CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 aprile 2024
295.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
ALLEGATO
Pag. 236

ALLEGATO 1

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione C. 1665 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XIV Commissione,

   esaminato, per i profili di competenza, il disegno di legge in titolo, recante disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (C. 1665 Governo, approvato dal Senato);

   considerato che il provvedimento fa seguito a un'ampia discussione sull'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che si è svolta già a partire dalla fine della XVII legislatura, a seguito delle iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel 2017;

   evidenziato come il disegno di legge attui coerentemente il principio per il quale ragion d'essere dell'autonomia regionale, intesa come la capacità di una regione di provvedere alla cura degli interessi della propria comunità, è quella di adeguare il trattamento giuridico di questi interessi alle caratteristiche del suo territorio e dunque di fare emergere ciò che la distingue dalle altre regioni, ovviamente all'interno della cornice unitaria della Repubblica;

   sottolineato altresì come la differenziazione sia correlata al principio di sussidiarietà, sia perché l'articolo 118 della Costituzione richiama entrambi i princìpi (oltre a quello di adeguatezza) ai fini dell'allocazione delle funzioni amministrative tra i diversi livelli di governo, sia perché, ove correttamente applicato, il principio di sussidiarietà porta alla formazione di sistemi amministrativi regionali differenziati proprio in virtù della diversa distribuzione delle funzioni tra Regione ed enti locali;

   ritenuto che il provvedimento, orientato nella direzione di una maggiore «efficienza democratica» possa costituire uno strumento idoneo a ridare slancio al regionalismo italiano e, al tempo stesso, al progetto dell'Europa delle regioni, nella quale sia pienamente attuato il principio di sussidiarietà, nella prospettiva della riduzione del deficit democratico che condiziona il processo d'integrazione europea;

   consapevole del ruolo che le regioni e le autonomie infraregionali possono svolgere, attraverso l'autonomia differenziata, nel rivendicare legittimamente un metodo della legislazione europea più flessibile, idoneo ad assicurare un'attuazione più agile delle riforme portate avanti nel corso di questi anni a livello europeo, in maniera rispettosa delle identità e dei livelli di governo sub-statali;

   rilevato che tra le finalità dell'intervento legislativo figurano quella di rimuovere discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio; il rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, di coesione economica, sociale e territoriale, nonché dei princìpi di indivisibilità e autonomia; l'attuazione del principio del decentramento amministrativo; la semplificazione e l'accelerazione delle procedure; la realizzazione di una distribuzione delle competenze idonea ad assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, nonché del principio solidaristico;

   constatato che l'attribuzione alle regioni di funzioni relative alle ulteriori forme di autonomia è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, primo comma, lettera m), della Costituzione (LEP), i quali indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono Pag. 237il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale;

   preso atto che il procedimento di approvazione delle intese è disciplinato dal disegno di legge nel pieno rispetto del dettato costituzionale;

   richiamata, in particolare, la disposizione di cui all'articolo 9, comma 4, che mantiene ferma, al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, la possibilità di prevedere, anche per le regioni che hanno sottoscritto le intese, ai sensi dell'articolo 2, il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, tenendo conto delle vigenti regole di bilancio e delle relative procedure, nonché di quelle conseguenti al processo di riforma del quadro della governance economica avviato dalle istituzioni dell'Unione europea;

   evidenziato che il provvedimento è pienamente conforme al diritto dell'UE,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione C. 1665 Governo, approvato dal Senato.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAL GRUPPO M5S

  La XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea),

   esaminato, per i profili di competenza, il disegno di legge recante «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione» (C. 1665);

   premesso che:

    il disegno di legge in esame, di iniziativa governativa e modificato nel corso dell'esame al Senato, reca disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata ex articolo 116, terzo comma, della Costituzione, in base al quale, con legge dello Stato, possono essere attribuite alle regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta forme e condizioni particolari di autonomia nelle 23 materie ivi richiamate;

    in particolare, tra le materie oggetto del possibile riconoscimento di ulteriori e particolari forme di autonomia, rientra anche la materia di legislazione concorrente inerente ai rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;

    la giurisprudenza costituzionale in materia di «rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni» si è soffermata sugli aspetti relativi alla partecipazione delle regioni ai processi decisionali europei e alle iniziative che le regioni hanno provato ad adottare nel campo della cooperazione internazionale, sottolineando, tra l'altro come, seppure la disciplina statale delle modalità di partecipazione delle regioni, sia ordinarie che speciali, alla cosiddetta «fase ascendente» dei processi decisionali comunitari trovi il proprio titolo abilitativo nel quinto comma dell'articolo 117 della Costituzione, quest'ultimo istituisce anche una competenza statale ulteriore e speciale rispetto a quella contemplata dall'articolo 117, terzo comma, consistente nel dettare in via esclusiva «norme di procedura» (sentenza Corte cost. n. 239 del 2004);

    inoltre, «in base al principio sancito dai commi terzo e quinto dell'articolo 117 della Costituzione – i quali attribuiscono allo Stato la competenza a disciplinare i rapporti delle regioni e delle Province autonome con l'Unione europea e a definire le procedure di partecipazione delle stesse, nelle materie di loro competenza, alla formazione degli atti comunitari – spetta allo Stato [...] il potere di interloquire con la Commissione europea»;

   considerato che:

    oltre a questioni di natura giuridica inerenti ai profili di legittimità del disegno di legge in esame e a problematiche sul piano finanziario – cui si rinvia per un approfondimento alle sedi competenti – tra le numerose e rilevanti criticità del provvedimento, emerse anche nell'ambito del ciclo delle qualificate audizioni, si osservano, per quanto di interesse nell'ambito delle competenze della Commissione Politiche dell'Ue, le ricadute negative della cosiddetta «autonomia differenziata», in termini di rispetto della coesione sociale territoriale, della solidarietà e dell'unità dei diritti fondamentali esigibili nonché di accrescimento delle sperequazioni socio-economiche tra i territori;

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    in particolare, si osserva, in questa sede, come l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione, andrebbe subordinata alla piena definizione della cornice legislativa statale che determini, oltre ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP) – per i quali deve essere assicurato lo stanziamento di risorse necessario a garantirne l'attuazione in concreto – anche i principi fondamentali per tutte le materie di legislazione esclusiva statale e di legislazione concorrente cui, in ogni caso, nessuna istituzione territoriale può derogare;

    le intese andrebbero finalizzate al pieno superamento dei divari territoriali delle prestazioni, con riferimento non a prestazioni teoriche ma a quelle effettivamente godute e garantite su tutto il territorio nazionale, quale condizione preliminare per l'attribuzione di ulteriori funzioni e limite inderogabile per le relative negoziazioni;

    parallelamente, la procedura di richieste di funzioni o compiti non associate ai LEP dovrebbe essere avviata solo successivamente all'approvazione di una legge finalizzata a predeterminare i parametri di efficienza, equità, solidarietà e coesione socioeconomica, alla luce dei quali poter valutare limiti e modalità di delegabilità delle stesse, con particolare riferimento al confronto tra i costi e i benefici per la regione richiedente, per le altre regioni e per lo Stato, così da prevenire asimmetrie, inefficienze e difficoltà regolatorie per i cittadini e le imprese in termini di coordinamento normativo e amministrativo;

   rilevato che:

    le politiche per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali sono attuate in conformità all'articolo 119, comma 5, della Costituzione italiana e all'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE);

    in particolare, l'articolo 174 TFUE promuove lo sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione e mira a ridurre il ritardo delle regioni meno favorite; di conseguenza, ai sensi dell'articolo 175 TFUE, gli Stati membri conducono politiche economiche al fine di raggiungere gli obiettivi dell'articolo 174 e l'Unione sostiene questa realizzazione anche attraverso fondi a finalità strutturale (FESR e FSE), destinati a contribuire alla correzione dei principali squilibri regionali;

    valutato che il disegno di legge in titolo si pone in contrasto in termini di coerenza con l'ordinamento europeo, in quanto appare lesivo del principio di coesione territoriale di cui ai richiamati articoli 174 e 175 TFUE, laddove compromette il principio di addizionalità e il conseguimento degli obiettivi, in particolare in tema di coesione e di riduzione delle disparità territoriali;

    rilevato altresì che il disegno di legge presenta criticità anche in ordine alla coerenza generale con il principio di sussidiarietà cosiddetta verticale, di derivazione europea, tanto con riferimento alle specifiche scelte di ridistribuzione delle funzioni che ciascuna intesa è chiamata a inverare, quanto negli aspetti che vi si accompagnano;

    ricordato infine che una bocciatura all'autonomia differenziata è arrivata anche dalla Commissione europea che nei rilievi di cui Country Report del 2023 ha sollevato numerosi dubbi in merito ai presunti rischi che l'autonomia differenziata porterebbe provocare in termini di aumento delle disparità e tenuta dei conti pubblici, nonché sulla capacità dei EP di compensare gli squilibri territoriali per l'incapienza dei necessari stanziamenti,

    per i motivi sopra esposti, formula

PARERE CONTRARIO.

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ALLEGATO 3

Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale. C. 1691 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XIV Commissione,

   esaminato, per i profili di competenza, il disegno di legge in titolo volto ad istituire, a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2024/2025, la filiera formativa tecnologico-professionale (C. 1691 Governo, approvato dal Senato);

   rilevato che il disegno di legge è diretto ad incrementare l'efficacia della riforma degli istituti tecnici e professionali, prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Missione 4, Componente 1 – Riforma 1.1);

   constatato che alla predetta Riforma è stata data attuazione con il decreto-legge n. 144 del 2022, cosiddetto «Aiuti-ter». In particolare l'articolo 26 del decreto-legge n. 144 del 2022 ha previsto misure per la riforma degli istituti tecnici, per la riforma degli istituti professionali (articolo 27), nonché l'istituzione dell'Osservatorio nazionale per l'istruzione tecnica e professionale (articolo 28);

   riscontrato che l'istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale è finalizzata a potenziare l'offerta dei servizi di istruzione, in una logica complessiva di riordino dei percorsi formativi tecnici e professionali rispetto alle nuove necessità socio-economiche, incentrato sulla connessione fra istruzione, formazione e lavoro e sulla valorizzazione delle esigenze dei territori;

   evidenziato che il provvedimento non presenta profili d'incompatibilità con il diritto dell'UE, ma al contrario è pienamente coerente con le strategie adottate a livello europeo per fare fronte a una carenza di qualifiche nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 4

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al controllo degli investimenti esteri nell'Unione, che abroga il regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio. COM (2024) 23 final

DOCUMENTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XIV Commissione,

   esaminata, ai fini della verifica di conformità con il principio di sussidiarietà, la proposta di regolamento relativo al controllo degli investimenti esteri, che abroga il regolamento (UE) 2019/452;

   preso atto della relazione trasmessa dal Governo ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, sul documento;

   tenuto conto degli elementi di conoscenza e di valutazione emersi nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'esame della proposta;

   premesso che è complessivamente condivisibile l'obiettivo generale della proposta di rafforzare il quadro normativo comune volto a tutelare la sicurezza e l'ordine pubblico dell'Unione europea con riferimento agli investimenti esteri diretti e agli investimenti effettuati da investitori esteri per il tramite di un'impresa stabilita nell'UE in quanto:

    nonostante gli sforzi per armonizzare le normative nazionali di controllo degli investimenti esteri diretti, permane un certo grado di eterogeneità nei livelli di severità dei regimi degli Stati membri;

    come recentemente osservato anche dalla Corte dei conti europea, l'applicazione pratica del regolamento (UE) 2019/452 ha evidenziato alcuni importanti limiti di questa normativa che ostacolano una gestione efficace dei rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico associati a determinati investimenti esteri nell'UE;

    questi ultimi sono ulteriormente aumentati da quando è entrato in applicazione il regolamento (UE) 2019/452, a causa in particolare della pandemia di COVID-19, dell'invasione della Russia in Ucraina e delle notevoli tensioni geopolitiche presenti nello scenario globale;

    di fronte a questo scenario, il regolamento (UE) 2019/452 appare non sufficientemente incisivo, anche perché non impone agli Stati membri di dotarsi di un meccanismo di controllo sugli investimenti esteri diretti e il suo ambito di applicazione non prevede un controllo degli investimenti effettuati da un soggetto estero tramite una società controllata stabilita nell'Unione europea;

   sottolineato, altresì, che la proposta, in coerenza con il concetto di autonomia strategica aperta, intende combinare l'obiettivo del rafforzamento della sicurezza economica europea con quello dell'apertura ai flussi di investimenti dall'estero e della competitività delle imprese che operano sul mercato unico;

   rilevato, con riferimento al rispetto del principio di attribuzione, che la scelta della Commissione di utilizzare come base giuridica aggiuntiva l'articolo 114 del TFUE – al fine di imporre a tutti gli Stati membri l'istituzione del meccanismo di controllo e l'individuazione di un nucleo unitario di settori minimi che devono essere oggetto del controllo stesso – non appare adeguatamente motivata e dovrebbe essere oggetto di un ulteriore approfondimento, in quanto:

    l'articolo 207 del TFUE già attribuisce all'Unione la competenza in ordine alla definizione dei principi uniformi sugli investimenti esteri e tali principi appaiono meno invasivi delle misure armonizzate Pag. 242adottate ai sensi dell'articolo 114 del TFUE, che è strumentale al buon funzionamento del mercato unico. La semplice constatazione dell'esistenza di divergenze tra le normative nazionali non appare pertanto sufficiente a motivare il ricorso all'articolo 114 del TFUE, che trova applicazione «salvo che i trattati non dispongano diversamente»;

    nel caso specifico, l'utilizzo dell'articolo 114 del TFUE potrebbe tradursi nell'attribuzione alla Commissione di competenze proprie degli Stati membri in materia di sicurezza nazionale;

    il ricorso alla doppia base giuridica è ammesso dalla Corte di giustizia dell'UE solo qualora l'atto sia diretto a conseguire più scopi tra loro inseparabili, senza che un obiettivo sia meno importante o secondario rispetto all'altro;

   ritenuta la proposta complessivamente conforme al principio di sussidiarietà, in quanto i meccanismi di controllo degli Stati membri differiscono in termini di portata, contenuto ed effetto e l'introduzione di norme comuni e proporzionate per esaminare gli investimenti a controllo estero all'interno dell'UE è essenziale per garantirne l'uniformità. Inoltre, un approccio europeo condiviso e coordinato di armonizzazione dei sistemi nazionali di controllo fornirebbe maggiori certezze ai potenziali investitori per quanto concerne le infrastrutture, le tecnologie e i fattori produttivi critici, consentendo di conoscere in anticipo le norme per valutare e affrontare i rischi connessi alla sicurezza e all'ordine pubblico;

   considerata, invece, la proposta non pienamente conforme al principio di proporzionalità, in quanto essa introduce misure che potrebbero rendere eccessivamente complessa la procedura di controllo sugli investimenti esteri, nonché richiedere complesse modifiche alla disciplina nazionale, il potenziamento delle strutture e una dilatazione dei termini procedimentali per l'esercizio dei poteri speciali. Pur lasciando formalmente in capo agli Stati membri la decisione finale su un investimento estero, alcune delle nuove norme potrebbero inoltre incidere sul potere degli Stati membri di adottare tali decisioni in autonomia e rendere troppo pervasivo il ruolo della Commissione europea. Si tratta in particolare delle misure seguenti:

    l'articolo 4 che introduce un potere dell'autorità competente di avviare di propria iniziativa un controllo successivo al completamento dell'operazione di investimento, laddove questa non sia oggetto di obbligo di notifica e qualora si abbia ragione di ritenere che l'operazione pregiudichi interessi di sicurezza e ordine pubblico. Dovendo questa possibilità di revisione ex post essere prevista per almeno 15 mesi successivi al completamento dell'operazione, essa non soggiace ad un termine massimo, che rimane dunque nella discrezionalità degli Stati membri. Inoltre, il potere di revisione ex post sembra estendere l'intervento a investimenti che non rientrano tra quelli soggetti all'obbligo di notifica. Tale indeterminatezza dell'ambito di applicazione, insieme alla possibilità di intervenire a distanza di tempo su un'operazione già conclusa, solleva le medesime perplessità richiamate successivamente in merito alla procedura d'ufficio di cui all'articolo 9 e rischia quindi di aumentare ulteriormente il livello di incertezza sul mercato con impatti economici potenzialmente significativi sugli operatori coinvolti;

    l'articolo 4, paragrafo 3, che prevede un obbligo di preavviso di veto o prescrizioni all'impresa notificante, che deve poter interloquire, in contraddittorio, nell'ambito del procedimento anche nella fase pre decisoria. Tale previsione non appare in linea con la struttura del procedimento nazionale che si conclude, in caso di esercizio, con una decisione in seno al Consiglio dei ministri, sede in cui è arduo ipotizzare un contraddittorio di fronte all'organo politico;

    l'articolo 5, paragrafo 2, che stabilisce un obbligo di notifica al meccanismo di cooperazione non solo per gli investimenti esteri che rientrano nel campo di applicazione della proposta, ma anche per quelli in merito ai quali uno Stato membro Pag. 243intende esercitare i poteri speciali, anche se non rientranti nei settori europei. Tale previsione potrebbe penalizzare gli Stati membri che hanno legislazioni con settori più estesi, in violazione dei principi generali del mercato interno;

    l'articolo 7, paragrafo 6, che impone allo Stato membro che effettua il controllo di discutere, in specifiche riunioni con la Commissione europea e con gli altri Stati membri che hanno partecipato alla fase approfondita della cooperazione, i contenuti delle decisioni che intende adottare, con l'obbligo, in caso di dissenso di uno Stato membro o della Commissione, di individuare soluzioni alternative;

    l'articolo 7, paragrafo 8, secondo il quale la decisione assunta deve essere notificata agli Stati membri che hanno formulato osservazioni e alla Commissione europea. Quest'ultima, in base all'articolo 7, paragrafo 10, deve istituire una banca dati in cui confluiscono le decisioni assunte sulle operazioni notificate a decorrere dal 12 ottobre 2020, periodo in cui non tutti gli Stati membri erano dotati di un meccanismo di controllo;

    il medesimo articolo 7, paragrafo 8, che introduce anche un obbligo di spiegazione scritta su come sono stati tenuti in considerazione i pareri e le osservazioni ricevuti, nonché gli eventuali motivi di disaccordo. Prevede altresì un'ulteriore riunione per spiegare, anche oralmente, tali motivazioni;

    l'articolo 9, che introduce una procedura d'ufficio, attivabile dagli Stati membri o dalla Commissione europea, su investimenti esteri effettuati in altri Stati membri e non notificati nell'ambito del meccanismo di cooperazione. Secondo tale procedura gli Stati membri e la Commissione dispongono di almeno 15 mesi dalla realizzazione dell'investimento estero per esercitare il diritto di avviare la procedura. La previsione in questione, pur riprendendo quella contenuta nell'articolo 7 del regolamento vigente, appare estensiva, poiché quest'ultima si riferisce agli investimenti esteri non soggetti a controllo, vale a dire effettuati negli Stati membri che non hanno meccanismi di controllo sugli investimenti esteri diretti;

    la natura ex post della procedura d'ufficio, il periodo piuttosto lungo concesso per la sua attivazione e il numero elevato dei soggetti potenzialmente titolati a farlo potrebbero altresì determinare un significativo grado di incertezza. Inoltre, si estende a tale fattispecie, ove compatibili, le norme e le procedure di cui agli articoli 7 e 8, che si riferiscono agli oneri relativi al contraddittorio, agli obblighi di spiegazione scritta e di riunione con gli Stati membri e la Commissione europea. Un simile controllo sembra pregiudicare le esigenze di prevedibilità e certezza del diritto per gli operatori e attribuire un potere d'ingerenza sulle valutazioni di ciascuno Stato membro e sui riflessi applicativi delle rispettive discipline;

    gli articoli 19 e 20 della proposta che attribuiscono alla Commissione il potere di modificare, tramite atti delegati, gli allegati del regolamento e, quindi, l'elenco dei progetti e programmi di interesse comunitario e l'elenco dei settori e delle attività economiche rilevanti ai fini del controllo sugli investimenti esteri, giustificando tale scelta con la necessità di tenere conto dell'evoluzione delle circostanze rilevanti per la sicurezza o l'ordine pubblico dell'Unione. Tale concetto appare, tuttavia, estraneo all'ordinamento dell'UE e soprattutto in grado di incidere su aspetti di competenza esclusiva degli Stati membri in materia di sicurezza nazionale e potenzialmente pregiudizievole pertanto della loro autonomia nella definizione dei propri attivi strategici. Il riconoscimento alla Commissione della facoltà di ampliare così significativamente l'ambito di applicazione della normativa potrebbe inoltre generare potenziale incertezza e aumentare gli oneri a carico degli investitori. A tal riguardo, si ritiene necessario valutare più approfonditamente tale scelta e anche se non sia più opportuno procedere all'introduzione di un nucleo minimo di settori all'interno del regolamento, in analogia alla disciplina vigente, integrandoli secondo le proposte delle amministrazioni interessate, piuttosto che Pag. 244prevedere la modifica dei settori stessi mediante il ricorso ad atti delegati;

    a fronte di innovazioni così complesse e potenzialmente onerose, la Commissione europea non ha elaborato una valutazione di impatto, ritenendo sufficiente la relazione di valutazione che accompagna la proposta;

   considerato che le predette interlocuzioni con gli Stati membri e la Commissione europea potrebbero, in sede contenziosa, essere utilizzate strumentalmente per contestare la decisione finale. Inoltre, il perseguimento della condivisibile finalità di un miglior coordinamento delle decisioni degli Stati membri sugli investimenti esteri a vantaggio della prevedibilità e della certezza delle condizioni di investimenti in Europa potrebbe condurre in realtà ad un eterogenesi dei fini, determinando una sorta di cacofonia di osservazioni e pareri non convergenti fra Stati membri e con la Commissione, sia quando trattano notifiche di imprese multinazionali con impatti transnazionali sia infine quando i poteri di intervento ex post su investimenti già realizzati non sono adeguatamente definiti nei presupposti applicativi;

   rilevata anche l'esigenza, nel corso del negoziato sulla proposta, di valutare più attentamente:

    la portata degli obblighi di notifica degli Stati membri, previsti dall'articolo 5, in particolare in relazione alla nozione di «indagine approfondita» e alla individuazione dei «casi eccezionali», che si configurano come due fattispecie che richiedono la notifica alla Commissione. In particolare, la nozione di «indagine approfondita» dovrebbe essere meglio esplicitata facendo riferimento a parametri oggettivi per distinguerla chiaramente dall'«esame iniziale», condotto sempre dall'autorità di controllo e che solo eventualmente conduce al controllo dell'investimento estero, allo scopo di evitare una crescita esponenziale di notifiche alla Commissione non rilevanti;

    la facoltà, prevista dall'articolo 5, di notificare alla Commissione altri investimenti esteri, non soggetti all'obbligo di notifica, che lo Stato membro notificante ritiene che possano essere di interesse per gli altri Stati membri. Non appare infatti chiaro come sia possibile intercettare queste fattispecie e notificarle, se non rilevano ai fini degli obblighi di notifica. Qualora la norma intendesse fare riferimento agli altri investimenti esteri che sono oggetto di notifica ai sensi dei meccanismi nazionali di controllo, si valuti l'opportunità di indicare criteri di rilevanza e significatività, utilizzando esempi, allo scopo di limitare un eccesso di notifiche e di armonizzare i comportamenti delle autorità di controllo nazionali;

   considerato più in generale che l'effettiva efficacia dell'armonizzazione introdotta è strettamente legata alla concreta attuazione e applicazione, a livello nazionale, dei principi e criteri, necessariamente generali e a volte piuttosto indefiniti, contenuti nella proposta, che lasciano ampi spazi di manovra alla discrezionalità amministrativa, è opportuno aumentare il «tasso di chiarezza» e oggettività dell'ambito di applicazione del controllo in relazione ai settori individuati negli allegati. Ciò eventualmente facendo riferimento a parametri quantitativi (ad esempio, a soglie di rilevanza degli investimenti) o qualitativi o valutando anche la possibilità di adottare linee guida unitarie condivise dai meccanismi nazionali di controllo che, sulla base della casistica, possano orientare gli operatori nell'applicazione della disciplina;

   rilevata l'esigenza che nella fase di attuazione della normativa:

    siano effettivamente rispettati i confini delle competenze degli attori coinvolti e, in particolare, delle competenze nazionali in materia di sicurezza e ordine pubblico;

    sia minimizzato l'impatto sui costi del fare impresa nel mercato unico e sia tutelata la capacità di crescere e innovare del sistema produttivo europeo;

    siano garantite adeguate risorse alle strutture amministrative competenti per assicurare il rispetto dei tempi legati alla Pag. 245partecipazione degli Stati membri al meccanismo di cooperazione e per fornire risposte adeguate ai soggetti privati;

   si valuti, anche alla luce di quanto precedentemente osservato, se, allo scopo di ridurre l'impatto normativo sul piano regolatorio interno degli Stati membri, non sia più opportuno procedere a una modifica mirata del regolamento (UE) n. 2019/452 piuttosto che a una sua abrogazione integrale;

   sottolineata, pertanto, l'opportunità di operare, nel prosieguo dell'esame della proposta a livello di Unione europea, un'analisi approfondita dei profili di criticità richiamati in precedenza, elaborando anche una nuova valutazione di impatto;

   rilevata l'esigenza che il presente documento sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea,

VALUTA CONFORME

   la proposta al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea.