CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 23 aprile 2024
294.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Martedì 23 aprile 2024. — Presidenza del presidente Nazario PAGANO. – Interviene il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli.

  La seduta comincia alle 9.35.

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
C. 1665, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 22 aprile 2024.

  Nazario PAGANO, presidente, dopo aver ricordato che nella seduta di ieri sono state pronunciate le dichiarazioni di inammissibilità di talune proposte emendative, fa presente che sono pervenute le richieste di riesame di alcune valutazioni di inammissibilità. Con riferimento alla richiesta di riesame della valutazione di inammissibilità per estraneità di materia e per carenza di copertura dell'emendamento Francesco Pag. 48Silvestri 6.118 e della valutazione di inammissibilità per estraneità dell'emendamento Francesco Silvestri 6.119, la Presidenza, effettuato un supplemento di istruttoria, ritiene che essi, essendo relativi alla devoluzione anche all'ente Roma Capitale di funzioni amministrative in alcune materie di legislazione concorrente, possano essere riammessi all'esame con riferimento all'oggetto. Tuttavia l'emendamento Francesco Silvestri 6.118 non può essere riammesso sotto il profilo della carenza della copertura in quanto, a fronte di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante un maggior onere, non provvede alla previa determinazione dei mezzi per farvi fronte. Quanto invece alla richiesta di riesame della valutazione di inammissibilità per carenza di copertura degli emendamenti Faraone 9.8 e Boschi 9.14, la Presidenza, effettuato un supplemento di istruttoria, conferma il giudizio di inammissibilità, in quanto: relativamente all'emendamento Faraone 9.8, esso è volto a sopprimere la clausola di invarianza finanziaria recata dal comma 1 dell'articolo 9, ossia una norma «di chiusura» a garanzia degli equilibri di finanza pubblica in base alla quale dall'applicazione del provvedimento e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; relativamente all'emendamento Boschi 9.14, esso individua, a fronte di un maggior onere pari a 70 miliardi di euro annui dal 2025 per l'istituzione di un fondo perequativo destinato a compensare gli effetti finanziari derivanti dall'attuazione della presente legge e a garantire uniformemente i LEP su tutto il territorio nazionale, una copertura per il medesimo importo individuata mediante interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica ed, eventualmente, la riduzione dell'importo delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti, la quale non risulta idonea al conseguimento dell'obiettivo.
  Ricorda quindi che – secondo quanto convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi – nella seduta odierna avrà luogo la discussione sul complesso delle proposte emendative, che dovrà esaurirsi entro le ore 11.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), prima di svolgere l'intervento sul complesso delle proposte emendative, inoltra la formale richiesta alla Presidenza di poter acquisire dal Governo la relazione tecnica sull'impatto economico del disegno di legge in esame sui conti dello Stato. Evidenzia infatti come nel corso delle audizioni sia stato ampiamente posto il tema – che per il Partito democratico è dirimente – delle risorse finanziarie necessarie a sostenere l'esercizio delle funzioni che dovranno essere trasferite alle regioni e rammenta che il disegno di legge contiene una clausola di invarianza finanziaria. Consegna quindi la formale richiesta del Partito democratico di poter acquisire la relazione finanziaria, ritenuta essenziale in considerazione del fatto che la stessa riforma dell'autonomia differenziata prevede che i LEP debbano non solo essere determinati, ma anche garantiti su tutto il territorio nazionale. Chiede che il Governo presenti la relazione quanto prima.

  Nazario PAGANO, presidente, nell'evidenziare che del tema si occuperà anche la Commissione Bilancio, chiamata a rendere un parere sul disegno di legge, fa presente che la richiesta avanzata dal Partito democratico sarà oggetto di valutazione nella prossima riunione dell'ufficio di presidenza della Commissione.

  Alfonso COLUCCI (M5S), preliminarmente si associa alla richiesta del Partito democratico di acquisizione dal Governo della relazione tecnica, sottoscrivendo l'istanza. Intervenendo poi sul complesso degli emendamenti, sottolinea come le proposte avanzate dal Movimento 5 Stelle abbiano prevalentemente un contenuto di merito e si dichiara disposto a sfoltire la restante parte degli emendamenti, dal contenuto ostruzionistico, purché sia possibile svolgere un esame approfondito nel merito.
  Esprime rammarico per il fatto che la maggioranza non abbia presentato emendamenti al disegno di legge, accettandone Pag. 49integralmente il contenuto, e ritiene che ciò sia emblematico della forza del patto politico concluso tra Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia, interessati rispettivamente alla riforma del premierato, dell'autonomia differenziata e della separazione delle carriere di magistratura, stigmatizzando come l'unico collante della maggioranza sia un accordo di potere.
  Nel merito, sottolinea che gli emendamenti presentati dal Movimento 5 Stelle sono volti a correggere le storture del disegno di legge. In particolare, evidenzia che l'emendamento 1.30, a sua prima firma, è volto a precisare che oggetto di trasferimento non possono essere le materie, bensì le singole funzioni e i compiti relativi alle materie; fa presente che si tratta di una interpretazione costituzionalmente orientata in quanto viceversa, se si pensasse di trasferire le materie, si agirebbe in violazione dell'articolo 117 della Costituzione, senza attivare un procedimento di revisione costituzionale. Ritiene che su questo emendamento potrebbe convergere anche la maggioranza, se non fosse vincolata rigidamente all'impegno di approvare questa riforma in seconda lettura, nel testo già licenziato dal Senato, prima delle elezioni europee, e si chiede se, per un fine particolare e contingente, come le elezioni, si possa sacrificare la tenuta della Costituzione e il rispetto dell'articolo 138.
  Pur sottolineando che il Movimento 5 Stelle è da sempre a favore dell'autonomia, ritenendo che la valorizzazione di ambiti territoriali sia un elemento di arricchimento, afferma che questa forma di regionalismo differenziato, proposta dal Governo, non è idonea a valorizzare le istanze di autonomia ma piuttosto comporta forme di frazionamento, se non di discriminazione e emarginazione. Rileva, infatti, che questo impianto porta a un regionalismo competitivo, violando il principio di solidarietà che è il fulcro della nostra Costituzione, e provocando un effetto pernicioso per la nostra crescita e coesione sociale, mettendo i cittadini e le imprese di una regione in contrapposizione con quelli delle altre regioni. Evidenzia come questo regionalismo competitivo contrasti con i concetti di unità e indivisibilità dello Stato – affermati dall'articolo 5 della Costituzione – oltre che con il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, e con i più basilari principi economici che hanno dimostrato come la coesione sociale sia fattore di sviluppo della nostra collettività.
  Sottolinea inoltre come la riforma, provocando frazionamento, si ponga anche in contraddizione con la dimensione europea: se da una parte, infatti, si tende verso il trasferimento di sempre più ampie porzioni di sovranità all'Unione europea, e si auspica il progressivo accentramento delle funzioni presso l'Unione in settori quali la difesa comune, l'unità finanziaria o la politica estera, dall'altra in Italia assistiamo a un'ipotesi di proliferazione di ordinamenti giuridici regionali, particolari, che si sviluppano in assenza di un quadro unitario delle discipline differenziate che si introducono. Afferma che la riforma produce una contraddizione insanabile tra i particolarismi ordinamentali regionalistici, che mira a creare, e la dimensione sovranazionale e internazionale del nostro Paese.
  Affermando che questa visione contraddittoria provocherà dal punto di vista giuridico un proliferare di conflitti di attribuzione, sottolinea soprattutto quelle che saranno le conseguenze economiche e sociali. Ritiene infatti che sia impensabile che politiche globali – come ad esempio quelle relative all'ambiente o allo sviluppo energetico del Paese, o ai trasporti – possano essere attuate in modo frammentario con il regionalismo differenziato. Ricorda poi come nel corso delle audizioni siano stati sottolineati gli effetti devastanti che la riforma potrà produrre sulla sanità. Rammenta in particolare le affermazioni dell'assessore al bilancio della regione Lazio, che ha evidenziato che il debito storico della sua regione – pari a centinaia di miliardi di euro – sia tale da assorbire qualsiasi margine di capienza fiscale della regione, e si chiede come potranno altre regioni, come ad esempio la Calabria, impegnare il 70 per cento del proprio residuo fiscale per la sanità trovando al contempo fondi per svolgere anche tutte le altre funzioni.Pag. 50
  Afferma l'esigenza di far precedere la devoluzione da politiche perequative e sottolinea come la sola determinazione dei LEP non sia sufficiente per realizzare la finalità perequativa affermata dall'articolo 119 della Costituzione. Ritiene che per finanziare i LEP e attuare una vera politica perequativa occorrano non meno di 100 miliardi di euro all'anno, che il Governo però non ha individuato non solo nel provvedimento in esame, ma neanche nel Documento di economia e finanza. Sottolinea, in particolare, che nel DEF presentato dal Governo manchino almeno 25 miliardi di euro, dei quali 19 miliardi per il finanziamento di misure provvisorie e i restanti essenziali per la sanità, i cui stanziamenti sono pari al 6,3 per cento del PIL, percentuale più bassa dal 2000 ad oggi al di sotto della quale il sistema sanitario nazionale non può funzionare. Per tutte queste ragioni, convinto che a breve, dopo le elezioni, il Governo presenterà una manovra correttiva, ribadisce l'esigenza di acquisire la relazione tecnica sul progetto di autonomia differenziata. Sottolinea infatti come il vizio di fondo di questa riforma risieda nel fatto che è indimostrato che il regionalismo proposto possa produrre effetti positivi in termini di bilancio e di sviluppo economico. Ricorda infatti che anche nel corso delle audizioni gli storici hanno spiegato che proprio a seguito dell'attuazione delle regioni negli anni Settanta, e del trasferimento alle regioni delle competenze sulla sanità, è esploso il debito pubblico italiano. In merito, anche la Banca d'Italia, esaminando l'attuale disegno di legge, ha evidenziato il rischio che l'attuazione della riforma metta fuori controllo il debito pubblico. Per restare agli aspetti finanziari, si chiede infine come si concili la riforma dell'autonomia differenziata con le norme del Patto di stabilità e crescita sottoscritto a livello europeo, che impediscono al nostro Paese di fare nuovo debito, rendendo così impossibile finanziare il trasferimento delle funzioni. In conclusione, riservandosi più ampi interventi nel corso dell'esame degli emendamenti, ritiene che questa riforma sia non solo anticostituzionale e contraddittoria, ma anche inattuabile; sottolinea come si tratti di una mera bandiera elettorale e si chiede quale sia il concetto di nazione che esprime la maggioranza e come possano partiti come Forza Italia accettare di sfasciare il Paese solo per rispettare un patto elettorale.

  Nazario PAGANO, presidente, prima di dare la parola all'onorevole Carfagna, fa presente che, a termini di regolamento, la durata massima degli interventi sul complesso delle proposte emendative è di venti minuti.

  Maria Rosaria CARFAGNA (AZ-PER-RE), nel preannunciare che il suo intervento sarà breve, dovendo tra l'altro allontanarsi dalla seduta per impegni concomitanti, fa presente che il suo gruppo ha presentato un numero molto limitato di proposte emendative ritenendo sostanzialmente inemendabile il testo in esame. Precisa che la contrarietà del suo gruppo, che si è astenuto in Senato dalla votazione del provvedimento, riguarda l'impostazione data al disegno di legge dal Ministro Calderoli ma non certamente il principio di autonomia. Fa presente infatti che Azione è favorevole ad una maggiore autonomia che favorisca la responsabilizzazione degli amministratori locali, che ponga i servizi più vicini ai cittadini e che favorisca il principio di trasparenza della cosa pubblica. Ciò che non può condividere è l'impostazione data dal Ministro Calderoli, priva di qualsiasi effettiva aderenza al principio appena descritto, peraltro con gravi lacune che rischiano di incidere fortemente sui rapporti tra Stato e regioni. Ricorda quindi che le proposte emendative presentate dal suo gruppo si sono concentrate su tre aspetti, vale dire livelli essenziali delle prestazioni, ruolo del Parlamento e assenza di misure perequative. Quanto al primo aspetto, fa presente che una proposta emendativa a sua prima firma intende garantire il finanziamento dei LEP e non esclusivamente la sua determinazione, peraltro dopo un complesso percorso di due anni affidato alla esclusiva potestà governativa, come previsto dal disegno di legge. Nel far presente infatti a tale proposito che una lettura Pag. 51accurata del testo in esame dimostra come i LEP non saranno finanziati, ricorda gli sforzi fatti in qualità di Ministra del Sud nel Governo Draghi per ottenere non solo la definizione di tre livelli LEP ma anche il loro finanziamento, destinando quasi due miliardi di euro nella legge di bilancio per il 2022. Manifesta il proprio sconcerto per il fatto che un importante giurista come Cassese e la stessa Presidente del Consiglio dichiarino pubblicamente che mai in Italia sono stati definiti i LEP, ritenendo che evidentemente o non conoscono la storia del nostro Paese o peggio fanno finta di non conoscerla. Al contrario esprime la convinzione che la richiamata definizione dei LEP operata durante il Governo Draghi abbia costituito una piccola rivoluzione, fornendo ai comuni italiani tra il 2022 e il 2027 risorse sufficienti a garantire che 33 su 100 bambini abbiano accesso agli asili nido pubblici, che 1 assistente ogni 5 mila abitanti possa essere assunto e che l'offerta di trasporto scolastico per i soggetti disabili raggiunga gli standard della regione Emilia-Romagna. Rileva che soprattutto è stato abbandonato l'odioso criterio della spesa storica che è alla base delle disuguaglianze che caratterizzano il nostro territorio se si considerano a titolo esemplificativo le differenze in termini di servizi ai cittadini fornite dai comuni di Monza e Giugliano, paragonabili in termini di numero di abitanti. Rileva quindi che il disegno di legge non dà alcuna garanzia in termini di finanziamento del LEP e che di conseguenza il trasferimento di alcune materia non potrà avere luogo, facendo del provvedimento in esame un provvedimento manifesto. Fa quindi presente che alcune proposte emendative del suo gruppo tentano di valorizzare il ruolo del Parlamento, considerando impensabile che su un processo che impatta significativamente sui diritti dei cittadini il Parlamento sia ridotto a passacarte del Governo, approvando a scatola chiusa le intese negoziate dal Governo senza poter far valere il proprio peso sovrano. Con riguardo alla assenza di misure perequative, fa presente che il Governo Draghi con lo stesso spirito manifestato nella determinazione dei LEP, volto a garantire i medesimi diritti per tutti i cittadini, ha destinato risorse per 4,6 miliardi di euro al Fondo per la perequazione infrastrutturale istituito dal Governo Conte. Precisa quindi che, dopo aver provveduto insieme al Ministro Giovannini ad individuare i fabbisogni territoriali, con il richiamato Fondo si intendeva contribuire a ridurre i divari territoriali, in particolar nel Mezzogiorno d'Italia, su settori quali sanità, scuola e trasporti. Aggiunge che, nell'ambito di tali iniziative, si è inserito il disegno di legge della Ministra Gelmini, volto a definire la cornice normativa di una autonomia differenziata che non andasse a discapito dei più fragili. Nel far presente quindi che il percorso corretto prevederebbe prima la perequazione e soltanto dopo la devoluzione, rileva che il Governo attuale ha di fatto azzerato il Fondo per la perequazione infrastrutturale e che in assenza di risorse il provvedimento in esame si qualifica come una sostanziale presa in giro, che operando una forzatura utilizza il principio costituzionale della differenziazione per scardinare i principi di solidarietà, coesione e unità. Nel dichiarare che il suo gruppo non ha presentato proposte emendative relative specificamente alle materie trasferibili, ipotizzando che sarebbero state dichiarate inammissibili, preannuncia il voto favorevole sugli emendamenti di tale tenore presentati dal Partito democratico, che la presidenza ha ritenuto comunque di ammettere. Richiama la proposta di riforma costituzionale di cui è prima firmataria e che intende escludere dal trasferimento alle regioni alcune materie, quali energia, trasporti, ambiente, reti infrastrutturali, sia per evitare di svuotare di senso la sovranità statale sia perché tali settori richiedono di essere inseriti in un alveo nazionale e addirittura sovranazionale. Fa presente che se tutte le regioni chiedessero il trasferimento di tutte le 23 materie previste, ci troveremmo di fronte a 20 sistemi diversi con propria burocrazia e con regole potenzialmente confliggenti le une con le altre. Con riguardo alle materie già immediatamente devolvibili, richiama le considerazioni svolte in audizione da Marco Esposito, il quale ha dichiarato che in tal caso Pag. 52si tratterebbe di trasferire 180 funzioni statali, con un'evidente frammentazione delle competenze. A riprova delle diffuse perplessità suscitate dal disegno di legge in esame, ricorda l'atto approvato dalla regione Calabria, governata da un esponente del centro destra, in cui si chiede di valutare l'impatto del trasferimento alle regioni anche con riguardo alle materie che non richiedono la determinazione dei LEP. Nel far presente quindi che il provvedimento in esame suscita perplessità a tutti livelli, preannuncia l'intenzione di dare battaglia sia in sede di esame delle proposte emendative sia in assemblea, nel tentativo di fare breccia nella sicurezza granitica del Governo e della maggioranza.

  Nazario PAGANO, presidente, ricorda che, come convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, tenutasi ieri, la discussione sul complesso delle proposte emendative si concluderà alle ore 11. Pertanto, considerato che hanno chiesto di intervenire sei onorevoli, suo malgrado si vede costretto ad invitare i colleghi a non andare oltre i 5 minuti ad intervento.

  Anna ASCANI (PD-IDP), nel dichiarare che farà il possibile per contenere il proprio intervento, fa presente tuttavia che un provvedimento come quello in esame richiede che sia consentito a ciascuno di esprimere la propria posizione, tanto più in assenza di ragioni oggettive che giustifichino l'accelerazione dei tempi imposta dalla maggioranza. Nel far presente che l'unica ragione è rappresentata dalle imminenti elezioni europee e dunque dalla scelta di barattare la discussione in Parlamento con le esigenze di un unico partito di portare a casa la riforma, ritiene non si possa consentire che la maggioranza, pur avendo strumenti e numeri per approvare qualsiasi provvedimento, decida di comprimere in tal modo i tempi di esame. Nel concordare con la collega Carfagna sulla sostanziale inemendabilità del testo, a partire dalle sue premesse, fa presente che il Partito democratico ha tentato comunque di limitare i danni. Manifesta quindi il proprio sconcerto per il fatto che un Governo di sedicenti patrioti decida di spaccare l'Italia, a meno che, parafrasando una celebre frase di Andreotti con riguardo alla Germania, la Meloni non ami a tal punto l'Italia da preferirne due. Nel ringraziare il Ministro Calderoli per aver chiarito che la riforma dell'autonomia differenziata è un regalo per i quarant'anni del suo partito, fa fatica invece a comprendere come tale intervento normativo possa fare felice gli altri due partiti della maggioranza che addirittura hanno l'Italia nella loro denominazione e che si consegnano agli alleati piuttosto che tutelare gli interessi dei cittadini. Richiama quindi le considerazioni svolte da molti dei costituzionalisti intervenuti in audizione i quali hanno ricordato quale è stato il risultato del trasferimento della sanità alle regioni, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, che quanto meno fu realizzata a mezzo di legge costituzionale e in un contesto globale in cui la decentralizzazione appariva come la soluzione alle inefficienze del sistema. Preannuncia quindi che con la riforma dell'autonomia differenziata la situazione attuale, in cui oltre 4 milioni di italiani rinunciano a curarsi, si aggraverà e gli effetti negativi si vedranno soprattutto al sud.

  Nazario PAGANO, presidente, prega l'onorevole Ascani di concludere il suo intervento.

  Anna ASCANI (PD-IDP), nel replicare al presidente che sull'argomento tutti devono avere il diritto di esprimere la propria opinione, rilevando come il disegno di legge non stanzi nemmeno un euro per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, ne deduce che o l'autonomia differenziata non si farà oppure si farà senza la determinazione dei LEP. Considera che il danno più grave sarà quello inferto alla scuola, prefigurando che non sarà garantito agli studenti il medesimo diritto di accedere ad un'istruzione di qualità, dal momento che vi saranno scuole di serie A, presumibilmente a seguito di investimenti dei privati, e scuole pubbliche di serie B, come d'altra parte accade in molti altri Pag. 53Paesi. Ritiene quindi che l'istruzione non possa essere trasferita alla competenza regionale, considerando che l'aspetto più grave del provvedimento sia proprio il suo impatto sul diritto degli studenti a essere educati alla cittadinanza. Conclude l'intervento con un riferimento alla sua regione che sarà la più danneggiata dal momento che avendo pochi abitanti non disporrà della capacità fiscale per sostenere le funzioni e le materie eventualmente trasferite. Invita quindi la maggioranza almeno a leggere le proposte emendative presentate che contengono qualche strumento per correggere la rotta.

  Nazario PAGANO, presidente, ricorda che alle 11, come concordato nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrata dai rappresentanti dei gruppi, dovrà essere conclusa la seduta dedicata alla discussione sul complesso delle proposte emendative.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo sull'ordine dei lavori, nel ricordare di aver partecipato alla richiamata riunione dell'Ufficio di presidenza, fa tuttavia presente che il Partito democratico ha sottoposto al presidente soltanto cinque richieste di intervento. Nel rilevare a tale proposito che la collega Ascani non è intervenuta nel corso della discussione generale sul provvedimento, segnala come siano stati ulteriormente compressi i tempi concessi ai deputati per esprimere la propria opinione.

  Nazario PAGANO, presidente, ribadisce che le regole sono state concordate nel corso della riunione dell'Ufficio di presidenza.

  Ubaldo PAGANO (PD-IDP) fa presente che siamo di fronte ad una riforma «epocale» che rappresenta a suo parere una naturale evoluzione del cosiddetto porcellum, con la quale condivide l'ispiratore, sottolineando che l'uno minava le fondamenta della rappresentanza democratica mentre l'altra sottrae la piena cittadinanza ad una parte dei cittadini italiani. Richiama quindi l'argomento utilizzato in questi mesi dalla maggioranza a giustificazione della riforma, vale a dire che con essa si dà attuazione alla Costituzione, sottolineando a tale proposito che all'epoca avrebbe suggerito di evitare per motivi economici oltre che costituzionali il possibile trasferimento alle regioni di ben 23 materie. Fa comunque presente che, come ricordato dalla collega Ascani, in quel caso si procedette con una riforma di rango costituzionale, sottoposta al referendum confermativo, mentre nella situazione attuale si preferisce utilizzare la scorciatoia della legge ordinaria, aggiungendovi la «furbata» – a suo parere oggetto di censura da parte della Corte costituzionale – del collegato alla legge di bilancio, escludendo anche l'ipotesi del referendum abrogativo. Nel ritenere che questo sia uno dei casi in cui la forma prende il sopravvento sulla sostanza, precisa come l'opposizione del Partito democratico sia rivolta alle modalità con cui la maggioranza interpreta il terzo comma dell'articolo 116. Quello in esame è infatti un testo che modifica la Costituzione senza raggiungere gli obiettivi del terzo comma dell'articolo 116 e i richiamati principi di perequazione dei territori, solidarietà, coesione, rimozione degli squilibri economici e sociali contenuti nell'articolo 119. Quanto alle materie che non necessitano della determinazione dei LEP, come già ricordato dalla collega Carfagna, richiama le valutazioni del giornalista Esposito, da sempre attento alle questioni relative alle disuguaglianze territoriali, il quale ha valutato in quasi 200 le funzioni che potrebbero essere immediatamente trasferite alle regioni. Ritiene che questo sia il vero vulnus della declinazione operativa dell'autonomia che la maggioranza interpreta come un potpourri per consentire a ciascuno di portarne a casa un pezzetto da sbandierare di fronte al proprio elettorato. Ribadisce quindi che le materie oggetto di immediato trasferimento costituiscono una forma di propaganda, per accontentare alcune regioni e forze politiche nell'attesa che le mutate condizioni economiche e finanziarie consentano il finanziamento dei LEP, presupposto per la devoluzione delle altre materie. Rilevato che sulla base del quadro tendenziale descritto nel DEF attualmente Pag. 54all'esame del Parlamento per il prossimo triennio non si prevedono risorse sufficienti al finanziamento dei LEP, chiede quale sia la soluzione del Governo. A tale proposito richiama le considerazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio che ha ipotizzato per il finanziamento dei LEP le tre strade dell'incremento delle tasse, della riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni o del trasferimento alle regioni più povere di parte delle risorse delle regioni più ricche. Considerato che, stante le condizioni del triennio, le prime due strade non appaiono praticabili e che non ritiene plausibile per la maggioranza attuale il ricorso alla terza, ne deduce che il provvedimento in esame non persegue un fine concreto ma ha una funzione esclusivamente ostensiva. Nel dichiarare di non avere personalmente una spiccata propensione per lo statalismo, ritenendo al contrario che molte funzioni siano meglio gestite a livello locale, prevede tuttavia che in conseguenza dell'impostazione della maggioranza – secondo cui chi più ha, più ha da pretendere – la disuguaglianza crescerà non soltanto tra le regioni del nord e quelle del sud, ma anche all'interno delle stesse regioni del nord, tra le aree interne e le aree metropolitane, mettendo a rischio l'unità nazionale.

  Marco SARRACINO (PD-IDP) preannuncia che il suo intervento sarà molto breve essendo sufficienti pochi minuti per smontare il contenuto del disegno di legge del Governo, rispetto al quale gli emendamenti del Partito democratico hanno una finalità correttiva. Stigmatizza il fatto che mentre nel Paese crescono le disuguaglianze, il Governo interviene non per attenuarle ma per aumentarle.
  Per questo definisce la riforma antistorica, sconveniente e ingiusta.
  Il disegno di legge è antistorico, perché mentre l'Europa con il PNRR dà all'Italia risorse per la coesione e per colmare i divari, rendendo così più competitivo il Paese, l'autonomia differenziata determinerà un aumento delle differenze nel Paese. È sconveniente perché riduce la competitività del Paese attraverso la creazione di sistemi giuridici e politiche diverse per ciascuna regione; si interroga in particolare su come possa risultare competitivo un Paese che sviluppa al proprio interno venti politiche energetiche differenti e ricorda come a questa domanda, posta anche nel corso delle audizioni, nessun esponente del centro-destra sia stato in grado di rispondere. Infine, ritiene il provvedimento ingiusto perché, ad esempio nel settore della scuola, determinerà salari diversi per gli insegnanti a seconda della regione nella quale saranno impiegati.
  Per quanto riguarda gli emendamenti presentati dal PD, evidenzia che si tratta di proposte emendative che intervengono nel merito della riforma e riguardano, anzitutto, il tema dell'invarianza di bilancio. Sottolinea come solo una settimana fa la regione Calabria, guidata da una maggioranza di centro-destra, ha presentato un documento per affermare che prima di devolvere le funzioni è necessario non solo determinare i LEP ma anche garantirne il finanziamento. In merito, fa presente che il PD ha presentato specifici emendamenti sui quali, se fosse coerente con quanto affermato in Calabria, potrebbe convergere anche la maggioranza.
  Nel ringraziare il Ministro Calderoli per l'assidua presenza ai lavori della Commissione, gli chiede come il Governo intenda finanziare i LEP e gli rammenta che nel corso delle audizioni si sono espressi contro il disegno di legge non solo costituzionalisti ed economisti ma anche la Conferenza episcopale italiana, invitando il Governo e la maggioranza a non procedere nell'approvazione di un provvedimento che produrrebbe un'Italia diversa. Infine, ricordando come la Presidente Meloni abbia più volte affermato di non voler dare al Sud il reddito di cittadinanza bensì infrastrutture di cittadinanza, chiede alla maggioranza come sia possibile realizzare questo impegno tagliando il fondo perequativo. Confida quindi nei parlamentari del Mezzogiorno affinché non procedano oltre nell'approvazione di un provvedimento che condannerebbe l'Italia ad una crisi economica e sociale irreversibile.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP) interviene sull'ordine dei lavori per avanzare una proposta.Pag. 55 Considerato che sono soltanto tre i colleghi che hanno chiesto di intervenire, propone di concludere la seduta alle 11 come previsto, per procedere all'espressione del parere sul DEF, rinviando la conclusione degli interventi sul complesso delle proposte emendative alla seduta serale della Commissione, già prevista al termine delle votazioni pomeridiane dell'Assemblea.

  Nazario PAGANO, presidente, dichiara di preferire che gli interventi sul complesso delle proposte emendative siano conclusi nella seduta in corso, rinviando di un quarto d'ora la prevista seduta in sede consultiva per l'esame del DEF. Preannuncia pertanto che concederà 5 minuti a testa a ciascuno dei colleghi che hanno chiesto di intervenire.

  Federico FORNARO (PD-IDP) dichiara di essere stato un facile profeta in patria nel preannunciare che a seguito della decisione presa fuori dal Parlamento di avviare l'esame del provvedimento in Assemblea il 29 aprile si sarebbero inaspriti i rapporti tra maggioranza e opposizione. Pertanto nel riconoscere il pieno diritto del presidente di chiedere il rispetto delle decisioni dell'Ufficio di presidenza, ritiene tuttavia non si possa convenire sulla compressione imposta alle opposizioni che sono costrette a forzare la situazione anche oltre il buon senso, alla luce di un diktat che umilia il loro lavoro parlamentare. Ritiene si tratti di una ferita grave, di cui la maggioranza si assume la piena responsabilità, tanto più che come tutti sanno l'approvazione definitiva del provvedimento non avrà luogo prima delle elezioni europee. Si tratta a suo avviso di una pagina non bella, figlia dello scambio tra premierato e autonomia differenziata, e di un modo inaccettabile di fare le riforme, incidendo per di più sull'assetto complessivo dello Stato e innescando una dinamica che ha caratterizzato anche il Governo Conte I e che vedeva approvati in alternanza provvedimenti cari all'uno o all'altro partito. Nel rilevare che al contrario si richiederebbe uno sforzo di sintesi, che tenga anche conto della convergenza con le opposizioni, soprattutto per provvedimenti incidenti sull'assetto del nostro Paese, ritiene che il provvedimento in esame forzi oltre ogni limite il dettato costituzionale e lo spirito dei legislatori dell'epoca. Sottolineando che l'intenzione era quella di trasferire funzioni, alla luce della storia culturale o dei meccanismi organizzativi dei singoli territori, ritiene che nessuno di tali legislatori immaginasse che una regione potesse chiedere l'attribuzione delle competenze per tutte le 23 materie. Fa presente a tale proposito che le proposte emendative del Partito democratico sono volte ad escludere dal trasferimento alle regioni alcune specifiche materie, chiedendosi come si possa immaginare per esempio che la regione Molise faccia da sola la politica energetica e ravvisando il rischio di un ampliamento degli attuali divari. Si tratta soltanto di una delle tante illogicità del testo, alle quali nessun membro della maggioranza ha ritenuto di fornire una risposta. Fa presente a tale proposito che l'accordo tra i tre leader di maggioranza di far approdare il testo in Assemblea il 29 aprile non esclude che in Commissione si svolga un confronto sui temi posti dall'opposizione. Nell'apprezzare la presenza costante del Ministro Calderoli, ribadisce comunque l'assenza di qualsiasi dibattito e l'insensatezza della decisione di accelerare l'iter del provvedimento, mentre si sarebbe potuto avviare l'esame in Assemblea nella prima o nella seconda settimana di maggio, senza comprimere i tempi e il ruolo delle opposizioni. Ribadisce che la ferita inferta ai rapporti tra maggioranza e minoranza non si sanerà facilmente e le sue conseguenze saranno evidenti fin da oggi pomeriggio, dal momento che l'umiliazione delle opposizioni è inaccettabile.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP) ricorda come ampie critiche all'impianto della riforma siano state già espresse nel corso della discussione generale e delle audizioni e dunque incentra il proprio intervento sull'esigenza di mettere in risalto il valore simbolico e paradossale di questo passaggio politico, che riguarda soprattutto la Lega, il partito del ministro Calderoli. Facendo presente di aver recentemente visitato, nei pressi di Messina, il luogo nel quale dovrebbePag. 56 essere costruito uno dei pilastri di sostegno del Ponte sullo Stretto, evidenzia la contraddizione di un partito che, da una parte, pretende di costruire un'infrastruttura faraonica per collegare l'Italia e, dall'altra e contemporaneamente, è impegnato nel far approvare un disegno di legge che mette in discussione quella unità, che la spezza, la incrina su terreni fondamentali come le politiche energetiche, infrastrutturali, dell'istruzione e della formazione.
  Evidenzia come in altri Paesi, come la Spagna o la Germania, l'unificazione sia accompagnata da grandi sforzi economici per parificare e dare stesse opportunità alle diverse aree territoriali, mentre in Italia oggi, nonostante la grande fatica fatta per unificare il Paese, stiamo andando nella direzione opposta.
  Rammentando il principio narrativo espresso da Cechov, in base al quale se in scena appare una pistola occorre che entro la fine del dramma la pistola abbia sparato, sottolinea come la riforma del Titolo V, approvata dal centro-sinistra nel 2001, abbia messo sulla scena quella pistola che la maggioranza oggi pretende di usare. Evidenzia però che nella storia della Repubblica le riforme che hanno impattato più delle altre sono state quelle condivise, sulle quali si è registrata una maggioranza più ampia rispetto alla maggioranza di governo e sottolinea che ciò non è frutto del c.d. consociativismo della I Repubblica bensì della consapevolezza che le riforme sono destinate a durare e consentono di tenere insieme il Paese quando sono frutto di una dialettica anche istituzionale. Stigmatizza la rottura di questo metodo, prima da parte del centro-sinistra nel 2001 e oggi da parte del centro-destra, evidenziando che la coazione a ripetere nel solco dell'errore non aiuta la qualità della nostra democrazia. Ritiene che le forze di maggioranza stiano sottovalutando gli effetti negativi che questa rottura potrebbe determinare, incrinando l'unità del Paese e inculcando nei cittadini il dubbio di non appartenere a un solo Paese, di non godere tutti degli stessi diritti di cittadinanza.
  Infine, sottolineando come tutti i soggetti sentiti dalla Commissione nell'ambito delle audizioni informali abbiano demolito l'impianto di questa riforma, senza che la maggioranza abbia sentito il bisogno di ribattere in Parlamento, auspica che il Ministro non voglia fare come Totò che, in un famoso sketch televisivo, rideva prendendo schiaffi da qualcuno che continuava a chiamarlo Pasquale e, a domanda sul perché di tanto divertimento nonostante gli schiaffi, rispondeva di non essere Pasquale. Spera che il Ministro Calderoli non voglia essere ricordato come il «Ministro Pasquale».

  Nazario PAGANO, presidente, dà la parola alla collega Bonafè, con la quale si concluderanno gli interventi sul complesso delle proposte emendative.

  Filiberto ZARATTI (AVS) chiede al presidente la cortesia di concedergli di intervenire brevemente dopo la collega Bonafè.

  Nazario PAGANO, presidente, dichiara che intende accogliere la richiesta.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), nel preannunciare che rispetterà i tempi previsti, anche per consentire al collega Zaratti di intervenire, non può non partire dalle considerazioni svolte dai colleghi, rilevando l'assenza di qualsiasi intento ostruzionistico considerato che soltanto 5 sono gli esponenti del Partito democratico che hanno chiesto la parola. Aggiunge che, pur trattandosi di un provvedimento molto delicato, destinato ad incidere significativamente sull'assetto istituzionale, sociale ed economico del Paese, gli interventi dei componenti del suo gruppo in sede di discussione generale sono stati composti ed ordinati. Ricorda quindi il numero limitato delle proposte emendative del Partito democratico che ha rinunciato alla presentazione di ricorsi avverso le declaratorie di inammissibilità della presidenza, proponendo quindi un profilo politico caratterizzato dalla serietà. Ciò premesso, si domanda per quale motivo si debbano comprimere gli interventi, sottoponendo l'esame del provvedimento a forzature che non consentono all'opposizione di fare il proprio lavoro in modo approfondito. Nel Pag. 57dare atto al presidente di aver dato ampio spazio allo svolgimento delle audizioni, ritiene che concedere soltanto venti giorni per il successivo esame del provvedimento non possa essere considerato normale. Preannuncia che tale decisione comprometterà il dialogo tra maggioranza e opposizione in un modo che non fa onore alla maggioranza e allo stesso presidente. Richiamate quindi le critiche di merito emerse in sede di audizioni, senza che la maggioranza abbia inteso intervenire, fa presente che le proposte emendative del Partito democratico provano a correggere le storture del provvedimento, in primo luogo sui LEP, per dare un ruolo centrale al Parlamento in materia e per prevedere la loro determinazione per tutte le materie. Sottolinea quindi che altre proposte emendative sono volte, da un lato, a prevedere il finanziamento integrale dei LEP, a partire dal Fondo perequativo infrastrutturale che ne garantisce l'attuazione, e dall'altro ad escludere dal trasferimento alcune materie, tra le quali l'energia, che seppur previste dalla riforma del Titolo V della Costituzione, oggi risentono di un mutato contesto globale. A suo avviso ignorando tale ultimo aspetto la maggioranza rischia di approvare una riforma contro la storia e contro gli interessi dei cittadini e delle imprese, che saranno chiamate a misurarsi con venti burocrazie diverse. Nel ricordare che il DEF pare rimandare a dopo le elezioni europee la soluzione dell'eventuale finanziamento della riforma, aggiunge che altri emendamenti del PD sono concentrati sul rispetto dei principi costituzionali, a partire da quelli dell'unità e dell'indivisibilità dell'Italia e della solidarietà. Evidenzia in conclusione un aspetto problematico, che ha indotto il suo gruppo a richiedere al Governo la relazione tecnica, chiedendosi come il provvedimento inciderà sui conti dello Stato. Ritiene che per tutti questi motivi la maggioranza dovrebbe fermarsi invece di accelerare al solo scopo di esibire una bandiera per le elezioni europee, a danno di cittadini ed imprese.

  Filiberto ZARATTI (AVS) ringrazia anzitutto per la possibilità che gli dà la Presidenza di intervenire sul complesso degli emendamenti riferiti a uno dei provvedimenti più importanti della storia della nostra Repubblica. Sottolinea poi come il suo gruppo abbia presentato un numero consistente di emendamenti, sottolineando come essi rappresentino però meno della metà delle contrarietà che il gruppo Alleanza Verdi e Sinistra avverte nei confronti del disegno di legge sull'autonomia differenziata. Rassicura circa l'intenzione del suo gruppo di non fare un ostruzionismo cieco nei confronti della riforma, come dimostrato dal fatto che non è stata avanzata richiesta di riesame dei 129 emendamenti dichiarati inammissibili.
  Sottolinea l'irragionevolezza della tempistica di esame del provvedimento imposta dalla maggioranza con la decisione irrevocabile di portare il disegno di legge in Assemblea il 29 aprile prossimo, e sottolinea come tale decisione abbia reso impossibile lo sviluppo di un dialogo profondo e tranquillo in Parlamento. Ricorda come le audizioni siano state a senso unico e abbiano definito il provvedimento del Governo sbagliato, dannoso per il Paese, non solo per le regioni del Sud, ma anche per le regioni più ricche ed evidenzia come il provvedimento sia frutto di una idea istituzionale completamente sbagliata, non in linea con l'Europa, e tale da danneggiare la competitività delle nostre imprese. A titolo di esempio, si chiede come sia pensabile, di fronte ad una crisi energetica mondiale, pensare che le Marche possano sviluppare una politica energetica autonoma, oppure che l'Abruzzo possa dotarsi di un proprio sistema fiscale o scolastico. Rivolge infine un appello al Ministro Calderoli, affinché torni sui suoi passi ed eviti di passare alla storia, dopo la legge elettorale che porta il suo nome, per un'altra più grave «porcata».

  Enrica ALIFANO (M5S) chiede al presidente di poter intervenire per meno di un minuto.

  Nazario PAGANO, presidente, concede all'onorevole Alifano di intervenire, in via del tutto eccezionale.

  Enrica ALIFANO (M5S), dopo aver ascoltato gli interventi dei colleghi, rileva che il Pag. 58provvedimento in esame travolge l'unità giuridica ed economica del Paese nonché i principi di solidarietà e di uguaglianza dei cittadini e soprattutto porta l'Italia lontano dalla sua anima, con l'inevitabile conseguenza di ripercussioni anche sul suo corpo. Aggiunge che il disegno di legge in esame mina la sovranità dello Stato e del nostro sistema economico, mettendo in difficoltà le imprese costrette ad orientarsi tra venti legislazioni differenti, e rappresentando un disastro per l'intero Paese.

  Nazario PAGANO, presidente, dichiara conclusa la discussione sul complesso delle proposte emendative e rinvia il seguito dell'esame alla seduta prevista al termine delle votazioni pomeridiane dell'Assemblea, nel corso delle quale avrà inizio l'esame con votazioni delle proposte emendative.

  La seduta termina alle 11.40.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 23 aprile 2024. — Presidenza del presidente Nazario PAGANO. – Interviene la sottosegretaria di Stato per i rapporti con il Parlamento, Giuseppina Castiello.

  La seduta comincia alle 11.40.

Documento di economia e finanza 2024.
Doc. LVII, n. 2 e Allegati.
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 22 aprile.

  Nazario PAGANO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri il relatore, onorevole Paolo Emilio Russo, ha illustrato il provvedimento e che nella seduta odierna si procederà alla votazione del relativo parere che dovrà essere trasmesso alla V Commissione entro le ore 12 della giornata odierna.

  Paolo Emilio RUSSO (FI-PPE), relatore, richiamando le considerazioni svolte nella seduta precedente, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Nazario PAGANO, presidente, dopo aver dato conto delle sostituzioni, avverte che il gruppo Partito democratico e il gruppo Movimento 5 Stelle hanno presentato proposte di parere alternative (vedi allegati 2 e 3) che saranno poste in votazione solo qualora fosse respinta la proposta di parere del relatore.

  Federico FORNARO (PD-IDP) illustra nel dettaglio i contenuti della proposta di parere alternativa del Partito democratico.

  Alfonso COLUCCI (M5S) fa presente preliminarmente come per la prima volta il DEF sia privo di profili programmatici, limitandosi ad illustrare il quadro tendenziale, in contraddizione con la natura stessa del documento, e sottolinea come i precedenti in tal senso richiamati dal Ministro Giorgetti abbiano riguardato governi dimissionari che hanno operato tale scelta per cortesia istituzionale. Rileva quindi che il DEF consta solo del quadro tendenziale di finanza pubblica per il 2025, nell'ipotesi quindi che il Governo non adotti nel prossimo anno alcuna nuova misura e non rinnovi per esempio i tagli delle tasse previsti per il 2024. In questa situazione economica incerta e delicata, nonostante la necessità di sovvertire il processo di stagnazione, il Governo Meloni nel DEF 2024 sceglie di non esprimersi sulle sue iniziative programmatiche e non compila il quadro programmatico di finanza pubblica, quello che dovrebbe contenere le misure che si intende adottare.
  Richiama quindi i dati contenuti nella NADEF con riguardo agli obiettivi di disavanzo per il periodo dal 2023 al 2027, facendo presente che essi contenevano per il 2024 tutta una serie di misure varate con la legge di bilancio approvata alla fine del 2023, ma finanziate soltanto per il 2024, per un ammontare di circa 20 miliardi di euro. Tra queste, per citarne alcune, ricorda il taglio del cuneo, l'accorpamento delle aliquote Irpef, l'aiuto per le madri con due figli, la riduzione del canone Rai, le Pag. 59missioni all'estero. Fa altresì presente che, negli anni successivi il deficit programmatico non conteneva queste misure, come non le contiene ovviamente il tendenziale a legislazione vigente del nuovo DEF 2024. Richiamati altresì i dati relativi alla tendenza al ribasso delle previsioni di crescita del PIL, precisa che, contrariamente a quanto riportato nella NADEF, lo scenario tendenziale prevede un incremento del debito fino al 2026. Rilevando come a distanza di sette mesi dalla NADEF i dati macro economici volgano al negativo, l'incremento dell'occupazione sia determinato essenzialmente dall'aumento del lavoro precario e temporaneo, richiama le recenti conclusioni del Fondo monetario internazionale che il 16 aprile scorso ha ribadito che la proiezione di crescita del PIL dell'Italia si attesta per il 2024 allo 0,7 per cento, in rallentamento rispetto al 2023, e con una previsione di ribasso ulteriore per il 2025. Rilevato che l'Italia secondo queste stime è il Paese con il minor tasso di crescita economica tra le grandi economie dell'area euro per il 2025, ritiene che non appaiono convincenti le misure proposte dal Ministro Giorgetti in relazione alla governance europea, dal momento che allo stato vige ancora l'articolo 10 della legge di contabilità generale che precede che il DEF contenga gli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico nonché le previsioni di finanza di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantire la sostenibilità.
  Ritiene quindi che il grigiore del documento e la sua assoluta mancata di trasparenza sia da rinvenirsi nell'approssimarsi delle elezioni europee e nell'auspicio del Governo che la nuova Commissione europea possa mostrarsi più favorevole verso il deficit italiano. Segnala inoltre che l'Italia è uno dei Paesi dove appare strutturale povertà assoluta che secondo i dati forniti dall'Istat riguarda circa un residente su 10, sottolineando come questo tema non sia neanche lambito nel DEF. Rileva come, a fronte di tale grave situazione, il documento non contenga alcuna misura sul salario minimo, nonostante l'innegabile diritto del lavoratore a percepire un salario dignitoso, a dimostrazione del fatto che la politica del Governo pretermette i soggetti più in difficoltà.
  Aggiunge che il DEF non contiene alcuna disposizione per settori strategici come la sanità, i trasporti, l'energia per non parlare delle politiche ambientali assolutamente dimenticate. Ricorda quindi che, come preannunziato dal Ministro Giorgetti, l'Unione europea si appresta ad aprire una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo, che a suo parere attiene alla scelta scellerata del Governo di non contrattare un Patto di stabilità che potesse stimolare la crescita dell'Italia, adottando al contrario una politica fortemente restrittiva.
  Per concludere, evidenzia come in un quadro economico caratterizzato da forti segnali di deterioramento, gli obiettivi di crescita al ribasso appaiano comunque sovrastimati, in uno scenario internazionale peraltro fragile ed instabile. Rileva quindi come i rischi legati all'inflazione, le criticità connesse all'attuazione di un PNRR revisionato e all'utilizzo dei relativi fondi, i fattori geopolitici e la prosecuzione della guerra in Ucraina richiederebbero una visione strategica ben diversa da quella messa in campo dal Governo Meloni. Ritiene particolarmente drammatico che tutto questo accada dopo la crescita «boom» nel 2021 e dopo la crescita sostenuta nel 2022, frutto delle coraggiose politiche economiche espansive del Governo Conte II orientate ad investimenti e crescita. Nel rilevare che un DEF privo di contenuti condanna l'Italia al suo inesorabile declino e i cittadini alla povertà, preannuncia il voto contrario del suo gruppo alla proposta di parere del relatore.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), condividendo le considerazioni svolte nel parere alternativo presentato dal Partito democratico, afferma che il Documento di economia e finanza, che il Ministro Giorgetti ha definito «asciutto», è a suo avviso più correttamente un documento inesistente. Stigmatizza in particolare il fatto che nel DEF il Governo, per ragioni elettorali, non dichiara quali saranno le scelte dei prossimi anni per non far sapere ai cittadini cosa accadrà nei prossimi mesi quando, Pag. 60dopo le elezioni europee, sarà necessaria una manovra correttiva. Ricorda che in passato documenti altrettanto scarni erano stati presentati da Governi dimissionari, non da Governi pienamente in carica come il Governo Meloni. Afferma che questo vuoto di programmazione, inaccettabile per un Paese del G7, preoccupa il Partito democratico perché implica che si naviga a vista, senza prevedere programmi di welfare, nonostante l'elevato numero di famiglie in povertà assoluta, senza enunciare le politiche del Governo in merito alla tutela della salute, nonostante la fotografia della situazione del sistema sanitario nazionale sia attualmente drammatica, senza prendere posizione su come e se saranno rifinanziate misure come il taglio del cuneo fiscale, né su come verranno temperate le decisioni prese in sede europea sui nuovi criteri di efficientamento degli edifici pubblici. Inoltre, esprime preoccupazione per il quadro macroeconomico tendenziale nonostante le ottimistiche stime di crescita dell'1 per cento formulate dal Governo, anche alla luce delle non altrettanto ottimistiche previsioni della Banca d'Italia, del Fondo monetario e della Banca europea, che non superano lo 0,7 per cento, mentre sul deficit sembra anche prossima l'apertura di una procedura di infrazione. Pur sperando che le stime di crescita corrette siano quelle del Governo, perché certamente il Partito democratico non scommette sul fallimento del Paese, ritiene che il PNRR, che avrebbe dovuto essere un volano di crescita, dopo i tagli e la riprogrammazione degli investimenti operata dal Governo si rivelerà una occasione sprecata. In conclusione, ritiene i contenuti del DEF inaccettabili e la modalità d'azione del Governo contraria all'interesse del Paese.

  Filiberto ZARATTI (AVS) analogamente ai colleghi sottolinea che il DEF appare carente e del tutto insufficiente rispetto ai problemi del Paese e alla situazione internazionale, segnalando come le politiche messe in campo dal Governo in questi due anni si siano dimostrate inadeguate rispetto alle esigenze di crescita strutturale dell'Italia e di tutela dei soggetti più deboli. Ricorda quindi esempi più coraggiosi del passato che, per esempio, dopo l'emergenza determinata dalla pandemia, hanno messo in campo iniziative, tra le quali reddito di cittadinanza e superbonus, che hanno determinato un sensibile incremento del PIL e consentito al Paese di rimettersi in marcia speditamente. Nel rilevare come la Banca d'Italia abbia corretto al ribasso le previsioni di crescita dell'Italia che si attestano sullo 0,7 per cento, ribadisce che il DEF non affronta i problemi del Paese, facendo presente per esempio che il rapporto spesa sanitaria/PIL, pari al 6.3 per cento, è tra i più bassi d'Europa e che i principali Paesi europei si attestano intorno al 9 per cento, con buona pace della Presidente Meloni secondo cui in Italia non si è mai speso così tanto nel settore della sanità. Aggiungendo che i dati relativi all'incremento dell'occupazione sono del tutto privi di fondamento dal momento che riguardano per la gran parte il lavoro precario, dichiara che si sarebbe aspettato che il DEF fornisse una visione strategica, indicando quali misure si intende mettere in campo per aumentare il reddito dei cittadini e risolvere i problemi strutturali del Paese. Nel rilevare come la totale assenza di sensibilità verso i soggetti più fragili, testimoniata anche dal documento in esame, non consenta di andare lontano, chiede come mai a proposito del superbonus nessuno abbia mai considerato la quantità di risorse incamerate dallo Stato sotto forma di IRPEF, IVA, incremento del PIL e riduzione dello spread. Fa quindi presente che per la prima volta nel DEF manca la dimensione pluriennale, considerando ciò un segnale molto grave e indicativo della mancanza di prospettiva, nonostante le questioni relative alla sofferenza economica e sociale del Paese e all'esigenza di tutela dei cittadini. Per tutti i motivi sopra esposti, preannuncia il voto contrario del suo gruppo.

  Enrica ALIFANO (M5S) interviene brevemente per sottolineare come il DEF sia privo di qualsiasi profilo programmatico e presenti dubbi anche per quanto riguarda cifre, sia in riferimento alle stime di crescita che in relazione al rapporto deficit/PIL. Sottolinea infatti come, quanto alle stime di crescita, l'1 per cento previsto dal Pag. 61Governo nel DEF sia diverso dall'1,2 per cento dichiarato nell'ultima NADEF e dallo 0,7 per cento previsto dalla Banca d'Italia; quanto al rapporto deficit/PIL evidenzia che l'ISTAT registra il dato del 7,4 per cento mentre il DEF riporta valutazioni diverse. Sottolinea come in assenza di investimenti non possa registrarsi una crescita e stigmatizza le affermazioni della maggioranza per la quale tutti i mali odierni derivano dal superbonus, ricordando come in tre anni di operatività della misura il PIL è cresciuto, il debito pubblico è sceso, le entrate fiscali sono salite, sono stati creati oltre un milione di posti di lavoro e non si è registrato spread. In conclusione esprime contrarietà al DEF, che non prevede alcuna misura che possa risollevare l'economia del Paese.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

  Nazario PAGANO, presidente, comunica che, a seguito dell'approvazione della proposta di parere formulata dal relatore, è preclusa la votazione delle proposte di parere alternative presentate dal gruppo Partito democratico e Movimento 5 Stelle.

  La seduta termina alle 12.25.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 23 aprile 2024. — Presidenza del vicepresidente Riccardo MAGI.

  La seduta comincia alle 12.30.

Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività.
C. 1018-A.
(Parere all'Assemblea).
(Esame – Nulla osta).

  Il Comitato inizia l'esame delle proposte emendative riferite al provvedimento.

  Riccardo MAGI, presidente, dopo aver dato conto delle sostituzioni, fa presente che il Comitato permanente per i pareri della I Commissione è chiamato a esaminare, ai fini dell'espressione del prescritto parere all'Assemblea, il fascicolo n. 1 degli emendamenti riferiti alla proposta di legge C. 1018-A, recante «Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività».

  Francesco MICHELOTTI (FDI), relatore, segnala come le predette proposte emendative non presentino criticità per quanto concerne il riparto di competenze legislative tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione: pertanto ritiene possibile esprimere su di esse nulla osta.

  Alfonso COLUCCI (M5S), dichiarando che il suo gruppo è contrario alla proposta di nulla osta formulata dal relatore, fa presente come il provvedimento all'esame dell'Assemblea, modificando l'articolo 71 del Codice del terzo settore, conferma un regime derogatorio per le associazioni del terzo settore che svolgono attività di culto e che non hanno sottoscritto intese con lo Stato, operando una discriminazione delle confessioni religiose che non hanno utilizzato tale strumento, per le quali i requisiti dei locali adibiti a sede dovranno essere definiti da un decreto del Ministro delle infrastrutture, Salvini. Evidenzia che il tema non ha a che fare con le caratteristiche dei locali, che dovrebbero essere messi a norma per tutte le associazioni e per tutte le attività svolte, per esigenze di sicurezza collettiva, bensì la creazione di un doppio binario tra le associazioni religiose, con la conseguente discriminazione di quelle confessioni religiose che non abbiano sottoscritto un'intesa con lo Stato. Ritiene che tale discriminazione violi gli articoli 8, 19 e 20 della Costituzione, che riconoscono a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa. Ribadendo che lo Stato laico non può fare discriminazioni, neanche utilizzandoPag. 62 il parametro delle intese con lo Stato stesso, denuncia la grave incostituzionalità del provvedimento all'esame dell'Assemblea e dichiara che voterà contro il nulla osta proposto dal relatore.

  Riccardo MAGI, presidente, ricorda che il Comitato è chiamato a pronunciarsi sul fascicolo degli emendamenti, non sul complesso del provvedimento.

  Il Comitato approva la proposta di nulla osta formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 12.35.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 23 aprile 2024.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 19.35 alle 19.40.

SEDE REFERENTE

  Martedì 23 aprile 2024. — Presidenza del presidente Nazario PAGANO. – Interviene il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli.

  La seduta comincia alle 19.40.

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
C. 1665, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta antimeridiana odierna.

  Nazario PAGANO, presidente, ricorda che nella seduta antimeridiana si è conclusa la discussione sul complesso degli emendamenti e che dunque si procederà ora all'esame delle proposte emendative.
  Dopo aver avvertito che l'onorevole Gallo sottoscrive le proposte emendative Manes 1.16 e 11.41 e la proposta emendativa Steger 11.44, invita i relatori Alberto Stefani e Paolo Emilio Russo ad esprimere i pareri sulle proposte emendative riferite all'articolo 1.

  Paolo Emilio RUSSO (FI-PPE), relatore, anche a nome degli altri relatori, formula parere contrario su tutte le proposte emendative riferite all'articolo 1.

  Il Ministro Roberto CALDEROLI esprime un parere conforme a quello dei relatori, con due eccezioni: invita infatti i presentatori a ritirare gli emendamenti Manes 1.16 e Faraone 1.199, al fine di valutarne la trasformazione in ordini del giorno da presentare in Assemblea.

  Nazario PAGANO, presidente, su richiesta del Partito democratico, e in assenza di obiezioni, dispone l'attivazione del circuito. Dà quindi conto delle sostituzioni.

  Alfonso COLUCCI (M5S) interviene in dichiarazione di voto sull'emendamento 1.1, a sua prima firma, volto a sopprimere l'articolo 1 del disegno di legge. Evidenzia anzitutto come l'infelice formulazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, sia stata ulteriormente travisata dal disegno di legge in esame: ricorda infatti che l'articolo 116 fa riferimento alla possibile devoluzione delle funzioni relative alle materie e non alla devoluzione delle materie stesse mentre la riforma lascia invece intendere che, una volta approvata la legge, si possa procedere al trasferimento alle regioni della potestà legislativa nelle materie elencate, in deroga all'articolo 117 della Costituzione. Sottolinea come questa interpretazione sia da respingere in quanto in contrasto con la Costituzione che impone che un eventuale mutamento nel riparto delle competenze legislative delineate dall'articolo 117 della Costituzione sia effettuato solo attraverso il procedimento di revisione costituzionale delineato dall'articolo 138 della Costituzione.
  Nel ribadire che il Movimento 5 Stelle è a favore dell'unità nazionale ed è contro le discriminazioni e le disparità di accesso ai servizi essenziali, è favorevole altresì ai Pag. 63principi di unità giuridica ed economica, alla coesione economica, sociale e territoriale, anche con riferimento all'insularità, ricorda che si tratta di principi enunciati dall'articolo 1, comma 1, del disegno di legge e altrettanto disattesi dal resto della riforma. Sottolinea come la riforma, infatti, si ponga in contrasto con il principio di uguaglianza, laddove prevede che ciascuna regione possa far fronte ai servizi con il proprio residuo fiscale, trattando così in modo uguale situazioni economiche e gettiti fiscali molto diversi tra regione e regione. Aggiunge che la riforma viola il principio di unità e indivisibilità della Repubblica, affermato dall'articolo 5 della Costituzione, oltre che il principio perequativo enunciato dall'articolo 119 della Costituzione. Evidenzia infine come i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, anch'essi richiamati dal comma 1 dell'articolo 1 del disegno di legge, siano «sfanfaronate» drasticamente sconfessate dal resto della riforma. Per questa ragione auspica l'approvazione dell'emendamento soppressivo dell'articolo 1, sottolineandone il carattere non ostruzionistico e la finalità di contrasto a una tecnica legislativa che si fa scherno dei principi costituzionali enunciati.

  Pasqualino PENZA (M5S) si chiede se in Commissione siano attualmente presenti deputati di maggioranza residenti o eletti al Sud e, in caso affermativo, si chiede quale sia la loro opinione sulla riforma in esame. Li invita infatti a difendere questo provvedimento uscendo dall'attuale silenzio, al fine di poter comprendere le loro motivazioni e invita altresì il Ministro Calderoli a partecipare al dibattito parlamentare. Prende quindi atto del silenzio della maggioranza che ritiene altamente significativo.

  Toni RICCIARDI (PD-IDP) sottolinea preliminarmente come l'articolo 1 del disegno di legge si ponga in contrasto con il decreto legislativo n. 145 del 2007, che ha attuato nel nostro ordinamento la direttiva 2005/29/CE sulla pubblicità ingannevole. Evidenzia infatti come le finalità enunciate dal comma 1 dell'articolo 1 – affermazione del principio di unità giuridica ed economica, tutela dell'insularità, indivisibilità, autonomia, attuazione del decentramento amministrativo – siano tacciabili di pubblicità ingannevole risultando completamente disattese nel resto del provvedimento.
  Ritiene che con questo provvedimento il Governo tenti di realizzare il cosiddetto regionalismo competitivo, caratterizzato dal fatto che laddove governano i più bravi i servizi vengono garantiti, mentre dove governano i meno bravi ciò non accade e spetta poi al popolo sovrano trarre le conseguenze. Sottolinea però che i servizi ai quali si fa riferimento non sono paragonabili ai prezzi di un supermercato, ma attengono ai diritti fondamentali delle persone. In merito ritiene determinante il passaggio dai LEP ai LUP, ovvero dai diritti essenziali ai diritti uguali. Fa presente infatti, soprattutto rivolgendosi al Ministro Calderoli, laureato in medicina, che una cosa è garantire al paziente il livello di ossigeno essenziale per farlo sopravvivere, altra cosa è garantirgli il livello di ossigeno necessario a farlo vivere bene.
  Nell'evidenziare come si sia dinanzi, ormai, a quella che lo storico Carmine Pinto ha definito la Guerra per il Mezzogiorno, sottolinea l'estrema coerenza politica del Ministro Calderoli, che già nel 1994, nel suo libro dal titolo «Mutate Mutanda», affermava l'intento di andare a Roma per distruggere il sistema sanitario nazionale, e in una intervista al Corriere della Sera del 2006 dichiarava che parte del Paese era affetta da una cancrena e che, da medico, avrebbe amputato l'arto all'altezza di Pesaro. Fa presente come la sua parte politica abbia dato una mano determinante alla realizzazione del disegno politico del Ministro con l'approvazione nel 2001 della riforma del Titolo V, rispetto alla quale il disegno di legge odierno è un completamento dell'opera.
  Conclude evidenziando come si sia dinanzi a una svolta epocale, invitando tutti a una pausa di riflessione seria e sottolineando come né le esigenze politiche contingenti né la compagna elettorale possano giustificare la definitiva distruzione dell'unitàPag. 64 del Paese. Ricordando come il Ministro Calderoli sia famoso per aver approvato una legge elettorale che, pur definita porcellum, non è stata poi modificata, spera che lo stesso Ministro non passi alla storia per questo ennesimo porcellum.

  Filiberto ZARATTI (AVS) esprime apprezzamento per le modalità di esame del provvedimento promosse dal presidente Pagano, che garantiscono un ampio ed approfondito dibattito. Apprezza, altresì, la disponibilità del Ministro Calderoli, sempre presente ai lavori parlamentari, auspicando, tuttavia, una maggiore interlocuzione con le forze di opposizione, che stanno dimostrando un approccio costruttivo e non ostruzionistico. Venendo al merito, evidenzia la palese contraddizione tra le finalità contenute nell'articolo 1 del provvedimento, che richiama i princìpi di unità e indivisibilità sanciti dall'articolo 5 della Costituzione, e gli effetti dell'autonomia differenziata, destinata a moltiplicare le disparità tra le regioni e tra gli stessi cittadini. In particolare, osserva che la diversa capacità fiscale, in assenza di interventi perequativi, si traduce in un'inevitabile difformità nella erogazione dei servizi, a detrimento dei cittadini delle regioni meno ricche.
  Peraltro, la frammentazione conseguente alla devoluzione delle competenze, anche in settori strategici come l'energia, contrasta con le attuali dinamiche di integrazione che si stanno sviluppando a livello europeo e globale, riproponendo il modello di «Italia delle signorie» del tutto anacronistica e nociva.
  Auspicando da parte dei colleghi di maggioranza un sussulto di responsabilità, ricorda che in taluni casi la ricerca del facile consenso elettorale ha prodotto danni devastanti, come dimostra la vicenda della Brexit: in quel caso, il Primo Ministro Cameron aveva cavalcato l'onda euroscettica ed aveva poi dovuto accettare l'esito del referendum che ha portato al recesso del Regno Unito dall'Unione europea; anche in conseguenza di quella scelta scellerata, la Gran Bretagna vive oggi la più grave crisi economico-sociale degli ultimi vent'anni.
  Fa dunque appello alle sensibilità presenti all'interno della maggioranza che hanno a cuore gli interessi del meridione e condividono la consapevolezza del ruolo essenziale che il Sud Italia ha avuto per la crescita culturale e lo sviluppo economico delle regioni settentrionali. A suo avviso, è necessario che tale contributo sia riconosciuto e ricompensato, assicurando uguaglianza di diritti a tutti cittadini, in particolare nel settore sanitario, scolastico e della tutela ambientale.

  Marco SARRACINO (PD-IDP) ribadisce l'opportunità di approvare l'emendamento soppressivo in esame, sottolineando che il disegno di legge modifica profondamente la natura dello Stato: introduce, infatti una sorta di regionalismo competitivo, laddove invece, su scala europea e globale, si promuove l'integrazione, a partire dai settori più strategici. Stigmatizza, quindi, l'assenza di una vera interlocuzione con l'Esecutivo con la maggioranza, a fronte di un atteggiamento non ostruzionistico dell'opposizione. A suo avviso, è tecnicamente impossibile garantire livelli essenziali di prestazione partendo dall'attuale sperequazione, che vede destinare ai cittadini del Nord 19 euro pro capite e a quelli del sud 13 mila e 500 euro. Peraltro, osserva che le istanze avanzate dalle opposizioni sono pressoché analoghe a quelle formulate dalla Giunta regionale della Calabria, sostenuta da una maggioranza di centrodestra.
  Ricorda, inoltre, che oltre al parere di autorevoli costituzionalisti, economisti e rappresentanti dell'imprenditoria, anche la Conferenza episcopale italiana ha espresso profonde riserve sul progetto di riforma in esame. In particolare, numerosi auditi hanno posto il tema della differenza di dotazione infrastrutturale tra Nord e Sud del paese, aggravata dal taglio di 3,5 miliardi di euro al Fondo di perequazione infrastrutturale introdotto con l'ultima legge di bilancio.
  Da ultimo, rileva che le penalizzazioni inflitte oggi al Mezzogiorno potrebbero in futuro ritorcersi anche contro il Nord del Paese.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), in premessa, stigmatizza la scelta di relatori e Governo di esprimere parere contrario su tutte le Pag. 65proposte emendative presentate, sottraendosi ad un dialogo costruttivo con le opposizioni. Osserva, altresì, che per l'ennesima volta si sta determinando una sorta di monocameralismo di fatto, dal momento che i colleghi del Senato hanno potuto confrontarsi liberamente ed approvare anche taluni emendamenti, mentre alla Camera, per ragioni meramente elettorali, si intende far passare il provvedimento senza modifiche, comprimendo gravemente le prerogative dei deputati. A suo avviso, le finalità contenute nell'articolo 1 del disegno di legge rappresentano delle mere enunciazioni di principio, dal momento che l'impianto normativo nel suo complesso mina irrimediabilmente l'unità e la coesione nazionale, creando le basi per una sorta di «Stato Arlecchino» – nel quale conviverebbero regioni a statuto ordinario, regioni a statuto speciale e regioni ad autonomia differenziata –, a detrimento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione di governo e della crescita complessiva del Paese.

  Enrica ALIFANO (M5S) evidenzia che la relazione tecnico-finanziaria conferma che la riforma dovrebbe essere realizzata ad invarianza di bilancio; tuttavia, senza risorse aggiuntive non sarà in alcun modo possibile assicurare l'erogazione dei livelli essenziali di prestazione, che richiederebbero uno stanziamento di circa 100 miliardi di euro.
  Auspica, quindi, un supplemento di riflessione da parte della maggioranza, per evitare che l'approvazione del provvedimento si traduca in un mero spot propagandistico ovvero in una drammatica riduzione dei servizi erogati ai cittadini.

  Carmela AURIEMMA (M5S), ricordando che nel corso delle audizioni il professor Sandro Stajano, pur essendo favorevole in via di principio all'autonomia, ha rilevato che la riforma in esame è destinata a rompere l'unità del Paese, ribadisce la netta contrarietà del proprio gruppo per ragioni tecniche, ma anche storiche e culturali. Segnala che negli ultimi dieci anni la percentuale di cittadini prossimi alla soglia di povertà è pressoché raddoppiata nelle regioni settentrionali, a conferma del fallimento della riforma in senso federalista varata nel 2001 dall'allora governo di centro-sinistra. A suo avviso, l'autonomia differenziata promossa dall'attuale maggioranza rischia di rendere ancora più profonde le fratture che si sono create da allora, in particolare nel settore sanitario.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Alfonso Colucci 1.1 e Bonafè 1.2.

  La seduta, sospesa alle 20.45, è ripresa alle 21.05.

  Nazario PAGANO, presidente, avverte che la Commissione riprende l'esame degli emendamenti dall'emendamento Cuperlo 1.3.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP), intervenendo sull'emendamento a sua firma 1.3, fa presente di condividere le osservazioni dei colleghi intervenuti a sostegno degli identici emendamenti soppressivi Alfonso Colucci 1.1 e Bonafè 1.2. Sottolinea come, infatti, la proposta emendativa in discussione rappresenti una subordinata delle precedenti in quanto interviene per migliorare il testo dell'articolo 1 del provvedimento in esame che, a seguito delle numerose modifiche introdotte dal Senato, appare poco chiaro e disordinato. Evidenzia, infatti, che l'emendamento in esame riprende tutte le indicazioni programmatiche già previste dall'articolo 1 del disegno di legge, riformulandole in maniera più comprensibile, introducendo l'elenco degli articoli della Costituzione che devono concorrere a disciplinare il processo di attuazione della legge.
  Ciò premesso, sottolinea come la condizione nella quale la Commissione sta operando appare particolare, in quanto a seguito della «blindatura» del testo, non è consentito operare neanche delle libere scelte da parte dei colleghi della maggioranza – come quella proposta dall'emendamento in esame – che non stravolgono né alterano il contenuto del provvedimento ma che sono volte esclusivamente a migliorarne la forma. Paragonando i lavori della Commissione ad Pag. 66una partita di calcio nella quale le due squadre si affrontano senza l'utilizzo del pallone, non può fare altro quindi che sottolineare la teatralità dei lavori della Commissione.

  Alfonso COLUCCI (M5S) sottolinea come l'emendamento Cuperlo 1.3 – sul quale preannuncia il voto favorevole del suo gruppo – ribadisce dei concetti e dei principi che sono immanenti all'ordinamento giuridico che pertanto dovrebbe addirittura essere superfluo richiamare. Sottolinea, quindi, come la proposta emendativa in discussione appaia idonea a sanare la base da cui nascono i principali vizi del provvedimento.
  Osserva inoltre che l'emendamento si caratterizza per un pregevole richiamo al carattere di insularità che già era stato lambito negli interventi precedenti.
  Rivolgendosi al collega della Commissione proveniente dalla Sardegna e che strenuamente difende il provvedimento, rammenta come le isole abbiano particolare difficoltà ad esercitare il servizio essenziale dei trasporti. Sottolinea, infatti che una delle caratteristiche dell'insularità è proprio quella di stabilire delle continuità rispetto all'assetto territoriale del continente, in quanto tale continuità costituisce un aspetto di sviluppo economico e sociale e assicura il rispetto del principio uguaglianza che fa sì che ai cittadini delle isole siano assicurati i medesimi diritti garantiti a quelli del resto della nazione. Sottolineando come la devoluzione alle regioni di materie come il trasporto non farà altro che aumentare il gap già esistente tra le regioni, si domanda quindi come sia possibile che un rappresentante della Sardegna difenda l'autonomia differenziata. Ricordando, infatti, che il prodotto interno lordo della Sardegna è quasi la metà di quello del Trentino Alto Adige, ritiene che la stessa non possa, con il proprio residuo fiscale, investire nei trasporti in maniera efficiente. Sottolinea, inoltre, come il territorio sardo sia anche molto vulnerabile dal punto di vista ambientale, essendo soggetto ad eventi meteorologici estremi e si interroga su come la devoluzione della materia ambiente alle regioni possa consentire alla Sardegna di attuare le necessarie politiche ambientali ed auspica di poter ricevere delle risposte dai colleghi della maggioranza.

  La Commissione respinge l'emendamento Cuperlo 1.3.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP) illustra l'emendamento a sua prima firma 1.4, volto a richiamare nella formulazione dell'articolo 1 del provvedimento alcuni fondamentali principi costituzionali. Sottolineando come la proposta emendativa sia volta, come la precedente del collega Cuperlo, a migliorare il testo del provvedimento, non comprende le ragioni del parere contrario espresso dal relatore e dal Governo.

  Filiberto ZARATTI (AVS) osservando preliminarmente come il Ministro Calderoli, in occasione dell'insediamento dell'Esecutivo, abbia giurato sulla Costituzione e come il principale dovere di ciascun parlamentare sia quello di rispettare la Carta costituzionale, non comprende le ragioni del parere contrario su un emendamento che invita proprio a rispettare la Costituzione, né quelle che inducono i colleghi della maggioranza a votare contro tale proposta emendativa.
  Ciò premesso, osserva come – sebbene l'esame del provvedimento vada avanti da circa un mese – i lavori della Commissione sono stati caratterizzati dalla quasi totale assenza di interventi da parte dei colleghi dei gruppi di maggioranza che non hanno ritenuto necessario manifestare la propria opinione in merito ad un provvedimento che cambierà il rapporto tra i cittadini del Nord e del Sud del Paese e che di fatto distrugge l'unità d'Italia.
  Si stupisce pertanto nel constatare come i colleghi dei gruppi che sostengono l'Esecutivo – sebbene in altre sedi non perdano occasione per fare riferimento alla «Patria» – in questo momento in cui si sta facendo la storia nella sede in cui si esercita compiutamente la democrazia, non ritengano doveroso intervenire per manifestare le proprie ragioni. A suo avviso, i colleghi della maggioranza stanno interpretandoPag. 67 il ruolo del parlamentare in modo non conforme al dettato costituzionale e rammenta loro come i rappresentanti del popolo debbano scegliere con libertà e partecipando al dibattito. Ritiene inoltre doveroso sottolineare, in prossimità della ricorrenza del 25 aprile, che essa celebra la Costituzione repubblicana antifascista.
  Da ultimo, richiamando le considerazioni svolte dal collega Colucci in merito all'insularità, osserva come anche numerose zone montane nel continente, come quelle insistenti nella regione Abruzzo, vedranno aumentare il divario già esistente, a seguito dell'introduzione dell'autonomia differenziata.

  Federico FORNARO (PD-IDP) interviene sull'emendamento Bonafè 1.4 che oltre a richiamare alcuni specifici articoli della Costituzione, sottende anche un'altra questione. Rileva quindi che riforme come quella in esame o sono limitate, e dunque non si vede la ragione per cui si debba essere qui a quest'ora e in Assemblea il 29 aprile prossimo, o sono «epocali», e allora non sarebbe stato uno scandalo prevedere anche una terza lettura su un provvedimento che incide profondamente sui rapporti tra Stato e regioni. Ritiene che si tratti di un serio problema istituzionale e considera inconcepibile che neanche uno dei contributi forniti dall'opposizione con le proposte emendative presentate sia accettabile per la maggioranza. Invita dunque i colleghi a riflettere sulla questione posta, nella speranza che almeno in Assemblea si possa realizzare una capacità di ascolto reciproco su qualcuno dei temi evidenziati. A suo parere si sta verificando una violenza duplice, se si considera che l'assegnazione a una o all'altra delle due Camere di un provvedimento governativo è decisa dall'Esecutivo che evidentemente ritiene inaffidabile la Camera e la Commissione Affari costituzionali se l'esame delle due riforme più importanti è stato avviato al Senato. Augurandosi che lo stato di frustrazione determinato da tale situazione sia condiviso dai colleghi, chiede se sottoporre il provvedimento ad una terza o ad una quarta lettura avrebbe spostato qualcosa nella logica generale, tanto più considerati i profili critici evidenziati nel corso delle audizioni. Nel rilevare come il parere contrario espresso dal relatore Paolo Emilio Russo su tutte le proposte emendative abbia significato l'impossibilità per l'opposizione di intervenire su un provvedimento destinato a cambiare il Paese, fa presente che siamo di fronte ad una dittatura della maggioranza e ad un'umiliazione di questa Camera. Confida che nelle prossime settimane sia consentito alle opposizioni di dare il proprio contributo su una riforma definita «epocale».

  La Commissione respinge l'emendamento Bonafè 1.4.

  Federico FORNARO (PD-IDP) rileva che l'emendamento Bonafè 1.5 per quanto possa apparire di natura ostruzionistica ha in realtà il suo fondamento, considerato che con la sostituzione del termine «discriminazioni» contenuto nel comma 1 dell'articolo 1 si pone l'accento sulla questione della disuguaglianza. Evidenzia dunque che il gigantesco aumento delle disuguaglianze verificatosi negli ultimi anni nella società contemporanea rischia se non contrastato di determinare alla lunga rischi anche per la stessa democrazia. Aggiunge che all'interno di tale fenomeno rilevano in particolare le disuguaglianze territoriali che non si registrano soltanto tra regioni e regioni ma anche tra zone diverse della medesima regione. Ritiene quindi che porre al centro delle prime righe del provvedimento il tema della disuguaglianza significhi porsi anche l'obiettivo della sua rimozione che per quanto utopico va comunque tenuto presente nel rapporto tra lo Stato e le regioni. Nel sottolineare che il riferimento alle discriminazioni è comunque contenuto nel richiamo successivo alla disparità di accesso ai servizi essenziali, dichiarando la disponibilità ad un'eventuale riformulazione dell'emendamento, ribadisce come l'intento fosse quello di porre l'accento sull'incremento delle disuguaglianze, fenomeno che dovrebbe preoccupare tutti.

  Alfonso COLUCCI (M5S) ritiene che grazie all'emendamento 1.5 si coglie il senso Pag. 68della differenza tra «discriminazioni» e «disuguaglianze», sottolineando come quest'ultimo termine abbia un'accezione più ampia e pregnante. Rimanendo sempre sul piano lessicale, rileva come la parola «differenziata» che dà il nome al provvedimento, sia qui usata in un'accezione sbagliata, sinonimo di separazione e di disuguaglianza, rispetto alla sua etimologia, trasformando in senso negativo un termine dal significato di per sé neutro. Tornando sul tema dell'insularità, rileva come, contrariamente a quanto sostenuto da altri, l'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario abbia inevitabili riflessi anche sulle regioni a statuto speciale. Richiama quindi a titolo esemplificativo l'incremento dei prezzi dei biglietti aerei per la Sardegna che ha indotto il Governo ad intervenire, pur senza ottenere i risultati sperati, con il cosiddetto decreto asset. Ritiene che tale caso evidenzi la necessità che i trasporti costituiscano una politica di livello nazionale e sottolinea come il Governo sia potuto intervenire nella vicenda perché lo Stato ha esercitato la sua potestà legislativa in materia. Nel rilevare quindi che con la devoluzione voluta dal provvedimento in esame l'intervento dello Stato centrale non sarà consentito, ritiene che sia in causa la coesione nazionale e la possibilità o meno di incentivare il trasporto delle merci, il turismo e gli scambi, tutti fattori di crescita del Paese. In conclusione ritiene che chi sostiene che le regioni a statuto speciale non subiranno le conseguenze dell'autonomia differenziata, evidentemente non ha letto il contenuto del provvedimento.

  Filiberto ZARATTI (AVS), nel dichiarare di avere a cuore le sorti della Sardegna, evidenzia come l'autonomia differenziata non abbia alcunché a che fare con l'indice di sviluppo delle regioni, richiamando a tale scopo i dati contenuti in una tabella riportante il valore del PIL per abitante di ciascuna regione italiana dal 1871 al 2009. Fa quindi presente che alla luce di tali dati, mentre la Sardegna a statuto speciale ha visto diminuire il suo PIL per abitante tra il 1971 e il 2009, altre regioni a statuto ordinario hanno registrato negli stessi anni un'incrementata capacità economica. Sottolinea quindi che sono altre le ragioni che determinano l'indice di sviluppo di una regione, a partire dalle infrastrutture e dagli investimenti che soprattutto nelle zone più disagiate sono a carico dello Stato centrale. Richiama a tale proposito l'esempio dello Stato tedesco che, pur essendo uno Stato federale, dopo la caduta di Berlino e la riunificazione delle due Germanie ha comunque investito centinaia di miliardi di marchi per superare il grande divario economico e sociale della parte orientale del Paese. Nel far presente che la situazione italiana è ancora più difficile, in considerazione del carattere strutturale del divario tra nord e sud del Paese, rileva che, come evidenziato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, se allo Stato centrale vengono sottratte significative voci di entrata si può determinare una grave difficoltà di gestione del disavanzo e del debito pubblico consolidato. Evidenzia quindi che, come dimostrato dall'esempio positivo della Germania, le risorse si prendono dove sono e si usano dove servono, a meno di non voler condannare l'Italia alla marginalizzazione. Si dichiara quindi stupito del provincialismo che ispira senza alcuna lungimiranza il provvedimento in esame, sottolineando come in situazioni difficili servano statisti, non necessariamente progressisti, ma comunque animati da una visione. Nel rilevare che l'intento sembra essere invece quello di tutelare gli interessi di una piccola parte del Paese, ammoniti i colleghi sul fatto che in pochi non ci si può salvare, ritiene che il provvedimento meriterebbe la dignità di essere modificato.

  Carmela AURIEMMA (M5S) ritiene che l'emendamento Bonafè 1.5 costituisca l'occasione per riflettere sul concetto di autonomia, rilevando come essa dovrebbe rappresentare uno strumento per superare le disuguaglianze. Fa presente che con un'impostazione totalmente sbagliata il provvedimento in esame usa l'autonomia come un fine, ignorando il contenuto dell'articolo 3 della Costituzione che prevede che si possano assumere iniziative ad hoc per garantire l'uguaglianza anche sostanziale dei cittadini. Pertanto non considera sbagliata in Pag. 69sé l'introduzione di forme di autonomia se esse possono aiutare a recuperare il gap esistente tra le varie regioni ed anche tra zone diverse della stessa regione. Rileva in conclusione la miopia del provvedimento che, non guardando alla realtà dei fatti, rischia di «sigillare» le disuguaglianze dello stesso nord che vorrebbe beneficiare.

  Enrica ALIFANO (M5S) si chiede perché sia necessario differenziare le regioni e spera che, diversamente da quanto accaduto sin qui, qualcuno dalla maggioranza o dal Governo voglia spiegare quali sono le ragioni che sostengono la bontà di questa riforma. Chiede in particolare quali siano i dati economici, le stime, le proiezioni che dimostrano che l'aumento delle differenze tra le regioni rappresenta un beneficio per tutto il Paese, anche tenendo conto del fatto che sin qui il regionalismo ha comportato un deciso aumento del debito pubblico. Stigmatizzando i silenzi del Ministro, che in questo dibattito appare come il convitato di pietra, sottolinea che in assenza di tali dati ed evidenze il disegno di legge non può che perseguire un mero intento propagandistico.

  Antonio D'ALESSIO (AZ-PER-RE) contesta la modalità seguita per realizzare il decentramento e l'autonomia sottolineando come il Paese avesse invece bisogno di sburocratizzare più che di differenziare. Evidenzia che il disegno di legge in esame non è un provvedimento banale né reversibile, perché produrrà effetti devastanti che non potranno essere cancellati dalle scelte difformi di un eventuale successivo Governo. Rileva infatti che il carattere bilaterale dell'accordo tra Stato e regione priva l'intesa della reversibilità unilaterale. Per queste ragioni rivolge un appello alla maggioranza affinché si prenda del tempo e non consenta a contingenze elettorali di segnare il futuro dell'Italia.

  La Commissione respinge l'emendamento Bonafè 1.5.

  Alfonso COLUCCI (M5S) interviene sull'emendamento Zaratti 1.6., che al comma 1 dell'articolo 1 interpone tra i termini «discriminazione» e «disparità» il termine «emarginazione». Ritiene che il tema rimandi immediatamente al concetto dei livelli essenziali delle prestazioni, da intendere non come livelli minimi bensì come essenza del diritto, senza la cui garanzia il diritto stesso sarebbe negato. Sottolinea che la mancanza di finanziamento dei LEP è negazione dei diritti stessi e rappresenta un vulnus importante del provvedimento. Ricorda quindi le vicende della c.d. CLEP, ovvero della commissione chiamata a determinare i LEP, evidenziando come molti dei commissari – tra i quali Amato, Bassanini, Finocchiaro – si siano dimessi affermando che non sussistevano le condizioni per poter giungere a una determinazione complessiva dei LEP in tutte le materie, affinché tutti potessero essere realizzati. Sottolinea infatti che non è accettabile, ad esempio, che i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie siano garantiti a scapito dei livelli essenziali nell'istruzione o in relazione a un altro diritto, pena la violazione dei diritti essenziali dei cittadini.
  Prevedendo che a giugno il Governo debba intervenire con una manovra correttiva, che non potrà che gravare sui servizi essenziali, ricorda che recenti studi hanno dimostrato che l'attuazione dei LEP richiede circa 100 miliardi di euro l'anno. Stigmatizzando il fatto che il Governo non solo ha inserito la clausola di invarianza nel disegno di legge ma non ha neanche previsto risorse per l'attuazione del regionalismo differenziato nel DEF, si chiede come possano le forze di maggioranza che si appellano al concetto di unità nazionale approvare questo provvedimento in questa fase economica.

  Filiberto ZARATTI (AVS) sottolinea che l'emendamento 1.6, a sua prima firma, è volto a migliorare un testo oggettivamente difficilmente emendabile e sottolinea che le finalità generiche enunciate dall'articolo 1 stridono con le misure previste nella restante parte del provvedimento, risultando emblematiche di una politica che perde credibilità dichiarando di voler fare una cosa e poi facendo l'esatto contrario. Afferma che attraverso questa riforma la Pag. 70maggioranza sta giocando con i diritti di tutte le persone, non solo delle persone che abitano il meridione, cristallizzando le disuguaglianze. Ribadisce che venti diversi sistemi scolastici, venti sistemi sanitari, fiscali, energetici, sconsiglieranno non solo gli investimenti esteri in Italia, ma danneggeranno anche gli imprenditori del nord, ai quali guardano proprio coloro che propongono la riforma. Ipotizza infatti che il Meridione non accetterà più di acquistare i prodotti del nord Italia, preferendo rivolgersi a mercati esteri, rendendo così marginali anche i settori sociali che la maggioranza dice di voler difendere. Ritenendo che il provvedimento meriti significative modifiche, da discutere in un ampio dibattito che deve coinvolgere il Paese e non essere condizionato dai tempi delle elezioni europee, propone ironicamente che tutti i gruppi parlamentari cedano uno 0,2 per cento alle prossime elezioni alla Lega purché in cambio la Lega rallenti la corsa di questo treno che sta andando dritto verso il baratro.

  La Commissione respinge l'emendamento Zaratti 1.6.

  Toni RICCIARDI (PD-IDP) illustra l'emendamento Alfonso Colucci 1.7, volto ad affermare l'esigenza di rimuovere le disparità di trattamento rispetto al livello essenziale delle prestazioni che devono essere erogate in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Sottolinea come l'emendamento sia di buon senso ed abbia l'ulteriore pregio di cogliere un aspetto spesso trascurato dal legislatore: la demografia. Rammenta infatti che ogni volta che si interviene sui servizi essenziali occorre tener conto del peso demografico perché attualmente, non solo al Sud, chiudono reparti di ospedale o si accorpano scuole perché non è garantita l'erogazione di un determinato numero di prestazioni. Ciò perché si immagina di garantire l'essenzialità, intesa come sopravvivenza, e non il principio di uguaglianza sostanziale e di dignità previsto dall'articolo 3 della Costituzione. Immagina che presto verrà un tempo nel quale a furia di tagliare e di accentrare, la dicotomia Nord/Sud si trasformerà in contrapposizione tra spazio urbano e aree periferiche del Paese, con un danno per tutti i cittadini.

  Alfonso COLUCCI (M5S), intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 1.7, richiama la sentenza n. 27 del 2024 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato non fondato il ricorso della regione autonoma Valle d'Aosta contro le disposizioni della legge di bilancio per il 2023 che hanno istituito e disciplinato, senza assegnare alla Regione il relativo gettito percepito nel suo territorio, un contributo di solidarietà temporaneo a carico dei soggetti che esercitano determinate attività nel settore dell'energia. Con tale sentenza, di fatto, la Corte ha sancito che i tributi maturati in un territorio non costituiscono un diritto di quel territorio, armonizzando il principio unitario e quello autonomistico, la cui contrapposizione potrebbe mettere in crisi le istanze di solidarietà ed uguaglianza del dettato costituzionale.
  A suo avviso, tale sentenza ribadisce implicitamente che non soltanto le materie per le quali è prevista la determinazione dei livelli essenziali di prestazione, ma anche quelle escluse da tale computo debbono essere erogate in modo uniforme su tutto il territorio nazionale – e dunque finanziate adeguatamente prima dell'effettivo trasferimento di competenze alle regioni –, al fine di garantire il rispetto dell'articolo 3 della Costituzione. Ribadisce, infine il disappunto per la totale assenza di dialogo da parte delle forze di maggioranza.

  Enrica ALIFANO (M5S), associandosi alle considerazioni del collega Alfonso Colucci, sottolinea che anche le materie escluse dal perimetro dei livelli essenziali di prestazione sono cruciali per la vita dei cittadini: basti pensare, ad esempio, alla Protezione civile o alla disciplina della dirigenza scolastica. Al riguardo, ritiene che l'autonomia differenziata rischia di produrre anche l'effetto nocivo di introdurre nuove forme di gabbie salariali, con il rischio di incrementare l'emigrazione interna, dalle regioni del Pag. 71Sud verso quelle del Nord. Constata, infine, con rammarico che nessuno dei colleghi di maggioranza sembra porsi tali interrogativi, assai pregiudizievoli per il futuro del Paese.

  Marco SARRACINO (PD-IDP), condividendone le finalità, chiede di sottoscrivere l'emendamento in esame. Ricorda che in base ai dati diffusi da Banca d'Italia il 5 per cento della popolazione italiana detiene il 46 per cento della ricchezza del Paese: anche al fine di ridurre tale disparità, occorre garantire che le prestazioni di servizi siano erogate in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Condivide, inoltre, l'opinione che la diseguaglianza investe non soltanto la dinamica Nord-Sud, ma anche quella tra aree interne ed aree urbane, con centinaia di migliaia di ragazzi che ogni anno sono costretti ad abbandonare la terra d'origine per cercare opportunità di lavoro altrove. Al riguardo, osserva che mentre le opposizioni hanno cercato di affrontare questa problematica proponendo l'introduzione del salario minimo, le forze di maggioranza rispondono reintroducendo, di fatto, le gabbie salariali.

  Carmela AURIEMMA (M5S) ricorda che il comma 143 della legge di bilancio per il 2024 prevede l'istituzione di una cabina di regia incaricata di predisporre uno o più schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui sono determinati i LEP e i correlati costi e fabbisogni standard: a suo avviso, è irrealistico pensare che si possa raggiungere in un solo anno un traguardo che era già stato fissato dalla riforma in senso federalista varata ormai più di venti anni fa, nel 2001. Peraltro, esprime riserve sull'opportunità di devolvere alle regioni funzioni amministrative – come quelle relative alla dirigenza scolastica e sanitaria – che rischiano di essere inquinate dalle logiche clientelari delle amministrazioni locali.

  La Commissione respinge l'emendamento Alfonso Colucci 1.7.

  Alfonso COLUCCI (M5S), illustrando l'emendamento D'Orso 1.8, di cui è cofirmatario, ricorda che dal 2002 al 2021 circa 1,1 milioni di residenti hanno abbandonato le regioni del Sud, con conseguenze drammatiche per il contesto produttivo e sociale. A ciò si è aggiunta la piaga della fuga dei cervelli, con 263 mila giovani laureati che hanno lasciato il Mezzogiorno, e l'aumento esponenziale dei cittadini in povertà assoluta, che nelle stesse regioni del Sud ha raggiunto la cifra record di 2,5 milioni di persone. Pur riconoscendo che tali fenomeni non sono imputabili all'autonomia differenziata, ancora in discussione, evidenzia che la vera priorità per il Governo dovrebbe essere un serio piano di investimenti nel Mezzogiorno, che potrebbe costituire un volano per l'intera economia nazionale, considerando che per ogni euro investito nel sud, 40 centesimi vengono reimpiegati per lo sviluppo delle regioni settentrionali. Peraltro, osserva che il le regioni meridionali rappresentano il mercato primario per quelle del Nord: il loro rilancio, dunque, può contribuire a salvaguardare la competitività, su scala europea, del Nord produttivo.

  Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo sull'emendamento D'Orso 1.8 ne sottolinea la rilevanza evidenziando come i fondi per la coesione sociale utilizzati nelle regioni del Sud possono determinare una crescita del Paese e concorrere alla sua competitività. In particolare osserva che gli investimenti nelle infrastrutture del Sud, quando le stesse sono necessarie e non inutili come il Ponte sullo Stretto, aumenterebbero il livello di benessere dei cittadini e quindi la loro capacità di consumo. Evidenzia come invece la maggioranza sembri non comprendere le potenzialità offerte da questo mercato che, attraverso una sorta di Piano Marshall per il Mezzogiorno, potrebbe risollevarsi e risolvere anche così i problemi del debito pubblico. Sottolinea come su argomenti rilevanti e delicati come quelli disciplinati dal provvedimento in esame tutte le forze politiche in Parlamento dovrebbero convergere, cercando una identità di vedute nell'interesse del Paese, mentre invece l'opposizione su questo provvedimento non è messa neanche in condizioni di fornire il proprio contributo. In conclusionePag. 72 stigmatizza che la riforma proposta dalla maggioranza distrugge quell'unità del Paese che, interpretata come riscatto culturale e sociale, è stata conquistata nel corso del Risorgimento.

  Enrica ALIFANO (M5S), riportando alcuni dati statistici dell'Istituto SVIMEZ relativi al numero dei residenti che hanno abbandonato le regioni del Sud e le aree interne del Paese, sottolinea come tali fenomeni migratori abbiano creato anche problemi ambientali, date le caratteristiche energivore e inquinanti delle città. In merito osserva che il provvedimento, anziché frenare tale esodo verso le grandi città, non farà che incrementare questo fenomeno, senza risolvere i problemi demografici, così importanti nell'analisi economica.

  La Commissione respinge l'emendamento D'Orso 1.8.

  Enrica ALIFANO (M5S) illustra l'emendamento a sua prima firma 1.9 volto a precisare che i principi di unità giuridica ed economica, oltre che di coesione economica, sociale e territoriale, che devono orientare la riforma sono da ritenere preminenti. In merito sottolinea l'esigenza di evitare il rischio del regionalismo competitivo e del dumping fiscale che, generando concorrenza tra le regioni, sgretolerebbe l'unità del Paese.

  Toni RICCIARDI (PD-IDP), condividendo lo spirito dell'emendamento Alifano 1.9, evidenzia come sia condivisa l'idea che l'Unione europea debba andare verso una progressiva armonizzazione dei sistemi fiscali dei diversi Stati membri mentre, al contrario, questo provvedimento introduce elementi di dumping fiscale e salariale. Ricordando un intervento di Almirante, nell'ambito del dibattito parlamentare sull'attuazione del regionalismo, evidenzia come il leader del Movimento sociale sostenesse che le regioni in quanto centri di spesa avrebbero prodotto una esplosione del deficit pubblico, come effettivamente è successo. Ribadendo che la riforma distruggerà il flebile equilibrio sul quale poggia l'unità del Paese, invita la maggioranza a soprassedere nell'approvazione del provvedimento e ad aprire un dialogo con le opposizioni che vorrebbero offrire il proprio contributo nel tentativo di limitare i danni.

  Carmela AURIEMMA (M5S) in vista della prossima scadenza elettorale sottolinea come l'Unione europea sia un vaso di coccio circondato da vasi di ferro, facendo in particolare riferimento ad altre potenze quali la Cina e gli Stati Uniti. Ritiene quindi anacronistico dividere l'Italia in tanti staterelli, invece che operare per rafforzare l'Unione europea.
  Rilevando come dal punto di vista economico la riforma non poggi su una base di dati statistici adeguati, e come la stessa Confindustria sia stata critica nei confronti del disegno di legge, sottolinea il fatto che sia proprio il Ministro Calderoli, che da sempre sostiene la semplificazione normativa, a proporre una riforma che, al contrario, aumenta la burocrazia. Invita dunque a ulteriori approfondimenti, senza lasciarsi attrarre da uno spicciolo tornaconto elettorale, sottolineando come anche Forza Italia e Fratelli d'Italia siano in forte imbarazzo nell'approvare questo provvedimento.

  Alfonso COLUCCI (M5S), raccomandando l'approvazione dell'emendamento Alifano 1.9, svolge alcune considerazioni sulla necessità dei fondi perequativi. In particolare, sottolinea come i fondi di sviluppo e coesione non siano sufficienti a finanziare il divario stimato in ragione dell'autonomia differenziata, anche perché molti dei fondi previsti dal PNRR sono stati da ultimo indirizzati a finalità diverse, come ad esempio è accaduto con i fondi per la sicurezza ospedaliera che obbligheranno gli ospedali a disinvestire nei reparti per porre in essere politiche di sicurezza.
  Inoltre sottolinea come tali fondi spesso non possono essere utilizzati perché non vengono sbloccati dal Governo e in merito ricorda la recente protesta del Governatore della Campania, che ha sostenuto di non poter utilizzare questi fondi proprio per questo motivo.Pag. 73
  Richiamati quindi a titolo esemplificativo gli effetti del regionalismo nel settore della sanità, con ben 11 piani regionali di rientro, 5 commissariamenti e l'esplosione della spesa sanitaria, ricorda che nel 2014 l'attuale Presidente Meloni presentò una proposta di legge per sopprimere le regioni. Dichiara di non comprendere la logica che anima il provvedimento, rilevando come da parte del Governo e della maggioranza manchi la prova economica che con la riforma dell'autonomia differenziata migliorerà la qualità dei servizi e diminuiranno i relativi costi. Nel ribadire quindi che non sono stati in alcun modo illustrati tali benefici, sottolinea come l'esperienza degli ultimi quarant'anni di storia italiana dimostri esattamente il contrario in termini di contributo del regionalismo all'incremento della spesa. Richiama, con riguardo alle conseguenze della riforma, l'allarme lanciato dalla Banca d'Italia sul rischio di esplosione del debito pubblico e le preoccupazioni delle autorità europee sul mancato controllo della spesa da parte del nostro Paese. Fa presente come l'Italia non possa permettersi tale eventualità, in ragione del suo elevatissimo indebitamento e dell'impossibilità di sostenere aliquote ancor più elevate sui mercati esteri.

  La Commissione respinge l'emendamento Alifano 1.9.

  Filiberto ZARATTI (AVS), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede al presidente di valutare l'opportunità di convocare una riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, al fine di concordare le modalità di prosecuzione dell'esame.

  Nazario PAGANO, presidente, fa presente che alle ore 24 avrebbe comunque sospeso la seduta, convocando immediatamente una riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi. In assenza di obiezioni, ritiene di accogliere la richiesta dell'onorevole Zaratti, sospendendo brevemente la seduta per consentire lo svolgimento della richiamata riunione dell'Ufficio di presidenza.

  La seduta, sospesa alle 23.35, è ripresa alle 23.40.

  Nazario PAGANO, presidente, come convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, rinvia il seguito dell'esame alla giornata di domani.

  La seduta termina alle 23.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 23 aprile 2024.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 23.35 alle 23.40.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 293 del 22 aprile 2024, a pagina 97, seconda colonna, terza riga, le parole da: «2.29» fino a: «Ascani», sono sostituite dalle seguenti: «*2.29. Bonafè, Sarracino, Cuperlo, Fornaro, Mauri, De Luca, Toni Ricciardi, Ubaldo Pagano, Ascani.
  *2.31. Carfagna».