CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 4 aprile 2024
282.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Giovedì 4 aprile 2024. — Presidenza del presidente Walter RIZZETTO.

  La seduta comincia alle 14.

Delega al Governo per il riordinamento della carriera dei funzionari della professionalità giuridico-pedagogica dell'amministrazione penitenziaria.
C. 781 Varchi.
(Esame e rinvio).

  La Commissione avvia l'esame delle proposte di legge in titolo.

  Marcello COPPO (FDI), relatore, osserva che la Commissione XI è chiamata ad esaminare in sede referente la proposta di legge C. 781.
  Tale proposta di legge è volta ad istituire uno specifico ruolo organico per i funzionari della professionalità giuridico-pedagogica, inquadrandoli in regime di diritto pubblico. A tal fine il Governo viene delegato ad adottare i decreti legislativi necessari a disciplinarne la carriera ed il trattamento giuridico-economico.Pag. 30
  Nel dettaglio, la proposta di legge si compone di 3 articoli.
  L'articolo 1 reca una delega legislativa al Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi volti a disciplinare, in regime di diritto pubblico, lo specifico percorso di carriera e il trattamento economico dei funzionari giuridico-pedagogici nell'esecuzione penale per adulti in carcere.
  Il comma 1 prevede che nell'ambito della carriera dei funzionari giuridico-pedagogici debba essere compreso il personale già inquadrato nel ruolo di funzionario giuridico-pedagogico presso l'Amministrazione penitenziaria e che la delega debba essere esercitata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   operare una revisione dell'attuale disciplina di cui all'articolo 82 della legge sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) al fine di prevedere l'istituzione del ruolo dei funzionari giuridico-pedagogici, articolato nelle seguenti qualifiche: Funzionario giuridico-pedagogico; Funzionario capo giuridico-pedagogico; Funzionario coordinatore giuridico-pedagogico; Vicedirigente giuridico-pedagogico; Dirigente giuridico-pedagogico (lettera a));

   prevedere l'accesso alla carriera esclusivamente dal grado iniziale mediante concorso pubblico, con esclusione di ogni immissione dall'esterno, prevedendo inoltre un periodo di formazione iniziale di durata non inferiore a un anno (lettera b));

   determinare la pianta organica del ruolo in relazione al numero di unità di personale appartenenti al profilo di funzionario giuridico-pedagogico in servizio alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, individuando la relativa fascia retributiva secondo quanto previsto dalla tabella di trasposizione allegata al provvedimento, e prevedendo la disciplina del rapporto di lavoro secondo il regime del diritto pubblico (lettera c));

   prevedere un procedimento negoziale tra una delegazione di parte pubblica e una delegazione delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale della carriera dei funzionari giuridico-pedagogici per la stipulazione di accordi da recepire poi con decreto del Presidente della Repubblica. Tale procedimento – da esperirsi ogni quattro anni per gli aspetti giuridici e ogni due per quelli economici relativi al rapporto di impiego del personale della suddetta carriera dei funzionari giuridico-pedagogici – è finalizzato alla determinazione di un trattamento economico onnicomprensivo, non inferiore a quello degli appartenenti alla carriera dei funzionari del Corpo di Polizia penitenziaria, articolato, secondo la qualifica rivestita, in una componente stipendiale di base, in una componente correlata alla posizione funzionale ricoperta e all'incarico di responsabilità esercitato e in una componente rapportata ai risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati e alle risorse assegnate. Il medesimo decreto del Presidente della Repubblica che recepisce gli accordi risultanti dalla predetta procedura negoziale, disciplina altresì l'orario di lavoro, il congedo ordinario e straordinario, gli eventuali obblighi di reperibilità, l'aspettativa per motivi di salute e di famiglia, i permessi brevi, le aspettative e i permessi sindacali (lettera d));

   applicare il principio dello scrutinio per merito comparativo alle progressioni di carriera, attraverso l'individuazione di criteri obiettivi basati sugli incarichi ricoperti, le responsabilità assunte e le attività formative svolte (lettera e));

   individuare gli incarichi e le funzioni da attribuire ai funzionari giuridico-pedagogici nell'ambito delle articolazioni centrali e periferiche dell'Amministrazione penitenziaria, ivi compresi i posti dirigenziali (lettera f)).

  Il comma 2 disciplina la procedura per l'adozione dei decreti legislativi, prevedendo che ciascuno di essi sia corredato da una relazione tecnica sugli effetti finanziari e che gli stessi siano trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri da parte della Pag. 31Commissioni parlamentari competenti per materia, da rendere entro quaranta giorni dalla trasmissione, decorsi i quali i decreti possono essere comunque adottati.
  L'articolo 2 è volto a definire la natura del rapporto di impiego dei funzionari giuridico-pedagogici, i quali, a garanzia della specificità delle loro funzioni, vengono sottratti al regime di diritto privato cui è sottoposta la generalità dei pubblici dipendenti (ed al quale fino ad ora erano sottoposti gli stessi funzionari giuridico-pedagogici in virtù del loro inquadramento nel comparto Funzioni centrali).
  A tal fine, il comma 1 apporta, attraverso l'inserimento del nuovo comma 1-quater, un'integrazione all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nel quale sono già contemplate alcune deroghe al principio generale, sancito dall'articolo 2 del medesimo decreto legislativo, in base al quale i rapporti di pubblico impiego sono normalmente disciplinati dal codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e dai contratti collettivi appositamente stipulati per i vari comparti delle amministrazioni pubbliche. Con l'introduzione del comma 1-quater nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2011, si stabilisce che il rapporto di lavoro dei funzionari giuridico-pedagogici dell'Amministrazione penitenziaria sia regolato, nei suoi profili giuridici, economici ed organizzativi, dal proprio specifico ordinamento di natura pubblicistica, che sarà disciplinato dai decreti delegati di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame.
  Il comma 2 opera un rinvio alle disposizioni dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) e del relativo regolamento attuativo (d.P.R. n. 230 del 2000) che definiscono il ruolo degli educatori, disposizioni che in forza di tale rinvio si intendono riferite alla figura del funzionario giuridico-pedagogico.
  L'articolo 3 reca le norme transitorie e finali.
  Più nel dettaglio, il comma 1 dispone che dall'entrata in vigore della legge il trattamento economico destinato ai funzionari della professionalità giuridico-pedagogica sia equiparato a quello dei funzionari e dirigenti appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria, secondo i parametri esplicitati dalla tabella di cui all'allegato 1 della proposta di legge in esame. Tali parametri prevedono, a fini retributivi, che siano equiparati: il funzionario giuridico-pedagogico (ex Area III F1) al vice commissario di polizia penitenziaria; il funzionario capo giuridico-pedagogico (ex Area III F2) al commissario di polizia penitenziaria; il funzionario coordinatore giuridico-pedagogico (ex Area III F3-F4) al commissario capo di polizia penitenziaria; il vicedirigente giuridico-pedagogico (ex Area III F5-F6) al dirigente aggiunto di polizia penitenziaria; il dirigente giuridico-pedagogico (ex Area III F7) al dirigente di polizia penitenziaria.
  Il comma 2 prevede che dall'entrata in vigore della legge il rapporto di lavoro dei funzionari giuridico-pedagogici cessi di essere regolato secondo il regime di diritto privato e sia invece disciplinato secondo le norme che regolamentano il lavoro prestato dai dipendenti dello Stato in regime di diritto pubblico. Pertanto, il comma 2 esclude che al rapporto di lavoro dei funzionari giuridico-pedagogici si applichino quelle disposizioni del testo unico sul pubblico impiego (decreto legislativo n. 165 del 2001) che sottopongono i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche alla disciplina privatistica del codice civile e che prevedono la derogabilità delle discipline legislative dei rapporti di lavoro a opera della regolamentazione contrattuale.

  Walter RIZZETTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni per favorire la riduzione dell'orario di lavoro.
C. 142 Fratoianni, C. 1000 Conte e C. 1505 Scotto.
(Esame e rinvio).

  La Commissione avvia l'esame delle proposte di legge in titolo.

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  Walter RIZZETTO, presidente, in sostituzione della relatrice, onorevole Schifone, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, osserva che la XI Commissione è chiamata ad esaminare in sede referente le proposte di legge C. 142 (Disposizioni per favorire la riduzione dell'orario di lavoro), C. 1000 (Disposizioni sperimentali concernenti la riduzione dell'orario di lavoro mediante accordi definiti nell'ambito della contrattazione collettiva) e C. 1505 (Agevolazione contributiva per favorire la stipulazione di contratti collettivi volti a sperimentare la progressiva riduzione dell'orario di lavoro) recanti disposizioni volte alla riduzione dell'orario di lavoro.
  Si ricorda che attualmente, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 66 del 2003, l'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali e che i contratti collettivi possono stabilire una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno.
  In particolare: la proposta di legge C. 1000 attribuisce a specifici accordi tra le parti sociali la possibilità di prevedere una riduzione fino a 32 ore settimanali; la proposta di legge C. 1505 incrementa il Fondo nuove competenze al fine di favorire la sottoscrizione di contratti collettivi volti a sperimentare la progressiva riduzione dell'orario di lavoro per il triennio 2024-2026; la proposta di legge C. 142 dispone che i contratti collettivi prevedano una riduzione dell'orario legale di lavoro in modo da giungere, dal 1° gennaio 2023 – termine temporale da aggiornare – ad un orario medio settimanale di 34 ore effettive.
  Tutte le suddette proposte introducono inoltre, in favore dei datori di lavoro, agevolazioni contributive commisurate alla riduzione dell'orario di lavoro applicata.
  Passando ad illustrare i contenuti delle proposte di legge nel dettaglio, segnala preliminarmente che le suddette proposte di legge C. 142, C. 1000 e C. 1505 si compongono, rispettivamente, di ventidue articoli, di sette articoli e di un articolo.
  Nelle proposte di legge C. 1000 e C. 1505 la riduzione dell'orario di lavoro è affidata ai contratti sottoscritti tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché tra le loro articolazioni territoriali o aziendali (articolo 2, comma 1, C. 1000) e tra le imprese e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (articolo 1, comma 1, C. 1505).
  La proposta di legge C. 142 (articoli 2 e 22) specifica che le disposizioni ivi contenute si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati (anche relativamente agli apprendisti maggiorenni), ma se ne prevede la non applicazione in taluni ambiti, al ricorrere delle seguenti circostanze: per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e delle imprese esercenti servizi pubblici anche in regime di concessione, nonché per il personale navigante, qualora la materia sia diversamente disciplinata da apposite norme di legge o di regolamento o di contratto collettivo nazionale; nell'ambito dei servizi di protezione civile, compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato, in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio svolto o di ragioni connesse ai servizi di protezione civile, nonché degli altri servizi svolti dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, individuate con apposito decreto ministeriale da adottarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore della medesima proposta di legge C. 142.
  L'applicazione delle disposizioni della medesima proposta di legge C. 142 resta invece in ogni caso esclusa: per la gente di mare (di cui alla direttiva 1999/63/CE); per il personale di volo nell'aviazione civile (di cui alla direttiva 2000/79/CE); per i lavoratori che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (di cui alla direttiva 2002/15/CE); per il personale delle scuole di ogni ordine e grado; per il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, nonché per gli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attività operativePag. 33 specificamente istituzionali, e per gli addetti ai servizi di vigilanza privata.
  Con riguardo alla rimodulazione dell'orario di lavoro, la proposta di legge C. 142 dispone che i contratti collettivi prevedano una riduzione dell'orario legale di lavoro in modo da giungere dal 1° gennaio 2023 – termine temporale da aggiornare – ad un orario medio settimanale dei dipendenti privati e pubblici e dei prestatori d'opera coordinata e continuativa di trentaquattro ore effettive, ossia comprese tra l'inizio e il termine della giornata lavorativa, considerando anche i periodi di vigile attesa determinati dalla natura della prestazione, nonché le ore retribuite di assemblea, i permessi sindacali e per allattamento e altri congedi parentali. Tale riduzione avviene a parità di retribuzione, quindi senza riduzione dei livelli retributivi mensili, fatti salvi gli aumenti salariali previsti dai contratti collettivi e individuali di lavoro (articoli 1, comma 2, e 7, commi da 1 a 3).
  Per le attività usuranti di cui alla Tabella A del decreto legislativo n. 374 del 1993 si prevede che la contrattazione collettiva definisca un'ulteriore riduzione, pari ad almeno altre cinque ore settimanali, e viene demandata ad apposito decreto ministeriale la possibilità di individuare ulteriori attività pericolose, insalubri e usuranti ai fini di un'ulteriore riduzione dell'orario di lavoro in sede di contrattazione collettiva (articolo 10).
  Si dispone inoltre che nell'arco dell'anno la distribuzione dell'orario di lavoro settimanale e giornaliero venga stabilita in sede contrattuale e comunicata al lavoratore all'atto dell'assunzione. Variazioni successive nella distribuzione dell'orario sono consentite previo confronto con le rappresentanze sindacali, anche aziendali, con il consenso del lavoratore interessato che ha diritto, per motivate esigenze, a regimi di flessibilità rispetto all'inizio e al termine della prestazione giornaliera, compatibilmente con le esigenze aziendali (articolo 7, commi 4 e 7).
  Vengono poi stabiliti dei limiti massimi di durata della settimana lavorativa in determinate circostanze. In particolare (articolo 7, commi 5 e 6):

   in nessun caso l'orario settimanale di lavoro comprensivo delle ore di lavoro straordinario può superare il limite massimo di quaranta ore e l'orario giornaliero quello di otto ore, fatti salvi determinati casi (quali la predisposizione di tutti i servizi indispensabili ad assicurare la regolare ripresa e cessazione del lavoro, i casi di forza maggiore e i casi nei quali la cessazione del lavoro ad orario normale costituisce un pericolo o danno alle persone o alla produzione, ai sensi degli articoli 10 e 11 del R.D. 1955 del 1923). Tale limite massimo si applica anche ai lavoratori impegnati al servizio continuativo di un'azienda con modalità diverse dal lavoro dipendente, che, allorché sia possibile, devono poter scegliere le fasce d'orario funzionali alla loro attività, e comunque nell'ambito di quanto stabilito nei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni dai datori di lavoro e dalle organizzazioni sindacali più rappresentative;

   ove richiesta dalla mansione svolta, la reperibilità richiesta ai lavoratori, ad eccezione di quelli addetti alle attività di assistenza medica o paramedica, non può essere stabilita in misura superiore a otto ore giornaliere, fatte salve le disposizioni contrarie delle leggi speciali e le migliori condizioni previste dai contratti collettivi.

  Qualora alla data di entrata in vigore della proposta di legge C. 142 la disciplina disposta dai contratti collettivi di un settore preveda limiti di orario superiori rispetto a quelli suddetti, tale disciplina collettiva deve essere adeguata alle nuove disposizioni della medesima proposta di legge alla prima scadenza contrattuale e, comunque, non oltre dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore (articolo 22, comma 3).
  Infine, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, il Governo procede ad una verifica, con le parti sociali, degli effetti delle disposizioni della medesima legge sui livelli occupazionali e riferisce in merito alle CamerePag. 34 anche al fine di rideterminare l'impegno finanziario (articolo 1, comma 3).
  La proposta di legge C. 142 interviene altresì sugli istituti connessi alla suddetta rimodulazione settimanale dell'orario di lavoro, quali i riposi, le ferie, il lavoro notturno e straordinario.
  In particolare, si dispone che:

   se non sono prescritte pause di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto, per ogni periodo giornaliero di lavoro eccedente le sei ore, a una sosta di durata non inferiore a 15 minuti per ogni ora aggiuntiva (in luogo dei 10 minuti attualmente previsti tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro) (articolo 8, comma 2);

   il lavoratore e il collaboratore hanno diritto ad almeno 12 ore consecutive di riposo nel corso di ogni periodo di 24 ore, salvo deroghe previste dalla contrattazione collettiva per prestazioni di pronto intervento o di attesa nei servizi pubblici (in luogo delle 11 ore consecutive attualmente previste, fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità (articolo 8, comma 3);

   il diritto attualmente previsto ad un periodo di ferie annuali non inferiore a 4 settimane lavorative concerne anche i lavoratori impegnati con modalità diverse dal lavoro dipendente e collegati funzionalmente all'organizzazione aziendale (articolo 9, comma 1);

   il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto, non può eccedere il limite di due ore giornaliere e di sei ore settimanali (fatti salvi comunque i limiti annuali stabiliti dai CCNL), non può essere normalmente richiesto nelle imprese interessate da riduzione o sospensione dal lavoro di personale o da trattamenti di integrazione salariale (salvo determinate eccezioni), può essere disposto unilateralmente dal datore di lavoro per un periodo non superiore a tre giornate lavorative in caso di eventi eccezionali e imprevedibili o che comportano rischi di danno grave alle persone o agli impianti, determini una maggiorazione contributiva (i cui criteri di determinazione sono demandati alla contrattazione collettiva nazionale) che non può essere inferiore al 40 per cento rispetto alla retribuzione di fatto del lavoro ordinario e al 50 per cento nel caso di lavoro festivo o notturno (fatte salve le migliori condizioni previste dai contratti collettivi nonché la contestuale riduzione compensativa dell'orario e il versamento di una quota pari al 15 per cento al Fondo istituito dalla medesima proposta di legge C. 142). Vengono confermati i casi in cui è ammesso il ricorso al lavoro straordinario, nonché la disposizione secondo cui, in mancanza di una disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso solo previo accordo tra datore e prestatore di lavoro per un periodo non superiore a duecentocinquanta ore settimanali (articolo 11);

   l'orario di lavoro notturno – che si conferma non possa superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore – determina una riduzione della durata del tempo di lavoro settimanale e mensile e una maggiorazione retributiva i cui criteri e modalità sono definiti dai contratti collettivi, anche aziendali, che è fatto divieto di prevedere prestazioni di turni immediatamente successivi in capo allo stesso lavoratore notturno. Vengono altresì estesi il divieto di lavoro notturno – prevedendo che tale divieto concerna anche i genitori che hanno un minore fino a sei anni in affidamento preadottivo, gli aderenti a confessioni religiose per le quali sussiste il divieto di lavoro notturno e gli altri soggetti individuati dalla contrattazione collettiva di categoria – e i casi di trasferimento al lavoro diurno (articoli da 13 a 16).

  Qualora alla data di entrata in vigore della proposta di legge C. 142 la disciplina disposta dai contratti collettivi di un settore preveda limiti di orario superiori rispetto a quelli suddetti, tale disciplina collettiva deve essere adeguata alle nuove disposizioni della medesima proposta di legge alla prima scadenza contrattuale e, comunque, non oltre Pag. 35dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore (articolo 22, comma 3).
  La proposta di legge C. 142 prevede altresì la possibilità per i contratti collettivi – previa consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall'impresa – di introdurre strumenti di flessibilità degli orari di lavoro stabilendo criteri per la modulazione degli orari mensili, semestrali e annuali; nel caso di piani annuali, questi devono tenere conto della promozione e della partecipazione ai corsi di formazione, aggiornamento professionale e istruzione scolastica dei lavoratori (articolo 17, comma 1, e articolo 19). I contratti collettivi possono prevedere (articolo 17, comma 2 e 3): sistemi di banche di ore volti a recuperare in termini compensativi le ore di lavoro prestate in eccedenza nel corso del periodo di riferimento, con modalità che corrispondano alle esigenze dei lavoratori, anche attraverso la contrattazione di moduli flessibili della settimana lavorativa di quattro giorni; la ripartizione irregolare della durata quotidiana e settimanale dell'orario di lavoro su tutto o parte dell'anno, a condizione che siano rispettati i limiti della durata massima quotidiana e settimanale di lavoro di cui all'articolo 7, comma 5, pari rispettivamente a 8 e a 40 ore, queste ultime comprensive delle ore di lavoro straordinario.
  Regimi di orario speciali che prevedono una ripartizione irregolare della durata quotidiana e settimanale dell'orario su tutto o parte dell'anno, nonché l'applicazione di sistemi di banche di ore, possono essere stabiliti con accordi sindacali aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, costituite nell'impresa o unità produttiva e amministrativa, ovvero, in loro mancanza, dalle organizzazioni sindacali provinciali aderenti alle confederazioni stipulanti il contratto collettivo nazionale di categoria applicato nell'impresa o unità produttiva o l'accordo di comparto applicato nell'unità amministrativa. Nell'ipotesi di dissenso o di mancata sottoscrizione da parte di uno o più dei suddetti soggetti collettivi, o di richiesta da parte del 20 per cento dei lavoratori interessati, l'efficacia dell'accordo è sospensivamente condizionata alla sua approvazione tramite referendum da parte della maggioranza dei lavoratori votanti facenti comunque parte dei lavoratori interessati (articolo 18).
  La medesima proposta di legge C. 142 regolamenta altresì (articolo 20) la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo ridotto che può essere pattuita dal datore di lavoro e dal lavoratore. Dopo aver svolto un periodo lavorativo di almeno due anni con orario a tempo ridotto, il lavoratore e il datore di lavoro possono pattuire di ripristinare il precedente orario di lavoro a tempo pieno. La pattuizione deve avvenire in forma scritta a pena di nullità (fatto salvo il caso che corrisponda a previsioni contenute in un contratto collettivo, anche aziendale).
  È data priorità alla trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo pieno in rapporti di lavoro a tempo ridotto ai soggetti che: hanno figli, genitori o coniuge disabili; svolgono un'attività documentata di assistenza e cura continuativa a soggetti disabili; svolgono un'attività documentata di volontariato presso un'associazione registrata a livello regionale o presso un'organizzazione non lucrativa di utilità sociale; hanno figli entro i sei anni di età; sono iscritti a un corso continuativo di istruzione scolastica, formazione o riqualificazione professionale di durata superiore a tre mesi; svolgono gli ultimi cinque anni di vita lavorativa utili al raggiungimento dell'accesso al pensionamento, a condizione che in seguito alla loro uscita progressiva dal lavoro siano sostituiti da giovani al primo inserimento lavorativo.
  Ai soggetti ai quali si riconosce una priorità nella trasformazione a tempo ridotto è altresì riconosciuta la medesima riduzione delle aliquote contributive prevista per i datori di lavoro dall'articolo 6 della proposta di legge C. 142 in caso di riduzione dell'orario di lavoro.
  Passando alla proposta di legge C. 1000, al fine di agevolare l'adozione di forme flessibili di organizzazione del lavoro – volte, tra l'altro, a migliorare la possibilità Pag. 36di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro – essa riconosce alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché alle loro articolazioni territoriali o aziendali, la possibilità di stipulare specifici contratti per la riduzione fino a 32 ore settimanali dell'orario normale di lavoro, fissato attualmente in 40 ore settimanali (ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 66 del 2003), a parità di retribuzione. I medesimi contratti stabiliscono criteri e modalità di individuazione dei lavoratori interessati all'applicazione, anche su base volontaria (articolo 2, commi 1 e 2, ultimo periodo).
  La suddetta riduzione può riguardare l'orario giornaliero o il numero delle giornate lavorative settimanali, fino a 4 giornate; in questo ultimo caso le ore lavorative giornaliere che superano le 8 ore ordinarie non sono considerate lavoro straordinario (articolo 2, comma 2).
  In mancanza del suddetto contratto collettivo, almeno il 20 per cento dei lavoratori dipendenti dell'impresa o dell'unità produttiva o il datore di lavoro possono presentare una proposta di contratto per la riduzione dell'orario di lavoro, fino a 32 ore settimanali, a parità di retribuzione, recante la determinazione delle modalità di applicazione. Entro novanta giorni dalla pubblicazione della proposta mediante una comunicazione aziendale portata a conoscenza di tutto il personale dipendente dell'impresa o dell'unità produttiva, la proposta è sottoposta all'approvazione del medesimo personale mediante referendum, che si svolge con la supervisione di un delegato dell'ente bilaterale competente per territorio, ove esistente, anche in un settore affine a quello in cui opera l'impresa interessata. La proposta di contratto si intende approvata se, all'esito del referendum, si è espressa favorevolmente la maggioranza dei dipendenti dell'impresa o dell'unità produttiva e, nel solo caso in cui la proposta sia stata presentata dal prescritto numero di lavoratori, se il datore di lavoro dichiara il proprio assenso entro trenta giorni dalla data di svolgimento del referendum. Nel caso di esito negativo del referendum, la proposta può essere ripresentata non prima di centottanta giorni (articolo 2, comma 3).
  La proposta di legge C. 1000 rinvia poi alla contrattazione collettiva che può disciplinare ulteriori modalità di attuazione dei contratti per la riduzione dell'orario di lavoro, per quanto non specificamente previsto dalla medesima proposta di legge (articolo 5).
  A sua volta, la proposta di legge C. 1505 incrementa il Fondo nuove competenze di 100 milioni di euro per il 2024 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, al fine di favorire la sottoscrizione di contratti collettivi tra le imprese e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale finalizzati alla definizione di modelli organizzativi volti a sperimentare la progressiva riduzione dell'orario di lavoro, a parità di salario, anche nella forma di turni su quattro giorni settimanali. A seguito della previsione di tale nuova finalità, dalla data di entrata in vigore della presente legge il Fondo assume la nuova denominazione di Fondo Nuove Competenze, Riduzione dell'orario di lavoro e Nuove forme di prestazione lavorativa.
  Si ricorda che il Fondo nuove competenze è un Fondo pubblico, istituito dall'articolo 88 del decreto-legge n. 34 del 2020 presso l'ANPAL e cofinanziato dal Fondo sociale europeo, finalizzato a promuovere la formazione dei lavoratori di imprese che hanno stipulato specifici accordi collettivi per la rimodulazione dell'orario di lavoro. Tale Fondo costituisce, insieme al Programma GOL e al Sistema duale, uno dei Programmi guida del Piano nazionale nuove competenze riferito ai lavoratori occupati, adottato con decreto ministeriale 14 dicembre 2021 in attuazione di quanto previsto dal PNRR in materia di politiche attive (Missione 5, componente 1, Riforma 1.1).
  Con riferimento alle agevolazioni contributive, come sopra detto, tutte le proposte di legge introducono agevolazioni contributive in favore dei datori di lavoro, commisurate alla riduzione dell'orario di lavoro applicata.Pag. 37
  La proposta di legge C. 142 prevede a favore dei datori di lavoro pubblici e privati l'erogazione di un contributo, nonché la rimodulazione delle aliquote contributive a loro carico, nel caso essi adottino una riduzione dell'orario di lavoro. Preliminarmente, si ricorda, come già evidenziato, la necessità dell'aggiornamento del termine temporale ivi contenuto, che si riferisce all'anno 2023 già trascorso.
  In particolare, si prevede l'erogazione di un contributo in favore dei suddetti datori di lavoro che adottano, nel triennio 2023-2025, il regime orario di 34 ore settimanali previsto dalla medesima proposta di legge, qualora questo comporti una riduzione di almeno il 10 per cento dell'orario settimanale di lavoro vigente previsto da disposizioni di legge o contrattuali, o orari ridotti con la previsione di un corrispettivo aumento dell'occupazione o di una sua salvaguardia nelle situazioni di crisi. Tale contributo è erogato da un apposito Fondo istituito presso l'INPS – per il cui finanziamento vedi infra – ed è commisurato all'entità della riduzione di orario e all'incremento di occupazione che essa consente ovvero alla salvaguardia dei posti di lavoro nelle situazioni di crisi; per ogni impresa, considerati il numero dei dipendenti effettivo dopo la riduzione di orario e la retribuzione oraria effettiva, si calcola il monte retributivo che si sarebbe rilevato per quella occupazione e per quella retribuzione sulla base del precedente orario contrattuale e si calcola la differenza rispetto al monte retributivo rilevato con il nuovo orario contrattuale. Il contributo è erogato in misura decrescente per ciascun anno del triennio 2023-2025 nella misura pari, rispettivamente, al 50 per cento, al 45 per cento e al 40 per cento della differenza così calcolata. Si prevede che il suddetto contributo sia cumulabile con l'assegno di solidarietà di cui all'art. 31 del decreto legislativo n. 148 del 2015, erogato dai fondi di solidarietà per periodi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa fino al 31 dicembre 2021, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso della procedura di licenziamento collettivo. Tale istituto, come anticipato, è stato abrogato a decorrere dal 31 dicembre 2021 (articolo 1, comma 299, legge n. 234 del 2021); attualmente, nei casi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, si prevede l'erogazione di un assegno di integrazione salariale a carico dei Fondi di solidarietà. La definizione delle modalità di attuazione del contributo in oggetto è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della proposta di legge (articolo 3, comma 1, e articolo 5).
  La medesima proposta di legge C. 142 prevede altresì, ferma restando la quota contributiva a carico del lavoratore e fino al 31 dicembre 2025, una riduzione delle aliquote contributive a carico del datore di lavoro, con oneri a carico del suddetto Fondo istituito presso l'INPS, in funzione dell'entità della riduzione dell'orario di lavoro applicata. Nel dettaglio, il contributo posto a carico del datore di lavoro è soggetto a uno sgravio parziale nelle seguenti forme (articolo 6, commi 1 e 2): nella fascia a orario ridotto con orario settimanale da diciotto a ventiquattro ore, ovvero con corrispondente orario mensile o annuale, mediante una riduzione contributiva del 15 per cento, elevata al 20 per cento per le imprese con meno di quindici dipendenti; nella fascia a orario ridotto con orario settimanale superiore a ventiquattro ore e fino a trenta ore, ovvero con corrispondente orario mensile o annuale, mediante una riduzione contributiva del 12 per cento, elevata al 17 per cento per le imprese con meno di quindici dipendenti; nella fascia a orario ridotto con orario settimanale superiore a trenta ore e fino a trentadue ore, ovvero con corrispondente orario mensile o annuale, mediante una riduzione contributiva del 10 per cento, elevata al 15 per cento per le imprese con meno di quindici dipendenti.
  Si prevede inoltre un'ulteriore riduzione del 5 per cento a favore delle imprese operanti nei territori delle regioni Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna (articolo 6, comma 3). Viene infine specificato che, al fine di massimizzare gli effetti occupazionali del suddetto sistema di incentivi, essi sono formulati in Pag. 38termini capitari e assegnati in riferimento ai dipendenti coinvolti dalla riduzione di orario di lavoro e si applicano solo alle aziende che hanno stipulato accordi sindacali di riduzione dell'orario di lavoro e aumentato l'occupazione aziendale in misura corrispondente ad almeno il 50 per cento della riduzione percentuale dell'orario di lavoro, ovvero che hanno provveduto a preservare posti di lavoro in caso di situazioni di crisi aziendale (articolo 6, comma 4).
  Poiché l'applicazione del suddetto sgravio contributivo è prevista fino al 31 dicembre 2025, si dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2026 si provveda ad una rimodulazione delle aliquote contributive in funzione della durata dell'orario di lavoro, demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi successivamente al 30 giugno 2025.
  Lo sgravio contributivo in oggetto è riconosciuto anche ai soggetti che si trovano in determinate condizioni di svantaggio a cui la proposta di legge C. 142 riconosce una priorità nella trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo ridotto.
  La proposta di legge C. 1000 riconosce ai datori di lavoro, in via sperimentale per gli anni 2024, 2025 e 2026 e per la quota di retribuzione corrispondente alla riduzione dell'orario normale di lavoro applicata, un esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assicurativi a loro carico, nel limite massimo di 8.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (articolo 3, comma 1).
  Il medesimo esonero è altresì riconosciuto, per il medesimo periodo, ai datori di lavoro che assumono lavoratori in relazione alla quota di riduzione dell'orario di lavoro. Tale esonero, che può essere concesso anche cumulativamente con altri incentivi riconosciuti per le assunzioni entro l'importo della contribuzione effettivamente dovuta per ciascun lavoratore assunto (si valuti l'opportunità di specificare se tale cumulabilità operi anche per l'esonero di cui al richiamato comma 1 del presente articolo 3), è riconosciuto per una durata non superiore a ventiquattro mesi per i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, o nei casi di trasformazione del contratto a tempo indeterminato, e a diciotto mesi per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato (articolo 3, comma 2).
  I suddetti esoneri sono concessi nel limite massimo di spesa di 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 e all'INPS è attribuito il compito di monitorare il rispetto di tale limite (articolo 3, commi 3 e 4).
  Entro il 31 dicembre 2026, sulla base dell'attività svolta dall'Osservatorio nazionale sull'orario di lavoro – istituito dal successivo articolo 4 della medesima proposta di legge C. 1000 – il Governo verifica i risultati della suddetta sperimentazione e presenta una relazione alle Camere (articolo 3, comma 5).
  La proposta di legge C. 1505 riconosce ai datori di lavoro privati (ad eccezione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico), con riferimento ai rapporti di lavoro dipendente cui si applicano i contratti di riduzione dell'orario di lavoro disciplinati dalla medesima proposta di legge, l'esonero dal versamento dei contributi in misura pari al 30 per cento (percentuale elevata al 40 per cento in caso di lavori usuranti e gravosi) dei complessivi contributi previdenziali dovuti dai medesimi (con esclusione dei premi e dei contributi spettanti all'Inail). Tale esonero, condizionato all'autorizzazione della Commissione europea, si applica per la durata della sperimentazione prevista dai medesimi contratti e in proporzione alla riduzione di orario di lavoro concordata e secondo le modalità definite da apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima proposta di legge C. 1505 (articolo 1, commi da 2 a 4).
  Segnala, inoltre, che la proposta di legge C. 1000 (articolo 4) istituisce in via sperimentale, per gli anni dal 2024 al 2026, l'Osservatorio nazionale sull'orario di lavoro,Pag. 39 con sede presso l'Inapp (Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche), che si avvale delle strutture e delle risorse umane, strumentali e finanziarie del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e degli enti strumentali vigilati dal medesimo Ministero, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  L'Osservatorio ha il compito di raccogliere e di elaborare dati statistici e socio-economici relativi a determinati aspetti dell'organizzazione del lavoro – quali le modalità di organizzazione del lavoro e dei relativi orari, l'attuazione delle disposizioni della presente proposta, le dinamiche del mercato del lavoro, l'impiego dei contratti di solidarietà e le specifiche intese raggiunte in sede di contrattazione collettiva di prossimità in riferimento alla disciplina dell'orario di lavoro (ai sensi dell'articolo 8, comma 2, lettera d), del decreto-legge n. 138 del 2011) – e di predisporre una relazione annuale sulla propria attività che trasmette alle Camere entro il 31 dicembre di ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026. Le modalità per la sua costituzione ed il suo funzionamento sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.
  Con riguardo al profilo delle sanzioni, la proposta di legge C. 142 prevede l'applicazione di determinate sanzioni in caso di inosservanza dei limiti di orario ivi stabilita. In particolare (articolo 21): la violazione dei limiti massimi di orario settimanale (di cui all'articolo 7) è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del datore di lavoro pari a 500 euro per ogni lavoratore interessato e per ogni ora di lavoro prestato oltre il limite massimo; la violazione delle disposizioni in materia di pause di lavoro e riposo giornaliero (di cui all'articolo 8) è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del datore di lavoro pari a 500 euro per ogni lavoratore e per ogni ora di lavoro sottratta al suo riposo oltre il limite minimo; la violazione delle norme previste da leggi e da contratti sulle modalità di svolgimento delle prestazioni di lavoro straordinario è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del datore di lavoro di 1.000 euro per ogni violazione riscontrata; la violazione delle disposizioni che limitano il ricorso al lavoro notturno per taluni soggetti (di cui all'articolo 13, comma 2) è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del datore di lavoro pari a 1.000 euro per ogni lavoratore.
  La vigilanza sull'adempimento degli obblighi prescritti dalle disposizioni della proposta di legge C. 142 è affidata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che la esercita attraverso i propri organi periferici.
  Per quanto concerne le disposizioni finanziarie, entrambe le proposte di legge C. 1000 e C. 1505 pongono gli oneri derivanti dalle disposizioni ivi previste – pari a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 per la proposta di legge C. 1000 (articolo 6) e a 100 milioni di euro per l'anno 2024 e a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026 per la proposta di legge C. 1505 (articolo 1, comma 5) – a carico del Fondo per esigenze indifferibili (di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014).
  La proposta di legge C. 142, come già anticipato, istituisce presso l'INPS il Fondo di incentivazione alla riduzione dell'orario di lavoro alimentato (articoli 3 e 4): dal versamento da parte dell'impresa di una somma pari al 15 per cento delle maggiorazioni retributive relative alle ore di lavoro straordinario effettuate; dalle sanzioni pecuniarie comminate al datore di lavoro per violazione di quanto disposto dalla medesima proposta di legge C. 142 o da norme di legge; dalla quota del Fondo sociale per occupazione e formazione destinata ad incentivare la riduzione e la rimodulazione degli orari di lavoro (ai sensi dell'articolo 13, comma 6, legge n. 196 del 1997) e, per i primi due anni successivi alla data di entrata in vigore della presente proposta di legge C. 142, da una quota annuale pari al 5 per cento delle risorse del medesimo Fondo; dalle maggiori entrate accertate annualmente e derivanti dall'impostaPag. 40 patrimoniale istituita dalla medesima proposta di legge C. 142 a decorrere dal 1° gennaio 2023 a carico di chi possiede grandi patrimoni mobiliari (quali automobili, imbarcazioni, aeromobili di valore e titoli mobiliari, esclusi i titoli emessi dallo Stato italiano) e immobiliari.
  In particolare, la base imponibile dell'imposta patrimoniale istituita dalla proposta di legge C. 142 è costituita dalla ricchezza netta di un contribuente superiore a 3 milioni di euro, costituita dalla somma delle attività finanziarie e delle attività non finanziarie al netto delle passività finanziarie e comprensiva del patrimonio non strumentale delle società. L'imposta patrimoniale, dalla cui applicazione sono esclusi i fondi immobiliari e le società di costruzioni, è dovuta dai soggetti proprietari o titolari di altro diritto reale, persone fisiche o persone giuridiche, ed è determinata applicando l'aliquota dello 0,8 per cento ai patrimoni superiori a 3 milioni di euro.
  A decorrere dal 1° gennaio 2023 (termine temporale da aggiornare), qualora in seguito alla verifica sull'attuazione della presente proposta di legge, l'impegno finanziario non sia rinnovato o sia confermato solo parzialmente, le maggiori entrate non utilizzate per tale impegno sono destinate al Fondo istituito al fine di dare attuazione a interventi in materia di riforma del sistema fiscale dall'articolo 1, comma 2, della legge n. 178 del 2020.

  Arturo SCOTTO (PD-IDP) auspica una discussione scevra da ideologia tra maggioranza ed opposizione che consenta di giungere all'individuazione di un intervento normativo necessario ad affrontare le sfide poste dalla rivoluzione tecnologica, ad esempio nel campo dell'intelligenza artificiale, e dai cambiamenti climatici, suscettibili di determinare effetti rilevanti sul mercato del lavoro e sull'ambiente. Ritiene in tal senso che il tema della riduzione dell'orario di lavoro e della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sia fondamentale e meriti un'adeguata declinazione anche in Italia, al pari di quanto avviene negli altri Paesi europei, tra i quali cita la Francia, la Spagna, la Germania, il Belgio e il Regno Unito. Osservato infatti che nel nostro Paese tale strada è stata intrapresa in via sperimentale solo grazie al contributo di alcune imprese, d'intesa con le parti sociali, ritiene opportuno che il legislatore intervenga con soluzioni condivise che agevolino in tal senso la stessa contrattazione.

  Valentina BARZOTTI (M5S) ritiene che l'incardinamento dei provvedimenti in titolo rappresenti un segnala importante in una fondamentale fase di transizione accompagnata da cambiamenti epocali anche per quanto riguarda il concetto stesso di lavoro, da valorizzare nell'ambito della centralità della persona e dei suoi diritti fondamentali, quali il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Fatto notare che il Governo sembra andare in una direzione diversa, ad esempio introducendo misure che ostacolano lo smart working, ritiene necessario favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in nome di una migliore qualità della vita stessa dei lavoratori e di una rinnovata flessibilità che consenta alle persone di realizzarsi, non solo nel lavoro. Soffermandosi, in particolare, sulla proposta di legge C. 1000, osserva che essa prevede misure importanti tese a valorizzare la contrattazione decentrata, facendo presente, infatti, che l'introduzione di una disciplina astratta a livello nazionale rischia di non produrre effetti concreti se non adeguatamente declinata nei territori e adeguata alle esigenze particolari del tessuto produttivo del Paese.

  Francesco MARI (AVS) fa notare che l'incardinamento dei provvedimenti in esame non risponde ad un vezzo ideologico dell'opposizione ma intende affrontare concretamente un problema reale, che auspica possa essere sostenuto da un confronto serio e condiviso tra gli schieramenti, al di fuori di qualsiasi logica di contrapposizione. Fa notare che mentre negli altri Paesi europei si tende verso una progressiva riduzione dell'orario di lavoro, a parità di salario, in Italia, pur in presenza di bassa produttività, si va verso un aumento dell'orario di lavoro. Giudica quindi necessario intervenire per assicurare adeguate Pag. 41tutele ai lavoratori in una fase di grande cambiamento tecnologico.

  Lorenzo MALAGOLA (FDI), fatto presente che la maggioranza non intende sottrarsi ad un dialogo proficuo su temi di fondamentale importanza che attengono ai diritti fondamentali dei lavoratori, prende atto che sussiste una evidente differenza di visione quanto alla scelta degli strumenti da utilizzare per garantire tali forme di salvaguardia. Sottolinea la necessità di riflettere con attenzione sull'opportunità di prevedere un intervento legislativo in tale campo, in particolare soffermandosi sulla particolare difficoltà per il legislatore di stare dietro ai tanti cambiamenti in atto, con l'introduzione di misure che rischiano di essere già superate una volta assunte. Evidenzia peraltro il rischio che un intervento normativo possa irrigidire eccessivamente il mercato del lavoro a scapito della contrattazione tra le parti sociali, sede ritenuta più idonea a dosare gli interventi a seconda del contesto territoriale, occupazionale e imprenditoriale preso a riferimento. Ritiene che l'obiettivo prioritario debba essere quello di aumentare la produttività, conseguito il quale sarebbe possibile iniziare a ragionare su forme diverse di organizzazione del lavoro. Fa notare, infatti, che il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro è strettamente connesso a quello dei livelli produttivi e le due tematiche non possono essere rappresentate in antitesi. Evidenzia, infine, come non si possa ignorare come i provvedimenti in titolo rechino misure la cui attuazione non appare di certo a costo zero, risultando particolarmente onerose per le imprese, i lavoratori e la collettività.

  Davide AIELLO (M5S) segnala con soddisfazione l'avvio dell'esame dei provvedimenti in titolo, ritenendo necessario che l'Italia segua l'esempio degli altri Paesi europei, lungo una direzione di marcia che preveda una riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, favorendo in tal modo anche l'ingresso nel mondo del lavoro di chi ne è al momento escluso. Auspicata una discussione seria e proficua tra i gruppi, senza pregiudizi ideologici, si augura che l'assenza della relatrice nell'odierna seduta sia solo episodica e non rappresenti il segnale di un disinteresse al tema da parte della maggioranza.

  Walter RIZZETTO, presidente, in risposta al deputato Aiello, fa notare che la relatrice non ha potuto partecipare alla seduta odierna per un impedimento di carattere personale.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 4 aprile 2024.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.30 alle 14.40.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Giovedì 4 aprile 2024. — Presidenza del presidente Walter RIZZETTO. – Interviene in videoconferenza il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon.

  La seduta comincia alle 14.45.

  Walter RIZZETTO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

5-02224 Barzotti: Elementi conoscitivi riguardanti l'Assegno di inclusione e il Supporto formazione lavoro.

  Davide AIELLO (M5S), in qualità di cofirmatario, illustra l'interrogazione in titolo.

  Il sottosegretario Claudio DURIGON risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

Pag. 42

  Davide AIELLO (M5S), cofirmatario dell'interrogazione, replicando, ritiene che la risposta del Governo non sia soddisfacente, facendo notare che le misure prese dal Governo non garantiscono l'inclusione delle persone, non essendo state stanziate risorse sufficienti. Evidenzia peraltro che sussistono evidenti criticità in relazione all'attuazione del Supporto formazione lavoro, dal momento che molti corsi risultano non avviati e che, in ogni caso, i partecipanti spesso non ricevono il contributo economico previsto. Manifesta profonda preoccupazione per la tenuta sociale del Paese, facendo presente che continuerà a monitorare con attenzione l'operato del Governo al riguardo.

5-02226 Fossi: Misure volte a erogare anche per l'anno 2024 la cassa integrazione in deroga per i lavoratori della Gkn.

  Emiliano FOSSI (PD-IDP) illustra la sua interrogazione.

  Il sottosegretario Claudio DURIGON risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2), facendo notare che non sussistono allo stato i requisiti giuridici per la proroga ulteriore dello specifico strumento della cassa integrazione in deroga.

  Emiliano FOSSI (PD-IDP), replicando, ritiene che la risposta del Governo non sia soddisfacente, facendo notare che andrebbero assunte iniziative di ben altro tenore, come, ad esempio, quelle volte a garantire l'applicazione della legge n. 234 del 2021 sulle delocalizzazioni, osservando che l'azienda in questione, invece, prende decisioni unilaterali che scavalcano i sindacati. Ritiene inoltre necessario avviare tavoli di confronto al fine di adottare le opportune misure volte a prorogare anche per l'anno 2024 la cassa integrazione in deroga per i lavoratori della Gkn, prevista dall'articolo 30 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, come indicato da un recente ordine del giorno approvato dalla Camere dei deputati. Evidenzia inoltre la necessità di incrementare le risorse rivolte alla crescita sostenibile delle imprese cooperative costituite da lavoratori di aziende in crisi, come previsto da una proposta emendative del suo gruppo presentata al disegno di legge C. 1532-bis, attualmente all'esame della Commissione.
  Ritiene, in conclusione, che il Governo debba intervenire con maggiore forza a tutela della continuità produttiva e occupazione della Gkn.

5-02225 Soumahoro: Iniziative finalizzate a scongiurare la chiusura dello stabilimento di Castel Maggiore della Beyers.

  Aboubakar SOUMAHORO (MISTO) illustra la sua interrogazione.

  Il sottosegretario Claudio DURIGON risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3), osservando che si è comunque ancora in una fase istruttoria che rientra nella competenza degli organismi locali. Evidenzia, peraltro, che la questione in gioco richiama anche la competenza del Ministero dello sviluppo economico.

  Aboubakar SOUMAHORO (MISTO), replicando, giudica non soddisfacente la risposta del Governo, poiché non ritiene siano state individuate misure urgenti volte a tutelare le numerose famiglie che sarebbero coinvolte nell'eventuale chiusura dello stabilimento di Castel Maggiore della Beyers. Auspica sia attivato quanto prima un tavolo di salvaguardia e siano assunte urgenti iniziative di competenza per scongiurare la chiusura dell'impresa e l'avvio di un confronto finalizzato alla salvaguardia dell'attività produttiva industriale e dell'occupazione di tale stabilimento.

5-02223 Mari: Iniziative volte a contrastare il lavoro povero.

  Francesco MARI (AVS) rinuncia ad illustrare la sua interrogazione.

Pag. 43

  Il sottosegretario Claudio DURIGON risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

  Francesco MARI (AVS), replicando, giudica non soddisfacente la risposta del Governo, ritenendo necessario porre fine ad una politica di soli annunci che testimonia la sottovalutazione della questione del cosiddetto lavoro povero da parte dell'Esecutivo. Fatto notare che i dati riportati, relativi al 2023, nell'anno corrente rischiano di aggravarsi a causa dell'eliminazione del reddito di cittadinanza, evidenzia come la povertà coinvolga in modo sempre più drammatico anche i minori, richiedendo un intervento urgente.

  La seduta termina alle 15.15.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

COMITATO RISTRETTO

Disposizioni per favorire l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e delle vittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del viso.
C. 408 Ascari, C. 510 Ubaldo Pagano, C. 786 Morgante, C. 1645 Gribaudo, C. 1683 Tenerini e C. 1747 Carfagna.