CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 9 aprile 2024
285.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Regno di Thailandia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 14 dicembre 2022. C. 1686.

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,

   esaminato il disegno di legge C. 1686, Governo, recante «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Regno di Thailandia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 14 dicembre 2022»;

   rilevato che:

    l'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione, primo accordo bilaterale concluso tra l'Unione europea e la Thailandia, si compone di 64 articoli, suddivisi in otto titoli, e mira allo sviluppo della cooperazione partendo da valori condivisi e da questioni di reciproco interesse, impegnando le Parti a mantenere un dialogo globale e a intensificare la cooperazione in tutti i settori di interesse comune;

    in particolare, l'Accordo rafforza la collaborazione in un'ampia gamma di settori, tra cui i diritti umani, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, la lotta al terrorismo, la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, l'affermazione della parità di genere, il commercio, la migrazione, l'ambiente, l'energia, i cambiamenti climatici, i trasporti, la scienza e la tecnologia, l'occupazione e gli affari sociali, l'istruzione, l'agricoltura e la cultura e stabilisce la cornice giuridica e politico-istituzionale di riferimento per le relazioni bilaterali con la Thailandia;

    il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di 4 articoli, relativi appunto all'autorizzazione alla ratifica, all'ordine di esecuzione, all'invarianza finanziaria e all'entrata in vigore;

   ritenuto che:

    per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite:

     il provvedimento s'inquadra nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione demanda alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,

   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. C. 1018.

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,

   esaminata la proposta di legge C. 1018 recante «Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività», come risultante al termine dell'esame delle proposte emendative presso la VIII Commissione,

   rilevato che:

    la norma recata dall'unico articolo della proposta di legge in esame è volta ad individuare una specifica disciplina per le associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto, ai fini dell'applicazione della normativa di favore prevista dal codice del terzo settore (articolo 71, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 117 del 2017) per il cambio di destinazione d'uso dei locali utilizzati come sedi;

    il citato articolo 71, comma 1, dispone che le sedi degli enti del terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica;

    il testo risultante dalle modifiche operate a seguito dell'esame delle proposte emendative prevede che, fatto salvo quanto previsto dagli accordi e dalle intese stipulati ai sensi degli articoli 7 e 8, terzo comma, della Costituzione, la disciplina di favore in questione si applica alle associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto nel rispetto dei criteri in materia di compatibilità urbanistica ed edilizia individuati con apposito decreto ministeriale;

    tale decreto è adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno ed il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, e tiene conto della specificità delle modalità di esercizio delle diverse forme di culto, delle esigenze di sicurezza e accessibilità dei locali e dell'impatto delle relative attività sul tessuto urbano circostante e sui singoli edifici, anche in termini di concentrazione oraria o giornaliera dell'afflusso di persone ai locali interessati, senza pregiudizio per la libertà di culto;

   ritenuto che:

    per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite:

     la proposta di legge incide su un profilo rientrante nella materia «governo del territorio», che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni;

     secondo la giurisprudenza costituzionale, il governo del territorio «comprende, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti e attività» (sentenza n. 307 del 2003), oltre al «nucleo duro» della stessa disciplina del governo del territorio rappresentato dai profili tradizionalmentePag. 24 appartenenti all'urbanistica e all'edilizia;

     l'ambito disciplinato dal Testo unico in materia edilizia è ricompreso per giurisprudenza costante nella competenza concorrente in materia di «governo del territorio» (sentenze n. 196 del 2004, n. 362 e n. 303 del 2003; sentenza n. 233 del 2015);

     secondo la giurisprudenza costituzionale, sono da considerarsi, tra gli altri, principi fondamentali della legislazione dello Stato le disposizioni che definiscono le categorie di interventi edilizi, perché è in conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali (sentenza n. 309 del 2011);

     la proposta di legge prevede, nel procedimento di adozione del decreto ministeriale chiamato a definire i criteri in materia di compatibilità urbanistica ed edilizia, il coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali nella forma dell'intesa in sede di Conferenza unificata;

    per quanto riguarda il rispetto degli altri principi costituzionali

     assume rilievo il quadro costituzionale delle garanzie della libertà religiosa, definito dagli articoli 8, 19 e 20 della Costituzione;

     rileva inoltre il principio di laicità che la Corte costituzionale annovera tra i principi supremi dell'ordinamento costituzionale e che trova fondamento negli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implicando la garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale;

     la Corte costituzionale ha affermato il principio per cui la disponibilità di spazi adeguati ove «rendere concretamente possibile, o comunque [...] facilitare, le attività di culto» (sentenza n. 195 del 1993) rientri nella tutela di cui all'articolo 19 della Costituzione, il quale riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato il culto, con il solo limite dei riti contrari al buon costume (sentenza n. 63 del 2016);

     la stessa Corte costituzionale ha sottolineato, da ultimo, con la sentenza n. 254 del 2019, che «la libertà di culto si traduce anche nel diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare (sentenza n. 67 del 2017) e comporta perciò più precisamente un duplice dovere a carico delle autorità pubbliche cui spetta di regolare e gestire l'uso del territorio (essenzialmente le regioni e i comuni): in positivo – in applicazione del citato principio di laicità – esso implica che le amministrazioni competenti prevedano e mettano a disposizione spazi pubblici per le attività religiose; in negativo, impone che non si frappongano ostacoli ingiustificati all'esercizio del culto nei luoghi privati e che non si discriminino le confessioni nell'accesso agli spazi pubblici (sentenze n. 63 del 2016, n. 346 del 2002 e n. 195 del 1993)»;

   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 3

Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. C. 1018.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA
DAL GRUPPO MOVIMENTO 5 STELLE

  Il Comitato pareri della I Commissione,

   in sede di esame della proposta di legge recante «Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività» (C. 1018);

   premesso che:

    il provvedimento in esame si compone di un unico articolo;

    la norma recata è volta ad escludere, per le sole associazioni di promozione sociale (APS) che svolgono attività di culto, l'applicazione della normativa di favore prevista dall'art. 71, comma 1, del decreto legislativo 117 del 2017, in materia di cambio di destinazione d'uso di locali utilizzati come sedi degli enti del terzo settore;

    in relazione allo svolgimento di attività di culto, la norma in esame limita espressamente la propria applicazione alle sole attività di culto di confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato non sono regolati sulla base di intese, ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione – ad esse, infatti, è riservata una disciplina più restrittiva, demandata ad un decreto ministeriale che dovrà tenere conto della specificità delle modalità di esercizio delle diverse forme di culto e di ulteriori parametri puntualmente definiti e riferibili alle attività di culto delle comunità islamiche;

    il sopra menzionato articolo 71 ha natura di norma speciale e derogatoria della disciplina edilizio-urbanistica e prevede che le sedi degli enti del terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali – purché non di tipo produttivo – sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 1444 del 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica, in linea con la ratio del Codice di agevolare tutti gli enti del terzo settore nel perseguimento delle proprie finalità istituzionali;

    nel corso dell'esame della proposta di legge presso la Commissione di merito sono state svolte autorevoli audizioni che hanno evidenziato dirimenti profili di incostituzionalità, già in parte rilevati nel parere espresso dalla Commissione Affari costituzionali durante l'esame dell'analoga proposta di legge n. 1059 della XVIII Legislatura, rilievi che, nonostante i ripetuti tentativi di riscrittura della norma, non possono ritenersi superati nel testo che approda all'esame dell'Aula;

   come menzionato nella relazione illustrativa, la proposta di legge intende limitare la portata applicativa della disposizione di cui all'articolo 71 del Codice del Terzo settore per incidere sul fenomeno della «diffusa proliferazione di associazioni di promozione sociale (APS) che, di fatto, però, hanno come funzione esclusiva o prevalente quella di gestire luoghi di culto per le comunità islamiche in immobili privi dei requisiti urbanistici, strutturali e di sicurezza, necessari per tale destinazione d'uso»; disciplina che «era nata per aiutare circoli culturali e associazioni sportive dilettantistiche o culturali ad essere riconosciute e procurarsi una sede Pag. 26senza eccessivi aggravi burocratici; ma, invece, è diventata ben presto il grimaldello utilizzato dalle comunità islamiche per insediarsi nel territorio italiano creando moschee e madrasse nella completa indifferenza delle istituzioni, in spregio alla legge e nella sostanziale impossibilità a intervenire da parte delle Forze dell'ordine.»;

    in sede di redazione del Codice del Terzo settore, il Consiglio di Stato, nel parere n. 01405 del 14 giugno 2017, ha suggerito al legislatore l'attuale definizione di «enti religiosi civilmente riconosciuti», in sostituzione dell'espressione «enti riconosciuti dalle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato», proprio per evitare che la possibilità dei predetti enti di accedere alla disciplina del Codice fosse a priori limitata alle sole confessioni caratterizzate dalle intese, alla luce della giurisprudenza costituzionale per la quale è precluso al legislatore «operare discriminazioni tra confessioni religiose in base alla sola circostanza che esse abbiano o non abbiano regolato i loro rapporti con lo stato tramite accordi o intese»;

    il predetto articolo 71 ha natura di norma speciale e derogatoria della disciplina edilizio-urbanistica e prevede che le sedi degli enti del terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali – purché non di tipo produttivo – sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 1444 del 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica, in linea con la ratio del Codice di agevolare tutti gli enti del terzo settore nel perseguimento delle proprie finalità istituzionali;

    la modifica normativa proposta appare pertanto in contrasto con gli artt. 3, 8, commi 1 e 2, 19 e 20 della Costituzione in quanto configura una speciale limitazione legislativa riferita ad una determinata forma associativa nello svolgimento dell'attività di culto mentre mantiene una disciplina di maggior favore per tutte le altre associazioni o istituzioni con fine di religione e di culto o per gli enti di carattere ecclesiastico;

    in tal modo, la disposizione incorre, in primo luogo, nella violazione del criterio di ragionevolezza di cui all'articolo 3 Costituzione per disparità di trattamento non solo rispetto alle APS che svolgono attività di culto di confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato sono regolati dalle intese, ma anche agli altri enti del terzo settore che abbiano assunto una natura diversa dalle APS e che svolgono attività di culto, indipendentemente dalla stipulazione di intese;

    come ben evidenziato anche nel dossier elaborato dal Servizio studi;

    secondo la Consulta, «Le intese di cui all'articolo 8, terzo comma, sono [...] lo strumento previsto dalla Costituzione per la regolazione dei rapporti delle confessioni religiose con lo Stato per gli aspetti che si collegano alle specificità delle singole confessioni o che richiedono deroghe al diritto comune: non sono e non possono essere, invece, una condizione imposta dai poteri pubblici alle confessioni per usufruire della libertà di organizzazione e di azione, loro garantita dal primo e dal secondo comma dello stesso articolo 8, né per usufruire di norme di favore riguardanti le confessioni religiose». [...] Vale dunque in proposito il divieto di discriminazione, sancito in generale dall'art. 3 della Costituzione e ribadito, per quanto qui interessa, dall'articolo 8, primo comma (sentenza n. 346 del 2002) e, ancora, «la posizione delle confessioni religiose va presa in considerazione in quanto preordinata alla soddisfazione dei bisogni religiosi dei cittadini, e cioè in funzione di un effettivo godimento del diritto di libertà religiosa, che comprende l'esercizio pubblico del culto professato come esplicitamente sancito dall'art. 19 della Costituzione. In questa prospettiva tutte le confessioni religiose sono idonee a rappresentare gli interessi religiosi dei loro appartenenti. L'aver stipulato l'intesa prevista dall'art. 8, terzo comma, della Costituzione per regolare in modo speciale i rapporti con lo Stato non può quindi costituire l'elemento di discriminazione nell'applicazione di una disciplina, posta da una legge comune, volta ad agevolare l'esercizioPag. 27 di un diritto di libertà dei cittadini» (sentenza n. 195 del 1993);

    con le due sentenze sopracitate la Corte ha giudicato illegittime, per violazione dei principi di uguaglianza e di uguale libertà delle confessioni religiose (articoli 3 e 8, primo comma, Cost.), le disposizioni di due leggi regionali, che prevedevano benefici in favore delle confessioni religiose per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi, nella parte in cui subordinavano l'accesso ai benefici all'esistenza di un'intesa per la regolazione dei rapporti con lo Stato;

   alla luce di quanto sopra esposto,

  esprime

PARERE CONTRARIO

Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza.

Pag. 28

ALLEGATO 4

Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. C. 1018.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA
DAL GRUPPO PARTITO DEMOCRATICO

  Il Comitato pareri della I Commissione,

   esaminata la proposta di legge C. 1018, recante «Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività»;

   premesso che:

    l'articolo 71, comma 1, attualmente vigente, prevede che le sedi degli enti del terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali – purché non siano di tipo produttivo – siano compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 1444-1968 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica, una disposizione questa a carattere speciale, che contiene una deroga alla normativa edilizio-urbanistica in tema di destinazione d'uso edilizio e titoli abilitativi, consentendo agli enti del terzo settore di non modificare la destinazione d'uso delle sedi e dei locali di cui abbiano disponibilità;

    il provvedimento in esame modifica parzialmente l'attuale disciplina, vincolando l'utilizzo delle sedi degli enti dei Terzo settore, e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, al rispetto dei criteri in materia di compatibilità urbanistica ed edilizia – che saranno individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno ed il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 – solo ed esclusivamente con riferimento alle associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto, fortemente limitando così l'applicazione della normativa di favore prevista dall'articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017, per il cambio di destinazione d'uso dei locali utilizzati come sedi degli enti del terzo settore;

    tale previsione è del tutto illegittima e fortemente lesiva innanzitutto del divieto di discriminazione in virtù dell'appartenenza ad una confessione religiosa, così come previsto dall'articolo 3, comma 1, della Costituzione laddove limita l'applicazione di una norma a carattere eccezionale e di favore quale quella introdotta dall'articolo 71, comma 1, solo con riferimento alle associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto;

    altrettanto illegittima e lesiva degli articoli 8 e 20 della Costituzione è la disposizione che, facendo in ogni caso salvo quanto previsto dagli accordi e dalle intese stipulati ai sensi degli articoli 7 e 8, terzo comma, della Costituzione, sembra operare una distinzione, e quindi una disparità di trattamento, tra le associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto a seconda che abbiano o meno stipulato accordi o intese;

    occorre infatti ricordare che l'articolo 8, primo comma della Costituzione, afferma il principio della «eguale libertà» davanti alla legge di tutte le confessioni religiose, mentre al secondo comma riconosce il diritto di quest'ultime di «organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridicoPag. 29 italiano», stabilendo la facoltà per le loro «rappresentanze» – non l'obbligo – di regolare i propri rapporti con lo Stato attraverso lo strumento dell'intesa (art. 8, terzo comma, Cost.);

    l'esistenza di un'intesa non costituisce dunque condizione per la concessione di agevolazioni o contributi, mentre la sua assenza non giustifica l'imposizione di particolari limitazioni legislative (art. 20 Cost.);

    osservato infine come, alla luce della stessa finalità della proposta di legge in esame, assuma rilievo il quadro costituzionale delle garanzie di esercizio della libertà religiosa, definito dagli articoli 8, primo comma, 19 e 20 della Costituzione;

    segnalato, al riguardo, come rilevi in materia la giurisprudenza costituzionale sul principio di laicità – che la Corte costituzionale annovera tra i principi supremi dell'ordinamento costituzionale – il quale trova fondamento negli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione ed implica la garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale;

    evidenziato, a tale ultimo proposito, come la Corte costituzionale abbia affermato il principio per cui la disponibilità di spazi adeguati ove «rendere concretamente possibile, o comunque [...] facilitare, le attività di culto» (sentenza n. 195 del 1993) rientri nella tutela di cui all'articolo 19 della Costituzione, il quale riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato il culto, con il solo limite dei riti contrari al buon costume (sentenza n. 63 del 2016);

    rilevato altresì come la stessa Corte costituzionale abbia sottolineato, da ultimo, con la sentenza n. 254 del 2019, che «la libertà di culto si traduce anche nel diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare (sentenza n. 67 del 2017) e comporta perciò più precisamente un duplice dovere a carico delle autorità pubbliche cui spetta di regolare e gestire l'uso del territorio (essenzialmente le regioni e i comuni): in positivo – in applicazione del citato principio di laicità – esso implica che le amministrazioni competenti prevedano e mettano a disposizione spazi pubblici per le attività religiose; in negativo, impone che non si frappongano ostacoli ingiustificati all'esercizio del culto nei luoghi privati e che non si discriminino le confessioni nell'accesso agli spazi pubblici (sentenze n. 63 del 2016, n. 346 del 2002 e n. 195 del 1993)»,

  esprime

PARERE CONTRARIO

Bonafè, Mauri, Cuperlo, Fornaro, Schlein.