CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 1 febbraio 2024
244.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Giovedì 1° febbraio 2024. — Presidenza del presidente Alessandro GIGLIO VIGNA.

  La seduta comincia alle 14.15.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio su un quadro di monitoraggio per la resilienza delle foreste europee.
COM(2023) 728 final.
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, in sostituzione del relatore, on. Candiani, impossibilitato a partecipare alla seduta, segnala che la proposta di regolamento all'esame della Commissione, presentata dall'Esecutivo europeo lo scorso 22 novembre, è volta a istituire un quadro di monitoraggio delle foreste a livello dell'UE al fine di colmare le lacune della disciplina attuale che non garantirebbe la raccolta sistematica di dati affidabili.
  Preliminarmente ritiene utile riportare alcuni dati riguardanti le foreste dell'UE forniti dalla Commissione e da altre fonti qualificate. Esse si estendono per 160 milioni di ettari (circa il 4 per cento della superficie forestale mondiale), coprendo il Pag. 2239 per cento della superficie terrestre dell'UE. A livello nazionale, la copertura forestale varia considerevolmente: la Finlandia, la Svezia e la Slovenia sono coperte per circa il 60 per cento del territorio da foreste, mentre i Paesi Bassi solo per il 9,9 per cento (l'Italia per il 32 per cento).
  Diversamente da quanto avviene in numerose regioni del mondo, inoltre, in cui la deforestazione continua a costituire un grave problema, nell'UE la superficie forestale è in crescita, in particolare grazie all'espansione naturale e agli interventi di rimboschimento. Peraltro, soltanto il 4 per cento delle foreste europee non è stato modificato dall'uomo, l'8 per cento è costituito da piantagioni, mentre il resto appartiene alla categoria delle foreste «seminaturali», vale a dire modellate dall'uomo. Nella maggior parte dei casi le foreste europee appartengono a proprietari privati (circa il 60 per cento). Infine, nell'UE circa 473 mila persone lavorano nel settore forestale e del legname (-16 per cento rispetto al 2000), circa 38 mila delle quali in Italia.
  A fronte dell'oggettiva rilevanza ambientale, sociale ed economica delle foreste, la Commissione europea motiva la proposta al nostro esame, rilevando che esse sono soggette a pressioni sempre maggiori, tra cui cambiamenti climatici e attività antropiche insostenibili. Ciò minaccerebbe la capacità delle foreste di svolgere molteplici funzioni ambientali e socioeconomiche, come fungere da pozzi naturali di assorbimento del carbonio, e minano la loro resilienza. I pericoli, come gli incendi boschivi o la siccità, sono spesso causa di eventi catastrofici che si stanno intensificando e che non si fermano alle frontiere nazionali. Nel 2022, ad esempio, nell'UE sono bruciati quasi 900 mila ettari di terreno (una superficie corrispondente all'incirca alla Corsica), 71,6 mila circa dei quali in Italia.
  Secondo la Commissione europea gli attuali strumenti di monitoraggio non sono idonei a contrastare tali pericoli e pressioni. Esistono lacune in termini di tempestività e disponibilità dei dati che causano incertezze sulla loro attendibilità e ostacolano anche l'efficace prevenzione delle catastrofi o la possibilità di agire in modo rapido prendendo decisioni informate. In generale, le informazioni concernenti lo stato delle foreste nell'UE e il loro valore ecologico e socio-economico sono frammentarie e disomogenee.
  L'UE non dispone infatti di un sistema comune di raccolta dei dati forestali a lungo termine, accurati e compatibili. Tale mancanza, a giudizio della Commissione, limita la capacità degli Stati membri, dei gestori forestali e di altri portatori di interesse di prendere decisioni per combattere le minacce e di osservare le tendenze, rilevare i danni e intervenire precocemente. Inoltre manca oggi un approccio integrato che consideri le foreste come ecosistemi multifunzionali né un ciclo di pianificazione forestale che superi i 10 anni, mentre le politiche dell'UE in materia forestale adottano una visione a lungo termine e richiedono una previsione strategica basata su informazioni accurate.
  Per queste ragioni, la Commissione europea ritiene necessario l'intervento legislativo a livello UE, in assenza del quale a suo avviso si riducono le possibilità dell'UE di raggiungere gli obiettivi in materia di clima, biodiversità e bioeconomia sostenibile e circolare del Green Deal.
  Nel rinviare alla documentazione prodotta dall'Ufficio per i Rapporti con l'UE per ulteriori approfondimenti, illustra in estrema sintesi i principali contenuti della proposta al nostro esame.
  In primo luogo, si prevede l'istituzione di un sistema di monitoraggio delle foreste – gestito dall'Esecutivo europea, che sarà assistita dall'Agenzia europea dell'ambiente, e dagli Stati membri basato su 3 elementi:

   a) un sistema di mappatura e localizzazione delle unità forestali;

   b) un quadro per la raccolta di dati sulle foreste, che combina dati standardizzati, per i quali la Commissione assumerà il ruolo di guida e fornirà un servizio efficace sotto il profilo dei costi, principalmente dall'osservazione della Terra (Copernicus) e dati armonizzati, in gran parte provenienti dagli inventari forestali nazionali, comparabili in tutta Europa;

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   c) un quadro di condivisione dei dati sulle foreste che la Commissione e gli Stati membri pubblicheranno anche nel sistema di informazione forestale per l'Europa.

  In secondo luogo, la proposta è intesa a creare un quadro di governance per il coordinamento e la cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri e tra gli Stati stessi, finalizzato a migliorare la qualità, la tempestività e la copertura dei dati sulle foreste. Ciascuno Stato membro dovrà designare allo scopo un corrispondente nazionale.
  In terzo luogo, si introduce la possibilità, per gli Stati membri, di elaborare piani integrati volontari a lungo termine per le foreste o di adattare, se necessario, le proprie strategie o piani a lungo termine per le foreste esistenti alla luce degli aspetti specificati dal regolamento.
  La Commissione europea precisa che il regolamento si basa sui sistemi nazionali esistenti e non li sostituisce, bensì li integra, e non disciplina la gestione delle foreste, ma si concentra sui dati, sul monitoraggio e sulla pianificazione forestale volontaria a lungo termine. Non interferirà, quindi, con le scelte operative degli Stati membri nella gestione e pianificazione forestale.
  Evidenzia che la relazione tecnica trasmessa dal Governo sulla proposta, ai sensi dell'art. 6 della legge 234 del 2012, valuta positivamente le finalità generali della proposta nonché conformi all'interesse nazionale le disposizioni in essa contenute, in quanto perfettamente in linea con quanto si sta facendo in Italia. Nel nostro Paese è stata recentemente pubblicata la «Strategia Forestale Nazionale» e sono in fase di elaborazione il nuovo sistema informativo forestale e il nuovo inventario forestale nazionale.
  Sottolinea che la valutazione d'impatto condotta dalla Commissione comprende un'analisi costi-benefici dell'iniziativa. I benefici economici derivanti dal maggiore ricorso all'osservazione terreste sono quantificati tra 28 e 37 milioni di euro entro il 2035 per il monitoraggio della copertura arborea, a compensazione dei costi economici operativi.
  Inoltre, per effetto della disponibilità di dati e informazioni più aggiornati il processo decisionale e l'attuazione delle politiche risulterebbe agevolato mentre i gestori forestali avrebbero l'opportunità di commercializzare i servizi ecosistemici delle loro foreste, come gli assorbimenti di carbonio, sulla base di dati più attendibili e accessibili. Inoltre, il valore economico del pozzo netto di assorbimento del carbonio della zona forestale UE viene stimato in 32,8 miliardi di euro, tenendo conto che i prodotti forestali e legnosi dell'UE assorbono circa 380 Mt di CO2 equivalente all'anno.

  Migliorerebbe altresì l'individuazione precoce delle perturbazioni forestali e l'adattamento del settore forestale ai cambiamenti climatici. L'impatto dei futuri aumenti della temperatura su 32 specie arboree in Europa entro il 2100 dovrebbe ridurre del 27 per cento il valore dei terreni forestali europei a causa del previsto declino delle specie di valore economico: un intervento strategico potrebbe invece ridurre tale declino;

  Si offrirebbero opportunità di crescita e innovazione alle imprese europee, soprattutto alle PMI. In particolare, il telerilevamento nel monitoraggio delle foreste avvantaggerebbe le PMI attive nell'acquisizione ed elaborazione delle immagini satellitari, di dati e servizi legati a foreste e silvicoltura;

  Tra i benefici evidenziati nell'analisi si evidenza una maggiore fornitura sostenibile di risorse e servizi forestali economici e socio-culturali, unitamente a benefici ambientali e sociali non quantificabili ma significativi, derivanti dal processo decisionale basato su dati migliori nei settori della mitigazione dei cambiamenti climatici, della resilienza delle foreste, della lotta alla deforestazione e al disboscamento illegale.

  Vengono inoltre evidenziati vantaggi indiretti, come la riduzione degli oneri amministrativi per imprese, gestori e amministrazioni e la facilitazione dell'uso dei Pag. 24dati per la comunità scientifica, i responsabili politici, o le industrie forestali.
  Per quanto attiene ai costi, secondo la Commissione, gli Stati membri dovranno sostenere finanziariamente la transizione utilizzando anche i fondi UE disponibili, mentre le PMI non ne saranno in gran parte interessate.
  La maggior parte dei costi sarà relativa alla necessità di effettuare una raccolta regolare e sistematizzata dei dati rilevati a terra in una rete di siti di monitoraggio. Tale lavoro è attualmente svolto dagli inventari forestali nazionali con un costo medio annuo in 3 paesi campione di 42 EUR/km2 di area forestale. Il costo medio dell'armonizzazione dei dati forestali è stimato in 10 mila euro per indicatore per Stato membro.
  L'armonizzazione e la standardizzazione obbligatorie d'indicatori selezionati avrebbero un impatto economico moderato o significativo sul bilancio pubblico a seconda della situazione attuale dei singoli Stati membri. Affronteranno costi più elevati quelli in cui è necessario istituire un nuovo sistema terrestre con sufficienti posti di campionamento o dove è necessario aumentare la frequenza dell'inventario forestale nazionale.
  Gli Stati dotati di sistemi di monitoraggio meno avanzati possono ricevere il supporto del sistema UE basato su Copernicus, i cui servizi saranno forniti gratuitamente dalla Commissione.
  Al riguardo, la relazione del Governo afferma che i costi costituiscono il problema principale dell'iniziativa in quanto non sono attualmente previste risorse aggiuntive da parte dell'UE, ma la copertura finanziaria risulta totalmente a carico dei bilanci nazionali. Ritiene invece necessari fondi aggiuntivi per coprire la parte eccedente il monitoraggio «ordinario» delle foreste dei singoli Stati membri al fine di raggiungere un livello comune di base. Ritiene inoltre che per accedere a una compiuta analisi dei costi gravanti sul bilancio nazionale sia necessario attendere i futuri sviluppi negoziali.
  Passando agli aspetti relativi al rispetto dei principi in materia di riparto di competenze previsti dai Trattati, ricordo che la base giuridica su cui si fonda la proposta è correttamente costituita dall'art. 192, par. 1, del TFUE, che conferisce all'UE il diritto di intervenire al fine di perseguire gli obiettivi della politica in materia ambientale. È la stessa utilizzata per le misure intese a proteggere il patrimonio naturale degli ecosistemi forestali.
  Con riguardo alla conformità della proposta con il principio di sussidiarietà, la Commissione europea, confortata anche dalla relazione tecnica del Governo, rileva che la portata e la natura transfrontaliera dei mercati che dipendono dalle foreste e dai crescenti rischi e incertezze legati ai cambiamenti climatici richiedono il monitoraggio degli effetti delle politiche e della legislazione dell'UE e la valutazione, con maggiore precisione e tempestività, della necessità di cambiamenti delle politiche al fine di raggiungere gli obiettivi strategici. A suo avviso, salute delle foreste sono di interesse comune ed è improbabile che gli Stati membri affrontino tale situazione frammentata senza l'intervento dell'UE.
  La proposta secondo la Commissione europea risulterebbe conforme al principio di proporzionalità in quanto gli Stati membri saranno tenuti a raccogliere unicamente i dati forestali connessi alla normativa e agli obiettivi strategici dell'UE. Inoltre, il regolamento si baserà sulla condivisione di dati armonizzati provenienti da sistemi nazionali di raccolta dei dati, principalmente inventari forestali nazionali.
  In tal modo, la necessità per gli Stati membri di adattare i propri metodi di acquisizione dei dati sarà ridotta al minimo. Il regolamento non comporterebbe poi un trasferimento di poteri dagli Stati membri all'UE che vada oltre l'armonizzazione e la standardizzazione del monitoraggio necessarie.
  Richiama tuttavia, quale elemento cruciale per valutare la coerenza della proposta con il principio di proporzionalità, le preoccupazioni espresse dal Governo in merito ai costi non trascurabili che la nuova normativa comporta per gli Stati membri. Questo aspetto andrà approfondito adeguatamente nel corso del nostro esame.Pag. 25
  Sempre ai fini di un nostro approfondimento, segnala che, al fine di attuare il regolamento, alla Commissione è conferito un ampio potere di adottare atti delegati o di esecuzione (ad es. per sviluppare specifiche tecniche e disposizioni in materia di raccolta dei dati per gli indicatori aggiuntivi, compresi quelli che richiedono l'integrazione di dati rilevati a terra e mediante telerilevamento).
  Nel corso dell'esame potrebbe essere utile valutare la coerenza di tali disposizioni con le previsioni di cui agli artt. 290 e 291 TFUE che disciplinano i presupposti e l'ambito per il ricorso agli atti esecutivi e delegati.
  Ricorda infine che la relazione del Governo non considera urgenti i negoziati sulla proposta in quanto «essi devono prendere in considerazione tutte le implicazioni di carattere attuativo che il regolamento avrà nei singoli Stati membri». Osserva più nello specifico che l'iter di approvazione della proposta dovrà tenere conto del necessario tempo di metabolizzazione e analisi dei singoli Stati membri e che va assolutamente evitata una nociva «fretta attuativa» che può portare a problemi attuativi per molti Stati membri.
  Tenendo conto che il termine per la verifica di sussidiarietà scade il 1° marzo 2024, propone, per meglio apprezzare i profili richiamati, di svolgere un breve ciclo di audizioni, che coinvolga i rappresentanti del Governo, del Comando Carabinieri per la Tutela Forestale, del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA) e degli operatori del settore forestale.
  Infine, nessuno chiedendo d'intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di direttiva del Consiglio su Imprese in Europa: quadro per l'imposizione dei redditi (BEFIT).
COM(2023) 532 final.
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente e relatore, segnala che la proposta di direttiva in esame, presentata dalla Commissione europea lo scorso 12 settembre, è volta a introdurre un quadro normativo comune per l'imposizione dei redditi delle società nell'UE («BEFIT»). Tale disciplina sostituirà gli attuali 27 modi diversi di determinazione della base imponibile per i grandi gruppi imprenditoriali che hanno ricavi annui combinati di almeno 750 milioni di euro.
  Prima di illustrare il contenuto dell'iniziativa al nostro esame, ritiene necessario ricordare il contesto in cui essa si inserisce e le motivazioni che hanno spinto l'Esecutivo europeo a presentarla.
  Riguardo al contesto, ricorda che a livello internazionale ci si sta confrontando da diversi anni sulla necessità di introdurre un sistema equo di tassazione effettiva della cd. economia digitale alla luce del fatto che vi è difficoltà ad applicare nei confronti delle maggiori imprese multinazionali del web i principi ordinari della tassazione su base territoriale. Ci si è posti in particolare il problema di come adeguare le norme fiscali al fine di assicurare che le imprese paghino le tasse nel luogo in cui sono generati gli utili e il valore, in modo da evitare effetti distorsivi e perdita di gettito.
  Al termine di un lungo e articolato confronto, ad ottobre 2021, in sede OCSE/G20, si è conseguito un importante accordo su una soluzione a due pilastri per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell'economia. In particolare, il secondo pilastro cerca di contrastare il dumping fiscale, ossia lo spostamento dei profitti laddove le aliquote fiscali sono più basse o inesistenti, attraverso l'introduzione di un'aliquota minima globale (global minimum tax) pari al 15 per cento sulle società multinazionali, comprese quelle che operano nell'economia digitale, con ricavi superiori a 750 milioni di euro l'anno.
  Proprio in attuazione del secondo pilastro, è stata approvata la direttiva (UE) 2022/2523 del Consiglio, del 15 dicembre 2022, intesa a garantire nell'Unione un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese Pag. 26e i gruppi nazionali su larga scala. La direttiva stabilisce norme che garantiscono un livello minimo di tassazione pari al 15 per cento per le grandi imprese multinazionali e le grandi società nazionali. Si applica ai gruppi di multinazionali e ai gruppi nazionali di grandi dimensioni che realizzano un fatturato annuo combinato di gruppo di almeno 750 milioni di euro sulla base del bilancio consolidato. La direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento con l'adozione del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209.
  Ritiene importante sottolineare che l'UE si sta inoltre confrontando da anni con un'altra questione chiave, strettamente connessa a quella della tassazione dell'economia digitale, ossia l'esistenza, al proprio interno, di una concorrenza fiscale che rischia di diventare dannosa per quanto concerne la tassazione dei redditi di capitali e di imprese.
  Nel 2016 la Commissione aveva presentato due proposte relative a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società e a una base imponibile comune per l'imposta sulle società, ma i negoziati su di esse si sono arenati e gli Stati membri non sono riusciti a conseguire un accordo, a conferma delle storiche difficoltà negoziali in tema di tassazione delle società.
  L'iniziativa al nostro esame – ed anche in questo risiede la sua importanza – sostituisce queste proposte, che vengono pertanto ritirate.
  Passa successivamente alle motivazioni alla base della proposta. La Commissione europea sottolinea che non esistono attualmente norme comuni per calcolare il reddito imponibile delle imprese che operano nell'Unione. Di conseguenza, le imprese devono rispettare (fino a) 27 diversi sistemi fiscali nazionali, una circostanza, questa, che genera complessità nell'adempimento degli obblighi fiscali per le imprese che operano in più di uno Stato membro e porta a una concorrenza sleale per le imprese. Tutto ciò ha un effetto negativo sul funzionamento del mercato interno poiché scoraggia gli investimenti transfrontalieri e pone le imprese dell'UE in una posizione di svantaggio in termini di concorrenza rispetto alle imprese che operano in mercati di dimensioni comparabili altrove nel mondo.
  Tale situazione è diventata più evidente con la globalizzazione e la digitalizzazione dell'economia, che hanno modificato in modo significativo la percezione delle frontiere terrestri e i modelli imprenditoriali e spianato la strada al trasferimento degli utili attraverso pratiche di pianificazione fiscale. L'Unione e gli Stati membri hanno affrontato questa nuova realtà adottando diverse misure, anche contro l'evasione fiscale e l'elusione fiscale. Tuttavia le misure adottate, pur riuscendo ad affrontare questioni specifiche, hanno anche accresciuto la complessità dei sistemi fiscali con cui le imprese devono interagire e sono state spesso frammentarie, con conseguenti ulteriori distorsioni nel mercato interno.
  Per queste ragioni, la Commissione ritiene necessario l'intervento legislativo a livello europeo, in quanto è diventato più urgente per la politica fiscale dell'Unione garantire che le basi imponibili degli Stati membri siano solide, sostenibili e protette nei confronti di abusi, riducendo nel contempo la complessità del mercato interno.
  Nel rinviare alla documentazione prodotta dall'Ufficio per i Rapporti con l'UE per ulteriori approfondimenti, illustra in estrema sintesi i principali contenuti della proposta di direttiva al nostro esame. In particolare, le nuove norme prospettate dalla Commissione europea:

   a) saranno obbligatorie per i gruppi di società residenti a fini fiscali nell'UE, comprese le loro stabili organizzazioni, che appartengono a un gruppo nazionale o a una multinazionale con un fatturato annuo combinato pari o superiore a 750 milioni di euro in almeno due degli ultimi quattro esercizi fiscali e in cui l'entità controllante capogruppo (UE o extra-UE) detiene, direttamente o indirettamente, almeno il 75 per cento dei diritti di proprietà o dei diritti che danno diritto ai profitti;

   b) non si applicheranno, tuttavia, ai membri UE del gruppo che hanno ricavi combinati che non superano i 50 milioni di Pag. 27euro in almeno due degli ultimi quattro anni fiscali o che non superano il 5 per cento dei ricavi totali del gruppo se il gruppo ha sede in un paese terzo (ossia l'entità controllante capogruppo è extra-UE);

   c) saranno, invece, facoltative per i gruppi più piccoli (quindi con un fatturato annuo combinato inferiore a 750 milioni di euro), che potranno scegliere di aderire purché redigano bilanci consolidati. La Commissione ritiene che questo campo di applicazione facoltativo potrebbe essere di particolare interesse per i gruppi di PMI che operano a livello transfrontaliero, che potrebbero avere meno risorse da dedicare alla conformità con molteplici, divergenti sistemi nazionali di imposta sulle società.

  Per calcolare la base imponibile dei gruppi societari che rientrano nel campo di applicazione della proposta – e permettere così la conseguente imposizione fiscale da parte degli Stati membri –, le nuove norme stabiliscono il seguente procedimento:

   i) tutte le società membri dello stesso gruppo (il cd. «gruppo BEFIT») calcoleranno la propria base imponibile in conformità con un insieme comune di rettifiche fiscali nei propri rendiconti contabili finanziari;

   ii) le basi imponibili di tutti i membri del gruppo saranno quindi aggregate in un'unica base imponibile (la cd. «base imponibile BEFIT»). Ciò comporterà, a giudizio della Commissione, una riduzione delle perdite transfrontaliere in quanto le perdite verranno automaticamente compensate con i profitti transfrontalieri, nonché una maggiore certezza fiscale nel rispetto dei prezzi di trasferimento;

   iii) in seguito, utilizzando una formula di ripartizione transitoria, la «base imponibile BEFIT» verrà allocata ai membri del gruppo BEFIT. A ciascuno Stato membro in cui è presente il gruppo multinazionale sarà attribuita una percentuale della base imponibile aggregata, calcolata sulla media dei risultati imponibili dei tre esercizi fiscali precedenti;

   iv) ciascuno Stato membro potrà a questo punto adeguare la base imponibile assegnata in base alle proprie norme nazionali, calcolare i profitti e tassare la società in base all'aliquota nazionale dell'imposta sulle società.

  Per ciascun gruppo BEFIT vi sarà un cosiddetto «team BEFIT» che riunirà i rappresentanti di ciascuna amministrazione fiscale pertinente degli Stati membri in cui opera il gruppo.
  Per quanto concerne le operazioni con imprese associate al di fuori del gruppo BEFIT, ossia entità del gruppo che non sono situate nell'Unione o che non soddisfano la soglia di proprietà del 75 per cento, la proposta introduce norme volte a facilitare la conformità mettendo a disposizione uno strumento di valutazione dei rischi («sistema a semaforo») con parametri di riferimento.
  Sono previste norme ad hoc per alcune attività: estrattive, trasporto marittimo internazionale non coperto da un regime di imposta sul tonnellaggio, trasporto per vie navigabili interne e trasporto aereo.
  La proposta, infine, che dovrà essere approvata all'unanimità da tutti gli Stati membri in sede di Consiglio, entrerà in vigore il 1° luglio 2028.
  Evidenzia che la relazione tecnica trasmessa dal Governo sulla proposta, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 234 del 2012, sostiene che potrebbe portare ad una riduzione degli oneri amministrativi per le imprese e per le amministrazioni fiscali. Osserva inoltre che l'ampio termine per il recepimento prova il fatto che si prevedono lunghi tempi di negoziazione a più fasi, in analogia con quanto accaduto per provvedimenti simili discussi in passato. Ritiene infine che potrebbe rendersi necessario l'inserimento di nuove disposizioni ed eventuali modifiche alle norme già esistenti per rendere la disciplina domestica conforme al testo della direttiva.
  Sottolinea poi che la valutazione d'impatto condotta dalla Commissione comprendePag. 28 un'analisi costi-benefici dell'iniziativa. Tra i benefici che apporterebbe alle imprese dell'Unione, le semplificazioni introdotte hanno il potenziale di ridurre gli attuali costi di adempimento fiscale per ciascuna impresa e dovrebbero stimolare gli investimenti e la crescita e contribuire a garantire un gettito fiscale più sostenibile per gli Stati membri.
  Tuttavia, la valutazione d'impatto afferma che i costi della proposta non possono essere determinati con precisione perché la proposta BEFIT non ha un precedente e non vi sono dati dedicati che possano essere utilizzati in modo affidabile per stime concrete. Per l'attuazione delle norme comuni previste dalla proposta sono comunque previsti costi operativi continui di natura amministrativa, costi di adeguamento a breve termine (eventualmente una tantum) relativi all'aggiornamento dei sistemi informatici e alla formazione del personale delle società e delle amministrazioni fiscali per adeguarsi al nuovo sistema.
  In particolare, secondo le stime della Commissione, la riduzione dei costi di adempimento fiscale derivante dall'adozione della direttiva determinerebbe risparmi per le società compresi tra 42 e 80 milioni di euro (tra 11 e 22 milioni considerando solo i gruppi multinazionali con fatturato superiore a 750 milioni di euro). La compensazione transfrontaliera delle perdite determinerebbe, inoltre, una riduzione della base CIT nell'UE pari a 32 miliardi, equivalente allo 0,2 per cento del PIL dell'Unione e ad una riduzione del gettito CIT dell'1,7 per cento. Tale riduzione produrrebbe a sua volta un aumento dello 0,2 per cento degli investimenti, incrementando il PIL dell'UE dello 0,1 per cento nel lungo termine. Infine, la definizione di regole comuni per l'ammortamento dei beni d'impresa potrebbe determinare una variazione del gettito CIT dell'UE compresa tra –0,7 per cento e 6 per cento, nonché effetti sulla crescita del PIL compresi tra –0,3 per cento e 0,04 per cento.
  Nell'attuazione del nuovo quadro comune si prevedono anche costi di adeguamento a breve termine (una tantum) relativi all'aggiornamento dei sistemi informatici e alla formazione del personale, compresi tra 15 e 29 milioni di euro per le società e pari a 297 milioni di euro per le amministrazioni fiscali. Ulteriori costi operativi ricorrenti di natura amministrativa sono stimati tra 5 e 9 milioni di euro l'anno per le società, mentre per le amministrazioni fiscali è prevedibile una riorganizzazione delle attuali risorse, senza incorrere necessariamente in costi ricorrenti aggiuntivi.
  Al riguardo, la relazione del Governo evidenzia che per poter procedere ad una compiuta analisi degli eventuali costi gravanti sul bilancio nazionale è necessario attendere i futuri sviluppi negoziali relativi al progetto e stime d'impatto più puntuali, anche alla luce delle interazioni della normativa proposta e con le nuove regole in materia di Global Minimum Taxation. Segnala altresì che vi saranno costi iniziali per le amministrazioni finanziarie per adeguarsi al nuovo sistema e per aggiornare i sistemi informatici relativamente anche alle dichiarazioni dei redditi e costi operativi continui di natura amministrativa, come il personale addetto allo scambio di informazioni tra le amministrazioni fiscali. Per i grandi gruppi, infine, si prevedono costi di adeguamento a breve termine (una tantum) relativi all'aggiornamento dei sistemi informatici e alla formazione del personale delle società per adeguarsi al nuovo sistema.
  Passando agli aspetti relativi al rispetto dei principi in materia di riparto di competenze previsti dai Trattati, ricorda che la base giuridica su cui si fonda la proposta è correttamente costituita dall'articolo 115 del TFUE, che è di norma l'articolo alla base delle iniziative legislative in materia di tassazione. Benché esso non faccia esplicito riferimento all'imposizione diretta, rimanda all'emanazione di direttive sul ravvicinamento delle disposizioni legislative nazionali che hanno un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato unico. Da ciò ne discende anche che, ai sensi della base giuridica, la direttiva è il solo strumento ammissibile.
  La Commissione motiva la conformità della proposta con il principio di sussidiarietà in quanto, come osserva peraltro anchePag. 29 la relazione tecnica del Governo, la molteplicità di norme nazionali sull'imposta sulle società si traduce in una frammentazione e rappresenta un grave ostacolo all'attività delle imprese nel mercato interno che devono far fronte a elevati costi di adempimento fiscale e rispettare svariati quadri giuridici. Inoltre, le disparità tra gli Stati membri creano disallineamenti che possono portare a una doppia non imposizione e a vantaggi fiscali non intenzionali. Tali problemi sono comuni a tutti gli Stati membri e non possono essere affrontati efficacemente mediante azioni a livello nazionale. Questo argomento appare complessivamente condivisibile.
  La proposta secondo la Commissione risulterebbe conforme al principio di proporzionalità in quanto, come osserva la relazione tecnica del Governo le misure si limitano a quanto necessario per conseguire gli obiettivi. La proposta non prescrive la piena armonizzazione dei regimi di imposta sulle società, ma si limita a stabilire norme comuni per determinare il reddito imponibile di (grandi) gruppi di società nell'Unione. Le aliquote fiscali e le politiche di applicazione rimarranno pienamente di competenza degli Stati membri.
  Questo argomento, che a suo avviso rileva anche per la valutazione di sussidiarietà, andrà tuttavia sottoposto ad una valutazione approfondita al di fuori di ogni schema ideologico precostituito. Occorre infatti chiedersi se norme comuni limitate alla sola base imponibile siano sufficienti a ridurre la concorrenza fiscale sleale all'interno dell'Unione, che, lo sottolinea, avvantaggia Paesi ben noti, che possono rinunciare al gettito fiscale per attrarre imprese e gruppi sul loro territorio. E che quindi pregiudica Paesi come il nostro.
  La Commissione osserva, sempre in merito alla proporzionalità, che, al fine di garantire che l'iniziativa non vada oltre quanto necessario, le norme saranno facoltative per la maggior parte delle imprese, che potrebbero continuare ad applicare le norme vigenti degli Stati membri. L'ambito di applicazione obbligatorio è limitato al sottoinsieme dell'Unione dei grandi gruppi che rientrano anch'essi nell'ambito di applicazione della direttiva sul pilastro 2, fatto salvo il caso in cui un grande gruppo abbia sede al di fuori dell'Unione ma abbia un'attività limitata nel mercato interno (soglia di rilevanza). L'applicazione uniforme delle norme BEFIT a tali gruppi garantirebbe la coerenza con la direttiva sul pilastro 2.
  Prima di concludere, segnala che al fine di integrare o modificare, a seconda del caso, determinati elementi (ritenuti non essenziali dalla Commissione) della direttiva in esame, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati con riguardo alla modifica degli allegati I e II e alla definizione di norme supplementari per le imprese di assicurazione, in particolare per quanto riguarda il nuovo International Financial Reporting Standard 17 Contratti assicurativi (IFRS 17). Inoltre, allo scopo di garantire condizioni uniformi per l'attuazione e il funzionamento dei cosiddetti «team BEFIT» istituiti dalla direttiva per riunire i rappresentanti di ciascuna amministrazione fiscale pertinente degli Stati membri in cui opera il gruppo e per fissare i margini di profitto per talune operazioni di routine tra i membri del gruppo BEFIT e le loro imprese associate esterne al gruppo BEFIT, sono attribuite alla Commissione competenze di esecuzione.
  Nel corso dell'esame potrebbe essere utile valutare la coerenza di tali disposizioni con le previsioni di cui agli artt. 290 e 291 TFUE che disciplinano i presupposti e l'ambito per il ricorso agli atti esecutivi e delegati.
  Tenendo conto che il termine per la verifica di sussidiarietà scade il 16 febbraio prossimo, propone, per meglio apprezzare i contenuti richiamati, di svolgere un breve ciclo di audizioni, che coinvolga i rappresentanti del Governo e del sistema produttivo, nonché esperti della materia, come il prof. Di Tanno, che verrà ascoltato nel corso della prossima audizione informale.Pag. 30
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.25.

AUDIZIONI INFORMALI

  Giovedì 1° febbraio 2024.

Audizione informale del professor Tommaso Di Tanno, docente al Master in diritto d'impresa presso Università LUISS «Guido Carli» di Roma, nell'ambito dell'esame della proposta di direttiva del Consiglio su Imprese in Europa: quadro per l'imposizione dei redditi (BEFIT) (COM(2023) 532 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.30 alle 15.05.

AUDIZIONI INFORMALI

  Giovedì 1° febbraio 2024.

Audizione informale dell'on. Salvatore De Meo, Presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Corte di giustizia dell'Unione europea, alla Banca centrale europea, alla Corte dei conti, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni – Proposta per un organismo etico interistituzionale (COM(2023) 311 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 15.15 alle 15.40.