CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 aprile 2024
295.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 219

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 24 aprile 2024.

Audizione informale del dott. Mauro Durbano, in rappresentanza della Federazione italiana parchi e riserve naturali (Federparchi), nell'ambito dell'esame della proposta di regolamento su un quadro di monitoraggio per la resilienza delle foreste europee (COM(2023) 728 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 8.35 alle 9.

INCONTRI CON DELEGAZIONI ESTERE

  Mercoledì 24 aprile 2024.

Incontro informale con una delegazione del Parlamento danese.

  L'incontro informale si è svolto dalle 10.20 alle 11.30.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 24 aprile 2024. — Presidenza del presidente Alessandro GIGLIO VIGNA.

  La seduta comincia alle 11.40.

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
C. 1665 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Stefano CANDIANI (LEGA), relatore, ricorda che la Commissione politiche dell'Unione europea è oggi chiamata ad esprimersi sul disegno di legge d'iniziativa governativa, collegato alla manovra, recante disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, al fine di rendere il prescritto parere alla I Commissione Affari costituzionali.
  Ricorda che il provvedimento fa seguito ad un'ampia discussione sull'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che si è svolta già a partire dalla fine della XVII legislatura, a seguito delle iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel 2017.
  A seguito dell'esame in Senato, che ha apportato al disegno di legge iniziale presentato dal Governo consistenti modifiche, il provvedimento risulta composto da 11 articoli.
  L'articolo 1 anzitutto individua le finalità dell'intervento legislativo, tra cui figurano quella di rimuovere discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio; il rispetto dei princìpi di unità giuridica ed economica, di coesione economica, sociale e territoriale, nonché dei princìpi di indivisibilità e autonomia; l'attuazione del principio del decentramento amministrativo; la semplificazione e l'accelerazione delle procedure; la realizzazione di una distribuzione delle competenze idonea ad assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, nonché del principio solidaristico.
  La medesima disposizione stabilisce, poi, che l'attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme di autonomia, con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, primo comma, lettera m), della Costituzione (LEP), ivi inclusi quelli connessi alle funzioni fondamentali degli enti locali, e nel rispetto dei princìpi sanciti dall'articolo 119 della Costituzione. Tali livelli indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale.
  L'articolo 2 disciplina il procedimento di approvazione delle «intese», che la Costituzione, ai sensi dell'articolo 116, terzo Pag. 220comma, richiede per l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. In proposito, si stabilisce che l'atto di iniziativa sia preso dalla Regione interessata, sentiti gli enti locali, secondo le modalità previste nell'ambito della propria autonomia statutaria.
  L'iniziativa di ciascuna Regione può riguardare la richiesta di autonomia in una o più materie o ambiti di materie e le relative funzioni. Segue il negoziato tra il Governo e la Regione per la definizione di uno schema di intesa preliminare.
  Lo schema d'intesa preliminare tra Stato e Regioni, corredato di una relazione tecnica, è approvato dal Consiglio dei ministri: sullo stesso deve essere acquisito il parere della Conferenza unificata da rendere entro sessanta giorni. Trascorso tale termine, lo schema preliminare viene comunque trasmesso alle Camere per l'esame da parte dei competenti organi parlamentari: questi si esprimono al riguardo con atti d'indirizzo, secondo i rispettivi regolamenti, entro novanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di intesa preliminare, udito il Presidente della Giunta regionale interessata.
  Alla luce del parere e degli atti di indirizzo, il Presidente del Consiglio o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie predispongono lo schema di intesa definitivo, ove necessario al termine di un ulteriore eventuale negoziato e comunque una volta decorso il termine di novanta giorni.
  Per le fasi successive, si prevede l'approvazione dell'intesa definitiva da parte della Regione, assicurando la consultazione degli enti locali interessati, e la deliberazione da parte del Consiglio dei ministri dell'intesa definitiva e del disegno di legge di approvazione dell'intesa stessa, i quali sono immediatamente trasmessi alle Camere per la deliberazione, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, il quale configura quella in questione come una legge rinforzata, prescrivendo che ciascuna Camera la approvi a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
  Le intese devono anche indicare la loro durata (articolo 7), che non può comunque essere superiore a dieci anni. Alla scadenza del termine, l'intesa s'intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione, manifestata almeno un anno prima della scadenza.
  Con le medesime modalità previste per la loro conclusione, le intese possono essere modificate su iniziativa dello Stato o della Regione interessata, anche sulla base di atti di indirizzo adottati dalle Camere secondo i rispettivi Regolamenti. Ciascuna intesa potrà inoltre prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere.
  Inoltre, a seguito di una modifica introdotta dal Senato, la cessazione dell'intesa può essere sempre deliberata – sempre con legge a maggioranza assoluta delle Camere – in caso di esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato qualora ricorrano motivate ragioni a tutela della coesione e della solidarietà sociale, conseguenti alla mancata osservanza, direttamente imputabile alla Regione, dell'obbligo di garantire i LEP.
  Come già accennato, infatti, l'attribuzione alle Regioni ordinarie delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, nelle materie di cui all'articolo 116, comma 3, della Costituzione, è stata espressamente subordinata alla previa determinazione dei relativi LEP, la cui opera di definizione si configura, pertanto, quale passaggio necessario affinché si possa procedere alla stipula delle intese tra lo Stato e le singole regioni.
  Il principio, già sancito nella legge di bilancio per il 2023 (commi 791-801-bis della legge n. 197 del 2022), è ribadito nel disegno di legge in esame, che a tal fine, come modificato nel corso dell'esame al Senato, all'articolo 3 delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi per l'individuazione dei LEP, sulla base dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla legge di bilancio 2023, i cui schemi sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro il termine di 45 giorni.Pag. 221
  Rileva che il disegno di legge individua altresì le materie o ambiti di materie – tra quelle suscettibili di attribuzione alle Regioni in attuazione dell'autonomia differenziata ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione – in riferimento alle quali i predetti decreti legislativi provvederanno alla determinazione dei LEP.
  A tali decreti legislativi è demandata anche la determinazione delle procedure e delle modalità operative per il monitoraggio dell'effettiva garanzia in ciascuna Regione della erogazione dei LEP, in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell'utilizzo delle risorse, nonché della congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione. Si fa salvo, in ogni caso, l'esercizio del potere sostitutivo del Governo ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione. Sull'esito delle procedure di monitoraggio, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie trasmette una relazione annuale alle Camere.
  Si prevede, altresì, l'aggiornamento periodico dei LEP con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in coerenza con e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, anche al fine di tenere conto della necessità di adeguamenti tecnici conseguenti al mutamento del contesto socioeconomico o dell'evoluzione della tecnologia.
  Il disegno di legge prevede che il trasferimento delle funzioni attinenti a materie o ad ambiti di materie riferibili ai LEP (articolo 4), con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, può avvenire soltanto successivamente alla determinazione dei medesimi LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard (articolo 3), nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Qualora dalla determinazione dei LEP dovessero derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, al trasferimento delle funzioni si potrà procedere soltanto successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle necessarie risorse finanziarie.
  Per le funzioni relative a materie o ambiti di materie diverse da quelle riferibili ai LEP, il trasferimento può essere effettuato nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente.
  Ricorda che le funzioni trasferite alla regione possono essere attribuite, nel rispetto del principio di leale collaborazione, a Comuni, Province e Città metropolitane dalla medesima Regione, in conformità all'articolo 118 della Costituzione, contestualmente alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie (articolo 6).
  Per l'individuazione dei beni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l'esercizio da parte della Regione delle condizioni particolari di autonomia oggetto di conferimento si dispone l'istituzione di una Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali, che ha il compito di formulare proposte in merito. I criteri di determinazione di tali beni e risorse, così come le modalità di finanziamento delle funzioni, dovranno essere definiti nell'ambito dell'intesa tra Stato e regione. Il finanziamento dovrà, comunque, essere basato sulla compartecipazione regionale a uno o più tributi erariali (articolo 5). Alla Commissione sono attribuiti anche compiti di monitoraggio.
  Secondo l'articolo 8, spetta alla Corte dei Conti riferire annualmente alle Camere sui controlli effettuati, con riferimento in particolare alla verifica della congruità degli oneri finanziari conseguenti al trasferimento di competenze nell'ambito del regionalismo differenziato rispetto agli obiettivi di finanza pubblica e al rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
  L'articolo 9 reca la clausola d'invarianza finanziaria con riferimento all'attuazione del medesimo disegno di legge e di ciascuna intesa che ne derivi. Dispone che il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard è attuato nel rispetto delle norme vigenti in materia di copertura finanziaria delle leggi e degli equilibri di bilancio, nonché garantisce, per le singole Regioni che non siano parte delle intese, l'invarianza finanziaria nonché il finanziamento delle iniziative finalizzate ad attuare le previsioni di cui all'articolo Pag. 222119, terzo, quinto e sesto comma, della Costituzione.
  In particolare, viene in rilievo la previsione di cui al comma 4, introdotta dal Senato, che mantiene ferma, al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, la possibilità di prevedere, anche per le Regioni che hanno sottoscritto le intese, ai sensi dell'articolo 2, il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, tenendo conto delle vigenti regole di bilancio e delle relative procedure, nonché di quelle conseguenti al processo di riforma del quadro della governance economica avviato dalle istituzioni dell'Unione europea.
  Al contempo, il provvedimento stabilisce che lo Stato adotti misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione, della solidarietà sociale individuando anche alcune fonti per le relative risorse, precisando che trova comunque applicazione la normativa volta ad assicurare l'autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario attraverso la cosiddetta fiscalizzazione dei trasferimenti statali, anche nel quadro dell'attuazione della milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) relativa alla Riforma del quadro fiscale subnazionale (articolo 10).
  All'articolo 11 si prevede infine che la legge trovi applicazione nei confronti delle Regioni che abbiano già avviato il negoziato per il riconoscimento dell'autonomia differenziata, nonché alle Regioni a statuto speciale e le province autonome ai sensi dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 di riforma del Titolo V, che riconosce a tali enti territoriali forme di maggiore autonomia previste da tale legge.
  Venendo ad alcune riflessioni più strettamente attinenti agli ambiti di competenza della XIV Commissione, evidenzia in primo luogo che, sul piano istituzionale, autonomia e differenziazione sono due concetti inscindibilmente connessi.
  La ragion d'essere dell'autonomia regionale, intesa come la capacità di una Regione di provvedere alla cura degli interessi della propria comunità, è infatti quella di adeguare il trattamento giuridico di questi interessi alle caratteristiche del suo territorio e dunque di fare emergere ciò che la distingue dalle altre Regioni, ovviamente all'interno della cornice unitaria della Repubblica. L'impianto complessivo del disegno di legge è quindi pienamente coerente con questa visione poiché, da questo punto di vista, l'autonomia porta con sé la differenziazione e questa, a ben vedere, è lo scopo stesso dell'autonomia.
  La differenziazione, poi, è legata all'idea di sussidiarietà, sia perché l'articolo 118 della Costituzione richiama entrambi i princìpi (oltre a quello di adeguatezza) ai fini dell'allocazione delle funzioni amministrative tra i diversi livelli di governo; sia perché, ove correttamente applicato, il principio di sussidiarietà porta alla formazione di sistemi amministrativi regionali differenziati proprio in virtù della diversa distribuzione delle funzioni tra Regione ed enti locali.
  La prospettiva della differenziazione è già iscritta nel Titolo V, anzi ne informa intimamente la logica, che è quella di rafforzare l'autonomia regionale e locale, sviluppando appieno le potenzialità dell'articolo 5 della Costituzione secondo il quale «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie», per dare vita ad un sistema di autonomie più forti rispetto al passato, ma anche più responsabili, che siano in grado di offrire una risposta migliore ai bisogni dei propri cittadini, realizzare una più piena attuazione dei loro diritti fondamentali, valorizzare al meglio le specificità dei territori in cui essi vivono.
  Più autonomia significa quindi più democrazia: la Regione, infatti, è uno strumento che serve a consolidare il tessuto democratico del Paese diffondendo la partecipazione sul territorio, perché è espressione dell'autogoverno di comunità che su quel territorio sono stanziate e che affidano ad istituzioni rappresentative la cura dei loro interessi.
  Richiama un grande maestro del diritto amministrativo, Feliciano Benvenuti, secondo il quale la Regione va concepita non tanto «come efficienza amministrativa, ma come efficienza democratica».
  Il disegno di legge esame si colloca puntualmente all'interno di questa cornice politica,Pag. 223 giuridica e culturale poiché, garantendo un maggiore grado di differenziazione, implica una garanzia più intensa sul piano dell'eguaglianza dei diritti e della coesione territoriale.
  È in questo scenario, allora, che si deve collocare la riflessione intorno al regionalismo differenziato, giacché una maggiore autonomia implica, inevitabilmente, un maggior grado di differenziazione e richiede, pertanto, di garantire in maniera ancor più intensa l'eguaglianza dei diritti e la coesione territoriale
  Al tempo stesso, si dice convinto che il disegno di legge, proprio perché orientato nella direzione di una maggiore «efficienza democratica» possa costituire uno strumento idoneo a ridare slancio al controverso regionalismo italiano e, al tempo stesso, al progetto dell'Europa delle Regioni.
  L'Europa delle Regioni, quindi, non deve essere intesa in un senso disgregante, volto alla eccessiva frammentazione della società e alla sua regressione a forme di convivenza che favoriscano il tribalismo o la chiusura nel particolare. Al contrario, realizzare un'Europa delle regioni significa applicare il principio di sussidiarietà, a livello sia nazionale che sovranazionale, in vista della riduzione del deficit democratico delle istituzioni dell'UE.
  In altre parole, fare delle Regioni un interlocutore stabile dell'UE – al fianco dello Stato – può consentire di giungere a un duplice risultato: quello di aumentare la coesione europea e quello di migliorare la legittimazione democratica entro un quadro di governance multilivello che ben si rapporta con un mondo plurale.
  Il disegno di legge Calderoli declina coerentemente il principio di sussidiarietà, compattando la governance multilivello a partire dal basso ed apre nuove strade d'interlocuzione tra esigenze specifiche dei territori e istituzioni europee, a trattati invariati.
  Assumere l'ottica regionale come punto di partenza consente d'individuare con maggior facilità i problemi e di definire le possibili soluzioni mantenendo un approccio concreto. Guardare alle realtà territoriali significa sondare il cuore pulsante delle diseguaglianze e promuovere la coesione quale fattore di ricomposizione dello spazio europeo.
  Le contraddizioni dei territori, indubitabilmente presenti, sono però racchiuse entro linee di coerenza che rendono l'azione in potenza più semplice: il regionalismo differenziato, saldandosi alle politiche europee, potrà contribuire all'armonioso sviluppo di una nuova solidarietà transnazionale in quanto capace di rafforzare cooperazione e dialogo tra le autorità dei diversi livelli di governance.
  Spostando il punto di vista prospettico sul versante europeo, occorre riconoscere che oggi il processo d'integrazione europea rimane centrale nonostante i problemi funzionali ed istituzionali che sono emersi in particolar modo dopo la crisi pandemica e lo scoppio della guerra russo-ucraina. Allo stesso momento il sistema europeo è da sempre improntato a un pluralismo naturale che è stato nel tempo organizzato ma non reso sufficientemente regolare e prevedibile.
  Si pensi, a titolo esemplificativo, ai fondi strutturali: se è vero che i fondi hanno sostenuto gli investimenti pubblici in molti Paesi impedendo il totale collasso della spesa pubblica, è altresì vero che il nostro Paese ha evidenziato costantemente gravi limiti nella capacità progettuale e di programmazione.
  In un simile contesto fa presente che la protezione degli interessi nazionali passa attraverso il regionalismo e il riconoscimento delle autonomie, che diventano l'assetto istituzionale più idoneo allo scopo.
  Al tempo stesso, una maggiore autonomia normativa e amministrativa, quale quella delineata dal disegno di legge, è fondamentale per la gestione della fitta trama di relazioni macro-regionali che travalicano le singole Regioni. Urge infatti un coinvolgimento più serrato delle Regioni, atteso che il panorama di politiche territoriali europee spazia dalle politiche regionali di coesione, a quelle di competitività per i territori, fino a quelle che riguardano le cosiddette aree macroregionali.
  Ricorda che trascurare la potenziale capacità delle Regioni, legittimate democraticamente,Pag. 224 di giocare un ruolo ancora più incisivo nel collegamento tra diversi livelli di governo, rischia di allargare ulteriormente il vuoto istituzionale tra cittadini e UE. In un periodo storico e politico in cui la riforma della governance europea appare tanto necessaria quanto impraticabile, spinte di cambiamento dal basso giovano al movimento di costruzione dell'Europa.
  Il recente rapporto Letta sul Mercato unico ha il merito di portare all'attenzione dell'opinione pubblica europea il tema della competitività dell'Unione nell'economia globale: si tratta di un tema che, nel nostro Paese, incrocia necessariamente quello del regionalismo differenziato.
  Il rafforzamento della competitività europea non si realizza attraverso un approccio centralistico, ma nasce da una visione autonomistica e sussidiaria che è la stessa sottesa al disegno di legge.
  Nel contesto dei profondi cambiamenti degli ultimi anni e della overegulation che ne è seguita, incentrata sulla preferenza per lo strumento del regolamento, rileva che sono proprio le Regioni e le autonomie infraregionali a rivendicare un metodo della legislazione europea più flessibile, per assicurare un'attuazione più agile delle riforme portate avanti nel corso di questa legislatura europea, in maniera rispettosa delle identità e dei livelli di governo sub-statali: si sono assunte testimonianze sia nelle sedi della cooperazione interparlamentare, da Stoccolma a Bruxelles, sia nei numerosi cicli conoscitivi che caratterizzano l'attività della XIV Commissione in questa legislatura.
  Le intese dell'articolo 116, comma terzo, disciplinate proceduralmente da questo provvedimento, possono allora fornire un contributo volto a rivitalizzare la territorializzazione delle politiche e a creare un movimento di governance europeo in linea con i bisogni della contemporaneità.
  Fondamentale, e non eventuale, è l'istituzionalizzazione delle pratiche di governance: a questo proposito è da salutare con favore la necessità dell'approvazione parlamentare delle intese. In un nuovo quadro di governance lo Stato non è chiamato a rinunciare al proprio ruolo: al contrario, la sua funzione dovrà essere sempre più quella di garantire l'uguaglianza tra i cittadini.
  In effetti, il connubio tra articolo 5 e Titolo V suggerisce un'unità policentrica che non smentisce e, anzi, corrobora l'idea di un'Europa collegata in modo diretto alle Regioni, espressione del principio di sussidiarietà e del principio autonomistico.
  Sottolinea che è importante che le Regioni nel loro nuovo ruolo d'interlocuzione con l'Unione europea, reso possibile dal disegno di legge Calderoli, possano fare valere un approccio di adozione graduale e ragionata di nuovi standard regolatori, in coerenza con le diverse realtà e contesti nazionali, nonché alle aspettative degli stakeholder, inteso a ridurre gli oneri amministrativi che spesso cadono su questi ultimi.
  Nel complesso evidenzia che non si ravvisano profili di contrasto tra la disciplina contenuta nell'intervento normativo proposto e l'ordinamento europeo e che tale disciplina è da ritenersi idonea ad assicurare che le determinazioni che saranno caso per caso assunte ai fini della definizione di nuovi assetti nella distribuzione delle funzioni amministrative tra i livelli territoriali di governo non pongano in discussione la necessaria conformità delle stesse ai princìpi ed alle regole dell'ordinamento dell'Unione.
  Occorre altresì rimarcare che il disegno di legge presenta una coerenza generale con il principio di sussidiarietà cosiddetta verticale, di derivazione europea, tanto con riferimento alle specifiche scelte di ridistribuzione delle funzioni che ciascuna intesa è chiamata a inverare, quanto negli aspetti che vi si accompagnano;
  In considerazione di ciò, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, avverte che è stata presentata una proposta di parere alternativo da parte del Gruppo M5S (vedi allegato 2). Valutato il diverso tenore della parte conclusiva dei due documenti, avverte che in caso di approvazione del parere formulato dal relatore, la proposta di parere alternativo presentata dalla collega Scutellà non sarà posto in Pag. 225votazione e sarà comunque pubblicato in allegato al resoconto odierno. Dà quindi la parola alla deputata Scutellà per la sua illustrazione.

  Elisa SCUTELLÀ, (M5S) illustrare la proposta di parere.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale. C. 1691 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, in sostituzione della relatrice, deputata Rossello, avverte che la Commissione politiche dell'Unione europea è oggi chiamata ad avviare l'esame del disegno di legge di iniziativa governativa recante l'istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale
  Il provvedimento, approvato dal Senato il 31 gennaio 2024, si compone di 4 articoli.
  Ricorda preliminarmente che il disegno di legge originario (AS 924) era stato inserito nella Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2023 (Doc. LVII, n. 1-bis) tra i provvedimenti collegati alla decisione di bilancio, a completamento della manovra di bilancio 2024-2026 e che, come chiarito dalla relazione illustrativa originaria, l'istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale si collega alla riforma degli istituti tecnici e professionali prevista dal PNRR (Missione 4, Componente 1 – Riforma 1.1), a cura del Ministero dell'istruzione e del merito.
  Tale istituzione è volta a potenziare l'offerta dei servizi di istruzione, in una logica complessiva di riordino dei percorsi formativi tecnici e professionali rispetto alle nuove necessità socio-economiche, incentrato sulla connessione fra istruzione, formazione e lavoro e sulla valorizzazione delle esigenze dei territori. Alla sopra citata riforma è stata data attuazione con il decreto-legge n. 144 del 2022, che
  L'articolo 1 reca l'istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale.
  Il comma 1, inserisce con una novella, nella sezione III del capo III del decreto-legge n. 144 del 2022 , il nuovo articolo 25-bis, rubricato: «Misure per lo sviluppo della filiera formativa tecnologico-professionale», composto di 9 commi.
  Il comma 1 del nuovo articolo 25-bis del decreto-legge n. 144 del 2022 prevede l'istituzione, a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2024/2025, della filiera formativa tecnologico; ciò al fine di rispondere alle esigenze educative, culturali e professionali delle giovani generazioni e alle esigenze del settore produttivo nazionale secondo gli obiettivi del Piano nazionale «Industria 4.0».
  Il comma 2 del medesimo articolo 25-bis dispone che, nell'ambito della filiera formativa tecnologico-professionale di cui sopra, siano attivati percorsi quadriennali sperimentali di istruzione secondaria di secondo grado, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 (in materia di iniziative finalizzate all'innovazione da parte delle istituzioni scolastiche), e nel rispetto delle funzioni delle regioni ai sensi dell'articolo 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998 (comma 1, lettera a), in materia di programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale.
  Ai sensi del comma 3 del nuovo articolo 25-bis, le Regioni e gli Uffici scolastici regionali, ferme restando le funzioni delle regioni in materia di programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, possono stipulare accordi, nell'ambito della filiera formativa tecnologico-professionale di cui sopra, volti ad integrare e ampliare l'offerta formativa dei percorsi sperimentali di cui al precedente comma 2 e dei percorsi di istruzione e formazione professionale, in funzione delle esigenze specifiche dei territori.
  Il comma 4 elenca le ipotesi in cui gli studenti che abbiano conseguito il diploma Pag. 226professionale al termine dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 17, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 226 del 2005 (ossia percorsi di durata almeno quadriennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale) possono accedere ai percorsi formativi degli ITS Academy, in deroga a quanto previsto all'articolo 1, comma 2, della legge n. 99 del 2022.
  Il comma 5 prevede che i soggetti che hanno concluso i sopra citati percorsi quadriennali, validati ai sensi del precedente comma 4, lettera b), possono sostenere l'esame di Stato presso l'istituto professionale, statale o paritario, assegnato dall'ufficio scolastico regionale territorialmente competente, in deroga al sostenimento dell'esame preliminare di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo n. 62 del 2017 (per l'ammissione dei candidati esterni), e alla previa frequenza dell'apposito corso annuale di cui all'articolo 15, comma 6, del più volte citato decreto legislativo n. 226 del 2005.
  I commi 6 e 7 del medesimo articolo 25-bis dispongono, ferme restando le competenze delle regioni in materia di istruzione e formazione professionale, con riferimento alle sperimentazioni di cui al precedente comma 2 e agli accordi di cui al comma 3.
  Il comma 8 statuisce che con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali e dell'università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono definiti i criteri di stipula degli accordi, le modalità di adesione alle reti di cui al precedente comma 3 e le relative condizioni di avvio, nonché le modalità di integrazione e di ampliamento dell'offerta formativa di cui agli accordi del medesimo comma 3 e le relative attività di monitoraggio e valutazione.
  L'articolo 2 del disegno di legge in esame regola l'istituzione, presso il Ministero dell'istruzione e del merito, di una struttura tecnica di missione di livello dirigenziale generale, denominata «Struttura tecnica per la promozione della filiera formativa tecnologico-professionale». Il comma 1 descrive le specifiche funzioni assegnate alla stessa struttura. Il comma 2 individua il personale da preporre alla già menzionata struttura.
  L'articolo 3 del disegno di legge in esame disciplina il Comitato di monitoraggio nazionale per la filiera formativa tecnologico-professionale. Il comma 2, in particolare, disciplina la composizione e le competenze del suddetto Comitato.
  L'articolo 4 reca ulteriori misure per la promozione della filiera formativa tecnologico-professionale. In particolare, ai sensi del comma 1, si prevede che, al fine di promuovere l'istituzione dei citati campus di cui al nuovo articolo 25-bis, comma 3, del decreto-legge n. 144 del 2022, sia istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito, il «Fondo per la promozione dei campus della filiera formativa tecnologico-professionale» con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2024 e 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026. Il comma 2 dispone, infine, che, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previo parere della Conferenza unificata, siano stabiliti i criteri di valutazione delle proposte progettuali di cui sopra, ai fini del successivo riparto.
  Propone conclusivamente la presentazione di una proposta favorevole dal momento che il provvedimento non solo non evidenzia profili d'incompatibilità con l'ordinamento europea, ma al contrario è pienamente coerente con le iniziative adottate a livello dell'UE per fare fronte a una carenza di qualifiche nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (vedi allegato 3).

  La Commissione approva la proposta di parere presentata.

  La seduta termina alle 12.20.

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ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 24 aprile 2024. — Presidenza del presidente Alessandro GIGLIO VIGNA.

  La seduta comincia alle 12.20.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al controllo degli investimenti esteri nell'Unione, che abroga il regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio. COM(2024) 23 final.
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Seguito dell'esame e conclusione – Valutazione di conformità).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 21 marzo scorso.

  Fabio PIETRELLA (FDI), relatore, illustra i contenuti della proposta di documento che valuta conforme al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di documento formulata dal relatore (vedi allegato 4).

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e il materiale pedopornografico, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (rifusione). COM (2024) 60 final.
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, in sostituzione dell'on. Giordano, impossibilitato a prendere parte alla seduta, segnala che inizia oggi l'esame della proposta di direttiva relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e il materiale pedopornografico.
  Sottolinea che si tratta di una revisione mirata (secondo la tecnica della rifusione) dell'attuale direttiva 2011/93/UE con la quale l'Unione europea ha già regolato una serie di fattispecie penali relative ad un'ampia gamma di situazioni di abuso e sfruttamento sessuale.
  Il tema è particolarmente sentito dalla Commissione europea, che già nel 2020 aveva sottolineato la necessità di valutare se il vigente quadro giuridico in materia fosse ancora adatto allo scopo alla luce dei mutamenti sociali e tecnologici dell'ultimo decennio. L'iniziativa è del resto inserita in un contesto più ampio di politica di protezione dei minori, considerato che andrebbe ad affiancare, tra l'altro, un nuovo regolamento, in fase avanzata di approvazione legislativa, recante norme per la prevenzione e la lotta contro l'abuso sessuale su minori.
  Alla base delle preoccupazioni che hanno indotto la Commissione a rafforzare la politica di contrasto a tale fenomeno criminale vi sono alcuni studi di Istituzioni internazionali che rivelano come i reati di questo tipo siano in crescita. In particolare, secondo i dati diffusi dal Consiglio d'Europa, almeno un bambino su cinque è stato vittima di una forma di violenza sessuale durante l'infanzia. Inoltre, in base alle Indagini delle Nazioni Unite sulle tendenze della criminalità e sul funzionamento dei sistemi di giustizia penale, dal 2014 al 2019 i reati di abuso e sfruttamento sessuali di minori nell'UE sono quasi raddoppiati.
  La Commissione, prima di presentare la proposta, ha svolto un'ampia consultazione. Molti portatori di interessi hanno rivolto un invito a rivedere il quadro, confermando che i minori risultano danneggiati dalle attuali lacune nella definizione dei reati, anche con riferimento alle tendenze emergenti, rese possibili o agevolate dallo sviluppo tecnologico e dalla maggiore presenza online sia dei minori che degli autori dei reati, soprattutto dopo la pandemia di COVID-19.
  L'Esecutivo europeo ha individuato molteplici argomenti per giustificare l'interventoPag. 228 di riforma della direttiva vigente. Anzitutto, come accennato, l'aumento della presenza dei minori online e gli ultimi sviluppi tecnologici, come l'enorme diffusione delle trasmissioni in streaming e delle realtà virtuali, creano nuove opportunità di abuso, in quanto i minori sono spesso contattati online o gli abusi sessuali sono trasmessi in diretta sotto forma di servizio fornito su ordinazione; la diversità dei quadri giuridici in vigore negli Stati membri in materia di indagini e azione penale non permettono di combattere efficacemente l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori, specialmente per quanto riguarda la dimensione online; le azioni di prevenzione degli abusi sessuali sui minori e di assistenza alle vittime sono ancora limitate e di scarsa efficacia, e il coordinamento dei portatori di interessi rimane insufficiente.
  Richiama le principali misure previste dalla proposta di direttiva che comprendono, in estrema sintesi:

   l'ampliamento della definizione dei reati connessi all'abuso sessuale su minori, che includerebbe, tra l'altro, la trasmissione in diretta streaming di abusi sessuali su minori e il possesso e lo scambio di manuali per pedofili, il materiale pedopornografico nei deepfake o generato dall'intelligenza artificiale;

   il rafforzamento dell'azione penale, della prevenzione e del sostegno alle vittime, attraverso profili di inasprimento delle sanzioni;

   l'ampliamento del periodo di tempo (intervenendo sui termini di prescrizione) durante il quale le vittime possono denunciare gli abusi sessuali subiti e intentare un'azione contro gli autori del reato;

   la garanzia alle vittime del diritto a un risarcimento finanziario dei danni causati dagli abusi subiti;

   un meccanismo di coordinamento per sfruttare al meglio i programmi disponibili in materia di prevenzione e assistenza alle vittime;

   il miglioramento della prevenzione, tramite la richiesta agli Stati membri di incrementare gli investimenti nella sensibilizzazione, in particolare, per quanto riguarda i rischi online, per garantire un internet migliore e più sicuro per i minori;

   nelle selezioni di personale per le attività che comportano uno stretto contatto con i minori e le organizzazioni attive contro gli abusi sessuali sui minori, è obbligatorio richiedere il casellario giudiziario dei candidati;

   diventa infine obbligatorio segnalare il reato almeno per i professionisti che lavorano a stretto contatto con i minori.

  Passa successivamente ad illustrare le principali disposizioni della proposta di direttiva, rinviando per i dettagli al dossier predisposto dagli Uffici.
  Dopo l'articolo 1, recante il già indicato oggetto della nuova normativa, l'articolo 2 reca talune modifiche all'apparato delle definizioni di riferimento della disciplina, in particolare, sostituendo l'espressione «pedopornografia minorile» con la seguente: «materiale pedopornografico», concetto nel quale devono includersi tutte le immagini, riproduzioni o rappresentazioni realistiche di un minore in atteggiamenti sessuali espliciti o degli organi sessuali di un minore, per scopi prevalentemente sessuali.
  Il medesimo articolo riconduce al concetto di materiale pedopornografico qualsiasi materiale, di qualsiasi forma, destinato a fornire consigli, orientamenti o istruzioni su come commettere abuso o sfruttamento sessuale di minori o adescamento di minori.
  L'articolo 3 definisce i reati di abuso sessuale e le corrispondenti sanzioni penali, inasprendole parzialmente – come precisato dalla Commissione – per garantire la coerenza con il livello previsto per reati analoghi dalla proposta sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.
  In particolare è innovato il paragrafo 4, in base al quale chiunque compie atti sessuali con un minore che non ha raggiunto Pag. 229l'età del consenso sessuale o induce il minore a compiere atti sessuali con un'altra persona è punito con una pena detentiva massima di almeno otto anni. Inoltre il nuovo paragrafo 5 incide sul livello delle sanzioni di talune fattispecie più gravi, prevedendo che chiunque compie atti sessuali con un minore e, a tal fine:

   a) abusa di una posizione riconosciuta di fiducia, autorità o influenza sul minore, è punito con una pena detentiva massima di almeno dieci anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno sei anni, se il minore ha raggiunto tale età;

   b) abusa della situazione di particolare vulnerabilità del minore, dovuta soprattutto a disabilità fisica o psichica o a uno stato di dipendenza, è punito con pena detentiva massima di almeno dieci anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno sei anni, se il minore ha raggiunto tale età; oppure

   c) fa uso di coercizione, forza o minaccia, è punito con una pena detentiva massima di almeno dodici anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno sette anni, se il minore ha raggiunto tale età.
   Analoga modifica riguarda il paragrafo 6, ai sensi del quale chiunque costringe, con l'uso di violenza o minacce, un minore a compiere atti sessuali con un terzo è punito con una pena detentiva massima di almeno dodici anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno sette anni, se il minore ha raggiunto tale età.
   Sono infine introdotti i nuovi paragrafi 7, 8, e 9. In, particolare, ai sensi del paragrafo 7 sono punite con una pena detentiva massima di almeno dodici anni le seguenti condotte intenzionali:

   a) compiere con un minore che non ha raggiunto l'età del consenso sessuale atti di penetrazione vaginale, anale o orale di natura sessuale, con qualsiasi parte del corpo o con un oggetto;

   b) indurre un minore che non ha raggiunto l'età del consenso sessuale a compiere con un terzo atti di penetrazione vaginale, anale o orale di natura sessuale, con qualsiasi parte del corpo o con un oggetto.
   Ai sensi del paragrafo 8, le medesime condotte, se il minore ha raggiunto l'età del consenso sessuale e non acconsente all'atto, sono punite con una pena detentiva massima di almeno 12 anni.
   Infine, il nuovo paragrafo 9 chiarisce il concetto di atto non consensuale, da intendersi come un atto compiuto senza che il minore esprima volontariamente il suo consenso, quale libera manifestazione della sua volontà, valutata tenendo conto della situazione e del contesto, o senza che il minore sia in grado di esprimere una libera volontà a causa delle circostanze aggravanti o di altre circostanze, tra cui condizioni fisiche o mentali quali lo stato di incoscienza o di ebbrezza, l'essere paralizzato dalla paura, malato o fisicamente leso.
   La disposizione precisa che il consenso può essere revocato in qualsiasi momento prima o durante l'atto, e che l'assenza di consenso non può essere contestata sulla sola base del silenzio del minore, dell'assenza di resistenza verbale o fisica o del suo comportamento sessuale passato.
   L'articolo 4, sui reati di sfruttamento sessuale, prevede che la pena detentiva massima per chi compie atti sessuali con un minore ricorrendo allo sfruttamento a fini di prostituzione sia portata ad almeno otto anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e a quattro anni se il minore ha raggiunto tale età.
   L'articolo 5 interviene nel regime delle fattispecie giustificate relative a condotte normalmente rientranti nelle fattispecie di reati concernenti materiale pedopornografico.
   Le modifiche all'articolo 6 stabiliscono che tutte le forme di adescamento online, compreso quello mirato a commettere reati di abuso e sfruttamento sessuale Pag. 230di minori in un contesto online, siano configurate come reato negli Stati membri, mantenendo il livello sanzionatorio di un anno nei casi semplici e di due anni se è fatto uso di coercizione, forza o minacce.
   La medesima disposizione punisce con una pena detentiva massima di almeno 6 mesi (un anno se è fatto uso di coercizione, forza o minacce) il tentativo per mezzo di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, di commettere i reati di materiale pedopornografico più lievi, da parte di un adulto il quale adeschi un minore per fornire materiale pedopornografico. Infine, obbliga gli Stati membri a punire con una pena detentiva massima di almeno sei mesi (un anno in caso di uso di coercizione, forza e minacce) il tentativo a mezzo di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, di commettere i reati di sfruttamento sessuale da parte di un adulto il quale induca un minore a partecipare a spettacoli di abusi sessuali su minori e allo sfruttamento di minori a fini di prostituzione.
   Il nuovo articolo 7 obbliga gli Stati membri a punire con una pena detentiva massima di almeno tre anni l'adescamento a fini di abuso sessuale, intesa come la promessa intenzionale o la dazione di denaro, o altre forme di vantaggi o utilità, per indurre una persona a commettere: i reati di abuso sessuale che prevedano la commissione di atti sessuali su un minore, la costrizione del minore a commetterli con un terzo, e le condotte concernenti gli atti di penetrazione, nonché l'induzione e la costrizione alla partecipazione a spettacoli di abusi sessuali su minori e la produzione di materiale pedopornografico.
   Il nuovo articolo 8 configura come reato la gestione di un servizio online al fine di consentire o incoraggiare la commissione dei reati disciplinati dalla direttiva. Gli Stati membri devono prevedere per questa fattispecie una pena detentiva massima di almeno un anno.
   Con il nuovo articolo 10, la proposta intende chiarire l'attuale regime sugli atti sessuali consensuali tra coetanei per i quali è lasciata agli Stati membri una sfera di discrezionalità.
   L'articolo 11 riproduce, con talune varianti, il regime attuale in materia di circostanze aggravanti, delineando peraltro le seguenti: il reato è stato reiterato; il reato è stato commesso con l'uso di un'arma o con la minaccia di usare un'arma; oppure il reato è stato commesso inducendo la vittima ad assumere o utilizzare droghe, alcolici o altre sostanze inebrianti o a subirne l'effetto.
   Con l'articolo 12, al fine di evitare il rischio che gli autori dei reati riescano ad avvicinarsi nuovamente a minori, è introdotto l'obbligo, per i datori di lavoro che assumono personale per attività professionali e di volontariato che comportano uno stretto contatto con i minori o per le organizzazioni che agiscono nell'interesse pubblico contro gli abusi sessuali sui minori, di richiedere informazioni sui precedenti penali delle persone da assumere.
   L'articolo 13 disciplina il regime della responsabilità delle persone giuridiche, che resta sostanzialmente invariato rispetto al diritto vigente, mentre l'articolo 14, concernente il relativo regime sanzionatorio, viene parzialmente modificato, in particolare, ampliando l'elenco di possibili sanzioni con un esplicito riferimento all'esclusione dall'accesso a finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni e concessioni, nonché stabilendo un metodo di calcolo armonizzato per determinare le sanzioni pecuniarie minime. Per le persone giuridiche ritenute responsabili delle fattispecie penali previste dalla direttiva, i reati puniti con una pena detentiva massima di almeno due anni per le persone fisiche sono puniti con sanzioni pecuniarie il cui livello massimo non sia inferiore all'1 per cento del fatturato globale totale nell'esercizio precedente a quello della decisione di irrogazione della sanzione pecuniaria. Per i reati puniti con una pena detentiva massima di almeno tre anni per le persone fisiche sono invece previste, per le persone giuridiche ritenute responsabili, sanzioni pecuniarie il cui livello massimo non sia inferiore al 5 per cento del fatturato globale totale.
   Le modifiche introdotte con l'articolo 15 completano e chiariscono le situazioni Pag. 231in cui gli Stati membri sono autorizzati a non perseguire né imporre sanzioni alle vittime minorenni di abuso e sfruttamento sessuale coinvolte in attività criminali che siano state costrette a compiere, ivi comprese le attività di distribuzione, offerta, fornitura o messa a disposizione di materiale pedopornografico. In base al considerando corrispondente, il termine «costretto» dovrebbe contemplare anche le situazioni in cui il minore venga adescato senza forza o coercizione.
   Le modifiche al regime vigente previste dall'articolo 16 mirano a garantire che i termini di prescrizione non possano iniziare a decorrere prima che la vittima abbia raggiunto la maggiore età, nonché a stabilire norme minime di prescrizione per consentire effettivamente alla vittima l'esercizio del diritto fondamentale alla giustizia.
   Nello specifico i termini di prescrizione proposti sono: almeno 20 anni per i reati punibili con una pena detentiva massima di almeno tre anni; almeno 25 anni per i reati punibili con una pena detentiva massima di almeno cinque anni; almeno 30 anni per i reati punibili con una pena detentiva massima di almeno otto anni.
   Il medesimo articolo reca infine una serie di modifiche alla disciplina vigente volte a rafforzare le capacità investigative e di contrasto ai reati previsti dalla direttiva
   L'articolo 17 modifica la disciplina sulla segnalazione di sospetto abuso o sfruttamento sessuale di minore introducendo un regime di obbligo di segnalazione per professionisti che lavorano a stretto contatto con minori.
   Il nuovo articolo 18 integra i diritti delle vittime, con particolare riguardo alla segnalazione dei reati, al fine di garantire la disponibilità di canali di denuncia facilmente accessibili e a misura di minore.
   L'articolo 19, in materia di giurisdizione e coordinamento dell'azione penale, prevede in particolare, che se un reato contemplato dalla direttiva rientra nella giurisdizione di più Stati membri, questi collaborano per stabilire quale di essi debba svolgere il procedimento penale, conferendo all'Agenzia Eurojust la questione di giurisdizione.
   L'articolo 21 conferisce, tra l'altro, al Centro dell'UE sull'abuso sessuale su minori, una volta istituito, il compito di sostenere proattivamente le azioni di assistenza adottate dagli Stati membri, definendo una lista delle eventuali misure di sostegno.
   L'articolo 22 modifica l'attuale regime sulla tutela delle vittime minorenni nelle indagini e nei procedimenti penali.
   L'articolo 23 introduce un nuovo regime del diritto al risarcimento delle vittime dei reati previsti dalla direttiva, da un lato, conferendo loro il diritto ad essere risarcite per qualsiasi danno subito; dall'altro, considerando passibili di richiesta di risarcimento le persone fisiche autori di tali reati, le persone giuridiche responsabili degli stessi e, ove opportuno, i sistemi nazionali di risarcimento delle vittime. Le vittime sono autorizzate a chiedere un risarcimento nell'ambito dei procedimenti penali e civili per i danni ad esse causati per un congruo periodo di tempo dopo avere raggiunto la maggiore età, in misura proporzionata alla gravità del reato. Nello specifico, la proposta stabilisce i periodi minimi per la prescrizione di tale diritto, che richiamano in linea di massima i termini penali di prescrizione sopra descritti.
   Inoltre, per garantire un risarcimento sufficiente alle vittime dei reati, segnala che devono essere tenuti in considerazione tutti gli elementi pertinenti, tra i quali: eventuali dolori o sofferenze fisici o mentali, compresi dolori e sofferenze connessi alla circolazione online di materiale pedopornografico riguardante la vittima in questione; il costo delle cure necessarie per il recupero da tali dolori e sofferenze, comprese le spese concernenti la salute mentale e fisica, i costi delle cure e le spese di viaggio eventualmente sostenute per accedere a tali cure; ed eventuali perdite di reddito causate dal reato.
   Il nuovo articolo 24 affronta i problemi legati al coordinamento delle azioni nazionali volte a prevenire e combattere l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori imponendo agli Stati membri di istituirePag. 232 autorità nazionali incaricate di tale coordinamento e della raccolta dei dati in ogni Stato membro.
   L'articolo 27, da un lato, chiarisce che i programmi di prevenzione e le misure di intervento efficaci per le persone che temono di commettere i reati previsti dalla direttiva devono essere appositamente destinati a tale gruppo di persone alle quali gli Stati membri devono garantire l'accesso; dall'altro introduce l'obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché tali programmi o misure siano accessibili senza indebite restrizioni in linea con le norme nazionali in materia di assistenza sanitaria.
   L'articolo 28 modifica il regime generale in materia di prevenzione.
   Il nuovo articolo 31 obbliga gli Stati membri a raccogliere periodicamente statistiche sui reati contemplati dalla direttiva secondo una metodologia comune sviluppata in cooperazione con il citato Centro dell'UE, a condividere tali statistiche con il medesimo organismo e la Commissione, e a metterle a disposizione del pubblico.
   L'articolo 35 stabilisce, infine, le date di entrata in vigore della direttiva.

  La Commissione europea individua la base giuridica della proposta negli articoli 82, paragrafo 2, e 83, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che hanno già costituito il fondamento della direttiva 2011/93/UE, di cui si opera una rifusione. Le due disposizioni consentono infatti al Parlamento europeo e al Consiglio di stabilire, mediante direttive, le norme minime necessarie per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie penali aventi dimensione transnazionale, nonché, rispettivamente, norme minime sulla definizione dei reati e delle sanzioni nell'ambito dello sfruttamento sessuale dei minori.
  Con riferimento al principio di sussidiarietà, la Commissione sottolinea, tra l'altro, che la natura transfrontaliera dei reati di abuso e di sfruttamento sessuale dei minori, già idonea a giustificare l'adozione della direttiva originaria, è diventata nell'ultimo decennio ancora più evidente, a causa della crescente prevalenza dell'uso delle tecnologie online, in grado di consentire, facilitare e amplificare l'impatto di tali reati.

  La Commissione ritiene in definitiva che gli Stati membri non sarebbero in grado di: (i) prevenire efficacemente la commissione di reati di abuso sessuale su minori nei rispettivi territori; (ii) indagare e perseguire i reati di abuso sessuale su minori su scala transfrontaliera; (iii) individuare le vittime e fornire loro adeguata assistenza. In tal senso ritiene rispettato il principio di sussidiarietà, in virtù del quale nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.
  Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, la Commissione mette in evidenza, tra l'altro, come le modifiche apportate alla direttiva nell'ambito della proposta siano limitate e mirate al fine di colmare le principali carenze individuate nell'attuazione e nella valutazione della normativa vigente. La Commissione effettua una valutazione del rapporto costi/benefici, concludendo che i costi amministrativi determinati dalla nuova disciplina dovrebbero essere superati da benefici significativi dovuti alla riduzione dei costi sociali associati all'abuso sessuale sui minori, che genererebbero risparmi per quanto riguarda: i) gli autori e le vittime del reato (ad esempio, impedendo che il reato sia commesso e risparmiando così i costi del procedimento penale e dell'assistenza alle vittime a breve e lungo termine); ii) la società in generale (ad esempio, evitando le perdite di produttività legate all'abuso sessuale sui minori e ai traumi che ne derivano).
  Infine, la Commissione valuta l'impatto positivo dell'iniziativa sui diritti fondamentali dei minori, compreso il loro diritto alla salute fisica e mentale e il diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, nonché sui diritti degli adulti sopravvissuti ad abusi sessuali commessi Pag. 233quando erano minori, migliorando il risarcimento, l'assistenza e il sostegno alle vittime.
  Tenendo conto che il termine per la verifica di sussidiarietà scade il 28 maggio 2024, propone, per meglio apprezzare i contenuti illustrati, di svolgere un ciclo di audizioni.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Presidente rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione delle dispersioni di pellet di plastica per ridurre l'inquinamento da microplastiche.
COM(2023) 645 final.
(Parere alle Commissioni VIII e X).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, in sostituzione dell'on. Pisano, impossibilitato a prendere parte alla seduta, illustra la proposta di regolamento all'esame della Commissione, già esaminata nell'ambito della verifica di conformità al principio di sussidiarietà, è stata presentata lo scorso ottobre dalla Commissione europea con la finalità di prevenire l'inquinamento da microplastiche causato dal rilascio accidentale di pellet di plastica.
  Nel rinviare all'illustrazione dei contenuti, svolti in quella sede ed alla documentazione predisposta dagli Uffici, mi preme rilevare che la Commissione europea ricorda che i pellet di plastica costituiscono la materia prima industriale utilizzata per la produzione di tutta la plastica: ogni anno ne vengono prodotti e manipolati nell'UE circa 57 milioni di tonnellate
  Le attuali pratiche di gestione dei pellet comportano tuttavia dispersioni in tutte le fasi della catena di approvvigionamento, in particolare nella produzione (anche di riciclo), nella lavorazione, nel trasporto e nel trattamento dei rifiuti.
  Una volta nell'ambiente, i pellet sono quasi impossibili da recuperare, anche per la loro mobilità. Come tutte le microplastiche, i pellet di plastica che fuoriescono dagli impianti industriali o durante il trasporto si disperdono facilmente nell'aria, nelle acque superficiali e nelle correnti marine e nel suolo, anche nei terreni agricoli.
  La Commissione in particolare stima che ogni anno nel territorio dell'Unione vengano disperse importanti quantità di plastica da pellet, calcolate per il 2019 in una quantità tra le 52.140 e le 184.290 tonnellate, con danno per l'ambiente, per gli ecosistemi naturali, per l'integrità della filiera agro-alimentare e indirettamente per la salute umana.
  La dispersione di pellet di plastica nell'ambiente è pertanto la terza fonte di tutti i rilasci non intenzionali di microplastica che si aggiunge ad altre fonti quali vernici, pneumatici, tessuti, geotessili e, in misura minore, capsule di detersivo, prodotti che ritiene debbano essere sostituiti o modificati in modo significativo per impedire il rilascio nell'ambiente di microplastiche.
  Per questa ragione la Commissione ha ritenuto di proporre nuove misure per una manipolazione consapevole e adeguata dei pellet di plastica, con l'obiettivo di contrastare quello che definisce un inquinamento evitabile.
  Il regolamento proposto stabilisce l'obbligo generale per gli operatori economici, i vettori dell'UE e dei paesi terzi di prevenire la dispersione di pellet di plastica a partire dall'entrata in vigore del regolamento.
  Obblighi specifici sono previsti per la manipolazione dei pellet di plastica in tutte le fasi della catena di approvvigionamento.
  Si prevede inoltre che gli operatori, nell'attuare il piano di valutazione dei rischi provvedano, in ordine di priorità, a prevenire ed evitare eventuali fuoriuscite di pellet dal contenimento primario, contenere i pellet eventualmente fuoriusciti per assicurarsi che non si disperdano nell'ambiente e bonificare dopo un evento di fuoriuscita o dispersione.Pag. 234
  Gli operatori economici e i vettori dell'UE dovranno inoltre garantire che il proprio personale sia formato e capace di utilizzare le attrezzature pertinenti e di eseguire le procedure stabilite; tenere un registro delle azioni intraprese per ottemperare agli obblighi previsti dalle nuove disposizioni; tenere un registro delle quantità di dispersioni stimate annualmente e del volume totale di pellet di plastica manipolato.
  Se un'azione intrapresa per la prevenzione, il contenimento e la bonifica di fuoriuscite e dispersioni non sortisce il risultato atteso, gli operatori economici e i vettori dell'UE e dei paesi terzi devono adottare misure correttive.
  Ogni anno gli operatori economici che non siano micro o piccole imprese e che gestiscono impianti in cui sono stati manipolati pellet di plastica in quantità superiori a 1.000 tonnellate nell'anno civile precedente, effettuano per ogni impianto una valutazione interna sullo stato di conformità dell'impianto alle prescrizioni del piano di valutazione dei rischi.
  Sono previste certificazioni obbligatorie per gli impianti in cui sono trattati i pellet per agevolare i controlli di conformità delle autorità nazionali competenti. Sono inoltre definiti i requisiti che i certificatori sono tenuti a soddisfare per essere accreditati dagli Stati membri. Nel valutare la conformità, i certificatori devono effettuare controlli a campione. Dopo aver rilasciato un certificato, i certificatori sono tenuti a notificarlo all'autorità competente, che deve tenere un registro corrispondente. Tale registro deve essere messo a disposizione del pubblico su un sito web a fini di trasparenza.
  Ricorda che la verifica di conformità è affidata alle autorità nazionali designate dagli Stati membri che potrebbero eseguire ispezioni ambientali e controlli e, in caso di eventi e incidenti gravi, imporre a operatori economici e vettori le misure ulteriori per limitarne le conseguenze sulla salute o sull'ambiente e per prevenire incidenti o dispersioni, fino alla sospensione del funzionamento degli impianti in caso di pericolo immediato per la salute umana o effetti negativi significativi sull'ambiente.
  La proposta introduce anche obblighi di comunicazione per gli Stati membri, ovvero la presentazione alla Commissione, ogni tre anni, di una relazione sull'attuazione del regolamento.
  Le autorità competenti dovrebbero tra l'altro poter accedere ai documenti, ai dati o alle informazioni pertinenti relativi ad eventuali violazioni; poter avviare ispezioni per far cessare o vietare eventuali violazioni e poter accedere agli impianti.
  Per consentire una stima delle quantità di pellet disperse nell'ambiente, è previsto che la Commissione chieda agli organismi europei di normazione di stabilire uno standard di calcolo.
  Sono previste forme di sostegno per favorire la conformità delle piccole e medie imprese anche attraverso materiale di sensibilizzazione e formazione elaborato dalla Commissione europea.
  Inoltre fa presente che si prevede che gli Stati membri stabiliscano sanzioni, effettive, proporzionate e dissuasive, applicabili per eventuali violazioni. Le sanzioni pecuniarie dovrebbero essere proporzionate al fatturato della persona giuridica o al reddito della persona fisica che ha commesso la violazione ed il loro valore dovrebbe essere gradualmente aumentato in caso di violazioni reiterate. Nel caso di una violazione commessa da una persona giuridica, l'importo massimo di tali ammende è pari ad almeno il 4 per cento del fatturato annuo dell'operatore economico nello Stato membro interessato nell'esercizio finanziario precedente la decisione relativa all'ammenda.
  Infine, secondo le norme proposte, in caso di violazioni tali da arrecare un danno alla salute, il pubblico potrebbe chiedere e ottenere il risarcimento del danno dalle persone fisiche o giuridiche responsabili della violazione.
  Da ultimo, per tenere conto del progresso tecnico e scientifico, è conferito alla Commissione europea il potere di adottare atti delegati per modificare le norme di dettaglio ora contenute negli allegati.Pag. 235
  Certo che ulteriori elementi di valutazione potranno essere acquisiti nel corso della missione che verrà svolta dalla XIV Commissione, il prossimo 7 maggio presso l'hub tecnologico di Amazon Italia, sito a Passo Corese (Rieti),

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Presidente rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente, in considerazione della ristrettezza dei tempi propone di procedere ad un'inversione nell'ordine dei lavori della seduta odierna nel senso di anticipare lo svolgimento della riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  La Commissione concorda.

  La seduta termina alle 12.25.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 24 aprile 2024.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.25 alle 12.30.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 24 aprile 2024.

Audizione informale, in videoconferenza, dell'on. Matteo Luigi Bianchi, del dott. Luca Menesini e dell'on. Guido Milana, in rappresentanza della Delegazione italiana al Comitato europeo delle Regioni, nell'ambito dell'esame della Relazione annuale 2022 della Commissione europea sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità e sui rapporti con i parlamenti nazionali. (COM (2023) 640 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.30 alle 15.15.