CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 23 aprile 2024
294.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 197

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 23 aprile 2024. — Presidenza del presidente Marco OSNATO. – Interviene la sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze, Sandra Savino.

  La seduta comincia alle 12.

Documento di economia e finanza 2024.
Doc. LVII, n. 2 e Allegati.
(Parere alla V Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Virginio MEROLA (PD-IDP) chiede la verifica del numero legale.

  Marco OSNATO, presidente e relatore, evidenzia che, ai sensi dell'articolo 46 del Regolamento, la verifica del numero legale può essere richiesta qualora la Commissione stia per procedere a una votazione; conferma in ogni caso, sin d'ora, la presenza del numero legale.
  Passa dunque a illustrare, in qualità di relatore, i contenuti del provvedimento.
  Preliminarmente segnala come il DEF di quest'anno, pur predisposto nel rispetto delle regole del Patto di Stabilità e Crescita vigenti, tiene comunque conto della transizione in corso verso la nuova governance economica europea.
  Evidenzia che il primo passo della nuova governance del Patto consisterà nell'invio entro il 21 giugno, da parte della Commissione europea, di una traiettoria di riferimento. Quest'ultima definisce un profilo temporale di crescita massima dell'aggregato di spesa pubblica netta (che comprendePag. 198 anche variazioni discrezionali dal lato delle entrate), in base al quale gli Stati membri dovranno costruire i futuri Piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine (Mediumterm fiscal-structural plan) che quest'anno dovranno essere presentati alla Commissione europea al più tardi entro il 20 settembre 2024. Tali piani avranno un orizzonte temporale di cinque anni e una specifica attenzione alla spesa primaria netta. In considerazione di ciò il Governo ha ritenuto di tener conto dell'indicazione da parte della Commissione europea di presentare per quest'anno Programmi di stabilità sintetici, limitandosi a fornire contenuti e informazioni di carattere essenziale, e di concentrare ogni sforzo sulla costruzione dei nuovi Piani. Per questo motivo il Governo non ha ritenuto necessario definire nel DEF degli obiettivi diversi dalle grandezze di finanza pubblica che emergono dal profilo tendenziale a legislazione vigente e che sono largamente in linea con lo scenario programmatico della scorsa NADEF. Allo stesso tempo, nel DEF si riporta una stima delle cosiddette politiche invariate per il prossimo triennio, all'interno delle quali sarà data priorità al rifinanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro.
  Considerata l'ampiezza delle tematiche affrontate dal DEF, provvede dunque a illustrare gli aspetti generali del documento, nonché dei principali profili di specifica rilevanza per la Commissione Finanze.
  La Sezione I si articola in 5 capitoli, concernenti rispettivamente: il quadro complessivo e la politica di bilancio, il quadro macroeconomico, l'indebitamento netto e il debito pubblico, la sensitività e sostenibilità delle finanze pubbliche, le azioni intraprese e le linee di tendenza.
  Il Governo chiarisce che, in considerazione della formale vigenza del sistema di regole definito dal Patto di stabilità e crescita, il DEF 2024 segue la tradizionale struttura, indicando tuttavia solo l'andamento tendenziale delle principali grandezze di finanza pubblica. Il Governo precisa inoltre che effettuerà sin da ora un'attenta azione di monitoraggio dei conti pubblici, proprio in vista della stesura del futuro Piano strutturale di bilancio di medio termine. Inoltre, il Governo continuerà ad adottare misure volte ad intervenire sul profilo del deficit, migliorandolo ulteriormente anche attraverso una revisione della disciplina dei crediti d'imposta al fine di ricondurlo al di sotto del 3 per cento entro il 2026 e a non discostarsi dai valori della NADEF anche per gli anni 2025 e 2026.
  Sintetizzando il contenuto dei capitoli da I a V con riferimento ai più significativi indicatori macroeconomici contenuti in quello che, in ragione della riforma sopra descritta, è l'ultimo Programma di Stabilità, la previsione tendenziale del tasso di crescita del PIL si attesta, per il 2024, all'1,0 per cento, con una marginale revisione al ribasso rispetto allo scenario programmatico della NADEF (1,2 per cento) legata ad una scelta prudenziale, dato l'incerto contesto internazionale. Il tasso di crescita del PIL si prospetta pari all'1,2 per cento nel 2025, all'1,1 nel 2026 e allo 0,9 per cento, nel 2027. Con riferimento ai risultati dell'anno 2023, la crescita reale del PIL è stata dello 0,9 per cento, leggermente più elevata (0,8 per cento) delle previsioni della NADEF. Secondo le stime provvisorie diffuse dall'Istat lo scorso 5 aprile, l'incidenza dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche rispetto al PIL si è attestata al 7,2 per cento, in miglioramento rispetto all'8,6 per cento del 2022. Si sono ridotti sia il disavanzo del saldo primario (di 0,9 punti percentuali), sia la spesa per interessi. Hanno contribuito a tale risultato la tenuta dell'economia e la riduzione del perimetro delle misure legate all'emergenza energetica. Ne è conseguita una dinamica vivace del gettito fiscale (+6,3 per cento rispetto al 2022) pur in presenza di una pressione fiscale sostanzialmente invariata (al 42,5 per cento). Allo stesso tempo, il deficit è risultato superiore di 1,9 punti percentuali rispetto all'obiettivo programmatico fissato nella NADEF 2023, in ragione dei maggiori costi relativi al Superbonus (1,9 per cento del PIL) rilevati dall'Istat in sede di compilazione del conto delle amministrazioni pubbliche. Il rapporto debito/PIL a fine 2023 è stimato pari Pag. 199al 137,3 per cento, in diminuzione di 3,2 punti percentuali rispetto all'anno precedente (140,5 per cento). Tale stima risulta inoltre migliore, per circa 2,9 punti percentuali, della previsione della scorsa NADEF (140,2 per cento). Positivo anche l'andamento del fabbisogno di cassa del settore pubblico, che è risultato inferiore alle previsioni di 0,6 punti percentuali. Rispetto al massimo storico registrato nel 2020 (154,9 per cento), il rapporto debito/PIL risulta ora inferiore di ben 17,6 punti percentuali. Con riferimento agli indicatori per gli anni 2024-2027, l'indebitamento netto tendenziale della PA è previsto attestarsi al 4,3 per cento del PIL nel 2024, in linea con quanto previsto nella NADEF e in netta diminuzione rispetto allo scorso anno (7,2 per cento). Nel prossimo triennio, il deficit tendenziale scenderà al 3,7 per cento del PIL nel 2025, al 3,0 per cento nel 2026 e quindi al 2,2 per cento nel 2027. Il saldo primario nel 2024 risulterà in netto miglioramento rispetto al 2023 (passando dal -3,4 per cento del PIL al -0,4 per cento) e tornerà in surplus già dal prossimo anno (allo 0,3 per cento del PIL). Per quanto riguarda il debito pubblico, in rapporto al PIL esso è previsto in moderata crescita fino al 2026, quando raggiungerebbe il 139,8 per cento, un livello sostanzialmente in linea con quanto previsto nella NADEF 2023. Il ritorno a un percorso decrescente è previsto a partire dal 2027, con una lieve riduzione di 0,2 punti percentuali. Negli anni successivi è prevista un'accelerazione del ritmo di discesa del rapporto, con il venire meno della gran parte degli effetti negativi legati alle suddette misure. Dall'aggiornamento dei conti ISTAT emerge, infatti, che a fronte di un dato di debito per il 2023 sensibilmente inferiore alle previsioni, a partire dal 2024 il rapporto debito/PIL tenderà a risalire lievemente a causa degli ulteriori costi legati al Superbonus. La tendenza alla crescita del debito si ferma, sulla base delle stime aggiornate contenute nel presente Documento, nel 2026, per poi intraprendere un percorso di riduzione dal 2027. A partire dal 2028, con il venir meno degli effetti di cassa legati al Superbonus e a seguito del miglioramento di bilancio conseguente all'adozione delle nuove regole, il rapporto debito/PIL inizierà a scendere rapidamente.
  Il Governo segnala che con riferimento agli anni 2025-2026 il rapporto tra indebitamento netto e PIL sarà riportato in linea con il quadro programmatico delineato dalla NADEF attraverso nuovi interventi normativi. Il Governo inoltre indica come unico disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2025 il disegno di legge recante norme di principio in materia di intelligenza artificiale.
  Passando all'esame degli altri aspetti della prima sezione di specifico interesse per la nostra Commissione, ricorda che il Documento di economia e finanza 2024, con riferimento all'andamento del credito, segnala che nel corso del 2023, l'andamento del credito ha subito gli effetti di una politica monetaria restrittiva, ma si sono iniziati a vedere segnali di stabilizzazione negli ultimi mesi. Nonostante la lieve contrazione nei prestiti alle famiglie, c'è stato un rallentamento nella riduzione dei prestiti alle imprese. La qualità degli attivi bancari è rimasta elevata, suggerendo una possibile maggiore disponibilità delle banche ad accogliere un aumento della domanda di credito da parte delle imprese. Dall'inizio del quarto trimestre del 2022, i prestiti al settore privato non finanziario hanno registrato una contrazione, con una riduzione annuale del 3,3 per cento a gennaio 2024. I prestiti alle famiglie consumatrici hanno mostrato una flessione dello 0,9 per cento dal loro picco storico nel novembre 2022, con i mutui in calo e il credito al consumo in aumento. I prestiti alle imprese hanno registrato un calo più significativo, ma con segnali di rallentamento (dal -8,3 per cento di settembre 2023 al -5,1 per cento dello scorso gennaio). La qualità del credito alle imprese è migliorata, con una riduzione dei prestiti deteriorati e delle sofferenze, indicando una buona condizione patrimoniale delle banche. Concentrando l'attenzione solo sulle sofferenze (circa il 40 per cento dei prestiti deteriorati), per imprese e famiglie il dato di gennaio (2,3 per cento) è prossimo al valore minimo in serie storica (2,2 per cento). Per Pag. 200quanto riguarda le passività delle banche, nonostante la contrazione dei depositi iniziata nell'agosto 2022, la seconda metà dell'anno ha visto una stabilizzazione dei livelli, pur registrandosi cali tendenziali. La Banca Centrale Europea ha segnalato l'intenzione di ridurre gradualmente i tassi di interesse, influenzando le strategie bancarie verso una rimodulazione al ribasso dei tassi sui nuovi prestiti. Infine, i criteri di concessione dei prestiti si sono stabilizzati nel quarto trimestre del 2023, con aspettative di una leggera crescita della domanda di prestiti da parte delle imprese nel primo trimestre del 2024, favorita dall'allentamento dei criteri di concessioni dei prestiti rivolti a questo segmento di mercato, mentre si rileva un contestuale inasprimento dei medesimi criteri riguardo alle famiglie. Ciò nonostante la domanda delle famiglie dovrebbe rimanere invariata.
  La sezione II, Analisi e tendenze della finanza pubblica, si articola in sette parti, tra le quali merita di essere richiamata la valutazione per l'anno 2023 delle maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione fiscale. Inoltre, sono presentati i dati analitici di consuntivo 2023 e di previsione tendenziale per il triennio 2024-2027 relativi alle entrate tributarie della pubblica amministrazione e all'andamento della pressione fiscale.
  Con riferimento ai dati di consuntivo per il 2023, le entrate tributarie della pubblica amministrazione nell'anno 2023 risultano superiori di 14.964 milioni rispetto alle previsioni della Nota tecnica illustrativa alla legge di bilancio 2024. In particolare, le imposte dirette aumentano di 10.807 milioni di euro e le imposte indirette di 4.171 milioni, mentre sono sostanzialmente in linea con le previsioni le imposte in conto capitale (-14 milioni). Nel dettaglio, a consuntivo, il miglioramento delle entrate del Bilancio dello Stato è ascrivibile al maggior gettito registrato dalle imposte dirette (+7.544 milioni) per effetto, in particolare, dei maggiori introiti delle imposte versate in autoliquidazione Irpef e Ires (+4.878 milioni, complessivamente). Lo scostamento positivo è, altresì, dovuto all'andamento delle imposte sostitutive sugli utili distribuiti (+721 milioni) e sugli interessi e altri redditi da capitale (+600 milioni). Le entrate degli enti territoriali sono superiori di 1.273 milioni rispetto alle previsioni, quasi esclusivamente per effetto del maggior gettito versato in autoliquidazione Irap (+1.193). Lo scostamento positivo relativo alle voci delle Poste correttive (+6.975 milioni) risulta ascrivibile per 4,5 miliardi alle maggiori entrate derivanti dalle attività di accertamento e controllo rispetto a quanto previsto. La pressione fiscale si attesta al 42,5 per cento del PIL, stabile rispetto al 2022 e in linea con la stima della Nota tecnica illustrativa alla legge di bilancio 2024. Con riferimento alle previsioni tendenziali per il periodo 2024-2027 il DEF stima le entrate tributarie in progressiva riduzione, dal 29,6 per cento del 2023 al 28,9 per cento del 2027. I contributi sociali, pari al 12,9 per cento nel 2023, sono previsti in diminuzione di 0,1 punti percentuali nel 2024 e in aumento di 0,6 punti percentuali nel 2025, attestandosi al 13,4 per cento, per rimanere stabili negli anni successivi. In conseguenza di tali dinamiche, la pressione fiscale si riduce nel 2024 al 42,1 per cento per risalire nel 2025 al 42,4 per cento e attestarsi su un livello lievemente inferiore nel biennio finale dell'arco previsionale.
  La sezione III contiene il Programma nazionale di riforma, articolato in cinque capitoli.
  Dopo una breve premessa (capitolo I), il capitolo II dà conto dello scenario macroeconomico, con particolare riferimento all'impatto delle misure del PNRR sul PIL italiano; il Capitolo III contiene le risposte di policy alle principali sfide economiche occupazionali e sociali. Il Capitolo IV dà conto del percorso dell'Italia per il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2030, il Capitolo V individua i nessi di complementarietà tra le priorità sostenute dai fondi di coesione e il PNRR, mentre il capitolo VI dà conto del ruolo dei portatori d'interessi nella definizione e nell'attuazione del PNRR. Nel documento si dà preliminarmente conto del fatto che l'Italia ha rafforzato i propri sforzi per attuare il percorso di riforme intrapreso. Il Governo ricorda come l'attuazionePag. 201 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), come modificato, continui a rappresentare una pietra angolare per il processo di riforma del Paese, sia in ragione del volume di investimenti previsti e dell'impatto macroeconomico che ne deriva, sia per la capacità di creare sinergie tra le diverse amministrazioni e di incanalare le risorse nazionali ed europee verso un unico programma di riforma. A seguito delle modifiche introdotte, il Governo prevede che il PNRR determinerà un incremento del 3,4 per cento del PIL rispetto allo scenario base nel 2026. In linea con quanto precedentemente stimato, si prevede che le riforme introdotte in attuazione del PNRR avranno un impatto potenziale nel lungo termine, che permetterà un incremento del PIL del 5,6 per cento nel 2030 e di circa il 10 per cento nel lungo periodo.
  Segnala in particolare il Capitolo III, che contiene le risposte di policy alle principali sfide economiche occupazionali e sociali e che descrive, al paragrafo 5, la riforma fiscale in atto, i cui contenuti già ampiamente noti alla Commissione. Ricorda preliminarmente che nel 2023 il Consiglio dell'Unione europea ha esortato l'Italia a proseguire e implementare correttamente la riforma fiscale, introdotta con la legge delega n. 111 del 2023. La riforma si propone di ridurre la complessità del sistema, creare un quadro normativo e regolamentare certo, semplice e trasparente, definire di un sistema fiscale favorevole alla crescita economica e al sostegno dell'offerta di lavoro e degli investimenti. Si tratta di un intervento strutturale che mira altresì a rendere il sistema fiscale italiano meno complesso e incentivare la compliance fiscale.
  Il Governo rammenta anzitutto che uno degli aspetti centrali della riforma è la prima fase della riforma dell'IRPEF, attuata con il decreto legislativo n. 216 del 2023, che in primo luogo prevede la riduzione del numero di scaglioni di reddito e delle relative aliquote. Questa misura, attuata per l'anno 2024, secondo l'esecutivo mira a diminuire il carico fiscale per circa 25 milioni di contribuenti, allo scopo di generare beneficio diretto per il potere d'acquisto delle famiglie e dei lavoratori, contribuendo così a mitigare le tensioni inflattive. Con la riduzione dei contributi sociali per i lavoratori a reddito medio-basso e le agevolazioni sui fringe benefits, operata per effetto della legge di Bilancio per il 2024, il Governo nel DEF chiarisce che si intende generare un beneficio complessivo di quasi mille euro annui per circa 30 milioni di lavoratori. Per incentivare le assunzioni, il Governo ricorda l'introduzione (articolo 4 del decreto legislativo n. 216 sopra richiamato) di una deduzione dal reddito imponibile per il costo del lavoro dei nuovi assunti a tempo indeterminato. Secondo l'Esecutivo, tale misura dovrebbe interessare circa 380 mila imprese.
  Al fine di ridurre l'evasione e l'elusione fiscale, sono state adottate le prime disposizioni per introdurre nuove modalità nei rapporti tra i contribuenti e l'Amministrazione finanziaria Il Governo rammenta tra di esse il potenziamento dell'istituto dell'adempimento collaborativo (cooperative compliance, di cui al decreto legislativo n. 221 del 2023) per i contribuenti di maggiori dimensioni e l'introduzione di un concordato preventivo biennale (decreto legislativo n. 13 del 2024) rivolto alle imprese meno strutturate e ai professionisti, che l'esecutivo preannuncia verrà precisato in modo puntuale dalla normativa secondaria di attuazione.
  Al riguardo il Governo sottolinea che gli strumento di promozione della compliance volontaria sono volti a migliorare l'efficacia delle strategie di controllo, favorite dall'utilizzo dei dati provenienti dalla fatturazione elettronica e dalla trasmissione telematica dei corrispettivi, di quelli contenuti nell'archivio dei rapporti finanziari e di quelli derivanti dall'interoperabilità delle banche dati, nonché del crescente utilizzo di tecniche basate su soluzioni di intelligenza artificiale. Viene altresì ricordata la riforma dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000, modificata dal decreto legislativo n. 219 del 2023) e la razionalizzazione e armonizzazione degli adempimenti dichiarativi (decreto legislativo n. 1 del 2024). nonché il decreto legislativo sulla fiscalità internazionale (decretoPag. 202 legislativo n. 209 del 2023) con cui è stata aggiornata la disciplina della residenza delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi dalle società ed è stata introdotta nell'ordinamento nazionale la global minimum tax, in vigore dal 1° gennaio 2024, mediante il recepimento della Direttiva (UE) 2022/2523. L'esecutivo si attende che tale misura, disincentivando gli investimenti in Paesi con bassa tassazione, favorisca tra l'altro la rilocalizzazione delle imprese nel Paese, generando un impatto in termini di recupero di gettito. Il medesimo decreto ha modificato altresì regime speciale a favore dei lavoratori che rientrano in Italia.
  Segnala infine che è in fase di approvazione definitiva il decreto attuativo volto a modificare i meccanismi sanzionatori che intende tra l'altro favorire una maggiore integrazione tra sanzioni amministrative e penali e ad allineare il nostro Paese a quanto riscontrato in media a livello europeo, ridimensionando gli importi delle sanzioni amministrative al di sotto del 60 per cento del debito fiscale dei contribuenti inadempienti (Atto del Governo n. 144).
  Segnala tuttavia come l'Esecutivo sottolinei che il percorso di riforma è accompagnato da una serie di investimenti previsti nel PNRR, volti a consentire l'utilizzo massiccio delle tecnologie digitali, a incoraggiare il rispetto degli obblighi fiscali e potenziare le risorse necessarie allo svolgimento di tali attività. Nel merito, segnalo che – a fronte della predisposizione delle opportune infrastrutture digitali – sono stati raggiunti i seguenti risultati, che hanno consentito il pieno conseguimento, e in alcuni casi il superamento, degli obiettivi preventivati: la disposizione di oltre 2,4 milioni di dichiarazioni IVA precompilate; l'invio di 3,2 milioni di lettere di conformità, con un conseguente aumento del gettito fiscale pari a 3,9 miliardi di euro.
  Il Governo evidenzia che tali riforme e investimenti intendono contribuire al consolidamento della dinamica di riduzione dell'evasione fiscale, favorendo il raggiungimento degli obiettivi fissati per la fine del 2025 e la metà del 2026 (che prevedono una riduzione della propensione all'evasione rispetto al 2019 rispettivamente del 5 per cento nel 2023 e del 15 per cento nel 2024). Secondo quanto pubblicato nell'Aggiornamento alla Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva, la propensione all'evasione nell'anno d'imposta 2021 si è ridotta del 17,8 per cento rispetto al 2019.
  Un ulteriore intervento di interesse della Commissione, ricordato dal Governo, è l'istituzione, dal 1° gennaio 2024 della ZES unica per il Mezzogiorno, ricordando che decreto-legge n. 123 del 2024 ha previsto la possibilità, per le imprese che investono nelle zone assistite delle regioni Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, di fruire di un contributo, in forma di credito d'imposta, nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, per coprire parte delle spese effettuate per l'acquisizione di beni strumentali agli investimenti. A tale misura sono state destinate risorse pari a 1,8 miliardi di euro. Il DEF 2024 riporta infine alcuni approfondimenti, tra cui quello concernente il contrasto all'evasione fiscale. Il Governo rileva che il risultato raggiunto nel 2023 rappresenta il valore più elevato degli ultimi anni in termini di recupero di gettito, con riferimento all'attività dell'Agenzia delle entrate. Sono stati riscossi complessivamente 24,7 miliardi, di cui 19,6 miliardi derivanti dalle attività di promozione della compliance e di controllo ordinario, e di cui 5,1 miliardi relativi a incassi da misure straordinarie.
  In particolare, i risultati dell'attività ordinaria si ripartiscono in 11,6 miliardi derivanti dai versamenti diretti su atti emessi dall'Agenzia, 3,8 miliardi da cartelle di pagamento affidate ad Agenzia delle entrate-Riscossione e circa 4,2 miliardi dal risultato dell'attività di promozione della compliance. Gli incassi da misure straordinarie si ripartiscono in 4,3 miliardi da rottamazione delle cartelle, 586 milioni da definizione delle liti pendenti e 245 milioni dall'applicazione di misure di definizione agevolata, cosiddetta «pace fiscale».
  Con riferimento, invece, alle stime dell'evasione fiscale e contributiva, pubblicate Pag. 203nella Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva – Aggiornamenti per gli anni 2016-2021, si evidenzia una dinamica di netto miglioramento della tax compliance, confermando l'efficacia delle azioni di contrasto all'evasione fiscale adottate negli anni più recenti, con una riduzione dell'evasione fiscale e contributiva di 24,1 miliardi nel 2021 rispetto al livello di quasi 107,8 miliardi nel 2016, di cui 23,6 miliardi relativi alle sole entrate tributarie.
  Nel 2021, viene rilevato nella Relazione, il tax gap complessivo si è attestato a 83,6 miliardi, di cui circa 73,2 miliardi di mancate entrate tributarie e 10,4 miliardi di mancate entrate contributive, con una diminuzione di 2,7 miliardi (-3,1 per cento) rispetto al 2020, di cui 2,2 miliardi sono relativi all'evasione fiscale (-2,9 per cento rispetto al 2020) e 0,5 miliardi all'evasione contributiva (-4,3 per cento rispetto al 2020). L'aumento del gap IRPEF di circa 2,1 miliardi di euro, di cui 0,1 miliardi per i lavoratori dipendenti irregolari e quasi 2 miliardi per lavoratori autonomi e le imprese, si contrappone alla riduzione del gap IVA (-3,9 miliardi), del gap da locazioni (-336 milioni) e del gap IMU (-135 milioni); parallelamente, si registra una sostanziale stabilità del gap in livelli per l'IRES (+33 milioni), l'IRAP (+86 milioni) e le accise (+31 milioni).
  Lo stesso andamento positivo risulta confermato dalla propensione al gap delle entrate tributarie (ovvero l'indicatore costruito come rapporto tra l'ammontare del tax gap e l'ammontare complessivo del gettito teorico o potenziale). La propensione all'evasione si è ridotta di 5,7 punti percentuali, passando dal 21,0 per cento nel 2016 al 15,3 per cento nel 2021. Anche in questo caso, il miglioramento della tax compliance più consistente si registra per l'IVA, per la quale la propensione all'evasione si riduce di 12,3 punti percentuali, passando dal 26,2 per cento nel 2016 al 13,8 per cento nel 2021.
  Il miglioramento della compliance IVA – osserva il Governo – è confermato anche dalla stima della Commissione europea, secondo la quale la propensione all'evasione IVA passa dal 26,7 per cento nel 2016 al 10,8 per cento nel 2021. Viene, tuttavia, evidenziato che nonostante il notevole miglioramento degli anni recenti, a livello comparativo, il gap IVA in Italia risulta comunque al quinto posto nella classifica degli Stati membri a più alta evasione, dopo Romania, Malta, Grecia e Lituania.
  Il Governo pone, altresì, in evidenza che i risultati raggiunti nel 2021 sono molto confortanti in vista degli obiettivi di riduzione del tax gap previsti dal PNRR, nell'ambito delle misure correlate alla «Riforma dell'Amministrazione fiscale». Questi obiettivi prevedono che la propensione all'evasione (relativa al complesso delle imposte con l'esclusione delle imposte immobiliari e delle accise) si riduca nel 2024 del 15 per cento rispetto al valore di riferimento nel 2019 (Missione 1, Componente 1 del PNRR, Target M1C1-121), ossia al 15,7 per cento. È previsto uno step intermedio (Target M1C1-116) nel 2023, con un target di riduzione del 5,0 per cento rispetto al valore di riferimento del 2019, ossia pari al 17,6 per cento. Nel testo si osserva che gli ultimi dati pubblicati nell'Aggiornamento, collocano la stima al 15,2 per cento nel 2021, con una riduzione del 17,8 per cento rispetto all'indicatore base del 2019 (18,5 per cento). Alla luce di questi risultati, i due obiettivi del PNRR sarebbero, quindi, già raggiunti. Nel testo si rappresenta inoltre che l'azione di contrasto all'evasione fiscale è tra gli obiettivi principali della legge delega al Governo per la riforma fiscale.
  Rammenta che la legge delega mira a consolidare e rafforzare alcuni strumenti già esistenti e introdurne di nuovi per definire ed attuare azioni mirate di intervento, che potranno contribuire con maggiore efficacia alla riduzione del tax gap. Per potenziare le analisi del rischio, la delega, infatti, prevede la completa interoperabilità delle banche dati, la piena utilizzazione dei dati del sistema informativo dell'Anagrafe tributaria, il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale, nel rispetto della disciplina unionale sulla tutela dei dati personali. Inoltre, il nuovo concordato preventivo,Pag. 204 secondo il Governo, consentirà all'Amministrazione finanziaria di formulare una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall'esercizio d'impresa o dall'esercizio di arti e professioni e del valore della produzione netta, rilevanti, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive. La proposta di concordato è elaborata dall'Agenzia delle entrate, in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente e comunque nel rispetto della sua capacità contributiva, sulla base di una metodologia che valorizza le informazioni già nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria, limitando l'introduzione di nuovi oneri dichiarativi.
  Infine, il Governo precisa che prevede non solo di destinare le maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo, secondo la consueta metodologia già in vigore, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, ma anche di destinare al Fondo per l'attuazione della delega fiscale (articolo 62, comma 1, del decreto legislativo del 27 dicembre 2023, n. 209) le maggiori entrate erariali, per il biennio 2024-2025, derivanti dall'introduzione della disciplina del concordato preventivo biennale, nella misura determinata sulla base del monitoraggio effettuato dal Dipartimento delle finanze e dall'Agenzia delle entrate (articolo 40, comma 3, del decreto legislativo del 12 febbraio 2024, n. 13).
  Formula dunque una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).
  Comunica quindi che il gruppo PD ha presentato una proposta di parere alternativa (vedi allegato 2). Avverte che una proposta di parere alternativa è stata presentata anche dal gruppo M5S (vedi allegato 3). Entrambe le proposte sono a disposizione dei colleghi e saranno poste in votazione solo ove fosse respinta la proposta di parere favorevole formulata dai relatori.

  Emiliano FENU (M5S) illustra i contenuti della proposta di parere contrario, alternativa a quella del relatore, presentata dal proprio gruppo parlamentare.
  In primo luogo, rammenta che il DEF non riporta il profilo programmatico, limitandosi a confermare il quadro tendenziale prospettato con la NADEF 2023. Evidenzia altresì che per il 2024 il tasso di crescita del PIL appare impercettibile, attestandosi all'1 per cento nell'anno di riferimento; esso si prospetta pari all'1,2 per cento nel 2025, e all'1,1 per cento e allo 0,9 per cento, rispettivamente, nei due anni successivi. Rammenta che secondo gli ultimi dati diffusi da Istat, nel 2023 l'incidenza dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche rispetto al PIL si è attestata al 7,4 per cento.
  Al riguardo, a suo parere non appaiono convincenti le motivazioni fornite dal Ministro dell'economia e delle finanze legate alla riforma della governance economica europea, dal momento che allo stato attuale vige ancora l'articolo 10 della legge di contabilità nazionale e, pertanto, Governo e Parlamento sono tenuti a rispettare i contenuti e le prescrizioni di programmazione economica in esso recati.
  Stigmatizza inoltre la colpevolizzazione della misura del bonus 110 per cento come capro espiatorio della difficoltà del Governo di tracciare un quadro programmatico, in considerazione degli effetti positivi che la misura ha avuto, a suo parere, come volano dell'economia.
  Rammenta al riguardo che nell'ultima Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva era stato evidenziato che, grazie ai bonus edilizi, vi era stata un'emersione di gettito IVA pari al 2,6 per cento del PIL, di ammontare pari circa 50 miliardi, riguardante il solo settore delle costruzioni. Evidenzia che il suo gruppo ha chiesto in più occasioni al Governo di avere i dati concernenti anche l'emersione di gettito relativo ad altre imposte senza che, tuttavia, l'Esecutivo abbia fornito informazioni in merito; ciò, a suo parere, in ragione dell'impatto dirompente che potrebbe derivare dalla diffusione di siffatti dati.
  Ricorda, con riferimento ai profili di stretta competenza della Commissione Finanze, che tra i principali fattori che dovrebbero sostenere il quadro tendenziale vi sono le misure per il sostegno al potere di acquisto delle famiglie e l'incremento del Pag. 205reddito disponibile; tra di esse menziona in particolare la riduzione del cuneo fiscale, prevista a normativa vigente solo per l'anno 2024, in relazione alla quale il DEF non offre alcuna previsione e garanzia per le annualità successive. Nonostante l'introduzione di tali incentivi, evidenzia tuttavia che l'ISTAT ha certificato come nel quarto trimestre 2023 la pressione fiscale sia stata pari al 50,3 per cento, in aumento di 1,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, mentre il reddito lordo disponibile e la spesa per consumi finali delle famiglie consumatrici sono diminuiti.
  Sotto un diverso profilo ritiene necessario, altresì, che si smetta di demonizzare lo strumento della cessione del credito, utilizzato anche dall'Esecutivo in relazione a incentivi diversi da quelli concessi nel settore edilizio. A suo parere, l'insieme di agevolazioni citate hanno costituito l'unico strumento valido per spendere rapidamente ed efficacemente le risorse del PNRR.
  Nel ribadire il parere contrario alla proposta di parere del relatore, evidenzia come l'obiettivo perseguito dal Governo sin dall'inizio della legislatura, confermato con il Documento in esame, sembri essere quello di contrastare la spinta inflazionistica, non con la finalità di tutelare il potere d'acquisto delle famiglie, ma piuttosto di avvantaggiare i grandi patrimoni.
  Nel ribadire il parere contrario alla proposta di parere del relatore, evidenzia come il contrasto alla spinta inflazionistica sembri finalizzato, più che alla tutela del potere d'acquisto delle famiglie, ad avvantaggiare i grandi patrimoni. Si tratta di una linea d'azione perseguita dal Governo sin dall'inizio della legislatura e confermata con il Documento in esame.

  Bruno TABACCI (PD-IDP), nel richiamare la proposta di parere alternativo presentata dal suo gruppo, ribadisce che la questione di fondo riguarda la circostanza per cui l'Esecutivo, nel DEF, ha offerto solo il quadro tendenziale, senza fornire il quadro programmatico e dunque senza informare il Parlamento delle modalità con cui intende provvedere a futuri interventi; ciò, oltre ad apparire in contrasto con le prescrizioni della legge di contabilità e finanza pubblica – contenute nell'articolo 10, comma 2, lettera a) della legge n. 196 del 2009 – sembra lasciar trasparire l'intento del Governo di voler agire, in futuro, senza vincoli predeterminati.
  Evidenzia che il quadro programmatico è stato rinviato al momento della predisposizione del Piano strutturale di bilancio di medio termine, che va presentato all'Unione europea entro il 20 settembre. Rammenta che l'omissione del quadro programmatico, in passato, è stata una prassi utilizzata da Governi dimissionari ovvero da esecutivi di natura tecnica; evidenzia tuttavia che in questo caso si tratta di una scelta di natura prettamente politica e non certamente tecnica, avendo l'attuale Esecutivo rivendicato in più occasioni la responsabilità politica delle proprie decisioni.
  Ricorda che nel primo anno di transizione verso le nuove regole di governance economica europea, a fronte di una programmazione che può svolgersi su base settennale, il Governo italiano ha deciso di programmare i propri interventi con una prospettiva temporale trimestrale. Si tratta di una scelta che, a suo parere, lascia trasparire l'intento dell'Esecutivo di rinviare le proprie decisioni al 20 settembre, in attesa dei nuovi equilibri politici che verranno delineati dalle prossime elezioni europee.
  Reputa che la scelta di omettere il quadro programmatico possa alternativamente ascriversi ad un atto di furbizia riconducibile ad una precisa strategia politica, ovvero a una decisione presa senza considerarne adeguatamente le conseguenze, un vero e proprio salto nel buio.
  Sotto un profilo sostanziale, il DEF non indica le coperture per le misure che dovranno essere approvate dal Governo nel futuro; alla luce dell'assetto normativo attuale, stima che saranno necessari importi oscillanti tra i 20 e i 30 miliardi di euro, se non si intende rinunciare al rifinanziamento di alcune rilevanti misure in favore dei contribuenti, tra cui la riforma dell'Irpef e le misure di detassazione delle retribuzioni. Si tratta di un complesso di misure, tra l'altro, di natura temporanea e Pag. 206destinate a sostenere le fasce di reddito maggiormente colpite dal cosiddetto fiscal drag.
  Esprime, complessivamente, un giudizio politicamente negativo sul documento in esame. Ritiene che il Governo avrebbe dovuto agire in modo più ordinato, sia dal punto di vista del rispetto delle regole contabili, sia con riferimento all'equilibrio nei rapporti con il Parlamento; tale atteggiamento si riflette nell'esame di altri provvedimenti, quali il disegno di legge sull'autonomia differenziata.
  Ritiene che l'atteggiamento dell'Esecutivo sia caratterizzato da superficialità. Richiama, al riguardo, le recenti polemiche sull'attribuzione di responsabilità alla Ragioneria Generale dello Stato in ordine alle stime dei costi dei bonus edilizi, nonché del loro impatto sui conti pubblici nazionali, che giudica vergognose. Rammenta infatti che – a dispetto dell'attribuzione di responsabilità a organi tecnici o a precedenti Governi – gli incentivi menzionati sono stati difesi da pressoché tutte le forze politiche, anche nelle aule parlamentari, ivi comprese le forze di maggioranza.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore (vedi allegato 1).

  Marco OSNATO, presidente e relatore, comunica che, a seguito dell'approvazione della proposta di parere del relatore, risultano precluse le proposte di parere alternativo presentate dai gruppi PD e M5S, che non saranno pertanto poste in votazione.

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
C. 1665 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Marco OSNATO, presidente, invita il relatore, onorevole Centemero, a illustrare i contenuti del provvedimento e a formulare una proposta di parere.

  Giulio CENTEMERO (LEGA), relatore, ricorda che la Commissione Finanze è chiamata a esaminare – ai fini del parere da rendere alla I Commissione Affari Costituzionali – il disegno di legge n. 1665, recante Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Rammenta che il provvedimento – che consta di 11 articoli – è stato approvato dal Senato, che ha apportato al disegno di legge consistenti modifiche.
  Nel rinviare per una disamina più approfondita alla documentazione predisposta dagli uffici, fa presente che l'articolo 1 indica, al comma 1, le finalità del provvedimento, precisando come lo stesso sia volto a definire i principi generali per l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, per la modifica e la revoca delle stesse, nonché le modalità procedurali di approvazione delle intese tra lo Stato e una regione.
  Il comma 2 dell'articolo 1 subordina l'attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, alla previa determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, nel rispetto dei principi sanciti dall'articolo 119 della Costituzione.
  L'articolo 2 disciplina quindi il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e regione.
  In particolare, si prevede che la regione, sentiti gli enti locali e secondo le modalità e le forme stabilite nell'ambito della propria autonomia statutaria, deliberi la richiesta di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.Pag. 207 Tale richiesta è trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, cui è demandato l'avvio del negoziato.
  All'avvio del negoziato si procede dopo che sia stata acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'individuazione delle necessarie risorse finanziarie da assegnare ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale.
  La norma disciplina inoltre l'approvazione dello schema di intesa preliminare da parte del Consiglio dei ministri e la relativa trasmissione alla Conferenza unificata per l'espressione del parere. La disposizione prevede che, dopo che la Conferenza unificata abbia reso il parere (e comunque una volta decorso il relativo termine) lo schema di intesa preliminare sia immediatamente trasmesso alle Camere per l'esame da parte dei competenti organi parlamentari, che si esprimono con atti di indirizzo, secondo i rispettivi regolamenti, entro novanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di intesa preliminare, udito il Presidente della Giunta regionale interessata.
  Quanto alle modalità di approvazione dello schema di intesa definitivo, si prevede che esso sia predisposto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, valutato il parere della Conferenza unificata e sulla base degli atti di indirizzo resi dai competenti organi parlamentari e, in ogni caso, decorsi novanta giorni. La medesima disposizione prevede che laddove il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga di non conformarsi, in tutto o in parte, agli atti di indirizzo di cui al citato comma 4, riferisce alle Camere con apposita relazione, nella quale fornisce adeguata motivazione della scelta effettuata. Tale schema di intesa definitivo è quindi trasmesso alla regione interessata, che lo approva secondo le modalità e le forme stabilite nell'ambito della propria autonomia statutaria, assicurando la consultazione degli enti locali. Il comma 6 stabilisce che, con lo schema di intesa definitivo, il Consiglio dei ministri deliberi un disegno di legge di approvazione dell'intesa che, ai sensi del successivo comma 8, è immediatamente trasmesso alle Camere per la deliberazione ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  L'articolo 3 delinea la procedura per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie di cui al citato articolo 116, terzo comma, ivi elencate, la quale ruota intorno al potere del Governo di adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, uno o più decreti legislativi. La disposizione in esame demanda, inoltre, a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri l'aggiornamento periodico dei LEP, nonché la determinazione e l'aggiornamento di costi e fabbisogni standard con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  L'articolo 4 stabilisce i princìpi per il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, attinenti a materie o ambiti di materie riferibili ai LEP, che può avvenire soltanto dopo la determinazione dei LEP medesimi e dei relativi costi e fabbisogni standard, e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Quanto alle funzioni relative a materie o ambiti di materie diverse da quelle riferibili ai LEP, si precisa che il trasferimento può essere effettuato nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente.
  L'articolo 5 disciplina, al comma 1, l'istituzione di una Commissione paritetica Stato-regione-autonomie locali, con il compito di formulare proposte per l'individuazione dei beni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l'esercizio da parte della regione delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia oggetto di conferimento.
  Con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, sottolinea che il comma 2 dell'articolo 5 indica come fonte di finanziamento la compartecipazione regionale ad uno o più tributi erariali maturati nel territorio della regione, demandando all'intesa di cui all'articolo 2 del disegno di legge in esame l'individuazionePag. 208 dei tributi medesimi, nel rispetto del principio contabile della copertura delle leggi di spesa, nonché dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione.
  L'articolo 6 stabilisce che le funzioni trasferite alla regione in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, sono attribuite, nel rispetto del principio di leale collaborazione, a comuni, province e città metropolitane dalla medesima regione, in conformità all'articolo 118 della Costituzione, contestualmente alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie.
  L'articolo 7 reca disposizioni in materia di durata delle intese e di successione di leggi nel tempo.
  L'articolo 8 definisce procedure di monitoraggio da parte della Commissione paritetica degli aspetti finanziari connessi all'attuazione dell'intesa.
  L'articolo 9 reca la clausola di invarianza finanziaria con riferimento all'applicazione del provvedimento e di ciascuna intesa che ne derivi. Si prevede, quindi, che il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard sia attuato nel rispetto delle norme vigenti in materia di copertura finanziaria delle leggi e degli equilibri di bilancio e si garantisce, per le singole regioni che non siano parte delle intese, l'invarianza finanziaria nonché il finanziamento delle iniziative finalizzate ad attuare le previsioni di cui all'articolo 119, terzo, quinto e sesto comma, della Costituzione. La disposizione in esame garantisce, inoltre, l'invarianza dell'entità e della proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre regioni nonché la perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
  L'articolo 10, comma 1, stabilisce che, per le finalità ivi indicate, anche nei territori delle regioni che non concludono le intese, lo Stato, in attuazione dell'articolo 119, commi terzo e quinto, della Costituzione, promuove l'esercizio effettivo dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti dallo Stato e dalle amministrazioni regionali e locali nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione, previa ricognizione delle risorse allo scopo destinabili. A tal fine, il medesimo comma provvede ad elencare una serie di fonti di risorse destinabili agli scopi indicati.
  Segnala, per i profili di interesse della Commissione, il comma 2, che precisa che trova comunque applicazione la normativa – di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n. 68 del 2011, in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 2 (Princìpi generali del diritto tributario nazionale) della legge n. 111 del 2023 (Delega al Governo per la riforma fiscale) – volta ad assicurare l'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario attraverso la cosiddetta fiscalizzazione dei trasferimenti statali, anche nel quadro dell'attuazione della milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) relativa alla Riforma del quadro fiscale subnazionale.
  L'articolo 11 reca, infine, disposizioni transitorie e finali.
  Formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  Claudio Michele STEFANAZZI (PD-IDP) manifesta il proprio dissenso rispetto alle modalità con cui la Commissione Finanze – come peraltro tutti gli altri organi parlamentari chiamati a esprimersi sul provvedimento – sta esaminando il disegno di legge in materia di autonomia differenziata.
  Giudica infatti tale esame sbrigativo e superficiale, soprattutto in considerazione dell'impatto che l'intervento normativo avrà sul sistema Paese.
  Rileva, in primo luogo, come tale provvedimento si ponga in netta contraddizione con la tendenza all'accentramento che ha sinora caratterizzato l'azione dell'Esecutivo.
  Al riguardo, sottolinea che gli interventi della struttura di missione del PNRR operante presso la Presidenza del Consiglio dei ministri si sono tradotti in tagli lineari delle relative risorse, con effetti negativi più che proporzionali nelle regioni del Mezzogiorno.
  Stigmatizza altresì i ritardi – imputabili alla medesima struttura – che hanno caratterizzato la gestione degli iter autorizzatoriPag. 209 e di concessione dei contributi alle zone economiche speciali, che ne hanno di fatto paralizzato l'operatività, rilevando come analoghe disfunzioni si siano verificate nell'attività di gestione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, anch'essa attratta nell'ambito di competenze della Presidenza del Consiglio.
  Segnala, poi, il depotenziamento del fondo di perequazione infrastrutturale, la cui dotazione finanziaria non era particolarmente consistente e che, tuttavia, sotto il profilo politico era indicativo della necessità di colmare il divario concernente la gestione della fiscalità pubblica, che ha finanziato la realizzazione di molte più infrastrutture nelle regioni del nord rispetto alle regioni meridionali. Reputa che anche l'istituzione delle zone logistiche semplificate agevoli pressoché esclusivamente le regioni del nord, rammentando peraltro che la relativa disciplina è stata mutuata da quella relativa alle zone economiche speciali, nonostante lo stesso ministro Fitto ne avesse riconosciuto l'inadeguatezza.
  Ritiene che i provvedimenti testé ricordati attestino l'intrinseca contraddittorietà dell'azione dell'Esecutivo, che da un lato propone un modello neocentralista, dall'altro si fa promotore dell'autonomia differenziata.
  In tale contesto, si interroga sulle effettive possibilità per le regioni meridionali di accedere a ulteriori forme di autonomia, dal momento che gran parte delle potestà programmatorie e di spesa sono state trasferite allo Stato centrale.
  Ribadisce quindi come il Parlamento, dall'inizio della legislatura in corso, sia stato costantemente esautorato e come anche in questa occasione i parlamentari – inclusi quelli di maggioranza – debbano rinunciare a un effettivo dibattito sul provvedimento. Si tratta di una vera e propria umiliazione della Commissione Finanze e del Parlamento tutto, sia nella fase attuale di esame e approvazione del provvedimento, senza possibilità di apportarvi modifiche, che nella successiva fase di attuazione della riforma, quando le regioni contratteranno direttamente con il Governo i limiti della propria autonomia.
  Ritiene che tale modalità di procedere finisca per snaturare le dinamiche della forma di governo parlamentare, e reputa estremamente grave, e molto triste, che ciò stia avvenendo nel silenzio assoluto del Parlamento.
  Quanto al merito del provvedimento, sottolinea come l'articolo 5, nella parte in cui demanda alle intese tra Stato e regione l'individuazione delle quote di compartecipazione della regione medesima ai tributi erariali maturati nel territorio regionale, rappresenti un passaggio prodromico all'abdicazione, da parte dello Stato, della cura dell'interesse generale dei cittadini, indipendentemente dal luogo dove essi risiedono. Ritiene che tale disposizione dovrebbe essere oggetto di approfondito dibattito nella Commissione Finanze, trattandosi di un aspetto determinante della riforma. Evidenzia altresì come persino presso la Commissione parlamentare per le questioni regionali – di cui è vicepresidente – si sia approvato un parere favorevole sul provvedimento, senza procedere ad alcun approfondimento sul testo.
  Rileva, in conclusione, come le modalità di esame del provvedimento costituiscano un precedente gravissimo e dichiara quindi il voto contrario del proprio gruppo sulla proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  Angela RAFFA (M5S) associandosi alle considerazioni svolte dal collega Stefanazzi, preannuncia la presentazione da parte del suo gruppo di una proposta di parere contrario, alternativa a quella formulata dal relatore, e ne illustra il contenuto.
  Evidenzia quindi come il disegno di legge sull'autonomia differenziata risulti, a suo avviso, indeterminato, dando attuazione ad un processo potenzialmente di amplissima portata, senza certezza alcuna in merito al quadro ordinamentale e procedurale che lo accompagnerà. Rileva inoltre che l'autonomia differenziata non può prescindere dal rispetto della coesione sociale del Paese e come l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia dovrebbe essere improntata a gradualità, nonché a funzioni puntuali. Il tenore letterale del provvedimentoPag. 210 rende invece evidente il rischio di ritrovarsi un corpus normativo frammentato tra regioni ordinarie ad autonomia differenziata, regioni ordinarie ad autonomia non differenziata e regioni a statuto speciale per tutte o ciascuna di tali materie.
  Rammenta altresì che l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), in audizione presso la Commissione parlamentare per le questioni regionali, ha sottolineato come la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) per le materie escluse non impedisca comunque che possano essere richieste forme e condizioni di particolare autonomia con riferimento alle stesse materie, rimarcando la necessità di tutelare l'imprescindibile esigenza del rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria, nonché garantire la tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica, in fase di definizione delle intese.
  Ritiene pertanto che l'autonomia differenziata, come definita dal provvedimento in esame, potrebbe portare a effetti territoriali differenziati in merito al livello di efficienza ed efficacia dei servizi e che il meccanismo di finanziamento alle regioni ivi previsto potrebbe comportare in assenza di vincoli di destinazione, scelte discrezionali degli enti territoriali in merito al relativo utilizzo, che rischiano di accentuare ulteriormente la frammentazione territoriale e il divario dei livelli dei servizi.
  Sul piano strettamente fiscale, evidenzia che l'assegnazione di margini di manovrabilità agli enti territoriali con riferimento ai tributi propri potrebbe avrebbe come conseguenza anche la possibilità di regimi fiscali differenziati da regione a regione che, oltre ad effetti sul piano della concorrenza, potrebbero incidere negativamente sullo sviluppo locale e la valorizzazione del territorio, sul piano della garanzia delle risorse per le funzioni attribuite e l'erogazione dei relativi servizi. Ritiene che il provvedimento non assicuri neppure adeguati presidi di controllo in merito all'impiego delle risorse e al raggiungimento effettivo dei livelli essenziali dei servizi su tutto il territorio nazionale, limitandosi a prevedere il carattere facoltativo delle verifiche.
  Stigmatizza la mancata individuazione dei criteri di revisione della compartecipazione al fine di garantire l'evoluzione delle risorse nel tempo, in quanto l'andamento del gettito potrebbe non seguire l'andamento dei fabbisogni necessari al mantenimento dei livelli dei servizi. Sottolinea che tale esigenza sussiste non solo nel caso di compartecipazione inferiore al fabbisogno, con necessità di meccanismi di reintegro, ma anche nel caso inverso di compartecipazioni eccedenti il fabbisogno.
  Conclusivamente, osserva che l'eccesso di risorse in favore di una regione rischia di comportare, se non appositamente disciplinato, la riduzione di risorse per le altre amministrazioni pubbliche, con conseguente possibile riduzione della spesa pubblica o aumenti della pressione fiscale ai danni di cittadini delle altre regioni.
  Dichiara quindi il voto contrario del proprio gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

  Toni RICCIARDI (PD-IDP) evidenzia innanzitutto come il contenuto del disegno di legge prefiguri un modello di regionalismo concorrenziale e come la riforma rappresenti un vero e proprio scempio, operato dalla maggioranza sulla base di motivazioni che non appaiono chiare.
  Quanto all'iter del provvedimento, fa presente che in Commissione Affari Costituzionali sono stati presentati circa 2.400 emendamenti, la cui discussione non è ancora iniziata.
  Ritiene pertanto inopportuno che la Commissione Finanze – chiamata a rendere un parere su profili assolutamente determinanti del provvedimento – si esprima su un testo che è suscettibile di essere modificato. Chiede pertanto alla presidenza di valutare l'opportunità di rinviare l'esame del disegno di legge, anche in considerazione della circostanza che il provvedimento non è corredato dalla relazione tecnica che ne quantifichi gli oneri.
  Pur esprimendo apprezzamento per le capacità di mediazione che la presidenza ha sempre manifestato nell'organizzazione dei lavori della Commissione, ribadisce come in questa occasione non vi siano, a suo avviso, i presupposti per votare il parere. Pag. 211Rileva che la calendarizzazione del provvedimento in Assemblea per il prossimo 29 aprile rappresenti un'inaccettabile forzatura, imputabile all'ostinazione del ministro Calderoli e alla volontà di fare un uso propagandistico della riforma, in vista delle elezioni europee.

  Bruno TABACCI (PD-IDP) sottolinea che il disegno di legge in esame è suscettibile di determinare una fiscalità «a macchia di leopardo», e investe in modo rilevante gli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
  Richiama quindi il contenuto dell'articolo 2, comma 5, oggetto di un'illustrazione estremamente sintetica da parte del relatore. Ritiene che si tratti, invece, di una disposizione che merita un supplemento di riflessione, in quanto prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, valutato il parere della Conferenza unificata e sulla base degli atti di indirizzo dei competenti organi parlamentari – e comunque una volta decorso il termine di novanta giorni – predispone lo schema di intesa definitivo al termine di un ulteriore negoziato, ove necessario.
  Ritiene inaccettabile che gli organi parlamentari siano estromessi da questa ulteriore fase di negoziato nel caso in cui il negoziato medesimo verta su profili che siano stati oggetto di rilievi da parte delle Commissioni parlamentari, ovvero concerna ambiti nuovi, non esaminati dalle stesse.
  Nella riforma prefigurata dal Governo la responsabilità fiscale di ciascuna Regione risulta rimessa alle determinazioni del Presidente del Consiglio e del Presidente della regione interessata, in una dinamica che si esaurisce tra questi due soggetti e che non potrà che avere effetti drammatici, poiché le decisioni assunte in esito a tale negoziato saranno necessariamente influenzate dal peso politico delle singole regioni anziché essere guidate, così come dovrebbero, da considerazioni di interesse generale.
  Chiede un chiarimento su tale aspetto.

  Marco OSNATO, presidente, comunica che il gruppo PD ha presentato una proposta di parere alternativa (vedi allegato 5). Avverte che una proposta di parere alternativa è stata presentata anche dal gruppo M5S (vedi allegato 6). Entrambe le proposte sono a disposizione dei colleghi e saranno poste in votazione solo ove fosse respinta la proposta di parere favorevole formulata dai relatori.
  Pone quindi in votazione la proposta di parere formulata dal relatore.

  Toni RICCIARDI (PD-IDP) invita nuovamente la presidenza a rinviare la votazione sul parere.

  Bruno TABACCI (PD-IDP) rileva come non sia stata data risposta alla questione da lui avanzata.

  Marco OSNATO, presidente, rilevato che non vi sono i presupposti per un rinvio dell'esame del provvedimento ad altra seduta, fa presente che la proposta di parere del relatore è stata posta in votazione.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore (vedi allegato 4).

  La seduta termina alle 12.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 23 aprile 2024.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.55 alle 13.