CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 30 ottobre 2023
191.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 17

SEDE CONSULTIVA

  Lunedì 30 ottobre 2023. — Presidenza del presidente Ciro MASCHIO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove.

  La seduta comincia alle 14.20.

DL 123/2023: Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale.
C. 1517 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Giandonato LA SALANDRA (FDI), relatore, fa presente che il testo del decreto-legge, inizialmente composto da 16 articoli, a seguito dell'esame da parte del Senato è ora composto da 25 articoli.
  Il provvedimento è suddiviso in 4 Capi: il Capo I (articoli da 1 a 2) prevede interventi infrastrutturali nel territorio di Caivano; il Capo II (articoli da 3 a 9) introduce disposizioni in materia di sicurezza e di prevenzione della criminalità minorile; il Capo III (articoli da 10 a 12) reca misure in materia di offerta educativa; e il Capo IV (articoli da 13 a 16) prevede disposizioni per la sicurezza dei minori in ambito digitale.
  Precisa che la presente relazione si sofferma quindi sui contenuti del provvedimento che riguardano aspetti di interesse della Commissione Giustizia, ed in particolare sulle disposizioni del Capo II, rinviando invece alla documentazione predispostaPag. 18 dagli uffici l'illustrazione complessiva del testo.
  In primo luogo, segnala l'articolo 3, che interviene sulla disciplina di alcune misure di prevenzione a tutela della sicurezza pubblica e della sicurezza delle città.
  Più nel dettaglio, il comma 1, lettera a), riscrive l'articolo 10, comma 4, del decreto-legge n. 14 del 2017 (recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città), eliminando la procedura di convalida da parte dell'autorità giudiziaria per l'ipotesi «aggravata» di misura del divieto di accesso a determinati luoghi a tutela del decoro urbano e della sicurezza (D.A.C.U.R.) e chiarendo l'applicabilità della misura di prevenzione anche ai minorenni ultraquattordicenni.
  Nel caso di applicazione a soggetto minore di età il provvedimento deve essere notificato a coloro che esercitano la responsabilità genitoriale e comunicato al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni competente.
  La lettera b) interviene invece sull'articolo 13 del citato decreto-legge n. 14 del 2017 per ampliare l'ambito di applicazione della misura del divieto di accesso previsto per contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti all'interno o in prossimità di locali pubblici o aperti al pubblico e di pubblici esercizi, che viene esteso a tutti i possibili luoghi di spaccio (scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, pubblici esercizi) ed applicato per un catalogo di reati presupposto più esteso, compresi i delitti di cui all'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti (n. 1).
  Per quanto concerne le prescrizioni aggiuntive contemplate dal comma 3 dell'articolo 13, si prevede che le stesse siano applicabili quando ricorrano specifiche ragioni di pericolosità. Resta ferma, per entrambi i provvedimenti, la procedura di convalida da parte dell'Autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 8 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (n. 2).
  Viene quindi aumentata la pena per la violazione della misura, prevedendola reclusione da uno a tre anni e la multa da 10.000 a 24.000 euro (n. 3).
  Infine, la novella prevede che se sono commessi reati di spaccio, la sospensione condizionale della pena può essere concessa solo se accompagnata dal divieto di accedere in locali pubblici o pubblici esercizi specificamente individuati.
  La lettera c) del comma 1 apporta una serie di modifiche all'articolo 13-bis del citato decreto-legge n. 14 del 2017, per ampliare l'ambito di applicazione del divieto di accesso ai pubblici esercizi ovvero ai locali di pubblico trattenimento, sia per quanto riguarda i reati presupposto (tra i quali vengono ricompresi i delitti di violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale), sia consentendo l'applicazione della misura anche a fronte dell'applicazione di misure cautelari coercitive, senza attendere la condanna; la durata della misura viene inoltre estesa (da sei mesi a due anni) e la pena in caso di violazione della misura viene inasprita (da uno a tre anni e multa da 10.000 a 24.000 euro).
  Il comma 2 modifica la struttura e la disciplina della misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio, disciplinato dall'articolo 2 del c.d. codice antimafia consentendone l'applicazione quando il soggetto pericoloso si trovi in un comune diverso dai luoghi di residenza o di dimora abituale e fissando in 48 ore il termine entro il quale il destinatario della misura dovrà lasciare il territorio comunale. In terzo luogo, ai destinatari della misura viene inibito di rientrare, senza preventiva autorizzazione, nel comune dal quale sono stati allontanati per minimo sei mesi e massimo 4 anni. Anche in questo caso la pena prevista per la violazione della misura è inasprita (la fattispecie penale assume carattere delittuoso e non più contravvenzionale).
  Il comma 2-bis stabilisce che le guardie particolari giurate debbano comunicare senza ritardo ai servizi di emergenza sanitaria le segnalazioni ricevute relative a situazioni di pericolo per la salute di una persona all'interno o all'esterno della propria abitazione.
  Il comma 2-ter aumenta la sanzione amministrativa prevista per la violazione dell'obbligo di comunicare, entro 48 ore, Pag. 19all'autorità di pubblica sicurezza le generalità di chiunque, straniero o apolide, sia ospitato in immobili siti in Italia: la sanzione attuale – del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro – viene elevata nel pagamento di una somma da 500 a 3.500 euro.
  L'articolo 4 prevede inasprimenti delle pene per i reati di porto abusivo di armi o strumenti atti ad offendere e di porto abusivo di armi per le quali non è ammessa licenza, nonché per i reati di lieve entità relativi alla produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.
  In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 4 della legge n. 110 del 1975 («Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi») al fine di aumentare le pene nei confronti di: coloro che portano armi od oggetti atti ad offendere fuori della propria abitazione o delle relative pertinenze, senza le autorizzazioni prescritte o senza giustificato motivo (arresto da uno a 3 anni); coloro che, pur muniti di porto d'armi, violano la norma che impedisce loro di portare armi nelle riunioni pubbliche (arresto da 2 a 4 anni); coloro che portano in una riunione pubblica uno strumento atto ad offendere (arresto da uno a tre anni e ammenda da 2.000 a 20.000 euro).
  Il comma 1-bis introduce nella legge sulle armi il nuovo delitto di porto di armi per cui non è ammessa licenza punito con la reclusione da 1 a 3 anni: la fattispecie, per la quale sono previste anche specifiche aggravanti, riguarda chiunque, fuori dalla propria abitazione o delle appartenenze di essa, porta un'arma per cui non è ammessa licenza (nuovo articolo 4-bis della legge n. 110 del 1975); in conseguenza di questo intervento. Per ragioni di coordinamento, il comma 2 abroga l'attuale previsione dell'articolo 699, secondo comma, del codice penale, che riguarda la stessa fattispecie materiale.
  Il comma 2-bis interviene sull'articolo 381 del codice di procedura penale inserendo nel catalogo dei reati per i quali è possibile l'arresto in flagranza anche il nuovo delitto di porto d'armi per cui non è ammessa licenza.
  Analogamente, il comma 2-ter prevede anche per questo delitto l'applicazione di una aggravante quanto il fatto è commesso da soggetto sottoposto con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale (viene a tal fine modificato l'articolo 71 del c.d. Codice antimafia).
  Il comma 2-quater introduce nel codice penale, all'articolo 421-bis, tra i delitti contro l'ordine pubblico, il nuovo reato di pubblica intimidazione con uso di armi. In base al nuovo delitto, se il fatto non costituisce più grave reato, è punito con la reclusione da 3 a 8 anni chiunque fa esplodere colpi di arma da fuoco o fa scoppiare bombe o altri ordigni o materie esplodenti per incutere pubblico timore o suscitare tumulto o pubblico disordine o attentare alla sicurezza pubblica.
  Per coordinamento, il comma 2-quinquies abroga l'articolo 6 della legge n. 895 del 1967, che disciplina un'analoga condotta e il comma 2-sexies inserisce la nuova fattispecie penale nel catalogo dei delitti previsto dall'articolo 4 del Codice antimafia, al fine di consentire l'applicazione di misure di prevenzione personali anche a coloro che siano stati condannati per uno dei suddetti delitti.
  Il comma 3, modificando l'articolo 73, comma 5, del T.U. sugli stupefacenti aumenta da quattro a cinque anni la pena massima della reclusione per i reati «di lieve entità» relativi alla produzione, al traffico e alla detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope. L'innalzamento di pena consentirà l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere.
  Con una modifica introdotta dal Senato, inoltre, si è stabilito che chiunque commette uno dei fatti di lieve entità è punito con la pena della reclusione da 18 mesi a 5 anni e della multa da 2.500 a 10.239 euro, quando la condotta assuma caratteri di non occasionalità, in tal modo prevedendosi un innalzamento del minimo edittale rispetto all'ipotesi base (nel quale il minimo edittale è pari a sei mesi).
  Il comma 3-bis modifica l'articolo 85-bis del T.U. sugli stupefacenti per consentire, Pag. 20anche per le ipotesi di lieve entità di cui all'articolo 73, comma 5, la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.
  L'articolo 5, modificando il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, reca disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile.
  Un primo novero di previsioni, contenute nel comma 1, concerne l'avviso orale, del quale si amplia l'ambito soggettivo di applicazione, includendovi i minori che abbiano compiuto il quattordicesimo anno d'età: ai fini dell'avviso orale il questore dovrà convocare il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale e dovrà comunicare la misura al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.
  Una seconda previsione – comunque connessa a quella relativa all'avviso orale – concerne il divieto di possesso e utilizzo di una serie di oggetti potenzialmente strumentali alla commissione di atti di violenza, del quale si amplia del pari l'ambito soggettivo di applicazione, includendovi, nel caso il questore ritenga di imporlo, i minori che abbiano compiuto il quattordicesimo anno d'età, se destinatari di un avviso orale e definitivamente condannati per delitti non colposi. Quando il provvedimento di divieto di utilizzo e possesso di siffatti strumenti è emesso nei confronti di un minorenne, è opponibile davanti al tribunale dei minorenni.
  Ulteriori misure riguardano il c.d. divieto di cellulare o di internet: facendo seguito alla sentenza n. 2 del 2023, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della disposizione che consente al questore, con l'avviso orale, di imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi «apparato di comunicazione radiotrasmittente» (per contrasto con l'articolo 15 della Costituzione), l'articolo 5 del decreto-legge riscrive i commi da 6-bis a 6-quater dell'articolo 3 del Codice antimafia da un lato ampliando ai minori ultra-quattordicenni l'ambito di applicazione del divieto, dall'altro procedimentalizzano la sua irrogazione (a qualsiasi soggetto, anche non minore) ponendola in capo all'autorità giudiziaria e non più al questore.
  Il divieto di cui qui specificamente si tratta – che permane connesso all'avviso orale, del quale «rafforza» gli effetti – può avere un duplice contenuto: divieto di utilizzare, in tutto o in parte, piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati; divieto di possedere o utilizzare telefoni cellulari, altri dispositivi per le comunicazioni dati e voce o qualsiasi altro apparato di comunicazione radio trasmittente.
  Il divieto concerne il possesso o utilizzo di strumenti, qualora essi siano stati impiegati per la realizzazione e divulgazione delle condotte che hanno determinato l'avviso orale. L'avviso orale permane dunque l'atto presupposto perché il divieto possa essere imposto.
  Sono al contempo necessarie alcune altre condizioni, ossia che il destinatario dell'avviso orale risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, per uno o più delitti: contro la persona; o contro il patrimonio; o inerenti alle armi; o inerenti alle sostanze stupefacenti. Qualora si verifichino le condizioni sopra ricordate, il questore può proporre l'applicazione del divieto, al tribunale dei minorenni.
  Al destinatario dell'avviso orale è data notizia della facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice competente per l'applicazione del divieto – il quale delibera sentito il pubblico ministero. Il giudice provvede, con decreto motivato, entro trenta giorni dal deposito della proposta. Il suo eventuale rigetto non ha effetto sull'avviso orale emesso dal questore.
  Il divieto è disposto dal giudice per una durata non superiore a due anni. La disposizione del divieto si accompagna all'individuazione di modalità applicative compatibiliPag. 21 con le esigenze di salute, famiglia, lavoro o studio del destinatario del provvedimento. Avverso il decreto motivato è proponibile il ricorso per cassazione. Il ricorso non sospende l'esecuzione del decreto.
  La sanzione in caso di violazione del divieto consiste nella reclusione da uno a tre anni e multa da 1.549 a 5.164 euro.
  I commi 2, 3, 3-bis e 4 prevedono l'estensione dell'applicazione dell'ammonimento, quale finora previsto per gli atti persecutori (cd. stalking), ai minori ultra-quattordicenni che si siano resi responsabili di taluni atti di violenza nei confronti di altro minorenne. Ai fini dell'ammonimento il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale; il provvedimento di ammonimento deve essere comunicato al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.
  Il medesimo ammonimento, ai sensi dei commi 5, 6 e 7, diviene applicabile altresì per i minori infraquattordicenni – ma almeno dodicenni – in caso di violenze di significativa portata, vale a dire qualora il fatto commesso da tali minori sia configurato dalla legge come delitto punito con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. In questa ultima ipotesi di ammonimento, il comma 8 prevede anche l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (da 200 a 1.000 euro) nei confronti del «soggetto tenuto alla sorveglianza del minore o all'assolvimento degli obblighi educativi»; la sanzione è irrogata dal prefetto (comma 9).
  L'articolo 6 interviene sulla disciplina del processo penale minorile, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988.
  In particolare, la disposizione in commento, dopo aver precisato che, in ogni stato e grado del procedimento, l'autorità giudiziaria può avvalersi del Servizio sanitario nazionale (comma 1, lettera 0a), interviene alla lettera a) sull'istituto dell'accompagnamento a seguito di flagranza per ampliarne l'ambito di applicazione.
  La lettera b) novella l'articolo 19, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 448, riducendo da 5 a 4 anni il limite edittale previsto per l'applicazione delle misure cautelari diverse dalla custodia cautelare, e tenendo conto della diminuente della minore età anche per i delitti di cui all'articolo 73, comma 5, del TU stupefacenti, attualmente esclusi (lettera b-bis)).
  La lettera b-ter), intervenendo sull'articolo 22 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 448 sopprime il limite massimo di un mese per la durata della misura della custodia cautelare, disposta a seguito delle gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni derivanti dalla misura del collocamento in comunità disciplinata dal medesimo articolo 22, e riduce da 5 a 4 anni il limite edittale per l'applicazione della custodia cautelare, nell'ipotesi di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni connesse alla predetta misura del collocamento in comunità.
  La lettera b-quater) prevede inoltre che il giudice, su richiesta del pubblico ministero, possa disporre la sostituzione della misura del collocamento in comunità con quella della custodia cautelare, nei casi consentiti dall'articolo 23 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica.
  La lettera c) apporta modifiche, infine, all'articolo 23 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 448, che disciplina le ipotesi di applicazione della custodia cautelare da un lato abbassando da 9 a 6 anni la soglia edittale che consente di applicare la misura detentiva, e, dall'altro, ampliando il catalogo di reati per i quali è applicabile la custodia cautelare. La disposizione inoltre interviene sui termini di durata massima della custodia cautelare, che per i minorenni sono attualmente ridotti della metà per i reati commessi da minori degli anni diciotto e dei due terzi per quelli commessi da minori degli anni sedici. La durata massima dei citati termini di custodia cautelare, viene mantenuta «attenuata» rispetto ai maggiorenni, ma la riduzione diviene di un terzo per i reati commessi da minori degli anni diciotto e della metà per quelli commessi da minori Pag. 22degli anni sedici. Il Senato ha inoltre introdotto la lettera c-bis) per modificare l'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988 ed escludere la possibilità di accedere all'istituto della sospensione del processo con messa alla prova per una serie di reati di particolare gravità.
  L'articolo 7 prevede, al comma 1, che quando, durante le indagini nell'ambito di procedimenti per reati di associazione di stampo mafioso (articolo 416-bis c.p.) o finalizzata al traffico di droga (articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), emerge una situazione di pregiudizio che interessa un minore, il pubblico ministero che procede deve informare il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, per le eventuali iniziative di competenza in materia di potestà genitoriale (ex articolo 336 c.c.).
  Il comma 1-bis, introdotto dal Senato, interviene sul primo comma dell'articolo 609-decies del codice penale, al solo fine di sostituire il riferimento al tribunale per i minorenni con il riferimento al Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni come destinatario della notizia che si procede per taluno dei delitti previsti dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies del medesimo codice commessi in danno di minorenni, ovvero per il delitto previsto dall'articolo 609-quater o per i delitti previsti dagli articoli 572 e 612-bis, se commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore.
  L'articolo 8 introduce ulteriori modifiche al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, già oggetto dell'articolo 6, prevedendo, nel caso di reati non gravi, la definizione anticipata del procedimento con sentenza di non luogo a procedere ed estinzione del reato nel caso di esito positivo di un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale del minore
  In particolare, il comma 1 lettera b), introduce l'articolo 27-bis (Percorso di rieducazione del minore) con il quale si prevede che durante le indagini preliminari, nel caso di reati puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a cinque anni, o con la pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena detentiva, se i fatti non rivestono particolare gravità, il pubblico ministero possa notificare al minore e all'esercente la responsabilità genitoriale istanza di definizione anticipata del procedimento subordinata alla condizione che il minore acceda a un percorso di reinserimento e di rieducazione civica e sociale. Detto percorso prevede, sentiti i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia e compatibilmente con la legislazione sul lavoro minorile, lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti del terzo settore o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza, per un periodo compreso da uno a otto mesi.
  Il comma 2 dispone nel senso che il programma del percorso rieducativo, redatto in collaborazione anche con i servizi dell'amministrazione della giustizia, sia depositato da parte dell'indagato o del suo difensore entro sessanta giorni dalla notifica della proposta del pubblico ministero, il quale lo trasmette al giudice.
  Il comma 3 prevede che il giudice, sentito l'imputato e l'esercente la responsabilità genitoriale, valutata la congruità del percorso di reinserimento e rieducazione, delibera l'ammissione del minore al percorso con ordinanza con la quale sono altresì stabiliti la durata del percorso e la relativa sospensione del procedimento Inoltre, durante tale periodo è altresì sospeso il corso della prescrizione.
  Ai sensi del comma 4, in caso di interruzione o mancata adesione al percorso i servizi minorili informano il giudice, che fissa l'udienza in camera di consiglio e, sentite le parti, adotta i provvedimenti conseguenti.
  Nei casi di rifiuto o di interruzione ingiustificata del percorso da parte del minore il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, che può procedere con richiesta di giudizio immediato anche fuori dai casi previsti (articolo 453 c.p.p.). Inoltre, si specifica che l'ingiustificata interruzione è valutata nel caso di una successiva Pag. 23istanza di sospensione del processo con messa alla prova (comma 5).
  Nel caso di esito positivo del percorso, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere dichiarando l'estinzione del reato, mentre invece nel caso di esito negativo restituisce gli atti al pubblico ministero, che può procedere con richiesta di giudizio immediato anche fuori dai casi previsti (articolo 453 c.p.p.), (comma 6).
  L'articolo 9 modifica il decreto legislativo n. 121 del 2018 che disciplina l'esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni.
  La novella introduce un ulteriore articolo nel Capo III del citato decreto legislativo n. 121 del 2018, segnatamente dopo l'articolo 10, relativo all'estensione dell'ambito di esecuzione delle pene secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni, cui il nuovo articolo risulta strettamente collegato.
  Il nuovo articolo 10-bis, rubricato Trasferimento presso un istituto penitenziario per adulti, introduce la possibilità di trasferire in un istituto carcerario per adulti il detenuto che abbia compiuto i 21 anni di età e stia scontando in un istituto per minorenni una pena per reati commessi prima del compimento della maggiore età, la cui condotta sia incompatibile con le esigenze di ordine e sicurezza all'interno dell'istituto minorile.
  In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 10-bis identifica tale condotta con uno delle seguenti tipologie di atti: tenere comportamenti che compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti; fare uso di violenza e minaccia per impedire le attività degli altri detenuti; avvalersi dello stato di soggezione ingenerato negli altri detenuti.
  Il comma 2 estende la possibilità di trasferimento anche ai detenuti che hanno compiuto i 18 anni di età, ma in tal caso si richiede che sussistano tutte e tre le tipologie di comportamento.
  La richiesta di trasferimento viene avanzata dal direttore dell'istituto al magistrato di sorveglianza per i minorenni, mentre l'individuazione del carcere più idoneo nel quale trasferire il detenuto è demandata al Dipartimento della amministrazione penitenziaria.
  Il comma 3 prevede che il magistrato di sorveglianza può concedere oppure negare il nulla osta al trasferimento presso l'istituto indicato dal DAP, ove sussistano comprovate ragioni di sicurezza, anche riguardanti lo stesso detenuto
  Per i profili che involgono la competenza della Commissione giustizia, merita un richiamo anche il contenuto dell'articolo 12 che reca disposizioni per il rafforzamento del rispetto dell'obbligo di istruzione.
  L'articolo, al comma 01, introdotto al Senato, sostituisce integralmente l'articolo 114 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, dettando una nuova disciplina in relazione all'esercizio dei poteri dei sindaci e dei dirigenti scolastici, ai fini della vigilanza sull'adempimento dell'obbligo di istruzione.
  Il nuovo articolo 114 dispone, al comma 5, che, in caso di violazione dell'obbligo di istruzione, il sindaco procede ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale, il quale disciplina la denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio, se la persona responsabile dell'adempimento dell'obbligo, previamente ammonita, non provi di procurare altrimenti l'istruzione degli obbligati o non giustifichi con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, la mancata iscrizione del minore presso una scuola del sistema nazionale di istruzione o non ve lo presenti entro una settimana dall'ammonizione.
  Parimenti il sindaco procede ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale in caso di mancata frequenza di almeno un quarto del monte ore annuale personalizzato senza giustificati motivi.
  I commi da 1 a 3 dell'articolo 12 modificano il codice penale in materia di reato di inosservanza dell'obbligo dell'istruzione dei minori, trasformando il predetto reato da contravvenzione in delitto, con conseguente inasprimento del trattamento sanzionatorio.
  Il comma 1, prevede l'inserimento nel codice penale dell'articolo 570-ter, concernentePag. 24 il delitto di inosservanza dell'obbligo dell'istruzione dei minori.
  In virtù del primo comma il responsabile dell'adempimento dell'obbligo scolastico che non abbia iscritto il minore all'inizio dell'anno scolastico, e che, ammonito dal sindaco ai sensi dell'articolo 114, comma 1, del decreto legislativo n. 297 del 1994 (il riferimento è alla versione novellata di tale articolo introdotta dal provvedimento in esame) non prova di procurare in altro modo l'istruzione del minore, non giustifica la mancata iscrizione del minore presso una scuola del sistema nazionale di istruzione con motivi di salute o altro grave impedimento o non presenta il minore a scuola entro una settimana, è punito con la reclusione fino a due anni.
  Ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 570-ter il responsabile dell'adempimento dell'obbligo d'istruzione che, ammonito dal sindaco ai sensi del medesimo articolo 114, comma 4, del decreto legislativo n. 297 del 1994, per assenze ingiustificate durante il corso dell'anno scolastico tali da costituire elusione dell'obbligo d'istruzione, non prova di procurare altrimenti l'istruzione del minore, non giustifica l'assenza del minore con motivi di salute o altro grave impedimento o non presenta il minore a scuola entro una settimana, è punito con la reclusione fino a un anno.
  Il comma 2 della disposizione in esame prevede che il pubblico ministero quando acquisisce la notizia dei reati di cui all'articolo 570-ter c.p. ne informi senza ritardo il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, per le eventuali iniziative di competenza ai sensi dell'articolo 336 del codice civile che attribuisce al pubblico ministero la legittimazione ad agire per ottenere l'adozione dei provvedimenti a tutela del minore previsti dagli articoli n. 300 e successivi fra cui l'allontanamento del minore dalla casa familiare e la decadenza dalla responsabilità genitoriale
  Il comma 3 prevede, conseguentemente all'introduzione dell'articolo 570-ter prevista dal comma 1, l'abrogazione dell'articolo 731 c.p. concernente la contravvenzione di inosservanza dell'obbligo scolastico.
  Il comma 4 modifica alcune disposizioni del decreto-legge n. 48 del 2023, in materia di assegno di inclusione, introducendo un'ulteriore ipotesi di sospensione del beneficio conseguente a condanna definitiva per il delitto di inosservanza dell'obbligo di istruzione dei minori (introdotto dal comma 1 dell'articolo in commento), fino alla ripresa della regolare frequenza scolastica del minore, documentata con certificazione rilasciata dal dirigente scolastico o, in mancanza, per un periodo di due anni.
  Ciò premesso, preannuncia la presentazione di una proposta di parere favorevole sul decreto-legge in esame.

  Valentina D'ORSO (M5S) esprime perplessità in ordine ai criteri utilizzati per l'assegnazione del provvedimento in sede referente. Osserva infatti che il decreto-legge, che contiene numerose disposizioni di competenza della Commissione Giustizia, è stato assegnato in sede referente soltanto alla Commissione Affari Costituzionali mentre al Senato è stato esaminato congiuntamente dalla I e dalla II Commissione.
  Sottolinea come il provvedimento tratta temi importanti e delicati, dal fenomeno della criminalità minorile al processo penale minorile, che certamente non riguardano la sola realtà del comune di Caivano, dal quale il decreto-legge trae la sua denominazione nel linguaggio mediatico.
  Rammenta, inoltre, che, nel corso dell'esame del provvedimento in materia di contrasto al bullismo, la Commissione fece la scelta condivisa di non intervenire sui profili penalistici relativi a tale fenomeno, per rinviarne la trattazione in un altro provvedimento.
  Il decreto-legge in discussione avrebbe potuto rappresentare l'occasione giusta per trattare tali profili.
  Esprime, quindi, il proprio rammarico nel constatare come la Commissione giustizia sia stata estromessa dal dibattito di merito su questo provvedimento. A suo avviso, il contributo trasversale che la Commissione avrebbe potuto offrire sarebbe infatti stato prezioso, avendo già intrapreso un dibattito su molti istituti – quali ad esempio quello dell'ammonimento del questorePag. 25 e quello della confisca degli strumenti informatici – già nel corso dell'esame del provvedimento in materia di bullismo.
  Stigmatizza inoltre il metodo di lavoro utilizzato che impedisce di fatto alla Camera di svolgere efficacemente l'attività emendativa sul provvedimento, ed in particolare trova imbarazzante il limitato tempo a disposizione dei commissari per svolgere un dibattito costruttivo sui contenuti del decreto-legge.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) critica la scelta della Presidenza della Camera di assegnare il decreto-legge in sede referente esclusivamente alla Commissione affari costituzionali, rilevando come lo stesso tocchi, oltre ad altre tematiche, gli aspetti del diritto sostanziale penale minorile e quelli del diritto penale procedurale minorile. Ritiene pertanto del tutto evidente che l'esame del provvedimento sia di competenza, come già avvenuto presso l'altro ramo del Parlamento, anche della Commissione giustizia.
  A suo avviso tale decisione è stata dettata soltanto da ragioni di speditezza dell'esame che tuttavia non possono essere condivise.
  Fa presente di aver inviato una lettera alla presidenza della Commissione per chiedere di trasmettere al Presidente della Camera la richiesta urgente di nuova assegnazione. Qualora tale richiesta non dovesse essere accolta, ribadisce le riserve del suo gruppo in merito all'assegnazione in sede referente del provvedimento alla sola I Commissione.

  Ciro MASCHIO, presidente, precisa che l'assegnazione delle proposte di legge è prerogativa esclusiva del Presidente della Camera e che, ai sensi dell'articolo 72 del Regolamento, è alla Presidenza che, eventualmente, la Commissione possono avanzare tale richiesta, ove vi sia un orientamento prevalente in tal senso. La questione dovrebbe pertanto essere affrontata in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, e solo ove emergesse un orientamento largamente condiviso, che al momento non ha avuto modo di riscontrare, si potrebbe rivolgere la richiesta alla Presidenza della Camera.
  Quanto al merito della richiesta, osserva che il decreto-legge è un provvedimento intersettoriale, a carattere ordinamentale, che coinvolge numerose Commissioni in misura significativa ma certamente, in misura prevalente, la I Commissione
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.35.

SEDE REFERENTE

  Lunedì 30 ottobre 2023. — Presidenza del presidente Ciro MASCHIO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove.

  La seduta comincia alle 14.35.

Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione.
C. 893 Pittalis, C. 745 Enrico Costa, C. 1036 Maschio e C. 1380 Bisa.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 25 ottobre 2023.

  Ciro MASCHIO, presidente, ricorda che il provvedimento figura nel calendario dell'Assemblea a partire da lunedì 6 novembre e che, con riguardo al testo base adottato nella seduta del 28 settembre 2023, alla scadenza del termine sono state presentate 66 proposte emendative.
  Comunica che gli emendamenti Varchi 1.22, 1.39 del relatore Costa e 2.1 D'Alessio sono stati ritirati prima dell'avvio della seduta.
  Ricorda altresì che i relatori, onorevoli Enrico Costa e Pellicini, successivamente alla scadenza del termine, hanno presentato l'emendamento 1.57 dei Relatori. Su di esso sono stati presentati 26 subemendamenti (vedi allegato 1).
  Con riguardo al regime di ammissibilità dei subemendamenti, ricorda preliminarmentePag. 26 che, secondo quanto ribadito dalla Giunta per il Regolamento del 28 febbraio 2007, non sono ammessi né subemendamenti integralmente soppressivi dell'emendamento né interamente sostitutivi del medesimo in quanto «il subemendamento, per sua natura, ha contenuto e portata più limitati dell'emendamento, incidendo soltanto su una parte del testo dell'emendamento cui è riferito».
  Nella prassi, è stato precisato che vanno quindi considerati inammissibili, in quanto privi del carattere accessorio tipico dei subemendamenti, quelli che non presentano nessuna connessione testuale con gli emendamenti cui formalmente si riferiscono, né appaiono comunque connessi o direttamente conseguenti al contenuto della proposta emendativa principale: pertanto essi non possono essere considerati subemendamenti, ma nuovi emendamenti, presentati dopo la scadenza del termine previsto a tal fine.
  Alla luce dei suddetti criteri, la presidenza ha pertanto ritenuto inammissibili le seguenti proposte subemendative: Dori 0.1.57.27 in quanto, pur riguardando la materia della prescrizione, interviene sull'articolo 157 del codice penale, concernente il tempo necessario alla maturazione della prescrizione, che non è modificato dall'emendamento dei Relatori 1.57, riferito esclusivamente alla sua sospensione e interruzione, nonché ai relativi effetti; e Gianassi 0.1.57.28 recante disposizioni in materia di monitoraggio dei dati sulla prescrizione e sui tempi di definizione dei procedimenti penali.
  Non essendovi richieste di intervento sul complesso delle proposte emendative, invita i relatori a formulare i pareri sugli emendamenti e sui subemendamenti presentati.

  Andrea PELLICINI (FDI), relatore, anche a nome del correlatore, onorevole Enrico Costa, invita al ritiro di tutte le proposte presentate, formulando altrimenti parere contrario, ad eccezione dell'emendamento dei Relatori 1.57, del quale raccomanda l'approvazione, e dell'articolo aggiuntivo Patriarca 2.08, sul quale esprime parere favorevole, purché riformulato nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Il Sottosegretario Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE, esprime parere conforme a quello dei relatori.

  Ciro MASCHIO, presidente, constata l'assenza del presentatore dell'emendamento Dori 1.1: si intende che vi abbia rinunciato.

  Valentina D'ORSO (M5S), intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 1.2, fa preliminarmente presente che negli ultimi sei anni la disciplina della prescrizione è stata riformata per ben quattro volte. Con riferimento al provvedimento in esame, rileva come tutte le proposte in discussione rechino la previsione della sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado.
  Ricorda come già la legge 3 del 2019 – cosiddetta «spazzacorrotti» – aveva introdotto tale causa di sospensione, anche al fine di adeguare l'ordinamento interno alle raccomandazioni delle istituzioni europee e, in particolare, del Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO).
  Rammenta altresì che, in seguito, lo stesso GRECO aveva valutato favorevolmente tale riforma ai fini del contrasto ai reati corruttivi. Più in generale, evidenzia come l'effettiva celebrazione dei processi condizioni l'efficacia dello stesso sistema penale, rappresentando una risposta di giustizia necessaria ad accreditarsi come paesi credibili anche nei confronti dei cittadini. Sottolinea inoltre come la scelta operata dalla richiamata legge 3 del 2019 rappresenti la soluzione più razionale anche in termini di impiego delle risorse, sia economiche sia lavorative, le quali vengono utilizzate in modo consistente per addivenire alla pronuncia di primo grado. Ebbene, ove il processo giunga a uno stadio così avanzato, ritiene che non vi sia alcuna ragione per cui lo Stato debba rinunciare a coltivare la pretesa punitiva.
  Reputa inoltre necessario comprendere l'impatto degli interventi normativi susseguitisi nel tempo piuttosto che intervenire con una nuova riforma in materia di prescrizione,Pag. 27 che potrebbe infatti rilevarsi dannosa sotto un duplice profilo. In primo luogo, la nuova disciplina imporrebbe un consistente sforzo da parte degli operatori del diritto – e, in particolare, dei magistrati – al fine di ricalcolare i termini di prescrizione e riorganizzare i ruoli di udienza alla luce degli stessi: ciò richiederebbe tempo, nel corso del quale un considerevole numero di processi potrebbe prescriversi.
  In secondo luogo, sottolinea come la modifica della disciplina in questione potrebbe altresì far perdere i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, come noto, contempla tra i suoi obiettivi quello di migliorare l'accesso alla giustizia.
  Conclusivamente, fa presente che la ragione dell'emendamento soppressivo a sua prima firma 1.2 si radica nella volontà di impedire che vengano vanificati i risultati raggiunti con la legge cosidetta «spazzacorrotti». Al riguardo, rammenta che tale riforma è stata approvata quando tra le forze di maggioranza vi era anche la Lega: si domanda quindi come mai oggi gli esponenti di tale gruppo intendano porre nel nulla gli effetti di un provvedimento che loro stessi avevano appoggiato.

  Ciro MASCHIO, presidente, rileva come l'intervento della collega D'Orso abbia avuto una durata superiore ai dieci minuti ma che, almeno nell'attuale fase, non intende in alcun fissare limiti stringenti alla durata degli interventi.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) evidenzia preliminarmente che le ragioni che hanno spinto il proprio gruppo a presentare un emendamento soppressivo all'articolo 1 della proposta di legge si discostano parzialmente da quelle testé illustrate dalla collega D'Orso.
  Desidera svolgere quindi un primo intervento di carattere generale, che illustri le principali argomentazioni su cui si fonda la posizione critica del suo gruppo in relazione al provvedimento in esame.
  Ritiene profondamente sbagliata la finalità della proposta C. 893 Pittalis di reintrodurre la disciplina della prescrizione recata dalla legge c.d. «ex-Cirielli». Difatti, si tratta di una legge datata che non sarebbe in grado di far fronte alle attuali esigenze e problematiche della giustizia. Sottolinea come invece gli interventi in questa materia dovrebbero essere proiettati al futuro e non, come fa la maggioranza, con sguardo anacronistico, divisivo e aprioristicamente ideologico, al passato.
  Apprezza che con la presentazione dell'emendamento dei relatori 1.57, la maggioranza, ritornando sui propri passi, abbia deciso di non tornare alla disciplina della c.d. «ex-Cirielli». Tuttavia, ritiene erroneo intervenire sull'attuale impianto della prescrizione, modificato da ultimo con la legge n. 134 del 2021, anche alla luce del fatto che, come ammesso dallo stesso Ministro Nordio in un recente evento pubblico, gli ultimi dati disponibili – che il proprio gruppo aveva chiesto venissero formalmente trasmessi alla Commissione dal Governo – dimostrano che i tempi dei processi penali nel primo semestre del 2023 si sono sensibilmente ridotti. A suo avviso, l'effetto di questa riduzione non può che essere attribuito anche alla riforma della Ministra Cartabia, che ha contribuito, anche prima della propria entrata in vigore, ad una riorganizzazione, all'insegna dell'efficienza, delle Corti d'appello.
  Ritiene quindi che se la maggioranza vuole davvero che i processi abbiano una durata ragionevole non dovrebbe modificare la disciplina attualmente in vigore, in quanto il ritorno alla disciplina sostanziale della prescrizione sarà sicuramente meno efficace dell'istituto processuale dell'improcedibilità, introdotto dalla riforma Cartabia, che invece si intende addirittura abrogare.
  Inoltre, evidenzia che l'intervento portato avanti dalla maggioranza è erroneo anche in ragione del fatto che, come evidenziato anche da molti operatori del diritto, l'ennesima riforma dell'istituto della prescrizione in pochi anni avrà l'inevitabile conseguenza di produrre forte incertezza in merito alla disciplina da applicare ai singoli procedimento, valendo il principio, in mancanza di una disciplina transitoria, della retroattività in bonam partem.Pag. 28
  Infine, rinviando all'esame delle altre proposte emendative l'esposizione di ulteriori argomentazioni critiche di carattere puntuale, dichiara di non condividere la pronuncia di inammissibilità del presidente sul proprio subemendamento 0.1.57.28, riguardante il monitoraggio sull'evoluzione dei dati sulla prescrizione del reato e dei dati relativi ai tempi di definizione dei procedimenti penali, ai fini del rispetto degli obiettivi del PNRR. Chiede al riguardo di poter avanzare una richiesta di riesame in tempi ragionevoli.
  Difatti, ricorda come la riduzione dei tempi dei processi costituisse un elemento essenziale che ha consentito all'Italia di ottenere i fondi previsti dall'Unione europea. Tale riforma della prescrizione – a suo avviso – contribuirà al non raggiungimento dei traguardi fissati dal PNRR, che già sono stati messi a rischio da altri interventi del governo, come quello in materia di rigenerazione urbana che ha comportato la perdita di sedici miliardi di euro, che il Ministro Fitto si è impegnato – fino ad ora senza successo – a recuperare in altro modo.

  Devis DORI (AVS) ritiene che l'articolo 1 del testo base in esame, del quale gli emendamenti in discussione propongono la soppressione, rappresenti un arretramento rispetto alla disciplina della prescrizione. In considerazione tuttavia del fatto che i relatori hanno presentato un emendamento interamente sostitutivo di tale articolo, si riserva di intervenire durante l'esame di tale proposta emendativa.
  Si associa quindi alla richiesta di fissare un termine per la presentazione di eventuali ricorsi avverso le declaratorie di inammissibilità dei subemendamenti.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti D'Orso 1.2 e Gianassi 1.3.

  Ciro MASCHIO, presidente, accogliendo le richieste in tal senso, fissa il termine per la presentazione di eventuali ricorsi avverso le declaratorie di inammissibilità dei due subemendamenti per le ore 19 della giornata odierna.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta, già prevista al termine delle votazioni della seduta pomeridiana dell'Assemblea.

  La seduta termina alle 15.

SEDE REFERENTE

  Lunedì 30 ottobre 2023. — Presidenza del presidente Ciro MASCHIO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove.

  La seduta comincia alle 20.55.

Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione.
C. 893 Pittalis, C. 745 Enrico Costa, C. 1036 Maschio e C. 1380 Bisa.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 25 ottobre 2023.

  Ciro MASCHIO (FDI), presidente, ricorda che nella precedente seduta la Commissione ha avviato l'esame delle proposte emendative fino agli emendamenti identici D'Orso 1.2 e Gianassi 1.3.
  Ricorda che è stato fissato alle ore 19 il termine per la presentazione dei ricorsi avverso i giudizi di inammissibilità delle proposte subemendative Dori 0.1.57.27 e Gianassi 0.1.57.28, su cui la presidenza conferma la declaratoria di inammissibilità.
  Avverte quindi che la Commissione riprenderà l'esame delle proposte emendative a partire dall'emendamento Cafiero De Raho 1.4.

  Carla GIULIANO (M5S) sottolinea come l'emendamento Cafiero De Raho 1.4, del quale è cofirmataria, incida sul comma 6 dell'articolo 157 del codice penale, quintuplicando il termine per la prescrizione per alcuni reati di particolare allarme sociale, rispetto ai quali il bisogno di giustizia da Pag. 29parte delle persone offese è particolarmente elevato.
  Sottolinea come dall'inizio della legislatura, l'Esecutivo si sia arrovellato sul tema della prescrizione, quasi che tutti i problemi che affliggono il settore della giustizia potessero essere risolti con l'ennesima riforma sul tema.
  Rileva infatti che dalle numerose riunioni di maggioranza e di una parte delle opposizioni che si sono svolte sull'argomento, e dalle varie proposte di legge presentate in materia, sembra emergere che la prescrizione rappresenti una sorta di panacea di tutti i mali della giustizia.
  Contesta la visione distorta che contrappone da un lato coloro che non vorrebbero che i processi avessero mai una fine e dall'altro coloro che vogliono garantire i principi costituzionali.
  Precisa, infatti, che il suo Movimento non va contro alcun principio costituzionalmente garantito ma contemporaneamente non ritiene che la prescrizione sia lo strumento naturale per garantire la ragionevole durata del processo.
  A suo avviso, se il Governo volesse veramente garantire la ragionevole durata del processo dovrebbe intervenire garantendo un serio piano assunzionale e stanziando le necessarie risorse economiche.
  In proposito, osserva invece che la presidenza ha dichiarato inammissibili alcune sue proposte emendative che subordinavano l'efficacia delle disposizioni del provvedimento in esame all'assunzione di nuovi magistrati.
  Ritiene, infatti, che per garantire la ragionevole durata del processo è necessario potenziare il comparto, in primo luogo, colmando l'attuale carenza di organico di oltre 1.500 magistrati.
  Osserva, inoltre, come sia indispensabile assumere una decisione in ordine alla carriera all'interno dei tribunali degli addetti all'ufficio del processo così come prevedere investimenti per rafforzare la macchina investigativa e per completare il processo di digitalizzazione.
  Rileva, invece, come l'Esecutivo non abbia una visione strutturale della giustizia e chiede di conoscere quali siano gli investimenti che intende porre in campo per sostenere il settore.
  Osserva inoltre come il nuovo intervento in materia di prescrizione ponga il Paese in difficoltà nei confronti dell'Unione europea che aveva accolto con favore assoluto la riforma sul tema presentata dall'allora Ministro Bonafede, considerandola uno strumento efficace per combattere le gravi forme di criminalità anche internazionali e i fenomeni corruttivi, soprattutto nell'ambito della pubblica amministrazione.
  Stigmatizza, quindi, con fermezza il comportamento della maggioranza che non mostra alcuna apertura nei confronti del settore, come si evince anche dal nuovo disegno di legge di bilancio nel quale non sono contemplati investimenti a favore della giustizia.
  A suo avviso con il provvedimento in esame, che falcidia i processi, si garantisce l'impunità senza tenere in considerazione le esigenze delle persone offese dai reati e il dolore dei familiari delle vittime che combattono contro il tempo per evitare una sentenza di non luogo a procedere per avvenuta prescrizione.
  Ritiene, infatti, che la prescrizione non si soltanto una sconfitta dello Stato ma di tutte le altre parti del processo.

  Ciro MASCHIO, presidente, fa presente alla collega Giuliano che ha consentito lo svolgimento dell'intervento per una durata superiore ai dieci minuti, evidenziando come al momento non sia previsto alcun contingentamento dei tempi ma potrebbe intervenire ove si renda necessario per consentire un ordinato sviluppo del dibattito.

  Carla GIULIANO (M5S), riserva di intervenire anche successivamente, conclude il proprio intervento evidenziando come sul tema della prescrizione la maggioranza abbia assunto una posizione ideologica. Si rammarica quindi del fatto che non presti attenzione alle persone offese, come se il processo riguardasse soltanto l'imputato.

  Davide BELLOMO (LEGA) rileva che l'emendamento in discussione, così come i successivi dei gruppi di opposizione, siano Pag. 30volti ad incrementare anche in misura consistente l'attuale termine di prescrizione di alcuni reati.
  Senza voler entrare nel merito specifico della peculiare tipologia di delitti per i quali si propone tale misura, si limita a ricordare come il legislatore abbia opportunamente agganciato il termine il termine per la prescrizione di ciascun reato alla pena massima prevista per lo stesso, ritenuta indice oggettivo della offensività del fatto e del suo disvalore sociale.
  Ritiene pertanto che per preservare la coerenza sistematica del codice penale non si debbano introdurre disposizioni che aumentino il termine per la prescrizione in modo episodico. Al contrario, qualora il legislatore ritenga che un reato meriti un termine di prescrizione maggiore dovrebbe agire sul reato stesso, così che anche la prescrizione aumenti.
  Invita quindi tutti i colleghi, non solo quelli dei gruppi di opposizione, ad affrontare la questione in maniera più organica ed evidenzia come le proposte emendative che aumentano il termine per la prescrizione in realtà, qualora approvate, otterrebbero un risultato diverso da quello da esse stesse perseguito.

  Enrico COSTA (A-IV-RE), relatore, concorda con il collega Bellomo e sottolinea come, per effetto degli emendamenti in discussione, l'omicidio colposo, che attualmente si prescrive in 25 anni, si prescriverebbe in 62 anni e sei mesi. Parimenti, il reato di inquinamento ambientale si prescriverebbe in 37 anni e sei mesi.
  Ritiene quindi che tali proposte emendative siano in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo e che, sebbene il Movimento 5 Stelle abbia accusato il suo gruppo e la maggioranza di voler approvare una «norma manifesto», tali emendamenti siano di bandiera e, qualora fossero approvati, determinerebbero dei gravi danni al sistema.

  Alfonso COLUCCI (M5S) sottolinea come l'emendamento Cafiero De Raho 1.4, così come i successivi emendamenti del suo gruppo, risolvano una contraddizione di fondo del testo base in discussione. Questo muove dal presupposto che il lungo iato temporale che intercorre tra il momento della commissione del delitto e quello dell'applicazione della pena determini da un lato un venir meno della funzione rieducativa della pena e dall'altro una sorta di oblio sociale del reato che rende meno necessaria l'applicazione della pena.
  Osserva che se anche tale affermazione fosse vera, pretermette tuttavia l'obbligo dello Stato di giudicare se un reato è stato commesso e da chi.
  Lo Stato, infatti, deve dare delle risposte di giustizia non soltanto alle vittime dei reati e alla collettività ma anche a favore del soggetto nei confronti del quale si procede, che è interessato ad avere una sentenza che accerti le proprie responsabilità o la propria mancata responsabilità.
  Ritiene che sia necessario obbligare lo Stato a fornire tale risposta in termini accettabili e sottolinea come la collega Giuliano abbia ben indicato quali siano i rimedi che dovrebbero consentire l'accelerazione del processo penale.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) ritiene che il confronto sin qui svolto dimostri l'inopportunità del provvedimento in quanto ancora una volta non si è cercata una soluzione equilibrata tra due esigenze che è necessario contemperare: da un lato l'esigenza del cittadino, che è considerato innocente fino alla sentenza definitiva di condanna e che ha il diritto ad un processo che si svolga in tempi ragionevoli, e dall'altro quella delle vittime del reato e della comunità a che sia esercitata la repressione dei confronti dell'autore del reato.
  Si tratta di due beni fondamentali che devono essere entrambi presi in considerazione. Sottolinea invece come, sebbene i colleghi intervenuti abbiano tutti sollevato delle questioni ragionevoli, ciascuno si riferisca solo a una delle due esigenze e nessuno degli interventi sin ora svolti lo convinca pienamente.
  Condivide la necessità di dedicare al comparto maggiori risorse economiche e di investire per assumere e trattenere personale competente come quello addetto negli ultimi periodi all'Ufficio del processo.Pag. 31
  Replica al collega Bellomo osservando come le sue valutazioni appaiano muovere una fondata critica al testo della maggioranza, che si orienta nel senso opposto a quello da lui auspicato.
  Ancora, evidenzia la contraddittoria operazione di modificare la disciplina della prescrizione in senso restrittivo e, contemporaneamente, abrogare l'istituto della improcedibilità che – prima ancora di entrare in vigore – ha prodotto effetti positivi in termini di stimolo alla tempestiva conclusione dei procedimenti.
  Infine, rileva come l'ennesima riforma di un istituto così delicato rischia di creare problematiche di tipo interpretativo ed applicativo in relazione alle regole di successione della legge penale nel tempo.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.4.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustrando congiuntamente gli emendamenti Cafiero De Raho 1.5 e 1,6, di cui è cofirmataria, volti ad aumentare il tempo necessario a prescrivere in relazione ai reati espressamente indicati al sesto comma dell'articolo 157 del codice penale, auspica che l'esame di tale proposta emendativa possa costituire una valida occasione per l'avvio di una discussione seria ed approfondita sulla disciplina dell'istituto in questione.
  Osserva, infatti, che l'intervento in precedenza svolto dal deputato Bellomo sembrerebbe erroneamente avvalorare la tesi secondo cui il legislatore avesse originariamente inteso collegare direttamente la determinazione del tempo necessario a prescrivere alla finalità rieducativa della pena e al rispetto dei principi costituzionali del giusto processo, regole entrambe codificate ben dopo l'introduzione dell'istituto della prescrizione, dal momento che la ratio originaria della prescrizione consisteva essenzialmente nella rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva.
  Il collega Bellomo, da parte sua, la ricollega alla gravità dei reati commessi e dunque alla pena massima edittale per questi ultimi stabilita dalla legge, con la conseguenza che maggiore è il disvalore accordato dal sentimento collettivo ad una specifica fattispecie di reato tanto più ampi devono essere i connessi termini di prescrizione.
  Nel contestare la correttezza di un simile schema interpretativo, che avrebbe appunto orientato, secondo quanto discutibilmente affermato dall'onorevole Bellomo, le scelte iniziali del legislatore, rileva come piuttosto il sesto comma del citato articolo 157 del codice penale abbia previsto il raddoppio dei termini di prescrizione per taluni specifici reati al fine di sottrarsi ad una simile, fallace equazione.
  In tale quadro, evidenzia che l'emendamento Cafiero De Raho 1.5, al pari delle successive proposte emendative che analogamente intervengono sulla medesima partizione del codice penale, intenda viceversa richiamare la necessità di scollegare l'istituto della prescrizione dalla predetta chiave di lettura. Auspica, pertanto, che sul complesso delle problematiche succintamente richiamate possa avere luogo un dibattito aperto e positivo.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Cafiero De Raho 1.5 e 1.6.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra l'emendamento Cafiero De Raho 1.7, di cui è cofirmataria, che integrando l'ottavo comma dell'articolo 157 del codice penale mira ad includere tra i reati imprescrittibili una serie di fattispecie delittuose di particolare gravità, per le quali la competenza d'indagine è attribuita alle direzioni distrettuali antimafia, quali, ad esempio, l'associazione per delinquere di tipo mafioso, la riduzione in schiavitù, la tratta di persone, l'acquisto e alienazione di schiavi e l'associazione per delinquere finalizzata alla loro consumazione, anche con specifico riferimento al fenomeno migratorio, i reati con finalità di terrorismo o il voto di scambio di tipo mafioso.
  In proposito, ritiene che gli obiettivi perseguiti dalla presente proposta emendativa dovrebbero trovare concorde accettazione, anche alla luce di quella sensibilità politica più volte pubblicamente proferita Pag. 32al riguardo da tanti esponenti dell'attuale Governo e della sua maggioranza parlamentare, che incontra, altresì, il favore di una parte almeno dell'opinione pubblica. Nel considerare quindi un errore liquidare in modo superficiale e sbrigativo le questioni affrontate dalla proposta emendativa in esame, ne chiede l'accantonamento ai fini di un supplemento di valutazione.

  Ciro MASCHIO, presidente, constata che i relatori non intendono accedere alla richiesta di accantonamento dell'emendamento Cafiero De Raho 1.7, testé formulata dalla deputata D'Orso.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.7.

  Carla GIULIANO (M5S) interviene sull'emendamento Cafiero De Raho 1.8, volto ad includere nel novero dei reati imprescrittibili le fattispecie della corruzione per l'esercizio della funzione e della corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, di cui, rispettivamente, agli articoli 318 e 319 del codice penale, al fine di armonizzare il quadro normativo nazionale alle finalità perseguite dalla recente proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dello scorso mese di maggio relativa alla lotta contro la corruzione. Osserva, in particolare, che la relazione introduttiva della citata proposta di direttiva evidenzia come la corruzione sia un fenomeno che reca gravi danni alla società, alle democrazie dell'Unione europea, all'economia e ai singoli cittadini, indebolendo al contempo le istituzioni e compromettendo la credibilità e la capacità da parte degli Stati membri di realizzare politiche pubbliche efficaci e di offrire servizi pubblici di qualità. Rammenta che, sempre a mente della suddetta relazione introduttiva, la corruzione ostacola altresì la crescita economica sostenibile e sottrae risorse agli impieghi produttivi, scoraggiando gli investimenti, soprattutto quelli pubblici. Ricorda inoltre che, come emerge chiaramente dai dati raccolti nell'ambito dell'indagine Eurobarometro 2022, il 68 per cento dei cittadini dell'Unione europea e il 62 per cento delle imprese ivi aventi sede ritengono che la corruzione sia estremamente diffusa nei loro rispettivi Paesi. In particolare, sottolinea come nella predetta relazione introduttiva sia posto in deciso rilievo il nesso oramai stringente tra i reati di corruzione e la commissione di altri reati di particolare gravità, come quelli aventi ad oggetto la tratta di esseri umani, giacché la corruzione può ostacolare ulteriormente l'individuazione dei casi di tratta di esseri umani, ad esempio nel caso in cui le autorità responsabili di individuare le vittime siano coinvolte nella corruzione, evidenziando altresì, su un piano più generale, come la brevità dei termini di prescrizione, unitamente alle sistematiche carenze organizzative e di personale che affliggono gli uffici giudiziari, costituiscano in definitiva un pesante impedimento rispetto ad una risposta più coerente ed efficace che la stessa Unione europea è chiamata nel suo complesso a dare nel contrasto alla diffusione del fenomeno corruttivo.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.8.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra l'emendamento Cafiero De Raho 1.9, di cui è cofirmataria, volto ad includere tra i reati imprescrittibili la corruzione in atti giudiziari di cui all'articolo 319-ter del codice penale, che non di rado si verifica a danno delle stesse pubbliche amministrazioni. Ciò al fine di consentire il superamento di quelle criticità che potrebbero invece derivare dall'intenzione della maggioranza parlamentare di ripristinare, da un lato, la nozione di prescrizione sostanziale e, dall'altro, di precludere il meccanismo dell'interruzione del corso della prescrizione nel caso di intervenuta sentenza di condanna in primo grado.
  Evidenzia infatti come tipicamente i reati commessi contro le pubbliche amministrazioni siano per loro intrinseca natura scoperti a notevole distanza di tempo dalla commissione del reato stesso, motivo per cui sono anche quelli che percentualmente più cadono in prescrizione, come pure evidenziato dal gruppo di Stati contro la corruzionePag. 33 (GRECO), che proprio nel meccanismo della cosiddetta prescrizione sostanziale ha individuato in proposito un elemento di debolezza del nostro Paese. Osserva, inoltre, che il sostegno al predetto meccanismo condurrebbe di fatto alla prescrizione di numerosi processi per reati commessi dai cosiddetti colletti bianchi, che spesso possono sostenere le spese connesse ad una difesa in giudizio ad oltranza, fino appunto al raggiungimento dei termini per l'estinzione del reato, creando in tal modo i presupposti per l'instaurarsi di una sorta di giustizia classista nel nostro Paese. Invita pertanto i gruppi di maggioranza a prendere in seria considerazione la proposta emendativa in esame, anche solo al fine di smentire quelle pur plausibili ricostruzioni che la vogliono invece sostanzialmente propensa a vanificare le finalità stesse dell'istituto della prescrizione.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.9.

  Ciro MASCHIO (FDI), presidente, in ragione dell'andamento dei lavori della Commissione, ritiene opportuno procedere alla immediata convocazione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, per definire l'organizzazione del prosieguo dell'esame del provvedimento.

  La seduta, sospesa alle 22, riprende alle 22.15.

  Carla GIULIANO (M5S) illustra l'emendamento Cafiero de Raho 1.10, volto ad estendere il regime derogatorio previsto dall'ottavo comma dell'articolo 157 del codice penale al reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, previsto dall'articolo 319-quater del codice penale.
  Al riguardo, sottolinea come il secondo comma della disposizione richiamata preveda un trattamento sanzionatorio più grave ove il fatto offenda gli interessi finanziari dell'Unione europea. Ritiene quindi che l'emendamento Cafiero de Raho 1.10 si ponga in linea di continuità con la proposta di direttiva dell'Unione europea in materia di lotta alla corruzione – già richiamata nel precedente intervento – nel cui preambolo si stima che i profitti derivanti dai fenomeni corruttivi ammontano a circa dieci miliardi.

  Enrico COSTA (A-IV-RE), relatore, fa presente che negli ultimi anni si sono succeduti vari interventi normativi volti a contrastare i fenomeni corruttivi che, da un lato hanno innalzato le pene previste per i reati di corruzione, dall'altro hanno previsto, per i medesimi reati, un regime derogatorio che comporta un significativo aumento del tempo necessario affinché maturi la prescrizione.
  Richiama ad esempio il reato di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio che attualmente si prescrive in diciotto anni, a fronte dei sette anni e mezzo necessari a tal fine sino al 2012. Pertanto, ritiene non fondati i timori espressi dai colleghi del Movimento 5 stelle al riguardo.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.10.

  Valentina D'ORSO (M5S), intervenendo sull'emendamento Cafiero De Raho 1.11, ribadisce come, a suo avviso, lo scopo dell'istituto della prescrizione non sia affatto quello di garantire la ragionevole durata del processo. Diversamente, tale obiettivo è perseguito da altri strumenti, quali i riti alternativi a quello ordinario, che diventerebbero paradossalmente meno appetibili per l'imputato ove si approvasse la disciplina recata dalla proposta in esame.
  Evidenzia come, invece, la disciplina contenuta nella legge n. 3 del 2019 fosse effettivamente in grado di scoraggiare atteggiamenti dilatori e di promuovere l'accesso ai riti alternativi. Conclusivamente, reputa che l'affermazione di un presunto collegamento tra prescrizione e ragionevole durata del processo sia strumentale e possa sottendere, invece, all'obiettivo di favorire la prescrizione di alcuni reati.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.11.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra il contenuto dell'emendamento Cafiero De Raho Pag. 341.12, evidenziando come il reato di cui all'articolo 321 del codice penale sia, a suo avviso, senz'altro meritevole di essere incluso tra quelli per cui l'articolo 157 del medesimo codice prevede un regime derogatorio ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.12.

  Carla GIULIANO (M5S) interviene sull'emendamento Cafiero De Raho 1.13. Anche in relazione all'intervento del collega Costa, rileva come la crescente attenzione nella definizione di strumenti di contrasto alla corruzione sia riconducibile alla consapevolezza, maturata anche a livello europeo e internazionale, della connessione strutturale tra corruzione e criminalità organizzata. Al riguardo, fa presente come la peculiarità dei reati di corruzione sia rappresentata dall'interesse a tenere celato il pactum sceleris. Ciò implica che l'accertamento dei relativi fatti richieda un tempo maggiore.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.13.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra l'emendamento Cafiero De Raho 1.14, sottolineando come il reato di cui all'articolo 322-bis del codice penale – che la proposta emendativa mira a rendere imprescrittibile – sanzioni fatti di rilevante gravità, idonei anche a compromettere il processo democratico. In tal senso, evidenzia come risultano sussumibili nella fattispecie in questione gli episodi corruttivi emersi in occasione del cosiddetto «Qatar-gate».

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.14.

  Carla GIULIANO (M5S) interviene sull'emendamento Cafiero De Raho 1. 15. Nel richiamare nuovamente la proposta di direttiva del 3 maggio 2023, rammenta come l'abuso d'ufficio rappresenti una condotta incriminata in 25 Stati membri dell'Unione europea. Si tratta quindi di un reato di indubbio disvalore, il cui accertamento è tuttavia reso difficile anche in ragione dell'indebolimento dei mezzi di ricerca della prova che possono essere impiegati nel corso delle indagini.

  Enrico COSTA (A-IV-RE), relatore, ritiene del tutto incongruo equiparare – come l'emendamento Cafiero De Raho 1.15- ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, reati puniti con l'ergastolo all'abuso d'ufficio. Evidenzia come un siffatto intervento non trovi alcuna copertura nella proposta di direttiva citata dalla collega Giuliano.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.15.

  Carla GIULIANO (M5S) chiarisce che l'obiettivo della proposta di direttiva è quello di armonizzare le misure di contrasto alla corruzione. In tale contesto, ribadisce che la farraginosità dei processi unitamente ai termini brevi di prescrizione possono compromettere tale obiettivo.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.16.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra l'emendamento Cafiero De Raho 1.17, volto a estendere il regime derogatorio previsto dall'ottavo comma del richiamato articolo 157 ai delitti colposi di danno. Rileva come proprio tale tipologia di reati sia tra quelli più frequentemente dichiarati prescritti nonostante siano dotati di un'elevata offensività anche rispetto al numero di vittime e persone offese. Ritiene in tal senso emblematico la vicenda processuale che ha riguardato l'incidente ferroviario avvenuto a Viareggio nel 2009. Reputa inaccettabile che il mero decorso del tempo possa tradursi in un diniego di giustizia rispetto a casi così tragici.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.17.

  Carla GIULIANO (M5S), illustrando il contenuto dell'emendamento a sua firma Pag. 351.18, evidenzia come esso abbia la finalità di introdurre tra i reati imprescrittibili anche quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche dello Stato, di altri enti pubblici o dell'Unione europea. Difatti, tale fattispecie di reato, oltre ad assumere un grande rilievo rispetto agli ingenti investimenti previsti nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, come evidenziato di recente dalla Direzione nazionale antimafia, è essenziale, tra l'altro, per il contrasto delle truffe poste in essere per l'ottenimento di fondi e finanziamenti europei, soprattutto nel comparto agricolo.
  Si tratta di un fenomeno criminale enormemente aumentato negli ultimi anni, posto in essere da vere e proprie organizzazioni criminali, che crea un danno ingente alle casse dello Stato e che comporta una lesione alla libera concorrenza in un settore già provato negli ultimi da diverse difficoltà. Sottolinea pertanto come l'imprescrittibilità di tale fattispecie di reato possa contribuire a contrastare tale rilevante fenomeno criminale.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.18.

  Valentina D'ORSO (M5S), illustrando l'emendamento a sua firma 1.19, sottolinea come esso, intervenendo sull'articolo 158 c.p., abbia la finalità di far decorrere il termine della prescrizione dal giorno dell'iscrizione della notizia di reato ai sensi dell'articolo 335 c.p.p. Si tratta – a suo avviso – di una proposta di buon senso finalizzata a compensare la riduzione dei termini della prescrizione recata dalla disciplina che intende adottare la maggioranza.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) chiede ai relatori e al rappresentante del Governo se intendano confermare il parere contrario espresso sull'emendamento 1.19, anche in ragione del fatto che gli sembra di ricordare che il Ministro Nordio si fosse espresso, non troppo tempo fa, nel senso di adottare una proposta in materia di prescrizione assai simile a quella recata dall'emendamento in discussione. Si chiede, quindi, se il parere contrario pronunciato, che tuttavia condivide nel merito, si traduca in una palese contrarietà della maggioranza a quanto proposto dal Ministro Nordio.

  Andrea PELLICINI (FDI), relatore, evidenzia come la disciplina recata dall'emendamento presentato dai relatori costituisca il punto di approdo e di sintesi del confronto portato avanti tra tutti i partiti della maggioranza e del Governo, a cui ovviamente anche il Ministro Nordio ha dato il suo contributo e che condivide in pieno.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.19.

  Carla GIULIANO (M5S), illustrando il contenuto dell'emendamento a sua firma 1.20, evidenzia come esso, intervenendo sull'articolo 159 c.p., abbia la finalità di sospendere il corso della prescrizione dalla richiesta di rinvio a giudizio fino all'esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dall'irrevocabilità del decreto di condanna. La prescrizione quindi si sospenderebbe quando già si sono svolte le indagini preliminari e si è deciso di esercitare l'azione penale.
  Tale sospensione del corso della prescrizione consentirà – a suo avviso – a tutte le parti coinvolte nei procedimenti penali di svolgere le proprie attività i tempi adeguati e ragionevoli, soprattutto se a tale norma venisse affiancata con la ripresa del piano assunzionale di magistrati voluto, a suo tempo, dal Ministro Bonafede.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.20.

  Valentina D'ORSO (M5S), illustrando l'emendamento a sua firma 1.21, evidenzia come esso abbia la finalità di reintrodurre all'articolo 159 quanto originariamente previsto in materia di sospensione della prescrizione dalla legge n. 3 del 2019, il cui intento era quello di evitare che si prescrivessero reati per i quali i relativi processi erano giunti al grado di appello.Pag. 36
  Sottolinea, come evidenziato anche da articoli di stampa, che vi è una gran quantità di reati che maturano la prescrizione nel corso dello svolgimento del procedimento di appello, riconducibili anche a tipologie che generano grande allarme sociale, tra cui vi sono quelli in materia edilizia e tributaria.
  Si domanda pertanto per quale ragione la maggioranza, con il proprio intervento normativo, voglia aumentare i reati prescritti in settori particolarmente delicati – anche per l'elettorato di riferimento della maggioranza – e con quale credibilità i partiti di maggioranza potranno ripresentarsi alle elezioni dal momento in cui non vogliono tutelare le persone offese da tali fattispecie di reato.

  La Commissione respinge l'emendamento Cafiero De Raho 1.21.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra il subemendamento a sua firma 0.1.57.1 che, come altri presentati dal suo gruppo, introduce – tra i reati per i quali vige la disciplina derogatoria in virtù della quale non si applica un limite massimo della durata della prescrizione a seguito di interruzione della stessa, di cui agli articoli 160 e 161 c.p., – anche il reato di corruzione per l'esercizio della funzione di cui all'articolo 318 c.p. e il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio di cui all'articolo 319 c.p.
  Come già evidenziato in precedenza, quelli introdotti dal subemendamento in esame, come anche introdotti dalle successive proposte subemendative, sono reati che riguardano, a vario titolo, fenomeni corruttivi al cui contrasto il Movimento 5 Stelle è da sempre stato molto sensibile.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge i subemendamenti Cafiero De Raho 0.1.57.1, Cafiero De Raho 0.1.57.2, Cafiero De Raho 0.1.57.3, Cafiero De Raho 0.1.57.4, Cafiero De Raho 0.1.57.5, Cafiero De Raho 0.1.57.6, Cafiero De Raho 0.1.57.7, Cafiero De Raho 0.1.57.8 e Cafiero De Raho 0.1.57.9.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra il subemendamento Cafiero De Raho 0.1.57.10, del quale è cofirmataria, volto a prevedere che per i delitti colposi di danno previsti dall'articolo 449 del codice penale i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre i limiti di cui all'articolo 161, secondo comma, del codice penale.
  Il subemendamento quindi sottrae dalla disciplina comune alcune fattispecie di reato che hanno una platea di vittime particolarmente estesa e che sono avvertite come particolarmente odiose.
  Sottolinea come l'approvazione di tale proposta non intaccherebbe la tenuta del sistema e chiede ai relatori e al rappresentante del Governo di accantonare l'esame della proposta subemendativa in discussione in quanto a suo avviso è opportuno che lo Stato non si sottragga nel fornire una risposta su queste fattispecie di reato.

  Ciro MASCHIO, presidente, constata che i relatori non intendono accedere alla richiesta di accantonamento del subemendamento Cafiero De Raho 0.1.57.10, testé formulata dalla deputata D'Orso.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge i subemendamenti Cafiero De Raho 0.1.57.10 e 0.1.57.11.

  Carla GIULIANO (M5S) illustra il subemendamento D'Orso 0.1.57.12, del quale è cofirmataria, volto a sopprimere la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 proposto dall'emendamento dei Relatori 1.57 con il quale si introduce l'articolo 159-bis del codice penale in materia di sospensione del corso della prescrizione a seguito di sentenza di condanna.
  A suo avviso il meccanismo previsto dal citato articolo 159-bis, infatti, produrrebbe una distonia del sistema in quanto prevede regimi diversi a seconda che sia intervenuta una sentenza di primo grado di condanna o di assoluzione.
  In proposito, rammenta come, durante il Governo Conte II, le allora forze politiche di opposizione contestarono l'ipotesi di diversificare il blocco della prescrizione a seconda che la sentenza di primo grado fosse di condanna o di assoluzione asserendo che una simile disposizione potesse Pag. 37creare distonie di sistema ed esporsi a rischio di incostituzionalità.
  Ricorda inoltre, come durante le audizioni, il vice procuratore europeo abbia evidenziato come il susseguirsi di continue riforme della prescrizione possa generare confusione per gli addetti ai lavori.

  La Commissione respinge il subemendamento D'Orso 0.1.57.12.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) illustra il subemendamento a sua prima firma 0.1.57.13, volto a reintrodurre la disciplina prevista dalla riforma Orlando in materia di prescrizione.
  Nel ribadire come il suo gruppo sia contrario all'abrogazione della improcedibilità introdotta dalla riforma Cartabia, sottolinea tuttavia come lo stesso ritenga che la riforma Orlando, sulla cui reintroduzione negli ultimi mesi è sembrato che anche la maggioranza abbia più volte ritenuto di voler convergere, preveda una buona disciplina della prescrizione.
  A suo avviso, pertanto, anche la maggioranza potrebbe sostenere la proposta in esame.

  Devis DORI (AVS) dichiara il voto favorevole del suo gruppo al subemendamento Gianassi 0.1.57.12, che, come l'emendamento a sua firma 1.38, è volto a reintrodurre la disciplina della riforma Orlando.

  Andrea PELLICINI (FDI), relatore, nel replicare al collega Gianassi, sottolinea come la maggioranza non intenda reintrodurre la riforma Orlando ed evidenzia che l'emendamento dei Relatori 1.57 è volto a prevedere una disciplina a suo giudizio più efficace.

  Debora SERRACCHIANI (PD-IDP) ritiene che l'emendamento dei Relatori 1.57, per come formulato, non produrrà gli effetti già illustrati dai relatori bensì avrà l'effetto di reintrodurre la disciplina prevista dalla cosiddetta legge ex Cirielli.

  La Commissione respinge il subemendamento Gianassi 0.1.57.13.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra il subemendamento a sua prima firma 0.1.57.14 volto a prevedere che il corso della prescrizione rimanga sospeso in seguito a tutte le sentenze di primo grado e non soltanto in seguito a quelle di condanna.
  Ritiene che l'articolo 159-bis introdotto dall'emendamento dei Relatori 1.57, qualora la proposta subemendativa in esame non venisse approvata, si presterebbe a rilievi di incostituzionalità e chiede al rappresentante del Governo se gli uffici legislativi del Ministero si siano posti tale preoccupazione.
  A suo avviso quella proposta dalla maggioranza non è un'operazione lineare e prevede un meccanismo farraginoso che renderà di fatto impossibile determinare con certezza quando si prescrive un reato, rendendola una variabile insondabile.

  La Commissione respinge il subemendamento D'Orso 0.1.57.14.

  Carla GIULIANO (M5S) illustra il subemendamento D'Orso 0.1.57.15, del quale è cofirmataria. Osserva che la proposta in discussione tiene in considerazione le osservazioni avanzate nel corso dell'attività conoscitiva dal Vice procuratore della Procura europea che ha sottolineato come un intervento sul tema senza la previsione di stanziamenti per il comparto Giustizia dia la misura della mancanza di visione dell'Esecutivo sulla natura, la finalità e lo scopo della prescrizione.
  Ribadendo la necessità di mettere la macchina giustizia nelle condizioni di funzionare, anche al fine di perseguire il principio della ragionevole durata del processo, raccomanda quindi l'approvazione della proposta in esame.

  La Commissione respinge il subemendamento Giuliano 0.1.57.15.

  Valentina D'ORSO (M5S) illustra il subemendamento a sua prima firma 0.1.57.16 volto a sopprimere il quarto comma dell'articolo 159-bis del codice penale che l'emendamento dei Relatori 1.57 vorrebbe introdurre.Pag. 38
  Ritiene che tale comma dia la misura della farraginosità e della variabilità del meccanismo della prescrizione che si vuole introdurre e sottolinea come, prevedendo una casistica non controllabile da parte dell'imputato, quando tale disposizione entrerà in vigore, l'imputato sarà costretto in una sorta di perenne incertezza.
  Si potrebbe creare il paradossale effetto di non incentivare più tattiche dilatorie come strategie difensiva proprio per l'impossibilità di prevedere in anticipo i tempi di maturazione della prescrizione.
  Ribadisce in ogni caso la contrarietà piena del suo gruppo all'emendamento dei Relatori 1.57 che introduce una norma non necessaria e con profili di incostituzionalità.
  Sottolinea inoltre come l'approvazione dell'emendamento dei Relatori determinerà un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativi al comparto giustizia.

  La Commissione respinge il subemendamento D'Orso 0.1.57.16.

  Carla GIULIANO (M5S) illustra il subemendamento D'Orso 0.1.57.17, del quale è cofirmataria, volto a sopprimere la previsione contenuta nel quarto comma dell'articolo 159-bis del codice penale che l'emendamento dei Relatori 1.57 vuole introdurre in base alla quale il periodo di sospensione è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere.
  Ritiene che tale meccanismo, oltre che aberrante, sia una novità assoluta nell'ordinamento italiano e nel diritto comparato.

  Devis DORI (AVS) illustra il subemendamento a sua firma 0.1.57.18, identico al subemendamento D'Orso 0.1.57.17, sottolineando come nella predisposizione di tale proposta sia stato mosso da un dubbio di natura tecnica più che politica. Osserva infatti che l'emendamento dei Relatori 1.57 creerebbe una sospensione condizionata della prescrizione.

  Valentina D'ORSO (M5S) ritiene che un altro fattore di incertezza possa astrattamente derivare dall'uso della locuzione «pubblicazione della sentenza» che, almeno nel processo civile è connotata dall'intervento della cancelleria del tribunale. Da ciò deriva che intercorre un lasso temporale tra la emissione della sentenza e la sua pubblicazione.
  Ritiene che se fosse necessario intervenire con attività di cancelleria, il meccanismo previsto dall'emendamento dei Relatori 1.57 potrebbe essere ancora più rischioso.

  La Commissione respinge gli identici subemendamenti D'Orso 0.1.57.17 e Dori 0.1.57.18.

  Carla GIULIANO (M5S) illustra il subemendamento Ascari 0.1.57.19, di cui è cofirmataria che, nel differire a decorrere dal 31 dicembre 2032 l'applicazione delle disposizioni di cui al nuovo articolo 159-bis del codice penale recato dall'emendamento dei relatori 1.57, viene incontro alle numerose perplessità manifestate al riguardo dalla magistratura e dall'intero comparto della giustizia, ivi compresi gli avvocati.
  Ritiene infatti indispensabile prevedere un congruo lasso di tempo affinché tutti gli operatori del settore possano prendere adeguata cognizione della nuova disciplina, scongiurando così l'insorgere di incertezze interpretative legate al fatto che il quadro normativo di riferimento è stato comunque oggetto di numerose riforme nell'arco di soli pochi anni.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge i subemendamenti Ascari 0.1.57.19 e 0.1.57.20.

  Valentina D'ORSO (M5S) interviene sul subemendamento Ascari 0.1.57.21, di cui è cofirmataria, di contenuto analogo al precedente e finalizzato a consentire nel frattempo il necessario potenziamento degli organici della magistratura. Osserva al riguardo che si tratta di una proposta emendativa di assoluto realismo, funzionale ad evitare che centinaia di processi cadano in prescrizione.

Pag. 39

  La Commissione respinge il subemendamento Ascari 0.1.57.21.

  Carla GIULIANO (M5S) illustra il subemendamento D'Orso 0.1.57.23, di cui è cofirmataria, volto ad evitare un'ingiustificata disciplina difforme con riguardo alla prescrizione per i procedimenti nei quali interviene una sentenza di condanna ovvero di assoluzione.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge i subemendamenti D'Orso 0.1.57.23 e 0.1.57.24.

  Devis DORI (AVS) illustra il subemendamento a sua firma 0.1.57.26, volto ad includere tra i reati previsti dalla lettera c) del comma 1 dell'emendamento 1.57 dei relatori, in coerenza con l'impianto complessivo da questi ultimo sostenuto, le fattispecie della violenza sessuale, della violenza sessuale di gruppo e del revenge porn, a suo giudizio meritevoli anch'esse di rientrare nell'ambito di applicazione del regime particolare. Auspica che in un supplemento di riflessione la maggioranza possa correggere quello che ritiene essere stato un mero errore.

  Valentina D'ORSO (M5S) sottoscrive, a nome del gruppo M5S, il subemendamento Dori 0.1.57.26, che prende in considerazione reati di particolare gravità, chiedendo che su di esso possa svolgersi un supplemento di riflessione.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) condivide appieno le finalità del subemendamento Dori 0.1.57.26, esprimendo il timore che nel faticoso lavoro di mediazione compiuto dai relatori siano ad essi sfuggiti i reati indicati nella proposta emendamenti in esame.

  La Commissione respinge il subemendamento Dori 0.1.57.26.

  Valentina D'ORSO (M5S) preannunzia il voto contrario del gruppo M5S sull'emendamento 1.57 dei relatori, per le ragioni critiche in precedenza espresse. In particolare, ritiene che le disposizioni in esso contenute introducano un meccanismo procedurale assai farraginoso e complesso, da cui deriveranno incertezze interpretative da parte dei diversi soggetti chiamati ad applicarlo, dai magistrati agli avvocati, nonché esiti imprevedibili in capo agli stessi imputati.
  Considera pertanto assai probabile che su tale novità legislativa avrà modo di concentrarsi anche il vaglio di legittimità della Corte costituzionale, se non altro a cagione dell'evidente elemento di irragionevolezza rappresentato dall'immotivata distonia tra gli effetti conseguenti alle sentenze di condanna e a quelle di assoluzione.
  Rileva, altresì, la palese insostenibilità del rispetto delle tempistiche previste al primo comma dell'introducendo articolo 159-bis del codice penale in materia di sospensione del corso della prescrizione a seguito di sentenza di condanna, come ampiamente dimostrato dai termini medi di conclusione registrati nei diversi gradi di giudizio.
  Denuncia, inoltre, la mancanza di un apposito regime transitorio, che possa accompagnare l'applicazione delle norme con la dovuta gradualità.
  Per quanto concerne invece le considerazioni di natura strettamente politica, ritiene che con la nuova disciplina sarà definitivamente cancellata la previsione dell'interruzione del corso della prescrizione nel caso di sentenza di condanna in primo grado, uno strumento fortemente voluto dalla sua forza politica che si poneva invece a tutela di tutti gli attori del processo, mentre ora la soluzione individuata appare completamente sbilanciata in favore della figura dell'imputato, trascurando colpevolmente la posizione delle vittime di reato. Si riserva pertanto di intervenire nuovamente su tali questioni nel corso della successiva discussione in Assemblea.

  Debora SERRACCHIANI (PD-IDP) dichiara il voto contrario del gruppo PD sull'emendamento dei Relatori 1.57, che, pur rappresentando un passo in avanti rispetto al testo iniziale del provvedimento in esame, non convince tuttavia per quanto Pag. 40attiene al merito delle soluzioni individuate.
  Premette che l'istituto della prescrizione, oggetto di numerose riforme nel volgere di pochi anni, è comunque rivelatore di per sé di una patologia del sistema della giustizia nel suo complesso.
  Osserva, quindi, che la attuale disciplina dell'improcedibilità di cui all'articolo 344-bis del codice di procedura penale, di cui a suo avviso sarebbe stato perlomeno opportuno attendere un pieno monitoraggio degli effetti prodotti, ha impresso un notevole stimolo sul piano organizzativo da parte degli stessi uffici giudiziari, concorrendo in ciò a favorire il raggiungimento dell'obiettivo fondamentale della ragionevole durata dei processi.
  Inoltre l'improcedibilità consente di individuare le responsabilità legate al mancato svolgimento del processo. Ha il sospetto, invece, che l'attuale proposta di riforma della prescrizione – senza che si possa individuare realmente di chi sia la responsabilità della maturazione della prescrizione medesima – produca un mero vantaggio per gli imputati, di cui sarà più difficile accertare le responsabilità, a discapito degli interessi generali del Paese, del sistema giudiziario e dei nostri concittadini.
  Ritiene, altresì, che dal nuovo quadro normativo deriveranno conseguenze assai negative soprattutto con riferimento ai tempi di conclusione dei processi, che del tutto verosimilmente si allungheranno, mettendo così a serio repentaglio il conseguimento degli obiettivi in proposito previsti dal PNRR e l'erogazione delle relative risorse finanziarie in favore del nostro Paese.
  Rileva, inoltre, che in assenza di uno specifico regime transitorio sarà inevitabilmente applicato il principio del favor rei, con le bene immaginabili conseguenze che ne scaturiranno sul piano processuale.
  In conclusione, dichiara che con la nuova disciplina della prescrizione tornerà in vigore non già la riforma Orlando o la riforma Bonafede, bensì la cosiddetta legge ex Cirielli, che, a consuntivo, ha fatto peraltro registrare un numero di processi caduti in prescrizione pari al 25 per cento circa del totale, e di cui il suo stesso artefice ne ha disconosciuto in parte la paternità. Auspica pertanto che nel caso presente non abbia ad accadere lo stesso da parte di coloro che ora sostengono con forza la bontà delle modifiche apportate a tale delicato istituto del nostro ordinamento giuridico.

  Devis DORI (AVS) accoglie con favore il fatto che l'emendamento 1.57 dei relatori, sul quale preannunzia il suo voto di astensione, rappresenta comunque un miglioramento rispetto ai contenuti iniziali della proposta di legge Pittalis C. 893, con particolare riferimento al ripristino della cosiddetta prescrizione sostanziale, nonostante le decise perplessità che ha già avuto modo di manifestare circa la formulazione della lettera c) del comma 1 del citato emendamento.

  La Commissione approva l'emendamento 1.57 dei relatori (vedi allegato 2).

  Ciro MASCHIO, presidente, avverte che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 1.57 dei relatori, s'intendono precluse tutte le restanti proposte emendative ammissibili riferite all'articolo 1.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) illustra l'emendamento a sua prima firma 2.2, volto a sopprimere l'articolo 2 del provvedimento in esame, che a sua volta prevede l'abrogazione dell'articolo 344-bis del codice di procedura penale in materia di improcedibilità, introdotto dalla cosiddetta riforma Cartabia.
  Osserva, infatti, che anche l'emendamento 1.57 dei relatori, dianzi approvato, pur rappresentando un passo in avanti rispetto al testo iniziale del provvedimento, appare tuttavia animato da un eccesso di furore ideologico, il cui vero obiettivo è in sostanza quello di accantonare definitivamente sia la riforma Bonafede che la riforma Cartabia, in materia di improcedibilità.
  Tuttavia, quest'ultima ben potrebbe coesistere con il modello della prescrizione sostanziale.

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  Valentina D'ORSO (M5S) dichiara il voto contrario sull'emendamento Gianassi 2.2, proprio in considerazione del fatto che la combinazione tra la prescrizione sostanziale e improcedibilità creerebbe una sorta di mix esplosivo ed ingestibile, come bene indicato anche da taluno dei soggetti intervenuti nel corso delle audizioni.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge l'emendamento Gianassi 2.2, nonché gli articoli aggiuntivi Ascari 2.01 e 2.02.

  Ciro MASCHIO (FDI), presidente, avverte che la riformulazione dell'articolo aggiuntivo Patriarca 2.08, è stata accettata dalla proponente.

  La Commissione approva l'articolo aggiuntivo 2.08 Patriarca come riformulato nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Ciro MASCHIO, presidente, dichiara concluse le votazioni sulle proposte emendative dichiarate ammissibili. Comunica che il testo sarà trasmesso alle Commissioni competenti in sede consultiva (I, V e XII).

  La seduta termina alle 00.25 del 31 ottobre.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Lunedì 30 ottobre 2023.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 22 alle 22.15.