CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 novembre 2023
201.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Trasporti, poste e telecomunicazioni (IX)
ALLEGATO
Pag. 153

ALLEGATO 1

7-00144 Ghio: Misure per la valorizzazione del sistema portuale nazionale.

NUOVA FORMULAZIONE

   La IX Commissione,

   premesso che:

    un sistema portuale aperto, competitivo e regolato è un asset strategico per l'economia italiana e, per questo, è importante che la politica portuale sia intesa all'interno di una più generale politica dei trasporti per creare le necessarie sinergie di sistema e produrre valore aggiunto per il Paese;

    la portualità è un anello importante della filiera logistica moderna: sono oltre 200 miliardi di euro derivanti dall'import e dall'export che passano attraverso i porti italiani ed è il 25 per cento del valore del trasporto marittimo mondiale, in un Mediterraneo che, strategicamente, è tornato al centro dell'attenzione geoeconomica e dell'importanza dell'economia;

    il Mar Mediterraneo è, oggi, centrale nello scenario marittimo internazionale, rappresentando la principale connessione tra Occidente e Oriente. Anche tenendo conto degli effetti del cambiamento climatico sulla rotta artica, esperti del settore e analisti ritengono che il ruolo strategico del Mar Mediterraneo resterà confermato nel futuro, anche in funzione del previsto sviluppo, peraltro già in corso, del continente africano. Il nostro Paese, in virtù della sua straordinaria posizione geografica, potrebbe godere di opportunità irripetibili di crescita economica e rilevanza geopolitica proprio grazie allo sviluppo del sistema logistico e portuale nazionale, in termini di investimenti infrastrutturali sostenibili, digitalizzazione e innovazioni tecnologiche, governance, maggiore efficienza e semplificazione amministrativa;

    come riportato nel rapporto «Investimenti e riforme del PNRR per la portualità» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ottobre 2022, l'attuale rete logistica portuale nazionale include 58 porti (e 24 interporti) dedicati al trasporto delle merci e dei passeggeri, riuniti in 16 autorità di sistema portuale (AdSP) e distribuiti su circa 7.456 chilometri;

    l'Italia è il secondo Paese europeo, dopo i Paesi Bassi, per la movimentazione di merci via mare e seconda solo al Regno Unito per il trasporto marittimo a corto raggio (IT&IA, 2021). La rete logistica è uno dei fattori abilitanti per il successo del Paese nella sfida del commercio internazionale: nel 2019 la movimentazione di merci è stata pari a quasi 500 milioni di tonnellate, operata principalmente su navi che trasportano liquidi (37 per cento, in particolare petrolio e derivati), container (23 per cento) e traghetti (22 per cento) (IT&IA, 2021). I porti di Trieste, Genova, Ravenna, Taranto, Livorno e Gioia Tauro sono tra i primi cinque porti nel Mediterraneo per movimentazione merci in diverse categorie;

    l'Italia, secondo i dati disponibili, si situa al primo posto, in Europa e nel Mediterraneo, per quanto riguarda il movimento via mare di merci e passeggeri tra porti localizzati nell'Europa geografica o tra questi e i porti situati in Paesi non europei con una linea costiera che si affaccia sui mari chiusi alle frontiere dell'Europa, cosiddetto Short Sea Shipping;

    la competitività portuale italiana nel Mar Mediterraneo dovrà essere in grado di misurarsi, da un lato, con la crescita dei porti della sponda non europea del Mediterraneo, con particolare riferimento al porto marocchino di Tanger Med, che vanta la più elevata capacità di movimentazione container del Mediterraneo (oltre 7 milioni Pag. 154di TEU), e al porto egiziano di Port Said che gode di un notevole vantaggio derivante dal raddoppio del Canale di Suez; e, dall'altro, con lo sviluppo dei porti della sponda orientale del Mediterraneo, Grecia e Turchia, in particolare;

    la principale sfida del sistema portuale e logistico nazionale è quella di farsi trovare pronto a rispondere alle evoluzioni tecnologiche, geopolitiche e climatiche che caratterizzeranno il commercio internazionale e il settore nei prossimi anni. Per questo, la risposta si è concretizzata in una strategia «sistemica» basata su tre pilastri: pianificazione, riforme e investimenti, a seguito dell'adozione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 agosto 2015, del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica (Pnspl), in attuazione dell'articolo 29, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164;

    il suddetto Piano, suddiviso in 10 macro-obiettivi a cui corrispondono 10 azioni, è intervenuto sull'assetto della governance portuale, considerata uno dei fattori principali, allora ancora plasmata sulla dimensione «mono-scalo» degli organi di governo, come previsto dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, realizzando, in una logica di sistema, una razionalizzazione e un accorpamento delle autorità portuali esistenti, per favorire attraverso l'istituzione delle Autorità di sistema portuale una più efficace semplificazione delle procedure;

    coerentemente con quanto previsto dal Piano strategico della portualità e della logistica, è stato realizzato, con il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, un riordino del sistema portuale, improntato a migliorare gli aspetti legati alla efficienza amministrativa, alla razionalizzazione e semplificazione, con particolare riferimento al numero, all'individuazione di autorità di sistema, nonché alla governance;

    con il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, è stato realizzato un riordino del sistema portuale e la riforma ha previsto: a) la sostituzione delle vecchie autorità portuali con nuove Autorità di sistema portuale (AdSP) alle quali fanno capo più porti; b) la conseguente riduzione del numero delle autorità portuali che passano da 24 a 15 (attualmente 16, con l'istituzione, il 18 giugno 2021 dell'Autorità di sistema portuale dei mari Tirreno Meridionale e Ionio competente sui porti di Gioia Tauro, Crotone, Corigliano Calabro, Palmi e Vibo Valentia) con l'accorpamento di 57 porti italiani; c) la riarticolazione della governance; d) la ridefinizione di ruoli, competenze e funzioni degli organi delle AdSP (Presidente, Comitato di Gestione; Organismo di partenariato della risorsa mare; Conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP);

    da ultimo, la riforma relativa al nuovo processo di pianificazione strategica in ambito portuale, attuata con l'articolo 4, commi da 1-septies a 1-novies del decreto-legge n. 121 del 2021 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 156 del 2021), ha semplificato l'iter di approvazione degli strumenti di pianificazione portuale con l'obiettivo di rafforzare e favorire gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale dei porti, altrimenti fortemente limitati a causa della vetustà dei piani regolatori portuali e delle difficoltà incontrate negli anni nelle procedure di approvazione degli stessi piani;

    a conclusione del quadro bisogna aggiungere che il PNRR ha riservato alla questione dei Porti uno spazio rilevante. Gli investimenti previsti per lo sviluppo della portualità dal Piano nazionale di ripresa resilienza, dal Piano nazionale complementare e da risorse nazionali ammontano a 9,2 miliardi di euro, come descritto dal citato Rapporto «Investimenti e Riforme del PNRR per la Portualità». Complessivamente, sono previsti interventi in 47 porti localizzati in 14 regioni e di competenza di 16 Autorità di sistema portuale (AdSP). Il 46,9 per cento degli investimenti riguarda i porti del Mezzogiorno, il 37,7 per cento quelli dell'Italia settentrionale e il restante 15,4 per cento quelli dell'Italia centrale;

    i porti sono una parte fondamentale dell'idea e degli obiettivi della transizione Pag. 155energetica ed ecologica del nostro Paese, tema molto sfidante in quanto i porti sono un settore hard to abate. Quindi è centrale comprendere come possono diventare punti anche di innovazione e di accompagnamento di un sistema produttivo più ampio;

    inoltre, negli ultimi anni, il lavoro portuale ha visto un grande sviluppo della presenza di lavoratrici donne negli organici delle imprese portuali e marittime (22 per cento nel comparto marittimo, 8 per cento nei porti, 43 per cento negli organici delle ADSP), anche in considerazione dell'ingresso delle nuove tecnologie nei processi di lavoro. Contestualmente per rendere ancora più efficace questo percorso occorre superare la carenza di infrastrutture e servizi adeguati a sostegno del lavoro delle donne nel comparto operativo;

    è necessario, oggi, impostare una politica industriale della logistica che sfrutti ogni nuova possibilità di allargare i nostri mercati all'Europa (grazie ai nuovi corridoi ferroviari che saranno agibili nel 2026), regolando il disallineamento di rapporti di forza tra compagnie di navigazione e mondo della supply chain, aiutando la crescita di «campioni nazionali» logistici, ma anche sostenendo processi di produzione di manifattura e innovazione nei porti e nelle aree periportuali, nella logica che i traffici dovrebbero diventare una componente importante, ma non unica, della economia della portualità futura;

    in tale contesto è fondamentale realizzare una maggiore integrazione tra i sistemi portuali e i sistemi logistici, rafforzando la componente industriale e cantieristica tutelandola dal dumping salariale e ambientale di altri Paesi extra europei;

    su queste basi la politica portuale ha bisogno di essere attualizzata, anche se non stravolta, evitando una trasformazione dei soggetti gestori dei porti da pubblici a privati e ribadendo la necessità della definizione compiuta di una politica portuale nel Paese da parte delle istituzioni preposte, per evitare parcellizzazioni, frammentazione o nuovi processi di precarizzazione del lavoro;

    è, quindi, necessario rilanciare e migliorare alcuni princìpi base della legge n. 84 del 1994, riforma che nel tempo è stata parzialmente disattesa, per quel che riguarda la natura giuridica dei porti. Sono necessarie autonomia finanziaria e autonomia amministrativa, ribadendo la natura pubblicistica di ente non economico delle autorità di sistema portuale. In tale ottica la regolazione, la vigilanza e il controllo devono essere svolte da un unico ente ossia il Ministero di riferimento, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, producendo, in tal modo, una profonda semplificazione;

    per il sistema portuale va guardato con attenzione il fatto che si mantenga un sistema pubblico, con un assetto di legge che governi anche il lavoro, sistema che va sicuramente efficientato rispetto ad alcune necessità di attualizzazione dell'impianto;

    infine, è necessario che il Governo e le regioni, laddove queste debbano ancora intervenire, faccia partire le zone logistiche speciali, le Zls, volte a favorire lo sviluppo di nuovi investimenti nelle aree portuali valutando l'allargamento delle competenze delle AdSP individuando in esse il motore di un'economia di area, distinguendo fra ruolo del porto e traffici;

    in relazione alle questioni del lavoro c'è la necessità di intervenire per sostenere con iniziative utili miglioramento delle condizioni e sicurezza del lavoro portuale, attivando il Fondo di accompagno all'esodo, incrementando la sicurezza del lavoro portuale, laddove oggi avvengono ancora troppi incidenti mortali e aprendo un confronto sul tema dei lavori usuranti;

    occorre dare piena attuazione alla norma sull'autoproduzione, mettendo al centro la figura del lavoro e di chi garantisce la continuità del servizio nei nostri territori e nei nostri porti;

    negli ultimi anni si sta assistendo al crescente fenomeno dell'integrazione verticale tra realtà armatoriali e operatori portuali, con le prime che stanno acquistando quote significative delle società che gestiscono i terminal situati nei porti nazionali. Pag. 156In particolare, in alcuni casi, le imprese armatoriali detengono il 100 per cento delle società, in altri casi detengono quote di maggioranza e in altri casi ancora detengono quote di minoranza; l'integrazione si è intanto ulteriormente estesa al segmento ferroviario del trasporto, quello stradale e da ultimo a quello aereo;

    i vettori nazionali e internazionali ai sensi della legge 28 gennaio 1994, n. 84, possono svolgere l'esercizio delle operazioni portuali in regime di autoproduzione con propri mezzi meccanici e proprio personale; le imprese armatoriali che operano in regime di autoproduzione, a differenza delle imprese italiane terze che esercitano attività ancillari, beneficiano di un regime di sgravio contributivo e fiscale di favore, come previsto dalla normativa del registro internazionale e del tonnage e da diverse notizie emerse in questi mesi, dal Governo è emerso l'orientamento di estendere i benefici riconosciuti dal registro internazionale e dal tonnage anche alle attività accessorie svolte dalle imprese armatoriali e tale situazione potrebbe comportare, anche in via potenziale, un vantaggio anticoncorrenziale, sotto forma di abuso di posizione dominante o di intesa restrittiva della concorrenza, da parte delle imprese armatoriali verso le imprese italiane terze prestatrici dei servizi ancillari;

    in relazione alle concessioni ci sono temi aperti su cui arrivare ad una definizione, a partire dalla questione legata all'uniformità delle concessioni e alla necessità di rivedere la disciplina delle concessioni portuali tenendo conto degli interessi strategici e geopolitici coinvolti, nella necessità di sviluppare un quadro chiaro di conoscenza attraverso una mappatura integrale di tutte le concessioni di aree demaniali e banchine comprese nell'ambito portuale, verificandone gli assetti proprietari, informandone tempestivamente le commissioni parlamentari competenti e vigilando sulle concentrazioni al fine di evitare abusi di posizione dominante,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa normativa utile volta alla modifica della legge 28 gennaio 1994, n. 84, coinvolgendo pienamente e in tutte le sue prerogative il Parlamento nel percorso di realizzazione della riforma, al fine di:

    a) attualizzare e modernizzare le competenze delle Autorità di sistema portuale, mantenendo l'attuale articolazione nazionale che prevede sedici autorità di sistema portuale aventi natura di enti pubblici non economici, sottoposti ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

    b) rafforzare la governance a livello centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sia attraverso la ricomposizione in capo al Ministero delle funzioni oggi ripartite tra varie autorità indipendenti ed agenzie per mettere ordine nella duplicazione di funzioni e competenze, con particolare riferimento alle funzioni e competenze dell'Autorità di regolazione dei trasporti (Art) ed alla conseguente diminuzione dei corrispondenti oneri di contribuzione, sia attraverso l'istituzione di un organismo nazionale, dotato di personalità giuridica, a cui attribuire la competenza per attuare la politica portuale del Governo, il coordinamento ed il controllo dell'efficacia del sistema portuale sulle questioni strategiche, nell'autonomia amministrativa e finanziaria delle AdSP;

    c) evitare l'introduzione nella materia portuale di forme di federalismo differenziato ex articolo 116, terzo comma, della Costituzione;

   ad assumere ogni iniziativa normativa volta a mantenere e rafforzare la regolamentazione del mercato del lavoro, imperniato su tre componenti: operatori terminalisti, imprese autorizzate ad effettuare operazioni e servizi portuali, imprese fornitrici di lavoro temporaneo e ad assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, per implementare la sicurezza del lavoro portuale attraverso processi di upgrade formativo dei lavoratori e di armonizzazione della disciplina sulla sicurezza portuale ai principi che innervano l'ordinamento generale nonché per dare operatività all'istituzione Pag. 157del fondo per l'incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori istituito dall'articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2021 n. 228, convertito dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15;

   ad assumere ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, per il rafforzamento della rete logistica portuale, attraverso investimenti per:

    a) adottare una mappatura integrale dello stato di fatto di tutte le infrastrutture portuali, finanziando un piano di manutenzione e messa in sicurezza delle banchine, adeguandole al nuovo assetto delle navi e ai nuovi fenomeni climatici;

    b) favorire il massimo sviluppo del cold ironing, non confermando la modifica normativa volta a reintrodurre il pagamento degli oneri generali di sistema per queste forniture, come attualmente previsto dal disegno di legge sulla concorrenza presentato dal Governo, e chiarendo, nello spirito della massima semplificazione, il rapporto tra distributore dell'energia, gestore dell'impianto, terminalista e utilizzatori;

    c) sostenere i percorsi di intermodalità sia attraverso la messa a terra delle iniziative infrastrutturali progettate e finanziate, sia attraverso incentivi all'utilizzo delle infrastrutture portuali che prediligano il movimento ferroviario;

    d) ad indirizzare le autorità di sistema portuale verso l'introduzione delle adeguate capacità tecnologiche di prevenzione delle possibili minacce alla sicurezza dell'infrastruttura, soprattutto in materia cibernetica e nella protezione dello spazio aereo pertinente le aree portuali che stoccano prodotti esplodenti o esplosivi;

    e) promuovere la costituzione di comunità energetiche per la produzione ed il consumo di energia rinnovabile per rendere i porti sempre più green e sostenibili, semplificando la normativa per favorire la massima partecipazione dei soggetti economici alle comunità;

   ad assumere, inoltre, le necessarie iniziative di competenza per:

    a) adottare il decreto ministeriale per attuare la norma di legge sulla regolamentazione dell'autoproduzione dei servizi portuali da parte delle imprese armatoriali, in modo da evitare fenomeni di concorrenza sleale a danno delle imprese portuali;

    b) mantenere e rafforzare la disciplina dei servizi tecnico nautici di rimorchio, ormeggio e pilotaggio quali servizi di interesse generale;

    c) rivedere la disciplina delle concessioni portuali, tenendo primariamente conto degli interessi strategici e geopolitici coinvolti, nonché ad effettuare la mappatura integrale di tutte le concessioni di aree demaniali e banchine comprese nell'ambito portuale, verificandone gli assetti proprietari, informandone tempestivamente le commissioni parlamentari competenti e vigilando sulle concentrazioni al fine di evitare abusi di posizione dominante;

    d) attuare la legislazione nazionale sugli aiuti di Stato a favore delle imprese armatoriali evitando di estendere il trattamento fiscale di favore alle «attività accessorie» di manipolazione e movimentazione di container all'interno dell'area portuale e di trasporto terrestre immediatamente antecedente o successivo al trasporto marittimo, in modo da non creare effetti distorsivi della concorrenza a svantaggio degli operatori della catena logistica non verticalmente integrati in un'impresa di navigazione;

    e) promuovere una forte opera di semplificazione e sburocratizzazione per evitare fenomeni di abbandono della bandiera italiana a favore di altre bandiere europee;

    f) promuovere la formazione dei lavoratori marittimi, anche attraverso il ricorso agli istituti tecnici superiori, adeguando le procedure amministrative del lavoro marittimo alla disciplina prevista dagli altri Paesi europei;

    g) modificare l'allegato al decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del Pag. 1582006 che disciplina i requisiti di accesso ad alcune figure professionali che, pur non facendo parte dello Stato Maggiore, sono altamente specializzate e sulle 4 quali si registra una domanda da parte dell'armamento che l'attuale offerta di lavoratori marittimi italiani non è in grado di soddisfare, essendo in molti casi, i percorsi professionali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 231 del 2006 non più esistenti e rispondenti all'evoluzione del sistema scolastico e risultando spesso i requisiti dallo stesso previsti economicamente onerosi, operando come forte ostacolo all'accesso dei giovani alle carriere del mare;

    h) prevedere la possibilità di essere considerati marittimi italiani a tutte quelle ragazze e quei ragazzi che, indipendentemente dalla nazionalità anagrafica, abbiano conseguito un diploma di scuola secondaria superiore e i titoli abilitanti in Italia;

    i) prorogare, per l'anno 2024, le misure di sostegno previste all'articolo 199 comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 34 del 2020 in considerazione del profondo impatto che hanno su trasporti marittimi e sul lavoro portuale il protrarsi della crisi internazionale e l'aumento del costo delle materie prime e dei carburanti;

    l) aumentare il numero delle donne nel comparto portuale e marittimo, migliorandone le condizioni lavorative e, in particolare, prevedendo specifici investimenti per la realizzazione di servizi e spogliatoi riservati e l'istituzione di asili e nidi aziendali per conciliare vita lavorativa e familiare;

    m) dare piena attuazione da parte del Governo con l'emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri istitutivi, e delle regioni, laddove queste debbano ancora intervenire, all'avvio delle zone logistiche speciali Zls, volte a favorire lo sviluppo di nuovi investimenti nelle aree portuali, individuando in esse il motore di un'economia di area;

    n) dare operatività piena alle ADSP riducendo al minimo i tempi dei commissariamenti in essere ed evitandone di nuovi per dare piena legittimazione agli organismi in un momento interessato da importanti finanziamenti e grandi cambiamenti che richiede una gestione autonoma e nel pieno dei poteri;

    o) supportare la cantieristica italiana, realizzando un programma nazionale di sostegno all'industria della costruzione e della demolizione navale e nautica, mirato a far crescere l'industria nazionale e riportare in Italia lavorazioni che attualmente si svolgono prevalentemente all'estero.
(7-00144) (nuova formulazione) «Ghio, Barbagallo, Bakkali, Casu, Morassut, Braga, De Micheli, Orlando, Serracchiani, Simiani, Ubaldo Pagano, Forattini, Scotto, Pastorino, Ghirra».

Pag. 159

ALLEGATO 2

7-00038 Frijia, 7-00156 Furgiele e 7-00169 Caroppo: Misure per la valorizzazione del sistema portuale nazionale.

TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI APPROVATO

   La IX Commissione,

   premesso che:

    in Italia il ruolo dei porti è strategico: il sistema portuale nazionale è composto da 58 porti principali, dedicati sia al trasporto merci che passeggeri, riuniti sotto 16 Autorità di Sistema Portuale;

    lungo i quasi 8.000 km di coste italiane ci sono, inoltre, 285 tra porti e approdi turistici, che con i quasi 2.000 punti di ormeggio, accolgono 160.000 posti barca;

    il contributo all'economia nazionale del sistema marittimo nel suo complesso è pari a circa il 3 per cento del PIL e all'interno di questo segmento, che comprende un insieme di attività anche molto diversificate tra loro, i porti svolgono un ruolo fondamentale, che prescinde dal valore economico direttamente prodotto, pari a 8,1 miliardi di euro, il 17,5 per cento del totale dell'economia del mare;

    i porti sono il punto d'accesso privilegiato per l'approvvigionamento delle materie prime e la commercializzazione dei prodotti finiti del sistema produttivo nazionale, per il quale rappresentano, quindi, un supporto strategico irrinunciabile, contribuendo indirettamente a gran parte della ricchezza prodotta in Italia;

    nel mondo circa il 90 per cento delle merci viaggia via mare, con i trasporti marittimi e la logistica che valgono il 12 per cento del PIL globale; nel 2019 il valore degli scambi commerciali internazionali via mare dell'Italia è stato pari a circa 250 miliardi di euro, il 36 per cento del totale movimentato, secondo solo al trasporto su gomma;

    le aziende che operano nei porti movimentano circa 60 milioni di passeggeri (tra collegamenti fra le isole, autostrade del mare che collegano il Mediterraneo e crociere) e circa 500 milioni di tonnellate di merci (18 per cento verso il Mediterraneo); imprese che nel corso degli anni hanno investito cospicue risorse sul demanio portuale arricchendo di dotazioni essenziali gli scali nazionali, anche a vantaggio della valorizzazione del demanio marittimo;

    le aziende attive ed effettivamente funzionali alla portualità in Italia sono attualmente poco più di 100, di dimensione e fatturato molto diversi tra loro; offrono lavoro a circa 20.000 operatori (al quarto posto in UE) e sviluppano un indotto che interessa quasi 300.000 lavoratori;

    l'import-export marittimo, soprattutto nei settori dei beni e della produzione manifatturiera, rappresenta la prima modalità di trasporto in termini di peso, con circa 231 milioni di tonnellate di merci trasportate nel 2019 (pari al 68 per cento del totale). Sempre nel 2019, tra i principali Paesi europei l'Italia era seconda solo alla Germania per peso delle esportazioni di beni sul PIL (26 per cento) e per peso del valore aggiunto della manifattura sul PIL (15 per cento);

    in particolare, l'Italia è leader europeo nello Short Sea Shipping, ossia nel trasporto di merci via mare a corto raggio nel Mediterraneo, con 246 milioni di tonnellate di merci trasportate nel 2019 e una quota di mercato pari al 39 per cento nel Mediterraneo;

    non meno importante è il ruolo dell'Italia nel traffico passeggeri, in cui spicca la dimensione del settore crocieristico, che sempre nel 2019 ha raggiunto 12 milioni di Pag. 160passeggeri trasportati (e nel 2023 si appresta a toccare i 13 milioni); l'Italia è il primo Paese nel Mediterraneo per flussi croceristici, intercettando il 40 per cento del traffico dell'area;

    contributo altrettanto importante all'economia nazionale è prodotto dal settore della nautica da diporto che ha chiuso il 2022 con un incremento a doppia cifra, dopo un 2021 nel quale il contributo al PIL era cresciuto del +31,4 per cento, generando una filiera di quasi 19.000 unità locali di produzione per un valore aggiunto di oltre 11 miliardi di euro e più di 187.742 occupati. Infatti, per ogni addetto alla produzione, si attivano 9,2 posti di lavoro; ogni euro investito nella produzione ne attiva 7,5;

    nonostante ciò, oggi il sistema portuale italiano rischia la marginalizzazione: alla concorrenza dei grandi porti del Northern Range, si è infatti aggiunta l'agguerrita competizione non solo dei porti del Mediterraneo occidentale, ma anche di quelli del Nord Africa e dell'East Med, che negli ultimi anni hanno sperimentato una rapida ascesa; tra questi, spiccano nel segmento container il porto del Pireo (+18,4 per cento di TEU), quello di Algeciras (+8,7 per cento di TEU) e il Tanger Med (+4,8 per cento di TEU);

    negli ultimi anni, il sistema portuale italiano ha perso quote di mercato, non verso il sistema portuale nordeuropeo, bensì verso quello nordafricano e del Middle East. Il sistema portuale può e deve continuare ad avere un ruolo strategico anche accresciuto, per almeno tre ragioni: economica, relativa alla rilevanza non soltanto del segmento portuale/marittimo ma anche, e soprattutto, dei settori produttivi collegati alla rete portuale e al legame tra efficienza del settore portuale e competitività del settore produttivo nazionale; geo-economica, legata al ruolo dell'Italia nello scenario internazionale e nell'ambito dei nuovi equilibri dettati dal cambiamento delle rotte strategiche per il commercio (re-shoringfriend-shoring); la terza è relativa al ruolo centrale dei porti come nodi essenziali di un sistema logistico integrato e intermodale;

    ogni riflessione deve partire dall'assunto che porti, interporti e aeroporti sono i nodi di una rete logistica lunga e articolata, la cui efficienza è fortemente correlata alla capacità di intervenire in modo organico lungo tutta la filiera, assicurando risorse e progettualità integrata, ma anche scelte oculate in base alla strategicità dei mercati economici e produttivi di riferimento, che siano nazionali ovvero internazionali; diversamente, le risorse impiegate non sarebbero efficaci nell'aumentare la capacità intermodale della rete logistica;

    perché il ruolo strategico del sistema portuale italiano si possa esprimere al meglio, è necessario affrontare le criticità che ancora oggi ne limitano le potenzialità, promuovendo interventi che agiscano su alcune direttrici strategiche per un pieno sviluppo del settore;

    in primis, la percezione diffusa fra gli operatori internazionali che quello italiano sia un sistema poco affidabile si traduce nel fatto che, in molti casi, le grandi compagnie di navigazione prediligono, per la movimentazione di carichi fra Europa e Far East, i porti del Nord Europa, piuttosto che, ad esempio, quelli del Nord Tirreno rinunciando così a un significativo risparmio in termini di tempi di navigazione; questa scelta, apparentemente illogica, trova fondamento nei tempi e nei costi dei servizi di terra e dei collegamenti con i centri di produzione/consumo;

    un ulteriore elemento di valutazione da parte delle grandi compagnie di navigazione (shipping company) è la possibilità di far leva su economie di scala in grado di ridurre il costo medio per unità trasportata: anche in questo ambito, emerge un vantaggio competitivo per i porti del Nord Europa che, in ragione sia di specificità fisiche (come la profondità dei fondali), sia di elementi di carattere economico (riconducibili alle dimensioni dei mercati di riferimento), consentono alle compagnie di navigazione di concentrare elevati volumi di carico da/per quelle di destinazione, con un costo per unità trasportata più contenuto;

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    secondo il Logistic Performance Index elaborato dalla Banca Mondiale – che considera sia tempi e costi associati alla logistica, sia trasparenza dei processi e della qualità e affidabilità dei servizi offerti – nel 2019 l'Italia si è posizionata diciannovesima al mondo, mentre i primi tre Paesi sono Germania, Svezia e Belgio: l'inefficienza logistica costa oggi al nostro Paese 70 miliardi di euro l'anno, dei quali 30 miliardi sono da imputare a oneri burocratici e ritardi digitali;

    una rete logistica moderna e adeguatamente integrata è anche strategica nella lotta all'inquinamento e al cambiamento climatico: si pensi al ruolo che hanno in questo senso le cosiddette autostrade del mare, che consentono il decongestionamento delle arterie stradali;

    il trasporto su strada rappresenta, infatti, ancora il 72 per cento delle emissioni inquinanti nel mondo dei trasporti in Europa, e i veicoli commerciali pesanti, che sarebbero i destinatari per eccellenza del trasporto Ro-Ro (navi-traghetto progettate per trasportare carichi su ruote come automobili, autocarri oppure vagoni ferroviari), rappresentano da soli ancora il 26 per cento. La riallocazione di parte della circolazione di questi mezzi nel trasporto via mare offrirebbe, ovviamente su direttrici di collegamenti strategiche al mercato produttivo, un importante contributo alla riduzione dell'inquinamento;

    in tale ottica, occorre rafforzare le nostre reti portuali con investimenti che vadano nella direzione di sviluppare alcuni assi strategici, capaci di sciogliere i nodi che ancora vincolano un pieno sviluppo del settore, in termini di efficienza e affidabilità: interventi per il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento della dotazione infrastrutturale; interventi per ridurre il deficit di interconnessione attraverso un approccio di insieme; digitalizzazione dei processi della logistica e nella supply chain; semplificazione delle procedure amministrative; razionalizzazione degli enti preposti ai controlli; sostenibilità, con interventi per favorire lo sviluppo di porti green, anche in funzione della vicinanza dei porti alle città;

    l'adeguamento della dotazione infrastrutturale degli scali, nonché l'individuazione di adeguate aree limitrofe ai porti per l'interscambio intermodale, non sono più procrastinabili: in molti porti italiani sono necessari interventi sulle infrastrutture portuali esistenti, per il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento alle stazze delle navi; infrastrutture inadeguate, infatti, condizionano significativamente la capacità di offrire servizi differenti; maggiore è la differenziazione delle funzioni svolte dal porto, tanto più avanzato è il suo sistema logistico, tanto più ampia sarà la sua capacità competitiva;

    un elemento su cui agire è l'integrazione e l'intermodalità: i nostri scali nazionali soffrono ancora di forti deficit di interconnessione, i tempi di gestione dello scarico/carico sono molto lunghi – anche a causa di controlli amministrativi spesso più che duplicati e svolti da enti cronicamente sotto organico – e sono numerose le criticità connesse alla morfologia del territorio; a causa di queste inefficienze, le nostre imprese oggi pagano un extracosto della logistica dell'11 per cento superiore alla media europea; tuttavia, qualunque investimento sulla rete portuale o sulle infrastrutture stradali o ferroviarie di servizio, che non si inserisca in posizione strategica rispetto ai grandi mercati in un approccio «di insieme», può rivelarsi del tutto o parzialmente inefficace;

    è necessario concepire le infrastrutture logistiche come un unicum di nodi e reti, adeguatamente interconnessi e dimensionati, che consentano una movimentazione dei carichi quanto più possibile fluida e priva di colli di bottiglia; in un settore integrato come quello dei trasporti, infatti, l'intera catena si muove alla velocità del suo anello più debole;

    i porti appaiono sempre meno asset produttivi e di collegamento locale, in un contesto di dinamiche di internazionalizzazione votate alle esigenze sia dell'import/export che alla influenza degli assetti e dimensioni dei player dei trasporti e della logistica (che mutano velocemente);

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    anche a livello dell'Unione europea vengono individuate le principali direttrici di collegamento (reti TEN-T), tracciando quasi delle «rotte» di connessione commerciale/industriale intra ed extra comunitaria;

    in un contesto in cui si stanno ridefinendo i flussi di interscambio a livello mondiale, con tendenze sempre più forti al rientro delle produzioni (reshoring) e alla regionalizzazione degli scambi, oltre al forte impulso che il lockdown ha dato al commercio digitale, il sistema della logistica e della portualità dovrà essere necessariamente ripensato;

    la digitalizzazione è, poi, il terzo asse fondamentale per uno sviluppo del settore: tecnologie come l'intelligenza artificiale e l'Internet of Things possono rivelarsi strategiche per controllare l'intera catena logistica, dall'organizzazione del trasporto alla gestione delle procedure doganali, alla progettazione e gestione dei magazzini, fino alle consegne, con impatti significativi sull'efficienza delle procedure e sui tempi;

    il sistema portuale italiano soffre di una carenza di infrastrutture digitali, nonché di una carenza di servizi tecnologici che rendono le operazioni portuali più costose e meno veloci per gli attori della catena logistica;

    il quarto asse è la semplificazione: serve una politica complessiva per la logistica, con un quadro normativo e regolatorio che aiuti, fluidifichi e sostenga il trasporto di merci, dati e passeggeri. In Italia si contano 177 procedimenti amministrativi in capo a 17 diverse pubbliche amministrazioni solo per i controlli merce in ambito portuale; se si estende la mappatura ad autotrasporto, interporti, magazzini, cargo ferroviario e cargo aereo, si arriva a oltre 450 procedimenti amministrativi – che riguardano sia merci che vettori – in capo a 35 pubbliche amministrazioni diverse e non coordinate tra loro, a fronte di una media europea inferiore a 80;

    in questo contesto, un ruolo importante per la competitività degli scali portuali potrebbero giocarlo le Zone economiche speciali (ZES), che proprio grazie alla semplificazione amministrativa, all'applicazione di una legislazione economica agevolata e all'offerta di incentivi di natura fiscale/finanziaria sarebbero capaci di attrarre investimenti produttivi, contribuendo allo sviluppo dell'economia del territorio, in una logica di maggiore integrazione tra industria e logistica; una reale implementazione di strumenti attrattivi attraverso ZES o ZLS integrate ed estese alle aree doganali intercluse dei porti potrebbero creare dei poli di lavorazione della merce legati ai porti molto attrattivi;

    infine, gli investimenti nel sistema portuale, oggi più che mai, non possono prescindere dal tema della sostenibilità: l'adeguamento e ammodernamento delle infrastrutture portuali secondo una logica di sviluppo sostenibile è l'orizzonte in cui inscrivere la programmazione degli interventi allo scopo di promuovere la transizione verso i green port; questo significa accelerare gli investimenti per l'elettrificazione delle banchine (il cosiddetto cold ironing) che permetterebbe di abbattere sensibilmente le emissioni di CO2 legate allo stazionamento delle navi in porto, ma anche guardare con sempre maggior attenzione ai progetti di sviluppo legati all'idrogeno come combustibile alternativo;

    le normative ambientali internazionali, però, se non correttamente calate nel contesto nazionale, rischiano di alterare la libera concorrenza e il mercato dello shipping. Nell'ambito delle normative volte al raggiungimento dei target di riduzione delle emissioni di anidride carbonica per carico trasportato, il Carbon index indicator (CII), che prevede l'assegnazione alle navi di un rating da A a E, secondo un'analisi di Assarmatori, Confitarma e Rina, potrebbe portare al declassamento di più del 23 per cento dei traghetti italiani, mentre un 40 per cento andrebbe in rating D, necessitando di conseguenza di interventi radicali atti a migliorare l'efficienza energetica. Solo il 37 per cento rientrerebbe nel rating A-C, quindi in grado di rispettare i requisiti senza l'adozione di modifiche particolari alla nave;

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    se il quadro normativo fosse confermato, entro il 2025, con tempistiche difficilmente compatibili con le dinamiche del settore, la flotta italiana si troverebbe con più del 73 per cento delle navi non a norma e, quindi, potenzialmente non più in grado di navigare;

    passando al pacchetto Fit for 55, sempre secondo lo studio Assarmatori-Rina, se le compagnie marittime di cabotaggio fossero incluse nel mercato internazionale delle quote di scambio del carbonio, l'emission trading scheme (ETS), l'impatto sulla flotta di traghetti italiana potrebbe superare il costo di 275 milioni l'anno, di cui quasi 230 milioni per le navi Ro-Ro e Ro-Pax impegnate sulle rotte a lungo raggio, per esempio in Sardegna ma anche in generale nei collegamenti tra i porti del Mediterraneo. Il maggior costo che mediamente ogni singola unità di questo tipo rischia di dover sostenere è pari a quasi 3,5 milioni all'anno; per una unità in servizio sui collegamenti con le isole maggiori si potrà avere un costo aggiuntivo di 23000 euro a tratta;

    se a questo preoccupante scenario si aggiungono gli effetti della direttiva europea sul sistema di tassazione dell'energia, l'Energy Taxation Directive, l'impatto totale sulla flotta italiana supererebbe i 380 milioni l'anno. Di questi, 300 milioni a carico delle navi Ro-Ro e Ro-Pax impegnate nei collegamenti con le isole maggiori e oltre 40 milioni sulle navi impegnate nei collegamenti con le isole minori. In tutto, circa 350 milioni l'anno che andranno a gravare sui servizi di continuità territoriale;

    infine, poiché le accise colpiranno anche le unità inferiori alle 5 mila tonnellate, una nave impegnata nei collegamenti con le isole minori che consumi tipicamente 3 mila tonnellate all'anno di gasolio vedrebbe i suoi costi per l'energia lievitare di circa 1,2 milioni l'anno;

    la tassazione si applica agli armatori di navi superiori alle 5000 tonnellate di stazza – una classificazione in cui rientrano le maxi-navi portacontainer, sempre più popolari per le lunghe tratte perché abbattono i costi di spedizione consentendo di caricare molta più merce. Il sistema di calcolo prende in considerazione le miglia percorse e le emissioni stimate della nave e si applica al 100 per cento se la tratta inizia e finisce in porti europei, ma solo al 50 per cento se uno dei due porti è fuori dall'Unione europea;

    come ha evidenziato l'Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio, «alcuni porti nordafricani (Port-Said e Tangeri), in ragione della loro distanza dalle coste europee (300 miglia nautiche) e alla loro qualità di hub di transhipment (oltre il 65 per cento dei volumi in trasbordo), non vengono considerati scali»; pertanto, «una nave che attracca in uno di questi porti non interrompe il tragitto soggetto al calcolo del 50 per cento di emissioni in ingresso in UE». La misura, dunque, «crea un palese svantaggio competitivo per i porti di trasbordo collocati in territorio UE»;

    a essere penalizzati maggiormente da questa normativa sarebbero alcuni porti italiani del Mezzogiorno, in particolare il porto di Gioia Tauro; infatti, come rileva l'Autorità portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio, una nave proveniente da uno scalo extraeuropeo attraverso il canale di Suez potrà aggirare la tassazione al 100 per cento approdando ai porti di trasbordo nordafricani ed evitando di attraccare a Gioia Tauro (come in altri porti europei) prima di arrivare alla sua destinazione finale in Europa. E una nave di passaggio nel Mediterraneo per raggiungere l'Atlantico o l'Oceano Indiano vorrà evitare qualsiasi tipo di tassa evitando di toccare i porti UE. In poche parole, esiste «un concreto e attuale rischio di abbandono del porto di Gioia Tauro»;

    la dimensione del problema diventa ancora più evidente quando si considera che l'hub calabrese è uno dei principali porti di scalo europei in virtù della sua capacità di accogliere le grandi navi portacontainer. In Italia quasi il 28 per cento di tutti i container movimentati e il 77 per cento di quelli trasbordati (magari su navi più piccole per raggiungere porti di dimensioniPag. 164 inferiori) passano da Gioia Tauro. E il porto, altamente strategico per l'economia italiana quanto per quella europea, dà lavoro a quasi 6000 lavoratori, 1.600 direttamente e 4.000 indirettamente, come evidenzia l'Autorità;

    la stessa direttiva prevede uno strumento che dovrebbe contrastare tale possibilità (la cosiddetta «regola delle 300 miglia»), che però, di fatto, risulta inidoneo ad arginare i potenziali rischi di delocalizzazione dei traffici oggi attinti dai terminal nazionali;

    il suddetto provvedimento europeo, insomma, avrebbe un duplice effetto negativo, con la penalizzazione di alcuni porti mediterranei e l'aumento delle emissioni climalteranti, in quanto, da una parte, avvantaggerebbe enormemente i porti nordafricani, e, dall'altra, aumenterebbe l'inquinamento nel Mar Mediterraneo dato che i terminalisti sceglierebbero anche rotte più lunghe pur di non versare centinaia di migliaia di euro di tasse;

    integrazione intermodale, digitalizzazione, semplificazione burocratica e sostenibilità sono tutti elementi su cui l'Europa ci chiede di intervenire con i fondi di Next Generation EU, che possono rappresentare l'occasione per superare i limiti strutturali del sistema logistico nazionale e puntare con determinazione al suo rafforzamento strategico, senza, ovviamente, rinunciare a un maggior coinvolgimento di operatori industriali e investitori privati;

    infine, ma non per ordine di importanza, un discorso a parte merita l'impianto normativo che regola la portualità in Italia, nato a metà degli anni '90 con la legge 28 gennaio 1994, n. 84;

    attualmente la legge prevede un'Autorità di sistema portuale (ADSP) esplicitamente qualificata come ente pubblico non economico; la stessa legge prevede una governance con un comitato di gestione che esercita funzioni anche di gestione patrimoniale che, in ragione di una non chiara formulazione, sono state interpretate dalla Commissione europea come attività d'impresa;

    nell'ambito dell'ordinamento italiano le ADSP sono enti pubblici non economici a ordinamento speciale, sottoposti alla direzione e vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dotati di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria;

    la forma giuridica di ente pubblico non economico delle ADSP non sembra l'unica idonea a consentire ai porti italiani di affrontare le sfide del futuro e di competere con gli altri sistemi portuali, fermo restando il mantenimento della proprietà pubblica delle stesse;

    alla luce della portualità diffusa che caratterizza le coste italiane e dell'esigenza di garantire una maggiore competitività del sistema portuale nazionale, si ritiene opportuno il rafforzamento della governance a livello centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ciò al fine di fornire una visione unitaria e un ulteriore impulso di carattere decisionale e strategico relativo al potenziamento delle infrastrutture e della logistica;

    da sempre, la chiarezza delle regole e del sistema di amministrazione costituisce incentivo agli investimenti di lungo periodo da parte delle imprese nelle infrastrutture e ciò favorisce indubbiamente la possibilità di interventi strutturali ai fini del raggiungimento del Green Deal europeo;

    solo una partnership pubblico-privata stabile e dalle decisioni prevedibili, in ossequio al principio della certezza del diritto, può costituire il presupposto di una crescita sostenibile,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a rafforzare le reti portuali nazionali e lo sviluppo della pianificazione e razionalizzazione delle infrastrutture portuali turistiche con investimenti finalizzati a un pieno sviluppo del settore, in termini di efficienza e affidabilità e, in particolare per:

    a) il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento della dotazione infrastrutturale;

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    b) la riduzione del deficit di interconnessione attraverso un approccio di insieme;

    c) la digitalizzazione dei processi della logistica e nella supply chain;

    d) la semplificazione delle procedure amministrative;

    e) la sostenibilità, con interventi che favoriscano lo sviluppo di porti green;

   ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta alla modifica della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e, in particolare, per:

    a) un riordino delle competenze dell'Autorità di sistema portuale;

    b) un rafforzamento della governance a livello centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche in un'ottica di semplificazione di ruoli tra funzioni pubbliche, ad oggi molteplici (Autorità di regolazione trasporti, AGCM, capitanerie di porto, dogane), che garantisca efficienza e coordinamento delle ADSP, ferme restando le competenze delle regioni coerentemente con il dettato costituzionale, nonché l'armonizzazione delle regole per una giusta competizione e cooperazione tra le ADSP;

   a valutare l'opportunità di superare la forma giuridica di ente pubblico non economico delle ADSP, anche considerando le diverse fattispecie previste dall'ordinamento nazionale e dall'Unione europea, fermo restando il mantenimento della proprietà pubblica delle stesse;

   a valutare l'opportunità di:

    a) prevedere incentivi all'intermodalità, affinché la tariffa di uso delle infrastrutture portuali sia agevolata sul traffico ferroviario rispetto al traffico su gomma;

    b) prevedere un meccanismo premiale per le imprese portuali che investono nella digitalizzazione di attrezzature e processi al fine di rendere maggiormente snello e sicuro il processo di arrivo e smistamento della merce in porto, coerentemente con i processi che si stanno implementando anche attraverso R.A.M.;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a promuovere le infrastrutture portuali turistiche, comprese le attività produttive quali cantieri e officine nautiche, rendendo certi oneri e termini, così da implementare gli investimenti infrastrutturali volti – tra l'altro – alla sostenibilità e alla digitalizzazione delle strutture demaniali;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a garantire la sicurezza del lavoro portuale attraverso sistemi di upgrade formativo dei lavoratori e di armonizzazione della disciplina sulla sicurezza portuale ai principi dell'ordinamento generale;

   a dare rapida operatività all'avvio del Fondo per l'incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori istituito dall'articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa normativa per una modifica delle disposizioni di legge in materia di dragaggio dei porti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con riferimento al possibile sversamento a mare dei residui compatibili con la normativa in materia di tutela dell'ambiente marino;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza per garantire una risoluzione dei problemi delle code dell'autotrasporto nell'accesso ai porti con la gestione programmata dei mezzi, anche attraverso l'implementazione di sistemi digitali di collegamento tra la rete autostradale e i porti;

   ad attivarsi presso tutte le sedi competenti, nazionali ed europee, per modificare le norme ambientali citate in premessa al fine di evitare dinamiche distorsive del mercato e al fine di salvaguardare porti strategici per l'Italia e per l'Europa, come quello di Gioia Tauro.
(8-00035) «Frijia, Furgiuele, Caroppo».

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ALLEGATO 3

7-00144 Ghio: Misure per la valorizzazione del sistema portuale nazionale.

NUOVO TESTO APPROVATO

   La IX Commissione,

   premesso che:

    un sistema portuale aperto, competitivo e regolato è un asset strategico per l'economia italiana e, per questo, è importante che la politica portuale sia intesa all'interno di una più generale politica dei trasporti per creare le necessarie sinergie di sistema e produrre valore aggiunto per il Paese;

    la portualità è un anello importante della filiera logistica moderna: sono oltre 200 miliardi di euro derivanti dall'import e dall'export che passano attraverso i porti italiani ed è il 25 per cento del valore del trasporto marittimo mondiale, in un Mediterraneo che, strategicamente, è tornato al centro dell'attenzione geoeconomica e dell'importanza dell'economia;

    il Mar Mediterraneo è, oggi, centrale nello scenario marittimo internazionale, rappresentando la principale connessione tra Occidente e Oriente. Anche tenendo conto degli effetti del cambiamento climatico sulla rotta artica, esperti del settore e analisti ritengono che il ruolo strategico del Mar Mediterraneo resterà confermato nel futuro, anche in funzione del previsto sviluppo, peraltro già in corso, del continente africano. Il nostro Paese, in virtù della sua straordinaria posizione geografica, potrebbe godere di opportunità irripetibili di crescita economica e rilevanza geopolitica proprio grazie allo sviluppo del sistema logistico e portuale nazionale, in termini di investimenti infrastrutturali sostenibili, digitalizzazione e innovazioni tecnologiche, governance, maggiore efficienza e semplificazione amministrativa;

    come riportato nel rapporto «Investimenti e riforme del PNRR per la portualità» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ottobre 2022, l'attuale rete logistica portuale nazionale include 58 porti (e 24 interporti) dedicati al trasporto delle merci e dei passeggeri, riuniti in 16 autorità di sistema portuale (AdSP) e distribuiti su circa 7.456 chilometri;

    l'Italia è il secondo Paese europeo, dopo i Paesi Bassi, per la movimentazione di merci via mare e seconda solo al Regno Unito per il trasporto marittimo a corto raggio (IT&IA, 2021). La rete logistica è uno dei fattori abilitanti per il successo del Paese nella sfida del commercio internazionale: nel 2019 la movimentazione di merci è stata pari a quasi 500 milioni di tonnellate, operata principalmente su navi che trasportano liquidi (37 per cento, in particolare petrolio e derivati), container (23 per cento) e traghetti (22 per cento) (IT&IA, 2021). I porti di Trieste, Genova, Ravenna, Taranto, Livorno e Gioia Tauro sono tra i primi cinque porti nel Mediterraneo per movimentazione merci in diverse categorie;

    l'Italia, secondo i dati disponibili, si situa al primo posto, in Europa e nel Mediterraneo, per quanto riguarda il movimento via mare di merci e passeggeri tra porti localizzati nell'Europa geografica o tra questi e i porti situati in Paesi non europei con una linea costiera che si affaccia sui mari chiusi alle frontiere dell'Europa, cosiddetto Short Sea Shipping;

    la competitività portuale italiana nel Mar Mediterraneo dovrà essere in grado di misurarsi, da un lato, con la crescita dei porti della sponda non europea del Mediterraneo, con particolare riferimento al porto marocchino di Tanger Med, che vanta la più elevata capacità di movimentazione container del Mediterraneo (oltre 7 milioni Pag. 167di TEU), e al porto egiziano di Port Said che gode di un notevole vantaggio derivante dal raddoppio del Canale di Suez; e, dall'altro, con lo sviluppo dei porti della sponda orientale del Mediterraneo, Grecia e Turchia, in particolare;

    il PNRR ha riservato alla questione dei Porti uno spazio rilevante. Gli investimenti previsti per lo sviluppo della portualità dal Piano nazionale di ripresa resilienza, dal Piano nazionale complementare e da risorse nazionali ammontano a 9,2 miliardi di euro, come descritto dal citato Rapporto «Investimenti e Riforme del PNRR per la Portualità». Complessivamente, sono previsti interventi in 47 porti localizzati in 14 regioni e di competenza di 16 Autorità di sistema portuale (AdSP). Il 46,9 per cento degli investimenti riguarda i porti del Mezzogiorno, il 37,7 per cento quelli dell'Italia settentrionale e il restante 15,4 per cento quelli dell'Italia centrale;

    i porti sono una parte fondamentale dell'idea e degli obiettivi della transizione energetica ed ecologica del nostro Paese, tema molto sfidante in quanto i porti sono un settore hard to abate. Quindi è centrale comprendere come possono diventare punti anche di innovazione e di accompagnamento di un sistema produttivo più ampio;

    inoltre, negli ultimi anni, il lavoro portuale ha visto un grande sviluppo della presenza di lavoratrici donne negli organici delle imprese portuali e marittime (22 per cento nel comparto marittimo, 8 per cento nei porti, 43 per cento negli organici delle ADSP), anche in considerazione dell'ingresso delle nuove tecnologie nei processi di lavoro;

    è necessario, oggi, impostare una politica industriale della logistica che sfrutti ogni nuova possibilità di allargare i nostri mercati all'Europa (grazie ai nuovi corridoi ferroviari che saranno agibili nel 2026), regolando il disallineamento di rapporti di forza tra compagnie di navigazione e mondo della supply chain, aiutando la crescita di «campioni nazionali» logistici, ma anche sostenendo processi di produzione di manifattura e innovazione nei porti e nelle aree periportuali, nella logica che i traffici dovrebbero diventare una componente importante, ma non unica, della economia della portualità futura;

    in tale contesto è fondamentale realizzare una maggiore integrazione tra i sistemi portuali e i sistemi logistici, rafforzando la componente industriale e cantieristica tutelando la competitività del comparto nazionale anche dal dumping salariale e ambientale di altri Paesi extra europei;

    per il sistema portuale va guardato con attenzione il fatto che si mantenga un sistema pubblico, con un assetto di legge che governi anche il lavoro, sistema che va sicuramente efficientato rispetto ad alcune necessità di attualizzazione dell'impianto;

    infine, è necessario che il Governo e le regioni, laddove queste debbano ancora intervenire, faccia partire le zone logistiche speciali, le ZLS, volte a favorire lo sviluppo di nuovi investimenti nelle aree portuali valutando l'allargamento delle competenze delle AdSP individuando in esse il motore di un'economia di area, distinguendo fra ruolo del porto e traffici;

    in relazione alle questioni del lavoro c'è la necessità di intervenire per sostenere con iniziative utili miglioramento delle condizioni e sicurezza del lavoro portuale, attivando il Fondo di accompagno all'esodo, incrementando la sicurezza del lavoro portuale, nell'ottica di contribuire alla prevenzione dell'incidentalità e aprendo un confronto sul tema dei lavori usuranti,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa normativa utile volta alla modifica della legge 28 gennaio 1994, n. 84, coinvolgendo pienamente e in tutte le sue prerogative il Parlamento nel percorso di realizzazione della riforma, al fine di rafforzare la governance a livello centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche in un'ottica di semplificazione di ruoli tra funzioni pubbliche, ad oggi molteplici (Autorità di regolazione dei trasporti, AGCM, capitanerie di porto, dogane),Pag. 168 che garantisca efficienza e coordinamento delle AdSP, ferme restando le competenze delle regioni coerentemente con il dettato costituzionale, nonché l'armonizzazione delle regole per una giusta competizione e cooperazione tra le AdSP;

   ad assumere ogni iniziativa normativa volta a mantenere e rafforzare la regolamentazione del mercato del lavoro, imperniato su tre componenti: operatori terminalisti, imprese autorizzate ad effettuare operazioni e servizi portuali, imprese fornitrici di lavoro temporaneo e ad assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, per implementare la sicurezza del lavoro portuale attraverso processi di upgrade formativo dei lavoratori e di armonizzazione della disciplina sulla sicurezza portuale ai principi che innervano l'ordinamento generale nonché per dare operatività all'istituzione del fondo per l'incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori istituito dall'articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15;

   ad assumere ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, per il rafforzamento della rete logistica portuale, attraverso investimenti per sostenere i percorsi di intermodalità sia attraverso la messa a terra delle iniziative infrastrutturali progettate e finanziate, sia attraverso incentivi all'utilizzo delle infrastrutture portuali che prediligano il movimento ferroviario;

   ad assumere, inoltre, le necessarie iniziative di competenza per:

    - promuovere una forte opera di semplificazione e sburocratizzazione per evitare fenomeni di abbandono della bandiera italiana a favore di altre bandiere europee;

    - promuovere la formazione dei lavoratori marittimi, anche attraverso il ricorso agli istituti tecnici superiori, adeguando le procedure amministrative del lavoro marittimo alla disciplina prevista dagli altri Paesi europei;

    - valutare l'opportunità di prorogare, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente destinate allo scopo e nel rispetto degli equilibri di bilancio, le misure di sostegno previste all'articolo 199, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 34 del 2020 in considerazione del profondo impatto che hanno su trasporti marittimi e sul lavoro portuale il protrarsi della crisi internazionale e l'aumento del costo delle materie prime e dei carburanti.
(8-00036) «Ghio, Barbagallo, Bakkali, Casu, Morassut, Braga, De Micheli, Orlando, Serracchiani, Simiani, Ubaldo Pagano, Forattini, Scotto, Pastorino, Ghirra».