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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 250 di lunedì 26 febbraio 2024

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ROBERTO GIACHETTI , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 21 febbraio 2024.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 83, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione delle mozioni Boschi ed altri n. 1-00241, Girelli ed altri n. 1-00242 e Sergio Costa ed altri n. 1-00243 in materia di sindrome fibromialgica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Boschi ed altri n. 1-00241, Girelli ed altri n. 1-00242 e Sergio Costa ed altri n. 1-00243 in materia di sindrome fibromialgica (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 14 febbraio 2024 (Vedi l'allegato A della seduta del 14 febbraio 2024).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare il deputato Roberto Giachetti, che illustrerà anche la mozione n. 1-00241, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (IV-C-RE). Grazie, Presidente. La sindrome fibromialgica, malattia neurologica riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità dal 1992 con la cosiddetta Dichiarazione di Copenaghen, colpisce in Italia circa 2-3 milioni di persone, corrispondenti al 3-4 per cento dell'intera popolazione; 6 volte su 7, la patologia riguarda donne in età giovanile.

La sindrome fibromialgica è una sindrome dolorosa, cronica, da sensibilizzazione centrale, caratterizzata dalla disfunzione dei circuiti neurologici preposti all'elaborazione degli impulsi provenienti dalle afferenze del dolore, dalla periferia del cervello. Questa patologia si manifesta, secondo i principali criteri diagnostici, con dolore muscolo-scheletrico diffuso e con la presenza di specifiche aree dolorose alla digitopressione, l'affaticamento costante, una rigidità generalizzata, un sonno non ristoratore, il mal di testa, la vescica iperattiva, la dismenorrea, l'ipersensibilità al freddo, il cosiddetto fenomeno di Raynaud, la sindrome delle gambe senza riposo, l'intorpidimento e il formicolio atipico, il prurito, la sensazione di pressione e di stringimento, l'allodinia, una scarsa resistenza all'esercizio fisico e una generale sensazione di debolezza. Sovente si manifestano anche altri sintomi, come l'astenia, l'insonnia e i risvegli notturni, disturbi cognitivi, confusione mentale, alterazione della memoria e della concentrazione, dolori addominali e colon irritabile, al 60 per cento, dispepsia, intolleranza al freddo o al caldo, secchezza delle mucose, sintomi urinari e genitali.

Anche soltanto uno di questi sintomi, spesso, limita fortemente la persona che ne soffre nell'eseguire attività normali e ha riflessi nell'inserimento nel mondo del lavoro, nella capacità lavorativa e nelle stesse relazioni sociali. Lo stress, l'ansia e la depressione hanno una netta correlazione con questa patologia e molti pazienti fibromialgici presentano sintomi poliformi, associabili a malattie autoimmuni, come la tiroidite di Hashimoto, il lupus eritematoso sistemico, l'artrite reumatoide, la sindrome di Sjögren e, uno su tre, positività agli anticorpi antinucleo.

Nonostante la sindrome fibromialgica sia una condizione grave, che colpisce un elevato numero di persone e pur essendo, per l'ampio spettro di sintomatologie, da considerare d'interesse multidisciplinare, essa non è ancora riconosciuta come malattia invalidante a tutti gli effetti. Appare, pertanto, evidente l'urgenza di un approccio sistemico, che consideri tale patologia nel suo insieme e non come la sommatoria di tanti sintomi. La subdola eterogeneità della sindrome fibromialgica comporta, inoltre, il fatto che le persone che ne sono affette non riescono a ricevere in tempi ragionevoli cure adeguate. Il mancato riconoscimento della causa del dolore e delle conseguenze che questo provoca nella persona sono i principali motivi di isolamento e sono causa di ulteriore sofferenza. La difficoltà diagnostica dà, infatti, spesso, il via a un percorso nosocomiale che si protrae per anni: un costoso calvario pieno di sofferenze e contraddistinto da crescente disabilità.

Anche se non esiste una cura specifica, essendo una malattia cronica, la sindrome fibromialgica richiede trattamenti multidisciplinari a lungo termine, farmacologici, convenzionali e non convenzionali, ossigenoterapia iperbarica e ozonoterapia. Sono importanti anche approcci personalizzati per le specifiche esigenze dei pazienti: terapie antalgiche - come agopuntura e criostimolazione - e fitoterapiche, l'approccio nutraceutico e nutrizionistico, la ginnastica dolce, il linfodrenaggio e la fisioterapia, l'acquantalgica e la psicoterapia. Essendo la sua caratteristica principale il dolore, i malati di sindrome fibromialgica dovrebbero rientrare pienamente nella categoria delle persone che necessitano di terapia del dolore e dei livelli essenziali di assistenza.

Secondo il dettato costituzionale di cui all'articolo 32, la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Appare, pertanto, di tutta evidenza l'obbligo da parte dello Stato di riconoscere anche a chi soffre di sindrome fibromialgica le cure, le spese mediche e gli esami diagnostici necessari, così come per altre malattie invalidanti. Sebbene di per sé questa patologia non abbia implicazioni dirette sull'aspettativa di vita, è indubbia la persistente limitazione che da essa deriva, nonché la necessità di interventi di attenuazione del dolore che garantiscano almeno una parziale autonomia del paziente, con possibilità reali di autosufficienza e, conseguentemente, un consistente miglioramento della qualità della vita.

La caratteristica dominante nella sindrome fibromialgica è il dolore: esso viene considerato cronico se ha una durata superiore a tre mesi e colpisce un europeo su cinque, con un trend, purtroppo, in costante crescita. Anche dal punto di vista dei costi di gestione dei pazienti, il dolore cronico è tra le forme di sofferenza a più alto costo nei Paesi industrializzati, con almeno 500 milioni di giorni di lavoro persi ogni anno in Europa, corrispondenti a un costo di circa 34 miliardi di euro.

Sebbene siano passati 26 anni dall'inserimento da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità della fibromialgia nel manuale di classificazione internazionale delle malattie e benché altre organizzazioni mediche di carattere internazionale la ritengano una malattia cronica, ancora oggi non tutti i Paesi europei condividono tale posizione e, tra essi, anche l'Italia.

La nostra mozione muove, pertanto, da queste considerazioni, al fine di garantire risposte adeguate da parte delle istituzioni. Occorre recepire le istanze e i bisogni di queste persone, promuovere forme di aiuto e di sostegno, prevedere che lo Stato, nelle sue articolazioni, si faccia carico di questa patologia per garantire le risposte più efficaci dal punto di vista clinico, sociale e relazionale.

Riconoscere la sindrome fibromialgica come malattia invalidante ne consentirebbe l'inserimento tra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni sanitarie, stante le condizioni di forte disagio e malessere psicofisico che si manifestano nelle persone che ne sono affette. Comporterebbe, altresì, l'individuazione sul territorio nazionale sia di strutture sanitarie pubbliche idonee alla diagnosi e alla riabilitazione di questa patologia, sia di centri di ricerca per lo studio di tale sindrome, al fine di garantire la formazione continua, anche alla luce delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, la diagnosi e, infine, i relativi protocolli terapeutici.

Un riconoscimento legislativo della predetta patologia o almeno l'attenzione al fenomeno a livello regionale risulta a macchia di leopardo e, in assenza dell'inserimento nel nomenclatore del Ministero della Salute, la sindrome fibromialgica non è prevista come diagnosi nei tabulati di dimissione ospedaliera, con conseguente inapplicabilità di alcuna forma di esenzione alla partecipazione alla spesa.

Alcune regioni hanno approvato leggi in materia. A livello nazionale è, dunque, a nostro avviso, opportuno dare uniformità al sistema e seguito effettivo alle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e del Parlamento europeo, assicurare omogeneità di trattamento a tutti i soggetti affetti da questa patologia, nonché superare la disomogeneità derivante dalle differenti normative regionali relative al riconoscimento della sindrome fibromialgica come malattia invalidante.

Quindi, nel nostro impegno al Governo, prevediamo tre punti molto precisi. Il primo è adottare iniziative di competenza volte a prevedere l'inserimento, tra le nuove patologie, della sindrome fibromialgica all'interno dei LEA, che, come tutti sanno, sono i livelli essenziali di assistenza e a riconoscerla, se necessario, anche attraverso una norma primaria, come malattia invalidante, garantendo ai malati affetti da tale patologia l'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie.

Il secondo punto è volto a individuare, attraverso gli opportuni provvedimenti, centri nazionali di ricerca per lo studio della sindrome fibromialgica, per la definizione dei relativi protocolli terapeutici e dei più idonei presidi farmacologici - convenzionali e non convenzionali - e riabilitativi, nonché per la rilevazione statistica dei soggetti affetti dalla predetta patologia.

Concludendo, il terzo punto è volto a istituire, presso il Ministero della Salute, il registro nazionale della sindrome fibromialgica, al fine di provvedere alla raccolta e all'analisi dei dati clinici riferiti a tale malattia, con l'intento di stabilire appropriate strategie di intervento, di monitorare l'andamento e la ricorrenza della patologia, nonché di rilevare le problematiche ad essa connesse e le eventuali complicanze.

PRESIDENTE. Saluto le professoresse e i professori dell'Istituto comprensivo “Pietro Marocco” di Arsiero, in provincia di Vicenza, che accompagnano studentesse e studenti che oggi sono presenti alla Camera dei deputati e assistono ai nostri lavori dalle tribune, in una seduta che non si segnala per il suo affollamento, ma per la discussione generale sulle mozioni, che, come vi hanno spiegato, sono atti d'indirizzo politico con cui il Parlamento impegna il Governo a tenere un comportamento su una determinata materia. La materia che discutiamo oggi è questa malattia, la fibromialgia, che voi forse conoscete perché riguardò anche Lady Gaga, facendole annullare diversi concerti. Ci stiamo occupando di questo e i deputati chiedono al Governo di prendere iniziative attraverso questi atti, che sono le mozioni.

È iscritta a parlare la deputata Irene Manzi, che illustrerà anche la mozione n. 1-00242, di cui è cofirmataria.

IRENE MANZI (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente, la ringrazio anche per aver spiegato, giustamente, il funzionamento delle giornate di discussione generale in quest'Aula. Saluto il Sottosegretario. Il collega Giachetti ha già individuato alcuni degli aspetti più essenziali che riguardano la sindrome fibromialgica. Penso che sia molto importante che se ne parli e se ne discuta in quest'Aula e, soprattutto, che si assumano impegni precisi rivolti al Governo per dare pieno riconoscimento e riconoscibilità a una malattia neurologica, ormai riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità con la dichiarazione di Copenaghen, che ha effetti invalidanti molto pesanti per quanti vi soffrono.

Gli studi recenti informano che questa patologia colpisce, in Italia, circa 2-3 milioni di persone, quasi il 3-4 per cento dell'intera popolazione del nostro Paese e, in particolare, 6 volte su 7, si tratta di giovani donne. Come il collega ha ricordato, è una sindrome particolarmente dolorosa, cronica, da sensibilizzazione centrale, che si manifesta con un dolore muscolo-scheletrico diffuso, con aree particolarmente dolorose, con numerosi sintomi che si manifestano insieme - non uno soltanto - e questo produce, ovviamente, una forte limitazione delle capacità della persona che purtroppo ne soffre di eseguire le normali e quotidiane attività nel mondo del lavoro, nella vita quotidiana, nelle relazioni sociali. Il fatto che ne soffrano anche personaggi noti dà la possibilità di parlarne e di sensibilizzare maggiormente - questo è importante, ovviamente - l'opinione pubblica.

Questa sindrome, oltre ai sintomi più strettamente connessi che sono stati ricordati, si abbina anche a ulteriori effetti, come lo stress, l'ansia, la depressione, che molto spesso sono connessi a questa patologia, oltre ad altre malattie autoimmuni. Questo ci induce a riflettere e a discutere sulle soluzioni e sulle misure che invitiamo il Governo ad adottare in questo senso - il Governo e non solo, in una strategia davvero multilivello, in questo caso -, per far sì che si prenda consapevolezza delle conseguenze che produce questa condizione grave, che colpisce, come abbiamo ricordato, un elevato numero di persone.

Innanzitutto, è necessario un riconoscimento come malattia invalidante a tutti gli effetti, proprio perché la subdola eterogeneità dei sintomi che ho ricordato poco fa della fibromialgia comporta che le persone che ne sono affette non riescano a ricevere, in tempi ragionevoli, le cure adeguate e necessarie.

Oltre a questo, il mancato riconoscimento della causa del dolore e delle conseguenze che esso produce su chi ne soffre, oltre agli effetti legati all'ansia e allo stress, è in grado di produrre anche isolamento e sofferenza ulteriore.

Oggi non esiste una cura specifica per la fibromialgia: ci sono trattamenti multidisciplinari a lungo termine e farmacologici in questo senso, sono stati anche poco fa ricordati.

Per affrontare la caratteristica principale della fibromialgia, ovvero un dolore cronico e spesso acuto, è necessario che le persone che ne soffrono abbiano il pieno diritto di essere incluse nella categoria di coloro che necessitano della terapia del dolore e che, quindi, possano beneficiare dei relativi livelli essenziali di assistenza. Questo ci viene ricordato da una norma importante, il principio di cui all'articolo 32 della Costituzione che sancisce, come ben sappiamo e come ricordiamo spesso in quest'Aula, il diritto alla salute e che impone un dovere in capo allo Stato, quello di riconoscere a chi soffre di fibromialgia le cure, le spese mediche e gli esami diagnostici necessari, come ovviamente accade poi per le altre malattie invalidanti. Quindi, come la mozione presentata anche dal gruppo parlamentare Partito Democratico individua, sono necessari interventi di attenuazione del dolore, in primo luogo, che garantiscano al paziente di poter vivere in modo più autonomo e di avere un miglioramento più generale della propria qualità della vita.

Nonostante, come abbiamo ricordato, nel 1992 sia stata inserita dall'Organizzazione mondiale della sanità nella classificazione internazionale delle malattie, oggi, nel nostro Paese - non in tutti i Paesi europei - mancano dei parametri, dei protocolli specifici che consentano di riconoscere a questa malattia invalidante tutti i supporti e tutte le azioni che lo Stato potrebbe garantire.

Proprio per questo, vengo agli impegni che la nostra mozione individua. Si tratta di 3 impegni in più rispetto a quella che è stata illustrata in precedenza. Impegniamo, in primo luogo, il Governo ad adottare le iniziative di competenza per inserire all'interno dei LEA la sindrome fibromialgica e soprattutto per riconoscerla come malattia invalidante, riconoscendo ai malati che sono affetti da tale patologia l'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le prestazioni sanitarie correlate. Oltre a questo, richiediamo di promuovere la conoscenza - è molto importante anche per una sua più efficace riconoscibilità immediata - della fibromialgia attraverso la promozione e la conduzione anche di studi clinici che ne analizzino l'aspetto epidemiologico, diagnostico e di cura, oltre all'impatto sociale e lavorativo. Chiediamo di promuovere accordi, peraltro, con le associazioni imprenditoriali per favorire l'accesso e il mantenimento al lavoro delle persone che sono affette da fibromialgia, di promuovere, coinvolgendo in questo senso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, appositi ambulatori specialistici che siano idonei alla diagnosi e alla cura della fibromialgia e, soprattutto, siano in grado di assicurare una presa in carico multidisciplinare idonea a interagire con le diverse sedi specialistiche, per assicurare ai pazienti che siano garantite tutte quelle cure che consentano di mantenere un sufficiente grado di autonomia e soprattutto di vita indipendente. Infine, impegniamo il Governo ad istituire presso il Ministero della Salute il Registro nazionale della sindrome fibromialgica, proprio per raccogliere - tra l'altro, questo è importante anche per un'attività di prevenzione e di diagnostica - i dati clinici che sono riferiti a tale malattia e per collaborare - questo è fondamentale, viste le competenze specifiche delle regioni in questa materia - con le regioni e le associazioni regionali impegnate a tutelare i cittadini affetti da fibromialgia alla promozione delle campagne di informazione e di sensibilizzazione su tutte le problematiche che abbiamo ricordato quest'oggi che sono relative alla fibromialgia. È un tema questo su cui torneremo a discutere, poi, in sede di voto delle singole mozioni ma pensiamo che sia molto importante che lo si affronti e che anche le istituzioni pubbliche se ne facciano carico. Su questo sono state presentate - devo dire e va ricordato - numerose proposte di legge sia alla Camera sia al Senato e questa mozione potrebbe davvero rappresentare un primo atto iniziale proprio per poter proseguire, poi, con una discussione più ampia e complessiva sulle disposizioni di legge, al fine di riconoscere a coloro che sono affetti da una malattia così dolorosa e invalidante il supporto, la vicinanza e i migliori strumenti da parte dello Stato e di garantire loro una vita serena e sicura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Gilda Sportiello, che illustrerà anche la mozione n. 1-00243, di cui è cofirmataria.

GILDA SPORTIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Immaginate di stare seduti in quest'Aula e di non riuscire a essere concentrati sui lavori e a essere tranquilli perché c'è nel frattempo un dolore lancinante che colpisce qualche parte del vostro corpo, perché vi danno fastidio le luci, i rumori, perché diventa insopportabile stare qui dentro. Questa è la condizione che vivono tantissime persone nel nostro Paese. Allora vi chiedo: voi riuscireste a lavorare in queste condizioni? Voi riuscireste a lavorare col vostro corpo che vi dà letteralmente il tormento? Probabilmente no. La fibromialgia è una malattia invalidante. Purtroppo, nonostante siano passati molti anni da quando, nel 1992, l'OMS ha riconosciuto la fibromialgia - ci si augurava che tutti gli Stati ne prendessero atto e adeguassero le normative nazionali per garantire il diritto alla salute a tutti i pazienti affetti da fibromialgia - registriamo una mancanza o un ritardo nel nostro Paese che non è più sopportabile. Nonostante ci siano circa 2-3 milioni di persone affette da questa sindrome nel nostro Paese e nonostante stiamo parlando di una percentuale alta e in costante crescita - il punto è questo, che è in costante crescita - ci ritroviamo di fronte a un buco tale per cui chi oggi è affetto da fibromialgia nel nostro Paese e se la vede diagnosticare - abbiamo anche un problema di diagnosi su cui tornerò più tardi - vive la propria vita in preda a tutti i disturbi che questa sindrome dà e a tutti gli ostacoli burocratici e pratici che ritrova, quando, avuta finalmente la diagnosi, vorrebbe potersi curare.

Il primo ostacolo è di ordine economico perché, non essendo riconosciuta la fibromialgia come malattia invalidante nel nostro Paese, la persona che soffre di questa sindrome non può ottenere l'esenzione per i farmaci necessari per poter alleviare i dolori, necessari per poter continuare a lavorare, per poter portare il proprio figlio al parco e prenderlo in braccio senza essere costretto ad essere concentrato più sul dolore che sta provando in quel momento che sulla felicità di quell'attimo. Ebbene, i farmaci sono a carico dei pazienti, farmaci che, oltretutto, sono spesso costosi, e le terapie, anch'esse costose, sono a carico dei pazienti e assistiamo a una normativa completamente frammentata in tutto il Paese per cui, se si vive in una regione che ha adottato le linee guida e che ha riconosciuto la fibromialgia, sono riconosciute le prestazioni sanitarie e tutto quello che consegue mentre, se si abita in altre regioni, ce se la dovrà cavare esclusivamente da soli. Mi chiedo come lo si possa fare, nel momento in cui si è costretti a sostenere spese economiche così alte ma, nel contempo, non si riesce a lavorare perché la malattia lo impedisce. È un cane che si morde la coda, un problema a cui dobbiamo dare risposta noi altrimenti, se non rispondiamo ad appelli così importanti, a urgenze e a diritti, non vedo veramente a cosa dovremmo dare priorità. Perché parlo dell'ostacolo economico? Perché sono tantissime le persone che, a causa di questa sindrome, a causa della fibromialgia smettono di lavorare. Una su tre dichiara di non poter lavorare e purtroppo continua a farlo con grandissima fatica perché non può essere esentata dal lavoro, non può vedersi riconosciuta la sua sindrome. Non può essere diagnosticata, spesso, perché c'è bisogno ancora di moltissima formazione. Una persona che soffre di fibromialgia a volte riesce ad ottenere la diagnosi dopo un calvario che dura decenni. Immaginate com'è la vita di questa persona, nel frattempo: lamenta agli altri i dolori insopportabili, brucianti e lancinanti che prova ma non è, a volte, neanche creduta, perché non c'è una diagnosi che, nero su bianco, definisca quella patologia come una vera patologia di cui soffre.

Oltre l'ostacolo economico, ci sono poi tutte le ripercussioni di tipo sociale e relazionale. Immaginate anche l'isolamento che deriva dal fatto di non essere creduto, magari di essere identificato come un malato immaginario quando, in realtà, quotidianamente si porta un'enorme sofferenza sulle spalle e questi decenni di diagnosi sono ancora un peso troppo grande da sopportare.

Non possiamo permettere che, nonostante - ripeto - dal 1992 l'OMS abbia riconosciuto la fibromialgia e l'abbia inserita nei manuali, ancora oggi, a distanza di tutto questo tempo, si faccia una fatica così grande e incredibile in termini di tempo e di sofferenze delle persone per poter diagnosticare la fibromialgia. La ripercussione è anche nell'ambito di un peggioramento della qualità della vita, perché addirittura ci sono studi ed evidenze scientifiche che ci parlano di una maggiore frequenza dell'ideazione suicidaria in chi soffre di fibromialgia.

Allora, noi oggi, con questa mozione, vogliamo chiedere impegni al Governo e il primo tra tutti, l'impegno imprescindibile, che non può più attendere, è quello di adottare tutte le iniziative per poter dare una tutela sanitaria adeguata ai soggetti affetti da sindrome fibromialgica. Il primo passo qual è? È quello di inserirla nei LEA, nei livelli essenziali di assistenza. In questi anni, abbiamo assistito all'inserimento nei livelli essenziali di assistenza di diverse patologie e qui devo necessariamente fare una precisazione, perché quando si inserisce nei LEA una nuova patologia bisogna assicurarsi che ci siano adeguati fondi per poter poi rendere quel livello essenziale di assistenza esigibile in tutto il nostro Paese, perché, purtroppo, a oggi, siamo nella condizione in cui ancora non sono esigibili tutti i livelli essenziali di assistenza e viviamo una situazione in cui ci sono moltissime regioni d'Italia in cui i LEA, i livelli essenziali di assistenza, non sono adeguati e non sono garantiti.

Vi lancio questo spunto anche come oggetto di riflessione, perché poi si parla di autonomia differenziata con una leggerezza tale per cui si fa finta di non vedere che neanche definendo i livelli essenziali di assistenza si garantiscono i diritti. Dunque, vi lancio questo spunto di riflessione, cara maggioranza, proprio per farvi tornare sui vostri passi. Garantire livelli essenziali di assistenza o delle prestazioni non significa garantire diritti e qui lo vediamo chiaramente con i livelli essenziali di assistenza in sanità, e lo sanno bene i pazienti che si recano in altre regioni per poter ricorrere alle cure.

Una volta inserita la fibromialgia all'interno dei LEA, con le garantite risorse ovviamente, bisogna garantire anche l'accesso a percorsi di assistenza finalizzati alla diagnosi, alla cura e alla riabilitazione e bisogna assolutamente garantire i gradi di invalidità. Bisogna definirli, perché bisogna definire i gradi di invalidità che derivano dalla malattia nei differenti stadi di severità per dare il diritto all'esenzione a chi soffre di fibromialgia.

Il secondo impegno che vi chiediamo è quello di promuovere la prevenzione della sindrome fibromialgica, di incentivare e di coordinare i centri nazionali di ricerca per lo studio della fibromialgia - un elenco che è già in possesso del Ministero della Salute dal 2022 - per la definizione dei relativi protocolli terapeutici, dei presidi farmacologici, convenzionali e non convenzionali, e dei presidi riabilitativi idonei, nonché per la rilevazione statistica dei soggetti affetti dalla fibromialgia. Vi chiediamo, inoltre, di modulare il modello organizzativo del Registro nazionale della fibromialgia per la raccolta e l'analisi dei dati clinici, prevedendo il coinvolgimento delle associazioni nazionali dei pazienti, quelle la cui maggioranza di associati è costituita da pazienti, e questo proprio allo scopo di mantenere aggiornati i dati epidemiologici necessari a definire l'incidenza della fibromialgia in Italia, e ci accorgeremo di quanto questa incidenza sia sempre in maggiore crescita.

Vi chiediamo, inoltre, di predisporre corsi di formazione e di diffondere la conoscenza della sindrome fibromialgica attraverso la promozione e la conduzione di studi clinici, di riconoscere l'associazionismo specifico, che è una componente essenziale del sistema di tutela garantito ai fibromialgici; di promuovere bandi annuali di ricerca finalizzati a identificare le basi patogenetiche della malattia, per favorirne la prevenzione e per pervenire a diagnosi precoci e oggettive della malattia; di istituire una commissione permanente presso il Ministero della Salute che fornisca una relazione di aggiornamento sulle conoscenze e sulle nuove acquisizioni.

Inoltre, vi chiediamo, - e questo punto è importante, perché abbiamo parlato di lavoro e abbiamo detto di quanto il diritto al lavoro non sia garantito nel caso di persone che soffrono di fibromialgia - di adottare iniziative volte a stipulare accordi con le associazioni imprenditoriali proprio per favorire l'accesso e il mantenimento al lavoro delle persone affette da fibromialgia, all'attività telelavorativa nelle forme del lavoro a distanza e del telelavoro domiciliare e l'applicazione di accomodamenti ragionevoli presso la sede di lavoro. Vi abbiamo chiesto, solo qualche giorno fa, in quest'Aula, di prorogare lo smart working per le persone con disabilità, ma, vedete, chi soffre di fibromialgia necessiterebbe di uno strumento simile e di questo strumento.

Vi chiediamo, poi, di promuovere periodiche campagne di formazione e di sensibilizzazione, perché è importante diffondere maggiore conoscenza dei sintomi della malattia e promuovere il ricorso al medico di medicina generale, nonché ai centri nazionali e agli ambulatori specialistici e questo proprio per favorire una diagnosi precoce e corretta.

Io chiedo che questi impegni che noi proponiamo e che altri hanno proposto - poi affronteremo i singoli impegni, durante la discussione - a questo Governo non rimangano carta straccia e non rimangano parole su carta, ma che questi impegni abbiano le risorse adeguate e incontrino il parere favorevole del Ministero e del Governo, perché le persone che sono affette da fibromialgia non possono più aspettare. Dei tempi vi ho raccontato: le diagnosi sono lunghissime, le sofferenze indicibili, le ripercussioni sulla qualità della vita in diversi aspetti sono veramente tante.

Allora, vi chiedo di prendere i nostri impegni, di farne impegni concreti e di migliorare la qualità della vita di chi ha bisogno di tutele da un punto di vista sanitario e per tutti gli aspetti della vita quotidiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisabetta Christiana Lancellotta. Ne ha facoltà.

ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA (FDI). Grazie, Presidente. Signor Sottosegretario, colleghi, oggi l'Assemblea è impegnata a discutere di un tema particolarmente delicato, che merita il massimo impegno da parte di tutte le istituzioni. Per tanti ancora non è una malattia conosciuta, eppure la fibromialgia è una patologia reumatica non infiammatoria che colpisce oltre 2 milioni di persone, in Italia. Tocca più spesso donne in età adulta, che ogni giorno fanno i conti con dolori muscolari diffusi, spesso in associazione ad altri sintomi, quali affaticamento, disturbi del sonno, deficit di memoria e concentrazione, determinando una difficile qualità della vita in molti pazienti, in quanto il dolore cronico limita l'attività fisica, la vita sociale e lo stato di benessere complessivo. Le cause esatte dell'insorgenza della fibromialgia non sono note, ma l'ipotesi è che multipli fattori genetici e ambientali possano concorrere allo sviluppo della malattia.

A causa dei numerosi sintomi e delle limitazioni funzionali che determina, la fibromialgia è considerata una delle sindromi dolorose croniche a cui è più difficile adattarsi e, infatti, rispetto a pazienti con altre sindromi dolorose croniche, quelli affetti da fibromialgia sembrano mostrare una peggiore qualità di vita e una maggiore disabilità. Oltre al grave impatto sull'umore, la fibromialgia determina altresì gravi ripercussioni anche in ambito relazionale e sociale. Il mancato riconoscimento della causa del dolore e delle conseguenze che questo provoca nella persona sono i principali motivi di isolamento e sono causa di ulteriore sofferenza.

La fibromialgia ha altresì un notevole impatto anche in ambito lavorativo. Purtroppo, tra il 35 e il 50 per cento dei pazienti con fibromialgia non lavora e una persona su tre ritiene di non poter lavorare a causa della sintomatologia e delle limitazioni che essa determina. Tutto ciò porta a gravi difficoltà economiche, che impattano anche sulle possibilità di cura, e comporta altresì conseguenze negative sull'autostima.

Dal punto di vista diagnostico, non esistono, a tutt'oggi, esami specifici o marcatori per l'individuazione della sindrome fibromialgica, né terapie risolutive di provata efficacia sul controllo del dolore e dei tanti sintomi collaterali, e i pazienti richiedono trattamenti multidisciplinari e farmacologici.

Alcuni pazienti, addirittura, giungono a una diagnosi anche dopo decine di anni di visite specialistiche e un lungo e costoso calvario diagnostico.

La difficoltà nel formulare una diagnosi dà spesso origine a un percorso nosocomiale che si protrae per anni, un costoso calvario caratterizzato dalla sofferenza e contraddistinto da una crescente disabilità.

Da tempo, il tema è attenzionato dalle istituzioni ed è stato oggetto di numerose segnalazioni e atti parlamentari, come la proposta di legge dei colleghi Deidda e Silvestroni, al Senato, volti a chiedere una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e l'inserimento della sindrome fibromialgica tra le patologie soggette a specifica tutela.

In particolare, le richieste riguardano l'inserimento della fibromialgia tra le malattie croniche invalidanti che danno diritto all'esenzione della spesa sanitaria per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale necessarie al monitoraggio della malattia e alla prevenzione degli aggravamenti e delle complicazioni.

A livello internazionale, già nel 1992, l'OMS, l'Organizzazione mondiale della sanità, ha riconosciuto l'esistenza della fibromialgia, e il 24 gennaio 2007 ha definitivamente classificato la fibromialgia con il codice M79.7 nel Capitolo XIII “Malattie del sistema muscolare connettivo”.

Nella dichiarazione del 13 gennaio 2009, il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri a mettere a punto una strategia comunitaria per la fibromialgia in modo da riconoscere questa sindrome come una malattia, a contribuire ad aumentare la consapevolezza della malattia, a favorire l'accesso degli operatori sanitari e dei pazienti alle informazioni, sostenendo campagne di sensibilizzazione a livello nazionale, a incoraggiare e a migliorare l'accesso alla diagnosi e ai trattamenti, a promuovere lo sviluppo di programmi per la raccolta di dati sulla fibromialgia.

A livello nazionale, c'è ancora molto da fare. In particolare, pur essendo assente nel nomenclatore del Ministero della Salute, la fibromialgia è prevista come diagnosi nei tabulati di dimissione ospedaliera e il riconoscimento di tale patologia risulta disomogeneo sul territorio nazionale. Solo per fare alcuni esempi, le province autonome di Trento e di Bolzano l'hanno riconosciuta, permettendo ai malati di godere di una relativa esenzione dalle spese sanitarie ed avere maggiore riconoscimento in sede di determinazione di invalidità civile. La regione Veneto l'ha riconosciuta nel nuovo piano sociosanitario regionale come malattia ad elevato impatto sociale e sanitario.

La regione Emilia-Romagna ha emanato linee di indirizzo per diagnosi e trattamento della fibromialgia e la regione Sardegna ha approvato una legge regionale per garantire diagnosi e cure ai pazienti, istituendo anche il registro regionale della fibromialgia per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali, e disponendo l'individuazione, tra i presidi sanitari già esistenti di reumatologia e immunologia, di almeno due centri di riferimento regionali pubblici, mentre la regione Toscana ha approvato la costituzione di un tavolo tecnico di confronto. Risulta, dunque, mancare un quadro di riferimento nazionale, con conseguente disparità di trattamento dei pazienti affetti da fibromialgia a seconda del territorio di residenza.

Il primo passo da fare per colmare questo vulnus è, quindi, riconoscere la fibromialgia come malattia cronica e invalidante, proseguendo nel percorso intrapreso e volto a perfezionare l'iter delineato con la legge n. 208 del 2015, in coerenza con i principi di rilevanza costituzionale sottesi all'aggiornamento dei LEA, i livelli essenziali di assistenza, tra i quali la tutela della salute, il rispetto degli equilibri di finanza pubblica, la leale collaborazione e il contenimento della spesa.

È importante, inoltre, istituire un registro nazionale della fibromialgia per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali riferiti alla fibromialgia con l'intento di stabilire appropriate strategie di intervento, di monitorare l'andamento e la ricorrenza della patologia, nonché di rilevare le problematiche ad essa connesse e le eventuali complicanze, così come istituire un tavolo tecnico per definire un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale fibromialgico, con l'attivazione di un percorso dedicato ai pazienti con dolore.

Attraverso tale strumento, si vogliono ridurre i pazienti che ricorrono, in maniera inappropriata, al pronto soccorso e, quindi, impegnano tutti i servizi della rete di emergenza/urgenza.

Come ogni aspetto della sanità, non possiamo non evidenziare l'importanza del know-how dei professionisti, lavorando a una specifica formazione e aggiornamento dei professionisti coinvolti nel percorso assistenziale. Chiediamo, inoltre, un impegno da parte di tutte le istituzioni per diffondere una maggiore conoscenza dei sintomi della malattia e promuovere il ricorso del medico di base al fine di favorire una diagnosi precoce e corretta.

L'importanza di una diagnosi precoce, la necessità di una stretta collaborazione tra medici di medicina generale e specialisti e, soprattutto, far sentire la persona al centro del percorso di cura: va in questa direzione l'impegno che noi di Fratelli d'Italia chiediamo alle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Chiede di intervenire, prego.  

MARCELLO GEMMATO, Sottosegretario di Stato per la Salute. Sì, grazie, Presidente, giusto per ringraziare i parlamentari per il livello del dibattito nell'esplicare le varie mozioni, che ricordo a me stesso essere un atto di indirizzo al Governo.

Registro che, sul tema della fibromialgia, e, quindi, l'approccio alla cura dei pazienti fibromialgici, vi è un idem sentire di questo Parlamento, atteso che vi sono proposte di legge incardinate pressoché da tutti quanti i parlamentari dei vari schieramenti politici, ma anche le mozioni testimoniano un'attenzione particolare rispetto all'approccio, alla presa in carico e alla cura di questo tipo di patologia.

Rilevo la difficoltà, che un po' è emersa nel dibattito, che risiede nell'identificazione e, quindi, nella diagnosi della patologia, la sostenibilità, economica ovviamente, del tutto, ma esprimo, a margine di questo dibattito, un indirizzo del Governo ad approcciare il tema. Evidentemente, è un tema di difficile risoluzione nella misura in cui chi ci ha preceduto ovviamente non è riuscito a mettere un punto a questa situazione, quindi, lo voglio ricordare per amore di verità, ma, evidentemente, senza polemica alcuna.

Approcciare patologie difficili come questa è nei fatti… ascoltavo con estremo interesse l'intervento della collega Sportiello, peraltro intervento sempre puntuale e condivisibile, ricordando però che lo stesso MoVimento, nella passata legislatura, ha avuto un Ministro e un Vice Ministro a presidio del Ministero della Salute, e immagino che, se non si è riusciti a giungere a una soluzione, è perché questa soluzione non è così semplice da raggiungere. Lo voglio dire per amore di verità e senza polemica alcuna.

Ricordo e sottolineo, soprattutto nell'Aula dove si fanno le leggi, che vi è una particolare attenzione da parte del Ministero, del Ministro Schillaci e del sottoscritto per tutto ciò che riguarda le patologie emergenti.

La fibromialgia è una patologia emergente, ancorché diagnosticata in più occasioni, che colpisce, come ricordato, soprattutto le donne. Come tutte le patologie emergenti ha bisogno di essere inquadrata, ha bisogno di essere resa sostenibile dal punto di vista economico in un sistema sanitario nazionale pubblico - che noi strenuamente difendiamo come tale - nel quale il tema della sostenibilità non è accessorio.

La popolazione italiana invecchia, andiamo incontro a un forte invecchiamento della popolazione e questo è un dato in sé positivo: siamo ai primissimi posti al mondo per anzianità, probabilmente secondi soltanto al Giappone. Questa condizione, che in sé è favorevole, pone insieme, parallelamente, un altro tema che appunto è quello della sostenibilità, cioè riuscire a curare bene tutti gli italiani e, soprattutto, farli arrivare a vivere sempre più a lungo senza patologie conclamate. Per fare questo vi è bisogno di un forte investimento in prevenzione, cosa che questo Governo sta facendo. Voglio ricordare soltanto un dato: oggi, fatto 100 il Fondo per il Servizio sanitario nazionale - in realtà, sono 134 miliardi - a spanne il 5 per cento viene investito per la prevenzione e il 95 per cento per la cura. Dovremmo invertire queste proporzioni per fare in modo, da un lato, che gli italiani non si ammalino, così da curarli meglio, in ossequio a quanto previsto dall'articolo 32 della nostra Costituzione, ma, dall'altro lato, come effetto collaterale indotto e diretto, per fare in modo di ridurre la spesa a carico del sistema sanitario. Infatti, una patologia diagnosticata per tempo non si conclama, si fanno vivere meglio gli italiani e non si produce un effetto negativo sulle casse dello Stato, rendendo così il nostro sistema sanitario nazionale pubblico, che noi dobbiamo difendere, sostenibile.

PRESIDENTE. Saluto e ringrazio studentesse, studenti e docenti dell'Istituto comprensivo “Perugia 15”, di Perugia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Oggi assistono ai lavori in una giornata dedicata alle discussioni generali, quindi non particolarmente effervescente.

Discussione della proposta di legge: Rizzetto ed altri: “Modifica all'articolo 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92, concernente l'introduzione delle conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica” (A.C. 630-A​) e dell'abbinata proposta di legge: Barzotti ed altri (A.C. 373​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 630-A: “Modifica all'articolo 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92, concernente l'introduzione delle conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica” e dell'abbinata proposta di legge n. 373.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 630-A​ e abbinata)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Gerolamo Cangiano.

GEROLAMO CANGIANO , Relatore. Grazie, Presidente. Il provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea è volto a introdurre le conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito dell'educazione civica. Si tratta, come tutti sappiamo, di un argomento di scottante attualità, anche alla luce dei recenti fatti occorsi a Firenze.

Il testo che ci apprestiamo a esaminare è l'esito dell'esame abbinato di due proposte di legge, entrambe di iniziativa parlamentare, l'una a firma Rizzetto e l'altra a firma Barzotti, svoltosi nel corso dell'intera durata del 2023 in Commissione cultura. Le due proposte di legge, inizialmente, nel loro testo originario si ponevano, per la verità, un obiettivo parzialmente diverso da quello che esaminiamo oggi. Esse erano volte, cioè, a introdurre nelle scuole secondarie un vero e proprio nuovo insegnamento in merito alla materia del diritto del lavoro e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Dopo l'incardinamento delle due proposte di legge abbinate, nel gennaio 2023, la Commissione di merito ha deliberato di svolgere un ampio e articolato ciclo di audizioni in materia. Esso si è svolto nel periodo ricompreso tra la metà di febbraio e l'inizio di luglio dello scorso anno. Tra i numerosi e significativi soggetti auditi si segnalano il CNEL, l'INAIL e due esponenti del Governo in carica, il Sottosegretario Frassinetti e il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali Calderone.

All'esito di tale attività conoscitiva, la Commissione ha deliberato di adottare come testo base per il seguito dell'esame del provvedimento la proposta di legge a prima firma dell'onorevole Rizzetto e ha fissato il termine per la presentazione delle proposte emendative.

Nel corso della fase emendativa, anche in ragione degli elementi conoscitivi emersi nel corso delle audizioni svolte, la Commissione ha deciso di modificare in modo sostanziale questo testo base, rinunciando all'obiettivo iniziale delle due proposte di legge prima citato, che risultava ambizioso ma difficilmente raggiungibile, in favore di un approccio più programmatico e realistico. Invece di introdurre un nuovo insegnamento nelle scuole di secondo grado, si è cioè ritenuto più praticabile inserire l'argomento della sicurezza dei luoghi di lavoro tra le tematiche da trattare nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica, insegnamento trasversale già previsto nel primo e nel secondo ciclo di istruzione ai sensi della legge n. 92 del 2019.

Il testo del provvedimento, così modificato, è stato quindi inviato alle Commissioni coinvolte in sede consultiva, le Commissioni affari costituzionali, lavoro e affari sociali, che si sono tutte espresse in senso favorevole. Anche la Commissione bilancio si è espressa in senso favorevole alla proposta di legge in esame, includendo nel proprio parere una condizione che è stata recepita dalla Commissione di merito nella seduta del 5 dicembre 2023.

Venendo quindi al contenuto del provvedimento, esso si configura come assai snello e di semplice lettura. L'articolo 1 enuncia le finalità e l'oggetto dell'intervento che sono quelli di garantire la diffusione nelle istituzioni scolastiche delle conoscenze di base in materia di diritto del lavoro.

L'articolo 2 modifica il testo vigente dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 92 del 2019, introducendo le conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro tra le tematiche nell'ambito delle quali sono fissati gli obiettivi di apprendimento.

L'articolo 3, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria.

Nel concludere questo intervento, esprimo il mio più sentito auspicio che il provvedimento giunga il più rapidamente possibile all'approvazione dell'Assemblea e che possa riscontrare il più esteso consenso tra i gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

MARCELLO GEMMATO, Sottosegretario di Stato per la Salute. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in altro momento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Irene Manzi. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Proprio pochi giorni fa, quest'Aula, come lo stesso relatore ricordava, ha commemorato quanto avvenuto a Firenze lo scorso 16 febbraio, a seguito del crollo di un cantiere Esselunga. Sono deceduti cinque operai e tre sono rimasti feriti. I racconti che abbiamo ascoltato in quest'Aula, anche da parte dei colleghi che sono stati a visitare quel cantiere all'indomani della tragedia, sono drammatici.

Il nostro pensiero, anche in questa sede, anche nel momento in cui parliamo di una norma che vuole introdurre la cultura e i principi in materia di sicurezza del lavoro all'interno delle scuole, ci richiama alla vicinanza alle famiglie e ai feriti e alla necessità di una presa di coscienza di un fatto, cioè che non bastano le commemorazioni. Infatti, da quel 16 febbraio, ci sono state ulteriori morti sul lavoro che, purtroppo, hanno portato, a poco più di 50 giorni dall'inizio dell'anno, a oltre 180 morti sul lavoro, considerando anche coloro che sono deceduti nel tragitto dalla propria casa al luogo di lavoro. È una cifra terribile quella che risuona in quest'Aula proprio perché ci fa riflettere su un fatto, cioè che nel nostro Paese si registra un morto sul lavoro ogni otto ore e mezza.

Quindi, non è peregrino parlare di questo nel momento in cui si interviene in tema di istruzione, proprio perché nessuna norma, in realtà, anche se motivata dalle migliori intenzioni, potrà essere realmente efficace se non si interverrà a monte, per poter garantire effettivamente condizioni minime di sicurezza sul lavoro.

Le condizioni minime di sicurezza sul lavoro fanno riferimento a un intervento, come si è ricordato in quest'Aula in occasione della commemorazione, in materia di subappalti, in materia di sicurezza, in materia di controlli e di regole uniformi tra cantieri pubblici e cantieri privati. Poche ore fa, la Ministra Calderone, tra l'altro, ha aperto anche all'eliminazione di quanto consente l'interposizione illecita, quindi a intervenire in questo senso; bene, pensiamo che sia un provvedimento giusto - oggi, tra l'altro, ci sarà una riunione importante con le forze sindacali -, però pensiamo che sia necessario aprire un confronto ampio e largo su questo tema tra tutte le forze politiche, proprio perché, come ha ricordato il Presidente Mattarella, la sicurezza non è un costo e non è un lusso, soprattutto, ma è un dovere, a cui corrisponde un diritto inalienabile in capo a ogni persona, che richiede di applicare il contratto edile siglato, segnatamente dalle associazioni più rappresentative, anche agli appalti e ai subappalti privati, proprio per garantire parità economica e normativa a tutti i lavoratori e le lavoratrici.

Apriamo, quindi, un confronto ampio e largo in quest'Aula, mi auguro, su questo tema, che si lega strettamente a quello di cui oggi discutiamo in quest'Aula. Ciò proprio perché la scuola ha l'obbligo, l'impegno fondamentale di diffondere sempre più la consapevolezza dei diritti e dei doveri irrinunciabili della cittadinanza responsabile, che sono riconosciuti ai cittadini e alle cittadine. Ed è molto importante che gli studenti e le studentesse, sin dai primi gradi di istruzione, possano conoscere ed essere consapevoli dell'importanza e della centralità del tema della sicurezza sul lavoro. Ma a questo termine - la sicurezza - io ne aggiungerei altri due, che ritengo importanti e fondamentali: il tema della salute, in piena attuazione dei principi che, del resto, lo stesso decreto legislativo n. 81 del 2008 riconosce, e il tema della legalità. Senza il rispetto di quei principi fondamentali e delle norme che si legano a essi non può esserci, in effetti e in sostanza, alcun tipo di sicurezza. Proprio nel citare il decreto legislativo n. 81 del 2008, vale la pena ricordare, com'è avvenuto anche nel corso delle audizioni svolte in Commissione, quello che già oggi quel decreto legislativo, agli articoli 9 e 11, prevede in termini di attività formative e informative che il Ministero dell'Istruzione e l'INAIL sono chiamati a svolgere all'interno delle scuole per la diffusione della cultura della salute e della sicurezza.

Voglio ricordare anche i progetti che, in attuazione di tale normativa e anche nell'esplicazione dell'autonomia delle scuole sono stati realizzati da associazioni importanti. Ad esempio, l'ANMIL, i cui rappresentanti abbiamo audito in Commissione e penso, in particolare, al Progetto SILOS o alle attività dirette a favorire anche le testimonianze, all'interno delle scuole, di quanti hanno subito incidenti sul lavoro. Del resto, si tratta di elementi che abbiamo cercato di richiamare anche negli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione, che in parte sono stati recepiti e che ci auguriamo possano essere anche perfezionati nei loro contenuti, a cominciare proprio dal coinvolgimento in tutte le attività formative, nella definizione di quei principi, anche delle associazioni e delle parti sociali, delle associazioni sindacali più rappresentative e degli enti bilaterali che si occupano di sicurezza. È importante che tutte le realtà che si occupano di lavoro e che operano nel mondo del lavoro possano effettivamente essere coinvolte e dare il loro contributo in tal senso.

Com'è stato ricordato, il testo introduce l'insegnamento della sicurezza e dei principi in materia di sicurezza sul lavoro all'interno della legge n. 92 del 2019, dedicata all'educazione civica. C'è da ricordare, proprio per testimoniare che non siamo in realtà all'anno zero, che la norma sicuramente individua un focus specifico, ma non tutto nasce in questo momento: all'interno delle linee guida dell'educazione civica già oggi sono previsti elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo, tra l'altro, proprio al diritto del lavoro, e individuano come obiettivo del percorso formativo dello studente l'essere consapevole del valore e delle regole della vita democratica, anche attraverso l'approfondimento degli elementi fondamentali del diritto che lo regolano proprio con riferimento al mondo del lavoro. Del resto, lo ricorda lo stesso articolo 4 di quella legge, che prevede appunto che possano essere promosse attività per sostenere l'avvicinamento responsabile e consapevole degli studenti al mondo del lavoro. Sono, questi, principi che si collegano a quel lavoro sull'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione che già i Governi di centrosinistra, prima ancora dell'approvazione della legge del 2019, avevano promosso, potenziato e rafforzato. La normativa che oggi arriva in quest'Aula magari crea un focus più specifico e più particolareggiato, anche se lo fa, come sempre, a invarianza finanziaria, cosa che spesso non aiuta ad attuare i progetti e i processi nel modo migliore e più efficace e a sostenere gli insegnanti nel lavoro di formazione legato all'educazione civica.

Siamo consapevoli del fatto che il tema della sicurezza sul lavoro porta con sé una piena consapevolezza di un grande tema culturale, in particolar modo, che ha a che vedere con la prevenzione del rischio, con la costruzione di un equilibrio avanzato, che consenta agli studenti e alle studentesse, ai lavoratori e alle lavoratrici di non sottovalutare i pericoli o le minacce che mettono a rischio la vita delle persone e la sicurezza stessa del lavoro che essi compiono. Questo è molto importante, soprattutto se si è giovani, e, quindi, più forte deve essere l'attività formativa che deve creare una più piena consapevolezza in questo senso. Questi erano, del resto, i princìpi che guidavano anche ciò che già la legge n. 107 del 2015 prevedeva in termini di, allora, alternanza scuola-lavoro, oggi PCTO, e che già realizza quelle attività di formazione alla sicurezza che devono essere preliminari, in questo senso, alla sicurezza nei luoghi del lavoro e che devono essere promosse in favore degli studenti e delle studentesse che vi prendono parte. Questo ha trovato un riconoscimento importante nel protocollo d'intesa siglato nel 2022 dagli allora Ministri Bianchi e Orlando, dall'INAIL e dall'Ispettorato nazionale del lavoro proprio per supportare i dirigenti scolastici, i docenti e gli studenti nella consapevolezza del rischio, attraverso interventi formativi e informativi; interventi che sono fondamentali durante il percorso scolastico, ma ancor più in quei percorsi denominati PCTO, che debbono essere ispirati, come obiettivo, non da un'ossessione professionalizzante, come spesso, in realtà, riscontriamo in tanti interventi, ma da un'azione formativa essenziale e fondamentale. Il percorso educativo deve svolgersi - e questo è un grido forte che penso dobbiamo ripetere in quest'Aula - sempre e costantemente in sicurezza; debbono essere esperienze di apprendimento e orientamento osservativo e non possono in alcun modo essere assimilate al lavoro; sono momenti in cui gli studenti sono chiamati a sperimentare attività, a sperimentare didattica, a sperimentare un rapporto della scuola con la società, con il mondo esterno, favorendo lo sviluppo di competenze trasversali da far emergere all'interno del proprio processo educativo e debbono svolgersi in ambienti sicuri e protetti ed essere coerenti, tra l'altro, con il percorso scolastico che gli studenti compiono. Questo deve essere l'obiettivo fondamentale per perfezionare sempre più questo strumento che ci dobbiamo dare e che dobbiamo tra l'altro realizzare nel modo più condiviso e ambizioso possibile, con le associazioni, le forze sindacali, produttive e professionali. Ed è un lavoro lungo, ma necessario, e stiamo parlando proprio di sicurezza. Pretendiamo, con questa legge, sicurezza, consapevolezza, azioni educative e, ovviamente, anche risorse per portarle avanti.

Proprio perché parliamo anche di sicurezza e di principi e diritti fondamentali che la nostra Costituzione afferma, colleghi, non è possibile per me non ricordare quanto avvenuto a Pisa pochi giorni fa, non è possibile perché si parla di diritti costituzionali fondamentali: del diritto a manifestare da parte degli studenti e, soprattutto, della sicurezza a manifestare in modo civile e democratico. Quella violenza cui abbiamo assistito, dalle immagini televisive, contro gli studenti per noi non è, in alcun modo, giustificabile. Sono immagini su cui penso quest'Aula dovrebbe riflettere e, soprattutto, trovare un modo per confrontarsi in maniera civile e democratica, perché, come la discussione di questa mattina ci ricorda, a scuola si insegna l'educazione civica e si lavora soprattutto per sviluppare il pensiero critico, per esortare al dialogo, al rispetto dell'altro, all'ascolto, si condanna ogni forma di violenza, si educano gli studenti e le studentesse a manifestare - in modo pacifico e democratico, però - le proprie idee. Ogni forma di violenza, ogni abuso e ogni uso della violenza per noi è inaccettabile. È inaccettabile perché è la Costituzione stessa che riconosce quei principi fondamentali e quel patto civile su cui si fonda, tra l'altro, il vivere democratico.

Un patto civile che va difeso e va preservato e che oggi vogliamo ricordare anche qui, con forza, proprio perché in queste ore e in questi momenti, da tanti istituti scolastici, in realtà, di tante parti d'Italia, sta venendo un messaggio chiaro e forte. Un messaggio, tra l'altro, che non si limita agli studenti, ma che sta coinvolgendo insegnanti e dirigenti scolastici, famiglie, tutta quella comunità scolastica, che, con un messaggio di democrazia e di civiltà, ci sta chiedendo di ascoltarla. E ciò proprio perché sono convinta di una cosa, quando si parla di scuola: la scuola va ascoltata in ogni campo, va ascoltata e va resa protagonista - e mi avvio alla conclusione - senza imporle riforme o misure che siano calate dall'alto, senza soprattutto rincorrere l'emergenza o il fatto di cronaca, che magari serve momentaneamente ad assicurare l'opinione pubblica, perché l'istruzione è un settore troppo importante per il futuro del Paese per non comprendere, tutti insieme, colleghe e colleghi, che non servono interventi spot, che magari sono frutto della cronaca del momento, una norma penale rispetto all'emergenza del giorno, un annuncio rispetto alla paura del momento. La scuola è un arcipelago che ha bisogno di cure e di attenzioni costanti, di risorse strutturali soprattutto, di interventi, di tanti interventi di cui spesso ci siamo, tra l'altro, trovati a confrontarci e a discutere in quest'Aula. Ma, soprattutto, ha bisogno di istituzioni che mirino non a dividere, ma che rendano protagonista e dialogante l'intera comunità scolastica, perché il dialogo è la base della convivenza e, soprattutto, del vivere civile e democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Perissa. Ne ha facoltà.

MARCO PERISSA (FDI). Grazie, Presidente. Buongiorno Sottosegretario, colleghi e colleghe, ci accingiamo, in questa settimana, all'approvazione di una legge che rimette al centro, in qualche maniera, un tema che, purtroppo, abbiamo affrontato proprio pochi giorni fa all'interno di quest'Aula, con un contrito silenzio, ampiamente condiviso e penso animato certamente da tristezza, ma anche da profondo rispetto. Parliamo di sicurezza sui luoghi del lavoro, con la consapevolezza che la legislazione vigente porta l'Italia in una posizione vagamente contraddittoria rispetto allo scacchiere, per esempio, europeo: se mettessimo a confronto i numeri dell'Italia con quelli degli altri Paesi, noi, per esempio, avremmo poco da giovarci, con una media comunque leggermente sotto a quella europea rispetto ai decessi, ma abbastanza al di sopra della media europea rispetto al numero di infortuni, più in generale. Questo lo dico perché, chiaramente, su temi di questo genere non c'è nulla di cui bearsi, anche quando i numeri ci dovessero dare vantaggio, perché ogni singola vita vale l'impegno di tutti noi, anche una soltanto dei nostri cittadini. Però, dico questo perché è sintomatico di come, evidentemente, il lavoro fatto sino a oggi ha portato qualche risultato sui temi della sicurezza del lavoro, ma ci dà anche la misura di quanto ancora lontano sia l'obiettivo da raggiungere e quanto sia necessario profondere ogni impegno e ogni energia possibile nel raggiungimento di questo risultato. Chiaramente, la legislazione e le leggi - questo vale per i temi della sicurezza sul lavoro, come in passato, per esempio, è valso per altri temi di microcriminalità e cyberbullismo, rimanendo semplicemente aderente ai temi che riguardano i nostri ragazzi e le nostre ragazze - hanno sicuramente il loro effetto anche su questo tema, eppure bisogna lavorare affinché le leggi ci aiutino anche a mettere in campo quei meccanismi di formazione e ricostruzione di una coscienza comune e condivisa rispetto al corretto funzionamento delle cose. È corretto che ci sia una legge che imponga determinati parametri di sicurezza sui luoghi di lavoro. È corretto che ci siano controlli, affinché queste leggi vengano rispettate. È corretto che ci siano sanzioni per chi, queste leggi, non le rispetta.

È anche, però, corretto - e colgo l'occasione per ringraziare il presidente Rizzetto e il presidente Mollicone, ma anche tutti i colleghi e le colleghe delle Commissioni lavoro e scuola, che hanno operato con grande trasversalità rispetto a questo tema, sempre manifestando un profondo senso di responsabilità; e il ringraziamento va anche al relatore, l'onorevole Gimmi Cangiano - portare a compimento il percorso di approvazione di questa legge, perché essa ci dà la misura di quanto, per questo Parlamento e per questo Governo, sia fondamentale accendere un riflettore specifico, mettere una lente d'osservazione, che possa rappresentare anche un'altra prospettiva: non soltanto quella dello Stato che legifera, vigila, monitora e sanziona il datore di lavoro, ma anche quella dello Stato che cerca di offrire ai giovani lavoratori gli strumenti di conoscenza necessari a comprendere quali sono i propri diritti sul posto di lavoro e quali sono i “no” che devono imporre, qualora si trovassero in una condizione in cui venissero loro proposti un ambiente di lavoro insicuro o una condizione di lavoro che non tutela la loro salute e il loro benessere.

Rimettere al centro anche questo aspetto - non soltanto, ma anche questo aspetto - all'interno di un'offerta formativa, educativa e curricolare, che prevede nell'educazione civica, tra l'altro, quell'elemento di stimolo alla coscienza comune che - mi perdoni il gioco di parole - rimette al centro il senso del bene comune, significa concepire anche il benessere, la salute e la sicurezza del lavoratore come bene comune. Lo diceva la collega Manzi prima di me e, con parole estremamente chiare, il Presidente Mattarella ci ha ricordato come - lo dico a parole mie, ovviamente - ogni euro speso per tutelare la sicurezza sui posti di lavoro non sia una spesa, ma un dovere. E, come dicevo prima, tale dovere s'interseca indissolubilmente anche con un diritto-dovere del datore di lavoro, di rispettare determinati precetti e con il diritto del lavoratore di poter esercitare la sua funzione nel massimo della sicurezza per la propria salute.

Rimettiamo al centro i nostri figli e le nostre figlie attraverso l'accensione, se vogliamo, di un riflettore, di un faro sulla materia specifica, per cominciare sin da quando si è più piccoli e, soprattutto, anche quando ci si comincia a trovare a confronto con le dinamiche dell'alternanza della scuola e del lavoro, sul fatto che - visto che siamo in una discussione generale, mi permetto di allargare un pochino l'orizzonte del ragionamento - proprio all'interno di un periodo storico dove spesso e volentieri appare che le dinamiche del guadagno facile e immediato e della speculazione finanziaria prevalgano sopra qualunque cosa, financo il diritto alla vita, ecco, proprio all'interno di questo periodo storico così complesso, andare a ricordare ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze, nelle scuole, che nulla - nulla -, non soltanto la speculazione, ma neanche uno stipendio, per quanto bisogno ci possa essere di quello stipendio, magari anche sottostimato rispetto al lavoro e alla prestazione professionale che si offre, nulla, nessun euro, nessuna moneta, nulla di tangibile, può valere mai la vita di una persona e di un essere umano, tanto più la propria, tanto più quella delle persone che abbiamo accanto.

E forse è anche l'occasione per dire ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze che hanno strumenti per tutelare il loro diritto alla salute e il loro diritto alla vita sul posto di lavoro. È anche lo strumento per dire ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze che, oltre alla loro, possono tutelare anche quella delle persone che lavorano accanto a loro, perché magari, all'interno di un contesto lavorativo, non sono propriamente io ad essere messo a rischio, ma magari vedo oppure ho la possibilità di vedere un collega o una collega che lavorano in una condizione di rischio prominente. Ecco, è lì che, all'interno del concetto di educazione civica, di senso comune, di bene comune, di senso di responsabilità verso l'altro, interviene anche questo elemento.

Un provvedimento a invarianza finanziaria, sì, ma un provvedimento che, a mio avviso, non aveva necessariamente bisogno di una variabilità finanziaria, perché, inserendosi all'interno delle ore curricolari già previste per l'insegnamento dell'educazione civica, ritengo, e riteniamo - probabilmente si è convenuto anche in buona parte con le forze dell'opposizione - che fosse meglio comunque averlo che non averlo, e quindi comunque andare avanti ma, probabilmente, dovendo i docenti esercitare questa funzione di insegnamento all'interno di un orario curriculare già previsto, quindi semplicemente ampliando lo spettro di una materia che già è previsto venga insegnata, come abilmente ricordava la collega Manzi poco fa, era sufficiente sancire il principio dell'insegnamento e poi andare a definire i parametri attraverso i quali trasmetterlo, senza necessità di pesare sulle casse dello Stato, affinché questo intervento fosse realmente efficace.

Un intervento che considero innovativo, sicuramente, per tutto quello che ho detto fino adesso, ma un intervento che senza dubbio non esito a definire anche efficace proprio per quello che ho appena spiegato, perché l'invarianza finanziaria presente nel dispositivo normativo non inciderà assolutamente sulla capacità - indubbia, a prescindere dalla variabilità finanziaria di un provvedimento - dei nostri docenti di trasmettere un insegnamento nuovo all'interno di una materia già definita e censita.

Lo abbiamo detto a più riprese. Ho la fortuna di parlare, in discussione generale o in dichiarazione di voto, spesso, quando si arriva a provvedimenti che avranno - come penso - una larghissima maggioranza o un consenso unanime di questo Parlamento. Penso che ce ne sia sempre più bisogno su temi che risultano chiaramente centrali e improcrastinabili rispetto al tempo in cui siamo arrivati.

Auspico e spero che la contrapposizione politica possa rimanere all'interno di una dimensione dialettica, che trae il suo fondamento nella convinzione delle idee e di chi le rappresenta, ma che, di fronte a elementi di cogenza, urgenza, importanza, si riesca a rinunciare - lo dico con parole tipiche del dibattito sull'Unione europea - a un po' della propria sovranità di partito per cercare di ricostruire una sovranità di Parlamento che possa generare benefici, soprattutto quando questo riguarda la coscienza, la formazione e la crescita dei nostri figli e delle nostre figlie (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Quartini. Ne ha facoltà.

ANDREA QUARTINI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, anche oggi parliamo di sicurezza sul lavoro dopo quello che è successo negli scorsi giorni, che vogliamo, comunque, ricordare.

È un tema che, la scorsa settimana, ha sollevato tanti momenti di emozione, dopo quello che è successo nel cantiere di Esselunga, a Rifredi, a Firenze. Era successo anche con Luana, a Prato. Però, il punto che vorrei sottolineare oggi è che dovrebbe succedere almeno 3 volte al giorno di indignarsi, perché queste, purtroppo, sono le stime, questi sono i numeri: 1.041 morti sul lavoro l'anno scorso e quest'anno, ad oggi, siamo al di sopra dei 3 morti al giorno sul lavoro.

È una cifra enorme, è assolutamente inaccettabile, intollerabile, in un sistema come il nostro, democratico, dove, peraltro, le normative sarebbero anche stringenti - sicuramente, vanno migliorate -, che, in questo momento, ci siano. mediamente, più di tre persone, che ogni giorno escono di casa e vi non fanno ritorno.

In questi giorni mi veniva in mente la canzone Una miniera dei New Trolls, una canzone antica, bellissima, ma cantata con grida di dolore. È una cosa incredibile: tutti quanti, in quest'Aula, dovremmo alzare queste grida di dolore, perché sono davvero una cosa inaccettabile. Sono persone che hanno famiglie e le grida di dolore riguardano, soprattutto, loro. Abbiamo anche difficoltà in termini di risarcimenti, eccetera.

Oggi, arriviamo a questa proposta di legge che, dal nostro punto di vista, è ancora insufficiente in termini di capacità di realizzare comunità educanti, cioè di essere davvero capace di far crescere questa consapevolezza, questa coscienza dell'importanza della cultura della sicurezza sul lavoro. Quindi, da questo punto di vista, non dovrebbe mai accadere che questa proposta di legge diventi una foglia di fico rispetto a tante problematiche che ci sono, problematiche sul lavoro che vanno risolte sicuramente con la prevenzione, piuttosto che con la repressione.

Ci può essere anche una prevenzione sanzionatoria, che non vorrei vedere come un meccanismo repressivo, ma come un meccanismo anche collaborativo. Mi viene in mente, per esempio, che, forse, nelle cantieristiche di tutti i tipi potremmo introdurre criteri stile “rischio clinico” che utilizziamo in sanità, ponendo in essere audit migliorativi delle performance all'interno dei cantieri edili o altre situazioni sui mancati eventi, perché si dovrebbe intervenire non su quello che avviene, ma su quello che si è rischiato che avvenisse.

Quindi, se si riuscissero a fare operazioni di questo tipo, in cui tutti i corpi sociali sono coinvolti nel miglioramento delle performance, sarebbe un risultato importante. E non si tratta di sanzionare nessuno, si tratta semplicemente, in questi casi, visto che non c'è stato il danno, per fortuna, di fare un'operazione di miglioramento di tutte le performance, e migliorerebbe anche tutto il sistema di qualità del lavoro.

Poi occorre che si attivino maggiori controlli. La stima che abbiamo fatto ad oggi è che potrebbero mancare 3.000 ispettori, che potrebbero intervenire in maniera diretta. Gli ispettori dovrebbero avere capacità di formazione giuridica e, soprattutto, tecnica.

Abbiamo ben chiaro che risparmiare sui costi, massimizzare i profitti di imprese, questi elementi ricadono quasi sempre sui salari, sulla sicurezza, sulla qualità del lavoro, generando inappropriatezze organizzative. Forse, una inappropriatezza organizzativa era presente anche nel cantiere di Esselunga, la scorsa settimana, perché sappiamo che c'erano, come sembra, 61 ditte in subappalto, quindi, 61 ditte che è difficile, da un punto di vista di armonizzazione del lavoro, saper gestire insieme. Su questo, non dobbiamo assolutamente pronunciarci, perché c'è un'indagine della magistratura, però l'idea di fondo è che, laddove ci sono troppi soggetti, il rischio di difficoltà organizzativa - chiamiamola inappropriatezza organizzativa - è molto pesante. Questo ragionamento rispetto al rischio che la massimizzazione dei profitti vada a danno della sicurezza sul lavoro, oltre che dei salari, vale anche, a maggior ragione, per i subappalti a cascata, soprattutto quando si parla di massimo ribasso.

Noi pensiamo che debba essere reintrodotto l'obbligo del badge nei cantieri, per avere contezza di chi c'è dentro il cantiere, per la trasparenza e anche per evitare il rischio odioso del lavoro nero. Siamo ancora convinti che non si debba assolutamente rinunciare a introdurre la patente a punti per le imprese, per premiare quelle che hanno buoni punteggi. Forse, nel caso di Firenze, se ci fosse stata la patente a punti, un'impresa non avrebbe potuto vincere un appalto all'interno di quel cantiere.

Chiudere i cantieri non sicuri, premiare, invece, quelli che investono in sicurezza. E niente condoni, me lo lasci dire, e niente multe risibili, ma non per essere punitivi, lo ripeto, perché deve essere un elemento di deterrenza importante in questa ottica.

Sicuramente, non si può pensare a una sicurezza del lavoro compiuta se permangono sacche di lavoro nero, di lavoro povero, di lavoro precario, di caporalato, di schiavizzazione, che è anche di più dello stesso sfruttamento, perché tutti questi elementi si associano pericolosamente alla mancata sicurezza sul lavoro.

Infine, noi siamo convinti che una procura nazionale del lavoro specializzata possa essere sicuramente molto adeguata per intervenire anche nei dettagli importanti degli interventi sulla sicurezza del lavoro. Quindi, da questo punto di vista la proponiamo. Non solo, una procura nazionale del lavoro potrebbe accelerare tutti i tempi anche per i giusti risarcimenti che le vittime dovrebbero ricevere.

Noi era da tanti anni che suggerivamo, finalmente, di arrivare a insegnare la materia della prevenzione e della sicurezza del lavoro a scuola, questo è fuori discussione. Quindi, quando noi diciamo che la prevenzione è più importante di qualunque livello di repressione diciamo anche che la prevenzione si fa soprattutto con la consapevolezza e la crescita della coscienza. Quindi, si fa attraverso la realizzazione di percorsi educativi importanti. Dove dovremmo farli? A partire dalle scuole e da questo punto di vista questa proposta di legge va in questa direzione. La riteniamo insufficiente, perché per esempio, secondo noi, bisognerebbe cominciare dalle scuole medie e non solo dalle medie superiori. La riteniamo insufficiente perché vorremmo che fosse una materia specifica e non dentro una materia più ampia perché c'è un rischio reale di diluizione in una materia più ampia qual è l'educazione civica. Voglio ricordare, infatti, che in educazione civica si trovano le materie più disparate, dall'Agenda 2030 ai fondamenti della Costituzione. Certo uno dei fondamenti è il lavoro, senz'altro, ma c'è il rischio che non ci siano le condizioni per enuclearlo da tutto questo. Noi chiedevamo, in una proposta di legge che aveva anticipato la proposta attualmente in discussione come testo base, che si dedicassero alla materia sicurezza sul lavoro nelle scuole almeno 33 ore specificamente ogni anno. In questo testo base che è stato proposto noi vediamo che c'è un rischio di diluizione della materia nella disciplina dell'educazione civica. Credo che sia un ridimensionamento e per questo dal nostro punto di vista è assolutamente insufficiente. Certo, noi avevamo presentato per primi una proposta di legge, con la collega Valentina Barzotti, dal nostro punto di vista assolutamente più compiuta e dopo un mese circa è arrivata anche la proposta del collega Walter Rizzetto. Naturalmente, essendo della maggioranza poi è stata adottata come testo base e noi lo abbiamo accettato, anzi, siamo contenti che il lavoro del MoVimento 5 Stelle abbia ispirato la maggioranza e ben venga questo livello collaborativo. Però, siamo di fronte a un'emergenza così drammatica, come quella degli infortuni sul lavoro, della salute sul lavoro, della poca percezione del rischio da parte dei lavoratori e dell'errata convinzione di alcuni che la sicurezza sia un costo e non un investimento, che riteniamo che ci sia anche il tema importante dell'invarianza finanziaria. È vero ed era stato detto che il progetto originale, quello presentato dal MoVimento 5 Stelle a prima firma Valentina Barzotti, era troppo ambizioso, poco realizzabile. Però, attenzione, a volte quando si utilizza l'invarianza finanziaria come elemento di base si corre il rischio di fare delle operazioni gattopardesche. C'è un vero rischio che poi alla fine diventi una proposta di legge bandiera che non risolve esattamente il problema. Siccome abbiamo visto che il problema è decisamente molto articolato - perlomeno, ho cercato di dimostrarlo in maniera ampia - è un po' faticoso dal nostro punto di vista pensare che si arrivi a una proposta di legge monca. Io mi auguro che ci sia ampia discussione, che ci siano anche le condizioni migliorative del testo per renderlo un po' più adeguato e più cogente rispetto alla possibilità che questo insegnamento maturi davvero in futuro, con la possibilità di una vera e propria comunità capace di crescere in termini di consapevolezza e di coscienza a tutti i livelli. Non ultimo, il fatto di insegnarlo nelle scuole di primo e secondo grado avrebbe anche il vantaggio di educare non solo nella cantieristica, nell'edilizia, nella siderurgia o in altri contesti importanti e nella pubblica amministrazione o di educare altri soggetti o corpi sociali ma aiuterebbe anche molto a capire quant'è importante lavorare sulla sicurezza anche del lavoro domestico, di cui spesso ci si dimentica. È uno dei punti critici soprattutto nei pronto soccorso. Se noi andiamo a vedere infatti chi arriva nei pronto soccorso vediamo che vi arrivano anche molte persone che hanno problemi legati ai lavori domestici. Quindi, arricchire - noi ci siamo - questa proposta di legge nella direzione che inizialmente avevamo suggerito e proposto resta uno degli obiettivi che vorremmo porci e mi auguro che ci sia un minimo di maggior collaborazione nei prossimi giorni.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare, pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 630-A​ e abbinata)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 27 febbraio 2024 - Ore 11:

1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 14)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Delega al Governo in materia di florovivaismo. (C. 1560-A​)

e dell'abbinata proposta di legge: MOLINARI ed altri. (C. 389​)

Relatrice: GADDA.

3. Seguito della discussione delle mozioni Piccolotti ed altri n. 1-00235, Orrico ed altri n. 1-00244, Grippo ed altri n. 1-00245, Faraone ed altri n. 1-00246, Amorese, Miele, Paolo Emilio Russo, Pisano ed altri n. 1-00247 e Gianassi ed altri n. 1-00248 concernenti iniziative in materia di tutela della professione giornalistica e della libertà di informazione .

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 170-292-312-390-392 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: GASPARRI; PARRINI; MENIA ed altri; BIANCOFIORE e PETRENGA; PUCCIARELLI: Istituzione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate. (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 1306​)

e delle abbinate proposte di legge: DE LUCA e GRAZIANO; DEIDDA ed altri. (C. 527​-644​)

Relatore: NAZARIO PAGANO.

5. Seguito della discussione della proposta di legge:

ROTELLI ed altri: Legge quadro in materia di interporti. (C. 703-A​)

Relatore: CAROPPO.

6. Seguito della discussione delle mozioni Boschi ed altri n. 1-00241, Girelli ed altri n. 1-00242 e Sergio Costa ed altri n. 1-00243 in materia di sindrome fibromialgica .

7. Seguito della discussione della proposta di legge:

RIZZETTO ed altri: Modifica all'articolo 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92, concernente l'introduzione delle conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica.

(C. 630-A​)

e dell'abbinata proposta di legge: BARZOTTI ed altri. (C. 373​)

Relatore: CANGIANO.

La seduta termina alle 11,40.