CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 21 febbraio 2024
255.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 136

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 21 febbraio 2024. — Presidenza del presidente Alessandro GIGLIO VIGNA.

  La seduta comincia alle 12.45.

Sull'ordine dei lavori.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, propone di procedere ad un'inversione nell'ordine dei lavori della seduta odierna, esaminando prima la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al benessere di cani e gatti e alla loro tracciabilità, di cui è relatore l'on. Pisano e, successivamente, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole minime per la prevenzione e il contrasto del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali nell'Unione e che sostituisce la direttiva 2002/90/CE del Consiglio e la decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, di cui è relatore l'on. Candiani.Pag. 137
  Propone altresì, avendo acquisito la disponibilità dell'audito, di anticipare l'audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Amb. Vincenzo Celeste, alle 13.15.

  La Commissione concorda.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al benessere di cani e gatti e alla loro tracciabilità.
(COM(2023) 769 final).
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Calogero PISANO (NM(N-C-U-I)-M), relatore, segnala che la proposta di regolamento al nostro esame è stata presentata dalla Commissione europea lo scorso dicembre con la finalità di definire un quadro comune dell'UE per il benessere di cani e gatti e perseguire i seguenti obiettivi specifici:

   garantire norme minime comuni per l'allevamento, la detenzione e l'immissione sul mercato di cani e gatti allevati o detenuti in stabilimenti;

   migliorare la tracciabilità dei cani e dei gatti forniti o immessi sul mercato dell'Unione, anche messi in vendita o offerti in adozione tramite piattaforme online;

   garantire condizioni di parità tra gli operatori che detengono e immettono sul mercato cani e gatti in tutta l'Unione;

   promuovere le competenze degli addetti alla custodia degli animali;

   integrare le norme esistenti per l'importazione di cani e gatti.

  Nella relazione di accompagnamento la Commissione richiama un'indagine Eurobarometro condotta nel 2023 secondo la quale il 44 per cento dei cittadini dell'Unione possiede animali da compagnia e il 74 per cento ritiene che il benessere degli animali da compagnia dovrebbe essere meglio tutelato.
  Secondo le stime della Commissione, nel 2021 i cittadini dell'UE possedevano 72,7 milioni di cani e 83,6 milioni di gatti.
  Il commercio di tali animali domestici genera un valore annuo stimato in 1,3 miliardi di euro, ed attrae anche operatori disposti a intraprendere pratiche commerciali sleali o addirittura illecite.
  Sottolinea, in particolare, come gli animali da compagnia siano presenti nel 52 per cento delle case italiane e come il nostro Paese si collochi al secondo posto in Europa.
  Nel 2022 e nel 2023 l'UE ha condotto un'azione coordinata sul commercio illegale di cani e gatti, raccogliendo prove relative a un importante volume di documenti contraffatti, informazioni fuorvianti e indicazioni di movimenti dissimulati di cani a fini commerciali come movimenti a carattere non commerciale per beneficiare di norme di controllo meno rigorose. L'allevamento in condizioni inferiori alla norma e il commercio illegale comportano problemi importanti in termini di benessere di tali animali da compagnia, anche per quanto riguarda la loro salute.
  In alcuni stabilimenti gli animali sono tenuti in condizioni di scarso benessere, le femmine sono sfinite per avere molte cucciolate, gli animali trascurati a livello di alimentazione, alloggiamento, salute e condizioni igieniche e spesso venduti ancora troppo giovani. Di conseguenza molti animali presentano difetti fisici, si ammalano, non ricevono trattamenti antiparassitari o presentano disturbi comportamentali dovuti allo svezzamento precoce o ai maltrattamenti. A volte ne viene falsificata l'identificazione per impedire di risalire alla loro origine.
  Ne discendono per gli acquirenti costi inaspettati e iniqui per curare malattie o attenuare difetti genetici, che si sommano al disagio emotivo se scoprono che i loro animali non possono essere più curati. Gravi problemi comportamentali possono invece Pag. 138ostacolare la permanenza all'interno della famiglia. Situazioni di questo tipo, che a volte si concludono con il ricorso all'eutanasia, generano gravi sofferenze per gli animali e per le famiglie che li comprano o li adottano.
  Nella relazione si sottolinea che l'assenza di tracciabilità e di un'adeguata vaccinazione comporta gravi rischi di trasmissione di zoonosi (rabbia, echinococcosi) ed un rischio complessivo per la salute pubblica nell'Unione. Le cattive condizioni di alimentazione e di alloggiamento, bassi livelli di igiene, e il ricorso alle mutilazioni indeboliscono i sistemi immunitari degli animali e comportano un maggiore uso di antimicrobici che influisce sullo sviluppo di infezioni resistenti agli antibiotici nell'uomo.
  La Commissione europea ha ritenuto necessario estendere alle importazioni le misure relative alle visite veterinarie negli allevamenti/stabilimenti, ai requisiti minimi in materia di alimentazione, alloggiamento, salute ed esigenze comportamentali, per proteggere la salute degli animali e a tutela della salute pubblica. Sottolinea inoltre che la mancata attenzione agli aspetti comportamentali e alla socializzazione può determinare problemi comportamentali che possono essere causa di comportamenti aggressivi con gravi riflessi sulla sicurezza pubblica.
  Per quanto riguarda le importazioni, si registra un aumento del commercio illegale da Paesi terzi e il 45 per cento dei casi di non conformità alle leggi vigenti e dei sospetti casi di frode riguarda animali provenienti da Paesi quali la Serbia, la Bielorussia, la Russia e la Turchia.
  Non esiste attualmente una normativa generale dell'UE sul benessere di cani e gatti, esistono tuttavia disposizioni specifiche dell'UE sulla protezione di cani e gatti quando questi sono allevati, forniti e utilizzati a fini scientifici, norme che impongono un'età minima per il loro trasporto o che ne disciplinano i movimenti nel contesto di malattie animali.
  Non esistono invece obblighi specifici dell'UE relativi alla vendita di cani e gatti tramite piattaforme online, alle quali tuttavia si applicano le disposizioni orizzontali del regolamento (UE) 2022/2065 («regolamento sui servizi digitali»).
  Molti Stati membri si sono impegnati a tutelare il benessere di cani e gatti in quanto firmatari della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia.
  In assenza di un quadro comune a livello unionale, sono notevoli differenze tra le normative dei diversi Stati membri, ad esempio in merito alle norme riguardanti la definizione della soglia tra allevatori professionisti e non professionisti, l'età minima e massima di riproduzione e l'identificazione e la registrazione di cani e gatti, nonché in relazione alle difficoltà di attuazione delle norme nazionali in un mercato interno in cui gli animali circolano liberamente. Si tratta di disparità ad avviso della Commissione destinate probabilmente ad aumentare, ostacolando il commercio transnazionale di cani e gatti a scapito degli allevatori commerciali di alto livello.
  La presentazione della proposta fa seguito a specifici indirizzi formulati dal Consiglio dell'UE che già nel novembre 2010 aveva invitato la Commissione a studiare le differenze tra i regimi degli Stati membri e a elaborare soluzioni per l'armonizzazione del mercato interno.
  Nel 2020 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul commercio illegale di animali da compagnia nell'UE in cui chiede un sistema armonizzato per l'identificazione e la registrazione obbligatorie di cani e gatti al fine di contrastare il commercio illegale. Ha inoltre chiesto che gli animali da compagnia siano dotati di un microchip applicato da un veterinario e siano registrati in una banca dati nazionale.
  Il 21 febbraio 2022, nel corso del Consiglio «Agricoltura e pesca», 20 Stati (Danimarca, Germania, Lituania, Svezia, Bulgaria, Lettonia, Cipro, Belgio, Repubblica Ceca, Lussemburgo, Irlanda, Portogallo, Finlandia, Paesi Bassi, Slovacchia, Estonia, Malta, Slovenia, Spagna e Ungheria) hanno invitato la Commissione a introdurre una normativa comune per la detenzione e la vendita a fini commerciali di cani, compresePag. 139 norme armonizzate sulla tracciabilità.
  La proposta è coerente con la vigente normativa dell'UE sul trasporto degli animali e sulle malattie animali trasmissibili nonché con la proposta di regolamento sulla protezione degli animali durante il trasporto, presentata contestualmente.
  Venendo alla verifica del rispetto dei principi in materia di competenze dell'Unione, rileva che la base giuridica della proposta di regolamento è individuata correttamente nell'articolo 43, paragrafo 2, e nell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), in quanto le norme proposte riguardano l'allevamento, la detenzione e il commercio di cani e gatti, animali vivi di cui all'allegato I del medesimo trattato, e perseguono l'obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno di tali animali, evitando distorsioni e ostacoli al commercio dovute a norme nazionali divergenti.
  Con riferimento alla conformità con il principio di sussidiarietà, che costituisce l'oggetto principale del nostro esame, segnala che l'Esecutivo europeo definisce la propria iniziativa necessaria, ritenendo essenziale un quadro armonizzato di prescrizioni in materia. In proposito la Commissione sottolinea che regimi nazionali differenti ad esempio in ordine al divieto di mutilazioni o pratiche dolorose (taglio dell'orecchio, taglio della coda), potrebbero danneggiare gli allevatori ed operatori commerciali più attenti al benessere degli animali, che non potrebbero effettuare scambi a livello transfrontaliero e causare la delocalizzazione delle attività verso Stati membri in cui tali divieti non si applicano.
  L'applicazione del regolamento proposto è estesa ai rifugi, che forniscono al mercato un numero di animali considerevole, in considerazione della dimensione transfrontaliera della loro attività finalizzata all'adozione o alla vendita.
  La dimensione transnazionale degli scambi commerciali e delle adozioni giustifica, ad avviso della Commissione, l'adozione di norme unionali sulla tracciabilità dei cani e dei gatti, essenziali anche per contrastare il commercio illegale, e sulla interoperabilità delle banche dati nazionali.
  Con riferimento al principio di proporzionalità, la Commissione ritiene la proposta conforme, in quanto stabilisce prescrizioni essenziali per il funzionamento del mercato interno e tali da non andare al di là di quanto necessario.
  Sottolinea che le nuove norme non si applicherebbero agli allevamenti di dimensioni molto piccole e agli allevatori che producono meno di un certo numero di cucciolate l'anno, che sarebbero tenuti solo a identificare e registrare i cani o i gatti prima di immetterli sul mercato dell'Unione. Analoga esenzione è prevista per i rifugi e i negozi di animali da compagnia che detengono un numero limitato di cani o gatti, nonché per le persone fisiche che forniscono occasionalmente cani o gatti sul mercato dell'Unione senza ricorrere a servizi online.
  La Commissione europea sottolinea, infine, che il regolamento proposto consentirebbe agli Stati membri di mantenere o adottare norme nazionali più rigorose in materia di condizioni di alloggiamento, mutilazioni, programmi di arricchimento, selezione e riproduzione, purché non vietino o ostacolino per tale ragione l'immissione sul mercato nel loro territorio di cani e gatti detenuti in un altro Stato membro.
  Passa ad illustrare sinteticamente il contenuto della proposta di regolamento, rinviando per un'analisi più approfondita alla documentazione predisposta dagli uffici.
  Il regolamento stabilisce prescrizioni minime in materia di: a) benessere di cani e gatti allevati o detenuti in stabilimenti o immessi nel mercato dell'Unione; b) tracciabilità di tali animali immessi sul mercato dell'Unione o forniti nell'Unione.
  L'ambito di applicazione comprende l'allevamento e la detenzione di cani e gatti in negozi di animali da compagnia e i rifugi per animali e la loro immissione sul mercato o la loro offerta in adozione a titolo gratuito. Sono esclusi cani e gatti allevati o immessi sul mercato a fini scientifici.
  Come accennato dianzi, gli obblighi previsti per gli operatori (chi alleva, detiene, commercia o immette sul mercato animali) Pag. 140non si applicano a stabilimenti di piccole dimensioni (fino a tre fattrici che producano non più di due cucciolate per stabilimento l'anno) né ai piccoli negozi di animali da compagnia (che detengono al massimo tre cani e 6 gatti).
  Sono introdotti i princìpi alla base del benessere degli animali corrispondenti alle esigenze primarie degli animali in termini di nutrizione, ambiente, salute, comportamento e stato mentale.
  In particolare, gli operatori e i responsabili dei rifugi dovrebbero garantire ai cani o gatti:

   acqua e mangimi di qualità e in quantità tali da garantire loro una corretta nutrizione e idratazione;

   un ambiente fisico confortevole in termini di spazio, temperatura e facilità di movimento;

   condizioni di sicurezza e igiene anche al fine di prevenire malattie, disturbi funzionali, lesioni e dolore, in particolare a causa di gestione, manipolazione o mutilazioni;

   un ambiente che consenta loro di esprimere comportamenti sociali non dannosi, specifici della specie e di instaurare relazioni positive con gli esseri umani;

   una gestione che ottimizzi il loro stato mentale prevenendo o riducendo le esperienze negative in termini di tempo e intensità, nonché massimizzando le opportunità di esperienze.

  Gli operatori di allevamenti o rifugi dovrebbero notificare le proprie attività alle autorità competenti (fornendo informazioni in merito all'identità degli operatori, l'ubicazione dello stabilimento, il tipo, la specie e la razza, se del caso, degli animali detenuti, il numero massimo di animali) e rispettare alcuni obblighi informativi nei confronti di clienti e adottanti.
  La proposta introduce il principio della proprietà responsabile di tali animali da compagnia e prevede che chi compra o adotta debba ricevere le nozioni necessarie a garantirne il benessere.
  Gli annunci online di fornitura di cani o gatti dovrebbero sempre essere accompagnati dalla seguente avvertenza: «Un animale non è un giocattolo. Acquistare o adottare un animale è una decisione che cambia la vita. Il proprietario dell'animale è tenuto a garantire il costante soddisfacimento di tutte le sue esigenze in termini di salute e benessere».
  Sono introdotte prescrizioni relative alle competenze degli addetti alla custodia degli animali e si prevede che gli stabilimenti siano sottoposti a visite veterinarie annuali, i cui esiti dovrebbero essere registrati e conservati per 6 anni. Alla Commissione europea è conferito il potere di stabilire con atti delegati i criteri minimi oggetto di valutazione nel corso di tali visite.
  Sono altresì stabilite prescrizioni tecniche in materia di alimentazione e abbeveraggio, alloggiamento, salute, esigenze comportamentali e pratiche dolorose che gli stabilimenti di allevamento, i negozi di animali da compagnia e i rifugi devono rispettare (anche se alcune disposizioni non si applicano ai rifugi).
  Si prevede inoltre che gli allevamenti siano riconosciuti dalle autorità competenti. Le disposizioni in materia di alloggiamento, salute e riconoscimento degli stabilimenti di allevamento hanno un'applicazione differita di cinque anni dall'entrata in vigore del regolamento.
  In materia di alimentazione e abbeveraggio è previsto tra l'altro che gli animali siano nutriti due volte al giorno ricevendo acqua potabile, mangimi di quantità e qualità adeguata e privi di sostanze nocive, che possano causare sofferenze o causare danni alla salute, assicurando parità di accesso al cibo a tutti gli animali, nonché la pulizia e disinfezione delle strutture utilizzate.
  Per l'alloggiamento operatori e responsabili dei rifugi dovrebbero provvedere affinché:

   gli stabilimenti in cui sono detenuti gli animali e le attrezzature utilizzate siano adatti ai tipi e al numero di cani e gatti presenti e consentano l'accesso e l'ispezione approfondita di tutti i cani e gatti;

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   gli elementi edilizi dello stabilimento (tra cui pavimenti, tetto, suddivisioni dello spazio, attrezzature) siano correttamente mantenuti, puliti e disinfettati;

   negli allevamenti e nei negozi di animali da compagnia siano mantenuti entro limiti non nocivi circolazione dell'aria, livelli di polvere, temperature, umidità dell'aria, concentrazioni di gas e l'aerazione sia sufficiente a evitare il surriscaldamento e, se necessario, in combinazione con i sistemi di riscaldamento, a rimuovere l'umidità eccessiva;

   gli animali dispongano di spazio sufficiente per muoversi liberamente, esprimere il comportamento tipico della specie, socializzare, stare in disparte, e riposare;

   se tenuti all'aperto, gli animali siano protetti da condizioni climatiche avverse (stress termico, scottature solari, lesioni da congelamento).

  Si prevede il divieto di tenere cani o gatti all'interno di contenitori (fatte salve esigenze di isolamento temporaneo) e, per i cani, tenerli solo all'interno o alla catena e privarli dell'accesso alla luce naturale.
  Al fine di assicurare la salute di cani e gatti, è previsto che operatori e responsabili di rifugi provvedano affinché:

   cani e gatti siano sottoposti a ispezione almeno una volta al giorno;

   gli animali malati, feriti o con lesioni siano trasferiti in aree separate e curati da un veterinario fino a completa guarigione o, in alternativa, sottoposti a eutanasia;

   l'eutanasia sia effettuata esclusivamente da un veterinario;

   siano adottate misure (mediche o trattamenti veterinari preventivi) per prevenire e controllare la presenza di parassiti esterni ed interni, e le malattie più comuni per cani e gatti;

   i materiali di arricchimento non causino rischi per la salute o rischi di lesioni o di contaminazione biologica o chimica.

  Per la riproduzione è previsto che le fattrici abbiano un'età minima di 12 (gatti) e 18 mesi (cani), ed un massimo di tre cucciolate in due anni, al termine delle quali dovrebbe essere assicurato almeno un anno di recupero.
  Gli operatori di allevamenti dovrebbero tra l'altro provvedere affinché:

   le fattrici siano impiegate per la riproduzione solo se la loro crescita scheletrica è completata e non hanno malattie o condizioni fisiche che possano ripercuotersi negativamente sulla gravidanza e sul loro benessere;

   le gravidanze per la produzione di cucciolate abbiano una frequenza massima;

   le fattrici di età pari o superiore a otto anni (cani) e di età pari o superiore a sei anni (gatti) prima di essere utilizzate per la riproduzione, siano sottoposte all'esame di un veterinario che confermi che la gravidanza non comporterà rischi per il benessere e la salute dell'animale;

   le fattrici non più utilizzate per la riproduzione non siano abbattute o abbandonate e il loro benessere continui ad essere garantito.

  La proposta vieta le mutilazioni, compreso il taglio delle orecchie, il taglio della coda, l'amputazione parziale o completa delle dita e l'asportazione delle corde vocali, a meno che non effettuate per ragioni mediche ed effettuate da un veterinario in anestesia e analgesia.
  Si prevede che, a decorrere da cinque anni dalla data di entrata in vigore del regolamento, gli allevatori debbano essere riconosciuti dall'autorità competente prima di poter vendere i propri cuccioli. Il rilascio di un certificato di riconoscimento per uno stabilimento di allevamento da parte dell'autorità competente è subordinato allo svolgimento di un'ispezione preliminare che confermi il rispetto dei requisiti previsti dal regolamento. Le autorità competenti tengono un elenco degli stabilimenti di allevamentoPag. 142 riconosciuti e lo rendono pubblico.
  In merito il Governo ha osservato, nella relazione trasmessa alle Camere ai sensi dell'articolo 6 della legge 234 del 2012, come la necessità di dover riconoscere, anziché solamente registrare come accade oggi, gli allevamenti implica maggiori oneri per l'autorità competente (ASL) per l'effettuazione dei controlli propedeutici. In particolare, la relazione sottolinea che attualmente la registrazione per tali stabilimenti dalla normativa italiana non comporta il sopralluogo da parte dell'autorità competente.
  Gli stabilimenti che detengono cani e gatti e i fornitori di cani e gatti nell'Unione sarebbero obbligati a identificare gli animali in questione mediante microchip e a registrarli in una banca dati.
  Si prevede che chi fornisce cani o gatti debba dare prove dell'identificazione e della registrazione. Le piattaforme online su cui è pubblicizzata l'offerta di cani o gatti sono tenute a consentire ai fornitori di presentare le prove dell'identificazione e della registrazione dei cani o gatti offerti. Prevede che la Commissione europea di garantisca lo sviluppo di un sistema gratuito e pubblico per verificare l'autenticità dell'identificazione e della registrazione di un cane o di un gatto.
  La proposta prevede che le autorità competenti approvino programmi di formazione in materia di benessere degli animali e su tale argomento offrano corsi di formazione agli addetti alla custodia degli animali.
  Si prevede altresì che, entro tre anni dall'entrata in vigore del regolamento, gli Stati membri istituiscano una banca dati per cani e gatti identificati mediante microchip. Tali banche dati nazionali dovrebbero essere interoperabili entro cinque anni dall'entrata in vigore delle nuove norme.
  È conferito alla Commissione europea il potere di stabilire, con atti di esecuzione, le prescrizioni di dettaglio relative alle banche dati, definendo tra l'altro: contenuto, interoperabilità, funzionalità di identificazione e registrazione dell'animale.
  Le autorità competenti dovrebbero infine raccogliere, analizzare e pubblicare dati sul benessere degli animali e comunicarli all'Esecutivo europeo con una relazione ogni tre anni. La Commissione definirebbe, con atti esecutivi, un metodo armonizzato per la raccolta dei dati e il modello per la relazione.
  Il regolamento proposto disciplina l'ingresso nell'Unione di cani e gatti per essere immessi sul mercato, stabilendo che a decorrere da cinque anni dall'entrata in vigore del regolamento, questi debbano essere allevati e detenuti conformemente alle condizioni previste, a condizioni equivalenti o, se del caso, a prescrizioni contenute in specifici accordi tra l'Unione e il paese terzo esportatore.
  Altra condizione è che gli animali provengano da un territorio o paese terzo inclusi nell'elenco previsto dal regolamento sui controlli sul benessere degli animali e siano accompagnati da un certificato ufficiale.
  È conferito alla Commissione il potere di integrare e modificare con atti delegati gli elementi non essenziali degli allegati del regolamento per tenere conto dei progressi tecnici e scientifici in materia di benessere degli animali.
  Il regolamento prevede che gli Stati membri possano mantenere o adottare norme nazionali più rigorose, volte a garantire una maggiore protezione del benessere di cani e gatti, purché coerenti con il nuovo regolamento.
  La Commissione dovrebbe pubblicare entro sette anni dall'entrata in vigore del regolamento, e quindi ogni cinque anni, una relazione di monitoraggio sul benessere di cani e gatti immessi sul mercato.
  Il capo impone agli Stati membri di assicurare l'attuazione del regolamento adottando sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive da applicare in caso di violazione del regolamento e di notificarle alla Commissione.
  Nella richiamata relazione del Governo, ai sensi dell'articolo 6 della legge 234 del 2012, si fa presente che la delegazione italiana ha già avanzato alcune osservazioni riferite, da un lato, alla concordanza Pag. 143di definizioni fra la proposta in questione, il vigente regolamento sulle malattie animali trasmissibili e la normativa italiana (relativa ad esempio agli operatori, agli addetti alla custodia, ecc..) e, dall'altro, alle caratteristiche strutturali previste per gli allevamenti in ordine a misure, temperature, eccetera.
  Il Governo osserva inoltre che la normativa italiana garantisce già, in via generale, condizioni più restrittive e attente al benessere animale (quali l'identificazione e registrazione dei cani in vigore da molti anni, le nuove disposizioni sull'identificazione e registrazione di altri animali da compagnia, sulle condizioni di detenzione e sulla formazione degli operatori). Tuttavia, ritiene che talune delle norme proposte potrebbero comportare per gli allevatori significativi oneri di spesa non associati ad un reale beneficio per gli animali. Tra queste le misure in termini di temperature e di alloggiamento. In merito, il Governo annuncia l'intenzione di proporre che tali misure (metri quadrati e gradi centigradi) abbiano carattere indicativo di buone pratiche e non cogente. Annuncia infine di avere suggerito di aggiungere nuovi indicatori, sia fisici che comportamentali, di benessere, basati sulle condizioni degli animali.
  La rilevanza della materia è testimoniata anche dal contestuale svolgimento dell'esame in sede referente, presso la Commissione Giustizia, di alcuni progetti di legge recanti modifiche al codice penale, al codice di procedura penale ed altre disposizioni per l'integrazione e l'armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali.
  Ritiene pertanto che, alla luce di tutto questo, la conformità della proposta ai princìpi di sussidiarietà e proporzionalità richieda un maggiore approfondimento nel corso dell'esame e a tal fine propone di avviare un breve ciclo di audizioni di rappresentanti del Governo e di categorie interessate, prima della scadenza per l'espressione del parere sulla conformità al principio di sussidiarietà, fissata al 15 marzo prossimo.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, nessun altro chiedendo d'intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole minime per la prevenzione e il contrasto del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali nell'Unione e che sostituisce la direttiva 2002/90/CE del Consiglio e la decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio.
(COM(2023) 755 final).
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Stefano CANDIANI (LEGA), relatore, la proposta di direttiva della quale oggi inizia l'esame è volta ad aggiornare le disposizioni di diritto penale contenute nella direttiva 2002/90/CE, recante una definizione comune del reato di favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali, e nella decisione quadro 2002/946/GAI, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali.
  La proposta è il secondo elemento chiave di una complessiva iniziativa della Commissione europea volta a contrastare il fenomeno criminale del traffico di migranti, di cui fa parte anche la proposta di regolamento il cui esame è stato iniziato da questa Commissione il 14 febbraio scorso.
  Alla base di questa revisione dell'attuale quadro giuridico dell'UE in materia, adottato nel 2002 sulla base di disposizioni precedenti al trattato di Lisbona, la Commissione pone le criticità discendenti da una definizione a suo avviso troppo ampia del reato di favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali. Tale ampiezza e la mancanza di deroghe si sarebbero tradotte in profili di incertezza nella distinzione tra il favoreggiamento dell'immigrazione irregolare e l'assistenza umanitaria.Pag. 144
  Il nuovo regime, pertanto, interviene in maniera più specifica sulla configurazione del reato di favoreggiamento, chiarendo che il suo scopo non è criminalizzare i cittadini dei Paesi terzi per il fatto di essere oggetto di traffico di migranti, né configurare come reato il prestare assistenza ai familiari o fornire assistenza umanitaria o sostegno per le esigenze umane di base a cittadini di Paesi terzi in conformità degli obblighi giuridici.
  Inoltre, il ricorso in misura sempre maggiore da parte dei trafficanti alla violenza nei confronti dei migranti e delle autorità di contrasto con il conseguente pericolo per le vite umane richiede, secondo la Commissione europea, d'innalzare i livelli delle sanzioni massime rispetto al quadro giuridico attuale sul favoreggiamento, e di introdurre la definizione di reati aggravati. Ulteriore esigenza affrontata dalla riforma riguarda il rafforzamento delle disposizioni sulla giurisdizione in materia, nel tentativo di evitare situazioni in cui nessuno Stato sia in grado di esercitare la propria giurisdizione su casi gravi e tragici di traffico di migranti che avvengono, ad esempio, in acque internazionali.
  La Commissione, in via eccezionale, non ha ritenuto di accompagnare la nuova proposta con una valutazione d'impatto, basandosi invece sugli elementi raccolti nel corso della valutazione REFIT (programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione vigente) del pacchetto sul favoreggiamento condotta nel 2017, sulla consultazione pubblica sul piano d'azione rinnovato dell'UE contro il traffico di migranti (2021-2025), sulle informazioni e gli elementi forniti da Europol, Eurojust e Frontex, nonché sul confronto con gli Stati membri e i portatori di interessi della società civile nell'ambito del monitoraggio dell'attuazione dell'attuale quadro normativo.
  Dalla valutazione REFIT è risultato che tutti gli Stati membri hanno recepito il vigente pacchetto sul favoreggiamento, modificando di conseguenza i propri ordinamenti nazionali. Ciò ha consentito l'ulteriore ravvicinamento della definizione del reato, introducendo in tutti gli Stati membri sanzioni per il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali.
  Le informazioni e gli elementi raccolti, tuttavia, hanno evidenziato una grave carenza di dati affidabili e comparabili sui reati di traffico di migranti e sulle risposte della giustizia penale a livello nazionale ed europeo; la necessità di allineare ulteriormente la definizione del reato e di chiarirla maggiormente ai sensi della normativa dell'UE, in particolare per quanto riguarda l'elemento dello scopo di lucro, il carattere facoltativo dell'esenzione dalle sanzioni penali per la condotta volta a prestare assistenza umanitaria, i rischi percepiti di criminalizzazione e l'effetto deterrente della legislazione esistente.
  Fa, inoltre, presente che è stata oggi trasmessa dal Governo la relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge n. 234/2012.
  Il Governo, segnatamente, esprime una valutazione complessivamente favorevole sulle finalità generali della proposta di direttiva, in quanto le relative disposizioni danno luogo ad un approccio più strategico alla lotta al traffico di migranti, prevedendo strumenti più efficaci sia a livello preventivo che di repressione penale. L'onere normativo connesso a tali misure sarà compensato dai benefici apportati: la proposta, infatti, rafforzerà la lotta a tali reati smantellando il modello criminale dei trafficanti e ridurrà la probabilità che le persone vengano sfruttate, con un impatto positivo sulla società, sui diritti fondamentali, sullo Stato di diritto e sulla sicurezza all'interno dell'UE.
  Il Governo ritiene, altresì, che la proposta sia di particolare urgenza; che le relative disposizioni siano conformi all'interesse nazionale, nella misura in cui sono intese a rafforzare la prevenzione e la repressione del fenomeno del traffico di migranti; che la proposta comporterà un onere finanziario limitato per l'Italia, peraltro compensato dall'impatto positivo delle misure sulla prevenzione e la repressione del traffico di migranti.
  L'unico elemento di criticità rilevato riguarda, come meglio si dirà, l'obbligo per gli Stati membri di raccogliere e comunicarePag. 145 dati statistici in base a nuove norme più armonizzate, che potrebbe far sorgere un ulteriore onere amministrativo in termini di possibile adeguamento dei sistemi esistenti per la registrazione dei casi e di elaborazione di tali statistiche a livello nazionale prima di trasmetterle all'UE.
  Ciò premesso, illustra sommariamente il contenuto delle disposizioni della proposta di direttiva, rinviando per i dettagli alla documentazione predisposta dall'Ufficio RUE.
  Anzitutto, l'articolo 3 impone agli Stati membri di configurare quale reato l'aiuto intenzionale prestato a un cittadino di un paese terzo affinché entri, transiti o soggiorni nel territorio di uno Stato membro in violazione della pertinente normativa dell'Unione o delle leggi dello Stato membro interessato in materia di ingresso, transito e soggiorno di cittadini di Paesi terzi qualora:

   a) la persona che pone in atto la condotta solleciti, riceva o accetti, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, o una promessa di tale vantaggio, o ponga in atto la condotta al fine di ottenere tale vantaggio oppure,

   b) vi sia un'elevata probabilità di arrecare un grave pregiudizio a una persona.

  L'articolo 4 definisce le norme minime per la configurazione dei reati aggravati. Si tratta dei casi in cui il fatto sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale, causi un danno grave o metta in pericolo la vita dei cittadini di Paesi terzi coinvolti, sia commesso con ricorso a violenze gravi; ovvero del caso in cui i migranti oggetto di traffico siano particolarmente vulnerabili, compresi i minori non accompagnati. È considerato un reato aggravato con conseguenze penali più severe il favoreggiamento che causi la morte di uno o più cittadini di Paesi terzi.
  L'articolo 5 impone agli Stati membri di configurare come reato anche le forme di istigazione, complicità, concorso e tentativo di commissione dei reati indicati nella proposta di direttiva.
  L'articolo 6 stabilisce le norme minime per la definizione delle sanzioni applicabili alle persone fisiche. In particolare, il reato di favoreggiamento e l'istigazione pubblica definiti dall'articolo 3 devono essere puniti con una pena detentiva massima non inferiore a tre anni; i reati aggravati devono essere puniti con una pena detentiva massima non inferiore a 10 anni; i reati aggravati più gravi, in particolare quelli che causano la morte di cittadini di Paesi terzi, devono essere puniti con una pena detentiva massima non inferiore a 15 anni.
  Sono inoltre stabilite le sanzioni accessorie e le misure supplementari che potrebbero essere imposte a carico di persone fisiche condannate.
  In sostanza, la proposta di direttiva chiarisce quali atti illeciti debbano configurarsi come reati. Tra questi figurano: il favoreggiamento perpetrato al fine, o con la promessa, di ricavare un vantaggio finanziario o materiale; il favoreggiamento che comporta un'elevata probabilità di arrecare grave danno a una persona, anche se perpetrato senza un vantaggio finanziario o materiale; i casi di istigazione pubblica di cittadini di Paesi terzi, ad esempio tramite internet, a entrare, transitare e soggiornare illegalmente nell'Unione europea.
  Inoltre, i livelli delle sanzioni massime di cui alla proposta di direttiva sono superiori a quelli previsti nel vigente pacchetto sul favoreggiamento (che stabilisce una pena detentiva massima non inferiore a otto anni). Il reato principale di favoreggiamento sarebbe punibile con una pena detentiva massima non inferiore a tre anni, mentre per i reati aggravati (ad esempio quelli perpetrati nel contesto della criminalità organizzata, o con ricorso a violenza grave) la pena detentiva massima sarebbe non inferiore a 10 anni e per i reati più gravi (che causano la morte) sarebbe non inferiore a 15 anni.
  Il Governo, con riferimento agli articoli da 4 a 6, nella citata relazione di cui all'articolo 6 della legge n. 234 del 2012 osserva come le fattispecie di reato introdotte, ivi incluse le ipotesi aggravate, siano già tutte contemplate dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e come Pag. 146anche le previsioni relative all'istigazione all'immigrazione clandestina siano già contenute nel codice penale. Né si ritiene possano esserci problemi in fase di trasposizione della direttiva avuto riguardo alle norme relative alle pene principali ed accessorie previste nel nostro ordinamento per le persone fisiche.
  Gli articoli 7 e 8 riguardano la responsabilità delle persone giuridiche e le norme minime in ordine alle sanzioni ad esse applicabili, qualora coinvolte nei reati contemplati dalla proposta di direttiva: si tratta di sanzioni non pecuniarie (come, ad esempio, l'esclusione dal godimento di finanziamenti pubblici, l'interdizione dall'esercizio di attività commerciali, il ritiro di permessi e concessioni o la confisca dei proventi del reato) e di sanzioni pecuniarie (commisurate ad una percentuale dal 3 per cento al 6 per cento del fatturato mondiale, in ragione della gravità del reato).
  A tale riguardo il Governo osserva che il decreto legislativo 231/2001 prevede già, quali reati presupposto, le ipotesi di reato di cui alla proposta, anche se appare verosimile un un adeguamento a livello di sanzioni principali ed accessorie a carico delle persone giuridiche.
  Gli articoli 9 e 10 delineano le circostanze aggravanti – ad esempio, se il fatto è commesso da un pubblico funzionario ovvero ha comportato il coinvolgimento dei cittadini dei Paesi terzi in attività di lavoro illegale – e attenuanti, in particolare se l'autore del reato fornisce alle autorità competenti informazioni che altrimenti esse non sarebbero state in grado di ottenere, aiutandole a identificare o a consegnare alla giustizia altri autori del reato, oppure ad acquisire elementi di prova.
  Il Governo rileva come la quasi totalità delle circostanze aggravanti indicate all'articolo 9 siano già previste dal decreto legislativo n. 286 del 1998 o dalle norme del codice penale, ad eccezione verosimilmente dell'aggravante di cui alla lett. e) (che prevede l'ipotesi in cui i cittadini di Paesi terzi oggetto del reato sono stati privati dei documenti d'identità o di viaggio). Inoltre, le circostanze attenuanti indicate dall'articolo 10 sono già previste dall'articolo 12 del citato decreto legislativo.
  L'articolo 11 stabilisce le norme minime per la definizione di un regime dei termini di prescrizione dei reati, che vanno da un minimo di almeno 7 anni per il reato base di favoreggiamento ad un periodo di almeno 15 anni per i reati aggravati a causa di morte. Gli Stati membri devono inoltre adottare le misure necessaria affinché la pena detentiva inflitta a seguito di una condanna definitiva possa essere eseguita un periodo minimo che varia dai 7 ai 15 anni a seconda della gravità del reato. Sono possibili termini derogatori più brevi a livello nazionale purché possano essere interrotti o sospesi in caso di determinati atti.
  Il Governo, nella citata relazione, non ravvisa problemi di trasposizione anche in relazione all'ipotesi meno grave punita con massimo edittale pari a 6 anni, tenuto conto degli istituti della sospensione e della interruzione che consentono, ai sensi dell'articolo 161 del codice penale, un aumento del termine della prescrizione sino a 7 anni e mezzo.
  L'articolo 12 rafforza la giurisdizione degli Stati membri, al fine di aumentare le possibilità di sanzionare obiettivi che organizzano attività di traffico di migranti, e per evitare situazioni in cui nessuno Stato sia in grado di esercitare la propria giurisdizione su casi gravi e tragici di traffico di migranti che avvengono, ad esempio, in acque internazionali.
  Pertanto, la proposta estende la giurisdizione degli Stati membri ai casi in cui il favoreggiamento dell'ingresso illegale nell'UE non giunga a buon fine e i cittadini di Paesi terzi perdano la vita: si tratta, ad esempio, del caso in cui imbarcazioni non adatte alla navigazione affondano in acque internazionali e quindi prima di raggiungere le acque territoriali di uno Stato membro o di un paese terzo. La proposta di direttiva estende inoltre la giurisdizione ai reati commessi a bordo di navi o aeromobili immatricolati in uno Stato membro o battente la sua bandiera e ai reati commessi da persone giuridiche che operano, ma che non sono necessariamente stabilite, nell'UE.Pag. 147
  Il Governo non ravvisa rilevanti criticità nella trasposizione dell'articolo 12 della proposta, alla luce delle norme contenute nel codice penale (artt. 4, 6, 7, 9 e 10) e della legislazione speciale.
  La proposta di direttiva, inoltre, impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie: per la prevenzione della commissione dei reati definiti nella presente direttiva, ad esempio attraverso campagne di informazione e di sensibilizzazione e programmi di istruzione (articolo 13); affinché le autorità nazionali competenti ad accertare, indagare, perseguire o giudicare i reati previsti dalla direttiva dispongano di personale qualificato sufficiente e di risorse finanziarie, tecniche e tecnologiche adeguate (articolo 14); affinché il personale delle autorità di contrasto e giudiziarie e il personale delle autorità incaricate delle indagini e dei procedimenti penali ricevano periodicamente una formazione specializzata, e predisporre risorse adeguate a tal fine (fatta salva l'indipendenza della magistratura, simile obbligo è imposto agli Stati membri per quanto riguarda giudici e i pubblici ministeri) (articolo 15); affinché per le indagini o l'azione penale siano disponibili strumenti investigativi efficaci e proporzionati (articolo 16).
  L'articolo 17 affronta la necessità di raccogliere in modo sistematico informazioni sulla lotta contro il favoreggiamento dell'immigrazione irregolare e di fornire dati statistici su questo reato per l'elaborazione di politiche basate su dati concreti a livello dell'UE.
  Come già accennato, con riferimento all'articolo in questione il Governo rileva una criticità, evidenziando come la disaggregazione nella raccolta di dati prevista dalla norma comporterà verosimilmente alcune modifiche nel sistema interno attualmente vigente ed un conseguente onere amministrativo.
  L'articolo 18 sostituisce, in relazione agli Stati membri vincolati dal nuovo regime, le disposizioni vigenti riguardanti la configurazione come reato del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali.
  L'articolo 19 stabilisce che gli Stati membri devono recepire la direttiva nell'ordinamento nazionale entro un anno dalla sua entrata in vigore.
  Passando all'esame dei profili relativi al rispetto dei principi sulle competenze dell'Unione, la base giuridica della proposta è individuata correttamente nell'articolo 83, paragrafo 2 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che radica la competenza dell'UE a stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale – ivi comprese la tratta degli esseri umani e la criminalità organizzata –, se il ravvicinamento delle legislazioni penali degli Stati membri risulta essenziale per garantire l'effettiva attuazione di una politica dell'Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione.
  La Commissione precisa altresì che il settore della politica comune di immigrazione, in particolare le condizioni di ingresso e soggiorno, immigrazione clandestina e soggiorno irregolare, nonché la gestione delle frontiere esterne dell'UE, è già stato oggetto di armonizzazione in virtù dell'acquis dell'Unione ed è essenziale garantirne l'efficace attuazione attraverso il ravvicinamento delle leggi e dei regolamenti penali degli Stati membri.
  Per quanto concerne il rispetto del principio di sussidiarietà, la Commissione europea qualifica anzitutto il traffico di migranti come attività criminale transfrontaliera che interessa direttamente l'Unione, le sue frontiere esterne e spesso più di uno Stato membro al contempo.
  Rileva che tale attività criminale non possa essere affrontata con successo dall'azione individuale dei singoli Stati membri, mentre l'ulteriore ravvicinamento della definizione del reato, dei livelli delle sanzioni e delle misure di prevenzione applicabili negli Stati membri può garantire un'azione più efficace nell'indagare, accertare e perseguire il traffico di migranti ed evitare forme di «forum shopping» da parte dei criminali che approfittano dei sistemi in cui le sanzioni sono meno severe.Pag. 148
  Ritiene altresì che un'azione a livello di Unione europea sia più efficace ed efficiente e rechi un tangibile valore aggiunto rispetto a un'azione intrapresa individualmente dagli Stati membri, atteso che l'intervento dell'UE produrrebbe un valore aggiunto ravvicinando ulteriormente il diritto penale degli Stati membri e contribuendo a creare parità di condizioni tra gli Stati membri.
  Con riferimento al rispetto del principio di proporzionalità, la Commissione afferma che la proposta di direttiva si limita a quanto necessario per rafforzare il quadro dell'UE in materia di prevenzione e contrasto del traffico di migranti. Sottolinea inoltre che la definizione di reati aggravati e un insieme di circostanze aggravanti e attenuanti che garantiscono la proporzionalità delle sanzioni penali, in linea con il principio di proporzionalità delle sanzioni penali sancito dall'articolo 49, paragrafo 3, della Carta europea dei diritti fondamentali.
  Conclude, infine, che in conformità dell'articolo 83, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia penale, indispensabile per garantire l'attuazione efficace di una politica dell'Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione, può essere conseguito soltanto tramite una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio adottata secondo la procedura legislativa ordinaria.
  Nella citata relazione ex articolo 6 della legge 234/2012, il Governo esprime una valutazione favorevole in ordine al rispetto del principio di attribuzione, alla base giuridica, nonché al rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.
  La proposta presenta aspetti di estrema delicatezza, incidendo profondamente sul sistema penale nazionale e richiede pertanto un adeguato approfondimento.
  Tenendo anche conto che il termine per la verifica di sussidiarietà scade il 20 marzo 2024, propone di svolgere un breve ciclo di audizioni di rappresentanti del Governo, della Polizia di Stato e di esperti della materia.

  Calogero PISANO (NM(N-C-U-I)-M), sottolinea la rilevanza dei due atti legislativi, in particolare per i territori come quello di Lampedusa, impossibilitati a fronteggiare questi grandi fenomeni che richiedono uno sforzo a livello europeo. Ogni anno, a partire dalla stagione primaverile, queste grandi ondate migratorie si ripropongono sulle spiagge siciliane.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, nessun altro chiedendo d'intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 1024/2012 e (UE) 2018/1724 per quanto riguarda determinati requisiti stabiliti dalla direttiva (UE) XXXX/XXXX.
(COM(2023) 636 final).
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce requisiti armonizzati nel mercato interno sulla trasparenza della rappresentanza d'interessi esercitata per conto di Paesi terzi e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937.
(COM(2023) 637 final).
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Stefano CANDIANI (LEGA), relatore, avverte che la XIV Commissione avvia oggi l'esame, ai fini della verifica di sussidiarietà, di due importanti e delicate proposte legislative volte a disciplinare l'attività di rappresentanza d'interessi esercitata nell'UE per conto di Paesi terzi.
  Si tratta, in particolare, di una proposta di direttiva volta a stabilire requisiti armonizzati nel mercato interno per garantire la trasparenza di tale attività e di una proposta di regolamento ad essa collegata, volta a modificare due regolamenti vigenti, relativi rispettivamente alla cooperazione Pag. 149amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno e allo sportello digitale unico per l'accesso a informazioni, procedure e servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi. Ciò al fine di adeguarli alle disposizioni previste dalla proposta di direttiva una volta che questa sarà stata adottata.
  Entrambe le proposte fanno parte del pacchetto di iniziative a difesa della democrazia europea, presentato dalla Commissione europea il 12 dicembre 2023, anche in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo del 6-9 giugno 2024.
  Tale pacchetto, oltre che le proposte di direttiva e di regolamento in esame, comprende una comunicazione sulla difesa della democrazia; una raccomandazione della Commissione relativa a processi elettorali inclusivi e resilienti nell'Unione e al rafforzamento della natura europea e dell'efficienza nello svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo; una raccomandazione della Commissione sulla promozione del coinvolgimento e della partecipazione effettiva dei cittadini e delle organizzazioni della società civile ai processi di elaborazione delle politiche pubbliche.
  Venendo ora ad illustrare la proposta di direttiva, essa ha due obiettivi generali.
  Il primo è quello di garantire il corretto funzionamento del mercato interno delle attività di rappresentanza d'interessi svolte per conto di Paesi terzi.
  Il secondo è quello di contribuire alla trasparenza e all'integrità dei processi decisionali degli Stati membri e dell'Unione, per quanto riguarda l'ingerenza di Paesi terzi, nonché alla fiducia che il pubblico vi ripone.
  Occorre sottolineare, per valutare pienamente la portata delle disposizioni proposte, che la direttiva prevede un'armonizzazione completa, il che significa che gli Stati membri, per le attività rientranti nell'ambito di applicazione della direttiva, non potranno mantenere o introdurre obblighi di trasparenza che divergano da quelle previste dalla proposta, neanche nel senso di un maggior o minore rigore, né sanzioni (amministrative) diverse nei casi di inosservanza.
  Per conseguire i due obiettivi sopra indicati, la proposta di direttiva impone agli Stati membri di: creare e gestire registri nazionali che garantiscano la trasparenza delle attività di rappresentanza d'interessi svolte da determinati soggetti e di designare le autorità responsabili di tali registri; designare autorità di controllo incaricate di vigilare sul rispetto degli obblighi stabiliti dalla direttiva e di farli eseguire; scambiare informazioni con le autorità di controllo di altri Stati membri e con la Commissione.
  Le disposizioni della proposta si dovrebbero applicare ai soggetti che esercitano la rappresentanza d'interessi per conto di Paesi terzi come servizio o attività analoghe. Le attività ausiliarie, la consulenza legale professionale, le relazioni diplomatiche sarebbero escluse, in linea di principio, ove non siano collegati a un'attività di rappresentanza d'interessi.
  Passando agli aspetti relativi al rispetto dei principi in materia di riparto di competenze previsti dai Trattati, rileva anzitutto che la base giuridica su cui si fonda la proposta è individuata all'art. 114 del TFUE, che consente di adottare misure relative al ravvicinamento legislativo regolamentare ed amministrativo degli Stati membri in materia di mercato interno.
  Ritiene opportuno segnalare delle perplessità, manifestate da diversi Paesi nelle discussioni in sede di Consiglio, sull'adeguatezza di tale base giuridica che si limita al ravvicinamento delle legislazioni per il corretto ed efficace funzionamento del mercato interno, ma non copre misure per la trasparenza volte a difendere la democrazia, che pure costituisce, o almeno dovrebbe costituire, l'obiettivo primario della proposta di direttiva. Occorre dunque verificare nel prosieguo del nostro esame se sia corretto affrontare le possibili interferenze condotte da Paesi terzi nel processo decisionale dell'UE e dei suoi Stati membri con la sola lente dell'eliminazione degli ostacoli al mercato interno.
  Per quanto riguarda la conformità al principio di sussidiarietà, la Commissione osserva correttamente che attività di rappresentanza d'interessi svolte per conto di Paesi terzi costituiscano una questione di Pag. 150natura transnazionale con implicazioni transfrontaliere e devono essere affrontate a livello dell'Unione e che l'influenza sulle decisioni e i processi politici di uno Stato membro può avere un impatto che va oltre le sue frontiere, in un altro Stato membro o a livello europeo.
  Sottolinea che la divergenza esistente tra le norme degli Stati membri in materia di rappresentanza d'interessi per conto di Paesi terzi per quanto riguarda il loro ambito di applicazione, contenuto ed effetto determina un quadro di norme nazionali la cui disomogeneità rischia di aumentare, con l'effetto di compromettere il mercato interno, creando condizioni di disparità e costi inutili per i soggetti che intendono svolgere attività di rappresentanza d'interessi per conto di Paesi terzi a livello transfrontaliero.
  Rileva inoltre che tale situazione finisce per promuovere l'arbitraggio regolamentare, finalizzato a evitare le misure in materia di trasparenza, il quale a sua volta intacca la fiducia dei cittadini nell'efficacia della regolamentazione.
  Ricorda che alcuni Stati membri stanno valutando attualmente di intraprendere iniziative legislative a livello nazionale in materia di influenze straniere che potrebbero non essere coordinate tra loro e non in linea con l'approccio proporzionato e mirato della iniziativa in esame, senza fornire inoltre un sistema completo di garanzie;
  Sulla base di tali considerazioni e in virtù del rispetto di principio di sussidiarietà, la Commissione ritiene quindi che qualsiasi azione intrapresa nell'ambito del diritto nazionale sarebbe limitata a un unico Stato membro e rischierebbe di essere aggirata o di essere difficilmente controllabile in relazione a soggetti che svolgono attività di rappresentanza d'interessi per conto di Paesi terzi da altri Stati membri.
  Senza un intervento a livello europeo, la Commissione ritiene comunque improbabile che gli Stati membri convergano su norme allineate sulle modalità di raccolta di dati comparabili relativi alle attività di rappresentanza d'interessi svolte per conto di Paesi terzi e, quindi, solo un'azione a livello di Unione può affrontare tale problematica in modo coerente in tutto il mercato interno.
  Ritiene tuttavia che presenti non poche criticità sotto il profilo della coerenza con il principio di sussidiarietà la scelta di procedere ad una armonizzazione completa. Oltre a comprimere i margini di discrezionalità degli Stati membri, essa potrebbe implicare una riduzione degli standard di trasparenza per gli Stati membri che hanno già adottato una disciplina in tal senso. Forse sarebbe preferibile un approccio volto a stabilire standard minimi e non una armonizzazione completa o, in alternativa, valutare, direttamente la creazione di un registro unico a livello europeo.
  Per quanto riguarda, invece, la conformità della proposta al principio di proporzionalità, la Commissione ritiene che le misure della proposta siano proporzionate agli obiettivi definiti e che le limitazioni dei diritti fondamentali, in particolare per quanto riguarda la libertà di associazione, siano proporzionate e limitate al minimo necessario.
  La proposta si limita, infatti, a imporre requisiti di trasparenza solo ai soggetti che svolgono servizi di rappresentanza d'interessi per conto di Paesi terzi e non intende impedire ai paesi terzi di far valere il proprio punto di vista, bensì a garantire che ciò avvenga in modo trasparente e responsabile. Inoltre, la proposta prevede l'obbligo specifico di presentare le informazioni contenute nei registri nazionali degli Stati membri in modo fattuale e neutrale e in modo tale da evitare la stigmatizzazione dei soggetti registrati. Infine, per garantire la proporzionalità delle sanzioni, la proposta prevede che esse possano essere unicamente di carattere amministrativo e al di sotto di un certo massimale, basato sulla capacità economica del soggetto, escludendo esplicitamente la possibilità di comminare sanzioni penali.
  Oltre alla perplessità sopra richiamate, relative alla non esaustività della base giuridica prescelta rispetto agli obiettivi perseguiti e all'armonizzazione piena, la proposta solleva sul piano teleologico una domanda di fondo.Pag. 151
  Essa copre necessariamente solo la rappresentanza di interessi di Stati terzi sulla base di rapporti contrattuali. Non è però chiaro quante attività di rappresentanza degli interessi si basino su tali rapporti contrattuali con Stati terzi e se coloro che attaccano le democrazie europee lavorino davvero su «base contrattuale» e non utilizzino invece altri meccanismi e canali.
  In conclusione la proposta presenta una forte rilevanza politica ed economica, oltre che giuridica, dimostrata anche dal fatto che ne hanno avviato l'esame ben 11 parlamenti o camere nazionali, e richiede un adeguato approfondimento.
  Tenendo conto che il termine per la verifica di sussidiarietà scade il 21 marzo 2024 per la proposta di direttiva e il 13 marzo 2024 per la proposta di regolamento, propone, per meglio apprezzare i contenuti richiamati, di svolgere un breve ciclo di audizioni, che coinvolga in primo luogo i rappresentanti del Governo, i portatori di interessi nonché esperti della materia.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, nessun altro chiedendo d'intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.05.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 21 febbraio 2024.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.05 alle 13.15.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 21 febbraio 2024.

Audizione informale, in videoconferenza, del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Amb. Vincenzo Celeste, nell'ambito dell'esame della relazione della Commissione europea sui lavori dei comitati nel 2022.
(COM(2023) 664 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 13.15 alle 13.45.