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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 235 di lunedì 29 gennaio 2024

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ROBERTO GIACHETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 gennaio 2024.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 74, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2023, n. 212, recante misure urgenti relative alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (A.C. 1630​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1630: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2023, n. 212, recante misure urgenti relative alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Ricordo che nella seduta del 9 gennaio è stata respinta la questione pregiudiziale Fenu ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1630​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La V Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Guerino Testa.

GUERINO TESTA, Relatore. Grazie, Presidente. Buongiorno a lei e agli onorevoli colleghi. Oggi, dopo un dibattito abbastanza composito che si è avuto nella Commissione finanze in queste settimane, alla presenza di tutti noi componenti la Commissione e dei tanti rappresentanti delle associazioni, si è avuto questo dibattito, in cui si è parlato di molto, di tutte le problematiche, e voglio ringraziare - non per maniera, ma perché è giusto che sia e lo ritengo opportuno - il Sottosegretario Lucia Albano, che, anche in questo provvedimento, ha fatto, in qualche maniera, pesare la sua professionalità ed è stata di supporto.

Il decreto-legge all'esame dell'Assemblea trae le sue origini dall'esigenza di ascoltare le famiglie e i cittadini con i redditi più bassi e di consentire la conclusione dei cantieri rientranti nella disciplina dell'oramai più che famoso incentivo fiscale del superbonus 110, a condizione che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento alla data del 31 dicembre scorso. Il provvedimento, quindi, nonostante le critiche pretestuose di larga parte dell'opposizione, è finalizzato ad aiutare quelle famiglie e cittadini, che, in caso contrario, si troverebbero a dover sostenere la spesa per i lavori già realizzati.

È necessario premettere che la decisione del Governo - a nostro avviso, responsabile - è quella di intervenire su una materia come quella degli incentivi fiscali, in particolare quella sul superbonus 110, che ha rappresentato e che rappresenta tuttora un pozzo senza fondo, costato in tutto oltre 140 miliardi di euro di totali detrazioni: cifra che continua a lievitare, contro ogni previsione e che è dettata dalla necessità, quindi, di evitare uno stop inevitabile alla fine dell'anno 2023.

Tutto ciò avrebbe comportato lasciare scoperti oltre 25.000 cantieri, che non sono ancora conclusi, con uno strascico di cause giudiziarie, aggravando - come dicevo poc'anzi - di ulteriori oneri i cittadini, a causa di spese non previste. È evidente come, anche in questo frangente, il Governo Meloni abbia, ancora una volta, privilegiato l'interesse pubblico rispetto agli interessi particolari. Ha voluto difendere, con senso dello Stato e con grande responsabilità, la salvaguardia dei conti pubblici e la tenuta degli equilibri del bilancio pubblico, rispetto alle decisioni - che oserei definire scellerate - compiute dai Governi a 5 Stelle, il cui lascito ha causato, come è ampiamente noto, una voragine nelle casse dello Stato, che ha condizionato e continuerà a condizionare fortemente il futuro e la politica economica e di sviluppo del nostro Paese. Ritengo che, a tale proposito, sia necessaria una precisazione una volta per tutte.

Fratelli d'Italia e il centrodestra, in via di principio, non sono stati nel passato, e non lo saranno nemmeno nel futuro, contrari a misure shock per l'economia del Paese. Le intenzioni del Governo Conte potevano essere anche buone e condivisibili, considerata la situazione congiunturale del 2020. Varare una misura che desse una scossa all'economia nazionale per stimolare l'attività edilizia e tutto l'indotto a sostegno del nostro Paese, che si trovava in piena emergenza COVID, e migliorare, allo stesso tempo, il patrimonio edilizio nazionale: un intervento straordinario, ma che certamente sarebbe dovuto essere temporaneo, che si affiancava ad altri bonus, come quelli per il rifacimento delle facciate - e sappiamo tutti le tante problematiche che ha lasciato -, o per interventi ecologici più limitati; un intervento che doveva essere un'iniezione rinvigorente - e, ribadisco, temporanea - per rimettere in piedi il Paese dopo la complessa situazione determinata dall'emergenza epidemiologica. Ma nessuna, ripeto, nessuna di queste misure arrivava a garantire uno sconto addirittura del 110 per cento.

Era più che evidente che offrire la possibilità ai proprietari di case non solo di avere un forte sconto sui lavori, ma addirittura di non spendere nulla e incassare il 10 per cento in più, avrebbe creato gigantesche distorsioni, a spese dello Stato. Voglio ricordare come, probabilmente, mettendo limitazioni di accesso alla misura in base a un determinato reddito, prevedendo la non possibilità per le seconde e terze case, prevedendo per le case più vetuste una via preferenziale, forse, con questi meccanismi, sarebbe potuto andare in maniera diversa, per una ragione più che banale: con il superbonus si elimina qualsiasi ragione di contrattare il prezzo dei lavori, clienti e fornitori sono dalla stessa parte e chi paga è Pantalone.

In quel contesto, mi riferisco agli anni 2020, 2021 e a una parte del 2022, nel corso della piena operatività della norma, concepita in un momento eccezionale - occorre dirlo chiaramente -, chi avrebbe dovuto verificare l'esatto impatto della misura fiscale sui conti pubblici evidentemente non l'ha fatto in maniera adeguata.

Gli effetti devastanti della spesa del superbonus, che oggi con enormi sforzi e difficoltà il Governo sta gestendo in maniera assai complessa, hanno fortemente alterato il sistema dei conti pubblici. L'organismo cui compete la valutazione del costo delle misure governative, il presidio di controllo per eccellenza, ossia la Ragioneria generale dello Stato, evidentemente non ha verificato, con la correttezza e con la precisione che compete a un organo centrale di supporto e verifica del Parlamento e del Governo nei processi di adempimento del bilancio e di gestione di risorse pubbliche, uno dei più grandi disastri fiscali della storia della Repubblica, forse secondo solo alle baby pensioni. Non è chiaro, ancora oggi, come sia stato possibile che la Ragioneria generale dello Stato abbia bollinato una misura le cui coperture si sono dimostrate inferiori di 50 miliardi rispetto alla spesa effettiva. Eppure, non si trattava di qualcosa di imprevedibile, visto che, a maggio 2020, l'Ufficio parlamentare di bilancio segnalava come il mix dell'agevolazione al 110 per cento e della cedibilità del credito aumentasse il rischio di far lievitare i costi. La Ragioneria dello Stato - lo diciamo con rammarico - ha sottovalutato entrambi i rischi, sia quello dei costi, sia quello contabile sulla pagabilità del credito. Ed è l'istituto che, insindacabilmente, avrebbe potuto e dovuto fermare il superbonus, fatto in quella maniera così scellerata che ora ha costretto il Governo a intervenire d'urgenza.

Mentre altre misure, come, ad esempio, il reddito di cittadinanza o quota 100, hanno spinto gli economisti a produrre numerose analisi, il superbonus 110, nonostante la mole di risorse in gioco e le criticità evidenti, è stato ignorato. Occorre, dunque, rilevare che la voragine del bilancio dei bonus edilizi rappresenta la sommatoria dei fallimenti di tre presidi. La politica di Governo, all'epoca guidato da Conte e dal Movimento 5 Stelle, l'accademia e l'amministrazione pubblica, che, in una democrazia sana, avrebbero dovuto impedire questo disastro. La vicenda del superbonus, colleghi, dimostra tra le diverse più articolate analisi socioeconomiche che oltre gli immobili sono molte le cose che nel nostro Paese hanno bisogno di ristrutturazione ed efficientamento.

Venendo ai giorni nostri, le rigorose decisioni del Governo Meloni e del Ministro dell'Economia e delle finanze Giorgetti nel tirare una riga netta e definitiva, tesa ad archiviare il superbonus nella sua vecchia impostazione, per evitare ulteriori emorragie economiche, si configurano all'interno di un decreto-legge al nostro esame, orientato verso una chiusura ordinata dei cantieri, senza penalizzazioni e senza sanzioni, che mira di portare a casa un risultato importante per le imprese e i condomìni. Un provvedimento la cui cornice normativa è rappresentata, innanzitutto, dalla priorità della tutela e della salvaguardia dell'equilibrio dei conti pubblici, la cui impostazione ha determinato da parte del Governo la decisione di dare il parere contrario a tutti gli emendamenti presentati in Commissione finanze. Più che evidente che qualcuno ha sbagliato dall'inizio. Gli emendamenti bocciati o ritirati hanno infatti come motivazione la mancata copertura finanziaria. Una ragione, pertanto, non politica, ma di tenuta dei conti pubblici e su questo voglio mettere una doppia evidenziazione. Colleghi, per questo decreto-legge è stato fatto tutto il possibile e, ripeto, con grande senso di responsabilità.

Il testo che la Commissione finanze ha licenziato la scorsa settimana per il successivo esame in Aula archivia, con ogni probabilità e in maniera definitiva, la stagione del superbonus al 90 o al 110 per cento, fermo restando, come già ribadito dal Governo in diverse occasioni, che per ogni iniziativa riguardante nuovi incentivi fiscali in favore dell'edilizia, coerentemente con il quadro di finanza pubblica ed di vincoli di bilancio, si è sempre pronti e disponibili ad ascoltare nuove proposte, così come nuove proposte verranno ascoltate e recepite audendo le associazioni di categoria. La linea del rigore dei conti pubblici è stata mantenuta in tutti i passaggi nel corso dell'esame di questo decreto-legge con la priorità, come dicevo in precedenza, legata alla loro messa in sicurezza. Quello che abbiamo ereditato dai Governi Conte in materia di bilancio è un autentico disastro, come ha giustamente ricordato il nostro Presidente, Giorgia Meloni, la scorsa settimana, in quest'Aula.

Per chi è stato capo del Governo, cito le sue parole, dovrebbe sapere che per uno Stato membro con un debito come il nostro, secondo i meccanismi del vecchio Patto, l'obiettivo non era un deficit del 3 per cento, ma un avanzo dello 0,25 per cento. Quindi, con le nuove regole, si passa da un avanzo richiesto dello 0,25 per cento a un deficit possibile dell'1,5 per cento, con una differenza tra vecchio e nuovo Patto che libera circa 35 miliardi di euro, che potranno essere utilizzati per sanità, redditi, pensioni o magari, con qualche altro al Governo, per un altro anno di superbonus. Pertanto, questo decreto-legge, composto da 4 articoli, contiene misure volte a evitare che il mancato completamento nei termini previsti dalla legislazione vigente degli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto superbonus comporti la revoca dei benefici già erogati. Si punta, quindi, a evitare la prosecuzione nel limbo da parte di imprese e cittadini che attendevano risposte serie e chiare da parte di questo Governo. Nella consapevolezza delle conseguenze devastanti per i conti pubblici provocati dall'insipienza e dell'incompetenza grillina, come accennavo in precedenza, senza voler minimamente concorrere al dissesto provocato da quelle politiche, il provvedimento all'esame dell'Assemblea pone questioni rimaste in sospeso, che meritano una seria e sana riflessione, come evidenziavo all'inizio del mio intervento. Ci sono condomìni e aziende che hanno avuto commesse da parte di privati e che si aspettano risposte da parte nostra.

Entrando in maniera più specifica nell'analisi del provvedimento, con l'articolo 1 si prevede che le detrazioni spettanti per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto superbonus, come avevo anticipato in precedenza, per le quali, sulla base di stati di avanzamento dei lavori effettuati fino al 31 dicembre 2023, è stata esercitata l'opzione per lo sconto in fattura, nonché per la cessione d'imposta, non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione dell'intervento stesso, e questo è un passaggio molto importante. Il comma 2 riconosce, inoltre, ai cittadini con reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro e che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento al 31 dicembre 2023, uno specifico contributo.

Va detto che la disposizione al comma 1 introduce una misura di salvaguardia per chi non ha terminato gli interventi rientranti nella cosiddetta disciplina del superbonus e per i quali è stata esercitata l'opzione di cui all'articolo 121, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020. La norma prevede che, sulla base di stati di avanzamento dei lavori effettuati fino al 31 dicembre 2023, le detrazioni spettanti non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione degli interventi medesimi, limitatamente all'importo corrispondente alla detrazione riferibile alla quota dell'intervento effettuato entro il 31 dicembre dell'anno scorso. In particolare, si stabilisce che le detrazioni spettanti per gli interventi di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, per le quali è stata esercitata l'opzione di cui all'articolo 121, sulla base di stati di avanzamento dei lavori effettuati, non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione dell'intervento stesso, ancorché tale circostanza comporti il mancato soddisfacimento del requisito del miglioramento di due classi energetiche. A tal proposito, si ricorda che gli stati di avanzamento dei lavori effettuati, in base al comma 1-bis del medesimo articolo 121, non possono comunque essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento. La relazione tecnica precisa che l'intervento in esame non modifica le percentuali e le modalità di fruizione vigenti e costituisce esclusivamente una sorta di garanzia per i beneficiari delle detrazioni, nei casi in cui non si riescano a completare i lavori oggetto di agevolazione. Lo stesso comma 2 dell'articolo 1 riconosce l'erogazione di un contributo a favore dei soggetti che eseguono gli interventi agevolati per le spese sostenute dal 1° maggio 2024 al 31 ottobre 2024 che, entro la data del 31 dicembre 2023, abbiano raggiunto lo stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento e che hanno un reddito di riferimento non superiore ad euro 15.000. Si tratta degli interventi effettuati dai condomìni e dalle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, arte o professione, dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri e dalle associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali delle province autonome di Trento e di Bolzano, compresi quelli effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all'interno dello stesso condominio o dello stesso edificio, e compresi quelli effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione.

Il comma 3 prevede la compensazione degli effetti finanziari del contributo sopra descritto stabilendo che alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivante dal comma 2, pari a euro 16.441.000 per l'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti dall'attualizzazione dei contributi pluriennali.

L'articolo 2, al comma 1, estende il divieto generale di fruizione indiretta attraverso la cessione del credito o dello sconto in fattura dell'agevolazione anche agli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici nelle zone sismiche 1, 2 e 3, compresi i piani di recupero di patrimoni edilizi o riqualificazione urbana e per i quali non sia stato richiesto prima del 30 dicembre dell'anno scorso il relativo titolo abilitativo.

La norma in esame stabilisce che, a partire dalla data in vigore del decreto-legge, 30 dicembre 2023, le disposizioni appena ricordate si applicano esclusivamente in relazione agli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici per i quali, in data antecedente a quella di entrata in vigore del presente decreto, risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l'esecuzione dei lavori edilizi.

Il successivo comma 2 introduce l'obbligo di stipulare contratti assicurativi a copertura dei danni cagionati agli immobili da calamità naturali ed eventi catastrofali per i contribuenti che usufruiscono della detrazione al 110 per cento, per gli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici avviati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

L'articolo 3 novella la disciplina delle detrazioni Irpef per l'abbattimento delle barriere architettoniche. Le norme in esame restringono dal 30 dicembre 2023 l'ambito oggettivo dell'agevolazione. Viene al riguardo limitata agli interventi aventi a oggetto scale, rampe, installazione di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici. È, inoltre, specificato che, per usufruire delle detrazioni delle spese documentate sostenute, i pagamenti devono essere effettuati tramite il cosiddetto bonifico parlante. Viene, poi, chiarito che il rispetto dei requisiti richiesti dalla legge per l'accesso alle detrazioni deve risultare da un'apposita asseverazione rilasciata da tecnici abilitati. Viene, inoltre, abrogato il comma 3 dell'articolo 119-ter che, a legislazione vigente, ricomprende nel beneficio le spese sostenute per interventi riguardanti l'automazione di specifiche tipologie di impianto (interventi di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari funzionali ad abbattere barriere architettoniche, nonché, in caso di sostituzione dell'impianto, spese relative allo smaltimento e alla bonifica dei materiali e dell'impianto sostituito; spese relative a porte automatiche). Non mi dilungo ulteriormente nell'entrare nel merito dei quattro articoli.

Presidente, vado alla conclusione. Nel dibattito sui benefici e i costi del superbonus, la Commissione bilancio della Camera, che si appresta a chiudere anche un'indagine conoscitiva molto seria, che è stata avviata già dal febbraio dell'anno scorso sugli effetti macroeconomici e di finanza pubblica, evidenzia che gli effetti positivi in termini di crescita economica e occupazionale non sono tali da controbilanciare gli effetti che si rilevano a carico della finanza pubblica.

Questo decreto-legge - e mi avvio alla conclusione - mette ordine, nell'interesse del Paese, su un tema quale quello dell'incentivo fiscale per le ristrutturazioni immobiliari del superbonus 110 per cento, che, se da un lato, può aver rappresentato, nel corso della sua operatività, una grande opportunità per coloro che desideravano intraprendere lavori di ristrutturazione e miglioramento energetico delle loro abitazioni, fungendo da stimolo alla riqualificazione energetica, dall'altro lato, come abbiamo assistito, si è rivelato strumento legislativo direi troppo oneroso e generoso - per usare un eufemismo -, che ha finito per gravare, in modo purtroppo, per certi versi, incontrollabile, sulle casse dello Stato, il cui meccanismo ha permesso ai truffatori di prosperare. Per non parlare dei vari effetti distorsivi che ha generato - dallo spiazzamento di altri investimenti, pressioni inflazionistiche settoriali, operazioni fraudolente, saturazione della capacità di assorbimento dei crediti da parte del sistema bancario - o anche della girandola di norme che ha riguardato la cessione crediti nel passato e dei cambi in corsa da far girar la testa.

Abbiamo lavorato con grande senso di responsabilità a favore di quei cittadini e di quelle imprese che sono rimaste vittime della normativa sulla cessione dei crediti e sul superbonus dalla scorsa legislatura. Era una misura insostenibile a lungo termine, come ben sapeva lo stesso Presidente Conte, e, per di più, costruita superficialmente, senza sufficienti controlli prima e con eccessive complicazioni poi, tali da aver determinato l'attuale sistema divenuto fuori controllo e che ha richiesto urgentemente un netto cambio di rotta.

Questo decreto-legge si focalizza su chi ne ha veramente bisogno, dando meno spazio di truffe e determinando meno sperperi di denaro pubblico. Il credito fiscale legato agli incentivi nel settore dell'edilizia, se gestito, processato, monitorato e normato da un quadro legislativo univoco e valido a livello anche europeo - voglio ricordare che il combinato disposto 110 più cessione del credito è un fatto solo italiano -, può e deve rappresentare un volano per l'economia, tutt'altro che trascurabile e può, anzi, rivelarsi uno strumento di sviluppo economico, sociale e ambientale formidabile capace di competere in un'ottica green. La filiera delle costruzioni…

PRESIDENTE. Deve concludere, mi scusi, onorevole Testa.

GUERINO TESTA, Relatore. …nonostante l'inflazione, i costi dell'energia e l'instabilità geopolitica, è in grado di sostenere il Paese, anche sul fronte occupazionale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che rinunzia.

Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo Piazza Filattiera, presso il plesso Torricella nord, a Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Benvenuti alla Camera dei deputati.

È iscritto a parlare l'onorevole Bagnai. Ne ha facoltà.

ALBERTO BAGNAI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli, rari, colleghi, membri del Governo, Presidente, ringrazio innanzitutto il collega Testa, per la sua ampia ed esauriente relazione, anche perché mi ha sollevato, diciamo così, dal compito di ripetere a noi stessi quello che noi sappiamo del provvedimento che stiamo discutendo. Mi dispiace che ci abbandonino i giovani, perché avrei voluto fare un breve commento a loro beneficio, a beneficio della loro capacità di interpretare questa fase del dibattito, che, forse, li avrebbe aiutati a capire che il taglio dei parlamentari non è responsabile del fatto che siamo solo in 6 in Aula, ma che siamo in una fase particolare e che la politica non sempre si fa stando in 600 o 400 in un'Aula-pollaio, ma si fa anche in altre sedi e questa è una cosa che, spesso, all'attenzione dei cittadini sfugge.

Vorrei valorizzare, però, alcune osservazioni che il collega Testa ha fatto e, quindi, prendere, auspicando che me lo consenta, idealmente, il testimone, per valorizzare due o tre punti. Ho appreso con sgomento che quest'oggi l'Aula è eccessivamente generosa nei miei riguardi: mi dà 30 minuti, ma lei me ne tolga un po', confido su di lei per porre un argine alla mia…

PRESIDENTE. Lei ha un credito di 30 minuti, vediamo se li usa tutti.

ALBERTO BAGNAI (LEGA). …alla mia torrenziale… Se si può, farei una cessione del credito o lo riporterei a un prossimo esercizio. Innanzitutto, c'è il dato del fallimento dei controlli, che va inquadrato. Come sono state calcolate le coperture del 110? Da quello che si può desumere induttivamente, leggendo le relazioni tecniche, si è visto quanto si era speso con i bonus che gravitavano intorno al 60 per cento, al 70 per cento, si è aggiunto un mark-up di 50-40, senza capire una cosa fondamentale: che una misura in cui l'utente finale non avrebbe subito alcun esborso avrebbe tirato enormemente di più di misure in cui, nonostante uno sconto fiscale relativamente generoso, l'utente finale, il cittadino, chi doveva ristrutturare l'appartamento o l'edificio o il condominio, avrebbe comunque dovuto sostenere un esborso. Quindi, c'è stato un colossale errore di valutazione da parte degli enti preposti ai necessari controlli di che cosa questo meccanismo, nel bene o nel male innovativo - perché tale dobbiamo definirlo -, avrebbe determinato nei comportamenti degli operatori economici, e da questo è derivata la plateale sottovalutazione della copertura.

Voglio anche ricordare, però, che questa plateale sottovalutazione della copertura non era sfuggita a tutti. Ricordo che, all'epoca, in quest'Aula non avevo l'onore di esserci io in rappresentanza dei cittadini della provincia di Chieti, ma aveva l'onore di esserci quello che attualmente è il senatore Borghi, in rappresentanza dei cittadini della Toscana, che, con una formula un po' incisiva, forse un po' aggressiva, aveva definito questa misura un colossale falso in bilancio, e tale si è rivelato. Non vorrei, però, che questo venisse interpretato, da parte del partito che qui rappresento e per il quale sto facendo un intervento che necessariamente è politico, visto che siamo in una sede politica e visto che tutti i risvolti tecnici sono stati brillantemente esauriti dal collega Testa, come una linea pregiudiziale del partito che qui rappresento, contro gli interventi nel settore dell'edilizia.

Anzi, vorrei ricordare - per tornare a disegni di legge che stanno trovando progressiva attuazione in questa legislatura - che, nell'originale progetto di flat tax, avanzato illo tempore dal senatore Siri, era previsto che si razionalizzassero in modo molto incisivo tutte le spese fiscali, mantenendo, però, quelle per gli interventi di ristrutturazione edilizia che, quindi, sono sempre state all'attenzione del partito che qui mi onoro di rappresentare come una priorità assoluta per il Paese.

Vorrei anche valorizzare l'osservazione del collega Testa sulla necessità che si sarebbero forse potuti esaminare, valutare e magari attuare gli interventi selettivi. Per non so quale alchimia del caso tocca sempre a me intervenire sul superbonus in Aula e lo faccio volentieri, come suppongo sia evidente. Nel discutere la questione pregiudiziale riferita a questo decreto, mi è occorso di far notare a quest'Aula, per il tramite di chi la presiedeva, che con un costo di 100 miliardi abbiamo riqualificato il 4 per cento degli edifici italiani. Questo significa che per riqualificarli tutti avremmo dovuto spendere 2.500 miliardi. Ora bisogna anche un attimo ragionare sull'efficienza e sull'efficacia di una misura di questo tipo, perché forse qualcosa è andato storto. Non tutti gli edifici italiani, naturalmente, hanno bisogno di essere riqualificati, però vi rendete conto che apparentemente c'è qualcosa che stride, c'è un'apparente sproporzione, che poi si riflette anche nel ragionamento sui benefici macro.

Allora, qui abbiamo un discorso di verità che va fatto, perché non possiamo continuare a ragionare in termini di gettito che la misura creerebbe nei secondi, terzi e quarti passaggi complessivi, in un contesto culturale in cui, per esempio, non si tiene mai conto neanche del più banale moltiplicatore keynesiano e in cui abbiamo un sistema di controlli che non ho capito se consideri o meno gli effetti indotti; li considera sempre a svantaggio e mai a vantaggio.

D'altra parte, non possiamo continuare a non considerare le pesanti distorsioni del mercato che questa misura ha generato, perché le ha generate e questo è nell'esperienza di ognuno di noi. Abbiamo incontrato sia i costruttori giustamente preoccupati perché lavoravano nel settore della ristrutturazione sia i costruttori giustamente preoccupati - forse il termine non sarebbe neanche questo, ma sarebbe un termine irriferibile a quest'Aula - perché lavoravano nel nuovo, perché costruivano e non ristrutturavano e trovavano prezzi lievitati e non trovavano i materiali. È successo a tanti di noi. Adesso non siamo tutti ma, se ci fossimo tutti, penso che ci sarebbero almeno 3, 4 o 5 di noi che, avendo provato a rifare una finestra in casa propria, non ci sono riusciti, perché il mercato era completamente saturato dalla domanda proveniente da questa misura che, dobbiamo dirlo, ha drogato l'economia.

Sempre sul tema politico, adesso, dopo avere esaurito la lista delle cose che mi sembrava doveroso sottolineare nell'intervento del relatore, vorrei fare un'altra osservazione. L'altro tema politico grandemente dibattuto storicamente è quello della coerenza. In realtà, sulla coerenza io la penso come la pensava uno molto più bravo di me, Keynes: quando i fatti cambiano io cambio la mia opinione e voi cosa fate? Qui il fatto che è cambiato sappiamo benissimo qual è - l'ho ricordato anche nel mio precedente intervento sulla questione pregiudiziale e lo ha ricordato, fra le righe, anche il relatore - ed è stato la decisione di Eurostat di considerare questi crediti come crediti pagabili. Questo, però, nulla cambia rispetto ai dati che sono agli atti, cioè che il partito che rappresento ha sempre considerato il superbonus una misura irrazionale e, però, ha sempre chiesto certezza del diritto. Speriamo che con questo ulteriore e ultimo intervento si accantoni una misura irrazionale, si ripristini l'esigenza di una certezza del diritto, si volti pagina e si cominci a parlare di un sistema razionale di incentivi all'edilizia, magari prendendo spunto dalla proposta di legge a prima firma del presidente Gusmeroli che è già stato depositato in questo ramo del Parlamento in questa legislatura. In questo provvedimento si fanno proposte per dare una configurazione stabile a un insieme di interventi che finora hanno avuto la caratteristica di essere estemporanei e frastagliati.

Dopodiché, immagino che poi - lo sviluppo della discussione forse lo rileverà - il Governo e la maggioranza saranno accusati dall'opposizione di non fare quello che avevano promesso di fare quando erano all'opposizione, però siamo anche in una fase in cui chi era al Governo prima fa opposizione a se stesso, accusando noi di non fare cose che avrebbero potuto fare loro. Questa volta non entrerei in dialettiche di questo tipo, anche perché espongono a incidenti. Banalmente, non più tardi della settimana scorsa, qui il Primo Ministro è stato accusato di essere Ministro per la Gioventù in un Governo che avrebbe introdotto il tetto alla spesa per il personale sanitario, laddove, poi, questo tetto a me risulta che venne introdotto nel comma 565 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, legge finanziaria 2007, che fu la prima legge finanziaria del Governo Prodi e forse magari un Primo Ministro ha più responsabilità di quello che succede in una legge finanziaria rispetto a un Ministro che si occupa di un tema nobile come quello della gioventù. Questo anche per dire che da questo episodio possiamo trarre una serie di lezioni, incluso il fatto che forse la destra non dovrebbe prorogare misure prese dalla sinistra soprattutto quando sono sbagliate. Peraltro, è esattamente quello che stiamo facendo qui, cioè stiamo ponendo un termine a misure di sinistra sbagliate, che è quello che dovrebbe fare la destra. Io so che, purtroppo, oggi si dice che le ideologie sono morte e non si deve ragionare in modo ideologico, però ogni tanto l'ideologia è anche una sana igiene del pensiero.

Tanto per dare un senso al mio essere qui da docente di economia e prima di chiudere questo capitolo, approfittando dei pochi minuti che mi restano grazie alla generosità del Presidente, vorrei ripercorrere brevemente la storia del superbonus, perché dal punto di vista concettuale macroeconomico questa storia si inserisce in un lunghissimo dibattito che risale a molto prima di maggio 2020, quando la misura fu adottata. Si tratta del dibattito sui pregi e sui difetti di una eventuale moneta fiscale, perché alla fine lo scopo del superbonus, visto in un'ottica macroeconomica, era questo: creare, attraverso la circolazione dei crediti fiscali, una fonte alternativa di liquidità. Rispetto a questo ci sono almeno due considerazioni da fare.

La prima era che questo dibattito sulla moneta fiscale in generale, quindi il dibattito del quale il superbonus è un di cui, è un dibattito totalmente privo di senso, che non risolve i problemi che noi abbiamo nell'Eurozona con la politica monetaria. Il fatto che ci sia una moneta fiscale parallela, cioè, che era lo scopo, sotto le lenti della macroeconomia, vero, sostanziale, profondo e sottostante a questo intervento, non risolve il problema che, se in Germania l'inflazione è al 4 e qui l'inflazione è all'1, la BCE alza i tassi d'interesse, condannando il nostro Paese a non crescere, in un vano tentativo di domare l'inflazione presso altri Paesi. Non lo si risolve così. Quindi, rispetto a questo il superbonus è stato - e in generale la moneta fiscale sarebbe - una cura palliativa, anche fatta male. Mi ricordo che quando partì questa misura noi eravamo all'opposizione e, quindi, non potevamo sapere come sarebbe andata. Nel nostro dibattito interno al mio partito, alla domanda “ma che sarà questa roba?” qualcuno rispose dicendo “un mini BOT, fatto peggio”. Sì, perché era una moneta fiscale basata, però, su un sottostante, i crediti per lavori facendi, da fare, facituri, che poi magari non sarebbero stati fatti, che poi magari erano semplicemente nelle carte di qualche cartiera che faceva girare fatture per incassare fondi e mandarli all'estero per finanziare non si sa chi.

Insomma, era un sottostante labile. Mentre nel tanto vituperato mini BOT, che pure, nella mia visione, sarebbe stato assoggettato alle stesse critiche riguardo l'effettiva capacità risolutiva di una moneta fiscale, il sottostante erano i debiti certi, liquidi, esigibili della pubblica amministrazione nei riguardi dei suoi fornitori, qui il sottostante era un sottostante che molto spesso si è rivelato addirittura truffaldino, quindi non poteva funzionare. Quindi, mantenendo fede alla mia promessa fatta a questa Presidenza di andare per le spicce, concludo dicendo che trovo assolutamente positivo che si riesca a mettere un punto a questa vicenda per i motivi che ho già ricordato e che ripropongo all'attenzione di quest'Aula.

Iniziamo a ragionare in modo non fazioso e non partigiano, nell'interesse del Paese, su quale possa essere un sistema razionale di incentivi all'edilizia, magari togliendo un po' di ideologia verdista-ambientista e concentrandoci sul pragmatismo che la situazione del nostro territorio richiede. È un territorio in cui i rischi sono di un certo tipo, li conosciamo, ad esempio quello sismico, e magari da lì dovremmo partire per concentrare la nostra attenzione su provvedimenti che abbiano un senso.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fenu. Ne ha facoltà. Anche per lei, come sa, ci sono 30 minuti a sua disposizione.

EMILIANO FENU (M5S). Non li userò tutti, probabilmente. Grazie, comunque, per il pensiero. Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi, del collega Testa, del relatore, e del collega Bagnai. Qualcuno ha parlato di operazione verità. Presidente, vorrei leggere una frase che è apparsa su diversi quotidiani a fine luglio del 2021, una frase che diceva: sarà più facile accedere al superbonus 110 per cento grazie alla presentazione al comune della sola CILA, la comunicazione di inizio lavori asseverata, senza bisogno di ulteriori certificazioni di regolarità. Questa frase l'ha pronunciata il Ministro Brunetta, Ministro del Governo Draghi, e accompagnava l'approvazione definitiva del cosiddetto decreto Semplificazioni-bis. Fino a quel momento, il superbonus, e questo lo avete scritto voi, lo ha scritto la maggioranza nella bozza di relazione sull'indagine conoscitiva sul superbonus, quella che sta circolando in questi giorni, era al di sotto di quelle che erano le stime dei costi, e in quel momento il Governo Draghi era già in carica da 5 mesi. Quindi, quest'ansia da parte dei colleghi della maggioranza, del relatore, del collega Bagnai, della Presidente del Consiglio Meloni, di dire in continuazione che il Governo Conte non ha calcolato le stime dei reali costi è una balla, è una bugia, e si continua a ripeterla solo per far passare questa narrazione. La verità è che, quando è nato il superbonus, le stime dei costi erano perfette, il superbonus era al di sotto delle stime. Dopodiché, era molto complesso portare avanti il superbonus, perché noi avevamo previsto presidi di sicurezza, che hanno dimostrato anche di funzionare, perché le truffe sul superbonus sono state pochissime, però c'era una difficoltà a far partire la misura. E tutti i partiti, anche chi allora era all'opposizione, anche all'opposizione del Governo Draghi, quindi il partito di Fratelli d'Italia, tutti quanti, e anche noi, chiedevamo, giustamente, che si eliminassero quegli ostacoli che impedivano alla misura di svilupparsi. Però, questa misura ha conosciuto il suo pieno sviluppo, la sua accelerazione, è andata, come dice la maggioranza - non lo condivido -, fuori controllo dopo la decisione, in particolare del Ministro Brunetta, ma del Governo Draghi, di modificare il paletto principale, che era quello della presentazione della CILA e quello delle difformità edilizie. Lo so che è inutile chiederlo, perché purtroppo la menzogna è la cifra di questa maggioranza e di questo Governo, però chiedo almeno di avere rispetto per i propri elettori e dire finalmente la verità. Il superbonus è cresciuto molto da luglio 2021. E questo non lo dico io, lo dite voi, se magari vi prendete la briga di leggervi le bozze di relazione che presentate ai rami del Parlamento. Presidente; eccola qui, ce l'ho, leggo, ma giusto per far capire come queste sono cose che dice la maggioranza: in primo luogo merita di essere segnalato, come notato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, che nei primi 15 mesi di vigenza dell'agevolazione, la gran parte dei quali non sono coperti dal monitoraggio effettuato da ENEA - quindi addirittura i primi mesi non sono neanche coperti, dunque andiamo direttamente ad agosto 2021 -, sono stati ammessi a detrazione interventi per poco meno di 7,5 miliardi di euro, 5,1 dei quali riferibili a interventi conclusi - quindi 5 miliardi di interventi conclusi e 7 miliardi di detrazioni -, a testimonianza di un avvio lento degli investimenti dovuto anche alla complessità dei lavori da realizzare e alle relative procedure amministrative. Anche grazie alle misure di semplificazione adottate, gli interventi hanno quindi subito una decisa accelerazione e la crescita degli interventi ammessi a detrazione non si è arrestata a seguito delle modifiche legislative introdotte, volte a limitare l'impatto finanziario dell'agevolazione. Questa accelerazione è stata voluta dal Ministro Brunetta, da tutti i partiti, inclusi noi, perché era giusta, era corretta, e da tutto il Governo, incluso il Ministro Giorgetti, che era Ministro dello Sviluppo economico allora e che è Ministro dell'Economia adesso. Quindi, in realtà, questa accelerazione, questi conti fuori controllo non lo sono, però, se proprio vogliamo dirlo, in realtà li avete creati voi.

E non è finita, perché, resosi conto, il Governo Draghi, il Presidente del Consiglio Draghi, che i costi effettivamente non rientravano più in quelli che erano i costi inizialmente e correttamente stimati dal Governo “Conte 2”, da novembre 2021 si è iniziata tutta una serie di interventi normativi, 30 interventi normativi, che avevano come fine dichiarato quello di ridurre la possibilità di fare delle truffe. In realtà, la vera finalità era quella di destabilizzare in qualche modo il mercato e irrigidirlo, in modo tale che non si acquistassero più i crediti. Su questo atteggiamento ha continuato anche il Governo Meloni, che però ha fatto di peggio. A me dispiace, perché stimo il collega Bagnai, però ogni volta lui, così come altri colleghi, citano a sproposito Eurostat.

Il Governo Meloni ha fatto di peggio, perché, continuando in quella che era la linea del Governo Draghi, di modificare la norma per irrigidire il mercato, oltre alle richieste esplicite che ci sono state a banche e Poste di non acquistare più crediti per cercare di disincentivare la misura, questo Governo ha cercato di approfittare della situazione, modificando, a febbraio 2023, la classificazione dei crediti e mentendo al Parlamento e al Paese, così come è stato fatto oggi, dicendo che Eurostat aveva dato indicazioni perché quei crediti fossero considerati pagabili, quindi perché venisse modificata la classificazione del bilancio, quindi mentendo al Paese, ma mentendo contemporaneamente a Eurostat, dicendo a Eurostat “li stiamo classificando così perché i crediti incagliati saranno pochissimi, saranno quasi niente”.

Questa doppia menzogna ha fatto sì che il bilancio dello Stato attualmente sia falso, perché l'ammontare dei crediti incagliati è talmente elevato che, se davvero si seguono le vere linee guida di Eurostat, ci rendiamo conto che la classificazione è sbagliata. Eurostat sa benissimo questa cosa, sta chiedendo chiarimenti, li richiederà a giugno 2024. Se la situazione dei crediti fermi, persi e incagliati rimane la stessa, il Governo italiano sarà costretto nuovamente a cambiare il bilancio dello Stato. Queste sono le azioni che hanno posto in essere prima il Governo Draghi e poi il Governo Meloni, altro che Governo Conte.

Quando è nato il superbonus, i prezzi, i costi e le stime erano in linea con quelle che poi sono state le uscite per lo Stato. Quindi, Presidente, ci tenevo a ristabilire un minimo di verità, ma un accenno giusto a quello che è il contenuto del decreto. Tra le varie misure c'è quella condivisibile, ci mancherebbe altro: stai fermando tutto, almeno non fare gli accertamenti a chi non è stato in grado e a chi non riesce a portare a termine i lavori.

Ma c'è un altro passaggio - sono stati quasi tutti evidenziati dal relatore, quindi mi limito a evidenziarne un paio - quello del contributo per chi ha redditi bassi e non riesce a terminare i lavori. Avete detto quali sono le detrazioni comunicate a ENEA, sono all'incirca 100 miliardi. Secondo voi, un contributo di risorse per chi non è riuscito a terminare i lavori pari a 16 milioni di euro vi sembra di un importo sufficiente o vi sembra una presa in giro? È una presa in giro, tanto valeva non prevedere alcun contributo. Non si è in grado di terminare i lavori e basta, perché avete deciso di non far terminare i lavori a chi li ha iniziati. È inutile che stanziate fondi ridicoli che non servono a nulla e che nessuno userà, tra l'altro sono destinati a chi ha redditi inferiori a 15.000 euro. Secondo voi, chi ha un reddito inferiore a 15.000 euro riesce a portare a termine i lavori di efficientamento energetico nell'abitazione? Eppoi, come fare le differenze sui lavori condominiali? Dovete spiegare anche questo. Ci saranno famiglie e condomini che hanno redditi più alti, altri meno elevati, famiglie più attente a questo tipo di lavori e famiglie più sprovvedute e ci sono tanti condomini pensionati. Anche questo, ad esempio, è un problema e, quindi, altro che ultimo decreto, dovrete ritornarci su perché altrimenti scoppierà un caos, ve l'hanno detto anche gli auditi, i quali sono sempre stati molto attenti a non offendere un Governo che, evidentemente, hanno capito essere molto vendicativo e in malafede. Questo, purtroppo, ho notato nelle audizioni. Hanno cercato di dirlo in maniera soft, però vi hanno detto che questo decreto non serve a niente, i contenziosi tra committenti e imprese stanno già iniziando, questo è l'altro punto.

Un altro punto - evidenzio questo, visto che gli altri sono stati sottolineati - riguarda il tema delle barriere architettoniche. Sulle barriere architettoniche effettivamente ci sono stati abusi, ma li avete causati voi con il decreto di marzo dell'anno scorso, nel quale avete lasciato maglie talmente lasche sugli abbattimenti delle barriere architettoniche che ci sono stati abusi. Infatti, si installavano infissi normalissimi e bastava un codice diverso per poterli far rientrare nell'abbattimento delle barriere architettoniche. Come avete risolto il problema? Ora anche a chi ha in casa un disabile non è più consentito sostituire gli infissi, eppure gli infissi, le porte, sono tra gli elementi principali per l'abbattimento delle barriere architettoniche. Questo è il metodo con cui questo Governo cerca e tenta di risolvere i problemi.

Per quanto riguarda l'efficacia in termini di crescita economica, di efficientamento energetico e di numero di abitazioni coinvolte nei lavori, in realtà nel sito ENEA - se proprio vogliamo vedere i numeri - il numero di edifici, di condomini che hanno effettuato i lavori è di 100.000. Ora, se si fa una media di 20 appartamenti per condominio, stiamo parlando di 2 milioni circa di appartamenti. Fate un po' voi i conti del numero medio di abitanti per ogni appartamento: saranno circa 3-4 milioni gli italiani coinvolti dalle misure di efficientamento energetico.

Sempre in tema di efficienza energetica, un paio di settimane fa il collega Cappelletti ha presentato un'interrogazione rivolta al Ministro Pichetto Fratin in quanto sono stati resi pubblici i risparmi sulla bolletta nazionale determinati dai lavori di efficientamento energetico e di superbonus. I risparmi in un anno sono stati pari a 3 miliardi di euro. Il collega Cappelletti ha chiesto al Ministro una cosa che tutti avremmo chiesto, considerato che questi risparmi sono molto ingenti. Infatti, 3 miliardi all'anno sono tanti, non sono pochi, se si moltiplicano anche per la durata degli impianti installati, quindi sono tanti i soldi risparmiati. Tuttavia, in questi 3 miliardi non è inclusa l'energia elettrica autoprodotta, prodotta cioè da chi ha installato sopra le proprie abitazioni gli impianti fotovoltaici. Questa a quanto ammonta? Sembrava una domanda banale, eppure il Governo su questo non ha dato risposta perché diceva che erano due dati che non c'entravano niente. Va bene, non c'entrano niente, ma diteci quant'è. Un miliardo, due miliardi? Noi stiamo parlando di risparmio energetico e autoproduzione per 4-5 miliardi l'anno per una vita media di questi impianti di almeno dieci anni. Questa, ad esempio, potrebbe essere un'entità da considerare nell'efficacia di questa misura. Invece, il Governo come si sta comportando su queste richieste di dati, su questa richiesta di trasparenza? Non sta rispondendo, così come non ha risposto sull'entità dei crediti perduti. Non ha risposto perché evidentemente ha paura di quale potrebbe essere la reazione, la risposta di Eurostat - questa domanda è stata fatta in Commissione finanze - così come non dice quali sono i costi effetti effettivi per lo Stato. Il credito d'imposta, il superbonus funziona in maniera molto semplice: è un minore incasso per lo Stato. È molto semplice: io dovrei pagare 1000, ho 500 di credito, lo Stato incassa solo 500. In Commissione, a novembre 2023, abbiamo chiesto: da quando è nato il superbonus, qual è stato il minore incasso per lo Stato, cosa ha perso lo Stato sul superbonus? Lo sapete quanto ha perso lo Stato per via del superbonus? 15 miliardi su 140 miliardi, di cui 13 finanziati con il PNRR. Poi, la retroazione fiscale: lo Stato di indotto, di gettito, quanto avrà incassato dal superbonus? Le stime ci sono, sono tante, sono state fatte dal Censis, da Nomisma, sono state fatte da tutti, a quanto pare sono state fatte anche dal Ministero dell'Economia che ancora non le rende pubbliche. La stima del rientro per lo Stato va da 50 a 70 per ogni 100 euro spesi. Oggettivamente, con le informazioni che siamo riusciti ad avere, lo Stato ci è andato sopra, anche di tanto.

Io stimo il relatore, il collega Testa, e so che ha chiesto questa informazione al Governo, ma chiedete bene queste informazioni, chiedetele anche precisamente, cosa che avremmo dovuto fare con la Commissione d'inchiesta proposta da Fratelli d'Italia. Il collega Testa ha chiesto già in Commissione al Governo di fornire le stime esatte, quindi forniamo le stime esatte. Da tutti gli auditi è pervenuta un'unica richiesta su cui dovremmo essere tutti d'accordo, anche perché l'Europa ci obbliga a far fare il salto di due classi energetiche a un milione di edifici nei prossimi anni. In qualche modo dovremo fare. Vogliamo fare, come ho letto da qualche parte, indebitare i pensionati per fare questi lavori? Questa è una delle idee che stanno circolando.

Facciamo una cosa: seguiamo i consigli degli auditi, cerchiamo di rendere strutturale, non dico il superbonus, ma chiamiamolo “super Giorgia”. Non mi interessa il nome, l'importante è che non si disperda quello che abbiamo fatto con questa misura. Abbiamo fatto una cosa semplice ma rivoluzionaria. Abbiamo detto alle persone: guardate che le fonti rinnovabili sono un bene comune, quindi voi avete il diritto di utilizzarle per produrre energia elettrica per voi e per la vostra famiglia e lo Stato in questo vi deve sostenere. Questo ha avuto anche un effetto economico positivo, però, siccome qui si dice di tutto e di più, facciamo questa operazione di verità, facciamo questa Commissione d'inchiesta, raccogliamo tutte queste informazioni che stanno venendo fuori, un po' sottaciute, e vediamo davvero in che modo si può fare anche perché siamo obbligati a farlo. La scelta di questo Governo è diversa, perché è oggettivamente diversa, in quanto si vuole fare in realtà dell'Italia un hub del gas. Adesso la Presidente del Consiglio incontrerà i leader africani, ma il vero obiettivo in realtà è cercare di raccogliere in Italia le fonti fossili, e farne un hub, per poi redistribuirle nel resto dell'Europa. È una scelta, è una scelta politica che questo Governo sta compiendo. Viene chiamata Piano Mattei, in realtà è il piano di ENI e di De Scalzi, però è una scelta. Non contesto il diritto del Governo - ci mancherebbe altro - di compiere delle scelte strategiche di carattere energetico. Però, se si compie questa scelta, lo si dica chiaramente ai cittadini. Noi non siamo d'accordo a che i cittadini producano da soli l'energia che occorre loro per vivere, vogliamo che i cittadini continuino ad essere schiavi delle grandi compagnie petrolifere.

Questo lo dica, così almeno sappiamo chiaramente quali sono le intenzioni del Governo. Il resto, sinceramente, è tutta fuffa e, prima o poi, verranno fuori i numeri veri.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Milani. Ne ha facoltà.

MASSIMO MILANI (FDI). Grazie, Presidente. Io vorrei fare un intervento soprattutto a favore dei cittadini italiani, che mi auguro ascoltino queste nostre parole, perché nei primi interventi di questa discussione mi è sembrato di tornare un po' indietro nel tempo. Mi sembrava che già, almeno un anno, un anno e mezzo fa, avessimo risolto il problema di questa misura del superbonus. Tuttavia, vedo che si torna ancora ad argomentazioni vecchie e non voglio entrare in questa polemica. Invece, mi interessa sottolineare alcuni aspetti che il provvedimento contiene e comunicarli ai cittadini che vorranno ascoltare questa nostra discussione.

Innanzitutto, le motivazioni sulla necessità e urgenza, che ci sono tutte in questo provvedimento. Siccome c'era l'attesa, magari, di una proroga, così come è stato fatto in altre misure precedenti, era necessario, invece, dare chiarezza sul fatto che non c'era più possibilità di proroga. Così come era necessario, invece, mettere in sicurezza quelle persone e quelle famiglie che sono più fragili. Quindi, la misura è volta, sostanzialmente, a confermare lo stop al superbonus e la salvaguardia dei contribuenti che si sono avvalsi delle agevolazioni fiscali in materia edilizia nelle percentuali, così potenziate, del 110 fino al 31 dicembre 2023. Inoltre, vi era la necessità e l'urgenza di prevedere misure volte a rivedere la disciplina delle cessioni dei crediti e dello sconto in fattura, in luogo delle detrazioni fiscali. Il Governo ha preso l'impegno, nella discussione in Commissione, di rivedere tutta la materia delle detrazioni fiscali. Ovviamente, serviranno dati consolidati, che arriveranno, probabilmente, nei prossimi mesi, in primavera, e su quella base si potrà finalmente valutare come poter rivedere tutta questa materia.

Ma veniamo ora a una breve analisi del provvedimento, anche per farlo conoscere. All'articolo 1 si prevede che le detrazioni spettanti per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto superbonus per le quali è stata esercitata l'opzione dello sconto in fattura nonché della cessione del credito d'imposta non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione dell'intervento stesso, ancorché tale circostanza comporti il mancato soddisfacimento del requisito del miglioramento delle due classi energetiche. Quindi, la disposizione introduce una misura di salvaguardia per chi non ha terminato gli interventi rientranti nella disciplina del superbonus, anche se si sapeva benissimo già da un anno che gli interventi si sarebbero dovuti ultimare alla fine del 2023. Il comma 2 riconosce, inoltre, a valere sulle risorse di cui al Fondo istituito con il decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, ai cittadini con un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro e che abbiano raggiunto uno stato d'avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento a fine dicembre uno specifico contributo a favore dei soggetti che eseguono interventi agevolati ai sensi dell'articolo 119, comma 8-bis.1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34. Ebbene, qui si è detto che il Fondo è incapiente. Del Fondo, che aveva un valore di 20 milioni, sono stati utilizzati, l'anno scorso, poco meno di 4 milioni, e quindi c'è una capienza ulteriore di 16 milioni. Evidentemente, è sufficientemente capiente, per ora. Dopodiché, si potranno fare sicuramente analisi ulteriori, più avanti. L'importante è garantire a coloro che non hanno un reddito alto di poter continuare con questa misura e non impedire, se si è in condominio, per esempio, l'esecuzione dei lavori per incapacità di provvedere all'erogazione del pagamento di quanto rimane per l'ultimazione dei lavori. In particolare, quindi, parliamo di condomìni, ma in realtà si allarga anche alle ONLUS e alle organizzazioni non lucrative iscritte nei registri regionali, quindi la platea è sufficientemente ampia. Ma certo, parliamo di situazioni di limitata disponibilità economica accertata.

L'articolo 2 estende il divieto generale di fruizione indiretta, attraverso la cessione del credito o dello sconto in fattura, dell'agevolazione del 110 anche agli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici nelle zone sismiche 1-2-3 compresi nei piani di recupero di patrimonio edilizio o riqualificazione urbana per i quali non sia stato richiesto, prima del 30 dicembre 2023, il relativo titolo abilitativo. Anche qui, si era derogato l'anno scorso per questi interventi e si restringe il campo perché, se qualcuno, pur avendo avuto mesi e mesi per presentare la domanda, il progetto ancora non l'ha fatto, diciamo che, forse, non era intenzionato a farlo e quindi si pone un limite.

Il comma 2, a proposito di questi interventi, introduce l'obbligo di stipulare contratti assicurativi a copertura dei danni cagionati agli immobili da calamità naturali ed eventi catastrofali per i contribuenti che usufruiscono o usufruiranno della detrazione del 110 per cento per gli interventi effettuati nei comuni e nei territori colpiti da eventi sismici. Questa misura serve a garantire che l'investimento che lo Stato - tutti noi - sta facendo su questi immobili sia assicurato anche in situazioni in cui, purtroppo, sappiamo che ci sarà la possibilità che si verifichino ulteriori eventi sismici e, quindi, ad assicurare l'investimento che la collettività ha fatto per la ricostruzione di questi immobili.

L'articolo 3 novella la disciplina delle detrazioni Irpef per l'abbattimento delle barriere architettoniche. Le norme in esame restringono, dal 30 dicembre 2023, l'ambito oggettivo dell'agevolazione. Essa viene infatti limitata agli interventi aventi ad oggetto scale e rampe e l'installazione di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici. È inoltre specificato che per usufruire della detrazione delle spese sostenute e documentate i pagamenti devono essere effettuati con il cosiddetto bonifico parlante. Viene, poi, chiarito che il rispetto dei requisiti richiesti dalla legge per l'accesso alla detrazione deve risultare da un'apposita asseverazione rilasciata da tecnici abilitati. È chiaro che si tratta di un restringimento rispetto alle previsioni fin qui vigenti ma, proprio perché - come abbiamo sentito anche in discussione - ci sono stati abusi durante i mesi precedenti, era necessario chiarire quali sono gli interventi oggetto di agevolazione e che, peraltro, ricordo, vedono la loro scadenza al 2025. Quindi, è una misura correttiva che lascia un favor, un'attenzione ai casi in cui sia necessaria la realizzazione di questi abbattimenti architettonici e, soprattutto, un favor nei confronti di quelle famiglie che hanno, purtroppo, al proprio interno, una riconosciuta disabilità.

Il comma 2 modifica l'articolo 2 del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, il cui comma 1-bis, nella formulazione vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto-legge, riconosce per le spese relative ad interventi di superamento delle barriere architettoniche, con detrazione riconosciuta al 75 per cento, la possibilità di continuare ad avvalersi della disciplina della cessione del credito e dello sconto in fattura. Quindi, per queste fattispecie continua ad essere possibile la cessione del credito. Si tratta di un'agevolazione importante che viene limitata, nella fattispecie più generale, ai percettori di redditi fino a 15.000 euro mentre, per i casi - come dicevo poc'anzi - di famiglie con accertata disabilità all'interno, senza alcuna limitazione di reddito.

In sintesi, dal 1° gennaio 2024, il superbonus si abbassa al 70 per cento e calerà al 65 per cento nel 2025. Con il decreto-legge n. 2012 del 2023 viene introdotta una salvaguardia per i lavori non completati entro il 31 dicembre 2023 - quindi non è questo decreto che ferma il superbonus, in realtà questo decreto interviene a salvaguardare - e si istituisce un Fondo di povertà per i redditi con ISEE sotto i 15.000 euro, finalizzato a compensare la differenza tra la precedente aliquota del 110 per cento e quella attuale del 70 per cento, ma soltanto se gli interventi hanno raggiunto uno stato di avanzamento pari al 60 per cento entro il 31 dicembre scorso. La detrazione al 110 per cento sarà mantenuta solo per i lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023. Il decreto-legge prevede, in relazione ai cantieri avviati nel rispetto dei termini relativi alla normativa sul superbonus 110, che sarà riconosciuto il credito d'imposta per tutti i lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023. Per le opere ancora da effettuarsi, a partire dal 1° gennaio 2024 si confermano le percentuali già precedentemente definite, quindi aliquota al 70 per cento.

Al fine di tutelare i cittadini con i redditi più bassi e di consentire la conclusione dei cantieri del superbonus già avviati e che abbiamo raggiunto uno stato d'avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento al 31 dicembre è previsto uno specifico contributo, riservato ai percettori di redditi inferiori a 15.000 euro, in relazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2024 sino al 31 ottobre 2024. Il contributo sarà erogato nei limiti delle risorse disponibili dall'Agenzia delle entrate, secondo i criteri che saranno definiti dal Ministero e così via. A partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge si esclude la possibilità di cessione del credito d'imposta anche nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici relativi alle zone sismiche 1, 2 e 3 a tutela delle persone con disabilità e, lo ribadisco ancora, al fine di evitare l'uso improprio dei bonus per l'abbattimento delle barriere architettoniche, si limitano il novero degli interventi sottoposti all'agevolazione e i casi nei quali continuano a essere previsti lo sconto in fattura e la cessione del credito. Inoltre, sarà necessaria un'apposita asseverazione per dimostrare che gli interventi siano effettivamente corretti e finalizzati allo scopo dell'abbattimento delle barriere architettoniche.

Un breve cenno su quanto è avvenuto in Commissione. Durante la discussione in sede referente nella Commissione VI (Finanze) il Governo ha bocciato tutte le proposte emendative, evidenziando che la misura del superbonus ha avuto effetti seri e gravi sui conti pubblici e, come già evidenziato dal Ministro Giorgetti in sede di audizione sul disegno di legge di bilancio 2024, il Governo ha anche posto in essere tutte le misure possibili utili a salvaguardare i saldi di finanza pubblica. Si è detto consapevole delle istanze legittimamente avanzate dai cittadini e dagli operatori del settore e ha confermato la volontà di porre la massima attenzione alle questioni sollevate. Ha riscontrato, tuttavia, la necessità di assumere un atteggiamento responsabile sulla misura in esame nell'ambito del delicato compito di salvaguardia dei conti pubblici. I partiti di maggioranza e con essi, ovviamente, Fratelli d'Italia, dal canto loro hanno apprezzato l'impegno e la disponibilità del Governo a proseguire l'analisi delle misure in esame, per introdurre una disciplina degli interventi che sia compatibile con la salvaguardia dei conti pubblici, affinché non accada più che rispetto alle iniziali previsioni di spesa di circa 35 miliardi, su questa misura, si arrivi poi a superare i 100 miliardi. In questo contesto, quindi, si rendeva necessario confermare le decisioni già assunte con precedenti provvedimenti e stoppare, definitivamente, l'agevolazione del 110 per cento, eliminando la possibilità di cessione del credito e abbassando, come già previsto, le aliquote di agevolazione con décalage progressivo. Comunque, con questo provvedimento il Governo cerca di venire incontro alle esigenze dei cittadini più deboli e, allo stesso tempo, tiene ferme le esigenze di salvaguardia dei conti pubblici. Fratelli d'Italia si ritiene soddisfatta del lavoro parlamentare svolto sin qui e auspica un confronto con le forze di opposizione e con gli operatori del settore, volto a definire nei prossimi mesi, quando avremo dati certi sulla spesa, un quadro di agevolazioni fiscali in edilizia sostenibile dal punto di vista della finanza pubblica italiana.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, intervengo a conclusione della discussione generale di stamattina. Abbiamo sentito il relatore Testa, abbiamo sentito gli interventi di colleghi di altre forze politiche e abbiamo sentito dire molte cose. Alcune di queste non sono corrette, non corrispondono ai dati. Non mi riferisco ai dati che sono stati presentati e segnalati dalle forze politiche ma al lavoro che ha fatto il Parlamento, che hanno fatto le Commissioni ambiente e bilancio, con un percorso di indagine conoscitiva che ha cercato di fare il punto non solo sul superbonus ma su tutta la situazione dei bonus edilizi, con l'obiettivo di capire cosa sta succedendo non per prorogarli ma anche per valutare, nel momento in cui vi è la decisione politica di un'uscita, un'uscita ordinata. A questo io vorrei ricollegarmi perché, purtroppo, noi ancora non abbiamo le relazioni di queste indagini conoscitive e penso che sia fondamentale, invece, avere questi elementi perché noi possiamo fare una discussione politica per decidere se fare o no il superbonus ma, una volta che si assume la decisione politica, c'è la carne viva delle persone che sono coinvolte, delle imprese, dei lavoratori, dei cittadini e delle persone che hanno iniziato a fare i lavori, che hanno preso degli impegni, che hanno paura di andare sul lastrico per le nostre scelte. Quindi noi, per poter decidere come uscire in maniera ordinata, dobbiamo sapere di che cosa stiamo parlando, qual è il volume delle situazioni ed esattamente quali sono le conseguenze delle azioni e delle scelte che noi andiamo a mettere in campo. Da queste audizioni emergono dati che confutano alcune delle cose sono state dette. La produzione sviluppata è stata per 97 miliardi, le entrate generate da questa produzione sono già di 42 miliardi, il credito di imposta concesso di 106 miliardi, le entrate indirette - risparmio energetico, produzione di energia e imposte per ricaduta dalle altre economie - 29,72 miliardi. Il totale costo effettivo quindi per il 2021-2023 è di 35 miliardi e questo ha portato a un aumento di 200.000 unità lavorative in termini di occupazione e un risparmio energetico pari al 3,3 per cento del consumo nazionale. Quindi, sul presupposto di una tassazione media del 43,3 per cento, il contributo portato dal solo superbonus nell'anno 2021 è stato di 12 miliardi di entrate a fronte di uscite per 28 miliardi di contributi a carico dello Stato. Il contributo di 28 miliardi sarà pagato dallo Stato in cinque quote annuali di 5,6 miliardi l'anno. Da maggio 2020 a febbraio 2023 risulta che si sia usufruito di 75 miliardi di detrazioni superbonus, che il PIL si sia sviluppato per circa 40 miliardi l'anno. L'effetto della nuova norma è stato pertanto di circa 40 miliardi di euro l'anno di lavori aggiuntivi che hanno raddoppiato i volumi economici di crescita nel settore delle costruzioni. La norma ha contribuito all'incremento del PIL nazionale per una quota del 2 per cento e, secondo i dati di contabilità nazionale, il contributo degli investimenti in costruzioni residenziali alla crescita del PIL nel biennio scorso è stato di 2 punti percentuali. Metà del contributo sarebbe riferito allo shock positivo generato dell'incentivo fiscale. Va aggiunto, al riguardo, che uno shock di spesa nel settore delle costruzioni si propaga anche al resto dell'economia, sia direttamente sia indirettamente, producendo a cascata un valore aggiunto che in equilibrio è approssimativamente simile allo shock iniziale, ossia con un moltiplicatore quasi unitario e questo lo dice l'Ufficio parlamentare di bilancio. In base ai dati Nomisma, gli 88 miliardi al settembre 2023 di superbonus che finora sono stati spesi hanno prodotto valore diretto, indiretto e indotto maggiore di 200 miliardi. Nel lungo periodo, si stimano un miglioramento del gettito e altri benefici di carattere occupazionale di impatto sulla filiera. Sul fronte energetico, si stima un risparmio annuo di 30 miliardi da parte delle famiglie, pari a un risparmio energetico in bolletta di 1.000 euro per unità immobiliare efficientata. In base ai dati Istat, dal 2020 al 2022 l'occupazione si è incrementata nel settore costruzioni al ritmo di 200.000 unità ogni anno. Il valore aggiunto prodotto dal settore è tornato a livelli del 2010. I dati forniti da ENEA riportano che solo con lo strumento superecobonus (rimane escluso il sisma bonus) nel periodo settembre 2021-settembre 2023 sono stati conclusi i lavori su 430.000 edifici, su un parco immobiliare complessivo di 12 milioni.

Potrei continuare con questi dati, ma penso che quello che sta emergendo sia un quadro di quale sia stato - possiamo avere posizioni diverse - l'impatto nella nostra economia di questo provvedimento. Quando vediamo materiale elettorale delle forze di Governo che rivendica, ad esempio, come un proprio risultato gli effetti in termini di occupazione, non possiamo dimenticare che le 200.000 persone in più ogni anno che hanno trovato lavoro l'hanno trovato per via di questo provvedimento. Quindi, invito tutte e tutti noi a fare un passo indietro dallo scontro ideologico e un passo in avanti per cercare di entrare nel concreto di una discussione che avrà conseguenze economiche, macroeconomiche, sociali e occupazionali ma che già adesso riguarda molte persone in grande condizione di fragilità che vivono le scelte che stiamo portando avanti con una profondissima preoccupazione. Per questo lavoro importante, ringrazio Marco Simiani, capogruppo in Commissione ambiente, Ubaldo Pagano, in Commissione bilancio per la relazione, per le indagini conoscitive, anche in Commissione finanze, su questo provvedimento, con il nostro capogruppo Virginio Merola, con Toni Ricciardi, Stefanazzi, Tabacci, D'Alfonso. Con i nostri parlamentari abbiamo cercato di dare un contributo concreto, sempre - lo ricordo - un contributo non ideologico.

Non abbiamo chiesto una proroga, abbiamo chiesto un'uscita ordinata che tenga conto degli obiettivi comunitari, perché questo provvedimento aveva un grande obiettivo, che è l'efficientamento energetico degli edifici, per noi indispensabile per raggiungere gli obiettivi comunitari, della necessità delle nostre economie, che sono fondamentali, e della vita delle persone.

Avevamo presentato 32 emendamenti: ho partecipato alla discussione in Commissione finanze, anche se non faccio direttamente parte di questa Commissione, per seguire alcuni emendamenti a cui tengo particolarmente, e devo dire che quel confronto è stata una grandissima occasione persa. Infatti, noi siamo in prima lettura, non c'è il tema che dobbiamo, in questo monocameralismo di fatto, limitarci a ratificare ciò che ha deciso il Senato, potevamo, in qualche modo, offrire un contributo e c'era anche un clima positivo di confronto su alcuni aspetti tra il Governo, i relatori, la maggioranza e l'opposizione. Ma, purtroppo, tutti i nostri emendamenti sono stati bocciati e, per questo, li ripresenteremo in Aula, li porteremo avanti, perché toccano alcune questioni che sono fondamentali, a nostro avviso, che sono utili non a prorogare, ma ad uscire in maniera ordinata, facendo del bene, e non del male, al Paese.

Abbiamo chiesto la proroga di un anno per consentire la conclusione dei lavori nei condomìni e negli IACP, volta a completare il risanamento di un patrimonio edilizio che ben difficilmente potrebbe essere riqualificato in assenza di incentivi. In particolare, per le case popolari, per le residenze popolari, si tratta di edifici che presentano un maggiore bisogno di interventi per il risparmio energetico e gli incentivi sono un sostegno alle fasce più deboli della popolazione. La proroga per loro appare opportuna anche solo per consentire di uscire in maniera ordinata, senza lasciare ancora più indietro chi è già più indietro.

Abbiamo poi chiesto la proroga al 2025 del superbonus 110 per cento per le zone colpite dall'alluvione nel mese di maggio 2023, che ancora stanno attendendo i promessi ristori e la proroga al 2029 del superbonus 110 per cento per i territori colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009.

Non solo, abbiamo chiesto di risolvere le incertezze normative sui crediti ceduti e le difficoltà di smaltimento degli stessi sul mercato, intervenendo con uno strumento statale per assorbire tali crediti, al fine di evitare speculazioni che costringano i cittadini ad accettare condizioni di cessione insostenibili. Gli impegni assunti in passato dall'Esecutivo sono stati disattesi, con particolare riferimento alla capacità di assorbimento dei crediti ceduti da parte di banche, gruppi, bancari e soggetti pubblici e privati costituiti ad hoc.

Abbiamo chiesto di alzare da 15.000 a 25.000 euro il reddito di riferimento per l'erogazione del contributo previsto, per venire incontro a quei cittadini che si trovano in una condizione oggettiva di difficoltà. Abbiamo chiesto di prorogare dal 16 marzo al 30 novembre il termine di comunicazione all'Agenzia delle entrate dell'opzione per la cessione dei crediti per le spese 2023. Abbiamo chiesto di prevedere che il divieto generale di fruizione indiretta, attraverso la cessione del credito o lo sconto in fattura dell'agevolazione, non si applichi agli interventi effettuati in relazione a immobili danneggiati da determinati eventi sismici e meteorologici, e questo per iniziativa del collega Curti.

Abbiamo chiesto di ripristinare la piena operatività del bonus abbattimento barriere architettoniche, sia in relazione agli interventi consentiti, non solo montascale e ascensori, sia in relazione alla possibilità di continuare ad esercitare l'opzione di sconto in fattura e cessione del credito su questi interventi senza alcuna limitazione, perché circoscrivere la disciplina delle detrazioni Irpef per l'abbattimento delle barriere architettoniche è antistorico, ingiusto e non tiene in alcuna considerazione le esigenze di famiglie al cui interno vi sono persone con disabilità. Fino ad oggi nessun Esecutivo ha mai messo in discussione la necessità di fornire aiuti alle famiglie con difficoltà oggettive e non vorrei che questo fosse il primo Governo a fare la storia da questo punto di vista.

Oltre tutti questi emendamenti, abbiamo ripresentato, ancora una volta, una vicenda che riguarda la mia città, che riguarda Roma, che riguarda il IV municipio. È una vicenda che è stata oggetto già di votazioni e di interventi in quest'Aula, di impegni assunti in quest'Aula. Io stringo tra le mani un ordine del giorno che noi abbiamo approvato tutti insieme, maggioranza e opposizione, lo scorso 30 novembre, e che rappresenta, a mio avviso, un impegno molto importante. Brevemente, spiego questa vicenda e racconto a chi non la dovesse conoscere cosa è successo. C'è un palazzo dove vivono 24 famiglie. Molti di voi possono averli incontrati, perché sono venuti a manifestare - questo volantino me l'hanno dato con le loro mani, proprio qui, davanti a Montecitorio, in realtà a largo Goldoni, perché Montecitorio ha una procedura particolare per la piazza, per le manifestazioni, ma sono riusciti, comunque, ad affacciarsi e a portare la testimonianza fino alla piazza, anche se hanno manifestato a largo Goldoni - per spiegare e per chiedere al Parlamento di non lasciarli soli.

Il 2 giugno 2023 c'è stato un incendio; loro erano, più o meno, al 30 per cento dei lavori. Questo incendio ha fermato i lavori, ma non ha fermato i lavori, ha fermato anche le loro vite. Vi leggo, perché è uscita sulla cronaca di Roma, una dichiarazione di Monica - secondo le stime, l'intervento costa 6 milioni e dovrebbe adesso accollarsi circa 50.000 euro -, che dice: “Ho ancora le cicatrici delle ustioni, sono scappata dal palazzo avvolta nel fumo e sono viva per miracolo. Non posso lavorare con mio marito, continuiamo a pagare il mutuo da 400 euro al mese, anche se viviamo da mia madre. Non possiamo assolutamente pagare altre migliaia di euro. Il Governo ci deve aiutare”. Queste parole investono tutti noi, non solo il Governo, la maggioranza, l'opposizione, di una assunzione di responsabilità.

Quando avevamo presentato questo ordine del giorno, l'avevamo fatto nell'ambito di un provvedimento eccezionale, che era il decreto Campi Flegrei e, in quella sede, c'era stato indicato un percorso, e vado a leggere l'impegno: “compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica” - la riformulazione giusta richiesta dal Governo per dare, poi, il parere positivo - “a valutare l'opportunità di prevedere, nel primo provvedimento utile, la proroga della detrazione del 110 per cento, di cui all'articolo 119, comma 8-bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, convertito con modificazioni (…) per gli interventi effettuati su unità immobiliari colpite da eventi catastrofali o da incendi, ivi inclusi gli immobili per i quali eventuali indagini della magistratura per i medesimi eventi abbiano comportato l'impossibilità di concludere i lavori nei termini previsti a legislazione vigente”.

In quella sede, quindi, c'è stato il rinvio a una discussione nel primo provvedimento utile. Noi come primo provvedimento utile per presentare degli emendamenti sul tema avevamo identificato la manovra di bilancio. Purtroppo, sappiamo che è arrivata alla Camera già blindata dal Senato, gli emendamenti che abbiamo presentato sono stati bocciati, ma c'era questo decreto, che parla proprio di questo, parla di superbonus, e speravamo che ci potesse essere, nell'ambito della sua formulazione, una soluzione a questo problema concreto. Badate bene, trovare una soluzione a questo problema concreto significa trovare una soluzione a un problema oggettivo che potrebbe riguardare anche altre situazioni analoghe.

Dal punto di vista del merito, non ho condiviso praticamente neanche una parola della conferenza stampa di inizio anno della Presidente Giorgia Meloni ma, da un punto di vista di metodo, c'è stato un passaggio, che voglio ricordare, che mi ha dato il senso di un metodo che, secondo me, ha un suo senso da un punto di vista metodologico, non del merito. Mi riferisco a quando lei, rivendicando i Consigli dei ministri che settimanalmente si svolgono per affrontare il tema di Caivano, dice: noi stiamo studiando la vicenda Caivano non solo per Caivano, stiamo studiando la vicenda Caivano perché vogliamo trovare, attraverso lo studio di una singola situazione, delle soluzioni migliori per tutti gli altri casi.

È chiaro che lo si fa in una maniera differente, abbiamo idee diverse su ciò che dovrebbe servire in termini di interventi, da un punto di vista sociale, culturale, economico, però, da un punto di vista metodologico, studiare accuratamente delle situazioni per cercare di trovare, di estrapolare dei concetti generali è un metodo giusto. E, in questo caso, non serve neanche andare in un'altra regione, è qui, a pochi metri dal Parlamento, nel IV municipio, a largo Nino Franchellucci, basta andare lì, a Colli Aniene, guardare negli occhi le donne e gli uomini, queste 24 famiglie, quello che stanno vivendo, la preoccupazione, la paura, l'angoscia che li stanno accompagnando e dire: noi ci siamo e vogliamo onorare gli impegni che abbiamo preso. E questo è un lavoro che dobbiamo fare qui, perché esiste un limite allo scaricabarile, a un certo punto deve esserci il momento dell'assunzione delle responsabilità!

E, se non è in grado di assumersi la responsabilità di sanare questa ingiustizia il Parlamento, ma chi può risolverla? Non possiamo pensare che ci debba essere un altro luogo.

Quindi, quello che dico è che intanto ringrazio la Sottosegretaria Albano, perché, nell'ambito della discussione che c'è stata in Commissione e di fronte all'impossibilità di dare un parere favorevole sui nostri emendamenti da parte del Governo, c'è stata, però, una dichiarazione di disponibilità a fare un incontro con queste famiglie e a farsi carico di questo tema. C'è la Commissione finanze, che si è manifestata disponibile a fare anche un percorso di audizioni, se sarà necessario, ma io penso che si debba veramente scrivere al più presto la parola fine all'ingiustizia che stanno subendo queste famiglie e lo si deve fare perché veramente qui non stiamo più parlando di superbonus; stiamo parlando dei pilastri della cultura giuridica, dei pilastri del diritto civile, dei pilastri del diritto internazionale, quei principi che la lingua latina ha scolpito in maniera molto chiara e molto netta con frasi che hanno secoli e millenni di storia, perché ci danno quello che è il perimetro della nostra azione. Il primo è il principio più importante di tutti: pacta sunt servanda. Nel momento in cui assumiamo un impegno con i cittadini lo dobbiamo rispettare e dobbiamo farcene carico. Possiamo scegliere di cambiare una direzione politica, ma quegli impegni e quel rispetto ci devono essere fino in fondo, perché non l'ha preso un Governo, ma l'hanno preso le istituzioni con i cittadini e noi siamo una Repubblica democratica che rappresenta questi cittadini. Il secondo principio afferma non solo che i patti devono essere rispettati, ma, appunto, un secondo brocardo, molto importante, dice: ad impossibilia nemo tenetur, cioè nessuno può essere obbligato a fare qualcosa di impossibile. Nel momento in cui va a fuoco un palazzo il 2 giugno non si possono concludere i lavori il 31 dicembre, se sono ancora in corso le indagini, se le persone ancora non sono rientrate nelle loro case, se non è possibile onorare quell'impegno e non si può - non si può - e non si deve non tenere conto di questi principi nel momento in cui si va ad affrontare questo tema.

Quindi, è con questo ennesimo appello che io chiedo veramente che immediatamente si svolga questo incontro e che immediatamente vengano prese quelle azioni necessarie non solo per queste 24 famiglie, ma per tutte quelle persone che non hanno potuto rispettare gli impegni perché non potevano farlo, perché per loro era impossibile farlo, e, da questo punto di vista, non ci possono essere divisioni politiche, non ci sono maggioranza e opposizione: c'è la scelta di essere in grado di onorare questi principi cardine di cultura giuridica o di non farlo. Mi auguro che almeno su questo potremo essere tutti uniti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1630​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e la rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Caparvi ed altri; Mollicone: Disposizioni in materia di manifestazioni di rievocazione storica e delega al Governo per l'adozione di norme per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (A.C. 799-A​) (ore 11,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 799-988-A: Disposizioni in materia di manifestazioni di rievocazione storica e delega al Governo per l'adozione di norme per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 gennaio 2024 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 gennaio 2024).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 799-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Alessandro Amorese.

ALESSANDRO AMORESE, Relatore. Grazie, Presidente. Buongiorno, colleghi. Un saluto alla Sottosegretaria Borgonzoni. Parto, in questa relazione, citando un passaggio importante e poi dirò da dove scaturisce. “Dobbiamo aiutare le associazioni legate alle rievocazioni storiche capaci di valorizzare il passato e la vita delle nostre città d'arte. La rievocazione è un momento per promuovere i territori e le tradizioni. Il Fondo per la rievocazione storica deve espandere la sua quantità”. Queste brevi righe sono raccolte dalla relazione programmatica del Ministro Sangiuliano, una relazione corposa, fatta anche in Commissione cultura, e mi è sembrato giusto partire da qui, perché il testo unificato, che poi andrò a spiegare e a raccontare all'Aula, prende forma anche da programmi, da proposte e da visioni culturali e politiche.

Allora, questo testo unificato intanto è l'unificazione - per l'appunto la crasi - tra due proposte di legge: quella dell'onorevole Caparvi e quella dell'onorevole Federico Mollicone, presidente della VII Commissione. Reca, come diceva il Presidente, le disposizioni in materia di manifestazioni di rievocazione storica e delega al Governo per l'adozione di norme per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. È composto da 17 articoli, che poi andrò a declinare. Cito, però, un altro passaggio importante, perché riguarda proprio il patrimonio culturale immateriale e perché quello che citerò è stato non solo preso in esame, ma il Governo Meloni, nella persona, peraltro, del Sottosegretario Mazzi, l'ha anche portato a casa e riguarda l'UNESCO. L'Italia, come sapete, colleghi, è protagonista da sempre, da quando l'UNESCO è nata, per quanto riguarda i beni culturali materiali e successivamente anche per i beni culturali immateriali. Allora, cito: “Nell'ambito, invece, della Convenzione sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale puntiamo, nel 2023, a promuovere l'iscrizione dell'arte del canto lirico italiano, un'eccellenza della nostra cultura che dobbiamo valorizzare nella nostra proiezione internazionale”. Fatto. Questo risultato è fondamentale e si va ad aggiungere agli altri 12 beni immateriali che sono già presenti nell'elenco dell'UNESCO.

Cos'è il patrimonio culturale immateriale? È quell'espressione - fa parte di esso -, quella pratica e quelle rappresentazioni di riti, saperi, tradizioni, sapori, oggetti che le comunità territoriali umane, borghi, comuni, quartieri e associazioni, riconoscono come parte integrante del loro patrimonio, quel soft power che rende l'Italia unica al mondo. Tutto questo ci accompagna alla ricostruzione storica, tema principale di questo testo unificato.

L'articolo 1 determina i principi generali. Nello specifico si prevede che “la Repubblica riconosce le rievocazioni storiche quali componenti fondamentali del patrimonio culturale, immateriale, per la rivitalizzazione del patrimonio culturale materiale della Nazione, nonché quale elemento qualificante per la formazione e per la crescita socio-culturale della comunità nazionale (…)”. Un vero e proprio programma di vita culturale per il Governo e per questo testo unificato, fondamentale anche perché l'Italia dimostra così non solo di tenere, programmaticamente e culturalmente parlando, a questo patrimonio, ma dimostra anche che l'Italia, come e forse più di altre Nazioni in Europa e nel mondo, ha gli anticorpi per contrastare anche quel fenomeno schizofrenico della cosiddetta cancel culture, cioè, parlando in italiano, la cancellazione della cultura che in quest'ultimo decennio mette quotidianamente a repentaglio la nostra cultura, le statue e i monumenti (anche ieri qualcuno si è permesso di vandalizzare un quadro, per fortuna schermato, molto importante e che fa parte della nostra storia e della nostra identità).

L'articolo 2 è altrettanto fondamentale, perché reca le definizioni.

Si definiscono “associazioni di rievocazione storica” le associazioni di promozione sociale e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale che hanno per fine statutario la tutela e la trasmissione della memoria storica del proprio territorio attraverso la messa in scena di momenti del passato storico e di rappresentazioni caratterizzati dall'uso di costumi e di ricostruzione di ambienti e manufatti d'epoca, rispettando i criteri di attendibilità storica, nonché mediante l'utilizzo di vesti, armi, armature e altri manufatti esteticamente e funzionalmente compatibili con i materiali e con le tecniche risultanti dall'elaborazione delle fonti. Si definiscono anche manifestazioni di rievocazione storica le manifestazioni la cui organizzazione fa capo ad associazioni di rievocazione storica, a enti locali o ad altri soggetti pubblici o privati aventi la finalità di salvaguardare e valorizzare la memoria storica di un territorio.

L'articolo 3 regola l'attività per la valorizzazione delle rievocazioni storiche. In particolar modo, si prevede che lo Stato, nell'ambito delle proprie competenze, riconosca, sostenga, valorizzi e salvaguardi la specificità delle rievocazioni storiche e delle realtà socioculturali regionali e locali a queste collegate.

L'articolo 4 è una delle novità di questo testo e disciplina l'elenco nazionale delle associazioni - che sono tantissime dato che ogni borgo, ogni comune, ogni comunità territoriale ne ha almeno una, dalle pro-loco in poi - e delle manifestazioni di rievocazioni storiche. In questo articolo - ma poi in tutto il viaggio di questi 17 articoli - sono definiti i requisiti per l'iscrizione nell'elenco. Sono fondamentali perché, negli anni, chi ha fatto, come il sottoscritto ma come tanti colleghi, il consigliere comunale o l'assessore in piccoli e grandi centri poi si è trovato davanti a delle scelte. Spesso sono state scelte dettate anche dalla conoscenza di chi vive nel profondo i territori, le proprie tradizioni, i propri usi e costumi ma, a volte, ci siamo trovati anche davanti a decisioni arbitrarie, perché ogni regione, quando ce li aveva, aveva requisiti che accompagnavano determinate scelte. Però i requisiti messi nero su bianco in una legge così importante sono fondamentali, saranno fondamentali d'ora in poi.

Infatti, l'articolo 5, altro fatto fondamentale, istituisce il comitato tecnico-scientifico per le associazioni e le manifestazioni di rievocazione storica, che è composto da rappresentanti dei comitati regionali, da professori universitari esperti della materia nominati dalle regioni e da funzionari ministeriali. I componenti del comitato restano in carica 3 anni, con mandato rinnovabile consecutivamente per una sola volta. È previsto anche, in particolare - quello che dicevo poco fa - che il comitato valuti e verifichi ogni 3 anni l'attendibilità e la conformità storica dei contenuti espressi nelle manifestazioni e delle attività delle associazioni di rievocazione storica ai fini dell'iscrizione nell'elenco, attribuendo uno specifico attestato di autenticità filologica. Il comitato rilascia, altresì, su richiesta degli organizzatori di manifestazioni di rievocazione storica iscritti nell'elenco e a seguito della predetta verifica, un marchio recante la dicitura “Rievocazione storica italiana”.

Passando all'articolo 6, il testo unificato prevede il calendario annuale delle manifestazioni di rievocazione storica. Anche questo è necessario, nel senso che si fa sistema, si fa un riordino fondamentale, perché noi sappiamo che ogni regione ha un proprio calendario di rievocazioni. Spesso sono intrecciate, spesso sono legate a date particolari, ma averne uno anche nazionale fa sicuramente ordine, fa sì che tutto a livello nazionale venga anche più conosciuto, che ci sia un maggiore scambio di esperienze che poi troveremo anche più avanti nel comitato di cui poi racconterò. Per quanto riguarda il calendario annuale, nello specifico si prevede che il Ministero della Cultura, sentito il Ministero del Turismo, approvi - perché è evidente che questo argomento incroci più sfaccettature, è evidente che anche in questo caso la cultura incroci il turismo, com'è normale che sia soprattutto in questa Nazione - entro il 31 dicembre di ogni anno il calendario annuale delle manifestazioni di rievocazione storica relativo all'anno successivo, cui è data ampia diffusione nell'ambito delle attività di comunicazione del Ministero della Cultura e nei siti Internet istituzionali del Ministero della Cultura e del Ministero del Turismo.

Anche l'articolo 7 è fondamentale perché riguarda le iniziative didattiche nelle scuole. Questo è importante perché tutte queste rievocazioni storiche, che sono molto diffuse in giro per il territorio nazionale, devono anche poi essere trasmesse, devono anche essere tramandate di generazione in generazione e il coinvolgimento degli istituti scolastici, di ogni ordine e grado, è necessario perché questo avvenga. Quindi, i saperi vengono tramandati, non solo oralmente, non solo nei borghi, non solo nelle famiglie, non solo nelle piazze ma per l'appunto anche nelle scuole.

L'articolo 8 è un'altra novella, nel senso che spesso, come rievocazioni storiche, ci troviamo davanti a rappresentazioni di battaglie che hanno segnato date e periodi fondamentali di un territorio e quindi fanno parte del tessuto culturale e sociale di un borgo, di una città, di una regione. Il porto d'armi, chiaramente a salve, di queste rievocazioni non era mai stato normato e, quindi, l'articolo 4 della legge n. 110 del 18 aprile 1975 in materia di porto d'armi o di oggetti atti ad offendere fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa prevede anche le relative sanzioni in caso di trasgressione delle prescrizioni ivi contenute - questo è ovviamente fondamentale - ma aggiunge che, in occasione di manifestazioni di rievocazione storica ai partecipanti alle manifestazioni stesse è consentito esibire, portare e usare, con munizioni a salve, le armi da fuoco fabbricate anteriormente al 1950 e le loro repliche, previa autorizzazione dell'autorità locale di pubblica sicurezza.

L'articolo 9 prevede i compiti della Conferenza unificata, che sono tanti. Ne cito giusto un paio, vale a dire l'espressione dei prescritti pareri sugli atti regolamentari dello Stato concernenti i criteri e le modalità di erogazione dei contributi concessi per le finalità della presente proposta di legge e anche la promozione della cultura, della memoria e della tradizione delle rievocazioni storiche attraverso programmi specificamente rivolti alla scuola e all'università.

L'articolo 10 prevede i compiti che sono attribuiti evidentemente allo Stato: stabilire la disciplina concernente l'accesso, le modalità e i criteri di attribuzione e di erogazione delle risorse da destinare alle rievocazioni storiche oppure - ultimo punto - assicurare la conservazione del patrimonio artistico e culturale, materiale e immateriale, legato alle rievocazioni storiche.

L'articolo 11 prevede i compiti delle regioni, delle province, delle città metropolitane e dei comuni.

L'articolo 13 concerne i principi relativi al patrimonio culturale immateriale, che ho in qualche modo prima accennato.

Fondamentale è evidentemente, perché si tratta anche di una delega al Governo, l'articolo 14, che prevede che il Governo, dall'entrata in vigore delle proposte di legge in esame, sia delegato ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la disciplina del patrimonio culturale immateriale. Nel testo in esame abbiamo inserito parecchi, sono decine, princìpi e criteri direttivi che il Governo dovrà seguire per portare avanti le rievocazioni storiche e la loro applicazione.

Andando avanti, verso la fine, quindi verso gli ultimi articoli, aggiungo una fondamentale novità, che è all'articolo 15 relativo al forum nazionale del patrimonio culturale immateriale.

Questo provvedimento ha sempre voluto, fin dall'inizio, privilegiare il coinvolgimento di più piani, quello nazionale e quello territoriale.

All'interno di quello territoriale è evidente come i protagonisti delle rievocazioni storiche siano spesso plurali, come la cultura, che sta intorno alle rievocazioni stesse, è da sempre. Quindi, sarà necessario istituire questo Forum nazionale del patrimonio culturale immateriale, che avrà determinati compiti. Gli sono attribuiti funzioni fondamentali. Si tratta di funzioni consultive, di collaborazione con le amministrazioni pubbliche, che spesso sono le protagoniste nell'organizzazione, insieme alle comunità territoriali delle rievocazioni. Sarà protagonista anche l'Aula, perché il forum, insieme all'Istituto centrale per il patrimonio immateriale, che già esiste, dovrà fare una relazione annuale all'Aula sulla condizione del patrimonio culturale immateriale censito a livello nazionale e regionale. Tutto questo perché l'UNESCO ci dà anche indicazioni e criteri che dobbiamo seguire e arricchire. Sono contento, l'ho citato all'inizio, che già questo Governo non solo sta andando incontro alle indicazioni dell'UNESCO, ma sta, come al solito, recitando una parte da protagonista.

L'articolo 16, il penultimo, ovviamente, inserisce una clausola di salvaguardia e l'articolo 17, chiaramente, la copertura finanziaria.

Alcune considerazioni più politiche, più culturali che emergono anche spontaneamente dall'esame, dalla lettura e dallo studio di questo atto. Parliamo di un concetto, ossia quello dell'appartenenza alla Nazione e a quei quasi 8.000 campanili che la compongono, quel grande puzzle che compone il mosaico del tricolore. Parliamo dell'anima più vera, dell'anima più profonda della nostra Nazione, quella che qualcuno tra le Nazioni a noi vicine indica come eredità. Quando si parla di patrimonio culturale parliamo di un'eredità che ci sentiamo addosso, un'eredità che vogliamo tramandare, perché questa è la cosa più importante, non come una catena che ci tiene uniti e legati, ma semmai come una catena da far conoscere. Penso anche - ed è anche obiettivo di questo Governo - al coinvolgimento dei milioni di connazionali all'estero. Non per niente, il Governo Meloni, sia col Ministro Sangiuliano che col Ministro Santanchè, sta lavorando - ma è un tema che incrocia anche il Ministero degli Esteri con gli istituti di cultura - a un maggior coinvolgimento, in discontinuità con il passato, degli istituti italiani di cultura, che sono presenti in ogni dove, e il fatto che vi sia spesso un rientro a volte continuativo e duraturo, a volte temporaneo, degli italiani che vivono all'estero, proprio per partecipare a queste rievocazioni, è un tema fondamentale che incrocia turismo, appartenenza e continuità: è un tema che incrocia l'artigianato locale e che noi vogliamo portare nel futuro.

Sono contento - e chiudo - di ricordare come la Commissione cultura - ringrazio tutti i componenti di ogni gruppo - abbia portato a termine l'esame con unanimità. Questo è un segno importante, emblematico, paradigmatico della volontà di consegnare al futuro questa appartenenza che tutti noi, come italiani, dobbiamo sentirci dentro.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, la rappresentante del Governo: non interviene in questa fase.

È iscritta a parlare la deputata Iacono. Ne ha facoltà.

GIOVANNA IACONO (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Colleghe e colleghi, componenti del Governo, il provvedimento che stiamo discutendo oggi in Aula reca disposizioni in materia di manifestazioni di rievocazione storica e delega al Governo per l'emanazione del codice per la salvaguardia dei patrimoni culturali e immateriali. Si tratta di un testo unificato di due proposte di legge composte, rispettivamente, da 7 e 10 articoli, che vertono chiaramente sul medesimo oggetto.

Entrambe, infatti, sono volte a introdurre una disciplina organica sulla materia delle rievocazioni storiche. Bisogna segnalare anche che esistono altre iniziative parlamentari in materia, anche delle precedenti legislature. Riteniamo che sia un tema, questo, sentito e sensibile, che però non ha mai avuto un ordinamento organico.

L'introduzione al concetto vero e proprio di patrimonio culturale immateriale è molto recente; sono per loro natura beni che non presentano, appunto, un'identificazione materiale, ma che acquistano rilevanza per l'ordinamento giuridico in relazione all'applicazione concreta di essi a cui venga riconosciuta la tutela giuridica. L'esempio più diffuso di questa tipologia di beni si rinviene nelle opere creative e dell'ingegno, le quali sono oggetto di tutela in virtù del diritto di proprietà creative e intellettuali dell'autore e dello sfruttamento pratico ed economico che può derivarne, tutelate invece dal diritto industriale, con la disciplina dei marchi e dei brevetti. L'individuazione e la disciplina dei beni culturali immateriali, così come intesi oggi, sono regolati dal codice dei beni culturali e del paesaggio, ma soprattutto dalla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio immateriale. La stessa, in origine, disciplinava i beni culturali aventi il carattere della materialità, valorizzando e favorendo la diffusione dell'idea di un patrimonio culturale universale.

La Convenzione stabilisce, inoltre, l'obbligo, per gli Stati aderenti, di assicurarle l'identificazione, la protezione, la conservazione, la valorizzazione e la trasmissione alle generazioni future. Il Trattato, quindi, si sovrappone alla protezione già garantita a livello nazionale, quindi, dal codice Urbani, determinando una tutela rafforzata dei beni culturali. Solo successivamente, la nozione di bene culturale è stata ampliata, includendo anche i beni immateriali ovvero quelli espressivi di una testimonianza materiale avente valore di civiltà ovvero rappresentativi delle tradizioni orali, delle manifestazioni del folklore, in generale, portatori di un valore culturale.

In Italia è stato preso atto delle innovazioni provenienti dalla Convenzione Unesco del 2003 sui beni immateriali, provvedendo ad innovare la materia nel 2008, includendo, nel codice, l'articolo 7-bis; il testo dell'articolo però sembra adottare una visione più restrittiva di un bene culturale immateriale rispetto alla definizione della Convenzione, ancorando la sua rilevanza giuridica alla possibilità di associarlo a testimonianze materiali ovvero alla loro riconduzione a un supporto materiale. Una tappa importante è rappresentata dalla Convenzione sulla protezione e promozione del patrimonio immateriale del 2003. L'obiettivo primario è quello di proteggere il patrimonio immateriale culturale dei popoli, garantendone l'identificazione, la documentazione, la ricerca, la promozione, la conservazione, la trasmissione e l'attuazione, attraverso strumenti di educazione formale e non rilascio dello stesso patrimonio.

In Italia, ci fu la tappa importante degli anni Sessanta con la Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico e del paesaggio, che definì bene culturale tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà e, quindi, anche in ragione della testimonianza dell'assetto storico e culturale rappresentativo degli stessi. Questa definizione, che ha avuto il pregio di modernizzare il concetto di bene culturale, ha preso in considerazione solo la dimensione materiale, senza considerare l'elemento della possibile configurazione immateriale degli stessi.

Per questo motivo, la disciplina italiana è ancora incentrata molto più sui beni materiali e ha omesso finora di dettare una normativa vera e propria sul patrimonio immateriale.

Sono recenti alcune istanze di riforma che sono giunte sia da parte di realtà regionali, che hanno sottolineato l'importanza di prevedere forme di protezione del patrimonio intangibile, sia da parte dell'Unione europea, con la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore dell'eredità culturale per la società. Questa Convenzione, siglata a Faro, nel 2015, sottoscritta dall'Italia, ha ampliato ulteriormente la nozione di bene culturale, associandolo all'eredità, ai significati, agli usi che tali luoghi o oggetti possono rappresentare. Questo documento rappresenta una Convenzione quadro, per cui non si occupa di imporre o creare obblighi di azione, lasciando allo Stato aderente la possibilità di decidere come e con che mezzi attuare le norme della Convenzione. Ha identificato il bene culturale immateriale come un bene non assoggettabile al concetto di proprietà e ha ricompreso in questa categoria elementi materiali, immateriali e il paesaggio. La finalità di questo scritto nel complesso è improntata alla creazione di una nuova nozione di tutela e gestione del patrimonio culturale, non esclusivamente concentrata sul suo valore scientifico, ma anche al suo ruolo di strumento per lo sviluppo e per la crescita dell'uomo. Il riconoscimento giuridico dei beni culturali immateriali rappresenta, oltre alla presa di coscienza della testimonianza storica e culturale di un determinato gruppo sociale, anche un importante volano economico e di commercializzazione.

Oggi noi stiamo trattando questo testo unificato, di cui abbiamo condotto in Commissione un esame approfondito. Lei stesso diceva, che è stato voluto, sostenuto, e noi ci siamo astenuti sul provvedimento in generale, cosa che faremo anche in Aula, successivamente. Noi abbiamo provato a sottoporre all'attenzione della Commissione emendamenti che pensavamo fossero volti al migliorare il testo. Riteniamo utile, se non necessario, avere un riordinamento della materia e dare davvero una norma, un codice organico per la salvaguardia e la tutela dei beni culturali immateriali. Quello che voglio mettere in evidenza, oltre le premesse che ho fatto su come e su dove la normativa nazionale è giunta, è che, secondo noi, bisogna andare dal generale al particolare. Consapevoli che sia necessario un intervento sulla disciplina complessiva, riteniamo che non si possa andare a disciplinare però il particolare, come stiamo facendo oggi con questo provvedimento, che disciplina soltanto una porzione di quello che è il complessivo patrimonio culturale immateriale in Italia, e non solo. Non riteniamo sufficiente pensare di disciplinare questa parte, che è relativa alle manifestazioni di rievocazione storica, ma riteniamo importante che si lavori a una normativa tesa a tutelare le diversità culturali esistenti in Italia, che sono rappresentative di questo nostro immenso patrimonio culturale, oltre a quello materiale che è già disciplinato. Noi abbiamo presentato, dicevo prima, emendamenti che ritenevamo fossero volti a migliorare il testo.

Su un tema, in particolare, abbiamo sottoposto all'esame della Commissione un emendamento soppressivo; si tratta dell'articolo 8, che regola il porto e l'uso delle armi in occasione di manifestazioni di rievocazione storica. Capisco che - anche per via delle recenti notizie che ci arrivano dalla stampa e dalla TV - abbiamo ormai quasi una fissazione su questo tema, però riteniamo non necessaria questa ulteriore integrazione di una legge che già esiste, che è la legge n. 110 del 1975, che disciplina la detenzione e la raccolta di armi da guerra, che addirittura prevede il divieto di detenzione e raccolta di armi da guerra. Voi fate un'integrazione con questo articolo 8 alla legge esistente in materia, autorizzando l'esibizione, il porto e l'uso di armi durante queste manifestazioni di rievocazione storica. Noi riteniamo questo punto completamente sbagliato ed è per questo motivo che abbiamo presentato questo emendamento soppressivo, che non è stato accolto.

Sulla necessità che noi abbiamo già dichiarato, e che ribadiamo, di avere una normativa organica sulla materia, su cui noi vogliamo contribuire affinché anche il patrimonio culturale immateriale, per l'importanza che pensiamo abbia nel promuovere il patrimonio del nostro Paese, ci auguriamo il pieno coinvolgimento, questa volta, a differenza di altri momenti di questa legislatura, di tutto il Parlamento ma, soprattutto, degli esperti in materia, molto presenti nel territorio, le associazioni e le università. Ci auguriamo che possa venir fuori davvero una norma, un codice organico che disciplini e metta a punto la materia, anche sulla scorta di quanto ci dice prima di tutto la Convenzione UNESCO per la tutela e la salvaguardia di questo patrimonio. Una normativa definitiva, che ci possa consentire di tutelare e poi di valorizzare queste nostre testimonianze immateriali, che fanno parte del nostro ricchissimo patrimonio nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cangiano. Ne ha facoltà.

GEROLAMO CANGIANO (FDI). Grazie, Presidente. Voglio innanzitutto ringraziare i colleghi della Commissione cultura, per il lavoro fatto…

PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Cangiano, perché, colpevolmente, ho dimenticato di salutare gli studenti e i docenti dell'istituto Enrico Medi, di Senigallia, Ancona, che assistono ai nostri lavori odierni (Applausi), che oggi sono dedicati alle discussioni generali. Questo è il motivo della poca presenza dei deputati. Grazie e benvenuti alla Camera. Scusi, onorevole Cangiano. Prego.

GEROLAMO CANGIANO (FDI). Grazie, Presidente, anch'io saluto gli studenti. Volevo riallacciarmi a quanto già ampiamente illustrato dal relatore, il collega Amorese, e vorrei evidenziare una serie di punti.

Il primo è il valore culturale e identitario, fondamentale per la Nazione, delle rievocazioni storiche e delle realtà, che ne assicurano la realizzazione.

Ciò a maggior ragione per un Paese come l'Italia, che ha un patrimonio storico e culturale radicato da millenni, un patrimonio che proprio per questo deve essere preservato e valorizzato e tramandato, per dare voce e continuità ai territori, ai gruppi, alle tradizioni che non solo ci consentono di ricavare il comune denominatore che ci fa definire tutti italiani, ma che ci permettono di fare resistenza anche rispetto ad alcuni fenomeni e tendenze che possiamo individuare, ad esempio, nella cancel culture, che non vogliamo e non dobbiamo mai accettare qui in Italia. Paesi come l'Italia sono ricchi di cultura e, quindi, non possiamo accettare forme di intrattenimento intellettuale o culturale che disperdono il nostro patrimonio e, con esso, la nostra identità.

Le rievocazioni storiche, in questa prospettiva, hanno una valenza strategica, poiché esprimono e considerano manifestazioni identitarie importanti, impegnando le comunità in attività sociali e simboliche, che danno luogo a una dialettica vivace e creativa tra passato e presente. Attorno a queste si formano e rinsaldano i legami e i sentimenti di appartenenza e comunità, animando la vita culturale e sociale di paesi e di città. Parliamo, secondo la più recente mappatura ministeriale, di circa 1.300 eventi, in tutto il Paese.

Questa proposta di legge va nella direzione che Fratelli d'Italia ha imboccato da anni, già durante la XVII legislatura, quando, da forza di opposizione, propose e volle fortemente l'istituzione del Fondo nazionale per la rievocazione storica: un successo che, anno dopo anno, coinvolge sempre più realtà in tutta Italia, perché a quelle realtà è destinato, per tutelare e valorizzare le associazioni legate alla rievocazione storica, capaci di valorizzare il passato e la vita delle nostre città d'arte, per consolidare un momento teso a promuovere i territori e le tradizioni.

Un altro aspetto di carattere più generale - che ricomprende al suo interno anche le rievocazioni storiche, le quali ne rappresentano un esempio plastico, ma va molto al di là - riguarda il patrimonio culturale immateriale. La proposta di legge che oggi siamo chiamati ad approvare colma un vuoto di riconoscimento e di tutela clamoroso nel nostro ordinamento, che si protrae da troppi anni, ma che è diventato non più sostenibile e molto miope, soprattutto dopo la ratifica della Convenzione UNESCO del 2003 per la salvaguardia del patrimonio immateriale. L'Italia è arrivata a dare considerazione al patrimonio culturale immateriale, segnalando il valore della necessità del supporto fisico, molto tardi rispetto ad altri Paesi europei, e la ratifica della Convenzione UNESCO è stata assai importante in questa prospettiva. Ma, a vent'anni da quella Convenzione, era necessario fare un passo in più e cominciare a offrire una definizione generale e una cornice normativa organica di riconoscimento e di tutela del patrimonio culturale immateriale. Ritengo, anzi, incredibile che ciò non sia stato fatto prima, considerando che l'Italia, sotto questo profilo, è fra i Paesi più ricchi al mondo, se non il più ricco.

Approvando questa legge, non solo introduciamo strumenti più incisivi per salvaguardare e valorizzare questo patrimonio - che appartiene a tutti noi, ci identifica e ci rappresenta, sia in patria, che all'estero -, ma essa ci consentirà anche di portare avanti, in maniera più efficace, le nostre istanze nelle sedi internazionali, a cominciare dalle procedure per il riconoscimento di molti beni nell'elenco UNESCO del patrimonio culturale immateriale. Si tratta di un elenco nel quale siamo già ben presenti, io voglio ricordare solo alcune delle nostre eccellenze: si è partiti, per esempio, nel 2008 con l'Opera dei Pupi siciliana; nel 2010 con la dieta mediterranea come elemento transnazionale; nel 2013, con le feste delle grandi macchine a spalla, io ricordo, da campano, la festa del Gigli di Nola; con la falconeria, elemento anche questo transnazionale; oppure con l'arte del pizzaiolo napoletano e tante altre. L'ultima, del 2023, per la quale ringrazio l'operato del Governo, qui rappresentato dal Sottosegretario, è la pratica del canto lirico in Italia, come ultimo inserimento.

Quindi, sono certo che, grazie a questa nuova legge, riusciremo a inserire molti altri nomi in questo elenco, perché l'Italia è grande anche per questo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Grippo. Ne ha facoltà.

VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Devo dire che, avendo sentito gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, mi sento di condividere alcune delle considerazioni che hanno fatto il relatore e il collega che mi ha preceduto, che guardano positivamente alla creazione di una norma che metta ordine e, in qualche modo, riconosca il valore del patrimonio immateriale, diffuso localmente nella nostra Nazione. Ma anch'io mi unisco alle perplessità che la mia collega Iacono ha anticipato e ne aggiungo alcune altre.

Parto, però, da ciò che io vedo di positivo in questa normativa e che ci ha visto, con il gruppo di Azione-PER, esprimerci favorevolmente in Commissione su molti aspetti. Avremmo auspicato e auspichiamo ancora, visto che ci sarà poi la discussione in Aula, che vengano corretti alcuni elementi, che proverò ad illustrare. Sicuramente, è importante che ci sia una valorizzazione organica, da parte del Ministero dei Beni culturali e da parte del Governo, delle tante iniziative che popolano la nostra Nazione e i nostri territori, organizzate da associazioni, ma - è stato correttamente detto - anche da enti locali e realtà private e pubbliche della più varia fattispecie. E aggiungo che trovo importante e utile che la norma richiami la necessità di destinare risorse, analogamente a quanto avviene, per esempio, per le celebrazioni nazionali. Il Ministero ha una tabella, un elenco di comitati che vengono, di volta in volta, istituiti in occasione di celebrazioni che hanno una rilevanza nazionale, e vi è un supporto economico, un sostegno di pianificazione. Molto bene, aggiungo, anche l'articolo che parla di iniziative didattiche di racconto nelle scuole del significato di quei momenti ludico-cultural-turistici che avvengono nei loro Paesi, nei loro comuni e nei loro quartieri, in certi periodi dell'anno. Bene anche che il legame con lo studio della storia, della letteratura e della cultura, bene che viaggino insieme. Abbiamo da poco salutato una scolaresca che era presente in quest'Aula, bene che queste cose possano andare insieme.

Quali sono, invece, le perplessità che, in modo costruttivo, come ci piace fare in Commissione cultura, ma anche, ovviamente, nell'Aula del Parlamento, ci hanno lasciato un po' più in difficoltà? Sicuramente un tema: ho citato non a caso i comitati per le celebrazioni nazionali. La normazione di quei comitati, che a livello nazionale fu istituita moltissimi anni fa, nasceva dall'esigenza di dire: vi sono alcune celebrazioni che, pur avvenendo su un territorio, hanno una rilevanza tale a livello nazionale da meritare una programmazione e una valorizzazione di livello diverso. Viceversa, tutte le piccole e micro iniziative che avvengono nel panorama articolato della nostra Nazione, sono, ad oggi, ben organizzate e pianificate, anche in un ambito, se volete, di spontaneismo creativo, che c'è nei comuni, negli enti locali e nei territori. E io vedo un rischio, nella compressione dell'autonomia degli enti locali, nell'identificazione di criteri, che, peraltro, sono complicati. Ho visto che vi è poi tutta una parte - quindi questa legge un po' bifronte è un po' anomala - di descrizione di criteri oggettivi, salvo poi, all'articolo 14, dire che, comunque, si delega il Governo a definire tutte le cose fin qui descritte. E quindi, anche dal punto di vista normativo, ci lascia un po' perplessi.

Ma al netto di questo, ci sono alcune definizioni relative a in che cosa debbano consistere queste rievocazioni per essere considerate patrimonio culturale immateriale, che io ritengo un po' complesso definire in modo oggettivo a livello nazionale. Per esempio, quale sia quell'evento che appaia significativo per una comunità territoriale. Chi lo definisce il parametro della significatività? Il fatto che si faccia, per quel che mi riguarda, vuol dire che è significativo per quella comunità. Fino a quando ci sarà un gruppo di cittadini, un'associazione, un comune, un Sindaco che ritiene di voler organizzare quell'evento, per quel che mi riguarda, quell'evento ha un peso e un significato. Altro è dire che ci si danno dei parametri per poter accedere ai finanziamenti e alla valorizzazione; altro è dire che si riconosce un valore di patrimonio culturale immateriale solo a eventi che rientrino in dei parametri che ritengo, peraltro, come detto, piuttosto arbitrari da definire. Anche dire riteniamo che rientrino in questo ambito solo quegli eventi che abbiano capacità attrattiva nei confronti delle nuove generazioni. Come facciamo noi a sapere prima che un evento ha capacità attrattiva nei confronti delle nuove generazioni? E se le nuove generazioni a un certo punto iniziano a disinteressarsi di una manifestazione allora non è più patrimonio culturale immateriale? Ritengo, sto parlando anche per iperbole proprio per sottolineare al Governo quanto rischiamo con una siffatta norma, invece di fare quello che io capisco, essere l'ottima intenzione di questa norma, cioè valorizzare questa spontanea progettualità diffusa lungo la nazione, invece viceversa imbrigliarla in nuovi e complicati orpelli burocratici. Allora, forse sarebbe stato sufficiente l'articolo 14, una legge delega che desse mandato al Governo di valorizzare, diffondere nelle scuole e censire queste attività. Peraltro, ho anche qualche dubbio del rapporto fra questa norma e il quadro normativo complessivo che è stato richiamato da chi mi ha preceduto, il codice Urbani, il diritto d'autore, la Convenzione Unesco, e soprattutto il Titolo quinto della Costituzione. Ricordo che queste competenze, ormai, sono quasi tutte in capo alle regioni, non a caso molte regioni in quest'ambito hanno legiferato. Ricordo una legge della Toscana la n. 27 del 2021, che definisce le modalità di valorizzazione, censimento e promozione dell'attività legata alle rievocazioni sul territorio. Quindi, è bene che ci sia una regia e una visione centrale, ma essendo noi una nazione di Sindaci, di associazioni, di cose che spontaneamente funzionano sui territori, imbrigliarli in una programmazione nazionale con comitati, sottocomitati regionali, ripeto, do questa riflessione al contributo dell'Aula, a mio avviso, se riusciamo da qui al passaggio finale a fare un lavoro di semplificazione su questi aspetti facciamo una cosa utile, perché sennò veramente rischiamo di complicare, invece di semplificare, il lavoro di chi si attiva per organizzare questi eventi.

Un'altra riflessione che voglio portare, ma solo perché vengo dal mondo dei beni culturali e quindi conosco bene il lavoro che è stato fatto, nel Ministero dei beni culturali esiste un lavoro sulla mappatura delle rievocazioni storiche, se non ricordo male, è il Servizio VI della Direzione generale dell'archeologia delle Belle Arti che ci lavora da qualche anno. Vi è dal 2017 un fondo nazionale per la rievocazione storica, che finanzia le iniziative e fa un bando e quindi già opera nell'ottica di questo censimento. C'è nel ICCD, l'Istituto centrale per i cataloghi dei beni archivistici, che fa un lavoro anche quello di mappatura di quanto avviene, così come esiste un Istituto centrale per il patrimonio immateriale. Allora, ripeto, senza voler sembrare troppo critica nei confronti di chi si è messo a provare a fare un lavoro, che pure ha bisogno di una regolamentazione e di una presa in carico, ho il timore che gli unici veri obiettivi importanti che ci sono dentro questa legge sono quelli di finanziamento delle iniziative, di mappatura e di valorizzazione. A mio avviso, queste cose già avvengono, ma ben venga una legge che in modo più sistematico spieghi come questo debba avvenire, però che sia fatto secondo un principio di sussidiarietà, quindi lasciando la definizione di cosa ha senso fare a ogni sindaco, a ogni ente territoriale, alle regioni, a coloro che sono deputati chiamati dalla Costituzione, ma anche dal buon senso, a definire quale sia la cosa migliore per quel territorio in un certo periodo e magari succede che queste manifestazioni per anni si fanno, poi si decide di non farle più per qualche ragione territoriale e poi si fanno nuovamente. Viceversa intervenga il Governo e interveniamo anche con normativa a disciplinare come rafforzarli perché, invece - questo sì -, molto spesso sono lasciati a loro stessi, all'autofinanziamento, alla mancanza di risorse, alla mancanza di valorizzazione. Su questo, ha detto bene, il collega Amorese nella sua introduzione, sono anche delle grandi opportunità per la valorizzazione di itinerari turistici minori, per far sì che dei piccoli borghi tornò a vivere appieno. Quindi, ben venga tutta quella che è una comunicazione unitaria e istituzionale che porti a conoscere una produzione immateriale culturale di un territorio, anche dal resto dei cittadini italiani e dai possibili turisti stranieri che possono arrivarci. Cerchiamo, però, di ridurre quanto più possibile la complicazione burocratica per chi molto spesso organizza questi eventi in modo amatoriale e di tutto ha bisogno fuorché di maggiori complicazioni.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 799-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore.

ALESSANDRO AMORESE, Relatore. Signor Presidente, intervengo per una brevissima replica, intanto, per ringraziare i colleghi Iacono, Grippo e Cangiano perché, comunque, da rispettivi punti, ci hanno dato punti di vista fondamentali e interessanti. Colgo anche gli aspetti più critici, così come colgo gli aspetti di plauso a questo testo unificato.

Solo due appunti che mi permetto di fare come relatore e non come appartenente a un gruppo parlamentare ben preciso. Intanto, per fortuna, che non è solo una legge delega - mi faccia fare questa battuta la collega Grippo - nel senso che il Parlamento quando può, interviene e mi sembra che la Commissione cultura in questo abbia già fatto bene il proprio mestiere: penso alla legge antipirateria, che è stata votata all'unanimità in questa Camera e al Senato. È stato un percorso legislativo e parlamentare nato proprio dalla Commissione VII, anche in questo caso prendiamoci diciamo questo merito e quindi questo testo non è solo una delega al Governo, che poi anche questa comunque è una cosa fondamentale. Ci sarebbe una battuta che viene spontanea sul discorso delle armi, nel senso che questa è una legge che prova a volare un po' più in alto, ma invece è sacrosanto l'inserimento di una modifica alla legge n. 110 del 1975, perché o si conosce cosa sono le rievocazioni storiche e quindi si sa che anche le rappresentazioni storiche di vere e proprie battaglie presentano anche degli armamenti e, quindi, è necessario integrare e modificare quella legge per il meglio, oppure si è cercata diciamo una volontà di critica con una battuta che ha poco senso in questo caso, ma ecco è una risposta più con il sorriso, per guardare avanti.

PRESIDENTE. Prendo atto che la rappresentante del Governo rinuncia alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Serracchiani; Comaroli ed altri; Gatta; Barzotti; Rizzetto e Lucaselli; Tenerini: Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche (A.C. 153​-202​-844​-1104​-1128​-1395-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 153-202-844-1104-1128-1395-A: Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in carcere nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 gennaio 2024 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 gennaio 2024).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 153-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La XI Commissione (Lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Giaccone.

ANDREA GIACCONE, Relatore. Grazie, Presidente onorevoli colleghi, il testo unificato delle proposte di legge nn. 153-202-844-1104-1128-1395-A oggi all'esame dell'Assemblea reca disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche. Nel rilevare preliminarmente che il testo si compone di 5 articoli, passo ad illustrarne i contenuti.

Il provvedimento - fatte salve le norme di maggior favore eventualmente previste dai contratti collettivi nazionali di categoria - riconosce in favore dei lavoratori pubblici e privati affetti da malattie oncologiche o dalle malattie invalidanti o croniche, anche rare, il diritto di richiedere un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a 24 mesi. Le suddette malattie sono certificate dal medico di medicina generale o dal medico specialista operante in struttura pubblica o privata convenzionata che ha in cura il lavoratore e individuate, limitatamente a quelle invalidanti o croniche, anche rare, con un apposito decreto del Ministero della Salute. Durante il congedo, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Tale congedo è compatibile con la concorrente fruizione di altri eventuali benefici, economici o giuridici, e la sua fruizione decorre dall'esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata, a qualunque titolo riconosciuti al dipendente. Il congedo in esame non è computato nell'anzianità di servizio, né ai fini previdenziali. Il lavoratore può comunque riscattare il periodo di congedo mediante versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria. Decorso il suddetto periodo di congedo, il lavoratore dipendente ha diritto ad accedere prioritariamente, ove possibile, alla modalità di lavoro agile. Inoltre, si prevede che i lavoratori dipendenti pubblici e privati durante le cure possano richiedere, ove compatibile in accordo con il datore di lavoro, un cambio di mansione compatibile con il proprio stato fisico, in presenza di una certificazione medica comprovante la propria impossibilità a svolgere la mansione lavorativa svolta prima della malattia.

Si ricorda che, in base alla normativa vigente, il datore è tenuto a dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro in modalità agile rivolte dai dipendenti che fruiscono delle 2 ore di permesso giornaliero fino al terzo anno di vita del figlio disabile o dei permessi previsti dalla normativa vigente per l'assistenza di una persona con disabilità; dai dipendenti con almeno un figlio fino a 12 anni di età o di qualsiasi età se in condizione di disabilità grave; dai dipendenti con disabilità grave che rientrano in un'azione di caregiver familiare. Per le malattie in oggetto, si prevede altresì l'estensione da 30 a 45 giorni del congedo per le cure previste dalla normativa vigente, ex articolo 7 del decreto legislativo n. 119 del 2001. Si ricorda che il richiamato articolo dispone che i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a 3 giorni.

Con riferimento al lavoro autonomo, il medesimo articolo 1, al comma 3, prevede che al ricorrere delle suddette malattie, la sospensione dell'esecuzione della prestazione dell'attività svolta in via continuativa per il committente da parte del lavoratore autonomo si applichi per un periodo non superiore a 300 giorni per l'anno solare, in luogo dei 150 giorni previsti in via generale dall'articolo 14 della legge n. 81 del 2017.

Per le malattie oncologiche, le suddette disposizioni si applicano a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, mentre, per le malattie invalidanti o croniche, anche rare, le medesime disposizioni si applicano previa individuazione, mediante decreto del Ministro della Salute, dell'elenco delle malattie che danno titolo alla fruizione dei congedi disciplinati dall'articolo 1, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro per la Pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.

Il testo in esame prevede, inoltre, che i dipendenti pubblici o privati affetti da malattie oncologiche o dalle malattie invalidanti o croniche individuate con apposito decreto del Ministro della Salute, previa prescrizione del proprio medico di medicina generale o medico specialista operante in struttura pubblica o privata convenzionata, possono fruire di ulteriori 10 ore annue di permesso retribuito per visite, esami strumentali e cure mediche frequenti, oltre a quanto previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Per la fruizione delle ore di permesso aggiuntive, nel settore privato il datore di lavoro chiede il rimborso degli oneri a suo carico all'ente previdenziale, mentre, nel settore pubblico le amministrazioni provvedono alla sostituzione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche, nonché del personale per il quale sarà prevista la sostituzione obbligatoria dai provvedimenti attuativi della norma in esame, nel rispetto della contrattazione collettiva nazionale.

L'individuazione delle modalità e delle condizioni di fruizione delle suddette ore di permesso è demandata ad apposito decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro per la Pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Tale decreto individua, in particolare, gli oneri a carico del datore di lavoro privato, le sostituzioni obbligatorie nella pubblica amministrazione e le modalità di controllo e revoca dei benefici irregolarmente fruiti. Ai lavoratori dipendenti si riconosce, altresì, la possibilità di richiedere l'esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile, ove compatibile, per il periodo di follow-up.

Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 2, valutati in 52 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili. Il Ministro dell'Economia e Finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Nell'ipotesi di fruizione irregolare dei permessi in oggetto, le somme revocate e riscosse sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla medesima finalità di spesa.

Per le malattie oncologiche, le suddette disposizioni si applicano a decorrere dalla data della loro entrata in vigore. Per le malattie invalidanti o croniche, anche rare, le medesime disposizioni si applicano previa individuazione, mediante decreto del Ministro della Salute, dell'elenco delle malattie che danno titolo alla fruizione dei permessi disciplinati dall'articolo 2, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro per la Pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.

Il testo in esame reca, inoltre, una disposizione volta ad integrare le commissioni mediche della ASL chiamate, in base alla legge n. 104 del 1992, ad accertare lo stato di invalidità o handicap. In particolare, nei casi in cui i suddetti accertamenti riguardano soggetti affetti da patologie oncologiche, si prevede che le predette commissioni mediche siano integrate da un oncologo specializzato nella patologia tumorale di cui è affetto il soggetto esaminato e da uno psicologo con esperienza nel sostegno dei malati oncologici.

Il provvedimento prevede, infine, l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'Università e della ricerca, di un Fondo, con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, per il conferimento di premi di laurea intitolati alla memoria di pazienti che sono stati affetti da malattie oncologiche, in favore di studenti meritevoli laureati in medicina e chirurgia, scienze biologiche, biotecnologie, farmacia, chimica e tecnologie farmaceutiche. Ai conseguenti oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili. Il Ministero dell'Economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Giova ricordare che questo testo, che durante l'esame in Commissione, in questa legislatura, è stato ampliato in alcune parti, deriva dal testo unificato che era già arrivato in Aula durante la XVIII Legislatura e non approvato per la fine anticipata della stessa. Il cuore del provvedimento era molto simile a questo testo unificato che arriva in Aula, perché si parlava, sostanzialmente, di richiedere il periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a 24 mesi per i lavoratori affetti da questa patologia e la possibilità di fruire di ulteriori 10 ore annue di permesso retribuito per visite, esami strumentali e cure mediche frequenti.

Desidero ringraziare tutti i gruppi di maggioranza e di opposizione, con cui il confronto e il lavoro è stato proficuo per l'adozione di questo testo unificato che oggi approda in Aula e auspico che si possa arrivare presto a un'approvazione in questo ramo del Parlamento.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire.

Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore “Don Geremia Piscopo” di Arzano, in provincia di Napoli, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Arturo Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Ringrazio il relatore Giaccone. Io penso che abbiamo fatto un buon lavoro. Ci siamo parlati, abbiamo costruito una linea condivisa, partendo da testi anche diversi. È stato un lavoro faticoso, di merito, il cui esito, però, non è ancora scontato. Lo dico perché è chiaro l'obiettivo comune che abbiamo: restituire un diritto a un pezzo di mondo del lavoro, quello più fragile, quello che non viene mai raccontato, e quel diritto si chiama conservazione del posto di lavoro, una tutela che va garantita anche in caso di malattia prolungata.

Questa proposta di legge, a prima firma dell'onorevole Serracchiani, parte da un caso specifico, da una vicenda che ha fatto discutere il Paese, la vicenda di Steven Babbi, di Cesenatico, 24 anni, deceduto dopo una lunga lotta contro una malattia rarissima, il sarcoma di Ewing, che si vide, pochi anni fa, revocare l'indennità di malattia dall'INPS. Non era un fatto burocratico. Ci vuole la forza della legge, ci vuole la capacità di una riforma, ci vuole una riforma che garantisca diritti esigibili e non disponibili rispetto all'arbitrio o alle scelte di ciascuno.

Dunque, questa legge è una legge importante. Disponiamo la conservazione del posto di lavoro, permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche invalidanti e croniche, allarghiamo il periodo di comporto da 30 a 45 giorni, prevediamo 10 ore annue retribuite per cure mediche e visite importanti, garantiamo la durata dei 24 mesi, così come veniva giustamente descritto dal relatore Giaccone.

D'altra parte, i numeri, purtroppo, sono molto significativi e bisogna andare a vedere dentro ai numeri per capire quanto questo fenomeno non sia un fenomeno limitato. Non vi è famiglia, in questo Paese, che non abbia avuto casi di malattie gravi e croniche e si sia dovuta confrontare con l'incertezza e la precarietà del lavoro. Parliamo, soltanto per il 2023 - sono i dati del dossier della Camera - di 395.000 nuovi casi di malattia oncologica: 208.000 uomini e 187.000 donne, di cui 55.000 per tumore della mammella, quello più diffuso tra le donne. Se guardiamo i dati dell'INAIL al dossier “Donne”, nel 2023 vediamo che le denunce di mancato rispetto di quelle norme che noi andiamo a introdurre riguardano prevalentemente gli uomini e molto meno le donne: 1.653 uomini nel 2021 (il 4,1 per cento) e solo 172 donne. Perché? Perché la condizione del lavoro delle donne è più difficile, più dura, più precaria, più intermittente e più ricattabile. Lo abbiamo visto quando abbiamo affrontato argomenti molto seri, come le dimissioni in bianco. Ora, dunque, noi ci troviamo di fronte a una scelta che dobbiamo operare, che questo Parlamento deve operare. Lo abbiamo fatto anche nella legge di bilancio con un ordine del giorno il cui primo firmatario era il relatore Giaccone, firmato dal presidente della Commissione Rizzetto e da tutti i capigruppo e le capogruppo della Commissione lavoro, un ordine del giorno che chiedeva al Governo di metterci risorse. Lo dico al Governo, che è qui presente: dovete trovare quei soldi. Si tratta di 52 milioni di euro. Nella legge di bilancio sappiamo bene come è andata! Sappiamo come va il mondo, Sottosegretario Durigon!

Noi, come schieramento all'opposizione, abbiamo previsto, unitariamente come opposizioni, che il 40 per cento di quei 100 milioni riservati al Parlamento da quella legge di bilancio (in una mole molto più larga) andassero a rimpinguare il Fondo contro la violenza di genere. Non discuto di quello che hanno fatto gli altri su quelle risorse e, però, con quelle risorse oggi riusciremmo a finanziare questa legge. Allora, io credo che quei soldi vadano trovati e vadano trovati in fretta. Non possiamo non dare - e lo abbiamo fatto come Commissione lavoro - un segnale di attenzione, di rispetto e di cura, e non uso a caso questa parola. Infatti, la cura non è incompatibile con il lavoro. Cura significa dare un messaggio chiaro: lo Stato si occupa di te, non ti lascia nel dolore, nella paura, non ti condanna alla solitudine, non trasforma la tua malattia in una colpa.

Per questo rinnovo l'appello. Credo che dobbiamo approvare questa legge in fretta. Abbiamo avuto un atteggiamento responsabile come opposizioni in Commissione lavoro e questo è stato riconosciuto da tutti i colleghi. Io credo che dobbiamo fare un passo in avanti significativo e ci vuole una risposta chiara da parte del Governo per finanziare questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mascaretti. Ne ha facoltà.

ANDREA MASCARETTI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, ci troviamo oggi a discutere di importanti misure raccolte in un testo unificato, come è appena stato detto anche dal collega Scotto, per dare finalmente una risposta, come Parlamento, alle necessità di centinaia di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie, che da tempo chiedevano un welfare più attento alle esigenze di chi è affetto da gravi malattie oncologiche o da malattie invalidanti o croniche anche rare.

Giova ricordare che il testo unificato delle proposte di legge in esame, recante disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, è stato elaborato dal Comitato ristretto, istituito dalla XI Commissione nella seduta del 20 settembre 2023, che ha terminato i suoi lavori il 19 dicembre 2023. Successivamente, il suddetto testo è stato adottato dalla Commissione plenaria nella seduta del 10 gennaio 2024 quale testo base per il prosieguo dell'esame. La Commissione ha, quindi, proseguito l'esame in sede referente del testo unificato in titolo e nella seduta del 24 gennaio 2024 ha conferito il mandato al relatore a riferire in senso favorevole all'Assemblea.

Ritengo, dunque, doveroso evidenziare come il testo ora in discussione sia il frutto di un importante lavoro di sintesi fatto dalla Commissione lavoro sulle numerose proposte provenienti dai diversi gruppi parlamentari. Tutte queste proposte avevano in comune l'obiettivo di dare una risposta puntuale e urgente alle importanti esigenze non ulteriormente rinviabili dei lavoratori affetti, come abbiamo già ricordato, da gravi patologie oncologiche, invalidanti e croniche.

Questa è una proposta di legge che si integra con il già approvato ordine del giorno dello scorso dicembre, che impegnava il Governo, compatibilmente con i vincoli di bilancio e le risorse disponibili, a istituire un apposito Fondo per l'estensione di permessi e congedi retribuiti ai dipendenti pubblici o del settore privato, affetti da malattie oncologiche, invalidanti o croniche. Prima di iniziare a parlare più dettagliatamente del provvedimento in questione, vorrei ricordare ai colleghi e ai cittadini che avranno modo di ascoltare gli interventi di oggi a Montecitorio, alcuni dati che evidenziano, semmai ve ne fosse bisogno, la rilevanza di questa proposta di legge.

L'anno scorso, in Italia, sono state registrate 395.000 nuove diagnosi di cancro, 208.000 nuovi casi negli uomini e 187.000 nelle donne. Tra queste, ben 55.000 riguardavano il tumore alla mammella. Questi numeri non sono solo fredde statistiche, ma rappresentano tragedie personali, storie di vite reali, famiglie sconvolte, carriere spesso interrotte e piani di vita improvvisamente messi in discussione. Il testo in esame rappresenta un chiaro passo nella direzione di politiche per il lavoro sempre più attente alle fragilità dei lavoratori e nelle quali il diritto alla dignità lavorativa è una priorità.

La necessità di curarsi non può e non deve confliggere con il diritto a mantenere il proprio posto di lavoro. Bisogna, infatti, riconoscere che molti lavoratori, quando sono affetti da malattie oncologiche, invalidanti o croniche, si trovano nelle condizioni di bilanciare le loro responsabilità lavorative e professionali con la necessità di prendersi cura della propria salute. Una cura che spesso può richiedere ai lavoratori un investimento considerevole di tempo ed energie, durante la quale non devono essere lasciati soli, ma vanno, al contrario, sostenuti in quella che sappiamo essere una fase di grande vulnerabilità.

Il testo, dunque, partendo da queste considerazioni, introduce diverse importanti misure per la tutela dei lavoratori affetti da patologie oncologiche, invalidanti o croniche, concedendo loro il tempo necessario per intraprendere un corretto percorso terapeutico, senza che ciò comporti il rischio della perdita dell'impiego, e concedendo maggiore flessibilità per quanto riguarda i congedi e i permessi per assentarsi dal posto di lavoro, perché, va ricordato, il diritto al lavoro e al lavoro dignitoso in ogni momento della vita è un fondamento della nostra Repubblica, e va difeso e perseguito ogni giorno.

Questa proposta di legge va esattamente in questa direzione. Vengono, infatti, introdotte misure quali, ad esempio, il diritto al congedo fino a 24 mesi per i lavoratori pubblici e anche per i lavoratori privati con la garanzia della conservazione del posto di lavoro durante questo periodo, prendendo atto, in questo modo, della realtà secondo cui il percorso che va dalla diagnosi alla terapia e alla convivenza con queste patologie è spesso molto lungo e complesso. Va dunque ribadito, ancora una volta, che nessun lavoratore dovrebbe essere costretto a scegliere tra la propria salute e il proprio posto di lavoro.

Durante il congedo, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa, come previsto dall'articolo 1 del provvedimento in esame. Tale congedo è, tuttavia, compatibile con la concorrente fruizione di altri eventuali benefici economici o giuridici, e la sua fruizione decorre dall'esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata a qualunque titolo riconosciuti al dipendente. Non ci si limita, però, solo a normare ed estendere il tempo consentito di assenza dal luogo di lavoro.

Viene, infatti, prevista l'applicazione, ove possibile, del regime di lavoro agile per tutti i lavoratori in rientro da tale congedo. Incoraggiare il lavoro agile per questi lavoratori vuol dire che siamo finalmente una società avanzata e sensibile, che riconosce l'importanza di integrare la flessibilità lavorativa con le esigenze di salute e dei suoi cittadini, mettendo al centro la persona e ricordando che tale misura non è una questione di comodità, ma una necessità, che assicura il rispetto dei diritti dei lavoratori e la loro integrazione nel mondo del lavoro, anche e soprattutto nei momenti di maggiore vulnerabilità.

Inoltre, nel provvedimento si prevede anche che i lavoratori dipendenti pubblici o privati per i periodi di follow-up possano richiedere, ove compatibile e in accordo con il datore di lavoro, un cambio di mansione compatibile con il proprio stato fisico, in presenza di una certificazione medica comprovante l'impossibilità a svolgere la mansione lavorativa svolta prima della malattia. La lavoratrice o il lavoratore che richiede di fruire del servizio di lavoro agile non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione è da considerare ritorsiva o discriminatoria, e pertanto nulla.

Il presente testo stabilisce che i lavoratori, sia del settore pubblico che privato, affetti da patologie oncologiche o da malattie invalidanti o croniche individuate attraverso specifico decreto del Ministro della Salute e dietro prescrizione del proprio medico di base o di uno specialista operante in una struttura pubblica o privata convenzionata, possano usufruire di ulteriori 10 ore di permesso retribuito all'anno. Questo periodo aggiuntivo è destinato a coprire le necessità di visite, esami strumentali e trattamenti medici frequenti, aggiungendosi a quanto già previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

Nel caso del settore privato, il datore di lavoro è tenuto a richiedere il rimborso delle spese sostenute all'ente previdenziale. Per quanto riguarda il settore pubblico, le amministrazioni sono responsabili di sostituire il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche. La sostituzione è applicabile al personale secondo quanto indicato nei provvedimenti attuativi della presente norma e nel rispetto della contrattazione collettiva nazionale.

Un altro intervento di questo provvedimento che voglio evidenziare riguarda la composizione delle commissioni mediche ASL, per le quali si prevede che, in aggiunta ai professionisti attualmente previsti, partecipino non solo un oncologo specializzato nella patologia tumorale in questione, ma anche uno psicologo con esperienza nel trattamento di queste patologie. Così verrà maggiormente garantito che, nella valutazione del paziente, vengano affrontati non solo gli aspetti fisici della malattia, ma vengano anche considerate le sue complesse ripercussioni psicologiche, riconoscendo in questo modo come della salute faccia anche parte il benessere mentale ed emotivo.

Sono, altresì, previste misure per dare al lavoratore che lo desiderasse la possibilità di riscattare il periodo di congedo per mantenere la propria situazione previdenziale inalterata. Per le malattie oncologiche, le suddette disposizioni si applicano a decorrere dalla data della loro entrata in vigore; per le malattie invalidanti o croniche, anche rare, le medesime disposizioni si applicano previa individuazione, mediante decreto del Ministero della Salute, dell'elenco delle malattie che danno titolo a fruizione dei permessi disciplinati dall'articolo 2 del presente provvedimento, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro per la Pubblica amministrazione.

Concludo, Presidente, sottolineando l'importanza di questo testo, perché trovo che sia profondamente giusto che il Parlamento proponga e approvi una legge che prevede il potenziamento delle misure esistenti a tutela di tutti i cittadini affetti da patologie gravi, invalidanti, croniche o oncologiche. Onorevoli colleghi, con questo provvedimento abbiamo l'opportunità di rendere un poco migliore la vita di centinaia di migliaia di cittadini, quando si trovano nei momenti di maggiore vulnerabilità e di consentire loro di conciliare il tempo del lavoro con quello delle cure.

Per questo, ringrazio il relatore, l'onorevole Giaccone, il presidente della XI Commissione, onorevole Rizzetto, e tutti i colleghi della XI Commissione per l'importante lavoro svolto insieme, che ha permesso di portare in questa Assemblea un testo che offre una risposta concreta ad alcune esigenze dei lavoratori affetti da gravi patologie oncologiche, invalidanti o croniche.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Grippo. Ne ha facoltà.

VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Intanto mi unisco ai colleghi nel riconoscere e ringraziare sia i presentatori dei diversi testi unificati, Giaccone, Serracchiani, Gatta, Barzotti e tutti gli altri colleghi della Commissione che hanno lavorato a questo testo, a riprova del fatto che, su temi così importanti per i cittadini e per le persone, si possa trovare una riflessione comune, anche laddove alcuni di noi, magari, su alcuni aspetti vorrebbero incidere diversamente o magari definire diversamente le cose.

Sono particolarmente orgogliosa, essendo alla mia prima legislatura, di avere visto in quest'Aula, nei primi mesi di lavoro, un grande attivismo su temi così sensibili per le famiglie e per i cittadini italiani.

Abbiamo lavorato e votato all'unanimità il testo sull'oblio oncologico, a riprova di ciò che spesso viene detto dagli operatori del settore e da tutti i cittadini che conoscono la tematica, ovvero che, rispetto alle malattie invalidanti, al cancro, a questo grande nemico della salute umana, ci si distingue tra chi non si è mai confrontato con una patologia di tale cronicità e chi invece sì. Parliamo purtroppo della maggior parte di noi. Infatti, i numeri ci dicono che il 30 per cento della popolazione, nella propria vita, ha che fare con una malattia invalidante nel senso ampio della definizione che ne dà l'Organizzazione mondiale della sanità. Ciò significa che uno su quattro ha questa situazione e, quindi, come è stato detto, ogni famiglia italiana, purtroppo, sa di cosa stiamo parlando e conosce il lungo calvario delle malattie, la grande complessità delle cure, nonostante la grandissima ossatura del nostro Servizio sanitario nazionale, a cui va sempre il nostro ringraziamento ogni volta che ci troviamo occuparci di salute, con tutte le criticità che conosciamo, garantisca a tutti, a prescindere dal reddito, tutele e supporto, specialmente in situazioni sanitarie così complesse. Tuttavia, sappiamo bene che la cura della malattia non è l'unico aspetto della lotta contro questi terribili mali, la lotta comprende anche altri aspetti: una battaglia per la dignità, una battaglia per la socialità, una battaglia per superare il rifiuto e il dogma sociale, una battaglia per combattere la solitudine, una battaglia per ritrovare se stessi dopo la malattia e riportare il più possibile a quel che c'era di se stessi prima della malattia.

Ecco, questa legge è un tassello importante in questo quadro ma evidentemente non lo esaurisce, perché non si occupa solo della conservazione del posto di lavoro, della possibilità di prendere un congedo continuativo o frazionato, di permessi di lavoro per visite strumentale e cure mediche. Mi ha fatto piacere, infatti, aver sentito anche nelle parole dei relatori la presa in carico dell'aspetto psicologico, che è così importante nella lotta alla malattia che talvolta, per le emergenze e la gravità della gestione di questioni pratiche, viene lasciato in secondo piano; eppure, ha un ruolo così importante. Questa legge, quindi, a mio avviso, rappresenta un tassello importante in una lotta che non è solo normativa, che non è solo legislativa ma è anche una lotta culturale che cerchiamo di fare per spiegare sempre di più a una società così presa dalla performance, dal risultato, che, invece, la presa in carico delle fragilità fa parte della nostra umanità, del nostro essere persone, prima ancora che cittadini.

C'è in questa legge - ma dovremmo lavorarci più approfonditamente nei prossimi mesi - un importante passaggio definitivo e un incoraggiamento del lavoro agile che consente di coniugare flessibilità lavorativa e salute, evitando la perdita di produttività e socialità, anche in fasi della vita, in momenti nei quali tale produttività e socialità sono evidentemente compromesse dalle proprie condizioni sanitarie. Quindi, naturalmente, con il gruppo Azione siamo a favore di questa normativa, l'abbiamo sostenuta in Commissione e aiuteremo a farla calendarizzare, come è stato giustamente sollecitato, il prima possibile per a far sì che diventi norma.

Mi consento un'ulteriore considerazione che non vuole essere una nota critica ma vuole essere una nota di pragmatismo. Mi rivolgo al Governo e a tutti noi colleghi: purtroppo ci siamo trovati, nell'ultimo anno, più volte ad avere a che fare con provvedimenti o con decisioni che non hanno aiutato e sostenuto le persone con patologie invalidanti ma, viceversa, ne hanno complicato la vita. Penso ai 350 milioni tolti dal Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità e messe sul superbonus, perché mancavano, da parte del Governo, i decreti attuativi della legge delega sulla disabilità, penso al taglio dei fondi per i caregiver, penso, inoltre, al taglio dei contributi sulle barriere architettoniche o alla confusione che c'è stata nei continui rinvii, di tre mesi in tre mesi, della proroga per il lavoro agile e alla differenza di trattamento fra lavoratori in smart working del settore pubblico e del settore privato. Chi vive con una patologia invalidante, veramente, da queste piccole cose - ma piccole non sono, sono cose molto importanti - può vedere un cambiamento nella qualità della propria vita e della propria famiglia. Per fare un esempio, non aver stanziato i fondi in favore delle persone con disabilità - cosa che, ripeto, è diventata un atto dovuto nel momento in cui non c'erano i decreti attuativi, ma è grave che non ci fossero i decreti - comporta che, a tutt'oggi, l'assegno di invalidità sia spesso una cifra irrisoria. Quindi, bene facciamo a dire a una persona che può prendere due anni di aspettativa dal lavoro per prendersi cura di sé ma, se poi togliamo 350 milioni alle risorse che servono a sostenere queste persone nella cura delle proprie patologie, evidentemente abbiamo un comportamento contraddittorio.

Oggi è un giorno in cui discutiamo una cosa positiva, siamo tutti favorevoli e cercheremo di portarla in votazione quanto prima. Ci aspettiamo però dal Governo coerenza e stanziamento delle risorse che sono il primo elemento che rende concreta la volontà di sostenere chi sta in difficoltà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carotenuto. Ne ha facoltà.

DARIO CAROTENUTO (M5S). Grazie, Presidente. Innanzitutto, voglio ringraziare la nostra Commissione per il lavoro serio svolto su un tema importante che lo meritava obiettivamente. Prima di entrare nel merito di quel che questa proposta di legge prevede, è tuttavia opportuno fare una serie di precisazioni rispetto all'iter di formazione nonché rispetto alle motivazioni che ci portano a supportare un testo in condivisione con la maggioranza. La proposta di legge oggi in discussione viene, infatti, da un lavoro cominciato nella scorsa legislatura. Si tratta di una proposta trasversale che deriva da vari progetti di legge presentati dai diversi gruppi politici. Il MoVimento 5 Stelle aveva la propria proposta nella scorsa legislatura a firma Segneri e ha deciso di presentarne una anche in questa, a firma Valentina Barzotti, perché l'obiettivo di salvaguardare il posto di lavoro di chi si è ammalato di tumore, francamente, è di un'importanza simbolica, se vogliamo, ma, nel concreto, nella vita di queste persone diventa assolutamente necessaria dal nostro punto di vista e aver trovato la l'ampia condivisione è merito alla nostra Commissione. Devo dare atto alla maggioranza in questo caso di aver fatto un buon lavoro.

Il testo base oggi in discussione è la sintesi delle proposte Serracchiani, Comaroli, Gatta, Rizzetto e Tenerini, che riteniamo soddisfacente. D'altra parte, può essere migliorato e per questo abbiamo presentato diversi emendamenti, sia in Commissione sia in Aula. Si tratta di un contributo costruttivo a un progetto di legge che deve trovare la luce il più presto possibile in quanto finalizzato alla tutela di questi lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche che non hanno permessi specifici al di là della malattia, nonostante le patologie di cui soffrono intacchino in modo devastante la loro integrità psicofisica e, come dicevano alcuni colleghi in precedenza, purtroppo, si tratta di un fenomeno frequente. Solo in Italia, nel 2023, si contano 395.000 nuovi casi che sono stati dettagliati da un dossier Camera che abbiamo potuto leggere tutti quanti.

Rispetto al contenuto, alcuni articoli sono particolarmente significativi. Ad esempio, l'articolo 1 che prevede l'adozione di un congedo straordinario di 24 mesi, compatibile con altri eventuali benefici economici e giuridici spettanti al lavoratore o alla lavoratrice, che si aggiunge al periodo di comporto spettante. In questo primo articolo riteniamo, però, che l'incompatibilità del congedo con qualunque attività lavorativa non abbia molto senso. In effetti, sarebbe stato più opportuno prevedere il divieto solo rispetto ad attività lavorative incompatibili con lo stato di salute del lavoratore.

Questo perché piccoli lavoretti o lavori da svolgere anche in condizioni di riposo possono aiutare il dipendente a superare un momento di difficoltà tenendosi impegnato e sentendosi comunque utile. L'obiettivo, infatti, deve essere quello di garantire una vita degna di essere vissuta e non meramente la sopravvivenza. Scrivere un libro o un articolo non dovrebbe comportare problemi nella fruizione del congedo. Fatti questi esempi, proprio in questo senso abbiamo presentato un emendamento e speriamo che il relatore lo accolga.

Anche l'articolo 2 è fondamentale, perché prevede, oltre al congedo, anche ulteriori dieci ore di permesso retribuito per visite, esami strumentali, analisi chimico-cliniche e microbiologiche, nonché cure mediche frequenti. Nel caso in cui vi sia un paziente minore di età, le ore di permesso sono attribuite al genitore che lo accompagna, sarebbe un miglioramento significativo rispetto al nulla che oggi circonda la materia.

Un altro articolo che mi sento di segnalare è l'articolo 4, in cui è previsto l'istituzione di un fondo di 2 milioni per il conferimento di premi di laurea intitolati alla memoria di pazienti affetti da malattie oncologiche. Si tratta di un articolo molto particolare, che rivolge un pensiero da un lato ai dipendenti che hanno perso la vita a causa della malattia oncologica, dall'altro agli studenti meritevoli laureati in medicina e chirurgia, scienze biologiche, biotecnologia, farmacia, chimica e tecnologie farmaceutiche, a cui verrà dato un premio alla memoria rispetto alla tesi più meritevole. Mancano sicuramente delle disposizioni come, ad esempio, l'inserimento in modo strutturale del lavoro agile per i lavoratori fragili, ma si tratta di un primo grande passo dello Stato nei confronti di chi vive queste situazioni di grande sofferenza.

Veniamo all'aspetto più critico. Noi auspichiamo che siano trovate al più presto coperture economiche, che al momento mancano, perché risulta francamente inaccettabile che si trovino miliardi di euro per le armi: di oggi è la notizia di decine di miliardi che il comparto difesa investirà i mezzi cingolati, ma potremmo parlare di questo Accordo con l'Albania, che è stato appena approvato da questa maggioranza, con un dispendio davvero superfluo quanto discutibile di denaro. Invece, per le persone fragili, per i lavoratori in estrema difficoltà, per le loro necessità, lo Stato, rappresentato da questo Governo e da questa maggioranza, si dà purtroppo assente. Non sarebbe altro che l'ennesima conferma di un Governo che si accanisce contro i più deboli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 153-A​)

PRESIDENTE. Chiedo al relatore se intenda replicare, ugualmente al rappresentante del Governo; nessuno intende replicare.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Schlein ed altri n. 1-00233 e Francesco Silvestri ed altri n. 1-00222 concernenti iniziative in merito alla crisi in Medio Oriente.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Schlein ed altri n. 1-00233 e Francesco Silvestri ed altri n. 1-00222 concernenti iniziative in merito alla crisi in Medio Oriente (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 25 gennaio 2024 (Vedi l'allegato A della seduta del 25 gennaio 2024).

Avverto che è stata presentata la mozione Rosato ed altri n. 1-00234 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare l'onorevole Vincenzo Amendola, che illustrerà anche la mozione n. 1-00233 di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

VINCENZO AMENDOLA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Care colleghe e cari colleghi, abbiamo presentato una mozione parlamentare a prima firma della segretaria Elly Schlein e del Partito Democratico perché non ci arrendiamo al corso degli eventi che tragicamente, da più di cento giorni, individuano a Gaza una tragedia che si è allargata nei confini, anche nelle difficoltà, nelle turbolenze ma soprattutto nelle vittime innocenti, a tutto il Medio Oriente.

È la realtà della storia europea che viviamo e non bastano question time o incontri come avvengono in quest'Aula se non alziamo il livello dell'iniziativa politica dell'Italia dentro l'Unione europea per una soluzione a un conflitto che riguarda innanzitutto noi. Riguarda il rapporto tra Europa e Medio Oriente, riguarda una storia antica e tragica che il 7 ottobre ha fatto sì che dinanzi a noi si aprisse un nuovo baratro di violenza, di vittime e di persone che soffrono in maniera drammatica. Per questo una mozione. Per non arrendersi al corso degli eventi, per non assistere, come spesso avviene nella politica estera italiana, dinanzi a una tragedia, senza iniziativa diplomatica, senza proposta, senza forzare quello che è un necessario sviluppo della politica europea che, per troppo tempo, nel Mediterraneo è stata assente dinanzi alle tragedie. Penso innanzitutto alla Siria, alla guerra civile, a quelli che sono stati i riflessi di conflitti dopo il 2011. Per questo una mozione, perché crediamo che il Parlamento debba avere una voce, speriamo sempre unitaria, ma speriamo anche che sia una voce che dia manforte all'iniziativa diplomatica italiana ed europea in quella terra.

Il 7 ottobre è una data per noi indimenticabile, chiederemo giustizia per quegli atti orrendi, per quell'orrore che ha causato più di 1.200 vittime israeliane, che ha scioccato l'intera comunità internazionale che ancora oggi vede più di 130 persone ostaggio di Hamas, un'organizzazione terroristica che ha perseverato nella continua denuncia della distruzione di Israele, nel non riconoscimento di nessuna prospettiva politica, anche quando questa si aprì, anni fa, negli Accordi famosi di Oslo, siglati da Yitzhak Rabin e Yasser Arafat.

Ma quella data ha aperto dinanzi a noi scene drammatiche di novità e di forza abbastanza orribile e ha ripreso quelle che sono antiche fratture che nel Medio Oriente non sono state mai sanate, negli ultimi anni. Dal 9 ottobre l'assedio totale alla Striscia di Gaza ha causato migliaia di vittime innocenti, soprattutto bambini che sono ostaggio di un conflitto, che non sono, come abbiamo sempre dichiarato, assimilabili a quelli che sono i protagonisti dell'orrore del 7 ottobre. Per questo abbiamo chiesto e chiediamo con forza, lo abbiamo chiesto all'inizio, che l'Italia si muova nel seno all'Unione europea per evitare che questa tragedia costi innanzitutto vittime innocenti, a cui si aggiungono giornalisti, agenti delle agenzie umanitarie internazionali, osservatori e quelli che sono i cooperanti che cercano di portare manforte a una popolazione - più di due milioni di persone - in una striscia di territorio piccola, che sono state costrette a lasciare le case e a muoversi in maniera disperata nel territorio di quella striscia, a noi troppo lontana negli ultimi anni.

Per questo abbiamo denunciato anche il rischio di un'escalation che il 7 ottobre e il 9 ottobre sembrava solo un avvertimento per la politica europea, per la politica internazionale mediorientale, ma un'escalation che si sta realizzando, nella sua tragedia e coinvolge Paesi come il Libano, nel conflitto antico tra Israele e le milizie di Hezbollah, che coincide anche con una destabilizzazione di un quadro mediorientale nell'asse tra Iran, Siria e Libano, con uno sconquasso diplomatico tra mondo arabo e anche mondo europeo, che il Vertice de Il Cairo di ottobre non ha sanato e una difficoltà politica a individuare le vie d'uscita. C'è stato, in questi giorni, a Parigi un incontro tra vertici dei servizi per negoziare, ma la realtà è ancora di 130 ostaggi israeliani che sono a Gaza, di migliaia di civili palestinesi che anche in queste ore nelle ultime azioni militari dell'esercito israeliano perdono la vita in un conflitto di cui non sono responsabili.

Quello che noi chiediamo con questa mozione è indicare il ruolo dell'Italia nel quadro delle Nazioni Unite, nel quadro soprattutto dell'Unione europea, perché abbiamo visto negli ultimi mesi anche una mancanza di capacità di deterrenza diplomatica dell'Unione europea nel ricercare una soluzione politica che ovviamente non giustifichi mai, ma anzi indichi i responsabili della tragedia del 7 ottobre e indichi anche una via d'uscita a un conflitto che fa delle vittime civili un prezzo troppo alto. Mi dispiace ricordarlo, nel linguaggio che spesso è usato anche dai vertici del nostro Governo, non ci sono vittime collaterali.

Questo concetto di vittima collaterale, quando si parla di civili inermi, è un qualcosa che nella nostra coscienza non può essere mai accettata. Ciò perché il diritto internazionale è la fonte su cui legittimamente noi chiediamo giustizia per le atrocità del 7 ottobre, per le vittime e per il popolo israeliano, che ha il diritto alla difesa. Ma il diritto internazionale, il diritto internazionale umanitario, non può accettare che un diritto si sottoponga o venga escluso da quelle che sono le concezioni che - nella nostra cultura, non solo giuridica, ma anche morale del fare politico europeo - non possiamo che condannare.

Per questo, chiediamo un'azione dell'Italia dentro il quadro europeo. Abbiamo assistito per troppi giorni al susseguirsi degli eventi in maniera quasi approssimativa, con dichiarazioni sospese in un'attenzione agli sviluppi. La diplomazia americana si è mossa con molta più forza: il Segretario di Stato, Blinken, ha visitato i territori molte volte. La diplomazia europea non si è mossa con la stessa forza. Questo è quello che chiediamo e per questo chiediamo al nostro Governo, nel quadro europeo, di avere un atteggiamento differente. Vediamo tutti i rischi innanzi a noi. Ho detto dell'escalation di atti che possono determinare anche condizioni differenti e molto più preoccupanti. È di ieri la notizia di un attacco a una base americana in Giordania. Ma si susseguono da giorni, soprattutto nel quadrante del Golfo di Aden, dove c'è una ripercussione delle forze Houthi sul traffico marittimo, quelle che sono delle concause, che, dal 7 ottobre, si sono messe in movimento, molto più forti, e che, ovviamente, rendono, non solo la situazione nella Striscia di Gaza, ma nell'intero Medio Oriente, preoccupanti.

Noi chiediamo all'Europa azione. Chiediamo al nostro Paese di non guardare al susseguirsi degli eventi in maniera stanca. Non chiediamo, ovviamente, che questo dibattito sia un elemento di divisione in questo Parlamento, ma deve rafforzare quella che per noi è sempre la soluzione politica a degli eventi drammatici e tragici, che devono avere una via d'uscita.

Il susseguirsi degli accadimenti, in queste ore, è abbastanza chiaro e anche preoccupante. La dichiarazione, di ieri, in un convegno, da parte di Ministri e deputati del Likud, con il movimento dei coloni, di rivendicare l'annientamento dell'Autonomia palestinese a Gaza e di rioccupare quello che, invece, il Premier Ariel Sharon liberò anni fa, è un viatico cui noi guardiamo con molta preoccupazione. E non è un caso che anche il Dipartimento di Stato americano, così come altri Paesi europei, indichino, nel campo del conflitto, anche attori che da tempo si muovono in una direzione contraria a quella che, invece, per noi è la soluzione storica, affermata negli anni, che l'Italia ha sempre sottoscritto: una soluzione pacifica, con due popoli e due Stati.

Il campo della pace in Israele e in Palestina, da tempo, ha perso forza. Hanno vinto, in un equilibrio tragico, la destra israeliana e le organizzazioni come Hamas e altre affini, che rivendicano un'assoluta e indifferibile distruzione reciproca. In questo equilibrio tragico, sappiamo bene che, tra Israele e Palestina, la non risoluzione del conflitto è un punto d'innesco, un punto di grande frizione, che muove non solo la storia, la realtà e il futuro di questi due popoli, ma l'intero Medioriente, il rapporto tra Europa e Medio Oriente, il rapporto tra le potenze, che, anche sotto la spinta cinese, addirittura aveva visto un riavvicinamento, quello più importante, tra Arabia Saudita e Iran. Questo mondo ci dice che si ripercuotono vecchi stereotipi e vecchie esperienze. Rinasce l'asse della Resistenza, come veniva chiamato anni fa, e che oggi, tra Iran e forze in Siria e Libano, rivendica una rottura totale di qualsiasi rapporto politico. E anche nel mondo arabo. L'abbiamo visto nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite: la dichiarazione, forte, netta, di condanna degli attacchi israeliani a Gaza, prevarica anche la logica di una riapertura dei rapporti che sia ponderata e moderata. In questo clima, in questa escalation, in queste difficoltà, in queste turbolenze, noi vogliamo riportare l'Europa, la sua postura politica, di diplomazia, di interesse collettivo alla pace.

Perché l'Europa non è una fortezza: è toccata sul fronte est da un'invasione drammatica e tragica di Putin verso l'Ucraina, e la destabilizzazione dell'intero quadro del Medioriente, non solo in Terra Santa, è qualcosa che per noi desta preoccupazione.

Per questo, chiediamo, negli impegni, che l'Europa sia in campo, e sia in campo attivando i canali diplomatici riservati come aperti, con la proclamazione di una conferenza di pace, la quale fu, poi, a fondamento di un processo avviato negli anni Ottanta, e che sia attore e attrice, protagonista politica. Un'Europa che si faccia anche carico di una missione internazionale di interposizione a Gaza, che è una richiesta che questo Parlamento fa dal 2014. Così come, dal 2015, nel quadro di un processo di pace, noi pensiamo che il riconoscimento dello Stato di Palestina sia un elemento di sicurezza e condivisione anche di una prospettiva di pace per lo Stato di Israele. Questo noi chiediamo in questa mozione, che io penso abbia uno spirito unitario. E quindi chiediamo alla maggioranza di ragionare non solo sul testo, ma sulla prospettiva del nostro Paese, in Europa e anche nella tradizione della politica estera italiana.

Noi sappiamo benissimo che, nell'ambito delle Nazioni Unite, questo dibattito sull'Agenzia per i rifugiati palestinesi sia un dibattito molto scivoloso, perché conosciamo la tradizione italiana di sostegno alle agenzie alla cooperazione. Certamente, da parte nostra, non ci sarà alcuna giustificazione per atti individuali e singoli, che devono essere condannati, così come abbiamo condannato con forza gli eventi del 7 ottobre. Ma serve una ragione politica e la ragione politica significa individuare una traiettoria, una bussola, una soluzione, che significa anche ricostruire un quadro multilaterale scomparso da tempo, perché sappiamo che non esiste più il quartetto, non esiste più un ingaggio tra le istituzioni sovranazionali, con attori come la Russia, che addirittura interviene in questo conflitto anche per avere un ruolo a lei negato dopo la tragica invasione russa in Ucraina. Per questo noi vogliamo che tutti i tasselli di questo dibattito non dividano il Parlamento, ma diano forza a un'azione di questo Governo, che, negli ultimi mesi, purtroppo, ha assistito al susseguirsi degli eventi più con la speranza di una conclusione immediata del conflitto, che non con la forza e la capacità della tradizione politica di questo Paese.

Queste sono le ragioni, Presidente - e chiudo e la ringrazio -, per cui abbiamo presentato una mozione, perché questo Parlamento ha il dovere di dire come uscire da una tragedia iniziata il 7 ottobre e, innanzitutto, ha il dovere di difendere vittime civili, che si chiamino ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, che si chiamino palestinesi innocenti o bambini innocenti, che sono vittime di un conflitto che sta determinando orrori e anche tragedie per i prossimi anni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della Scuola primaria Giuseppe Quarati, plesso Morelli, di Napoli, che assistono ai nostri lavori dalle tribune. Ragazzi, benvenuti alla Camera dei deputati (Applausi).

È iscritta a parlare l'onorevole Ascari, che illustrerà la mozione Francesco Silvestri ed altri n. 1-00222, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Provate a immaginare che tutto ciò che possedete - case, documenti, ricordi di una vita, beni essenziali - venga spazzato via dall'oggi al domani e che dobbiate scappare per sopravvivere ai bombardamenti quotidiani. E nel caso riusciste a non farvi uccidere, immaginate di dover sopravvivere alla fame, alla sete, alle infezioni, alle epidemie, mentre tutto il mondo si volta dall'altra parte. Questo è quello che succede oggi a Gaza: un inferno! Tanto che risulta persino scorretto parlare di conflitto o di guerra. Il termine corretto è carneficina, massacro.

Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo, sin da subito, condannato fermamente gli atti atroci di Hamas. Il 7 ottobre è la vergogna di Hamas. Abbiamo ribadito il diritto all'esistenza di Israele, il diritto a tutelare la sicurezza dei propri cittadini. Ma quello che sta avvenendo dal 7 ottobre in avanti è la vergogna di tutti noi. È l'apocalisse.

Perché nulla al mondo può giustificare un massacro di bambini e civili, e soprattutto l'indifferenza che lo circonda! Dal 7 ottobre, in 112 giorni, nella Striscia di Gaza sono morti sotto i bombardamenti israeliani oltre 30.000 palestinesi, il 70 per cento delle vittime sono soprattutto bambini e donne. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità a Gaza viene ucciso un bambino palestinese ogni dieci minuti. Si contano poi oltre 63.000 feriti, di questi 2.000 sono bambini mutilati che sono stati operati senza anestesia! Senza contare quasi due milioni di sfollati, ricordando che la popolazione complessiva a Gaza è di 2.200.000 abitanti. Però, Presidente, non si dica che le sofferenze del popolo palestinese siano iniziate lo scorso ottobre, perché la storia è molto più antica. I palestinesi si sono visti derubare le proprie terre, le proprie case, giorno dopo giorno, e la maggior parte della popolazione, ben prima del 7 ottobre, sempre nell'indifferenza mondiale, viveva nella povertà, costretta a dipendere da aiuti umanitari, senza una prospettiva di futuro.

Io lo voglio dire in quest'Aula del Parlamento, perché ho potuto toccare con mano quella sofferenza e ho potuto vedere di persona in Cisgiordania, in Libano e in Siria le condizioni disumane in cui vive il popolo palestinese, i bambini costretti a dormire in tende marce, nel fango. Parlando con i responsabili dei campi profughi ci hanno detto che i bambini nascono, vivono e muoiono lì dentro, senza prospettiva di uscire, con tre strade davanti. La prima, morire di povertà e di stenti, perché ai palestinesi è negato qualsiasi diritto basilare. Morire di malattia, perché è negato l'accesso alle cure sanitarie. Morire in mare nella speranza di fuggire dall'orrore. Un sedicenne qualsiasi a Gaza nel 2023 ha vissuto già cinque guerre violentissime, che hanno provocato migliaia di morti e hanno trasformato Gaza in un carcere a cielo aperto. Ma tutto è passato sotto silenzio e questo per il doppio standard che utilizza l'Occidente e il giornalismo, salvo rare eccezioni, che affronta la questione palestinese minimizzando la sofferenza di questo popolo, disumanizzandolo, rendendolo invisibile, considerandolo indegno di empatia e di esistenza!

Presidente, se in qualsiasi altra parte del mondo si fosse verificata la carneficina che è successa a Gaza, con 30.000 persone uccise, tutti avrebbero urlato al cessate il fuoco (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Allora, io mi chiedo perché si tollera questa impunità protratta di Israele? Perché, allora, la morte di un bambino di Gaza non suscita la stessa empatia che generano le morti di bambini di altri Paesi?

La lotta al terrorismo non c'entra nulla con questa carneficina. Il terrorismo non lo si sconfigge in questo modo, perché dalla violenza non può nascere che altra violenza. Il terrorismo si combatte eliminandone le cause e oggi la principale causa è l'occupazione illegale di territori altrui da parte di Israele e l'assenza totale di diritti nei confronti di un popolo che da oltre settant'anni è profugo in casa propria! I palestinesi sono sottoposti a ordini militari israeliani, scritti da soldati militari israeliani, giudicati da corti militari israeliani, in territori circondati da colonie illegali, con il rischio di essere arrestati senza un'accusa e senza un processo, nella violazione totale del diritto di difesa! Dal 2005 ad oggi 13.000 bambini sono stati arrestati: è l'unica corte che processa i bambini, come si può leggere nella relazione della relatrice speciale ONU Francesca Albanese.

A tutti gli effetti Gaza è un territorio sotto assedio, sotto controllo costante israeliano, per quanto riguarda le frontiere di terra, aeree, marine, dello spazio elettromagnetico, delle risorse, dei trasferimenti: tutto è controllato. Gaza appare oggi come proprio un'area in cui il diritto internazionale è sospeso e se la comunità internazionale consente a Israele di essere al di sopra del diritto internazionale, questo crea un precedente gravissimo, soprattutto di pericolo, provocando delle sacche di impunità in cui si normalizza l'uccisione di civili. Questo pericolo riguarda tutti noi ed è gravissimo!

A questo punto vorrei tornare alle cause e vorrei porre una domanda all'interno di queste aule istituzionali. Se ai palestinesi fossero stati riconosciuti i diritti basilari, il diritto di esistere, il diritto alla vita, se fossero stati trattati come esseri umani, se avessero avuto prospettive per il futuro, se avessero avuto un loro Stato riconosciuto, una loro terra, sarebbe stato semplice secondo voi per Hamas reclutare così tanti giovani? Io voglio ricordare e non far dimenticare che il 90 per cento del movimento di Hamas è costituito da giovani orfani e io vi chiedo: secondo voi i bambini, che in questi quattro mesi hanno visto le proprie famiglie massacrate, come cresceranno e soprattutto qual è la prima cosa che vorranno una volta diventati adulti? Questa violenza genera odio, genera radicalizzazione e soprattutto non ci meravigliamo se esiste il terrorismo. Gli stessi Stati Uniti dissero a Israele, non fate gli stessi errori che abbiamo fatto noi. No, qui si sta facendo ben peggio. Come dice Julian Assange, introducendo il concetto di guerra infinita, l'obiettivo non è quello di controllare un territorio, l'obiettivo è utilizzarlo per riciclare il denaro proveniente dalle tasse degli americani, dalle tasse degli europei e farlo tornare nelle mani delle élite della sicurezza transnazionale. L'obiettivo è una guerra infinita, non una guerra di successo, che è ciò che interessa anche a Netanyahu per rimanere al potere, mentre c'è un'ingiustizia mostruosa nei confronti di un uomo, di un giornalista, che da 14 anni non cammina più da uomo libero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) per la strada per averci rivelato i crimini di guerra in Iraq, in Afghanistan e soprattutto averci rivelato la reale propaganda della guerra, non il portare la democrazia, ma gli interessi e il business delle armi, soprattutto il finanziamento del complesso industriale militare! In tutto questo, la risposta di Israele è pura vendetta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo emerge dalle stesse dichiarazioni dei leader, che non parlano di sradicare Hamas, ma di distruggere Gaza. C'è addirittura chi ha parlato di lanciare la bomba atomica su Gaza e chi ha un piano per costruire un'isola artificiale davanti alle coste di Gaza, c'è chi dice che non bisogna riconoscere lo Stato di Palestina, c'è chi considera i palestinesi animali. Io vorrei ricordare che il genocidio parte dalla deumanizzazione!

Di fronte a tutto questo, il Governo italiano che non ha avuto neanche il coraggio di votare per due volte le risoluzioni ONU che proponevano i cessate il fuoco, che cosa fa? Si trincera nel silenzio e nell'inerzia e invoca il diritto di difesa di Israele, un diritto che è stato ampiamente violato, dal momento che si è bombardato indistintamente su una popolazione di 2.200.000 abitanti, soprattutto colpendo edifici tutelati dal diritto internazionale, scuole, università, interi monumenti, ospedali. Cosa c'entra tutto questo con il diritto di difesa? Chiudo, Presidente, perché è necessario un impegno concreto da parte del Governo italiano, innanzitutto, per un cessate il fuoco immediato e definitivo. Corridoi umanitari: servono aiuti subito che devono essere mandati e soprattutto dei sanitari con oltre 63.000 feriti. Promuovere una conferenza di pace e la comunità internazionale deve aiutare questi due popoli e soprattutto camminare insieme a loro per arrivare veramente a una soluzione definitiva e rispettare il diritto internazionale.

Porre fine all'occupazione dei territori della Palestina, demilitarizzare questi territori, riconoscere lo Stato di Palestina come Stato indipendente e sovrano, anche perché pace e occupazione sono incompatibili insieme e rendono, innanzitutto, irrealizzabile il principio dei “due popoli in due Stati”. La pace si costruisce con la pace e non con l'invio di armi e con il finanziamento del complesso industriale militare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e, soprattutto, la politica deve ascoltare i cittadini e le cittadine che sono scesi in piazza urlando il cessate il fuoco e la pace. Il tempo del silenzio è finito e, soprattutto, Presidente, il silenzio ci rende complici e questo è inammissibile.

Chiudo, dicendo e riportando una frase del Presidente di tutti, Sandro Pertini, un Presidente con coscienza, empatia, che ha detto un pensiero di estrema attualità, che io voglio riportare, che sento, in quest'Aula: è tempo per i palestinesi di avere una patria e un Paese riconosciuto come l'hanno avuto gli israeliani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Grippo, che illustrerà la mozione Rosato ed altri n. 1-00234, di cui è cofirmataria.

VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Mi unisco a chi ha detto che in quest'Aula non possiamo assuefarci a quanto avvenuto il 7 ottobre, a quanto sta avvenendo ancora adesso e, quindi, anche noi, con il gruppo di Azione-PER, abbiamo presentato una mozione che ha l'obiettivo di rafforzare, stimolare, suggerire al Governo interventi da fare.

Ascoltando la discussione è davvero complesso provare a dare un contributo costruttivo, perché la pace ha tanti nemici - la violenza, l'antisemitismo, abbiamo assistito a cose inaudite negli ultimi mesi -, ma uno dei nemici della pace sicuramente è anche la retorica. Io mi ricordo quando, ironizzando sulla superficialità dei concorsi di bellezza negli anni Cinquanta, si scimmiottava la reginetta che, nell'esprimere un desiderio, diceva “vorrei la pace nel mondo”. Noi non possiamo, alla Camera dei deputati, usare la retorica dei concorsi di bellezza, qui, purtroppo, siamo chiamati ad assumerci una responsabilità e, quindi, non solo a dire che vogliamo la pace nel mondo - ci mancherebbe altro -, ma a provare a dare una risposta difficilissima, a cercare di superare lo sconforto, il senso di impotenza e provare tutti insieme, qui, fra colleghi, nella Nazione, nell'ambito degli organismi internazionali nei quali sediamo, a riconoscerci reciprocamente e a cercare di dare un indirizzo e anche la forza al Governo italiano affinché sia più efficace negli organi in cui si siede, nei rapporti bilaterali.

Noi, con questa mozione, ripercorriamo i tragici avvenimenti degli ultimi mesi. Siamo stati tutti sorpresi da un brutale attacco terroristico - non dimentichiamocelo mai -, che ha causato oltre 1.000 vittime civili e nel quale sono state prese in ostaggio oltre 200 persone. Un attentato che si è fondato sulla volontà espressa ed inequivoca di Hamas - definita organizzazione terroristica da Unione europea, Stati Uniti, Canada, Egitto, Giordania, Giappone - di negare il diritto stesso all'esistenza di Israele, a cui è seguita l'immediata reazione israeliana, che è stata accompagnata da un'imponente manovra terrestre ed aerea, la quale, per quanto condotta con sistemi d'arma ad elevata tecnologia e precisione, non sta garantendo la discriminazione degli obiettivi militari da quelli civili - l'abbiamo detto -, con migliaia di vittime che sono ostaggio del conflitto, alle quali si aggiungono, come è stato detto, cooperanti, giornalisti. Quando si raggiunge questo livello di violenza, la possibilità di proteggere le vittime innocenti diventa sempre più difficile, il senso di impotenza da parte degli organismi internazionali sempre più angosciante.

Noi, con questa mozione, chiediamo che l'Italia, in sinergia con gli altri Paesi dell'Unione europea, cerchi di essere più efficace per trovare una via di uscita a questa situazione, affinché si possa, con tutti gli strumenti che sono stati illustrati anche da chi mi ha preceduto, trovare soluzioni di equilibrio che tengano conto anche della necessità di tutelare la libertà e la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso, come già avviene in altre aree di interesse strategico. Ricordo che il Consiglio dell'Unione europea, nella formazione Affari esteri, che si è riunito lo scorso 22 gennaio ha informalmente deliberato l'avvio di una missione militare navale a protezione del naviglio mercantile in transito nel Mar Rosso, implementando le missioni già in essere in quell'area geografica. Noi chiediamo che vengano rafforzate tali azioni. Ricordiamo anche che, in questo contesto internazionale, si inserisce la Presidenza italiana del G7, che dovrà affrontare anche la crescente instabilità insita nei diversi focolai esistenti in Medio Oriente e, quindi, le diverse conseguenze che questi avranno nell'equilibrio mondiale. Ricordiamo anche che il vertice che si terrà dal 13 al 15 giugno sarà l'occasione per condividere con i principali partner mondiali dell'Italia le possibili soluzioni alle situazioni di crisi.

Sottolineiamo, però, una preoccupazione insita nella debolezza dimostrata dalla comunità internazionale, dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea nell'intervento in questi ambiti. Riteniamo, inoltre, che appaia sempre più urgente una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e degli strumenti di moral suasion in capo all'Organizzazione e, al contempo, la necessità di lavorare nelle sedi europee per definire un sistema di difesa e un sistema di politica estera comuni, realmente efficaci, perché, come sappiamo, purtroppo, in più occasioni, è emersa una fragilità dell'Unione in questo ambito.

Noi, con la nostra mozione, chiediamo al Governo di rinnovare la ferma condanna all'attacco terroristico perpetrato da Hamas lo scorso 7 ottobre nei confronti di Israele e di sostenere le sanzioni che l'Unione europea ha adottato nei confronti dell'organizzazione; di chiedere l'immediata e incondizionata liberazione degli ostaggi ancora sequestrati dai terroristi; di riaffermare il pieno diritto di Israele ad esistere; di attivarsi, come detto, sia in sede di Unione europea sia nelle altre sedi internazionali, per sostenere ogni iniziativa che consenta di evitare un'escalation militare nella Striscia di Gaza; di profondere ogni sforzo utile a ricostruire quanto prima un processo di pace e, quindi, conseguentemente, di attivarsi nelle sedi internazionali affinché sia rispettato dalle autorità israeliane e dai gruppi armati palestinesi il diritto internazionale umanitario, che, come abbiamo detto, viene violato ogni giorno, e di fornire supporto e aiuti di natura umanitaria alle popolazioni colpite, evitando ogni forma di finanziamento e sostegno che possa supportare l'attività delle organizzazioni terroristiche; di definire prioritario il ripristino della libertà e sicurezza della navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, non solo per le navi mercantili italiane, a tutela degli interessi strategici nazionali e dei porti del Mar Mediterraneo; di partecipare, in sinergia con gli altri Paesi dell'Unione europea, ad una missione militare a protezione delle navi mercantili in transito nello Stretto di Bab el-Mandeb e nel Mar Rosso, anche mediante un allargamento dell'area geografica di azione delle missioni già in essere nello Stretto di Hormuz e nel bacino somalo, anche alla luce dei menzionati colloqui e accordi presi dai Ministri degli Esteri europei; di supportare ulteriori impegni nelle sedi europee affinché si costruiscano le condizioni per la creazione di un'autonoma capacità di difesa europea complementare ed integrata nel sistema della NATO; di farsi promotrice, nell'ambito della Presidenza di turno del G7, di una riflessione su una riforma delle Nazioni Unite nell'ottica che illustravo nelle premesse, in modo che anche le Nazioni Unite abbiano a disposizione degli strumenti che consentano di restituirgli il ruolo decisivo nella risoluzione dei conflitti per cui tale Organizzazione è nata.

Concludendo, Presidente, questa mozione vuole legittimare e rafforzare il Governo nella propria presenza internazionale e auspica che su questi temi ci sia una presa di posizione, pur nelle legittime differenze di posizioni con i colleghi con i quali ci siamo confrontati in questi mesi, nel rispetto di ogni opinione - ripeto -, fuorché di quelle animate dalla mera retorica non pesata, perché ognuno di noi è chiamato a una responsabilità nei confronti del mondo che probabilmente non ha precedenti e, quindi, abbiamo bisogno, tutti insieme, di ascoltarci reciprocamente e di prendere il meglio dalle preoccupazioni e dalle riflessioni di ognuno.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola secondaria statale di primo grado Giovanni Pascoli, di Aversa, in provincia di Caserta, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Grazie, signor Presidente. Che il Parlamento italiano, con la Camera dei deputati, dedichi una discussione, attraverso lo strumento delle mozioni, a quello che sta accadendo in Medio Oriente, in particolare a Gaza, è un imperativo perfino morale davanti alla tragedia in corso. È una tragedia, quella mediorientale, quella di Gaza, che, fuori da ogni retorica, parla a noi - glielo voglio dire: ha ragione, per suo tramite, la collega Grippo -, alla coscienza europea, alla coscienza sporca di una comunità internazionale che da troppi anni ha girato lo sguardo dall'altra parte, si è tirata indietro, si è lavata le mani di fronte alla violazione sistematica della legalità internazionale, dinanzi a un'occupazione militare che, in violazione della legalità internazionale, ha negato e nega quotidianamente, da troppi anni e da troppi decenni, il diritto dei palestinesi e delle palestinesi a veder riconosciuto un loro Stato e a costruire, per questa via, una condizione di dignità per loro e di sicurezza per l'intera regione, a cominciare dalla sicurezza, sacrosanta, dello Stato di Israele e di chi vi abita.

L'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre contro i civili israeliani, che ha provocato oltre 1.200 vittime e la condanna nostra, di Alleanza Verdi e Sinistra, dentro questo Parlamento, insieme alla condanna netta di tutte le altre forze politiche, non lascia alcun margine di ambiguità alla lettura di quel che è successo quel giorno, né alla ragione politica di una condanna che va oltre la semplice constatazione di un crimine orribile, come ogni crimine che si scatena contro i civili, sempre le prime e più indifese vittime di ogni violenza. È stata, quella, una condanna che ha ragioni politiche, perché individua nell'organizzazione terroristica di Hamas, nel suo modello di società, un avversario irriducibile del nostro modo di pensare al mondo, alla pace necessaria e possibile, all'emancipazione di tutte e tutti, alla libertà come condizione imprescindibile per costruire condizioni migliori. Dopo il 7 ottobre - dal 9 ottobre, come hanno ricordato coloro che mi hanno preceduto - l'attacco di Israele e del suo Esercito a Gaza, l'area più densamente popolata al mondo, nella quale vivono, in condizioni estremamente precarie, di vulnerabilità e di fragilità, già prima del 7 e del 9 ottobre, 2,5 milioni di persone, civili, in maggioranza donne, bambini e persone indifese, ha prodotto, lì, a Gaza, quanto di più simile esista nella realtà alla rappresentazione dell'inferno che possiamo, ciascuno e ciascuna di noi, avere nella nostra immaginazione. Oltre 30.000 vittime, e di queste migliaia e migliaia sono bambini, donne, persone vulnerabili, che non hanno alcuna possibilità di fuggire da quell'inferno. In queste ore le ultime informazioni di stampa ci dicono dell'ennesimo ordine dell'Esercito israeliano di sgombrare quartieri interi di Gaza City, l'ennesimo ordine di evacuazione a persone disperate, che non sanno più dove evacuare, perché non c'è più nessun rifugio, nessuna zona sicura.

Il diritto umanitario internazionale, quello invocato come limite del diritto di difesa, è violato quotidianamente. Siamo di fronte - questo è il nostro parere - a un numero impressionante di crimini di guerra. La Corte penale internazionale de L'Aja ha giudicato fondata l'istanza del Sudafrica, che ha promosso una causa per genocidio nei confronti di Israele. Quel tribunale farà il suo corso e non ci sostituiamo al tribunale penale internazionale, ma quel giudizio, quel primo giudizio, segnala un livello di criticità che ormai è insostenibile.

Allora, il compito della politica, della politica italiana ed europea, di fronte alla responsabilità storica che porta sulle sue spalle è quello di mettere in fila le cose, le cose concrete, quelle che quotidianamente contribuiscono a determinare questo inferno, e di provare a immaginare un elemento di iniziativa che vada oltre la ripetizione, stanca e ormai insopportabile, anche essa, di appelli alla moderazione. Come diceva giustamente il collega Amendola, pare che il nostro Governo e la comunità internazionale si siano seduti nella speranza che qualcosa succeda, che il conflitto finisca, che le morti si fermino, ma la speranza non basta più.

Allora occorre - e arrivo rapidamente alle conclusioni, signor Presidente; mi dia qualche secondo in più, anche perché non vedo un eccesso di partecipazione al dibattito - almeno mettere in fila ciò che non serve ad aiutare questa soluzione. Serve ad aiutare questa soluzione continuare a rinviare il riconoscimento dello Stato palestinese, riconoscimento che questo Parlamento aveva già chiesto di fare a Governi di un'altra epoca? Non serve. Questo certamente non aiuta, a maggior ragione in presenza di una leadership israeliana di estrema destra e fondamentalista, che ha esplicitamente dichiarato che fino a quando sarà in sella al Governo di quel Paese impedirà la nascita di uno Stato palestinese. Serve? No, non serve. Questo non aiuta e contribuisce a peggiorare la situazione. Serve, signor Presidente, tagliare i fondi all'UNRWA, l'Agenzia dell'ONU per i palestinesi, cioè lo strumento fondamentale per la sussistenza di quei milioni di palestinesi, che non hanno altra speranza, perché alcune unità dei propri dipendenti sono state accusate - magari sono colpevoli; diamolo per scontato - di aver partecipato o sostenuto l'attacco del 7 ottobre? No, non serve, ed è una scelta che allontana la prospettiva della pace. Serve contribuire e continuare - come pare - con la fornitura militare per le autorizzazioni precedenti al 7 ottobre? Si sono interrotte le autorizzazioni nuove, ma quelle precedenti pare di no o almeno su questo non c'è chiarezza. No, non serve. Serve continuare ad avere rapporti diplomatici come niente fosse, senza nessun elemento di discontinuità? No, non serve. Tutto questo non serve.

Allora, bisogna cambiare passo, bisogna introdurre un elemento di discontinuità, altrimenti non resterà, a noi, ai Governi e alla comunità internazionale, altro che, da un lato, augurarsi che qualcosa succeda per porre fine al massacro o rendersi, giorno dopo giorno, ora dopo ora, complici - complici - di questo inferno. Credo che questo non sia il nostro compito, né l'unica possibilità a cui rassegnarsi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANDREA DI GIUSEPPE (FDI). Grazie, Presidente. Premesso che questa guerra non ha mai un vincitore se non la pace, le mozioni presentate affrontano il delicato tema della guerra in Medio Oriente, iniziata lo scorso 7 ottobre in seguito ai vili attacchi compiuti dall'organizzazione terroristica Hamas. Però, prima di addentrarmi nella questione specifica, credo sia opportuno chiarire un aspetto sul quale tutti, mi auguro, siamo d'accordo: Hamas non è la Palestina, ma un gruppo che agisce in modo terroristico al di fuori del rispetto della libertà e dei diritti umani, sia degli israeliani che dei palestinesi.

Proprio questi ultimi sono vittime di una politica autocratica e violenta, ostaggi politici per chi non ha l'interesse reale di salvaguardare la loro indipendenza, ma di far prevalere una politica antisemita a qualsiasi prezzo.

Il costo di vite umane è purtroppo in gran parte dovuto al fatto che la guerra a cui stiamo assistendo è una guerra asimmetrica. Le nuove guerre hanno portato il sistema bellico a confrontarsi all'interno di un nuovo limes strategico, nel quale l'azione militare pianificata risente di un nemico che utilizza, in numerosi casi, come scudo, la società civile. La situazione di Gaza mostra scenari operativi complessi, che non possono diventare oggetto propagandistico per un sentimento antisemita che negli ultimi mesi sta crescendo nuovamente in Occidente.

Le mozioni presentate dai colleghi di opposizione evidenziano una posizione politica che sembrerebbe cercare di trovare responsabilità negli attori coinvolti, politicizzando un conflitto che, in quanto asimmetrico, porta ad incrementare ingiustificatamente ogni escalation tra le differenti visioni di giustizia in merito a chi sia il reale aggredito o aggressore. Questo non risolve nulla, anzi, compromette una futura ed auspicabile situazione di pace. Il primo punto della mozione n. 1-00233, che vuole impegnare questo Governo a chiedere di promuovere un immediato cessate il fuoco, e, a seguire, aiuti umanitari per la popolazione civile di Gaza, testimonia una carenza nella conoscenza interna del meccanismo delle Nazioni Unite.

Essendo materia di competenza del Consiglio di sicurezza dell'ONU, e i membri permanenti con poteri di veto non sono tutti d'accordo, la possibilità di un cessate il fuoco mediante l'avvio di un'azione coordinata a livello internazionale volta a promuovere iniziative di de-escalation della tensione in Medio Oriente può avvenire solo in modo non coercitivo. La volontà di avviare incontri e conferenze internazionali per promuovere una soluzione politica tra il popolo palestinese e quello israeliano è sicuramente un obiettivo sul quale tutti dovremmo essere d'accordo.

Il problema, però, è comprendere che, ad oggi, ad impedire la realizzazione di questo è proprio la presenza di Hamas. Se analizziamo, ad esempio, la situazione nel Libano meridionale post risoluzione ONU n. 1701, notiamo che la stabilità politica si è ottenuta mediante la presenza fondamentale delle Nazioni Unite, che ha permesso di creare un canale di dialogo, seppure in forma indiretta, tra interlocutori belligeranti. Mediante i lavori della diplomazia svolti presso la base militare 1-32 Alfa, Israele e Libano sono riusciti a costruire i numerosi punti, reciprocamente riconosciuti, di confine, elemento fondamentale per dare una concreta soluzione politica nell'area.

Il conflitto tra Hamas e Israele, facendo leva sia sulla posizione di una frangia Hezbollah molto vicina all'Iran, nonché su una situazione di gestione complessa da parte delle LAF nei campi profughi palestinesi, come quello di Rashideieh oppure quello di Burj el-Shemali, rischia di far estendere il conflitto anche in Libano. Per questo motivo occorre conoscere bene il contesto all'interno del quale Gaza si trova oggi. Diventa prioritario comprendere bene chi è davvero il nemico del popolo palestinese, colui che non permette a questo popolo di costruire una soluzione politica volta alla creazione di uno status pacifico tra due popoli la cui guerra è spesso servita per realizzare interessi di Stati terzi.

La salvaguardia delle vite civili, così come l'assistenza umanitaria, promossa da questo Governo, sia in Italia che in Europa, non è mai stata messa in discussione. Occorre però riflettere su chi sia il vero ostacolo al raggiungimento di una stabilità nell'area. Occorre eliminare quella asimmetria tra i soggetti belligeranti per poter avviare un discorso diplomatico credibile e sostenibile nel tempo, soprattutto. Una frase del Talmud dice che chi salva una vita salva il mondo intero. A maggior ragione, cari colleghi, occorre più che mai lottare, affinché ogni vita sia lasciata libera di poter costruire in pace il proprio futuro, senza che un terrorista entri in casa e le strappi via ogni certezza in nome di una libertà di un popolo che egli stesso, in modo vile e strumentale, tiene in ostaggio. Ho letto con attenzione le varie mozioni e, devo dire, ne faccio una questione di metodo, signor Presidente, perché si legge nelle mozioni “a profondere ogni sforzo a tutti i livelli, internazionale, europeo e bilaterale, al fine di giungere a un immediato cessate il fuoco, a garanzia dell'incolumità…”. Penso che in questo Parlamento nessuno abbia il minimo dubbio sul voler contribuire a far cessare il fuoco e la guerra nelle aree. Però, quando l'onorevole Fratoianni parlava dei dipendenti dell'UNRWA, che, a quanto pare, presero parte in qualche modo a quegli orrendi attacchi, bisogna anche pensare che, se le Nazioni Unite, tramite le proprie agenzie, hanno 30.000 dipendenti palestinesi e non c'è una forza neutrale all'interno dell'area, capite che è totalmente sbilanciato, è privo di ogni fondatezza e concretezza nella credibilità dell'agenzia stessa.

Vi faccio sempre un esempio di metodo, perché, al di là delle assolutamente auspicate strategie e buona volontà di tutti noi, per esempio sul piano Matteo voi avete sempre detto che era vuoto di contenuti. Oggi c'è un'importante conferenza dei Paesi africani: proprio in nome di Mattei, questo si fa insieme ai Paesi che fanno parte di questo piano, si condivide tutto in maniera assolutamente collaborativa, altrimenti diventa un lavoro assolutamente sterile e anche patriarcale, che è contrario alla filosofia di Enrico Mattei.

Ma questo vuole essere solamente un appunto di metodo, quando si vedono queste mozioni che dicono di finire la guerra immediatamente e di ridare fondi alle agenzie, senza però entrare nel come si fa, perché, se non entriamo e se non siamo d'accordo sull'execution plan, tutto diventa sterile, signori, tutto diventa assolutamente politicizzato, e si rischia, nei confronti di chi ci ascolta, di fare la figura di quelli che ne prendono parte per una questione di mera politica. Voglio concludere, dicendo che occorre cercare di comprendere una cosa molto importante: la sopravvivenza del popolo israeliano passa attraverso la sconfitta di Hamas, ma la libertà e la stabilità palestinese passano inevitabilmente dall'eliminazione di Hamas. La costruzione di un dialogo di pace è quello che tutti noi, a prescindere dalle nostre simpatie politiche, auspichiamo, ma ci vuole metodo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Graziano. Ne ha facoltà.

STEFANO GRAZIANO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Mi faccia iniziare dal 7 ottobre, perché mi dispiace l'ascolto dell'intervento precedente, per tramite suo, all'onorevole Di Giuseppe. Mi colpisce, confesso, perché nel suo intervento non c'è una parola sostanzialmente di quello che è accaduto, non della condanna di Hamas, che noi già abbiamo abbondantemente fatto tutti insieme e che è in tutte le mozioni, che dal 7 ottobre sostanzialmente ci sono stati 1.200 civili morti, quindi abbiamo in sé condannato, con 200 portati a Gaza come ostaggi, però attenzione che, contemporaneamente, oggi ci sono oltre 25.000 morti a Gaza con l'attacco di Israele.

C'è un tema di tenuta umanitaria. Il cessate il fuoco è in funzione dell'emergenza umanitaria che stiamo verificando, vivendo, che dicono le Nazioni Unite. Non mi pare sia detta una sola parola in direzione dell'emergenza umanitaria, sui bambini morti, sulle donne e sugli uomini, sui civili, sulle donne stuprate. C'è una condizione oggettivamente molto complicata. Il cessate il fuoco umanitario è ben diverso, onorevole Di Giuseppe, dal dire che c'è un cessate il fuoco in generale, rispetto alla condizione che viviamo.

Il fatto che ci sia una denuncia chiara delle Nazioni Unite, che dei 25.000 morti il 70 per cento siano donne e bambini, ci preoccupa e il motivo per cui questa mozione è stata presentata, lo ha detto prima il collega Amendola, è perché sostanzialmente c'è l'esigenza di costruire una condizione possibile per una condizione di pace. Infatti, è evidente che c'è una instabilità in quella regione, c'è un problema molto serio, da questo punto di vista.

Se non ci poniamo il problema, come Europa, che in questo momento ha dimostrato una debolezza per quello che, in realtà, abbiamo visto e rispetto alla condizione umanitaria che si è verificata, se non andiamo in quella direzione, la escalation - non la de-escalation - in quei territori può essere davvero molto forte.

C'è un problema di equilibri politici, soprattutto umanitari, in un territorio come quello, ma che può riguardare tutta la sfera globale. Non è un tema da poco e noi sappiamo che in questo momento, proprio qui, in Europa, si è circondato dalle guerre; dopo essere stati un continente di pace per settant'anni, oggi ci ritroviamo con la guerra in Russia e Ucraina e con la vicenda delle tensioni in Serbia e in Kosovo. E poi c'è la vicenda in Israele e in Palestina. Di fatti, il Mediterraneo rischia di stare in una condizione oggettiva di difficoltà.

Allora, il rischio reale è che dobbiamo dividere necessariamente Hamas dalla popolazione palestinese, perché questo è il punto più importante, ma se in realtà non teniamo conto delle emergenze umanitarie come sono state denunciate più volte e rispetto alle quali dobbiamo lavorare in quella direzione, in realtà, il rischio reale è una confusione che porta soltanto a una difficoltà molto forte.

La Commissione europea ha anche detto con molta forza che stabilirà 125 milioni di euro di aiuti e questo è importante perché gli aiuti umanitari, che oggi passano attraverso il canale di Rafah, non riescono a essere sufficienti per quelle popolazioni.

Penso che dobbiamo porci il problema in quest'Aula, ma lo dobbiamo fare in modo unitario, come Paese, non lo dobbiamo fare come fatto divisorio, lo dobbiamo fare come fatto unitario.

Il tema umanitario è molto forte, perché come ci deve essere la legittima difesa, che abbiamo ben chiarito e abbiamo condannato Hamas per l'attacco terroristico del 7 ottobre, allo stesso tempo, però si deve rispettare il diritto internazionale, perché, se non si rispetta e non c'è l'aiuto umanitario, oggi, il rischio reale di una catastrofe umanitaria irreversibile è molto, molto, molto forte.

Insieme alla catastrofe umanitaria ci sarà il rischio di una escalation molto forte, sul piano del rischio globale, non solo di quell'area, complessivamente. Allora, attenzione, penso che l'obiettivo di questa mozione sia quello di provare a unire, per dare forza all'Europa, per fare pressioni sul piano internazionale, per dire, con grande forza e determinazione, a tutti i livelli e in tutte le sedi, che questo deve essere l'obiettivo reale di ognuno di noi ed è il motivo per cui abbiamo chiesto alcuni impegni al Governo, impegni molto chiari: a sostenere ogni iniziativa volta a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza, in linea con quello che ha detto l'Organizzazione delle Nazioni Unite e non con quello che sostanzialmente stiamo sostenendo noi (penso che su questo possiamo trovare il modo per dimostrare chiaramente che, sul piano umanitario, siamo sulla stessa linea; infatti quando si vede una cosa di questo tipo rispetto all'attacco terroristico di Hamas e rispetto a quello che sta accadendo a Gaza in questo momento, penso che ci dobbiamo porre tutti il tema); a sostenere un'azione coordinata a livello internazionale in particolare in seno all'Unione europea per promuovere iniziative di de-escalation su tutti i livelli per quello che in realtà può essere l'attenzione nel Medio Oriente, perché, attenzione, se non si pone fine a questo conflitto e non si ribadisce che “due popoli e due Stati” deve essere l'obiettivo principale sul quale non possiamo accettare che qualcuno dica che non ci deve essere più lo Stato palestinese, questo innesca un problema; ad attivarsi per promuovere, in tutte le sedi multilaterali, una mozione internazionale di interposizione a Gaza; noi lo abbiamo detto più volte e lo stiamo ribadendo da anni a questa parte, lo abbiamo ribadito in queste aule già nelle diverse mozioni e penso che dobbiamo continuare in questa direzione, perché non c'è un impegno in questa direzione molto forte sul piano europeo e sul piano internazionale, affinché questo arrivi; poi, in linea con quanto già assunto dal Parlamento europeo nel 2014 e dal Parlamento italiano nel 2015, preservare, nell'ambito del processo di pace, la prospettiva di “due popoli e due Stati”, il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell'Unione europea, nel rispetto del diritto e della sicurezza dello Stato di Israele.

Poi mi faccia dire che ripristinare quei fondi di cui abbiamo parlato nella mozione è importante perché se ripristiniamo i fondi all'UNRWA diamo la possibilità di operare agli operatori di pace, a quelli che possono dare concretamente una mano dal punto di vista umanitario, e costruire le condizioni per cui quelle popolazioni non vivano quella sofferenza che stanno vivendo. Lo dico perché a mio avviso bisogna sostenere a tutti i livelli e in tutte le sedi i crimini di guerra, perché ci sono, e chi viola quei diritti, a mio avviso, deve essere sanzionato in modo chiaro e deciso, perché è evidente che, se non è così, significa che non c'è più una regola. È evidente l'escalation.

In più, abbiamo detto un'altra cosa importante: sostenere la missione europea sul Mar Rosso per la difesa della libera navigazione per far sì che si difenda la libera navigazione. Infatti, l'escalation che, in realtà, dietro, è provocata dall'Iran, ha bisogno di una grande operazione diplomatica, di una grande intelligenza diplomatica, e di continuare nella direzione di costruire le modalità per le quali si lavora alla costruzione di una pace, di un abbassamento del conflitto; se questa cosa non si realizza e se non si realizza anche l'unità del Parlamento italiano, ci divideremo tra quelli che sostanzialmente vogliono costruire le condizioni per la de-escalation e chi in realtà lavorerà per la escalation, perché questa sarà la vera divisione, diciamo, sulla quale noi ci confronteremo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carotenuto. Ne ha facoltà.

DARIO CAROTENUTO (M5S). Grazie, Presidente. Siamo quasi al quarto mese di conflitto a Gaza, una situazione che è difficile definire guerra, francamente, data l'enorme disparità di forze in campo e soprattutto considerando il tragico numero di civili deceduti. Sono quattro mesi in cui Israele ha deciso di tagliare servizi essenziali alla popolazione di Gaza, quattro mesi senza acqua, senza cibo, medicine, elettricità. Quattro mesi di eliminazione sistematica di giornalisti che raccontano quanto sta accadendo: sono oltre 100 i giornalisti uccisi, anche da droni, quindi eliminati scientificamente. Mi dispiace molto ricordare l'episodio raccapricciante, a mio modo di vedere, delle suore sparate e uccise da cecchini mentre uscivano da una chiesa cattolica, stavano andando in bagno. La guerra è orrore, la fine dell'umanità.

Ci chiediamo da settimane quanto ancora Israele continuerà la sua risposta ai terribili attacchi del 7 ottobre, per carità, orribili. È chiaro all'opinione pubblica mondiale la necessità di fermare quanto sta accadendo e si sta mobilitando come non accadeva da tempo. Ed è chiaro a tutti noi, almeno dovrebbe esserlo, che il diritto alla difesa non può più giustificare ogni reazione, non può giustificare qualunque reazione e che dovrebbe prevalere sempre l'obbligo della protezione umanitaria. Speriamo che le azioni di questi ultimi mesi non rappresentino la fine del diritto umanitario internazionale nato proprio dalla sofferenza di coloro che hanno vissuto la ferocia della Seconda guerra mondiale e la disumanità del nazismo e del fascismo.

Questo è un momento storico difficile dove anche solo pronunciare la parola speranza sembra un'impresa, tuttavia, come ho accennato prima, milioni di donne e uomini si sono mobilitati in questa settimana mantenendo vivo il sogno di un mondo di pace e di speranza, un mondo che però, nel nostro Paese, questo Governo sembra continuare a ignorare, così come sembra continuare a ignorare le migliaia di vittime civili di questo conflitto, che hanno superato la cifra terribile di 26 mila unità, metà dei quali bambini. Per fare un raffronto, nel conflitto russo-ucraino i bambini uccisi sono stati circa 600 in due anni, mentre Israele in quattro mesi ne ha uccisi più di 13 mila con i suoi bombardamenti.

Pongo un'altra volta la stessa domanda: qual è il limite alla reazione militare israeliana dopo gli attacchi atroci, lo voglio ribadire, di Hamas? In Italia abbiamo sconfitto il terrorismo con lo Stato di diritto; è stata una prova di forza, una prova di forza della nostra democrazia che ci ha reso più forti, autorevoli e più giusti, invece a Gaza i bombardamenti e le morti continuano anche ora mentre parliamo. Israele non ha fermato la sua attività neanche di fronte al pronunciamento storico della Corte de L'Aja, che ha ritenuto ammissibili le preoccupazioni sollevate dal Sudafrica sul pericolo di un genocidio ai danni del popolo di Gaza. Ricordo le reazioni scandalizzate di alcuni colleghi di maggioranza davanti alle preoccupazioni che io e altri colleghi del Movimento 5 Stelle avevamo sollevato mesi fa parlando appunto di operazioni non dissimili da quelle proprie di un genocidio. Forse non abbiamo tutti i torti.

Il Governo tuttavia rimane sordo, seguendo in modo piuttosto acritico la linea politica estera della Casa Bianca e le scelte di Netanyahu. Non voglio entrare nelle questioni politiche interne di altri Paesi, ma è preoccupante vedere i Ministri del Governo israeliano che minacciano l'uso della bomba atomica e rivendicano il diritto a occupare con nuovi insediamenti la Striscia di Gaza. Il nostro Governo dovrebbe essere in prima linea nel condannare chi viola apertamente il diritto internazionale, specialmente perché l'Italia ha sottoscritto le Convenzioni di Ginevra, invece il Ministro Tajani ha comunicato che non è il momento di agire contro l'utilizzo di coloni come strumento di occupazione militare e pulizia etnica e ciò accade mentre il Governo si affretta a tagliare i fondi all'UNRWA, l'Agenzia delle Nazioni Unite a sostegno dei profughi palestinesi senza neanche un dibattito parlamentare per un'inchiesta che coinvolge 12 suoi dipendenti nei fatti del 7 ottobre. Il Primo Ministro Meloni, da sovranista e patriota, non ritiene doveroso informare le istituzioni del suo Paese su un'azione che impatterà enormemente sulla vita di milioni di persone? Ricordo che l'Agenzia delle Nazioni Unite, che si occupa dei rifugiati palestinesi a Gaza come in Cisgiordania ma non solo, fornisce in alcuni casi l'unico sostegno in termini di cibo, istruzione e servizi sanitari ai rifugiati dato che Israele queste cose le nega da cinquant'anni. Di cosa dovrebbero sopravvivere questi? Vorremmo forse partecipare a quello che sta accadendo anche noi, vogliamo metterci del nostro?

Il nostro Governo ha prontamente risposto alle richieste di Stati Uniti e Israele nonostante le Nazioni Unite abbiano avviato un'inchiesta interna e l'Unione europea abbia recentemente deciso di sospendere il giudizio sui finanziamenti all'UNRWA in attesa dell'esito dell'inchiesta. Questa azione non mira a colpire Hamas, fa parte di un meccanismo di punizione collettiva nei confronti dei civili palestinesi inermi e prima di prendere una decisione, che mette a rischio la sopravvivenza di centinaia di migliaia di persone, di milioni di persone, così come di tante altre in Cisgiordania, sarebbe stata necessaria un'attenta valutazione e un confronto politico, sia a livello parlamentare sia a livello europeo, ma il Governo Meloni agisce con rapidità quando si tratta di compiacere gli alleati, molto meno quando si tratta di votare per un cessate il fuoco unificato, mostrando tutto il suo tatticismo e la sua riflessività. Oggi, però, serve una nuova postura italiana ed europea, che richieda con forza e autorevolezza la necessità di due Stati per due popoli, solo in questo modo potremo creare i requisiti per un cessate il fuoco prima e per una pace poi. Fermare la furia bellicista del Governo israeliano sia una propria priorità assoluta per tutta la comunità internazionale. Sentivo dire da un collega prima che nel Talmud è scritto che chi salva una vita salva il mondo. Questa è una frase potente che pretende di essere rispettata da tutti e oggi sta a noi ricordarla a chi oggi guida Israele (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente?

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

A questo punto colleghi sospendiamo brevemente la seduta, che riprenderà alle 14,15.

La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 14,20.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 78, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Discussione della proposta di legge: Molinari ed altri; Bignami ed altri; Faraone ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 384​-446​-459-B​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato n. 384-446-459-B: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 gennaio 2024 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 gennaio 2024).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 384-B​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Alice Buonguerrieri.

ALICE BUONGUERRIERI (FDI), Relatrice. Grazie, Presidente, rappresentante del Governo e onorevoli colleghi. Come da lei anticipato, Presidente, l'Assemblea avvia oggi l'esame, in seconda lettura, della proposta di legge recante “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2”, già approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato.

Il provvedimento è stato licenziato dalla Camera il 6 luglio dell'anno scorso, è stato poi approvato, con modificazioni, dal Senato ed è stato, poi, trasmesso alla Camera il 9 novembre 2023. La XII Commissione (Affari sociali) ha svolto l'esame, in sede referente, delle parti - piuttosto limitate, in verità - modificate dall'altro ramo del Parlamento, con riferimento alle quali sono state presentate proposte emendative, tutte esaminate e tutte respinte.

In merito al contenuto del provvedimento, in sintesi, Presidente, l'articolo 1 prevede l'istituzione della Commissione d'inchiesta in oggetto, con il compito di accertare le misure adottate per prevenire, contrastare e contenere l'emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus SARS-CoV-2 sul territorio nazionale e di valutarne la prontezza e l'efficacia, nonché, a seguito di una modifica introdotta dal Senato, la resilienza, anche al fine di far fronte a una possibile futura pandemia di analoga portata e gravità.

L'articolo 2 disciplina, in sintesi, la composizione della Commissione d'inchiesta, prevedendo 15 senatori e 15 deputati. Il medesimo articolo prevede, poi, che il Presidente del Senato e il Presidente della Camera convochino la Commissione entro 15 giorni dalla nomina dei suoi componenti, termine così modificato dal Senato, per la costituzione dell'Ufficio di presidenza, che sarà composto dal presidente, eletto a maggioranza assoluta dei componenti, da 2 vicepresidenti e da due segretari.

L'articolo 3 reca, invece, l'elenco dei compiti assegnati alla Commissione d'inchiesta ed è stato modificato solo relativamente alla lettera i), avente ad oggetto l'esame dei rapporti intercorsi tra le autorità dello Stato italiano e l'OMS ai fini della gestione delle emergenze, estendendone in questo caso l'ambito anche alle relazioni con gli organismi dell'Unione europea e alla lettera t), che, nella formulazione attuale, prevede il compito di verificare e valutare le misure di contenimento adottate dal Governo nelle fasi iniziali e successive della pandemia, incluso il loro fondamento scientifico, anche attraverso la valutazione comparativa con la condotta seguita da altri Stati europei e i risultati da questi conseguiti. È stata soppressa la lettera v). Quanto alla lettera dd), concernente lo svolgimento di indagini sugli acquisti delle dosi di vaccino e sull'efficacia del piano vaccinale, è stata introdotta una specificazione relativa alla verifica della tempestiva vaccinazione delle categorie dei soggetti più fragili.

L'articolo 4 non è stato modificato dal Senato e prevede che la Commissione proceda alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

L'articolo 5, concernente l'acquisizione di atti e documenti, prevede che la Commissione possa ottenere copia di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste dell'autorità giudiziaria o di altri organi inquirenti, se non coperti da segreto d'indagine, come precisato a seguito di modifica introdotta dal Senato.

L'articolo 6, che reca disposizioni sull'obbligo del segreto, e l'articolo 7, che è l'ultimo, che disciplina l'organizzazione interna della Commissione d'inchiesta e individua la spesa per il suo funzionamento, non sono, invece, stati modificati dal Senato.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, la rappresentante del Governo. Non intende.

È iscritto a parlare il deputato Nicola Stumpo. Ne ha facoltà.

NICOLA STUMPO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Nei tempi che ci sono stati concessi e che abbiamo richiesto - e ringrazio tutti i presenti - proverò a dire qualcosa dal nostro punto di vista.

Con molta franchezza, devo dire che non avevamo condiviso l'istituzione, nel primo passaggio qui alla Camera. Lo avevamo detto apertamente. In questo intervento, però, non tornerò sulle cose che già abbiamo detto qui, alla Camera, e che i colleghi hanno detto al Senato, sulle ragioni che non condividiamo e che, dal nostro punto di vista, consideriamo sbagliate, ma vogliamo provare a dire qualcosa in più rispetto a quello che è accaduto, dopo l'approvazione di questo testo. Lo ha detto ora la relatrice. Noi speravamo che, nel passaggio tra la Camera e il Senato - così vi avevamo chiesto - ci fosse qualche modifica, anzi, una modifica sostanziale: riscrivere le ragioni di una Commissione d'inchiesta piuttosto che di un plotone d'esecuzione. Avete preferito andare avanti con la vostra modalità e non avete cambiato nulla. Lo ha appena detto la relatrice, poi riprenderò anche io alcune cose.

Lo dico a lei, affinché non sembri una scortesia, quindi lo può dire lei alla maggioranza: avete scelto, così come fanno gli asini, sempre la stessa strada. Noi che veniamo dal Sud, sappiamo a cosa ci si riferisce. Non è un'offesa. Gli asini venivano messi avanti per trovare una strada, poi spettava agli uomini individuare percorsi migliori, con capacità maggiori. Niente, non avete avuto la duttilità, data agli altri, nel capire quando era il caso di trovare soluzioni diverse e avete continuato per la vostra strada, esattamente come si faceva tempo fa, dando agli asini il compito di aprire la strada. E infatti avete cambiato il testo non per quello che serviva al Paese - ripeto, non per quello che serviva al Paese -, ma per alcune parole che vi eravate dimenticati: l'ha detto la relatrice, avete inserito nell'articolo 1, comma 1, la parola “resilienza”. Parola ancora, forse, non entrata nel vocabolario di chi l'aveva scritta, eppure se ne era parlato a lungo a proposito del COVID, la avete inserita adesso. Avete sostituito il termine di 10 giorni con 15 per consentire alle Presidenze di Camera e Senato di indire la prima riunione della Commissione.

Avete previsto, nell'articolo 3, oltre a indagare sulle vicende, anche il rapporto con gli organismi dell'Unione europea. E avete tolto, aggiungendolo, una questione che era stata già posta in passato, ossia evitare di andare sulle questioni dove c'era un segreto d'indagine. Poi, avete tolto altri due pezzetti di un paio di articoli secondari.

La modifica sostanziale - che è quella che ho detto prima - è una moral suasion che vi è stata sussurrata all'orecchio sul segreto d'indagine.

Ve lo avevamo detto pubblicamente che era poco elegante; ci siete arrivati dopo, quando vi è stato detto nell'orecchio, che alcune delle indagini su cui avete costruito molto di questo vostro plotone di esecuzione sono state chiuse da chi ne ha il compito reale, che è la magistratura di questo nostro Paese. Ma vedete, questa vostra Commissione cozza con quanto avete scritto, a vostra insaputa - e avete memoria delle vostre insapute, è storia -, nel piano pandemico. Circolano le bozze, sono state scritte, non potete dire che non esistono e vi cito alcune righe del piano pandemico che, vivaddio, non viene scritto da alcuni non esperti in materia sanitaria, ma dagli esperti. Per esempio, rispetto ai vaccini, di cui in questa Commissione si vuole andare a verificarne l'efficacia, nel piano pandemico c'è scritto che nel documento si riconosce come, nel contrasto ad una pandemia, i vaccini rappresentano le misure preventive più efficaci, contraddistinte da un rapporto rischio-beneficio significativamente favorevole. La vaccinazione è caratterizzata da uno spiccato valore solidaristico eccetera eccetera, perché ci spiega - chi ha scritto il piano pandemico, personalità del mondo della scienza di questo nostro Paese - che vaccinarsi è un bene per se stessi e per gli altri, che è quello che è stato fatto in quella fase.

Noi, con questa Commissione, invece, nel famoso articolo 3, vogliamo sapere il rapporto costo-benefici. Cioè, sarà una Commissione, con qualche “scaramella” di turno, che verrà a dirci dove ci sono stati problemi. Andando sempre avanti, per esempio, dice che nel contrasto a una pandemia si prevede, anche in questo caso, come già successo negli anni del COVID, la possibilità di assumere decisioni che vadano a limitare le libertà personali. Voi vi ricordate il dibattito sulla limitazione che viene ripreso anche in questa Commissione. Noi dobbiamo indagare se sono state limitate le libertà personali.

Sempre dentro al piano pandemico scrivete che è un contesto nell'ambito del quale il diritto alla tutela della salute esige limitazione di altre libertà del singolo e della collettività e sicuramente è quello che si caratterizza per la diffusione di malattie infettive. L'epidemia è un fatto emergenziale, empiricamente individuato e scientificamente provato, che mettendo in pericolo la salute dei singoli e la sopravvivenza della comunità nel suo insieme, impone al decisore pubblico di individuare le soluzioni idonee a neutralizzare o minimizzare i rischi, anche attraverso limitazione di diritti e libertà fondamentali. Infine, sempre nel piano pandemico, quando fate riferimento a come bisogna agire, con tutte le contestazioni fatte nel corso del COVID e anche successive, così come avete scritto sempre nella Commissione d'inchiesta, chiarite per esempio che il Presidente del Consiglio deve svolgere nella sua posizione di garante dell'unità di indirizzo politico-amministrativo del Governo, un'azione politica. In questo contesto, il tradizionale strumento dell'ordinanza contingibile e urgente, adottata dal Ministro della salute, pur mantenendo un ruolo centrale nella gestione dell'emergenza, appare non sufficiente per il governo complessivo delle molteplicità di interessi e di settori incisi dell'emergenza sanitaria. La scelta del DPCM quale strumento centrale nel governo dell'emergenza eccetera, eccetera. Queste sono risposte che vi siete dati da soli al Ministero della sanità, a meno che non chiederete al ministro Schillaci, che già non gode di una salute da questo punto di vista politico di fiducia straordinaria, di dimettersi per aver consentito che in quel ministero si scrivessero delle ovvietà che voi considerate delle amenità, e l'unico vero neo che però emerge è che le regioni, a maggioranza guidate dalla stessa maggioranza che governa il nostro Paese, vi hanno detto che per fare quello che avete scritto come piano pandemico mancano i soldi, cosa per voi non nuova, l'assenza dei soldi per la sanità.

Basti pensare che dopo la pandemia avete riportato il finanziamento del Servizio sanitario nazionale sotto il 7 per cento del PIL, una vergogna! Una vergogna senza precedenti. Su questo scempio, valgono le parole di Papa Francesco in una piazza deserta: “Peggio di questa crisi c'è solo il rischio di sprecarla”, diceva il Papa. Definanziate il Servizio sanitario nazionale e cercate il costo dei banchi a rotelle con questa Commissione d'inchiesta. Dovreste provare una sensazione, non tanto di orgoglio. Vi pare normale una cosa del genere? Definanziate il Servizio sanitario nazionale e non portatemi l'esempio del valore numerico del finanziamento, perché vale il rapporto sul PIL, così si verifica il finanziamento, tranne che nei piccoli paesi dove il PIL è così alto e il valore numerico per cittadino è dieci volte superiore al nostro. Non venite a raccontare la differenza tra la percentuale e i numeri assoluti, perché anche in termini di numeri assoluti siamo in un rapporto molto più basso.

Vi pare normale indagare su questo? Quale Commissione sarebbe servita per il nostro Paese? Invece, voi siete andati dietro alcune perle, che proverò a dire velocemente, anche per gratificare i vostri amici no vax che altrimenti vi avrebbero chiesto conto di quello che avevate promesso e che non avreste fatto. E nell'articolo 3 ci sono alcuni dei punti di questa Commissione che sono veramente singolari. Per esempio, chiedete di accertare le ragioni del mancato aggiornamento del Piano nazionale di preparazione in risposta ad una pandemia influenzale. Siccome era del 2006 sapete anche voi, a parte il risultato finale di un'indagine che c'è stata, ma avreste dovuto dire - no? -, per quanti anni. Doveva durare tre anni, del 2009. Non voglio ricordare a voi che sono stati i ministri della Sanità dal 2009 in poi, non lo voglio ricordare, perché sarebbe sconveniente per la memoria di qualcuno. Oppure verificare i compiti e valutare l'efficacia e i risultati delle attività della task force incaricata di coordinare ogni iniziativa relativa al virus … Cioè tutte questioni che, una volta scoperto se c'è stato qualcosa, risveleranno come riaggiustare la sanità italiana. O meglio ancora, verificare la qualità e il prezzo dei dispositivi di protezione individuale, sempre perché voi vivevate in un altro mondo in quei drammatici giorni di inizio 2020, voi eravate a conoscenza di aziende che nel nostro Paese realizzavano i dispositivi di protezione individuale, non che nel nostro Paese non c'era più nessuna azienda, ma siamo dovuti andare alla rincorsa perché servivano.

L'esistenza di eventuali ritardi, carenze e criticità, approfondire, in particolare, i seguenti aspetti della gestione dell'emergenza SARS-COV 2 da parte del commissario, perché è chiaro, volete andare a vedere se c'è stata qualche ruberia. Naturalmente, tutte cose che la magistratura fa, sta facendo e dovrebbe fare, non una Commissione che vuole accertare come evitare che ci siano problemi nella sanità in caso di pandemia. Infine, volete vederla chiara su Immuni, che sarebbe una rivoluzione copernicana sapendo queste cose, e infine anche dei banchi a rotelle. Poi le cose migliori le avete fatte e avete cancellato alcuni aspetti, nella lettera t), u) e v) che avete cancellato completamente perché smentite dal piano pandemico che avete scritto adesso. Per esempio, verificare e valutare la legittimità delle dichiarazioni dello stato di emergenza e delle relative proroghe, nonché dell'utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza. Tutte cose che avete scritto per lisciare il pelo a qualche parte del nostro Paese.

Poi, il meglio lo avete raggiunto nella lettera bb) quando scrivete: verificare l'efficacia, l'adeguatezza e la congruità della comunicazione istituzionale e delle informazioni diffuse. Ma voi immaginate, se fosse stato un Ministro Salvini andare in giro tra gli aeroporti e le stazioni a chiedere di aprire e di chiudere tutto a giorni alterni? Nei giorni dispari si chiudeva e nei giorni pari si apriva il Paese, sulla comunicazione. Ma veramente? Siete la stessa parte che scrive queste cose e che fa queste cose? Io me lo chiedo con un senso di profondo… non so come definirlo.

Infine, nelle lettere dd) e ee), di fatto, nel voler svolgere indagini relative agli acquisti delle dosi di vaccino, forse vi chiedete perché nessuno non abbia comprato lo Sputnik, quello che sempre qualcuno dei partiti, allora in maggioranza e anche oggi in maggioranza, chiedeva a gran voce, quello dei russi. Siete voi, è storia, è scritto dappertutto. Questo è quello che voi volete vedere, questa è la Commissione che volete fare.

Mi avvio a concludere, Presidente. Le Commissioni di inchiesta dovrebbero essere cose serie. In Italia, ci sono stati momenti difficili e alcune Commissioni sono state fatte per provare a dare risposte e chiudere fasi e aprire una nuova stagione: è stato fatto sul caso Moro, sulla P2, sulle stragi ed è stato fatto anche sul caso Mitrokhin. In quest'ultimo caso, l'avete fatta sempre voi, l'avete fatta da soli, avete pagato alcuni personaggi, come Scaramella, anche come Farina - che, poi, sono stati condannati -, per venire a dire bugie in quella Commissione. Bugie. Avete infangato dei politici in quella fase, che non hanno subito nulla successivamente, mentre i vostri amici sono finiti in altri posti, alcuni nel dimenticatoio, altri in galera, proprio per le bugie raccontate in quella Commissione. State per fare la seconda, ve la fate da soli, ve la farete da soli, se ne sarete in grado, perché Commissioni così non credo che servano al Paese.

Noi saremmo stati disponibili - e lo siamo ancora - ad aprire una Commissione il cui senso sarebbe servito per dire cosa serve al nostro Paese per migliorare lo stato della sua sanità e per costruire una possibilità, in caso di emergenza, di intervenire. A voi interessa fare la campagna elettorale per le europee anche su questa vicenda. È un po' misera per buttar via i soldi dello Stato, un po' misera per consentirvi di farla. Se volete farvela, oggi avete la maggioranza, potete andare avanti, ma, per quanto ci riguarda, resta il giudizio che abbiamo dato una volta alla Camera, una volta al Senato, ve lo ridaremo: è una vergogna quello che voi state facendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI (FDI). Grazie, Presidente. Governo, relatore, colleghi, vorrei cercare di riportare il dibattito su alcuni argomenti che riteniamo importanti e che sono al fondamento della richiesta di questo testo unificato, che la Camera dei deputati, per la seconda volta, dovrà esaminare, di istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire ed affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2.

Tuttavia, prima di entrare nel merito di questi argomenti importanti, prendendo spunto dall'intervento del collega Stumpo, vorrei anche ricordare che nessuno ha il Vangelo in quest'Aula, che ognuno ha le sue idee, le sue ideologie, le sue passioni, le sue questioni più importanti, che ognuno cerca di portare avanti, in qualche modo, le sue posizioni. Dite che è una vergogna, che il Governo sta definanziando la sanità - ormai questo è il ritornello che è stato utilizzando per fare la campagna elettorale per le europee, questa è la realtà vera -, che questo Governo non finanzia, non sostiene, definanzia, che dà tutto ai privati, ma i fatti sono esattamente il contrario.

Vorrei ricordare che, nel 2019 - e non governava questa coalizione che sta governando oggi il Paese -, il finanziamento per il Fondo sanitario nazionale era di 115 miliardi e il rapporto sul PIL era il 6,1: governavate voi e non governava qualcun altro. Poi c'è stato il COVID e nessuno ricorda - perché non volete ricordarlo - che il Governo dell'epoca fece uno sforamento di bilancio di circa 200 miliardi per finanziare le imprese, i ristori e tante altre questioni che, più o meno, sono state ricordate e, di quei 200 miliardi, 18 miliardi sono stati messi sul Servizio sanitario nazionale, per combattere e aiutare il sistema contro il COVID. Questo fatto, rapportato al fatto che il PIL è crollato di 10 punti - perché il PIL, tra il 2020 e il 2021, in Italia, è crollato di 10 punti -, mettendo 18 miliardi in più sul Servizio sanitario nazionale, ha portato ad un calcolo sul PIL del 7 per cento. Se continuiamo a fare questo ragionamento, penso che non ne usciremo fuori, perché è solo materia ideologica, è solo materia di polemica politica.

Nel 2024, il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, approvato nella legge di bilancio del Governo Meloni, porta una cifra di 136 miliardi di euro. Si è detto che i dati reali non sono confrontabili: si fa sempre la polemica sull'inflazione, giustamente, ma vorrei ricordare anche che la metà del costo del Servizio sanitario nazionale è il personale, che è finanziato attraverso i contratti e che, essendo stata abolita qualche anno fa la scala mobile, non incide l'inflazione sul 50 per cento della spesa sanitaria. Gli appalti che vengono fatti nel Servizio sanitario nazionale, gli acquisti farmaceutici sono tutti senza il calcolo dell'inflazione, perché sono stati fatti precedentemente. Quindi, si fa una polemica che è assolutamente senza senso.

Poi si dice che dobbiamo mettere più soldi: certamente, siamo assolutamente d'accordo e noi lo faremo, il Governo Meloni continuerà a farlo durante tutta la legislatura, ogni anno lo prevede, tant'è che, nei prossimi 3 anni, sono previsti ulteriori 11 miliardi che andranno sul Fondo sanitario nazionale. Questo per chiarezza, perché vedo che, ormai, è diventato un argomento di polemica politica.

Rientrando nel tema della Commissione e delle polemiche legittime che le opposizioni fanno, salvo i colleghi di Italia Viva - perché i colleghi di Italia Viva, sia alla Camera che al Senato, hanno votato a favore di questo testo di istituzione della Commissione -, voglio ricordare anche che, all'articolo 1 - quindi, non è solo una Commissione che vuole, il plotone di esecuzione, come l'ha chiamato il collega Stumpo -, si dice espressamente: “anche al fine di fare fronte ad una possibile, futura, nuova pandemia di analoga portata e gravità”. Questo era scritto nel testo della Camera, confermato nel testo del Senato e che oggi viene riportato e si dice espressamente nell'articolo 1.

Quindi, ci sarebbe stato bisogno di un rapporto diverso con le opposizioni in questo ragionamento, anche perché c'è un'altra cosa importante che non è mai stata detta né segnalata dai colleghi nel dibattito né in Commissione né in Aula e cioè - lo ricordo - che il Parlamento europeo ha istituito una Commissione speciale sulla pandemia da COVID-19, Commissione proposta dal gruppo socialista e presieduta dall'onorevole Moretti. Inoltre, nelle regioni si sono fatte ben 4 commissioni d'inchiesta: in Lombardia, su proposta dal Partito Democratico, approvata dal centrodestra e presieduta da un collega del Partito Democratico, in Umbria, in Veneto e in Piemonte. L'unica regione in cui il centrodestra ha proposto di fare la Commissione d'inchiesta è l'Emilia-Romagna e il centrosinistra ha bocciato la proposta presentata presso il Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna. Questo è per chiarezza, perché una delle polemiche, cara onorevole Buonguerrieri, relatrice del provvedimento, è che nel testo non sono comprese le regioni, ma ciò è per dire che le regioni, autonomamente, per le proprie competenze hanno svolto, in tanti casi, le attività di commissione d'inchiesta, così come previsto dai rispettivi statuti e regolamenti. Ricordo anche che noi siamo in materia concorrente in questa vicenda, la sanità e la salute, e, quindi, una Commissione d'inchiesta che entri nel merito delle competenze gestionali previste dalla Costituzione specificatamente in relazione alle attribuzioni delle regioni non si può fare, perché non è competenza, ai sensi della Costituzione italiana vigente, del Parlamento e dello Stato.

Quindi, noi pensiamo che la Commissione d'inchiesta sul COVID-19 voglia essere un organo per fare chiarezza, certamente. Di polemiche ce ne sono state e non solo dalle opposizioni. Vi voglio ricordare, quando parlate di piano pandemico mai aggiornato dal 2006 in poi, che c'è una bellissima intervista - andatela a prendere - del Vice Ministro Sileri, che, se non ricordo male, era Vice Ministro in rappresentanza del MoVimento 5 Stelle sia nel Governo “Conte 2” sia nel Governo Draghi, che diceva che era assurdo non aver aggiornato il piano pandemico. Lo diceva Sileri, non lo dicevamo noi oppure Fratelli d'Italia, che era l'unico partito all'opposizione durante il Governo Draghi, o le opposizioni al Governo “Conte 2”. Lo diceva Sileri il 15 dicembre 2020 con un'intervista al Corriere della Sera e poi, se andate a vedere, ci sono moltissime altre interviste, fatte in televisione, in cui parlava di questo argomento, del fatto che al Ministero mancasse l'aggiornamento del piano pandemico e che mancasse, addirittura dal 1998-2000, il piano sanitario nazionale, che è quel piano che dovrebbe essere aggiornato. Tant'è che il Ministro Schillaci sta per mettere in campo l'approvazione e l'adozione di un nuovo piano sanitario nazionale, al cui interno dovrebbero andare tutti i meccanismi di prevenzione e tutti i piani che dovrebbero aiutare il sistema a dare una risposta, da questo punto di vista. Tutte queste sono questioni che, in qualche modo, devono essere verificate, che sono mancate strutturalmente e che sono state denunciate anche da esponenti importanti del Governo Conte dell'epoca e anche del Governo Draghi.

L'istituzione della Commissione mira a garantire la trasparenza e a identificare eventuali responsabilità politiche, fornendo così risposte rassicuranti e utili per la salute pubblica, anche per il futuro, sperando chiaramente - tutti quanti lo auspichiamo - che non ci sia un'altra pandemia come il COVID, ma dobbiamo sempre metterla in previsione, anche per tutto quello che gira in termini di informazioni e notizie da parte dell'OMS e di altri organismi internazionali sulla salute. Da una parte, è uno strumento utile a capire scientificamente cosa è avvenuto e, dall'altra parte, a registrare se ci siano state scelte politiche sbagliate o, comunque, non ponderate, che pure è una cosa possibile. È un tema che, purtroppo, è stato oggetto di polemiche politiche pretestuose e di controversie che rischiano di offuscare l'importanza stessa di questa che ritengo essere un'iniziativa meritevole di attenzione. Sono convinto che della verità non si debba mai avere paura.

Noi vorremmo che a contribuire all'emersione della verità vi fossero tutte le forze parlamentari, nessuna esclusa, perché la questione tocca tutti noi e tutto il Paese. La Commissione indagherà sul perché l'Italia non aveva un piano pandemico, come detto prima, senza puntare il dito su qualcuno, come fatto e denunciato da esponenti importanti del Governo durante quel periodo. Il fatto che non esistesse il piano pandemico nazionale interessa qualcuno oppure non interessa a nessuno? Perché mi pare che non interessi a nessuno, se non per fare una polemica su una bozza che gli uffici del Ministero hanno elaborato e che adesso è all'esame degli organismi politici e della Conferenza-Stato regioni. Il piano pandemico nazionale, che il Governo sta portando avanti e che il Ministro Schillaci ha chiesto di attivare, sarà quello che uscirà alla fine di questo tipo di confronto e quella sarà la bozza di lavoro su cui si andrà poi a definire l'approvazione completa. Quindi, non è il piano pandemico nazionale di questo Governo ma è la bozza da cui, con il confronto con le regioni e con il confronto in sede politico-istituzionale e con l'Istituto superiore di sanità e gli altri organismi coinvolti, uscirà il testo definitivo. Si indagherà certamente, come credo che sia compito anche di controllo e di indirizzo di questo Parlamento, su tutte le misure adottate dal Governo durante la pandemia, dalle restrizioni alle chiusure, a partire da quelle delle scuole, dagli acquisti di mascherine ai famosi banchi a rotelle mai impiegati. Si proverà a fare piena luce sull'acquisto delle mascherine per verificarne ritardi, carenze e criticità nella catena degli approvvigionamenti e anche dell'immagazzinamento precedente, perché credo che dovesse essere normale la presenza, presso la Protezione civile o presso altri organismi, di un minimo di deposito di magazzino che, caso strano, non c'era e non c'era in nessuna parte d'Italia. Qualcuno avrà la responsabilità di questo oppure no? Non parlo di responsabilità penale, parlo di responsabilità politica e anche amministrativa. Poi, si indagherà su presunti abusi, sprechi e irregolarità.

Più in generale, l'inchiesta dovrà valutare le misure di contenimento adottate dal Governo, individuando eventuali obblighi e restrizioni carenti di giustificazione in base ai criteri della ragionevolezza e verificando il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite. In merito, per esempio, al tema della chiusura delle scuole, i dati sono molto evidenti sul fatto che noi abbiamo chiuso le scuole per 341 giorni, mentre gli altri Paesi europei le hanno chiuse per 138 giorni. È un tema che interessa, anche per un'eventuale vicenda futura, oppure si dice che va bene se abbiamo chiuso per 340 giorni, creando un problema psicologico pesante nei confronti di studenti, famiglie e così via? Poi, c'è il tema della gestione delle zone rosse di cui si è dibattuto molto - probabilmente, alcuni interventi in alcune zone specifiche avrebbero consentito di limitare l'evoluzione del COVID - e quello della chiusura tutta l'Italia senza andare a verificare esattamente l'espansione del virus territorio per territorio. Insomma, ci sono tante questioni che credo una Commissione debba cercare di affrontare in maniera seria. Questa è la nostra idea, è la nostra proposta per portare, in qualche modo, a costruire la possibilità di evitare che ci siano altre questioni.

Infine, due ultime questioni e chiudo, Presidente. Si dice: vogliono fare l'occhietto ai no-vax. Chi vi parla è super-vaccinato.

Quindi, credo ai vaccini e a tutto quello che la scienza medica, la ricerca offrono.

Il problema è che, probabilmente, quando parliamo di acquisti, ci riferiamo al fatto che non è stato calcolato bene il numero dei vaccini necessari, che il piano è partito solo quando è arrivato il generale Figliuolo, perché prima non mi pare fosse stato avviato, soprattutto per i più fragili, in maniera seria e concreta.

Il problema è comprendere anche, come si fa per ogni farmaco, come fa Aifa per ogni farmaco, la possibilità di svolgere verifiche generali, soprattutto considerando che la vaccinazione ha interessato il 92 per cento della popolazione italiana, per quanto riguarda gli eventuali effetti avversi, che possono capitare anche con la tachipirina, ponendo quindi chiaramente una certa attenzione che non è fare l'occhietto ai no-vax, ma è fare una cosa seria di verifica e di controllo.

L'ultima questione è l'utilizzo dei cosiddetti protocolli terapeutici, che sono stati nel sito del Ministero della Salute per tutti gli anni dell'emergenza pandemica, in cui si raccomandava “tachipirina e vigile attesa”, anche quando ormai era chiaro che non era così; i medici di medicina generale e i medici specialisti che si occupavano di questo settore dicevano, infatti, che non bisognava seguire l'indicazione “tachipirina e vigile attesa”, ma, secondo le condizioni generali, occorreva adottare anche terapie diverse. Ma nessuno al Ministero della Salute ha fatto un intervento di questo genere.

Insomma, riteniamo che questa sia una Commissione importante che servirà sia per portare verità, ma anche per non commettere più nel futuro gli errori che sono stati fatti affinché l'Italia sia maggiormente in grado di dare una risposta importante in termini di salute ai cittadini italiani.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 384-B​)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice e il rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Grazie, solo perché rimanga a verbale, come è giusto che sia, è una segnalazione, che la regione Piemonte non ha mai istituito una commissione di inchiesta sul COVID. È stata istituita, invece, ma è una cosa ben differente, un'indagine conoscitiva…

PRESIDENTE. Però, scusi, questa è una replica, questo è un intervento, non è sull'ordine dei lavori.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Segnalo che è stata detta una cosa non vera.

PRESIDENTE. Sì, ma lo segnalerà quando c'è il dibattito. Se è un intervento sull'ordine dei lavori e ha una richiesta da fare alla Presidenza, bene, ma se è nel merito, come sa, non possiamo farlo.

(Annunzio di questioni pregiudiziali di costituzionalità e di una questione pregiudiziale di merito - A.C. 384-B​)

PRESIDENTE. Avverto che, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, sono state presentate, prima dell'avvio della discussione, le questioni pregiudiziali di costituzionalità Quartini ed altri n. 1 e Zanella ed altri n. 2 e la questione pregiudiziale di merito Furfaro ed altri n. 1, le quali saranno esaminate e poste in votazione prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 30 gennaio 2024 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 12)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2023, n. 212, recante misure urgenti relative alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. (C. 1630​)

Relatore: TESTA

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

Istituzione del premio di "Maestro dell'arte della cucina italiana".

(C. 1419-A​)

Relatrice: LA PORTA.

4. Seguito della discussione della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2023, sul Programma di lavoro della Commissione per il 2023 e sul Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea. (Doc. LXXXVI, n. 1-A)

Relatore: GIORDANO.

5. Seguito della discussione della mozione Caso, Manzi, Piccolotti ed altri n. 1-00208 concernente iniziative in ordine alla revoca della nomina a Sottosegretario di Stato di Vittorio Sgarbi .

6. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

CAPARVI ed altri; MOLLICONE: Disposizioni in materia di manifestazioni di rievocazione storica e delega al Governo per l'adozione di norme per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. (C. 799​-988-A​)

Relatore: AMORESE.

7. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

SERRACCHIANI; COMAROLI ed altri; GATTA; BARZOTTI; RIZZETTO e LUCASELLI; TENERINI: Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche.

(C. 153​-202​-844​-1104​-1128​-1395-A​)

Relatore: GIACCONE.

8. Seguito della discussione delle mozioni Schlein ed altri n. 1-00233, Francesco Silvestri ed altri n. 1-00222 e Rosato ed altri n. 1-00234 concernenti iniziative in merito alla crisi in Medio Oriente .

9. Seguito della discussione della proposta di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e della questione pregiudiziale di merito presentate):

MOLINARI ed altri; BIGNAMI ed altri; FARAONE ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato). (C. 384​-446​-459-B​)

Relatrice: BUONGUERRIERI.

La seduta termina alle 15,05.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 25 gennaio 2024:

- a pagina 72, prima colonna, undicesima riga, il nome dell'oratore deve intendersi FEDERICO GIANASSI e non EMILIANO FOSSI come indicato.