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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 259 di lunedì 11 marzo 2024

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 14,45.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ROBERTO GIACHETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 6 marzo 2024.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 82, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito il deputato Segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

ROBERTO GIACHETTI, Segretario, legge:

Francesco Di Pasquale, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede: che non sia abolito il reato di abuso di ufficio (647) - alla II Commissione (Giustizia);

nuove norme in materia di consulenze e incarichi nella pubblica amministrazione (648) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

interventi vari per la promozione dello sviluppo in Campania, in particolare nei comuni dell'area del basso Volturno in provincia di Caserta (649) - alla V Commissione (Bilancio);

che le spese relative ai prodotti dermatologici siano poste a carico del Servizio sanitario nazionale (650) - alla XII Commissione (Affari sociali);

che le spese relative alle visite mediche presso strutture private siano poste parzialmente a carico del Servizio sanitario nazionale per i cittadini meno abbienti (651) - alla XII Commissione (Affari sociali);

l'istituzione di una Commissione di studio e inchiesta sulle spese della pubblica amministrazione (652) - alla V Commissione (Bilancio);

l'abolizione delle tasse sulla casa, fatta eccezione per quelle date in locazione (653) - alla VI Commissione (Finanze);

interventi vari per la valorizzazione e la tutela ambientale del fiume Volturno e delle aree limitrofe (654) - alla VIII Commissione (Ambiente);

Giuseppe Russo, da Acireale (Catania), chiede l'equiparazione delle vittime della mafia alle vittime del terrorismo (655) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Carlo Bellone, da Valguarnera Caropepe (Enna), chiede interventi urgenti a sostegno delle attività agricole, zootecniche e della pesca (656) - alla XIII Commissione (Agricoltura);

Luca Cattaneo, da Gravellona Lomellina (Pavia), chiede: la digitalizzazione delle procedure di rilascio dei certificati del casellario giudiziale (657) - alla II Commissione (Giustizia);

l'introduzione dell'imposta digitale (658) - alla VI Commissione (Finanze);

Renato Lelli, da Sant'Ambrogio di Valpolicella (Verona), chiede: l'abbassamento del quorum di validità dei referendum abrogativi (659) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

iniziative per la revisione delle norme del cosiddetto “Fiscal Compact” (660) - alla III Commissione (Affari esteri);

Marco Bava, da Castiglione Torinese (Torino), chiede modifiche ai termini di compilazione del modello di comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA disponibile nel sito Internet dell'Agenzia delle entrate (661) - alla VI Commissione (Finanze);

Dario Bossi, da Montegrino Valtravaglia (Varese), chiede: l'adozione di un provvedimento di amnistia o indulto (662) - alla II Commissione (Giustizia);

norme in materia di pubblicità del numero e dell'esito delle azioni disciplinari avviate dal Procuratore generale della Corte di cassazione, nonché di trasmissione della relativa documentazione alla parte che ha dato inizio al provvedimento (663) - alla II Commissione (Giustizia);

Franco Venturello, da Roma, chiede iniziative volte a promuovere la coltivazione di piante sulla luna (664) - alla X Commissione (Attività produttive).

PRESIDENTE. La lettura delle petizioni ci dà, come dire, la ricchezza del nostro territorio, come quando ci sono i biglietti della lotteria e scopriamo, magari, paesi della nostra Italia che conosciamo poco.

Discussione del disegno di legge: S. 986 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 gennaio 2024, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico (Approvato dal Senato) (A.C. 1759​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1759: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 gennaio 2024, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1759​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne ha chiesto l'ampliamento.

La X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Novo Umberto Maerna.

NOVO UMBERTO MAERNA , Relatore. Grazie, Presidente. Saluto lei, saluto il Sottosegretario e i colleghi presenti. Oggi discutiamo il disegno di legge di conversione del decreto-legge 18 gennaio 2024, n. 4, relativo alle disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico.

Entrando nel merito, l'articolo 1 interviene sulla disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e consente, nei casi di società partecipate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche statali, l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, in caso di inerzia dell'organo amministrativo; in precedenza, preciso, tale facoltà era attribuita, nel caso di società partecipate dallo Stato, al solo socio pubblico e detentore di una partecipazione di almeno il 30 per cento.

Il comma 1-bis interviene sul programma dell'amministrazione straordinaria, prevedendo che esso possa riguardare, in via alternativa alla cessione dei complessi aziendali, la cessione dei contratti o dei diritti, anche di natura obbligatoria, aventi a oggetto gli stessi complessi aziendali. Il comma 1-ter dispone che il commissario straordinario, entro 6 mesi dal provvedimento di ammissione, comunichi il piano industriale al Ministero delle Imprese e del made in Italy.

L'articolo 2 consente al Ministero dell'Economia e delle finanze di concedere, previa richiesta motivata del commissario straordinario, uno o più finanziamenti a titolo oneroso, della durata massima di 5 anni, nel limite massimo di 320 milioni di euro per l'anno 2024, in favore delle società che gestiscono impianti siderurgici della società Ilva Spa, qualora le stesse siano ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria. Tutto ciò, al fine di supportare le indifferibili urgenze ed esigenze di continuità produttiva e aziendale ed assicurare la salvaguardia dell'ambiente e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

L'articolo 2-bis riconosce condizioni agevolate di accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, e anche le micro imprese, che incontrano difficoltà di accesso al credito a causa dell'aggravamento della posizione debitoria delle imprese committenti.

L'articolo 2-ter prevede e stabilisce che, per l'anno 2024, sulle operazioni finanziarie di cui al precedente articolo 2-bis, possa essere, altresì, richiesta la concessione di un contributo a fondo perduto, finalizzato ad abbattere il tasso d'interesse applicato sulle medesime operazioni. L'articolo 2-quater, commi 1 e 3, prevede la prededucibilità dei crediti vantati da determinate imprese nei confronti dei committenti che gestiscano almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale e che siano stati ammessi all'amministrazione straordinaria successivamente al 3 febbraio 2024.

L'articolo 2-quater, al comma 4, consente alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano di svincolare, in sede di approvazione di rendiconto 2023, le quote di avanzo vincolato di amministrazione, derivanti da trasferimenti statali, riferite ad interventi conclusi o già finanziati negli anni precedenti con risorse proprie, non gravate da obbligazioni sottostanti già contratte e con esclusione delle somme relative alle funzioni fondamentali e ai LEP.

Le risorse svincolate possono essere utilizzate per il finanziamento di misure di sostegno alle imprese. L'articolo 2-quinquies stanzia circa 17 milioni di euro - 16,7 milioni di euro per la precisione - per il 2024, prevedendo un'integrazione al reddito, con relativa contribuzione figurativa, per un periodo non superiore a 6 settimane, prorogabile fino a un massimo di 10 settimane, a favore dei lavoratori subordinati, impiegati alle dipendenze di datori di lavoro del settore privato che sospendono o riducono l'attività lavorativa in conseguenza della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa dell'impresa.

L'articolo 3, comma 1, concerne il riconoscimento fino al 31 dicembre 2024, in deroga ai limiti generali di durata, del trattamento straordinario di integrazione salariale per le imprese di interesse strategico nazionale, con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a 1.000. In particolare, si prevede che anche qualora sia disposta l'amministrazione straordinaria - con conseguente prosecuzione dell'esercizio d'impresa - resti fermo il beneficio summenzionato, nell'ambito del limite di spesa stabilito dalla norma già vigente, qualora il trattamento sia già autorizzato o in corso di autorizzazione. L'articolo 3, comma 2, prevede, al fine di assicurare più elevati livelli di sicurezza sul lavoro e di tutela ambientale, che gli addetti alla manutenzione degli impianti e alla sorveglianza delle attività connesse alla sicurezza nonché gli addetti all'implementazione, alla gestione e alla manutenzione dei presidi ambientali possono essere interessati dai processi di riduzione o di sospensione dell'attività lavorativa soltanto qualora i medesimi lavoratori non siano direttamente impegnati negli specifici programmi individuati nel precedente comma. L'articolo 3, comma 2-bis, proroga anche per il 2024 la concessione dell'indennità riconosciuta dalla normativa vigente fino al 31 dicembre 2023 - quindi, viene prorogata di un anno - in favore dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa della Sicilia qualora tali lavoratori abbiano presentato la relativa richiesta nel corso del 2020. Tale indennità è pari al trattamento di mobilità in deroga.

L'articolo 4 integra la disciplina delle grandi imprese in stato di insolvenza al fine di accelerare, con l'inserimento di un nuovo articolo, il 74-bis, la chiusura della fase liquidatoria delle procedure di amministrazione straordinaria.

L'articolo 4-bis prevede l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, anche in deroga, delle imprese che svolgono le attività di rilevanza strategica nonché le imprese che detengono le reti e gli impianti di rilevanza strategica, tutto ciò quando impiegano un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a 40 da almeno un anno. Si interviene poi sulla disciplina relativa all'alienazione dei beni delle imprese insolventi, prevedendosi che il commissario straordinario, previa autorizzazione del comitato di sorveglianza, possa rinunciare a liquidare uno o più beni se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. Si modifica, inoltre, la norma che prevede che il tribunale, nei casi di programma di cessione dei complessi aziendali interamente portato a termine nei tempi, su richiesta del commissario straordinario dichiari con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa. La norma in esame prevede che con la medesima istanza il commissario straordinario, previa autorizzazione ministeriale, possa chiedere al tribunale la conversione dell'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale o - questo per le startup innovative - in liquidazione controllata. Infine, si interviene sulla disciplina della chiusura della procedura di amministrazione straordinaria, prevedendo che questa si chiuda anche quando si accerti che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali né i crediti prededucibili e le spese di procedura, circostanza che può essere accertata dal commissario con le relazioni periodiche sulla situazione patrimoniale dell'impresa e sull'andamento della gestione.

L'articolo 4-ter introduce una disciplina sperimentale per gli anni 2024 e 2025 volta a consentire alle nuove imprese, costituite attraverso processi di aggregazione e aventi un organico pari o superiore a 1.000 lavoratori, la possibilità di stipulare in sede governativa un accordo con le associazioni sindacali contenente un progetto industriale e di politica attiva che illustri le azioni volte a superare le difficoltà del settore in cui opera e le azioni per la formazione e la riqualificazione dei lavoratori.

Al di là della mera elencazione degli articoli e di quanto questi prevedono, io credo che questo provvedimento racchiuda alcuni aspetti veramente importanti e innovativi che consentono di risolvere o, almeno, di cercare di risolvere o di iniziare a risolvere alcune problematiche. Innanzitutto, volevo rilevare l'efficienza e la tempestività delle azioni, che qui sono introdotte chiaramente dalla norma, che assolutamente garantiscono la continuità produttiva e l'occupazione. Inoltre, si fissano i tempi: il commissario straordinario entro 6 mesi deve presentare il piano industriale. Si stabiliscono finanziamenti molto importanti - 320 milioni per il 2024 - e quanto altro è previsto a favore delle imprese che sono coinvolte. Infine, vi sono azioni a favore dei lavoratori. Abbiamo visto i 17 milioni di integrazione al reddito per i lavoratori subordinati del settore privato che sospendono o riducono l'attività lavorativa in conseguenza della riduzione dell'attività. Infine, ci sono le normative sulla sicurezza sul lavoro e la tutela ambientale e, in più, vengono coinvolti i sindacati. Nell'ultimo articolo c'è l'iniziativa, a cui accennavo, sulla disciplina sperimentale per consentire di stipulare accordi con sindacati per progetti industriali di politica attiva volti anche alla formazione e alla riqualificazione dei lavoratori.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che rinunzia.

È iscritta a parlare l'onorevole Pavanelli. Ne ha facoltà.

EMMA PAVANELLI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, con mio grande rammarico vedo che mancano il Ministro Urso ma anche i Ministri del Lavoro e delle politiche sociali, dell'Ambiente e della sicurezza energetica e della Salute. Sì, Presidente, perché la questione dell'ex Ilva di Taranto, come sappiamo bene, riguarda questi Ministeri, riguarda l'industria, il lavoro, la sanità e l'ambiente ed è un vero peccato che non siano qui in Aula ad ascoltare la discussione. Oggi ci troviamo di fronte a un caso di disastro industriale e politico senza precedenti. Ripercorriamo insieme le tappe che ci hanno condotto fino a questa discussione, partendo dal 2005 e, cioè, dalla privatizzazione oscena, definita un regalo di Berlusconi all'amico Emilio Riva, un fatto gravissimo che nessuno poteva immaginare fosse soltanto l'inizio del disastro. Tutti ricorderanno poi il marchiano errore dell'allora Ministro Calenda, che preferì ArcelorMittal alla cordata alternativa, cioè AcciaItalia, nonostante i pareri negativi dei tecnici incaricati dai commissari straordinari e nonostante gli esperti avessero evidenziato che gli investimenti proposti da ArcelorMittal erano incoerenti rispetto ai volumi di produzioni dichiarati. Calenda all'epoca respinse anche i rilanci di AcciaItalia, con il risultato assurdo di far perdere allo Stato una gara indetta dallo Stato. Il disastro strategico non tardò a manifestarsi e la consegna di Ilva al suo concorrente diretto, in un momento di sovracapacità produttiva, ben presto ha trasformato Taranto in un cuscinetto produttivo destinato a essere sfruttato e fermato all'occorrenza. Altro che investimenti.

Il disastro era già annunciato. Per questo non possiamo dirci sorpresi della decisione di ArcelorMittal di disinvestire in Italia, per concentrare i propri investimenti in Francia - sì, in Francia -, prospettando addirittura un modello di produzione orientato alla sostenibilità, quella sostenibilità che chiediamo da anni per Taranto, quella sostenibilità che voi chiamate “ideologia”.

Allora, vorrei chiedere al Governo: ma vi siete attivati per chiedere conto di quest'assurda decisione? La risposta, purtroppo, la conosciamo ed è ancora più grave se consideriamo la dichiarazione di insolvenza e la possibile inchiesta di bancarotta. Allora, un'altra domanda sorge spontanea, Presidente: perché non si vuole fare piena luce sulla gestione economica e sui conti dell'ex Ilva? Per quale motivo non si è fatto nulla, nonostante le dichiarazioni del Ministro Urso, secondo cui Mittal aveva fatto quell'investimento non per rilanciare l'impianto, ma per evitare che potesse rappresentare una concorrenza dell'Italia in Europa? Si è deciso di restare inerti, nonostante la più classica fine annunciata. L'avete dichiarato voi, questo.

Arriviamo, quindi, al decreto in discussione oggi, che vuole affrontare il problema, senza avere neanche l'intenzione di risolverlo. Il fine, probabilmente, è quello di rimandare ad libitum, sperando forse che la soluzione, la vera soluzione, tocchi ad altri. Guai a toccare le logiche della propaganda politica di questo Governo, logiche che dimostra di conoscere alla perfezione. Dopo quasi 18 mesi di Governo, ormai, il modus operandi è chiaro a tutti: concentrare tutte le energie su provvedimenti slogan, meglio ancora se insistono su tematiche mainstream, con i quali non si offre alcuna soluzione al Paese, ma che, in compenso, garantiscono massima resa comunicativa. Quando, invece, vi trovate costretti a fronteggiare tematiche necessarie, ma elettoralmente più scomode, la strategia è quella di licenziarle immediatamente, spesso, di notte, come abbiamo fatto, appunto, per i lavori di Commissione, affinché se ne parli il meno possibile.

Insomma, in ogni caso, riuscite sempre a stupirci negativamente, ma il vero problema sotteso al provvedimento oggi in discussione è che, a distanza di 18 mesi, questo Governo non ha ancora definito una chiara politica industriale per il Paese e, tanto meno, per Taranto.

Nonostante un PNRR di 209 miliardi di euro e un calo del 17 per cento del debito pubblico, i segnali sono allarmanti: 11 mesi consecutivi di flessione della produzione industriale, un aumento del 33 per cento delle chiusure delle piccole e medie imprese nel 2023 e il numero più basso di aperture di attività commerciali degli ultimi 10 anni. In sostanza, è un disastro economico per tutto il Paese.

Il decreto-legge oggi in discussione continua a perpetuare logiche industriali incentrate sul carbone, ignorando le gravi questioni ambientali e sanitarie legate all'impianto. Senza alcuna logica, vi siete opposti agli emendamenti che avevamo proposto in Commissione, ma almeno, vi chiedo se li avete letti, perché non siete riusciti a dare una risposta sul perché li avete bocciati. Penso, soprattutto, all'emendamento sullo screening sanitario, necessario per prevenire le patologie connesse all'inquinamento ambientale, che avevate accolto, come un mio ordine del giorno, in occasione del decreto Calabria e che noi chiedevamo di estendere in tutta Italia, ma in questo caso di estenderlo soprattutto a Taranto. Ma, evidentemente, per voi esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B. Ma ci pensate a quante persone potreste avere sulla coscienza, quanti bambini si rischiano di condannare a un triste destino, con costi enormi per la sanità pubblica ma, più che altro, in termini di vite umane?

Chiedo tramite lei, Presidente, se questo Governo ha una coscienza; come mai non andate a sfilare a Taranto, come pensate che i cittadini potranno sopperire alle vostre mancanze? Qui si parla di persone, si parla del loro lavoro, della loro salute, della tutela ambientale, quella tutela che abbiamo inserito nella nostra Carta costituzionale e per la quale tutti hanno votato a favore. Questo è il tempo dell'azione, non delle chiacchiere, eppure, non siete riusciti a stanziare 10 milioni per lo screening e la prevenzione diagnostica preventiva, né 2 milioni per la realizzazione di uno studio epidemiologico. Parliamo di pochi milioni da destinare alla sanità e alla prevenzione oncologica, molti di meno rispetto a quelli che avete impegnato per le mancette elettorali in legge di bilancio; penso, ad esempio, ai fondi per le squadre di calcio, oppure ai fondi per salvare gli amici, quelli che hanno campi da golf nel Veneto, per non parlare dei 18 condoni, in poco meno di 18 mesi.

Questo decreto è nato per aiutare l'indotto, ma credete davvero che questo provvedimento sia una risposta seria? I fondi stanziati non sono una risposta seria, ma un semplice cerotto, però, avete respinto emendamenti che permettevano di salvaguardare il tessuto produttivo che vive grazie all'acciaieria, avete bocciato ogni nostro emendamento che tendeva ad aiutare le micro e le piccole imprese che danno servizi e forniture all'acciaieria, state affossando un intero territorio, le imprese e i lavoratori. E cosa dire degli emendamenti per la tutela della salute e dell'ambiente? Anche questi sono stati bocciati, infatti, continuate ad ignorare l'urgenza di una politica mirata alla riconversione, che protegga l'ambiente e i lavoratori.

Presidente, mi permetto di fare un'ultima considerazione, riguardo alla questione ambientale. Il 2024 sarà ancora più caldo rispetto al 2023, che è stato un anno particolarmente caldo, un anno record, ma, al contempo, il 2024 sarà anche l'anno più freddo dei prossimi anni a venire. Dico ciò per ribadire che questa non è ideologia, come la chiama questa maggioranza, ma è una realtà - i cambiamenti climatici ci sono, esistono e dobbiamo fare qualcosa in merito - e va affrontata con politiche forti per la transizione energetica ed ecologica. Purtroppo, mentre il MoVimento 5 Stelle non arretra da queste politiche, che sono ormai una priorità per noi e per le future generazioni, questo Governo continua a tentennare ed è proprio a Taranto che servono azioni forti per attuare politiche di buonsenso, quelle politiche già attuate in altri Paesi - non stiamo inventando nulla, Presidente -, che sono fondamentali per dare un futuro al tessuto produttivo, al lavoro e a favore della salute di tutti i cittadini. Eppure, sono informazioni note, queste che sto ricordando, in tutto il mondo. Proprio ieri, The Guardian, noto giornale britannico, pubblicava un articolo sui problemi di Taranto, sulla questione sanitaria, sulla questione ambientale; con stupore - vi invito a leggerlo, cari colleghi -, perché anche all'estero ci si domanda perché. Sicuramente, non vi sentite minimamente toccati da queste mie parole che, probabilmente, vi lasceranno indifferenti.

Di tutto questo non dovete rendere conto a noi ma ai cittadini di Taranto e a tutti i pugliesi, almeno fin quando sarete più interessati ai loro voti che al loro benessere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Pavanelli. Solo per ricordarle che domani alle 12 il Ministro Urso sarà in Aula per la replica, peraltro aderendo in questo a una specifica richiesta che era stata avanzata. Volevo dare atto, dal momento che lei all'inizio aveva ricordato e rimarcato l'assenza, che domani alle 12 sarà qui, proprio su vostra richiesta. Nel frattempo, il Sottosegretario Bergamotto assicura la presenza del Governo (Commenti della deputata Pavanelli) e domani, comunque, sarà qui.

È iscritto a parlare l'onorevole Milani. Ne ha facoltà.

MASSIMO MILANI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la vicenda dell'ex Ilva continua a essere una delle più intricate e complesse della politica industriale italiana, anche perché la siderurgia e la produzione dell'acciaio rappresentano uno dei settori economici più importanti al quale non è possibile rinunciare, soprattutto perché siamo la seconda manifattura europea. È chiaro che la produzione deve oggi rispettare i parametri previsti dalla legge in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro e da questo punto di vista l'industria italiana ha fatto importantissimi passi in avanti negli ultimi anni, attestandosi fra i Paesi europei leader nella produzione di acciaio green, nel senso di acciaio prodotto da forni elettrici e non più a carbone. In questo contesto si colloca il gruppo ex Ilva, che ha la sua sede produttiva principale a Taranto, ma anche altri stabilimenti in Italia, in particolare a Genova Cornigliano in Liguria, a Novi Ligure e a Racconigi in Piemonte e a Marghera in Veneto; questo a testimoniare quanto è importante l'industria siderurgica in Italia.

A partire dal sequestro del 2012, le vicende dell'ex Ilva sono state travagliate e hanno interessato tutti i Governi che si sono succeduti in questi 12 anni, ivi compreso il Governo Meloni che a oggi ha impegnato un miliardo di euro in operazioni di salvataggio di questo complesso industriale, di questa azienda. Come è noto, nel 2012 la procura della Repubblica di Taranto sequestrava gli impianti dell'ex Ilva, all'epoca di proprietà della famiglia Riva, per violazioni di norme in materia ambientale. Partiva l'inchiesta denominata “Ambiente Svenduto”, che sfociava in un processo conclusosi in primo grado con numerose sentenze di condanna nei confronti degli amministratori dell'epoca. Oggi il processo è ancora in corso ed è pendente in secondo grado. Dopo il 2012 sono intervenuti diversi provvedimenti legislativi con i quali si è cercato di coniugare le esigenze del lavoro e della produzione con quelle della tutela della salute e dell'ambiente. Oggi discutiamo la conversione di un decreto-legge che disciplina, in maniera puntuale, l'amministrazione straordinaria delle società strategiche partecipate da amministrazioni pubbliche e statali e tra esse, quindi, anche il complesso industriale ex Ilva di Taranto.

L'articolo 1 consente, nei casi di società partecipate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche dello Stato, ai soci che detengono almeno il 30 per cento delle quote societarie, di ottenere l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti industriali, appunto, di interesse strategico nazionale in caso di inerzia dell'organo amministrativo. In precedenza tale facoltà era limitata nel caso di società partecipate direttamente dallo Stato al solo socio pubblico detentore di una partecipazione di almeno il 30 per cento. La norma prevede, inoltre, che dalla data di presentazione dell'istanza di amministrazione straordinaria non possa essere chiesto l'avvio della procedura di composizione negoziata della crisi. In effetti, oggi, Acciaierie d'Italia, la società a trazione del colosso indiano della siderurgia Mittal, che aveva rilevato il complesso industriale di Taranto, è stata ammessa all'amministrazione straordinaria e i commissari stanno operando in quanto il tribunale di Milano ha rigettato l'istanza di composizione negoziata della crisi, avanzata, appunto, dal socio privato.

Il Senato ha implementato questa norma prevedendo che l'amministrazione straordinaria possa, in via alternativa alla cessione dei complessi aziendali, dare luogo alla cessione dei contratti o dei diritti aventi a oggetto gli stessi complessi industriali. Il comma 1-ter prevede che il commissario straordinario entro 6 mesi debba comunicare al Ministero delle Imprese e del made in Italy il piano industriale.

L'articolo 2 prevede la concessione alle società che gestiscono gli impianti siderurgici della società Ilva in questo caso, qualora queste siano ammesse all'amministrazione straordinaria - cosa in questo caso avvenuta, appunto -, di uno o più finanziamenti onerosi della durata massima di 5 anni - in questo caso i 320 milioni stanziati per il 2024 - al fine di garantire la continuità produttiva e la salvaguardia dell'ambiente e della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il tasso d'interesse sarà calcolato sulle condizioni di mercato ed è soggetto a restituzione in prededuzione rispetto a ogni altra posizione debitoria della procedura in amministrazione straordinaria.

Per quanto riguarda le micro, piccole e medie imprese il decreto riconosce condizioni agevolate di accesso al Fondo di garanzia. Tale garanzia è concessa a titolo gratuito su un finanziamento di importo massimo ai crediti vantati nei confronti dell'impresa committente e qui, quindi, parliamo dell'indotto, che ovviamente appassiona tutti, perché, ovviamente, è un indotto molto grande attorno a questo complesso industriale.

Viene istituito un Fondo per contributi in conto interesse per le imprese dell'indotto. Queste possono richiedere la concessione di un contributo a fondo perduto finalizzato ad abbattere il tasso d'interesse applicato sulle operazioni di finanziamento. Si prevede, inoltre, la prededucibilità dei crediti vantati da determinate imprese che gestiscano almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale e che siano state ammesse all'amministrazione straordinaria.

Il Senato ha introdotto, inoltre, una modifica che consente lo svincolo dell'avanzo di amministrazione delle regioni per misure di sostegno alle imprese, quindi dando almeno la possibilità alle regioni di poter intervenire anch'esse in salvataggio.

Vengono impegnati, poi, 16,7 milioni di euro per l'integrazione al reddito con relativa contribuzione figurativa per un periodo non superiore a 6 settimane, prorogabili sino a 10, a favore dei lavoratori subordinati dipendenti di aziende private che sospendono o riducono l'attività lavorativa. Viene confermata la cassa integrazione per le imprese strategiche in amministrazione straordinaria con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a 1.000.

L'articolo 4-ter, introdotto al Senato, prevede una disciplina per incentivare i processi di aggregazione delle imprese e per la tutela dell'occupazione, vale a dire che alle nuove imprese costituite attraverso processi di aggregazione, rappresentate da fusioni, cessioni, conferimenti e acquisizioni di aziende, da cui emerge un organico complessivamente pari o superiore a 1.000 lavoratori, è consentito di avviare un confronto sindacale al fine di stipulare un accordo in cui sia contenuto un progetto industriale e di politiche attive del lavoro.

In conclusione, l'obiettivo del Governo Meloni è di garantire continuità all'azienda Acciaierie d'Italia e rilanciarla, tutelando produzione, lavoratori, indotto, ambiente e salute dei cittadini. L'intervento del Governo è stato molto importante in quest'anno e mezzo. A febbraio 2023, con il decreto Ex Ilva, è stato disposto il versamento di 680 milioni da parte di Invitalia ad Acciaierie d'Italia per assicurare la continuità della produzione di Taranto e pagare i fornitori, compresi quelli di energia.

Il decreto, inoltre, ha reintrodotto il cosiddetto scudo penale, cioè la non punibilità della condotta dei soggetti che agiscono per dare esecuzione ai provvedimenti che autorizzano la prosecuzione dell'attività produttiva di stabilimenti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale. È stato messo a disposizione di Invitalia un ulteriore miliardo di euro per sostenere eventuali esigenze finanziarie aggiuntive della società che si rendessero necessarie per raggiungere gli obiettivi produttivi per il 2023 (questo accadeva a febbraio dell'anno scorso). Gli accordi con la società di gennaio 2023 hanno ridefinito parzialmente i precedenti accordi, ottenendo migliori condizioni di governance e prevedendo il possibile ingresso di un altro attore industriale, eventualità che in precedenza - dai precedenti patti - era espressamente esclusa (non solo non era prevista, ma era espressamente esclusa). Il Governo Meloni ha, inoltre, fatto in modo che entro la fine di febbraio 2023 fossero rese disponibili le quote dei certificati ETS gratuite spettanti alla società, con benefici finanziari stimati intorno ai 250 milioni di euro e ha sbloccato l'istruttoria dei contratti di sviluppo, creando le condizioni per ulteriori investimenti in decarbonizzazione.

Con il decreto 10 agosto 2023, n. 104, il cosiddetto decreto Asset, è stata introdotta la possibilità di cessione degli impianti pur in vigenza di sequestro, consentendone la continuità operativa. Infine, per tutelare i creditori è stato approvato il decreto-legge 2 febbraio 2024, n. 9, il quale, ovviamente, è in corso di conversione, che contiene disposizioni urgenti a tutela dell'indotto delle grandi imprese in stato di crisi. Quindi, con la conversione del presente decreto-legge 18 gennaio 2024, n. 4, si continua un'opera intensa di salvataggio di un complesso industriale strategico per l'Italia.

Il Governo Meloni ha ereditato un dossier gestito in modo fallimentare dai Governi precedenti, che hanno operato con scelte discutibili a cui Fratelli d'Italia in passato si è opposta.

Fratelli d'Italia e il Governo sono in campo per salvare l'industria siderurgica italiana, invertire la rotta rispetto alle gestioni dei Governi precedenti e fare dell'ex Ilva il più grande sito siderurgico green d'Europa. L'intervento dello Stato, con il nuovo commissariamento temporaneo della società, era necessario per far tornare lo stabilimento di Taranto nelle mani dell'Italia e consentire a chi vorrà investire - a chi vorrà investire, e quindi non attraverso una nazionalizzazione, per essere chiari - di fare dell'ex Ilva il più grande polo green d'Europa.

In sostanza, il Governo Meloni non ha intenzione di nazionalizzare, ma punta a investire, con amministrazione straordinaria, prestiti ponte, tutela dei lavoratori con ammortizzatori sociali dedicati, in modo da consentire agli investitori privati - lo ribadisco ancora una volta - di rilanciare le aziende ritenute strategiche che versano in stato di crisi, per poi uscire e favorire il rilancio da parte di questi ultimi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signor Presidente. Colleghe e colleghi, 12 anni di decreti salva-Ilva e siamo sempre all'anno zero. A Taranto, città martire, simbolo ormai soltanto di inquinamento, morte e di malattia, non si è mai voluto capire quale fosse il punto dal quale partire, e cioè la riconversione del polo produttivo. Un fallimento drammatico, che ha determinato la spesa di un fiume di denaro pubblico senza nemmeno avvicinare gli obiettivi da raggiungere. Nessuna bonifica ambientale, nessuna tutela della salute, ma neanche, paradossalmente, un sostegno all'attività produttiva. Un disastro, un disastro totale. E anche l'ultimo decreto del 2023, quello fatto lo scorso anno da questo Governo e da questa maggioranza, ha seguito beatamente l'esempio di quelli precedenti; anche il nuovo decreto fondamentalmente è sempre su quella linea. Oggi l'Aula ha avviato l'esame di questo disegno di legge, un disegno di legge di conversione di un decreto pubblicato il 18 gennaio, ossia più di 50 giorni fa e che il Senato ha esaminato per quasi due mesi e approvato soltanto il 5 marzo scorso.

Parliamo, quindi, di un decreto-legge ormai prossimo alla scadenza, e ciò significa che quest'Aula non potrà fare altro che ratificarlo, senza alcuna possibilità di apportare una benché minima correzione. Ancora una volta, l'ennesima volta, un ramo del Parlamento, in questo caso la Camera, non viene messo nelle condizioni di poter svolgere la sua funzione, costituzionalmente garantita. Un monocameralismo di fatto, che sta diventando davvero insostenibile. Il Senato ha lavorato, ha modificato il testo iniziale, affrontando la questione fondamentale dell'approvazione delle misure sull'amministrazione straordinaria, misure che evidentemente non erano più evitabili.

Poco o nulla viene previsto, ancora una volta, per le bonifiche e la tutela della salute pubblica, così come nessuna misura è volta a garantire i controlli agli impianti e aumentare la sicurezza del lavoro. La situazione grave e di estrema criticità nella quale versa l'ex Ilva di Taranto riguarda, infatti, certamente la produzione di acciaio, così come la situazione drammatica dei parametri sanitari e delle matrici ambientali. Questa è la tragedia senza fine di una città, Taranto, che ormai è una città avvelenata.

Ma non vogliamo dimenticare, in questa nostra discussione, i livelli di sicurezza dei lavoratori. Gli incidenti dei mesi passati mostrano una riduzione preoccupante della prevenzione e della sicurezza sui luoghi di lavoro, anche in conseguenza delle ridotte manutenzioni. In 12 anni, sono stati emanati almeno 13 decreti-legge, compreso questo che si sta per approvare. Probabilmente un record, ma, nonostante questo, siamo qui a dibattere sulle macerie produttive, sanitarie e ambientali dello stabilimento siderurgico dell'ex Ilva.

Ricordo che già dal novembre 1990 l'area di Taranto è stata dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale. Siamo ancora a 12 anni fa, con le persone che muoiono a Taranto, malate di Ilva. Questo sostanziale fallimento generale dimostra ancora una volta come negli anni si siano inanellate misure sbagliate e del tutto insufficienti e comunque una sostanziale assenza di lungimiranza. Ma l'assenza di strategia e gli errori compiuti da troppi anni continuano ad essere riproposti da questo Governo. Voglio ricordare, in proposito, che l'ultimo decreto-legge in ordine di tempo prima di questo, emanato un anno fa dall'attuale Governo, non ha fatto altro che riproporre lo scudo penale, ossia la non punibilità, ancora vigente, della condotta dei commissari e dei soggetti che agiscono al fine di proseguire l'attività produttiva degli stabilimenti. Una norma palesemente incostituzionale. Come si può pensare che si possa agire in una sorta di far west, nel quale chi gestisce l'Ilva sia sostanzialmente impunito (Applausi del deputato Grimaldi) e non possa rispondere penalmente degli errori e delle cose che non sono in linea con le attuali leggi del Paese?

Con questo decreto si interviene solamente sul contingente per provare a tutelare i lavoratori dell'indotto, a far fronte ai debiti pregressi, ma non c'è alcuna prospettiva, non vi è, soprattutto, alcuna visione. Non si capisce dove si vuole andare e quante risorse si vogliono mettere in campo. Il Governo non ci dice come intende sciogliere alcuni nodi decisivi, come la salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini e dei lavoratori. Il decreto prevede che ci sia l'obbligo, per i commissari, di dover redigere e comunicare entro 6 mesi al Ministero delle Imprese il nuovo piano industriale. Questa è una cosa buona e importante, ma noi pretendiamo - lo dico al relatore, che so essere persona sensibile, e al Governo - che il piano industriale dello stabilimento di Taranto sia vincolato e subordinato agli esiti della valutazione integrata di impatto ambientale e salute e del rapporto di valutazione del danno sanitario. Questo è un elemento indispensabile, perché in quella terra così massacrata e vilipesa dai veleni e dalle scelte industriali sbagliate, in quella terra dove centinaia di bambini sono morti a causa dell'inquinamento, non ci può essere una risposta che non parta dalla salute e dalla tutela della salute. E, a proposito di tutela della salute, voglio ricordare il costante incremento delle concentrazioni di benzene, rilevate anche da ARPA Puglia, in particolare nel quartiere Tamburi. Questo dato è ancora più preoccupante se si considera che siamo di fronte a una produzione industriale che, da qualche tempo, è ai minimi storici. Il 2023 si è chiuso con meno di 3 milioni di tonnellate, laddove l'obiettivo era di una produzione di 6 milioni di tonnellate. Riteniamo, quindi, indispensabile procedere alla valutazione dell'impatto sanitario delle emissioni degli stabilimenti e stilare il piano industriale solo una volta che siano noti i risultati.

La mancanza di una valutazione di impatto e di danno sanitario, causato dalle emissioni inquinanti dello stabilimento, ha esposto ed espone tutti i lavoratori dell'ex Ilva e i cittadini dell'area di Taranto a rischi per la salute che ormai sono inaccettabili, oltre che provati dai dati, che sono a disposizione di tutti. Voglio ricordare, tra l'altro, che l'autorizzazione integrata ambientale per l'ex Ilva di Taranto risulta in buona parte attuata solo sulla carta. Una delle questioni che noi dobbiamo pretendere, che il Governo deve pretendere, è che quelle prescrizioni messe in capo all'Ilva per quanto riguarda il rilascio dell'AIA, quindi dell'autorizzazione integrata ambientale, siano effettivamente realizzate. Le prescrizioni imposte oltre 10 anni fa non sono state assolutamente rispettate. Tra le misure rimaste incomplete spicca quella sulla bonifica dell'amianto, così come la misura del miglioramento ambientale dello stabilimento. La gigantesca struttura di copertura dei parchi minerali non ha infatti dato risposte alle polveri, che continuano quindi a invadere le strade e i balconi di Taranto.

A questa si aggiunge anche la nuova emergenza del benzene, causata dalla costante crescita negli ultimi anni di emissioni di questo inquinante cancerogeno.

Il diritto alla salute è un diritto primario, costituzionalmente garantito, così come il diritto all'ambiente che continua però a passare in secondo piano, anche se con la legge 11 febbraio del 2022, n. 1, è stato inserito, all'articolo 9 della nostra Carta costituzionale, un importante ed esplicito riferimento alla tutela dell'ambiente. La modifica introdotta con la suddetta legge è intervenuta anche per inserire un vincolo aggiuntivo alla libera iniziativa economica privata che, attualmente, non può svolgersi in contrasto non soltanto con l'utilità sociale, ma anche in modo da recare danno alla salute e all'ambiente.

A tutto questo si continua a non dare alcuna risposta chiara, ma questo non è più accettabile per i tarantini, per i lavoratori e per l'ambiente. Non è che non si possa fare, non è che non sia stato mai fatto, cari colleghi e care colleghe, ci sono esempi da seguire, uno per tutti, è la riconversione del bacino della Ruhr dove negli anni Novanta venne messo in campo un progetto che ha trasformato completamente l'area, passando dal concetto di salvaguardia a quello di promozione del paesaggio. Parafrasando una famosa frase di Willy Brandt del lontano 1961, io vorrei dire che: il cielo sopra Taranto deve tornare ad essere nuovamente blu (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bellomo. Ne ha facoltà.

DAVIDE BELLOMO (LEGA). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, ci apprestiamo a scrivere in quest'Aula un nuovo capitolo di questa vicenda che riguarda l'Ilva, che riguarda l'Italia, che riguarda un polo siderurgico europeo, perché l'Ilva è il polo siderurgico europeo più grande di tutto il continente. E lo abbiamo fatto con la consapevolezza di dover assicurare a circa 20.000 lavoratori un posto di lavoro e di voler preservare i cittadini di Taranto dall'inquinamento che i Riva hanno provocato nel corso della loro gestione aziendale.

È sintomatico ed anche veramente paradossale sentir dire, da chi mi ha preceduto, che siamo in una situazione di disastro politico-amministrativo senza precedenti. Come se l'ex capo politico del Movimento 5 Stelle, l'onorevole Di Maio, non avesse ricoperto, all'interno del Ministero dello Sviluppo economico, il grado più elevato. Ricordo che ebbe a dire, appena entrato: in soli tre mesi abbiamo risolto il problema dell'Ilva, abbiamo risolto i problemi occupazionali, abbiamo preservato la salute pubblica; ci voleva il Movimento 5 Stelle per fare cose ovvie e per dare rilancio a Taranto e a tutta la siderurgia europea. Queste sono le parole, attraverso un video, che l'onorevole Di Maio, all'epoca Ministro dello Sviluppo economico, ebbe a dire sull'Ilva.

Ma potremmo anche riprendere quello che non dice questa maggioranza ma lo dice un altro componente dell'opposizione, ossia il senatore Calenda, il quale, in maniera intellettualmente onesta, dice che il problema dell'Ilva lo ha causato Conte, non certo il Presidente del Consiglio Meloni, non certo il Ministro dell'Economia Giorgetti, non certo il Ministro dello Sviluppo economico Urso.

Partiamo da questi presupposti perché altrimenti si può dire tutto e di più in questa assise, ma non si fa onore della verità.

Non dobbiamo, infatti, dimenticare che, quando si è scritto l'accordo, parallelamente, solo per bieco interesse elettorale, si è ritenuto di non dar corpo ad una delle clausole contrattuali che prevedeva lo scudo penale. Da lì, tutti gli accadimenti che sono all'ordine del giorno.

Se come sistema Paese non ci dimostriamo credibili nel momento in cui facciamo degli accordi, nel momento in cui questi accordi sono scritti addirittura con una norma di legge, allora non ci possiamo meravigliare se poi qualcuno non ha fiducia nel nostro sistema Paese.

Noi, invece, abbiamo cercato di dar corpo agli accordi, facendo di tutto e di più. Va, quindi, dato onore ai Ministri competenti, trattandosi di una decisione collegiale; va dato atto al Ministro Urso, va dato atto al Ministro Giorgetti, i quali non si sono trincerati come hanno fatto invece i colleghi dell'opposizione dicendo: non è colpa nostra. No, è un problema dell'Italia tutta, è un problema dei lavoratori tutti, è un problema della salute di tutti. Quindi abbiamo messo mano per cercare di risolvere il problema prima con affannosi tentativi con ArcelorMittal affinché gli stessi della società dessero atto e corpo agli accordi contrattuali, dopodiché si è intervenuti con questo provvedimento.

Forse dal non detto dell'opposizione dobbiamo ritenere che abbiamo fatto delle cose buone perché con questo provvedimento, obiettivamente, si dà ossigeno non solo all'azienda che produce l'acciaio, ma a tutto l'indotto, perché ci si è preoccupati, anche dal punto di vista normativo, di rendere compatibili i finanziamenti per tutte quelle aziende dell'indotto, che sono creditrici di centinaia di milioni di euro nei confronti di ArcelorMittal, sia indirettamente, ma anche direttamente rispetto al polo siderurgico tarantino. E l'abbiamo fatto in maniera consapevole, perché non si può pensare solo di fare un commissariamento dell'azienda. A questo riguardo, faccio i miei auguri di buon lavoro, di tutto cuore, a chi si dovrà occupare di questa affannosa società.

Che cosa è stato fatto? Faccio nuovamente un passo indietro, perché in un primo momento ho sentito dire dai 5 Stelle, prima della campagna elettorale - che poi vide Di Maio Ministro dello Sviluppo economico - che volevano fare, al posto delle acciaierie, degli allevamenti di cozze, poi volevano fare dei parchi tematici, poi volevano fare dei centri di alpinismo, salvo poi sostenere, quando sono entrati a far parte del Governo, quello che ho detto prima, quello cioè che ha riferito il Ministro dello Sviluppo economico. Tutti quanti abbiamo memoria, abbiamo gli strumenti per ricordare ciò che è stato fatto e ciò che è stato detto, quello che è stato detto in campagna elettorale e quello che è stato fatto una volta al Governo.

Noi siamo felici di meravigliare l'opposizione, perché facciamo quello che abbiamo detto in campagna elettorale. Da qui, poi, il corpo del provvedimento, perché, come hanno detto anche i colleghi che mi hanno preceduto, non si tratta solo di Taranto perché il polo siderurgico riguarda anche Genova (Cornigliano), Novi Ligure, Racconigi, Legnaro e Paderno Dugnano, a dimostrazione che è un problema di tutto il polo siderurgico italiano, è un problema europeo e, quindi, così va visto.

Passando ai contenuti, come abbiamo detto, ci siamo occupati anche di garantire l'indotto; a tal fine vengono riconosciute condizioni agevolate di accesso al Fondo di garanzia delle piccole e medie imprese; imprese che erano diventate non bancabili, in ragione del fatto che avevano, da una parte, un grosso credito nei confronti della società, ma, nello stesso tempo, non potevano più accedere al credito bancario, proprio perché appesantite da tutti questi crediti. Quindi, tali imprese, ripeto, trovavano difficoltà di accesso al credito, a causa dell'aggravamento della posizione debitoria delle imprese committenti che dispongono di almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale. Alle stesse viene anche offerta la concessione per l'anno in corso di un contributo a fondo perduto sulle operazioni finanziarie, che punta ad abbattere il tasso d'interesse contrattuale applicato sulle medesime operazioni.

Non si è solo garantita agli istituti di credito la possibilità di cedere i propri crediti all'80 per cento ma si è anche intervenuti per fare in modo che gli interessi bancari su queste anticipazioni fossero proprio a carico dello Stato, con un contributo a fondo perduto, per dimostrare la vicinanza assoluta del Governo a tutto l'indotto che lavorava e lavora con la società.

Questo provvedimento, su cui, a detta di molti, sicuramente sarà posta la fiducia, invece al Senato ha addirittura subito miglioramenti prendendo spunti da tutte le forze politiche, non escluse quelle dell'opposizione. In virtù di questo, si è abbassato dal 50 al 35 per cento il limite del fatturato medio complessivo prodotto nei confronti del committente, che avrebbe continuato a penalizzare troppo le imprese, una modifica frutto dell'approvazione di un emendamento presentato anche dal mio gruppo con il quale si salvaguardano gli interessi delle tante piccole e medie imprese fornitrici dell'ex Ilva e si concede la garanzia del fondo a titolo gratuito sui finanziamenti di importo massimo pari ai crediti vantati nei confronti dell'impresa committente. È stata data anche la garanzia a tutte le imprese della prededucibilità dei crediti e, inoltre, è stato fatto uno stanziamento di 16,7 milioni di euro per un'integrazione al reddito per il 2024, con relativa contribuzione figurativa.

Questo, che dovrebbe essere il Governo che non tiene ai lavoratori e che, invece, cerca di sopprimere il lavoro senza dargli il giusto riconoscimento, è l'unico Governo che ha fatto una cosa del genere, ha fatto una contribuzione figurativa per tutto il 2024.

Questo è quello che occorreva fare, occorreva dare segnali concreti, occorreva intervenire in maniera concreta per decidere le due opzioni in campo, cioè salvare il polo siderurgico più grande d'Europa e l'occupazione e, nello stesso tempo, occuparsi della salute pubblica così, lasciatemi dire, grossolanamente - c'è un processo penale per questo - trascurata dai Riva e anche dalle amministrazioni locali. Non dimentichiamo, infatti, che il processo in corso non è stato fatto nei confronti di chi governa adesso ma di chi avrebbe dovuto difendere i lavoratori e la salute. Questo abbiamo fatto. In ragione di tutte queste norme e di queste contribuzioni date per fare in modo che quelle due opzioni fossero realizzate, esprimiamo un parere favorevole al Governo - questo sarà poi oggetto delle dichiarazioni di voto - ma non posso che complimentarmi con chi ha redatto questa norma e ne ha voluto l'applicazione (Applausi del deputato Maerna).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, questo decreto-legge è il tredicesimo da undici anni a questa parte, a testimonianza dell'importanza strategica dello stabilimento di Taranto. Nasce, almeno nelle intenzioni del Governo, con l'obiettivo di determinare la continuità produttiva dello stabilimento di Taranto, di tutelare, quindi, non soltanto la produzione ma anche le lavoratrici, i lavoratori, l'indotto, l'ambiente e la salute dei cittadini. Questi obiettivi hanno e avranno sempre il pieno sostegno del Partito Democratico. Il problema però è che nell'ultimo anno e mezzo abbiamo assistito agli effetti di un pessimo combinato disposto, quello formato dal progressivo disimpegno di ArcelorMittal, che a Taranto ha quasi del tutto rallentato, fino a fermarsi, mentre in altre realtà, all'estero, ha corso, e dalla linea ondivaga di questo Governo con due diverse linee.

Da una parte, c'è la linea del Ministro Urso, di sostanziale incapacità di incidere rispetto all'effettivo impegno di ArcelorMittal per il rilancio dello stabilimento di Taranto e, dall'altra, c'è quella del Ministro Fitto che, lo scorso maggio, ha avviato con il socio privato una trattativa che non ha portato a nulla se non a un memorandum, sottoscritto a settembre, di cui non abbiamo mai conosciuto termini e condizioni, nonostante le nostre ripetute richieste con interrogazioni e interpellanze in sede parlamentare.

Ad accomunare queste due linee, cioè la linea disastrosa di ArcelorMittal e quella ondivaga del Governo, è il fatto di aver prodotto, in questo periodo, solo ritardi, incertezze, decreti di corto respiro, miopi, incapaci di affrontare le problematiche di natura produttiva, ambientale, sanitaria e occupazionale che riguardano Acciaierie d'Italia. Ciò vale per il decreto di cui stiamo discutendo, che poi non è solo un decreto ma ha visto confluire, nello stesso testo, due decreti.

Dal 18 gennaio, poi, si sono susseguiti non solamente questi due decreti ma anche un terzo decreto, quello che fa riferimento al PNRR, che è stato approvato sabato 2 marzo, che prevede ulteriori finanziamenti. Ciò a dimostrazione del fatto che tutto questo sta avvenendo con una linea troppo ondivaga, con troppa improvvisazione, con troppi aggiustamenti di volta in volta, esattamente il contrario di quello di cui avremmo bisogno. Anche i 320 milioni di prestito ponte stanziati dal decreto sono assolutamente insufficienti, così come non è abbastanza forte l'azione sul versante degli ammortizzatori sociali e sulle misure a sostegno delle imprese dell'indotto.

Al Senato ci siamo presentati con una linea emendativa focalizzata su due direttrici: la prima è imperniata su un percorso alternativo a quello delineato nei provvedimenti d'urgenza, che ha al centro il cambio della governance di Acciaierie d'Italia attraverso la temporanea acquisizione del controllo della maggioranza del capitale da parte di Invitalia e la successiva cessione ad un nuovo socio privato; la seconda linea direttrice prevede modifiche e integrazioni alla procedura di amministrazione straordinaria.

Riteniamo positiva l'approvazione di alcuni dei nostri emendamenti, in particolare di un emendamento che consente di utilizzare parte degli avanzi vincolati di amministrazione della regione Puglia per sostenere le imprese dell'indotto, un fatto importante, che consentirà di sbloccare quelle risorse, di soddisfare i crediti. Significa rassicurare la continuità produttiva e, in alcuni casi, la stessa sopravvivenza delle aziende, oltre che permettere, finalmente, a lavoratrici e lavoratori, che sono in attesa da tanti mesi, di ricevere le loro retribuzioni.

L'altro su cui abbiamo insistito è quello che ha introdotto l'obbligo per il commissario di redigere e comunicare al Ministero, entro sei mesi dal provvedimento di ammissione dell'amministrazione straordinaria, un vero e proprio piano industriale. Abbiamo offerto un contributo dall'opposizione. Alcuni nostri emendamenti sono stati accolti, altri non sono stati accolti e, per questa ragione, al Senato il voto è stato di astensione sia in Commissione sia in Aula.

Ci siamo presentati alla Camera con lo stesso spirito e, alla luce del fatto che non è stato ancora possibile correggere ulteriormente il provvedimento attraverso l'accoglimento di tutte le proposte emendative presentate al Senato, in particolare riguardo alle tematiche per noi assolutamente centrali e cruciali dell'ambiente, abbiamo presentato un nuovo numero significativo di proposte anche alla Camera, con l'impegno del capogruppo Peluffo, con il lavoro dei nostri parlamentari, che voglio ringraziare, Pagano, Stefanazzi, Lacarra, con lo spirito, l'impegno e il lavoro unito di tutto il gruppo Partito Democratico. Abbiamo evidenziato che una parte di queste proposte riguarda l'indotto e le imprese fornitrici di Acciaierie d'Italia nonché l'accesso al credito di queste imprese, proposte che non sono state accolte in quella brevissima discussione in Commissione che ha visto il parere contrario del Governo su tutte le proposte emendative presentate. Per questa ragione, il nostro voto in X Commissione non è potuto essere che un voto di astensione.

In estrema sintesi e in conclusione di questo intervento, avremo modo di approfondire ulteriormente nella discussione del provvedimento in Aula, nelle successive fasi dell'iter, la questione che abbiamo a cuore in questo momento, cioè segnalare due punti in particolare su cui, a nostro avviso, è assolutamente fondamentale che questo provvedimento offra una risposta chiara. Il primo è la questione dei creditori dell'indotto, che devono essere pagati subito perché devono pagare i contributi entro la metà del mese di marzo e hanno crediti per più di 130 milioni di euro. È una questione che non può essere ignorata, che non può essere rinviata, la risposta deve essere chiara e deve essere immediata e deve essere nell'ambito di questo provvedimento.

La seconda questione riguarda il piano di decarbonizzazione, che deve essere parte integrante del piano industriale. Non ci può essere un'altra soluzione. Fare avanzamenti sul piano industriale, senza tenere conto del piano di decarbonizzazione, significherebbe rimettere la città e le persone di fronte a quell'ignobile ricatto tra posto di lavoro e ambiente sano dove vivere, che dobbiamo mettere alle spalle e non nel futuro di questa vicenda.

Quindi, noi chiediamo che, anche sul fatto che, nell'ambito del piano industriale, il piano di decarbonizzazione sia considerato parte integrante, questo provvedimento si esprima chiaramente.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1759​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, se lo ritiene, il relatore, deputato Maerna: non replica. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo: non replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Grimaldi ed altri n. 1-00256 e Appendino ed altri n. 1-00257 concernenti iniziative per il rilancio del settore dell'automotive e per la tutela dei relativi livelli occupazionali, nell'ottica della transizione ecologica (ore 15,56).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Grimaldi ed altri n. 1-00256 e Appendino ed altri n. 1-00257 concernenti iniziative per il rilancio del settore dell'automotive e per la tutela dei relativi livelli occupazionali, nell'ottica della transizione ecologica (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta dell'8 marzo 2024 (Vedi l'allegato A della seduta dell'8 marzo 2024).

Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Peluffo ed altri n. 1-00260, Faraone ed altri n. 1-00261 e Benzoni ed altri n. 1-00262, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare il deputato Marco Grimaldi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00256. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Mirafiori agonizza di fatto da 20 anni ed è appesa a un filo da 10. Torino, come avrete visto, si sta muovendo: dopo la marcia clima-lavoro attorno al perimetro di quei 3 milioni di metri quadri e gli appelli del sindaco di Torino a fare squadra, anche e finalmente i sindacati confederali lanciano un grande sciopero unitario.

Ultimamente, si sono susseguite tante indiscrezioni - tra cui anche la possibile fusione fra Stellantis con Renault - sull'ingresso della Cina nel mercato italiano dell'auto. Eppure, Presidente, c'è un'unica evidenza: dopo l'annuncio di interruzione della linea dal 12 febbraio al 3 marzo, Stellantis ha comunicato altre 4 settimane di Cassa integrazione, fino al 30 marzo; 5 giorni fa, Presidente, la data è slittata al 20 aprile, quasi 3 mesi; una Cassa integrazione che dura, a singhiozzo, da più di 17 anni. Nel frattempo, un altro pezzo dell'indotto è crollato: la Proma di Grugliasco, azienda di componentistica che riforniva la Maserati, con 110 operai che saranno trasferiti entro l'autunno nello stabilimento di Bruino. A partire dal 2008, nella componentistica soprattutto del mio territorio, più di 500 aziende hanno cessato l'attività e 35.000 persone hanno perso il lavoro. Qual è, tra l'altro, il dato cui dobbiamo guardare? Intanto, che il mercato italiano è l'unico in cui le immatricolazioni di auto elettriche non stanno decollando: in Europa, a novembre, solo nei nostri Paesi confinanti erano aumentate del 16 per cento, qui del 3,9 per cento, in ritardo lampante. Eppure, la destra continua a diffondere la propaganda sui rischi occupazionali della conversione ecologica. Ma com'è possibile che in Italia il settore dipenda ancora, per il 93 per cento, dalle fonti fossili? Questo settore è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di gas serra. Una vicenda devastante, soprattutto se si guarda alla qualità dell'aria del nostro Paese, soprattutto nel Nord Italia. Eppure, stiamo continuando a rimandare ancora e ancora, e continueremo a farlo, fino alla scomparsa, di fatto, di un intero settore produttivo.

La mia città, Torino, dove la desertificazione sta diventando sempre più lampante, è l'unica città italiana in cui si produce una vettura elettrica: la 500. Ma, dal 2027, la 500 rischia di non essere più prodotta in Italia. Intanto, in Campania il disinvestimento è visibile da tempo: a Pratola si continua addirittura a produrre diesel e il fine ciclo di Pomigliano è una Panda endotermica, che, a un certo punto, sparirà dalla scena europea, mentre quella elettrica vola in Serbia. Intanto, 1.000 giovani ingegneri del centro ricerche delle palazzine dedicate alla progettazione del prodotto, dei dettagli e della carrozzeria lasciano la storica azienda.

D'altra parte, nell'autunno 2023, copiosi incentivi all'esodo sono stati estesi a 15.000 lavoratori, tra impiegati e quadri. E sempre le rassicurazioni della produzione in Italia sono accompagnate da un velato ricatto: incentivi o niente, senza garanzie su nuovi modelli e sull'occupazione. E con la minaccia e l'abbandono, tutto fa pensare a una fuga con la cassa, che pagherebbero soprattutto i lavoratori e interi territori: 14.000 in Campania, incluso l'indotto, e 12.000 in Piemonte.

Ma c'è un'altra certezza, in effetti: secondo uno studio di Federcontribuenti, dal 1975 al 2012 FIAT ha ricevuto dallo Stato italiano 220 miliardi di euro per Cassa integrazione, sviluppo industriale, sussidi e implementazione degli stabilimenti. Nel 2020 - dato che si dice: no, ma non succede più - grazie alle norme previste dal cosiddetto decreto Liquidità, a FCA a sono stati concessi 6,3 miliardi di linee di credito, garantite all'80 per cento da SACE. Il prestito è stato restituito, ma senza che i livelli di produzione tornassero mai a quelli precedenti alla pandemia. Si è tuonato molto, ma, fra il 2022 e il 2026, la pubblica amministrazione italiana foraggerà ancora gli investimenti di Stellantis in Italia, con oltre 2,6 miliardi di euro. E in tutto ciò, a livello mondiale, la società ha chiuso, nel 2023, con un utile netto di 18,6 miliardi (l'11 per cento in più rispetto al 2022), ricavi netti per 189 miliardi e un dividendo annunciato di 1,5 euro per azione ordinaria (circa il 16 per cento in più rispetto al 2022). Non solo. Exor incasserà, per il 2023, 700 milioni di euro di dividendi, contro i 140 del 2020. Tavares, nel solo 2023, ha percepito 23 milioni di euro, pari alla retribuzione di 12.000 dipendenti della sua stessa azienda. Il fatto è che, per intenderci, mentre Stellantis produce in Francia 1 milione di auto, 15 modelli e quasi tutta la componentistica, in Italia sono prodotti circa 500.000 auto e 7 modelli; e nel 2021 è stato impegnato, in Italia, solo il 10 per cento degli investimenti totali. Ma l'industria italiana delle auto è legata mani e piedi a questo monoproduttore: pensate che, nel 2021, oltre il 70 per cento delle imprese della filiera ha ricevuto commissioni da Stellantis. Spesso quelle commesse rappresentano metà del fatturato. La verità è che l'Italia sta pagando un prezzo molto alto per la presenza di un solo produttore, che, a suo tempo, ha scelto di non scommettere sull'elettrico nel nostro Paese. Eppure, questo stesso produttore ha adottato, a livello globale, un piano industriale che prevede la totale conversione all'auto elettrica. Ecco perché abbiamo detto sommessamente che l'azienda nazionale è avviata al disimpegno. E anche per questo serve un altro costruttore.

Ministro Urso, verrà a risponderci? Allora, noi le diciamo: per produrre davvero 1.300.000 vetture e veicoli, Stellantis dovrebbe aumentare la produzione del 33 per cento: direi che stiamo assistendo a tutt'altro.

Ecco perché non ci fidiamo e abbiamo bisogno di una mozione che impegni questo Parlamento. In un Paese in cui una famiglia di imprenditori, riverita e foraggiata, non ha mostrato alcuna responsabilità sociale verso gli stabilimenti, intere città e la comunità nazionale tutta, l'autarchia - lo diciamo così, Presidente - deve finire. In questa vicenda, ormai, gli interessi nazionali non c'entrano proprio nulla con la famiglia Elkann e con gli Agnelli: se ne sono andati via tantissimi anni fa e la vicenda di queste ore lo dimostra. I ricatti verso Mirafiori sono serviti solo a fare di Torino la capitale della Cassa integrazione italiana. E, invece di annunciare una possibile entrata nel board, il Governo spinga altri produttori a venire in Italia.

Le competenze, le professionalità e le esperienze ci sono e aspettano solo un futuro: è questo che vi chiediamo con il nostro atto e vogliamo farlo insieme a tutte le opposizioni, pronti a limare e a mettere un impegno dentro l'altro, sperando che la maggioranza e il Governo ci seguano. Siamo mossi dalla convinzione che, in Italia, a Pomigliano, a Torino, a Mirafiori, le auto si possano ancora progettare e produrre dentro la transizione ecologica.

Serve un piano industriale di rilancio della produzione di autovetture elettriche, appunto, servono investimenti in ricerca e sviluppo, sostegno alla filiera della componentistica, formazione per le lavoratrici e i lavoratori. E deve essere chiaro che tutti gli incentivi e le risorse pubbliche saranno condizionati alla garanzia di prospettive industriali e tenute occupazionali in tutti gli stabilimenti; che chi delocalizza va escluso dall'accesso delle risorse pubbliche; che, attenzione, il Governo non entrerà a far parte del capitale sociale di Stellantis, perché il suo ruolo nelle politiche industriali deve essere quello di una regia pubblica, non di promiscuità con un attore privato; che ci saranno incentivi all'acquisto di auto a emissione zero soprattutto per le fasce a reddito basso; che saranno escluse da ogni sistema di incentivo, beneficio fiscale, le tecnologie meno efficienti e più emissive; che il fondo automotive sarà esteso e incrementato; che si investirà nella progettazione di autoveicoli elettrici per il trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, nel riuso, nel riciclo e nello smaltimento delle batterie in sistemi di accumulo di energia nelle infrastrutture di ricarica.

Vorremmo - pensate - che fossimo capaci di immaginare nella transizione e nell'automazione di tanti processi la riduzione degli orari di lavoro a parità di salario. Vogliamo - e lo diciamo a tutti i lavoratori e le lavoratrici degli stabilimenti - un'idea diversa anche del riuso, del riciclo e dell'intera filiera. Siamo disponibilissimi a pensare che le nostre fabbriche smontino e rimontino anche le stesse auto. Non è un tabù, ma senza nuovi modelli e senza nuovi occupati il fine ciclo è solo legato all'endotermico e alla fine di una tecnologia che solo voi state difendendo. Vorremmo che tutto questo fosse discusso, concordato e deciso insieme alle parti sociali, che fosse un modo per onorare l'articolo 1 della nostra Costituzione.

Torino e tutto il Paese meritano di essere il cuore industriale italiano anche nell'era della transizione ecologica, ma ricordiamo anche che Mirafiori è stata parte costituente della nostra democrazia. I consigli di fabbrica, gli aumenti uguali per tutti, le 150 ore, lo studio alternato al lavoro sono stati un luogo di interpretazione e attuazione della nostra Carta. Possiamo ancora partire da lì, così dalle tante imprese italiane, per dire che in Italia si possono ancora progettare auto, fare auto, anche quelle del futuro, anche quelle che non inquineranno il nostro pianeta e forse serviranno a salvarlo (Applausi del deputato Zaratti).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Silvestri, che illustrerà anche la mozione Appendino ed altri n. 1-00257, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente, il collega Grimaldi nel suo intervento ha colto molte cose importanti che sono contenute in questa mozione, a partire dalla carenza di visione di un piano industriale. Le crisi industriali nel nostro Paese non sono solo economiche, ma sono il risultato di anni di carenza di progettualità e di visione, soprattutto nel settore.

Da decenni abbiamo cercato di introdurre nel dibattito temi relativi a dove il mondo stesse andando o dove stessero andando gli investimenti e io ricordo un Beppe Grillo davanti ai cancelli della FIAT che ai dipendenti diceva: guardate, se non ci sarà una riconversione (stiamo parlando degli anni Ottanta e Novanta), se non riconvertirete il vostro modo di fare auto, quello che voi state vivendo non ci sarà più. Un po' come quello che è successo con la Parmalat: anche in quel caso il punto di vista del Movimento 5 Stelle 20 anni prima era stato oggetto di una visione lungimirante, cosa che poi non c'è stata. Lo dico perché chiunque ami il proprio Paese - io e il MoVimento 5 Stelle lo amiamo profondamente - non può che provare frustrazione e rabbia per il modo in cui da questo Governo, probabilmente, anche in passato, è stato gestito il comparto industriale. Un numero su tutti lo dice con una chiarezza cristallina: siamo all'undicesimo mese consecutivo di calo della produzione industriale su base tendenziale. Un record senza precedenti, che è frutto però di tante denunce politiche che noi abbiamo fatto all'inizio e, purtroppo, stiamo continuando a fare. Quindi, ahimè, io credo, e spero di sbagliarmi, che i risultati non miglioreranno, perché, da quando è arrivato questo Governo, l'unico cambio che ho visto è nella narrazione di questo fantomatico made in Italy che per voi è diventato un carattere distintivo, mentre per noi è semplicemente un cartello di svendita, perché quello che era un brand mondiale è diventato un outlet per i capitali stranieri che si spartiscono la torta.

Questo non è successo solamente per il comparto automotive ma stiamo facendo continue attività parlamentari anche per evidenziare il caso TIM e il caso Poste, tutta una serie di asset strategici, dal punto di vista nazionale, che stanno subendo, soprattutto anche con questo Governo, un ridimensionamento che ci preoccupa ed è quello che stiamo portando in Aula.

Arrivo al punto focale del discorso dove si parlava del comparto. Su questo anche qui avete promesso mari e monti, ma per capire com'è andata basta vedere la vicenda Stellantis e quella dell'intero indotto. Il settore dell'automotive, che per decenni ha rappresentato uno dei pilastri della nostra economia, si trova ad affrontare una serie di sfide senza precedenti, che richiedono un'immediata (anzi, tardiva), ma soprattutto coraggiosa risposta da parte della politica, che noi non vediamo e siamo qui proprio per denunciarlo. Prima citavo gli interventi di Beppe Grillo, trent'anni fa, per cercare di dare una visione, perché banalmente si studiano gli investimenti, si studia dove si sta investendo e lì si può vedere dove potrà andare la produzione, non ci vuole una scienza infusa.

Sono anni che vi stiamo dicendo che il mondo dell'auto sta cambiando, che serve intercettare nuove tendenze per non rimanere fuori dai mercati, ma voi niente. Ci si ostina dal punto di vista ideologico, liquidando l'argomento degli investimenti, della ricerca del settore e delle prospettive dello sviluppo del nostro Paese con frasi - che possono andare bene in una trasmissione televisiva, ma poi, quando si fa un piano industriale, la sostanza cambia - relative al fatto di favorire la Cina e tutto un comparto a noi esterno, non considerando che ci sta crollando un settore italiano sotto le mani.

Si stanno continuando a fare frivole battaglie ideologiche contro concetti, come la transizione ecologica e la sostenibilità, perché poi il nemico sembra questo, ossia non dare ragione a chi dice: guardate, abbiamo avviato, come Movimento 5 Stelle, un processo di transizione ecologica, lo abbiamo portato in Europa, lo abbiamo fatto capire alla Von der Leyen, che adesso sta puntando ovviamente sul settore delle armi ed è per questo che trova il nostro disappunto. Tuttavia, in una prima fase siamo riusciti ad affermare anche in Europa l'importanza di una transizione ecologica, lo abbiamo portato e fatto capire (all'inizio, poi così non è stato) anche a Draghi, all'inizio del suo Governo, il quale aveva fatto un Ministero proprio per la transizione ecologica.

Questa battaglia che sta facendo il centrodestra, su tutti questi elementi, a cominciare dalla cancellazione del Ministero in primis, sembra non voler riconoscere qualcosa che invece è il futuro del nostro Paese, perché la transizione ecologica non è solamente un concetto etico, non si parla solo di sostenibilità, non si parla solamente di salute, ma il Movimento 5 Stelle ha sempre tradotto la transizione ecologica come occasione di nuovi posti di lavoro.

Purtroppo, il fallimento delle politiche industriali relative al comparto dell'automotive italiano ne è assolutamente un esempio, perché il mondo sta andando avanti e la politica italiana, invece, ci sta facendo rimanere indietro.

Purtroppo, ci sono anche dei numeri, molti li ha citati il collega Grimaldi, che testimoniano come questa prospettiva sia sbagliata. Molti studi testimoniano che la transizione verso la mobilità elettrica del nostro Paese porterà benefici, come dicevo, non solo per l'ambiente e la salute, ma anche a tutto il mondo occupazionale, tanto che nel 2030 il settore automobilistico conterà circa 296.000 posti di lavoro, rispetto ai 280.000 del 2022, sintomo che c'è un'occasione che dobbiamo cogliere, ovviamente, a patto che ci sia una politica industriale seria, cosa che non sta avvenendo. Secondo Federmanager, nel 2030, i veicoli elettrificati arriveranno a rappresentare oltre il 70 per cento delle vendite in Europa e anche il 40 per cento negli Stati Uniti e c'è stato un dibattito che ha appassionato anche molte televisioni, quando si discuteva di questo in Europa, non considerando che le questioni che caratterizzavano tutti i processi che in Europa spingevano verso questo mercato erano già state affrontate dalle case nazionali. Se si fossero andati a leggere i progetti industriali dell'Alfa Romeo, della BMW o della Mercedes, si sarebbe notato che erano le aziende stesse che cercavano una riconversione per potersi presentare pronte entro il 2030, nemmeno entro il 2035; avevano già anticipato quella che era una loro logica industriale, in base agli investimenti che si stavano facendo.

Allora, cercare di preparare il nostro Paese ad accogliere la possibilità, sia economica sia lavorativa, di tutto questo comparto sarebbe stato lungimirante. Purtroppo, ci abbiamo provato, ma non riusciamo a trovare in voi un'interlocuzione seria, senza partire da presupposti ideologici.

Il mercato dell'auto sta cambiando, ma anche le scelte dei consumatori, ovviamente, stanno cambiando verso una maggiore sostenibilità e una salvaguardia dell'ambiente. Allora, mi chiedo: perché volete che il nostro Paese rimanga sempre indietro? Semplicemente, perché questo può portare qualche voto in più? Perché fare emergere gli elementi conservatori e fare leva sulla pancia delle persone, sui pericoli rispetto a quella che potrebbe essere un'invasione estera, porta qualche voto in più? Perché io il vero pericolo lo trovo nella disoccupazione che può arrivare a seguito di cecità su questo piano industriale.

Allora, tutto questo intervento, il cuore del nostro impegno è proprio su questo e vi chiedo, quindi, di smettere di continuare a cercare un dialogo ideologico su questo, di prendere coraggio, Presidente, e di capire che, vi piaccia o no, il progresso arriverà e se, come tante volte, noi non intercetteremo questo progresso, gli effetti sulla nostra società saranno quelli che già state vedendo, sono quelli nel merito di questa mozione e, ovviamente, li pagheranno le nostre famiglie, con nuova disoccupazione e nuove occasioni mancate.

Quindi, spero che questa mozione sia il momento per alzare il dibattito anche dal punto di vista tecnico e cercare di uscire dalla cecità e dalla foga ideologica dell'essere conservatori a prescindere, perché abbiamo già visto che questo Paese, da che era una potenza anche industriale, proprio per questa cecità nei vari settori, e l'automotive è uno di questi, continua a regredire, continua ad avere una classe politica che non riesce a capire questo tipo di occasioni, e a pagare ovviamente saranno le famiglie.

Quindi, mi auguro che questa occasione parlamentare sia anche per un dibattito più serio e, soprattutto, più produttivo per il Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Federico Fornaro, che illustrerà la mozione Peluffo ed altri n. 1-00260, di cui è cofirmatario.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, le mozioni parlamentari sono uno strumento importante, non sono soltanto parole scritte su un documento, dovrebbero avere una funzione nel rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo, soprattutto come stimolo all'azione del Governo, per poter avere anche un luogo in cui, sui temi oggetto delle mozioni, ci si possa confrontare di fronte all'opinione pubblica, uscendo, quindi, dalle schermaglie, uscendo dalle semplici dichiarazioni stampa, per affrontare una questione, quella del futuro dell'automotive, che è assolutamente centrale nelle politiche industriali di questo Paese.

Stiamo parlando della filiera dell'automotive, che rappresenta oltre 5.500 imprese, oltre 1.200.000 addetti, un fatturato con un'incidenza percentuale sul PIL a due cifre, includendo i servizi. Si tratta, quindi, di un settore strategico per l'economia nazionale anche nel contesto della transizione ecologica, che deve rappresentare, lo vorremmo sottolineare e lo sottolineiamo nella nostra mozione, un'opportunità di rilancio del settore. Non si fa politica industriale semplicemente cercando di allungare i tempi, accusando, in maniera spesso propagandistica, l'Europa di voler favorire, in realtà, i prodotti cinesi. La questione esiste, la questione della scadenza del 2035 per i motori endotermici è una realtà, ma noi crediamo che occorra affrontare questa sfida, come vanno affrontate le sfide produttive e di prospettiva, cioè con coraggio, con realismo, ma anche con l'idea che si sta andando verso una soluzione corretta, quella del contributo che anche il settore dell'automotive può - e deve - dare alla transizione ecologica e alla mobilità sostenibile.

Ciò che denunciano le imprese, peraltro, è ancora una carenza di professionalità e c'è un altro aspetto che va sottolineato: siamo in forte ritardo anche per le scelte dell'unico produttore o, per meglio dire, le non scelte sull'elettrico dell'unico produttore rispetto ad altri Paesi europei. L'infrastrutturazione è assolutamente insufficiente, noi abbiamo, oggi, una media di colonnine di ricarica, ogni 100 chilometri, pari a 7,9, contro una media europea molto più alta, pari a 12,3 nell'Unione europea, nel Regno Unito e nei Paesi EFTA, ma nel Regno Unito è pari a 17,6, in Germania a 17,3 e in Francia a 10,2, numeri lontanissimi, per esempio, dai Paesi Bassi che ne hanno 107,8, ovvero più di una a chilometro.

Quindi, parlando di realismo, ovviamente, occorre tener conto di queste difficoltà infrastrutturali, occorre evidentemente non dimenticarci che abbiamo uno dei parchi autovetture, 38,5 milioni di veicoli commerciali, 3,97 più vetusti, insicuri e inquinanti d'Europa, con il 29 per cento delle vetture e il 47 per cento degli autocarri che hanno un'omologazione tra “Euro 0” ed “Euro 3”. Quindi, la fotografia che noi oggi facciamo è di oggettiva difficoltà, ma che, al tempo stesso, dovrebbe sollecitare il Governo, il Parlamento, la politica, a dare risposte e a ritornare a parlare di un termine quasi sconosciuto, quello della politica industriale.

Vorrei sottolineare che, in questi termini, nel settore, dal precedente Governo, era stata sviluppata un'azione di sostegno alla domanda, in un'ottica pluriennale, organica e strutturata, che puntava su tre assi specifici: gli investimenti in ricerca, innovazione e prima industrializzazione, il capitale umano, con la formazione delle competenze necessarie e, in terzo luogo, gli interventi sulla filiera, anche di carattere finanziario, a sostegno delle imprese, con misure capaci di favorire i processi di consolidamento tra operatori e il supporto al loro adeguamento tecnologico.

Così come anche gli ingenti investimenti richiesti dal tessuto della componentistica sono un dato oggettivo per la transizione verso la mobilità elettrica.

In estrema sintesi, a questo punto, noi stiamo pagando evidentemente un prezzo molto alto, un prezzo eccessivo al fatto che in Italia è presente un solo produttore che a suo tempo - va ricordato - scelse di non scommettere sull'elettrico, almeno nel nostro Paese, arrivando, quindi, in ritardo rispetto agli altri produttori su questo fronte, un ritardo che è pagato anche in termini occupazionali. Stellantis, che attualmente conta in Italia 6 stabilimenti produttivi, punterebbe, secondo quanto si apprende dalla stampa, su Pomigliano e sulla Panda come difesa dalla concorrenza cinese, anche in Europa, prolungandone la produzione almeno fino al 2027, mentre i nuovi modelli elettrici della Panda e della Topolino per Stellantis sono modelli che saranno prodotti non in Italia. Cioè, noi rischiamo di non avere sostanzialmente, da questo punto di vista per il gruppo Stellantis, una strategia di medio periodo per i nostri impianti produttivi.

Quindi, quello che noi auspichiamo è non solo una politica industriale capace di contrastare il ritardo ma crediamo che sia assolutamente necessario farsi promotori di un piano per la gestione a livello europeo della transizione ecologica con strumenti comuni e avviare immediatamente una trattativa con Stellantis per salvaguardare l'occupazione e mantenere la capacità produttiva degli impianti. A nostro giudizio, invece, in questi mesi di Governo - ormai è più di un anno - l'azione dell'Esecutivo è apparsa confusa, contraddittoria, inefficace, oscillando tra una politica di incentivi piegati alle esigenze di Stellantis in ragione di un non ben definito impegno a riportare la produzione a un milione di autovetture, da un lato, e la minaccia di orientare gli stessi incentivi in favore di un secondo produttore, dall'altro, senza peraltro specificare quali leve abbia realmente a disposizione l'Esecutivo nella trattativa con la casa automobilistica o se esista effettivamente un interesse da parte di altri produttori. Crediamo che l'intervento di domani del Ministro Urso debba dare delle risposte rispetto a queste questioni che non crediamo siano strumentali. La fotografia della situazione è drammatica. Nel 2023, l'anno scorso, sono state prodotte in Italia appena 450.000 autovetture, a fronte di 1.580.000 immatricolazioni. Le linee dello stabilimento di Mirafiori, come ha ricordato prima il collega Grimaldi, sono ferme. Ci sono ormai situazioni incancrenite di cassa integrazione che durano da più di 10 anni. Melfi ha interrotto l'attività, si ricorre agli ammortizzatori sociali per il diciassettesimo anno consecutivo e permane l'assenza di indicazioni sulla creazione della gigafactory per le batterie.

Quindi, in estrema sintesi che cosa chiediamo? Impegniamo il Governo, nella nostra mozione, ad attivarsi nelle sedi istituzionali europee per sostenere e valorizzare il ruolo strategico della filiera dell'automotive, affinché l'intero settore sia adeguatamente supportato nei prossimi anni con politiche, strumenti e risorse aggiuntive per la riconversione delle imprese e la riqualificazione dei lavoratori; ad adoperarsi per favorire il rapido superamento delle situazioni di crisi industriale emerse nel corso degli ultimi mesi nella filiera dell'automotive, al fine di evitare il licenziamento di addetti e la delocalizzazione di importanti aziende operanti nel settore e affrontare per tempo, con adeguati strumenti e risorse, le situazioni di potenziale crisi che stanno emergendo e che rischiano di avere pesanti ricadute occupazionali negative nei territori coinvolti; ad adoperarsi affinché Stellantis mantenga in Italia non solo la produzione - questo vorrei sottolinearlo con forza - ma anche i settori della progettazione, dal momento che il design italiano è riconosciuto come elemento di grande valore in tutto il mondo, e, in generale, tutti i settori che dall'avvento di Stellantis sono stati fortemente ridimensionati in termini di personalità e competenza a favore degli omologhi enti francesi e del personale ex PSA, condizionando le misure finanziarie e regolatorie in favore di Stellantis all'assunzione e al rispetto, da parte della società e del gruppo, di precisi impegni in termini produttivi e occupazionali; a favorire, anche attraverso semplificazioni burocratiche e opportuni incentivi, l'attrazione di investimenti stranieri e lo stabilimento sul territorio nazionale di un secondo produttore; ad adottare tutte le misure necessarie a sostenere la filiera e i lavoratori dell'automotive nel superamento dell'attuale fase di transizione sia sul fronte della produzione sia su quello della vendita di autoveicoli, con riferimento agli incentivi all'acquisto da indirizzare prioritariamente alle fasce a reddito basso anche al fine dell'accesso ai centri urbani o al cosiddetto leasing sociale di veicoli elettrici o a bassa emissione di anidride carbonica in un'ottica pluriennale, oltre all'acquisizione di tecnologia e alla riconversione produttiva per favorire la produzione di modelli elettrici in Italia, prorogando, almeno fino al 2035, il Fondo automotive e incrementandone le risorse disponibili a valere sui risparmi derivanti dalla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi; ad accompagnare la transizione del settore dell'automotive sostenendo la trasformazione dell'industria automobilistica e tutti gli interventi di carattere industriale necessari a efficientare e a sostenere il processo di trasformazione industriale e di innovazione settoriale, a partire dalla digitalizzazione sino al cambio delle motorizzazioni e allo sviluppo delle nuove tecnologie, nonché, oltre alla fondamentale attività di ricerca e sviluppo, al trasferimento tecnologico, alla nascita di nuove imprese innovative, favorendo anche i progetti basati su aggregazioni tra imprese e una più stretta cooperazione tra le aziende e gli istituti tecnici professionali e gli ITS per avvicinare sempre più il mondo del lavoro alle scuole, ma anche per contribuire a definire percorsi formativi più coerenti con le nuove competenze ricercate dall'industria; a sostenere formazione e riqualificazione professionale degli addetti; a sostenere la graduale transizione della filiera dei servizi dell'automotive con appositi e mirati interventi finalizzati a favorire la riconversione delle produzioni o la realizzazione di prodotti innovativi in grado di rispondere alla domanda emergente del mercato dell'automotive e del trasporto pubblico locale, capaci entrambi di generare fatturato e di garantire continuità occupazionale; infine, ad adottare ogni iniziativa volta a favorire l'Italia come sede di attività di lavorazione di semiconduttori e di produzione di batterie e del loro riuso e riciclo, al fine di favorire l'autonomia strategica nell'approvvigionamento e di garantire adeguati livelli di ricerca e sviluppo degli ambiti tecnologici della microelettronica e dell'intelligenza artificiale.

Questo è il testo della nostra mozione. Lo consideriamo un contributo, un contributo al dibattito, un contributo al Governo e, ovviamente, siamo disponibili a ricercare eventuali convergenze, perché auspicabilmente questo è un tema che dovrebbe essere in grado di diventare un tema nazionale, inteso, quindi, con la capacità di trovare sintesi in questo Parlamento, impegnando il Governo ad affrontare questa questione fuori da una visione, diciamo, meramente di propaganda e di breve periodo, ma provando a impostare un lavoro che negli anni possa garantire a questo settore, che, come abbiamo ricordato e già ribadito, è strategico rispetto all'oggi ed è strategico rispetto al futuro, alla transizione ecologica, l'attenzione che necessita.

Ritornare a fare politica industriale in questo Paese, secondo noi, è assolutamente fondamentale e l'automotive è certamente uno dei terreni su cui si misurerà la capacità del sistema Italia di affrontare i problemi, trovando anche le necessarie soluzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pietrella. Ne ha facoltà.

FABIO PIETRELLA (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Bergamotto, colleghi, permettetemi di contestualizzare oggi il settore dell'automotive, anticipando che il gruppo Fratelli d'Italia sta presentando una mozione che verterà prevalentemente sui punti che andrò ad illustrarvi. Il panorama della componentistica automobilistica italiana comprende circa 2.200 aziende localizzate nel territorio nazionale che offrono occupazione a oltre 167.000 lavoratori. Ampliando lo sguardo alla filiera estesa, le oltre 5.500 aziende coinvolgono direttamente 273.000 addetti nelle attività produttive, con un impatto indiretto che coinvolge circa 1,2 milioni di persone. Questo settore genera un fatturato di circa 90 miliardi di euro, rappresentando il 9,9 per cento dell'intero settore manifatturiero, contribuendo al PIL nazionale con il 5,2 per cento.

È il settore con il più alto moltiplicatore di valore aggiunto, vantando eccellenze riconosciute a livello globale e, sebbene, come già detto, circa il 75 per cento delle aziende abbia Stellantis come cliente principale, si è registrato un aumento dell'integrazione con le principali filiere produttive europee nel corso degli ultimi anni, con un saldo commerciale positivo per la componentistica italiana di oltre 5 miliardi di euro. Dopo la crisi pandemica, la filiera italiana ha ripreso a crescere, con un aumento del 9 per cento del fatturato nel 2021.

Sebbene i dati a consuntivo non siano ancora disponibili, le previsioni di ANFIA indicano che la dinamica espansiva è proseguita anche nell'ultimo anno. Tuttavia esistono almeno 3 fattori di rischio che minacciano la tenuta del settore della componentistica. L'andamento produttivo è fortemente influenzato dalla produzione di veicoli a livello nazionale ed europeo, come si diceva prima; le sfide legate alla decarbonizzazione e alla transizione verso modelli di alta sostenibilità ambientale insieme all'incertezza del quadro regolatorio europeo rappresentano ulteriori fattori di rischio; le strategie adottate dal principale produttore italiano e l'ingresso di nuovi concorrenti sul mercato nazionale ed europeo.

Le immatricolazioni di veicoli in Italia hanno raggiunto un picco di oltre 2,2 milioni nel 2017, ma sono gradualmente diminuite, fino a toccare quota 1,5 milioni nel 2022. Nonostante la crescita positiva del 19 per cento dell'ultimo anno, non si è ancora tornati ai livelli pre-pandemici, con una riduzione complessiva delle registrazioni di quasi un quinto rispetto al 2019. Secondo le proiezioni di mercato, nei prossimi anni ci si attende una stabilizzazione intorno a 1,5-1,7 milioni di immatricolazioni.

Il settore della componentistica italiana è principalmente concentrato nella produzione di veicoli a combustione interna e relativi componenti, accessori e motori, rappresentando il 70 per cento dell'attività. Il cammino verso l'elettrificazione completa dei veicoli leggeri comporta un significativo restringimento del campo di attività economica, poiché l'adozione dei veicoli elettrici comporta una forte riduzione del numero di componenti necessari per l'assemblaggio, con la batteria che assume un ruolo centrale sia in termini di valore aggiunto sia di provenienza, con oltre l'80 per cento della catena del valore attualmente dominata dall'Asia.

Nei prossimi 5 anni si assisterà, quindi, a una completa rivisitazione della filiera automobilistica nazionale, con una ridefinizione della sua competitività a livello europeo e globale. Confidiamo certamente che la prossima Commissione europea supererà l'approccio ideologico che spesso ha sacrificato le esigenze delle imprese. Un esempio evidente è stata la proposta iniziale del regolamento Euro 7, che avrebbe comportato rischi significativi per il nostro sistema produttivo, così come la possibile politica della UE di aumentare i dazi doganali già dal prossimo luglio, Presidente, di fronte alle crescenti prove di sussidi sleali da parte della Cina nei confronti del vecchio continente. Sussidi sleali che vanno, ovviamente, nelle tasche dei produttori cinesi, che poi competono in maniera sleale nel nostro territorio, e anche incentivi che sleali non sono e sono corretti da parte statunitense: mi viene in mente l'IRA, l'Inflation reduction act, che sovvenziona il made in USA. Credo che, se si parla di politica industriale come di risposta ai colleghi che ho sentito intervenire prima di me, la politica industriale si fa supportando le proprie imprese, supportando la propria produzione continentale. In questo contesto, come vi ho detto, l'Italia si presenta come guida in Europa, con il Governo Meloni che si è impegnato fin dall'inizio per far passare il principio di neutralità tecnologica, focalizzando le risorse e le energie sull'obiettivo della decarbonizzazione piuttosto che sulle modalità per raggiungerlo. Abbiamo collaborato con altri Paesi per promuovere la nostra linea, quella del cosiddetto fronte della responsabilità, che include Francia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria. Per le automobili le nuove regole saranno applicate 2 anni e mezzo dopo l'approvazione del regolamento. Nel 2000 l'Italia si posizionava come quinto Paese europeo e nono nel mondo per la produzione di autoveicoli; nel 2022 è scivolata all'ottavo in Europa e al ventesimo nel mondo.

La produzione nazionale è cresciuta dal 2014 al 2017, arrivando a 1.140.000 unità, ma ha iniziato a declinare lentamente a partire dal 2018, raggiungendo nel 2022 una produzione totale di 796.000 unità, corrispondente a una diminuzione del 30 per cento, e in termine numerico di quasi 350.000 unità prodotte in meno rispetto al passato, agli anni prima. La produzione di veicoli presso gli stabilimenti italiani di Stellantis ha registrato una media di circa 930.000 unità nel quinquennio 2015-2019, diminuendo a 730.000 unità nel triennio successivo. Questa tendenza ha coinvolto principalmente la produzione di autoveicoli, con una media di 666.000 unità negli anni 2015-2019 scesa a 455.000 nel triennio successivo.

La produzione di veicoli negli stabilimenti Stellantis in Italia negli ultimi 10 anni ha mantenuto una stretta correlazione con le immatricolazioni nazionali, rappresentando una quota compresa fra il 40 e il 50 per cento. In un contesto di mercato in contrazione, la transizione ecologica ha portato all'emergere di nuovi concorrenti nei veicoli elettrificati provenienti sia dagli Stati Uniti che dalla Cina, oltre a quelli già presenti da tempo, come giapponesi e coreani.

Nel mercato dei veicoli elettrici il lancio di nuovi modelli di marchi cinesi ha rappresentato nel solo 2023 il 50 per cento della somma, consolidando una posizione di leadership a livello globale anche grazie a un vantaggio stimato del 30 per cento sul costo totale di produzione rispetto ai veicoli di dimensioni simili prodotti in Europa. Su questo 30 per cento si focalizza proprio l'intervento che il Paese Cina ha dato nei confronti dei propri produttori e il nostro gap europeo nell'andare incontro alla nostra produzione per superare questi contraccolpi leali o sleali da parte dei competitor internazionali.

Veniamo alle risposte che questo Governo ha dato. Per affrontare le sfide della transizione produttiva e della decarbonizzazione, preservando, nel contempo, i posti di lavoro, che a noi sono ovviamente molto cari, e le imprese, è indispensabile implementare un piano straordinario e coordinato di investimenti privati e pubblici per consolidare e ampliare la capacità innovativa in tutte le tecnologie chiave per lo sviluppo dell'automobile e della mobilità futura. Per mantenere gli investimenti, le competenze e i livelli occupazionali in Italia, la filiera di fornitura ha bisogno di una produzione con una massa critica sufficiente per competere con i principali Paesi europei. La protezione della componentistica richiede volumi produttivi di almeno un milione di vetture prodotte in Italia e circa 300.000 veicoli commerciali leggeri. Pertanto è cruciale lavorare per raggiungere un accordo con Stellantis, consolidando la loro rete di fornitura nazionale e scoraggiandone il trasferimento all'estero. Le trasformazioni del mercato globale richiedono a tutti i produttori politiche di efficienza e riduzione dei costi. È quindi fondamentale che la nostra componentistica investa in innovazione. A tal fine abbiamo siglato un accordo con ANFIA e il MIMIT sta attualmente lavorando a un'analisi dettagliata delle imprese coinvolte, al fine di creare le condizioni per un efficace utilizzo delle risorse del Fondo automotive, e, in particolare, per sostenere i progetti di riconversione delle imprese della componentistica.

A dicembre è stato istituito un tavolo con Stellantis articolato in 5 gruppi di lavoro, che mirano a definire un documento strategico condiviso tra azienda, sindacati e regioni da approvare prima dell'estate. Il lavoro si concentra su volumi produttivi e mercato, efficientamento degli stabilimenti, ricerca, sviluppo e innovazione e componentistica, ovviamente occupazione e formazione. I lavori procedono a ritmo serrato, con una prima analisi dettagliata del contesto già completata. Entro la fine di marzo sono previsti ulteriori incontri per raggiungere un protocollo d'intesa condiviso al fine di garantire la produzione di un milione di veicoli entro il 2030, assicurando la sostenibilità e la continuità di tutti gli stabilimenti Stellantis italiani. Allo stesso tempo, siamo consapevoli del fatto che Stellantis da sola non potrà raggiungere l'obiettivo del milione di vetture prodotte in Italia, e non possiamo aspettarci che un unico produttore si assuma l'onere dell'intera componentistica italiana. Questa è una situazione anomala, che non ha paragoni in nessun altro Paese. Basti pensare che in Germania ci sono 6 produttori di auto, ai quali se ne aggiunge un altro per i veicoli commerciali leggeri: Mercedes, BMW, Volkswagen, Audi, Tesla, Ford e Stellantis. In Francia sono 4, in Spagna 7, anche nella Repubblica Ceca ci sono 3 produttori e 4 in Ungheria. Per questo motivo in Italia si sta attivamente cercando di attrarre un nuovo investitore per stabilire una seconda casa automobilistica che possa contribuire a mantenere e rafforzare l'indotto del settore. Il contesto nazionale offre numerose opportunità. La componentistica italiana, come si è già detto, è ampiamente riconosciuta per la sua eccellenza sia in termini ingegneristici che estetici e di design. Nel corso degli anni si sono accumulate competenze uniche nel nostro Paese, sostenute da una forza lavoro qualificata e flessibile. Possediamo centri di ricerca di trasferimento tecnologico di alto livello, rendendo l'Italia un luogo ideale per gli investimenti. Oltre al centro di competenza di Torino, infatti, attivo da oltre 3 anni e focalizzato sull'automotive, si stanno sviluppando nuovi centri per la mobilità sostenibile e per l'applicazione dell'intelligenza artificiale nei settori dell'automotive e dell'aerospaziale. Questi fattori hanno facilitato il dialogo con produttori stranieri interessati ad entrare nei mercati europei.

Abbiamo avviato discussioni con case automobilistiche provenienti da diverse parti del mondo, non solo dall'Oriente, ma anche dall'Occidente. Ad esempio, in Germania è stata respinta, con ampia maggioranza, una proposta di espansione massiccia dell'unico impianto di assemblaggio europeo di Tesla, il che comporterà una revisione dei piani del gruppo statunitense con il quale il Governo sta negoziando da mesi.

Abbiamo ricevuto riscontri positivi, ma è un processo ancora in corso che richiede prudenza e pazienza. Nonostante l'Italia abbia iniziato tardi nella politica di attrazione d'investimenti esteri, in poco più di un anno siamo stati in grado di invertire la tendenza, suscitando un rinnovato interesse per il nostro Paese.

Nel frattempo, per sostenere la domanda, il Governo Meloni ha potenziato l'ecobonus, destinando 950 milioni di euro e ponendo maggiore attenzione agli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale. I contributi per i veicoli elettrici e ibridi plug-in sono stati aumentati a un massimo di 13.750 euro rispetto ai precedenti 5.000. E' stato introdotto un principio di proporzionalità dei contributi in base all'età dell'auto rottamata per accelerare il rinnovo del parco auto. Sono stati, inoltre, previsti incentivi maggiorati del 25 per cento per le famiglie con un ISEE inferiore ai 30.000 euro, oltre alla possibilità di rottamare i veicoli euro 5 e incentivi per l'acquisto di veicoli usati fino alla categoria euro 4. Inoltre, sono stati avviati programmi sperimentali di noleggio a lungo termine, noto anche come social leasing, e di retrofitting a metano e GPL.

Presidente, le sfide che il settore dovrà affrontare nei prossimi anni sono senza ombra di dubbio notevoli, ma il Governo Meloni, con il Ministro Adolfo Urso, ha dimostrato un impegno costante, puntuale e massimo.

Ringrazio, a nome di Fratelli d'Italia, il Ministro Adolfo Urso per il suo eccellente lavoro e per il dialogo continuo in X Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Il Governo intende intervenire? No, si riserva di farlo successivamente. Il seguito della discussione è, dunque, rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 12 marzo 2024 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 12)

2. Seguito della discussione delle mozioni Grimaldi ed altri n. 1-00256, Appendino ed altri n. 1-00257, Peluffo ed altri n. 1-00260, Faraone ed altri n. 1-00261 e Benzoni ed altri n. 1-00262 concernenti iniziative per il rilancio del settore dell'automotive e per la tutela dei relativi livelli occupazionali, nell'ottica della transizione ecologica .

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 986 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 gennaio 2024, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico (Approvato dal Senato).

(C. 1759​)

Relatore: MAERNA.

4. Seguito della discussione del disegno di legge:

Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

(C. 1435-A​)

e delle abbinate proposte di legge: BRAMBILLA; GUSMEROLI ed altri; COMAROLI ed altri; VINCI; VINCI; BERRUTO ed altri; MULE'; DE LUCA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA; CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO; CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO; CARE'; SANTILLO ed altri; CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO; CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO; IARIA ed altri; ROSATO; MASCARETTI ed altri; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; DEIDDA ed altri; MORASSUT ed altri; CHERCHI; CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO; GIANASSI ed altri. (C. 41​-96​-195​-411​-412​-526​-529​-578​-634​-684​-686​-697​-718​-865​-874​-892​-985​-1030​-1218​-1258​-1265​-1398​-1413​-1483​)

Relatori: CAROPPO e MACCANTI.

La seduta termina alle 16,45.