CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 aprile 2024
295.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. C. 1665 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),

   esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge C. 1665, d'iniziativa del Governo, già approvato dal Senato, recante «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione»;

   evidenziato che il provvedimento ha lo scopo di definire i princìpi generali per l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese tra lo Stato e le singole regioni, nel rispetto dell'unità nazionale e dei princìpi di coesione economica, sociale e territoriale;

   preso atto che l'attribuzione di funzioni, con riguardo a materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) di cui all'articolo 117, primo comma, lettera m), della Costituzione;

   valutato che tra le materie escluse dall'opera di determinazione dei LEP figurano i rapporti internazionali e con l'Unione europea, nonché il commercio con l'estero,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. C. 1665 Governo, approvato dal Senato.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO
PRESENTATA DAL GRUPPO PD-IDP

  La III Commissione,

   in sede di esame del disegno di legge recante disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (A.C. 1665),

   premesso che:

    dalle numerose audizioni svoltesi dinanzi alla Commissione Affari costituzionali, è emerso un quadro fortemente critico del disegno di legge in esame con specifico riferimento al rispetto del sistema delle fonti, al trasferimento delle funzioni e al relativo finanziamento, alla determinazione dei LEP e al ruolo degli enti locali;

    un primo ordine di criticità – sollevato dalla quasi totalità dei costituzionalisti auditi – attiene all'adeguatezza dello strumento legislativo ordinario al fine di dare attuazione all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, fornendo una cornice alle successive leggi di approvazione delle intese. In primis, poiché la legge ordinaria può essere modificata o abrogata da qualunque legge ordinaria successiva, ivi compresa la legge di approvazione dell'intesa;

    lo strumento adeguato a dare attuazione all'articolo 116, terzo comma, sarebbe stato una legge costituzionale, così come previsto da un disegno di legge del Gruppo del Partito Democratico, secondo cui il percorso che può condurre all'attribuzione ad alcune regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia dovrebbe essere disciplinato da una cornice di livello costituzionale, approvata ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione;

   considerato che:

    l'articolo 2, comma 2, primo periodo, del disegno di legge in esame prevede che «L'atto o gli atti di iniziativa di ciascuna regione possono concernere una o più materie o ambiti di materie e le relative funzioni»;

    tali disposizioni contrastano con l'articolo 116, terzo comma, e con l'articolo 117, commi secondo e terzo della Costituzione, poiché prevedono il trasferimento alle regioni di intere materie attribuite dalle citate norme costituzionali alla competenza concorrente tra Stato e regioni e non solo, secondo la ratio dell'articolo 116, terzo comma, di ambiti di materie ovvero di singole funzioni «concernenti» le stesse;

    l'articolo 116, terzo comma, prevede, infatti – così come la procedura di cui al primo comma – l'attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia ma, a differenza del primo comma, precisa che esse «concernono» le materie di cui all'articolo 117, terzo comma, e singoli casi di competenza esclusiva e sono dunque da individuare all'interno di esse;

    nel caso in cui l'articolo 116, terzo comma, consentisse l'integrale trasferimento di intere materie di competenza concorrente alle regioni, verrebbe meno uno dei principali criteri distintivi tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario. Si violerebbe perciò il principio che presiede all'ordinamento dell'autonomia regionale previsto dal titolo V e stabilito dallo stesso articolo 116, primo comma, che dovrebbe essere invece cardine e norma pilota nella interpretazione dell'intero articolo 116. Si modificherebbe in forma tacita,Pag. 74 graduale e surrettizia l'intero sistema dell'autonomia regionale delineato dal titolo V che prevede un impianto duale tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario; il terzo comma diventerebbe una norma dissolutoria di quanto stabilito al primo comma dello stesso articolo 116 con evidente antinomia e necessità di una diversa interpretazione;

   considerato inoltre che:

    secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), nell'audizione durante l'esame del provvedimento al Senato, «il trasferimento alle regioni di competenze quali, ad esempio, le grandi reti di trasporto, i porti e gli aeroporti potrebbe generare, nel caso di interessamento di due o più regioni o di una minore efficienza nella gestione locale rispetto a quella nazionale, esternalità negative con effetti potenziali sull'intero Paese. Peraltro, un'attenzione particolare meriterebbe il fatto che tra le materie potenzialmente oggetto di autonomia differenziata vi è la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia, una materia di particolare interesse strategico nazionale e cruciale a fronte delle sfide che si pongono in merito alla transizione energetica. Il trasferimento di funzioni e delle necessarie risorse dovrebbe pertanto essere preceduto da un'analisi da cui emerga un effettivo miglioramento complessivo della gestione pubblica. La stessa regione che voglia ottenere maggiori competenze in alcune materie dovrebbe, a monte, motivare la richiesta indicando i benefici che ne deriverebbero rispetto alla situazione centralizzata. Il complesso di queste informazioni dovrebbe poi essere reso disponibile al Parlamento per istruire l'eventuale approvazione.»;

    inoltre, come sottolineato da molti dei soggetti auditi, la possibilità che «le norme generali sull'istruzione», possano essere oggetto di autonomia differenziata appare quantomeno problematica da ipotizzare e rischia, in ogni caso, di dar luogo ad una grave ed irreversibile frammentazione del sistema scolastico; il venir meno del «carattere nazionale» dell'istruzione e la conseguente regionalizzazione della Scuola rischia di minare, alla radice, le basi del diritto allo studio e di creare un vulnus profondo alla stessa identità culturale del Paese; regionalizzare le norme generali sull'istruzione significa, potenzialmente, mutare il volto della Scuola italiana, con inevitabili ripercussioni sui diritti in essa agiti;

    tra le altre pronunce, tra cui la sentenza n. 200 del 2009, il giudice costituzionale ha chiarito come si pongano negli «artt. 33 e 34 della Costituzione le caratteristiche basilari del sistema scolastico, relative: a) alla istituzione di scuole per tutti gli ordini e gradi (articolo 33, secondo comma, Cost.); b) al diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (articolo 33, terzo comma, Cost.); c) alla parità tra scuole statali e non statali sotto gli aspetti della loro piena libertà e dell'uguale trattamento degli alunni (articolo 33, quarto comma, Cost.); d) alla necessità di un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi (articolo 33, quinto comma, Cost.); e) all'apertura della scuola a tutti (articolo 34, primo comma, Cost.); f) alla obbligatorietà e gratuità dell'istruzione inferiore (articolo 34, secondo comma, Cost.); g) al diritto degli alunni capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi (articolo 34, terzo comma, Cost.); h) alla necessità di rendere effettivo quest'ultimo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso (articolo 34, quarto comma, Cost.)», aggiungendo che, «dalla lettura del complesso delle riportate disposizioni costituzionali si ricava, dunque, una chiara definizione vincolante – ma ovviamente non tassativa – degli ambiti riconducibili al “concetto” di “norme generali sull'istruzione”»;

    con tale ampia descrizione, la Corte intendeva chiarire come il legislatore costituzionale avesse assegnato «alle prescrizioni contenute nei citati artt. 33 e 34 valenza necessariamente generale ed unitaria che identifica un ambito di competenza esclusivamente statale», rappresentando «la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di Pag. 75essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti richiesti dalla legge. In questo ambito si colloca anche la disciplina relativa alla “autonomia delle istituzioni scolastiche”, facenti parte del sistema nazionale di istruzione, autonomia cui fa espresso riferimento il terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione»;

    analogamente al comparto istruzione, anche per il sistema universitario si potrà prevedere, a seconda delle diverse regioni, l'assunzione di rilevanti competenze in materia di finanziamenti, programmazione e personale. Il percorso che si vuole intraprendere porterà, inevitabilmente e in poco tempo, alla definitiva disgregazione del già agonizzante «sistema nazionale» universitario, già oggi fin troppo frammentato; infatti, pur nell'ambito dell'autonomia riconosciuta alla ricerca, il rischio sarà quello di accelerare il processo di rafforzamento delle prerogative regolamentari e di drenaggio di risorse dagli atenei meno forti a quelli più forti, che in quest'ultimo decennio ha amplificato le differenze tra gli atenei e indebolito il sistema universitario nel suo complesso;

    riguardo la sanità, la maggior parte dei soggetti auditi ha evidenziato come l'autonomia differenziata – così come concepito dal disegno di legge in esame – avrebbe ripercussioni molto negative sul funzionamento del Servizio sanitario nazionale, già fortemente compromesso – come reso di tutta evidenza gestione regionale della pandemia – dall'attuale attuazione del Titolo V; già ora il SSN, pubblico e universale, è oggetto di una «parcellizzazione selvaggia» che ha dimostrato tutti i suoi limiti, creando la «salute diseguale»: secondo l'Istat, infatti, al Sud si vive un anno e sette mesi in meno che al Nord, e la mobilità sanitaria riguarda l'11,4 per cento dei ricoverati residenti nel Meridione a fronte del 5,6 per cento dei residenti nel Nord-Italia;

    si assiste – già da decenni – a una mobilità sanitaria che, secondo la Corte dei conti, ha «dirottato» in un decennio 14 miliardi di euro dalle regioni del Sud a quelle del Nord; secondo l'UPB «La mobilità passiva riguarda prestazioni che devono comunque essere coperte dalla regione di residenza anche se vengono rese da parte dei SSR di altre regioni. Questo fenomeno, che sarebbe fisiologico se riguardasse limitati casi di prestazioni molto specialistiche, fornite solo da un piccolo numero di strutture sul territorio nazionale, presenta in generale in Italia dimensioni abnormi, in quanto rispecchia anche gli squilibri infrastrutturali e le differenze qualitative nei servizi, che a loro volta possono discendere, oltre che dalle stesse carenze in termini di strutture sanitarie disponibili, da problemi di organizzazione e gestione e/o da carenze, ad esempio, di personale, eventualmente legate anche alle misure di governo della spesa imposte con i piani di rientro.»;

   rilevato che:

    con riferimento al procedimento di approvazione dell'intesa – come delineato dal disegno di legge in discussione – sono state sollevate, dai costituzionalisti e non solo, in modo quasi unanime, critiche sull'insufficiente coinvolgimento del Parlamento nel procedimento, in particolare, sulla legge di approvazione dell'intesa quale legge di mera approvazione, senza possibilità per il Parlamento di emendare e modificare il testo;

    il disegno di legge prevede che il Parlamento, in un primo momento, si limiti ad approvare atti di indirizzo sullo «schema» dell'intesa, di cui non è chiarita l'effettiva portata vincolante, mentre non viene mai prevista per il Parlamento la possibilità effettiva di decidere sul contenuto delle intese, relegando così il procedimento di differenziazione dell'autonomia – con tutte le conseguenti implicazioni costituzionali e in materia di effettività dei diritti fondamentali – a una trattativa tra Pag. 76esecutivo nazionale ed esecutivi regionali, che rischia di spogliare il Parlamento della propria potestà legislativa;

   rilevato inoltre che:

    le intese devono intendersi rigorosamente tutte all'interno del sistema di competenze previsto dalla Costituzione per le regioni a statuto ordinario. Grazie alle intese e alla legge ordinaria che le approva, lo Stato può attribuire alle regioni singole funzioni, ma non rinunciare al proprio titolo di competenza concorrente o esclusiva e pertanto deve considerarsi in contrasto con l'articolo 116, comma 3, la possibilità di richiedere intese per l'attribuzione di intere materie;

    il procedimento previsto dall'articolo viola le disposizioni degli articoli 70 e 72 della Costituzione sulle modalità di esercizio della funzione legislativa da parte delle Camere e la riserva di regolamento parlamentare stabilita dallo stesso articolo 72 per la ulteriore disciplina della materia;

   considerato altresì che:

    nonostante il procedimento per la determinazione dei LEP sia ora stato rimesso all'adozione di decreti legislativi, desta grande preoccupazione il permanere della previsione dello stesso articolo 3 che ai commi 9 e 10 stabilisce che «nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi (...), ai fini della determinazione dei LEP» continuino ad applicarsi le norme previste dalla legge di bilancio 2023, ovvero il ricorso a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e che sia «fatta salva la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard», svolta ai sensi delle suddette norme, alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi;

   considerato altresì che:

    specifiche preoccupazioni sono state infine espresse dagli enti locali che temono che i processi di differenziazione possano condurre a un nuovo «centralismo regionale» senza, peraltro, prevedere il coinvolgimento degli enti locali (sia nei processi di differenziazione, sia nel procedimento di determinazione dei LEP) riguardo all'impatto del trasferimento di funzioni sulle funzioni fondamentali delle province e dei comuni;

   considerato altresì che:

    l'articolo 116, comma 3, della Costituzione prevede che ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possano essere attribuite ad altre regioni solo nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119 della Costituzione, che a sua volta pone una norma cardine nel nostro ordinamento per l'attuazione di un regionalismo solidale, ricavabile dalla previsione della perequazione rivolta ai territori con minore capacità fiscale, mentre al comma 5 stabilisce che lo Stato deve destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, al fine di rimuovere gli squilibri economici e sociali e favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona;

    come sottolineato da numerosi professori durante le audizioni, il disegno di legge in esame, al contrario, passa dalla concezione di un regionalismo solidale e cooperativo a declinazioni meramente competitive dello stesso;

    in particolare è emerso un quadro fortemente critico del disegno di legge in esame con specifico riferimento al finanziamento delle funzioni che dovrebbero essere trasferite: esso prevede, infatti, una clausola di invarianza finanziaria all'articolo 9, comma 1, dove viene espressamente stabilito che «dall'applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;

    la stessa clausola di neutralità finanziaria pare poi smentita da un inciso dello stesso articolo 4, comma 1, in cui si dice che eventuali «maggiori oneri a carico della finanza pubblica» potranno condizionare il trasferimento delle funzioni allo stanziamento delle risorse necessarie;

    particolarmente problematica sotto il profilo costituzionale è poi la previsione dell'articolo 5 del provvedimento laddove Pag. 77prevede che quote di compartecipazione al gettito di tributi erariali vengano definite nelle intese, senza dettare però alcun criterio sull'ammontare di queste quote di compartecipazione ai tributi erariali che dovranno essere garantite dalle regioni differenziate, e che serviranno a finanziare le funzioni ad esse affidate;

    l'affidamento alla negoziazione tra Stato e regioni di scelte tributarie potenzialmente decisive sul bilancio dello Stato, appare un'opzione non solo rischiosa e irragionevole, ma anche lesiva degli articoli 3 e 81 della Costituzione;

    la previsione dell'articolo 5, comma 2, appare poi del tutto incoerente con quella del successivo articolo 9, comma 3 laddove prevede che «le intese, in ogni caso, non possono pregiudicare l'entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre regioni», una clausola di salvaguardia questa irrealizzabile senza una previa determinazione della quota di compartecipazione al gettito erariale che dovrà essere corrisposta dalle singole regioni differenziate;

   considerato infine che,

    il complessivo impianto del disegno di legge e le concezioni che lo ispirano si fondano su una interpretazione dell'articolo 116, terzo comma, indebitamente estensiva e contrastante con la lettera e lo spirito della norma nel quadro del sistema costituzionale:

  esprime

PARERE CONTRARIO.

Amendola.

Pag. 78

ALLEGATO 3

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. C. 1665 Governo, approvato dal Senato.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO
PRESENTATA DAL GRUPPO M5S

  La III Commissione,

   esaminato, per i profili di competenza, l'A.C. 1665, recante «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione»,

   premesso che:

    il testo in esame, modificato rispetto al disegno di legge governativo originariamente presentato il 23 marzo 2023, mantiene un impianto segnato da criticità rilevanti, emerse e confermate durante il ciclo di qualificate audizioni tenutosi presso la Commissione Affari Costituzionali che, salvo alcuni casi, hanno rilevato la permanenza di quasi tutti i principali nodi politico-tecnici;

    si può affermare che il disegno di legge in esame è caratterizzato dall'elemento dell'indeterminatezza. In tal senso, dunque, ci si appresta a dare attuazione ad un processo potenzialmente di amplissima portata senza certezza alcuna del quadro ordinamentale e procedurale che lo accompagnerà non soltanto nella cruciale fase negoziale ed istruttoria, ma anche in quella strettamente applicativa. Logica e ragionevolezza avrebbero richiesto una preventiva verifica dell'applicazione del nuovo Titolo V dopo oltre venti anni dalla sua approvazione, stante anche la giurisprudenza costituzionale succedutasi sul punto, il contenzioso e le problematiche concrete riscontrate;

   premesso, altresì, che:

    l'attuazione dell'autonomia differenziata non può naturalmente prescindere dal rispetto della coesione sociale del Paese ed anzi la solidarietà e l'unità dei diritti fondamentali esigibili dovrebbero essere alla base di qualsiasi passaggio ulteriore. La temporaneità e reversibilità dell'attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia dovrebbe costituire l'architrave, in un dispositivo prudente, graduale nel tempo e precisamente circoscritto a funzioni puntuali gestibili con certezza;

    avviare un processo nel quale teoricamente – dal tenore letterale delle formulazioni normative in esame – non è espressamente escluso che tutte le regioni possano richiedere ed eventualmente ottenere simultaneamente non solo singole funzioni bensì l'intero novero di materie, non significa dare attuazione ad un articolo della Costituzione ma negare lo spirito stesso della Costituzione. Stando al testo, la Repubblica si potrebbe ritrovare un corpus normativo frammentato tra regioni ordinarie ad autonomia differenziata, regioni ordinarie ad autonomia non differenziata e regioni a statuto speciale per tutte o ciascuna di tali materie. Ne risulterebbe un mosaico incomprensibile ed ingestibile che nulla ha a che vedere con l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, la quale andrebbe invece subordinata alla piena definizione della cornice legislativa statale che determini, oltre ai livelli essenziali delle prestazioni – per i quali deve essere assicurato lo stanziamento di risorse necessario a garantirne l'attuazione in concreto – anche i principi fondamentali per tutte le materie di legislazione esclusiva statale e di legislazione concorrente cui, in ogni caso, nessuna istituzione territoriale può derogare;

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   considerato che:

    il 1° febbraio scorso, l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), in audizione presso la Commissione parlamentare per le questioni regionali, ha sottolineato come la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) per le materie escluse non impedisca comunque che possano essere richieste forme e condizioni di particolare autonomia con riferimento alle stesse materie. In tal senso, è stata rimarcata la necessità di tutelare l'imprescindibile esigenza del rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria, nonché garantire la tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica, in fase di definizione delle intese;

   valutato che:

    in merito al commercio con l'estero è necessario approfondire la tipologia di poteri interessati dal suo decentramento. In particolare, se possa paventarsi la possibilità di un potere di stipula di accordi internazionali e, in tal caso, come possa ritenersi compatibile con il principio dell'esclusiva riserva statale nelle relazioni internazionali e con l'Unione europea con cui la giurisprudenza costituzionale ha vietare il riconoscimento di una qualsiasi competenza regionale;

    talune materie, come appunto i rapporti internazionali e il commercio con l'estero, considerati gli impegni internazionali, devono rientrare in una prospettiva inderogabilmente unitaria, incompatibile con la regionalizzazione dell'autonomia differenziata;

   tenuto conto che:

    negli anni la competenza sovrannazionale dell'Unione europea ha portato all'armonizzazione in molte materie e, oltre all'omogeneità normativa, ha prodotto in tal senso un maggiore peso geopolitico. Considerata l'attuale instabilità e la fluidità dello scenario internazionale, le scelte dettate dal disegno di legge in esame appaiono non condivisibili e azzardate,

  esprime

PARERE CONTRARIO.

Riccardo Ricciardi.