CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 marzo 2023
78.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 151

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 15 marzo 2023. — Presidenza del presidente Alessandro GIGLIO VIGNA.

  La seduta comincia alle 12.55.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle tariffe e sugli oneri spettanti all'Agenzia europea per i medicinali, che modifica il regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga il regolamento (CE) n. 297/95 del Consiglio e il regolamento (UE) n. 658/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio.
COM(2022)721 final.
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Seguito dell'esame e conclusione – Valutazione di conformità).

Pag. 152

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 21 febbraio 2023.

  Grazia DI MAGGIO (FDI), relatrice, illustra la proposta di documento che reca una valutazione di conformità della proposta di regolamento al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea (vedi allegato 1).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di documento formulata dalla relatrice, on. Di Maggio.

  La seduta termina alle 13.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 15 marzo 2023. — Presidenza del presidente Alessandro GIGLIO VIGNA.

  La seduta comincia alle 13.

DL 16/2023: Disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina.
C. 939 Governo.
(Parere alla I Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 14 marzo 2023.

  Salvatore CAIATA (FDI), relatore, illustra la proposta di parere favorevole sul provvedimento (vedi allegato 2).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole presenta dal relatore, on. Caiata.

  La seduta termina alle 13.05.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 15 marzo 2023. — Presidenza del presidente Alessandro GIGLIO VIGNA.

  La seduta comincia alle 13.10.

Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile e al riconoscimento delle decisioni e all'accettazione degli atti pubblici in materia di filiazione e alla creazione di un certificato europeo di filiazione.
COM(2022)695 final.
(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Alessandro GIGLIO VIGNA, presidente e relatore, avverte preliminarmente che la l'esame della proposta di regolamento, ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà, è stata inserita in convocazione per aderire ad una sollecitazione dell'on. De Luca e segnala che il termine perentorio per l'espressione del parere da parte della Commissione scade il 18 marzo dal momento che occorre assicurare, nei cinque giorni successivi, l'esercizio della prerogativa di rimessione in Assemblea della pronuncia adottata dalla Commissione.
  Passando ad illustrare i contenuti della proposta, ricorda che essa è intesa a garantire che la filiazione avvenuta e certificata in uno Stato membro sia riconosciuta a tutti gli effetti in tutti gli altri Stati membri «indipendentemente dal modo in cui il figlio è stato concepito o è nato e dal tipo di famiglia da cui proviene». Essa comporterebbe pertanto il riconoscimento, limitatamente alle fattispecie transnazionali, della filiazione di chi è nato da genitori dello stesso sesso, è stato adottato a livello nazionale in uno Stato membro, è stato concepito mediante surrogazione di maternità, procreazione medicalmente assistita (PMA), nonché della filiazione e Pag. 153genitorialità accertate a seguito di azione di stato.
  Fa presente che l'iniziativa costituisce una delle azioni chiave nella strategia dell'UE sui diritti dei minori e di quella per l'uguaglianza LGBTIQ. Inoltre, nel suo discorso sullo stato dell'Unione del 2020 la Presidente della Commissione von der Leyen ha affermato che «chi è genitore in un paese, è genitore in tutti i paesi».
  Ricorda che la normativa vigente dell'UE, infatti, impone già agli Stati membri di riconoscere la filiazione di un minore accertata in un altro Stato membro ai fini dei diritti derivanti dall'ordinamento dell'Unione, quali in particolare la libertà di circolazione e di soggiorno, la parità di trattamento e il divieto di imporre ostacoli in materie quali il riconoscimento del cognome. Non viene tuttavia stabilito un riconoscimento automatico e generale, per ogni altra finalità: ciò, ad avviso della Commissione europea, può avere notevoli conseguenze negative per i minori, impedendo loro di esercitare i diritti fondamentali in situazioni transfrontaliere e consentendo la negazione dei diritti derivanti dalla filiazione ai sensi del diritto nazionale, ad esempio i diritti di successione o agli alimenti in un altro Stato membro.
  Per superare tali problemi, segnala che la proposta intenderebbe assicurare un riconoscimento della filiazione sostanzialmente pieno, includendo il godimento del diritto all'identità, alla non discriminazione, alla vita privata e alla vita familiare, come pure i diritti di successione e il diritto agli alimenti, considerando sempre preminente l'interesse superiore del minore. A questo scopo, viene prevista l'adozione di norme comuni in materia di competenza internazionale sulla filiazione e di legge applicabile, nonché l'istituzione di un certificato europeo di filiazione che i minori possono richiedere e utilizzare in un altro Stato membro per comprovare la filiazione.
  In tal modo, oltre a tutelare i diritti del minore, secondo la Commissione europea sarebbero assicurati la certezza del diritto e la prevedibilità delle norme in materia di competenza internazionale e di legge applicabile nonché la riduzione dei costi e degli oneri legali per le famiglie e i sistemi giudiziari degli Stati membri in relazione ai procedimenti giudiziari per il riconoscimento della filiazione in un altro Stato membro.
  Per quanto attiene alla valutazione della coerenza della proposta con i principi dei Trattati in materia di riparto di competenze tra Unione e Stati membri, evidenzia che la proposta si richiama all'articolo 81, paragrafo 3, del TFUE. Tale disposizione – fermo restando che il diritto sostanziale in materia di famiglia, compreso lo status giuridico delle persone, rientra in linea di principio nella competenza degli Stati membri – consente all'Unione di adottare misure in materia di diritto di famiglia con implicazioni transfrontaliere. Tra esse ricadono certamente quelle volte ad assicurare che, una volta accertata in uno Stato membro, la filiazione sia riconosciuta in altri Stati membri. Segnala, a tale riguardo, che la base giuridica costituita dall'articolo 81, paragrafo 3, del TFUE prevede che il Consiglio voti all'unanimità e il Parlamento europeo abbia solo un ruolo consultivo.
  In merito al principio di sussidiarietà, rileva che la Commissione europea osserva preliminarmente i problemi relativi al riconoscimento della filiazione derivano dalla diversità delle norme nazionali in materia di accertamento della filiazione nonché di competenza internazionale e di legge applicabile all'accertamento della filiazione in situazioni transfrontaliere. Pertanto gli Stati membri, agendo singolarmente, non potrebbero risolvere in modo soddisfacente i problemi in questione: ciò sarebbe possibile solo le loro norme e procedure fossero uguali o almeno compatibili ai fini del riconoscimento. Da ciò, sempre secondo la Commissione, discende che soltanto una normativa unionale potrebbe garantire che le autorità giurisdizionali e altre autorità competenti di tutti gli Stati membri applichino la stessa legislazione per accertare la filiazione in situazioni transfrontaliere.Pag. 154
  Segnala inoltre che, per giustificare l'intervento a livello europeo, la relazione illustrativa della proposta rileva altresì che, per effetto del mancato riconoscimento della filiazione, le famiglie potrebbero essere dissuase dall'esercitare il loro diritto alla libera circolazione garantito dai Trattato.
  Per quanto attiene al rispetto del principio di proporzionalità, avverte che per la Commissione europea la proposta non va al di là di quanto necessario per il conseguimento dei suoi obiettivi: non interferisce con il diritto nazionale sostanziale in materia di definizione di famiglia; lascia impregiudicato il diritto nazionale in materia di riconoscimento di matrimoni contratti all'estero o unioni registrate all'estero; le norme in materia di competenza giurisdizionale e di legge applicabile si applicano solo all'accertamento della filiazione in situazioni transfrontaliere; impone agli Stati membri di riconoscere la filiazione solo se accertata in uno Stato membro e non in uno Stato terzo; lascia impregiudicata la competenza delle autorità degli Stati membri a trattare questioni relative alla filiazione; inoltre il certificato europeo di filiazione è facoltativo per i minori e non sostituisce i documenti nazionali equivalenti comprovanti la filiazione.
  Con specifico riferimento alla scelta della forma dell'atto giuridico, la Commissione rileva che l'adozione di norme uniformi in materia di competenza internazionale e di legge applicabile all'accertamento della filiazione in situazioni transfrontaliere può essere conseguita solo attraverso un regolamento poiché solo quest'ultimo garantisce un'interpretazione e un'applicazione pienamente coerenti delle norme. In linea con i precedenti strumenti dell'Unione in materia di diritto privato internazionale, lo strumento giuridico prescelto è pertanto il regolamento.
  Sottolinea, in merito a queste valutazioni di sussidiarietà e proporzionalità operate dalla Commissione, che effettivamente la proposta riguarda esclusivamente fattispecie transfrontaliere e lascia almeno formalmente intatta la competenza nazionale in materia di diritto di famiglia. Inoltre, essa non si applica al riconoscimento della filiazione certificata in Stati terzi che continuerà ad essere disciplinati dal diritto nazionale. In questo senso, correttamente l'art. 3, al comma 2 lett. i) della proposta prevede che il Regolamento non trovi applicazione «ai requisiti legali relativi all'iscrizione della filiazione nel registro di uno Stato membro e agli effetti dell'iscrizione o della mancata iscrizione della filiazione nel registro di uno Stato membro». L'art. 5, inoltre, prevede espressamente che «il presente regolamento lascia impregiudicata la competenza delle autorità degli Stati membri a trattare questioni di filiazione».
  Evidenzia come la proposta, tuttavia, nel momento stesso in cui impone che la filiazione avvenuta e certificata in uno Stato membro sia riconosciuta a tutti gli effetti in tutti gli altri Stati membri «indipendentemente dal modo in cui il figlio è stato concepito o è nato e dal tipo di famiglia da cui proviene» rischi in realtà di incidere profondamente sulle competenze esclusivamente nazionali in materia di diritto di famiglia sostanziale. In tal modo, la proposta entra anche in contrasto frontale con la disposizione di cui all'articolo 4 del TFUE, secondo cui «l'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale».
  Precisa che questo rischio è riconosciuto con evidenza anche dalla Commissione europea, tanto è vero che gli artt. 2, 22 e 31 della proposta fanno salva la possibilità dei singoli Stati di avvalersi della clausola di salvaguardia dell'ordine pubblico. Tale clausola non può tuttavia applicarsi in maniera incondizionata ma risulta sempre funzionalizzata al solo interesse del minore. Il considerando n. 56 prevede infatti che «alle autorità giurisdizionali o altre autorità competenti non dovrebbe essere consentito di avvalersi dell'eccezione di ordine pubblico per disapplicare la legge di un altro Stato qualora ciò avvenisse in violazione della Carta, in particolare del suo articolo 21 che vieta la discriminazione». L'art. 31, che disciplina le cause di diniego Pag. 155del riconoscimento, prevede alla lett. a) che «il riconoscimento di una decisione giudiziaria è negato se, tenuto conto dell'interesse dei figli, è manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro in cui è invocato».
  Richiama l'attenzione sul fatto che, ai sensi dell'articolo 53, il certificato europeo di filiazione ha efficacia probatoria in tutti gli Stati membri senza che sia necessario ricorrere a procedimenti particolari e costituisce titolo idoneo per l'iscrizione della filiazione nel pertinente registro di uno Stato membro, al pari della decisione giudiziaria o di un atto pubblico di accertamento della filiazione. Tuttavia, a differenza di quanto previsto per queste due ultime ipotesi, alcuna disposizione nella proposta consente il diniego degli effetti del certificato europeo di filiazione qualora tale filiazione sia manifestamente contraria all'ordine pubblico.
  Nel richiamare la relazione illustrativa, osserva che, secondo l'interpretazione della Corte di giustizia, il rispetto dell'identità nazionale di uno Stato membro ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, TUE e dell'ordine pubblico di uno Stato membro non potrebbe giustificare il rifiuto di riconoscere un rapporto di filiazione tra un figlio e i genitori dello stesso sesso ai fini dell'esercizio dei diritti conferiti al figlio dal diritto dell'Unione.
  Osserva che queste medesime preoccupazioni sono confermate nelle relazioni del Ministero della giustizia e del Ministero dell'interno, trasmesse alle Camere ai sensi dell'articolo 6 della legge 234 del 2012. La relazione del Ministero della giustizia evidenzia che in Italia al momento non esiste una legislazione che regoli esplicitamente i temi della genitorialità oggetto della proposta e che la materia trattata riguarda profili molto sensibili, che involgono anche aspetti di ordine pubblico.
  Fa presente che, in Italia, la surrogazione di maternità è vietata e costituisce un reato, il che ha indotto la giurisprudenza ad escludere il riconoscimento del relativo atto per violazione dell'ordine pubblico. Tuttavia, in recenti pronunzie, sia la Corte costituzionale che la Corte di cassazione, pur continuando ad affermare il divieto di riconoscimento, hanno individuato strumenti giuridici che mirano a tutelare gli interessi del minore, rispetto a entrambi i genitori, quello biologico e quello non biologico.
  Nel 2019, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, ribadito che la maternità surrogata viola in modo inaccettabile la dignità della donna (similmente a quanto affermato dalla Corte costituzionale), precludendo pertanto la trascrivibilità del relativo atto, ha individuato, a tutela del minore, lo strumento dell'adozione in casi particolari.
  La Corte costituzionale ha per parte sua chiesto al Legislatore d'intervenire per regolare questa materia, ribadendo, con la sentenza n. 33 del 2021, la posizione già assunta in precedenti pronunce, secondo cui il divieto penalmente sanzionato di surrogazione di maternità costituisce un principio di ordine pubblico posto a tutela di valori fondamentali. Al contempo, la Corte ha riconosciuto che l'interesse superiore del minore a veder accertato giuridicamente il legame con entrambi i componenti della coppia, con i quali si è di fatto instaurato un rapporto di genitorialità, non appare sufficientemente tutelato dal ricorso all'istituto dell'adozione in casi particolari.
  Ricorda che con la successiva sentenza n. 79 del 2022, la Corte costituzionale, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui prevedeva che l'adozione in casi particolari non inducesse alcun rapporto civile tra l'adottato e i parenti dell'adottante. Anche l'ulteriore limite che era stato individuato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 33 del 2021 prima ricordata, costituito dal necessario assenso del genitore biologico all'adozione in casi particolari ai sensi dell'articolo 46 della legge n. 184 del 1983, viene superato da questa pronuncia.
  Evidenzia poi che, alla luce di questo orientamento della Consulta, la recentissima pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, n. 38162 del 30 dicembrePag. 156 2022, ha confermato la contrarietà all'ordine pubblico della pratica della maternità surrogata, negando la trascrivibilità automatica del provvedimento straniero di riconoscimento della genitorialità da questa avente origine e riconoscendo il carattere di norma di ordine pubblico internazionale all'articolo 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, che considera fattispecie di reato ogni forma di maternità surrogata, con sanzione rivolta a tutti i soggetti coinvolti, compresi i genitori intenzionali.
  Osserva che la sentenza ha altresì ribadito che «allo stato dell'evoluzione dell'ordinamento» ed in mancanza di diverso intervento legislativo, «lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello status di figlio, al legame di fatto con il partner del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita».
  Ricorda che nella relazione del Ministero della giustizia si preannuncia infine che, ove nel corso del negoziato se ne ravvisasse la necessità, potrebbe valutarsi l'opportunità di apporre una riserva di esame parlamentare ai sensi dell'articolo 10, comma 2, della legge n. 234 del 2012, in relazione ai profili di ordine pubblico sopra menzionati. Fa presente che alla Camera questo istituto è attivabile in caso di avvio dell'esame ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, una volta scaduto il termine di otto settimane per l'esame di sussidiarietà.
  Per quanto riguarda la relazione del Ministero dell'interno sulla proposta di regolamento, richiama le osservazioni sviluppate con particolare riguardo alle coppie omoaffettive e alle tecniche della cosiddetta «maternità surrogata», alla luce del quadro normativo delineato dal nostro ordinamento e dalle pronunzie sia della Corte costituzionale che della Corte di cassazione.
  La relazione, in particolare, ricorda che in Italia, la formazione di atti di nascita recanti l'indicazione di genitori dello stesso sesso non è consentita dalla normativa vigente e tale preclusione è ampiamente suffragata da una consolidata giurisprudenza.
  Osserva come sia parimenti esclusa dall'ordinamento vigente la trascrizione di atti di nascita formati all'estero riconducibili alla fattispecie della «maternità surrogata», attestanti il riconoscimento di filiazione nei confronti del genitore d'intenzione, in assenza di un legame biologico tra lo stesso e il minore.
  Espone le perplessità rappresentate da quel dicastero in ordine all'eterogeneità delle disposizioni che verrebbero a sovrapporsi in una disciplina di particolare delicatezza, quale quella della filiazione, regolata nel nostro Paese da un complesso di norme, contenute nel codice civile, in leggi speciali, tra le quali la legge n. 218 del 1995 recante la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato e nell'ordinamento dello stato civile. Viene espressamente il disposto dell'articolo 18 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, secondo cui non possono essere trascritti gli atti formati all'estero, se contrari all'ordine pubblico.
  Pone in rilievo, conclusivamente, come le valutazioni contenute nelle due relazioni confermino che la proposta incide in modo eccessivo sulle prerogative nazionali in materia di diritto sostanziale di famiglia in modo non compatibile con il nostro ordine pubblico. Ciò è anche in palese contrasto con il richiamato articolo 4 del TUE.
  Ricorda che ieri la Commissione Politiche dell'Unione europea del Senato, anche sulla base degli argomenti sopra richiamati, ha approvato una risoluzione recante un parere motivato, i cui contenuti appaiono largamente condivisibili. Essa ha infatti ritenuto che alcune disposizioni contenute nella proposta, e in particolare l'obbligo di riconoscimento (e di conseguente trascrizione) di una decisione giudiziaria o di un atto pubblico, emessi da un altro Stato membro, che attestano la filiazione, e l'obbligo di riconoscimento del certificato europeo di filiazione, non rispettino i princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità.

  Piero DE LUCA (PD-IDP) nel sottolineare la rilevanza della proposta di regolamento,Pag. 157 deplora che non sia stata sottoposta all'esame della Commissione di merito e valuta assai positivamente il fatto che la XIV Commissione abbia inteso avviare, invece, un dibattito su una problematica di grande rilievo, in sede di valutazione della conformità ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità.
  Ritiene che la proposta sia pienamente rispettosa dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e spera che su questa posizione vi sia convergenza da parte delle altre forze politiche. Al di là delle critiche di merito formulate dalle Amministrazioni della Giustizia e dell'Interno, il nuovo regolamento intende rafforzare la tutela dei diritti fondamentali e degli altri diritti dei figli in situazioni transfrontaliere, compresi il diritto all'identità, alla non discriminazione, alla vita privata e alla vita familiare, i diritti di successione e il diritto agli alimenti in un altro Stato membro dell'Unione europea.
  Evidenzia come la proposta rispetti il principio di sussidiarietà, dal momento che, se spetta agli Stati membri stabilire norme in materia di definizione di famiglia e di accertamento della filiazione, è competenza dell'Unione adottare misure in materia di diritto di famiglia con implicazioni transfrontaliere ai sensi dell'articolo 81, paragrafo 3, TFUE.
  Ricorda inoltre come la proposta garantisca il principio di proporzionalità, dal momento che non va al di là di quanto necessario per il conseguimento dei suoi obiettivi: non interferisce con il diritto nazionale sostanziale in materia di definizione di famiglia, lasciando impregiudicato il diritto nazionale in materia di riconoscimento di matrimoni contratti all'estero o unioni registrate all'estero ed impone agli Stati membri di riconoscere la filiazione solo se accertata in uno Stato membro e non in uno Stato terzo.
  Segnala inoltre che il regolamento si pone l'obiettivo di tutelare i diritti fondamentali dei minori nell'ottica del rispetto del principio del preminente interesse del minore da sempre ispiratore della giurisprudenza della CEDU, così come affermato della giurisprudenza nazionale costituzionale e di legittimità.
  In merito alla filiazione da gestazione per altri praticata all'estero sottolinea la piena convergenza della proposta di Regolamento con il diritto vivente italiano ed europeo, dal momento che non comporta una difformità rispetto al diritto italiano interno che vieta tale pratica all'articolo 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40. Al riguardo fa presente che la Corte di cassazione, nel ribadire che il divieto di surrogazione di maternità costituisce un principio di ordine pubblico, ha chiarito che il «principio del preminente interesse del minore» costituisce uno dei «limiti non oltrepassabili» rispetto ai quali valutare la compatibilità degli effetti prodotti dall'atto estero di cui si chiede il riconoscimento in Italia e che la clausola di salvaguardia dell'ordine pubblico è intesa, infatti, da costante giurisprudenza di merito e di legittimità funzionalizzata al reale e concreto interesse del minore e, conseguentemente, invocata per negare il riconoscimento dello stato di figlio solo nei casi in cui vi sia la lesione di diritti fondamentali del minore.

  Isabella DE MONTE (A-IV-RE) si esprime a favore della sussistenza dei principi di proporzionalità e di sussidiarietà in relazione alla proposta di regolamento e, in relazione al merito della proposta, evidenzia come esso interessi una realtà di due milioni di minori transfrontalieri, la cui condizione incide fortemente sul loro status di cittadini europei.
  Sottolinea come la proposta delinei un quadro normativo uniforme idoneo a superare e ad evitare quelle disparità di trattamento che oggi investono dei soggetti deboli quali sono i minori europei. Si associa pertanto alle considerazioni ed agli orientamenti espressi dal collega De Luca.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.15.

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AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 15 marzo 2023.

Seguito dell'audizione di rappresentanti di AiRU (Associazione italiana per il riscaldamento urbano) e, in videoconferenza, di rappresentanti di AssoESCo (Associazione italiana delle Energy Service Company e degli Operatori dell'Efficienza Energetica) nell'ambito dell'esame della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Applicare il diritto dell'UE per un'Europa dei risultati (COM(2022)518 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 15.05 alle 15.30.