CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 11 aprile 2024
287.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 12

SEDE REFERENTE

  Giovedì 11 aprile 2024. — Presidenza del presidente Nazario PAGANO. – Interviene il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli.

  La seduta comincia alle 10.40.

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
C. 1665, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 21 febbraio 2024.

  Nazario PAGANO, presidente, dopo aver avvertito che, come specificato anche nelle convocazioni, secondo quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento, i deputati possono partecipare all'odierna seduta in videoconferenza, non essendo previste votazioni, ricorda che nella seduta del 10 aprile scorso si è concluso il ciclo di audizioni programmato.
  Avverte quindi che nella seduta odierna proseguirà la discussione generale, già avviata prima dell'avvio del ciclo di audizioni informali, e rammenta che – secondo quanto convenuto – la discussione generale potrebbe proseguire nella giornata di domani. Ai fini di una migliore organizzazione, chiede di far pervenire le richieste di iscrizione a parlare.

  Alfonso COLUCCI (M5S), intervenendo sull'ordine dei lavori, rammenta come nel pomeriggio di lunedì 15 aprile si sono svolte ben 15 audizioni informali e sottolinea la difficoltà dei soggetti auditi nel rispondere ai quesiti posti dai commissari a causa del limitato tempo a loro disposizione. Evidenzia inoltre che soltanto oggi ha inizio la discussione generale sul provvedimento, con eventuale prosecuzione nella giornata di domani.
  Ricorda, quindi, che i gruppi di opposizione si sono trovati costretti a rivolgersi alla Presidenza della Camera per chiedere di rinviare l'avvio della discussione del provvedimentoPag. 13 in Assemblea, già previsto per il 29 aprile, e che nella giornata di ieri il Presidente della Commissione ha interloquito con il Presidente della Camera in merito al prosieguo dell'esame del provvedimento.
  Chiede, pertanto, di conoscere l'esito di tale interlocuzione per poter organizzare la partecipazione dei colleghi del suo gruppo alla discussione generale che, sottolinea, deve essere esaustiva.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo sull'ordine dei lavori, evidenzia anche lei che la discussione generale sul provvedimento avrà inizio soltanto nella presente seduta e si associa alla richiesta del collega Alfonso Colucci di conoscere gli esiti dell'interlocuzione intercorsa tra la Presidenza della Camera e quella della Commissione. Rammenta come è stata avanzata la richiesta di uno slittamento dell'avvio della discussione del provvedimento in Assemblea per consentire alle opposizioni di svolgere una approfondita discussione su di esso. Sottolinea quindi come, sebbene il disegno di legge in esame sia considerato dalla maggioranza particolarmente importante, la sua natura non impone alla Commissione di esaminarlo nei tempi che normalmente si riservano ai decreti-legge.
  Sottolinea quindi l'esigenza dei gruppi di opposizione di conoscere il cronoprogramma dei lavori della Commissione per consentire agli stessi di programmare la partecipazione dei propri deputati.

  Nazario PAGANO, presidente, nel replicare ai colleghi Alfonso Colucci e Bonafé, riferisce di essere stato invitato a partecipare alla Conferenza dei Presidenti di gruppo svoltasi nella giornata di ieri per relazionare sullo stato dell'iter del provvedimento. Sottolinea come in tale sede siano intervenuti i Presidenti dei gruppi di opposizione per chiedere un rinvio dell'avvio della discussione del provvedimento in Assemblea di almeno una settimana.
  All'esito di una articolata e tranquilla discussione, il Presidente della Camera si è riservato di assumere una decisione in merito a tale richiesta. Fa quindi notare che pertanto, poco prima di iniziare la presente seduta, ha ritenuto di contattare il Presidente della Camera per concordare un incontro, che è stato quindi fissato per le ore 13 di oggi.
  Propone, quindi, di iniziare subito la discussione generale e di interrompere i lavori della Commissione alle ore 13. Aggiunge che, all'esito dell'incontro con il Presidente della Camera, nel corso del quale ritiene di avere modo di conoscere se le interlocuzioni che lo stesso avrà nella mattinata odierna convergeranno verso le istanze dei gruppi di opposizione, potrà riunirsi l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, e che in tale sede potrà riferire l'esito di tale incontro.
  Sottolinea come, tuttavia, allo stato attuale, la Commissione debba procedere secondo il cronoprogramma stabilito, considerata la data del 29 aprile per l'avvio dei lavori in Assemblea. Chiede ai gruppi, quindi, al fine di organizzare i lavori della Commissione, di comunicare alla presidenza l'elenco dei deputati che intendono intervenire in discussione generale.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP) comprende le esigenze organizzative della presidenza, in quanto sono le stesse del suo gruppo, ma sottolinea che, fino a quando non sarà stabilito l'esatto calendario dei lavori, il suo gruppo può soltanto fornire un elenco parziale dei deputati che intendono intervenire.

  Nazario PAGANO, presidente, ribadisce che la Commissione può avviare la discussione generale immediatamente e che una organizzazione più precisa dei lavori potrà avere luogo all'esito del colloquio con il Presidente della Camera.

  Alfonso COLUCCI (M5S) condivide la proposta della presidenza e fa presente che tutti i deputati del suo gruppo hanno manifestato l'intenzione di essere presenti ai lavori della Commissione.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP) desidera preliminarmente esprimere un sincero apprezzamento per la costante presenza del MinistroPag. 14 Calderoli nel corso delle audizioni svolte.
  Dopo aver premesso che in tutto il mondo occidentale – neanche negli Stati uniti e in Svizzera – non esiste un solo partito di governo che metta in discussione la natura dello Stato nazionale, sottolinea che l'opposizione del suo gruppo al provvedimento origina proprio da tale constatazione. Precisa che ciò non significa certamente rinunciare al principio dell'autonomismo che invece è un caposaldo della cultura costituzionale ed un valore scolpito – nel suo profilo di sussidiarietà – dalla Carta costituzionale.
  Ritiene come la miscela tra forma dello Stato e forma di Governo portata avanti dalla maggioranza punta precisamente a una rivalsa nei confronti dell'impianto costituzionale e a sradicare le radici storiche che quell'impianto autonomista hanno reso possibile. Rammenta i tre obiettivi del Risorgimento: liberare l'italiano dalla servitù del dispotismo; conferire all'italiano una nuova dignità come cittadino di uno Stato nazionale; affermare la capacità dell'individuo contro il privilegio di nascita e di casta. Tale ispirazione avrebbe costituito il fondamento della cittadinanza repubblicana, nonostante – a differenza di quanto avvenuto in altri Stati come la Francia e la Germania – non si trattasse di un sentimento della massa ma di un'avanguardia.
  Ricorda quindi come Mazzini ritenesse che la Nazione fosse un'associazione e non un aggregato e come Renan la definisse un'anima, un principio spirituale, il desiderio di vivere insieme, e come tale filosofo ritenesse che la Nazione, come l'individuo, sono il risultato di sacrifici e dedizione. Sottolinea, quindi, che la Nazione coltiva un sentimento di fratellanza ed osserva che proprio tale sentimento verrebbe colpito dal provvedimento in discussione che finirebbe con il favorire la disgregazione del Paese.
  Ritiene, pertanto, che oltre alle ragioni di natura tecnica emerse nel corso delle audizioni, la contrarietà al provvedimento deriva anche da quelle ragioni di natura storica e culturale che hanno segnato la costruzione dello Stato italiano.
  Sottolinea come l'unificazione del Paese si è dovuta effettuare su un duplice fronte, quello orizzontale – relativo alla divisione tra regioni – che è stato risolto durante il Risorgimento, e quello verticale – relativo al carattere dello Stato e degli italiani – che è stato colmato dalla Resistenza, durante la quale sono state create le premesse di una democrazia rappresentativa, fondata sul compromesso costituzionale delle grandi culture politiche accomunate dalla lotta di liberazione dal nazifascismo.
  Rammenta come da queste due epoche storiche traggano origine le istituzioni repubblicane e i partiti di massa che hanno saputo incanalare nel patto repubblicano gli italiani che non erano più abituati alla dialettica democratica dopo oltre un ventennio. Nel secondo dopoguerra è stata ricostruita la Nazione e sono state varate le grandi riforme, si è resa accessibile a tutti la scuola e si è assistito al decollo economico e competitivo anche delle regioni più arretrate.
  Sottolinea come entrambe queste epoche siano durate poco più di mezzo secolo: con il collasso dell'Italia liberale si è aperta la strada al fascismo, mentre al collasso dei partiti di massa nei primi anni 90 del secolo scorso è seguito il richiamo alla secessione, evocata all'epoca anche dal Ministro Calderoli. Rileva tuttavia che l'evocazione della secessione non è altro che la riapertura della disunione orizzontale dell'Italia.
  Ricorda altresì che il centrismo ha costituito, per i primi anni della vita repubblicana, una prerogativa della Democrazia Cristiana che temeva che un'apertura al regionalismo potesse giovare al Partito Comunista, che allora non aveva accesso al governo del Paese. Sottolinea, tuttavia, che superata tale fase, si è compreso che anche quel processo poteva condurre ad una democrazia più compiuta.
  Richiamando Crispi, il ventennio fascista e la destra della seconda Repubblica, sottolinea come sul tasso di crescita dell'economia abbia influito sempre in maniera negativa il Governo di chi voleva dividere il Paese, mentre il Paese è cresciuto meglio quando a guidare l'Italia ci sono state elite Pag. 15– come Giolitti, il centro sinistra degli anni 60 del secolo scorso e i governi di centro sinistra della seconda Repubblica – consapevoli che uno Stato nato tardi e con un retaggio di storture necessitava di unità.
  Ritiene pertanto un dovere politico opporsi al provvedimento in esame al fine di aiutare l'economia e le imprese sane del Paese.
  Osserva, inoltre, come la manomissione della costituzione formale e materiale, che ha da sempre visto esclusa soltanto la cultura fascista dal patto repubblicano, rappresenti il vero traguardo di legislatura della maggioranza, in particolare per Fratelli d'Italia che reputa un traguardo simbolico la cancellazione di tale stigma.
  Precisa di non ritenere che al Governo del Paese vi sia una sorta di riedizione del fascismo ma rileva come la destra attuale – che a suo avviso non è affine a quella berlusconiana o bossiana – voglia utilizzare il tandem del premierato e dell'autonomia differenziata per chiudere questa pagina di discriminante antifascista. Evidenzia però come le due riforme richiedano fonti normative diverse – il premierato ha bisogno di una legge costituzionale mentre l'autonomia differenziata no – con la conseguenza di avere anche tempi di approvazione diversi; in merito ipotizza che una celere approvazione del disegno di legge in esame possa poi dar luogo a contraddizioni tra i due modelli. Rammenta poi che la legge in discussione, essendo una legge ordinaria, non può vincolare la legge successiva che ratificherà l'intesa con la regione, con la conseguenza che se anche il premier decidesse oggi di escludere dalle trattative con le regioni specifiche materie, come la scuola ad esempio, successive intese potrebbero reintrodurla, perché la legge successiva prevale sulla precedente, e si chiede come questo disegno sia compatibile con l'idea di un premierato forte.
  Si chiede poi se il fine della maggioranza sia quello di frammentare l'Italia in tanti piccoli Stati semi-indipendenti, rendendola così assolutamente non competitiva in campo internazionale, ovvero se non sia quello di dar vita a una macroregione costruita sull'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, a norma del quale «La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni». Evoca in merito la possibilità di una sorta di direttorio dei governatori del Nord, interrogandosi quindi sul futuro ruolo del Parlamento nazionale e del nuovo modello di Primo ministro assoluto e, conseguentemente, sul futuro dell'unità d'Italia.
  Rammenta come le molte audizioni che si sono susseguite abbiano demolito l'impianto della legge sotto il profilo della costituzionalità e della garanzia unitaria dei diritti e come, nonostante ciò, la maggioranza abbia scelto la strada di una accelerazione dell'iter, calendarizzando l'approdo in Assemblea il 29 aprile. In merito, pur augurandosi che il Presidente Pagano – che ringrazia per il lavoro svolto in questi mesi – riesca a convincere il Presidente Fontana a uno slittamento, stigmatizza la scelta della maggioranza di compiere un atto di forza di enorme portata, del quale assumerà ogni responsabilità tenuto conto dell'impatto che questo regionalismo differenziato è destinato ad avere sulla tenuta del nostro storico ordinamento dello Stato.
  Esprime infine l'impegno del Partito democratico a fare una forte opposizione non solo nelle aule del Parlamento ma soprattutto fuori, ritenendo che questa sarà la battaglia della legislatura visto che oggi l'approvazione del disegno di legge è oggetto e bandiera della battaglia della Lega; motiva l'opposizione contro questa riforma con il senso di responsabilità verso coloro che sono venuti prima di noi e verso coloro che verranno dopo di noi, per poter lasciare in eredità un'Italia ancora unita. Suggerisce quindi il seguente possibile slogan per la battaglia dell'opposizione: «erano partiti con Alberto da Giussano, hanno sposato lo sceriffo di Nottingham».

  Antonio CASO (M5S) dichiara di essersi iscritto a parlare al fine di potersi esprimere sui contenuti del disegno di legge in esame guardando negli occhi il Ministro. Ricorda di essere un membro della Commissione cultura e che pertanto incentrerà il proprio intervento sugli effetti della riformaPag. 16 su uno dei punti cardine del nostro Paese: la scuola.
  Evidenzia come già oggi l'Italia esprima due sistemi scolastici diversi, come dimostrato da alcuni specifici dati sui divari nord-sud relativi al numero delle mense scolastiche, alla disponibilità del tempo pieno, alle palestre e alla dispersione scolastica. Sottolinea come i dati non siano sterili numeri ma evidenzino una frattura che già oggi comporta opportunità di vita diverse, che consentono di predire il destino di una persona in funzione del suo luogo di nascita e ribadisce che la scuola pubblica è uno degli elementi più importanti e caratterizzanti il nostro Paese.
  Rispetto ai divari attuali, fa presente che la riforma in esame interverrà aumentando le fratture in modo esponenziale, creando 20 sistemi scolastici diversi: scuole con condizioni contrattuali diverse per i docenti, sottoposti alla responsabilità non statale ma regionale, programmi didattici differenziati tra le regioni, segnando così la fine dell'insegnamento come è stato finora pensato e escludendo la possibilità per le regioni che avranno meno risorse di superare l'attuale divario.
  In conclusione, auspica che contro questa riforma si realizzi una ampia sollevazione popolare e che tutto ciò si ritorca contro la maggioranza.

  Carla GIULIANO (M5S) esprime la forte preoccupazione del Movimento 5 Stelle e dei cittadini rispetto ai contenuti del disegno di legge evidenziando le tantissime mail che stanno arrivando a tutti i deputati da parte di cittadini che denunciano l'impatto catastrofico che questa riforma avrà sulla forma di stato. Ritiene infatti che la riforma in esame sovverta tutti i principi costituzionali di unità e indivisibilità del Paese.
  Incentra il proprio intervento su alcune specifiche materie che potrebbero essere oggetto di maggiori forme di autonomia, partendo dalla tutela della salute. In merito, richiamando i contenuti dell'ultimo Rapporto della Fondazione GIMBE elenca una serie di dati che evidenziano i profondi divari già esistenti tra le regioni italiane – dal numero di prestazioni sanitarie che le regioni devono garantire gratuitamente, all'aspettativa di vita dei cittadini, alla mobilità sanitaria – ritenendo che questa riforma potrà solo aggravarli. Sostiene che l'accentuazione dell'autonomia consentirà alle regioni più ricche di retribuire meglio i propri medici e infermieri, drenando il personale dalle regioni più povere e conseguentemente aumentando ulteriormente la mobilità sanitaria, con la conseguenza ultima di non consentire più alle regioni del nord di soddisfare le esigenze sanitarie dei cittadini residenti. Ricorda che sul settore salute si incentra gran parte della spesa del PNRR ed evidenzia che quei fondi oggi sono destinati a riequilibrare le diseguaglianze e a garantire una maggiore coesione sociale, come richiesto a livello europeo, e si chiede come ciò sia compatibile con una riforma che invece va in senso opposto, non colmando ma accentuando i divari territoriali e sociali del nostro Paese.
  Rammenta poi, tra le ulteriori materie che potrebbero essere oggetto di maggiore autonomia, le «grandi reti di trasporto e navigazione», palesando le difficoltà che incontreranno le imprese nell'investire in un settore dove concorreranno tante legislazioni diverse e dove, inevitabilmente, verranno scelte le regioni già più ricche di infrastrutture. Quanto alla materia della «ricerca scientifica e tecnologica», si chiede come potranno le singole regioni garantire investimenti sufficienti se si tiene conto che già oggi lo Stato nel suo complesso non è in grado di farlo. Ancora, per quanto riguarda la «tutela dell'ambiente», in virtù della propria esperienza all'interno della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, sostiene che la maggiore autonomia regionale porterà all'abbandono di tutte le iniziative di bonifica dei siti inquinati, disseminati in tutta Italia e non solo al Sud.
  Sostiene che uno scambio di cortesie politiche tra i partiti della maggioranza minaccia di distruzione l'unità del Paese e rileva l'assenza in aula di parlamentari di maggioranza, che ritiene sia emblematica del fatto che questo disegno di legge interessa solo alla Lega, così come il premieratoPag. 17 preme solo a Fratelli d'Italia. Si chiede quindi come possa la maggioranza desiderare, da una parte, con l'autonomia differenziata, di dividere il Paese, e dall'altra, con il premierato, di centralizzare i poteri. In conclusione afferma che questo disegno di legge merita maggiore approfondimento, risultando devastante per il nostro Paese.

  Stefano VACCARI (PD-IDP) fa presente preliminarmente di essersi chiesto, per prepararsi alla battaglia in Parlamento e nel Paese su un provvedimento che rischia di distruggere anche fisicamente l'Italia e il suo ecosistema, cosa avrebbe pensato il giornalista e scrittore ambientalista Antonio Cederna, tra i primi in Italia a porre il tema della lotta per la salvaguardia dei valori storici e culturali nazionali. Richiama quindi le importanti leggi di tutela approvate nel 1991 e nel 1992 grazie alle battaglie di Antonio Cederna, che hanno consentito una politica omogenea, coordinata e nazionale di salvaguardia dell'ambiente e dell'ecosistema, alla quale ha fatto seguito nel 2022 l'inserimento della tutela dell'ambiente nell'articolo 9 della Costituzione, tra i suoi principi fondamentali. Rileva quindi come il provvedimento in esame faccia esattamente il contrario di quanto appena scritto nella Costituzione, rischiando di rendere l'Italia più divisa e più diseguale, riducendo il Parlamento a un ruolo ancillare e trasferendo alle Regioni funzioni su tutte le venti materie di legislazione concorrente nonché su tre materie su cui vi è la competenza esclusiva dello Stato, tra le quali anche la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, di cui alla lettera s) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione. Almeno in materia di ambiente a suo avviso si sarebbe potuto ragionare su una procedura differenziata, dal momento che la natura non riconosce i confini amministrativi e che dunque una tutela omogenea e coerente su tutto il territorio risponderebbe anche a un principio di buon senso che tuttavia appare latitare nel provvedimento in esame. Nel richiamare il contenuto dell'articolo 6 del disegno di legge, fa presente che le regioni potranno trasferire funzioni a livelli inferiori, compresi i comuni, spingendosi quindi fino ad un'autonomia municipale che è un vero paradosso se si parla di governo del territorio. Si domanda quindi in tali casi a chi verrà affidata la vigilanza in materia ambientale, rilevando come già allo stato attuale si sia in difficoltà su tali controlli anche in conseguenza degli interventi dell'attuale Governo di allentamento delle regole in molti ambiti. La conseguenza di affidare la tutela ambientale a soggetti non preparati sarà quella di lasciare maggiore spazio alle attività affaristiche e illegali, privando anche in questo caso i cittadini italiani della garanzia di tutela di diritti fondamentali. A suo parere il regionalismo asimmetrico e tutt'altro che solidale che il disegno di legge si prepara ad attuare, favorirà le organizzazioni criminali che al contrario hanno una struttura nazionale, europea e addirittura mondiale. Preannuncia inoltre l'incremento ulteriore degli oneri di urbanizzazione, in ragione della necessità di finanziare i livelli essenziali delle prestazioni considerato che il provvedimento non prevede risorse finanziarie aggiuntive, e il conseguente aumento della quantità di suolo destinato alla cementificazione e della fragilità del nostro ecosistema. Nel richiamare la definizione di ecologia coniata dal biologo Heckel e basata sulla constatazione che in natura tutto è interconnesso e mai autonomo, considera il provvedimento una «bomba» per la tutela dell'ambiente. Nel sottolineare che molte questioni non possono essere affrontate da soli, ricorda, da un lato, che nel corso della pandemia l'Italia si è salvata perché ha agito come nazione e perché l'Europa ha adottato scelte unitarie e, dall'altro, che le grandi emergenze determinate dai cambiamenti climatici richiedono azione di mitigazione che travalicano anche la dimensione nazionale. Evidenziato quindi che non solo in materia ambientale ma anche per quanto riguarda energia, reti di trasporti, salute, regole per gli impianti produttivi, occorre un intervento di dimensione nazionale, richiama inoltre le considerazioni svolte in audizione da alcuni autorevoli costituzionalisti in ordine alla natura di legge ordinaria del provvedimento in esame e alla possibilità che venga modificataPag. 18 in qualsiasi momento dal legislatore. Si dichiara consapevole che i contenuti di questo provvedimento non costituiscano una svista e che il piede sull'acceleratore, come evidenziato dal collega Cuperlo, è la conseguenza di un baratto all'interno della maggioranza, in modo tale che ognuno possa arrivare alle elezioni europee con il proprio scalpo. Cita infine una frase di Antonio Cederna in ordine alla lotta per la salvaguardia dei valori storico-naturali del nostro Paese quale lotta per il progresso e la coscienza civica contro la provocazione permanente di pochi privilegiati onnipotenti, e conclude il suo intervento dichiarando di trovarsi di fronte ad una maggioranza privilegiata e onnipotente.

  Enrico CAPPELLETTI (M5S) preliminarmente rileva come, data l'importanza del provvedimento in esame, siano auspicabili in sede di discussione generale interventi anche dei colleghi appartenenti alla maggioranza, nonché una seria interlocuzione con il Ministro Calderoli.
  Evidenzia il fatto che – fino a pochi anni fa – le dichiarazioni del Presidente del Consiglio andavano in tutt'altra direzione rispetto a quella presa con l'attuale disegno di legge dell'autonomia differenziata, avendo lei in più occasioni sostenuto come il regionalismo in Italia rappresentasse un fallimento e costituisse un moltiplicatore significativo di malaffare, spesa pubblica e poltrone.
  Sottolinea di avere partecipato ad alcune delle audizioni svolte dalla Commissione e di avere trovato di particolare interesse quella del Presidente Zaia, a cui ha lui stesso chiesto spiegazioni in ordine allo spreco di risorse pubbliche per la realizzazione della Superstrada Pedemontana Veneta, indicativo di una chiara inefficienza nella capacità di spesa della regione Veneto. Stigmatizza peraltro la risposta ricevuta in proposito dal Presidente Zaia, il quale ha fatto gli esempi virtuosi della realizzazione del MOSE e della battaglia condotta dalla regione Veneto durante l'emergenza sanitaria da COVID-19. Rileva, sotto il primo profilo, come sia paradossale che per giustificare il progetto di autonomia differenziata si citi come un'eccellenza delle opere pubbliche un'opera realizzata dallo Stato e, sotto il secondo profilo, trova irrispettoso per le vittime della pandemia da COVID-19 il riferimento fatto dal Presidente Zaia a fronte del primato negativo di vittime nella seconda ondata e delle molteplici inefficienze riscontrate nelle attività della regione Veneto nel contrasto alla pandemia stessa. In proposito censura nuovamente la scelta effettuata della maggioranza di non permettere alla Commissione parlamentare di inchiesta sull'emergenza sanitaria da COVID-19 di occuparsi anche degli errori e delle carenze a livello regionale.
  Ritiene doveroso ribadire con forza la chiara posizione del MoVimento 5 Stelle in materia di autonomia come risulta dallo stesso programma elettorale: una posizione di non contrarietà pregiudiziale al riconoscimento di maggiori forme di autonomia territoriale, ma di ferma contrarietà a questo progetto di autonomia differenziata portato avanti dal Governo per ragioni tanto di metodo quanto di merito.
  Sul piano del metodo, rileva innanzitutto come, ancora prima che il disegno di legge approdasse in Parlamento, ci fossero già cinque bozze diverse di riforme. Ritiene però particolarmente grave il fatto che il disegno di legge esautori il Parlamento dalla determinazione dei Lep, limitandolo alla mera espressione di un parere peraltro non vincolante, laddove invece proprio un coinvolgimento effettivo del Parlamento avrebbe permesso di stemperare le contrapposizioni politiche al fine di trovare un'ampia convergenza in un settore tanto delicato. Stigmatizza il fatto che la riforma dell'autonomia differenziata sia in tutta evidenza per le forze di maggioranza un do ut des con la riforma sul premierato e che nessuna delle due riforme appare convincente. Evidenzia in particolare che nella situazione attuale, in cui il potere del Governo risulta preponderante sul ruolo del Parlamento, è proprio quest'ultimo che andrebbe rafforzato e non viceversa. Segnala comunque strumenti diversi, quali ad esempio quello della sfiducia costruttiva, troverebbe invece un'ampia convergenza tra le Pag. 19forze politiche, incluse quelle del campo progressista.
  Con riferimento più propriamente al merito della proposta di autonomia differenziata, sottolinea innanzitutto come non abbia senso una mera definizione dei Lep, senza che al contempo questi vengano finanziati con un adeguato programma pluriennale. Inoltre, rileva il fatto che diverse materie incluse nella proposta di autonomia differenziata hanno un'evidente dimensione sovranazionale, come nel caso della ricerca e dell'energia. In quest'ultimo ambito, in particolare, l'aspettativa condivisa è quella di una regolamentazione unica, a livello nazionale, ad esempio sul tema dell'energia eolica, al contrario di quanto si realizzerebbe con l'autonomia differenza come proposta dal Governo. Fa presente che in Senato tutti e 50 gli auditi si sono dichiarati contrari alla proposta di riforma, inclusi soggetti non aventi orientamenti politici, quali la Conferenza episcopale italiana, Confindustria, Banca d'Italia o l'Ufficio parlamentare di bilancio. Infine, con riferimento al settore imprenditoriale, si domanda – ritendendo auspicabile ricevere una risposta dai sostenitori della riforma – come possano le varie aziende districarsi tra venti regolamentazioni diverse.

  Alfonso COLUCCI (M5S) chiede che venga disposta l'attivazione del circuito chiuso.

  Nazario PAGANO (FI-PPE), in assenza di obiezioni, dispone l'attivazione del circuito chiuso.

  Elena BONETTI (AZ-PER-RE) rileva che il ciclo di audizioni svolto dalla Commissione ha evidenziato come la proposta di autonomia differenziata portata avanti dal Governo non soltanto non è adeguata all'obiettivo che intende raggiungere, ma è anche dannosa.
  Sottolinea come il suo gruppo abbia manifestato sempre un atteggiamento costruttivo e che il problema non sia quello della valorizzazione delle autonomie territoriali in sé, ma del modo in cui il provvedimento in esame intende perseguire l'obiettivo dell'autonomia differenziata.
  Evidenzia che il disegno di legge avrà una duplice conseguenza, da una parte, aumentando le disuguaglianze nel Paese e, dall'altra parte, rendendo il Paese meno resiliente ed efficiente nell'affrontare le sfide attuali anche nel contesto europeo. Nello specifico, ritiene che l'aumento delle disparità sociali, territoriali e generazionali che deriverà dall'autonomia differenziata come perseguita dal provvedimento in esame necessariamente porterà il Paese ad un significativo rallentamento sul piano dello sviluppo. Ricordando come non sia un caso che il PNRR assegni importanti risorse al fine di colmare il divario tra le regioni, sottolinea come non si tratti soltanto di una questione di giustizia, ma che in conseguenza dell'autonomia differenziata si avranno effetti a medio e lungo termine, in quanto un Paese a due velocità perde necessariamente in efficienza a causa di moltiplicazioni anche di carattere amministrativo, burocratico di regolamentazione, incluso in settori di interesse strategico, quale quello dell'energia. Sottolinea come un altro ambito che risentirà dell'autonomia differenziata sarà quello fiscale. Anche in questo caso, non si tratta esclusivamente di una questione di giustizia, visto che il provvedimento incide anche sul piano dell'efficienza contributiva. Evidenzia che l'autonomia differenziata costituirà nei fatti un disincentivo all'efficientamento fiscale, in conseguenza del quale vi sarà una tendenza ad aumentare le tasse non solo a livello nazionale ma anche a livello regionale per le regioni che si troveranno ad avere maggiori difficoltà finanziarie. Si domanda quindi se la maggioranza si sia resa conto di quale tipo di autonomia differenziata il provvedimento voglia introdurre. Evidenzia, infatti, che il disegno di legge in esame e quello sul premierato hanno un unico elemento di coerenza: l'annichilimento totale del ruolo del Parlamento per smontare il principio della democrazia rappresentativa su cui il Paese si fonda.
  A suo avviso, infatti, lo scopo di questo provvedimento inadeguato è quello di togliere il potere decisorio ai cittadini e auspica,Pag. 20 pertanto, un sussulto di dignità dei colleghi della maggioranza per poterne migliorare il testo.

  Laura BOLDRINI (PD-IDP) ritiene che la presenza del Ministro Calderoli in Commissione non debba sorprendere, rammentando come l'approvazione di questo provvedimento costituisca la realizzazione del suo più grande sogno.
  Sebbene il Ministro infatti oggi rivesta un ruolo istituzionale, non può non fare a meno di ricordare come egli nel passato abbia utilizzato offese ignominiose nei confronti dei cittadini del Meridione e come alcuni colleghi del suo partito siano anche stati condannati per razzismo a seguito di talune gravi affermazioni.
  Rileva come l'Italia sia il Pase delle grandi divisioni – sociali, territoriali, di genere, generazionali – e sottolinea come il compito di chi governa il Paese dovrebbe essere quello di superare tali divisioni attraverso politiche di maggiore coesione sociale al fine di offrire a tutti i cittadini le medesime opportunità. Sottolinea come, invece, il provvedimento in esame produca l'effetto contrario aumentando la divisione.
  Si domanda, quindi, se vi sia una ragione particolare per intervenire con un provvedimento che danneggia lo Stato, rendendolo ancora più debole e catalogando le persone sulla base del luogo in cui esse nascono. A suo avviso, il disegno di legge in discussione va contro il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione in quanto ai cittadini del Sud Italia non verranno offerti i medesimi servizi previsti per quelli del Nord.
  Rammentando quali sono le materie concorrenti che con il provvedimento diventerebbero di competenza esclusiva delle regioni, sottolinea come di fronte a una società sempre più globalizzata, materie come, ad esempio, l'energia, l'ambiente e l'istruzione, non possano essere gestite a livello regionale.
  Evidenzia infatti che anche il mondo produttivo è contrario alla previsione di una regolamentazione diversa su tali materie tra le varie regioni in quanto la frammentazione delle loro politiche renderebbe meno efficiente il sistema Paese e quindi meno competitivo rispetto agli altri Paesi. Ritiene quindi che la creazione di venti piccoli Stati semi indipendenti – auspicata dal disegno di legge in esame – finirà con il distruggere l'Italia.
  Non condivide, inoltre, la tesi sostenuta da alcuni in base alla quale l'introduzione del premierato compenserà la segmentazione prodotta dall'autonomia differenziata. A suo avviso, infatti, si tratta di un equivoco in quanto anche l'introduzione del premierato – che indebolisce le due istituzioni maggiormente rappresentative: il Presidente della Repubblica e il Parlamento – finirà con l'indebolire il Paese.
  Sottolinea, inoltre, come siano necessari oltre 100 miliardi di euro per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni. Pertanto, ritiene che il provvedimento, dalla cui applicazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, sia soltanto una «bandierina» della maggioranza per ingannare l'opinione pubblica e per far perdere tempo ad un Parlamento estromesso e mortificato.
  Si domanda, quindi, come i colleghi della maggioranza, dei quali rileva il silenzio nella discussione su una riforma da loro ritenuta «epocale», possano accettare un provvedimento che esautora il Parlamento.
  A suo avviso la riforma, che anche una parte della maggioranza non condivide e che non contiene neanche un aspetto positivo, avrà il solo scopo di appagare – così come il ponte sullo Stretto per il Ministro Salvini – un desiderio del Ministro Calderoli.
  Dichiara quindi la totale contrarietà al provvedimento e preannuncia che il suo gruppo si batterà aspramente contro di esso non soltanto nelle aule parlamentari ma anche nelle piazze per svelare agli italiani i danni che lo stesso potrebbe produrre.

  Alessandro URZÌ (FDI), intervenendo da remoto¸ desidera far presente alla collega Boldrini e agli altri colleghi che nel corso della discussione hanno sottolineato l'assenza dei deputati dei gruppi di maggioranza, come numerosi deputati del gruppo Pag. 21di Fratelli d'Italia stiano assistendo ai lavori in videoconferenza.

  Igor IEZZI (LEGA), intervenendo da remoto, fa presente che anche alcuni parlamentari del suo gruppo stanno seguendo i lavori della Commissione in videoconferenza.

  Nazario PAGANO, presidente, sottolinea come i colleghi collegati da remoto siano numerosi e rammenta come la partecipazione in videoconferenza sia una facoltà dei parlamentari per questa fase dell'esame.
  Come concordato all'inizio della seduta, rinvia il seguito dell'esame alla seduta pomeridiana.

  La seduta termina alle 12.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 11 aprile 2024.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.45 alle 15.40.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 11 aprile 2024. — Presidenza del presidente Nazario PAGANO. – Interviene il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli.

  La seduta comincia alle 15.40.

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
C. 1665, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella odierna seduta antimeridiana.

  Nazario PAGANO, presidente, avverte che, come specificato anche nelle convocazioni, secondo quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento, i deputati possono partecipare all'odierna seduta in videoconferenza, non essendo previste votazioni. Comunica quindi che prosegue la discussione generale.

  Enrica ALIFANO (M5S), rivolgendosi al Ministro per gli affari regionali e le autonomie Calderoli, sottolinea come il peggioramento del Meridione sia in linea con il declino del resto del Paese. Per tale ragione, è possibile parlare, a suo avviso, di una vera e propria «questione settentrionale» legata al fatto che il mercato del Mezzogiorno non è più appetibile e che vi sono ormai altri mercati europei e internazionali.
  Se questa è la situazione, evidenzia come il rimedio proposto attraverso l'approvazione del disegno di legge in esame sia peggiore del male che si vuole curare. A tal proposito, richiama le «bocciature» da parte di due Presidenti di Corte costituzionale che sono stati auditi e i quali hanno sottolineato in particolare due rischi, derivanti dall'approvazione di questo disegno di legge: 1) una eccessiva marginalizzazione del ruolo del Parlamento; 2) una funzione esclusivamente consultiva in capo agli enti locali.
  Sottolinea il rischio che dall'approvazione del disegno di legge in esame si amplii il divario tra centro e periferia, quest'ultima già interessata da forti fenomeni di spopolamento in particolare con riferimento alle aree interne, prive spesso di servizi essenziali quali l'assistenza sanitaria e con forti ritardi infrastrutturali sia materiali che digitali. Per quanto riguarda la definizione dei cosiddetti LEP, rimarca l'estrema difficoltà nell'individuarli e soprattutto nel garantirne la copertura finanziaria.
  In conclusione, lamenta l'assoluta assenza di studi previsionali circa gli effetti derivanti dall'approvazione del disegno di legge in esame e, soprattutto, rispetto all'ipotesi che tutte le regioni richiedano le competenze nelle materie previste dal disegno di legge in esame. Questo conferma, a suo avviso, che si tratta di un vero e proprio «salto nel buio».

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  Nazario PAGANO, presidente, alla luce della richiesta avanzata dal deputato Alfonso Colucci, e non essendovi obiezioni, dispone l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Chiede inoltre ai rappresentanti dei gruppi di far pervenire l'elenco degli iscritti a parlare.

  Marco SIMIANI (PD-IDP), in qualità di capogruppo del suo partito in Commissione VIII, si sofferma in particolare sulle ricadute derivanti dall'approvazione del disegno di legge in esame sui temi ambientali.
  In particolare, lamenta il rischio di un arretramento in ambito ambientale derivante dalla difficoltà di rispettare accordi internazionali – come ad esempio la COP 15 – in materia di protezione del clima. In secondo luogo, evidenzia un duplice rischio: l'eccessiva e diversificata pianificazione regionale sul piano ad esempio della produzione dell'energia, nonché quello della c.d. predazione della biodiversità.
  In definitiva paventa il rischio di una eccessiva divaricazione tra la parte settentrionale e quella meridionale del Paese, ricordando come anche le precedenti proposte di riforma in tema di devoluzione siano letteralmente «appassite».

  Filiberto ZARATTI (AVS) osserva che la discussione offre interessanti spunti di riflessione ma, soprattutto, conferma quello che è già il suo convincimento, cioè che il provvedimento in titolo è totalmente sbagliato e assai dannoso per il Paese. Evidenzia infatti che in una situazione nella quale il quadro internazionale è molto complesso, soprattutto con riferimento alle problematiche afferenti alla competitività delle imprese e al mercato globalizzato, è necessario che su talune questioni, come ad esempio la politica industriale, la gestione del Paese sia fortemente unitaria. Sottolinea, invece, che il disegno di legge rappresenta un ritorno dell'Italia al passato e ne disegna un volto frammentato tale che il Paese difficilmente potrà creare maggiore benessere e ricchezza. Peraltro, per affrontare questa realtà globalizzata, ritiene indispensabile una maggiore integrazione non solo nazionale ma anche a livello europeo. Crede quindi che sia inammissibile poter accettare una proposta che crea 20 situazioni differenziate, cosa che è convinto causerà enormi problemi.
  Ricorda alla maggioranza e al Governo che a volte nella storia accadono dei fatti che sembrano semplici ma di cui è difficile prevedere evoluzione e conseguenze. In tal senso rammenta quando il primo ministro britannico Cameron promise, in campagna elettorale, che i cittadini del Regno Unito avrebbero potuto esprimersi sulla permanenza del loro Paese nell'Unione europea, attraverso un referendum, consultazione che poi effettivamente si tenne – visto che in quel Paese ciò che viene promesso in campagna elettorale si mantiene – con il risultato che vinse la Brexit di Farage, evento che ha creato un enorme danno politico, sociale ed economico al popolo britannico e con la possibile conseguenza di una divisione del Regno Unito, considerate le tensioni politiche che si agitano in Scozia e nel Galles, per non dire dell'Irlanda del Nord. Ritiene che con il provvedimento all'esame anche l'Italia si stia muovendo su quel terreno.
  Crede anche che il provvedimento, dal punto di vista della ricchezza della nazione, abbia poco senso: ricorda infatti che se si guardano i dati statistici sulla ricchezza nazionale all'indomani dell'Unità d'Italia e fino ad oggi, si scopre che regioni che prima erano molto ricche, soprattutto comparativamente tra di loro, ora hanno arretrato la loro posizione, come ad esempio successo alla Sicilia e alla Sardegna ma anche al Piemonte, mentre regioni poverissime ora sono assai ricche, come ad esempio accaduto al Veneto. Evidenzia peraltro che alcune di queste regioni che hanno patito un arretramento economico sono regioni a statuto speciale, quasi a provare che non è l'autonomia che crea ricchezza, ma la politica e gli investimenti.
  Esprime apprezzamento per la coerenza e la chiarezza delle posizioni espresse nel tempo da parte del ministro Calderoli ma, in questo caso, non potrebbe che ritenerlo responsabile del sicuro disastro a cui sta avviando il Paese. Ritiene che più che differenziata, l'autonomia necessaria per Pag. 23l'Italia debba essere «indifferenziata», cioè portatrice di eguali diritti e possibilità di crescita per qualunque territorio nazionale. Crede infatti che l'unità del Paese è fondamentale anche come fattore determinante della sua proiezione internazionale mentre ritiene che ben difficilmente le singole regioni potrebbero giocare un ruolo decisivo nel quadro dei rapporti internazionali. Ritiene anche risibile poter solo lontanamente credere che una singola regione possa affrontare da sola, soprattutto in un momento come questo, le problematiche energetiche e invita a dimostrare un maggior senso del ridicolo, ricordando che altri Paesi ci hanno dato lezioni di ben altro senso dello Stato. Conclude, quindi, auspicando che quanto recato dal provvedimento all'esame possa essere scongiurato evitando così di distruggere il futuro dell'Italia e dei nostri giovani.

  Alessandro CARAMIELLO (M5S), intervenendo da remoto, osserva che l'argomento in discussione è assai divisivo, come peraltro è emerso chiaramente in un recente convegno organizzato alla Camera dei deputati e come sottolineato in molti contributi acquisiti in fase conoscitiva. Ricorda di essere presidente dell'intergruppo parlamentare «Sud, aree Fragili e isole minori», formato da parlamentari di tutte le forze politiche la cui attività è volta a sostenere le imprese e a creare le condizioni per lo sviluppo delle predette zone. Personalmente è un convinto «tifoso» dell'Italia e delle realtà meridionali. Ritiene utile ripercorrere brevemente la storia politica e sociale del nostro Paese che partendo dal famoso detto di Massimo d'Azeglio – «Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani» – passa per la massiccia emigrazione verso le Americhe, tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, le due guerre mondiali e la stagione di sviluppo del secondo dopoguerra, contrassegnata dalla fortissima immigrazione interna dal meridione al settentrione, ove peraltro a volte si esponevano cartelli che avvertivano che in certi immobili non si affittava ai meridionali.
  Crede quindi che il disegno di legge in esame spaccherà un Paese già diviso e se il Sud oggi arranca, con l'autonomia differenziata sarà la fine. Osserva che esso nasce da un percorso che parte nel 1991 insieme alla Lega, fino ad arrivare alla divisiva proposta di oggi. È dell'avviso che invece sia necessario, diversamente, superare il gap oggi esistente tra Nord e Sud, e ricorda che se il Governo Conte è riuscito ad accedere alle consistenti risorse europee è proprio perché, purtroppo, il nostro meridione è povero. Sul punto, peraltro, stigmatizza che continua a non essere pienamente applicata la cosiddetta «Clausola 34 per cento» concernente gli investimenti ordinari al Mezzogiorno da parte delle amministrazioni centrali dello Stato.
  Fa presente che è esemplificativo di tale divario il fatto che, ad esempio, le aziende multinazionali presenti in Italia preferiscono collocare i propri stabilimenti produttivi, nella stragrande maggioranza dei casi, nelle regioni del Nord Italia, in quanto nel meridione sono presenti pochissime infrastrutture che rendono poco appetibile investire in quei luoghi. Segnala poi che il problema è rappresentato anche dalla burocrazia e crede che difficilmente possano essere gestite venti burocrazie differenti.
  Relativamente ai Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) ricorda ai commissari le motivate e dure parole di critica che ha avuto modo di esprimere Adriano Giannola, presidente di Svimez, critiche che peraltro sono state espresse anche da moltissimi accademici ascoltati in sede di audizione presso la Commissione. Ricorda altresì che lo stesso Giannola in un suo studio sottolinea che, per come è congegnato il provvedimento in titolo, il Nord si arricchirà alle spalle del meridione.
  Stigmatizza poi che la Lega confermi il suo egoismo «nordista» e evidenzia che senza il Sud l'Italia non esiste e che l'autonomia differenziata rappresenta un qualcosa che potrebbe distruggerla.
  Auspica quindi che maggioranza e Governo possano rivedere la propria posizione in materia anche in considerazione del pericolo che l'aumento del divario economico tra le due parti del Paese possa incentivare ancor di più le forze produttive e le intelligenze del meridione a trasferirsi Pag. 24al Nord, dove troverebbero maggiori risorse per il loro impiego e le loro attività.

  Silvio LAI (PD-IDP) dichiara di volersi concentrare sulla parte del disegno di legge relativa al trasferimento delle funzioni dallo Stato alle regioni, tralasciando nel suo intervento la parte relativa al trasferimento di funzioni dalla regione ai comuni, tema che pure meriterebbe grande attenzione in quanto foriero di produrre ulteriori e profonde differenze quanto ai meccanismi con cui si estrinseca la cittadinanza e si esercitano i diritti reali. Quanto quindi alla questione dell'autonomia delle regioni, fa presente che si tratta di realtà relativamente giovani, inserite in Costituzione dal 1948, le cui prime elezioni si sono svolte soltanto nel 1970, mentre il primo vero trasferimento di funzioni avvenne nel 1978. Delle tre importanti funzioni che sono attualmente esercitate da tutte le regioni, cita in particola la sanità e la formazione professionale, su cui si può misurare in concreto cosa significhi l'autonomia, facendo presente come in entrambi i casi in questi anni si sia potuta sperimentare l'evoluzione diseguale nell'accesso ai diritti e ai servizi. Ritiene che in particolare il settore della formazione professionale sia esemplificativo di come le regioni prendano in carico un sistema originariamente unitario, fondato sulle medesime impostazioni, per tradurlo in servizi sensibilmente diversi, se si considera quanto sia diversa la situazione per un ragazzo di 14 anni a seconda che sia nato in una città del Nord o del sud dell'Italia. Considera pertanto un elemento dannosissimo di divisione del Paese il fatto che a seconda del luogo di nascita o di residenza tale ragazzo sia escluso o meno dal sistema formativo e di conseguenza dalla possibilità di accedere ad un'occupazione e di godere di maggiori competenze e di maggiori diritti. Si domanda pertanto cosa succederà quando la medesima difformità dei sistemi che danno origine a diritti sarà estesa anche ad altri ambiti in cui lo Stato dovrebbe colmare le differenze iniziali tra territori. Nel sottolineare la necessità di rivedere la riforma costituzionale del 2001, precisando comunque come il terzo comma dell'articolo 116 non implichi la cessione di intere materie, ritiene pericoloso accentuare le differenze con il disegno di legge in esame, estendendo a tanti ambiti ciò che è successo nella sanità e nella formazione professionale.

  Marco GRIMALDI (AVS) fa presente come il disegno di legge in esame, nonostante le timide modifiche introdotte dal Senato, presenti tuttora gravi criticità e mantenga intatti i numerosi profili di incostituzionalità, precisando che il problema non risiede nell'autonomia ma nella sua qualificazione di «autonomia differenziata». Ricorda infatti che l'autonomia è sancita nell'articolo 5 della Costituzione che tuttavia la immagina in stretta connessione con i principi dell'uguaglianza e della solidarietà oltre che dell'unità nazionale. Si tratta quindi dell'esatto contrario della «secessione dei ricchi», che confligge con il principio di solidarietà sostanziale dettato dall'articolo 3 della Costituzione, dal momento che il disegno di legge opera una cristallizzazione delle differenze, con le regioni più ricche che trattengono le risorse a danno non soltanto del sud ma anche delle aree periferiche e interne del Nord. Nel richiamare a tale proposito la difficile situazione della sua regione di provenienza, vale a dire il Piemonte, con riguardo alla sanità e alla disoccupazione, fa presente che dopo i tagli operati al fondo perequativo e alle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, il disegno di legge in esame rappresenta il colpo di grazia al sud. Scompare a suo avviso il regionalismo solidale pensato dalla Costituzione in favore di un regionalismo competitivo e si accentuano le criticità della riforma del 2001, che andrebbe invece ripensata, richiamando sul tema la proposta di legge di iniziativa popolare che ha raccolto oltre 100 mila firme e che avrebbe dovuto essere esaminata dalle Camere prima del disegno di legge del Ministro Calderoli. Sottolinea come tale disegno di legge renda più gravi gli effetti della riforma del 2001, facendo tuttavia presente che la presenza del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione non esonera comunque il legislatore dall'obbligo di inquadrare il principio di differenziazione, peraltro già presente nel terzo Pag. 25comma dell'articolo 117 e nei successivi articoli 118 e 119, nell'alveo del principio di uguaglianza sostanziale. Evidenzia quindi come l'esperienza della pandemia non abbia insegnato alcunché se la maggioranza si appresta a trasferire ampi poteri alle regioni nonostante il loro fallimento in quell'occasione e preferisce addossare le eventuali responsabilità allo Stato centrale con l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta. Fa quindi presente che il disegno di legge in esame confligge anche con l'articolo 70 della Costituzione, dal momento che il Parlamento viene privato delle sue prerogative, e con i principi della solidarietà economica e fiscale degli articoli 2 e 53, adottando la spesa storica come criterio per la distribuzione delle risorse finanziarie. Nel richiamare infine il diritto all'istruzione e di conseguenza all'accesso ad una offerta formativa omogenea e alla parità di trattamento, sottesa agli articoli 33 e 34 della Costituzione, chiede alla maggioranza e al Governo di fermarsi e di ascoltare il diffuso dissenso trasversale nel Paese, evitando di forzare la mano.

  Daniela MORFINO (M5S), nel concordare con le considerazioni fin qui svolte dai colleghi, aggiunge che da tanti anni la forza politica cui il Ministro Calderoli appartiene distoglie l'attenzione dei cittadini dai suoi veri intenti facendo ricorso alla semantica e parlando prima di secessionismo, poi di federalismo e oggi, sotto mentite spoglie, di autonomia differenziata. A suo avviso la Lega vuole soltanto la spaccatura economica, sociale e fiscale del Paese, creando divari nei territori in termini di servizi ai quali i cittadini italiani avrebbero diritto in ugual misura e dicendo addio al Risorgimento e all'unità nazionale. L'obiettivo è dunque quello di frantumare il Paese e di creare tanti piccoli staterelli, accrescendo le differenze tra sud e nord dell'Italia e contraddicendo il principio solidaristico necessario a garantire a tutti gli stessi diritti sostanziali. Ritiene che il titolo più corretto del disegno di legge in esame sarebbe quello di «spacca Italia» perché a seconda del proprio luogo di residenza si avrà un diverso accesso a diritti universali. Si dichiara rammaricata del fatto che la pandemia non abbia insegnato alcunché all'attuale maggioranza.

  Stefano GRAZIANO (PD-IDP) riconosce che il Ministro Calderoni è stato bravo dal momento che in 40 anni di vita della Lega ha esaurito con l'approvazione del decreto legge «spacca Italia» la sua missione, realizzando il desiderio di Bossi. Fa presente che il provvedimento risponde ad una logica in controtendenza rispetto a quello che succede nel mondo e in Europa dove si parla per esempio sempre più di difesa comune europea con l'obiettivo di ridurre i costi e migliorarne l'efficacia. Ricorda inoltre che l'Italia è al centro di un'area intorno alla quale sono in atto diversi conflitti e nonostante ciò la maggioranza ha la geniale idea di affrontare questa difficile situazione geopolitica con tanti staterelli. Considerato che già l'Italia non ce la fa ad affrontare molte delle questioni globali in atto, si domanda come si possa pensare di affrontarle da soli ricordando al Ministro tra l'altro che c'è sempre un nord più a nord. Nel rilevare che con il trasferimento alle regioni di ben 23 materie si apriranno per il Paese problemi seri, fa presente che la vera intenzione del Ministro è quella di tagliare il vagone dell'Italia per trasferirlo in Africa. Nel rilevare come il decreto legge in esame costituisca un grave fattore di «scoesione», fa notare come Calderoni sia riuscito con intelligenza e caparbietà a convincere Giorgia Meloni a contravvenire al suo motto «Dio, Patria e Famiglia». Aggiunge che con il disegno di legge in esame si sta contraddicendo un importante principio economico secondo cui un Paese cresce solo se cresce la sua parte più debole. Preannuncia effetti traumatici sulla sanità dove già si verifica un fenomeno molto diffuso di mobilità sanitaria, sottolineando come il risultato di questo provvedimento sarà quello di uccidere i più deboli e di dare più forza a chi è già più forte, liberandosi del fardello invece di aiutare chi è in difficoltà con politiche perequative. Nel domandarsi chi sarà il cittadino del sud che voterà per la Lega, ritiene che vi saranno anche problemi seri di rappresentazione fuori dall'Italia, se per esempio il Presidente degli Stati Uniti sarà costretto a Pag. 26fare 20 telefonate piuttosto che una sola. Ritiene che proseguire su questo progetto in un momento delicato per il Paese in cui sarebbe fondamentale l'intervento dello Stato solidale e sociale, comporterà un costo sul piano politico. Esorta quindi i colleghi della maggioranza e in particolare quelli meridionali ad evitare questo scempio preannunciando che saranno ricordati come coloro che hanno diviso l'Italia.

  Francesco Emilio BORRELLI (AVS), intervenendo da remoto, rileva anzitutto come dal 2001 ad oggi nessuno si sia mai avventurato nell'attuazione dell'articolo 116 della Costituzione, perché dalla riforma del Titolo V, voluta dal centro-sinistra, i divari tra Nord e Sud del Paese sono aumentati, rendendo molto rischioso introdurre ulteriori elementi di autonomia. Per questa ragione sostiene che una modifica rilevante come quella all'esame della Commissione dovrebbe essere accompagnata da maggiori garanzie di tenuta dell'unità del Paese, da uno sforzo collettivo per colmare le differenze e non caratterizzarsi per misure che vanno in senso diametralmente opposto. Complimentandosi con il Ministro Calderoli per la sua capacità di costruire un sistema di norme che complessivamente danneggiano il Sud, gli suggerisce di stare attento a non venir danneggiato a sua volta, ritenendo che l'abbandono del Sud al suo destino si trasformerà in un boomerang per tutto il Paese e quindi anche per le regioni settentrionali.
  Rammenta che in Germania, alla fine della Guerra fredda, la riunificazione è stata caratterizzata da un grandissimo sforzo, anche economico, per risollevare le regioni dell'Est e portarle allo stesso livello di quelle dell'Ovest, nella convinzione che ciò fosse nell'interesse dell'intero Paese e stigmatizza il fatto che con questa riforma si stia facendo l'esatto contrario. Fa presente infatti che per garantire i livelli minimi in tutto il territorio nazionale occorrerebbe intervenire per colmare i divari e per mettere tutte le regioni nelle stesse condizioni di partenza, mentre il Governo non ha né la volontà politica né le risorse economiche per farlo e preferisce sprecare qualche miliardo di euro nella costruzione del Ponte sullo Stretto.
  Evidenzia quanto il disegno di legge sull'autonomia differenziata sia osteggiato da qualsiasi esperto, giurista o economista, nella convinzione che determinerà esclusivamente un aumento di risorse per alcune regioni del Nord e una riduzione per quelle del Sud. Ritiene, tra l'altro, che la riforma ridurrà di un terzo gli ospedali pubblici, foraggiando così la sanità privata e consentendo solo ai ricchi di potersi curare, in aperto contrasto con i valori solidali che hanno sino ad oggi ispirato la nostra comunità.
  Ricordando l'iniziativa di De Gasperi, che nel dopoguerra, sfidando l'impopolarità, investì le risorse del Piano Marshall per risollevare le condizioni di vita della popolazione dei Sassi di Matera, prende atto di quanto quella politica sia lontana da quella di oggi, caratterizzata da un mero accordo di maggioranza fondato su uno scambio tra premierato ed autonomia differenziata, che spera presto possa fare i conti con la volontà dei cittadini.

  Anna Laura ORRICO (M5S) anzitutto si complimenta con il Presidente Pagano per la pazienza, resistenza e resilienza che sta dimostrando nella conduzione dei lavori, che ritiene meritevoli di sottolineatura soprattutto se paragonati al comportamento di altri presidenti di Commissione.

  Nazario PAGANO, presidente, nel ringraziare l'onorevole Orrico, comunica che i secondi impiegati nei complimenti alla Presidenza non saranno conteggiati nel tempo del suo intervento.

  Anna Laura ORRICO (M5S), richiamando le affermazioni del Ministro e di esponenti della maggioranza circa la possibilità che questa riforma rappresenti una sfida anche per le regioni al momento più svantaggiate, fa presente che le opportunità possono essere colte, e la sfida è tale e leale, se i punti di partenza sono uguali per tutti; afferma quindi che la sfida potrebbe essere colta da tutti se vivessimo in un Paese privo di divari, non solo tra Sud e Nord, ma Pag. 27anche tra aree interne e aree urbane. Evidenzia infatti che la situazione in Italia non è questa, perché il nostro Paese si caratterizza per diseguaglianze territoriali e generazionali, che trovano riscontro nella vita quotidiana dei cittadini: ricorda che dall'Unità d'Italia la migrazione dal Sud al Nord è un fenomeno costante, al quale si aggiunge oggi la migrazione dal Nord verso l'estero, che questa riforma potrà solo accentuare. In merito, in quanto donna calabrese nata negli anni Ottanta testimonia l'attuale assenza dei suoi coetanei dalla Calabria, evidenziando come tutta la sua generazione abbia dovuto lasciare, con rabbia e rancore, il proprio territorio, a causa di una classe politica poco lungimirante che ha perseguito solo il proprio interesse personale, senza operare per rendere disponibili opportunità, servizi, diritti civili e sociali. Sottolinea come per questo nel meridione d'Italia sia anche venuto meno il senso di appartenenza a una unica Nazione.
  Sostiene poi come le politiche per l'autonomia differenziata del Governo in carica non siano racchiuse solo nel provvedimento ora all'esame della Commissione, ma siano state palesate già con la prima legge di bilancio di questa legislatura, nella quale è stata introdotta la norma sul dimensionamento scolastico, che ha demandato alle regioni il compito di tagliare moltissimi istituti scolastici, rendendo in alcune aree molto difficile ai cittadini raggiungere la scuola. Per risparmiare 100 milioni di euro sono stati tagliati circa 700 istituti scolastici, accentuando la povertà educativa e l'abbandono scolastico, soprattutto in territori dove la scuola è l'unica alternativa alla strada e all'illegalità.
  Affronta poi il tema della tutela dei beni culturali: sottolinea che l'attribuzione di autonomia alle regioni su questo argomento potrà comportare la chiusura delle sovrintendenze e l'affidamento alle singole regioni delle decisioni sulle possibili modifiche al nostro patrimonio culturale, con tutti i rischi connessi all'avvicinamento tra controllato e controllore, in termini di corruzione e clientelismo.
  Conclude quindi facendo presente che i livelli essenziali delle prestazioni dovrebbero essere tradotti come livelli uniformi delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, ritenendo che ciò che è essenziale per la Lombardia sia purtroppo ancora utopia per alcune regioni meridionali.

  Valentina GHIO (PD-IDP) si unisce alle considerazioni finora svolte dai colleghi, che dovrebbero far seriamente riflettere sui rischi insiti in un così profondo cambio strutturale delle prerogative dello Stato; cambio tra l'altro frettoloso ed espressamente collegato a scadenze elettorali, senza alcuna considerazione per le crescenti disuguaglianze presenti nel Paese. Rileva inoltre che non si tratta di una legge quadro, bensì di un vero e proprio baratto politico tra il regionalismo competitivo voluto dalla Lega e l'accrescimento dei poteri dei Premier auspicato da Fratelli d'Italia. Se i Costituenti esclusero il regionalismo competitivo a favore di quello solidaristico, è perché dopo la tragedia della seconda guerra mondiale avevano ben compreso la gravità delle diseguaglianze fra le varie regioni italiane, che tra l'altro negli anni sono proporzionalmente cresciute.
  Bisognerebbe dunque mettere in atto azioni di coesione: tutto il contrario di quello che fa il Governo, e che tra l'altro sceglie di farlo in invarianza di spesa, dopo anni di crisi economica, sanitaria e geopolitica. Non a caso l'Unione europea ha deciso di intervenire con i fondi eccezionali gestiti tramite il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che va appunto nella direzione di una coesione sempre più accentuata.
  Il provvedimento in oggetto non sostiene inoltre la crescita. Tra le 23 materie che potranno essere regionalizzate vi è anche, ad esempio, l'energia: nella sua esperienza presso la Commissione Trasporti ha invece verificato che tutti i soggetti auditi hanno sempre chiesto strategie economiche unitarie dello Stato unitamente a semplificazioni burocratiche. Osserva che vi è bisogno di strategie nazionali e semmai europee, non di venti strategie regionali divergenti.
  Si tratta poi di un provvedimento profondamente ingiusto, in particolar modo su Pag. 28due materie delicatissime quali l'istruzione e la sanità. Ricorda che la fondazione GIMBE si è espressa contro ulteriori forme di autonomia sanitaria regionale, che la mobilità sanitaria negli anni 2010-2021 ha comportato spese per 14 miliardi e che tra regioni meridionali e settentrionali vi è un differenziale di aspettativa di vita di 3,2 anni. L'obiettivo di ridurre le disparità territoriali non è raggiungibile senza ulteriori risorse, e in questa situazione il provvedimento in oggetto si traduce in una cosa sola: le regioni che già hanno andranno meglio, le regioni che hanno di meno saranno lasciate a sé stesse, assecondando il principio della spesa storica. Il risultato sarà che il clima sociale e la coesione dei nostri territori si ridurranno ulteriormente, con gli inevitabili risultati di maggiore instabilità e disincentivazione degli investimenti. Conclude ribadendo che il provvedimento va contro l'unità del Paese e l'uguaglianza tra i cittadini.

  Emma PAVANELLI (M5S) si stupisce in primo luogo del protrarsi del silenzio da parte del Governo e dei colleghi della maggioranza, che sono assenti dall'aula. Ricorda che le statistiche affermano che 2 milioni di cittadini hanno smesso di curarsi e che le regioni in cui tale fenomeno si è mostrato più vistoso sono state la Sardegna, il Piemonte e l'Umbria: ciò dimostra che non vi sono in assoluto aree del Paese più virtuose di altre.
  Fa quindi il caso della propria regione, l'Umbria, domandandosi come si possa pensare, in una situazione di regionalismo competitivo, che una regione con 850 mila abitanti possa confrontarsi con una che ne ha 10 milioni come la Lombardia. Chiede quindi polemicamente, visto che l'Umbria non dispone di sbocchi costieri, se le regioni vicine chiederanno in futuro dei dazi di passaggio, e se un fiume come il Tevere venisse inquinato quale regione dovrà operare le necessarie bonifiche. Venendo alla materia dell'energia, ricorda che le regioni che producono una maggiore quantità di energia sostenibile sono quelle meridionali, e si chiede dunque se non dovranno far pagare un dazio per esportarla in quelle settentrionali.
  Domanda quindi perché la maggioranza abbia deciso di creare una guerra fra regioni invece di garantire l'unità del Paese, e come faranno le singole regioni italiane a sostenere la competizione con i giganti mondiali o semplicemente gli Stati europei vicini. L'obiettivo di delegare le funzioni alle regioni cozza con la realtà delle cose, e cioè con il fatto che queste ultime non sono in grado di gestirle efficacemente. Ricorda, ancora, che l'esperienza insegna che le regioni a statuto speciale sono quelle che da sempre hanno maggior bisogno di fondi, e che il Centro Italia è al momento attuale il più grande cantiere d'Europa.
  Conclude definendo il provvedimento in oggetto «spacca Italia» e chiedendosi con stupore se i deputati della maggioranza siano veramente convinti della sua validità.

  Giovanna IACONO (PD-IDP) manifesta il desiderio di ascoltare il Ministro, unendosi a quanto già dichiarato dai deputati intervenuti in precedenza rispetto al disegno di legge, che non fa altro che aumentare i divari esistenti fra i cittadini. Fa quindi il caso della propria terra, la Sicilia, dove già i servizi essenziali non sono garantiti: sarà un colpo mortale, afferma, alla tutela dei diritti fondamentali, come quelli al lavoro e alla sanità.
  Il conferimento di 23 nuove materie alla potestà regionale determinerà un indebolimento dello Stato a favore delle realtà locali e in generale della tenuta sociale del Paese. Solo quelli che possiedono risorse economiche potranno accedere alle cure mediche, con il definitivo tramonto del principio del Servizio sanitario nazionale e con un'evidente frattura fra Nord e Sud. Non a caso il provvedimento non cerca neppure di definire i livelli essenziali delle prestazioni, né vi è un impegno di spesa per operare tale definizione.
  L'unico obiettivo, a quel che pare, della maggioranza e del Governo è quello di agevolare quanti sono già in possesso di risorse economiche, senza tenere conto della fragilità economica strutturale del Mezzogiorno. Tutto ciò non farà altro che spingere i giovani migliori ad emigrare dal Sud, accentuando la desertificazione demografica già in atto da tempo. La sua forza Pag. 29politica, conclude, continuerà la battaglia politica contro un provvedimento ingiusto e antimeridionalista: il Governo deve ritirarlo, e per questo si appella ai colleghi meridionali della maggioranza affinché non lo sostengano.

  Filippo SCERRA (M5S), dopo aver richiamato i diversi provvedimenti che stanno, a suo avviso, penalizzando le regioni meridionali, paventa il rischio di un eccesso di diversificazioni sul piano della governance. Cita come esempio il settore dell'energia.
  Ritiene che dall'approvazione di questa riforma sull'autonomia differenziata possa derivare un rischio di tenuta per l'intero «sistema Paese».
  Ricorda che sul piano economico dal nuovo Patto di Stabilità che a livello europeo è stato definito discenderà la necessità di forti riduzioni del debito pubblico che comporteranno tagli nei servizi essenziali.

  Irene MANZI (PD-IDP), come componente della VII Commissione cultura, richiama il precedente intervento del deputato Cuperlo nel quale è stato evidenziato il valore dell'istruzione come fattore unificante della Nazione.
  Stigmatizza le dichiarazioni del Ministro Valditara che paventano il rischio di dividere il Paese in tante piccole patrie. In particolare, ritiene che prevedere che le norme generali in materia di istruzione siano oggetto di intesa rischia di generare 21 sistemi di istruzione differenti con gravi ricadute sulla disciplina dell'obbligo scolastico, della contrattazione e dello stato giuridico degli insegnanti. Si chiede inoltre come si possa conciliare l'inserimento della clausola di invarianza finanziaria con le stime dell'Ufficio parlamentare di bilancio dalle quali si evince che occorreranno 4 miliardi di euro per realizzare una copertura omogenea in termini, ad esempio, di servizi mensa. In definitiva, evidenzia il rischio di regioni di «serie A» e «serie B» e ciò toccherebbe il «cuore» della Costituzione in materia di istruzione.

  Giorgio FEDE (M5S) sottolinea come l'approvazione della riforma in materia di autonomia differenziata rischi di comportare seri problemi istituzionali e costituzionali e ciò soltanto per risolvere un problema nei rapporti tra partiti della maggioranza. Paventa il rischio che, come con la riforma delle province, si finisca per lasciare in una sorta di «limbo» le regioni. Invita il Governo ad individuare chiaramente le priorità, ad esempio, nel campo delle infrastrutture piuttosto che adottare misure spot, come la riforma in materia di autonomia differenziata e sul premierato. Altrimenti, ricorda che il risultato sarà quello di un maggiore astensionismo, anche se si registra un nuovo attivismo civico attraverso la preannunciata raccolta delle firme per sottoporre questa riforma al referendum abrogativo.

  Silvia ROGGIANI (PD-IDP), nel ringraziare il Ministro per la sua presenza, richiama l'articolo 5 della Costituzione che riconosce e promuove le autonomie. Ricorda che le stagioni dell'autonomia sono in realtà state inaugurate dal centro sinistra, che anche in questo ultimo frangente ha mostrato attraverso le iniziative dei senatori De Giorgis e Martella un atteggiamento cooperativo. Tuttavia, rispetto alla proposta di legge in esame, esprime una fortissima contrarietà condannandone il carattere di vera e propria «bandierina» elettorale. Propone invece di partire, sul piano delle proposte, dalla necessità di restituire allo Stato alcune materie.
  Evidenzia come il comportamento della maggioranza sia contraddittorio rispetto all'esercizio di alcune autonomie, come quella scolastica, ad esempio in Lombardia, dove il Ministro Valditara è invece intervenuto per centralizzare le decisioni; analogamente, evidenzia come il Ministro Salvini sia intervenuto per bloccare alcuni Comuni lombardi che intendevano individuare zone a velocità limitata (zona 30).
  Sottolinea come questa proposta di legge abbia raccolto un trasversale dissenso sia politico che associativo, dalla Chiesa a Confindustria. Conclude, sottolineando che il provvedimento in esame mortifica il ruolo del Parlamento, anche per il fatto che sarà adottato con legge ordinaria. Si domanda se la ragione di tale scelta risieda nel fatto Pag. 30che si tratta in realtà soltanto di un provvedimento di bandiera, rilevando che se invece al contrario si vuole modificare davvero l'architettura del Paese allora bisognerebbe utilizzare un diverso strumento.

  Alfonso COLUCCI (M5S) fa presente che il provvedimento in esame è frutto di un patto scellerato all'interno della maggioranza che ha per oggetto il cosiddetto premierato di Fratelli d'Italia, l'autonomia differenziata della Lega e la separazione delle carriere di Forza Italia. Aggiunge che si tratta oltretutto di provvedimenti incompatibili, se si considera che il premierato risponde ad una visione verticistica, in contrasto con la logica particolaristica e regionalistica dell'autonomia differenziata, e che sfasciano il nostro assetto costituzionale e istituzionale. Evidenzia inoltre che premierato e autonomia differenziata messi insieme costituiscono una vera «bomba» istituzionale, della quale la maggioranza si assume la piena responsabilità e che comporterà costi futuri per i cittadini italiani e costi politici per la stessa maggioranza. Ricorda inoltre che tutti gli auditi hanno espresso la netta contrarietà a questo provvedimento e considera incredibile che la maggioranza non abbia intenzione di accogliere neanche i suggerimenti migliorativi. Passa quindi ad evidenziare molto sinteticamente i punti più critici del provvedimento, sottolineando in primo luogo che i LEP non sono definiti e soprattutto non sono finanziati e che Svimez ha quantificato i costi della perequazione in 100 miliardi euro l'anno. Aggiunge che il CLEP è già fallito, considerato che molti illustri esponenti del comitato si sono dimessi e che sono state rilevate contraddizioni tra l'impianto del disegno di legge quanto ai LEP e il contenuto della legge di bilancio del 2023. Sempre in materia di LEP, ricorda che illustri giuristi del calibro di Amato e Bassolino hanno evidenziato l'esigenza che essi vengano definiti e finanziati tutti insieme, per evitare che gli ultimi ad essere definiti non vengano mai attuati. Sottolinea inoltre che il disegno di legge in esame inverte l'impostazione costituzionale che impone di attuare prima le politiche perequative di cui all'articolo 119 e soltanto dopo di dare attuazione all'autonomia.
  A suo avviso inoltre il provvedimento introduce un dumping sociale, tributario ed imprenditoriale dal momento che cittadini ed imprese saranno costretti a trasferire la residenza o l'attività nei luoghi dove le condizioni saranno migliori. Ritiene inoltre che le materie già devolvibili contraddicano il principio di uguaglianza sostanziale dell'articolo 3 della Costituzione nonché i principi di unità e indivisibilità della Repubblica di cui all'articolo 5. Nel sottolineare inoltre che l'adozione del criterio della spesa storica rappresenta la fonte primaria di discriminazione, fa presente che in questo frangente il termine differenziata è stato utilizzato nel suo significato deteriore di disuguaglianza e discriminazione. Richiama quindi le considerazioni di molti giuristi secondo cui il terzo comma dell'articolo 116 fa riferimento al trasferimento di funzioni amministrative e non già di materie e che una diversa interpretazione violerebbe l'articolo 138 in quanto rappresenterebbe una «decostituzionalizzazione» dell'articolo 117. Considera grave inoltre il mancato coinvolgimento del Parlamento sia nell'importante fase di determinazione dei LEP sia nell'approvazione delle intese che il Parlamento potrà solo ratificare, senza introdurre alcuna modifica, sottolineando inoltre la natura pattizia e quasi privatistica di tali intese. Aggiunge che il disegno di legge in esame ha trasformato il regionalismo costituzionale da collaborativo e solidale in competitivo e che, come richiamato nella sentenza n. 27 del 2024, i tributi hanno una funzione perequativa e dunque non possono essere trattenuti dal territorio sul quale sono stati raccolti. Da ultimo rileva come da parte della maggioranza non sia stata fornita alcuna prova del fatto che l'autonomia differenziata comporti vantaggi in termini di efficacia e di economia dei costi nell'esercizio dei diritti, ricordando tra l'altro che il grande aumento del rapporto debito/PIL verificatosi in Italia è stato in gran parte determinato dalla crescita del debito pubblico regionale. Nel richiamare le preoccupazioni espresse sia dalla Banca d'Italia che dall'Unione europeaPag. 31 in ordine al rischio di esplosione del debito pubblico, sottolinea in particolare che gli articoli 33 e 34 della Corte costituzionale qualificano l'istruzione non come un semplice servizio pubblico ma come uno degli strumenti attraverso i quali lo Stato garantisce il diritto di uguaglianza. In conclusione rivolge alla maggioranza e al Governo un accorato appello a non assumersi tale grave responsabilità.

  Ubaldo PAGANO (PD-IDP) quanto al disegno di legge in esame, che reca chiaramente le impronte digitali del ministro Calderoli, rileva come la prima domanda riguardi il fatto se si possa o meno attuare la Costituzione andando contro la stessa Costituzione, sottolineando come sia proprio questo il senso delle critiche rivolte dall'opposizione. Con il disegno di legge in esame si scioglie a suo avviso una questione sospesa da vent'anni, dal momento che la riforma del titolo V della Costituzione è rimasta nel limbo dal 2001, con un'autonomia regionale di bandiera che non ha trovato una vera realizzazione. Nel sottolineare che con il provvedimento in esame si minano la coesione del Paese e la salvaguardia di diritti costituzionalmente garantiti, fa presente che l'intento della maggioranza è quello di imporre la teoria secondo cui chi, per ragioni storiche, ha capacità fiscali e finanziarie può andare da solo, mentre i territori in difficoltà vengono lasciati sotto il controllo sempre più stringente del Governo centrale, come dimostrano i numerosi decreti con cui è stato centralizzato il fondo di sviluppo e coesione. Chiede inoltre con quali risorse verranno finanziati i LEP che tra l'altro non sono stati ancora definiti, sottolineando inoltre come vi siano materie già devolvibili alle regioni e come la richiesta dell'intesa sia stata avanzata guarda caso dalle regioni Veneto e Lombardia. Nel ricordare a tale proposito che il principio alla base della produzione normativa dovrebbe essere quello di muoversi entro confini generali ed unitari, ritiene che la cosa più imbarazzante sia rappresentata dalla sostanziale mancata attuazione dell'articolo 119 della Costituzione dal momento che il fondo perequativo è stato sostanzialmente azzerato e che le poche risorse rimaste potranno essere utilizzate soltanto a partire dal 2027, data che coincide casualmente con la scadenza naturale dell'attuale legislatura. Ritiene che la pietra tombale sulla falsa narrazione diffusa dalla maggioranza rispetto al provvedimento in esame sia stata posta dalle parole dell'Ufficio parlamentare di bilancio che ha rilevato come la definizione dei LEP per il trasferimento delle funzioni trovi il principale ostacolo sul piano finanziario, aggiungendo che il reperimento delle risorse potrà avvenire o con la redistribuzione delle entrate tra gli enti interessati o con tagli della spesa o con aumenti della pressione fiscale. In conclusione ritiene che si tratti di un grande inganno e preannuncia l'intenzione del Partito democratico di concentrarsi già da ora sulla fase referendaria, dichiarandosi convinto che i giudici della Corte non potranno esimersi dal concedere ai cittadini il diritto di esprimersi.

  Davide AIELLO (M5S), nel sottolineare che il disegno di legge mina le fondamento dello Stato e modifica l'assetto della Repubblica che non sarà più una e indivisibile, ma articolata in un insieme di regioni con regole e servizi molto diversi, vede nell'operazione i due rischi di inasprire le disparità tra sud e nord del Paese e di incidere fortemente sui diritti dei cittadini.
  Nel ricordare che i LEP non sono individuati né finanziati, chiede al Ministro Calderoli dove troverà i 100 miliardi di euro necessari stimati dallo SVIMEZ, considerato che la questione del reperimento delle risorse è stata rimandata alla prossima legge di bilancio, e se l'onere sarà in capo allo Stato o alle regioni, le quali peraltro sono già adesso in difficoltà dal punto di vista economico. Aggiunge che con il disegno di legge in esame si mina profondamente la coesione nazionale, cancellando nel frattempo il fondo perequativo che serve proprio a superare i divari tra chi ha di più e chi ha di meno, e contraddicendo il principio solidaristico della nostra Costituzione. Dichiara che non si sarebbe aspettato da un Governo che si professa patriottico e nazionalista una riforma che Pag. 32di fatto smantella l'unità nazionale e indebolisce il Paese.
  A suo parere Fratelli d'Italia sta tradendo la sua storia politica appoggiando l'autonomia differenziata mentre la Lega ottiene la sua vittoria storica. Considera evidente che i due partiti abbiano fatto un patto e che alla Lega sia stato concesso di raggiungere l'obiettivo del secessionismo e in cambio Fratelli d'Italia otterrà la riforma sul presidenzialismo.
  Nel domandarsi dove sia, di fronte a queste riforme, l'interesse dei cittadini e soprattutto quali benefici ne trarranno, esprime la forte preoccupazione del Movimento 5 Stelle per la deriva verso cui maggioranza e Governo stanno portando il Paese. A nome di milioni di cittadini italiani, chiede quindi di fermarsi e di evitare il rischio di introdurre disparità e discriminazione nell'accesso ai servizi e ai diritti fondamentali. Concentra a tale proposito la sua attenzione soprattutto sul problema del lavoro, sottolineando come i centri per l'impiego in molte regioni non siano tuttora in grado di incrociare i dati dell'offerta e della domanda e rendendo quindi difficile ai cittadini trovare una nuova occupazione, tanto più che è stato loro sottratto lo strumento del reddito di cittadinanza che gli garantiva un minimo di dignità. Preannuncia pertanto l'intenzione del suo gruppo di proseguire la battaglia dentro il Parlamento e fuori, appoggiando qualsiasi iniziativa, anche referendaria, contro una riforma che non è voluta dal Paese ma serve alla Lega per sventolare una bandiera. In conclusione ribadisce la contrarietà alla creazione di tanti staterelli e la volontà di salvaguardare l'unità nazionale, nell'ottica del benessere dei cittadini.

  Vittoria BALDINO (M5S) rammenta che nella scorsa legislatura, quando in Commissione Affari costituzionali si svolgevano discussioni su leggi elettorali e riforme costituzionali, l'onorevole Giorgia Meloni interveniva dall'opposizione per affermare come altre fossero le emergenze e le esigenze del Paese, esortando la maggioranza a impegnare diversamente il Parlamento. Sottolinea che oggi il Parlamento, con il premierato e l'autonomia differenziata, discute di due «deforme costituzionali» – perché di iniziative che deformano la Costituzione ritiene si tratti – rispetto alle quali si potrebbero usare le stesse argomentazioni dell'onorevole Meloni; indubbiamente, infatti, i cittadini oggi hanno ben altri problemi e priorità. Ciò nonostante non vuole fare proprie quelle argomentazioni, ritenendo che le riforme istituzionali abbiano una loro importanza, ma intende contrastare questa riforma perché va in senso diametralmente opposto alle esigenze odierne del Paese. Sottolinea infatti che il Paese oggi è dilaniato nelle differenze fra nord e sud, tra centro e periferia, ed avrebbe bisogno di un'attuazione vera dei principi fondamentali espressi dalla Costituzione, piuttosto che di questa operazione sartoriale di spacchettamento dei territori che accentua le disuguaglianze. Si chiede quindi a cosa serva questa riforma.
  Inoltre, tenuto conto che dopo l'esame in Senato il disegno di legge richiede ai fini del trasferimento delle funzioni alle regioni che i livelli essenziali delle prestazioni siano garantiti e finanziati, e tenuto conto del fatto che le risorse per finanziarli non ci sono, si chiede nuovamente a cosa serva una riforma che non potrà comportare il trasferimento delle funzioni.
  Rammenta come l'autonomia differenziata sia l'obiettivo che persegue la Lega all'interno del patto di triplice scambio in forza del quale Fratelli d'Italia punta al premierato e Forza Italia alla separazione delle carriere in magistratura; anticipa che le opposizioni non resteranno a guardare mentre la maggioranza opera questo scambio di figurine alle quali i partiti di maggioranza legano la propria sopravvivenza politica. Dispiacendosi del fatto che il Ministro appaia un po' annoiato dal dibattito in corso, rivendica l'esigenza dell'opposizione di lasciare agli atti le proprie posizioni perché se la maggioranza ha la forza dei numeri non può comunque togliere alle opposizioni la forza della parola.
  Evidenzia quando questa riforma impatterà negativamente sulle vite dei cittadini di oggi e di domani, come è dimostrato dalla sanità, settore nel quale l'autonomia differenziata ha già dato prova di sé, con Pag. 33effetti drammatici che si sono potuti apprezzare anche durante la pandemia. Nella fase del Covid, infatti, le regioni del nord hanno beneficiato dell'unità nazionale, avvalendosi anche in ambito sanitario di quel bilancio dello Stato che ora la maggioranza vuole svuotare, consentendo alle regioni di trattenere la riserva fiscale.
  Fa presente che attualmente la sanità dimostra che esistono cittadini di serie B, che devono aspettare mesi per effettuare esami diagnostici in una struttura pubblica, che devono ricorrere alla sanità privata, che devono curarsi fuori regione, e sottolinea che la riforma non fa che cristallizzare questa disparità di trattamento, in violazione dell'articolo 3, comma 2, della Costituzione che invece impone alla Repubblica la rimozione degli ostacoli all'uguaglianza tra i cittadini. In merito, ricorda le parole di Don Milani per il quale «non c'è ingiustizia più grande che fare parte uguali tra diseguali».
  Evidenziando come uno Stato che viaggia a due velocità sia uno Stato debole, impossibilitato a competere a livello internazionale, e come questo sia uno svantaggio anche per i cittadini delle regioni più ricche, si chiede nuovamente quale sia l'obiettivo finale di questa riforma. Ipotizza che l'unico interesse sia ottenere la celere approvazione del disegno di legge per poi puntare non a tanti sistemi regionali diversi bensì alla creazione di una federazione di regione, di una unione tra regioni, che sarebbe l'anticamera di una secessione. Esorta quindi la maggioranza a fare chiarezza sui propri intenti, rendendoli palesi ai cittadini.

  Ida CARMINA (M5S) evidenzia come il progetto di riforma in esame si ponga in contrasto con l'articolo 5 della Costituzione, contrapponendo le autonomie territoriali al principio di unità del Paese, e contrasti altresì con tutte le politiche di coesione sin qui messe in campo, sotto forma di fondi sviluppo e coesione ma anche sotto forma di obiettivi di coesione sociale previsti dal PNRR. Ribadisce come tuttora esistano inaccettabili differenze nell'esercizio dei diritti tra i cittadini del nord e cittadini del sud e come questa riforma sia volta ad accentuare tali fratture, con i conseguenti fenomeni di spopolamento delle regioni meridionali.
  Pur ricordando che laddove sono previsti i LEP le materie potranno essere trasferite solo unitamente alle risorse, evidenzia che in tutte le altre materie potranno invece essere trasferite subito, dando potenzialmente vita a una moltiplicazione di sistemi giuridici che potrà solo appesantire il Paese e renderlo meno competitivo. Richiama, in particolare, il tema dell'energia chiedendosi per quali ragioni le regioni meridionali dovrebbero accettare impianti pericolosi, come i rigassificatori, per mettere a disposizione le proprie risorse energetiche delle industrie del nord.
  In conclusione afferma che questa riforma non deve essere attuata perché l'Italia non può permettersi né sentimenti di rivalsa, né fenomeni di spopolamento, ma può progredire solo se resta unita.

  Nazario PAGANO, presidente, non avendo altri iscritti a parlare nella seduta odierna, rinvia il seguito della discussione generale alla seduta di domani, alle ore 9.30, invitando i rappresentanti dei gruppi a far pervenire alla Presidenza della Commissione, quanto prima, un elenco dei deputati che intenderanno intervenire, al fine di organizzare al meglio i lavori.

  La seduta termina alle 19.25.