CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 dicembre 2022
38.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

DL 176/2022: Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica. C. 730 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO

  La X Commissione,

   esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, recante misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica» (C. 730 Governo, approvato dal Senato);

   valutata con favore l'estensione di alcuni crediti di imposta, volti a contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese in precedenza concessi per le spese relative all'energia e al gas sostenute fino ai mesi di ottobre e novembre 2022, anche al mese di dicembre 2022;

   apprezzato quanto recato all'articolo 3 che consente alle imprese residenti in Italia, clienti finali di energia elettrica e di gas naturale, di richiedere ai relativi fornitori la rateizzazione dei rincari delle bollette elettriche, per i consumi effettuati dal 1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023 e fatturati entro il 30 settembre 2023;

   considerato l'ulteriore finanziamento finalizzato a permettere il contenimento delle conseguenze derivanti agli utenti finali dagli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale disposto all'articolo 3-bis;

   valutate favorevolmente le misure per l'incremento della produzione di gas naturale recate all'articolo 4 che modificano e integrano la disciplina sull'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale, da destinare a prezzi calmierati, ai clienti finali industriali «energivori», con la finalità di contribuire al rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale e alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti tra cui il metano;

   considerato con favore quanto disposto all'articolo 4-bis che prevede che fino al 31 marzo 2024, la sostituzione del gas naturale con combustibili alternativi, compreso il combustibile solido secondario, e le relative modifiche tecnico-impiantistiche ai fini del soddisfacimento del fabbisogno energetico degli impianti industriali siano da qualificarsi come modifiche non sostanziali;

   apprezzata la proroga del regime di tutela del prezzo per i clienti domestici nel mercato del gas, disponendo che esso abbia termine – anziché a decorrere dal 1° gennaio 2023 – a decorrere dal 10 gennaio 2024, allineando così temporalmente il processo di liberalizzazione per i clienti domestici del gas naturale a quello del settore elettrico e prevedendone la conclusione definitiva, per entrambi, nella stessa data;

   preso atto con favore della disciplina inerente alla quota di biocarburanti sostenibili utilizzati in purezza che i singoli fornitori di benzina, diesel e metano sono obbligati a conseguire entro il 2030, recata all'articolo 6-bis,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

DL 176/2022: Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica. C. 730 Governo, approvato dal Senato.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA DAI DEPUTATI PAVANELLI, CAPPELLETTI, APPENDINO, TODDE

  La X Commissione (Attività Produttive, Commercio e Turismo),

   esaminato per le parti di competenza il disegno di legge C. 730, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, recante misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica;

   premesso che:

    il provvedimento in esame, intervenendo nel solco della continuità con i provvedimenti precedenti, nasce con l'obiettivo di rispondere alla necessità di contrastare l'incremento dei costi dell'energia e di stemperare i fattori di preoccupazione per il mercato, per le imprese e per i cittadini, tenuto conto del perdurare di una situazione caratterizzata da difficoltà e incertezza;

    le misure contenute nel provvedimento in esame, in gran parte proroghe di precedenti disposizioni, mantengono il carattere emergenziale e riparatorio e non intervengono in modo risolutivo e strutturale sul problema della fluttuazione dei prezzi energetici né sull'impatto dell'aumento dei prezzi di bollette e carburanti per le imprese e le famiglie, colpite duramente anche dall'inflazione. La condizione di lavoratori e pensionati, infatti, è e continua ad essere colpita duramente dagli effetti dell'inflazione che erode salari e redditi. La più elevata inflazione in Italia è alimentata da una crescita dei prezzi dell'energia che non ha confronto in Europa. A novembre i prezzi dei beni energetici salgono del 68,1 per cento (era 71,7 per cento ad ottobre), un ritmo doppio del +34,9 per cento della media dell'Eurozona. Si tratta dell'inflazione energetica più alta di tutta l'Unione europea a 27. Nel dettaglio, a novembre l'indice dei prezzi dell'energia elettrica in Italia sale del 174,8 per cento (era 199,0 per cento ad ottobre) a fronte del +39,6 per cento registrato in Eurozona; persiste un ampio divario anche per i prezzi del gas, che in Italia salgono del 96,5 per cento rispetto al 67,0 per cento della media europea. Gli effetti recessivi sui bilanci di famiglie e imprese italiane, innescati dal caro bollette, sono più intensi rispetto agli altri paesi Ue: se prendiamo in considerazione la media dei primi undici mesi del 2022, l'indice dei prezzi di elettricità, gas e altri combustibili in Italia sale del 81,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021, in Germania del 33,2 per cento mentre in Francia la crescita si ferma al 18,8 per cento. Secondo le recenti valutazioni dell'Istat, per i consumi energetici dell'abitazione principale le famiglie residenti in Italia hanno sostenuto nel 2020 una spesa complessiva di 36,0 miliardi di euro, di cui l'83,8 per cento è attribuibile al metano (15,6 miliardi di euro) e all'energia elettrica (14,5 miliardi);

    secondo i dati elaborati dal Centro studi di Unimpresa, su base Banca d'Italia, emerge che gli italiani ormai attingono dai conti correnti per affrontare il caro bollette, scalfendo la liquidità che era cresciuta nella fase più dura della pandemia. Per la prima volta dopo circa tre anni, le giacenze di cittadini ed imprese registrano un valore negativo. Tra luglio ed ottobre c'è stato un deflusso di 50 miliardi di euro;

    suscitano forte preoccupazione le disposizioni in materia di riorganizzazione della disciplina sugli incentivi per l'efficientamento energetico, relativamente ai quali si è nuovamente intervenuti con lo strumento della decretazione d'urgenza, producendoPag. 54 uno stato di disorientamento negli operatori, soprattutto a causa di misure che non razionalizzano l'intervento per renderlo più efficace. È evidente che la complessità e la delicatezza della materia avrebbero dovuto indurre il legislatore ad evitare il ricorso a tale strumento;

   rilevato che:

    con particolare riferimento agli ambiti di competenza della Commissione, rilevano le disposizioni previste: dall'articolo 1, contenente la proroga dei contributi straordinari a favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale; dall'articolo 3, volto a fronteggiare il caro bollette, dall'articolo 4 che, in deroga alla normativa vigente, dispone l'incremento della produzione di gas naturale; dall'articolo 4-bis che prevede la sostituzione del gas naturale con combustibili alternativi fino al 31 marzo 2024, dall'articolo 8, in materia di mezzi di pagamento in favore degli operatori del commercio al minuto, nonché dall'articolo 9, che contiene la rimodulazione delle percentuali per la fruizione delle agevolazioni fiscali per efficientamento energetico;

    sono state sollevate diverse criticità applicative in merito alle agevolazioni concesse alle imprese per contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas di cui all'articolo 1. In particolare, sorgono perplessità circa l'efficacia e la tempestività di misure che dovrebbero avere lo scopo di dare una risposta immediata alle difficoltà che stanno mettendo a rischio la prosecuzione delle attività di molte imprese. In particolare, neanche con la manovra di bilancio si è riusciti ad intervenire per esonerare dagli oneri di sistema le medie imprese e le industrie con utenze che impegnano potenza in media e alta tensione;

    l'ampio utilizzo del credito d'imposta, a partire dalle misure introdotte in conseguenza dell'emergenza pandemica, ha reso tale strumento, con il trascorrere del tempo e con il susseguirsi degli interventi normativi, sempre meno efficace. Molte agevolazioni, anche settoriali, sono state introdotte, nel susseguirsi di provvedimenti, sotto forma di crediti d'imposta. In un tale contesto, le ulteriori soluzioni incentrate sui crediti di natura fiscale rischiano concretamente di saturarne il mercato, non solo perché le imprese di ridotte dimensioni potrebbero non avere sufficienti versamenti con cui compensare i crediti accumulati, ma anche e soprattutto perché sono sempre meno numerosi gli operatori disponibili ad acquistarli;

    con riferimento all'articolo 3, che consente alle imprese residenti in Italia, clienti finali di energia elettrica e di gas naturale, di richiedere ai relativi fornitori la rateizzazione dei rincari delle bollette elettriche, per i consumi effettuati dal 1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023 e fatturati entro il 30 settembre 2023, occorre sottolineare che la disposizione, prevedendo che l'adesione al piano di rateizzazione configuri un'opzione alternativa alla fruizione dei crediti d'imposta volti a contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese di cui all'articolo 1, non può essere considerata una soluzione realmente efficace, ma solo un differimento nel breve termine. La norma, per poter produrre effetti positivi per le piccole imprese, deve poter prevedere rateizzazioni a condizioni favorevoli, tra cui l'applicazione di eventuali tassi di interesse che non superino il livello del tasso di interesse legale e che prevedano, al contempo, la possibilità di ripartizione mensile delle rate per un periodo congruo;

    risulta evidente, dunque, la necessità di introdurre dei correttivi volti ad accrescere l'efficacia delle misure, agendo sia sull'ampliamento del termine per l'utilizzo delle compensazioni che sull'ipotesi, ad oggi esclusa, di un'eventuale cessione frazionata dei crediti: ciò consentirebbe alle imprese di scegliere di destinare una parte dei crediti alla compensazione e una parte alla cessione;

    con riferimento all'aumento del limite di non concorrenza alla formazione del reddito imponibile dei fringe benefit, per l'anno 2022, da 600 a 3.000 euro di cui al comma 10 dell'articolo 3, preme rilevare Pag. 55come l'impatto di questi benefit dipenda direttamente dalla dimensione dell'impresa che eroga il beneficio e dal settore in cui opera l'azienda. Se consideriamo che il 92 per cento delle imprese del nostro Paese conta meno di 50 dipendenti, risulta chiaro come le disposizioni in oggetto finiscano per favorire un numero estremamente limitato di lavoratori contribuendo a determinare una distribuzione iniqua dei benefici;

   considerato che:

    come già preannunciato, destano particolare sconcerto le disposizioni di cui all'articolo 4 che, in deroga alla normativa vigente, ammettono a partecipare alle procedure di approvvigionamento a lungo termine le concessioni di coltivazione di idrocarburi poste nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalle linee di costa superiore a 9 miglia e aventi un potenziale minerario di gas per un quantitativo di riserva certa superiore a una soglia di 500 milioni di metri cubi. In deroga al divieto previsto dall'articolo 4 della legge n. 9 del 1991, viene dunque consentita la coltivazione per la durata di vita utile del giacimento, a condizione che i titolari delle concessioni aderiscano alle procedure di approvvigionamento a lungo termine e previa presentazione di analisi tecnico-scientifiche e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica dell'assenza di effetti significativi di subsidenza sulle linee di costa. Tale scelta, nell'ottica del Governo, sarebbe finalizzata, attraverso l'incremento dell'offerta di gas di produzione nazionale da destinare ai clienti finali industriali, alla riduzione delle emissioni di gas calmieranti;

    la ripresa delle attività di estrazione del gas, così come delineata dalla disposizione in esame, è in netto contrasto sia con il principio costituzionale della tutela ambientale che con quello relativo agli interessi delle future generazioni, poiché costituisce un'inversione di marcia rispetto all'obiettivo di decarbonizzazione del settore energetico necessario al contrasto del cambiamento climatico;

    tale scelta, infatti, nega apertamente quanto sostenuto negli anni da numerose evidenze scientifiche che dimostrano come l'unico modo per raggiungere l'obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050 sia ridurre immediatamente l'uso di combustibili fossili e che sottolineano quanto le emissioni fuggitive di metano abbiano un elevato impatto climalterante. Secondo quanto evidenziato da Greenpeace nell'ambito delle audizioni al Senato sul provvedimento, in un arco di tempo di 20 anni il potere climalterante del metano è di oltre ottanta volte superiore a quello della CO2;

    teniamo presente che il Mediterraneo è sempre più a rischio a causa dell'aumento delle emissioni, in particolare CO2 e metano, e delle ondate di calore. Dalle rilevazioni di Enea emerge che nell'ultimo quarto di secolo la CO2 è aumentata da circa 365 a circa 420 parti per milione (+15 per cento), il metano da circa 1825 a 1985 parti per miliardo (+9 per cento), mentre la temperatura media è aumentata di circa 0.5 °C, insieme alla frequenza ed intensità delle ondate di calore. È stato confermato anche l'aumento della temperatura media del mare che negli ultimi 100 anni ha subito un incremento di oltre 1.5 °C, quindi molto di più della media globale, e una maggiore frequenza di fenomeni come le ondate di calore intense e durature, con temperature del mare che nel 2022 hanno raggiunto i 30 °C e che mettono a rischio la biodiversità, modificano gli habitat di varie specie e influenzando le attività produttive di pesca, acquacoltura e altri comparti produttivi;

    a riguardo si segnala anche, ultimo in ordine di tempo, lo studio dedicato al sistema energetico italiano, condotto da un gruppo di ricerca dell'Università La Sapienza e pubblicato lo scorso ottobre sul Journal of Cleaner Production, dal titolo «Towards a dramatic reduction in the European Natural Gas consumption: Italy as a case study», portato all'attenzione del Senato sempre nell'ambito delle audizioni svolte in Commissione Bilancio. Tale studio evidenzia come l'investimento in fonti rinnovabili, invece che in fonti fossili, non solo sarebbe più conveniente in termini di consumoPag. 56 e di risparmio, ma contribuirebbe ad un sensibile aumento di posti di lavoro;

    la quantità di gas recuperabile grazie alle previsioni di cui all'articolo 4 è stimata intorno ai 15 miliardi di metri cubi in 10 anni, ossia 1,5 l'anno: soltanto il 2 per cento del fabbisogno nazionale. Una quantità talmente esigua e di scarso impatto sul fabbisogno nazionale, che non permette di motivare la necessità e l'urgenza di ricorrere allo strumento del decreto-legge;

    è di tutta evidenza come in relazione a dette disposizioni non vi siano margini di miglioramento e l'unica strada percorribile consiste inevitabilmente nella soppressione dell'intero articolo e nel contestuale ripensamento, radicale, della politica energetica del Governo in carica;

    va dato rilievo, inoltre, all'inserimento di una nuova disposizione di cui all'articolo 4-bis, introdotta nel testo del decreto, con un emendamento approvato in commissione nel corso dell'esame in sede referente, che integra il contenuto dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 14 del 2022, prevedendo che, fino al 31 marzo 2024, la sostituzione del gas naturale con combustibili alternativi, compreso il combustibile solido secondario, e le relative modifiche tecnico-impiantistiche ai fini del soddisfacimento del fabbisogno energetico degli impianti industriali, sono da qualificarsi come modifiche non sostanziali. La novella fa in ogni caso salvi i limiti di emissione nell'atmosfera previsti dalla normativa dell'UE o, in mancanza, quelli previsti dalle norme nazionali o regionali, ma ugualmente si pone in contrasto con la strategia europea sull'economia circolare in quanto deroga norme al fine di sostituire il gas naturale con combustibile solido secondario, in pratica rifiuti che dovrebbero invece essere recuperati con opportunità di reimpiego della materia generata attraverso impianti per il riciclo e il riutilizzo;

   considerato inoltre che:

    per quanto attiene alle modifiche recate dall'articolo 9, in materia di incentivi riferiti all'efficientamento energetico, occorre ribadire con forza che l'incertezza normativa e il susseguirsi di modifiche della disciplina e delle relative modalità attuative, rappresentano il pericolo maggiore per la concreta realizzazione degli effetti attesi dalle stesse;

    è innegabile come i bonus relativi all'edilizia, ed in particolare la misura del Superbonus 110 per cento, abbiano svolto un ruolo decisivo nel rilancio del comparto. Negli ultimi due anni, il settore delle costruzioni ha trainato il PIL e l'occupazione. Secondo i dati riportati dall'Associazione nazionale costruttori edili (Ance), più di un terzo dell'aumento del PIL del 2022 è legato alla crescita del settore, che ha creato 230.000 posti di lavoro in due anni;

    nell'ultimo rapporto di ricerca sugli incentivi per una politica industriale di lungo periodo, il Censis dimostra chiaramente i benefici apportati sia in termini di entrate per lo Stato che in termini di crescita dell'occupazione. Il Censis stima che, a fronte di 55 miliardi di euro di investimenti sul patrimonio edilizio, tra agosto 2020 e ottobre 2022, siano stati 79,9 i miliardi di produzione diretta nella filiera delle costruzioni, cui si sommano 36 miliardi di euro di produzione attivata in altri settori del sistema economico connesso alle componenti dell'indotto, per un totale di almeno 115 miliardi di euro. Anche in termini fiscali, non può essere ignorato il contributo portato dagli effetti moltiplicativi del Superbonus sul relativo gettito fiscale. Tali valutazioni si aggiungono all'aspetto primario e più rilevante della misura, ossia gli effetti benefici in termini di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale. In base ai dati disponibili, il Censis stima che la spesa di 55 miliardi di euro abbia generato un risparmio di 11.700 Gwh/anno, che corrispondono a 1,1 miliardi di metri cubi di gas, pari al 40 per cento del risparmio energetico che il Piano emergenziale di riduzione dei consumi del settore domestico si prefigge di realizzare nell'autunno-inverno 2022-2023, mentre la riduzione delle emissioni di CO2 dovuta agli interventi con il Superbonus è stimabile in 1,4 milioni di tonnellate di mancate emissioni;

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    il Superbonus risponde ad un obiettivo strategico, quale quello della transizione ecologica ed energetica, che per sua natura ha una dimensione di lungo periodo e deve necessariamente tendere ad un rinnovato approccio nella politica industriale del Paese. È dunque decisamente poco lungimirante pensare di rimodulare tale strumento sulla base di considerazioni meramente contabili, senza una visione di ampio respiro che tenga conto dell'impatto prodotto sulla spesa pubblica in termini di risorse economiche attivate, di occupazione aggiuntiva, di risparmio energetico assicurato e di gettito fiscale prodotto. Inoltre, anche puntuali riforme di dettaglio, quale ad esempio la fissazione di un limite reddituale agli interventi sulle unità immobiliari unifamiliari, rappresentano una contraddizione della finalità universale della misura, quale quella dell'efficientamento energetico;

    occorre altresì rilevare il disorientamento generato nelle attività produttive coinvolte tra la disciplina transitoria delineata al comma 2 dell'articolo 9, che prevedeva un termine eccessivamente ravvicinato rispetto al 19 novembre, data di entrata in vigore del decreto-legge, impedendo, di fatto, a coloro che avevano già avviato le iniziative preliminari alla concreta esecuzione dei lavori, di procedere con la definitiva approvazione degli interventi e con la presentazione della CILAS entro il 25 novembre, termine, quest'ultimo, prorogato al 31 dicembre nella manovra di bilancio attualmente non ancora approvata. È, quindi, essenziale prevedere un termine transitorio maggiormente congruo, così da assicurare il Superbonus al 110 per cento agli interventi già programmati;

    risulta, infine, necessario intervenire con la massima urgenza, al fine di rendere funzionale e pienamente utilizzabile il meccanismo della cessione del credito, il cui blocco da parte degli intermediari finanziari sta avendo drammatiche conseguenze per le imprese di costruzione. Ad oggi, ci sono decine di migliaia di imprese che rischiano di fallire e migliaia di famiglie che rischiano concretamente di perdere la propria abitazione a causa dei debiti contratti, perché non riescono a trovare operatori finanziari in grado di acquistare i crediti generati. A tale ultimo riguardo, le misure recate dal provvedimento risultano largamente insufficienti ed andrebbero integrate, quantomeno, con interventi in materia di compensazione degli F24;

    è evidente che anche sul tema della cessione dei crediti un quadro normativo incerto e mutevole ha determinato un aumento del rischio d'investimento e l'introduzione di limitazioni all'accettazione delle domande, con una conseguente gravissima crisi di liquidità per le imprese che rischia di compromettere l'intero sistema. Risulta, dunque, prioritario definire un quadro normativo stabile che dia certezza agli investimenti e che preveda, nell'immediato, un ampliamento della platea dei cessionari;

    si tenga presente che sulla crescita pesano anche i ritardi degli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Va ricordato che sulla previsione del Governo di crescita del Pil nel 2023 del +0,6 per cento, 0,3 punti deriverebbero dalla manovra di bilancio che stanzia circa due terzi delle risorse per far fronte al caro bollette e altri 0,3 punti dall'attuazione del PNRR: senza questi due impulsi l'economia italiana segnerebbe una «crescita zero», avvicinandosi pericolosamente ad una stagflazione, uno scenario che non si registra da 47 anni;

   tutto ciò premesso e considerato,

  esprime

PARERE CONTRARIO.

Pavanelli, Cappelletti, Appendino, Todde.