CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 8 novembre 2023
196.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Trasporti, poste e telecomunicazioni (IX)
ALLEGATO
Pag. 156

ALLEGATO 1

5-01577 Casu: Protezione e difesa delle imprese italiane rispetto ai rischi nel settore della cybersicurezza.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Il Governo è pienamente consapevole della portata della minaccia cyber ed è impegnato con i propri uffici a creare le condizioni perché le infrastrutture critiche e le piattaforme sensibili siano tutelate nella loro integrità ed inviolabilità.
  Assieme all'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), che oggi svolge il ruolo di fulcro dell'azione di diverse amministrazioni in materia di sicurezza cibernetica, è stata elaborata la Strategia Nazionale di Cybersicurezza, che si pone, tra gli altri, i seguenti obiettivi:

   assicurare una transizione digitale cyber resiliente della P.A. e del tessuto produttivo;

   anticipare l'evoluzione della minaccia cyber, prevenendo e mitigando gli impatti di eventuali attività cyber offensive;

   gestire crisi cibernetiche attraverso il coordinamento tra tutti i soggetti pubblici e privati interessati, per dare una risposta pronta in caso di eventi cyber sistemici;

   assicurare autonomia strategica nazionale ed europea nel settore del digitale, al fine di avere un controllo diretto sui dati conservati, elaborati e trasmessi attraverso le moderne tecnologie.

  L'ACN gestisce, altresì, un team altamente specializzato – il Computer Security Incident Response Team (CSIRT) – che aiuta le imprese nella gestione degli incidenti informatici, e il Centro di Valutazione e Certificazione nazionale (CVCN), che ha il compito di valutare il rispetto dei requisiti di sicurezza dei prodotti HW e SW destinati ad essere installati sugli asset critici dei Soggetti del Perimetro di Sicurezza Cibernetica Nazionale.
  Tra le iniziative di competenza in ambito cybersicurezza, sottolineo che il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha finanziato il Centro di Competenza nazionale ad alta specializzazione per la cybersecurity (Cyber 4.0), il cui obiettivo è quello di accompagnare policy maker, imprese e Pubblica Amministrazione in un percorso di crescita verso una digitalizzazione sicura, grazie a soluzioni basate su conoscenze, tecnologie innovative e servizi abilitanti sviluppati con le competenze del proprio network, che valorizzino le eccellenze del Paese nel contesto europeo e internazionale. A supporto specifico della P.A., il Centro Cyber 4.0 cura il Security Assessment, ossia l'identificazione e la misurazione dei rischi, nonché l'analisi delle azioni prioritarie in relazione all'esposizione cyber.
  Inoltre, considerata l'importanza della formazione in tale ambito, il MIMIT ha organizzato, assieme alla Scuola Superiore di Specializzazione in Telecomunicazioni, un ciclo di seminari sugli aspetti tecnologici e normativi relativi alla cybersecurity.
  Tuttavia, la questione della cybersicurezza non può essere affrontata e risolta separatamente dai singoli Paesi. Essa richiede un approccio armonizzato europeo ed internazionale.
  A livello europeo, è in fase ultimativa il procedimento per l'approvazione dell'Artificial Intelligence Act (AI Act) per regolare lo sviluppo, la commercializzazione e l'uso dei sistemi di Intelligenza Artificiale, nel rispetto dei diritti e dei valori dell'Unione Europea. L'AI Act classifica le applicazioni dell'IA in quattro livelli di rischio (rischio inaccettabile, rischio elevato, rischio limitato e rischio minimo o nullo) e sottopone quelle ad alto rischio a vincoli normativi stringenti.Pag. 157
  Inoltre, l'Italia partecipa alla definizione della nuova Strategia Europea di rafforzamento della resilienza collettiva dell'Europa contro le minacce informatiche, a tutela dei cittadini e delle imprese (EU's Cybersecurity Strategy for the Digital Decade).
  L'Italia partecipa anche ai lavori dell'ONU e della NATO in materia di cybersecurity, in particolare: all'elaborazione della Guida NATO per la risposta ad attività cibernetiche e alla previsione di apposite componenti cyber nello svolgimento di esercitazioni di gestione di crisi.
  I prossimi anni saranno importanti per consolidare tale ruolo nello scenario europeo e globale del nostro Paese e per rafforzare la sicurezza degli asset strategici e del perimetro di sicurezza del Paese.

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ALLEGATO 2

5-01578 Furgiuele: Obblighi delle società di IA relativi a dati e opere tutelati dal diritto d'autore.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Con l'atto in parola gli interroganti pongono l'accento sulle criticità legate al rapporto tra applicazione di IA e tutela del diritto d'autore.
  Infatti, se la raccolta di dati e l'esame di opere anche coperte dal diritto d'autore ai fini dell'addestramento del sistema di IA può essere probabilmente ricompresa nella dottrina del cosiddetto fair use, non così è per la generazioni di contenuti creativi. I prodotti generati dall'IA, originati in tutto o in parte da dati coperti da privative, potrebbero essere in linea teorica considerate opere derivate, sicché è necessario pensare a sistemi di tutela del diritto d'autore, anche se non è affatto facile affrontare a ritroso i processi sui dati compiuti dall'applicazione di IA, e ricavare dagli output delle macchine gli input originali.
  Molte class-action avviate negli Stati Uniti circa l'utilizzo improprio di opere coperte da diritto d'autore in training dataset si scontrano con questo limite estrinseco, che si traduce, in termini processuali, in una probatio quasi diabolica.
  Il principale tema da affrontare dunque è quello della trasparenza. La proposta europea di AI Act (in fase di ultimazione) si concentra sulla trasparenza e sui fenomeni di blackbox e punta a trovare una soluzione individuando determinati livelli di rischio delle IA cui corrispondono determinate misure di tutela, prevedendo ad esempio, per quanto qui rileva, un obbligo di disclosure di «detailed summaries of copyrighted data used for training» per le IA generative come Chat GPT.
  Segnalo che il testo del Regolamento è ancora in fase di negoziazione: da giugno è stato avviato il Trilogo per giungere ad un testo condiviso da Consiglio, Parlamento e Commissione. I delicati e complessi profili della materia stanno richiedendo tempi lunghi e ad oggi ci sono ancora punti significativi su cui trovare l'accordo e ci vorranno probabilmente ancora alcuni mesi prima della approvazione definitiva del Regolamento.
  Il tema dell'impatto delle Generative AI sul copyright è stato anche sollevato nella trilaterale dello scorso 30 ottobre con Francia e Germania e sarà oggetto di approfondimenti.
  Nell'ambito dell'Hiroshima AI Process nel G7, infine, sono stati prodotti un documento di principi generali e un codice di condotta per gli sviluppatori in cui si affronta anche il problema della proprietà intellettuale. Nel prossimo anno – che vede l'Italia nel ruolo di Presidente del G7 – il lavoro proseguirà dando grande rilievo al tema dell'AI.
  Considerata la centralità di tale tematica, ricordo infine che la prossima legge di Bilancio per il 2024 prevede – tra i suoi collegati – un'apposita legge sul tema dell'AI.

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ALLEGATO 3

5-01579 Pastorella: Adeguamento delle previsioni relative alle licenze del servizio taxi alla luce delle osservazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Com'è stato ricordato, le criticità relative all'inadeguatezza dei servizi del trasporto pubblico locale, esplose dopo la fine della restrizioni Covid e il ripristino dei normali flussi turistici, nonché la previsioni di ulteriori picchi di crescita del turismo legati ai prossimi eventi di rilievo mondiale che si terranno nel nostro Paese, hanno spinto il Governo ad adottare misure finalizzate ad un potenziamento del servizio taxi.
  Il decreto-legge n. 104 del 2023 (cd. DL Asset strategici), convertito nella legge n. 136 del 2023, è intervenuto prevedendo che i comuni capoluogo di regione, sede di città metropolitana nonché quelli in cui è presente un aeroporto, possono incrementate il numero delle licenze sino al 20 per cento con una procedura semplificata e celere che, in deroga alle disposizioni ordinarie, consente di bandire i concorsi e di concluderli nel giro di poche settimane. Il parere dell'Autorità di regolazione dei trasporti è limitato alla sola congruità del prezzo stabilito per le licenze, e dev'essere reso entro 15 giorni, dopo i quali scatta il silenzio assenso. La normativa, giusto anche quanto chiarito dalla circolare congiunta MIT/MIMIT del 6 novembre scorso, è immediatamente operativa e non necessita di ulteriore regolamentazione attuativa.
  I concorsi porteranno anche ad una conversione green del parco auto. Con il DL Asset sono stati infatti raddoppiati gli incentivi per l'acquisto di auto a basso impatto inquinante.
  Appare evidente, dunque, che abbiamo semplificato le procedure per avere più licenze e più servizi in auto ecologiche, quindi in città più salubri.
  Sono circa settantacinque i comuni interessati dalla citata normativa, tra cui anche Roma, Milano e Napoli.
  Come segnalato dagli interroganti, secondo l'Antitrust per questi comuni più grandi l'incremento del 20 per cento fissato in via straordinaria non basterebbe.
  In proposito sottolineo che l'intervento del Governo non ha soppresso gli ordinari strumenti di programmazione dell'offerta di servizio taxi, che consentono ai comuni – che registrino un fabbisogno superiore – di attivare il concorso ordinario per l'aumento delle licenze. L'iniziativa è riservata ai Sindaci.
  Inoltre, ricordo che il DL Asset ha anche semplificato l'istituto della sostituzione alla guida rendendolo attuabile con una semplice comunicazione fatta il giorno prima. Trattasi di uno strumento flessibile utilizzabile nei periodi di particolare picco.
  Resta fermo che, ove dal comune di Roma e dagli altri grandi comuni citati dovesse emergere una specifica richiesta di incremento del tetto del 20 per cento e dunque dell'ambito di operatività della procedura semplificata prevista dalla legge, il Governo è disponibile a valutarla.

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ALLEGATO 4

5-01580 Ghirra: Prospettive di sicurezza e sviluppo della società di prossima costituzione NetCo.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  L'operazione approvata in data 5 novembre da parte del CDA del Gruppo Tim dà attuazione al piano industriale presentato dalla società nel corso del 2022 (il piano cosiddetto di delayering) che prevede la separazione degli asset infrastrutturali di rete (la cosiddetta NetCo) dalla componente servizi (la cosiddetta ServiceCo, fatta essenzialmente da TIM Consumer, TIM Enterprise e TIM Brasil).
  Tale piano aveva e ha l'obiettivo di perseguire il superamento dell'integrazione verticale (consentendo quindi a TIM di muoversi con maggiore libertà rispetto ai vincoli regolatori degli operatori TELCO che detengono una rete) e di ridurre l'indebitamento finanziario di circa 14 miliardi di euro al momento del closing (ad esso si possono aggiungere degli aggiustamenti di prezzo e gli eventuali earn-out).
  Come noto in vista di tale operazione il Consiglio dei Ministri del 1o settembre scorso ha autorizzato – a valle di un memorandum con KKR finalizzato il 10 agosto – la partecipazione del MEF nella NetCo di TIM. Tale partecipazione nasce proprio per scongiurare ogni rischio di perdita di controllo strategico della rete di telecomunicazioni e per salvaguardare i posti di lavoro (rassicurazioni in tal senso sono arrivate da ultimo dal Presidente di Tim che ha escluso sia perdite di posti di lavoro sia il ricorso alla cassa integrazione dopo la cessione di Netco al fondo KKR).
  La partecipazione MEF è finalizzata ad assicurare sostanzialmente la capacità di incidere in termini di strategia di sicurezza su quella che consideriamo una infrastruttura decisiva per il futuro del Paese, come definita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2020, n. 180 che ha individuato gli attivi di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
  L'operazione sarà quindi soggetta alle procedure di Golden Power che possono portare – ove ne ricorrano le circostanze – all'esercizio di poteri speciali.

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ALLEGATO 5

DL 140/2023: Misure urgenti di prevenzione del rischio sismico connesso al fenomeno bradisismico nell'area dei Campi Flegrei. C. 1474 Governo.

PARERE APPROVATO

  La IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni),

   esaminato, per i profili di competenza, il disegno di legge di conversione del decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140, recante «Misure urgenti di prevenzione del rischio sismico connesso al fenomeno bradisismico nell'area dei Campi Flegrei» (C. 1474 Governo),

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 6

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla partecipazione della Repubblica di Croazia allo Spazio economico europeo, fatto a Bruxelles l'11 aprile 2014. C. 1450 Governo.

PARERE APPROVATO

  La IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni),

   esaminato, per i profili di competenza, il disegno di legge recante «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla partecipazione della Repubblica di Croazia allo Spazio economico europeo, fatto a Bruxelles l'11 aprile 2014» (C. 1450 Governo),

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 7

TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI 7-00038 FRIJIA, 7-00156 FURGIUELE E 7-00169 CAROPPO

   La IX Commissione,

   premesso che:

    in Italia il ruolo dei porti è strategico: il sistema portuale nazionale è composto da 58 porti principali, dedicati sia al trasporto merci che passeggeri, riuniti sotto 16 Autorità di Sistema Portuale;

    lungo i quasi 8.000 km di coste italiane ci sono, inoltre, 285 tra porti e approdi turistici, che con i quasi 2.000 punti di ormeggio, accolgono 160.000 posti barca;

    il contributo all'economia nazionale del sistema marittimo nel suo complesso è pari a circa il 3 per cento del PIL e all'interno di questo segmento, che comprende un insieme di attività anche molto diversificate tra loro, i porti svolgono un ruolo fondamentale, che prescinde dal valore economico direttamente prodotto, pari a 8,1 miliardi di euro, il 17,5 per cento del totale dell'economia del mare;

    i porti sono il punto d'accesso privilegiato per l'approvvigionamento delle materie prime e la commercializzazione dei prodotti finiti del sistema produttivo nazionale, per il quale rappresentano, quindi, un supporto strategico irrinunciabile, contribuendo indirettamente a gran parte della ricchezza prodotta in Italia;

    nel mondo circa il 90 per cento delle merci viaggia via mare, con i trasporti marittimi e la logistica che valgono il 12 per cento del PIL globale; nel 2019 il valore degli scambi commerciali internazionali via mare dell'Italia è stato pari a circa 250 miliardi di euro, il 36 per cento del totale movimentato, secondo solo al trasporto su gomma;

    le aziende che operano nei porti movimentano circa 60 milioni di passeggeri (tra collegamenti fra le isole, autostrade del mare che collegano il Mediterraneo e crociere) e circa 500 milioni di tonnellate di merci (18 per cento verso il Mediterraneo); imprese che nel corso degli anni hanno investito cospicue risorse sul demanio portuale arricchendo di dotazioni essenziali gli scali nazionali, anche a vantaggio della valorizzazione del demanio marittimo;

    le aziende attive ed effettivamente funzionali alla portualità in Italia sono attualmente poco più di 100, di dimensione e fatturato molto diversi tra loro; offrono lavoro a circa 20.000 operatori (al quarto posto in UE) e sviluppano un indotto che interessa quasi 300.000 lavoratori;

    l'import-export marittimo, soprattutto nei settori dei beni e della produzione manifatturiera, rappresenta la prima modalità di trasporto in termini di peso, con circa 231 milioni di tonnellate di merci trasportate nel 2019 (pari al 68 per cento del totale). Sempre nel 2019, tra i principali Paesi europei l'Italia era seconda solo alla Germania per peso delle esportazioni di beni sul PIL (26 per cento) e per peso del valore aggiunto della manifattura sul PIL (15 per cento);

    in particolare, l'Italia è leader europeo nello Short Sea Shipping, ossia nel trasporto di merci via mare a corto raggio nel Mediterraneo, con 246 milioni di tonnellate di merci trasportate nel 2019 e una quota di mercato pari al 39 per cento nel Mediterraneo;

    non meno importante è il ruolo dell'Italia nel traffico passeggeri, in cui spicca la dimensione del settore crocieristico, che sempre nel 2019 ha raggiunto 12 milioni di passeggeri trasportati (e nel 2023 si appresta a toccare i 13 milioni); l'Italia è il primo Paese nel Mediterraneo per flussi croceristici, intercettando il 40 per cento del traffico dell'area;

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    contributo altrettanto importante all'economia nazionale è prodotto dal settore della nautica da diporto che ha chiuso il 2022 con un incremento a doppia cifra, dopo un 2021 nel quale il contributo al PIL era cresciuto del +31,4%, generando una filiera di quasi 19.000 unità locali di produzione per un valore aggiunto di oltre 11 miliardi di euro e più di 187.742 occupati. Infatti, per ogni addetto alla produzione, si attivano 9,2 posti di lavoro; ogni euro investito nella produzione ne attiva 7,5;

    nonostante ciò, oggi il sistema portuale italiano rischia la marginalizzazione: alla concorrenza dei grandi porti del Northern Range, si è infatti aggiunta l'agguerrita competizione non solo dei porti del Mediterraneo occidentale, ma anche di quelli del Nord Africa e dell'East Med, che negli ultimi anni hanno sperimentato una rapida ascesa; tra questi, spiccano nel segmento container il porto del Pireo (+18,4 per cento di TEU), quello di Algeciras (+8,7 per cento di TEU) e il Tanger Med (+4,8 per cento di TEU);

    negli ultimi anni, il sistema portuale italiano ha perso quote di mercato, non verso il sistema portuale nordeuropeo, bensì verso quello nordafricano e del Middle East. Il sistema portuale può e deve continuare ad avere un ruolo strategico anche accresciuto, per almeno tre ragioni: economica, relativa alla rilevanza non soltanto del segmento portuale/marittimo ma anche, e soprattutto, dei settori produttivi collegati alla rete portuale e al legame tra efficienza del settore portuale e competitività del settore produttivo nazionale; geo-economica, legata al ruolo dell'Italia nello scenario internazionale e nell'ambito dei nuovi equilibri dettati dal cambiamento delle rotte strategiche per il commercio (re-shoringfriend-shoring); la terza è relativa al ruolo centrale dei porti come nodi essenziali di un sistema logistico integrato e intermodale;

    ogni riflessione deve partire dall'assunto che porti, interporti e aeroporti sono i nodi di una rete logistica lunga e articolata, la cui efficienza è fortemente correlata alla capacità di intervenire in modo organico lungo tutta la filiera, assicurando risorse e progettualità integrata, ma anche scelte oculate in base alla strategicità dei mercati economici e produttivi di riferimento, che siano nazionali ovvero internazionali; diversamente, le risorse impiegate non sarebbero efficaci nell'aumentare la capacità intermodale della rete logistica;

    perché il ruolo strategico del sistema portuale italiano si possa esprimere al meglio, è necessario affrontare le criticità che ancora oggi ne limitano le potenzialità, promuovendo interventi che agiscano su alcune direttrici strategiche per un pieno sviluppo del settore;

    in primis, la percezione diffusa fra gli operatori internazionali che quello italiano sia un sistema poco affidabile si traduce nel fatto che, in molti casi, le grandi compagnie di navigazione prediligono, per la movimentazione di carichi fra Europa e Far East, i porti del Nord Europa, piuttosto che, ad esempio, quelli del Nord Tirreno rinunciando così a un significativo risparmio in termini di tempi di navigazione; questa scelta, apparentemente illogica, trova fondamento nei tempi e nei costi dei servizi di terra e dei collegamenti con i centri di produzione/consumo;

    un ulteriore elemento di valutazione da parte delle grandi compagnie di navigazione (shipping company) è la possibilità di far leva su economie di scala in grado di ridurre il costo medio per unità trasportata: anche in questo ambito, emerge un vantaggio competitivo per i porti del Nord Europa che, in ragione sia di specificità fisiche (come la profondità dei fondali), sia di elementi di carattere economico (riconducibili alle dimensioni dei mercati di riferimento), consentono alle compagnie di navigazione di concentrare elevati volumi di carico da/per quelle di destinazione, con un costo per unità trasportata più contenuto;

    secondo il Logistic Performance Index elaborato dalla Banca Mondiale – che considera sia tempi e costi associati alla logistica, sia trasparenza dei processi e della qualità e affidabilità dei servizi offerti Pag. 165– nel 2019 l'Italia si è posizionata diciannovesima al mondo, mentre i primi tre Paesi sono Germania, Svezia e Belgio: l'inefficienza logistica costa oggi al nostro Paese 70 miliardi di euro l'anno, dei quali 30 miliardi sono da imputare a oneri burocratici e ritardi digitali;

    una rete logistica moderna e adeguatamente integrata è anche strategica nella lotta all'inquinamento e al cambiamento climatico: si pensi al ruolo che hanno in questo senso le cosiddette autostrade del mare, che consentono il decongestionamento delle arterie stradali;

    il trasporto su strada rappresenta, infatti, ancora il 72 per cento delle emissioni inquinanti nel mondo dei trasporti in Europa, e i veicoli commerciali pesanti, che sarebbero i destinatari per eccellenza del trasporto Ro-Ro (navi-traghetto progettate per trasportare carichi su ruote come automobili, autocarri oppure vagoni ferroviari), rappresentano da soli ancora il 26 per cento. La riallocazione di parte della circolazione di questi mezzi nel trasporto via mare offrirebbe, ovviamente su direttrici di collegamenti strategiche al mercato produttivo, un importante contributo alla riduzione dell'inquinamento;

    in tale ottica, occorre rafforzare le nostre reti portuali con investimenti che vadano nella direzione di sviluppare alcuni assi strategici, capaci di sciogliere i nodi che ancora vincolano un pieno sviluppo del settore, in termini di efficienza e affidabilità: interventi per il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento della dotazione infrastrutturale; interventi per ridurre il deficit di interconnessione attraverso un approccio di insieme; digitalizzazione dei processi della logistica e nella supply chain; semplificazione delle procedure amministrative; razionalizzazione degli enti preposti ai controlli; sostenibilità, con interventi per favorire lo sviluppo di porti green, anche in funzione della vicinanza dei porti alle città;

    l'adeguamento della dotazione infrastrutturale degli scali, nonché l'individuazione di adeguate aree limitrofe ai porti per l'interscambio intermodale, non sono più procrastinabili: in molti porti italiani sono necessari interventi sulle infrastrutture portuali esistenti, per il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento alle stazze delle navi; infrastrutture inadeguate, infatti, condizionano significativamente la capacità di offrire servizi differenti; maggiore è la differenziazione delle funzioni svolte dal porto, tanto più avanzato è il suo sistema logistico, tanto più ampia sarà la sua capacità competitiva;

    un elemento su cui agire è l'integrazione e l'intermodalità: i nostri scali nazionali soffrono ancora di forti deficit di interconnessione, i tempi di gestione dello scarico/carico sono molto lunghi – anche a causa di controlli amministrativi spesso più che duplicati e svolti da enti cronicamente sotto organico – e sono numerose le criticità connesse alla morfologia del territorio; a causa di queste inefficienze, le nostre imprese oggi pagano un extracosto della logistica dell'11 per cento superiore alla media europea; tuttavia, qualunque investimento sulla rete portuale o sulle infrastrutture stradali o ferroviarie di servizio, che non si inserisca in posizione strategica rispetto ai grandi mercati in un approccio «di insieme», può rivelarsi del tutto o parzialmente inefficace;

    è necessario concepire le infrastrutture logistiche come un unicum di nodi e reti, adeguatamente interconnessi e dimensionati, che consentano una movimentazione dei carichi quanto più possibile fluida e priva di colli di bottiglia; in un settore integrato come quello dei trasporti, infatti, l'intera catena si muove alla velocità del suo anello più debole;

    i porti appaiono sempre meno asset produttivi e di collegamento locale, in un contesto di dinamiche di internazionalizzazione votate alle esigenze sia dell'import/export che alla influenza degli assetti e dimensioni dei player dei trasporti e della logistica (che mutano velocemente);

    anche a livello dell'Unione europea vengono individuate le principali direttrici di collegamento (reti TEN-T), tracciando Pag. 166quasi delle «rotte» di connessione commerciale/industriale intra ed extra comunitaria;

    in un contesto in cui si stanno ridefinendo i flussi di interscambio a livello mondiale, con tendenze sempre più forti al rientro delle produzioni (reshoring) e alla regionalizzazione degli scambi, oltre al forte impulso che il lockdown ha dato al commercio digitale, il sistema della logistica e della portualità dovrà essere necessariamente ripensato;

    la digitalizzazione è, poi, il terzo asse fondamentale per uno sviluppo del settore: tecnologie come l'intelligenza artificiale e l'Internet of Things possono rivelarsi strategiche per controllare l'intera catena logistica, dall'organizzazione del trasporto alla gestione delle procedure doganali, alla progettazione e gestione dei magazzini, fino alle consegne, con impatti significativi sull'efficienza delle procedure e sui tempi;

    il sistema portuale italiano soffre di una carenza di infrastrutture digitali, nonché di una carenza di servizi tecnologici che rendono le operazioni portuali più costose e meno veloci per gli attori della catena logistica;

    il quarto asse è la semplificazione: serve una politica complessiva per la logistica, con un quadro normativo e regolatorio che aiuti, fluidifichi e sostenga il trasporto di merci, dati e passeggeri. In Italia si contano 177 procedimenti amministrativi in capo a 17 diverse pubbliche amministrazioni solo per i controlli merce in ambito portuale; se si estende la mappatura ad autotrasporto, interporti, magazzini, cargo ferroviario e cargo aereo, si arriva a oltre 450 procedimenti amministrativi – che riguardano sia merci che vettori – in capo a 35 pubbliche amministrazioni diverse e non coordinate tra loro, a fronte di una media europea inferiore a 80;

    in questo contesto, un ruolo importante per la competitività degli scali portuali potrebbero giocarlo le Zone economiche speciali (ZES), che proprio grazie alla semplificazione amministrativa, all'applicazione di una legislazione economica agevolata e all'offerta di incentivi di natura fiscale/finanziaria sarebbero capaci di attrarre investimenti produttivi, contribuendo allo sviluppo dell'economia del territorio, in una logica di maggiore integrazione tra industria e logistica; una reale implementazione di strumenti attrattivi attraverso ZES o ZLS integrate ed estese alle aree doganali intercluse dei porti potrebbero creare dei poli di lavorazione della merce legati ai porti molto attrattivi;

    infine, gli investimenti nel sistema portuale, oggi più che mai, non possono prescindere dal tema della sostenibilità: l'adeguamento e ammodernamento delle infrastrutture portuali secondo una logica di sviluppo sostenibile è l'orizzonte in cui inscrivere la programmazione degli interventi allo scopo di promuovere la transizione verso i green port; questo significa accelerare gli investimenti per l'elettrificazione delle banchine (il cosiddetto cold ironing) che permetterebbe di abbattere sensibilmente le emissioni di CO2 legate allo stazionamento delle navi in porto, ma anche guardare con sempre maggior attenzione ai progetti di sviluppo legati all'idrogeno come combustibile alternativo;

    le normative ambientali internazionali, però, se non correttamente calate nel contesto nazionale, rischiano di alterare la libera concorrenza e il mercato dello shipping. Nell'ambito delle normative volte al raggiungimento dei target di riduzione delle emissioni di anidride carbonica per carico trasportato, il Carbon index indicator (CII), che prevede l'assegnazione alle navi di un rating da A a E, secondo un'analisi di Assarmatori, Confitarma e Rina, potrebbe portare al declassamento di più del 23 per cento dei traghetti italiani, mentre un 40 per cento andrebbe in rating D, necessitando di conseguenza di interventi radicali atti a migliorare l'efficienza energetica. Solo il 37 per cento rientrerebbe nel rating A-C, quindi in grado di rispettare i requisiti senza l'adozione di modifiche particolari alla nave;

    se il quadro normativo fosse confermato, entro il 2025, con tempistiche difficilmentePag. 167 compatibili con le dinamiche del settore, la flotta italiana si troverebbe con più del 73 per cento delle navi non a norma e, quindi, potenzialmente non più in grado di navigare;

    passando al pacchetto Fit for 55, sempre secondo lo studio Assarmatori-Rina, se le compagnie marittime di cabotaggio fossero incluse nel mercato internazionale delle quote di scambio del carbonio, l'emission trading scheme (ETS), l'impatto sulla flotta di traghetti italiana potrebbe superare il costo di 275 milioni l'anno, di cui quasi 230 milioni per le navi Ro-Ro e Ro-Pax impegnate sulle rotte a lungo raggio, per esempio in Sardegna ma anche in generale nei collegamenti tra i porti del Mediterraneo. Il maggior costo che mediamente ogni singola unità di questo tipo rischia di dover sostenere è pari a quasi 3,5 milioni all'anno; per una unità in servizio sui collegamenti con le isole maggiori si potrà avere un costo aggiuntivo di 23000 euro a tratta;

    se a questo preoccupante scenario si aggiungono gli effetti della direttiva europea sul sistema di tassazione dell'energia, l'Energy Taxation Directive, l'impatto totale sulla flotta italiana supererebbe i 380 milioni l'anno. Di questi, 300 milioni a carico delle navi Ro-Ro e Ro-Pax impegnate nei collegamenti con le isole maggiori e oltre 40 milioni sulle navi impegnate nei collegamenti con le isole minori. In tutto, circa 350 milioni l'anno che andranno a gravare sui servizi di continuità territoriale;

    infine, poiché le accise colpiranno anche le unità inferiori alle 5 mila tonnellate, una nave impegnata nei collegamenti con le isole minori che consumi tipicamente 3 mila tonnellate all'anno di gasolio vedrebbe i suoi costi per l'energia lievitare di circa 1,2 milioni l'anno;

    la tassazione si applica agli armatori di navi superiori alle 5000 tonnellate di stazza – una classificazione in cui rientrano le maxi-navi portacontainer, sempre più popolari per le lunghe tratte perché abbattono i costi di spedizione consentendo di caricare molta più merce. Il sistema di calcolo prende in considerazione le miglia percorse e le emissioni stimate della nave e si applica al 100 per cento se la tratta inizia e finisce in porti europei, ma solo al 50 per cento se uno dei due porti è fuori dall'Unione europea;

    come ha evidenziato l'Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio, «alcuni porti nordafricani (Port-Said e Tangeri), in ragione della loro distanza dalle coste europee (300 miglia nautiche) e alla loro qualità di hub di transhipment (oltre il 65 per cento dei volumi in trasbordo), non vengono considerati scali»; pertanto, «una nave che attracca in uno di questi porti non interrompe il tragitto soggetto al calcolo del 50 per cento di emissioni in ingresso in UE». La misura, dunque, «crea un palese svantaggio competitivo per i porti di trasbordo collocati in territorio UE»;

    a essere penalizzati maggiormente da questa normativa sarebbero alcuni porti italiani del Mezzogiorno, in particolare il porto di Gioia Tauro; infatti, come rileva l'Autorità portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio, una nave proveniente da uno scalo extraeuropeo attraverso il canale di Suez potrà aggirare la tassazione al 100 per cento approdando ai porti di trasbordo nordafricani ed evitando di attraccare a Gioia Tauro (come in altri porti europei) prima di arrivare alla sua destinazione finale in Europa. E una nave di passaggio nel Mediterraneo per raggiungere l'Atlantico o l'Oceano Indiano vorrà evitare qualsiasi tipo di tassa evitando di toccare i porti UE. In poche parole, esiste «un concreto e attuale rischio di abbandono del porto di Gioia Tauro»;

    la dimensione del problema diventa ancora più evidente quando si considera che l'hub calabrese è uno dei principali porti di scalo europei in virtù della sua capacità di accogliere le grandi navi portacontainer. In Italia quasi il 28 per cento di tutti i container movimentati e il 77 per cento di quelli trasbordati (magari su navi più piccole per raggiungere porti di dimensioni inferiori) passano da Gioia Tauro. E il porto, altamente strategico per l'economia Pag. 168italiana quanto per quella europea, dà lavoro a quasi 6000 lavoratori, 1.600 direttamente e 4.000 indirettamente, come evidenzia l'Autorità;

    la stessa direttiva prevede uno strumento che dovrebbe contrastare tale possibilità (la cosiddetta «regola delle 300 miglia»), che però, di fatto, risulta inidoneo ad arginare i potenziali rischi di delocalizzazione dei traffici oggi attinti dai terminal nazionali;

    il suddetto provvedimento europeo, insomma, avrebbe un duplice effetto negativo, con la penalizzazione di alcuni porti mediterranei e l'aumento delle emissioni climalteranti, in quanto, da una parte, avvantaggerebbe enormemente i porti nordafricani, e, dall'altra, aumenterebbe l'inquinamento nel Mar Mediterraneo dato che i terminalisti sceglierebbero anche rotte più lunghe pur di non versare centinaia di migliaia di euro di tasse;

    integrazione intermodale, digitalizzazione, semplificazione burocratica e sostenibilità sono tutti elementi su cui l'Europa ci chiede di intervenire con i fondi di Next Generation EU, che possono rappresentare l'occasione per superare i limiti strutturali del sistema logistico nazionale e puntare con determinazione al suo rafforzamento strategico, senza, ovviamente, rinunciare a un maggior coinvolgimento di operatori industriali e investitori privati;

    infine, ma non per ordine di importanza, un discorso a parte merita l'impianto normativo che regola la portualità in Italia, nato a metà degli anni '90 con la legge 28 gennaio 1994, n. 84;

    attualmente la legge prevede un'Autorità di sistema portuale (ADSP) esplicitamente qualificata come ente pubblico non economico; la stessa legge prevede una governance con un comitato di gestione che esercita funzioni anche di gestione patrimoniale che, in ragione di una non chiara formulazione, sono state interpretate dalla Commissione europea come attività d'impresa;

    nell'ambito dell'ordinamento italiano le ADSP sono enti pubblici non economici a ordinamento speciale, sottoposti alla direzione e vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dotati di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria;

    la forma giuridica di ente pubblico non economico delle ADSP non sembra l'unica idonea a consentire ai porti italiani di affrontare le sfide del futuro e di competere con gli altri sistemi portuali, fermo restando il mantenimento della proprietà pubblica delle stesse;

    alla luce della portualità diffusa che caratterizza le coste italiane e dell'esigenza di garantire una maggiore competitività del sistema portuale nazionale, si ritiene opportuno il rafforzamento della governance a livello centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ciò al fine di fornire una visione unitaria e un ulteriore impulso di carattere decisionale e strategico relativo al potenziamento delle infrastrutture e della logistica;

    da sempre, la chiarezza delle regole e del sistema di amministrazione costituisce incentivo agli investimenti di lungo periodo da parte delle imprese nelle infrastrutture e ciò favorisce indubbiamente la possibilità di interventi strutturali ai fini del raggiungimento del Green Deal europeo;

    solo una partnership pubblico-privata stabile e dalle decisioni prevedibili, in ossequio al principio della certezza del diritto, può costituire il presupposto di una crescita sostenibile,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a rafforzare le reti portuali nazionali e lo sviluppo della pianificazione e razionalizzazione delle infrastrutture portuali turistiche con investimenti finalizzati a un pieno sviluppo del settore, in termini di efficienza e affidabilità e, in particolare per:

    a) il consolidamento, la sicurezza e l'adeguamento della dotazione infrastrutturale;

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    b) la riduzione del deficit di interconnessione attraverso un approccio di insieme;

    c) la digitalizzazione dei processi della logistica e nella supply chain;

    d) la semplificazione delle procedure amministrative;

    e) la sostenibilità, con interventi che favoriscano lo sviluppo di porti green;

   ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta alla modifica della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e, in particolare, per:

    a) un riordino delle competenze dell'Autorità di sistema portuale;

    b) un rafforzamento della governance a livello centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche in un'ottica di semplificazione di ruoli tra funzioni pubbliche, ad oggi molteplici (Autorità di regolazione trasporti, AGCM, capitanerie di porto, dogane), che garantisca efficienza e coordinamento delle ADSP, ferme restando le competenze delle regioni coerentemente con il dettato costituzionale, nonché l'armonizzazione delle regole per una giusta competizione e cooperazione tra le ADSP;

   a valutare l'opportunità di superare la forma giuridica di ente pubblico non economico delle ADSP, anche considerando le diverse fattispecie previste dall'ordinamento nazionale e dall'Unione europea, fermo restando il mantenimento della proprietà pubblica delle stesse;

   a valutare l'opportunità di:

    a) prevedere incentivi all'intermodalità, affinché la tariffa di uso delle infrastrutture portuali sia agevolata sul traffico ferroviario rispetto al traffico su gomma;

    b) prevedere un meccanismo premiale per le imprese portuali che investono nella digitalizzazione di attrezzature e processi al fine di rendere maggiormente snello e sicuro il processo di arrivo e smistamento della merce in porto, coerentemente con i processi che si stanno implementando anche attraverso R.A.M.;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a promuovere le infrastrutture portuali turistiche, comprese le attività produttive quali cantieri e officine nautiche, rendendo certi oneri e termini, così da implementare gli investimenti infrastrutturali volti – tra l'altro – alla sostenibilità e alla digitalizzazione delle strutture demaniali;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a garantire la sicurezza del lavoro portuale attraverso sistemi di upgrade formativo dei lavoratori e di armonizzazione della disciplina sulla sicurezza portuale ai principi dell'ordinamento generale;

   a dare rapida operatività all'avvio del Fondo per l'incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori istituito dall'articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa normativa per una modifica delle disposizioni di legge in materia di dragaggio dei porti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con riferimento al possibile sversamento a mare dei residui compatibili con la normativa in materia di tutela dell'ambiente marino;

   ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza per garantire una risoluzione dei problemi delle code dell'autotrasporto nell'accesso ai porti con la gestione programmata dei mezzi, anche attraverso l'implementazione di sistemi digitali di collegamento tra la rete autostradale e i porti;

   ad attivarsi presso tutte le sedi competenti, nazionali ed europee, per modificare le norme ambientali citate in premessa al fine di evitare dinamiche distorsive del mercato e al fine di salvaguardare porti strategici per l'Italia e per l'Europa, come quello di Gioia Tauro.

Frijia, Furgiuele, Caroppo