Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 189 di lunedì 6 novembre 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FILIBERTO ZARATTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 31 ottobre 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 74, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Colleghi, cominciamo bene la settimana, salutando gli studenti e gli insegnanti della scuola secondaria di primo grado Riccardo Monterisi di Bisceglie, in provincia di Barletta-Andria-Trani. Buongiorno ragazzi e benvenuti ai lavori della Camera dei deputati (Applausi).

Discussione del disegno di legge: S. 651 – “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali” (Approvato dal Senato) (A.C. 1324​) e dell'abbinata proposta di legge: Carloni ed altri (A.C. 746​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1324: “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali” e dell'abbinata proposta di legge n. 746.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1324​ e abbinata)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione Affari sociali, onorevole Matteo Rosso.

MATTEO ROSSO (FDI), Relatore per la XII Commissione. Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, l'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge del Governo approvato dal Senato il 19 luglio scorso, recante disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali.

Le Commissioni riunite XII e XIII hanno incardinato il provvedimento prima della sospensione dei lavori parlamentari per la pausa estiva. Al disegno di legge del Governo, fortemente voluto, in particolare, dal Ministro Lollobrigida, è stata abbinata la proposta di legge Carloni n. 746, di cui la Commissione agricoltura aveva già avviato l'esame a seguito della sua riassegnazione alle medesime Commissioni riunite.

Nel mese di settembre, ha avuto luogo lo svolgimento di un ciclo di audizioni informali, al termine del quale, le predette Commissioni hanno deliberato di adottare, come testo base, il disegno di legge trasmesso dal Senato, con riferimento al quale sono state presentate 46 proposte emendative.

Nel corso delle votazioni queste ultime sono state respinte ed è stato quindi confermato il testo approvato dall'altro ramo del Parlamento, che rappresenta un punto di equilibrio, al fine di garantire interessi connessi alla tutela della salute e del patrimonio culturale del Paese. L'iter in sede referente si è concluso con l'acquisizione dei pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, tutti favorevoli, e con il conferimento del mandato ai relatori a riferire favorevolmente in Assemblea.

Entrando nel merito del contenuto del disegno di legge del Governo, si rileva che l'articolo 1 enuncia le finalità del provvedimento, recante disposizioni dirette ad assicurare la tutela della salute umana e degli interessi ai cittadini, oltre che a preservare il patrimonio agroalimentare, quale insieme di prodotti che sono espressione del processo di evoluzione socioeconomica e culturale dell'Italia. Il valore di tale processo è riconosciuto di rilevanza strategica per l'interesse nazionale; a tal fine, si precisa che si applicano le definizioni di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento n. 178 del 28 gennaio 2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, riguardanti i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, che istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, fissando idonee procedure in materia, oltre che le disposizioni europee nazionali in materia di denominazione degli alimenti e dei mangimi e di etichettatura degli stessi.

L'articolo 2 introduce il divieto, per gli operatori del settore alimentare e per gli operatori del settore dei mangimi, di impiegare nella preparazione degli alimenti bevande e mangimi, di vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o distribuire per il consumo alimentare, ovvero promuovere ai suddetti fini, alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti, a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati. Viene, in tal modo, introdotta una definizione normativa di alimenti e mangimi sintetici.

Il divieto è istituito sulla base del principio di precauzione, di cui all'articolo 7 del predetto regolamento n. 178 del 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. In particolare, il citato articolo 7 prevede la possibilità di tutela della salute, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche, per una valutazione più esauriente del rischio qualora, in circostanze specifiche, a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute, ma permanga una situazione di incertezza sul piano scientifico. Le misure adottate sulla base del principio di precauzione devono essere proporzionate e prevedere le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nell'Unione europea, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti. Tali misure devono essere riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole, a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute dell'individuo e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente.

L'articolo 3 introduce, al comma 1, una serie di divieti relativi alla produzione e alla commercializzazione di prodotti trasformati contenenti proteine vegetali; in particolare, per i citati prodotti è vietato l'uso di denominazioni legali, usuali e descrittive riferite alla carne, a una produzione a base di carne, o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne, riferimenti alle specie animali o a gruppi di specie animale, a una morfologia animale o a un'anatomia animale, terminologie specifiche della macelleria, della salumeria e della pescheria, nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali. Scusi, Presidente ho un po' di raucedine dovuta al tempo, ma la cortesia dei colleghi è straordinaria. L'articolo 3 prevede, inoltre, che tali divieti non precludano l'aggiunta di proteine vegetali, aromi o ingredienti ai prodotti di origine animale e che le disposizioni, di cui al comma 1, non si applichino, quando le proteine animali sono prevalentemente presenti nel prodotto contenente proteine vegetali e purché non si induca in errore il cittadino che consuma circa la composizione dell'alimento.

Il divieto non si applica, altresì, alle combinazioni di prodotti alimentari di origine animale con altri tipi di prodotti alimentari, che non sostituiscono, né sono alternativi a quelli di origine animale, ma sono aggiunti ad essi nell'ambito di tali combinazioni.

Infine, il comma 5 dell'articolo 3 stabilisce che, con decreto del Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, è adottato un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti che, se ricondotte a prodotti vegetali, possono indurre il consumatore in errore rispetto alla composizione dell'alimento.

L'articolo 4 dispone che, per lo svolgimento dei controlli sull'applicazione dei provvedimenti in esame, siano competenti, ognuno per i profili di rispettiva competenza, il Ministero della Salute, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le aziende sanitarie locali, il Comando dei Carabinieri per la tutela della salute, attraverso i nuclei antisofisticazione dipendenti, il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri (CUFA), attraverso i comandi dipendenti, il dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste; il Corpo della Guardia di finanza, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, il Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera (quest'ultimo con specifico riferimento ai prodotti della filiera ittica).

Tali autorità svolgono le verifiche di rispettiva competenza con il supporto, ove necessario, del personale specializzato del Ministero della Salute, del Comando dei Carabinieri per la tutela della salute e delle aziende sanitarie locali in possesso di specifiche attribuzioni in tema di controlli qualitativi e tecnico-biologici di natura sanitaria, in relazione ai potenziali rischi per la salute umana, sulla base del principio di precauzione di cui all'articolo 7 del Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo, precedentemente citato, e del Consiglio del 28 gennaio 2002.

Per l'accertamento delle violazioni e per le conseguenti possibili sanzioni, si applicano le disposizioni di cui al Capo I, sezioni I e II, della legge n. 689 del 1981, che riguardano, rispettivamente, i princìpi generali e le modalità di applicazione delle sanzioni. Viene esclusa, peraltro, la possibilità del pagamento in misura ridotta, di cui all'articolo 16 della legge succitata. Quanto alla ragione di tale esclusione, dalla relazione illustrativa, allegata al provvedimento in esame, si desume che il Governo consideri le violazioni, nella materia de qua, come “lesive di interessi particolarmente delicati e importanti”.

In riferimento ai divieti posti dal provvedimento in esame, sono competenti a ricevere il rapporto concernente l'accertamento della violazione, secondo i rispettivi profili di competenza territoriale e per materia, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, le regioni, le provincie autonome di Trento e di Bolzano, e le Aziende sanitarie locali.

Il regime sanzionatorio per le violazioni delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3, è disposto, invece, all'articolo 5, il quale, al comma 1, stabilisce che, salvo che il fatto costituisca reato, gli operatori del settore alimentare e gli operatori del settore dei mangimi che vìolino le citate disposizioni sono soggetti a una sanzione amministrativa pecuniaria, che va da un minimo di 10.000 euro fino ad un massimo di 60.000 euro, oppure del 10 per cento del fatturato totale annuo realizzato nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente all'accertamento della violazione, quando tale importo è superiore a 60.000 euro. La sanzione pecuniaria massima non può eccedere, comunque, i 150.000 euro.

La violazione comporta, inoltre, l'applicazione congiunta delle seguenti ulteriori sanzioni: la confisca del prodotto illecito; il divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni o altre erogazioni dello stesso tipo, concessi o erogati da parte dello Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, per un periodo minimo di 1 anno e fino ad un massimo di 3 anni; la chiusura dello stabilimento di produzione “per lo stesso periodo”.

Il comma 1 prevede, inoltre, che alle medesime sanzioni è soggetto chiunque abbia finanziato, promosso o agevolato in qualunque modo le condotte di cui agli articoli 2 e 3, appena citati.

Il comma 2 dell'articolo 5 dispone che, per la determinazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, l'autorità competente tiene conto della gravità del fatto, della durata della violazione, dell'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché delle condizioni economiche dello stesso.

L'articolo 6, al comma 1, opera un rinvio alle disposizioni di cui alla legge n. 689 del 1981, per quanto non previsto dal provvedimento in esame. Il comma 2 demanda l'aggiornamento dell'entità delle sanzioni previste provvedimento - da effettuarsi ogni 2 anni, sulla base delle variazioni dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività rilevato dall'Istat - a decreti del Ministro dell'Economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della Salute e dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.

Infine, l'articolo 7 reca la clausola d'invarianza finanziaria, riferita all'intero provvedimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, il rappresentante del Governo. Prendo atto che rinuncia.

È iscritto a parlare l'onorevole Stefano Vaccari. Ne ha facoltà.

STEFANO VACCARI (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Signor rappresentante del Governo, care colleghe e cari colleghi, non vi nascondo una certa difficoltà nell'intervenire in quest'Aula, non certo per assenza di rispetto in un così alto consesso istituzionale e tanto meno perché non vi siano argomenti per poter entrare nel merito delle questioni inerenti alla legge in discussione.

La difficoltà è data dalla conseguenza di un modus operandi che sta determinando lo svilimento del Parlamento, a cui sistematicamente si stanno sottraendo ruoli e funzioni dettati dalla Carta costituzionale. Ora volete modificare anche la Costituzione, con una riforma che limita le prerogative del Presidente della Repubblica e che smantella la forma parlamentare. Il legislatore è, in sostanza, sempre più sovrastato dalle imposizioni procedurali del Governo, che, ormai, a forza di 40 decretazioni d'urgenza, che spesso non lo sono, e 27 ricorsi alla fiducia, di fatto ha impedito ai parlamentari di esercitare il mandato ricevuto dal popolo sovrano. Compito di un parlamentare non è certo quello di garantire il numero legale o di alzare la mano in segno di assenso. Non sto esagerando, visto che l'Esecutivo ha ribadito, anche in queste ore, il fatto che i parlamentari della maggioranza non potranno presentare emendamenti alla manovra finanziaria…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Vaccari. Io la ascolto con molta attenzione, però questo è quasi un intervento sull'ordine dei lavori o sul Regolamento, essendo peraltro un disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)

STEFANO VACCARI (PD-IDP). No, no, Presidente, ci arrivo.

PRESIDENTE. …nel senso che vorrei che stessimo sull'argomento all'ordine del giorno. Dopodiché, attendo che lei… Era solo una premessa.

STEFANO VACCARI (PD-IDP). Ci arrivo, Presidente, non si preoccupi. …E dovranno accettare, obtorto collo, le decisioni prese a Palazzo Chigi. Io credo di no, che non sia normale tutto questo, tant'è che i capigruppo del Partito Democratico hanno scritto ai Presidenti di Camera e Senato per chiedere una veloce inversione di tendenza e per ripristinare rapporti diversi tra Esecutivo e Parlamento. Resta il fatto che servirebbe uno sforzo supplementare da parte di tutti per liberarsi dalla camicia di forza che viene imposta a quest'Aula e al Parlamento. Se così fosse stato, invece, in quest'Aula sarebbe arrivato un provvedimento diverso, sul quale confrontarci e poi votare, anche per evitare quelle conseguenze che costringeranno il nostro Paese a incorrere nell'ennesima procedura di infrazione. Il perché è presto detto ed è scritto negli emendamenti che abbiamo presentato al progetto di legge oggi in discussione: un provvedimento nato per dare fiato alla propaganda, piuttosto che per intervenire su un tema complesso e articolato, che avrebbe richiesto equilibrio, responsabilità e assonanza con le indicazioni dell'Unione europea. Una legge che si discosta anche dalle motivazioni che hanno spinto molte organizzazioni - da quelle agricole a quelle dei consumatori, dalle ACLI, a Slow Food, a Federparchi, a Kyoto Club, alla CNA, tanto per citarne alcune - a rendere esplicite le loro ragioni, sottoscrivendo un manifesto in favore della cultura del cibo di qualità e contro il cibo artificiale di laboratorio. In quel manifesto non si chiedeva, però, di alzare una bandiera ideologica, come ha fatto il Governo, ma, con la forza degli argomenti, si chiedeva di accompagnare e sostenere le aziende agricole che intendono restare fedeli ad un'idea di rispetto e di rigenerazione delle risorse naturali. Con questo obiettivo, ci dicono quelle organizzazioni, dovremmo accompagnare le aziende attente alla propria impronta ecologica, affinché sia garantito il diritto a un cibo di qualità per tutti e affinché siano protagoniste di un percorso di trasformazione, che porti a una produzione sempre più sostenibile e a una contestuale riduzione dei consumi di carne, sempre nel segno di quella salute che la recente pandemia ha dimostrato non essere più rimandabile. Non dunque una crociata, quella che veniva chiesta, ma un'operazione di rafforzamento del settore agricolo, che si basa sul ciclo biologico delle piante, degli animali e dei microrganismi del suolo. Un'alleanza con la natura, sempre più indispensabile per qualificare la transizione ecologica e costruire un nuovo modello di sviluppo, improntato alla qualità, alla sostenibilità e alla giustizia sociale. Temi urticanti per la destra, che continua a tergiversare anche di fronte ai mutamenti climatici, con un atteggiamento negazionista, che, di contro, non fa bene al Paese, ma soprattutto alla nostra agricoltura, prima vittima e sempre più minacciata dalle conseguenze devastanti provocate dagli eventi atmosferici.

La destra e il Governo, di contro, si riempiono la bocca di parole roboanti, che non trovano conseguenze negli atti normativi. Parlano di made in Italy e poi si girano dall'altra parte, quando si chiede di intervenire strutturalmente sulle criticità che investono il comparto agricolo, dalla cui attività dipendono le produzioni di eccellenza che consentono di riempire di contenuti il marchio strategico dello stesso made in Italy nel mondo. Lo sanno i produttori di grano, costretto a subire la concorrenza speculativa di Paesi esteri. Lo sanno i frutticoltori e i produttori di vino, nonché gli allevatori, lasciati da soli ad affrontare i danni provocati dal maltempo, dai diversi patogeni e insetti, e dall'eccessiva presenza di fauna selvatica. Lo sanno i giovani agricoltori, ai quali la Commissione agricoltura, all'unisono, aveva acceso una speranza con un'apposita proposta di legge, che il MEF e il Governo hanno falcidiato, tagliando gli articoli più significativi e la maggior parte delle risorse a disposizione, come a dire loro: bravi i giovani che vogliono impegnarsi in agricoltura.

Poi, però, si dà loro il benservito con un provocatorio: arrangiatevi.

Sottolineo, altresì, la supponenza che si è impadronita del modo di governare e legiferare di questa destra. Le audizioni sono vissute come un fastidio e i consigli rimangono lettera morta, anche in questo disegno di legge. Per voi c'è solo l'esigenza di alzare la bandierina, dimostrare i finti muscoli dei decisionisti, eppure, anche questa volta, nelle audizioni abbiamo ascoltato valutazioni serie e approfondite, frutto di competenze ed esperienze sul campo. Si poteva anche non essere d'accordo e anche noi non lo siamo rispetto ad alcune proposte, ma valeva la pena di approfondire per non lasciare nulla al caso. Le opinioni meritano rispetto e non tracotante rigetto; per di più, molti ci sono venuti a dire che occorreva allinearci all'Europa, anche solo nel contesto delle procedure e che occorreva dare più spazio e funzioni alla ricerca, che la maggioranza pensa utile solo quando la scienza si allinea ai loro convincimenti.

Eppure, al Senato, era stato approvato un ordine del giorno del gruppo del Partito Democratico, con il quale si evidenziava la necessità di garantire la continuità delle attività di ricerca scientifica e tecnologica su alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti, a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati, rafforzando il mantenimento nel nostro Paese di ricercatori e competenze.

Mi domando, allora: avete approvato questo nostro ordine del giorno al Senato, poi, avete bocciato un nostro emendamento che ribadiva questa necessità, ma perché? Per voi gli impegni presi con gli ordini del giorno sono solo tattica, allora? Vi hanno chiesto gli auditi di valutare la possibilità di intervenire sugli attuali consumi di carne in Italia, che sono il doppio della media mondiale: 79 chili pro capite, contro 43 chili. Hanno evidenziato, anche quelli che hanno firmato il manifesto sulla carne coltivata, che occorreva prendere in considerazione la possibilità di dare concretezza normativa alla transizione proteica, riducendo il consumo di carne, e intervenire sugli allevamenti intensivi per rafforzare lo stato brado e semi brado, perché questa possibilità consente di avere carne di qualità e maggiormente sostenibile. Queste erano le modalità per rispondere positivamente a chi vorrebbe promuovere la carne coltivata, puntando sulla grande industria italiana.

Insomma, per evitare il conflitto tra allevamenti intensivi e produzione in laboratorio, di cui ancora non si conoscono pienamente qualità, salubrità e sostenibilità, occorreva puntare alla modifica del modello di produzione attuale o, quanto meno, questo è il nostro pensiero, avviare un processo che porti a una soluzione di maggiore equilibrio. Non lo avete voluto fare solo perché c'era la famosa bandierina da alzare e sapete che state per approvare una legge che avete nascosto all'Unione europea, perché conoscete benissimo le forzature ideologiche che la contraddistinguono, a cominciare dall'inosservanza di quel principio di precauzione, caposaldo delle politiche comunitarie, per il quale vi avevamo proposto di istituire, presso i Ministeri della Salute e dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, un tavolo tecnico-scientifico composto da ricercatori, tecnici del settore, rappresentanti delle associazione di categoria e della filiera alimentare, operatori del settore di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati, nonché da enti del terzo settore specializzati. Infatti, secondo quanto previsto dall'articolo 7, comma 2, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, il tavolo aveva lo scopo di assicurarsi che le restrizioni imposte dalla legge fossero necessarie alla tutela della salute e ad essa proporzionate.

A tal scopo, il tavolo si sarebbe riunito periodicamente per monitorare l'avanzamento della tecnologia e della ricerca in materia, valutando l'eventuale impatto che i prodotti oggetto delle restrizioni hanno sulla salute, sull'ambiente e sul sistema agroalimentare italiano. Perché dire “no”, tra l'altro, a sviluppare la ricerca e, quindi, a sviluppare il mercato delle possibili nuove tecnologie sulle quali innescare forme di nuova imprenditoria innovativa?

Così come vi avevamo proposto di raccordare ruoli e funzioni del Ministero della Salute, prevedendo che fosse, comunque, sentita l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, l'EFSA, a norma dell'articolo 22 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio. Per evitare ulteriori problemi, non ultimo, la quasi certa procedura di infrazione, vi avevamo proposto di inserire, nell'articolo 1, la notifica della presente legge alla Commissione europea, ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, prevedendo, altresì, che la sua efficacia rimanesse sospesa fino alla conclusione delle procedure previste dalla medesima direttiva.

Abbiamo ricevuto solo ripetuti “no”. Nulla si doveva toccare, perché il Ministro Lollobrigida così aveva imposto. Magari, per lui, una probabile procedura d'infrazione diventerà, infatti, occasione di campagna elettorale alle prossime elezioni europee, al grido dell'Europa matrigna, brutta e cattiva. Questa è la vostra logica, la nostra, invece, è rivolta alla tutela degli interessi del Paese e degli agricoltori italiani. Noi nelle Commissioni agricoltura e affari sociali, assieme, abbiamo presentato emendamenti volti proprio a rispettare le autorità europee, a partire dall'EFSA, che svolgono già un lavoro attento e dettagliato sulla sicurezza alimentare. Il rischio, infatti, è di favorire, anche in questo settore, l'importazione e, dunque, sfavorire il tanto decantato made in Italy, anche solo nella ricerca e nello studio, su cui da sempre siamo stati e siamo all'avanguardia. Insomma, nonostante tutto, abbiamo provato a evitare al Governo la figuraccia che sta per fare agli occhi del mondo.

Poi, una curiosità: i divieti di questa legge, come ha scritto, questa mattina, la collega, senatrice a vita, Cattaneo, valgono solo per gli alimenti derivanti da animali vertebrati, ne consegue che verrà dato il via libera, nel caso, alla carne coltivata di crostacei, molluschi e cefalopodi.

Chiedo ai rappresentanti del Governo: ma qual è la ratio di questa scelta, di questa distinzione? Elementi di simpatia, rilievi scientifici, dimenticanza? Abbiamo provato, durante il percorso della legge, a difendere gli agricoltori italiani, così come detto al Senato, motivando il nostro voto di astensione, come faremo in quest'Aula. La nostra posizione è chiara, indiscussa e allineata nel merito con i nostri amministratori regionali e locali, ovvero a sostegno delle produzioni locali di filiera tradizionali, sostenibili, che rappresentano la nostra storia, la nostra cultura, la cucina e le tradizioni dei nostri territori che sono conosciute in tutto il mondo, non perché il Ministro vuole mettere una medaglia di cartone ai nostri cuochi, scimmiottando ben altri riconoscimenti prestigiosi e universali come le stelle e le chiocciole, ma per la qualità delle nostre produzioni.

Per questo, diciamo, con amarezza, che si è persa, ancora, l'ennesima occasione. Di fronte ai vostri fallimenti, non ci fermeremo di certo e continueremo a evidenziare la vostra palese inadeguatezza che tanto nuocerà al Paese, ma, soprattutto, all'agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Colleghi, prima di andare avanti, salutiamo i rappresentanti di un'istituzione educativo-scolastica cattolica, gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto paritario Villa Flaminia di Roma, ai quali diamo il benvenuto alla Camera dei deputati (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Marco Cerreto. Ne ha facoltà.

MARCO CERRETO (FDI). Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, oggi, in Aula, alla Camera, approda un provvedimento importante, il n. 1324, già approvato al Senato, fortemente voluto dal Governo. Oggi, in Aula, sarà approvato definitivamente il disegno di legge sul divieto e la commercializzazione delle carni sintetiche.

Vorrei, per suo tramite, Presidente, ricordare al collega Vaccari, capogruppo del Partito Democratico in Commissione agricoltura, che ha fatto un intervento, preannunciando l'astensione sul provvedimento, che si tratta, appunto, di un provvedimento fortemente voluto dal Governo, ma soprattutto - lo ricordo a me stesso e ai colleghi -, fortemente voluto da milioni di persone, quasi un milione e mezzo di persone, che hanno sottoscritto una petizione popolare voluta da un'organizzazione professionale agricola tra le più forti d'Europa, che chiedeva a questo Governo e all'Italia di redigere, in tal senso, norme chiare per vietare questa pratica. L'onorevole Vaccari ci risulta sia uno dei firmatari di questa petizione popolare che chiedeva il divieto di produzione e commercializzazione della carne sintetica.

Non posso non fare, quindi, alcune considerazioni in merito: cambiare idea si può, l'importante è che lo si dica con chiarezza.

L'Europa, Presidente, si è svegliata agli esordi del nostro secolo, dopo essersi resa conto dell'impatto della mucca pazza sulla vita umana. Fu un momento difficile per l'intera agricoltura italiana, l'intera filiera alimentare e il funzionamento del mercato. La mancanza di un'adeguata ricerca sull'evoluzione dei rischi alimentari conosciuti e l'identificazione di nuovi rischi ha, quindi, richiesto di allestire una complessa strategia comune e di prevedere un calendario preciso di azioni che, oggi, semplifichiamo con il riferimento a una politica “dai campi alla tavola”.

Tra i nuovi strumenti di monitoraggio, sorveglianza e allarme che abbiamo a disposizione, in un quadro finalizzato a migliorare le conoscenze e a costituire una solida base di scambio su cui impostare politiche e regole di sicurezza, si trova specialmente incluso il ricorso al principio di precauzione contenuto nel regolamento (CE) n. 178/2002 e che impone a tutti gli Stati, prima di considerare qualsiasi tipo di introduzione di alimento, di invocare - in virtù appunto di tale principio - la tutela della salute pubblica. Attraverso detto principio è possibile affrontare ogni eventuale problema di salute pubblica a monte, piuttosto che a valle, e su di esso ha fondamento la nostra proposta di divieto di produzione e commercializzazione di alimenti derivanti da coltura cellulare o da tessuti, perché incompatibili con l'elevato livello di protezione prescelto dall'Unione europea.

L'incompletezza dell'informazione su questo tema che, ad oggi, possediamo al riguardo introduce, infatti, il rischio di effetti negativi sulla salute dei cittadini consumatori e apre a evidenti condotte anticoncorrenziali nei confronti del nostro made in Italy, richiedendo di provvedere con immediatezza. È chiaro che, nel panorama e nell'incardinamento di queste norme, si è tenuto conto - e di questo ringrazio il Ministro Lollobrigida e tutto il Governo - del fatto, Presidente, che l'Italia è la prima Nazione al mondo per biodiversità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), è la prima Nazione al mondo per denominazioni di origine protette, è la Nazione alla quale tutto il mondo guarda come modello del sistema allevatoriale, che è un sistema dotato di controlli, è un sistema perfetto, è un sistema invidiato in tutto il mondo.

Nessuno può negare che la valutazione di un livello accettabile di rischio per la società rappresenti una responsabilità essenzialmente politica, a cui questo Governo e questa maggioranza non vogliono sottrarsi, chiedendo il voto favorevole all'approvazione della proposta e chiedendo, soprattutto, anche alle altre forze politiche di avere la serietà e l'onestà intellettuale e politica di esporsi su questo tema. È troppo comodo firmare le petizioni in piazza venire a dar credito a qualche senatore a vita e, poi, in dichiarazione di voto e in discussione generale, preannunciare l'astensione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Questa non è politica del doppio forno, questa è politica del triplo forno. Su questi temi i cittadini italiani hanno bisogno di chiarezza. Per questo l'Italia, per la prima volta e quale primo Paese dell'Unione europea, non ha paura di riuscire a intestarsi questo provvedimento, e mi auguro, Ministro Lollobrigida, che si faccia in modo che il nostro Paese sia capofila e avanguardia per una serie di provvedimenti che anche gli altri Stati membri dovranno porre in essere.

È vero che questi alimenti, che contengono proteine del latte, prodotti da microrganismi o isolati da colture di origine cellulare, sono diffusi in altri contesti, sia pure in modo marginale, in relazione a pregiudizi culturali e costi di produzione imposti da ingenti investimenti, ma sappiamo anche che la relativa autorizzazione all'immissione sul mercato è priva di una base scientifica sufficiente per prevenire concreti danni. È questo il punto centrale sul quale abbiamo incardinato questa azione. Noi non abbiamo assolutamente alcuna certezza che queste cellule, prese da un feto, messe in un bioreattore e fatte crescere da un bioreattore, non siano dannose per la salute umana. Non c'è alcuna evidenza scientifica che possa sancire questo principio. Ad esempio, la fermentazione di precisione per la costruzione di proteine di origine animale utilizza, normalmente, microrganismi genetici modificati ed è a tutti noto che il nostro Paese ha già scelto, da tempo, di escludere dalla catena alimentare qualsiasi ritrovato tecnologico ingegnerizzato che potrebbe rientrare dalla finestra dopo che l'Unione europea ha chiuso le porte all'avanzata genetica, che abbiamo conosciuto per la prima volta con il mais Bt resistente al glifosate.

Ma, in termini ancor più preoccupati, si sottolinea che per la moltiplicazione delle cellule si rende necessario l'impiego di fattori di crescita per la fabbricazione di materiali che siano, poi, idonei a costruire prodotti assimilati a carne, a pesce o quant'altro. Ebbene, le informazioni acquisite dagli esperti rilevano che, tra i fattori di crescita nei substrati cellulari, si trovano una serie di sostanze con proprietà ormonali tradizionalmente oggetto di divieto per la gravità di rischi per la salute, così come si rinvengono tracce di sostanze indesiderabili o contenenti proprietà allergeniche e, addirittura, antimicrobiotiche.

Non sembra, dunque, sufficiente, per rispondere alla fiducia che ci hanno assegnato non solo i nostri elettori, ma tutti i cittadini consumatori, di allestire filiere alimentari sicure, sane e di qualità, che occorra avvalersi di una procedura che non sia quella volta a classificarne la natura tra i novel food, lasciando così che a decidere l'immissione al consumo siano le burocrazie europee. Intendiamo, in realtà, esercitare a pieno titolo la nostra sovranità alimentare, a cui si riferisce la stessa denominazione del Ministero proponente questo provvedimento, e di ciò ringraziamo ancora il Ministro delle Politiche agricole, Francesco Lollobrigida. E riteniamo necessario, dopo aver raccolto e analizzato tutti i dati pertinenti, in un ampio ciclo di consultazioni, che ha visto il coinvolgimento degli operatori di settore, assumere l'unica scelta possibile per garantire sicurezza e trasparenza, affrontando in modo efficace rischi imminenti per la salute.

Aggiungo, Presidente, che questo provvedimento non va soltanto a tutela dei cittadini, a tutela dei consumatori che, grazie a queste norme, potranno essere sicuri, almeno in Italia, di non vedere arrivare sulle nostre tavole cibi a coltura cellulare, carne sintetica, pesce sintetico e quant'altro.

Mi consenta anche di rivolgere un pensiero a tutti quegli allevatori italiani, a coloro che si svegliano alle 4.30 del mattino, che si sporcano le mani di terra, a cui questa parte politica deve necessariamente una tutela e un ringraziamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Noi non abbandoneremo mai il nostro sistema agroalimentare di qualità, che ha reso l'Italia una superpotenza nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pastorella. Ne ha facoltà.

GIULIA PASTORELLA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Una delle mie canzoni preferite recitava: “Come può uno scoglio arginare il mare…”. Vedo che la riconosce…

PRESIDENTE. Posso anche cantarla, se vuole.

GIULIA PASTORELLA (A-IV-RE). Io eviterei, perché sono anche un po' stonata.

PRESIDENTE. Lei non sa cosa si perde. Prego, onorevole.

GIULIA PASTORELLA (A-IV-RE). Rido, la butto in caciara, diciamo, perché questo provvedimento mi sembra un po' uno scoglio che cerca di arginare il mare del progresso e dell'innovazione, un mare che vediamo tantissimo all'esterno dei nostri confini europei: lo vediamo a Singapore, che già da tempo utilizza e consuma questo tipo di cibi, lo vediamo anche negli Stati Uniti, in cui recentemente sono stati approvati due prodotti di due startup per il consumo umano, lo vediamo in tanti casi nei mangimi animali. Insomma, c'è questo mare che sta arrivando verso l'Unione europea e questo scoglio che il Governo ha cercato di mettere in questo mare mi sembra fragile, intanto, perché abbiamo già una costa bella robusta - visto che anche al nostro Presidente piacciono le metafore marine - che si chiama Unione europea, in cui il principio di precauzione, la questione ambientale, la questione anche della protezione della nostra agricoltura europea, non solo nazionale, già esistono; esistono i provvedimenti - che sono stati già citati - sui novel food, sugli OGM ed esiste l'EFSA, l'European Food Safety Authority, che è lì proprio per essere una costa molto più solida di questo piccolo scoglio.

Quindi, la prima domanda che mi viene da porre e su cui noi abbiamo presentato anche emendamenti è: perché non riferirsi a tutto questo impianto di protezioni, giustissime e sacrosante, il cui ruolo è proprio quello di applicare il principio di precauzione, che viene citato molte volte? Questa protezione già esiste, la protezione dei consumatori è all'interno dei trattati europei, quindi ci si domanda perché i nostri emendamenti in questo senso siano stati respinti.

Protezione del made in Italy: giustissimo, sono principi sacrosanti, è sacrosanto proteggere chi, come è stato ricordato, si sporca le mani. Ma la domanda è: è veramente proteggere la biodiversità? Chi non è d'accordo? Ma la domanda è: la cosiddetta carne coltivata davvero mina la biodiversità o, forse, sono gli allevamenti intensivi a minare di più la biodiversità che qualcosa prodotto in laboratorio? Si pensa tantissimo anche ai poveri agricoltori che si spaccano la schiena, per cui noi abbiamo tantissimo rispetto, ma in questo provvedimento, per esempio, non si menziona mai la parola “ricerca”.

Ai nostri poveri ricercatori non si fa cenno, quando in altri Stati d'Europa - penso all'Olanda che è particolarmente avanzata in questo campo e nel campo dell'agricoltura 4.0 - i ricercatori sono sostenuti e ci sono ingenti investimenti statali proprio per andare a vedere cosa si può fare e come si possono esplorare queste nuove tecnologie.

Soprattutto sulla questione della protezione ambientale, mi sembra che nelle premesse di questo decreto si siano presi dei dati in maniera un po' selettiva; si sono presi alcuni studi e non altri, si sono presi studi che guardano al ciclo di vita parziale di questi prodotti e non al ciclo di vita totale, sulla base del quale, invece, risulta che, soprattutto con gli avanzamenti in termini di energia pulita e di energia rinnovabile, si potrebbero veramente abbattere le emissioni. Quindi, anche con riferimento al principio secondo cui, a detta di questo decreto, la carne coltivata non è più verde della carne normale, ho qualche dubbio sulla selettività dei dati scelti.

Si dice che gli italiani sono contrari con un milione di firme raccolte nella petizione di Coldiretti. Un milione di firme su 60 milioni di abitanti forse non è particolarmente significativo, ma soprattutto ciò non è significativo dell'attitudine generica degli italiani su questo tema. Guardando, invece, ai sondaggi fatti anche paragonandoci ad altri Stati europei, non siamo poi così sfavorevoli, soprattutto se andiamo a vedere le nuove generazioni che, per loro atteggiamento, sono più aperte a immaginarsi una vita diversa, una vita in cui chi vuole consumare la Chianina continuerà comunque a consumare la Chianina e chi, invece, vuole o può consumare la cosiddetta carne coltivata lo farà.

Pertanto, la questione dell'innovazione non è per l'innovazione in sé, che è buona e giusta (poi, io lo credo); l'innovazione può essere utile per risolvere una serie di problemi e, soprattutto, noi la vediamo come qualcosa che va in parallelo rispetto alla tradizione e a quel made in Italy che - giustamente, lo ripeto - il Governo cerca di preservare.

Quindi, i dubbi che abbiamo su questo provvedimento sono sui principi che possono essere, secondo noi, forse protetti meglio, come il principio di precauzione a livello europeo; mentre sulla questione del verde e della sostenibilità di questo genere di soluzioni dubitiamo che i dati scelti siano veramente quelli più aggiornati e soprattutto quelli che tengono da conto le evoluzioni, come abbiamo il dubbio che questo significhi proteggere veramente il made in Italy.

Su questo mi voglio soffermare per l'ultimo punto, perché l'ultimo dubbio è sulla questione economica e della concorrenza. La concorrenza è un altro dei principi - oltre a quello di precauzione e della protezione dei consumatori - che fanno parte dei trattati europei e deve essere rispettata. Come fa un provvedimento di questo genere ad assicurare che la libera circolazione delle merci - e, quindi, la concorrenza - sia rispettata quando pone delle barriere che difficilmente potranno fare parte di quelle deroghe per la sicurezza e per la salute pubblica a cui si può far riferimento proprio per derogare alla concorrenza?

Quindi, i miei, i nostri dubbi sono tanti perché è un provvedimento che parte da principi sacrosanti - la protezione dei consumatori e il principio di precauzione per tutto quello che è nuovo e che finisce nei nostri stomaci -, e dalla questione ambientale; insomma, sono tutti principi giusti, ma il timore è che questo provvedimento sia ridondante nel migliore dei casi, perché ci penserà l'Unione Europea, potenzialmente nocivo per il nostro Paese perché ci ritroveremo a commercializzare comunque questo genere di cibo senza poterlo produrre e senza una ricerca avanzata, con dei paletti che ci bloccheranno per qualche anno. E tutto quello che potrà dire il Governo è “noi ci abbiamo provato”, magari beccandosi una procedura di infrazione dall'Unione europea, e quindi potendo dire: “vedete? E' l'Europa che non vuole bene ai nostri agricoltori”. Purtroppo, questa strategia da capro espiatorio sembra diventare un marchio di fabbrica di questo Governo e, anche in questo caso, vediamo questo gioco - la notifica inviata e poi ritirata – però, almeno potete dire di aver fatto qualcosa. A noi sembra veramente poco, un piccolo scoglio (Applausi del deputato Enrico Costa).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori del Governo, il progresso fa parte della natura umana. Progredire significa, letteralmente, andare avanti, crescere. L'uomo ha una naturale tendenza: quella di cercare sempre il meglio e sperimentare il nuovo con un'unica finalità di fondo, ossia vivere bene e rendere sempre più confortevole la propria condizione di vita. I problemi, però, sorgono quando questa naturale tendenza, una tendenza umana, si scontra con la natura, con il dato naturale delle entità umane, animali e vegetali. Ci sono degli elementi che, sia pur mettendo in atto esperimenti, non si possono riprodurre allo stesso modo, con le stesse caratteristiche di come li troviamo in natura, e soprattutto - parlando di cibo, poiché stiamo parlando di questo - con le stesse conseguenze fisiologiche sul corpo umano. Gli esperimenti sulla cosiddetta carne sintetica rientrano, quindi, pienamente in questa casistica.

La carne coltivata, che noi chiamiamo anche “carne sintetica” o “carne artificiale”, è un prodotto ottenuto dalla raccolta di cellule muscolari animali che vengono poi poste in un bioreattore e alimentate con proteine per favorire la crescita dei tessuti. Una tendenza, signor Presidente, che come gruppo di Noi moderati, abbiamo denunciato sin da subito, all'inizio di questa legislatura, proprio perché l'abbiamo considerata assai pericolosa. Esattamente un anno fa, rivolgemmo un question time sul tema al Ministro Lollobrigida che, nella sua risposta, ci garantì la ferma intenzione a contrastare, in ogni modo, la produzione di carni sintetiche che rischia di spezzare il legame millenario tra agricoltura e cibo.

Per questo, signor Ministro, ancora una volta la ringraziamo per la determinazione con cui sta portando avanti la battaglia contro questa deriva. Si tratta di una deriva iniziata con la finta carne della società americana Beyond Meat e che oggi, soprattutto negli Stati Uniti, sta diventando un settore di investimenti cospicui da parte dei colossi dell'high tech e della finanza mondiale. Chiaramente, la giustificazione di fondo che viene data a tali esperimenti si cela dietro al concetto, ormai abusato, della sostenibilità ambientale. Un concetto importantissimo che, oggi come oggi, riveste un ruolo centrale nel contesto economico e sociale, e sarà ancora più importante nei prossimi anni.

Tuttavia, è evidente che dietro la bandiera della sostenibilità non si possa nascondere qualsiasi cosa. Rendere più sostenibile l'economia è certamente possibile ed è sicuramente doveroso, però giustificare come sostenibile ogni tipo di attività non è accettabile, specie se attività come queste hanno ben poco di sostenibile. Infatti, in base a quanto è stato sostenuto dalla Coldiretti - che, ricorderemo, ha lanciato una petizione importante contro la coltivazione e la commercializzazione di carni sintetiche che, come gruppo di Noi Moderati, abbiamo fermamente sottoscritto - la carne da laboratorio non salverebbe gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche; non salvaguarda l'ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali e, soprattutto, non tutela la salute, dato che non ci sono garanzie sulle conseguenze dell'assunzione da parte del corpo umano di prodotti che sono sostanzialmente dei prodotti chimici.

In particolare, quando parliamo di impatto ambientale della zootecnia, è bene sottolineare che in questo comparto emissioni e sequestro delle stesse avvengono nello stesso posto e nello stesso momento. Nuovi studi sostengono, infatti, che in Italia le attività zootecniche negli ultimi dieci anni non solo non hanno impattato sull'ambiente, ma hanno contribuito a raffreddare l'atmosfera con emissioni ricalcolate cumulativamente a meno 49 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

Sicuramente, anche in questo settore si può fare ancora tanto nell'ottica dell'economia sostenibile, magari studiando modalità per privilegiare gli allevamenti estensivi o convertire in tal senso quelli intensivi, laddove ciò fosse possibile.

Ciò che è certo è che il settore zootecnico italiano, che vale - voglio ricordarlo - il 15 per cento di tutto l'agroalimentare del nostro Paese, con un fatturato di quasi 30 miliardi di euro, 513.000 addetti, 170.000 aziende agricole, sin da ora, risponde alle logiche dell'economia sostenibile. Signor Presidente, la sostenibilità, per sua stessa natura, dovrebbe giovare al mercato e, al contempo, anche ai consumatori.

Tuttavia, quello che sta emergendo intorno al fenomeno delle carni sintetiche lascia presagire, invece, che i vantaggi economici siano a beneficio di pochi e i consumatori non siano, in alcun modo, tutelati. Questa, mi faccia dire, non è sostenibilità, questo è business, è una cosa diversa. E lo dimostra un dato a dir poco preoccupante: un rapporto di McKinsey sostiene che gli investitori che sono dietro alla produzione di cibo sintetico abbiano investito 25 miliardi di dollari, non per la ricerca, ma per tenere il tono basso, per far sì che dell'argomento non si parli, per far sì che dell'argomento non ci siano informazioni. Inoltre, secondo la FAO e secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, esistono almeno 53 potenziali pericoli per la nostra salute legati al possibile consumo di carne artificiale, e, al contempo, mancano gli studi necessari che dicano che il consumo di questo prodotto, addizionato di ormoni, di antibiotici e di antimicotici necessari per farlo crescere, non comporti rischi.

Quindi, signor Presidente, è chiaro che quanto descritto assume tutte le caratteristiche di una pericolosa tendenza che va contrastata in ogni modo. Il provvedimento in esame oggi in quest'Aula va esattamente nella direzione da noi auspicata già un anno fa, quando presentammo il nostro question time al Ministro Lollobrigida, sancendo il divieto di impiegare, nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o comunque distribuire per il consumo alimentare cibi o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati.

I divieti contenuti nel provvedimento hanno essenzialmente un unico scopo, tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo elevato valore culturale, socioeconomico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, assicurando, nel contempo, un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini che consumano e il loro diritto all'informazione. Quindi, signor Presidente, ci troviamo in una situazione congiunturale assai difficile, complicata ulteriormente da uno scenario internazionale totalmente instabile e scosso da continue crisi di varia natura.

Quindi, mettere a rischio il nostro patrimonio culinario e i prodotti del made in Italy proprio nell'anno in cui, in base a quanto riferito dal Ministro Lollobrigida in risposta a quel famoso nostro question time sul tema, raggiungeremo la soglia record di esportazioni, per un valore pari a 60 miliardi di euro; significherebbe assestare un durissimo colpo al nostro settore agroalimentare, che rappresenta - voglio ricordarlo sempre - un'eccellenza, i cui prodotti sono riconosciuti e apprezzati a livello internazionale.

Come gruppo di Noi Moderati, siamo pronti a lavorare in ogni sede per valorizzare ancora di più i nostri territori e le loro specialità culinarie ed enogastronomiche, in quanto siamo ben consapevoli, mutando una metafora calcistica, che la migliore difesa è sempre l'attacco.

Quindi, non giochiamo a difendere, bensì a promuovere ancora di più le nostre eccellenze. Pertanto, chiediamo al Governo, nella persona del Ministro Lollobrigida, di continuare la battaglia contro la diffusione delle carni sintetiche e di tutti gli esperimenti simili, non solo in Italia, ma a livello europeo.

Per tutte queste ragioni, come gruppo di Noi Moderati, ribadiamo la nostra piena disponibilità a lavorare per valorizzare, in ogni sede il buono e il bello che il nostro Paese può vantare di avere.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Lauro. Ne ha facoltà.

CARMEN DI LAURO (M5S). Grazie, Presidente. Oggi, discutiamo un provvedimento nato, in realtà, per un'ideologia, un provvedimento che non arreca alcun vantaggio né all'Italia, né agli italiani, se non ad alcune specifiche categorie.

Stiamo parlando del divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata, provvedimento che speriamo abbia vita breve. Isha Datar, che è la direttrice del New Harvest, che è un istituto di ricerca che si occupa di agricoltura cellulare, e, quindi, anche della carne, in uno dei suoi più famosi articoli, ha ben spiegato cos'è la carne coltivata e come viene prodotta.

Lo riporto, perché credo che sia semplice, ma efficace, nel far comprendere di cosa stiamo parlando. Ecco come funziona: invece di allevare un intero pollo senziente, ad esempio, si coltiva la carne direttamente a partire dalle cellule muscolari. Si fa una piccola biopsia su un animale vivo e poi si estraggono le cellule che interessano, probabilmente cellule muscolari, ma anche grasso o tessuto connettivo. Le cellule muscolari amano attaccarsi alle superfici, le aiuta a svilupparsi e a estendersi nelle lunghe fibre muscolari.

Si può, quindi, costruire un'impalcatura su cui le cellule possono aderire. Poi, ovviamente, le cellule si devono nutrire, e, quindi, sono immerse in un liquido che contiene tutti i nutrienti necessari per crescere e dividersi: carboidrati, amminoacidi, fattori di crescita e molto altro. Infine, le cellule immerse nel liquido crescono all'interno di un bioreattore, una sorta di grande serbatoio in acciaio. Il bioreattore mantiene costante l'ambiente che serve alle cellule per prosperare, stabilizza la temperatura, la pressione, l'afflusso e il deflusso.

Dopo che le cellule hanno avuto la possibilità di proliferare, di differenziarsi e di maturare in fibre muscolari, si raccolgono i tessuti, che si possono trasformare, ad esempio, in una crocchetta di pollo, una crocchetta che, sin dall'inizio, era priva di ossa e di pelle e fatta interamente di carne bianca.

Tutto questo non sarebbe meglio solo per i polli, le mucche, i maiali, ma anche per il mondo intero. Le prime stime del potenziale della carne coltivata indicano che questa richiederebbe il 99 per cento di suolo in meno, il 96 per cento di acqua in meno e produrrebbe il 96 per cento in meno di emissioni di gas serra.

Queste sono ancora prime stime ipotetiche, ma pensate a quanto potenziale ha questa tecnologia. Se funziona, avremo una vera e propria strategia di sostentamento, nuovi strumenti per produrre cibo. Non sarebbe solo una nuova categoria di prodotto.

Per non parlare, poi, degli allevamenti. Oggi, gli animali sono così ammassati che il rischio di resistenza agli antibiotici e di virus epidemici è ai massimi storici. Il 2018 ha marcato l'inizio della più grande pandemia tra gli animali da allevamento. Si stima che la peste suina africana abbia già ucciso un maiale su quattro: un maiale su quattro, ossia milioni di maiali.

Abbiamo visto anche quello che è successo al rifugio Cuori Liberi, tra l'indignazione di tante persone. Sono 10.000 le persone scese in piazza poco più di un mese fa proprio per quello che è successo in quel rifugio, dove sono stati uccisi suini che invece erano stati salvati dalla macellazione, ma, a causa della peste suina africana, anche loro sono stati sacrificati.

Ecco, l'agricoltura animale è semplicemente troppo grande per non fallire. E poi c'è il nostro pianeta, che destiniamo al nutrimento di mucche, maiali e polli più di quanto non facciamo per tutto il resto. Un terzo del pianeta, circa il 27 per cento, grosso modo l'equivalente a tutto il Nord e Sud America messi insieme, viene destinato all'allevamento del bestiame.

Tutto questo potrebbe cambiare con l'agricoltura cellulare. L'allevamento non si può verticalizzare, ma l'agricoltura cellulare sì. Se potessimo ridurre il suolo impiegato della metà o anche solo di un quarto e soddisfare la richiesta mondiale di proteine, immaginate cosa potremmo fare con il resto. Improvvisamente diventa possibile scegliere di fare cose come ripristinare la foresta amazzonica, che disboschiamo per il bestiame, o ripristinare ecosistemi colonizzati da mucche, mais e soia, o restituire le terre rubate ai popoli indigeni, per esempio.

Le Nazioni Unite dicono che dovremo ripristinare la natura su un terreno grande quanto la Cina, se vogliamo raggiungere la resilienza climatica. L'agricoltura cellulare offre questa possibilità. Non solo possiamo liberare il suolo per il ripristino, ma anche ricreare i prodotti che conosciamo con pochissime emissioni. Coltivando le cellule, possiamo immaginare proattivamente l'agricoltura per un mondo in cui il clima è ormai cambiato. Siamo ancora agli albori della fase di ricerca e sviluppo.

Man mano che la scienza progredirà e sarà riutilizzato il terreno di coltura, sarà ridotto il costo dei fattori di crescita e si raggiungerà una maggiore densità cellulare in vitro, la curva dei costi sicuramente scenderà.

Nel frattempo il prezzo della carne animale è artificiosamente basso, a causa di grandi sovvenzioni, non riflette il costo né per la salute pubblica né per l'ambiente e, in un mondo cambiato da COVID, febbre suina africana e cambiamento climatico, il prezzo della carne animale può solo salire.

La parità di prezzo sarebbe facilmente raggiungibile se il campo di gioco fosse alla pari: da una parte, abbiamo l'agricoltura animale, fortemente supportata dai finanziamenti pubblici e dai Governi; dall'altra, abbiamo una tecnologia promettente, che necessita di approfondita ricerca e sviluppo, nonché di molte infrastrutture e supporto formativo e che non deve essere lasciata per lo più nelle mani del settore privato e delle forze di mercato. Abbiamo tanta strada da fare per comprendere il potenziale di questa tecnologia e ci vorrà ingegno sia dentro che fuori dal laboratorio. Ma pensate cosa possiamo avere in cambio: abbiamo la possibilità di dare inizio a una trasformazione per l'umanità, grande tanto quanto il passaggio dalla caccia all'agricoltura avvenuto circa 12.000 anni fa. Questa potrebbe essere una nuova era di abbondanza, in tanti modi diversi. Queste, come ho detto poc'anzi, sono le parole di chi si occupa direttamente di questa tecnologia, ma anche in Commissione affari sociali abbiamo audito tante personalità del mondo della scienza che hanno espresso concetti molto simili. Anche per tutte le personalità che abbiamo ascoltato la produzione di carne da cellule staminali animali potrebbe rappresentare un passo importante per costruire un futuro migliore per l'umanità, rispettoso delle altre specie animali, dell'ecosistema e del Pianeta. È stato sottolineato anche che, qualora autorizzati a livello europeo, poter esportare questo tipo di prodotti sarebbe un'opportunità per imprenditori italiani coraggiosi e visionari, ma anche per riequilibrare la bilancia commerciale dello scambio agroalimentare italiano con l'estero. Soprattutto, non si comprende come sarebbe possibile vietare, secondo i dettami dell'Unione europea, l'importazione di carni ottenute con metodi di agricoltura cellulare, qualora esse superassero tutti i controlli normativi. L'Italia dispone di alcuni dei migliori scienziati al mondo esperti nel campo delle cellule staminali. Magari sarebbe stato opportuno raccogliere anche le loro opinioni e sarebbe stato opportuno sicuramente ascoltarli prima di legiferare.

Vi è, poi, un tema che affligge il nostro Paese da decenni, che è quello del mancato ricambio generazionale, delle poche opportunità riservate alle nuove generazioni e, più in generale, della scarsa fiducia nel fatto che alcune tecnologie, ben indirizzate, possano contribuire ad attenuare problemi ambientali, economici, di occupazione qualificata e soddisfacente, di contenimento dell'emigrazione, di capacità di generare nuova imprenditoria e crescita sia economica che del tessuto familiare e sociale. Anche il WWF, nelle audizioni, ha sottolineato che, nel momento in cui l'Autorità europea per la sicurezza alimentare dovesse autorizzare il consumo della carne coltivata, sarebbe possibile paradossalmente mangiare carne colturale anche in Italia purché non made in Italy, dal momento che il nostro Paese, come dicevamo poc'anzi, non potrebbe opporsi alla sua importazione e distribuzione. Si ritiene anche che sarebbe assai più importante e urgente concentrarsi sulle storture dell'attuale sistema alimentare e produttivo, che ha evidentissimi e dimostrati effetti sulla salute umana e sull'ambiente. Con la crisi ecologica che stiamo vivendo non possiamo permetterci di abbandonare alcuna strada. La ricerca finalizzata a produrre proteine animali sane e a basso costo per l'ambiente non deve essere ostacolata in maniera aprioristica e ideologica.

Relativamente al meat sounding, la legge attuale tutela già ampiamente i prodotti di origine animale e l'uso di denominazioni che richiamano le carni è disciplinato con attenzione. L'Italia mostra di voler ostacolare la transizione verso il vegetale con proposte di legge insensate. I prodotti plant-based sono una risposta agli obiettivi europei sulla promozione di un minore consumo di carne e uno maggiore di prodotti vegetali. L'obiettivo può essere percorso seguendo questi principi: ridurre drasticamente il consumo di carne e di proteine di origine animale; disincentivare gli allevamenti intensivi; ispirarsi ai principi dell'agroecologia; dare valore al cibo e ridurre drasticamente gli sprechi e le perdite alimentari; infine, pur studiandone tutti i possibili impatti, lasciare aperta la porta alla ricerca per la produzione di proteine animali sane e a basso impatto sull'ambiente e sul benessere animale.

Un altro aspetto importante che è stato toccato è anche quello dell'arretratezza, in termini di ricerca e del danno economico che l'Italia subirà a causa di questo divieto che, di fatto, blocca qualsiasi avanzamento in termini di conoscenze e commercio. Nel resto d'Europa la situazione è ben diversa, tanto che alcuni Paesi europei non solo hanno dimostrato interesse verso questo settore, ma si stanno impegnando anche a sostenerlo economicamente. I Paesi Bassi sono stati uno dei Paesi leader nello sviluppo della carne coltivata e hanno investito in molte aziende del settore. Il Governo olandese ha anche stanziato finanziamenti per ricerca e sviluppo. Qualcosa di molto simile sta avvenendo nel Regno Unito, dove il Governo e diverse organizzazioni di ricerca hanno finanziato progetti legati alla carne coltivata e alla tecnologia delle proteine alternative. Pure la Finlandia ha mostrato interesse nella carne coltivata e ha investito in ricerca. La Germania, poi, è uno dei Paesi che più sta dimostrando di volersi impegnare in questo settore. Il Governo tedesco e alcune istituzioni di ricerca hanno stanziato finanziamenti e questi finanziamenti sostengono progetti di ricerca che mirano a sviluppare nuove tecnologie e approcci per la produzione di carne coltivata. Stanno stabilendo, inoltre, in maniera molto intelligente, collaborazioni tra università, istituti di ricerca e aziende del settore, al fine di sviluppare tecnologie e competenze nel campo. In Germania, così come in altri Paesi, le discussioni sulla carne coltivata coinvolgono anche la sensibilizzazione del pubblico, al fine di informare i cittadini sulle implicazioni e sui benefici di questa nuova tecnologia alimentare (in pratica, il contrario di quello che sta accadendo qui).

Anche nel resto del mondo il settore sta conoscendo enormi sviluppi. C'è Singapore, che è stato già citato in precedenza, ma anche gli Stati Uniti, che sono uno dei leader mondiali nello sviluppo della carne coltivata. Il Governo federale ha fornito finanziamenti per la ricerca e molte startup e aziende stanno operando già attivamente nel settore. Gli scienziati, inoltre, stanno lavorando su nuove tecnologie di coltivazione delle cellule, migliorando i terreni di coltura e sviluppando metodi di produzione più efficienti. In linea con altri Paesi, anche negli Stati Uniti vi sono sforzi di sensibilizzazione del pubblico per informare i consumatori sulle implicazioni e i benefici della carne coltivata. Insomma, l'Italia sarà costretta a inseguire gli altri Paesi a causa di questa scelta, a nostro avviso superficiale e insensata.

Ho ascoltato, in sede di dibattito, che una delle preoccupazioni principali è quella per la salute degli italiani. Niente di più falso. Gli allevamenti intensivi, che sono i primi produttori di carne, producono il 75 per cento delle emissioni di ammoniaca in Italia, un inquinante pericolosissimo che, una volta liberato in atmosfera, in quanto gas si combina con alcuni componenti, come ossidi di azoto e di zolfo, generando le famose polveri sottili, che poi noi tutti respiriamo e che sono quelle che ci fanno ammalare. Infatti, un aumento delle malattie cardiovascolari e respiratorie è fra gli effetti più certi dell'aria inquinata. Nel tempo, l'esposizione alle polveri sottili è legata a ictus, infarti, ipertensione, scompenso cardiaco e tumori. Tutto questo evidentemente non è importante, tutto questo evidentemente è sacrificabile in nome di un fantomatico made in Italy che, in realtà, distrugge l'ambiente e la salute umana.

A settembre, io sono stata a Jesi, nelle Marche, dove i cittadini sono disperati, poiché a causa delle emissioni e dei cattivi odori che provengono dagli allevamenti di polli Fileni, che, tra l'altro, sono stati oggetto di un'indagine del programma Report, che ha svolto un dossier molto accurato sul tema, gli abitanti sono talmente disperati, dicevo, che non riescono neanche più a dormire di notte. A tal proposito, per quanto riguarda proprio la produzione di polli, parliamo dei polli broiler, che rappresentano il 98 per cento dei polli oggi in commercio nel nostro Paese. I polli broiler credo siano davvero l'emblema dell'aberrazione del nostro sistema produttivo alimentare. Sono polli che vengono selezionati geneticamente, che pesano più del normale, che hanno petto e cosce molto sviluppati, perché è quello che chiede il mercato. Sono polli che crescono talmente rapidamente che dopo pochi giorni dalla nascita non riescono neanche più a muoversi, andando incontro a lesioni e a fratture. Quindi, una vita non vita, una vita breve e colma di sofferenze, e tutto questo per soddisfare soltanto le regole del mercato.

Non parliamo, poi, dei farmaci che vengono somministrati agli animali. È un fenomeno che ha contribuito all'insorgere dell'antibiotico-resistenza nella popolazione umana. In pratica, gli antibiotici non riescono più a essere efficaci nel curarci e questo è un vero e proprio dramma che potrebbe causare, da qui a qualche anno, più morti che per le malattie cardiovascolari. Poi, ancora, cambiamenti climatici, consumo del suolo e il propagarsi di virus letali anche per gli esseri umani. Gli allevamenti intensivi molto spesso diventano veri e propri focolai e, secondo molti scienziati ed esperti, rischiano di portare l'umanità a una nuova pandemia. Questa è la grande preoccupazione per la salute umana.

Quindi, quando finalmente arriva un'alternativa - certo, da studiare e da approfondire -, come la carne coltivata, questo Governo, pur di difendere gli interessi di allevatori e produttori di carne se ne infischia della salute degli esseri umani, dell'ambiente, del benessere animale e del progresso scientifico.

In un recente intervento, il Ministro dell'Agricoltura, citando una petizione di cui si è anche parlato, ha affermato che con la carne coltivata si spezza il legame tra natura e uomo. No, il legame tra uomo e natura, credo che si spezzi quando si porta avanti la vergognosa propaganda anti fauna selvatica (Commenti di deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Il legame si spezza quando è catturato e recluso un orso. Il legame con la natura si spezza quando, anziché favorire la convivenza pacifica tra fauna selvatica ed esseri umani, si insegue la strada sbagliata che non risolve il problema degli abbattimenti. Il legame con la natura si spezza irrimediabilmente quando si dà il via libera ai cacciatori di sparare ad ogni ora del giorno, tutti i giorni, ovunque, anche nelle aree protette e nelle aree urbane. Penso che sia soltanto in queste tristi e orribili occasioni che perdiamo - anzi, perdete - il legame con la natura. Natura di cui questo Governo, purtroppo, è nemico.

Per fortuna, però, e concludo Presidente, la sensibilità nei confronti degli animali e dell'ambiente sta crescendo e questo grazie soprattutto alle nuove generazioni. Per fortuna, credo che, prima o poi, queste politiche crudeli e ottuse termineranno e faremo sempre il possibile, affinché questo possa accadere il più velocemente possibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e della deputata Evi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Evi. Ne ha facoltà.

ELEONORA EVI (AVS). Grazie, Presidente. Oscurantista, retrogrado, ideologico, dannoso e potenzialmente un salasso per i cittadini italiani: questa è, a mio avviso, la descrizione di questo disegno di legge. Questo provvedimento non smentisce l'azione repressiva e punitiva che questo Governo ha dimostrato finora. Alla lista di nuovi divieti, nuovi reati e pene più severe, si aggiunge questo disegno di legge, che introduce il divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da culture cellulari o tessuti derivanti da animali vertebrati, nonché il divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati, contenenti proteine vegetali. Insomma, la tanto discussa “carne sintetica”, per dirla con le parole del Ministro Lollobrigida, che così l'ha definita con il preciso intento di mistificare la realtà per evocare un qualcosa di mostruoso e, quindi, pericoloso e insidioso. Il nome corretto è coltura cellulare o, più semplicemente, carne coltivata. Ed è buffo che sia riportato correttamente nel titolo di questo disegno di legge, eppure si sia voluto creare il panico, cavalcare paure e alimentare pregiudizi, parlando di carne Frankenstein o dicendo frasi come: non è progresso, sono i nuovi barbari che vogliono distruggere il nostro modello di civiltà, perché questo avrebbe detto il Ministro. Quindi, siamo addirittura al complottismo.

La realtà è che siamo di fronte ad un nuovo health food, un nuovo alimento, che, se approvato dagli organismi europei, ha potenzialità importanti per provare ad essere parte della soluzione per curare i sistemi alimentari globali, che oggi sono insostenibili, inquinanti, basati su sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, generatori di immensa sofferenza verso gli animali, sempre più sfruttati. Infatti, anche se non si vuole sentirselo dire, oggi è più che mai urgente prendere atto che il modello intensivo industriale è predominante e imperante anche nel nostro Paese, e quell'immagine bucolica della fattoria e delle mucche che brucano l'erba verde sotto il cielo azzurro è puramente un'immagine di fantasia, lontana anni luce dalla realtà.

Ce lo ricordano i dati relativi alle emissioni di ammoniaca, che si trasformano in polveri sottili, pericolosissime per la salute umana, o, ancora, l'inquinamento di acqua e suolo a causa dei nitrati presenti nei liquami e nei fanghi provenienti dagli allevamenti. Sono alcuni dei problemi da risolvere. Ecco perché è urgente affrontare il problema dell'insostenibilità dei sistemi alimentari e per farlo è urgente: in primis, promuovere diete vegetali e la produzione di proteine vegetali; in secondo luogo, puntare a un profondo cambiamento del settore agricolo e zootecnico in chiave agro-ecologica veramente sostenibile, dunque passando per una necessaria e non più rinviabile riduzione del consumo di carne e del numero di capi allevati; e, infine, non trascurare le possibili soluzioni come quelle derivanti da tecnologie innovative, quali le colture cellulari, chiaramente con tutte le verifiche del caso.

Questi nuovi prodotti non saranno mai in competizione con un prodotto tradizionale che si richiama alla storia e alla cultura del nostro Paese. Demonizzarli sulla base di un pregiudizio è la via maestra per perdere occasioni di risolvere i problemi. Questa è l'ennesima decisione oscurantista di questo Governo, l'ennesimo treno che l'Italia perderà. Infatti, vietare colture cellulari a fini alimentari in Italia non serve a nulla, se l'EFSA, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, in piena applicazione del principio di precauzione e di tutela della salute, garantendo l'indipendenza e la pubblicità degli studi scientifici, darà via libera. Ciò significa, infatti, che, nei Paesi europei - in Francia, in Germania, in Austria -, verranno prodotti questi cibi, si sosterranno nuove opportunità di impresa e di sviluppo in quei Paesi, e quei prodotti, in base alla libera circolazione delle merci, potranno essere venduti tranquillamente anche in Italia.

Una precisazione che ritengo doverosa sul ruolo dell'EFSA: recentemente, è stato rivisto e rinnovato il Regolamento UE 2019/1381 sulla trasparenza e la sostenibilità dell'analisi del rischio nella filiera alimentare, che ha modificato il precedente Regolamento (CE) n. 178/2002, che aveva istituito, appunto, l'organismo EFSA. Il nuovo Regolamento, intende perseguire nuovi obiettivi e, in particolar modo - è importante darne conto -, garantire maggiore trasparenza, con l'accesso automatico pubblico a studi e informazioni a sostegno delle richieste indirizzate all'EFSA, l'aumento dell'indipendenza e della solidità degli studi scientifici presentati per aumentare il grado di pertinenza delle informazioni trasmesse dalle aziende, e la richiesta di studi supplementari da parte della Commissione europea ai fini di verifica, in circostanze eccezionali, di controversie gravi o risultati contrastanti. Quindi, demonizzare e mettere in dubbio l'operato di un organismo come l'EFSA è, in questo momento, molto scivoloso.

Peraltro, il collega Cerreto, prima, per sostanziare questo provvedimento, si è lanciato in una difesa sperticata del principio di precauzione, a mio avviso storpiandone e mistificandone la sua applicazione. Ma mi domando, francamente, dove eravate fino ad oggi, perché il principio di precauzione, fondamentale e importantissimo, troppo spesso è stato calpestato e svilito. Penso, in particolar modo, alle tante votazioni avvenute nel corso degli anni a livello europeo, ma anche a livelli nazionale, territoriale e locale. Il principio di precauzione troppo spesso è dimenticato. Mi sembra, quindi, un mondo al contrario. Penso che farsi beffa di questo principio, in questo modo, sia assolutamente scorretto.

Ora, lo sottolineo nuovamente: una volta ottenuta l'autorizzazione alla produzione e all'immissione sul mercato, è importante ricordare che esiste un mercato unico europeo e, pertanto, la libera circolazione dei beni all'interno dell'Unione. Se questo disegno di legge fosse approvato, sarebbe incompatibile con gli articoli da 34 a 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che disciplinano la libera circolazione dei beni all'interno dell'Unione. Pertanto, è altamente probabile che la Commissione apra una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, che di conseguenza sarebbe costretta a pagare sanzioni salate. Ecco l'unico vero obbligo che ci ritroveremo, non certo quello di dover consumare e mangiare a forza carne coltivata, come vuol farci credere questo Governo. L'unico vero obbligo che ricadrà sulle cittadine e sui cittadini italiani, tutti, sarà invece proprio quello di multe salate per nuove probabili procedure d'infrazione.

E qui vengo anche al tema della chiacchierata vicenda del ritiro della legge. La notifica TRIS è la procedura che mira a prevenire la creazione di barriere nel mercato interno dell'Unione europea. Gli Stati membri devono notificare alla Commissione europea i progetti legislativi relativi a beni e servizi che non vogliono essere prodotti e commercializzati nei loro Paesi. Questi elementi sono analizzati, alla luce della legislazione europea, dagli altri Stati membri e da tutti gli stakeholder coinvolti. A questa procedura, gli Stati membri partecipano a pari merito con la Commissione e possono anche emettere i propri pareri su progetti notificati.

Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell'Unione europea, una disposizione nazionale non notificata, come è in questo caso, a seguito del ritiro dalla procedura TRIS, quando invece avrebbe dovuto esserlo, può essere dichiarata inapplicabile alle singole persone dai tribunali nazionali. Di fatto, questo costringerebbe comunque il cittadino a intraprendere una causa, che dovrebbe pagare di tasca sua, mentre lo Stato dovrebbe investire tempo e risorse per resistere a un giudizio in cui ha già perso. Questo comporterebbe anche una richiesta di risarcimento del danno da parte del cittadino, startup o azienda biotecnologica, per la perdita di chance, risarcimento che sarebbe sempre a carico dello Stato e, dunque, ancora una volta, a carico dei cittadini stessi. Inoltre, gli unici penalizzati sarebbero gli imprenditori italiani, poiché, secondo il diritto europeo, non si potrebbe impedire la commercializzazione di un novel food approvato dall'EFSA come sicuro, salvo che lo Stato non provi - e si tratta di un'inversione dell'onere della prova relativo al principio di precauzione -, avvalendosi di studi scientifici, che la commercializzazione di quello specifico prodotto possa nuocere alla salute dei suoi cittadini o all'ambiente. Attualmente, in Italia, c'è una startup che lavora in sinergia con una università, l'Università di Trento.

La produzione di questi nuovi prodotti - e, qui, aggiungo sicuramente un tema di riflessione - non dovrebbe essere appannaggio di poche grandi aziende che detengono le tecnologie e, quindi, causare una forte concentrazione del mercato in pochi soggetti, ma si dà il caso che, come detto, in Italia al momento vi sia una startup che collabora con un'università che fa ricerca. Non si capisce, dunque, il senso del provvedimento: si evoca, da un lato, il complotto internazionale e, dall'altro, si soffoca ogni spinta imprenditoriale e di ricerca che è presente nel nostro Paese e, nel mentre, altri soggetti europei costruiranno nuove opportunità che potranno essere vendute anche in Italia. È semplicemente illogico. Piuttosto, si sarebbe dovuto, si potrebbe e si dovrebbe lavorare sui brevetti per evitare che vengano utilizzati per brevettare, appunto, cibo.

Dunque, siamo di fronte a una legge inutile e dannosa, che ha il solo scopo di terrorizzare le persone, di fermare processi innovativi e fingere di difendere il buon cibo italiano, quando, peraltro, di made in Italy spesso rimane molto poco, se le produzioni nostrane sono sempre più industrializzate e globalizzate. Un famoso esempio è quello della bresaola della Valtellina prodotta con la carne di zebù del Brasile, insomma, una grande presa in giro. Per non parlare degli allevamenti intensivi, che sono un problema enorme e devono essere abbandonati. Invece, questa decisione mira proprio a mantenere lo status quo.

Parlando di status quo, vengo all'articolo 3 di questo disegno di legge, che vieta l'utilizzo di denominazioni tipiche della carne per i prodotti plant-based. Si tratta di un'altra decisione miope, che soffoca un altro settore in crescita nel nostro Paese. Sulla base di non precisate, anzi, dal mio punto di vista, del tutto campate per aria, allusioni ai rischi per la salute, così come indicato nelle finalità del comma 1 di questo articolo, si vuole vietare di utilizzare denominazioni tipiche della carne per prodotti di origine vegetale. Io ritengo importante contestare un fatto: questa previsione normativa, ideologica e discriminatoria, non è realmente fondata sulla presunta necessità di tutelare i consumatori, bensì sulla volontà di fare un regalo all'industria zootecnica, come dichiarato in modo in realtà spudorato dallo stesso testo dell'articolo 3. La tutela del patrimonio zootecnico nazionale è, infatti, indicata come prima finalità. L'introduzione di questa norma determinerà una discriminazione al contrario, quindi, a danno dei soli produttori nazionali, in quanto, anche qui, in virtù del principio della libertà di circolazione previsto a livello dei Trattati europei, il divieto non potrà essere applicato alle merci importate, ma, anche qui, varrà appunto soltanto per i produttori italiani, che quindi saranno i soli ad esserne danneggiati.

Il settore plant-based è in crescita in tutto il mondo e in Italia, ogni anno, si affacciano sul mercato nuove realtà imprenditoriali. In Italia, ci sono molte aziende all'avanguardia nel settore, che producono anche fatturati di un certo rilievo. Questo disegno di legge causerebbe a molte di queste aziende, che il Governo dice di voler tutelare, in quanto parte del tessuto produttivo italiano, un danno enorme, perché dovrebbero rifare tutto il packaging e la comunicazione, sottraendo risorse all'innovazione e al miglioramento del prodotto. Il Governo, quindi, sta anche mettendo a rischio i posti di lavoro di queste imprese. L'operazione consiste nell'imporre, di fatto, una tassa alle imprese di questo settore, che le costringerà a recuperare le marginalità, agendo sui prezzi e provocando aumenti che verranno scaricati sui consumatori. Nelle intenzioni del Governo e delle associazioni di categoria, questo dovrebbe spingere i consumatori a tornare all'ovile e preferire i prodotti tradizionali rispetto alle alternative vegetali e sostenibili. Si tratta di un'operazione non corretta e potenzialmente incostituzionale. Lo Stato dovrebbe, infatti, essere neutrale, non porre alcuni operatori economici in condizioni di ingiusto vantaggio. La ratio che sorregge la norma, la tutela del patrimonio zootecnico, non è infatti ricompresa tra i limiti che possono essere imposti alla libertà di iniziativa economica privata, a norma dell'articolo 41 della Costituzione.

Inoltre, non fermerete un cambiamento ormai in corso, nutrito da una sempre maggiore consapevolezza delle persone che sanno che fare la spesa oggi è un atto politico, è scegliere un modello di produzione che mette al centro l'ambiente, la natura e anche il giusto riconoscimento del lavoro delle persone, è anche scegliere di lasciare la sofferenza fuori dal proprio piatto, la sofferenza di altri esseri viventi. Queste motivazioni sono profonde e sempre più condivise e non verranno fermate da leggi ideologiche e di propaganda come questa.

Come Alleanza Verdi e Sinistra, abbiamo tentato di fermare questo provvedimento, con i nostri emendamenti in Commissione, emendamenti soppressivi di tutto il testo e dei singoli articoli, nel tentativo appunto di bloccare questo ennesimo provvedimento ideologico, che frena l'innovazione e rischia di avere conseguenze nefaste per le possibili procedure di infrazione che peseranno sulle tasche di tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Prima di andare avanti, saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo Via Renato Fucini, di Roma. Benvenuti ad assistere ai lavori della Camera (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Benedetto Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Riusciremo a sfuggire all'assurdità di allevare un pollo intero, per mangiarne solo il petto o l'ala, facendo crescere queste parti separatamente, in un ambiente adatto? Queste parole non sono di un ambientalista intransigente o di un militante vegano, sono le parole di un uomo politico a cui l'Italia deve in parte, parte consistente, la propria libertà e la propria democrazia; sono parole del dicembre del 1931 di Winston Churchill, che immaginava questo.

Signor Ministro, voi, qui, non vietate un prodotto, che non c'è in Europa, voi vietate, anzi, cercate di vietare e di fermare un'idea e lo fate con lo spirito reazionario di chi vuole fermare l'innovazione, il progresso, di chi vuole tenere fuori la modernità dall'agricoltura italiana. E, badi bene, signor Ministro, che non è sempre stato così, e i suoi amici di Coldiretti, a cui tutti vi inchinate, se fossero intellettualmente onesti, lo saprebbero, perché il 90 per cento del grano con cui si fanno la pasta e il pane in Italia è grano Creso, che è il frutto di una modificazione genetica, indotta da un bombardamento nucleare, lo fece il CNEN, antesignano dell'ENEA, che sottopose il famoso grano Cappelli, del senatore, ai raggi gamma di un reattore nucleare, non un bioreattore, signor Sottosegretario, ma un reattore nucleare. E questo è il grano di cui tutti, anche la Coldiretti, ci facciamo forti dei prodotti del made in Italy. Questa è un'ipocrisia assoluta e pericolosa, perché voi volete vietare l'innovazione in un settore in cui dite che l'Italia eccelle, ma eccelle, ad esempio, perché il grano è modificato geneticamente attraverso una reazione nucleare.

Il nostro vino è diventato l'eccellenza che conosciamo, di cui io sono il primo apprezzatore, dopo lo scandalo del vino al metanolo, introducendo tecnologie e bioreattori, perché poi il bioreattore è anche la botte dove si fa il vino, è un bioreattore, e voi volete bloccare la tecnologia, per una cultura reazionaria che permea questa maggioranza e per difendere miopi interessi economici.

Ho sentito altri colleghi dire: ma qui ci sono gli interessi economici. Perché, quelli di Coldiretti non sono interessi economici? La difesa degli allevamenti intensivi con l'uso massiccio di antibiotici che minano la salute complessiva non è una difesa del business? Non è una difesa delle rendite economiche? Io ho sentito il collega Cerreto parlare, in modo sommario e non troppo rispettoso, del dare credito a qualche senatore a vita. Immagino si riferisse alla senatrice Cattaneo che, almeno, è una scienziata, studia queste cose. Io, di formazione, sono un'economista, non so se Cerreto sia un biologo, se parli perché ha letto i volantini della Coldiretti o perché ha una base scientifica con cui motivare la sua contrarietà a una roba che non esiste. Questo è il punto vero: voi volete vietare, addirittura, una cosa che ancora non c'è - c'è a Singapore, c'è in Israele, ma in Europa non esiste - e lo fate sulla base, innanzitutto, di definizioni vaghe e ambigue. Di questo passo, se uno legge letteralmente, state vietando lo yogurt e la birra. Poi, vi riferite alla carne coltivata da animali vertebrati e non so se vi siate dimenticati. Cosa facciamo? Non potremo avere le bistecche coltivate, ma invaderemo il mondo di aragosta coltivata, di polpo coltivato, di cozze coltivate, perché sono invertebrati? Non li vietate, quindi, probabilmente, se, con lo stesso procedimento a cui aspirava nientemeno che Churchill, si riuscissero a coltivare le proteine dal polpo - che abbiamo, ormai, acquisito essere un animale molto intelligente - o dell'aragosta, nulla quaestio.

Invocate il principio di precauzione in modo totalmente fuorviante e io credo anche un tantino illegittimo dal punto di vista del diritto europeo, come è stato richiamato il regolamento sul novel food. Mettete a rischio la partecipazione italiana al mercato unico, è già stato detto. Poi, non so se vogliate anche introdurre il reato universale di consumo di carne coltivata, per cui, se la fanno in Svizzera e io faccio 500 metri per andare a mangiare un pezzo di carne coltivata in Svizzera, appena rientro alla frontiera mi metteranno le manette.

Quanto al contrasto alle regole europee per la valutazione del rischio, abbiamo degli organismi, anzi, li abbiamo in Italia - mi riferisco all'EFSA - e starà a loro, starà alla scienza tale valutazione, come fu per il grano modificato con le radiazioni nucleari che, oggi, mangiamo tutti. Probabilmente, l'aumento della celiachia è dovuto al fatto che, ormai, usiamo un grano con contenuti di glutine molto più alti, però non facciamo problemi per questo. Avete fatto la notifica, giustamente, poi vi siete spaventati e l'avete ritirata, perché a voi, alla fine, immagino interessi solo la bandierina e dire alla constituency di Coldiretti che avete adempiuto il loro mandato, contro la scienza, contro la libertà, contro il mercato unico, contro le regole europee. Questo incide, però, anche sulla competitività di questo Paese. Voi siete pronti a dire che bisogna incrementare la natalità. È tutto giusto, ma per quale Paese dobbiamo far nascere questi bambini? Per un Paese che guarda a 100 anni fa? Non so che nonni abbiate avuto voi, ma voi pensate che gli agricoltori di 100 anni fa, prima del progresso, prima dell'innovazione, prima del grano duro irrorato dai raggi gamma dentro un reattore nucleare, stessero bene? Tornando indietro, starebbero lì? Ovviamente, no. Quindi, è anche la competitività del Paese a essere in gioco perché, quando - lo dirò in conclusione - dovesse succedere, io non lo so… Tanto non c'è alcun obbligo per nessuno. Lo avete fatto per gli insetti. Mi ricordo Salvini dire: ci fanno mangiare gli insetti. Poi, alla fine, avete fatto una indecorosa retromarcia, è passato, si scrive sulle etichette. Signor Presidente, sono cresciuto, da bimbo, negli anni Sessanta e Settanta e si mangiava la zuppa inglese con l'alchermes, che era un liquore rosso. Caspita, ho scoperto che si usava già la farina di insetti, perché il colore dell'alchermes era dato dalla farina di cocciniglia. Nessuno mi aveva avvisato che stavo mangiando insetti mentre mangiavo la zuppa inglese. Quindi, c'è una grande ipocrisia. Ci saranno procedure d'infrazione e lei lo sa benissimo, signor Sottosegretario, perché è così. L'Olanda o altri Paesi che pure sono grandi potenze agricole - l'Olanda è un grande produttore di prodotti animali - potrebbero investire su questo e arrivare a decidere, dal punto di vista dell'economicità, dal punto di vista della possibilità di produrre proteine in quel modo e dal punto di vista della salubrità decretata, non da me o da noi, colleghi, ma dall'autorità a questo preposta, che questa è un'attività che va a beneficiare miliardi di consumatori nel mondo. Nessun obbligo di lasciare i nostri prodotti tipici, a cui siamo tutti affezionati, nessun obbligo, signor Ministro, ma questa è una possibilità in più. Voi volete vietare alle aziende italiane di stare su questa frontiera? Volete vietarlo all'Italia, che è sulla frontiera della produzione e lo è per ragioni tecnologiche, di ricerca, eccetera, ma non potrete vietare che lo facciano altri e non potrete nemmeno vietare, poi, l'importazione di questi prodotti.

I potenziali vantaggi delle produzioni di proteine con questa modalità - che, ripeto, sono l'applicazione e la realizzazione di quella visione che aveva perfino Churchill, che auspicava proprio questo - sono tanti, innanzitutto dal punto di vista dell'impatto ambientale. Ormai tutti gli scienziati lo dicono: soprattutto per la carne bovina e per gli agnelli, è evidente che non c'è partita dal punto di vista dell'impatto ambientale.

Signor Ministro, qualche giorno fa lei mi ha detto che faremo una cosa per ricchi e una cosa per poveri. A parte che è tutto da vedere quanto costeranno quelle proteine e se effettivamente saranno un successo oppure no, e magari non lo saranno. Però, è già così oggi, signor Ministro. Lei sa benissimo che, se va a comprare la carne a prezzi stracciatissimi, è perché è piena di ormoni, magari oltre il limite consentito, ed è perché viene da allevamenti intensivi dove gli animali vengono brutalizzati. Poi, magari lei - io no, perché non ne mangio - o altri andate a comprare le bistecche - anche qui vicino c'è una famosa macelleria, non facciamo pubblicità - che costano 10 volte tanto. Quindi, la cosa tra ricchi e poveri c'è già oggi.

È un intervento che salvaguarda il benessere animale, di cui tutti ci riempiamo la bocca, chiudendo gli occhi sugli allevamenti intensivi. Significa produrre proteine animali senza passare per la macellazione. A lei magari non interessa, ma a molti sì. Si consente a coloro che vogliono mangiare proteine animali o vogliono dare ai propri figli proteine animali di non passare dalla brutale macellazione. Che fastidio vi dà? Non è in contrasto. C'è la riduzione del rischio di zoonosi, c'è la riduzione, come dicevo prima, dell'antibiotico-resistenza.

In conclusione, signor Presidente, io trovo che sia totalmente irrazionale voler vietare, oggi, in Italia, un'idea, un progetto. Significa fare un danno all'Italia e alla sua competitività. I grandi produttori di carne italiani - ne ho in mente uno ma non lo cito - potrebbero voler investire su quest'altra attività, magari per esportare dove le proteine animali, in ragione anche del cambiamento climatico, non si trovano, non ci sono e non si può esportare direttamente la carne a quei costi. Se volessero investire per produrre e per esportare, perché tanto gli italiani, come è possibile, non ne vorranno mai mangiare, perché glielo dobbiamo vietare? Perché glielo dobbiamo impedire e lasciare questo a Singapore, a Israele o, magari, all'Olanda, che è il Paese più avanzato? Questa cosa di mettere il derby, la competizione tra i prodotti dell'orto e i prodotti dalla carne coltivata non è corretta da un punto di vista economico né politico né etico, perché non è così. Perché tanto già quello che compriamo e soprattutto - lo dico a lei, signor Ministro - quelli che vanno a fare la spesa dove costa meno, comprano prodotti che hanno inquinanti, che hanno tutte queste cose qui e non mangiano i prodotti dell'orto; decideranno loro se mangiare o meno carne coltivata. Ma ho capito invece che per voi - lo ribadisco perché il Ministro è arrivato - se uno produce polpa di aragosta, che è un invertebrato, ne può produrre a tonnellate perché avete scritto che sono vietati solo i tessuti e le cellule di vertebrati.

PRESIDENTE. Siamo già oltre un minuto, onorevole Della Vedova.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Chiudo, signor Presidente. Vi chiedo di ripensarci, di pensare al futuro di questo Paese e non di guardare a un passato che, se era bello, comunque, è passato e poi non era così bello. Guardate all'innovazione, alla scienza, ci sono tutte le autorità preposte a far sì che queste cose se non sono sicure non verranno messe in commercio. Voi volete vietare un'idea perché siete permeati da una cultura reazionaria, in senso letterale, ma così fate il danno di questa Nazione, non date una prospettiva a questa Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa e di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Girelli. Ne ha facoltà.

GIAN ANTONIO GIRELLI (PD-IDP). Grazie, Presidente. È indubbio che alcune considerazioni degli argomenti che stanno alla base di questo provvedimento possono trovare anche una certa condivisione perché difendere la produzione italiana, difenderne la qualità, la sicurezza, la tracciabilità, tutto quello che accompagna una considerazione internazionale riguardo la nostra produzione è un fatto che ci riguarda tutti, ci mancherebbe altro. Farlo significa attivare delle politiche che sappiano davvero conservarne la qualità e soprattutto i motivi che hanno portato ad avere questa qualità e anche proteggerla da chiare speculazioni che caratterizzano alcuni mercati, alcune produzioni, l'Italian sounding che tutti ben conosciamo e che ci porta ad essere, da un certo punto di vista, oggetto di invidia e, nello stesso tempo, oggetto anche di pericoloso assalto. La riflessione che andrebbe fatta proprio per fare una difesa vera è comprendere cosa sta effettivamente avvenendo in queste filiere. Capire che tipo di sostegno diamo a questa qualità di produzione e a chi la fa; comprendere che alcune produzioni di nicchia - ad esempio, quelle delle zone della montagna - hanno bisogno di politiche più attente, dove accanto al benessere animale c'è da fare grande attenzione anche al benessere delle persone che svolgono questo tipo di attività. Qui ci sarebbe da discutere sulla qualità di servizi, sugli interventi nelle zone montane o comunque interne, su quanto poco si fa, sul prestare attenzione rispetto a questo tema, che significa scegliere di continuare alcune attività e rimanere dove queste attività hanno trovato radice e crescita.

Significa anche affrontare, per esempio, il tema altrettanto importante della sicurezza e della salute, non dimenticando il pericoloso processo di involuzione del nostro sistema sanitario: se ne parla molto in termini di medici di medicina generale, di presidi territoriali, tutte cose vere che hanno a che fare con le persone di cui parlavo prima, ma che non affrontiamo sufficientemente in materia, ad esempio, di veterinaria, soggetta anch'essa a un crescendo di difficoltà nel mantenere un presidio territoriale e un rapporto corretto e virtuoso riguardo a questo tipo di attività e di produzioni. Sono tutte riflessioni che - ahimè - non vengono fatte ma vengono rimandate e riassunte con provvedimenti come questo che tentano, attraverso una facile lettura demagogica, di dare un rimando, una comunicazione esterna - quasi che ci sia da difendersi da un mondo brutto e cattivo che ci vuole annientare -, di sostituire una qualità consolidata, di cui prima parlavo, con un futuro artificioso che nulla ha a che fare con la natura, la semplicità e anche con la qualità che noi andiamo, a parole, a difendere.

Due sono le considerazioni che vanno fatte. La prima, come ci poniamo con il contesto europeo? È già stato detto molto bene dal collega Vaccari, ma anche da altri colleghi, ed è inutile ripeterlo, voglio semplicemente ricordare che le tematiche della qualità e della difesa delle nostre produzioni hanno trovato spesso in Europa alleanze molto forti, nonché decisioni e normative che ci hanno consentito di avere il livello di qualità che abbiamo. Prima il collega Della Vedova citava la vicenda metanolo, ma potremmo citarne anche altre, e, spesso e volentieri, le indicazioni europee hanno condotto a correzioni della nostra normativa e delle nostre consuetudini, che ci hanno permesso di migliorarle. Pensare di agire, legiferare e far qualcosa, aggirando un'indicazione europea, significa fare una scelta di bassissimo profilo che probabilmente ci porterà a rivivere stagioni che, ahimè, abbiamo già vissuto e che hanno visto in Europa l'agricoltura italiana, e quindi anche l'allevamento, considerata come qualcosa di serie B rispetto ad altre Nazioni. Non dimentichiamo mai che è solo grazie all'azione autorevole di alcuni esponenti - fra tutti voglio ricordare Paolo De Castro - che siamo riusciti a rivendicare e difendere una particolarità tutta italiana. Avere con l'Europa un rapporto virtuoso e chiaro è, quindi, una condizione indispensabile. Creare tensioni, situazioni di mancanza di fiducia, di trasparenza, di rapporto lineare, a cui seguono sanzioni, è, a mio avviso, particolarmente pericoloso e dannoso nel breve e lungo periodo per la filiera stessa.

Il secondo aspetto su cui indubbiamente occorre svolgere una seria riflessione è comprendere qual è la sfida che abbiamo davanti, che non è una sfida semplice ma particolarmente complessa. Necessita tenere assieme i due aspetti, che possono sembrare fra loro confliggenti, ma che invece devono trovare un punto di caduta e anche - oserei dire - di armonia fra loro: la difesa del presente, che è fatto di tradizione e di quanto viviamo nel nostro nel nostro Paese nella produzione, come bene è stato evidenziato anche dagli interventi che mi hanno preceduto, con gli scenari futuri, che devono partire da una lettura non di facile demagogia ma di profonda analisi, dove - per dirla in poche parole - bisogna coniugare un rapporto corretto tra cibo e natura e risolvere la domanda di fondo, anche questa non semplice, di come produrre di più per alimentare un mondo che è in deficit di alimenti. Il mondo, lo ricordo, non è solo il nostro microcosmo o la pozzanghera che abbiamo fuori dalla porta di casa, ma qualcosa di più, di più complicato, con le implicazioni che ben conosciamo e hanno anche a che fare con fenomeni che poi, in altri momenti, osteggiamo o affrontiamo anche quelli in maniera demagogica. Riuscire a produrre di più, oserei dire, consumando di meno, cioè riducendo l'impatto della produzione sulla qualità dell'ambiente, con tutto quanto ne consegue. Non è questo il momento di fare letture, secondo me, troppo scientifiche o analitiche, ma è il momento di porci la domanda di come affrontare tutto questo. Noi pensiamo davvero di poter risolvere questo problema e dare una risposta a queste domande con un provvedimento che, per titoli, vuole difendere l'esistente, il nostro mondo?

Nella sostanza pensate davvero che si possa fermare un mondo che cambia, la scienza, quello che è un processo in corso e che, con facili parole, si possa anche relegare quasi a banalità anche quanto scrivono e dicono scienziati che hanno dedicato la vita allo studio di queste cose? In realtà, rimarrà scritto come un atto parlamentare, un intervento che non avrà alcun effetto, perché, per certi processi, o si ha la capacità di coglierne l'essenza, e anche il senso di responsabilità e autorevolezza di guidarli e ricondurli a percorsi condivisi, oppure si subiscono, ci travolgono, ci trovano impreparati, rendendoci davvero particolarmente deboli nei confronti della concorrenza, nei confronti di un mondo che, in maniera molto veloce, sta cambiando.

Allora, credo che parlare di sicurezza, di difesa, di trasparenza e di tanti obiettivi, che pur sono per titoli enunciati, significhi fare qualcosa di profondamente diverso. Significa avere, da un lato, l'umiltà di ascoltare un po' di più la scienza, dando una lettura di contesto, comprendendo davvero cosa sia la qualità, cosa sia la trasparenza, cosa sia la difesa della salute pubblica. Capire come difendere l'originalità, la tipicità della nostra produzione, ma senza metterla in concorrenza con inevitabili cambiamenti che danno risposta alla seconda domanda che ponevo prima, come produrre di più e permettere a tutti di potersi alimentare. Certo, correndo il rischio - prima il collega Della Vedova lo evidenziava in maniera molto evidente - di avere un modo di nutrirsi di serie A e di serie B, e forse anche di serie C.

Qui magari ci siamo un po' scomodati, anche eticamente, sul senso di uguaglianza e anche di solidarietà, forse anche di giustizia, ma sono processi che vanno il più possibile ricondotti ad una condivisa scelta di solidarietà, ma che devono fare i conti con una realtà di gente che non ha di che nutrirsi e che ha bisogno di avere risposte, dove la scienza, il cambiamento e la ricerca possono offrire queste strade per raggiungere.

Ma, nel concreto, cosa, a mio parere, andava sicuramente fatto? Andava affrontata la questione in maniera molto pragmatica, capendo, nei quadri europei, in un contesto anche di mercato e di concorrenza, che dobbiamo reggere come Europa, quali erano i paletti, quali erano i punti da andare a fissare.

Qui vorrei ricordare, ancora una volta, l'opera di De Castro riguardo a questo tema, con emendamenti, con proposte, con indicazioni ben chiare, che, a mio parere, avevano delineato una cornice particolarmente interessante nella quale avremmo potuto muoverci, e farlo creando anche quel rapporto sicuramente, utile con le realtà produttive del nostro Paese, perché non mi sfugge, e torno a quanto detto all'inizio, che garantire un certo tipo di produzione sui territori, specie in quelli marginali, significa, oltre che un fatto economico di assoluta rilevanza, anche lavorare per la difesa e la tutela del territorio stesso.

Perché, se c'è una scommessa e una sfida da cogliere in questo momento, è come riuscire a fare sì che tutto questo non si involva, ma mantenga anche questa caratteristica storica di presidio territoriale. Per farlo, dobbiamo essere in grado di applicare norme e anche forme di sostegno non banali, che non possono che trovare nell'attenzione del livello nazionale e anche nei livelli regionali dei giusti provvedimenti.

Ma, accanto a tutto questo, dobbiamo anche comprendere con questi mondi, che, a onor del vero - mi rivolgo a lei, Presidente, per dirlo al Ministro -, non sono così compatti, perché anche nel mondo delle rappresentanze agricole non tutti hanno la stessa posizione, anzi, hanno posizioni anche molto diverse fra di loro, come affrontare il tema, quali sono le misure davvero efficaci per difendere, non per titoli, il passato, ma per difendere alcuni valori del passato e del presente in una proiezione futura che, comunque la pensiamo, porterà cambiamento.

Perché, a volte, pensiamo sempre che quello che viviamo sia un fatto granitico, fissato nel tempo, che non ha subito cambiamenti, ma, se andiamo a dare una lettura attenta nel mondo dell'agricoltura, molto è stato detto, non voglio ripeterlo, ha subito processi di trasformazione, grazie appunto alla scienza, incredibili, più di quanto siamo consapevoli e ci rendiamo conto. Penso che la strada sia di creare un'alleanza nel Paese tra tutti i produttori, quelli che magari vivono meno politicamente le questioni, ma più praticamente nel loro quotidiano, e tra le forze politiche, e costruire magari in Europa un asse, mi verrebbe da pensare tra i Paesi mediterranei, che hanno una cultura e una visione anche del cibo diversa, per esempio, da quella del Nord Europa.

Non per creare scontri anche da questo punto di vista, ma per creare virtuosi confronti, che devono portare a sintesi che abbiano un qualche significato.

Ci piacerebbe, quindi, un atteggiamento meno propagandistico da parte del Governo e anche dalle forze di maggioranza, a favore di una visione d'insieme più proiettata alla reale tutela delle nostre produzioni, sia quelle di qualità e tipiche, sia quelle di sostegno al fabbisogno alimentare, come dicevo. Meno ideologia e più pragmatismo.

Ho sentito parlare da parte di esponenti della maggioranza quasi l'atteggiamento pilatesco dell'astensione. No, molto semplicemente si vuole, da un lato, far comprendere come alcuni degli obiettivi così ostentati siano gli obiettivi che ci interessano e ci riguardano, e anche ci scomodano nelle scelte. Pensiamo, come Partito Democratico, di avere sempre fatto il nostro dovere con esponenti autorevolissimi, per la terza volta cito Paolo De Castro, che, in Europa, penso sia considerato la figura che può rappresentare questo mondo italiano in Europa, parlando a voce alta e ottenendo l'ascolto di tutti, ma anche con esponenti parlamentari, non ultimo l'amico e collega Stefano Vaccari, che sanno ben rappresentare i bisogni di questi mondi.

Ma anche con la necessità di prendere le distanze, ripeto, dalla demagogia di questo provvedimento, dal fatto che si voglia, per titoli, fare una cosa, ma, nel contesto, fare ancora una volta la voce grossa, mostrare i muscoli riguardo una presunta difesa di originalità nazionale che credo abbia poco respiro e anche poca prospettiva, perché la difesa vera della propria identità significa, innanzitutto, conoscerla nel suo profondo valore, e, quindi, capire cosa vuol dire farlo, ma metterla anche in gioco in un contesto di condivisione e di confronto, dove, come ho già detto prima, la scienza e la ricerca non sono il nemico, ma sono gli strumenti per reggere le sfide del futuro.

Vanno governate con provvedimenti capaci di coglierne l'essenza e determinare paletti, non con provvedimenti che, con facile demagogia, pongono semplicemente i divieti, prevedono sanzioni, e magari la vera, unica sanzione che saranno in grado di portare a casa sarà quella dell'Europa, perché, ancora una volta, facciamo finta di non conoscere le scelte generali che abbiamo assieme deciso di darci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Prima di andare avanti, colleghi, salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto superiore d'istruzione “Michele Amari”, che sono oggi con noi e vengono da Giarre, provincia di Catania (Applausi). Benvenuti alla Camera dei deputati.

È iscritto a parlare l'onorevole Mattia. Ne ha facoltà.

ALDO MATTIA (FDI). Presidente, mi permetta di iniziare questa relazione con una normale storia di una normale famiglia italiana: la mia. Di solito nella mia famiglia la domenica ci si riunisce, mogli, figli, nipoti, e si fa il pranzo domenicale. Sei anni fa, lo ricordo come fosse oggi, durante il pranzo, mentre si mangiava una buona fettina di carne di bovino, uno dei due miei figli mi fa una domanda: “Papà, ma l'agricoltura ha un futuro?”. Ed io esterrefatto gli dissi: “Ma che domanda mi fai? L'agricoltura non può morire, non morirà mai, perché che mangiamo, i bulloni? Mangiamo le gomme dei camion? L'agricoltura non può morire”.

Ebbene, signor Presidente, colleghe, colleghi dell'opposizione, ho detto una bugia, perché multinazionali hanno investito e stanno investendo miliardi e miliardi di dollari e sono appoggiate dall'intero arco della nostra opposizione per uccidere l'agricoltura. Vogliono la fine dell'agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Questo è un dato e quello che più mi dispiace è che, per la prima volta in vita mia, ho detto una bugia ai miei figli.

Noi siamo oscurantisti: ho sentito oggi. Adesso chi l'ha detto non c'è più, però magari lo sentirà: noi siamo oscurantisti. Invece, io dico: abbiamo acceso la luce sui rischi reali che effettivamente potremmo avere “se dovesse passare lo straniero” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Questo è il termine giusto, e dico grazie Ministro che stai portando avanti questa battaglia.

Dove abbiamo acceso la luce? Vado a leggere, altrimenti non potrei ricordare dove abbiamo acceso la luce. Innanzitutto, sul fatto che questo non è certo novel food, ma va trattato come un farmaco; inquina da 4 a 25 volte di più della carne naturale, non lo dico io, ma l'Università di Berkeley in California. I medici dichiarano che non c'è alcuna garanzia sulla sicurezza alimentare. Tra questi ricordo Alberto Villani, responsabile UOC di pediatria generale e malattie infettive dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù; Antonio Gasbarrini, preside della facoltà di Medicina e chirurgia e professore ordinario di medicina interna presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e direttore della UOC Medicina interna e gastroenterologia e del CEMAD della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli; Pier Sandro Cocconcelli prorettore vicario e professore di microbiologia degli alimenti (UniCatt) e presidente della CHEI, Centro di ricerche transdisciplinari sulla filiera alimentare dell'Università Cattolica.

Sono necessari ormoni e cellule staminali per lo sviluppo della carne artificiale, ormoni che in Europa sono vietati nella produzione di carne naturale; il rischio di un alto tasso di proliferazione cellulare associato al processo di crescita in vitro induce instabilità genetica delle cellule, che potrebbe essere causa di potenziali fenomeni cancerogeni. Non c'è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare.

Emissioni: più del 14 per cento è l'incremento del consumo di carne stimato dalla FAO da oggi al 2030, processo questo ad alta intensità energetica. Il metano emesso dagli allevamenti rimane nell'atmosfera per circa 12 anni e l'anidride carbonica legata alla produzione di carne sintetica o, come la vogliono chiamare, coltivata, persiste e si accumula per millenni.

Alto consumo di acqua: consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali. Il processo genera enormi quantità di molecole chimiche e organiche i cui i residui risultano essere altamente inquinanti per le risorse idriche. Si tratta di rifiuti da lavorazioni biotecnologiche assimilabili ai rifiuti ospedalieri e farmaceutici, come chiarito anche dall'Istituto di ricerca francese, INRA. Non l'ho detto io, tutto ciò che ho letto è stato evidenziato e ricercato da illustri ricercatori, da illustri scienziati ed illustri istituzioni.

Vorrei, allora, proprio rispondere a chi ha posto dubbi su questi temi; penso ai colleghi di Azione e al loro leader, Calenda, che ha sottoscritto la petizione lanciata da una grande organizzazione agricola, Coldiretti (e non è un milione o un milione e mezzo, ma si tratta di oltre due milioni di firme, questo è il dato preciso): ci si chiede perché abbia firmato e, di conseguenza, perché avesse questi dubbi, senza considerare, sempre parlando di Azione, l'ex Ministro Bonetti che sicuramente non è contro la ricerca.

Bene ha fatto il Senato a decretare lo stop al cibo sintetico approvando il disegno di legge n. 1324 che stiamo discutendo ora, che vieta il consumo di cibo sintetico, che vieta l'importazione di cibo sintetico, che vieta la costruzione delle industrie che costruiscono il cibo sintetico. Su ciò mi riferisco a quanto il Movimento 5 Stelle ha evidenziato poco fa, basandosi su un concetto vero, reale, non su ipotesi, sul principio di precauzione a tutela della salute pubblica.

Voglio ricordare a tutti, con il suo permesso, signor Presidente, che anni fa a causa di investimenti miliardari - all'epoca parlavamo di lire - ci siamo dovuti ingozzare il vino al metanolo con tutto ciò che è successo. E vado oltre, ricordo il brutto periodo della mucca pazza nel corso del quale siamo stati costretti da scienziati corrotti, da multinazionali, a dare alimentazione ad erbivori con alimenti carnivori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e abbiamo visto morti reali sul territorio italiano, europeo e mondiale. Ricordiamo tutti quelle scene viste ai telegiornali di povere mucche e uomini che morivano della stessa malattia.

Non siamo contrari alla ricerca e questo lo dico, signor Presidente, a chi ci chiama oscurantisti. No, noi vogliamo la ricerca affinché venga fuori la verità, affinché venga fuori l'esaltazione della verità e, di conseguenza, dia sostegno alla nostra politica di sovranità alimentare, perché siamo certi e sicuri che ciò avverrà.

Di sicuro oggi abbiamo un dato: la FAO e la OMS indicano ben 53 derivati da cibo sintetico in senso malefico. È un rapporto reale della FAO e dell'OMS, non sono le chiacchiere di un deputato di campagna come me.

Poi c'è un altro aspetto: quello economico. Noi stiamo ascoltando persone, signor Presidente, che vogliono, e lo ribadisco, la morte dell'agricoltura. Bene, facciamo morire l'agricoltura, ma cosa succede dal punto di vista economico? Il fatturato di questo settore ammonta a 585 miliardi annui. Mi riferisco a tutto il comparto: agricoltura, industria alimentare, GDO, ristorazione e turismo legato al cibo. Ma non finisce qui, signori dell'opposizione, sempre tramite lei, Presidente, il settore zootecnico da carne e da latte (perché non c'è solo la carne sintetica, c'è anche il formaggio) fattura 30 miliardi annui e occupa 180.000 addetti e 120.000 famiglie di allevatori. Noi vogliamo ammazzare l'agricoltura e perderemo questi dati.

Come Parlamento, come Governo abbiamo l'obbligo morale di dare risposte a 2 milioni di firme sottoscritte e promosse da un'organizzazione che oggi ho sentito vituperare, la Coldiretti, ma sostenuta da tutte le organizzazioni agricole. Dobbiamo dare risposta a 20 ordini del giorno di consigli regionali, tutti e 20 (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); dobbiamo dare risposta a 2.000 ordini del giorno di 2.000 consigli comunali. Dobbiamo aprire gli occhi e non fare demagogia solo per una mera opposizione. Bisogna essere seri, signor Presidente. Queste sono cifre, sono dati e sono risultati.

Vado a concludere, ma potrei parlare fino a domani mattina di questo importante provvedimento che nei prossimi giorni verrà esitato positivamente e spero, auspico che questa notte porti consiglio e si possa arrivare all'unanimità su questo intervento. Pertanto, Fratelli d'Italia invoca l'esaltazione del concetto di sovranità dicendo “no” al cibo sintetico, dicendo “no” al consumo del cibo sintetico, dicendo “no” alla costruzione delle industrie del cibo sintetico e dicendo “sì” al disegno di legge n. 1324, che vieta tutto ciò (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per un richiamo al Regolamento l'onorevole Della Vedova. Su quale articolo, onorevole?

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Sull'articolo 42, signor Presidente, rivolgendomi per suo tramite - come bisogna dire, non so perché - al collega Mattia. Io non ho usato il termine “oscurantista”. Io ho usato, non a caso, il termine “reazionario” quale atteggiamento e comportamento che si oppone a ogni tendenza di progresso e innovazione e anche all'ambiente o istituzione che opera in questo modo. Certamente non era un insulto, era una constatazione. Poi, siete in stragrande maggioranza e noi siamo in tre che ci opponiamo. Quindi, mi aspettavo l'argomentazione piuttosto che l'invettiva contro l'opposizione. Poi, starà all'EFSA, cioè alla scienza nelle mani pubbliche e non delle multinazionali, mettere un punto sul fatto che la carne coltivata sia dannosa o meno, ma non sta a noi.

PRESIDENTE. Va bene, l'abbiamo chiarito.

È iscritta a parlare l'onorevole Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Voglio ringraziare innanzitutto il nostro Ministro Lollobrigida per la presenza qui in Aula, per l'estrema attenzione a questa tematica e per il coraggio che, per suo tramite, il Governo Meloni sta dimostrando nel difendere i prodotti di qualità, perché di questo si tratta quando noi arriviamo ad approvare un simile provvedimento.

Io ho sentito in quest'Aula negli interventi precedenti - però, mi permetta, non è consentita la replica e spero che non siano consentiti fatti personali su questo - dire che a seguito dell'approvazione di questo provvedimento di legge l'Italia inseguirà gli altri Paesi. Sommessamente mi permetto di farvi osservare che sono gli altri Paesi che cercano di inseguire l'Italia, perché l'Italia ha prodotti di qualità che non sono imitabili (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e che, di conseguenza, essi cercano di sostituire con prodotti facilmente riproducibili e a bassi costi da mettere in grandi quantità nei nostri mercati per arrivare ad ammazzare la filiera degli agricoltori e degli allevatori, che rappresentano, nel nostro territorio, un'eccellenza che nessun altro Paese europeo - e direi del mondo - può vantare.

Noi con questo provvedimento andiamo a difendere il prodotto d'eccellenza. Attenzione, ho sentito dire che difendiamo gli interessi di allevatori e agricoltori. No, noi difendiamo il valore del lavoro di agricoltori e di allevatori, che è cosa ben diversa, ed è stucchevole che questa osservazione arrivi dall'opposizione perché dovrebbe essere anche il loro interesse e dovrebbe essere un interesse nazionale, termine che non a caso il provvedimento richiama. È un interesse nazionale difendere il lavoro di allevatori e agricoltori nella nostra Nazione.

Basterebbe già questo a dire perché dobbiamo difendere questo provvedimento. I principali alleati dell'ambiente sono proprio loro, i lavoratori del mondo dell'agricoltura e dell'allevamento, perché sanno che nessun lavoro, senza terra, senza la terra madre - che non a caso noi chiamiamo terra madre - potrà mai essere sostituito da un laboratorio. Questo lo sa, in realtà, anche l'opposizione, perché questa osservazione l'ho sentita anche dai detrattori di questo provvedimento. Ho sentito dire da una collega, precedentemente: non abbiate paura, tanto il nostro prodotto non è imitabile. Collega, per suo tramite, Presidente, osteggiando questo provvedimento voi volete dare il via libera alla diffusione di prodotti di scarsa qualità. Fratelli d'Italia è nel Governo Meloni e il Governo Meloni non permetterà mai che ci sia una diffusione nei nostri mercati e sulle nostre tavole di prodotti di scarsa qualità e che ci sia un lasciapassare a tutto questo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Da qui viene il coraggio del nostro Esecutivo di vietare la produzione e la commercializzazione di un prodotto che non solo è di scarsa qualità ma per il quale non vi è certezza dell'assenza di ricadute per la salute degli avventori e della popolazione. Tra prodotto sintetico e cibo naturale con questo provvedimento l'Italia si schiera: noi siamo per il cibo naturale. Siamo per il cibo naturale e lo diciamo con chiarezza. Guardate, non è un esercizio di retorica, lo diciamo anche nei termini: la carne coltivata non è carne e non è neanche coltivata, perché è processata e questo avviene in laboratorio.

Attenzione, tutto questo non è essere oscurantisti né nemici della ricerca. Questo provvedimento non vieta alcuna ricerca, anzi non vi è un divieto esplicito alla ricerca proprio perché noi, come ha detto correttamente il collega Mattia che mi ha preceduto, la ricerca la vogliamo perché emerga la verità. Al tempo stesso, chi invoca la ricerca per difendere la diffusione e la produzione del cibo sintetico, ovvero difende qualcosa che dovrebbe stare sulle nostre tavole anche quando la ricerca deve essere ancora completata, commette un danno non soltanto nei confronti della filiera, che prima ho citato, ma anche nei confronti di tutti coloro che vanno al supermercato, che guardano il prodotto e lo acquistano, cioè gli italiani, semplicemente. Allora, anche nella distinzione - ripeto - lessicale di cui dicevo prima c'è una visione. Per noi è l'uomo il bio-regolatore, per noi è l'uomo al centro dell'ambiente e quello che fa l'uomo con la terra non è sostituibile da alcun laboratorio. L'uomo è inserito in un ambiente, in un ambiente che non può essere sostituito dal laboratorio.

L'Italia questo provvedimento lo attua per prima, ma noi di questo siamo orgogliosi perché l'ambizione del Governo Meloni, oltre a essere quella di dare una visione, è anche quella di essere capofila in Europa. Non siamo più nella politica dell'Italietta che si accodava a tutti gli altri. Noi guardiamo i processi e li governiamo e proprio per questo ne siamo capofila e ciò grazie al Governo Meloni che finalmente ha aperto questa strada. Anche in questo si vede la differenza rispetto al passato. Quindi, è una nostra ambizione ed è un nostro orgoglio, e non un elemento di negatività, quello di essere capofila, di essere i primi nella difesa del prodotto naturale. A questo risponde un'esigenza concreta e reale di difendere, sì, le filiere di agricoltori e di allevatori ma anche di difendere la qualità, che per voi, evidentemente, non è priorità, e di difendere la salute dei cittadini. Una richiesta che non è soltanto un vezzo di Fratelli d'Italia o, come è stato detto, di Coldiretti.

È una richiesta pervenuta da tantissime regioni e da tantissimi comuni, una richiesta di tutti gli italiani di buonsenso.

Anche con questo provvedimento, dunque, il Governo dimostra un cambio di passo rispetto al passato. E lo fa anche in una diversa gestione, devo dire, del Ministero, e devo ringraziare anche su questo il Ministro Lollobrigida, perché il Ministero dell'Agricoltura, così come gli altri Ministeri, non sta lavorando a compartimenti stagni. L'ho detto precedentemente: questo è il disegno di legge Lollobrigida-Schillaci, perché si è avuta la visione d'insieme di difendere i prodotti anche nell'ottica di difendere la salute dei cittadini, così com'è avvenuto già precedentemente, ad esempio, candidando la cucina italiana all'Unesco, cosa avvenuta con il Ministro Sangiuliano. Anche qui si vede un cambiamento di passo importante, si vede quello che non abbiamo visto nei precedenti Governi: si chiama gioco di squadra. Eravamo abituati a Governi in cui i Ministri litigavano tra di loro. Qui abbiamo, invece, Ministri che lavorano tra loro. Dovrebbe essere l'ordinario, ma tante volte anche l'ordinario è un fatto straordinario e, quindi, anche di questo voglio ringraziare.

Si è detto “attiviamo il principio di precauzione”: la tutela della salute; sì, la tutela della salute. Ma, anche qua, non si tratta di un vezzo. Questa nostra richiesta è scientificamente retta da studi approfonditi di livello internazionale. Non vi è certezza di assenza di ricadute negative per la salute umana. Questo dovrebbe essere un faro per chi invoca scienza e ricerca. Un faro! Un faro che non è in contrapposizione con l'innovazione. Permettetemi: non esiste innovazione dove non vi è benessere per l'uomo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Salutiamo il secondo gruppo dei giovanissimi alunni e insegnanti della scuola paritaria “Villa Flaminia” di Roma. Benvenuti anche a voi ai lavori della Camera dei deputati (Applausi).

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1324​ e abbinata)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Rosso, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, il Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, onorevole Lollobrigida.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Grazie, Presidente. Ci tenevo a ringraziare tutto il Parlamento e, in questa fase in particolare, i colleghi deputati per il dibattito serrato che avviene in quest'Aula, nel luogo più consono per affermare i motivi che spingono ogni forza politica ad assumere una posizione. Prima di essere Ministro, ho avuto l'onore di guidare un gruppo politico all'interno dell'Aula, il gruppo di Fratelli d'Italia - che ringrazio anche per i numerosi interventi svolti oggi - e ricordo bene che la nostra posizione aveva uno spirito guida all'epoca, che ritengo abbia un senso: non è importante dove sieda un gruppo, tendenzialmente dovrebbe mantenere lo stesso tipo di posizionamento, al di là se sia pro tempore maggioranza o opposizione.

Lo dico perché è una necessità per questa Italia, nella quale cerchiamo stabilità, una stabilità che non può essere ottenuta dalla durata perenne di un Governo, Dio ce ne scampi. Quello che occorre in un sistema democratico è una legittima alternanza, che vede il popolo decidere, di volta in volta, quale Governo scegliere. Però serve stabilità, perché il sistema Italia ha avuto alcune debolezze, specie sul piano internazionale, dovute proprio a un numero impressionante di Governi che si succedevano e che, se nella Prima Repubblica trovavano un unico comune denominatore in una continuità di appartenenza comunque all'alveo di un partito portante, quale fu la Democrazia Cristiana, più difficilmente, invece, in un quadro mutevole, come quello della Seconda Repubblica, trovano una ragione nel continuo cambio non solo di Governo, ma anche di messaggi politici e di approcci agli stessi problemi, determinando delle criticità oggettive, specie sul piano internazionale.

E, allora, la soluzione può essere quella di avere argomenti sui quali il sistema Italia si pone in maniera unitaria, a prescindere dal Governo pro tempore. Sono stato particolarmente contento di avere provato a lanciare un'iniziativa, che credo di successo, non perché l'abbia lanciata io, ma per chi vi ha aderito: la Consulta degli ex Ministri dell'Agricoltura. Ho invitato intorno a un tavolo tutti i Ministri della storia repubblicana e sono venuti tutti, dal più anziano Diana, al mio predecessore, Stefano Patuanelli, passando per Luca Zaia, passando per la collega Bellanova, passando per il collega Catania, quindi, anche nomi di tecnici che avevano avuto la possibilità, tanto tempo fa, di raccogliere il testimone di un mondo che aveva bisogno di essere tutelato. Abbiamo avuto la possibilità di discutere su questo impegno comune e ho pensato utile, poi, far divenire la Consulta un organismo stabile all'interno del Ministero, affinché ci siano alcuni punti di riferimento che non siano mutevoli, se uno cambia posto nel quale siede all'interno dell'Aula. E su questi temi credo ci sia stata una bella idea di Italia.

Ho sentito tanti partiti, oggi, richiamare alcune affermazioni diverse da quelle che venivano portate avanti, quando loro avevano ruoli di maggioranza. Ho sentito, oggi, i colleghi del MoVimento 5 Stelle, che, legittimamente, hanno una posizione diversa dal loro Ministro dell'Agricoltura, che però sostenevano. Stefano Patuanelli, che io stimo, ha sottoscritto una petizione che chiede di “vietare” (non è equivoca l'affermazione scritta su quella petizione, c'è proprio scritto che chiede di “vietare”) la produzione di carni sintetiche in questa Nazione, coltivate, finte, chiamatele come ritenete, il senso è chiarissimo. Ed emerge anche dalle discussioni di quest'Aula: i colleghi di Azione, legittimamente, oggi, criticano una scelta dell'attuale Governo, ma il loro leader, Calenda, ha sottoscritto la petizione che chiede di “vietare”, così come l'ha sottoscritta la collega Bonetti, che, all'epoca, era Ministro, come veniva ricordato dal collega Mattia prima. Insomma, difficilmente penso possa essere discutibile il suo impegno, o almeno, da parte dei colleghi del suo partito, l'apprezzamento per un settore strategico, che, su questa legge non trova alcun divieto. Noi vietiamo la produzione, non vietiamo la ricerca. E i due fenomeni non sono intimamente collegati, anzi, abbiamo dato incarico al CREA - che è il nostro istituto di ricerca pubblico - di fare ricerca in questo settore per approfondirne le eventuali criticità, oppure, d'altro canto, far emergere dati scientifici con cui supportare, in maniera pragmatica, idee diverse da quelle che oggi, invece, riteniamo utili, nel senso della precauzione, dover assumere in questa Nazione. E così anche per il Partito Democratico sono stati ricordati altri ex colleghi firmatari di quella petizione: oltre a Stefano Patuanelli, Maurizio Martina. Maurizio Martina è il vicedirettore della FAO, messo lì non da noi, ma, comunque, una personalità di alto prestigio della sinistra italiana, che, oggi, ha un ruolo strategico nell'organismo che si occupa della sicurezza alimentare del pianeta, e ha firmato una petizione che chiede di vietare il cibo sintetico e la sua produzione. Così anche alcuni colleghi che sono intervenuti in quest'Aula, non negando di aver sottoscritto una petizione che chiedeva di vietare la produzione di carne sintetica. E anche per i colleghi di Europa Verde, c'è stato un autorevole sindaco di Brindisi, che cito perché la sua firma è particolarmente autorevole, non tanto e non solo perché proviene da un partito come Europa Verde, ma perché è un ricercatore del CNR, quindi, una persona che ha competenze specifiche. Per carità, tutti noi le abbiamo, ma, di fronte a uno scienziato del mio partito, almeno cerco di comprenderne le ragioni, e quindi invito anche i colleghi di Europa Verde ad approfondire, perché un loro così autorevole rappresentante, da sindaco di Brindisi, all'epoca, decise di sottoscrivere una petizione che chiedeva di vietare il cibo sintetico.

Non cito i partiti del centrodestra, perché questi hanno visto quasi tutti i loro autorevoli esponenti sottoscriverla, ma del PD cito il collega De Castro, più volte richiamato, con il quale stiamo condividendo in Europa tante battaglie, nell'ambito di un sistema Italia che, fuori dai nostri confini, almeno nel mondo dell'agricoltura, riesce ad ergersi come barriera rispetto a un modello che ha oggettivamente marginalizzato alcuni settori. Se noi in Italia abbiamo perso, negli ultimi 30 anni, il 35 per cento delle nostre aziende agricole e il 40 per cento delle nostre marinerie, una responsabilità l'Europa in quest'ottica ce l'ha.

Una corresponsabilità ce l'hanno tutti quelli che hanno immaginato di poter sostituire alle nostre produzioni tradizionali, in quella fase, un approvvigionamento che derivasse da filiere che ci affidavano, collega Della Vedova, a soggetti che hanno poco da condividere; un approvvigionamento che l'Europa ha pensato utile affidare a filiere lunghe, a persone che - su questo non abbiamo valori molto differenti - non sono democratiche. Quando ci si affida a Putin per l'approvvigionamento energetico o alla Cina per l'approvvigionamento alimentare, c'è un banale rischio, ossia che un sistema non democratico e non rispettoso dei nostri valori possa un giorno decidere di spegnere l'interruttore dell'approvvigionamento energetico, dell'approvvigionamento di fertilizzanti, dell'approvvigionamento alimentare e, semplicemente, cancellare il tuo modello di vita basato, per noi, su una sovranità alimentare che deve garantire a ogni popolo la scelta sul consumo e sulla produzione dei propri generi. È quello che abbiamo vissuto. Quest'Europa non lo ha capito per troppo tempo, ma lo sta capendo adesso perché, quando siamo arrivati in Parlamento e quando siamo andati per la prima volta all'Agrifish, eravamo noi e la Francia a rivendicare la sovranità alimentare come concetto e, nelle ultime riunioni dei Ministri, la sovranità alimentare europea è diventata un mantra citato negli interventi di tanti Ministri europei: ne ho contati 10 che, nel loro intervento di tre minuti, sottolineavano l'importanza della sovranità alimentare. E noi vogliamo coinvolgere l'Europa. Perché l'Italia fa questa scelta? Perché vuole fare il capofila di un processo simile a quello che è già avvenuto sugli OGM: il 2 aprile 2015 l'Europa ha garantito, sulla spinta di alcune Nazioni, la possibilità di vietare o limitare l'uso sul territorio nazionale degli OGM e la stessa cosa intendiamo fare su questi prodotti. Quindi, in questo quadro, l'Italia protagonista o avanguardia, in uno scenario non reazionario, ma conservatore - non siamo reazionari, ma conservatori, il concetto è ben diverso e lei, che ha condiviso i banchi dei nostri gruppi parlamentari per tanto tempo dovrebbe conoscere il nostro approccio ad alcune tematiche -, chiariamo che conservatore è colui che non rifiuta l'innovazione, ma sa agganciarla a valori perenni e metastorici che gli permettono di non buttare il bambino con l'acqua sporca, come qualcuno dice, e che non lo mettono nella condizione di guardare al futuro con una visione utopistica e paradisiaca, che ha fatto scoprire a tanti, che credevano in quei modelli, che, quel paradiso che si preannunciava, spesso corrispondeva a situazioni invece infernali; ad esempio, cito senza troppi infingimenti, tutti quelli che per anni, immaginando il paradiso dell'utopia della sinistra, si sono trovati ancorati ai regimi dittatoriali di Paesi che all'epoca avevano un nome ben definito, erano regimi comunisti, e, in molte parti del mondo, continuano ad avere lo stesso tipo di approccio.

Noi crediamo di poter e di dover ringraziare il Parlamento per l'espressione di ogni posizione, però è utile sottolineare che noi non abbiamo fatto alcun passo indietro con questa norma, anzi quest'Aula sta facendo un passo avanti e spero ed auspico che, nei prossimi giorni, questa legge diventi la presentazione - perché c'è grande attenzione a livello mondiale, basta leggere sui siti o sui giornali che cominciano a guardare all'Italia come a una Nazione che ha fatto una scelta, condivisibile o meno, rilevante in difesa del cibo - di una produzione di cibo di qualità, di un Paese che spende il suo approccio, rispetto alla sicurezza alimentare, non ritenendo corretto il tentativo di dare cibo a tutti: va dato buon cibo a tutti. Questo è il modello che l'Italia vuole sposare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Allora, quando si dice che dobbiamo ricorrere a queste produzioni per garantire anche i più poveri - perché ci sarà la necessità di una produzione di massa -, credo che sia sufficiente guardare la cartina dell'Africa, dove c'è il 65 per cento dei terreni arabili: in Africa non vi sono problemi di terreni da coltivare, ma di formazione, di tecnologie e di risorse, alla cui soluzione l'Occidente deve concorrere anche per ripagare un atteggiamento predatorio che ha avuto nei confronti del suo popolo per troppo tempo. Questa è la scelta che noi abbiamo richiamato nel G7, che la Presidente Meloni ha richiamato, sia nel G7, che nel G20, mettendo a disposizione il Piano Mattei per lo sviluppo di queste Nazioni.

Poi c'è il tema consumo del suolo e c'è anche il tema del “consumo del mare”, tra virgolette, in senso positivo: perché non considerare i nuovi agricoltori - quelli che fanno dell'acquacoltura un valore - come una nuova frontiera per utilizzare quella grande parte del nostro planisfero, che è oggi utilizzabile per produrre cibo di altissima qualità e a bassissimo impatto ambientale?

Quella dell'Italia è una scelta chiara, una scelta coerente, una scelta unitaria - questa è la novità di questo Governo -: se da noi arrivano milioni di firme, se arrivano ordini del giorno approvati pressoché tutti all'unanimità nei consigli di 3.000 comuni, se ci arrivano le indicazioni di 20 regioni, se la maggior parte delle forze politiche condivide questo tipo di impostazione, questo Governo, a differenza magari di chi qualche volta lo ha preceduto, ritiene di avere il dovere di portare avanti questa iniziativa, che crediamo possa essere, non solo una bandiera o un punto di riferimento, ma possa essere serenamente attuata in ambito europeo e liberare l'Italia dalle carni sintetiche.

In futuro, qualora qualcuno dovesse immaginare - questa è la preoccupazione di alcuni - di produrre aragosta sintetica, ragioneremo anche sull'aragosta sintetica. Ad oggi, le carni vendute a Singapore, in Israele e negli Stati Uniti derivano da vertebrati e quindi il rischio che abbiamo inteso affrontare nel momento attuale è questo. In futuro ragioneremo affrontando pragmaticamente ogni emergenza - perché di questo si tratta - su questo argomento, con la stessa caparbietà, lo stesso convincimento e la stessa coerenza che il Governo Meloni intende utilizzare per ogni tipo di proposta che ha inserito nel suo programma o che ha sottoscritto. Auspichiamo davvero - come hanno fatto già i colleghi Cerreto, Montaruli e Mattia nei loro interventi - che ci sia una seria riflessione all'interno delle forze politiche e che queste abbiano - come abbiamo fatto noi tante volte dai banchi dell'opposizione - la voglia di condividere le idee in cui credono, a prescindere dai banchi in cui siedono (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

(Annunzio di una questione pregiudiziale - A.C. 1324​ e abbinata)

PRESIDENTE. Avverto che, prima dell'inizio della discussione, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, è stata presentata la questione pregiudiziale di costituzionalità Magi e Della Vedova n. 1 (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione e sarà esaminata e posta in votazione prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

A questo punto, colleghi, sospendiamo la seduta, che ricomincerà tra due minuti, alle 12,40.

La seduta, sospesa alle 12,40, è ripresa alle 12,45.

Discussione della proposta di legge: Pittalis ed altri: “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione” (A.C. 893-A​) e delle abbinate proposte di legge: Enrico Costa; Maschio ed altri; Bisa ed altri (A.C. 745​-1036​-1380​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 893-A: “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione” e delle abbinate proposte di legge nn. 745-1036-1380.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è in distribuzione e sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 893-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Andrea Pellicini.

ANDREA PELLICINI, Relatore. Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia, oggi, l'esame della proposta di legge sulla riforma della prescrizione in materia penale. Si tratta di un provvedimento che interviene su un istituto fondamentale del funzionamento della giustizia in materia penale, sul quale, negli ultimi anni, vi sono state diverse riforme. Andiamo a citarle: la cosiddetta ex Cirielli del 2005, la legge Orlando del 2017, la legge Bonafede del 2019 e, da ultimo, la legge Cartabia del 2021. L'istruttoria in sede referente è stata ampia e approfondita, sono stati sentiti insigni magistrati, rappresentanti dell'avvocatura e rappresentanti delle associazioni che si occupano degli interessi delle vittime del reato. In ogni caso, comunque, il dibattito in Commissione è stato ampio e approfondito e i gruppi di minoranza, anche se hanno manifestato orientamenti diversi rispetto alla proposta della maggioranza e del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe, hanno presentato una serie di emendamenti che, seppur non accolti, sono stati molto approfonditi e dibattuti.

Sul provvedimento, nel testo licenziato dalla Commissione giustizia, si è, quindi, espressa in modo favorevole la I Commissione (Affari costituzionali).

Questa proposta di legge si fonda su alcuni capisaldi fondamentali: primo, il ritorno alla prescrizione sostanziale, causa di estinzione del reato, come delineata dal codice del 1930; secondo, l'abbandono dell'improcedibilità, cioè della prescrizione processuale che non è causa estintiva del reato, ma dell'azione penale, introdotta dalla legge Cartabia nel 2021, con l'articolo 344-bis. L'improcedibilità come causa estintiva del reato era un refuso dell'articolo 91, addirittura, del codice Zanardelli del 1889, ripescato appunto con la riforma Cartabia, che noi riteniamo assolutamente di voler cancellare e ne diremo poi le motivazioni. Terzo, l'abrogazione dell'articolo 161-bis del codice penale introdotto con la riforma Bonafede, che prevede la cessazione definitiva del corso della prescrizione a seguito della sentenza di primo grado; quarto, l'introduzione nel codice penale dell'articolo 159-bis che regola alcuni casi di sospensione condizionata dopo la sentenza di condanna di primo grado.

Veniamo, quindi, ad esaminare, più in particolare, il provvedimento. Ho una relazione, ma cercherò di eliminare alcune parti che non sono così fondamentali.

L'articolo più importante che è stato introdotto, come detto, in questa proposta di legge è il nuovo articolo 159-bis del codice penale che prevede che il corso della prescrizione rimanga sospeso in caso di sentenze di condanna di primo grado, per un tempo non superiore a due anni e, in seguito alla sentenza di appello che conferma la condanna di primo grado, per un tempo non superiore a un anno.

Tale nuova ipotesi di sospensione riguarda, quindi, solo una specifica tipologia di sentenze: la sentenza di condanna in primo grado e la sentenza di appello che conferma la condanna avvenuta in primo grado, escludendo, quindi, il caso in cui la sentenza d'appello modifichi una precedente sentenza di primo grado di assoluzione.

Il secondo comma dell'articolo in commento dispone che i termini di sospensione previsti decorrano dalla data della scadenza del termine previsto per il deposito delle motivazioni delle decisioni, di cui all'articolo 544 del codice di procedura penale. Si è, cioè, inteso fare riferimento al momento in cui il giudice è tenuto al deposito delle motivazioni della sentenza e non a quello in cui ciò effettivamente avviene.

Il terzo comma coordina la nuova ipotesi di sospensione del corso della prescrizione con la normativa preesistente che, come detto, non viene modificata. Pertanto, si prevede che, se durante i citati termini di sospensione sopravviene una delle cause di sospensione previste dall'articolo 159, essi sono aumentati del tempo corrispondente al termine di sospensione previsto per tale causa.

Di particolare interesse sono il quarto e il quinto comma dell'articolo 159-bis, in cui si introducono due ipotesi in cui i periodi di sospensione del corso della prescrizione previsti dal primo comma possono essere ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione. Il primo caso è quello del quarto comma, in cui la pubblicazione della sentenza di appello o della sentenza della Corte di cassazione interviene dopo la scadenza del rispettivo termine previsto di sospensione. In altre parole, nel caso in cui la pubblicazione della sentenza d'appello intervenga dopo più di due anni dalla scadenza del termine per il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado e nel caso in cui la pubblicazione della sentenza di Cassazione intervenga dopo più di un anno dalla scadenza del termine per il deposito delle motivazioni della sentenza di appello, la prescrizione riprende il suo corso e il periodo di sospensione è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere. Tale formulazione ricalca quanto previsto dalla Commissione di studio Lattanzi che operò nel 2021.

Nella citata relazione si evidenzia che la ratio di questa sospensione condizionata è imprimere un'accelerazione alla trattazione dei procedimenti specie quando si tratti di reati prossimi alla prescrizione, alla cui trattazione verrebbe data priorità.

Il comma 5 prevede che si produca il medesimo effetto di ricomputare, ai fini del calcolo del termine di prescrizione, il periodo di sospensione quando, nel grado in cui ha operato la sospensione o nel grado successivo, l'imputato è prosciolto, la sentenza di condanna è annullata nella parte relativa all'accertamento della responsabilità e nel caso di dichiarazione di nullità della decisione, con conseguente restituzione degli atti al giudice.

Il provvedimento in esame modifica anche l'articolo 160, primo comma, al solo fine di aggiungere alle ipotesi di interruzione del corso della prescrizione anche la sentenza di condanna.

Il testo licenziato dalla Commissione interviene, quindi, anche sull'articolo 161, secondo comma. In questo modo si estende l'elenco dei reati per cui l'aumento del tempo necessario a prescrivere a seguito dell'interruzione del corso della prescrizione non può superare la metà del tempo ordinario e si inseriscono in esso reati come gli atti persecutori, le lesioni personali e la deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti in alcune ipotesi di aggravanti previste dal codice.

Infine, l'articolo 1 della proposta di legge abroga l'articolo 161-bis del codice penale, che prevede la cessazione definitiva del corso della prescrizione a seguito della pronuncia della sentenza di primo grado.

Come detto, l'articolo 2 abroga l'articolo 344-bis del codice di procedura penale in materia di improcedibilità dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione. Questo meccanismo dell'improcedibilità nei giudizi di impugnazione è stato introdotto dalla citata legge n. 134 del 2021 al fine di considerare improcedibili i procedimenti per i quali si superino i termini di durata massima del giudizio di impugnazione. L'improcedibilità, come detto, rispolverata addirittura dal codice Zanardelli, porta con sé diverse problematiche significative, in quanto va a estinguere il processo ma non il reato, che resta sino al suo termine di prescrizione naturale e diventa semplicemente non più procedibile. Questa configurazione è causa anche di complicazioni. Infatti, un imputato assolto, il cui giudizio diventi improcedibile, non potrebbe considerarsi scagionato, restando l'accusa pendente sino alla prescrizione del reato. La prescrizione sostanziale, se risulta evidente l'innocenza dell'imputato, consente, invece, la pronuncia dell'assoluzione. Inoltre, non dobbiamo nascondercelo, l'improcedibilità è stata introdotta con un obiettivo, quello di rottamare i processi nei giudizi di impugnazione. Questo è assolutamente pericoloso e, soprattutto, va a svilire il giudizio d'appello. Nel giudizio d'appello, infatti, i giudici, per rispettare questo tempo, per quest'ansia dell'improcedibilità, sono spesso condizionati e vanno spesso a respingere delle legittime istanze di rinnovazione dell'istruttoria ai sensi dell'articolo 603 del codice penale. È un effetto, quindi, che noi, con convinzione, vogliamo assolutamente rimuovere.

Venendo all'articolazione del provvedimento, l'articolo 3 apporta anche alcune modifiche di coordinamento del codice di procedura penale conseguenti all'abrogazione dell'articolo 344-bis del codice procedura penale, mentre l'articolo 4, anche qui ai fini di coordinamento normativo, modifica all'articolo 165-ter delle norme di attuazione, al fine di sostituire il monitoraggio dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione di cui all'abrogando articolo 344-bis del codice procedura penale con il monitoraggio dei termini previsti dal nuovo articolo 159-bis del codice penale.

Noi riteniamo che, complessivamente, si tratti di una proposta di legge equilibrata, che coniuga il principio costituzionale della ragionevole durata dei processi con il dovere dello Stato di addivenire a una pronuncia definitiva rispetto a una contestazione che viene mossa a un imputato. Lo si fa con la reintroduzione della prescrizione sostanziale in ogni grado di giudizio, abbandonando l'ibrido sistema attuale in cui convivono, per il primo grado, la prescrizione sostanziale e, per i giudizi d'appello, la prescrizione processuale. Un unicum nel sistema europeo, non so in altri sistemi.

Si confida, pertanto, che l'Aula, a fronte di un esame approfondito e di una discussione importante com'è stata quella che è avvenuta in Commissione - devo dare atto alle opposizioni, a tutti i colleghi di opposizione, di avere svolto interventi anche duri ma assolutamente rispettosi anche del nostro punto di vista - alla fine di questa discussione voglia approvare questa definitiva - si spera e riteniamo che possa essere definitiva - riforma dell'istituto della prescrizione in un senso, secondo noi, giusta ed equilibrata, come l'abbiamo concepita.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Enrico Costa. Prego, onorevole.

ENRICO COSTA, Relatore. Grazie, Presidente. Il tema della prescrizione è fondamentale nell'assetto del nostro processo penale, perché insiste su un elemento imprescindibile, quello del tempo. Il tempo, nell'ambito del processo, è importante per la vittima, perché la vittima attende di avere giustizia in tempo ragionevole, è importante per chi viene assolto, per chi è innocente, perché venga riconosciuta in tempo ragionevole questa sua situazione, ma è importante anche per chi viene condannato, perché la ragionevole durata del processo si collega strettamente al tema del fine rieducativo della pena. La pena deve insistere sullo stesso soggetto che ha posto in essere il fatto. Quindi, è importante il tema della prescrizione non per meri aspetti tecnici ma perché il profilo del tempo tocca tutti gli ingranaggi del nostro processo. Non dimentichiamo che, oggi, quasi il 50 per cento dei processi si conclude con una assoluzione e non dimentichiamo che, dal 1992 ad oggi, 30.000 persone sono state risarcite con la riparazione per ingiusta detenzione. È evidente che, più è compresso il tempo entro il quale le persone vengono assolte o vengono, poi, risarcite, meno quella cicatrice sul loro volto, sulla loro persona, sulla loro credibilità, sulla loro reputazione si imprime e rimane indelebile.

Quindi, il tema della prescrizione è essenziale sotto questo profilo e ci sono due modi di intendere il rapporto tra il processo e il tempo: da un lato, c'è quello del Ministro Bonafede, che ha portato alla riforma del 2019 in base alla quale, se lo Stato non è in condizione di svolgere in tempo utile i processi, si cancella la prescrizione, scaricando sulle persone che sono a processo e scaricando sui cittadini le inefficienze dello Stato; dall'altro lato, invece, c'è l'obiettivo di rendere ragionevoli i tempi dei processi, mantenendo quel faro, quella spia, che è il termine di prescrizione che corrisponde a una serie di principi costituzionali molto importanti come il principio - lo abbiamo detto - del fine rieducativo della pena, il principio della ragionevole durata del processo ma anche il principio di difendersi attraverso le prove. Se io devo difendermi portando le prove, lo devo fare in tempo ragionevole rispetto al momento relativo al fatto contestato. Questi sono profili che dovrebbero essere oggetto di una certa sensibilità e di una certa attenzione da parte di tutti i parlamentari.

Io ho cercato per molto tempo, dopo il 2019, di reintrodurre il tema della prescrizione sostanziale in quest'Aula. C'è stato un problema, ovviamente, di maggioranza e di configurazione delle maggioranze. Non dimentichiamo che, nel 2019, quando venne approvato, c'era una maggioranza originaria, c'era il MoVimento 5 Stelle, c'era il “Conte 1”. Quando ho cercato di correggerlo, riportando in vita un tema, quello della prescrizione sostanziale, mi sono trovato a farlo durante il “Conte bis”.

E, nel “Conte bis”, coloro che avevano votato contro la riforma Bonafede, si trovavano a governare con coloro che avevano, invece, approvato la riforma Bonafede, per cui, per ragioni di convenienza politica, le nostre proposte di modifica non vennero approvate.

Oggi auspico - e lo dico dal banco dell'opposizione - che anche quelle forze di opposizione che si erano opposte alla riforma Bonafede, non solo perché erano all'opposizione, ma perché quella riforma sanciva il fine processo mai, oggi guardino con attenzione quanto stiamo approvando, perché in molti avevano votato la riforma Orlando: ebbene, non stiamo andando molto distante dalla riforma Orlando. Il principio della sospensione dopo il primo grado e dopo il secondo grado rimane. Si è recuperato dalla proposta Lattanzi, che era il Presidente della commissione ministeriale nominata dalla Ministra Cartabia, un passaggio in più, che rende ancora più coerente il testo ed evita che profili relativi alla riforma Orlando determino termini in Cassazione troppo dilatati: Quindi, spero ci sia un'attenzione a questi a questi profili. Come ha illustrato bene il relatore Pellicini, ci sono profili tecnici migliorati e ricordiamo tutti - venne approvato nella scorsa legislatura -, riguardo la questione della improcedibilità, un sistema misto, che è qualcosa che può tranquillamente esistere nel nostro ordinamento, ma ci vuole la convinzione di farlo e di approvarlo. Lo si è approvato nella scorsa legislatura perché una forza che faceva parte della maggioranza del Governo Draghi si opponeva al ritorno della prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio. Quindi, per cercare di tamponare quel profilo del fine processo mai si approvò quel tema.

Detto questo, ci sono tanti altri aspetti che devono poi essere resi coerenti perché il tempo del processo non è ragionevole nel nostro Paese, per una svariata serie di ragioni. Primo, perché ci sono troppi reati che incombono nel nostro ordinamento, incombono sui tavoli delle procure e sui tavoli dei tribunali ed è evidente che quando ci sono temi seri da affrontare vengono rallentati, per la miriade di reati che ci sono. Quindi, anche un tema di seria depenalizzazione è molto importante, evitando di ricadere nella tentazione delle facili scorciatoie riguardo la sovrabbondanza di reati nel nostro ordinamento. Il tempo è importante, ricordiamocelo bene, perché penso sempre che lo Stato debba garantire che le indagini si facciano con risorse adeguate, strutture adeguate e con personale adeguato, ma lo Stato deve garantire anche un'altra cosa. Deve garantire che se una persona viene chiamata a rispondere - ed è giusto che si chiamino le persone a rispondere - quando esce da innocente da quell'ingranaggio abbia la stessa immagine e reputazione - e anche lo stesso portafoglio - rispetto alla persona che è entrata in quell'ingranaggio. Oggi, purtroppo, non è così e più i tempi si allungano, più quel marchio relativo all'indagine si imprime e diventa indelebile. Quindi, ben venga una riforma della prescrizione in questi termini: io ringrazio, anche per il rapporto che c'è stato con l'opposizione, almeno con questa parte dell'opposizione, da parte della maggioranza, il Governo e il Sottosegretario Delmastro Delle Vedove, che, in particolare, è in questa sede a rappresentare il Governo. Auspico veramente che tutte le forze politiche che hanno dimostrato di non credere alla soluzione del fine processo mai, dello scaricare sul cittadino le superficialità dello Stato, possano, in qualche modo, guardare con attenzione a questo testo (Applausi del deputato Pellicini).

PRESIDENTE. Prima di andare avanti, salutiamo gli studenti e i professori dell'Istituto comprensivo Rossi Vairo. Arrivano da Agropoli, in provincia di Salerno. Benvenuti (Applausi).

Prendo atto che il rappresentante del Governo, onorevole Delmastro Delle Vedove, non intende intervenire. È iscritto a parlare il deputato Federico Gianassi. Ne ha facoltà.

FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). Grazie, Presidente. In questi mesi e in queste settimane esponenti della maggioranza e del Governo hanno evidenziato che vi sarebbe opportunità politica di mettere mano alla legislazione, ancora una volta, in materia di interruzione del processo, per una questione precipuamente tecnica. L'interruzione del processo, come oggi è disciplinata, per lo meno in appello e in Cassazione, a seguito della recente riforma Cartabia, assume i connotati dell'intervento procedurale, che interviene sul procedimento penale. La questione della interruzione del processo - l'ha detto anche il relatore Pellicini - ha una natura di diritto sostanziale. Dunque, occorre abrogare la riforma Cartabia del 2021 che ha introdotto l'improcedibilità, per ritornare alla prescrizione sostanziale.

Noi crediamo che in realtà la questione non sia tecnicistica, ma politica e lo dimostrano gli ultimi vent'anni di dibattito delle forze politiche del Parlamento e del Governo, laddove, per molte volte, si è messo mano all'istituto della interruzione del processo, animando scontri politici del tutto evidenti, che hanno prodotto - lo ricordava, ancora una volta, il relatore Pellicini - una successione nel tempo di leggi diverse: dalla legge ex Cirielli del 2005, poi sostituita, nel 2017, dalla riforma Orlando, a sua volta sostituita, nel 2019, dalla riforma Bonafede, essa stessa sostituita, nel 2021, dalla riforma Cartabia. Vi sono state dunque molte evoluzioni normative sul punto e a spingere il legislatore e le forze politiche a intervenire sono state questioni di tipo politico, e non tecnicistico. Quindi, io credo che il primo elemento che noi dobbiamo evidenziare a quest'Aula è che oggi noi discutiamo - e lo faremo nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, se non verrà chiuso il lavoro in questa settimana - di una questione che è politica. Infatti, i beni in gioco rispetto alle scelte del legislatore in materia di interruzione del processo penale sono diversi, talvolta anche contrastanti, ma estremamente rilevanti, perché toccano beni e diritti fondamentali, costituzionalmente rilevanti, i quali non possono essere sacrificati, perché qualora fossero sacrificati sarebbe la stessa qualità della democrazia a essere messa in discussione. Da un lato, l'esigenza di celebrare e concludere il processo penale; dall'altro, l'esigenza che il processo penale si svolga in tempi ragionevoli e proceda spedito. Queste due esigenze toccano beni e princìpi diversi, ma certamente tutti importanti. In primo luogo, celebrare e definire il processo penale risponde all'esigenza di accertamento della verità processuale, di accertamento delle responsabilità penali dopo la commissione di un fatto che rappresenta e costituisce reato. Risponde alla esigenza di esercizio del potere punitivo dello Stato dinnanzi alla commissione di un reato e, successivamente, alla funzione retributiva della pena, quando un fatto è accertato e un cittadino viene condannato per la commissione del reato e viene irrogata una sanzione penale. E, ancora, risponde alle esigenze di tutela delle vittime che, a fronte della commissione di un reato che hanno subito, hanno il diritto che l'ordinamento pubblico eserciti la potestà di accertamento e poi punitiva . Insomma, esigenze che riguardano la vittima del reato, esigenze che riguardano la comunità dinnanzi alla commissione di un reato ed esigenze che riguardano il ruolo e la natura della istituzione pubblica.

Dall'altro lato, vi sono ugualmente esigenze di estrema rilevanza, che impongono di considerare come irrinunciabile il principio della speditezza del processo penale. Innanzitutto, il principio costituzionale della presunzione di innocenza, per cui ogni cittadino è presunto innocente fino a sentenza definitiva di condanna e, pertanto ha il diritto, se sotto processo, che quel processo si svolga in tempi ragionevoli. Il principio della ragionevole durata del processo assume il rango di diritto fondamentale dell'uomo, previsto all'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e interpretato in modo anche estensivo dalla giurisprudenza dei giudici di Strasburgo della Corte europea dei diritti dell'uomo, la quale ha anche precisato quali sono le condizioni temporali che debbono essere rispettate affinché tale principio non sia violato.

Ancora una volta vi sono le esigenze di tutela delle vittime, che hanno il diritto di vedere celebrato e concluso il processo, ma hanno, altresì, il diritto di vedere celebrato e concluso in tempi ragionevoli quel processo. Non possono aspettare decenni prima che sia fatta giustizia in un'aula giudiziaria. E vi è anche il principio del buon andamento costituzionale della pubblica amministrazione, che pretende dai cittadini il rispetto rigoroso dei tempi nei quali devono essere esercitati gli obblighi dei cittadini, ma essa stessa deve essere all'altezza della sfida e deve rispettare i tempi di ragionevolezza all'interno dei quali deve essere esercitato il potere pubblico. Se questi principi, così diversi, assumono il rango di principi fondamentali dell'ordinamento, è del tutto evidente che qualunque iniziativa legislativa che sia pronta a sacrificarne uno in nome dell'altro produrrebbe un risultato che è inaccettabile ancora una volta per la buona qualità non solo del processo penale, non solo del sistema della giustizia, ma dell'ordinamento democratico nazionale.

Quindi, vorrei evidenziare che il nostro gruppo parlamentare rifugge da soluzioni semplicistiche che spesso sono state prospettate in questi ultimi decenni, sia quelle che, in nome della speditezza del processo, principio sacrosanto come ho detto, non si pongono il tema dell'esigenza di celebrare e concludere il processo (e, certamente, alcune forze politiche in questi decenni si sono contraddistinte per l'esigenza di raggiungere quell'obiettivo), sia, all'opposto, quelle iniziative che affermano il principio del fine processo mai, perché sacrificherebbero altri beni fondamentali dell'ordinamento.

Quegli interventi, i primi, che, in nome dell'esigenza di impedire il fine processo mai, si sono poco e male occupati dell'esigenza della conclusione del processo penale, e, all'opposto, gli altri, che, per affermare il principio che tutti i processi si concludessero, non si sono posti il tema del fine processo mai, sono stati superati dagli ultimi interventi normativi del Parlamento, che, ragionevolmente, con la riforma Cartabia, si sono posti le esigenze del processo giusto e spedito, che giunga a conclusione per l'accertamento delle responsabilità.

Dunque, oggi siamo in presenza di un'ultima riforma, quella del 2021, che, seppure nelle condizioni di una maggioranza eterogenea, ha provato a coniugare questi diversi interessi e esigenze costituzionalmente rilevanti, cioè quella di affermare alcuni termini precisi, puntuali, oltre i quali il processo non può proseguire, e quella di garantire, nella speditezza, la conclusione dei procedimenti, affiancando, a quegli interventi legislativi, le risorse del PNRR decisive per effettuare investimenti massicci nel comparto giustizia.

Dunque, qual è l'esigenza oggi che spinge ancora una volta il legislatore a mettere mano all'istituto dell'interruzione del processo, per la quarta volta in 6 anni, questo, sì, un unicum in sede europea e internazionale? Noi crediamo che vi sia un'esigenza di tipo politico e non tecnico di questa maggioranza e di questo Governo di issare una bandiera ideologica. Poiché della prescrizione, nel corso dei decenni, si è fatto una bandiera ideologica, ancora oggi, in coerenza con quella storia, occorre perseverare nell'azione politica che fa della prescrizione una bandiera ideologica.

Noi crediamo che ci siano alcuni fatti che si incaricano di dimostrare che questa nostra preoccupazione è fondata. Innanzitutto, l'utilizzo ideologico del tema che è stato fatto in questi mesi e in queste settimane, e, dall'altro, il rifiuto di un metodo di tipo scientifico per la verifica degli effetti prodotti dall'ultima riforma. In relazione al primo punto, l'utilizzo ideologico della giustizia, evidenziamo che la maggioranza si è presentata con quattro proposte di iniziativa legislativa tutte diverse tra loro.

Ha poi vociferato la possibilità del ritorno alla riforma Orlando, ma, dopo essersi bloccata in Commissione per l'approvazione del testo base e avere rinviato, ha deciso di approvare un testo base che è - lo disse il relatore Pellicini - la ex Cirielli, la riproposizione della ex Cirielli. Successivamente, i capigruppo di maggioranza hanno presentato un emendamento che ha riscritto il testo base, in qualche modo, ripercorrendo la strada prospettata dalla commissione Lattanzi, e, successivamente, con i relatori, un nuovo emendamento che ha riscritto, ancora una volta, la norma, che richiama e corregge la prima versione della commissione Lattanzi.

Insomma, tante e diverse proposte, che dimostrano che vi è stata un'attivazione politica senza un quadro condiviso, la cui esigenza era quella di mettere mano alla prescrizione anche quando non vi era un contesto di condivisione. Queste differenze sono emerse anche nelle argomentazioni politiche che le forze politiche di maggioranza hanno addotto per giustificare l'esigenza di un nuovo intervento normativo. Vi è stato chi ha detto che occorreva mettere mano alla prescrizione per impedire che continuasse a vigere il principio del fine processo mai.

All'opposto, altri esponenti della maggioranza e del Governo hanno detto che questo stesso identico intervento serve a evitare il rischio che, con gli ultimi interventi della Cartabia, molti procedimenti penali vadano interrotti. Allora, le due tesi sono radicalmente contraddittorie, ed entrambe vere non possono essere. Bisognerebbe che la maggioranza e il Governo chiarissero qual è allora l'orientamento sincero che ispira quest'azione. In più, le contraddizioni e l'utilizzo ideologico di questo intervento dimostrano altri artifici narrativi che sono stati utilizzati dagli esponenti della maggioranza.

Il più significativo è stato quello di dire, da parte di alcuni, che questa riforma cancellerebbe la riforma Bonafede, che affermava il principio del fine processo mai. In realtà, la riforma Bonafede, formalmente esiste, ma, sostanzialmente, non esiste più, perché è superata dalla riforma Cartabia, perché prevedeva lo strumento formalmente definito sospensione, ma che sostanzialmente era la cessazione della prescrizione con la fine del primo grado, che oggi è superato dall'entrata in vigore per il giudizio di appello e di Cassazione della riforma Cartabia. Quindi, sostanzialmente, quella riforma non esiste più.

E chi dice che si mette mano all'istituto della prescrizione per cancellare la riforma Bonafede dice una cosa che non è vera; lo dice, perché cerca di utilizzare un'argomentazione politica che ritiene, evidentemente, utile nel proprio campo, ma che è infondata. Ciò che si sta facendo oggi è abrogare la riforma Cartabia, quella, sì, che fissa termini precisi e puntuali per impedire il principio del fine processo mai. Che fosse il frutto di una maggioranza eterogenea non c'è dubbio, che però quella riforma abbia dimostrato di funzionare, sebbene entrata in vigore recentemente, è altrettanto fuori di dubbio. Infatti - e qui contestiamo un approccio antiscientifico alla maggioranza, non sarebbe una novità, abbiamo assistito nel tempo tante volte al fatto che la destra italiana utilizzi argomentazioni e tesi antiscientifiche -, se stiamo ai fatti, il Ministero della Giustizia pubblica i dati relativi al monitoraggio degli obiettivi di raggiungimento della riduzione dei tempi del processo, e, per il primo semestre del 2023, il Ministero della Giustizia afferma che vi è stata una riduzione del disposition time del 27 per cento nei giudizi d'appello e del 39 per cento nei giudizi in Cassazione: risultati talmente lusinghieri da superare gli obiettivi che il Governo si è impegnato a raggiungere con il PNRR, quindi rispetto agli obiettivi che si è impegnato a raggiungere in sede europea.

Allora, perché mettere mano a una riforma, la terza in 4 anni, in vigore da 2 anni, che, rispetto ai dati che offre il Ministero, sembra raggiungere gli obiettivi prefissati? E, in relazione a questo, quali garanzie la maggioranza e il Governo danno rispetto al fatto che non saranno perdute le risorse del PNRR per il comparto giustizia, circa 3 miliardi di euro?

A tutti è noto che il Governo, certamente, non brilla quanto a capacità di raggiungimento dei risultati sul PNRR. Sono stati cancellati 16 miliardi di finanziamento, 13 dei quali assegnati ai comuni italiani per la rigenerazione urbana, e c'è un'enorme difficoltà da parte del Governo nel rispettare gli obiettivi, anche temporali, prefissati in sede europea.

È utile aggiungere alle difficoltà del Governo rispetto al raggiungimento degli obiettivi del PNRR un'ulteriore complicazione quale quella di rivedere la riforma della prescrizione che incide sulla durata dei procedimenti, durata dei procedimenti che è uno dei punti sui quali il Governo si è impegnato a raggiungere obiettivi in sede europea?

L'ulteriore elemento di preoccupazione che sollecitiamo è che, ancora una volta, si pensa di poter mettere mano al comparto giustizia effettuando una modifica molto importante sul tema del processo penale in assenza di investimenti che, invece, nel comparto della giustizia - certamente non l'unico - devono, però, essere massicci.

Noi stiamo assistendo da mesi al pericoloso svuotamento dell'ufficio del processo. Abbiamo più volte sollecitato il Governo a intervenire, ma abbiamo ricevuto risposte incerte e ad aperture sono seguiti fatti pari a zero o poco più. Esprimiamo una grande preoccupazione sul fatto che non vi siano gli investimenti necessari per il comparto amministrativo e sui giudici, che sono, invece, necessari per garantire che il processo possa svolgersi, svolgersi bene e velocemente.

Il collega Costa ha evidenziato che c'è un'estensione ampia del diritto penale nel nostro ordinamento e che, fintanto che permane l'estensione del diritto penale, difficilmente - se ho compreso bene - si sarà in grado di realizzare obiettivi di velocizzazione del processo. C'è un problema, però, rispetto a questa preoccupazione che evidenzia l'onorevole Costa: il Governo sta rispondendo ampliando la sfera del diritto penale, come ha fatto in questo anno (dal decreto Rave a quelli sull'immigrazione). C'è, rispetto a quanto aveva dichiarato il Ministro Nordio, cioè l'esigenza di ridurre la sfera del diritto penale, un'azione, invece, opposta agli obiettivi annunciati dallo stesso Ministro. Non siamo, dunque, nella direzione che auspica il collega Costa di riduzione della sfera penalistica ma semmai di ampliamento della sfera penalistica e, dunque, a maggior ragione, servono e serviranno investimenti massicci; altrimenti, in assenza di investimenti, gli uffici continueranno a svuotarsi e i risultati in termini di speditezza del processo verranno dispersi, persino quelli che si sono ottenuti a seguito della riforma Cartabia.

Inoltre, un ulteriore elemento di preoccupazione è che con questo intervento - ripeto: l'ennesimo in pochi anni - si aumenta il grado di confusione sul diritto che vive negli uffici giudiziari, nelle aule dei tribunali e nelle corti d'appello. Con l'istituto dell'improcedibilità è stato fissato un obiettivo specifico, le corti d'appello si sono organizzate per raggiungerlo e i dati danno ragione al lavoro svolto dalle corti d'appello. Cambiare ancora una volta e riportare l'interruzione del processo nell'alveo del diritto sostanziale significa consentire l'applicazione del principio della successione delle leggi nel tempo secondo il principio più favorevole all'imputato. Ora, essendosi alternate molte leggi di natura sostanziale negli anni, questo determinerà un'ulteriore confusione circa le norme da applicare. Al contrario di chi ha detto che sostanzialmente si applicherà la proposta Lattanzi, faccio presente che formalmente viene proposta l'approvazione della Lattanzi, ma certamente per tutti i procedimenti iniziati prima di un dato anno si applicherà la ex Cirielli, perché più favorevole all'imputato. Quindi, con questo intervento, che formalmente mette in campo la proposta Lattanzi, sostanzialmente, per numerosi procedimenti attualmente esistenti, si metterà in campo la ex Cirielli: tutto questo determinerà un'ulteriore confusione nelle aule dei tribunali e nelle corti d'appello, di cui certamente non c'è bisogno.

Inoltre, abbiamo evidenziato anche alcuni limiti sulla norma attraverso un'attività emendativa. Non siamo stati gli unici, devo dire, perché in Commissione sono state oneste e trasparenti le parole del collega della Lega Bellomo, che ha evidenziato tutta una serie di circostanziate perplessità rispetto alla proposta dei relatori e, in particolare, rispetto ai meccanismi eccezionali previsti anche dall'emendamento del relatore rispetto alle regole generali.

In più, aggiungiamo che quel catalogo di eccezioni, che pure i relatori hanno sottoscritto, è incoerente rispetto ad altre fattispecie penalistiche per le quali non viene prevista l'estensione eccezionale del regime della prescrizione, quando forse per coerenza meriterebbero di essere incluse. Su questo punto abbiamo presentato una serie di emendamenti. Rileviamo che, anche nell'attività in Commissione, sono stati presentati emendamenti da parte delle opposizioni, seppur certamente molto diversi: gli emendamenti del MoVimento 5 Stelle erano determinati a riproporre con coerenza i principi che avevano affermato con le riforme Bonafede, mentre i nostri princìpi sono diversi, in quanto avevamo proposto una serie di emendamenti per recuperare la riforma Orlando, pur contestando l'erroneità di un ulteriore intervento sulla prescrizione e per salvaguardare la riforma Cartabia. In più, ci siamo impegnati a presentare una serie di emendamenti anche su singole fattispecie di reato per le quali forse sarebbe opportuno riconoscere il regime eccezionale della prescrizione, così come, per l'appunto, i relatori si sforzano di fare in relazione ad alcuni reati.

Infine - ma l'ho detto prima - merita di essere respinta una serie di narrazioni politicamente non sostenibili. Più volte si è cercato di dire da parte della maggioranza che vi era un ritorno alla legge Orlando, però l'emendamento del Partito Democratico per ritornare alla Orlando in Commissione è stato respinto. Certamente, la proposta Lattanzi è migliorativa rispetto al testo base dell'ex Cirielli e certamente una parte della filosofia che la ispira trova degli elementi di comunanza nella riforma Orlando, ma sono due proposte diverse.

In conclusione, Presidente, in questi mesi abbiamo assistito a una maggioranza divisa rispetto a principi e obiettivi; quest'ultima, attraverso un lavoro svolto al quale ha partecipato anche l'onorevole Costa, è arrivata a presentare un nuovo testo che ora giunge in Aula. Rispetto a questo percorso contestiamo: l'approccio ideologico, estremamente pericoloso quando attiene ai temi della giustizia penale; uno scarso disinteresse verso i cittadini e le imprese, rispetto ai quali ogni sforzo della politica per la costruzione di un buon modello del sistema della giustizia penale dovrebbe essere ispirato; la mancanza di un'analisi puntuale dei risultati ottenuti con l'ultima riforma, malgrado i dati in possesso del Ministero; infine, gli enormi rischi che pendono sul PNRR e il rischio di confusione negli uffici.

Noi con l'attività emendativa avanzeremo proposte anche in quest'Aula, alcune coerenti con quelle già avanzate in Commissione e altre ulteriori, perché pensiamo che a noi spetti il compito di riportare il Parlamento a impegnarsi per una legislazione che, in materia di giustizia penale, non sia ideologica ma pragmatica, che si faccia carico di non sacrificare beni fondamentali della nostra comunità democratica, e si sforzi, con un lavoro di saggezza e di equilibrio, di tutelarli tutti, perché in assenza di uno o dell'altro la qualità del nostro sistema penale non sarà all'altezza di ciò che una democrazia compiuta pretende.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palombi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PALOMBI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevole Sottosegretario Delmastro, onorevoli colleghi, viene oggi discusso il testo, come risultante dagli emendamenti approvati in sede referente, concernente le modifiche al nostro codice in materia di prescrizione.

Con le modifiche introdotte verrà definitivamente abbandonata la stagione delle discusse riforme Bonafede e Cartabia, oltre che, risalendo ancora più nel tempo, la stagione dell'abuso dello strumento della sospensione del decorso del termine prescrizionale quale riverbero delle modifiche apportate nell'ormai lontano 2017 dall'allora Ministro Orlando. Soltanto un esame attento e scrupolosamente ponderato della ratio dell'istituto, del quale oggi si disquisisce, può consentire di comprendere appieno l'importanza dei correttivi che si andranno a introdurre con il testo in discussione.

Posto che la prescrizione nell'ordinamento penale e nelle norme contenute nel codice di rito è istituto che rappresenta causa estintiva del reato quale immediata conseguenza dell'inerzia attribuibile a quell'indotto complesso, articolato e genericamente definibile quale macchina della giustizia, tale da rispondere a un principio di contrazione e defaticamento dei sistemi giudiziari per il quale lo Stato rinuncia a perseguire l'autore di un reato, è altresì vero che, contrariamente a quanto sinora sostenuto dai detrattori della prescrizione, dilazionare oltremodo i termini prescrizionali non riduce né numericamente i processi in essere né tantomeno - cosa ancora più importante - risponde a un'idea di diritto sostanziale tale da risolvere il conflitto da sempre esistente tra l'ideale della ragionevole durata dei processi e quello, fino ad oggi utopistico, dell'assicurare alla giustizia i colpevoli di un reato.

Ma vi è di più. Il prolungamento sine die della durata del processo è contrario in senso assoluto al concetto stesso di giustizia. Mi sarà consentito portare all'attenzione dell'Aula alcune citazioni di giuristi che hanno fatto la storia del nostro diritto. “Conosciute le prove e calcolata la certezza del delitto, è necessario concedere al reo il tempo e i mezzi opportuni per giustificarsi; ma tempo così breve che non pregiudichi alla prontezza della pena, che abbiamo veduto essere uno de' principali freni de' delitti. (…) Ma le leggi devono fissare un certo spazio di tempo, sì alla difesa del reo che alle prove de' delitti, e il giudice diverrebbe legislatore se egli dovesse decidere del tempo necessario per provare un delitto. Parimente quei delitti atroci, dei quali lunga resta la memoria negli uomini, quando siano provati, non meritano alcuna prescrizione in favore del reo che si è sottratto colla fuga; ma i delitti minori ed oscuri devono togliere colla prescrizione l'incertezza della sorte di un cittadino, perché l'oscurità in cui sono stati involti per lungo tempo i delitti toglie l'esempio della impunità, rimane intanto il potere al reo di divenir migliore.” Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, 1764.

Affermava, poi, il Carnelutti, in tempi più recenti, nel 1946: “Se il processo penale è di per sé una pena, bisogna almeno evitare che la stessa abbia una durata irragionevole”.

Infine, Pietro Calamandrei, nel 1953: “Il segreto della giustizia sta in una sua sempre maggior umanità e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta comune contro il dolore. Infatti, il processo, e non solo quello penale, di per sé è una pena che giudici e avvocati devono abbreviare rendendo giustizia”.

Ora, Presidente, di fronte alle citazioni di giuristi di tal calibro, tutta la discussione che stiamo portando avanti dovrebbe cedere il passo e, al pari, dovrebbe essere chiaro a tutti come il ritorno alla previsione di una prescrizione sostanziale si concili con il ritorno a uno Stato di diritto nel pieno delle sue funzioni, uno Stato che non ceda il passo al giustizialismo e che torni a svolgere appieno la sua funzione di ricerca della giustizia, nel pieno rispetto dei cittadini, delle vittime e dei colpevoli del reato, e che faccia ciò soprattutto nel rispetto di uno dei princìpi fondamentali del nostro ordinamento, ossia quello della funzione rieducativa della pena che, se comminata in un tempo irragionevole, perde totalmente la propria natura.

Inoltre, mi si consentirà una riflessione di carattere personale. Leggendo il testo di Cesare Beccaria, testo dal quale è scaturita tutta la visione del moderno diritto penale e sul quale tutti i giuristi italiani si sono formati, mi ha colpito un passo nel quale, in maniera assolutamente chiara, il Beccaria evidenzia il rischio principale che deriva dalla previsione di un'azione giudiziaria senza limiti di tempo, quello, riportato dall'insigne giurista, per il quale il giudice diverrebbe legislatore se dovesse decidere del tempo necessario per provare un delitto. Presidente, di fronte a un'affermazione di questa potenza, tutti noi dobbiamo riflettere su quale sia la funzione del legislatore e quale sia la grande responsabilità di fronte alla quale ci troviamo oggi nel dover riaffermare quel principio fondamentale sul quale i nostri costituenti hanno basato l'essenza stessa della nostra Repubblica, cioè la divisione fra i poteri dello Stato. Le parole del Beccaria, in un testo, ricordiamo, di quasi tre secoli fa, con la loro forza ed efficacia ci fanno capire come, anche attraverso la reintroduzione della prescrizione sostanziale, si vada ad attuare un principio costituzionale che, negli ultimi anni, aveva perso la sua portata piena, quello della separazione fra potere legislativo e potere giudiziario. Nel sistema di pesi e contrappesi pensato dai nostri padri costituenti, ogni cedimento di un potere nei confronti dell'altro mina nelle sue basi la democrazia ed è nostro compito far sì che questo delicato equilibrio non venga in alcuna maniera scalfito.

Non dobbiamo, quindi, cedere alle sirene di quella piccola ma rumorosa parte dell'opinione pubblica che vorrebbe far credere che la prescrizione sia uno strumento pensato dai politici per farla fare franca ai delinquenti, perché così non è. La prescrizione, invece, è un istituto di civiltà, che affonda le proprie radici nel diritto romano e che ha un fondamento nella nostra cultura giuridica. Allora, è oggi nostro preciso dovere correggere quella brutta pagina di diritto alla quale avevamo assistito, per riconciliare il popolo italiano, e soprattutto i giuristi italiani che sono un vanto per la nostra Nazione, con il mondo del diritto, andando a cancellare dapprima la riforma Bonafede, cioè quella riforma che aveva escluso la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, e poi quella successiva, che ha mischiato prescrizione sostanziale e improcedibilità processuale in un pasticcio che è lecito pensare non sia stato frutto di un'analisi giuridica bensì, lasciatemelo dire, l'unica soluzione idonea a consentire di modificare la prescrizione, facendo accordare visioni diametralmente opposte di politica giudiziaria che le componenti del Governo che hanno approvato questa seconda riforma avevano.

Oggi, con il pregevole testo dell'onorevole Pittalis, migliorato con un proficuo e, devo dire, sereno, approfondito e a tratti lunghissimo lavoro della Commissione, stiamo mettendo finalmente ordine in questa materia, grazie anche al lavoro dei colleghi relatori Costa e Pellicini. Pertanto, con il ritorno alla prescrizione sostanziale, si potrà avviare un meccanismo di riduzione dei termini prescrizionali tale da debellare definitivamente il sistema sino ad oggi in essere, per il quale non soltanto gli imputati ma le stesse persone offese dal reato soggiacciono a una pena perpetua, ravvisabile nella lungaggine del processo stesso. Al contempo, per reati particolarmente gravi, viene raddoppiato, come già previsto, il termine prescrizionale rispetto al massimo edittale, per evitare, come appare di intuitiva evidenza, che tali processi possano definirsi con una sentenza dichiarativa della prescrizione.

Vieppiù, aggiungasi che, nell'ultimo emendamento presentato dai relatori al testo base, viene aggiunto un ulteriore correttivo, rinvenibile nell'introduzione dell'articolo 159-bis, testualmente denominato: sospensione del corso della prescrizione a seguito di sentenza di condanna. Tale disposizione si configura quale unione del concetto di prescrizione sostanziale con quello di prescrizione processuale, perché si avrà la sospensione del corso della prescrizione in seguito alla sentenza di condanna di primo grado, per un tempo non superiore a 2 anni, e in seguito alla sentenza di appello che confermi la condanna di primo grado, per un tempo non superiore a 1 anno, in linea con i termini di ragionevole durata del processo, già previsti dalla legge Pinto. Tali termini aggiuntivi verranno defalcati laddove intervengano sentenze di assoluzione o di annullamento della sentenza di condanna, con la conseguenza che riprenderà vigenza la prescrizione sostanziale, ovvero quella identificabile con la pena massima aumentata fino a un quarto per tutte le tipologie di reato.

Un'ultima riflessione, dunque, impone di considerare che lo scopo reale perseguito dalla riforma in materia prescrizionale è quello di realizzare un equilibrio tra l'esigenza dello Stato di perseguire ed esercitare la propria funzione di giustizia, anche se del caso punitiva, senza che, però, le parti processuali, siano esse imputato o persona offesa, si trovino a dover sottostare a processi dilazionati all'infinito anche per reati minori. È in tale copione, che abbondantemente negli anni si è ripetuto nelle aule di giustizia, che si è voluto intervenire, anche nel principio obiettivo di non comprimere e soffocare il diritto di difesa, evidentemente contratto proprio in ragione dell'allungamento dei tempi processuali.

È proprio alla luce di questi princìpi che, convintamente, Fratelli d'Italia, nella sua azione di Governo, ritiene essenziale la norma che ci accingiamo ad approvare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e della deputata Patriarca).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Devis Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. La Corte costituzionale ha più volte ribadito la natura sostanziale dell'istituto della prescrizione. Nella sentenza n. 115 del 2018, solo per citare una delle ultime, ha affermato testualmente, che la prescrizione è istituto di diritto penale sostanziale, anche con riferimento al regime degli atti interruttivi, posto che essa esprime una scelta sulle ragioni della punibilità ovvero sulla cosiddetta meritevolezza della pena. Ha affermato inoltre che un istituto che incide sulla punibilità della persona, riconnettendo al decorso del tempo l'effetto di impedire l'applicazione della pena, nel nostro ordinamento giuridico rientra nell'alveo costituzionale del principio di legalità penale sostanziale, enunciato dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, e che la prescrizione dev'essere considerata un istituto sostanziale che il legislatore può modulare attraverso un ragionevole bilanciamento tra il diritto all'oblio e l'interesse a perseguire i reati fino a quando l'allarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno.

Nell'ordinanza n. 24 del 2017, la Consulta ha sinteticamente affermato: “L'ordinamento italiano attribuisce alla normativa sulla prescrizione il carattere di norma del diritto penale sostanziale e l'assoggetta al principio di legalità, espresso dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione”. Sostanziale significa che l'effetto è l'estinzione del reato, ex articolo 157 del codice penale. Da questo punto di vista, quindi - lo dico sin d'ora -, accogliamo con favore il fatto che il testo che oggi approda in Aula torni alla prescrizione sostanziale, abbandonando il sistema binario di prescrizione sostanziale e di prescrizione processuale, cosiddetta improcedibilità, delineata dalla legge n. 134 del 2021, la cosiddetta riforma Cartabia che, alla prescrizione sostanziale, già operante in primo grado, ha affiancato la prescrizione processuale, con termini di durata massima per i giudizi di appello e di cassazione fissati a pena di improcedibilità. Con l'istituto dell'improcedibilità, di cui all'articolo 344-bis del codice di procedura penale, ad estinguersi infatti è l'azione penale e non il reato. L'attuale sistema binario di prescrizione sostanziale e di prescrizione procedurale verrebbe ora superato, riportando l'istituto della prescrizione alla sua funzione e alla sua natura. Quando si parla di prescrizione del reato, viene spesso impropriamente scomodato il principio della ragionevole durata del processo, di cui all'articolo 111 della Costituzione che, con riferimento al processo, anzi al giusto processo, afferma: “la legge ne assicura la ragionevole durata”. Ci sono però almeno due solide ragioni per cui è necessario tenere ben distinti - e non confondere - il termine di prescrizione del reato dal termine di ragionevole durata del processo. Innanzitutto, il doveroso riconoscimento all'imputato della facoltà di rinunciare alla prescrizione esclude ogni possibilità di individuare il termine di prescrizione come termine di ragionevole durata del processo. È evidente, infatti, che non può essere considerata nella totale disponibilità dell'imputato la durata del processo. È vero che l'articolo 111, comma 3, della Costituzione riconosce all'imputato il diritto di disporre del tempo e delle altre condizioni necessarie per preparare la sua difesa, ma l'imputato ha appunto diritto solo al tempo necessario, che va determinato in base ai criteri legali oggettivi; anzi, proprio perché a norma dell'articolo 6, comma 1, della CEDU, lo Stato può rispondere nei confronti di qualsiasi parte privata per una durata irragionevole del processo, ne consegue che nessuna parte può essere considerata padrona di tale durata. In secondo luogo, il termine di prescrizione è commisurato alla gravità del reato, tanto che alcuni delitti più gravi sono imprescrittibili, mentre è evidente che non sempre alla maggior gravità del reato corrisponde una maggiore complessità del giudizio e che anche per i reati imprescrittibili si pone un'esigenza di ragionevole durata del processo, sicché può accadere che per un reato più grave il termine di prescrizione permetta una durata del processo eccessiva rispetto alle effettive esigenze di accertamento, mentre per un reato meno grave i tempi concessi dal termine di prescrizione risultino inadeguati rispetto alla complessità dell'accertamento e non permettano di pervenire tempestivamente a una decisione sul merito. La ragionevole durata del processo deve quindi essere garantita da altri strumenti normativi e dalle modalità organizzative del sistema giustizia. Se però nella nostra esperienza giudiziaria la prescrizione del reato funge di fatto da regolatore temporale dei processi, le cui cadenze vengono programmate in ragione dell'esigenza di concludere il giudizio prima che il reato si estingua, ove possibile, questa è solo una conseguente manifestazione della patologica inefficienza del nostro sistema giudiziario, costretto a rinunciare a una decisione sul merito, non ottenibile in tempi ragionevoli. Va reso più efficiente il processo, in modo che il tempo del suo svolgimento anticipi, almeno in via di tendenza, quello che estingue il reato. Il sistema dell'improcedibilità, che con questo testo in esame viene superato - e questo ci trova d'accordo -, portava con sé alcune distorsioni e ulteriori effetti impliciti, quali ad esempio l'impossibilità per il giudice, pur ove ne sussistessero gli estremi, di emettere una pronuncia assolutoria nel merito, ai sensi dell'articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale, la caducazione delle precedenti misure cautelari personali e reali già assunte e dei provvedimenti civili provvisoriamente esecutivi, in ipotesi assunti dal giudice penale e l'inidoneità della sentenza di improcedibilità a produrre effetto di giudicato nei giudizi civili, amministrativi e disciplinari, ai sensi degli articoli 651-bis e seguenti del codice di procedura penale. Per non parlare poi dell'eccesso di discrezionalità attribuita al giudice di appello e di cassazione nella valutazione della complessità, che consentiva l'ampliamento dei termini, contenuto nell'articolo 344-bis del codice di procedura penale, introdotto dalla riforma Cartabia. Ora il testo che giunge oggi in Aula ha avuto un percorso prolungato. Solo per ricordare i passaggi essenziali, prima abbiamo avuto un testo base in Commissione approvato dalla maggioranza, che rappresentava di fatto un ritorno alla legge Cirielli, o ex Cirielli: lì, come Alleanza Verdi e Sinistra, abbiamo votato contro questa scelta, contro quel testo base; poi è iniziata la fase emendativa durante la quale, come Alleanza Verdi e Sinistra, abbiamo proposto il ritorno alla riforma Orlando, a nostro parere la riforma più equilibrata rispetto a tutte le esigenze in campo, e che non ha mai avuto la possibilità di essere messa veramente alla prova perché è stata immediatamente messa alla porta da due successive riforme; infine, è arrivato l'emendamento dei relatori, con cui la maggioranza è tornata sui suoi passi, archiviando la legge ex Cirielli e tornando sostanzialmente - come da noi proposto e auspicato - alla riforma Orlando, seppur con qualche correttivo. Tuttavia quel testo, a nostro parere, è ancora migliorabile e quindi non rinunceremo a provarci fino in fondo. Devo infatti riscontrare che purtroppo in Commissione c'è stata una totale chiusura da parte della maggioranza rispetto a possibili correttivi, che hanno fatto quadrato attorno all'accordo col Ministro Nordio. Sono stati infatti rigettati tutti gli emendamenti delle opposizioni, emendamenti che comunque ripresenteremo per l'Aula, anche perché crediamo che l'Aula abbia ancora un valore ed che possa esserci un ulteriore momento di riflessione per migliorare un testo. Da qui il motivo della nostra astensione sul mandato al relatore, perché, da un lato, c'è la nostra apertura rispetto al testo - come dicevo -, al ritorno alla prescrizione sostanziale, ma dall'altro c'è invece la chiusura della maggioranza, chiusa nella necessità, tutta interna alla maggioranza, di non riaprire un testo sul quale evidentemente il Ministro Nordio non vuole modifiche, ma questo sarebbe un errore. Quali sono le due migliorie che proponiamo e che sottoponiamo nuovamente alla maggioranza? La prima parte da una constatazione: il testo proposto dalla maggioranza, alla lettera c) dell'articolo 1, comma 1, prevede un'integrazione dell'articolo 161, secondo comma, che già attualmente prevede per alcuni reati che l'interruzione della prescrizione possa comportare l'aumento di un quarto, della metà o di due terzi del tempo necessario a prescrivere e la maggioranza va ora ad aggiungere alcuni reati legati alla violenza sulle donne, come ad esempio le lesioni personali, la deformazione o lo sfregio permanente del viso o lo stalking. Allora, il ragionamento che faccio è questo: se inserite questi reati, perché escludere altri reati che hanno la stessa finalità? Eppure, in Commissione è stato bocciato un mio emendamento che prevedeva l'inserimento, in aggiunta a quanto già previsto dalla maggioranza, anche dei reati di violenza sessuale, violenza sessuale di gruppo e revenge porn: è vero che l'articolo 157, sesto comma, del codice penale prevede già un raddoppio dei termini per alcuni reati, tra cui proprio quelli di violenza sessuale e di violenza sessuale di gruppo, ma allora, se volete - come in realtà sarebbe da fare per coerenza sistemica - quei due reati nell'articolo 161, perché invece escludere il reato di revenge porn? E poi - come ho previsto con un nuovo emendamento per l'Aula - perché, oltre a questi reati, non inserire nell'articolo 161, secondo comma, del codice penale anche il reato di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, di cui all'articolo 583-bis del codice penale, che invece a oggi non è contemplato né dall'articolo 157, né dall'articolo 161? Inoltre, c'è una seconda miglioria che propongo. Anche in questo caso partiamo da un dato di fatto: i reati ambientali e i reati edilizi sono tra quelli che finiscono maggiormente in prescrizione, a causa di quella complessità nell'accertamento dei fatti a cui facevo riferimento prima.

Se oltre il 50 per cento di questi reati - e questi sono dati del Ministero - va in prescrizione, ciò significa che, al di là del mero termine di prescrizione parametrato all'entità della pena, hanno bisogno di tempo in più, altrimenti l'effetto è proprio che la prescrizione, in un numero elevatissimo di casi, faccia evaporare quei reati già nella fase delle indagini preliminari.

Ora, l'articolo 157 del codice penale, al sesto comma, prevede già per i delitti di cui al titolo VI-bis del libro secondo, cioè i delitti contro l'ambiente, un raddoppio dei termini di prescrizione. Tuttavia, il codice penale, dall'articolo 452-bis all'articolo 452-quaterdecies, non esaurisce il catalogo dei reati contro l'ambiente, tant'è vero che restano esclusi altri gravi reati, quali, ad esempio, quelli connessi al ciclo dei rifiuti, contenuti nel cosiddetto codice dell'ambiente, cioè nel decreto legislativo n. 152 del 2006. Sarebbe, quindi, fondamentale e coerente introdurre nell'articolo 157 del codice penale il riferimento anche ai reati di cui al codice dell'ambiente, in modo da dare copertura completa ai reati ambientali. Con la stessa finalità chiederò, con un altro emendamento, di introdurre il raddoppio dei termini di prescrizione, di cui all'articolo 157, sesto comma, del codice penale, anche per i reati edilizi, di cui al DPR n. 380 del 2001, considerato che - dati forniti dallo stesso Ministero della Giustizia - si tratta di reati che nel 57 per cento dei casi, e questo è il dato in assoluto più elevato, vanno in prescrizione.

Ciò detto, noi valuteremo il testo proposto dalla maggioranza, anche sulla possibilità che possano essere apportate delle modifiche in Aula. Non si tratta di un decreto-legge in fase di conversione con dei termini da rispettare, siamo in prima lettura su una proposta di legge; se i testi arrivano in Aula, oltretutto nella prima delle due Camere di trattazione, già blindati sarebbe un grave errore da parte della maggioranza, che avrebbe potenzialmente anche la possibilità di ampliare i numeri di sostegno a questa riforma della prescrizione. Una chiusura totale sarebbe per noi incomprensibile, soprattutto, laddove un mero correttivo, mi riferisco, ad esempio, in particolare, ai reati di cui al codice dell'ambiente, permetterebbe proprio di affrontare, anche da questo punto di vista, con maggiore efficacia e serietà, la grave crisi climatica in atto, attraverso una maggiore attenzione e consapevolezza circa l'inscindibilità tra ciò che avviene a livello ambientale e la nostra sopravvivenza su questo pianeta.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Patriarca. Ne ha facoltà.

ANNARITA PATRIARCA (FI-PPE). Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, le questioni attinenti al diritto segnano l'evoluzione e il progredire di una civiltà ed è normale che su tali questioni si accompagnino le riflessioni del dibattito pubblico, del legislatore in chiave riformista e della giurisprudenza. Così, accade per la prescrizione: la prescrizione è un istituto che incrocia ragioni, funzioni e scopi fondamentali del nostro sistema penale; è un istituto penale di diritto sostanziale che, in quanto tale, partecipa alle funzioni del sistema penale, quelle che si connettono alla regolarizzazione del rapporto tra autorità e libertà e definiscono gli scopi e i fini della pena; è connessa al decorso del tempo, allo spirare del quale viene meno l'interesse dello Stato ad accertare nel processo la responsabilità penale; impatta con importanti principi costituzionali, dal diritto di difesa a quello di non colpevolezza dell'imputato. Possiamo dire che l'istituto della prescrizione è un presidio dell'inviolabilità del diritto di difesa, segnando il limite temporale entro il quale lo Stato può perseguire il reato e una persona può subire le conseguenze della sua azione.

Se ragioniamo sulla genesi dell'istituto della prescrizione, vediamo che già il pensiero illuminista gli riconosce il compito di assolvere a un ruolo di garanzia primaria insieme al principio di legalità, nella direzione di sottrarre all'arbitrio del potere, non solo, i modi, ma anche i tempi dell'accertamento di un reato.

L'essenza della prescrizione, individuata nell'oblio del tempo, si riempie e si significa di una pluralità di istanze, dall'attenuazione di un ricordo e, quindi, dall'affievolirsi del bisogno di pena che segue alla diminuzione dell'allarme sociale, anche in chiave soggettivistica, secondo alcune pronunce della Suprema corte, alla difficoltà processuale che deriva dall'eccessiva durata di tempo tra la realizzazione del fatto di reato e il conseguente giudizio con inevitabili compromissioni del diritto di difesa - citando Filangieri, non c'è niente di più difficile che difendersi da un'accusa quando questa è di anni posteriore al delitto -, fino alla necessità di sottrarre l'imputato da una prospettiva di un processo senza fine, esigenza che si coniuga con le istanze di stabilizzazione sociale connesse al nostro sistema penale.

D'altronde, la prescrizione impatta anche con la funzione della pena come prevenzione generale e speciale, e tanto la funzione rieducativa della pena quanto l'oblio del tempo esigono che i tempi della prescrizione siano commisurati non alla durata del processo, ma alla distanza tra il tempo della commissione del reato e quello dell'espiazione della pena. Ed è in questo spazio temporale che si misura l'adeguatezza dei tempi della prescrizione.

La discussione dell'istituto della prescrizione del reato ha così da tempo animato il dibattito politico, dottrinale e mediatico; quasi in ogni legislatura ci si propone di intervenire, come se fosse un nodo mai sciolto a cui porre rimedio. Dopo la legge Cirielli del 2005 è intervenuta la riforma Orlando nel 2017, successivamente la riforma Bonafede nel 2019 e, infine, la riforma Cartabia nel 2021. Si tratta di interventi mossi in direzioni totalmente diverse l'una dall'altra: la riforma Orlando aveva introdotto un periodo limitato di sospensione della prescrizione in appello e in Cassazione; la riforma Bonafede aveva deciso di interromperla definitivamente dopo la sentenza di primo grado; la riforma Cartabia, pur mantenendo l'interruzione definitiva della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, ha introdotto una nuova causa di improcedibilità dell'azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione.

In questa legislatura sono state presentate alcune proposte normative confluite, poi, nel testo che oggi approviamo; tutte avevano un preciso intento: l'eliminazione dell'articolo 161-bis del codice penale e, con esso, il blocco definitivo dopo la sentenza di primo grado, della cosiddetta riforma Bonafede. Inoltre, soprattutto nella proposta di Forza Italia, a firma dell'onorevole Pittalis, che poi è stata scelta come testo base, c'è il chiaro segnale di un ritorno alla prescrizione sostanziale, dopo la Cartabia e l'improcedibilità ivi prevista. Il presupposto è che la prescrizione non sia lo strumento con il quale rimediare alle inefficienze del sistema penale e non sia il meccanismo pensato per garantire la ragionevole durata del processo; pur se sicuramente ci sono legami tra prescrizione e giusto processo, nei termini della ragionevole durata, non sono però una la soluzione per l'altro e non l'altro la giustificazione per l'una.

Al fine di superare, dunque, le molteplici criticità in ordine alla legittimità costituzionale e di praticabilità determinate dal sistema binario della Cartabia, di prescrizione sostanziale e prescrizione procedurale, la presente proposta di legge intende riportare l'istituto della prescrizione alla sua funzione e natura primigenia. Il testo definitivo approvato in Commissione è il punto d'incontro dei contributi e delle sensibilità di questa maggioranza, sul presupposto che sia dalla sintesi costruttiva, in una dialettica corretta e convergente, che nascono le migliori soluzioni per il Paese. Il testo, in linea con quanto proposto e non accolto dalla Commissione Lattanzi sotto la precedente legislatura, prevede che dopo la sentenza di primo grado di condanna e dopo la sentenza di appello confermativa della condanna, la prescrizione rimanga sospesa per due anni nel primo caso e per un anno nel secondo. Se nel periodo della sospensione non interviene la decisione sull'impugnazione cessano gli effetti della sospensione e la prescrizione riprende il suo corso e il periodo della sospensione è computato nella determinazione del tempo necessario a prescrivere.

È vero che, per completezza, la riforma della prescrizione dovrebbe essere accompagnata da valutazioni, considerazioni e determinazioni sull'efficienza del sistema giustizia, ma le ragioni dell'inefficienza del sistema penale affondano le radici in problemi a cui è estranea la prescrizione. Questo Parlamento non si sottrarrà dal compiere tutti gli atti che saranno necessari per garantire l'efficienza del sistema giustizia e non lo farà Forza Italia, che ha a cuore i principi fondamentali del giusto processo e la tutela dei diritti fondamentali stabiliti dalla Costituzione, che devono guidare la pretesa punitiva dello Stato, così come abbiamo fatto per le intercettazioni, così ora sulla prescrizione e domani su altri punti cardine che hanno ispirato la nostra storia politica di garantismo e tutela della libertà, come quello sulla separazione delle carriere, ad esempio, insieme ai nostri colleghi di maggioranza, in una rotta che ha come unico faro la tutela dei diritti e delle libertà dei cittadini.

In chiusura, Presidente, se mi consente - poiché è stato mosso, da alcuni colleghi, un problema relativo al perché si è adottato questo provvedimento in questa legislatura e sulle criticità, o meno, della riforma Cartabia, verificate o da verificare -, vorrei soltanto ribadire che la successione delle leggi nel tempo e il principio del favor rei non sono una fonte di complicazione, ma sono principi costituzionali che regolano la materia penale, da sempre. La complessità della riforma Cartabia non risiede solo nella scelta di inserire accanto alla prescrizione sostanziale una prescrizione processuale, ma nelle numerose deroghe e/o eccezioni che portano l'improcedibilità a divenire una scelta residuale, e nell'eccessiva discrezionalità che abbiamo riscontrato nelle corti di appello su questo tema.

Quindi, a nome mio e a nome di Forza Italia, ritengo che questa, in questo momento, sia stata una scelta ottimale, nata da una convergenza e da un lavoro eccellente fatto in Commissione giustizia, che ha visto tutte le parti protagoniste e ognuno dare il proprio contributo per avere oggi questo testo (Applausi del deputato Pellicini).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cafiero De Raho. Ne ha facoltà.

FEDERICO CAFIERO DE RAHO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe deputate, colleghi deputati, la prescrizione del reato è la rinuncia dello Stato a far valere la pretesa punitiva: questo lo abbiamo sentito ripetere un po' da tutti. Negli ultimi 6 anni, sono intervenute ben 4 riforme, però, probabilmente, è la legge n. 3 del 2019 ad aver introdotto una innovazione più significativa: la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. E quali erano stati gli obiettivi di quella riforma? Tagliare del 25 per cento i reati che si prescrivevano ogni anno, disincentivare gli atti di appello per finalità dilatorie, incentivare i riti alternativi, unica soluzione per ridurre i tempi medi di definizione del processo penale e deflazionare il carico penale. La scelta operata con quella riforma del 2019 rappresentava la più razionale soluzione a difesa dello Stato di diritto e a protezione della collettività e delle vittime dei reati. Era la più corretta anche per l'utilizzo delle risorse economiche e lavorative, dando un senso al funzionamento della macchina della giustizia. Ove il processo giunga a uno stadio così avanzato quale è la sentenza di primo grado, non vi è alcuna ragione perché lo Stato debba rinunciare alla pretesa punitiva, ma, soprattutto, non può esservi rinuncia alla pretesa punitiva da parte dello Stato che processa l'autore del reato. Se lo Stato sta processando l'autore, ha interesse ad arrivare a una sentenza definitiva di accertamento della responsabilità.

La legge n. 134 del 2021, pur confermando che il corso della prescrizione del reato si sarebbe interrotto con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna, parallelamente, aveva introdotto l'istituto della improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione: due anni per l'appello, un anno in Cassazione. È quel che è stato previsto anche ora per la sospensione della prescrizione. Non avevamo valutato positivamente questo istituto, perché esso prevedeva proroghe e allungamenti solo in determinati casi, purtuttavia li prevedeva, cosa, invece, che questa disciplina per la prescrizione non prevede: non prevede allungamenti della sospensione per processi particolarmente complessi, né per reati particolarmente gravi.

Con la proposta di legge che oggi si discute si è tornati alla prescrizione che quasi riprende il modello ex Cirielli del 2005, quando, cioè, la prescrizione estingueva un numero impressionante di reati. Ecco perché quel modello venne superato, prima dalla riforma Orlando, poi dalla riforma Bonafede, poi dall'improcedibilità della riforma Cartabia. In effetti, di questa nuova disciplina della prescrizione saranno le vittime dei reati a subire le conseguenze e sarà la comunità nazionale a essere colpita nella tutela dei beni giuridici. La nuova disciplina, peraltro, impone ai giudici di ricalcolare i termini di prescrizione e rivedere e riorganizzare ruoli di udienza: uno sforzo insostenibile, in un quadro di enormi difficoltà di una giustizia perpetuamente in crisi.

L'emendamento soppressivo che avevamo presentato noi del MoVimento 5 Stelle trova origine nell'attuale quadro di riduzione delle pendenze e nella volontà di non vanificare i risultati raggiunti con l'attuale normativa. Il ritorno alla prescrizione non incide sui tempi del processo, non accorcia i tempi, non combatte le lungaggini procedurali, ma sortisce l'effetto opposto, perché riduce i vantaggi del ricorso al patteggiamento e ai riti alternativi. L'autore del reato, confidando nella lentezza della giustizia penale, troverà più attraente l'aspettativa della impunità rispetto all'applicazione di una pena mite, ma certa. Ma così si ingolfa la giustizia, non la si aiuta ad eliminare le pendenze. E chi sarà a soffrire ancor di più la mancanza di una risposta dello Stato alla domanda di giustizia penale? Sarà, ancora una volta, il povero, il debole socialmente, il soggetto privo di mezzi economici, che non può che affidarsi alla giustizia penale dello Stato. È come per la sanità: anche nella giustizia penale è il socialmente debole a soccombere, le vittime del reato, sono loro, e sempre più chi manca di mezzi. Le disuguaglianze sociali determinano differenze nella trattazione delle cause penali, come di quelle civili. Chi ha la possibilità di rivolgersi ad avvocati importanti e particolarmente esperti e capaci avrà sicuramente maggior successo, sia nel processo penale che in quello civile. Quante eccezioni si inventerà il difensore capace ed esperto per rallentare e, a volte, bloccare il processo? Tanti tra coloro che hanno depositato la proposta di legge sulla prescrizione sono avvocati e lo sanno bene. Anch'io, nella mia vita passata, ho visto la grande differenza nello sviluppo del processo, nello sviluppo dei dibattimenti, a seconda del diverso livello professionale degli avvocati e del livello economico e sociale degli imputati come delle vittime del reato. Ebbene, già questo dovrebbe, o avrebbe dovuto, richiamare l'attenzione di tutti.

Appare, poi, totalmente incomprensibile intervenire in questo momento sul tema della prescrizione, senza aver verificato i risultati della normativa in vigore. Si pensi che, dalla tabella pubblicata dal Ministero della Giustizia - quindi il Ministero della Giustizia lo sa bene -, nell'ambito del monitoraggio della giustizia penale, negli anni dal 2003 al primo semestre 2023, emerge che, diversamente dagli anni 2003-2020, in cui, tranne sporadiche eccezioni, il trend era in aumento - parliamo delle pendenze -, nell'anno 2021, si registra una riduzione delle pendenze del 3,9 per cento e, nel 2022, una riduzione delle pendenze dell'8,5 per cento, nel primo semestre del 2023, dell'8,6 per cento. Cioè, comincia a funzionare la Spazzacorrotti e voi la eliminate quando la Spazzacorrotti esercita ed esprime appieno i suoi effetti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma li hanno visti questi dati, signor Presidente? Io questo mi domando. Ma perché intervenire ora?

L'analisi dei dati relativi alla durata media dei giudizi di impugnazione evidenzia, poi, negli anni 2019-2021, una media in meno di 150 giorni e, per il giudizio di appello, però, in 906 giorni, media che supera 8 volte la media europea ed è più del doppio rispetto al giudizio di primo grado. Quando, quindi, la maggioranza fa una legge nella quale dice che la prescrizione si sospende per 2 anni, cosa significano 2 anni? Il giudizio d'appello dura 3 anni, non 2, ma questo come media.

Ma, se questa è la media - che, poi, nel 2022, è stata ridotta a 705 giorni - nell'ambito del giudizio d'appello, è evidente che nella metà dei distretti d'Italia tutti i giudizi d'appello avranno una prescrizione che si conteggia appieno, senza alcuna sospensione, perché, così come è stato detto, la prescrizione si ricalcola. Quindi, è come se non ci fosse stata sospensione, ma la prescrizione esercita appieno i suoi effetti.

Ecco, ancora una volta, si gioca sulle parole, senza parlare dei dati, senza tener conto delle effettive pendenze- Perché non si è tentato di capire prima di agire sulla prescrizione? La riduzione che i processi avevano avuto, sicuramente, avrebbe aiutato la giustizia a dare risultati particolarmente significativi e questo avrebbe aiutato anche sul PNRR. Invece, abbiamo fatto un passo indietro che mette a repentaglio l'intero nostro finanziamento per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Vedete anche il rapporto che, nell'ottobre 2022, è stato stilato dalla Commissione Europea per l'efficienza della giustizia dà una valutazione in relazione proprio alla lunghezza dei procedimenti. La durata media di un giudizio - ancora qui - è di tre anni nel grado di appello e lo dice la Commissione che però guarda ai tempi soltanto riguardo agli anni fino al 2020. Tuttavia, quel che evidenzia e sconcerta è che il numero degli avvocati nel nostro Paese è di 236 mila, pari a un quinto del numero di professionisti legali che sono presenti in tutta Europa. Perché questo sconcerta? Immaginatevi una mole di avvocati in questo numero applicati ai processi penali, con una prescrizione che galoppa, quale interesse si avrà alle pratiche dilatorie, ai ritardi e, quindi, quanti processi finiranno per non doversi procedere per essere estinto il reato? Certamente, credo che, come giustizia, l'Italia non avrà una bella immagine. Con questa disciplina, effettivamente ci esponiamo ad un gravissimo rischio, quello di tornare indietro di vent'anni. Quel che aveva fatto la Cirielli, lo facciamo oggi, però con un'Italia esposta con un Piano nazionale di ripresa e resilienza che deve rispettare anche una riduzione del 25 per cento delle pendenze, altrimenti perderà ciò che l'Europa ha promesso di dare.

E poi la scarsità delle risorse umane, strumentali e finanziarie, l'incompiuta digitalizzazione, l'informatizzazione, la scadente logistica sono alla base del più serio fattore di crescita che è il tempo, ma, su questo, il Ministro della Giustizia e il Governo stanno intervenendo. O parliamo di prescrizione per risolvere il problema? Il problema non si risolve così, ma si risolve affrontando la ragionevole durata del processo, consentendo al processo, sia per il rito, sia per gli strumenti, sia per il numero di giudici di arrivare a sentenza che sia di accertamento della responsabilità, che sia una sentenza che dica se, effettivamente, un soggetto sia stato autore del reato o non lo sia stato. E' così anche che si protegge la collettività, la comunità nazionale tutta e soprattutto le vittime dei reati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Qui mi sembra che, ancora una volta, guardiamo soltanto all'imputato, soltanto al soggetto condannato. È giusto garantire l'imputato, è giusto garantire colui che viene condannato in primo grado, ma è giusto guardare alle vittime del reato. Quindi, se non riusciamo ad arrivare in tempo, è colpa dello Stato e oggi è colpa del Governo, che non dovrebbe fare una prescrizione così, che porterà la metà dei processi a prescrizione e, quindi, a scadenza. Avrebbe dovuto, prima, dare alla magistratura i giudici e i pubblici ministeri, poi, dare gli strumenti, poi, dare l'informatizzazione e la digitalizzazione e costruirla appieno. Addirittura, oggi, nei tribunali e nelle Corti di appello, è ancora in corso il sistema di digitalizzazione. Quello che dovrebbe essere presente in tutti i distretti e in tutti i gradi di giudizio non c'è, perché abbiamo quattro uffici ai quali è stato assegnato il compito di sperimentare la digitalizzazione. E gli altri? Che fanno? Questo significa che avremo ancora ritardi.

Non si sarebbe dovuto parlare oggi di prescrizione, ma di una riforma del processo penale volta a garantire la ragionevole durata. Dietro ogni processo penale ci sono esigenze di protezione e di tutela, ci sono bisogni, sofferenze, aspettative di cittadini e imprese. La prescrizione, come l'improcedibilità, non possono essere le risposte di uno Stato di diritto, di uno Stato democratico, di uno Stato che possa dirsi tale! Ma cosa fanno questo Governo e questo Ministro della giustizia? Danno una legge come quella della prescrizione, che ci moltiplicherà le pendenze (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bisa. Ne ha facoltà.

INGRID BISA (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, la prescrizione del reato, istituto disciplinato dagli articoli 157 e seguenti del codice penale, è la rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva in considerazione del tempo trascorso dalla commissione del reato.

Per quanto concerne il fondamento e la natura dell'istituto della prescrizione, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 143 del 2014, ha precisato che, sebbene possa proiettarsi, anche sul piano processuale, concorrendo in specie a realizzare la garanzia della ragionevole durata del processo, la prescrizione costituisce, nell'attuale configurazione, un istituto di natura sostanziale, la cui ratio si collega preminentemente, da un lato, all'interesse generale di non più perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno o notevolmente attenuato l'allarme della coscienza comune, dall'altro, al diritto all'oblio dei cittadini, quando il reato non sia così grave da escludere tale tutela.

In materia di prescrizione, sono intervenute diverse riforme e l'abbiamo sentito anche dai colleghi che mi hanno preceduto. La legge n. 251 del 2005, la legge n. 103 del 2017, la legge n. 3 del 2019, la riforma cosiddetta Bonafede, e, da ultimo, la legge n. 134 del 2021, in riferimento alla riforma cosiddetta Cartabia. Infine, il decreto legislativo di attuativo n. 150 del 2022.

La questione principale della riforma oggi in discussione è la previsione di una sospensione della prescrizione per 24 mesi dopo la sentenza di condanna in primo grado e per 12 mesi dopo la conferma della condanna in appello.

Si evidenzia che tali termini di sospensione corrispondono a quelli di ragionevole durata del processo, previsti dalla legge n. 89 del 2001, la cosiddetta legge Pinto, per i rispettivi gradi di giudizio dei principi della ragionevole durata del processo previsti dalla nostra Costituzione.

Se la sentenza d'impugnazione non interviene in questi tempi, la prescrizione riprende il suo corso e si calcola anche il precedente periodo di sospensione. Anche in caso di successivo proscioglimento e di annullamento della sentenza di condanna in appello e in Cassazione, il periodo in cui il processo è stato sospeso si calcola ai fini della predetta prescrizione.

Si prevede, inoltre, che, se durante i citati i termini di spesa e di sospensione - rispettivamente, di due anni e un anno -, sopravviene una delle cause di sospensione previste dall'articolo 159 del codice penale, essi sono aumentati del tempo corrispondente al termine di sospensione previsti per tale causa. E questo, appunto, è il terzo comma. Quindi, il nuovo articolo 159-bis prevede due ipotesi in cui i periodi di sospensione del corso della prescrizione, previsti dal primo comma, possono essere ricomputati ai fini del calcolo dei termini di prescrizione.

Ciò nel caso in cui la pubblicazione della sentenza di appello e della sentenza della corte di cassazione intervenga dopo la scadenza del rispettivo termine previsto di sospensione. Pertanto, nel caso in cui la pubblicazione della sentenza d'appello intervenga dopo più di 2 anni dalla scadenza del termine per il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado e nel caso in cui la pubblicazione della sentenza di cassazione intervenga dopo più di un anno dalla scadenza del termine per il deposito delle motivazioni della sentenza d'appello, la prescrizione riprende il suo corso e il periodo di sospensione è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere. Tale formulazione ricalca quanto previsto nella relazione della commissione di studio per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale nonché in materia di prescrizione del reato, la cosiddetta commissione Lattanzi. Inoltre, ciò avviene quando nel grado in cui ha operato la sospensione o nel grado successivo l'imputato sia prosciolto o la sentenza di condanna venga annullata nella parte relativa all'accertamento della responsabilità e nel caso di dichiarazione di nullità della decisione in alcune specifiche ipotesi previste dall'articolo 604 del codice di procedura penale, con conseguente restituzione degli atti al giudice. In particolare, si tratta delle cause di nullità indicate nell'articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale.

La lettera b), inoltre, modifica il primo comma dell'articolo 160 e aggiunge alle ipotesi di interruzione del corso della prescrizione anche la sentenza di condanna.

La lettera c), modificando il secondo comma dell'articolo 161, estende l'elenco dei reati per cui l'aumento del tempo necessario a prescrivere a seguito dell'interruzione del corso della prescrizione non può superare la metà del tempo ordinario.

La novella in esame poi aggiunge a tale elenco i reati di lesione personale, di cui all'articolo 582 del codice penale, e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni personali al viso, di cui all'articolo 583-quinquies del codice penale, nelle ipotesi aggravate di cui all'articolo 585, limitatamente ai casi di cui all'articolo 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e ai sensi dell'articolo 577, primo comma, numero 1, e secondo comma del codice penale.

La lettera d) inoltre abroga l'articolo 161-bis del codice penale che prevede la cessazione definitiva del corso della prescrizione a seguito della pronuncia della sentenza di primo grado.

L'articolo 2 abroga l'articolo 344-bis del codice di procedura penale in materia di improcedibilità dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione.

Per quanto riguarda la successione di leggi nel tempo - questo è bene ricordarlo - si precisa che, in ragione della natura sostanziale dell'istituto della prescrizione, ad essa si applica il principio di retroattività penale della legge più favorevole al colpevole di reato. Si tratta di un principio generale sancito dall'articolo 2 del codice penale, che trova il proprio fondamento costituzionale nel principio di ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione e la tutela convenzionale da parte dell'articolo 7 della CEDU, in virtù del quale una legge penale favorevole al reo può retroagire nel tempo, e quindi avere effetto anche per condotte compiute prima dell'entrata in vigore della legge più favorevole.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, il provvedimento in esame modifica la disciplina della prescrizione del reato, ossia la rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva in considerazione del tempo trascorso dalla commissione del reato. Prescrizione significa, cioè, che un reato si estingue dopo un certo periodo di tempo e chi ha commesso quel fatto, anche se è stata accertata la sua responsabilità, non può essere condannato, come se nulla fosse successo. In particolare, la norma che oggi esaminiamo prevede la sospensione della prescrizione per 24 mesi dopo la sentenza di condanna in primo grado e per 12 mesi dopo la conferma della condanna in appello. Se la sentenza di impugnazione per il grado successivo non interviene in questi tempi, la prescrizione riprende il suo corso e si calcola anche il precedente periodo di sospensione. Stessa cosa accade quando, in sede di appello, l'imputato che in primo grado era stato condannato viene assolto.

Negli ultimi 6 mesi la disciplina della prescrizione è stata riformata per ben quattro volte ed è dall'inizio della legislatura che il centrodestra ha messo nel mirino le norme vigenti sulla prescrizione. Il Governo si sta arrovellando da mesi sul tema, come se tutti i problemi che affliggono la giustizia potessero essere risolti con l'ennesima riforma della prescrizione. Tuttavia, la prescrizione - sappiatelo - non è affatto la panacea di tutti i mali della giustizia.

Nel 2019 la legge Spazzacorrotti del MoVimento 5 Stelle ha finalmente messo un punto fermo sulla questione: una volta emessa la sentenza di primo grado, bisogna concludere il processo per dare una risposta definitiva ai cittadini e alle vittime. È stato un cambiamento epocale della giustizia, che non deve avere una data di scadenza. Chi ha sbagliato deve scontare una pena. I processi devono avere una ragionevole durata ma chi ha sbagliato non può restare impunito soltanto perché è passato troppo tempo da quando ha commesso il reato. Questo deve essere un principio da cui non tornare indietro. La legge Spazzacorrotti è stata lodata a livello internazionale perché considerata uno strumento efficace per combattere le gravi forme di criminalità e i fenomeni corruttivi, soprattutto nell'ambito della pubblica amministrazione. È assurdo che ancora oggi Governo e maggioranza spendano ore del loro tempo e energie per studiare un nuovo intervento sulla prescrizione, innanzitutto perché non ce n'era bisogno ma, soprattutto, senza comprendere l'impatto degli interventi normativi che si sono susseguiti nel tempo.

Ovviamente questa modifica che avete introdotto crea un nuovo spazio di incertezza, questo ci tengo anche a dirlo, e soprattutto profili problematici. In primo luogo, la nuova disciplina impone innanzitutto un consistente sforzo da parte degli operatori del diritto e, in particolare, dei magistrati, che si ritrovano a dover ricalcolare i termini di prescrizione e riorganizzare i ruoli di udienza alla luce degli stessi. Questo richiede ovviamente tempo, nel corso del quale un considerevole numero di processi sicuramente potrebbe prescriversi. In secondo luogo, la modifica della disciplina in questione potrebbe altresì far perdere i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, come noto, contempla tra i suoi obiettivi quello di migliorare l'accesso alla giustizia. Questo rischio è concreto, e ci tengo anche a ricordarlo in quest'Aula del Parlamento, perché purtroppo sono già stati messi a rischio i fondi da altri interventi di questo Governo, come quello, per esempio, in materia di rigenerazione urbana, che ha comportato la perdita di 16 miliardi di euro, che il Ministro Fitto si è impegnato, fino ad ora senza successo, a recuperare in altro modo. Ovviamente, questa è una nota estremamente dolente perché tutto questo va a ingolfare la macchina della giustizia, senza addirittura avere messo risorse nella legge di bilancio per il comparto stesso. Questo, ovviamente, deve fare riflettere.

Quindi, sono qui anche a chiedervi quale diritto, di fatto, volete tutelare con questa riforma. Sicuramente è una vostra posizione ideologica, ormai nota, che non presta in alcun modo attenzione alle persone offese che in questo vostro provvedimento sono letteralmente dei fantasmi, sono lettera morta, anche perché, per come avete scritto la norma, il processo riguarda solo l'imputato.

A questo punto, vale forse la pena ricordarvi alcuni casi di prescrizione tristemente famosi, per scongiurare il pericolo che possano essere replicati.

Purtroppo, in realtà, il rischio è concreto, visto quello che avete scritto. C'è il caso di Viareggio. La notte del 29 giugno 2009, poco prima di mezzanotte, un convoglio che trasportava gas propano liquido diretto a Gricignano, in provincia di Caserta, deragliò all'altezza della stazione della città della Versilia mentre viaggiava a 90 chilometri orari. Fu la frattura di un fusto di acciaio che collegava due ruote sotto una cisterna a causare il disastro. La cisterna si squarciò mentre il treno era ancora in corsa, provocando la fuoriuscita del GPL. Un incendio esplosivo, tipico di questo liquido, avvolse le vie accanto alla stazione, uccidendo le persone nelle loro case o mentre erano per strada. Le vittime furono 32. Nel maggio 2018 è scattata la prescrizione per i reati di incendio colposo e di lesioni personali colpose. Per questo alcune delle condanne emesse dai giudici della corte d'appello sono state ridotte e qui rimangono 32 morti, nessun responsabile e, ovviamente, famiglie devastate dal dolore.

Poi, ancora, a Venezia la corte d'appello ha dichiarato la prescrizione del reato di violenza sessuale commesso da un uomo che 20 anni fa aveva abusato di sua figlia quando questa aveva appena 8 anni. Pensate che fiducia deve avere questa ragazza nella giustizia quando ha visto mettere nel cestino il suo responsabile. Nessun colpevole.

A Bari una donna di 63 anni è rimasta paraplegica dopo un'operazione per un'ernia del disco. Il neurochirurgo, imputato per lesioni colpose gravissime, è stato salvato dalla prescrizione in appello, nel 2015. Intanto, la signora continua a rimanere sulla sedia a rotelle.

La prescrizione non è soltanto una sconfitta dello Stato, ma di tutte le altre parti del processo e questa posizione ideologica della maggioranza non presta alcuna attenzione - lo ripeto - alle persone offese, ma solo agli imputati. Non dimentichiamo che lo Stato deve dare risposte di giustizia non soltanto alle vittime dei reati e alla collettività, ma anche a favore del soggetto nei confronti del quale si procede, che è interessato ad avere una sentenza che accerti le proprie responsabilità o la propria mancata responsabilità.

I tempi della giustizia devono certamente essere velocizzati, questo nessuno lo mette in dubbio, ma questo obiettivo non si può perseguire facendo saltare i processi, ritornando alla mannaia della prescrizione. Quella non è giustizia veloce, ma è giustizia negata; è patologia della giustizia. Se il Governo volesse veramente garantire la ragionevole durata del processo, come sostiene, dovrebbe intervenire garantendo un serio piano assunzionale e stanziando le necessarie risorse economiche, potenziando il comparto, colmando l'attuale carenza di organico di oltre 1.500 magistrati, prevedendo investimenti per rafforzare la macchina investigativa e per completare il processo di digitalizzazione. È poi indispensabile anche assumere una decisione in ordine alla carriera all'interno dei tribunali degli addetti all'ufficio del processo, che hanno svolto un lavoro straordinario, che nessuno loro riconosce. Manca, poi, in tutto questo provvedimento una visione strutturale della giustizia, come si evince anche dal nuovo disegno di legge di bilancio, nel quale - lo si ribadisce - non sono contemplati investimenti a favore della giustizia, né per quanto riguarda il personale amministrativo. Dunque, ci sono cancellerie che sono costrette a rimanere aperte solo poche ore, perché non c'è personale, con lunghe file di avvocati, visto che i processi di digitalizzazione non sono ancora completati e assolutamente non c'è alcuna risorsa per quanto riguarda l'assunzione di magistrati togati.

I tempi della giustizia, appunto, si velocizzano con gli investimenti, una parola verso la quale abbiamo capito che il Governo Meloni è un po' allergico. A marzo 2023, in magistratura c'erano 1.529 posti vacanti; ad agosto 2023, su 43.468 operatori giudiziari ne mancavano 9.739, con una scopertura del 22 per cento. Quindi, sicuramente bisogna rinforzare gli uffici giudiziari con assunzioni di massa, lo ripeto ancora una volta.

Peraltro, la prescrizione non è affatto un mezzo per velocizzare la giustizia; al contrario a causa della prescrizione nei processi si ricorre a tecniche dilatorie, perché è interesse degli imputati far scorrere il tempo senza arrivare a sentenza e strumenti quali i riti alternativi a quello ordinario diventerebbero paradossalmente meno appetibili per l'imputato ove si approvasse la disciplina recata dalla proposta in esame. Il collegamento tra prescrizione e ragionevole durata dei processi è solo strumentale e non fondato sulla realtà. Con questo provvedimento si finisce solo per garantire l'impunità, senza tenere in considerazione le esigenze delle persone offese dai reati e il dolore dei familiari delle vittime, che combattono contro il tempo per evitare una sentenza di non luogo a procedere per avvenuta prescrizione, altro che giustizia più veloce.

Grazie al Governo Meloni stanno tornando tutte le tecniche dilatorie per allungare i tempi e, come se non bastasse, il meccanismo escogitato da maggioranza e Governo risulta complesso e farraginoso. La conseguenza inevitabile sarà avere molta più confusione, incertezze interpretative sulle norme da applicare su ogni singolo fascicolo e tempi più lunghi. Io, qui, tengo a fare una premessa, perché in Commissione giustizia noi abbiamo presentato tutta una serie di emendamenti, alla luce, ovviamente, anche dei suggerimenti che arrivavano da chi tutti i giorni ha le mani in pasta, ma voi li avete bocciati tutti. Tra questi c'era, per esempio, un emendamento che, integrando l'ottavo comma dell'articolo 157 del codice penale, mirava a includere tra i reati imprescrittibili una serie di fattispecie delittuose di particolare gravità per le quali la competenza di indagine è attribuita alle direzioni distrettuali antimafia, quali, ad esempio, l'associazione per delinquere di stampo mafioso, la riduzione in schiavitù, la tratta di persone, l'acquisto e l'alienazione di schiavi, l'associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di questo reato anche con specifico riferimento al fenomeno migratorio, i reati con finalità di terrorismo o il voto di scambio di tipo mafioso. Visto alla luce, insomma, di quella vostra sensibilità politica che più volte pubblicamente proferite e sbandierate, pensavamo che sarebbe stato accolto; invece, l'avete bocciato. Allo stesso modo, abbiamo chiesto di includere nel novero dei reati imprescrittibili le fattispecie della corruzione per l'esercizio della funzione e della corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, di cui rispettivamente agli articoli 318 e 319 del codice penale, al fine di armonizzare il quadro normativo nazionale alle finalità perseguite dalla recente proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dello scorso mese di maggio relativa alla lotta contro la corruzione, ricordando anche all'Italia - tale direttiva - che la corruzione è un fenomeno che reca gravi danni alla società, alle democrazie dell'Unione europea, all'economia e ai singoli cittadini, indebolendo, al contempo, le istituzioni e compromettendo la credibilità e la capacità, da parte degli Stati membri, di realizzare politiche pubbliche efficaci e di offrire servizi pubblici di qualità, oltre ad abbattere la crescita economica sostenibile sottraendo risorse agli impieghi produttivi e scoraggiando gli investimenti, soprattutto quelli pubblici. È bene ricordare che i profitti derivanti dai fenomeni corruttivi ammontano a circa 10 miliardi, che vengono tolti alla sanità, alla scuola, ai cittadini e alle cittadine. Ricordiamo, poi, che c'è una stretta connessione strutturale tra corruzione e criminalità organizzata. Infatti, lo abbiamo detto tante volte: si spara di meno, ma si corrompe di più.

Abbiamo chiesto, poi, l'estensione dell'imprescrittibilità all'articolo 322 del codice penale, alla luce del Qatargate in Europa, per quanto riguarda l'abuso d'ufficio, che voi avete letteralmente abbattuto, nonché per quanto riguarda i delitti colposi di danno, come dicevamo in precedenza, e la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche dello Stato, di altri enti pubblici e dell'Unione europea, che è un fenomeno criminale enormemente aumentato negli ultimi anni e che va a deviare risorse pubbliche verso la criminalità organizzata, così come i delitti colposi di danno previsti dall'articolo 449 del codice penale.

Poi avete bocciato anche i miei emendamenti in cui, in un'ottica di buon senso, parola che ho ripetuto più volte in Commissione giustizia, si chiedeva di differire l'entrata in vigore del provvedimento, per garantire intanto il potenziamento degli organici della magistratura e dare risorse alla magistratura, in un'ottica, vi assicuro, di assoluto realismo funzionale, per evitare che centinaia di processi cadano in prescrizione.

Allo stesso modo, vi abbiamo messo in evidenza che manca un regime transitorio, provocando tutta una serie di conseguenze disastrose e incerte, tra cui il fatto che, con la nuova disciplina della prescrizione, con quello che mettete in atto, in realtà, si tornerà, non tanto, come avete giustamente fatto, alla riforma Orlando o alla riforma Bonafede, ma, di fatto, utilizzando il favor rei, si ritornerà alla ex Cirielli - che, a consuntivo, peraltro ha fatto registrare un numero di processi caduti in prescrizione pari al 25 per cento circa del totale -, di cui il suo stesso artefice, è bene ricordarlo, ha disconosciuto in parte la paternità. Quindi, questo è quello che andiamo a fare.

All'estero, questi nostri dibattiti sulla prescrizione vi assicuro che appaiono incomprensibili, ma anche qui, a livello italiano, dal momento che fuori dal Palazzo c'è un Paese che si sta piegando sotto i colpi del carovita, del caro benzina, del caro mutui. C'è gente che non arriva neanche a metà della settimana, non alla fine del mese. Le prospettive di sviluppo del Paese sono zero e il Governo alza le tasse. Però a voi sembra che la priorità, per gli italiani e le italiane, sia la riforma della prescrizione: è veramente non rendersi conto di quello che c'è fuori.

PRESIDENTE. Si avvii a concludere.

STEFANIA ASCARI (M5S). Ci tengo a dire - e chiudo, Presidente - che i cittadini e le cittadine non vogliono vivere in un Paese di vittime senza giustizia e di furbi che approfittano del passare del tempo. I processi devono concludersi, le pene devono essere puntuali e i colpevoli sempre condannati. Lo Stato lo deve alle vittime dei reati e a tutti i suoi cittadini e cittadine, dando un messaggio di certezza, serietà e uniformità, perché questo fa di noi uno Stato civile e uno Stato di diritto (Applausi del deputato Quartini).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 893-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Pellicini.

ANDREA PELLICINI, Relatore. Rinuncio, Presidente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Sottosegretario di Stato per la Giustizia, onorevole Delmastro Delle Vedove.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Una replica brevissima, ma il tema la merita.

Sono particolarmente soddisfatto del lavoro svolto dalla Commissione e dai gruppi parlamentari, volto - come ha già tratteggiato, con rara capacità di sintesi, il collega Pellicini - a far ritornare la prescrizione sostanziale, che, ricordo a tutti, è agganciata alla gravità del reato, alla pericolosità sociale del reo, ad archiviare una parentesi “bonafediana” di universo concentrazionario di indagati e imputati a vita, ma anche ad archiviare e ad abbandonare la stagione dell'improcedibilità, che, secondo taluni procuratori d'Italia, avrebbe rottamato 150.000 processi in Italia.

Dunque, alcune brevi considerazioni.

Al collega Enrico Costa, che onestamente ha parlato della Cartabia come di una soluzione tampone, che nasceva dalla disomogeneità politica di quel Governo: siamo fieri, viceversa, che oggi vi sia una maggioranza che discute al suo interno, ma che poi propone all'esterno un testo unico, che, se è vero, come dice l'onorevole Costa, che pone fine al “fine processo mai”, che è fuori dal perimetro culturale e antropologico del centrodestra, pone anche fine alla rottamazione dei processi in appello, perché anche quella è fuori dal perimetro culturale e antropologico del centrodestra.

Al collega Gianassi del PD, che raccontava di una scelta di natura tecnicistica, lo tolgo da ogni imbarazzo: non ci nascondiamo dietro una scelta cosiddetta tecnicistica. La nostra è una precisa scelta politica. Politica dei diritti: mai più universi concentrazionari di indagati e imputati a vita. Politica criminale: nessuna rottamazione dei processi in appello. Politica - e lo dico con orgoglio - di sistema: mai più i coacervi giuridici, i Frankenstein giuridici, per cui si miscela, in un mix esplosivo, un'eco pallida della prescrizione sostanziale in primo grado e una prescrizione processuale in secondo grado, cosa che non credo abbia pari in nessun Paese, quantomeno d'Europa.

Raccolgo anche l'indicazione dell'onorevole De Raho e, più in generale, del MoVimento 5 Stelle, che sono animati da una preoccupazione che ho anche io: garantire le vittime all'interno del processo. Ma, lo dico con franchezza, se l'onorevole De Raho, in quest'Aula, racconta che la media di un processo d'appello dura 3 anni, allora rispondo: abbiamo messo una pezza all'improcedibilità “cartabiana”, votata dal MoVimento 5 Stelle, che faceva discendere l'improcedibilità dopo 2 anni. La media dei processi italiani, con il voto del MoVimento 5 Stelle, sarebbe diventata improcedibile! E per noi, animati non già da pulsioni giustizialiste e garantiste, ma dalla volontà di superare le contrapposte curve da ultras da stadio… perché chi non può dirsi garantista, se garantismo vuol dire consegnare garanzie ai cittadini, fra cui la prescrizione sostanziale? Chi non può neanche dirsi, contemporaneamente, giustizialista, se ciò significa essere animati da un'esigenza di giustizia? Ebbene, la prima evidente esigenza di giustizia - e termino, Presidente - che abbiamo avvertito noi, era uscire dall'improcedibilità “cartabiana”, votata dal MoVimento 5 Stelle, che avrebbe prodotto la rottamazione di 150.000 processi.

E, allora, sotto questo profilo, è stupefacente che, proprio dall'ambiente del MoVimento 5 Stelle, che ha cancellato l'improcedibilità in appello e che avrebbe rottamato i processi, venga un alert: fate attenzione alle vittime del reato. Sì, ci abbiamo fatto attenzione e abbiamo cancellato una riforma che era completamente disinteressata alle esigenze delle vittime e che voi avete votato!

E termino con i due esempi che ha fatto una collega del MoVimento 5 Stelle. Viareggio: dopo 20 anni, è sopraggiunta la prescrizione. Viareggio, con la vostra riforma, dopo 2 anni in appello, arrivederci, saluti e grazie: improcedibile. Venezia: dopo 20 anni, prescritto. Violenza sessuale: in appello, sarebbe diventato improcedibile dopo 2 anni.

E allora, raccontiamoci tutta la verità. È stata maneggiata malamente la giustizia in questi 20 anni. Abbiamo deciso di ritornare ad un diritto che affonda nella grecità, il diritto all'oblio, e cioè la prescrizione come diritto sostanziale del cittadino, pur salvaguardando e preservando le vittime del reato dalla mannaia posta in appello contro l'accertamento processuale della verità dei fatti, che è stata votata, nella scorsa legislatura, anche dal MoVimento 5 Stelle, il quale, oggi, può dire tutto a questo centrodestra, tranne che non abbia a cuore le esigenze delle vittime. Infatti, il primo modo di avere a cuore le esigenze delle vittime è archiviare l'improcedibilità della riforma Cartabia, votata proprio dal MoVimento 5 Stelle (Applausi del deputato Pellicini).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15,10.

La seduta, sospesa alle 14,50, è ripresa alle 15,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 76, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 878 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale (Approvato dal Senato) (A.C. 1517​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1517: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale.

Ricordo che nella seduta del 31 ottobre 2023 sono state respinte le questioni pregiudiziali Bonafe' ed altri n. 1, Zaratti ed altri n. 2 e Magi ed altri n. 3.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1517​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Riccardo De Corato.

RICCARDO DE CORATO , Relatore. Grazie, Presidente. Con le decisioni assunte dal Consiglio dei ministri del 7 dicembre 2023, si è data una pronta ed immediata risposta al fenomeno della criminalità minorile, balzato alla ribalta a causa dei gravi fatti accaduti negli ultimi tempi. Lo stupro consumatosi a Palermo, gli abusi sessuali a Caivano, la tremenda vicenda dell'omicidio di Giovanbattista Cutolo a Napoli ed anche quanto accaduto a Roma ai danni del “prete coraggio”, Don Coluccia, hanno conosciuto l'intervento immediato dell'Esecutivo che, con il DL Caivano, complesso e articolato, pone un argine al disagio dei più giovani e innova il sistema di prevenzione.

Quanto accaduto a Caivano - gli abusi sessuali ai danni di due minorenni - ha alzato il velo su una realtà difficile che, per troppo tempo, non ha conosciuto la presenza dello Stato. Sull'onda non già delle emozioni, ma dell'escalation che la criminalità giovanile ha conosciuto, troppo spesso anche come manovalanza della criminalità organizzata, il Governo ha adottato il decreto-legge “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile”.

Le nuove norme sono finalizzate a risanare e a riqualificare il territorio del comune di Caivano e a favorire lo sviluppo economico e sociale; in particolare, è stata prevista la nomina del dottor Fabio Ciciliano a commissario straordinario, nomina che interverrà a mezzo di DPCM, dopo l'entrata in vigore di questo decreto, con il compito di adottare entro i successivi 15 giorni, d'intesa con il comune di Caivano e con il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio, un piano straordinario di interventi infrastrutturali e di riqualificazione del territorio comunale. È previsto il coinvolgimento tecnico-operativo anche di Invitalia Spa e si dovranno prevedere anche specifici interventi urgenti di ripristino del centro sportivo ex Delphinia, in collaborazione con gli uffici del genio militare e della società Sport e salute.

L'articolo 1 introduce una serie di disposizioni volte a fronteggiare le situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile presenti nel territorio del comune di Caivano.

Il comma 1 prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro 15 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, sia nominato un commissario straordinario, con il compito di predisporre, d'intesa con il comune di Caivano e con il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, un piano straordinario per la realizzazione di interventi infrastrutturali e riqualificazione funzionale al risanamento del comune.

Il comma 2 prevede che per la realizzazione dei predetti interventi si possa agire in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale.

Il comma 3 prevede l'istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di una struttura di supporto per lo svolgimento dei compiti del commissario straordinario.

I commi 4 e 5 dell'articolo 1 prevedono che, all'interno del piano straordinario predisposto e attuato dal commissario, siano contemplati anche interventi urgenti per il risanamento, il ripristino, il completamento e l'adeguamento del centro sportivo ex Delphinia del comune di Caivano.

I commi 4-bis e 4-ter, che sono stati introdotti dal Senato, prevedono un rifinanziamento di 12 milioni di euro per il 2023 dell'autorizzazione di spesa relativa al Piano strategico “Grandi progetti beni culturali”.

I commi 6 e 7 prevedono che il MUR finanzi specifici progetti finalizzati alla costruzione o rigenerazione di edifici e spazi nell'area del comune di Caivano, da destinare ad attività educative e formative realizzate dalle istituzioni universitarie che hanno sede in Campania. Gli interventi sono finanziati a valere sul Fondo integrativo speciale, il FISR, per 5 milioni di euro nel 2024.

Il comma 7-bis destina 100.000 euro per l'anno 2024 al comune di Caivano per l'installazione di sistemi di videosorveglianza.

I commi da 8 a 10-quinquies autorizzano il comune di Caivano a procedere ad alcune assunzioni di personale a tempo indeterminato.

Infine, il comma 10-sexies prevede che il Ministro per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità promuova, nell'ambito del Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne, il potenziamento della rete territoriale antiviolenza del comune di Caivano.

Poi, l'articolo 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede, ai commi 1, 2 e 5, l'adozione di un programma di interventi per incrementare la capacità tecnica e operativa dell'amministrazione comunale di Caivano.

L'articolo 1-ter, introdotto anch'esso dal Senato, detta alcune disposizioni volte ad assicurare che l'Agenzia italiana per la gioventù destini almeno un progetto annuale per Caivano.

L'articolo 2 prevede che il Ministero dell'Università e della ricerca sottoscriva un accordo di programma con una o più università statali aventi sede in Campania.

L'articolo 3 interviene sulla disciplina di alcune misure di prevenzione a tutela della sicurezza pubblica e delle città. Più nel dettaglio, il comma 1, lettera a), riscrive l'articolo 10, comma 4, eliminando la procedura di convalida da parte dell'autorità giudiziaria per l'ipotesi aggravata di misura del divieto di accesso a determinati luoghi, a tutela del decoro urbano e della sicurezza. All'articolo 13-bis del decreto-legge n. 14 del 2017 si amplia l'ambito di applicazione del divieto di accesso ai pubblici esercizi, ovvero locali di pubblico intrattenimento.

L'articolo 3-bis istituisce presso il Ministero dell'Interno un Osservatorio sulle periferie, con il compito di promuovere il monitoraggio delle condizioni di vivibilità e decoro delle città, rendendo noto annualmente, anche attraverso la pubblicazione in rete, i risultati delle sue attività.

L'articolo 3-ter trasferisce lo stanziamento di 4 milioni annui per il triennio 2023-2025, già previsto dalla legge di bilancio dello scorso anno, per il potenziamento delle iniziative dei comuni per l'installazione e la manutenzione dei sistemi di videosorveglianza.

L'articolo 4 prevede inasprimenti delle pene per i reati di porto abusivo di armi o strumenti atti ad offendere e di porto abusivo di armi per le quali non è ammessa la licenza.

Il comma 1 modifica l'articolo 4 della legge n. 110 del 1975, che detta norme integrative della disciplina per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi.

Il comma 1-bis introduce nella legge sulle armi il nuovo delitto di porto d'armi per cui non è ammessa licenza.

Il comma 2 abroga l'articolo 699, secondo comma, del codice penale.

Il comma 2-bis interviene sull'articolo 381 del codice di procedura penale, inserendolo nel catalogo dei reati per i quali è possibile l'arresto in flagranza. Il comma 2-ter prevede, anche per questo delitto, l'applicazione di un'aggravante. Il comma 2-quater introduce nel codice penale, all'articolo 421-bis, tra i delitti contro l'ordine pubblico, il reato di pubblica intimidazione con uso di armi. Poi, abbiamo il comma 2-quinquies, che abroga l'articolo 6 della legge n. 895 del 1967, che disciplina analoga fattispecie di reato, e il comma 2-sexies, che inserisce la nuova fattispecie penale nel catalogo dei delitti previsto dall'articolo 4 del codice antimafia. Il comma 3, modificando l'articolo 73, riguarda gli stupefacenti e aumenta da 4 a 5 anni la pena massima della reclusione per i reati di lieve entità, relativi alla produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

Ancora, abbiamo l'articolo 5, che reca disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile. Un primo novero di previsioni, contenuto nel comma 1, concerne l'avviso orale del quale si amplia l'ambito soggettivo di applicazione, includendo i minori che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età. Poi, abbiamo il divieto di possesso e utilizzo di una serie di oggetti potenzialmente strumentali alla commissione di atti di violenza, del quale si amplia, del pari, l'ambito soggettivo di applicazione.

Abbiamo, inoltre, l'articolo 6, che interviene sulla disciplina del processo penale minorile, di cui al DPR n. 448 del 1988. In particolare, il provvedimento, dopo aver precisato che, in ogni stato e grado, l'autorità giudiziaria possa avvalersi del Servizio sanitario nazionale, interviene sull'istituto dell'accompagnamento a seguito di flagranza, per ampliarne l'ambito di applicazione. La lettera b), riducendo da 5 a 4 anni il limite edittale previsto per l'applicazione delle misure cautelari diverse dalla custodia cautelare, consente l'applicazione dell'attenuante della minore età, anche per i delitti di cui all'articolo 73. Intervenendo sull'articolo 22 del DPR n. 448 del 22 settembre 1988, viene soppresso il limite massimo di un mese per la durata della misura della custodia cautelare. È previsto, inoltre, che il giudice, su richiesta del pubblico ministero, possa disporre la sostituzione della misura del collocamento in comunità con quella della custodia cautelare, nei casi consentiti sempre dall'articolo 23 del medesimo DPR. La lettera c) del comma 1 apporta modifiche, infine, all'articolo 23, sempre del medesimo DPR, che disciplina le ipotesi di applicazione della custodia cautelare.

L'articolo 7 prevede che, quando, durante le indagini nell'ambito di procedimenti per reati di associazione di stampo mafioso o finalizzati al traffico di droga, emerga una situazione di pregiudizio che interessi un minore, il PM deve informare il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni per le eventuali iniziative di competenza in materia di potestà genitoriale.

L'articolo 8 introduce ulteriori modifiche al DPR n. 448 del 1988 e l'articolo 9 inserisce nel decreto legislativo n. 121 del 2018, che disciplina l'esecuzione delle pene nei confronti dei minori, l'articolo 10-bis, rubricato: Trasferimento presso un istituto penitenziario per adulti.

L'articolo 10, comma 1, autorizza le istituzioni scolastiche statali del primo e del secondo ciclo di istruzione delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia ad attivare incarichi temporanei di personale ATA a tempo determinato fino al 31 dicembre 2023, al fine di contrastare la dispersione scolastica e ridurre i divari territoriali e negli apprendimenti.

Inoltre, l'articolo 10-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, dispone, al comma 1, che a decorrere dall'anno scolastico 2024-2025 i dirigenti degli uffici scolastici regionali, con riferimento alle istituzioni scolastiche ed educative del primo e del secondo ciclo di istruzione site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche, nei contesti di disagio giovanile o caratterizzate dalla presenza di alunni con fragilità negli apprendimenti, nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia, possano derogare al numero minimo di alunni per classe.

L'articolo 11, al fine di assicurare il rispetto del target della Missione 4 - Componente 1 - Investimento 1.1 del PNRR “Piano per asili nido e scuole dell'infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia”, autorizza un ulteriore piano per asili nido.

L'articolo 12 introduce disposizioni per rafforzare il rispetto dell'obbligo di istruzione.

L'articolo 13 riguarda l'applicazione dei controlli parentali nei dispositivi di comunicazione elettronica.

L'articolo 13-bis detta disposizioni al fine di tutelare il benessere psicofisico dei giovani non maggiorenni rispetto all'accesso e alla fruizione di contenuti audiovisivi e multimediali di tipo pornografico.

L'articolo 14 dispone, al comma 1, che il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri promuova studi ed elabori linee guida rivolte ai fruitori di dispositivi di comunicazione elettronica.

L'articolo 15 individua l'Agcom quale coordinatore dei servizi digitali.

L'articolo 15-bis incrementa di 4 unità il numero massimo di uffici dirigenziali di livello generale con decorrenza dal 2024, nonché di 10 unità il limite massimo per quelli dirigenziali. Poi, abbiamo, anche qui, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale.

L'articolo 15-ter interviene sull'articolo 2 della recente legge n. 93 del 2023, che ha introdotto disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore.

L'articolo 15-quater demanda a un decreto del Ministero delle Imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze, la definizione di modalità di assegnazione di risorse per favorire la sperimentazione di nuove tecnologie televisive anche con riferimento al 5G.

L'articolo 16, infine, dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Per il Governo, quindi, si tratta di una meta fondamentale lungo il percorso dell'iniziativa politica; non si è dinanzi a norme puramente punitive o securitarie, ma a nuove forme di prevenzione efficienti e mirate a garantire sia la sicurezza nelle strade sia la libertà di ognuno, una migliore tutela dei minori e un migliore sistema di incentivazioni nella lotta contro la criminalità minorile.

Il lavoro parlamentare si è, peraltro, distinto per l'introduzione di nuove figure utilissime non solo all'integrazione del nuovo testo normativo, ma anche per rappresentare la volontà politica di questa maggioranza e di questo Governo che segna, ancora una volta, la ferma volontà del contrasto alla criminalità e alla droga, la vicinanza al territorio e alla popolazione, e le misure straordinarie per il comune di Caivano, così gravemente colpito da un'ondata criminale e, soprattutto, quindi, per la protezione dei minori.

PRESIDENTE. La rappresentante del Governo si riserva di intervenire.

È iscritta a parlare la deputata Simona Bonafe'. Ne ha facoltà.

SIMONA BONAFE' (PD-IDP). Grazie, Presidente. A nessuno sfugge la gravità di quanto è successo a Caivano e, ahimè, non solo a Caivano, recentemente, ma anche in altre zone, in altre periferie del nostro Paese, fatti tragici che hanno riportato alla luce il grave disagio sociale, economico ma direi anche ambientale, di alcune aree degradate del nostro territorio. Questi casi sono ancora più tragici perché riguardano minori, riguardano ragazzi. Non c'è dubbio che il disagio giovanile sia al centro delle nostre preoccupazioni di legislatori e sia un tema sul quale dobbiamo porre grandissima attenzione e lo stesso vale per quelle condotte illecite e gravi che generano anche un allarme sociale.

Ho fatto questa premessa perché ritengo che sia stato giusto intervenire, che servisse un intervento. Però, come spesso accade a questo Governo, si tende ad intervenire più sull'onda dell'emozione che generano determinati eventi che non con norme che, poi, vadano a risolvere i problemi. È già successo in passato, abbiamo visto che cosa è successo. Potrei fare un solo esempio e ne potrei fare tanti. Cito il caso di Cutro quando, all'indomani del naufragio, il Governo mise in campo un decreto che prevedeva l'innalzamento delle pene per gli scafisti. Ben venga questo tipo di stretta repressiva ma, all'indomani di quell'intervento, all'indomani di una pomposa conferenza stampa in cui la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dichiarò guerra agli scafisti su tutto il globo terracqueo, abbiamo visto cosa è successo, abbiamo visto quale è stato il risultato concreto. Non ricordo i dati di questi giorni ma posso sicuramente dire che, da quel giorno, gli sbarchi sulle nostre coste sono non aumentati ma, addirittura, triplicati.

Questo per dire che cosa? Per dire che, sebbene in quel caso - sottolineo - fosse necessaria una stretta repressiva, evidentemente non bastano solo le strette repressive per risolvere i problemi. Cutro è un esempio, ma qui ne abbiamo un altro. Evidentemente, accanto alla repressione, serve agire sulle cause, serve qualcos'altro.

Se si fosse voluto non fare propaganda, ahimè, sulla pelle dei ragazzi, ma risolvere i problemi, è chiaro che non si sarebbe adottato uno strumento come quello del decreto-legge che, per sua natura, non aiuta il confronto con le opposizioni. Al Senato ci sono state audizioni in una giornata e, peraltro, è stata posta la fiducia, come, molto probabilmente, verrà posta anche qui su questo decreto. Al Senato, i tempi sono stati ristretti. Devo dire che qui, alla Camera, ormai siamo in presenza di un monocameralismo di fatto. Infatti, dico solo che questo provvedimento è arrivato in Commissione venerdì della settimana scorsa, lunedì c'è stata la scadenza del termine per gli emendamenti e martedì è stato dato il mandato al relatore. Quindi, capite bene che il lavoro e i tempi che ci sono stati per l'esame sono stati non dico nemmeno ridotti ma direi inesistenti, e questo io penso che sia un tema.

Così come penso che sia un tema - lo dico per inciso, poi torno a parlare del decreto - il fatto che ci troviamo di fronte al quarantaseiesimo decreto. Ormai abbiamo superato il limite della decenza. Vorrei ricordare a quest'Aula non solo le parole della Presidente del Consiglio sulla decretazione d'urgenza quando era all'opposizione ma le parole della Presidente del Consiglio quando, seduta ai banchi del Governo, all'inizio della legislatura, ha promesso che avrebbe limitato l'uso della decretazione d'urgenza. Invece, ci troviamo in questa situazione, con 46 decreti, che è il limite massimo che mai nessun Governo aveva toccato con questi ritmi, e ci troviamo, ahimè, in una situazione in cui il Parlamento non riesce a fare il proprio lavoro. Questo lo dico non solo per l'opposizione ma lo dico anche per i colleghi di maggioranza, visto che, peraltro, è stato messo loro il bavaglio persino sulla legge più importante, che è la legge di bilancio.

Detto questo, se si fosse voluto mettere in campo un provvedimento utile a risolvere il problema, non si sarebbe fatto un decreto che, per sua natura, ha tempi che sono quelli, appunto, della decretazione d'urgenza. Non perché non fosse urgente intervenire ma perché è evidente che su questo tema, seppur con velocità, si dovesse mettere in campo qualcos'altro, una legge organica che affrontasse tutti i nodi che hanno a che fare con la delinquenza minorile, con le devianze minorili. Peraltro, prima è stato omesso di dire che in questo decreto - proprio per ricordare anche la sua eterogeneità - ci sono alcuni articoli che non hanno niente a che vedere con il tema molto serio di cui stiamo parlando. L'articolo 15 concerne il coordinamento dei servizi digitali. Per carità, va bene tutto, ma inserire questo tema in un provvedimento così delicato stona un po' con la gravità della situazione su cui questo provvedimento va ad agire. Allo stesso modo, ci sono norme sulle semplificazioni in materia di sperimentazione di nuove tecnologie televisive. Mi spiegate cosa c'entra questo - peraltro, è un emendamento di maggioranza inserito al Senato - con la devianza minorile? È evidente che non si voleva risolvere il problema, ripeto, ma fare propaganda. La propaganda su queste questioni la lascio fare a voi, la lascio fare alla maggioranza.

Questo decreto, lo ripeto, va ad insistere su norme penali che riguardano la giustizia minorile. Noi stiamo andando a restringere la libertà personale di minori e lo andiamo a fare con un decreto; meglio, voi lo state andando a fare con un decreto. È chiaro che, se si fossero volute ascoltare anche quelle poche persone che è stato possibile audire al Senato - perché alla Camera non abbiamo avuto questo privilegio - e se si fossero ascoltate fino in fondo le competenze che si sono espresse nelle audizioni, forse avreste capito che non serve solo la repressione ma che serve anche la rieducazione e serve anche la prevenzione di questi fenomeni.

Anche a questo riguardo voglio dire - voglio subito sgombrare il campo - che non è che noi non siamo per la repressione. Noi abbiamo presentato, come Partito Democratico, emendamenti che vanno a insistere sulla necessaria presenza dello Stato in quei territori, perché l'unica presenza che c'è lì è la presenza della criminalità organizzata. Quindi, noi stessi abbiamo presentato emendamenti che richiedevano di aumentare la presenza delle Forze di Polizia sul territorio, di aumentare la presenza dell'Esercito, il controllo dell'Esercito sul territorio. Sgombriamo il campo, noi siamo perché ci sia ben visibile la presenza dello Stato, ma non basta, non basta quella e non basta aumentare le pene per risolvere i problemi. Peraltro, si aumentano le pene smantellando il diritto penale minorile che, voglio ricordarlo in quest'Aula, è il fiore all'occhiello della giustizia italiana. Sono proprio gli istituti di recupero del minore che hanno reso il nostro Paese un faro su queste tematiche, perché è assolutamente evidente che mettere in carcere senza opportunità e senza alternative un minore, cioè senza prospettive future, rischia di consegnare questo minore, questi ragazzi alla devianza per sempre. Quindi, è chiaro che vanno costruite, ripeto, alternative.

Qui di alternative ce ne sono molto poche, c'è l'aumento della possibilità di applicare al minore le misure cautelari e la loro durata. È evidente che, se si applicano le misure cautelari, vuol dire che si decide scientemente di non investire, invece, sulla rieducazione, tant'è che, infatti, è stata ridotta l'applicabilità della messa alla prova, l'istituto fra i più efficaci per recuperare i minori. Qui c'è proprio uno smantellamento di questo sistema. Sono state aumentate le pene per i più diversi reati ed è stato reso più facile l'ingresso in carcere per i minori, senza, peraltro, che vi poneste un altro problema, cioè che si vanno a riempire le carceri di minori in un contesto in cui già le carceri sono sovraffollate. Ma non vi siete posti anche il problema di come affrontare questo tema, di come incrementare le case comunità, anche per rendere più efficace e capillare, nel caso, la messa alla prova? Ripeto, è un provvedimento che, lungi dal risolvere il problema vero e grave che esiste, rischia solo di aprire crepe in un sistema che, oggi, tutti i Paesi europei ci invidiano.

Dicevo, in precedenza, delle alternative. Per alternative non si intende solo enunciare il principio di politiche che vanno nella direzione di favorire l'obbligo scolastico, piuttosto che maggiori investimenti in cultura o riqualificazione urbana, perché, è vero, queste cose nel decreto ci sono, però fra il fatto di averle enunciate e la volontà di andare in quella direzione c'è una parolina che si chiama “risorse”. Ecco, quelle, le risorse, in questo provvedimento non ci sono. Quindi, sono solo enunciazioni di principio che, francamente, lasciano il tempo che trovano.

Allora, è chiaro che qui, fra le alternative, non posso che dire: ma che fine hanno fatto le politiche per il lavoro, perché l'unico datore di lavoro in quei territori è la criminalità organizzata. Se vogliamo dare una prospettiva, se vogliamo veramente fare prevenzione, sulle politiche del lavoro io mi aspetterei un investimento diverso. Che fine ha fatto la rieducazione? Avete smantellato il sistema della messa alla prova, non ci sono risorse sulla rieducazione. Allora, vogliamo davvero andare contro l'articolo 27 della Costituzione, che dice che la pena ha un fine rieducativo? Stiamo parlando di minori e qui la cosa è ancora più grave. Non c'è niente sulla cultura e ci sono pochissimi investimenti e pochissimi soldi, anzi, oserei dire, zero sull'inclusione sociale. Anche qui stiamo parlando della necessità di presidi educativi, di presa in carico delle famiglie da parte dei servizi sociali. È chiaro che in situazioni di quel genere i ragazzi vengono anche da contesti familiari problematici. L'investimento sui servizi sociali del comune è fondamentale, e non c'è niente di questo. Qui, sostanzialmente, se dovessi dare un titolo a questo decreto direi che voi prevedete per questi ragazzi che delinquono misure addirittura più pesanti di quelle che già ci sono e nessuna alternativa al carcere a vita, perché stiamo condannando questi ragazzi al carcere a vita.

Ho parlato di misure culturali, ho parlato del lavoro, di servizi sociali, l'altra alternativa - perché è chiaro che la coesione sociale in un sistema di degrado è sempre più difficile da tenere in piedi - sono le risorse per la riqualificazione urbana e per la rigenerazione urbana di quei territori. Mi sto riferendo chiaramente alla promozione di progetti di manutenzione e di rifunzionalizzazione, per esempio, di aree pubbliche che, nel tempo, sono state abbandonate. Noi abbiamo presentato un emendamento proprio su questo, che chiaramente non è stato approvato e presenteremo un ordine del giorno e mi auguro che su questo ci possa essere una convergenza comune, proprio per istituire un programma straordinario di interventi per la rigenerazione. Lo dico anche in sinergia magari con gli investitori o con i finanziamenti privati. Se questo è l'obiettivo, c'è un altro tema che voglio affrontare in quest'Aula, e cioè la necessità di ripristinare i 16 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati ai comuni per i piani integrati urbani. Il Ministro Fitto ha più volte detto che queste risorse verranno in qualche modo ridestinate ai comuni e ripeto che gran parte di queste risorse sono per i piani integrati urbani anche in zone di degrado. Per evitare che, nel futuro, ci siano ulteriori zone di degrado questi soldi vanno messi, vanno ripristinati. Nonostante le promesse più volte fatte dal Ministro Fitto, ancora non sappiamo se queste risorse arriveranno ed eventualmente da dove arriveranno. Lo dico perché anche il tema della rifunzionalizzazione di queste aree e della rigenerazione urbana è un tema che a noi sta molto a cuore.

In conclusione, si è persa un'occasione importante per fare un lavoro, insieme alle forze di opposizione, che servisse veramente a questi ragazzi. Ripeto, noi stiamo parlando delle giovani generazioni e di minori in contesti di fragilità e di difficoltà. Si è persa un'occasione perché, con questo provvedimento, che va solo ad agire in una logica panpenalistica, noi perdiamo davvero la possibilità di dare alle future generazioni una seconda chance, quella che effettivamente servirebbe per toglierli da contesti così difficili e drammatici.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sbardella. Ne ha facoltà.

LUCA SBARDELLA (FDI). Onorevole Presidente e onorevoli colleghi, il decreto di cui stiamo parlando rappresenta uno degli atti più caratterizzanti e importanti definiti nel corso di questa legislatura. Si tratta, infatti, di un provvedimento a favore della sicurezza, contro la criminalità, minorile, e non solo, e con strumenti nuovi di prevenzione e di contrasto rispetto a reati che generano un forte allarme sociale. C'è una sola cosa di questo decreto che lascia perplessi: il comportamento delle opposizioni; mi riferisco, in particolare a coloro che, negli ultimi anni, hanno avuto responsabilità di Governo, a chi ancora ricorda direttamente un ruolo amministrativo in regione Campania e, nonostante, questo nulla ha saputo o voluto fare a favore dei territori in cui, prima di ogni altra cosa, è stata forte e grave l'assenza delle istituzioni. La posizione di queste forze politiche appare - e non solo a me – incomprensibile. È stato detto che le misure contenute in questo decreto avranno un effetto limitato e che non rappresentano innovazioni di particolare rilevanza, ma allora, se così fosse, se si tratta di elementi di semplice e puro comune buon senso, perché non hanno non li hanno adottati prima? Soprattutto, perché non vengono votati? Si è detto poi che la ratio del provvedimento è troppo sbilanciata a favore della repressione, piuttosto che della prevenzione, un giudizio che non prende in considerazione le tante misure di prevenzione previste nel provvedimento e che, più che altro, ci pone un altro quesito. Qualcuno ritiene ancora che si possano arginare, combattere e sconfiggere tali fenomeni criminali in aree difficili del Paese, senza ricorrere anche a misure repressive? Hanno ragione i colleghi dell'opposizione: non c'è niente di nuovo. Tranne il fatto che lo Stato torna finalmente a fare lo Stato, con autorevolezza e lungimiranza. Ce lo dicono le tante disposizioni contenute nel decreto. Ce lo dicono le persone che vivono in quelle aree e ce lo dicono le associazioni, le parrocchie, le tante sentinelle sociali che qualcuno, per troppo tempo, ha smesso di ascoltare. Allora, diventa importante valutarlo insieme, sebbene in sintesi, le innovazioni previste da questo decreto.

Per quanto riguarda il territorio di Caivano – dove, ricordo, ci sono stati atti di violenza, anche sessuale, di particolare gravità - c'è l'istituzione di un commissario straordinario, il dottor Fabio Ciciliano, che avrà il compito di adottare un piano di interventi, anche di tipo infrastrutturale, e lo farà d'intesa con il Governo e con le amministrazioni locali. Mi piace sottolineare, da questo punto di vista, il coinvolgimento di Invitalia, del Genio militare e della società Sport e Salute, per ripristinare un impianto sportivo a favore dei tanti giovani che gravitano in quell'area. Lo sottolineo perché tale previsione va esattamente nella direzione più volte espressa e auspicata dal Presidente Meloni affinché lo Stato faccia la sua parte con efficacia ed efficienza e lo faccia utilizzando le tante articolazioni di cui dispone, mettendo a sistema competenze e mezzi che insieme possono realmente assumere un ruolo determinante. Riguardo, invece, la prevenzione dei reati minorili, vi è l'estensione del DASPO urbano ai minori con più di 14 anni che, a fronte di reati o comportamenti gravi, potranno vedersi inibire l'accesso a determinate zone, il tutto con il coinvolgimento dei genitori e con la previsione di maggiori poteri alle forze di sicurezza, a partire proprio dalle prerogative del questore. Si aumentano i tempi riguardo al foglio di via obbligatorio, esteso fino a un anno, mentre per alcune fattispecie particolarmente gravi, tra le quali lo spaccio di sostanze stupefacenti e il possesso illegale di armi, vengono aumentate le pene previste e per quest'ultimo reato vengono previste maggiori facoltà rispetto all'arresto in flagranza. C'è poi un significativo pacchetto di interventi relativi alla sfera penale e alle misure di rieducazione dei minori coinvolti. Anche qui ci sono state tante polemiche inutili che, in particolare per aree come Caivano, non hanno tenuto minimamente conto di alcuni comportamenti delle organizzazioni criminali. Il coinvolgimento di minori sempre più giovani è diventato, infatti, sistematico per tutte quelle realtà che sapendo della evidente esposizioni nel compiere alcune attività puntano all'elemento dell'età minorile come vero e proprio escamotage per evitare il più possibile le sanzioni penali. Tale elemento sarà da oggi fortemente limitato e, al tempo stesso, sono previsti particolari percorsi riabilitativi e rieducativi che vanno nella direzione di sostenere e aiutare i giovani finiti nella morsa di tale organizzazione. In tale logica, va letto l'ammonimento previsto per i giovani tra i 12 e i 14 anni, che non è, come è stato detto in malafede, legato all'intenzione dell'attuale Governo di punire i bambini, ma, al contrario, uno strumento che il questore potrà utilizzare per sanare situazioni gravi alla presenza di chi esercita la potestà genitoriale. Nella stessa direzione si colloca la possibilità di vietare ai minori coinvolti in determinati reati l'utilizzo di cellulari e altre apparecchiature elettroniche.

L'attualità ci dice, infatti, che spesso riprendere e diffondere le violenze commesse è diventato un motivo in più per compiere tali atti, e non una mera conseguenza. Per questo è evidente che un intervento di limitazione può assumere un carattere fortemente preventivo e tutelare i tanti ragazzi coinvolti loro malgrado.

Più poteri al commissario straordinario, più risorse e mezzi al comune di Caivano, ulteriori elementi contro il possesso illegale di armi e lo spaccio di stupefacenti e la previsione di sistemi da adottare per istituire un efficace parental control per evitare la fruizione da parte dei minori di contenuti pedopornografici. Sono questi, insieme alla previsione di un Osservatorio sulle periferie da istituire presso il Ministero dell'Interno, gli ulteriori interventi adottati in sede di conversione presso il Senato.

Possiamo, dunque, fare una valutazione oggettiva del provvedimento: più risorse, più mezzi, più Stato a tutela dei minori, pene più elevate, più strumenti a disposizione delle Forze di polizia e dell'autorità giudiziaria per contenere il fenomeno dell'utilizzo dei giovani da parte delle organizzazioni criminali, nuovi strumenti a disposizione del questore e delle autorità per prevenire degenerazioni sempre più considerate normali in tanti ambienti problematici.

Questo è quanto mettono in campo il Governo e la maggioranza. È perfettibile, certo, come ogni legge, e da questo punto di vista siamo già pronti a farci carico di un monitoraggio serio sull'efficacia degli istituti previsti e a porre in essere ulteriori miglioramenti. È questo il nostro approccio, è questo che possiamo e dobbiamo fare per le aree difficili della nostra Nazione, per le nuove generazioni e per ripristinare sempre e comunque la legalità.

Il resto sono polemiche incomprensibili, che sortiranno l'unico effetto di evidenziare ancor di più la distanza, già siderale, tra alcune forze politiche e i cittadini, tra le loro posizioni e il mondo reale. Il Governo Meloni e la sua maggioranza ancora una volta sono in prima fila per ripristinare la legalità e combattere la malavita organizzata.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mari. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. È vero, la distanza è siderale: questo è l'unico punto dell'intervento che mi ha preceduto su cui sono d'accordo.

Presidente, la vicenda di Caivano è paradigmatica. Dobbiamo augurarci che anche questo ramo del Parlamento faccia una buona discussione. Almeno questo, anche se non è stato possibile qui modificare, fare le audizioni, entrare nel merito come sarebbe stato necessario; almeno una buona discussione oggi e nei giorni a venire.

Caivano è paradigmatica, e la discussione di oggi in qualche modo ce lo mostra quasi plasticamente. Quando si tratta di misure sicuramente importanti, rilevanti, ma circoscritte, significative ma nella loro parzialità, si interviene con il procedimento legislativo ordinario, diciamo così: la carne sintetica, la prescrizione. Quando la questione è generale, ha bisogno di una visione, di un approccio strutturale, di un investimento nel tempo, sapendo che non è possibile affrontare questioni di questa rilevanza e questa dimensione con gli spot; in questo caso invece si usa il decreto; cioè, quando succede il fattaccio e, soprattutto, quando la Presidente del Consiglio va a Caivano.

A proposito della Presidente del Consiglio a Caivano, devo leggere una lettera alla Presidente del Consiglio dell'ultimo sindaco eletto di Caivano, una persona perbene, Enzo Falco. Nel novembre del 2022, un anno fa, egli aveva scritto alla Presidente del Consiglio: colgo l'occasione per invitarla, appena la situazione e la contingenza interna e internazionale lo consentiranno, a Caivano, in questo comune del Sud, che vive proprio la condizione tipica di tutte le periferie. La aspettiamo per parlare delle nostre difficoltà.

In quel caso non c'è stato l'intervento né della Presidente del Consiglio né del Governo sulla situazione di Caivano. Invece la Presidente del Consiglio va a Caivano, giustamente, dopo i fatti terribili che hanno segnato quella città e poi si interviene con il decreto di cui parliamo oggi. Tra l'altro, so che è prassi, si usa così, ma nel denominare questo decreto, a questo punto, la parola “Caivano” poteva essere inserita, almeno “con particolare riferimento al comune di Caivano”, visto che l'articolo 1 è quello più significativo e parla appunto della situazione specifica di Caivano. Ma perché succede questo? Credo per due motivi.

Innanzitutto, per il fatto che non eravate affatto pronti, cioè la destra di questo Paese non era pronta ad affrontare la complessità del Paese e le sue disuguaglianze. Quindi, di fronte a un evento di questo tipo, interviene con il decreto, lo affronta come una situazione non di urgenza, ma di emergenza, e mettendo in mostra, mettendo dentro il provvedimento tutto il bagaglio ideologico di cui è portatrice. Ma questo è soltanto un aspetto.

L'altro aspetto è anche questo particolare, ma molto più dentro le vicende di questi giorni. Voi volete dimostrare l'efficienza del Governo nel mettere in campo quello che Zagrebelsky chiama il fatto compiuto. Voi volete dire che il trasferimento del potere legislativo dal Parlamento al Governo è un fatto, è così, e in questi giorni in cui si discute di riforme costituzionali e istituzionali questo ha un significato tutto particolare. Soprattutto, questo sottolinea la necessità di un capo, di un Premier, possibilmente eletto direttamente, che interviene, assume su di sé il potere, assume su di sé la responsabilità e fa ciò che è necessario, ciò che occorre alla bisogna, di volta in volta.

Provate a cambiare di fatto il nostro ordinamento costituzionale, per dire in fondo agli elettori, quando sarà, probabilmente, questa è una previsione comune, in sede referendaria: ma di fatto questa cosa già c'è, è già così, il premierato lo abbiamo già realizzato con tutte le misure che abbiamo adottato, con tutti i decreti-legge, con tutta la decretazione d'urgenza. Ovviamente, proveremo ad evitare che questo avvenga.

Ma il decreto poi ha un'altra caratteristica: è sicuramente emergenziale nell'affrontare la situazione di Caivano, anche se la tratta da questo punto di vista come una sorta di enclave, mentre dovrebbe aggredire la questione di quella condizione sociale più in generale; quindi, da questo punto vista, è contraddittorio. Invece poi si allarga e diventa capace di guardare al contesto largo quando si tratta delle misure di carattere penale.

A proposito delle misure di carattere penale, Presidente, qui c'è il primo elemento davvero di divisione. La camorra dà lo stipendio; lo stipendio della camorra adesso si aggira fra i 70 e i 100 euro al giorno, a seconda delle prestazioni. Addirittura ci sono gli incentivi alla produttività, ci sono addirittura forme di pensione in questo momento, di vitalizio, diciamo così, oltre all'assistenza ai detenuti e cose di questo tipo. Però, c'è una tariffa anche per i minori che è interessante, si aggira a picchi di 50 euro al giorno, se, oltre a fare il palo, oltre a guardare il territorio, fanno anche il piccolo spaccio.

Provare ad affrontare una situazione di questo tipo intervenendo sulle norme del codice penale davvero è miope. Nella mia esperienza di docente riferisco una cosa: chiedendo ai bambini - ragazzi di terza e quarta elementare - quale fosse la loro canzone preferita, uno di questi mi dice: Nu Latitante.

Potete immaginare, diciamo così, la fatica di un docente a provare a separare quel bambino dal mondo di appartenenza, ma qui sta tutta la questione. È impensabile, guardate, operare dal punto di vista del penale come state facendo: inasprimento delle pene, divieti, modifica delle soglie di reato, disciplina del processo, responsabilità delle famiglie. Tutto questo non avrà alcun effetto per un semplice motivo, cioè per il fatto che lì, in quei territori, la camorra si fa modello, come dice giustamente Isaia Sales. Sales dice una cosa molto interessante e vado a leggerla: “Quella minorile qui è violenza di classe, a differenza di altre realtà d'Italia dove esiste anche una violenza da noia o delle baby-gang. A Napoli c'è una parte di città che quando incontra l'altra parte cerca di sovrastarla, un sottoproletariato che non aspira più alla promozione sociale attraverso il lavoro. Un tempo chi svolgeva attività illegali di sopravvivenza sognava per i figli un destino diverso e vedeva nella scuola lo strumento dell'emancipazione. Oggi, invece, i mestieri illegali offrono un reddito superiore a molti lavori leciti, sicché i ceti colti e benestanti non sono più un modello da imitare. Il sottoproletariato” - il sottoproletario in questo caso - “non vuole assomigliare al professore del quinto piano, non prova più invidia per lui ma disprezzo. Oggi il vero figlio di papà è il figlio del boss”.

Per quel bambino che aveva il latitante come modello non c'è il timore delle pene e non c'è neanche il timore del carcere, perché lo conosce da quando è piccolissimo. Nel carcere ci è andato sempre, ha accompagnato sempre la madre in carcere. Vi segnalo che in quel caso specifico la madre non poteva prendere il reddito di cittadinanza per i reati del marito (forse il reddito di cittadinanza era da riformare, ma anche addirittura da ampliare).

Quindi, siamo di fronte davvero all'inefficacia dell'inasprimento delle pene da questo punto di vista. È un po' - lo diceva la collega Bonafe' prima, anche se in situazioni completamente diverse - come avviene per gli scafisti. Noi qui - voi, ma con il voto del Parlamento che ci coinvolge tutti - abbiamo pensato - avete pensato - che inasprendo le pene per gli scafisti si potesse mettere riparo a quei viaggi della speranza che poi diventano viaggi della morte, non considerando che innanzitutto molto spesso chi guida un barchino non è affatto uno scafista; è uno al quale è stata affidata quella barca all'ultimo momento, a fronte di una riduzione della spesa o, addirittura, di una gratuità del viaggio, senza - diciamo così - patente nautica, perché quella non era richiesta (vi assicuro che non è richiesta la patente nautica in quei casi). Un migrante, un cittadino del Sud estremo del mondo che cerca di cambiare vita da quest'altra parte del mondo vi assicuro che non è assolutamente impensierito - diciamo così - dall'asprezza delle pene che abbiamo in Italia. Allo stesso modo, purtroppo, non è una cosa che rileviamo con compiacimento, ma è così: l'asprezza delle pene non è un elemento che dissuade in certi territori del nostro Paese. Non dissuade affatto, perché addirittura - dico una cosa estrema - prima o poi il fatto di incontrare la giustizia, la severità dello Stato, che pure è necessaria, e addirittura il carcere, è un elemento premiale in quella scala di valori e di meriti, perché anche qui per loro il merito è esattamente quello. Quindi, questa visione davvero non avrà alcuna efficacia in quel contesto, bisognava operare diversamente.

Questo decreto ci prova, ma lo fa in un modo totalmente disorganico. Mette assieme provvedimenti sulle periferie, sulla sicurezza in ambito digitale, sul sistema formativo, sulle infrastrutture urbane e sul ruolo dell'università. È come se ci fosse stata nei cassetti un sacco di roba e quando si è trattato di fare il decreto Caivano si è messo tutto quanto dentro per cercare di farlo il più corposo possibile. E poi, quando c'è qualcosa per le aree critiche non ha senso, perché non ha senso l'intervento indifferenziato. Definirle così queste aree critiche del Paese è sbagliato: le città non sono tutte uguali, anche al Sud; i quartieri non sono tutti uguali, anche nelle medesime città; le scuole stesse non sono tutte uguali, addirittura nello stesso contesto urbano! Bisognerebbe ampliare e usare meglio uno strumento che ci è venuto dall'Europa e che ora è abbastanza utilizzato da noi, strumento che si chiama indice di disagio sociale. Noi, per esempio, utilizzando anche come indicatore e come metro di valutazione l'indice di disagio sociale, abbiamo fatto una proposta: l'istituzione delle zone di educazione prioritaria e solidale nell'ambito della nostra proposta di riforma della scuola pubblica in questo Paese. Noi proponiamo innanzitutto, quale primo termine da utilizzare, il contrasto alla povertà educativa, perché è tutto riconducibile a questo. Quindi, con l'indice di abbandono scolastico e con l'indice di disagio sociale operare su questi territori.

In che modo operare? Bisognerebbe affidare ai singoli istituti scolastici, come diciamo noi, una percentuale aggiuntiva non inferiore al 40 per cento dell'organico docente e ATA e non, come avete fatto voi, dando la facoltà. Bisogna avere il coraggio di intervenire in queste situazioni. Poi, almeno una figura professionale ogni 100 alunni per il sostegno pedagogico e psicologico; il potenziamento del fondo di istituto, che fate in modo insufficiente per il 50 per cento rispetto alla cifra attuale. E poi una cosa importante: non derogare al numero minimo di alunni per classe, ma stabilire un numero massimo inderogabile di alunni per classe. Su questo c'è una bella differenza. Noi indichiamo il numero di 15 alunni per classe nelle ZEP, nelle zone di educazione prioritaria e solidale.

Poi, un'altra questione: coinvolgere veramente il territorio non - diciamo così - facendo l'elenco. Noi chiediamo che l'azione dello Stato, in questo caso attraverso la scuola ma non solo, sia fatta attraverso progetti gestiti dal territorio. I comitati di progetto, che noi stabiliamo come strumento di operatività sul territorio, sono l'insieme di tutte le responsabilità che ci sono dal punto di vista educativo su un territorio, quindi gli enti locali, il presidente della provincia, gli studenti, il direttore dell'area vasta sanitaria e via dicendo (ovviamente anche i genitori). Quindi, da qui un progetto, perché il territorio conosce gli elementi di difficoltà e solo il territorio può impegnarsi a superarli. Anche questa cosa è molto importante. Dice l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, nel parere espresso alla Camera, che un processo di valutazione non può essere solo preventivo ma deve essere anche successivo. È richiesto dall'ENOC, la rete europea dei garanti per l'infanzia e l'adolescenza, che da tempo raccomanda ai singoli Paesi di esigere che i processi di valutazione di CRIA e CRIE - il primo da realizzare nella fase antecedente l'adozione di una misura, per valutarne i possibili effetti, e il secondo da mettere in atto successivamente all'attuazione della misura - vengano condotti nel rispetto delle norme, delle decisioni politiche, delle scelte di bilancio e di ogni altra decisione amministrativa, quindi integrando il processo decisionale con un approccio basato sui diritti dei minorenni.

E, soprattutto, l'elemento fondamentale per quanto riguarda i minori, Presidente, è sottoporre a verifica, perché qui manca una cosa. Quando si parla di minori, ci sono due elementi fondamentali: la gradualità dell'intervento e la verifica dell'intervento. Qui non ci sono né gradualità, né verifica dell'intervento. Lo hanno detto nelle audizioni al Senato, ad esempio, i giudici minorili e mi riferisco al fatto che il provvedimento sia sbilanciato, che sia fondato su un approccio prevalentemente securitario, che manca del giusto equilibrio e della possibilità di verificare nel tempo l'efficacia di queste misure. Ma anche questo, consentitemi di dirlo, è una sorta di trucco che viene adottato. Queste sono le classiche cose per cui, poi, nessuno, alla fine, alla prova dei fatti, è capace e ha il coraggio di assumersi la responsabilità. Ecco, mancano altre cose; cose totalmente assenti.

I fatti che hanno destato più di tutti la nostra indignazione sono quelli di violenza contro le donne in particolare. Qui dentro non c'è niente che preveda, nello specifico e immediatamente, misure volte a contrastare la violenza di genere. Io credo che questo sia molto significativo: non si cita mai, nemmeno con un riferimento, l'educazione di genere. Non c'è niente che metta in collegamento l'educazione di genere con una prospettiva di prevenzione e di contrasto al disagio giovanile e alla violenza; insomma è un'idea di sicurezza fondata sul fatto che la stessa si possa ottenere con il pugno di ferro e non, invece, che sia una fatica enorme, soprattutto in alcune parti di questo nostro Paese che, tra l'altro, come diceva la collega prima, ha indicatori raccapriccianti. Se guardiamo gli indici di povertà nel nostro Paese, non siamo tra le prime Nazioni in Europa. Invece, dall'analisi per regioni europee, si riscontra che vi sono alcune regioni d'Italia, ahimè, ai primi o agli ultimi posti, a seconda di come vogliamo leggere i dati. Sarebbe servito ben altro.

Una situazione come quella di Caivano non si affronta con uno strumento come questo, non è un rave: basta negarli, diciamo così, vietarli e almeno quelli legali non si fanno più. No, non funziona così. Quello è un luogo in ombra, per tanti versi, ma è la vita normale di migliaia e migliaia di persone e, soprattutto, di minorenni del nostro Paese. Serviva ben altro.

E poi ci sono le cose che non si vedono e che addirittura sono in controtendenza. Il Ministero ha congelato i fondi per i maestri di strada: sono solo 140.000 euro, che non si trovano, che attendono verifiche da parte del Ministero. Per questo provvedimento bastava trovare 140.000 euro per dare un segnale a chi, invece, per strada, assieme a questi minori, nel comune di Napoli, nelle sue periferie, ci sta ogni giorno e fa un lavoro in gran parte sconosciuto, ma è l'unico che produce qualche risultato rispetto ai minori di quel territorio.

Voi avete messo in campo, ancora una volta, con questo provvedimento, un'altra visione. È del tutto evidente. È un peccato che lo facciate, ahimè, su una vicenda così triste. Noi continueremo ad opporci e mostreremo, con tutti gli strumenti che abbiamo, le nostre ragioni e la possibilità di una visione alternativa ma con una nota, lasciatemelo dire, di pessimismo. Uso Guccini quando dice, in Vedi cara, “cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già”.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Patriarca. Ne ha facoltà.

ANNARITA PATRIARCA (FI-PPE). Presidente, onorevoli colleghi, Governo, il provvedimento in esame oggi rappresenta la risposta rapida ed efficiente dello Stato verso quelle criticità ataviche e quelle situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile che sono stati l'humus in cui sono proliferati una cultura e un sistema della violenza e dell'illegalità, che sono conseguentemente esplosi nei drammatici fatti del Parco Verde di Caivano.

Il discorso fatto per Caivano è un paradigma da esportare in tutte le periferie degradate del Paese, che diventano, nel silenzio, nell'inerzia e nell'abbandono, terreno fertile per la criminalità organizzata. Se guardiamo i numeri e i dati forniti dalla Polizia o da Eurispes, comprendiamo non solo l'emergenza, ma anche l'urgenza di interventi mirati al contrasto di ogni forma di criminalità, in particolare di quella giovanile. Oggi, con la frequenza e la recrudescenza di episodi di estrema violenza nel Paese, soprattutto ad opera di minori, si è reso necessario dare un segnale di presenza dello Stato, proprio laddove l'illegalità e la sopraffazione la fanno da padrone. È necessario ripristinare le regole della convivenza civile, dove queste sono state calpestate, attraverso norme sicuramente severe, ma necessarie, così come è necessaria la sinergia tra le istituzioni coinvolte, perché queste sono battaglie che vanno affrontate non solo sotto il profilo della repressione, ma anche e soprattutto sotto quello della prevenzione e della rieducazione.

Ciò emerge da questo provvedimento che, se da un lato interviene in materia di sicurezza e controllo del territorio, dall'altro parla di riqualificazione urbana e di recupero delle periferie, di contrasto alla dispersione scolastica e alla povertà educativa, di famiglie, di Terzo settore e di recupero, oltre che di repressione e controllo. È un provvedimento che si muove su diverse direttrici: interviene sulla sicurezza, istituendo osservatori per la legalità e incrementando i sistemi di videosorveglianza, prevedendo anche un aggravamento delle sanzioni per l'uso di armi o per spaccio di stupefacenti, prevedendo l'avviso orale applicabile anche ai minori di 14 anni; inoltre, il questore potrà vietare a determinati soggetti di età superiore a 14 anni il possesso di telefoni cellulari o dispositivi analoghi, quando il loro uso è servito per la realizzazione o divulgazione di condotte che hanno determinato l'avviso orale. Si parla poi del cosiddetto Daspo urbano. Ma si muove, poi, anche sul fronte della prevenzione con misure dirette al contrasto del fenomeno della dispersione scolastica, con il rafforzamento dell'offerta educativa nelle scuole del Meridione, attraverso il potenziamento dell'organico dei docenti delle istituzioni scolastiche statali che presentano maggiore disagio educativo, garantendo la continuità didattica anche attraverso la valorizzazione di quelle già esistenti.

In quest'ottica si interviene anche introducendo nuove fattispecie di reato per i casi di elusione o nel caso di dispersione assoluta. Si stabilisce un criterio di responsabilità genitoriale per condotte relative a figli minori. Ma il decreto fornisce poi anche un valido sostegno alle famiglie che, molto spesso, sono in difficoltà rispetto al controllo dei propri figli nell'utilizzo di uno strumento importante come Internet, per cui sono previsti controlli parentali, obblighi per fornitori e gestori di siti web e fornitori di piattaforme per verificare l'età dei fruitori. Chi è vittima di reati online come revenge porn può chiedere l'oscuramento delle proprie immagini da Internet, salvaguardando così la propria privacy. E se, da un lato, c'è questo, dall'altro, ci sono anche l'istituzione dell'Osservatorio sulle periferie, il progetto di riqualificazione del centro sportivo Delphinia a Caivano, come luogo simbolo del degrado che deve diventare luogo simbolo del riscatto.

Questo provvedimento, che si assume di poter essere e diventare un modello di intervento in altre aree analoghe del Paese, permette di approntare una risposta reale ed efficace per i territori difficili ed abbandonati e di dare gli strumenti per un concreto contrasto alla criminalità minorile. Si aumenta il livello di sicurezza pubblica e si rafforza la tutela dei centri urbani.

Si dà la possibilità alle amministrazioni locali, alla Polizia e ai sindaci di avere strumenti per poter intervenire preventivamente. Mi rendo conto che c'è da una parte politica la tentazione di semplificare la natura del provvedimento in quella di recepimento di un'istanza repressiva pur se giustificata da eventi drammatici reiterati e su larga scala, tanto da diventare endemici in un sistema di sottocultura della violenza, allarmante soprattutto quando riguarda i minori. Ma non è così; questo è un provvedimento che prima di tutto è un'assunzione di responsabilità e il segno di uno Stato che non fa più passi indietro, ma qualcuno in più in avanti con il coraggio che è imposto in alcune scelte da quello che è realmente in gioco, che non è solo la sicurezza delle nostre città per chi ci vive ma soprattutto il futuro delle nuove generazioni.

Il degrado culturale, la logica dilagante della violenza delle parole e dei gesti non può diventare il terreno su cui si consuma il fallimento della politica. Alla politica sono richieste risposte e soluzioni e questo provvedimento le dà laddove serve per recuperare sicurezza e legalità, ma anche per realizzare quel necessario mutamento delle condizioni che occorre per ricostruire un tessuto sociale sano in cui poter realizzare una pacifica convivenza civile.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Penza. Ne ha facoltà.

PASQUALINO PENZA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi siamo qui in discussione generale per parlare di un provvedimento denominato decreto Caivano, a seguito di un fatto riprovevole avvenuto qualche mese fa proprio a Caivano, paese che dà il nome a questo decreto, dove due cuginette sono state vittime di abusi ad opera di altri coetanei, tutti minorenni.

Questo provvedimento non può esulare da un inciso, ovvero, ancora una volta, ricorriamo alla decretazione d'urgenza. Voglio sottolineare che seppur la decretazione d'urgenza viene utilizzata per fatti gravi - e forse questo e forse anche giusto - non possiamo però esularci dal dire che da che è nato questo Governo vi è un vero e proprio abuso di questo modus operandi. Parliamo, infatti, di circa 45 o forse più questioni di fiducia poste su decreti-legge. Cosa succede in questo caso? Abbiamo un Parlamento che viene spogliato della propria prerogativa legislativa, ovviamente noi sappiamo che il Governo ha una funzione meramente esecutiva e non dovrebbe subentrare in quello che è un legittimo compito del Parlamento. Noi ci troviamo, ancora una volta, ad avere un decreto, per giunta omnicomprensivo, che non viene migliorato, approfondito e perfezionato in Parlamento. Quindi, si blocca tutto e il decreto deve essere approvato così come è. Abbiamo un decreto che reca misure di tipo penale, misure per la dispersione scolastica, misure per la riqualificazione.

Noi come parlamentari ci stiamo limitando semplicemente a dire “sì” o “no” e, in qualche caso, anche ad astenerci, ma non riusciamo ad entrare nel merito, non lo facciamo su questo così come non siamo riusciti a farlo su molti altri decreti, seppur qualche cosa potrebbe essere migliorata. Non intervenire con la decretazione di urgenza serve anche a questo, a dare spazio ad un confronto tra maggioranza e opposizione per entrare nel merito delle questioni; in questo caso sarebbe stato opportuno farlo per approfondire e potere migliorare il decreto.

Io non ho potuto non notare che è un decreto fatto in modo molto muscolare, in cui si dà poca, se non nulla, attenzione alle esigenze delle famiglie di questi minori che, sostanzialmente, attuano condotte irregolari. Su questo è anche intervenuta Save the children che sostiene che: ogni intervento punitivo è inefficiente, senza accompagnamento educativo. Ciò ci fa molto riflettere anche perché Save the children non si ferma solo a questo, ma fa anche due proposte. Una era di creare vere e proprie aree ad alta intensità educativa, proprio nelle zone dove il degrado la fa da padrone. L'altra proposta prevedeva invece un potenziamento dell'organico nelle scuole, il tempo pieno, la mensa per tutti i bambini, attività sportive e culturali gratuite. Interventi questi che per loro rappresentano il miglior modo per fermare i fenomeni di violenza minorile.

In questo decreto non è stato dato abbastanza spazio alla politica e alle rappresentanze territoriali, si è sostanzialmente fatto un decreto senza pensare anche alle conseguenze, quali le carenze nei tribunali, che si andranno ancor di più ad intasare, e nelle carceri, ormai al collasso. Sostanzialmente abbiamo un decreto che non è completo, quando invece avrebbe potuto esserlo. Entrando nel merito della tematica relativa alla riqualificazione, noi vediamo che con questo decreto si dà a un commissario straordinario l'onere di portare avanti una riqualificazione importantissima, quella di Delphinia, una struttura sportiva che negli anni è stata purtroppo vandalizzata, abbandonata, facendo registrare un peggioramento della situazione durante la pandemia da COVID. Non soltanto Delphinia ha bisogno di una riqualificazione, ma dobbiamo pensare anche a una riqualificazione del quartiere, quello del Parco Verde, che ora è sulla bocca di tutti considerato quanto è avvenuto, rispetto al quale mancano le parole per descriverlo.

Chi ha vissuto e conosce il Parco Verde sa benissimo che purtroppo i ragazzi che crescono e vivono nel Parco Verde, dalla mattina alla sera, si auto-chiudono in quel contesto, tanto è vero che possiamo notare una cosa molto peculiare: il Parco Verde è un pezzo di Caivano - il centro storico dista sì e no circa 500 metri dal Parco Verde, il centro storico inizia dopo 500 metri, di fronte al Parco Verde -, ma tra Parco Verde e Caivano (inteso come città, quindi non del quartiere), si parlano due accenti diversi, cioè io riesco a capire se un ragazzo è del Parco Verde perché parla un accento diverso dal mio. Questo cosa ci fa capire? Sostanzialmente che chi sta in quel contesto, nasce e vive in quel contesto e non riesce ad avere un confronto esterno. Aggiungo che dal primo giorno che mi sono insediato qui, a Montecitorio, ho sempre richiesto un intervento serio da parte del Governo sul Parco Verde, al fine di ottenere l'abbattimento e la ricostruzione delocalizzata ed ecosostenibile di quelle strutture, perché quelle strutture offrono un habitat ideale per la criminalità, che al suo interno trova omertà, povertà, ma soprattutto trova giovani reclute.

Ecco, mi sono sempre battuto per questo motivo; ho sempre cercato di sensibilizzare il Governo su questa operazione che io penso, presto o tardi, si dovrà comunque fare, perché il Parco Verde nasce come struttura post-terremoto, provvisoria, che, negli anni, è diventata definitiva. La brava gente - dobbiamo pensare che il Parco Verde è fatto anche di brava gente, anzi, soprattutto di brava gente, e che i criminali sono solo una minima parte, lo dobbiamo dire, ve lo devo dire, lo dovete sapere, sono solo una minima parte - vive in un contesto inadeguato dove d'estate si muore di caldo e d'inverno si muore di freddo, dove le bollette della corrente arrivano in modo smisurato e chi sta in quel contesto ed è una persona perbene, purtroppo, ne paga le conseguenze e questo non possiamo non dirlo.

Infine, voglio toccare un altro punto che credo sia importantissimo. In quest'Aula, è stato spesso tirato in ballo anche don Maurizio Patriciello al fine di legittimare l'operato che si sta facendo con questo decreto. Io voglio dare una notizia a quest'Aula: don Maurizio non è solo, don Maurizio non solo ha un gruppo di cittadini che lo seguono, ma ci sono anche altri preti e posso citare don Antonio, don Peppino o don Vincenzo. Sono tutti preti di Caivano che nelle loro piccole realtà lottano per dare un'alternativa diversa ai nostri giovani. Io li ho definiti front office con la realtà locale, ed è vero, lo ripeto, è vero.

Don Maurizio ha una difficoltà in più: vive in un quartiere molto difficile, ma lo è un po' tutta Caivano. Don Maurizio ha semplicemente detto una cosa, perché don Maurizio non fa politica, non l'ha mai fatta, non la fa e non la farà mai. Don Maurizio si rivolge alle istituzioni, al di là del colore politico, che non interessa ai cittadini caivanesi, né a don Maurizio, né a nessun altro che si adoperi nel sociale, ma quando ci si trova davanti un'istituzione, giustamente si avanzano osservazioni, richieste. Ecco, don Maurizio che cosa chiede? Don Maurizio chiede la normalità, quella normalità che manca a Caivano da parecchio tempo, ma che, forse, manca a tutte le Caivano d'Italia, perché non esiste solo Caivano, esiste Afragola, con il rione Salicelle, esiste Crispano, esistono tante realtà come quella di Caivano.

Ecco, don Maurizio per queste realtà chiede la normalità e cosa significa chiedere la normalità? Significo questo: se in un comune, ad esempio, da quadro organico ho la previsione di 50 vigili urbani e tu me ne dai soltanto 15, con i 12 che già ci sono arriviamo a 27, secondo voi si può restituire la normalità ad un Paese? Secondo me no. Se in un Paese, dove sono previsti 9 assistenti sociali, gliene diamo soltanto 3, come in questo decreto, secondo voi si può dire che è la normalità? Secondo me no. Se l'agibilità delle scuole presenti a Caivano su 12 ce l'ha solo una secondo voi è ripristinare la normalità? Secondo me no.

Ecco, una parvenza di normalità forse la stiamo vedendo da un anno e mezzo a questa parte, quando il Governo precedente, mi riferisco al Governo Conte, è riuscito a convertire una tenenza dei Carabinieri in compagnia, dove con grande dedizione i Carabinieri, insieme alla Polizia di Stato di Afragola, hanno fatto una grande opera di prevenzione e di repressione delle attività criminali. Il comandante della compagnia dei Carabinieri, comandante Cavallo, in collaborazione con il dottor Zazo della Polizia di Stato, ha fatto veramente grandi cose e basta aprire i giornali per leggerle, quindi, non c'è bisogno che vi elenchi che cosa è successo.

Tutte queste cose fanno riflettere e portano a un ragionamento. Il ragionamento è che se tu vuoi ripristinare la normalità, devi dare quello che quella realtà, in termini di normalità, ha in assegnazione; quando è stata data una compagnia dei Carabinieri a un comune che la prevedeva, ma aveva una tenenza, in realtà, si è iniziato a lavorare bene, perché giustamente non è che prima non si lavorasse, ma il problema era rimanere con poco personale, turni stressanti, criminalità che avanzava ad ogni vicolo. Ecco, Caivano non è facile, non è facile alcuna realtà come quella di Caivano e noi dobbiamo capire che puntare sulle Forze dell'ordine e sulla prevenzione è una cosa importantissima.

Aiutare le famiglie con incentivi per far sì che possano mandare i ragazzi a scuola e che i ragazzi siano incentivati ad andare a scuola, non facendoli cadere in devianza scolastica, è una cosa importantissima, è una cosa che dobbiamo tener conto. Quindi, ritornando alle parole di don Maurizio, con questo decreto non penso che diamo la normalità a Caivano; no, non ci credo, è una cosa molto difficile. Certo, se vogliamo dire che piuttosto che zero forse è meglio venti, allora su quest'ottica ci possiamo pure arrivare, ma non diciamo che questo decreto fornisce risposte ad una comunità, perché non è la cosa giusta da dire. Assolutamente. Penso che, piuttosto, se avessimo voluto effettivamente dare una risposta forte e sensata, avremmo dovuto lavorare tutti insieme congiuntamente nelle Commissioni per migliorare questo testo e per poter finalmente dare le risposte che Caivano e le altre Caivano d'Italia ci chiedono.

In conclusione, Presidente, io sono caivanese e non mi vergognerò mai di dirlo, così come non mi vergogno di un decreto che porta il nome di Caivano, anche se mi sarebbe piaciuto avere due decreti diversi, uno dedicato a Caivano, che puntasse alla riqualificazione e, forse, un altro alla prevenzione e alla repressione, come, invece, non è.

Presidente, io penso che Caivano abbia bisogno di qualcosa di più, è una cosa che penso dal profondo del cuore. Dico a quest'Aula che voglio portare la voce degli abitanti perbene che vivono nel Parco Verde. E non considerate il Parco Verde come il male assoluto, perché veramente c'è tanta brava gente nel Parco Verde, c'è tanta brava gente che si alza la mattina e va a lavorare e se sono nati e cresciuti in un posto che forse non è il migliore non è colpa loro, forse è colpa di chi quel posto doveva sorvegliarlo, curarlo e, soprattutto, proteggerlo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1517​)

PRESIDENTE. Il relatore e il rappresentante del Governo non intendono replicare.

Per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova, per un richiamo al Regolamento. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Presidente, intervengo per un richiamo al Regolamento, articolo 8, secondo il quale il Presidente rappresenta la Camera, e successivi. Io reitero questo richiamo al Regolamento e continuerò a reiterarlo ogni volta che, al termine di una discussione generale, anziché prospettarsi l'inizio dei voti, appare il Ministro Ciriani - non me ne voglia, non ce l'ho con lui personalmente - anche se me lo ricordo, quando ero al Governo Draghi, come capogruppo dell'opposizione unica del partito di opposizione, Fratelli d'Italia, al Senato, tuonare, seppur con voce gentile come la sua, contro qualsiasi cosa il Governo facesse. Però, poi, si cambia, crescendo.

Quindi, perché l'articolo 8? Perché lei rappresenta la Camera, signor Presidente, e la Camera continua a essere - a questo punto io direi - umiliata da questa reiterata, continua e immotivata richiesta di fiducia, perché è totalmente immotivata. Adesso chiederà la fiducia, passeranno 24 ore e, poi, bisognerà procedere al voto finale e passeranno due giorni. Perché non potevamo cominciare subito, se la maggioranza non ha divisioni all'interno, a discutere di questo? Perché pregiudizialmente, signor Presidente, pensare che ci sia qualcuno che fa opposizione?

Rappresentare la Camera, signor Presidente, significa anche chiedere ed ottenere, anche dal Governo, il rispetto delle prerogative della maggioranza, naturalmente, ma anche il rispetto delle prerogative dell'opposizione, che non può vedersi conculcato, ormai settimanalmente, il proprio diritto a presentare e votare emendamenti. Poi, se loro non accettano nemmeno di votare gli emendamenti sulla legge di bilancio, è un problema che riguarda la maggioranza, ma l'opposizione, signor Presidente, ha il diritto di essere tutelata nelle proprie prerogative, di intervenire, di votare e di non essere messa sotto silenzio dal continuo ricorso, prima, ai decreti e, poi, al voto di fiducia.

Chiudo con una considerazione. La settimana scorsa eravamo alla classifica che diceva che il Governo Meloni è il primo Governo politico, nel pieno delle sue funzioni, con una maggioranza inscalfibile - quindi, non un Governo tecnico - e via dicendo, e che, per voti di fiducia al mese, è dietro solo ai due Governi tecnici Monti e Draghi: Monti era a 3, Draghi a 2,89. È vero che, poi, con la riforma volete togliere di mezzo i Presidenti del Consiglio non parlamentari, ma ne discuteremo un'altra volta. Oggi viene posta la fiducia e, poi, si preannuncia una nuova fiducia, la prossima settimana, sul decreto Energia, se ho capito bene. Quindi, questo mese saranno poste 4 fiducie, poi, nel mese di dicembre ne faremo 4 o, forse, 5 e, magari, nel frattempo, ci metteremo dentro anche il Milleproroghe. Quindi questo Governo - il primo Governo della storia della Repubblica, eccetera, eccetera - diventerà il Governo con più fiducie al mese.

Signor Presidente, se questa Camera accetta, nel silenzio delle altre opposizioni e nel silenzio della Presidenza, che il Governo, con la sua investitura, batta tutti i record di fiducie al mese, questo Parlamento è chiuso; è chiuso de facto. Non c'è bisogno della riforma costituzionale, noi stiamo qui a dire “sì” o “no” alla fiducia.

Quindi, signor Presidente, di fronte all'aumentare, anziché al diminuire, dei decreti-legge, credo che la Presidenza della Camera, che rappresenta l'intera Camera e anche le opposizioni, debba porre la questione in modo diretto al Governo e al Ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani.

Noi ci stiamo per rivolgere al Presidente della Repubblica, lo avevamo annunciato e lo faremo, ma io credo che sia una questione che dovrebbe riguardare anche le opposizioni. Fino a un anno fa, ogni volta che si metteva la fiducia da parte di Governi che, per campare, era necessario la mettessero perché non avevano una maggioranza, si tuonava contro; adesso, invece, si accetta che questo Parlamento sia svuotato, cancellato, annichilito dalla richiesta continua ed immotivata - avete tutta la maggioranza e il tempo - di fiducia.

Poi, signor Ministro, la prima volta che il Parlamento userà tutti i meccanismi per l'ostruzionismo, la fiducia la metterete, ma così è un'umiliazione - mi rivolgo al Presidente della Camera - che questa Camera non merita, ma, soprattutto, che non possiamo accettare.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Della Vedova, l'ho ascoltata. In termini procedurali, come lei sa, la posizione della fiducia è un istituto espressamente previsto dalla Costituzione in ambito generale; nell'ambito della Camera, è disciplinato dal nostro Regolamento, all'articolo 116. È una prerogativa del Governo, non mi sfugge affatto il significato politico del suo intervento. Ovviamente, la Presidenza della Camera ne prenderà atto e sarà mia cura trasmettere la sua posizione al Presidente della Camera.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1517.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1517​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

La Commissione bilancio e il Comitato per la legislazione hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1517​)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.

LUCA CIRIANI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Colleghi, onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1517: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.

PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 17,30 presso la Biblioteca del Presidente, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento.

Sospendo, dunque, la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 16,45, è ripresa alle 18,15.

Sui lavori dell'Assemblea e articolazione dei lavori per il periodo 7-17 novembre 2023.

PRESIDENTE. Comunico che nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n. 1517 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale (approvato dal Senato – scadenza: 14 novembre 2023), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, è stata convenuta la seguente articolazione dei lavori per il periodo 7-17 novembre 2023:

Martedì 7 novembre

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1517 - Conversione in legge del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale (approvato dal Senato – scadenza: 14 novembre 2023).

(ore 15,15)

Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(ore 16,45)

Votazione per appello nominale sulla questione di fiducia.

(ore 18,15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Esame degli ordini del giorno.

Mercoledì 8 novembre (ore 12-13,30)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1517 - Conversione in legge del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, in materia di criminalità minorile (approvato dal Senato – scadenza: 14 novembre 2023), (per l'eventuale seguito dell'esame degli ordini del giorno).

Mercoledì 8 novembre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Mercoledì 8 novembre

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1517 - Conversione in legge del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, in materia di criminalità minorile, (approvato dal Senato – scadenza: 14 novembre 2023).

(ore 16,15)

dichiarazioni di voto finale.

(ore 17,45)

votazione finale.

Mercoledì 8 (ore 18,15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e giovedì 9 novembre (ore 9,30-13,30 e 15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Seguito dell'esame delle mozioni Semenzato, Vietri, Loizzo, Casasco ed altri n. 1-00132, Furfaro ed altri n. 1-00163 e Quartini ed altri n. 1-00170 concernenti iniziative volte alla prevenzione e alla cura dei disturbi della nutrizione e dell'alimentazione.

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 752 - Disposizioni per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo.

Venerdì 10 novembre (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Lunedì 13 novembre (ore 10, con votazioni non prima delle ore 16, con prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali della mozione Braga ed altri n. 1-00210 concernente iniziative in materia di aggiudicazione e gestione degli appalti, con particolare riguardo alla tutela delle retribuzioni e alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1342 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2022-2023.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 836 - Disposizioni in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni e quote delle società sportive, nonché delega al Governo per l'introduzione di agevolazioni per la gestione di strutture sportive.

Esame del disegno di legge n. 1437 - Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio (da inviare al Senato – scadenza: 28 novembre 2023).

Martedì 14 (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24), mercoledì 15 (ore 9,30-13,30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e giovedì 16 novembre (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1437 - Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio (da inviare al Senato – scadenza: 28 novembre 2023).

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1324 ed abbinata - Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali (approvato dal Senato) (previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata).

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 893 e abbinate - Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione.

Seguito dell'esame della mozione Braga ed altri n. 1-00210 concernente iniziative in materia di aggiudicazione e gestione degli appalti, con particolare riguardo alla tutela delle retribuzioni e alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1342 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2022-2023.

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 836 - Disposizioni in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni e quote delle società sportive, nonché delega al Governo per l'introduzione di agevolazioni per la gestione di strutture sportive.

Seguito dell'esame della mozione Polidori ed altri n. 1-00204 concernente iniziative per la prevenzione e la cura del tumore al seno.

Mercoledì 15 novembre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 17 novembre (ore 9,30)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 899 - Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, recante disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 28 novembre 2023).

Discussione sulle linee generali della mozione Ilaria Fontana ed altri n. 1-00207 in materia di politiche per il clima e impegni per la 28a conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP28) di Dubai.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 218 e abbinate - Interventi per la prevenzione e la lotta contro il virus dell'immunodeficienza umana (HIV), la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), il papilloma virus umano (HPV) e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale.

Discussione sulle linee generali delle proposte di legge nn. 1063 e 1057 - Istituzione di un fondo per il concorso dello Stato al finanziamento della spesa per la partecipazione a viaggi di istruzione.

Martedì 7 novembre alle ore 17,45 avrà luogo la commemorazione in memoria delle vittime degli eventi meteorologici di eccezionale intensità verificatisi a partire dal 2 novembre scorso.

Mercoledì 8 novembre alle ore 17,45 avrà luogo la commemorazione in ricordo di Luigi Berlinguer.

Ricordo che mercoledì 8 novembre, alle ore 9,30, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale.

È stato altresì convenuto, su richiesta unanime dell'Ufficio di Presidenza della IV Commissione, di rinviare ad altro calendario l'esame della proposta di legge n. 709 - Conferimento della medaglia d'oro al valor militare alla memoria al personale delle Forze armate e di polizia caduto a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevista dal vigente calendario da lunedì 27 novembre.

È stato infine convenuto che la discussione sulle linee generali della relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2023, sul Programma di lavoro della Commissione per il 2023 e sul Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (1° luglio 2023 - 31 dicembre 2024) avrà luogo lunedì 27 novembre 2023 quale ultimo punto all'ordine del giorno della seduta. Il relativo seguito dell'esame avrà luogo a partire da martedì 28 novembre, sempre quale ultimo punto all'ordine del giorno.

L'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione n. 1-00210 sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Estraggo a sorte il nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama.

(Segue sorteggio).

La chiama avrà inizio dalla deputata Polo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 7 novembre 2023 - Ore 15,15:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 878 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale (Approvato dal Senato). (C. 1517​)

Relatore: DE CORATO.

La seduta termina alle 18,25.