CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 luglio 2023
145.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche. C. 249 ed abb.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XIV Commissione,

   esaminato, per le parti di competenza, il testo unificato delle proposte di legge C. 249 Marrocco e abbinate, recante disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche, come risultante dalle proposte emendative approvate dalla XII Commissione nel corso dell'esame in sede referente;

   considerato che l'impianto complessivo del provvedimento è pienamente coerente con gli indirizzi assunti dalla Commissione europea con la comunicazione recante il Piano europeo di lotta contro il cancro (COM(2021) 44 final) con la quale ha preannunciato iniziative volte ad affrontare il tema dell'equità dell'accesso ai servizi finanziari (comprese le assicurazioni) attraverso un codice di condotta ed una riflessione sulle soluzioni a lungo termine;

   evidenziato che questi orientamenti sono stati da ultimo riaffermati dal Parlamento europeo che il 16 febbraio 2022 ha approvato una risoluzione sulla strategia europea nella lotta contro il cancro nella quale chiede, tra l'altro, l'adozione di una direttiva contro la discriminazione dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti alla malattia, nonché l'equa attuazione delle direttive sui servizi finanziari, quali la direttiva relativa ai contratti di credito;

   evidenziata la portata delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 4. riguardanti rispettivamente l'accesso ai servizi finanziari, bancari ed assicurati ed alle procedure concorsuali, al lavoro e alla formazione professionale delle persone che sono state affette da malattie oncologiche, rispondenti alle problematiche evidenziate nella Comunicazione della Commissione europea e nella risoluzione del Parlamento europeo,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro la corruzione, che sostituisce la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio e la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio. COM(2023) 234 final.

DOCUMENTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XIV Commissione,

  esaminata, ai fini della verifica di conformità con il principio di sussidiarietà, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la lotta contro la corruzione, che sostituisce la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio e la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio;

  tenuto conto degli elementi di conoscenza e di valutazione emersi nel corso delle audizioni di esperti e rappresentanti delle istituzioni nonché degli organismi associativi interessati, svolte nell'ambito dell'esame della proposta;

   premesso che:

    la Commissione europea intende introdurre un quadro giuridico organico dell'UE in materia di lotta contro la corruzione, vincolando gli Stati membri all'adozione di un complesso di disposizioni relative a tre profili: l'armonizzazione minima di un'ampia serie di fattispecie di reato riconducibili al fenomeno corruttivo; le misure per la prevenzione della corruzione; gli strumenti per rafforzare la cooperazione nelle relative attività di contrasto;

    la Commissione giustifica l'intervento legislativo rilevando che il quadro normativo europeo in materia è attualmente frammentato e parziale, essendo riconducibile ad atti che riguardano specifici aspetti del fenomeno, quali la corruzione nel settore privato, quella dei funzionari UE, la tutela del bilancio europeo contro le frodi, il riciclaggio;

    la Commissione sottolinea altresì la necessità di un nuovo strumento che tenga conto in particolare della Convenzione dell'ONU contro la corruzione (UNCAC), siglata a Merida, ed adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 31 ottobre 2003, ritenuta il più esaustivo strumento giuridico internazionale in questo campo, che include norme concernenti sia il profilo della prevenzione che quello della repressione;

    nel preambolo della proposta non risultano adeguatamente né la necessità né il valore aggiunto della stessa, non accompagnata da alcuna valutazione d'impatto ma soltanto da una mera ricognizione del lavoro istruttorio che ha preceduto l'elaborazione del testo normativo, nonché dal quadro delle diverse opzioni che in esito a tale attività preparatoria sono state prese in considerazione per realizzare l'obiettivo del miglioramento del contrasto alla corruzione;

    le diverse argomentazioni utilizzate dalla Commissione europea a giustificazione della proposta sono in misura non trascurabile di natura metagiuridica, non fondandosi su un'analisi rigorosa dei dati relativi alle fattispecie criminali oggetto della proposta e delle relative previsioni legislative nazionali ma su indici di percezione del livello di corruzione o del livello di Pag. 142rischio di corruzione da parte di cittadini o imprese;

   osservato al riguardo che:

    a) la Convenzione UNCAC impone la penalizzazione di un insieme determinato di fattispecie criminali, segnatamente la corruzione di pubblici ufficiali nazionali, la corruzione di pubblici ufficiali stranieri e di funzionari di organizzazioni internazionali pubbliche, la sottrazione, l'appropriazione indebita od altro uso illecito di beni da parte di un pubblico ufficiale, il riciclaggio dei proventi del crimine, l'ostacolo al buon funzionamento della giustizia;

    b) la Convenzione, tuttavia, prevede un'incriminazione meramente facoltativa per quanto riguarda l'abuso d'ufficio, la corruzione nel settore privato, e l'arricchimento illecito nonché altre fattispecie disciplinate dalla proposta della Commissione europea: appare quindi difficilmente giustificabile la sovrapposizione tra fenomenologie criminali radicalmente dissimili che potrebbe alimentare il rischio di realizzare squilibri non trascurabili in termini di proporzionalità del sistema; la stessa diversificazione operata dalla Convenzione sottende infatti la consapevolezza delle Parti contraenti in ordine all'adozione di un approccio regolatorio prudenziale, rispettoso della diversità e delle dinamiche dei diversi ordinamenti statali;

    c) ne discende che l'intervento normativo a livello unionale, obbligando alla criminalizzazione di una serie eterogenea di fattispecie di reato, valutate in maniera diversa a livello internazionale, corre il rischio di porre su uno stesso piano veri e propri obblighi convenzionali insieme a semplici raccomandazioni;

    d) dal momento che la Convenzione UNCAC, incidendo su materie oggetto di competenza concorrente, è stata firmata e ratificata sia dall'Unione sia dai suoi Stati membri, la decisione in merito a quali aspetti della medesima Convenzione debbano essere attuati a livello unionale oppure a livello nazionale va dunque operata in ogni caso in coerenza con i tre princìpi fondamentali dei Trattati in materia di riparto ed esercizio delle competenze (attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità);

    e) l'estensione della disciplina, tale da coprire, tra l'altro, la definizione delle fattispecie di reato, delle pene principali e accessorie, delle attenuanti e aggravanti, della responsabilità delle persone giuridiche, e della prescrizione, unitamente al grado di dettaglio impiegato nelle singole disposizioni, suscitano forti dubbi anche per quanto riguarda la stessa coerenza alla base giuridica individuata dalla Commissione europea, atteso che proprio l'articolo 83 TFUE legittima le Istituzioni europee alla previsione di sole norme minime, relative alla definizione dei reati e delle sanzioni;

    f) nell'ottica della Commissione europea, i delitti di corruzione costituirebbero una grave minaccia per la «democrazia», la «stabilità e la sicurezza della società», i «valori universali su cui si fonda l'Unione europea», lo «Stato di diritto», l'intervento dell'Unione si renderebbe altresì necessario per salvaguardare la concorrenza, la crescita economica sostenibile, l'efficienza della spesa pubblica: in tal senso non può non rilevarsi l'ampiezza e la genericità dei beni giuridici citati che s'intendono tutelare, e la conseguente incertezza del nesso tra gli obiettivi dichiarati e gli strumenti mediante i quali raggiungerli;

    g) nonostante la Commissione europea rilevi un'asserita difformità tra gli Stati membri nella disciplina delle singole incriminazioni prese in considerazione dalla proposta, è lo stesso preambolo alla disciplina a smentire l'assunto in base al quale vi sarebbero profonde differenze tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, laddove indica che, in realtà, nella quasi totalità delle Nazioni dell'UE sono già esaurientemente contemplate le incriminazioni di cui si propone l'introduzione;

    h) appare peraltro fisiologico, se non necessario, che in talune circostanze un determinato fenomeno criminale presenti specificità quanto alla sua definizione penalistica nell'ambito dei singoli ordinamenti nazionali, considerate le inevitabili Pag. 143peculiarità di contesto e di cornice giuridico-costituzionale dei singoli Stati membri;

    i) in relazione alla repressione transnazionale del fenomeno corruttivo inteso in senso lato si fa presente che è già pienamente operante dall'1 giugno 2021 la cosiddetta Procura europea (EPPO) – alla quale, peraltro, l'Italia ha aderito ai sensi della disciplina di cooperazione rafforzata – e che la direttiva 2017/1371/UE prevede che proprio tale organismo sia incaricato d'indagare, perseguire e portare in giudizio reati quali frodi, corruzione e riciclaggio che ledano gli interessi finanziari dell'Unione;

    j) l'asserito carattere transnazionale del fenomeno criminale oggetto della disciplina, invocato dalla Commissione europea a sostegno della conformità dell'intervento normativo al principio di sussidiarietà, non appare interamente dimostrato quanto meno con particolare riferimento ad alcune fattispecie definite nella proposta, segnatamente il reato di intralcio alla giustizia e quello di abuso di ufficio;

    k) in particolare, la disciplina della prescrizione, che per diversi reati prevede l'allungamento significativo dei termini di prescrizione, potrebbe determinare ulteriori squilibri di sistema, ed appare persino contraddittoria con altre politiche dell'Unione europea, quali quelle tendenti a condizionare l'ottenimento dei fondi europei alla riduzione dei tempi dei processi penali e, più in generale, all'efficientamento della giustizia;

    l) con riferimento al regime delle pene accessorie, ed in particolare alla sanzione dell'impedimento alla candidatura della persona perseguita per reati di corruzione, appare non privo di fondamento l'argomento in base al quale potrebbe risultare non conforme al principio di attribuzione (ed in ogni caso al principio di sussidiarietà) l'opzione della Commissione europea di estendere l'esercizio della competenza legislativa dell'UE in diritto penale fino a incidere sulle disposizioni che regolano lo svolgimento del processo democratico nelle elezioni nazionali;

   valutate positivamente le previsioni, di cui all'articolo 3 della proposta, dedicato alla prevenzione della corruzione, che obbligano gli Stati membri a disporre di misure adeguate, come campagne di informazione e sensibilizzazione, e programmi di ricerca e istruzione, per sensibilizzare l'opinione pubblica sugli effetti nocivi della corruzione, e quelle di cui all'articolo 6 intese a configurare una specifica formazione anticorruzione alle autorità competenti ed ai funzionari pubblici, assicurando risorse adeguate a tale scopo;

   considerando altresì che l'articolo 4 della proposta obbliga gli Stati membri a dotarsi di organismi specializzati nella prevenzione e nella repressione della corruzione, che devono essere indipendenti, così come ha fatto l'Italia con l'istituzione dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC);

   ritenuto, alla luce delle argomentazioni sopra riportate che la proposta in esame esorbita dalla base giuridica richiamata a suo fondamento nella misura in cui essa disciplina reati ulteriori rispetto a quello di corruzione in senso stretto, privi peraltro del requisito della transnazionalità, relativamente ai quali l'UE non ha la competenza ad adottare norme di armonizzazione;

   osservato in ogni caso che, anche laddove si volesse ritenere che la disciplina di fattispecie criminose ulteriori rispetto alla corruzione in senso stretto sia riconducibile all'articolo 83 del TFUE, la proposta risulterebbe palesemente in contrasto con il principio di sussidiarietà e con quella di proporzionalità. Ciò in quanto essa detta, senza che sia dimostrata la necessità ed il valore aggiunto dell'intervento a livello unionale, una disciplina pervasiva che incide profondamente su normative, quali quelle contenute nei codici penali e di procedura penale, che tengono conto delle specificità dei sistemi, dei dati statistici e delle culture giuridiche, economiche e sociali, nonché dell'ordinamento costituzionale e delle Pubbliche amministrazioni di ciascuno Stato membro. Peraltro, le norme di armonizzazione non si limitano alla definizione dei reati e delle relative sanzioni ma investono Pag. 144in modo ultroneo anche la disciplina dei termini di prescrizione nonché le circostanze aggravanti ed attenuanti;

   sottolineata in ogni caso l'opportunità di operare, nel corso del prosieguo dell'esame della proposta a livello di Unione europea, un'analisi più approfondita dei numerosi profili di criticità richiamati in precedenza, avendo acquisito le necessarie valutazioni d'impatto predisposte dalla Commissione europea,

  esprime un

PARERE MOTIVATO

   ai sensi dell'articolo 6 del Protocollo n. 2 allegato al Trattato sull'Unione europea ed al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

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ALLEGATO 3

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'attestazione e sulla comunicazione delle asserzioni ambientali esplicite (direttiva sulle asserzioni ambientali). COM(2023) 166 final.

DOCUMENTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XIV Commissione,

  esaminata, ai fini della verifica di conformità con il principio di sussidiarietà, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'attestazione e sulla comunicazione delle asserzioni ambientali esplicite (COM (2023)166);

  tenuto conto degli elementi di conoscenza e di valutazione emersi nel corso dell'esame della proposta;

  rilevato che sulla proposta non è ancora pervenuta la relazione del Governo di cui all'articolo 6, comma 4, della legge 234 del 2012;

   premesso che:

    gli obiettivi perseguiti dalla iniziativa legislativa sono complessivamente condivisibili, essendo essa intesa a proteggere i consumatori e le imprese dal greenwashing. In particolare, le misure proposte mirano, per un verso, a consentire ai consumatori di assumere decisioni di acquisto informate sulla base di asserzioni e marchi ambientali credibili. Per altro verso, esse sono volte a migliorare la certezza del diritto e le condizioni di parità nel mercato interno nonché a stimolare la competitività degli operatori economici che si impegnano per aumentare la sostenibilità ambientale dei loro prodotti e delle loro attività;

    le disposizioni della proposta danno anche seguito alle richieste che erano state formulate nel quadro della Conferenza sul futuro dell'Europa ai fini di una maggiore trasparenza per quanto riguarda la sostenibilità e l'impronta ambientale dei prodotti;

   rilevato che la proposta, alla luce del suo scopo principale e del contenuto, è correttamente fondata sull'articolo 114 del TFUE. Essa infatti ha un effetto diretto e significativo sul funzionamento del mercato interno, in quanto è volta ad introdurre norme uniformi per la commercializzazione di beni e servizi con asserzioni relative alla protezione dell'ambiente, superando le profonde differenze nelle legislazioni nazionali in materia. Ciò consentirebbe alle imprese di meglio competere nel mercato interno, eliminando oneri di conformità inutili e distorsioni di concorrenza, e ai consumatori di prendere decisioni di acquisto ottimali nel medesimo mercato;

   considerato che la proposta risulta complessivamente conforme al principio di sussidiarietà, in quanto:

    è necessario intervenire in materia a livello di Unione europea dato che se gli Stati membri agissero singolarmente per superare le lacune dell'assetto vigente rischierebbero di adoperare sistemi basati su metodi e approcci diversi, determinando una ulteriore frammentazione del mercato interno;

    l'introduzione di norme armonizzate per le asserzioni ambientali presenta un evidente valore aggiunto dal momento che comporterebbe presumibilmente costi di conformità inferiori per le imprese, assicurerebbe la certezza del diritto e limiterebbe la proliferazione di marchi e asserzioni ambientali ingannevoli;

   evidenziato che la proposta risulta coerente anche con il principio di proporzionalità in quanto:

    la proposta reca un numero limitato di prescrizioni uniformi e garantisce Pag. 146trasparenza e credibilità dei marchi nei confronti degli utenti;

    pur mancando, all'interno della valutazione d'impatto che accompagna la proposta, una stima accurata dei potenziali costi in capo agli enti che gestiscono i marchi ambientali, alle imprese e alle autorità di controllo, è presumibile che essi non siano sproporzionati e siano compensati almeno in parte dalla uniformità e certezza della disciplina applicabile;

    la proposta non impone alcun metodo di valutazione specifico degli elementi attestanti la veridicità delle asserzioni ambientali e fa affidamento sulle prescrizioni generali intese a fornire ai consumatori informazioni attendibili;

    la nuova disciplina non si applica opportunamente alle microimprese, salvo che queste desiderino ricevere un certificato di conformità dell'asserzione ambientale;

    è apprezzabile che la proposta, in coerenza con il principio di proporzionalità, richieda agli Stati membri di assistere le piccole e medie imprese nell'applicare la direttiva, adottando misure di sostegno finanziario nonché per l'accesso a finanziamenti, la formazione specializzata per i dirigenti e il personale e l'assistenza tecnica e organizzativa. Occorre tuttavia assicurare che questi interventi possano essere adottati da ciascuno Stato in modo semplice e in tempi ragionevoli per evitare svantaggi competitivi per le PMI. In particolare, tenuto conto che alcune di tali misure, soprattutto se di carattere finanziario, potrebbero essere classificate come aiuti di Stato andrebbe valutata l'adozione di un apposito regolamento di esenzione per categoria;

   ritenuto altresì che il ricorso allo strumento della direttiva è appropriato alla luce del quadro giuridico vigente a livello nazionale e dell'Unione, a garantire la tutela dei consumatori in un settore che peraltro è già regolamentato da direttive;

   rilevata l'esigenza che il presente documento sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea,

VALUTA CONFORME

   la proposta al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea.