CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 novembre 2023
206.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 107

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 23 novembre 2023. — Presidenza del presidente Marco OSNATO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Federico Freni.

  La seduta comincia alle 13.35.

Schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi.
Atto n. 88.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 15 novembre 2023.

  Marco OSNATO, presidente, avverte, dando seguito a quanto segnalato dal relatore, onorevole Congedo, che appaiono necessari sull'atto in esame ulteriori approfondimenti, anche alla luce delle interlocuzioni in corso tra i gruppi.
  Fermo restando il termine del 30 novembre per l'espressione del parere, rinvia dunque il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale.
Atto n. 90.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

Pag. 108

  Marco OSNATO, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere è fissato all'8 dicembre 2023 e invita il relatore Centemero ad illustrare il contenuto del provvedimento.

  Giulio CENTEMERO (LEGA), relatore, illustra il provvedimento, che attua l'articolo 3 della legge n. 111 del 2023, il quale reca i princìpi e i criteri direttivi di delega per la riforma del sistema fiscale con riferimento agli aspetti internazionali e sovranazionali del sistema tributario.
  Le disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo contengono al Titolo I (articoli 1-7) una serie di norme in materia di fiscalità internazionale mentre al Titolo II (articoli 8-60) si trovano le disposizioni di recepimento della direttiva 2022/2523 in materia di imposizione minima globale. Il Titolo III consta dell'articolo 61, che concerne le disposizioni finanziarie, e dell'articolo 62, che disciplina l'entrata in vigore. Rinviando per una descrizione dettagliata dei contenuti dei singoli alla documentazione predisposta dagli Uffici, descrive le linee essenziali delle importanti novità previste nell'atto.
  Il Capo I del Titolo I, agli articoli 1 e 2, definisce i criteri per determinare la residenza delle persone fisiche e giuridiche ai fini fiscali. In particolare, l'articolo 1 novella le disposizioni che individuano la residenza fiscale delle persone fisiche al fine di ampliare il novero dei contribuenti Irpef. Nella specie, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti. Inoltre, viene introdotto un nuovo concetto di «domicilio» che si basa sul luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona nonché una presunzione di residenza, salvo prova contraria, per le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente. L'articolo 2 novella le disposizioni che individuano la residenza fiscale delle persone giuridiche, ai fini dell'applicazione dell'Ires, imposta sul reddito delle società. Con le modifiche introdotte, si considerano residenti in Italia – oltre alle società e agli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la propria sede legale – anche quelli aventi in Italia la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale, in luogo di riferirsi al vigente concetto di «sede dell'amministrazione» e di «oggetto principale».
  Le disposizioni del Capo II del Titolo I contengono altre disposizioni in materia di fiscalità internazionale. Si tratta di: un intervento di semplificazione in materia di società estere controllate, che contiene una modifica dell'articolo 167 del TUIR, al fine di allineare la tassazione di tali soggetti al regime dell'imposizione minima globale di cui al Titolo II (articolo 3); disciplina quadro per la fruizione di incentivi fiscali compatibili con i principi europei in materia di aiuti di Stato (articolo 4); un nuovo regime incentivante per i lavoratori impatriati (articolo 5); un incentivo fiscale per lo stabilimento in Italia di produzioni che erano state delocalizzate o che sono comunque svolte all'estero, per un importo pari al 50 per cento del reddito prodotto che non viene computato nella base imponibile dell'imposta sui redditi e dell'IRAP (articolo 6); decorrenza delle sopra indicate disposizioni (articolo 7).
  Con particolare riferimento alla nuova disciplina concernente i lavoratori impatriati di cui all'articolo 5, evidenzia che le nuove disposizioni stabiliscono la detassazione Irpef del 50 per cento dei redditi di lavoro dipendente e assimilati, nonché dei redditi di lavoro autonomo, prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, entro il limite di 600.000 euro al ricorrere di specifiche condizioni, tra cui l'alta qualificazione dei lavoratori impatriati. Le agevolazioni si applicano nel periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato e nei quattro periodi d'imposta successivi. La disposizione è limitata ai cittadini italiani iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) e, ove non siano iscritti alla stessa Anagrafe, a quelli che abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi Pag. 109di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, per il triennio di permanenza all'estero. Il nuovo regime si applica a coloro che conseguono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d'imposta 2024. Rispetto al vigente regime l'ammontare detassato è abbassato dal 70 al 50 per cento; il regime agevolato si applica solo ai redditi da lavoro dipendente e assimilati, nonché da lavoro autonomo; viene introdotto un limite di reddito pari a 600.000 euro per fruire delle predette agevolazioni; sono stabilite condizioni più stringenti per l'accesso all'agevolazione, tra cui l'elevata qualificazione dei lavoratori e un periodo più lungo di residenza fiscale all'estero nonché di permanenza in Italia dopo il rientro; non è previsto il prolungamento dell'agevolazione in specifiche situazioni familiari o patrimoniali.
  Il Titolo II ha ad oggetto il recepimento delle norme in materia di Global minimum tax di cui alla direttiva (UE) 2022/2523 e rappresenta la parte più ampia del testo dello schema di decreto legislativo (dall'articolo 8 all'articolo 60). Ritiene opportuno, con riferimento a tali disposizioni, dare un quadro generale dei principi alla base delle norme di recepimento di questa direttiva nonché del contesto internazionale in cui interviene, rinviando per gli aspetti di dettaglio della disciplina alla documentazione predisposta dagli uffici. Come è noto la direttiva si colloca nel solco dell'accordo dell'8 ottobre 2021 con il quale quasi 140 Paesi del quadro inclusivo dell'OCSE/G20 sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (Base Erosion and Profit Shifting – BEPS) sulla riforma della tassazione internazionale, nonché su un piano di attuazione dettagliato del quadro inclusivo dell'OCSE/G20 sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (Base Erosion and Profit Shifting – BEPS) hanno raggiunto un accordo sulla riforma della tassazione internazionale, nonché su un piano di attuazione dettagliato. Ricorda che la citata direttiva recepisce il secondo pilastro dell'accordo che comprende le norme volte a ridurre le possibilità di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili, attraverso l'imposizione minima effettiva, affinché i maggiori gruppi multinazionali di imprese versino un'aliquota minima di imposta pari al 15 per cento sugli utili dei gruppi stessi che hanno un determinato livello di fatturato. La direttiva determina pertanto le modalità tramite le quali i principi dell'aliquota fiscale effettiva del 15 per cento saranno applicati nell'UE a qualsiasi grande gruppo, multinazionale ma anche nazionale, presente in uno Stato membro, che abbia un fatturato consolidato di almeno 750 milioni di euro (come previsto dall'articolo 10) ad eccezione di alcuni soggetti esclusi (indicati dall'articolo 11). La direttiva deve essere recepita nelle legislazioni nazionali degli Stati membri entro la fine del 2023, di qui la tempestiva presentazione alle Camere da parte del Governo di questo specifico schema di decreto legislativo.
  Alla luce di tale quadro di riferimento, il Titolo II dello schema di decreto legislativo, ricalca il sistema di imposizione contenuto nella direttiva che si fonda su un triplice livello di imposizione, come indicato all'articolo 9: un'imposta minima integrativa, prevista dall'articolo 13, cui è assoggettata la controllante capogruppo di un gruppo multinazionale o nazionale localizzata nel territorio dello Stato italiano che, in un dato esercizio, è soggetta ad una tassazione effettiva inferiore al 15 per cento ovvero che ha detenuto, in qualsiasi momento dell'esercizio, direttamente o indirettamente partecipazioni in imprese a bassa imposizione localizzate in un altro Paese o che sono entità apolidi (secondo il principio secondo il quale l'imposta è pagata al livello più alto della catena di controllo per tutti i soggetti controllati congiuntamente considerati – ad eccezione di alcune esclusioni). Sempre in linea con le previsioni della direttiva sono previste le ipotesi nelle quali alla corresponsione dell'imposta siano tenute le partecipanti intermedie nella catena di controllo (articolo 14) e le partecipanti parzialmente possedute (articolo 15); un'imposta minima suppletiva (prevista dall'articolo 19 e disciplinata nei suoi principi fondamentali dagli articoli 20 e 21) cui sono soggette, in forma tra loro solidale e congiunta, tutte le imprese localizzate nel Pag. 110territorio dello Stato italiano, diverse dalle entità di investimento, nel caso in cui la controllante capogruppo sia localizzata in un Paese terzo che non applica una imposta minima integrativa equivalente ovvero è una entità esclusa. Tale imposta è di un importo pari all'imposizione integrativa attribuita, per l'esercizio, allo Stato italiano; un'imposta minima nazionale, che gli Stati hanno la facoltà di introdurre sulla base della direttiva, e che colpisce le imprese di un gruppo multinazionale o nazionale e le entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato assoggettate ad un livello di tassazione effettiva inferiore alla aliquota minima di imposta del 15 per cento. L'Italia ha inteso esercitare tale opzione introducendo tale imposta che è disciplinata all'articolo 18 e, che, come sottolineerò tra poco, è assolutamente essenziale ai fini della comprensione degli effetti che tale nuovo sistema di imposizione avrà nel Paese. In primo luogo, come indicato dalla relazione tecnica, l'imposta minima nazionale è l'unica imposta cui vengono prudenzialmente riconosciuti effetti di gettito. Ciò in quanto l'imposta minima integrativa (IIR) sarà effettivamente dovuta dalla controllante italiana, solo nel caso in cui gli Stati esteri in cui sono localizzate le società controllate non dovessero introdurre un'imposta minima nazionale equivalente e, sebbene sia possibile in astratto che alcuni Paesi non lo facciano, prudenzialmente non si stimano entrate, anche alla luce degli orientamenti che sono emersi a livello globale sul punto. Allo stesso modo l'imposta minima suppletiva sarebbe applicabile – e produrrebbe quindi gettito – solo alla duplice condizione che il Paese in cui si trovano imprese di un gruppo multinazionale non introduca un'imposta minima nazionale qualificata e che nel Paese della capogruppo non venga applicata l'imposta minima integrativa (IIR). In secondo luogo la scelta italiana di introdurre un'imposta minima nazionale rispettosa dei principi fissati dall'OCSE, fa sì che il gruppo multinazionale possa esercitare, con riferimento alle imprese localizzate in Italia, l'opzione del «porto sicuro» (safe harbour) prevista dall'articolo 34, comma 4, che consente di considerare pari a zero l'imposizione integrativa dovuta dal gruppo (italiano o estero) in relazione alle imprese localizzate in Italia che hanno pagato l'imposta minima nazionale. In altri termini, ritiene si tratti di una importante semplificazione perché, per effetto della suddetta opzione, si evitano i complessi calcoli previsti dalle regole ordinarie per stabilire la eventuale imposizione integrativa ancora dovuta (al netto dell'imposta minima nazionale pagata) per le imprese localizzate in Italia.
  La disciplina in questione recepisce tutte le disposizioni essenziali ai fini del calcolo sia del reddito rilevante che della tassazione effettiva da prendere in considerazione al fine di valutare se ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'imposta nonché per la determinazione dell'aliquota della stessa. Tali norme sono comuni anche ai fini della determinazione dell'aliquota dell'imposta minima nazionale. Essendo presupposto dell'imposizione integrativa l'accertamento dell'aliquota d'imposta effettiva pagata dal gruppo multinazionale (e dalle singole imprese dello stesso) e che, ai fini dell'individuazione di questa aliquota, occorre definire il reddito rilevante in capo alle imprese del gruppo e della capogruppo sulla quale calcolare la stessa, le disposizioni del Capi III (22-26), IV (27-32) e V (33-39), contengono le specifiche norme volte a determinare le modalità di calcolo del reddito o della perdita rilevante, a partire dall'utile o dalla perdita contabile netta dell'esercizio, il calcolo delle imposte rilevanti rettificate, e la determinazione dell'aliquota di imposizione effettiva. Sostanzialmente le norme in questione sono dirette a quantificare il «profitto eccedente» dei gruppi e delle singole imprese ad essi appartenenti, rettificando tale valore con riferimento ad alcuni parametri tra i quali la sussistenza di lavoratori e immobilizzazioni materiali in un determinato Paese.
  Al fine della determinazione dell'imposta minima integrativa dovuta in un esercizio da una controllante per un'impresaPag. 111 a bassa imposizione occorre far riferimento all'importo dell'imposizione integrativa ad essa attribuita relativa a tale impresa a bassa imposizione, determinata moltiplicando l'imposizione integrativa per la sua quota di attribuzione. La quota di attribuzione alla controllante dell'imposizione integrativa relativa ad un'impresa a bassa imposizione è pari, in ogni esercizio, al reddito rilevante dell'impresa a bassa imposizione ridotto dell'importo di tale reddito attribuibile a partecipazioni detenute da altri soggetti non appartenenti al medesimo gruppo, diviso per il reddito rilevante dell'impresa a bassa imposizione (ai sensi di quanto indicato dall'articolo 16).
  Alcune disposizioni specifiche sono dettate al Capo VI (articoli 40-44) per le ipotesi di riorganizzazione del perimetro aziendale del gruppo con riguardo agli effetti sull'imposizione e sull'imputazione delle modifiche intervenute nonché con riferimento ai regimi di neutralità fiscale e all'imposizione delle distribuzioni anche presunte (articoli 45-50). In tale ambito, una disciplina specifica concerne l'imputazione delle imposte alle entità trasparenti e per le entità di investimento. Per queste ultime l'articolo 48 prevede un regime di imposizione ordinario stabilendo che l'aliquota di imposizione effettiva di una entità di investimento, diversa da una entità fiscalmente trasparente o da un'impresa cui si applica il regime opzionale di cui agli articoli 49 e 50, è calcolata separatamente rispetto all'aliquota di imposizione effettiva relativa al Paese in cui la stessa è localizzata. Ciò è una importante deroga al principio generale di unitarietà del calcolo dell'aliquota d'imposta che prende in considerazione tutti i redditi rilevanti e le imposte rilevanti dei soggetti rientranti nel gruppo multinazionale. Gli articoli 49 e 50 disciplinano invece due regimi opzionali alternativi (l'opzione per trattare un'entità di investimento come una entità fiscalmente trasparente e quella per il regime della distribuzione imponibile) applicabili dalle imprese dichiaranti alle entità di investimento che derogano a quanto sopra indicato. Sono molteplici le fattispecie prese in considerazione ai fini della determinazione dell'imposta come ad esempio le ipotesi di ricalcolo della medesima quando fatti sopravvenuti comportino una rettifica delle imposte rilevanti o del reddito o perdita rilevante comporti il ricalcolo dell'aliquota di imposizione effettiva e dell'imposizione integrativa del gruppo multinazionale o nazionale per un esercizio precedente (articolo 36), con le relative deroghe (ad esempio l'esclusione de minimis di cui all'articolo 37). Quanto agli adempimenti amministrativi il più significativo, per il quale è peraltro previsto dalla direttiva un preciso obbligo sanzionatorio che gli Stati membri sono tenuti ad introdurre, è la presentazione della «comunicazione rilevante» di cui all'articolo 51, in capo ad ogni impresa localizzata nel territorio dello Stato italiano o che è un'entità trasparente costituita secondo le leggi dello Stato salvo che non vi sia un'impresa locale designata a presentarla per tutte in loro vece. La comunicazione rilevante deve contenere le informazioni relative al gruppo multinazionale o nazionale necessarie ai fini dell'applicazione della normativa sull'imposizione minima globale tra le quali, i dati identificativi delle imprese, la struttura societaria del gruppo nonché le informazioni necessarie al fine di calcolare l'aliquota di imposizione effettiva di ogni Paese nel quale è ubicata almeno un'impresa e l'importo dell'imposizione integrativa relativa a ciascuna impresa, l'allocazione dell'importo dell'imposta minima integrativa e dell'imposta minima suppletiva in relazione a ciascun Paese e l'elenco delle scelte previste dal decreto che sono state esercitate e revocate nell'esercizio a cui si riferisce la comunicazione rilevante nonché l'elenco delle scelte previste dal decreto che sono in essere per tale esercizio.
  Accanto alla comunicazione rilevante ricorda che esiste anche l'obbligo di presentare, entro il termine previsto per la comunicazione rilevante, la dichiarazione annuale relativa all'imposizione integrativa dovuta a titolo di imposta minima Pag. 112integrativa, di imposta minima suppletiva e di imposta minima nazionale. Segnala inoltre che le norme applicabili per accertamento, sanzioni, della riscossione delle imposte di nonché in materia di contenzioso, sono in quanto compatibili, quelle in materia di imposte sui redditi mentre è stata introdotta (all'articolo 59) una speciale procedura conciliativa di prevenzione delle controversie, non espressamente prevista dalla direttiva.
  In conclusione, segnala che le disposizioni relative all'imposta minima globale si applicano dagli esercizi che decorrono a partire dal 31 dicembre 2023, salvo che con riferimento all'applicazione dell'imposta minima suppletiva che si applicano dagli esercizi che decorrono a partire dal 31 dicembre 2024, tranne che nel caso in cui un Paese abbia optato per il differimento dell'applicazione dell'imposta minima integrativa equivalente e dell'imposta minima suppletiva equivalente. Sono tuttavia presenti alcune norme transitorie che prevedono specifiche deroghe rispetto alla normativa applicabile a regime. L'ultima disposizione di interesse è contenuta all'articolo 61 che prevede di destinare gli introiti stimati dall'applicazione dell'imposta minima nazionale al neo istituendo Fondo per l'attuazione della delega fiscale (al quale fa peraltro riferimento anche l'Atto del Governo n. 88 in materia di Irpef).

  Virginio MEROLA (PD-IDP) ritiene necessario svolgere sullo schema di decreto in esame, così come sull'atto del Governo n. 88, testé rinviato ad altra seduta, adeguati approfondimenti istruttori, anche mediante una opportuna attività conoscitiva.

  Marco OSNATO, presidente, prende atto di quanto rilevato dal collega Merola e rinvia la questione alla riunione dell'Ufficio di presidenza della Commissione, convocata al termine delle sedute odierne, nel corso della quale potrà essere presa in considerazione la possibilità di coordinare l'attività istruttoria della Commissione con quella in corso presso l'omologo organo del Senato.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.40.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 23 novembre 2023. — Presidenza del presidente Marco OSNATO. – Interviene il sottosegretario per l'economia e finanze, Federico Freni.

  La seduta comincia alle 13.40.

Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti.
C. 1515 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta del 10 novembre 2023.

  Marco OSNATO, presidente, comunica che sul testo è pervenuto il parere del Comitato per la Legislazione. Ricorda inoltre che venerdì 17 novembre è scaduto il termine per la presentazione di emendamenti e che sono state presentate 74 proposte emendative, che sono in distribuzione e che saranno allegate al resoconto della seduta odierna (vedi allegato).
  Avverte quindi che la Commissione avvierà nella seduta odierna le votazioni delle proposte emendative presentate.

  Il sottosegretario Federico FRENI, dando risposta alla richiesta di informazioni formulata dall'onorevole Merola nella seduta dello scorso 10 novembre, avverte che il Governo ha provveduto ad attivare la procedura di consultazione della Banca Centrale europea – in osservanza degli articoli 127, paragrafo 4, e 282, paragrafo 5, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europeaPag. 113 – sulle disposizioni rientranti nelle sue competenze, ovvero sugli articoli 20 e 21 del provvedimento. Si tratta delle norme riguardanti, rispettivamente, il risarcimento del danno per omessa vigilanza delle Autorità e la disciplina delle incompatibilità per i componenti e i dirigenti della Consob, della Banca d'Italia e dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni. Rammenta che benché si tratti di tematiche già oggetto di preventiva negoziazione con la BCE in occasione della stesura del Libro verde del MEF sulla competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita, e benché, in ogni caso, il parere della BCE su tali disposizioni, sebbene obbligatorio, non sia vincolante, il Governo ritiene opportuno attendere l'espressione del parere – del quale ha segnalato l'urgenza alla Banca Centrale Europea – prima dell'approvazione definitiva del disegno di legge da parte dell'Assemblea della Camera. Resta fermo che i lavori in Commissione possono senz'altro proseguire, considerando che eventuali modifiche al testo del provvedimento, che si rendessero necessarie a seguito del parere espresso dalla Banca Centrale europea, potranno senz'altro essere apportate da parte dell'Assemblea, non essendo intenzione del Governo porre la questione di fiducia sul provvedimento.

  Enrica ALIFANO (M5S), intervenendo sull'ordine dei lavori, evidenzia la necessità, differentemente da quanto prospettato dal Governo, che la Commissione attenda il parere della Banca Centrale Europea prima di procedere nei propri lavori, al fine di non frammentare il corso dell'esame di un provvedimento che riveste notevole rilievo e di acquisire elementi di informazione che potrebbero rivelarsi importantissimi, anche con riferimento alle disposizioni recate dall'articolo 12.

  Bruno TABACCI (PD-IDP) nel concordare con la collega Alifano, sottolinea come non vi sia alcun motivo, non trattandosi peraltro di un decreto-legge, di accelerare l'iter di esame del provvedimento, anche alla luce della dichiarazione testé resa dal rappresentante del Governo, che ha manifestato l'intenzione dell'Esecutivo di tenere conto degli eventuali rilievi formulati dalla BCE. Ritiene quindi che sia opportuno acquisire il parere della Banca Centrale Europea nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione, meritando diversi aspetti – fa riferimento in particolare ai contenuti dell'articolo 12 e al coordinamento di tali disposizioni con il successivo articolo 19, che reca una delega al Governo di più ampio respiro sulla medesima materia – adeguato approfondimento.

  Marco OSNATO, presidente, ritiene che le motivazioni addotte dal sottosegretario Freni inducano a ritenere opportuno che la Commissione prosegua senza arrestarsi nei propri lavori, visto che è stata acquisita la disponibilità del Governo a farsi carico, nel corso della successiva discussione in Assemblea, delle eventuali osservazioni formulate dalla BCE. Segnala in ogni caso che le norme oggetto di consultazione sono unicamente quelle riguardanti gli articoli 20 e 21.
  Avverte quindi che sono stati ritirati dai presentatori gli emendamenti Congedo 25.1, Matera 25.2 e De Bertoldi 25.3, con l'intenzione dei firmatari di trasformarli in ordini del giorno in Assemblea. Invita dunque il relatore Filini e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle restanti proposte emendative.

  Francesco FILINI (FDI), relatore, invita i presentatori al ritiro di tutte le proposte emendative, esprimendo altrimenti parere contrario.

  Il sottosegretario Federico FRENI, esprime parere conforme a quello del relatore.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli articoli aggiuntivi Merola 1.01 e 3.01, gli emendamenti Merola 4.1, 4.2, 4.3. 4.4, 4.5. 4.6, 4.7, 4.8 e 4.9.

  Virginio MEROLA (PD-IDP) raccomanda l'approvazione della proposta emendativa 8.1, di cui è firmatario. L'emendamento sopprime all'articolo 66-bis, comma 2, anchePag. 114 la lettera b) del Testo Unico Finanziario, la quale prevede che la Consob determini con proprio regolamento le condizioni in presenza delle quali non possono essere quotate le azioni di società controllate sottoposte all'attività di direzione e coordinamento di altra società.
  Coglie l'occasione per associarsi alle richieste avanzate dai colleghi, ritenendo più prudente attendere, prima di concludere l'esame in Commissione, il parere della BCE, anche considerato che il provvedimento in esame è un disegno di legge, e non ha quindi carattere di estrema urgenza.
  Rileva, più in generale, come la richiesta di informazioni da lui formulata in ordine alla necessità o meno di acquisire il parere della Banca centrale europea derivava dall'esigenza di garantire un iter corretto del provvedimento, posto che l'orientamento del proprio gruppo sul disegno di legge nel suo complesso era di astensione e non totalmente contrario; né lo è stato al Senato, sino a quando non è stato introdotto l'articolo 12, sul quale vi è la piena contrarietà del Partito Democratico.

  La Commissione respinge l'emendamento Merola 8.1.

  Emiliano FENU (M5S) interviene per illustrare la propria proposta emendativa 8.01, della quale raccomanda l'approvazione evidenziando che essa è volta ad assicurare una maggiore partecipazione dei lavoratori alle decisioni assembleari concernenti la remunerazione degli organi apicali, proposta già avanzata in passato dal proprio gruppo parlamentare per evitare un'eccessiva disparità di trattamento salariale tra organi apicali e dipendenti d'azienda. Rammenta come nell'immediato dopoguerra e, successivamente, negli anni del boom economico nazionale, gli emolumenti degli amministratori delle società fossero molto più vicini a quelli dei dipendenti d'azienda, rispetto a quanto non lo siano adesso. A suo avviso, infatti, il gap salariale tra organi apicali e dipendenti ha raggiunto livelli allarmanti.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, l'articolo aggiuntivo Fenu 8.01 e l'emendamento Merola 9.1.

  Enrica ALIFANO (M5S) illustra la proposta emendativa 10.1, di cui è cofirmataria. Riprendendo le motivazioni già illustrate nell'intervento del collega Merola, ribadisce la necessità di attendere l'espressione del parere della Banca Centrale Europea per concludere l'esame in Commissione. Motiva la propria proposta emendativa con la volontà di eliminare una disposizione che, di fatto, depotenzia l'attività di vigilanza della Consob, ricordando che un indebolimento delle Autorità di vigilanza è previsto anche in altre norme del disegno di legge, tra cui l'articolo 8 e l'articolo 6.

  La Commissione respinge, con distinte votazione, gli emendamenti Fenu 10.1 e 11.1.

  Toni RICCIARDI (PD-IDP), nel raccomandare l'approvazione dell'emendamento Merola 11.2, del quale è cofirmatario, coglie l'occasione per ribadire quanto già segnalato in diversi interventi che lo hanno preceduto circa la necessità di attendere il parere della BCE prima di procedere nell'esame delle proposte emendative presentate. Richiama l'attenzione dei colleghi e del rappresentante del Governo sul fatto che la situazione nella quale è posta la Commissione potrebbe paragonarsi a quella di un medico che deve operare prima di aver ricevuto l'esito di importanti analisi del paziente. Né ritiene che si possa chiedere all'opposizione – in materia di rispetto delle procedure e delle prassi parlamentari – di affidarsi tout court alle dichiarazioni di buona volontà dell'Esecutivo. Invita quindi il Governo e la Presidenza della Commissione – cui ha sempre manifestato e alla quale ribadisce pieno rispetto – a non operare eccessive forzature, sia dal punto di vista politico e istituzionale che sotto il profilo dei rapporti umani.

  Marco OSNATO, presidente, intende richiamare quanto affermato dal Governo, che ha espresso l'intenzione, qualora il parere della Banca Centrale Europea presentasse rilievi tali da richiedere la modifica del disegno di legge, di intervenire nel Pag. 115corso della discussione del provvedimento in Assemblea. Rammenta che in tale sede sarà naturalmente facoltà di tutti i deputati, sia di maggioranza che di opposizione, di presentare proposte emendative, essendo pertanto garantita la partecipazione alla definizione del testo di tutte le forze politiche.
  Ricorda nuovamente che gli articoli oggetto di consultazione della Banca Centrale Europea sono unicamente gli articoli 20 e 21 del disegno di legge.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Merola 11.2, 11.3, 11.4 e 11.5, gli identici emendamenti Merola 11.6 e Fenu 11.7, e gli emendamenti Fenu 11.8 e 11.9.

  Virginio MEROLA (PD-IDP) intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 12.1, evidenzia come le disposizioni delle quali si chiede la soppressione – relative alla presentazione delle lista da parte del consiglio di amministrazione delle società quotate in occasione del rinnovo degli organi apicali – siano state introdotte nel corso dell'esame del provvedimento da parte del Senato, determinando un notevole allarme, in quanto incidono in maniera indebita sulla governance societaria di numerose realtà italiane e pongono l'intero sistema finanziario nazionale in una condizione di debolezza sul palcoscenico internazionale.
  Evidenzia come un aspetto non secondario da tenere in considerazione riguardi il fatto che la cosiddetta lista del consiglio di amministrazione è un tema estraneo al perimetro normativo del disegno di legge, inserito, come è noto a tutti, a seguito di alcune audizioni svolte presso la Commissione Finanze del Senato. In particolare, i criteri di scelta dei soggetti convocati hanno destato forti perplessità, soprattutto per la presenza di un noto azionista che ha potuto influenzare il dibattito senza contraddittorio, essendo di fatto l'unico privato ad essere stato ascoltato in Commissione.
  Un ultimo elemento di contesto che ritiene opportuno richiamare è che, nell'ambito della negoziazione che ha condotto alla riformulazione dell'emendamento dei relatori sulla lista del consiglio di amministrazione, il Governo ha presentato un ulteriore correttivo attraverso il quale l'Esecutivo viene delegato ad adottare, entro 12 mesi a partire dall'approvazione del disegno di legge, una riforma organica della disciplina in materia di società di capitali, intervenendo sul TUF e sul Codice Civile.
  Ritiene che, come già fatto notare presso la Commissione Finanze e Tesoro dai senatori del gruppo del PD, abbia poco senso discutere il tema della lista del consiglio di amministrazione nel provvedimento in esame, essendo stato deciso nello stesso provvedimento di delegare il Governo alla definizione di una riforma di ampio respiro. Evidenzia come, a suo avviso, la soluzione proposta dal Governo appaia contraddittoria, confusa e inutilmente forzata.
  Richiama quindi i punti a suo avvisi critici del provvedimento, a partire dalle disposizioni recate dall'articolo 12. Evidenzia in proposito che il previsto quorum del consiglio di amministrazione per approvare la lista viene fissato in 2/3 e che l'istituzione di un quorum consiliare per legge, seppure più ragionevole dei 4/5, è comunque un unicum pericoloso; giudicherebbe più opportuno affidarsi all'autonomia degli statuti per normare tali aspetti. Ritiene poi che il meccanismo proporzionale sia pericoloso per il buon funzionamento della società, in quanto trasferisce dall'assemblea al consiglio la conflittualità tipica della dialettica tra soci, che al contrario non deve appartenere al funzionamento del consiglio di amministrazione. Il consiglio, come organo di governo, agisce infatti in modo collegiale, indipendente e non collegato alle aspettative di un singolo o alcuni singoli azionisti. Con le modifiche proposte si rischia di determinare una situazione che potrebbe essere paragonata a quella di una squadra di Governo che, ad elezioni politiche avvenute, dovesse includere nella sua composizione ministri in rappresentanza proporzionale di maggioranza e opposizione.
  Facendo riferimento a tali considerazioni, appaiono immediatamente evidenti le incongruenze che si registrano relativamentePag. 116 all'esame del provvedimento. È necessario premettere che si tratta di un disegno di legge che ha come focus principale le PMI e la necessità di supportarle, ma che, sia nella fase di dibattito nell'ambito del preventivo ciclo di audizioni tenute in Commissione al Senato, che in quella successiva di presentazione degli emendamenti, sempre presso l'altro ramo del Parlamento, ha oltrepassato il perimetro iniziale tracciato dall'articolato in discussione per andare a toccare, in una maniera che appare insistente ed estemporanea, alcuni temi molto delicati per il funzionamento delle società quotate.
  Il gruppo del Partito Democratico continua a ritenere che il punto più controverso e dai risvolti più preoccupanti per l'intero sistema finanziario italiano emerso in Senato sia quello relativo alla cosiddetta lista del consiglio di amministrazione. Rileva come non esista allo stato attuale una previsione di legge nell'ordinamento italiano che normi, né tantomeno vieti, il ricorso ad una prassi diffusa a livello internazionale, ed in Europa in particolare, come quella della lista del consiglio di amministrazione.
  Rileva infine che, sebbene il suo gruppo non abbia in linea di principio alcuna preclusione preventiva ad un eventuale intervento volto a colmare un vuoto legislativo su un istituto già utilizzato da numerose società che rappresentano oltre il 20 per cento della capitalizzazione di borsa, crede che il confronto su scelte cruciali che riguardano la competitività del settore finanziario del Paese dovrebbero essere successive ad un dibattito ampio, condiviso e trasparente, nell'ambito della discussione su disposizioni di delega, che il Governo stesso ha deciso di proporre. Si è invece assistito ad una discussione parlamentare nata in maniera inaspettata, pasticciata, con audizioni che a suo avviso hanno offerto uno spaccato molto parziale.
  Dedica un'ultima considerazione al fatto che il Governo, con l'articolo 12, interviene modificando le regole del gioco mentre vi è un conflitto in atto. Si tratta di un modo di procedere che personalmente ha sempre evitato nella sua carriera di sindaco e che giudica sbagliato. A ciò si accompagnano i rilievi di incostituzionalità sulla disposizione espressi in autorevoli pareri.
  Per tali motivi invita nuovamente i colleghi della maggioranza ed il Governo a riconsiderare i contenuti dell'articolo 12, evitando di affrontare in maniera improvvida un dibattito che avrebbe potuto essere maggiormente produttivo ove collocato, anziché in uno scontro in atto, nell'ambito della discussione della annunciata delega al Governo per la revisione organica della disciplina.

  Enrica ALIFANO (M5S) nel condividere quanto esposto dal collega Merola, evidenzia che l'articolo 19 del provvedimento delega il Governo a una complessiva riforma del Testo Unico Finanziario; non le appare dunque chiaro quali siano le motivazioni che inducono il Governo a introdurre disposizioni così puntuali già con l'articolo 12, mentre le sembrerebbe più opportuno meditare un intervento di tale portata nel corso dell'esercizio della delega.
  Oltre alle questioni sorte in ordine al più volte citato parere della Banca Centrale Europea, evidenzia che nel corso dell'esame parlamentare non sono stati neppure presi in considerazione i rilievi sulla compatibilità costituzionale del provvedimento rilevati nel corso delle audizioni svolte alla Camera – cita in particolare l'intervento dell'avvocato Pajno – con particolare riferimento agli articoli 3, 18, 41 e 47 della Carta fondamentale.
  Rileva che il meccanismo prefigurato dall'articolo 12 comporta non poche incoerenze, sia con riguardo alla doppia votazione dei candidati, sia per quanto attiene al cosiddetto premio di minoranza, che garantisce una quota di amministratori alla lista che ha ottenuto meno del 20 per cento dei voti. Auspica che l'esame dell'articolo avvenga in tempi più maturi e a fronte di un dibattito più adeguato.

  La Commissione respinge l'emendamento Merola 12.1.

  Bruno TABACCI (PD-IDP) nel raccomandare l'approvazione dell'emendamento 12.2, Pag. 117di cui è cofirmatario, esprime considerazioni di natura più generale sull'articolo 12, ritenendo che esso presenti così tanti aspetti controversi da far immaginare che possa comportare lunghe e costose controversie a carico di imprese e professionisti.
  Rileva altresì, come già sottolineato in precedenza dai colleghi, che le disposizioni dell'articolo in parola sembrano disporre puntualmente in ordine a uno specifico aspetto, ovvero la presentazione della lista del consiglio di amministrazione nelle società per azioni quotate, a fronte tuttavia della più generale delega alla riforma del Testo Unico Finanziario contenuta nell'articolo 19. Appare pertanto che la norma si stata introdotta nel testo del provvedimento avendo qualche obiettivo di corto respiro, tant'è che la sua applicazione è destinata a trovare applicazione non prima del 2025; immagina peraltro che il Governo nel frattempo avrà valutato, sulla base della delega di cui dispone, il da farsi, anche considerando che non vi sarà della disposizione una sperimentazione diretta.
  Rammenta inoltre le perplessità relative alla compatibilità costituzionale delle citate disposizioni, innanzitutto con riferimento al principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Carta costituzionale, considerato che si dispone un trattamento diseguale per l'accesso e per i poteri dei membri del consiglio di amministrazione, che sono posti dalle norme su un piano di uguaglianza. Evidenzia le criticità delle disposizioni anche sotto il profilo della ragionevolezza, poiché di introduce una soglia di sbarramento, che privilegia la minoranza rispetto alla maggioranza. Il cosiddetto premio di minoranza rischia di compromettere il funzionamento societario, in particolare nei sottocomitati societari – organi di garanzia aventi specifiche competenze, quali, per esempio, le decisioni sulle partecipazioni e sugli emolumenti – con il rischio di consegnare troppi processi decisionali alle minoranze. Tale soluzione appare, a suo avviso, irragionevole e totalmente sbagliata.
  Si tratta di una serie di previsioni che, anche alla luce della futura delega e del percorso normativo da compiere, appaiono particolarmente preoccupanti.
  Esprime inoltre perplessità sul meccanismo del cosiddetto doppio voto previsto dalla norma, per cui l'assemblea si pronuncia dapprima sulle liste e poi sui singoli candidati da essa tratti; non appare chiaro, anzitutto, quali soggetti debbano esprimere il voto, in ciascuna delle due procedure ed evidenzia, in secondo luogo, come tale procedura rischi di produrre una generale ingovernabilità societaria.
  Rileva come si sia, in sintesi, di fronte ad una serie di previsioni che intervengono malamente su una materia di estrema complessità e delicatezza, rispetto alla quale ci si dovrebbe rimettere agli statuti, limitandosi a dettare regole di natura generale.
  Sotto un diverso profilo, rileva che le soluzioni adottate dall'Esecutivo non sono in continuità con quanto prefigurato dal precedente Governo in ordine alla complessiva riforma del mercato dei capitali in Italia. Esprime inoltre perplessità sulla timidezza manifestata della Consob, autorità di vigilanza dei mercati finanziari, che sebbene consultata, ha mancato a suo avviso di illustrare al Parlamento i concreti effetti della riforma.
  Stigmatizza infine le procedure frettolose che hanno condotto a introdurre nel provvedimento una norma pericolosa, alla quale è fermamente contrario, in un provvedimento sul quale, altrimenti, il proprio gruppo politico avrebbe manifestato orientamenti nel complesso favorevoli, astenendosi in sede di votazioni.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Merola 12.2, Fenu 12.3, Merola 12.4, Alifano 12.5, Fenu 12.6, Merola 12.7, Tabacci 12.8 e 12.9, Fenu 12.10, Lovecchio 12.11, Raffa 12.12, Merola 12.13, Fenu 12.14 e 12.15, Alifano 12.16, Fenu 12.17, Alifano 12.18, Merola 12.19, 13.1, 13.2 e 13.3, Fenu 13.4, 14.1, 14.2 e 14.3 e Merola 16.1.

  Virginio MEROLA (PD-IDP) illustra la proposta emendativa 19.1, di cui è firmatario, evidenziandone la finalità di allargare quanto più possibile il novero dei Pag. 118soggetti consultati per l'esercizio della delega alla riforma dei mercati finanziari, garantendo la massima partecipazione e la pubblica consultazione, secondo gli orientamenti espressi nel Libro Verde.

  La Commissione respinge l'emendamento Merola 19.1.

  Enrica ALIFANO (M5S) interviene per illustrare il proprio emendamento 19.2, evidenziando l'intento del proprio gruppo di assicurare maggiore trasparenza in seno alla riforma dei mercati finanziari, a fronte del depotenziamento delle Autorità di vigilanza previsto dal provvedimento in esame. Tale esigenza di trasparenza si accompagna a quelle già espresse negli altri emendamenti del proprio gruppo parlamentare: avvicinare i piccoli azionisti ai consigli di amministrazione, garantire più democraticità nel consiglio di amministrazione medesimo, facilitare i piccoli risparmiatori nella conoscenza dei prospetti.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Alifano 19.2 e 19.3 e Merola 19.4.

  Emiliano FENU (M5S) interviene per illustrare la propria proposta emendativa 19.5, che si inserisce nel solco delle proposte emendative all'articolo 12, con riferimento tuttavia alla delega alla riforma del Testo Unico Finanziario. L'emendamento, nella sua prima parte, risponde a esigenze di trasparenza nella formazione della lista del consiglio di amministrazione; con la seconda parte si prevede che almeno la metà dei candidati presenti nella predetta lista siano scelti tra soggetti diversi dagli amministratori stessi, e che non possano essere inclusi nella lista coloro che abbiano ricoperto il medesimo incarico per nove o più anni consecutivi, allo scopo di garantire un adeguato ricambio.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Fenu 19.5 e Merola 19.6.

  Enrica ALIFANO (M5S) interviene per illustrare il proprio emendamento 19.7, volto a colmare il gap retributivo tra organi apicali e dipendenti della società.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Alifano 19.7, Lovecchio 19.8, 19.9 e 19.10, Raffa 19.11, Merola 19.12, Raffa 19.13, Merola 20.1, Fenu 21.1 e 21.2, Alifano 21.3 e 21.4, Fenu 21.5 e Merola 23.1.

  Marco OSNATO, presidente, dichiara conclusa la votazione delle proposte emendative. Avverte quindi che il testo del provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni competenti in sede consultiva ai fini dell'espressione del prescritto parere.
  Rinvia dunque l'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 23 novembre 2023.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.40 alle 14.45.