e che si è concluso poche settimane fa appunto a Parigi.
  Penso da ultimo alla sinergia col ministro Fitto in tema di PNRR, è lui l'interlocutore con la Commissione europea e noi con lui partecipiamo a questa squadra.
  In merito proprio al PNRR, anche per fugare alcuni fraintendimenti, io non ho mai pensato che occorresse ripensare il PNRR, non è questo di cui si è parlato. Per quanto riguarda il mio dicastero ho sempre detto che è importante invece una interlocuzione preventiva con la Commissione, che sta svolgendo il Ministro, che è in questo caso il nostro portavoce in Commissione, cioè il ministro Fitto, anche per la misura di cui parlo, cioè il rifinanziamento assolutamente necessario del Piano di transizione 4.0 che ha ereditato il Piano industria 4.0.
  Per fare cosa in questa interlocuzione con la Commissione? Per consentirci di utilizzare le risorse del PNRR anche dopo la scadenza del 31 dicembre di quest'anno. Questo è il nostro obiettivo.
  Sappiamo che questo strumento, cioè lo strumento del credito di imposta che è stato utilizzato attraverso le varie misure comprensive del Piano di transizione 4.0, è molto apprezzato dalle imprese e vogliamo intensificarne il sostegno. Poi sappiamo anche che si tratta di progetti pensati quando alcune criticità emerse nell'ultimo anno non erano all'orizzonte, basti pensare che ci sono risorse destinate ai progetti del PNRR più in generale che hanno avuto un costo notevole per l'aumento delle materie prime, in alcuni casi si parla del 35 per cento di aumento.
  Per quanto riguarda in modo specifico i progetti del mio dicastero, MIMIT, esso è titolare di 10 investimenti e di una riforma. Le risorse assegnate ammontano a 18,161 miliardi di euro, 18 miliardi e 161 milioni di euro, che salgono a 25 miliardi e 41 milioni di euro considerando gli stanziamenti previsti dal Piano nazionale complementare pari appunto a 6 miliardi e 880 milioni di euro, 18 più 6 appunto arriviamo a 25 e rotti. Agli interventi del dicastero sono correlati 10 Milestone, obiettivi, e 15 target.
  Per quest'anno ci mancava solo la proposta di riforma del codice di proprietà industriale, che è stata approvata lo scorso giovedì in Consiglio dei ministri tenendo anche conto del dibattito che si è svolto in Parlamento, perché la proposta era già stata presentata dal precedente Governo. E abbiamo recepito, e giustamente, un'indicazione che il Parlamento ci aveva fatto in merito alla titolarità dei brevetti tra università e i ricercatori.
  La presenza di un clima di dialogo positivo con la Commissione ha trovato conferma proprio oggi, e noi ci auguriamo che si sviluppi anche successivamente in queste settimane nel dialogo per quanto riguarda appunto l'utilizzo delle risorse del PNRR che sono rimaste inutilizzate. A quanto assommano queste ultime? Lo stiamo stimando perché è ancora in corso d'opera. Tendenzialmente, vi do una cifra, si parla di circa 3 miliardi di euro che non sarebbero utilizzati al 31 dicembre. Se la Commissione ci autorizza appunto a ricollocarle, questa è la discussione che abbiamo in corso, il Piano di transizione 4.0 non avrà una battuta d'arresto, non avrà quel décalage che ovviamente avrebbe se non potessimo utilizzare le risorse europee che si accompagnano alle risorse nazionali. Noi dobbiamo mantenere il livello di intervento da crediti d'imposta, questo è il nostro obiettivo, che esisteva quest'anno, per farlo la Commissione ci deve autorizzare a utilizzare i 3 miliardi che non sono stati utilizzati o che non saranno utilizzati entro il 31 dicembre di quest'anno. Se fossimo autorizzati noi saremmo in condizioni di mantenere il livello del 40 per cento di credito d'imposta anche per il prossimo anno, cosa sicuramente strategica per le nostre imprese.
  Questo clima che sembra favorevole, noi crediamo che lo sia, si è dimostrato proprio Pag. 11oggi, perché poco fa è arrivata al nostro Ministero l'autorizzazione per prorogare nel 2023 i voucher per la banda ultra larga destinati alle piccole e medie imprese e ai professionisti con partita IVA. Questa decisione che la Commissione ci ha autorizzato a prendere ci consente di salvaguardare oltre 430 milioni, quasi tre quarti delle risorse complessivamente stanziate, che erano rimaste non utilizzate e che oggi siamo in condizioni di poter assicurare che saranno utilizzate il prossimo anno appunto per quanto riguarda i voucher per la banda ultra larga.
  Proprio questo argomento ci porta all'ultima parte del mio intervento. Come detto siamo in uno scenario internazionale in cui dobbiamo scegliere assieme ai partner europei di avere una politica industriale comune. Abbiamo, ribadisco, una postura non ideologica, né mercatista, né dirigista ma stratega. Siamo consapevoli che bisogna facilitare la nascita di campioni europei, campioni europei a livello industriale capaci di realizzare delle filiere competitive a livello globale: in alcuni casi saranno campioni europei in piena partnership italo-francese, italo-tedesca, italo-olandese sul modello di STMacroelectronics; in altri casi saranno campioni europei in cui ci sarà un'industria europea di un'altra nazione ad essere capofila, e noi partner in quelle imprese; in altri casi sarà capofila l'impresa italiana, posso citare il caso Luxottica o altre imprese italiane che sono in condizioni. Cioè noi dobbiamo lavorare in questi anni, assolutamente è necessario, per sviluppare una politica industriale europea che ci consenta di creare un clima favorevole agli investimenti, non soltanto delle imprese italiane europee in Italia in Europa ma anche delle altre imprese internazionali, per cui in queste settimane ho spesso incontrato operatori internazionali che vogliono, volevano e vorranno investire nel nostro Paese, per consentire loro di farlo in un clima migliore possibile. Abbiamo scelto di giocare di squadra e vogliamo che le imprese esplichino tutto il loro potenziale.
  Per questo vogliamo che la loro voglia di spiccare il volo sia suffragata da due ali: una è la leva degli strumenti incentivanti tradizionali, dai contratti di sviluppo agli accordi per l'innovazione passando per gli IPCEI, e appunto Transizione 4. 0 in una logica però di affinamento degli strumenti che opereremo partendo dall'esperienza delle imprese e dai dati sul tiraggio di ciascun strumento. Abbiamo in cantiere un disegno di legge di riforma degli incentivi che porteremo a breve in Parlamento, come collegato alla manovra economica.
  La seconda ala è quella di un incentivo che potremmo chiamare «moneta amministrativa» e che parte dal dato di fatto del peso della burocrazia sulle imprese. Nel decennio 2008-2018 gli ultimi dati disponibili dal World Economic Forum mostrano che il grado di complessità amministrativa che grava sulle imprese in Italia è nettamente superiore rispetto agli altri Paesi nostri competitori. Nella graduatoria mondiale siamo scesi in dieci anni di sei posizioni. In questi ultimi dieci anni invece di migliorare la nostra posizione, per quanto riguarda la complessità amministrativa che devono fronteggiare o contro cui si devono districare le nostre imprese e le imprese straniere che investono nel nostro Paese, abbiamo perso altre sei posizioni, siamo al 136° posto al mondo. A causa dell'eccessivo numero di adempimenti, di permessi e l'espletamento delle pratiche richieste dalla nostra burocrazia, il costo annuo in capo alle imprese italiane ammonterebbe secondo alcune stime a 57 miliardi di euro: un altro svantaggio competitivo.
  Sono presenti poi forti differenziazioni tra nord e sud: nel Mezzogiorno, dove ovviamente la nostra pubblica amministrazione è ancora meno efficiente la situazione è maggiormente critica. Cioè laddove avremmo bisogno di più investimento per creare più occupazione rispetto al resto del Paese la situazione è ancora peggiore rispetto alla media che vi ho fatto, perché quella è la media italiana. Dicevo che non tutte le regioni sono allo stesso posto, però sicuramente le regioni che sono ancora più svantaggiate sono quelle che avrebbero più bisogno degli investimenti.
  Dobbiamo fermare questo corto circuito. Proprio per questo la seconda ala Pag. 12utile a spiccare il volo per questi incentivi che hanno la forma della sburocratizzazione abbiamo creato, abbiamo già creato, una norma di legge contenuta nel primo decreto-legge approvato dal Governo, una figura che abbiamo chiamato Difensore civico delle imprese. C'è un ufficio presso il Ministero delle imprese che rimuove gli ostacoli a chi vuole investire, secondo la logica «non disturbare chi vuol fare, semmai aiutiamo chi vuol fare».
  Il nostro dicastero avrà la competenza e la responsabilità di avocare a sé, cosa già prevista nell'articolo 30 del «decreto Aiuti» – ma quella norma aveva bisogno di una implementazione –, gli iter autorizzativi in caso di inadempienza delle amministrazioni nazionali competenti. Cioè quando l'amministrazione nazionale competente non ha svolto in tempo congruo l'esame che era ad esso riservato, creando di fatto un intralcio, un ostacolo all'attività dell'impresa, il nostro dicastero ha la possibilità di avocare a sé questo iter amministrativo procedendo d'ufficio, per quanto ci riguarda, con questo ufficio che abbiamo realizzato.
  Lo stesso potrà fare Palazzo Chigi per quanto riguarda gli iter autorizzativi di competenza degli enti locali.
  Questo credo che possa essere una leva fondamentale per gli investimenti nazionali ed esteri, uno strumento in cui le amministrazioni sono alleati dell'impresa, della crescita e dell'occupazione.
  Cari colleghi e care colleghe, ho voluto solo tratteggiare in questo primo intervento quale voglia essere una politica industriale, una politica produttiva assolutamente necessaria in questo momento per il nostro Paese e per la nostra Europa. E sono sicuro che già oggi in questo primo confronto che avremo, ma soprattutto in quello che svilupperemo in seguito per tutto quello che dobbiamo fare, sia con il collegato per esempio alla manovra economica, al collegato che ci porterà a fare una riforma degli incentivi sulla base dell'esperienza e quindi del tiraggio degli incentivi e quindi della soddisfazione che le imprese hanno ottenuto con quello che è stato realizzato, sia per quanto riguarda l'altro collegato che è quello che riguarda il made in Italy che abbiamo messo nella manovra e che credo che possa avere un'interlocuzione molto positiva con queste Commissioni, anche sulla base di quello che mi ha detto prima il presidente Gusmeroli, cioè dell'intenzione di avviare un'indagine conoscitiva sul made in Italy, e vorrei che le due cose procedessero insieme, cioè che il Governo magari recepisse le eventuali conclusioni dell'indagine conoscitiva sul made in Italy. Così da stabilire sempre e comunque per tutta la legislatura un confronto proficuo con tutti gli attori del sistema Italia: noi lo faremo con le regioni interessate e certamente con le imprese, con i sindacati, con chiunque rappresenti la straordinaria vitalità produttiva del nostro Paese, che è fatta anche di corpi intermedi, di Camere di commercio, di associazioni sindacali o di impresa. Questo è il nostro patrimonio che dobbiamo difendere, che molti Paesi ci invidiano: questo sistema Paese. Va tenuto ovviamente un rapporto corretto con il Parlamento, come intendo impostare, credo anche a nome di tutto il Governo, sin da questa seduta, e quindi mi attendo da parte vostra domande, critiche e suggerimenti nello stesso spirito costruttivo, ma ovviamente le minoranze svolgano il loro ruolo, come mi auguro facciano anche le forze di maggioranza, perché comunque il Parlamento è il nostro interlocutore e in Parlamento vengono prese le decisioni a nome del Paese.

  PRESIDENTE. Grazie Ministro. Prima di dare la parola ai Commissari, stante quanto ha illustrato il Ministro, in particolare relativamente a questo documento collegato alla manovra, sulla seconda ala, come l'ha chiamato, del made in Italy, segnalo che la X Commissione della Camera dei deputati, in Ufficio di presidenza ha avviato l'iter per lo svolgimento di un'indagine conoscitiva. Ieri sono scaduti i termini per presentare i contributi per una più compiuta definizione del suo programma e ritengo che nel prossimo Ufficio di presidenza arriverà il testo definitivo. E con il Ministro, a margine appunto di questa audizione, si è sostanzialmente individuata la strada di affrontare come Commissione questa indagine conoscitiva e il Ministro, come avete sentito, terrà in conto Pag. 13l'opera della Commissione, che quindi diventerà ancora più importante e ancora più qualificante proprio su un tema, il made in Italy, che riguarda l'Italia, le nostre piccole e medie imprese, le nostre eccellenze, e in qualche modo ci riguarda tutti e riguarda la crescita del Paese.
  Quindi ringrazio il Ministro per questa attenzione all'opera del Parlamento, in particolare della nostra Commissione, cogliendo questo lavoro della Commissione.
  A questo punto darei la parola ai Commissari che si sono iscritti a parlare, ovviamente con questa suddivisione: uno della maggioranza e uno dell'opposizione. Vi invito tutti a restare nei tempi previsti; noi teniamo poi il conteggio dei minuti – ovviamente non siamo a spaccare il capello –, però insomma cerchiamo di mantenerci nell'ambito di quelli che sono stati gli accordi tra i Gruppi. Onorevole Squeri.

  LUCA SQUERI. Grazie presidente. Il mio intervento sarà breve per lasciare spazio poi ai colleghi di Forza Italia che interverranno dopo.
  Io ringrazio il Ministro per la relazione che ci ha fatto, una relazione ricca di contenuti. E devo dire che nonostante il momento molto difficile, per le imprese, per l'industria, per il commercio, per i servizi, che il nostro Paese sta passando dopo la pandemia, adesso assalito dalla crisi energetica, ecco, nonostante questa situazione difficile ho sentito parole proprio indirizzate verso un rilancio, verso una voglia di supportare questo tessuto economico che ha bisogno d'aiuto, ha bisogno di attenzione, mi vien da dire dopo anni di disattenzioni anche eccessive rispetto agli ultimi anni.
  Prima di fare una domanda una raccomandazione, signor Ministro. Quando interviene, quando approfondisce, quando mette i riflettori su un tema si confronti con le categorie e con le rappresentanze, perché l'esperienza ci insegna che laddove c'è un attento ascolto da parte del Governo e da parte della politica a quelle che sono le istanze degli operatori che sanno, vivono sulla propria pelle i problemi, la sintesi necessaria per il bene generale e anche per la miglior funzionalità degli operatori deriva proprio da questo approccio, che non sempre gli ultimi Governi hanno avuto.
  Per quanto riguarda la domanda, voglio farne proprio una specifica di grande preoccupazione su un'azienda storica, la Piaggio Aerospace, che è stata assoggettata a due tentativi, uno ancora in corso, di vendita tramite bandi, uno nel 2020 uno nel 2022. Sul tavolo è rimasta una sola azienda, un'azienda indiano-cinese, si legge sui giornali che altre ipotesi ci sarebbero. Per cui la domanda specifica è cosa intende fare il Governo rispetto a questo patrimonio storico, ma anche attuale, delle imprese italiane, se intende mantenere vivo questo bando o farne un altro e dunque dare la possibilità di verificare altre opportunità per questa azienda. Grazie.

  ELEONORA EVI. Grazie. Buongiorno. Allora, io parto con un tema, il tema settore dell'automotive. Io vorrei che il Ministro chiarisse la sua posizione in particolare sul pacchetto Fit for 55, in particolar modo ovviamente sulla decisione sullo stop alla vendita di auto e furgoni a benzina e diesel dal 2035, che è una decisione fondamentale presa a livello europeo proprio per decarbonizzare il settore dei trasporti, che ricordo è uno dei settori ancora oggi più emissivi, che ha continuato a aumentare le sue emissioni, che genera enormi problemi di salute pubblica soprattutto nelle città a causa appunto del rilascio di polveri sottili e di inquinanti come gli ossidi di azoto.
  Quindi questo settore chiaramente si trova di fronte ad una enorme sfida per la transizione ambientale e tecnologica, parliamo di un comparto di 337 miliardi di euro di fatturato nel '20-21 e che dal punto di vista occupazionale si componeva nel 2020 di oltre 186 mila addetti impiegati per un totale di 2.800 imprese, quindi conosciamo bene i numeri, e secondo i sindacati se mal gestita, ed è qui che si inserisce la mia domanda, se mal gestita la transizione potrebbe mettere a rischio molti posti di lavoro del settore.
  Il Ministro ha avviato un tavolo sulla transizione ecologica dell'automotive, ma ci chiediamo come mai abbia scelto di convocare solo le imprese, quando questo tavoloPag. 14 è nato proprio su impulso dei sindacati.
  Io quindi vorrei capire come il Governo e il suo Ministero accompagneranno e favoriranno il previsto ma necessario abbandono dei motori endotermici entro il 2035, che è una scelta appunto presa insieme all'Europa, dove peraltro altri colossi dell'automotive europei hanno già abbracciato convintamente la strada del motore elettrico senza imboccare false scorciatoie che si rivelano poi false soluzioni, penso ai carburanti sintetici o amenità varie di questo tipo. Quindi se ben sostenuto e adeguatamente incentivato questo passaggio epocale verso la mobilità elettrica si potrà tradurre in nuove opportunità per tutto il comparto automobilistico e con politiche industriali attente si potranno ridurre al minimo i rischi occupazionali, al contrario crearne di nuovi, senza fare nessun passo indietro nel raggiungimento degli obiettivi climatici europei.
  Non so se ho ancora del tempo, se posso aggiungere un altro tema velocemente.
  Tema imballaggi. Recentemente sempre dall'Europa arriva una proposta di nuovo regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio che rivede al rialzo gli obblighi comunitari di riciclo. Benissimo. Istituisce e introduce una serie di nuove proposte, per esempio il tema del deposito cauzionale. C'è stata una grande polemica e una grande reazione allarmista da parte soprattutto delle imprese, che dicono «metteremo a rischio oltre 6 milioni di occupati, 700 mila aziende rischiano di essere travolte», e si crea questa contrapposizione tra riciclo e riuso.
  Ecco, questa cosa è molto sbagliata e cerco di spiegare brevemente il motivo. Perché introdurre misure come il deposito cauzionale è esattamente invece uno strumento poderoso per consolidare il riciclo, consentendo di massimizzare intercettazioni di materia, migliorarne la qualità e di riservare i volumi proprio per applicazioni più nobili, come la bottiglia-bottiglia e lattina-lattina.
  Quindi, ecco, la domanda è: vorrei evitare che l'Italia tenesse una posizione di retroguardia a livello europeo su questa importante nuova proposta di regolamento e abbracciare invece pienamente non soltanto il settore del riciclo dove oggi già stiamo facendo degli ottimi passi in avanti, ma anche quello del riuso in particolare con misure come il deposito cauzionale. Grazie.

  SALVO POGLIESE. Grazie presidente. Io ho ascoltato con grande attenzione l'intervento del ministro Urso, ho ascoltato i suoi progetti, le iniziative intraprese, da cui si evince in maniera assolutamente evidente la sua visione d'insieme di altissimo profilo, di cui credo la nostra Nazione abbia profondamente bisogno all'interno di un settore quale quello dello sviluppo economico assolutamente strategico per la nostra Nazione.
  Complimenti anche, caro Ministro, lo devo dire con la massima sincerità e con altrettanta chiarezza, per come avete affrontato e risolto la vicenda Lukoil di Priolo. Lo dico da siciliano, orgoglioso di esserlo, che conosce ovviamente benissimo le problematiche del polo petrolchimico di Priolo e soprattutto conosce benissimo il dramma che si sarebbe registrato se non si fosse intervenuto nei termini in cui il Governo nazionale è riuscito a fare in pochissime settimane dall'insediamento. E quindi, caro Ministro, complimenti di cuore, perché in Sicilia ci sarebbe stato un dramma occupazionale che avrebbe coinvolto 10 mila famiglie, ma a parte questo credo che è stato fondamentale affrontare e risolvere quel problema per le refluenze anche sul sistema Italia che l'eventuale chiusura di quell'impianto avrebbe determinato.
  A conferma del ruolo di Stato stratega a cui lei ha fatto prima riferimento, laddove voi avete tutelato l'interesse nazionale, non soltanto tutelando anche l'interesse per il mantenimento dei livelli occupazionali all'interno di una regione certamente significativa quale quella siciliana.
  Io vorrei anche formalizzare alcune domande in base anche ad alcuni passaggi del suo intervento.
  Lei ha parlato giustamente, avete cambiato anche il nome e lo abbiamo apprezzato, della tutela del made in Italy, interpretando il made in Italy come un marchio Pag. 15di qualità non soltanto come un luogo di produzione e questa è la percezione che in realtà vi è a livello globale del made in Italy, e quindi benissimo certamente la costituzione del Comitato interministeriale per il made in Italy nel mondo. Vorrei capire quali sono anche i progetti per cercare di contrastare o a contenere il fenomeno dell'Italian sounding.
  Confindustria qualche settimana fa ha immaginato un valore complessivo di 120 miliardi, di fatto sottratti al sistema Italia, vorrei capire quali sono le iniziative che il Governo intende attuare.
  Ottima iniziativa anche quella del Difensore civico delle imprese per contrastare una delle piaghe che rappresenta una palla al piede per il sistema Italia, ovviamente mi riferisco chiaramente talvolta alle lungaggini burocratiche amministrative.
  Vorrei fare le ultime riflessioni anche per esternare le ultime domande in merito a un altro tema radicalmente diverso ovvero la Space Economy italiana, dove, da quello che dicono molti analisti, questo settore ovviamente a livello globale rappresenta uno dei settori più promettenti di sviluppo nel prossimo decennio.
  In Italia vi sono circa 280 imprese, 7 mila impiegati, imprese ultra specializzate con un fatturato complessivo di circa 2 miliardi di euro. Credo che l'Italia possa e debba giocare una partita assolutamente da protagonista, sul tema dell'innovazione della ricerca della tecnologia e della sostenibilità cui lei ha fatto riferimento prima, e credo che l'Italia abbia già giocato una partita da protagonista qualche settimana fa a Parigi, ne ha fatto riferimento in maniera marginale nel suo intervento, all'interno della Conferenza ministeriale dell'Agenzia spaziale europea.
  Vorrei capire come si è concretizzato, a parte l'impegno credo nel prossimo quinquennio di 3 miliardi di euro, siamo ovviamente la terza nazione in Europa dopo la Germania e la Francia, con un incremento significativo rispetto al 2019, vorrei sapere quelle che sono secondo lei anche le prospettive in questo settore assolutamente strategico. Grazie.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Grazie presidente, grazie signor Ministro.
  Nella prima parte dell'illustrazione delle linee programmatiche ha insistito sulle motivazioni per la ridenominazione del Ministero: noi su questo non siamo d'accordo, lo abbiamo detto in Commissione, si è appena concluso l'iter di votazione qui alla Camera per cui rimando alla discussione che abbiamo appena concluso le motivazioni per cui non ci troviamo d'accordo.
  Poi, Ministro, ha parlato di un metodo nel rapporto con la Commissione, facendo riferimento alla sua esperienza parlamentare, questo certamente lo apprezziamo, come immagino lei apprezzerà che noi intendiamo svolgere fino in fondo il nostro compito che gli anglosassoni definirebbero di watchdog, che la Commissione abbia nei confronti dell'operato del Governo. Perché così come lei ha un'esperienza parlamentare importante che le consente di mettersi nei nostri panni, come vede nella composizione della delegazione del Partito Democratico ci sono le competenze di chi è stato al Governo, quindi ce la giochiamo alla pari da questo punto di vista.
  Sulla manovra quindi intendiamo anche esercitare le funzioni attribuite in termini di question time, chiedendole Ministro di essere molto puntuale e preciso rispetto a questi appuntamenti con la Commissione.
  Per quanto riguarda la manovra, anche qui abbiamo votato il parere della Commissione questa mattina. Noi abbiamo votato un parere contrario, la giudichiamo insufficiente, preoccupazione soprattutto rispetto alla dinamica economica a cui lei faceva riferimento Ministro, il rischio di recessione, il tasso d'inflazione al 12 per cento.
  Ha parlato, Ministro, del contrasto al caro-energia che è importante come intervento, che ha un arco temporale di tre mesi: quindi di solito la manovra ha un ambito di programmazione su base triennale, in questo caso è diventato trimestrale.
  Per quanto riguarda il PNRR, il Piano nazionale ripresa e resilienza su cui è ritornato, anch'io avevo visto, Ministro, le sue dichiarazioni di ieri che ha voluto riprendere, laddove parlava di una riserva di Pag. 16risorse finanziarie per la Transizione 4.0, ex Industria 4.0, che sono rimaste pari a 3 miliardi e 800 milioni non utilizzati, che sono le cifre che lei ha confermato. Ecco, rispetto a come mai non siano utilizzate immagino che in Consiglio dei ministri le basterà rivolgersi al suo collega Giorgetti e chiedere a lui come mai non sono state utilizzate. Adesso l'interlocuzione con la Commissione credo che sia utile rispetto al fatto che possano essere ulteriormente di utilizzo.
  Sempre sul PNRR, siccome lei ha iniziato, e io ho ripreso, la ridenominazione, nel provvedimento che riordina le attribuzioni ci sono una serie di misure che rischiano di rendere ancora più farraginosa l'attività del Governo, in una fase così delicata di attuazione del PNRR, anche perché l'operatività dei Ministeri sarà di fatto completata a giugno 2023. Ora, rispetto a questo le volevo segnalare, Ministro, che l'aula della Camera ha oggi adottato un ordine del giorno che rispetto a questo, un ordine del giorno del Partito Democratico, impegna il Governo a riferire presso la competente Commissione parlamentare in merito allo stato di attuazione presso il suo Ministero delle procedure di riorganizzazione e il loro impatto nell'attuazione del PNRR nei tempi che saranno concordati con la Commissione. Questa è la riformulazione che abbiamo accettato e noi intendiamo evidentemente esercitare la funzione chiedendo che il Governo risponda a questo atto di indirizzo che è stato adottato dalla Camera dei deputati.
  Infine, anche perché ho già usato diverso tempo e ci sono altri due colleghi del PD che intervengono, ha parlato Ministro credo di una riflessione di rilievo rispetto al ruolo dell'Occidente in una fase di deglobalizzazione come lei l'ha definita. Io qui mi riferisco solo al ruolo dell'Unione europea e al processo di integrazione europea, e sentire esponenti di formazioni politiche che si autodefiniscono, si sono autodefinite sovraniste, e che finora hanno sempre additato l'Europa come il problema chiedere oggi maggiore integrazione europea perché si sono resi conto che gli interessi nazionali del nostro Paese lì si fanno, cioè nel cuore del processo di integrazione europea, e chiedere maggiore integrazione europea, questo non può che fare piacere e quindi da questo punto di vista avete cambiato idea. Bene, su questo si può volentieri aprire un dialogo.

  GIANLUCA CANTALAMESSA. Grazie presidente. Grazie signor Ministro per la relazione precisa e puntuale. Finalmente una visione politica di un Governo, nel senso che quando lei ha parlato della sinergia con il MEF, con gli esteri, con il Ministro responsabile del PNRR, finalmente questo Paese torna ad avere una visione, torna ad avere una visione anche come politica industriale europea. A questo proposito tranquillizzo il collega del PD, perché essere sovranisti non significa essere antieuropei, significa volere un'Europa dove contino i Paesi e contino i popoli, quindi non c'è assolutamente un cambio di tendenza, finalmente l'Europa sta andando verso dove vogliono i sovranisti tutt'al più.
  Condivido anche la cosa che ha detto della nuova politica industriale europea e su completare la filiera produttiva dell'Europa per evitare di cedere pezzi, come abbiamo fatto in passato a tutta l'Europa e a tutto il mondo occidentale, ad altre nazioni, che poi potrebbero provocare delle crisi come quelle che abbiamo vissuto in questi anni nel settore automobilistico.
  Io non mi soffermo molto perché lascio anche dopo la parola a chi interviene dopo di me. Volevo far presente due, tre punti sui quali come Governo e come maggioranza dovremmo lavorare secondo me nei prossimi anni, chiaramente questo Ministero ha anche una competenza sui tavoli di crisi, e ne sono tanti aperti in Italia, e su questo dobbiamo fare molto.
  Lei ha fatto più volte riferimento alla tutela della filiera produttiva italiana e allo sviluppo della filiera produttiva italiana, che sono delle cose, degli strumenti e degli asset indispensabili per questo Paese. Si diceva nomen nomen, quindi il fatto che questo Ministero abbia cambiato nome dando valore alle imprese, il passaggio che lei ha fatto l'abbiamo apprezzato molto, rimettendo al centro l'uomo e il discorso Pag. 17del made in Italy, credo che sia la rotta giusta che questo Governo si sta ponendo.
  Abbiamo il tema delle aziende che saranno attaccate, e su questo dopo interverranno gli altri colleghi della Lega, e quindi l'esercizio dello Stato di dover difendere quelli che sono degli asset fondamentali.
  Mi limito semplicemente poi a rappresentare un altro problema, sul quale come Governo e come maggioranza, e il Ministero che lei rappresenta più che dignitosamente, è necessario intervenire: mi riferisco a quel che riguarda il discorso della concorrenza tra commercio tradizionale e commercio Internet, perché è chiaro che il rischio per tanti commercianti, soprattutto nei piccoli centri, è quello che se non ci sarà un Governo che in qualche maniera le va a tutelare rischieranno di non poter durare a lungo.
  Da ultimo lei ha fatto riferimento al passaggio dell'Industria 4.0, che è una misura sulla quale bisogna intervenire perché ha dato dei risultati positivi, non come poteva ma comunque ha dato dei risultati ed è una misura che può essere ripresa e migliorata. Tutto qui, poi lascio la parola a chi viene dopo di me. Grazie.

  ALESSANDRA TODDE. Signor Ministro, sarà d'accordo con me quando dico che la programmazione a fronte di un contesto che sta deglobalizzando è fattore critico di successo per le imprese italiane. E le imprese, per bocca del Presidente di Confindustria Bonomi, sono molto preoccupate per l'assenza in manovra di misure sostanziali a loro favore e di investimenti per lo sviluppo, manovra che lo stesso Ministro Giorgetti ha affermato impattare lo 0,6 per cento sul PIL e quindi di sostanziale galleggiamento. A questo proposito anche il collega del Partito Democratico ha ricordato come le misure per il caro-energia sono misure trimestrali a fronte di una necessità di programmazione ben più ampia. Quindi mi chiedo con quali strumenti e garanzie le aziende programmeranno dopo il 31 marzo e quindi abbiamo in programma misure strutturali?
  Lei ha parlato anche del fatto che Transizione 4.0 non sia stato rifinanziato, io aggiungo che i contratti di sviluppo sono stati rifinanziati per i prossimi anni di 160 milioni l'anno, nel Governo Draghi per esempio erano stati rifinanziati di 450 milioni l'anno.
  E quindi a fronte dell'aleatorietà di voler utilizzare il PNRR quale strumento per rifinanziare Transizione 4.0, cosa succederà nella misura in cui questa direzione potrebbe non essere possibile considerando il fatto che impone una rinegoziazione per l'Europa e il cambiamento degli obiettivi?
  Un ulteriore punto è sulle politiche industriali e delle filiere strategiche italiane come la siderurgia. Ed in particolare, noi abbiamo un tema legato alle misure di approvvigionamento delle materie prime come l'alluminio e l'acciaio, che in altri Paesi non vengono prodotte seguendo gli stessi principi di decarbonizzazione che valgono in Europa, e quindi mi chiedo se ci sono delle misure specifiche che noi porteremo in Europa per fare in modo che l'importazione sia corretta, e quali sono le politiche di rilancio della siderurgia anche a fronte del dossier Ilva.
  Per quanto riguarda invece il caso ISAB Lukoil che lei ha citato, ben venga l'amministrazione temporanea di un anno però c'è un tema: il tema è che lo stabilimento è stato disegnato per trattare il greggio russo, non altri greggi, quindi chi sosterrà gli investimenti per gestire il mix diverso dai greggi da gestire a seguito dell'embargo russo, perché questo è un tema che sicuramente per mantenere l'amministrazione attiva bisognerà porsi?
  Come ultimo tema le pongo quello dell'aerospazio. Lei ha citato l'aerospazio e anche in questo caso sarebbe interessante capire che tipo di politiche industriali vogliamo sviluppare, anche a fronte degli accordi recenti tra Russia e Cina. Grazie.

  ILARIA CAVO. Grazie signor Ministro, la ringrazio anch'io per l'illustrazione molto chiara che ci ha fatto delle sue linee programmatiche e strategiche, anche molto onesta, molto ampia e dettagliata. Mi soffermo ovviamente, visto il tempo contingentato, su alcuni aspetti, e riparto anch'io, è stato un elemento che ho riscontrato anche negli interventi di alcuni colleghi ma mi permetto di ritornare su questo, ovvero Pag. 18sull'aver lei sottolineato in più passaggi la scelta e diciamo l'aggettivo utilizzato abbinato alla parola Stato, ovvero Stato stratega. Ovviamente l'ha abbinato a scelte già avviate, e io mi permetto di utilizzarlo in questo mio brevissimo intervento per chiederle da questo punto di vista che cosa può dirci, ovviamente nei limiti di quello anche che sta avvenendo in queste ore, su alcune vertenze che sono altrettanto importanti rispetto a quelle che ci ha illustrato qui oggi, e mi riferisco – lo faccio da parlamentare ma anche da parlamentare ligure – chiaramente alla vertenza dell'Ilva, o meglio di Acciaierie Italia, dell'ex Ilva, certamente per quanto riguarda lo stabilimento di Taranto ma anche per quanto riguarda tutto il tema acciaierie, perché quello che si sceglie per Taranto ha riflessi, ovviamente, per la siderurgia in generale e quindi anche per la Liguria, e non solo, e tutti gli altri stabilimenti nonché per l'indotto.
  Per quanto riguarda l'indotto, in termini più ampi oggi c'è stato, e la ringrazio anche di questo, un tavolo aperto per una vertenza specifica che riguarda Sanac, dove abbiamo una situazione molto particolare perché è un'altra azienda partecipata, tra l'altro sono oltre 300 dipendenti di tutta Italia, alcuni anche liguri, dallo Stato ma messa in difficoltà dalle mancate commesse, anche in questo caso da Acciaierie Italia, altra azienda partecipata dallo Stato.
  Quindi anche da questo punto di vista se può darci una precisazione e innanzitutto un aggiornamento, anche perché ci sono state due manifestazioni di interesse da questo punto di vista, e quindi se è possibile vedere una strategia e una possibilità di svolta rispetto a queste manifestazioni di interesse che ci sono state o meno. Poi ovviamente è aperto il tema di Ansaldo Energia, abbiamo visto aggiornamenti, anche sue dichiarazioni, c'è il tema sia della ricapitalizzazione ma anche di un piano industriale, chiaramente anche da questo punto di vista ovviamente sono tutti ragionamenti anche collegati all'ampio scenario che lei ci ha fatto.
  La ringrazio. E ho apprezzato molto tutto il tema relativo alla sburocratizzazione che lei ha affrontato in maniera molto chiara, e convinta: ovviamente la seguiremo, parlo a nome del gruppo Noi moderati. E la ringrazio anche come vicepresidente della X Commissione della Camera dei deputati per aver «abbinato» tutto il tema, il suo lavoro legato al made in Italy, con l'indagine conoscitiva che si è scelto di avviare come Commissione.
  Da questo punto di vista le faccio una domanda molto pratica e molto tecnica: se a livello anche di tempistiche della nostra Commissione possiamo venire incontro al lavoro che state facendo come Ministero per quanto riguarda il tema degli incentivi e delle misure che voi andate ad adottare, se possiamo allinearci come Commissione da questo punto di vista.
  Mi fermo perché credo che le tematiche siano tantissime, ma quelle su cui volevo focalizzarmi sono assolutamente queste, ovviamente nell'apprezzamento, chiaramente, di tutto quello che ci ha riportato. Grazie.

  ANDREA BARABOTTI. Devo dire che ringrazio il signor Ministro per la presenza qua in Commissione, devo dire che il suo intervento è stato un intervento che definirei denso di visione. Denso di contenuti, ma soprattutto di visione.
  La Camera ha approvato quest'oggi il cambio di denominazione delle attribuzioni dei Ministeri e abbiamo sentito le opposizioni, com'è normale che sia, polemizzare anche sulle singole parole che vanno a inserirsi nella nuova denominazione. Se ci sono delle parole fra tutte che non sono state in qualche modo messe in discussione sono quelle che compongono il nome di questo Ministero, made in Italy, questo perché evidentemente il valore e il significato di queste tre parole messe insieme è un valore e un significato che è noto veramente in modo trasversale oltre che a livello mondiale.
  Come il ministro ha ricordato nel corso di un recente incontro pubblico, già nel 2012 il made in Italy era un marchio riconosciuto a livello globale come terzo per importanza. E io credo che se oggi fosse promosso un sondaggio con le stesse finalità, il made in Italy probabilmente sarebbe al vertice di quella classifica. Per questo è Pag. 19fondamentale rafforzare la tutela dei prodotti italiani dalla contraffazione, che ogni anno sottrae miliardi di PIL al nostro Paese, e rafforzare ulteriormente la promozione di questo marchio in tutto il mondo.
  Da questo punto di vista riteniamo che sia importantissimo continuare nel lavoro che il Governo si è già proposto di fare, cioè quello di riconoscere l'indicazione geografica ai prodotti manifatturieri italiani. Il Ministro d'altronde conosce bene il valore del marchio e del riconoscimento, avendo lui stesso partecipato e inciso sulle scelte che a partire dai primi anni del 2000 hanno aperto il dossier delle indicazioni geografiche in seno al WTO. E le conoscono bene soprattutto le nostre imprese che negli anni grazie a questi riconoscimenti a livello europeo, e non solo, hanno visto aumentare il loro giro d'affari, hanno contribuito in modo sempre più deciso ai saldi positivi della nostra bilancia commerciale e alla crescita del Paese.
  Siamo quindi partiti dal valore delle nostre produzioni di eccellenza ma dobbiamo essere consapevoli delle sfide che ci attendono, in particolare di quelle dinamiche che vedono il mercato mondiale andare verso una deglobalizzazione, come ha ricordato il Ministro. In questo contesto le nostre imprese, la loro dinamicità, il loro know how, continuano senza dubbio a rappresentare l'asso nella manica del nostro sistema Paese. Ma la politica in questa fase non può sicuramente permettersi eccessi di ottimismo, l'ottimismo è certamente richiesto alle imprese, ma in questa fase la politica ha senza dubbio bisogno di grande realismo, a partire dalle sfide mancate per il nostro Paese nel corso degli ultimi decenni: scelte strategiche rinviate e nodi che oggi arrivano al pettine in un contesto mondiale che, come dicevamo, non è più contrassegnato dall'espansione della globalizzazione ma da un percorso inverso.
  Oggi nel nostro Paese ci sono troppi fattori indipendenti dalla volontà di chi fa impresa a condizionare in negativo la competitività dei nostri sistemi produttivi, si tratta ovviamente di problematiche che sono interne al nostro sistema paese, come il costo del lavoro, il costo della burocrazia, come ricorda il Ministro, o i tempi della giustizia per citarne alcune, ma ci sono anche temi che coinvolgono tutto il nostro continente. Quindi l'approccio lungimirante, l'approccio che mira a fare squadra come continente essendo un player importantissimo dell'industria manifatturiera nel mondo, è qualcosa veramente che qualifica in positivo l'operato del Governo e del Ministro. O almeno, nelle intenzioni.
  Ci sono, ecco, dicevo delle sfide che ci riguardano come continente, pensiamo alla concorrenza dei grandi soggetti digitali, all'ideologizzazione della transizione ecologica, pensiamo ai tentativi di utilizzare etichettature tipo il Nutri-score. E quindi il tema della sovranità torna a imporsi non solo sul piano dell'agroalimentare, ma si impone anche in tutti i settori della nostra produttività. Il golden power è sicuramente uno strumento per difendere i nostri settori strategici, ma ci sono politiche energetiche che devono venire prima e che ci devono aiutare in questo senso. Ma il golden power soprattutto in questa fase emergenziale può essere uno strumento risolutivo che già altri Paesi hanno utilizzato nel tempo.
  Quindi vorrei se possibile dal Ministro, solo sul tema della golden power, capire come lo strumento si evolverà nel tempo e in quali casi il Governo e il Ministro intenderanno attivarlo. Grazie.

  BEATRIZ COLOMBO. Buongiorno, onorevole signor Ministro. Vorrei innanzitutto ringraziarla per aver così prontamente redatto e messo in atto le linee programmatiche del suo Ministero.
  Come Ministero delle imprese e del made in Italy ha annunciato più volte l'intento di sostenere chi in Italia ha il coraggio di fare impresa e produce ricchezza e posti di lavoro. Perché tutti gli obiettivi di crescita possano essere raggiunti serve una rivoluzione culturale nel rapporto tra Stato e sistema produttivo, che deve essere paritetico e di reciproca fiducia. Chi oggi ha la forza e la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto ed agevolato, non vessato e guardato con sospetto, perché la ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori, non per niente il motto ormai famoso di Pag. 20questo Governo, come anche lei ha detto, è appunto «non disturbare chi vuole fare».
  Le imprese ci chiedono meno burocrazia, regole chiare, certe e risposte celeri e trasparenti, anche perché tutti sappiamo quanto l'eccesso normativo burocratico e regolamentare aumenti esponenzialmente il rischio di irregolarità, contenziosi e corruzione, un male che abbiamo il dovere di estirpare.
  Il suo Ministero richiama anche un grande patrimonio in nostro possesso, l'amore del mondo per l'Italia. L'aggiunta del riferimento «made in Italy» al suo nome non è solamente un vezzo ma l'indicazione di una precisa volontà politica, anzi di una missione. Un marchio, uno stile, un'opportunità economica e diplomatica per la nostra nazione troppo spesso trascurati, molto importante anche per tutto il sistema turistico nazionale.
  Tra gli impegni presi, nel mio Partito, c'è la promozione del marchio made in Italy, uno dei brand più conosciuti ed amati al mondo, simbolo dell'eccellenza italiana in campo culturale, enogastronomico, del design, dell'architettura, del lusso, eccetera. Anche attraverso una certificazione governativa che valorizza i prodotti italiani, oltre al contrasto reale all'italian sounding e a ogni forma di falsificazione, che danneggia le nostre imprese sia dal punto di vista economico che da quello dell'immagine.
  Siamo in un tempo in cui il marchio Italia è considerato il terzo marchio per conoscibilità al mondo, siamo in una stagione in cui tutti vogliono comprare prodotti italiani.
  L'Italia finora cosa ha fatto? Ha svenduto questi marchi.
  Per noi quindi è giunta l'ora di difendere questo marchio, perché nel tempo della globalizzazione o deglobalizzazione, come lei giustamente ha sottolineato, non competiamo sulla quantità del prodotto ma appunto sulla qualità.
  Quindi per concludere, signor Ministro, le chiedo di illustrarci quali siano le azioni che intende mettere in campo per tutelare il made in Italy e come intenda ostacolare ogni forma di abuso del nostro nome, della nostra immagine e della nostra storia imprenditoriale. Grazie.

  ANDREA ORLANDO. Grazie signor Ministro, grazie per l'articolata relazione e anche direi per il quadro di riferimento dal quale è partito, che evita diciamo così una dimensione compilativa di questa discussione e credo ci offra un quadro di riferimento complessivo. Un quadro che peraltro io mi sento di condividere sostanzialmente.
  La domanda che vorrei fare, e anche un rilievo contemporaneamente: quale conseguenza ne traete da questa esigenza di fare i conti con questa fase di deglobalizzazione? Lei ha detto che la risposta va costruita a livello europeo, e su questo non possiamo che essere d'accordo, ma quali sono le iniziative che vengono messe in campo? C'era sul tavolo l'ipotesi di una trasformazione in senso strutturale di Sure come strumento della gestione delle transizioni, c'era una discussione su politiche industriali comuni che in qualche modo tenessero conto anche della nuova programmazione sul tema del superamento del vecchio quadro di riferimento sugli aiuti di Stato.
  Ecco, qual è il posizionamento e soprattutto qual è la strategia con la quale si intende costruire un fronte? Perché sappiamo che anche le esigenze dei diversi Paesi dell'Unione sono articolate e non tutti sono così interessati a un processo di integrazione su questo fronte.
  Quello che invece mi pare più difficile capire, lo dico con molta franchezza, è il nesso tra il quadro che lei ritrae e le scelte che fino a qui avete fatto. Nel senso che nella manovra di bilancio non mi pare trovi particolare, diciamo, ricaduta quella ricognizione che lei fa, perché l'idea che se ne trae, probabilmente c'è qualcosa di nascosto che non abbiamo ancora colto, è che ad oggi ci sia un messaggio prevalentemente rivolto alle cosiddette imprese povere e un invito a giocare un po' sul margine che si può realizzare con un po' più di infedeltà fiscale, e senza diciamo così disturbare, in questo caso sì, col tema di rivendicazioni salariali in un quadro in cui non viene messa in campo una strategia per la crescitaPag. 21 dimensionale, per la internazionalizzazione, per la risposta anche in termini di politica industriale, è un tema che veniva posto da alcuni colleghi: penso alla questione di come si risponde all'aggressione delle piattaforme al mondo del commercio. Non mi pare di poter cogliere nella manovra una risposta compiuta.
  Però anche con il beneficio del dubbio, la scelta che lei annuncia, cioè il fatto che si potrebbero utilizzare i soldi non spesi del PNRR per destinarli a Industria 4.0, intanto sconta il fatto che non c'è un'analisi sul perché quei soldi non sono stati spesi, che è un fatto importante per capire anche quello che si deve e si dovrà fare in futuro. Ma a mio avviso, diciamo così, rischia di determinare un altro effetto: perché essendo Industria 4.0 in qualche modo concepita in una fase diversa da quella attuale, cioè con una minor selettività di quella necessaria oggi a intervenire su fenomeni di deglobalizzazione e di reshoring, ed essendo addirittura, diciamo, ancora più lontana da questa condizione e da questo quadro nuovo di quanto non lo sia stato il PNRR, che già non ne poteva tenere conto perché è stato concepito nella fase post-pandemia e non nella fase post shock energetico, il rischio è che si buttino delle risorse che già avevano una relativa e forse non del tutto funzionale, selettività su uno strumento che ha una selettività ancora minore, e comunque tarata per una fase completamente diversa della fase di sviluppo rispetto a quella attuale.
  Lo dico perché lei Ministro ha a sua disposizione la possibilità di esercitare una delega sugli aiuti complessivi alle imprese, che il suo predecessore ha predisposto, che potrebbe essere una grande occasione per ripensare complessivamente il tema della selettività degli aiuti, della loro sostenibilità sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista sociale, tutti aspetti che secondo me andrebbero ritarati alla luce di quello che è avvenuto nel corso di questi mesi, ma direi quasi di queste settimane.
  Concludo con tre domande secchissime.
  La prima è questa. Ilva, mi associo alle domande che sono state poste e lei ha fatto delle dichiarazioni anche queste in astratto condivisibili, ritiene che il partner privato, avete un miliardo di euro per aumentare il capitale, che il partner privato mantenga ancora una strategicità?
  La seconda è sulla questione Piaggio. C'è una procedura aperta su Piaggio Aeronautica, per una acquisizione, ci sono delle novità?
  La terza è questa. I tre ministri che si occupavano del tema prima nel vecchio Governo avevano smentito la possibilità di una cessione di OTO Melara a un soggetto di un altro Paese, è ancora in essere questo orientamento?
  Grazie.

  FABRIZIO COMBA. Grazie signor Ministro, grazie presidente. Grazie signor Ministro per la sua relazione chiara, completa, ma soprattutto prospettica.
  Io mi permetto di avanzare qualche riflessione riguardo al tema Industria 4.0, che è stato toccato da lei, dal collega della Lega con un passaggio, ma che sicuramente merita qualche momento di riflessione aggiuntivo.
  D'altronde la trasformazione tecnologica investe un po' tutti i domini oggi dell'economia e dell'Industria 4.0, dalla produzione, ai consumi, ai trasporti, alla comunicazione, alla logistica. Questa è una trasformazione guidata inevitabilmente dall'intreccio con la digitalizzazione e soprattutto con l'automatizzazione. La propensione all'odierna automazione industriale ad inserire comunque nuove tecnologie produttive, per migliorarne comunque le condizioni di lavoro e creare nuovi modelli di business non possono non passare anche attraverso questo approfondimento. Lo dico da imprenditore, ed è una materia che mi è particolarmente cara, che è arrivato a vedere comunque il costo energetico a più 321,4 il 25 di agosto – il 25 di agosto! – e a dover decidere se spegnere dei forni e non riaccenderli più. Però da imprenditore cerco anche di vedere il bicchiere mezzo pieno e sono convinto che anche attraverso il processo di Industria 4.0 ci possono essere e ci debbano essere delle interlocuzioni necessarie per arrivare alla massima espressione di quella che è l'azione imprenditoriale.Pag. 22
  Noi con l'Industria 4.0 di fatto siamo di fronte a una quarta rivoluzione industriale, che è cominciata da tempo ormai in Italia, è arrivata anche in Italia. In Italia il mercato dell'Industria 4.0 nell'era del pre-coronavirus, ci tengo a sottolinearlo, nel 2019 ha raggiunto un valore di 3,9 miliardi di euro, che però se lo rendiamo prospettico, cioè se lo compariamo con l'anno precedente rappresenta una crescita addirittura del 22 per cento, che è una percentuale estremamente importante e che merita di essere approfondita.
  Da piemontese devo dire mi onoro del fatto che il manufatto, il 4.0, che insiste sul Politecnico di Torino con un focus particolarmente incentrato sull'automotive e sull'aerospazio, che ci vede in modo fattivo coinvolti, è uno dei punti attraverso i quali non possiamo non porre la nostra attenzione.
  Devo dire che noi abbiamo una serie di competence center in Italia, con una serie di hub che ormai sono estremamente avanzati e sono circa 24, ma che poi di fatto sono presenti sostanzialmente in quasi tutte le regioni.
  Quindi mi permetto di chiedere quali saranno le agevolazioni e gli incentivi per l'Industria 4.0, signor Ministro. Le imprese stanno incontrando molte difficoltà nell'individuare un dato di fatto, anche quelle che sono le competenze, la preparazione, i momenti di approfondimento nel percorso formativo, che va dal momento in cui si decide di attivare un percorso, in cui si termina con una preparazione professionale liceale, fino a quelli che sono gli approfondimenti successivi attraverso le università. Quindi noi oggi sentiamo anche questa mancanza, questa carenza di approfondimento e di professionalità che non può altro che passare attraverso la formazione, e la rileviamo questa criticità.
  Siamo certi che il Governo vorrà potenziare e supportare la crescita dell'Industria 4.0 – e vado a chiudere – e come ha detto lei non dimenticando che l'uomo è sempre al centro dei processi perché comunque, questo è un must che ormai mi porto dietro da tante generazioni, fare impresa è anche una funzione sociale. Grazie.

  FRANCESCO GIACOBBE(intervento da remoto). Presidente io la ringrazio, sarò spero ultrarapido, vado in maniera telegrafica sulle questioni che volevo chiedere al Ministro, e poi mi riservo anche di contattare il Ministro direttamente, anche tramite lettera, per avere più dettagli.
  Avevo tre domande che volevo fare al Ministro. Innanzitutto sono d'accordo con i concetti che il Ministro ha espresso all'apertura del suo intervento sul made in Italy, io questo lo dico da italiano che vive all'estero e quindi posso vedere, innanzitutto il contributo degli italiani nel mondo, e quindi da questo punto di vista Ministro come valorizziamo questo contributo e come valorizziamo anche il contributo che danno le Camere di commercio degli italiani nel mondo per fornire servizi che siano in collaborazione e complementari a quelli che vengono forniti dagli enti istituzionali.
  E poi l'altra domanda, la terza questione riguarda lo sport, in particolare i diritti televisivi per il calcio, in questi giorni si parla anche di possibili cambiamenti da tre a cinque anni per i diritti televisivi, e devo dire che il calcio è lo sport e parla molte lingue e da questo punto di vista è uno strumento molto importante per entrare in contatto non solo con i nostri connazionali nel mondo ma anche con grandi potenziali acquirenti del made in Italy e dell'Italia come turismo.
  Quindi questi sono i tre concetti che magari svilupperò in maniera più approfondita in una lettera che manderò al Ministro. E lo ringrazio per la sua attenzione.

  SABRINA LICHERI(intervento da remoto). Io tengo a richiamare l'attenzione – l'ha già fatto una collega che mi ha preceduto – sulla vertenza Sanac. Questa mattina ho partecipato al tavolo. La preoccupazione è sempre tanta; io chiedo al Ministro di dedicare particolare attenzione alla questione. Il terzo bando concluderà l'iter a gennaio: però la situazione è veramente paradossale. Prima si diceva di non disturbare chi vuole lavorare; qui stiamo ostacolando chi vuole lavorare, anche perché Sanac è un'azienda sana, che ha dimostrato di saper produrre utili, parliamo di lavoratori altamente qualificati. Quello che è Pag. 23successo intorno a questa azienda è veramente strano: non mi è mai capitato di vedere una situazione del genere, dove Acciaierie d'Italia, che è il principale cliente, ha interrotto bruscamente le commesse inizialmente destinandole altrove. Adesso pare sia tutto fermo, e già questa è una cosa paradossale. C'è una situazione debitoria che va assolutamente monitorata, un credito di 23 milioni e Sanac senza queste risorse stante la situazione difficile con questo credito ovviamente le difficoltà aumentano.
  Quindi ci tenevo a chiedere al Ministro di dedicare la massima attenzione a questa vertenza. Grazie e grazie per la pazienza.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice. Adesso cedo la parola al Ministro per la sua replica alle domande dei Commissari. Grazie.

  ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Grazie a voi per le sollecitazioni che avete portato e anche per le indicazioni che ci avete dato, che possono essere utili per il nostro lavoro e per il confronto che avremo successivamente con voi.
  Cerco di rispondere per blocchi di domanda, scusate se non sarò organico, ho preso tanti appunti. E scusatemi se non riuscirò a riferirmi a ciascuno di voi, perché avete affrontato più volte argomenti trasversali e quindi mi è difficile anche collegare spesso la domanda a chi l'ha sottoposta per primo.
  Parto dall'ultima: Sanac. La Sanac è un'azienda che è in crisi perché sostanzialmente non riceve più le committenze da parte di un'altra azienda che è le Acciaierie d'Italia e questo richiama in causa quello che è recentemente accaduto con Acciaierie d'Italia e un'altra parte dell'indotto, in quel caso l'indotto che lavora nello stabilimento di Taranto. E quindi mi porta a definire due cose: la prima è che noi con Sanac abbiamo subito convocato le parti, e quindi il nostro metodo è quello subito di intervenire con la realizzazione di tavoli specifici, questo riguarda Sanac ma lo abbiamo fatto anche per l'Ilva, per la Lukoil, e l'abbiamo fatto per il tavolo Automotive di cui abbiamo cominciato a riprendere le fila.
  Per quanto riguarda il tavolo Automotive, e poi torno sull'Ilva, abbiamo convocato le parti imprenditoriali perché abbiamo deciso di scorporare con maggiore efficienza il tavolo in tre settori produttivi. Non vi è alcuna intenzione da parte nostra ovviamente di emarginare il confronto col Sindacato, di cui anzi siamo parte consapevole e attiva. Infatti come Governo a Palazzo Chigi ho già incontrato i Sindacati per la fase di elaborazione della manovra, domani sempre a Palazzo Chigi c'è un altro incontro con i Sindacati sempre sulle questioni inerenti la manovra economica, eventuali provvedimenti aggiuntivi. E io mi riprometto di convocare i principali sindacati per un confronto al dicastero sulla politica industriale, che credo che sia opportuno che segua il confronto parlamentare che ho avuto: cioè l'atto mio successivo è un confronto sulla politica industriale al Ministero con tutti i Sindacati maggiormente rappresentativi, in modo tale che con questa parte significativa del nostro mondo produttivo ci possa essere un confronto poi nel merito sulle indicazioni anche programmatiche come abbiamo fatto in questa sede parlamentare. In ogni tavolo comunque con l'intera platea sindacale: lo sono stati con l'Ilva, lo sono stati con la Sanac, lo sono stati con Lukoil ovviamente. E sarà un metodo che noi porteremo all'azione del Governo convinti che occorre ascoltare le parti, direi più che ascoltare, confrontarci con le parti, anche perché siamo consapevoli di quanto importante sia la rappresentanza nel nostro Paese e la necessità di tenere, tanto più in questo contesto, la tenuta della coesione sociale del Paese.
  Per quanto riguarda l'Ilva, che è un dossier strategico che sto affrontando anche con gli altri Ministeri competenti, la nostra intenzione è quella di mantenere e rafforzare la funzione strategica dell'industria siderurgica nel nostro Paese, anche con l'obiettivo di realizzare un piano siderurgico nazionale che in realtà non vi è mai stato, che tenga insieme tutto quello che si può fare e non soltanto nei principali siti Pag. 24produttivi, cioè certamente a Taranto e certamente attraverso Acciaierie d'Italia, a Genova, a Novi Ligure, anche a Piombino, su cui stiamo intervenendo, così come a Terni e negli altri siti produttivi, nella consapevolezza che ci vuole un piano generale per preservare, mantenere e rafforzare la produzione siderurgica nel nostro Paese, tanto più con l'obiettivo ovviamente di una siderurgia green quale proprio la sede di Taranto può rappresentare per gli sforzi che si possono realizzare in quella sede.
  Abbiamo un confronto attivo con l'azionista privato, ma dovete essere consapevoli da dove partiamo, voi lo siete forse più di me. Vi è stato un primo intervento di esproprio dieci anni fa, vi è stato un secondo intervento con la gara che è stata attribuita a Mittal, poi vi è stata una frattura con la decisione del Parlamento di togliere un elemento che sostanzialmente faceva parte del patto tra lo Stato e Mittal, lo scudo penale. In conseguenza di quello c'è stata una reazione della parte privata che ha portato alla scrittura del nuovo patto, e oggi siamo in questa fase del nuovo patto.
  Il nuovo patto prevede, perché sia chiaro a tutti, che lo Stato che oggi è già entrato nel capitale, 38 per cento rispetto a Mittal 62 per cento, quindi l'azionista Invitalia, un azionista significativo, 38 per cento, salga al 60 per cento nel maggio 2024. In pratica la statalizzazione dell'Ilva è stata già decisa, quando al Governo vi erano altri. È stata già decisa. È stata programmata nel tempo nel maggio 2024.
  Noi siamo d'accordo? No. Noi riteniamo che la produzione siderurgica, in cui lo Stato può e deve intervenire soprattutto nei momenti critici, deve comunque essere realizzata da un partner industriale e deve essere realizzata da un privato, questo deve essere chiaro.
  Quindi il nostro obiettivo non è quello che mi è sembrato delineare dalla maggioranza che ci ha preceduto, quello di giungere nel maggio 2024 alla statalizzazione, 60 per cento del pubblico e 40 del socio privato. Il nostro obiettivo è quello sin da oggi di confrontarci, e lo stiamo facendo, con le parti pubbliche e private per giungere a una soluzione che sia sostanzialmente quella della ricapitalizzazione dell'impresa, ci auguriamo con la partecipazione privata sempre più significativa, per avere le risorse ulteriori per intervenire sin da ora nel processo di riconversione industriale green dell'azienda e nel raggiungimento degli obiettivi che devono essere chiari, che è quello di raggiungere al più presto i 6 milioni di tonnellate di produzione di acciaio, magari con l'obiettivo di tornare agli 8 milioni di tonnellate.
  Cioè, noi non siamo d'accordo sul declino industriale del nostro Paese, non siamo d'accordo sul declino dell'industria siderurgica italiana e cerchiamo di invertirlo sin da oggi, con l'obiettivo appunto non di avere un'impresa dove lo Stato sia maggioranza, ma dove i privati siano in maggioranza e lo Stato può essere, come in altri casi, un partner di minoranza di eventuali imprenditori o impresa che comunque deve avere un carattere industriale. Questo per quanto riguarda l'Ilva.
  Qualcun altro mi ha chiesto di Lukoil. Per essere chiari, quando qualche altro Governo, il Governo precedente ha trattato la vicenda nel maggio di quest'anno, quando fu deciso, e io condivido, di incrementare le sanzioni nei confronti della Russia, Paese aggressore, e decidendo che dal 5 di dicembre, cioè da ieri, fosse sanzionata l'importazione di petrolio nel mercato europeo, questa decisione è stata presa credo nel maggio di quest'anno, quindi sette mesi fa circa. In quel momento altri Paesi, altri Governi, chiesero delle esenzioni, le chiese la Bulgaria, le chiese la Croazia, le chiese la Polonia, le chiese la Germania, le chiesero e le ottennero. Il nostro Governo non le ha chieste, gli altri Governi le hanno chieste e le hanno ottenute. Allora voi vi immaginate... Beh, il 5 dicembre, si sapeva che prima poi sarebbe giunto; anche a maggio si sapeva che la data del 5 dicembre è sempre il 5 dicembre. Pensate che quando si è andati al Governo si abbia trovato qualcosa fatto? No, nulla, completamente nulla. Son passati giorni e mesi senza nessuna azione sostitutiva da parte del Governo per evitare che ieri chiudessero i cancelli della Lukoil, non era stato fatto Pag. 25nulla. Nulla di nulla. Siamo arrivati noi al Governo e in pochi giorni il MEF, o meglio il Comitato per la sicurezza finanziaria ha fatto quella nota di garanzia che era stata richiesta che certificava che la Lukoil non era un'azienda sanzionata; dopodiché dato che quell'atto non era sufficiente abbiamo fatto una moral suasion con le banche, le banche ci hanno detto che non era sufficiente; abbiamo messo in campo la SACE, abbiamo garantito che la SACE in questa operazione con appositi interventi normativi sarebbe potuta salire al 90 per cento, non era sufficiente; abbiamo messo in campo l'Amministrazione regionale con la finanziaria per giungere a una copertura assicurativa al 100 per cento, non era sufficiente, perché c'erano minacce di azioni secondarie americane. Siamo giunti al decreto di giovedì e poi venerdì o sabato mattina, non ricordo esattamente, ci è giunta anche, perché non ci è bastato quello, l'Autorità americana, l'OLAF, che ha certificato, caso più unico che raro, su richiesta nostra che qualunque finanziamento per approvvigionarsi di petrolio sui mercati internazionali, in mancanza del petrolio russo dal 5 dicembre, non sarebbe stata sanzionata dalle autorità americane. Perché vi erano stati dei precedenti su altre vicende analoghe, estremamente importanti e significative, un impatto su una banca italiana di un importo, che voi ricordate meglio di me, piuttosto significativo. Quindi da una parte abbiamo ottenuto dall'autorità americana questa certificazione, dall'altra abbiamo messo in campo un decreto che ci permette di agire, e questo è il nostro metodo; però abbiamo dovuto recuperare in un mese quello che non è stato fatto in sei mesi.
  Per quanto riguarda le altre domande specifiche cerco di rispondere.
  Per quanto riguarda Piaggio Aerospace la questione è all'attenzione del Ministero e la gara sarà bandita a breve, cioè la nuova gara, dall'organo commissariale che ha già trasmesso alla struttura tecnica del mio Ministero la documentazione per la pubblicazione del bando. Quindi si procederà a nuova gara perché i risultati delle precedenti non erano stati soddisfacenti.
  Per quanto riguarda la tematica sicuramente importante della Transizione 4.0, che è trasversale, per essere più chiaro. Innanzitutto sulle risorse, quelle che non sono state pienamente utilizzate, io lo dico per un motivo che poi fa parte un po' della natura del nostro Paese. L'obiettivo era utilizzare le risorse e che questo obiettivo doveva essere raggiunto anche con un congruo numero di imprese che ne potessero beneficiare. L'obiettivo era 111 mila imprese credo, ne hanno beneficiato 120 mila imprese in questo momento. Cioè l'obiettivo del target, quante imprese hanno utilizzato i vari strumenti della Transizione 4.0 è stato raggiunto e superato. 120 mila imprese sono tante, cioè vuol dire che è stato uno strumento molto apprezzato dalle imprese. 120 mila imprese significa che non l'hanno utilizzato soltanto le grandi imprese ma soprattutto le piccole e micro imprese, 120 mila, ed è significativo.
  Perché non sono state utilizzate tutte le risorse? Ora non sappiamo esattamente quanto perché la missione non è ancora finita, ma diciamo che circa 3 miliardi di euro non sono stati utilizzati, proprio perché magari sono state piccole e micro imprese a utilizzare queste risorse e quindi non sono stati per ciascuna impresa un ammontare particolarmente significativo.
  Le risorse che sono rimaste, 3 miliardi, si possono utilizzare se la Commissione europea ci consentirà di farlo e quindi di superare la soglia del 31 dicembre; in tal caso noi utilizzeremo queste risorse per lo stesso strumento, cioè il Piano transizione 4.0.
  E 3 miliardi in più ci consentiranno di fare cosa? Di evitare il décalage, che invece è già preordinato e programmato, che scende dal 40 al 20 per cento del credito d'imposta, che è comunque un intervento significativo e certamente minore rispetto a quello che è stato utilizzato quest'anno. Se la Commissione europea ci autorizzerà ad utilizzare le risorse del PNRR per gli stessi strumenti con gli stessi obiettivi non cambia nulla, l'obiettivo è sempre lo stesso, gli strumenti sono gli stessi, noi il prossimo anno potremo mantenere la quota del 40 per cento del credito d'imposta, e quindi Pag. 26altre decine di migliaia o centinaia di migliaia di imprese italiane lo potranno utilizzare per la loro transizione digitale.
  Dice, ma lo strumento non potrebbe cambiarsi: ammortamento piuttosto che credito di imposta? C'è da capire, io sono disposto a discutere e a confrontarmi sui metodi in ogni momento, però il Piano 4.0 così come è stato concepito è un piano non selettivo, cioè non c'è una scelta da parte nostra, l'impresa lo utilizza se ne risponde e se vuole utilizzarlo. Si rivolge per questo a una platea ampia di imprese, perché la digitalizzazione è l'obiettivo da raggiungere per la generalità dell'impresa, non essendo selettiva non è aiuto di Stato, quindi è cumulabile con altre misure selettive, per esempio con i contratti di sviluppo.
  Quest'anno i contratti di sviluppo sono stati molto utilizzati, cioè quest'anno l'anno che sta concludendosi. Sono stati fatti oltre 200 contratti di sviluppo. E ribadisco, chi utilizza il credito d'imposta per Transizione 4.0 può utilizzare in questo modo, perché è fatto in questo modo, anche i piani di sviluppo e quindi si sommano gli interventi e gli incentivi.
  Ora, il prossimo anno andranno finalizzati questi 200 contratti di sviluppo che sono stati sottoscritti nell'anno in corso. E è vero che vi sono poche altre risorse aggiuntive nel 2023, ma abbiamo 200 contratti di sviluppo da finalizzare, che è un impegno non da poco e su cui le imprese potranno fare affidamento.
  Abbiamo invece una progressione di intervento, cioè di risorse per i successivi contratti di sviluppo, che vanno fino al 2025. Interveniamo praticamente con gradualità da qui fino al 2025, cioè nei prossimi tre anni, quando raggiungeremo i 700 milioni di euro. In pratica il prossimo anno c'è di meno perché dobbiamo finalizzare i 200 contratti di sviluppo, e anche perché ci sono meno risorse, ovviamente, disponibili dovendo fronteggiare l'emergenza energetica, però siamo consapevoli quanto importanti siano i contratti di sviluppo, per cui li abbiamo all'intervento finanziario e progressivo negli anni successivi fino a 700 milioni di euro del 2025.
  Vi sono comunque Fondi su filiere strategiche, e per esempio sul programma europeo, estremamente importante a mio avviso dell'IPCEI, che possono comunque essere utilizzati anche con le stesse finalità.
  Poi la collega Evi – è più facile che citi i colleghi di opposizione, per motivi diversi – mi ha posto il problema che riguarda Fit for 55. Allora, noi siamo stati chiari nel confronto che abbiamo avuto nel settore Automotive, crediamo che ci sia bisogno di seguire con attenzione la materia perché ne va della sopravvivenza del nostro settore automobilistico. Voi siete più consapevoli di me, avendo più esperienza di me magari in questo settore, che il miracolo economico italiano è avvenuto sull'energia che Enrico Mattei riforniva grazie all'Agip, sull'industria automobilistica e sulle autostrade, che sono state costruite in tempo record in quel periodo. Su questo è avvenuto il miracolo economico italiano. Noi sappiamo che oggi questa filiera ha ancora un fatturato pari a 337 miliardi di euro, che rappresenta quasi il 20 per cento del PIL nazionale, e coinvolge un milione e 260 mila lavoratori. A monte di questo c'è il sistema siderurgico, perché l'altra condizione su cui si è sviluppata l'industria dell'automobile italiana è perché c'era l'industria siderurgica. Possiamo rinunciare all'industria siderurgica? No, perché dovremmo rinunciare alla nostra industria manifatturiera. Se non fossimo interventi sul caso Lukoil non sarebbe stato soltanto un problema – importante, certamente – per l'approvvigionamento energetico del Paese o di 10 mila famiglie che vivono l'indotto, era anche un problema per la filiera chimica italiana che si regge su quella della raffineria. Cioè, noi dobbiamo capire poi che un elemento del sistema regge tutta una filiera, l'industria siderurgica regge ovviamente anche l'industria automobilistica, l'industria automobilistica regge il sistema sociale e produttivo del nostro Paese.
  Allora bisogna lavorare con gli altri attori europei e con la Commissione europea perché si abbia – lo dico sottovoce – quella che noi abbiamo come visione: che si rimuova ogni visione ideologica e che si affrontino i problemi con la neutralità tecnologicaPag. 27 che è necessario attivare, per raggiungere gli stessi obiettivi che non vogliamo cambiare, assolutamente, anzi, vogliamo farne un modello per le nostre imprese e per la nostra Europa. Quindi il nostro impegno per quanto riguarda l'industria dell'automotive e per il pacchetto Fit for 55, per il quale è stata prevista una clausola di revisione nel 2026, che è una clausola di visione sufficientemente ravvicinata, consiste nell'impegnare la Commissione a riesaminare i target alla luce degli sviluppi tecnologici e dell'importanza di assicurare una transizione sostenibile sotto il profilo economico e sociale, e quindi anche affrontare la questione che riguarda il Regolamento relativo alle emissioni di CO2 dei vecchi veicoli pesanti. Cioè noi vogliamo arrivare a quel punto per confrontarci con la Commissione e con i principali attori per capire come raggiungere gli stessi obiettivi consentendo alle nostre imprese di utilizzare gli strumenti tecnologici che ci siano, per esempio il biocombustibile così come l'auto elettrica, per raggiungere gli stessi obiettivi che ci siamo posti per quanto riguarda il 2035 e il 2050.
  Inoltre il nostro impegno sempre in Unione europea, per evitare ogni fraintendimento, riguarda la proposta di Regolamento per l'omologazione Euro 7 di cui non è ancora iniziata la discussione nei gruppi consiliari; e ovviamente, terza gamba, il cosiddetto Chips Act, la cui proposta di regolamento è stata adottata lo scorso primo dicembre dal consiglio competitività e che vedrà l'epilogo con il Parlamento europeo impegnata a partire dal prossimo marzo.
  E qui aggiungo un elemento che riguardava un'altra risposta, le indicazioni geografiche sui prodotti artigianali e manifatturieri. Perché nel Consiglio competitività del primo dicembre è andata a termine una proposta, non è merito mio ovviamente ma dei Governi precedenti, che io mi ero permesso di fare sostanzialmente nel 2003, quando iniziò tutta una battaglia italiana, ed europea poi, sulle indicazioni geografiche e sull'etichettatura obbligatoria del made in Italy. Tutto inizia nel Consiglio dei ministri del commercio con l'estero sotto la presidenza italiana che io convoco a Palermo il 7 luglio del 2003, e lì iniziano questi dossier. Quello delle indicazioni geografiche, l'avevamo già messo nel dossier del WTO a Doha nel Qatar, che non si è mai concluso, diventa poi diciamo un impegno europeo, l'Europa riconosce le indicazione geografiche, e poi grazie al nostro impulso quell'indicazione geografica (nel settore alimentare, prosciutto di Parma piuttosto che l'enogastronomia di altri settori produttivi) diventa battaglia europea e impegno europeo in ogni accordo bilaterale: prima con il Cile, poi con il Canada, poi con la Corea del sud... ormai è diventato dossier. Non è ancora dossier internazionale perché il round commerciale del WTO che doveva iniziare nel novembre del 2001 non si è mai concluso, son passati ventun'anni per intenderci.
  Sulla stessa scia il Consiglio di competitività ha approvato la proposta, che ora è nel trilogo col Parlamento europeo e con la Commissione, che riguarda le indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali. Insomma, come c'è il prosciutto di Parma domani ci saranno, io me lo auguro, il vetro di Murano, le ceramiche di Sassuolo o la ceramica di Caltagirone. Per noi è una battaglia di civiltà importantissima, che è poi l'avanguardia del made in Italy. È praticamente il riconoscimento di un diritto di proprietà collettiva, perché il marchio è un diritto di proprietà individuale, che tutti comprendono nella logica occidentale, il diritto di proprietà collettiva è espressione della cultura produttiva del nostro Paese e nasce con il Rinascimento e con tutto ciò che ne è conseguito. Cioè il diritto di proprietà di un territorio che ha sviluppato particolarmente un prodotto, non solo alimentare ma oggi anche un manufatto, che risponde dei criteri specifici che va tutelato da che cosa? Dalla concorrenza sleale, dalla contraffazione e dall'Italian sounding, ed è questa la nostra battaglia che faremo in ogni consesso. E infatti per quanto riguarda l'Italian sounding, e tutta la battaglia che più colleghi mi hanno detto per valorizzare il made in Italy e per tutelarlo, bene, questo è uno degli argomenti proprio del collegato alla manovra finanziaria, e quindi mi aspetto da voi delle Pag. 28proposte ulteriori su come meglio tutelare dalla contraffazione e dalla concorrenza sleale e valorizzare nel mondo il made in Italy, che è l'avanguardia della produzione italiana. E l'avanguardia del made in Italy è stata, almeno per i prodotti alimentari e domani lo sarà per i prodotti appunto artigianali e industriali, l'indicazione geografica, cioè il diritto di proprietà collettiva.
  Io mi auguro che poi il tribunale europeo, che da Londra si dovrà trasferire per le ben note vicende, giunga a Milano, perché questo è facile spiegarlo alle nostre imprese ma è anche una valorizzazione della nostra storia. Ricordo a me stesso che il primo codice di proprietà intellettuale è stato realizzato nella Repubblica di Venezia, poi è nato tutto il resto. E quindi portare il Tribunale dei brevetti a Milano è un modo per riconoscere e ricongiungerci con la nostra storia.
  Altra risposta riguardo l'imballaggio, anche su questo non voglio evadere la risposta, perché io mi sono confrontato già con l'industria di imballaggi italiana. L'Italia è un Paese virtuoso, diciamocelo, e la nostra industria è all'avanguardia nel mondo, non soltanto in Europa. Ha raggiunto l'obiettivo sugli imballaggi con nove anni di anticipo rispetto a quanto richiesto dall'Unione europea, e una volta raggiunto l'obiettivo con nove anni di anticipo l'Unione europea ci cambia le carte. Ma come ragioniamo?
  Quindi l'approccio che l'Europa mette, con una visione – se permettete non soltanto su questo – che è francamente ideologica spesso, perché si possono raggiungere gli stessi obiettivi magari con altri strumenti, non è che ci può essere per forza un solo strumento con cui raggiungere l'obiettivo del rispetto dell'ambiente.
  L'approccio europeo su questo tema non ci trova d'accordo, lo diciamo con franchezza. Impone non solo obiettivi ma anche un metodo, con rischio di penalizzazione per i Paesi che hanno fatto di più come l'Italia. Ed è strano che l'Europa penalizzi chi ha fatto di più, di meglio e in anticipo rispetto agli altri. Su questo non siamo d'accordo. Noi puntiamo a equiparare i sistemi di riciclo e di riuso e salvaguardia degli investimenti realizzati, questo è il nostro obiettivo con molta chiarezza e lo affronteremo in sede europea perché è giusto che sia così.
  Aggiungo come metodo: io come sono stato qui mi riprometto al primo incontro che avrò a Bruxelles di chiedere ai parlamentari europei che rappresentano la nostra Nazione, al Parlamento Europeo a Bruxelles e a Strasburgo ovviamente, di svolgere una riunione con loro, qualunque sia la formazione politica a cui aderiscono, per capire come Sistema Italia ci si possa muovere meglio in questa logica del trilogo, questa logica trilaterale nel Parlamento europeo come sistema Paese, perché poi alla fine chiunque governa, governa sempre e comunque la stessa nazione che ha le stesse esigenze e io mi auguro le stesse priorità.
  In conclusione, il tempo scade, per quanto riguarda lo spazio abbiamo sviluppato un metodo. Io che ho fatto, per capire come vogliamo lavorare senza pregiudizi e paraocchi nei confronti degli altri grandi partner del nostro Paese che spesso sono gli altri grandi Paesi europei. Io ho firmato una dichiarazione congiunta sul lanciatore del futuro europeo a margine e prima che iniziasse la ministeriale dell'ESA, che voi sapete è un'agenzia che non comprende soltanto Francia, Germania e Italia ma tanti altri Paesi europei, ed alcuni Paesi non europei anche. Quindi a margine di questo evento, la notte prima, anzi mentre ero in già in volo, mi è arrivata la delega e ho fatto un incontro con il collega francese e tedesco e abbiamo firmato una sorta di lettera di impegno di principio su come potrebbe essere il lanciatore europeo. E anche la ripartizione dei fondi, che a nostro avviso non deve essere fatta soltanto su base geografica ma anche sulla base di un criterio di merito: cioè chi meglio fa più riceve dalle risorse comuni. Oggi le risorse ricadono sulle imprese di ogni Paese sulla base delle risorse che sono stanziate, noi abbiamo aumentato il contributo superando la soglia del 3 miliardi di euro delle risorse ESA, siamo il terzo più significativo contributore, quasi ex aequo con la Francia, e quindi con grandi ricadute, non soltanto sulle grandi imprese, ma come avete Pag. 29notato dalle loro dichiarazioni, particolarmente soddisfatti, anche sulla filiera delle piccole e micro imprese italiane, molto innovative nel settore dello spazio, ma con una logica che vorremmo via via portare all'interno di questi organismi per cui non sia soltanto la logica «tu hai dato tanto e ricade altrettanto in base geografica sulle tue imprese», che è una logica un po' diciamo ragionieristica, ma con una logica che mette anche come criterio il merito, chi può fare di più e meglio.
  In questo contesto, per esempio, penso che svilupperemo a breve anche una partnership industriale, da non sottovalutare, con un Paese che in questo momento è sottoposto a un'aggressione militare, cioè con l'Ucraina. Perché, per dirvi, l'Ucraina era l'area più significativa del piano industriale dell'Unione Sovietica e l'industria dello spazio ucraina è indispensabile per l'industria dello spazio italiano: i nostri motori Vega sono prodotti sotto le bombe ancora oggi negli stabilimenti in Ucraina. Quindi c'è poi tutta una logica internazionale importante: chi si opponeva infatti alla corsa sullo spazio? Perché lo spazio è il futuro, in tutti i sensi. Io come presidente del Copasir ho fatto un'indagine conoscitiva sullo spazio come fattore geopolitico, e non a caso; poi oggi vi rendete conto che cosa significa dal fatto che, grazie alla ricognizione dello spazio, l'Ucraina ha un vantaggio competitivo rispetto alla Russia. E grazie ai privati, messi in campo dal governo americano.
  Questo ci fa capire come questa corsa si sia accelerata, sia per l'ingresso di privati, e ha dato un forte volano all'industria dello spazio degli Stati Uniti, sia al fatto che la Cina sta investendo tantissimo e ha recuperato tantissimo sullo spazio, sia al fatto che la Russia sullo spazio ci ha costruito la prima gara con gli Stati Uniti negli anni '50, infatti la cooperazione con la Russia sullo spazio risale a ben prima della caduta dell'Unione Sovietica.
  Quindi la materia dello spazio è materia molto delicata, proprio perché sullo spazio c'è la migliore cooperazione internazionale tra l'Occidente e la Russia, e proprio perché sullo spazio la Cina ha lanciato una sfida importante e sistemica. Per cui noi, dopo questa prima risposta, pienamente consapevoli degli obiettivi vogliamo lavorare in questo campo, per esempio ne abbiamo già parlato con Le Maire dando attuazione piena al trattato del Quirinale.
  Pochi giorni fa si è celebrato un anno del trattato del Quirinale, ma ancora i gruppi di lavoro sulla cooperazione industriale e scientifica non erano stati attuati. Non basta celebrare un anno dalla sottoscrizione, bisognerebbe anche dare attuazione a cosa è stato sottoscritto. Attuazione, almeno per quanto riguarda la cooperazione industriale e scientifica, non era stata ancora pienamente data. Noi istituiremo a breve con il collega Le Maire i gruppi di lavoro bilaterali su vari argomenti, tra cui quello dello spazio, è uno degli argomenti importanti, oltre su quello dell'automotive, che per noi è un settore straordinariamente significativo anche perché condividiamo un'impresa strategica e globale come Stellantis.
  Credo che il tempo si sia concluso, stavo guardando se vi erano altre domande specifiche.
  Ansaldo Energia. Ho già ricevuto – dice, dove ha trovato il tempo? Ho trovato il tempo – anche i responsabili di Ansaldo Energia, azienda che conosco benissimo, anche perché in tempi non sospetti nel precedente Governo nel 2001 fui io a deliberare, o meglio a consentire che la SACE assicurasse il secondo lotto della centrale nucleare di Cernavoda in Romania, sulla base della quale si è salvata Ansaldo Energia. Quindi conosco bene le tematiche e la nostra intenzione, ovviamente, è di intervenire perché è estremamente importante l'asset scientifico e tecnologico del nostro Paese rappresentato oggi da Ansaldo Energia. Ho ascoltato gli attori di questa grande impresa italiana e insieme agli altri Ministri competenti ci riserviamo a breve di prendere delle decisioni, per quanto appunto di nostra competenza.
  Italia nel mondo, le Camere di commercio. Le Camere di commercio sono una forza del nostro Paese. C'è una riforma che sarà portata in atto – noi portiamo in atto le riforme già deliberate – ovviamente, e Pag. 30anche in questo caso, ma credo che le Camere di commercio ancorché abbiano avuto un'altra mission, e abbiano avuto una delimitazione dalla prima mission, siano sicuramente un luogo importante dove l'impresa si riconosce: io credo che va valorizzato il ruolo e la loro azione, in Italia innanzitutto, e laddove possibile e ovviamente compatibile oggi con gli strumenti che si possono mettere in campo anche a livello internazionale.
  Così come gli italiani nel mondo che mi auguro si ritrovino anche nella denominazione del mio dicastero, Ministero delle imprese e del made in Italy. In fondo è un riconoscimento a loro, a quello che loro hanno fatto nel mondo, e molto spesso hanno contribuito alla crescita delle imprese e dell'industria laddove sono emigrati: spesso a San Paolo come negli Stati Uniti, come in Australia, i grandi imprenditori sono i figli degli emigranti italiani. Noi ne siamo consapevoli e questa forza è una forza del sistema Paese, e sicuramente sarà nostro compito valorizzarla nel quadro di una migliore valorizzazione del made in Italy nel mondo.
  Diceva l'onorevole Orlando, ci vuole una politica in Europa. Ne siamo consapevoli, se vogliamo sviluppare la politica industriale italiana ed europea dobbiamo agire in Europa. Agire dove? In ogni consesso. Nella riforma del Patto di stabilità, perché se non c'è una riforma del Patto di Stabilità che punti a maggiore flessibilità e a creare condizioni di sviluppo, se il Patto di Stabilità è solo di stabilità e non anche di sviluppo non possiamo sviluppare la politica industriale. Questo riguarda ovviamente la successiva riforma in merito agli aiuti di Stato: se la riforma degli aiuti di Stato non si collega alla riforma del Patto di stabilità e non si collega a una politica industriale europea, che punti per esempio a realizzare un meccanismo simile al PNRR, e non so se il Fondo sovrano che ha proposto l'altro giorno la Presidente Von der Leyen rientri in questo quadro – ci confronteremo con lei –, se non c'è questo, se è un tassello svincolato da un progetto europeo, la riforma degli aiuti di Stato è soltanto un elemento che porta alla disgregazione dell'Europa.
  Ecco, io credo che bisogna costruire un sistema in cui ogni tassello vada a posto in un mosaico, che io credo si possa e si debba realizzare, ne siamo consapevoli noi ma ne sono consapevoli anche i francesi, tedeschi, olandesi, svedesi, tutti siamo oggi consapevoli che l'Europa deve dare una risposta alta alla sfida, che ci viene non soltanto dai Paesi di nuova industrializzazione dell'Oriente, ma certamente anche dai Paesi come gli Stati Uniti che diventano, col progetto che prima ho illustrato, i nostri principali competitori sul piano internazionale.
  E lo dico e concludo con una logica strategica che deve essere rivolta nei confronti del continente che ci sta di fronte, del continente africano, perché credo che ne siano consapevoli anche i tedeschi. Purtroppo è nata una frontiera a Oriente, non perché l'abbiamo deciso noi, perché qualcun altro ha deciso di elevare un altro muro di Berlino, questa è la realtà. Questo riguarda l'approvvigionamento energetico, l'approvvigionamento di materie prime. E quindi se lì c'è una situazione in cui si è elevata una barriera, lo sbocco dell'Europa non può che essere a sud, attraverso l'Italia, nel Mediterraneo, in Africa. Con la logica che è quella che richiamava l'altro giorno il Presidente del consiglio, e non a caso, parlando del piano Enrico Mattei per l'Africa, perché in quello non c'è un nome, c'è un metodo. Enrico Mattei, a differenza delle sette sorelle d'allora, spezzò quella consorteria con una proposta diversa e alternativa, che era una proposta di partnership col mondo del grande Medio Oriente e con l'Africa, win-win, 50 per cento 50 per cento, che era ben diversa dalla proposta che allora facevano le sette sorelle, che era invece una proposta da dominatori. Con lo stesso spirito noi dobbiamo convincere l'Europa a guardare a sud, realizzare una partnership con l'Africa che è il continente del futuro, laddove davvero si possono trovare delle condizioni in cui noi e loro possiamo crescere insieme, anche grazie, e non soltanto alle materie prime che vi sono in Africa di cui noi abbiamo necessità, ma io dico anche grazie allo sviluppo demograficoPag. 31 dell'Africa di cui noi dobbiamo tener conto. Essendo quello europeo il continente più anziano, e il nostro Paese è anche il Paese più anziano tra gli anziani, e quindi abbiamo bisogno in qualche misura di una partnership che ci renda consapevole che con il continente africano l'Europa può avere uno sviluppo competitivo rispetto agli altri due continenti che sono messi in moto, da una parte il continente asiatico e dall'altra quello americano.
  Con questa logica speriamo di riuscire a realizzare in tempi brevi una politica industriale che sia pienamente confacente e che permetta all'impresa italiana di svolgere appieno il suo ruolo in Europa e nel mondo. Grazie.

  PRESIDENTE. Allora, ringrazio il presidente De Carlo per la sua presenza e ringrazio il Ministro per l'esauriente relazione e le esaurienti risposte alle domande dei Commissari. Grazie ancora.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.05.