CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 9 aprile 2024
285.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 9 aprile 2024. — Presidenza del Presidente Luca SBARDELLA.

  La seduta comincia alle 13.40.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Regno di Thailandia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 14 dicembre 2022.
C. 1686.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Luca SBARDELLA, presidente e relatore, dopo aver dato conto delle sostituzioni, fa presente che il Comitato pareri esamina oggi, ai fini dell'espressione del prescritto parere alla Commissione Esteri, del disegno di legge C. 1686 recante «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Regno di Thailandia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 14 dicembre 2022».
  In qualità di relatore, fa presente che si tratta del primo accordo bilaterale concluso tra l'Unione europea e la Thailandia, la cui attuazione comporterà – secondo il Governo – vantaggi concreti per entrambe le Parti, creando i presupposti per la promozione dei più vasti interessi politici ed economici dell'Unione europea. L'Accordo oggetto di ratifica si compone di 64 articoli, suddivisi in otto titoli, e mira allo sviluppo Pag. 15della cooperazione, partendo da valori condivisi e da questioni di reciproco interesse, impegnando le Parti a mantenere un dialogo globale. Segnala che l'intesa rafforza infatti la collaborazione in un'ampia gamma di settori, tra cui i diritti umani, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, la lotta al terrorismo, la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, l'affermazione della parità di genere, il commercio, la migrazione, l'ambiente, l'energia, i cambiamenti climatici, i trasporti, la scienza e la tecnologia, l'occupazione e gli affari sociali, l'istruzione, l'agricoltura e la cultura. Infine, l'Accordo stabilisce la cornice giuridica e politico-istituzionale di riferimento per le relazioni bilaterali con la Thailandia. Più nel dettaglio, e rinviando comunque alla documentazione predisposta dal Servizio studi per l'analisi dei contenuti specifici dell'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione (APC), rileva che il titolo I attiene alla natura e all'ambito di applicazione dell'Accordo, individuando nel rispetto dei princìpi democratici e dei diritti umani, enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e negli altri strumenti internazionali sui diritti umani applicabili alle Parti, nonché nel principio dello stato di diritto, le basi e gli obiettivi della cooperazione. In base al titolo II le Parti si adoperano a scambiare opinioni e a collaborare nell'ambito di consessi e organizzazioni regionali e internazionali mentre il titolo III sviluppa la cooperazione in materia di scambi e investimenti anche con riferimento al settore sanitario e fitosanitario, alla tutela della concorrenza e della proprietà intellettuale. Il titolo IV prevede la cooperazione nel settore della libertà, della sicurezza e della giustizia, con disposizioni che riconoscono che la parità di genere e l'emancipazione di tutte le donne e le giovani rappresenta una necessità e un obiettivo a pieno titolo, motore della democrazia, dello sviluppo sostenibile e inclusivo, della pace e della sicurezza. Ulteriori previsioni sono dedicate alla protezione dei dati personali, all'assistenza giudiziaria reciproca, all'estradizione e alla cooperazione consolare. In merito su tutti gli aspetti della migrazione, la Thailandia e ciascuno Stato membro dell'Unione europea convengono di riammettere tutti i propri cittadini che non soddisfino o non soddisfino più le condizioni vigenti di ingresso, soggiorno o residenza nel territorio. Le parti convengono poi di cooperare nella lotta contro la criminalità organizzata transnazionale, la criminalità economica e finanziaria, i reati gravi, la corruzione e gli abusi sessuali su minori nonché per prevenire e combattere efficacemente l'abuso dei rispettivi sistemi finanziari a fini di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo. Segnala che ulteriori settori di cooperazione – come ad esempio fisco, energia, infrastrutture, scienza e tecnologia, turismo e trasporti, istruzione, cultura e protezione dell'ambiente – sono individuati dal titolo V mentre il titolo VI definisce gli strumenti di cooperazione e il titolo VII il quadro istituzionale di riferimento. In particolare, l'Accordo prevede l'istituzione di un Comitato misto, composto da rappresentanti delle Parti e incaricato di garantire il buon funzionamento dell'Accordo, di formulare raccomandazioni per promuoverne gli obiettivi e di risolvere, se del caso, qualsiasi differenza o divergenza che derivi dall'interpretazione o dall'applicazione dell'Accordo. Il titolo VIII, infine, reca le disposizioni finali tra le quali segnalo in particolare, all'articolo 53, la clausola evolutiva, in virtù della quale le Parti possono estendere di concerto l'Accordo al fine di intensificare la cooperazione, anche mediante accordi specifici o protocolli comunque soggetti a un quadro istituzionale comune, e l'articolo 54, che regolamenta il rapporto dell'Accordo con altri accordi. Infine, segnala che in base all'articolo 60 l'Accordo è valido per un periodo di cinque anni, automaticamente prorogabili per periodi successivi di un anno.
  Passando alla descrizione dei contenuti del disegno di legge di ratifica, fa presente che esso si compone di 4 articoli: l'articolo 1 contiene l'autorizzazione alla ratifica e l'articolo 2 l'ordine di esecuzione; l'articolo 3 prevede la clausola di invarianza finanziaria, precisando che agli eventuali oneri derivanti dall'attuazione di specifiche parti Pag. 16dell'Accordo si farà fronte con apposito provvedimento legislativo. In particolare, l'impatto finanziario di futuri accordi o protocolli tra Unione europea e Thailandia su settori o attività specifici, ai sensi dell'articolo 53 dell'Accordo, e altri futuri accordi bilaterali tra Italia e Thailandia, ai sensi dell'articolo 54, sarà dunque oggetto di specifica valutazione al momento della loro negoziazione e stipula, in quanto attività meramente eventuale. L'articolo 4 disciplina infine l'entrata in vigore della legge di ratifica.
  Per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva che il provvedimento s'inquadra nell'ambito delle materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione, demandate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Il Comitato approva la proposta di parere favorevole del relatore.

Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività.
C. 1018.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco MICHELOTTI (FDI), relatore, fa presente che il Comitato permanente per i pareri della I Commissione è chiamato ad esaminare, ai fini dell'espressione del prescritto parere alla VIII Commissione, la proposta di legge di iniziativa dell'onorevole Foti, recante modifica all'articolo 71 del codice del terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività, come risultante dalle proposte emendative approvate durante l'esame in sede referente. Fa altresì presente che la norma recata dall'unico articolo della proposta di legge in esame è volta ad individuare una specifica disciplina per le associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto, ai fini dell'applicazione della normativa di favore prevista dal codice del terzo settore (articolo 71, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 117 del 2017) per il cambio di destinazione d'uso dei locali utilizzati come sedi.
  Ricordo che il citato articolo 71, comma 1, dispone che le sedi degli enti del terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.
  Sottolinea che il testo originario della proposta di legge escludeva dall'ambito di applicazione della citata disciplina di favore le associazioni di promozione sociale che svolgono, anche occasionalmente, attività di culto di confessioni religiose non regolate, nei loro rapporti con lo Stato, da intese stipulate ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione. Il testo risultante dalle modifiche operate in sede referente prevede invece che – fatto salvo quanto previsto dagli accordi e dalle intese stipulati ai sensi degli articoli 7 e 8, terzo comma, della Costituzione – la disciplina di favore in questione si applica alle associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto nel rispetto dei criteri in materia di compatibilità urbanistica ed edilizia individuati con apposito decreto ministeriale.
  In relazione alle modalità e ai tempi di emanazione di tale decreto, viene previsto che lo stesso sia adottato:

   dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno ed il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata;

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   entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame.

  Il decreto tiene conto della specificità delle modalità di esercizio delle diverse forme di culto, delle esigenze di sicurezza e accessibilità dei locali e dell'impatto delle relative attività sul tessuto urbano circostante e sui singoli edifici, anche in termini di concentrazione oraria o giornaliera dell'afflusso di persone ai locali interessati, senza pregiudizio per la libertà di culto.
  In proposito, ricorda che la giurisprudenza del Consiglio di Stato definisce l'attività di culto come la «pratica religiosa esteriore riservata ai credenti di una determinata fede» (Sezione V, sentenza n. 181 del 2013) o, in senso non tassativo, «la celebrazione di funzioni religiose riservate ai credenti di una determinata fede, la diffusione del relativo credo, la formazione degli aderenti e dei ministri religiosi» (Sezione I, parere n. 3417 del 2015). Faccio inoltre presente che l'ordinanza n. 6176 del 2018 del Consiglio di Stato (sezione VI) ha affermato che la qualità di associazione di promozione sociale «per la quale l'articolo 71 del decreto legislativo 117/2017 consente l'insediamento della sede in edifici con qualunque destinazione d'uso non autorizza ad insediare un luogo di culto non occasionale o precario in aree o territori comunali non vocati»; ciò anche «qualora le finalità religiose non siano contemplate nello statuto»; nel caso specifico, inoltre, «lo scopo aggregativo tipico degli enti del terzo settore [...] scolora rispetto ai dati di fatto che dimostrano anche il fine di culto da essa sì perseguito, ma in modo urbanisticamente scorretto». In altre parole, per l'ordinanza la presunzione di conformità urbanistica di cui all'articolo 71 del codice del terzo settore non dovrebbe valere per lo svolgimento in via sistematica di attività di culto. Segnala in proposito che l'articolo 5 del codice del terzo settore individua le attività di interesse generale che gli enti del terzo settore (e, tra questi, le associazioni di promozione sociale) possono svolgere. Tra di esse non appaiono rientrare direttamente le attività di culto. Aggiungo che l'articolo 6 del codice prevede che gli enti del terzo settore possono esercitare attività diverse da quelle elencate all'articolo 5, a condizione che l'atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro. L'articolo 4, comma 3, del medesimo codice stabilisce infine che agli enti religiosi civilmente riconosciuti si applicano le norme del codice limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 5, nonché delle eventuali attività diverse di cui all'articolo 6, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, recepisca le norme del codice e sia depositato nel Registro unico nazionale del terzo settore.
  Con riguardo al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, fa presente che la proposta di legge incide su un profilo rientrante nella materia «governo del territorio», che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni. Segnala che il «nucleo duro» della disciplina del governo del territorio è rappresentato dai profili tradizionalmente appartenenti all'urbanistica e all'edilizia (cfr. sentenze n. 303 e n. 362 del 2003). Al tempo stesso, all'indomani della riforma del Titolo V, la Corte ha messo in evidenza come la materia vada ben oltre questi aspetti, affermando che il governo del territorio «comprende, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti e attività» (cfr. sentenza n. 307 del 2003). Segnalo altresì che l'ambito disciplinato dal Testo unico in materia edilizia è ricompreso per giurisprudenza costante nella competenza concorrente in materia di «governo del territorio» (sentenze n. 196 del 2004, n. 362 e n. 303 del 2003; sentenza n. 233 del 2015). In questo settore, la Corte ha da sempre annoverato molteplici disposizioni dello stesso testo unico tra i principi fondamentali del «governo del territorio» (ex plurimis, sentenze n. 282, n. 272, n. 231 Pag. 18e n. 67 del 2016, n. 259 e n. 167 del 2014, n. 64 del 2013 e n. 309 del 2011). Secondo la giurisprudenza costituzionale, sono da considerarsi, tra gli altri, principi fondamentali della legislazione dello Stato le disposizioni che definiscono le categorie di interventi edilizi perché è in conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali (sentenza n. 309 del 2011). Assume, infine, rilievo (con riferimento al regime delle destinazioni d'uso degli immobili) il limite esterno alla materia «governo del territorio» derivante dalla materia della sicurezza, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera h), della Costituzione. Ciò in quanto, se nel governo del territorio rientrano gli usi ammissibili del territorio e la localizzazione di impianti o attività, ne restano esclusi i profili legati alla sicurezza degli edifici.
  Ricorda inoltre la sentenza n. 63 del 2016 della Corte costituzionale, relativa alla legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005, nella quale si afferma che non è consentito al legislatore regionale, all'interno di una legge sul governo del territorio, introdurre disposizioni che ostacolino o compromettano la libertà di religione, ad esempio prevedendo condizioni differenziate per l'accesso al riparto dei luoghi di culto. Poiché la disponibilità di luoghi dedicati è condizione essenziale per l'effettivo esercizio della libertà di culto, un tale tipo di intervento normativo eccederebbe dalle competenze regionali, perché finirebbe per interferire con l'attuazione della libertà di religione, garantita agli articoli 8, primo comma, e 19 della Costituzione, condizionandone l'effettivo esercizio. La Corte conclude che la Regione è titolata, nel governare la composizione dei diversi interessi che insistono sul territorio, a dedicare specifiche disposizioni per la programmazione e realizzazione di luoghi di culto; viceversa, essa esorbita dalle sue competenze, entrando in un ambito nel quale sussistono forti e qualificate esigenze di eguaglianza, se, ai fini dell'applicabilità di tali disposizioni, impone requisiti differenziati, e più stringenti, per le sole confessioni per le quali non sia stata stipulata e approvata con legge un'intesa ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
  Tutto ciò premesso, segnala che la proposta di legge prevede, nel procedimento di adozione del decreto ministeriale chiamato a definire i criteri in materia di compatibilità urbanistica ed edilizia, il coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali nella forma dell'intesa in sede di Conferenza unificata.
  Quanto al rispetto degli altri princìpi costituzionali, alla luce della finalità della proposta di legge in esame, assume rilievo il quadro costituzionale delle garanzie della libertà religiosa, definito dagli articoli 8, 19 e 20 della Costituzione. L'articolo 8 della Costituzione dispone che «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze». L'articolo 19 della Costituzione prevede che «tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume», mentre l'articolo 20 della Costituzione dispone che «il carattere ecclesiastico e il fine di religione d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività». Sull'argomento, ricorda in particolare che secondo la Corte costituzionale «Le intese di cui all'articolo 8, terzo comma, sono [...] lo strumento previsto dalla Costituzione per la regolazione dei rapporti delle confessioni religiose con lo Stato per gli aspetti che si collegano alle specificità delle singole confessioni o che richiedono deroghe al diritto comune: non sono e non possono essere, invece, una condizione imposta dai poteri pubblici alle confessioni per usufruire della Pag. 19libertà di organizzazione e di azione, loro garantita dal primo e dal secondo comma dello stesso articolo 8, né per usufruire di norme di favore riguardanti le confessioni religiose». Secondo la Corte «vale dunque in proposito il divieto di discriminazione, sancito in generale dall'art. 3 della Costituzione e ribadito, per quanto qui interessa, dall'art. 8, primo comma. Ne risulterebbe, in caso contrario, violata anche l'eguaglianza dei singoli nel godimento effettivo della libertà di culto, di cui l'eguale libertà delle confessioni di organizzarsi e di operare rappresenta la proiezione necessaria sul piano comunitario, e sulla quale esercita una evidente, ancorché indiretta influenza la possibilità delle diverse confessioni di accedere a benefici economici» (sentenza n. 346 del 2002). Ancora, «il rispetto dei principi di libertà e di uguaglianza [...] va garantito non tanto in raffronto alle situazioni delle diverse confessioni religiose [...], quanto in riferimento al medesimo diritto di tutti gli appartenenti alle diverse fedi o confessioni religiose di fruire delle eventuali facilitazioni disposte in via generale dalla disciplina comune dettata dallo Stato perché ciascuno possa in concreto più agevolmente esercitare il culto della propria fede religiosa. [...] la posizione delle confessioni religiose va presa in considerazione in quanto preordinata alla soddisfazione dei bisogni religiosi dei cittadini, e cioè in funzione di un effettivo godimento del diritto di libertà religiosa, che comprende l'esercizio pubblico del culto professato come esplicitamente sancito dall'art. 19 della Costituzione. In questa prospettiva tutte le confessioni religiose sono idonee a rappresentare gli interessi religiosi dei loro appartenenti. L'aver stipulato l'intesa prevista dall'art. 8, terzo comma, della Costituzione per regolare in modo speciale i rapporti con lo Stato non può quindi costituire l'elemento di discriminazione nell'applicazione di una disciplina, posta da una legge comune, volta ad agevolare l'esercizio di un diritto di libertà dei cittadini» (sentenza n. 195 del 1993).
  Rileva inoltre che la Corte costituzionale annovera tra i principi supremi dell'ordinamento costituzionale il principio di laicità, che trova fondamento negli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, ed implica la garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale. Segnala a tale proposito che la Corte costituzionale ha affermato il principio per cui la disponibilità di spazi adeguati ove «rendere concretamente possibile, o comunque [...] facilitare, le attività di culto» (sentenza n. 195 del 1993) rientri nella tutela di cui all'articolo 19 della Costituzione, il quale riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato il culto, con il solo limite dei riti contrari al buon costume (sentenza n. 63 del 2016). Rammenta inoltre che con la sentenza n. 254 del 2019 la Corte costituzionale ha sottolineato che «la libertà di culto si traduce anche nel diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare (sentenza n. 67 del 2017) e comporta perciò più precisamente un duplice dovere a carico delle autorità pubbliche cui spetta di regolare e gestire l'uso del territorio (essenzialmente le regioni e i comuni): in positivo – in applicazione del citato principio di laicità – esso implica che le amministrazioni competenti prevedano e mettano a disposizione spazi pubblici per le attività religiose; in negativo, impone che non si frappongano ostacoli ingiustificati all'esercizio del culto nei luoghi privati e che non si discriminino le confessioni nell'accesso agli spazi pubblici (sentenze n. 63 del 2016, n. 346 del 2002 e n. 195 del 1993)».
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Luca SBARDELLA, presidente, avverte che sia il gruppo Movimento 5 Stelle sia il gruppo Partito Democratico hanno presentato una propria proposta alternativa di parere (vedi allegati 3 e 4), le quali saranno poste in votazione solo qualora fosse respinta la proposta di parere presentata dal relatore.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), illustrando la proposta di parere alternativa presentata Pag. 20dal suo gruppo, sottolinea come il provvedimento all'esame del Comitato sia volto ad escludere, per le sole associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto, l'applicazione della normativa di favore prevista dall'articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017, in materia di cambio di destinazione d'uso di locali utilizzati come sedi degli enti del terzo settore e, in particolare, evidenzia come la norma in esame limiti espressamente la propria applicazione alle sole attività di culto di confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato non sono regolati sulla base di intese. Afferma che la proposta di legge si pone in contrasto con molteplici principi costituzionali, dal divieto di discriminazioni affermato dall'articolo 3 della Costituzione – limitando l'applicazione di una norma a carattere eccezionale e di favore quale quella introdotta dall'articolo 71, comma 1, solo con riferimento alle associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto – alla tutela della libertà religiosa proclamata dagli articoli 8 e 20 della Costituzione – operando una distinzione, e quindi una disparità di trattamento, tra le associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto a seconda che abbiano o meno stipulato accordi o intese. Per questi motivi, preannuncia il voto contrario del gruppo sulla proposta di parere favorevole presentata dal relatore.

  Alfonso COLUCCI (M5S), nel richiamare le osservazioni della collega Bonafè, rileva che la disciplina in esame è fortemente problematica dal punto di vista costituzionale dal momento che esclude dall'applicazione della normativa di favore prevista dall'articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017, in materia di cambio di destinazione d'uso di locali utilizzati come sedi degli enti del terzo settore, le associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto, laddove si tratti di confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato non sono regolati sulla base di intese, ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione. Rileva come tale scelta sia motivata nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, nella quale si fa esplicito riferimento all'Islam, alla sua esclusione dall'ambito di applicazione della citata normativa di favore. Ritiene che se la destinazione d'uso è vincolante per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività di culto, ciò deve valere per tutte le confessioni religiose, occorrendo quindi avviare una revisione generale della deroga introdotta dal codice del terzo settore. A suo parere applicare regole diverse per alcune specifiche confessioni religiose configura una aperta discriminazione, in violazione degli articoli 3 ed 8 della Costituzione, ricordando in particolare due sentenze della Corte costituzionale intervenute sulla materia. Cita in primo luogo la sentenza n. 346 del 2002, secondo cui le intese di cui all'articolo 8, terzo comma, della Costituzione «sono [...] lo strumento previsto dalla Costituzione per la regolazione dei rapporti delle confessioni religiose con lo Stato per gli aspetti che si collegano alle specificità delle singole confessioni o che richiedono deroghe al diritto comune: non sono e non possono essere, invece, una condizione imposta dai poteri pubblici alle confessioni per usufruire della libertà di organizzazione e di azione, loro garantita dal primo e dal secondo comma dello stesso art. 8, né per usufruire di norme di favore riguardanti le confessioni religiose». Aggiunge che con la sentenza n. 195 del 1993 la Corte ha dichiarato che «L'aver stipulato l'intesa prevista dall'art. 8, terzo comma, della Costituzione per regolare in modo speciale i rapporti con lo Stato non può quindi costituire l'elemento di discriminazione nell'applicazione di una disciplina, posta da una legge comune, volta ad agevolare l'esercizio di un diritto di libertà dei cittadini». Fa quindi presente che le richiamate intese di cui al terzo comma dell'articolo 8 della Costituzione servono a regolare specifici aspetti dei rapporti delle confessioni religiose con lo Stato, quali ad esempio il riconoscimento dei matrimoni, ma non rilevano ai fini dell'esercizio del diritto di espressione del proprio culto. Nel sottolineare che il provvedimento viola gli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione, illustrando così la proposta di parere alternativa del Movimento 5 Stelle, rivolge ai colleghiPag. 21 un invito a ragionare insieme sulla norma. Sollecita quindi una comune riflessione che riguardi tutte le confessioni religiose, nel caso in cui si ritenesse che la deroga urbanistica contenuta nell'articolo 71 del codice del terzo settore confligga con le esigenze di sicurezza. Ritiene che il provvedimento così come formulato, volto ad escludere esplicitamente la confessione islamica dalla richiamata disciplina di favore, non rende onore al principio di laicità dello Stato e inoltre contrasta con le esigenze di assimilazione culturale e di accoglienza, favorendo fenomeni di emarginazione e di integralismo. Si tratta quindi a suo parere di una norma sbagliata oltre che incostituzionale, di cui pertanto sollecita la revisione.

  Nessuno altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere favorevole del relatore.

  Luca SBARDELLA, presidente, avverte che, come già comunicato, è preclusa la votazione sulle proposte di parere alternative presentate dai gruppi Movimento 5 Stelle e Partito Democratico.

Disposizioni in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni e quote delle società sportive.
C. 836-A.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Nulla osta).

  Il Comitato inizia l'esame degli ulteriori emendamenti presentati in Assemblea al provvedimento.

  Luca SBARDELLA, presidente, fa presente che il Comitato permanente per i pareri della I Commissione è chiamato a esaminare, ai fini dell'espressione del prescritto parere all'Assemblea, il fascicolo n. 2 degli emendamenti riferiti alla proposta di legge C. 836–A, recante «Disposizioni in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni e quote delle società sportive». In sostituzione dell'onorevole Ziello, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, segnala come le predette proposte emendative non presentino criticità per quanto concerne il riparto di competenze legislative tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione: pertanto appare possibile esprimere su di essi nulla osta.

  Il Comitato approva la proposta di nulla osta.

  La seduta termina alle 13.50.