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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 182 di lunedì 23 ottobre 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GILDA SPORTIELLO , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 20 ottobre 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 85, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: S. 870 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale (Approvato dal Senato) (A.C. 1492​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1492: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1492​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni VIII (Ambiente) e IX (Trasporti) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione ambiente, deputato Stefano Maria Benvenuti Gostoli.

STEFANO MARIA BENVENUTI GOSTOLI (FDI), Relatore per l'VIII Commissione. Grazie mille, Presidente. Onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, già approvato dal Senato, reca misure in materia di pianificazione della qualità dell'aria e di limitazione della circolazione stradale, finalizzate a valorizzare i risultati conseguiti nei diversi settori responsabili delle emissioni inquinanti dalle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, firmatarie, nel 2017, di un accordo di programma per il miglioramento della qualità dell'aria nel bacino padano, nonché ad assicurare l'esecuzione di alcune sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, concernenti il superamento dei valori limite applicabili alle micro particelle PM10 e al biossido di azoto.

Le Commissioni riunite VIII e IX hanno avviato l'esame del decreto mercoledì 18 ottobre e nella giornata di giovedì 19 ottobre hanno deliberato di riferire in Assemblea, senza approvare modifiche al testo trasmesso dal Senato, condividendo l'impianto del decreto proposto dal Governo e le modificazioni apportate dall'altro ramo del Parlamento, di cui illustro il contenuto per le parti di competenza, ovviamente, dell'VIII Commissione.

L'articolo 1, comma 1, prevede che le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna provvedano ad aggiornare i rispettivi piani di qualità dell'aria, modificando, ove necessario, i relativi provvedimenti attuativi alla luce dei risultati prodotti dalle iniziative già assunte per la riduzione delle emissioni inquinanti, nonché di quanto previsto dal comma 2 relativamente alle limitazioni alla circolazione stradale. Il decreto prevede, pertanto, per le suddette regioni, l'obbligo di riesaminare i contenuti degli strumenti di pianificazione adottati e dei relativi provvedimenti attuativi, al fine di quantificare l'effettivo contributo delle misure ad oggi poste in essere alla riduzione delle emissioni inquinanti, ivi comprese quelle attuative del predetto accordo, anche alla luce degli effetti derivanti dai provvedimenti già adottati. Il termine per l'aggiornamento dei piani, inizialmente fissato a 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, è stato differito di ulteriori 6 mesi nel corso dell'esame del provvedimento al Senato. L'aggiornamento dei piani della qualità dell'aria comprende la valutazione della qualità dell'aria, l'aggiornamento della modellistica degli scenari emissivi e di qualità dell'aria e, infine, l'individuazione e la messa in opera di interventi di risanamento o la conferma di quelli già programmati, anche alla luce dei risultati prodotti dalle iniziative già assunte per la riduzione delle emissioni inquinanti. La finalità della disposizione è quella di assicurare l'esecuzione delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea del 10 novembre 2020, nella causa C-644/2018 e del 12 maggio 2022, nella causa C-573/2019, con cui sono state accertate le violazioni della normativa europea sulla qualità dell'aria da parte dell'Italia.

L'articolo 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, istituisce un fondo con una dotazione di 32.870.000 euro per l'anno 2023, destinato al finanziamento di investimenti proposti dai comuni italiani e volti alla creazione e alla riqualificazione di aree attrezzate di sosta temporanea a fini turistici e alla valorizzazione del turismo all'aria aperta. La norma chiarisce che l'accesso ai finanziamenti sarà definito attraverso apposito bando, che sarà pubblicato da parte del Ministero del Turismo. La disposizione è volta a incentivare il turismo di prossimità all'aria aperta, nella convinzione che tale modello di attività consenta di abbattere le emissioni atmosferiche, riducendo i lunghi spostamenti e favorendo la preservazione degli ecosistemi locali, secondo le strategie di accelerazione della transizione ecologica e di abbattimento delle emissioni atmosferiche, che possono scaturire dall'attività turistiche. Gli interventi finanziati, identificati dal codice unico di progetto ai sensi dell'articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, recano un cronoprogramma e sono monitorati ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229. L'articolo 1-bis incrementa, inoltre, di 17 milioni, per l'anno 2023, la dotazione del Fondo per lo sviluppo sostenibile, istituito dall'articolo 1, comma 611, della legge di bilancio 2023, al fine di favorire ulteriormente la transizione ecologica nel turismo con azioni di promozione del turismo intermodale, secondo le strategie di abbattimento delle emissioni atmosferiche che possono scaturire dalle attività turistiche.

L'articolo 2, infine, disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione trasporti, deputata Maria Grazia Frijia.

MARIA GRAZIA FRIJIA, Relatrice per la IX Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, per la parte di competenza della IX Commissione, riferisco, a mia volta, sul decreto-legge n. 121 del 2023, che reca misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale, la cui scadenza è l'11 novembre.

Come è stato già detto dal relatore per la Commissione ambiente, le Commissioni riunite hanno esaminato il testo nelle sedute del 18 e del 19 ottobre, affrontando il voto su numerosi emendamenti, nel contesto di un dibattito piuttosto vivace. Lo dico perché, pur nella rapidità di questa procedura, che peraltro ha numerosi precedenti nelle scorse legislature, non si può dire che lo spazio dei deputati dissenzienti sia mancato.

Nel preambolo del decreto-legge è detto che occorre assicurare la piena esecuzione delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea del 10 novembre 2020, nella causa C-644/2018, e del 12 maggio 2022, nella causa C-573/2019, con particolare riferimento alle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna, tenendo conto dei risultati raggiunti con le iniziative poste in essere per la riduzione delle emissioni inquinanti. Al riguardo, in sede di esame di conversione al Senato, l'articolo 1, comma 2, consente limitazioni strutturali alla circolazione anche delle autovetture e dei veicoli commerciali diesel euro 5, da parte delle regioni, nel periodo compreso tra il 1° ottobre di ciascun anno e il 31 marzo dell'anno successivo, solo a partire - questa è la modifica introdotta dal Senato - dal 1° ottobre 2024, nelle more delle predisposizioni e dell'aggiornamento dei piani sulla qualità dell'aria da parte delle regioni stesse. Il terzo periodo del comma 2 prevede, in particolare, che la limitazione della circolazione si applichi, in via prioritaria, alla circolazione stradale nelle aree urbane dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti presso i quali opera un adeguato servizio di trasporto pubblico locale e che siano, altresì, ricadenti in zone presso le quali risulta superato uno o più dei valori limite del materiale particolato PM10 e del biossido di azoto NO2.

Quanto al tema del trasporto pubblico locale e alla sua adeguatezza, oggetto del preciso richiamo di questa disposizione, è opportuno segnalare che, nella seduta del 18 ottobre 2023, nel quadro della discussione di risoluzioni sul TPL, la Commissione trasporti ha svolto le audizioni dei vertici delle società partecipate pubbliche del trasporto di Milano, Roma e Cagliari. Il contenuto di queste audizioni è stato di grande interesse: se ne è appreso, per esempio, che l'azienda cagliaritana è in attivo da molti esercizi, mentre le realtà molto più grandi, come Milano e Roma, hanno problematiche diverse, che si spiegano anche sul piano dimensionale. L'ATAC di Roma, per esempio, trasporta il 16 per cento di tutti i passeggeri TPL d'Italia; l'ATM e ATAC, annualmente, contano tra i 150 e i 135 milioni di chilometri percorsi dai loro mezzi. Tutte e tre le società hanno, però, sottolineato come il passaggio alla mobilità elettrica comporti costi e spazi fisici che occorre programmare e ammortizzare con i giusti tempi.

Tutto ciò per dire che, ove vi fosse bisogno di specificarlo, le Commissioni permanenti non lavorano a compartimenti stagni e i contenuti di una procedura sono utili e possono essere valorizzati nel contesto di un'altra. Anche da questo punto di vista, lo spazio del dibattito, che i colleghi delle opposizioni ritengono essere stato troppo angusto, in realtà deve essere misurato sul complesso dell'attività della Commissione.

Nel testo al nostro esame è previsto, inoltre, che le regioni indichino e motivino le relative deroghe, nonché che esse escludano dai provvedimenti di limitazione della circolazione stradale i veicoli ricadenti nelle categorie esentate dai divieti di circolazione.

Sempre a seguito dell'esame al Senato è stata prevista, inoltre, la facoltà per le regioni di esentare dalle limitazioni alla circolazione le autovetture e i veicoli commerciali di categoria N1, N2 e N5, a partire dalla categoria Euro 5, monofuel e bifuel, alimentati con i carburanti alternativi.

È stata, altresì, introdotta la previsione di un decreto ministeriale per la disciplina della circolazione sul territorio nazionale dei veicoli storici, individuando adeguate percorrenze chilometriche, nonché le modalità di accesso di tali veicoli alle aree soggette alle limitazioni (comma 2-ter).

Da ultimo, il Senato ha introdotto nel testo del decreto-legge l'articolo 1-ter, relativo al trasporto aereo di merci. Vi si stabilisce che, per perseguire gli obiettivi nazionali ed europei connessi allo sviluppo del traffico merci per via aerea e per ridurre l'impatto ambientale del trasporto su gomma, l'intervento di implementazione del traffico merci dell'aeroporto di Malpensa è riconosciuto opera strategica di preminente interesse nazionale, con carattere di indifferibilità, urgenza e pubblica utilità. Sono, pertanto, introdotte norme di semplificazione sul rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione dell'intervento.

In conclusione, Presidente, mi preme ricordare che lo scopo dell'azione regolatoria non intende mettere in difficoltà famiglie e imprese limitando la loro mobilità quotidiana. Per questo, il decreto-legge in discussione oggi sposta in avanti di un anno la data per l'applicazione di misure di limitazione della circolazione per veicoli di categoria diesel Euro 5, ma, al contempo, richiede un sollecito aggiornamento dei piani di qualità dell'aria delle regioni impattate e una più ampia pianificazione nazionale. Scelte politiche pragmatiche e di buonsenso tese unicamente alla risoluzione del problema, che confermano l'attenzione del Governo alle esigenze degli italiani.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, la Sottosegretaria Castiello, che rinuncia.

È iscritto a parlare il deputato Curti. Ne ha facoltà.

AUGUSTO CURTI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Presidente, appare del tutto evidente come questo decreto rappresenti l'ennesima celebrazione della politica dei pagherò, che caratterizza l'indecisionismo della maggioranza di destra. Nel corso del primo anno di legislatura, infatti, il Governo, per mezzo dei suoi provvedimenti, ha, di fatto, compiuto più salti in avanti nel tempo di quanto possa vantarne il protagonista di Ritorno al futuro, viaggi che hanno generato l'unico effetto dell'accumulo di un'enorme quantità di cambiali, a cui il nostro Paese, fatalmente, si troverà a dover far fronte. Peraltro, un ritorno al futuro, in termini di pensiero, di priorità e azione politica, è ciò che chiediamo incessantemente alla maggioranza, che, però, non è mai scesa dai palchi elettorali e per questo è priva, a nostro avviso, del necessario senso di prospettiva. Invece che a un ritorno al futuro, ci troviamo, oggi, Presidente, pericolosamente vicini a un futuro senza ritorno, perché, Presidente, la verità è che questo Governo ha trovato nel modello del rinvio un'ottima strategia per disinnescare le tensioni politiche interne, un impegno, peraltro, che, di settimana in settimana, appare sempre più degno delle migliori élite di artificieri. Oramai siamo di fronte a quello che potremmo definire un vero e proprio protocollo Ponzio Pilato, la cui applicazione risulta sistematica ogniqualvolta si presenti in agenda una questione fondamentale. Ma se sul MES, a furia di procrastinare la decisione, il futuro è già qui a chiedere il conto, con il vergognoso rinvio in tema di salario minimo non ci sarà futuro per 3,5 milioni di lavoratori poveri, futuro che, al contrario, continua a sorridere ai beneficiari dei condoni, che sono sempre al centro delle attenzioni dei Governi di centrodestra, e anche di questo Governo.

Al futuro, signor Presidente, è annunciata anche la coniugazione della prossima legge di bilancio: una manovra in deficit, nata dall'incapacità di strutturare un piano di copertura adeguato e varata dalla superficialità di chi, colpevolmente, già sa che, in futuro, qualcuno dovrà pagarne il prezzo.

Tra ostinazioni ideologiche, faide interne e incapacità conclamate la gravissima miopia di cui soffre il Governo rende pressoché impossibile ragionare in termini di visione e anche con questo decreto, di cui oggi ci apprestiamo a discutere la conversione, è proprio il caso di dire - giusto per rimanere in tema - che l'aria che si respira nel Paese è molto pesante, perché, nonostante qualche collega della maggioranza, colto da eccesso di enfasi, lo abbia addirittura definito un provvedimento capace di conciliare sostenibilità ambientale e sviluppo economico, si tratta, in realtà, di un'iniziativa che produce l'ennesimo rinvio di adempimenti urgenti e significativi per il nostro Paese.

Di fronte aduna possibile infrazione da parte dell'Unione europea per lo sforamento dei valori di inquinamento, il Governo si è, infatti, limitato a riaffermare un inadeguato modello tattico anziché ragionare in termini di strategia, perché, nel momento in cui l'Unione contesta il superamento sistematico dei valori limite nella pianura Padana, ci saremmo attesi dal Governo una risposta adeguata e una soluzione di sistema, iniziando, ad esempio, dall'incremento delle risorse e soprattutto dalla condivisione con le regioni di un piano virtuoso capace di realizzare una decisiva riduzione delle emissioni inquinanti. Invece, accade, Presidente, che le regioni ancora una volta vengano lasciate sole nello sforzo di evitare la procedura sanzionatoria. Accade anche che la Conferenza Stato-regioni, peraltro a maggioranza di centrodestra, esprima un parere contrario su questo provvedimento. Accade che vengano ignorate le proposte emendative delle stesse regioni e che lo Stato, anche negli ambiti in cui emergono competenze esclusive in tema di riduzione delle emissioni, prenda la strada più semplice, cioè quella di smarcarsi.

Onestamente era impossibile anche attendersi di meglio da chi, in tema di sensibilità ambientale, palesa un pericoloso scollamento dalla realtà; era impossibile attendersi di meglio da chi, oltre a non considerare la transizione ecologica una necessità non più rinviabile, non sa neppure cogliere la formidabile opportunità di sviluppo ad essa correlata. Per usare una citazione cinematografica, direi “chiacchiere e distintivo”, dove le chiacchiere sono ben rappresentate, anche in questo decreto, nel contesto dell'immancabile appendice coreografica che oramai fa da corollario ad ogni provvedimento. Misure vuote e inconsistenti annunciate da titoli ad effetto che rappresentano soltanto uno spreco tipografico.

Si procede per assonanza e per luoghi comuni, ottenendo come unico effetto l'emanazione di minestroni surrealisti. Altrimenti, come definire la misura di cui all'articolo 1-bis, dal titolo: “Sviluppo del turismo di prossimità, all'aria aperta ed ecosostenibile per l'abbattimento delle emissioni atmosferiche”? Pretenzioso sarebbe già stato un titolo di merito; “assurdo” non renderebbe appieno l'idea, in realtà.

Per questo, come Partito Democratico, abbiamo tentato di fornire un contributo di senso attraverso una serie di emendamenti correttivi e integrativi. Tra di essi, per l'appunto, alcuni hanno cercato di risolvere la carenza strutturale di fondi, come quelli, ad esempio, presentati sul tema del trasporto pubblico locale, cioè un fattore strategico tra i più importanti e decisivi. Tuttavia, considerata anche la recente fobia da emendamento che serpeggia tra i banchi della maggioranza, abbiamo ottenuto soltanto una sequela di “no”. Perciò, signor Presidente, esprimiamo tutta la nostra contrarietà a questo decreto così come ci viene presentato questa mattina in Aula, rivendicando l'assoluta distanza dal pensiero della maggioranza in tema di transizione ecologica e sviluppo sostenibile. Siamo distanti per sensibilità e per metodo, ma sono le reciproche idee di futuro ad essere assolutamente incompatibili tra noi e chi oggi siede tra i banchi della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Enzo Amich. Ne ha facoltà.

ENZO AMICH (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretaria, grazie per la presenza onorevoli colleghi. Esaminiamo oggi un testo legislativo di indiscutibile rilevanza, come abbiamo visto. Si tratta di un passo deciso verso un assetto legislativo che assicura la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini. Abbiamo appena sentito che l'Italia, il nostro Paese, è stato condannato per ben due volte dalla Corte europea di giustizia perché in alcune aree, complessivamente pari al 17 per cento del nostro territorio nazionale, tra il 2008 e il 2017, si sono superati, in maniera sistematica e continuata, i valori limite di particelle di PM10 e di biossido di azoto stabiliti dall'Unione europea.

Le aree interessate dal provvedimento sono tra le più densamente popolate e industrializzate del nostro Paese e si concentrano soprattutto nella pianura Padana. Ad onore del vero, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha ammesso che negli ultimi periodi questi valori sono andati sicuramente a migliorare, ma non sono stati, comunque, sufficienti a evitare la sanzione.

La pianura Padana è densamente popolata e industrializzata, con specifiche condizioni meteorologiche e geografiche tali da favorire l'accumulo di inquinanti nell'aria. Si è imposta, pertanto, la necessità di un intervento, per accelerare l'aggiornamento dei piani di qualità dell'aria di alcune regioni (nel caso specifico stiamo parlando di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), nel termine massimo di 6 mesi. Il pronunciamento della Corte di giustizia dell'Unione ha creato un certo allarme sociale, perché prospettava uno scenario di crisi per molte famiglie e imprese. Già in queste settimane sarebbe entrato in vigore il blocco alla circolazione dei veicoli diesel euro 5. Ricordo che le auto euro 5 sono sostanzialmente tutti i veicoli omologati dopo il 1° settembre 2009, tranne quelli che erano già in listino all'entrata in vigore della norma per i quali si è potuto procedere all'immatricolazione fino al 1° gennaio 2011. In sostanza, decine di migliaia di famiglie sarebbero state costrette a sostituire l'automobile, per così dire, dall'oggi al domani.

Invece, il decreto-legge in discussione differisce di un anno la data per l'applicazione delle misure di limitazione della circolazione per i veicoli di categoria diesel euro 5: dal 1° ottobre 2024 nelle città con popolazione superiore ai 30.000 abitanti, dove è disponibile un opportuno servizio di trasporto pubblico locale e dove sia stato accertato il superamento di uno o più dei valori limite di materiali inquinanti nell'atmosfera. Questa limitazione diventa obbligatoria dal 1° ottobre 2025.

La ratio del provvedimento e la sua bontà stanno, quindi, in questo suo duplice effetto: se, da un lato, si sposta di un anno il termine di attuazione del provvedimento - uno spostamento che, come ha precisato il Ministro Gilberto Pichetto Fratin, avviene in perfetta conformità con gli obiettivi europei -, dall'altro- si imprime una decisa accelerazione dell'aggiornamento dei piani di qualità dell'aria delle regioni del bacino padano, che la normativa europea considera come gli strumenti necessari per ricondurre i valori degli inquinanti al di sotto delle soglie consentite.

Altro importante principio alla base del nostro provvedimento è la consapevolezza che i livelli di inquinanti nell'atmosfera non sono determinati esclusivamente dal traffico veicolare. Esistono anche altri fattori concomitanti, di cui va tenuto doveroso conto. È, quindi, evidente che le ragioni del differimento non sono meramente politiche, ma esclusivamente di ordine sociale ed economico. Infatti, non si può limitare la circolazione stradale senza predisporre preventivamente un'adeguata pianificazione. Penso, per esempio, alla collocazione di colonnine di ricarica per i veicoli elettrici, ma anche all'introduzione di provvedimenti che vadano a calmierare i prezzi di collocazione sul mercato dei veicoli elettrici per evitare indegne speculazioni. Inoltre, non si può pensare di introdurre un simile provvedimento che impatterà in modo significativo sulla nostra vita, senza interrogarsi preventivamente sui tempi, soprattutto su quelli che intercorrono tra rottamazione del vecchio veicolo e acquisto del nuovo.

Il testo pare perfettamente in linea con questo ordine di considerazioni quando invita a verificare l'esistenza di un adeguato livello di trasporto pubblico locale. È, pertanto, un testo equilibrato che concilia le istanze di famiglie e aziende con l'urgenza di intervenire al più presto per migliorare la qualità dell'aria che respiriamo.

Sono fermamente convinto che su temi di innegabile urgenza, come la qualità dell'ambiente, la salvaguardia e la cura della nostra casa comune, non dovrebbero esserci differenze tra noi, ma uno sforzo corale per raggiungere la massima condivisione tra legislatori. Restiamo fermamente convinti che, in materia di tutela dell'ambiente e della qualità della vita, la migliore condotta sia improntata ad un approccio equilibrato che tenga conto sia delle esigenze umane sia di quelle dell'ambiente. Mi dispiace, per l'ennesima volta, dover constatare che al nostro approccio pragmatico si ama contrapporre il solito armamentario, ormai trito e ritrito, dell'ambientalismo militante che, pur partendo da principi che in larga parte potrebbero trovarci tutti concordi, si distingue nettamente nel voler imporre tempi e dinamiche che si traducono, per lo più, in una vera e propria penalizzazione di segmenti significativi della nostra società.

Ho ricordato poco fa gli effetti sul piano sociale ed economico che l'applicazione tempestiva della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea avrebbe prodotto su decine di migliaia di famiglie e su molte aziende. Diversamente dall'ambientalismo ideologico, noi crediamo che la presenza dell'uomo e delle sue attività non contrasti con la difesa dell'ambiente. Il nostro ambientalismo è una scelta pragmatica e realistica che coniuga l'amore per la natura, la difesa dei nostri paesaggi e la sostenibilità degli ecosistemi con l'attività dell'uomo. Oggi la vera sfida che ci attende è quella di coniugare ambiente e crescita economica.

In quest'ottica, riteniamo che le imprese debbono essere accompagnate verso la transizione ecologica. In tema di Green Deal, è giusto porsi alcuni obiettivi, anche ambiziosi, ma senza venire meno a un sano realismo: graduare la transizione e non imporla con nuovi oneri ai cittadini e alle aziende in tempi troppo ravvicinati. Questo percorso crea allarme, esclusivamente crea allarme sociale ed economico.

Abbiamo presentato un testo legislativo, quello che stiamo discutendo, che ha come scopo principale quello di supportare le regioni in vista del raggiungimento dei parametri fissati dall'Unione Europea per la qualità dell'aria e abbiamo risparmiato ai cittadini un considerevole danno sul piano economico e sociale, che l'attuazione tempestiva e non pianificata del provvedimento avrebbe causato. E non è peregrino affermare che, in assenza di questo ragionevole intervento del Governo, le conseguenze di una non pianificata e tempestiva attuazione delle norme comunitarie si sarebbero ripercosse su tutto il Paese.

Inoltre, il Governo con questo testo ha voluto porre nella giusta evidenza gli effetti prodotti dagli investimenti nazionali e dal PNRR, soprattutto in materia di efficientamento energetico. Una traiettoria programmatica di questo esecutivo che già si delineava in modo cristallino con il sostegno dell'acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale e il supporto alle imprese per la sostituzione dei mezzi più inquinanti. Per dare qualche cifra, a tal proposito, vorrei ricordare che questo esecutivo, con il decreto-legge n. 13 del 2023, ha dotato di ulteriori 30 milioni di euro, per ognuno degli anni 2023, 2024 e 2025, il Fondo nazionale per l'attuazione di misure per il miglioramento della qualità dell'aria del bacino padano, istituito con il decreto-legge n. 14 del 2020. Si tratta di un fondo concepito per finanziare, fino al 2034, provvedimenti concernenti trasporti e mobilità sostenibile, la combustione domestica della biomassa e l'efficientamento energetico. L'interesse del Governo è rivolto anche all'agricoltura sostenibile. Basti pensare alle misure introdotte per attivare risorse fino a 400 milioni di euro del PNRR per la sostituzione dei trattori inquinanti con mezzi a zero emissioni di biometano, cui si aggiungeranno ulteriori 225 milioni di euro destinati a finanziare l'innovazione nel settore agroalimentare e per settore agroalimentare si intende agricoltura e pesca.

I fondi finanzieranno la digitalizzazione dell'uso delle macchine, piattaforme e infrastrutture 4.0, nonché le soluzioni per il risparmio idrico, la riduzione dell'uso di prodotti chimici e il riutilizzo dei sottoprodotti.

Per non parlare di un emendamento al decreto-legge PNRR che prevede la creazione del registro dei crediti di carbonio agroforestali e il finanziamento previsto nella PAC, la Politica agricola comune, dal 2023 al 2027, di 37,2 milioni di euro annui per la difesa e la promozione di un sistema di allevamento più sostenibile.

Mi avvio a concludere, osservando che alle critiche, ai tentativi di caricare sulle nostre spalle il fardello di responsabilità che non sono nostre, come accaduto alla luce di certa propaganda di sinistra che già si è notato in diverse argomentazioni - tentativo, permettetemi, in alcuni casi paradossale -, contrapponiamo l'evidenza dei fatti alle parole, gli atti concreti da noi compiuti (Applausi dei deputati dei gruppi di Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il deputato Fede. Ne ha facoltà.

GIORGIO FEDE (M5S). Signor Presidente, interveniamo su questo provvedimento cosiddetto decreto Aria, che, con tutto il rispetto, potremmo chiamarlo anche “aria fritta” perché, effettivamente, rapporto, come i miei colleghi di minoranza - e non per una posizione strumentale - l'imbarazzo nell'osservare le modalità con cui si è gestito questo problema, assolutamente importante. Al di là di un provvedimento che sicuramente incide sulla vita degli italiani, infatti, sull'impresa e sull'economia, non possiamo dimenticare che la leva che muove questo tipo di azione, peraltro indotta dalle procedure e dalle sentenze della Corte di Giustizia europea del 2020 e del 2022, alla quale si aggiunge anche una terza, riguardanti le emissioni delle PM10, delle PM2,5, del biossido di azoto, parte dalla problematica della salute delle persone.

Infatti, questa situazione genera in Italia, ogni anno, oltre 70 mila decessi per malattie respiratorie legate alla qualità dell'aria. Sicuramente, la zona più complessa, non solo in Italia, ma in Europa, è quella del bacino padano, che, peraltro, non si limita alle quattro regioni citate nel provvedimento in esame, ma comprende aree molto estese della nostra Nazione. Parliamo delle aree della Valle del Sacco, del territorio tra Napoli e Caserta, delle zone della Pianura ovest e pianura est dell'Emilia-Romagna, dell'agglomerato di Milano, Bergamo, Brescia, Roma, Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Torino, Palermo e delle zone di Prato, Pistoia, Valdarno pisano e Piana lucchese, della Conca ternana, delle zone costiere e balneari di Benevento e dell'area industriale di Puglia. Praticamente, sono aree che insistono su ben dieci regioni italiane. Quindi, non solamente Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Umbria, Lazio, Sicilia, Toscana Campania e Puglia. Queste ultime sei non sono assolutamente citate nel decreto; eppure anche i cittadini di questa zona d'Italia vivono questi problemi, ma i problemi della qualità dell'aria e del rilevamento delle polveri sottili e delle condizioni di salute in cui viviamo - noi, i nostri figli e le nostre famiglie - riguardano tutte le regioni. Quindi, quella di fare piani sull'inquinamento atmosferico, nazionali e regionali, è una necessità impellente, ma, ancora oggi, in tante regioni - cito l'ultimo fatto che è stato sollevato dalla consigliera regionale Marta Ruggeri nella regione Marche -, si continua ad andare verso il sistema di combustione e termovalorizzazione e lontani dal sistema di riuso, ricircolo e delle condizioni più attuali adottate in tutto il mondo.

L'Italia risulta ultima anche in questo aspetto ed è ancora bizzarro vedere come si ricorra alla decretazione d'urgenza, perché si invoca la necessità di scampare quel costo di 2 miliardi che sarebbe il costo delle procedure di infrazione. Quindi, un ennesimo buco non solo nell'ozono, non solo nell'aria, ma anche nel bilancio, quando veniamo, in questi giorni, dalla discussione di un bilancio che di buchi ne ha davvero tanti ingiustificati, anzi indotti e creati dell'azione di questo Governo, che ci porta dritti verso procedure d'infrazione, in questo caso ed anche in altri (vedremo come andrà a finire con la direttiva Bolkestein; ci auguriamo di no). Tuttavia, arriviamo alle scadenze senza provvedimenti.

Qui non basta nemmeno la storiella del Governo che è in carica da un anno solamente - e addirittura festeggia quando vediamo provvedimenti che dovrebbero indurre a riflessioni ben diverse - ma anche delle azioni delle regioni, le quali, lo ricordiamo, su 20, 15 sono del centrodestra. Semplicemente, rimanendo su quelle citate in questo provvedimento, su 4, 3 sono di destra. L'ambientalismo militante, che spesso serve per nascondere determinate inadempienze, non è vero. Infatti, questa lettera che mostro qui all'Aula, signor Presidente, è firmata dalle regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte. Qui di ambientalisti militanti ne vedo ben pochi e sono loro a dire, il 18 di ottobre, cioè tre giorni prima di questo dibattito, che non accettano questa decretazione d'urgenza e che avrebbero voluto emendare e dare un contributo ad un piano che veniva già fatto nel 2017 per migliorare l'aria, ritenendo non sufficiente questo tipo di proposta. Quindi, non siamo noi dell'opposizione, Presidente, è la maggioranza delle regioni, delle vostre regioni, che segnala lo stesso problema.

Pertanto, rimaniamo sul concreto e capiamo che quest'articoletto, questa disposizione di due semplici articoli, non basta a risolvere un problema così grande. Semplicemente, parliamo di persone che muoiono in numeri di 140, 150 al giorno; nella durata del mio intervento ne perderemo tre per le malattie conseguenti alla sanità e la salubrità dell'aria. Quindi, è un argomento che dobbiamo tenere a mente, perché dobbiamo capire come intervenire ed è compito del Governo di trovare soluzioni e ancora oggi vediamo un Governo che si lamenta, non avendo compreso bene che il tempo dell'opposizione è finito e che è arrivato quello del Governo: è arrivato da 365 giorni, ma ancora non se n'è ben compresa la differenza e si rimane sul piano della lamentela e non su quello della proposta.

Quindi, questo un po' è il problema e i dati sulla salute dell'aria non li dice Greta Thunberg, ma li dice l'Eurostat, li riferisce l'ISPRA, li riferiscono autorevoli istituzioni europee e nazionali preposte a questo compito. Ma dall'altra parte c'è un atteggiamento sordo a certi proposte, che si muove con un'ideologia del no e del tornare indietro nel tempo. Ricordiamo tutti quanti che, nell'immediatezza della disgrazia avvenuta a Mestre, in cui, sembrerebbe - ma lasciamo ai magistrati il compito - che l'incidente sia dovuto alla mancanza di manutenzione da parte degli istituti preposti alla gestione di quell'asse stradale (il comune di Venezia, la regione Veneto, dove mi sembra che di opposizione di sinistra e di area progressista ci sia ben poco), forse, per proteggere la mancata manutenzione del guard rail, che era imbarazzante da vedere, la prima dichiarazione del Ministro è stata che è un bus elettrico, come se l'elettrico portasse fuori strada. Questa è la cronaca che è raccontata sui mezzi di mobilità individuale, sulle bici, su tutti quei meccanismi verso cui il mondo sta andando, mentre l'Italia sembra ancora stentare. Per questo, cito una vicenda che forse è più comprensibile a tutti gli italiani, poiché, questi dispositivi, li hanno in casa.

È vero che noi dobbiamo tutelare le aziende e le imprese italiane, che sono un'eccellenza nel mondo sotto tanti aspetti, dobbiamo, però, anche capire dove va il vento e indirizzare l'impresa verso le nuove tendenze laddove non vi arrivi tempestivamente. Ricordo l'esempio delle televisioni: noi eravamo leader, avevamo un'eccellente azienda che produceva il tubo catodico, ma è rimasta sul tubo catodico senza capire che si andava verso gli schermi piatti; com'è andata a finire? Chiaramente, l'impresa ha chiuso, abbiamo perso occupazione e il mondo si è mosso in un'altra direzione che noi non avevamo compreso. La stessa cosa sta accadendo con la mobilità. L'elettrico, che è quello verso cui tutti quanti si stanno muovendo, per ovvi motivi di emissioni in atmosfera e quant'altro, viene osteggiato da questo Governo, quindi, ci si ferma a fare battaglie ideologiche senza comprenderne il senso.

Noi dobbiamo, invece, fare dei piani nazionali contro l'inquinamento atmosferico, dei piani regionali coerenti, dobbiamo andare in coordinamento con lo Stato che deve gestire e coordinare; quindi, altro che autonomia differenziata, dove ognuno va in ordine sparso e per conto suo. Dobbiamo condurre questa Nazione verso un porto sicuro, non solamente sul piano ambientale, ma anche economico e sociale. Tale sensibilità - devo dire - spesso manca in questo Governo.

Pertanto noi dobbiamo agire sulle fonti di questi problemi, quindi sulla mobilità, incentivando il trasporto pubblico locale, andando a una riconversione dei mezzi, verso quelli meno inquinanti, elettrici o con condizioni che non diano problemi di salute nei territori; dobbiamo pensare a come riconvertire e migliorare i problemi causati dall'agricoltura e dalla zootecnia e, anche, pensare al riscaldamento residenziale. Ricordo che l'azione concreta realizzata in questa direzione era quella fatta dal Governo Conte con il superbonus, con le comunità energetiche e con tutti quegli elementi che andavano a innovare, a cambiare e a potenziare un patrimonio immobiliare molto vetusto e non dotato dei migliori dispositivi sul punto dell'isolamento e della minor produzione di emissioni e, invece, abbiamo visto com'è andata a finire.

Al di là dell'aspetto di mettere in difficoltà le imprese, bloccando la cessione dei crediti e il superbonus, si sta andando a frenare anche quelle azioni virtuose, che erano partite, che si erano intraprese. È un Governo del gambero: cammina tornando indietro, anziché andare avanti e questo non ci fa bene, perché l'Unione europea ci ha avvertito di quelle che erano le condizioni che dovevamo cambiare, ha mandato delle sentenze della Corte di giustizia, ma a nulla sono valse, perché non si è sottolineata l'urgenza in questo decreto; addirittura, il Governo aveva proposto sei mesi di tempo per adeguarsi e il Senato ha emendato passando a dodici mesi, quindi, non si capisce la coerenza fra l'urgenza e, invece, il dilatare di dodici mesi un provvedimento che doveva essere urgente, senza passare, poi, visto che il tempo ci sarebbe stato, per il confronto in ambito parlamentare dove sono stati bocciati tutti quanti gli emendamenti, qui, alla Camera, mentre quelli dell'opposizione al Senato sono stati poca roba, non sono state neanche ascoltate le richieste delle regioni, quindi, la lettera che hanno fatto è stata molto chiara. Poi, si è fatto veramente fra il poco e il nulla, oltretutto, con la solita consuetudine di utilizzare uno strumento che avrebbe ben altri fini da perseguire; quindi, è stato inserito il provvedimento sull'aeroporto di Malpensa, cosa che era stata bloccata dai provvedimenti di VIA in atto e, invece, è stato dichiarato l'interesse nazionale. Chiaramente, anche qui, vi sono le lettere del comitato di Malpensa, che si rammarica di questo tipo di scelta, oltretutto si rammarica e ci rammarichiamo noi, perché quando parliamo di mobilità, dobbiamo capire qual è la direzione.

Pertanto, se sull'edilizia conveniamo che gran parte delle fonti inquinanti vengono dalle caldaie, per quanto riguarda il trasporto sappiamo bene che il 75 per cento delle emissioni deriva dal trasporto su gomma e, allora, qual è l'alternativa ecologica e sostenibile? È il trasporto su ferro. Allora, non si capisce perché in questo provvedimento sia stato messo l'ampliamento del trasporto aereo, quando normalmente ciò che suggeriscono le direttive europee, quello che sta accadendo in Francia e in altre nazioni è di evitare, di ridurre il trasporto aereo a livello nazionale e di incentivare quello ad alta velocità ed elettrico, perché il trasporto su ferro incide per una quota dello 0,4 per cento sull'inquinamento, peraltro, per i mezzi più vecchi, quelli che sono ancora diesel; invece, tutti gli altri sono molto più inquinanti.

Quindi, proprio non si capisce il senso di questo provvedimento: va nella direzione opposta di quelle che sono le necessità, non mette in sicurezza la salute degli italiani, non mette in sicurezza neanche le aziende, perché le porta ancora ad andare in una direzione che - io mi auguro di sbagliare - non andrà a giovamento degli italiani.

Quando si parla delle limitazioni, dei provvedimenti sul traffico, quando è prevista la chiusura del traffico nel caso degli sforamenti, tutto questo ci deve far capire che dobbiamo andare più velocemente ad abbattere le emissioni atmosferiche per la salute degli italiani, per la salute della nostra Nazione e anche per le nostre aziende. Le nostre aziende devono riconvertirsi velocemente verso un meccanismo più virtuoso, perché chiaramente i blocchi riguardano, ahimè, i motori termici e i motori diesel e, quindi, noi dobbiamo capire che occorre veramente un cambio di passo. Tuttavia, l'atteggiamento ideologico e quella campagna che spesso viene usata per fini elettorali e non per fini di salute e per fini di economia non ci portano bene e questo lo stiamo vedendo in tanti provvedimenti e lo stiamo vedendo anche sui provvedimenti di bilancio. È una Nazione che non porta a scelte coraggiose, che anzi si rifugia dietro sistemi arcaici; ne prendiamo atto e speriamo in un futuro migliore, ma, se il buongiorno si vede dal mattino, questi primi giorni dopo il primo anno non ci fanno ben sperare, ma noi saremo qui a ricordarlo ogni giorno a questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianangelo Bof. Ne ha facoltà.

GIANANGELO BOF (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui, per l'ennesima volta in quest'Aula, a toccare con mano quanto questa Europa, pur con giustificabili fini, imponga limiti lontani da quella che è la realtà di quanto, anche con il massimo sforzo, sia l'impegno raggiungibile. Ciò, inevitabilmente, fa ricadere intere parti del nostro territorio, intere regioni, in infrazione, ma è matematico che ciò possa accadere, perché, se i limiti che vengono dati sono, di fatto, con qualsiasi sforzo, irraggiungibili, è chiaro che si cade in un processo di infrazione.

In realtà, vediamo che la problematica, soprattutto nella zona del bacino padano, è legata al fatto della presenza di alte concentrazioni di PM10, soprattutto nelle zone urbane, ma ad essere interessate non sono solo le aree urbane, perché anche al di fuori delle aree urbane, nelle aree agricole abbiamo ad esempio il problema dell'azoto e questo si trova anche nelle valli montane e, quindi, non solo nella pianura.

Poi, dobbiamo tenere in considerazione che stiamo parlando di un territorio che costituisce circa il 13 per cento della superficie nazionale, nel quale, però, è ospitato il 40 per cento della popolazione italiana e dove, oltre a essere ospitato il 40 per cento della popolazione italiana, abbiamo anche circa 26 milioni di persone che producono, stranamente, il 50 per cento del PIL nazionale, pari a 950 miliardi.

Ora, noi possiamo anche decidere, in questo territorio, di fermare tutto, perché l'Europa ce lo dice, ma nel momento in cui fermiamo tutto questo territorio, ahimè, non ne va solo di quel territorio, perché c'è qualcun altro, forse, che ha bisogno di quei 950 miliardi di PIL per poter mandare avanti il Paese. Non solo, si tratta dell'area maggiormente produttiva ai fini industriali e tra le più industrializzate d'Europa, ma ricordiamoci, oltretutto, che la regione Lombardia produce oltre il 40 per cento del latte che viene consumato in Italia; lo ripeto, questo latte viene prodotto in regione Lombardia, quindi, anche sotto il profilo agricolo e zootecnico stiamo parlando di una delle zone d'Italia che, ahimè, alimenta il Paese.

Tuttavia, non solo l'aspetto industriale, l'aspetto di sviluppo economico e l'aspetto della densità abitativa vanno a incidere sulle problematiche che colpiscono questo territorio, ma ci sono degli elementi che superano questi problemi, nel senso che noi abbiamo aree parimenti industrializzate, più piccole in giro per l'Europa, che non hanno le stesse caratteristiche.

Quindi, abbiamo un problema anche di carattere morfologico e orografico in questa parte del territorio.

Abbiamo una superficie pianeggiante che si estende per circa 400 chilometri da est a ovest. Tutta la pianura è praticamente interclusa da catene montuose che hanno un'altezza media, le Alpi hanno un'altezza media di 2000 metri. Quindi, ci troviamo con l'unico sbocco di questa sacca che è lo sbocco verso l'Adriatico. Tutto il resto rimane intercluso. È come se avessimo, fra virgolette, una stanza con una sola finestra e, aprendo quella sola finestra, pensassimo di poter arieggiare tutta la stanza.

Se non ci sono due finestre, l'aria non circola. Quindi questo diventa un elemento che non può non essere tenuto in considerazione. È ovvio che dai palazzi di Bruxelles non si tiene in considerazione cosa sia la Pianura padana, piuttosto che cosa siano le Alpi, piuttosto che cosa sia la Sicilia, piuttosto che, perché tanto le leggi si fanno a Bruxelles, i limiti si impongono a Bruxelles, e cosa accade nei territori o come siano fatti i territori poco interessa ai burocrati, che si fermano a vedere numeri e dati.

Ciò non toglie che sia importante capire e cercare di andare verso le situazioni virtuose, perché quello delle polveri inquinanti è sicuramente un problema, è un problema per la qualità dell'aria, è un problema per la salute dei cittadini. Quindi, è importante che ci siano azioni in tal senso. Ricordiamo che le autorità di Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna, con enormi sforzi, non è che, in questi anni, siano state a guardare la situazione senza fare nulla, molto è stato fatto. Nell'ultimo decennio, in molte di queste regioni gli sforamenti dei PM10 sono drasticamente diminuiti, perché si conteggiano in termini di giorni di sforamento, e sono stati notevolmente ridotti, con riduzioni pari anche al 50 per cento. Quindi, gli sforzi che queste regioni hanno fatto per andare nella giusta direzione ci sono.

Il contributo nel miglioramento è avvenuto tramite misure di restrizione del traffico, incentivi a sistemi di riscaldamento più ecologici nelle abitazioni, un migliore efficientamento degli edifici, così come anche i forti contributi nel settore agricolo per l'innovazione delle aziende agricole. Dal 2018 al 2022, sono stati fatti anche importanti investimenti per la sostituzione della mobilità pubblica dei nostri mezzi, dei nostri autobus. Ad esempio, oggi parliamo dell'inquinamento da trasporto su gomma, ma dobbiamo ricordare - non possiamo non dirlo -, che, in realtà, il settore automobilistico è quello che, negli ultimi anni, ha fatto gli sforzi più grandi nell'andare a ridurre le emissioni.

Ricordiamoci che, fino a qualche anno fa, avevamo l'Euro 3 e l'Euro 4, siamo passati all'Euro 5 e siamo passati all'Euro 6. E se guardiamo i dati, intanto diciamo che questo segmento compone circa il 30 per cento del problema, e non percentuali più alte, ma stiamo parlando del 30 per cento del problema, e i dati sono di studi condotti dal Politecnico di Milano. Tuttavia, è anche il settore che negli anni è intervenuto maggiormente.

I costanti miglioramenti si sono registrati per quanto riguarda i particolati, quindi il PM10, quindi sui valori giornalieri in molte zone si sono superati i 30 giorni che impone la normativa, perché, proprio per quanto ho detto prima, ovviamente diventa impossibile, in tempi così rapidi, riuscire a scendere sotto i limiti, però, in molti casi, ci sono state riduzioni, ad esempio, da 70 giorni di sforamento a 50 giorni di sforamento nel giro di qualche anno. Quindi, gli sforamenti si sono ridotti e si è cercato di andare nella giusta direzione. Una situazione che non è sicuramente facile risolvere.

Questo ha avuto una dimostrazione tangibile e concreta, cioè abbiamo potuto fare una prova empirica, proprio nel 2021, quando abbiamo avuto il problema del COVID. Nel momento del COVID, c'è stata una drastica riduzione di tutte le attività, una drastica riduzione delle attività produttive e una drastica riduzione del trasporto sia pubblico che privato, perché c'erano le restrizioni che non consentivano alla gente di spostarsi e di muoversi.

Ebbene, qui, se è vero quello che ci dicono i burocrati europei, avremmo dovuto avere un sorprendente e drastico miglioramento delle condizioni. In realtà, ciò non è successo, perché, a fronte di una riduzione del 60 per cento dell'attività, per quanto riguarda il particolato abbiamo avuto una riduzione dal 5 al 15 per cento, per quanto riguarda gli ossidi di azoto dal 30 al 40 per cento. Quindi, se il primo inquinante è diminuito in maniera inferiore rispetto agli altri periodi, questa esperienza dimostra che, in realtà, proprio per la conformazione morfologica, non abbiamo la bacchetta magica per risolvere il problema.

Ci sono tante azioni da intraprendere nel medio e lungo periodo, però è chiaro che non si possono risolvere in modo così rapido e così veloce. Questo decreto ci consente di dare un attimo di respiro. Proprio per i motivi detti prima è chiaro che si cade in procedura di infrazione, è chiaro che bisogna dare un margine a queste regioni e a questi territori per potersi adeguare. Stanno dimostrando di farlo e lo stanno facendo, ma, ovviamente, andare e cadere volontariamente ogni anno in infrazione sicuramente non è la giusta medicina per questo problema.

Possiamo anche pensare, come ci dice l'Europa, di fermare gli Euro 5, però vorrei far porre l'attenzione - e parlo a lei, Presidente, e per suo tramite ai colleghi - sul fatto che ci troviamo in un momento in cui le nostre famiglie e i nostri lavoratori si trovano alle prese con l'impennata dei costi del denaro, quindi con l'impennata dei mutui, con la crescita dei mutui. Una spesa importante per le nostre famiglie. Consideriamo l'inflazione in questo momento, sia quella calcolata sia quella reale, cioè i costi per le nostre famiglie che erodono il potere d'acquisto dei salari, degli stipendi, soprattutto delle fasce più deboli della popolazione.

Ora, perché ce lo dice l'Europa, dovremmo impedire a molti di questi lavoratori, e non tutti vivono nelle zone capillarmente servite dai servizi pubblici, di recarsi al lavoro con il proprio mezzo, salvo dover cambiare, con costi che non sono accessibili a loro, l'automezzo con l'automezzo elettrico, con il nuovo automezzo green. Va tutto bene, ma, se queste famiglie devono sostenere altri costi e non riescono ad avere i mezzi per cambiare l'auto, dobbiamo dirgli di restare a casa senza lavorare? Dobbiamo dirgli che non devono più lavorare? Dobbiamo arrivare a dire che l'Europa impone una norma che, di fatto, impedisce un diritto costituzionale, che è il diritto al lavoro, il diritto di recarsi presso il proprio posto di lavoro e lavorare. Non può essere normale che l'Europa possa imporre questo ad un Paese, salvo poi pagare le infrazioni, perché forse lo scopo è di incassare quello che deriva dalle infrazioni. Infatti, se una norma è così lontana dalla realtà, è nettamente punitiva, semplicemente per incassare la sanzione, perché, se tu mi dai un obiettivo, o mi dai un obiettivo che è facile e raggiungibile, per cui con il massimo dell'impegno riesco a raggiungerlo, altrimenti lo fai solo per punirmi.

Quindi, proprio dall'esperienza COVID abbiamo capito che, anche se dovessimo chiudere tutto il bacino padano, dovessimo spegnere tutto, comunque non riusciremmo a fare quello che ci dicono, il problema rimarrebbe comunque.

Occorre un approccio diverso. La stessa Unione europea afferma che l'obiettivo non è tecnologicamente raggiungibile oggi, anche con le migliori tecnologie esistenti. Occorre assumere soluzioni diverse. Contemporaneamente, con gli sforzi effettuati dalle regioni e dal Governo, si rende sempre più indispensabile un piano dell'aria a livello nazionale, tenuto conto del fatto che numerose regioni, anche fuori da questo bacino, sono finite in infrazione. I limiti imposti dalle direttive europee sono irraggiungibili nella Pianura padana.

È completamente inutile che l'Europa risponda con messa in mora; occorre, una maggiore elasticità, ad esempio, un allungamento dei tempi per poter raggiungere gli obiettivi. Invece, a cosa assistiamo? Nell'ottobre 2022, l'Europa, visto che tiene in considerazione i problemi dei singoli Stati, visto che tiene in considerazione i territori, visto che tiene in considerazione la gente che vive in questi territori e visto che tiene conto di ciò che viene prodotto in questi territori, propone limiti ancora più bassi e tempi per il loro raggiungimento ancora più brevi. Per fortuna, tutto questo è ancora in discussione, facciamo ancora in tempo a intervenire e speriamo che queste proposte non vadano a buon fine. Però, l'Europa dà, ancora una volta, la conferma di essere così lontana dalla realtà da non percepire tutto quello che abbiamo già detto. In altri termini, il problema c'è già e tu vai a imporre limiti ancora più stringenti e tempi ancora più brevi per raggiungerli.

In conclusione, secondo il nostro gruppo occorre raggiungere i dovuti accordi con la Commissione europea, allo scopo di tenere conto della progressività del miglioramento della qualità dell'aria e di tendere verso gli obiettivi europei. Si rende necessario, però, conseguirli con tempi giusti, elastici ed effettivamente realizzabili e con le migliori tecnologie disponibili. Solo così facciamo il bene dei nostri cittadini. Ricordiamoci che questa terra, ahimè, è abitata anche dall'uomo e non possiamo non tenere in considerazione gli aspetti sociali, il modo in cui l'uomo vive nei nostri territori e il modo in cui può sopravvivere nei nostri territori, non possiamo pensare che questo aspetto sia asettico o di secondo piano rispetto a tutti gli altri. Per fare considerazioni che siano giuste dobbiamo sicuramente andare verso una migliore qualità dell'aria e una migliore qualità dell'ambiente che ci circonda e ci vuole il rispetto per l'ambiente che ci circonda, ma non è con disastri sociali che possiamo risolvere il problema del nostro pianeta. Ci vuole tanta ragionevolezza, tanto buonsenso e soprattutto è necessario guardare al fatto che c'è qualcuno che ci deve vivere in quei territori e quel qualcuno che deve vivere in quei territori dovrebbe anche sentirsi rappresentato dalle istituzioni locali, nazionali ed europee.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata L'Abbate. Ne ha facoltà.

PATTY L'ABBATE (M5S). Grazie, Presidente. Oggi stiamo esaminando questo provvedimento e quello che abbiamo da dire è questo. Come MoVimento 5 Stelle, noi siamo all'opposizione, ma quello che le devo dire, quello che sto per dire non è per fare opposizione e quindi dire qualcosa proprio per attaccare il Governo. Il guaio è un altro. Noi siamo veramente preoccupati, siamo veramente preoccupati, perché la prima cosa che questo provvedimento avrebbe dovuto fare era risolvere i problemi che ci arrivano dall'Europa. Abbiamo alcune sentenze della Corte di giustizia e stiamo pagando. Quindi, i cittadini italiani pagano una sanzione e pagano doppiamente, perché pagano anche con la loro salute, poiché nei territori abbiamo inquinanti, che sono il particolato e le polveri chiamate PM10 ma anche il PM 5 e l'NO2, che è un gas molto tossico e pericoloso, che crea problemi alla salute e, come il collega vi ha riferito in precedenza, ci sono anche morti in alcune zone. Quindi, i cittadini pagano due volte. Quello che noi abbiamo proposto, con i nostri emendamenti, è semplicemente un supporto collaborativo, tecnico, ma anche scientifico, per evitare questo problema, per evitare che l'Italia continui a pagare in Europa, per evitare che i cittadini continuino a pagare con la loro salute. Abbiamo fatto solo questo con i nostri emendamenti, ci spiace che siano stati bocciati. Guardate, avrei anche preferito che non fossero a nostra firma ma fossero a vostra firma, a firma della maggioranza, ma che fossero portati avanti.

Ora cerco di articolare perché c'è qualcosa che non va in questo provvedimento, diciamo qualcosa. Diciamo che non risolverà assolutamente il problema e non perché il problema non sia risolvibile. È evidente che le cose non si risolvono dall'oggi al domani, però è evidente anche che dobbiamo fare un passo in avanti e non un passo indietro. Facciamo un esempio, iniziamo a parlare dell'elettrico che, devo dire, più di una volta viene molto contestato; parliamo del privato, finora. Guardate, se parliamo di elettrico dobbiamo dire che sicuramente le batterie non tirano fuori polveri sottili, non tirano fuori quindi NOx. Quindi, stiamo parlando di qualcosa che non riempie la nostra aria - oggi stiamo parlando della qualità dell'aria che i cittadini respirano - di inquinanti. Abbiamo nominato solo il PM10 e l'NO2, ma io ci avrei messo anche il PM5 e altre sostanze perché parliamo delle morti nelle nostre città. Sappiamo che si nomina sempre, purtroppo, l'Emilia-Romagna, perché lì, ahimè, per la conformazione della regione, arriva non solo l'inquinamento della stessa Emilia-Romagna, ma anche quello delle regioni vicine. Vi avremmo inserito anche altri elementi molto importanti, altri microinquinanti come il PM2,5 e come, per esempio, i benzopireni e tutti gli idrocarburi policiclici aromatici che sono cancerogeni. Non sono stati inseriti perché l'Europa ancora non ne ha parlato? Ne parlerà in seguito, purtroppo. Questo significa anche fare prevenzione, significa studiare il problema dalla base e avere un approccio sistemico. Purtroppo, è quello che adesso si studia in tutte le università, perché abbiamo fatto errori, finora. Se ci troviamo con queste problematiche di inquinamento e ci troviamo a pagare sanzioni all'Europa è perché non abbiamo approcciato i problemi nel giusto modo. Vogliamo farlo adesso? Ve lo stiamo dicendo e io ve lo dico, a volte: magari non ascoltate noi, ma ascoltate la scienza. Vi auguro veramente di avere alle spalle centri di ricerca che vi dicano come si debbano fare le cose. Per esempio, qui manca il discorso delle caldaie. Abbiamo un provvedimento che parla solo del traffico, anzi, del traffico, ma in modo limitato, perché si parla semplicemente di Euro 5 o di mettere quell'auto o un'altra. Il punto è che non si dovrebbe proprio pensare all'auto privata proprio perché abbiamo un'inflazione a due cifre e le famiglie non arrivano a fine mese. Dobbiamo far sì che le famiglie abbiano a disposizione i mezzi pubblici. Stiamo parlando della qualità dell'aria nei centri urbani. Ebbene, una persona può arrivare con la sua auto fino alla zona limitrofa al centro urbano, ma lì deve prendere il mezzo pubblico. Come deve essere questo mezzo pubblico? Deve essere, prima di tutto, veramente utile al lavoratore, che deve poter arrivare in orario al suo posto di lavoro. Da un altro punto di vista, deve essere sostenibile. Noi abbiamo, infatti, ancora treni diesel, che possono essere riconvertiti in elettrico. Guardate, basta poco. Non si tratta di treni nuovi perché acquistare un treno nuovo è anche una questione economica molto eccessiva, dal punto di vista non solo economico, ma anche dell'impatto ambientale, perché andrei a mettere anche una serie di nuovi metalli per fare il nuovo treno. Dobbiamo fare una riconversione dell'esistente, il treno diesel deve diventare elettrico, ci sono le imprese italiane che lo fanno e, se volete, vi diciamo quali e ci sono già anche i brevetti. Dobbiamo riconvertire i treni diesel in treni elettrici, riconvertire gli autobus e riconvertire i tram. Allora, diamo supporto, se parliamo di elettrico.

Poi, abbiamo un'altra cosa che possiamo fare nelle nostre città: le piste ciclabili. Qui non abbiamo parlato di piste ciclabili. Noi le abbiamo inserite nel nostro decreto Clima. È importantissimo, basta fare l'ultimo miglio con la pista ciclabile o una zona la cui prima parte è con l'elettrico e i cittadini possono arrivare al loro posto di lavoro senza la loro auto, risparmiano soldi e l'aria delle nostre città diventa più pulita. Basta fare un ragionamento che sia in linea con il mainstream internazionale ed europeo. Se l'Europa mette certi limiti, è possibile che solo noi italiani ci lamentiamo che non ci riusciamo? Le altre Nazioni lo stanno facendo. Allora, io dico che, se gli altri lo fanno, noi cittadini, noi italiani dobbiamo riuscire a farlo, perché noi non abbiamo niente in meno degli altri Stati. Le imprese italiane o le nostre università hanno brevetti innovativi, sono capaci di portare avanti l'innovazione. Però, se noi, la politica, non siamo in grado di stare dietro alle imprese, che sono innovative, ai cittadini, alla ricerca che porta avanti cose che possono risolvere i problemi, allora abbiamo fallito, abbiamo fallito, ed è quanto sto cercando di dirvi oggi.

Passiamo ad altro, passiamo quindi al discorso, di cui stavamo parlando, delle caldaie a gas o a pellet. Come si risolveva il problema?

Qui non ne abbiamo parlato proprio, l'NOx viene fuori dalle caldaie, il particolato viene fuori dalle caldaie. Si risolveva, lo ripetiamo, con il superbonus 110 per cento, semplicemente perché rendeva le nostre case meno energivore, quindi noi avevamo bisogno di riscaldare meno. Sulle comunità energetiche, vogliamo dirlo che, purtroppo, non c'è ancora il decreto attuativo per le comunità energetiche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Vogliamo dirlo che le energie rinnovabili, associate a sistemi con batterie, non producono CO2, non producono emissioni di particolato, oltre ad abbattere la bolletta dei cittadini? E il MoVimento 5 Stelle non ha fatto, in passato, queste azioni, così, non studiate: erano studiate a tavolino, per prevenire. Abbiamo cercato di fare prevenzione, perché è normale che i costi dell'energia aumenteranno sempre, poiché le risorse sono sempre più limitate. È normale. Dovevamo fare prevenzione e preparare i cittadini ad abbassare i costi che pesano nelle loro tasche.

Poi abbiamo parlato delle zone da creare per il turismo sostenibile. Su questo noi siamo d'accordo, ma attenzione a una cosa: per il turismo sostenibile creiamo nuove aree, ma attenti al consumo del suolo e alla biodiversità. Perché vi diciamo questo? Sempre perché, se uno va a valutare la letteratura internazionale e i vari parametri degli indicatori, noi - in Italia come in Europa - siamo fuori limite per consumo del suolo e per la biodiversità. Quindi, tuteliamo anche queste due cose, vanno considerate.

Andiamo avanti. Quando parliamo di trasporti pubblici, qualcosa che ancora non è venuto fuori - e avrei voluto vederlo - è anche il car sharing, perché anche con il car sharing noi andiamo un po' a diminuire e ad abbattere sia le emissioni in atmosfera sia i costi nelle tasche dei cittadini. E possiamo fare ancora un'altra cosa: possiamo incentivare gli abbonamenti ai mezzi pubblici, soprattutto per i nostri ragazzi, per gli studenti. Io vedo ancora, in alcune città, situazioni assurde dove anche i nostri ragazzi che escono la sera sono costretti, purtroppo, a prendere i taxi. E poi dicono che i ragazzi devono stare attenti, non devono bere, non devono guidare, però poi non diamo loro un mezzo pubblico, non diamo loro un abbonamento o, magari, un incentivo affinché possano muoversi in sicurezza. Questo, d'altra parte, porterebbe sicuramente un po' di sicurezza per i nostri ragazzi, ma si abbasserebbero anche i costi delle stesse famiglie e ritorniamo sempre al punto: qualità dell'aria migliore.

Un'altra cosa che poi, qui, non abbiamo proprio considerato sono le aree verdi. Quando abbiamo fatto il decreto per il clima, con il Ministro Costa, noi abbiamo posto attenzione e abbiamo previsto incentivi volti a creare serbatoi di aree verdi nelle città. Infatti, se dobbiamo abbattere ed evitare che questi microinquinanti si formino nell'atmosfera, per migliorare la qualità dell'aria dobbiamo creare degli spazi verdi, affinché, si elimini la CO2, si possa filtrare l'area che noi, ahimè, a livello antropico, andiamo a inquinare. Ma non ci sono incentivi per gli spazi verdi nelle nostre città.

Concludo con altre due cose. Avevamo presentato due emendamenti, che forse sembravano un po' strani, però ve li dico. Uno era sui droni. Il MIT - stiamo parlando di un centro di ricerche americano molto, molto importante - ha già fatto delle linee guida sui droni utilizzati nel monitoraggio ambientale. Perché non lo facciamo anche noi? I droni cosa fanno? I droni fanno quello che l'essere umano non può: possono monitorare nella città, sia nel breve che nel medio e lungo periodo, e capire quali sono le fonti di inquinamento, perché hanno alcuni tipi di indicatori che riescono a calcolare la CO2 e tutti gli altri inquinanti che ci sono. Quindi, non solo servirebbero per la qualità dell'aria, ma anche per il cambiamento climatico e per monitorare, nel tempo, le nostre azioni e vedere se le nostre azioni in una determinata città abbiano realmente prodotto un risultato positivo, altrimenti si cambia strategia. Questa proposta sui droni è stata, chiaramente, bocciata.

C'era poi un altro emendamento, che - mi fa sorridere - è stato proprio reso inammissibile. Mi sembra assurdo, ma vi dico di cosa si tratta. Era un emendamento che dava degli incentivi ai supermercati che avevano le spalliere con del refrigerante con i gas fluorurati. Uno, giustamente, dice: cosa c'entrano adesso i supermercati con la qualità dell'aria? Ebbene, gli F-gas, detti anche HFC, possiamo chiamarli come vogliamo, sono anche loro, purtroppo, gas che hanno a che fare con la qualità dell'aria. E se noi non vogliamo fare prevenzione, vi dico cosa accadrà. In Europa, adesso, stanno mettendo a punto un'altra normativa sugli F-gas: vogliono eliminarli nel 2050. Noi ne abbiamo una marea, perché abbiamo strumentazioni obsolete, apparecchiature che si trovano all'interno dei nostri supermercati. E se non le eliminiamo, domani i cittadini, oltre a pagare le infrazioni che abbiamo adesso per il particolato ed NO2, pagheranno quella per l'F-gas, oltre al fatto che l'F-gas, come cambiamento climatico ed effetto serra, è mille volte più forte della CO2. Allora, io non capisco perché, quando si approccia un problema, non si riesca a prendere tutte le sfaccettature, a lavorare insieme, a inserirle per una buona volta in un provvedimento e a portarle avanti insieme. Altrimenti, staremo sempre allo stesso punto e, purtroppo, lo stesso punto significa - noi l'abbiamo capito, come MoVimento 5 Stelle, ed è quello che cerchiamo di tutelare - che il cittadino continuerà a pagare, perché noi pagheremo ancora all'Europa per queste infrazioni, e continuerà a pagare anche per la sua salute (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1492​)

PRESIDENTE. Il relatore per la Commissione ambiente, deputato Stefano Maria Benvenuti Gostoli, la relatrice per la Commissione trasporti, deputata Maria Grazia Frijia, e la rappresentante del Governo, Sottosegretaria Castiello, rinunziano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: D'iniziativa del Governo: “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” (A.C. 1294-A​) e delle abbinate proposte di legge: Bonetti ed altri; Ascari ed altri; Ferrari ed altri; Polidori ed altri (A.C. 439​-603​-1245​-1377​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1294-A: “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” e delle abbinate proposte di legge nn. 439-603-1245-1377.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 20 ottobre 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 20 ottobre 2023).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1294-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, presidente della Commissione giustizia, deputato Ciro Maschio.

CIRO MASCHIO , Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, riferisco oggi all'Assemblea sul disegno di legge in materia di disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, di cui l'Assemblea inizia l'esame.

In primo luogo, ricordo come il testo base adottato sia il testo del Governo, a cui si aggiungono diversi testi abbinati a firma di gruppi sia di maggioranza che di opposizione, a conferma di quanto trasversale sia l'attenzione su questo tema da parte di tutte le forze politiche.

Il disegno di legge recepisce, inoltre, le istanze più urgenti emerse nell'ambito dell'Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica, istituito con legge nella scorsa legislatura e i cui componenti tecnici sono stati confermati dal nuovo Governo. E, ancora, ne è prova la volontà di muoversi nel solco delle considerazioni contenute nella relazione finale della Commissione d'inchiesta sul femminicidio, istituita dal Senato nella XVIII legislatura, nonché in continuità con iniziative legislative già presentate nella scorsa legislatura.

Mentre su alcuni temi è normale che ci sia una forte dialettica politica nelle Aule parlamentari, è evidente che, invece, su un tema come questo, la sensibilità e l'attenzione da parte di tutte le forze politiche sono tali per cui prevalga, com'è giusto che sia, uno spirito di condivisione nel raggiungimento del comune obiettivo di contrastare il fenomeno della violenza sulle donne rispetto alla volontà di contrapposizione.

Anche per questo devo dare atto che in Commissione, al di là del fatto che l'opposizione abbia ritenuto poi di non votare favorevolmente, ma di astenersi, c'è stato un dialogo costruttivo; va dato atto al Governo di aver manifestato diverse aperture sugli emendamenti, accogliendo alcune proposte dell'opposizione, e all'opposizione di aver contribuito, senza condotte ostruzionistiche, a garantire un rapido svolgimento dell'iter, dell'esame in Commissione, come era da tutti auspicato. Auspico, ovviamente, che questo dialogo prosegua ancora, anche qui, in Aula e che possa arrivare ad un voto all'unanimità o a larga maggioranza, perché sarebbe sicuramente un segnale importante da parte di tutte le forze politiche.

Sappiamo che non è la prima volta che il legislatore interviene sul tema della violenza sulle donne; sappiamo che, a seguito della ratifica della Convenzione di Istanbul, sottoscritta dall'Italia nel 2012 e ratificata con la legge n. 77 del 2013, l'Italia ha compiuto una serie di interventi volti a istituire una strategia integrata per combattere la violenza nel solco tracciato dalla Convenzione.

Uno di questi primi interventi è stato il decreto-legge n. 93 del 2013, adottato a pochi mesi di distanza dalla ratifica della Convenzione, che ha apportato rilevanti modifiche in ambito penale e processuale ed ha previsto l'adozione periodica di piani d'azione contro la violenza di genere. Successivamente, nella XVIII legislatura si è continuato il lavoro, con l'adozione di misure volte a contrastare la violenza sulle donne, tra cui la più importante è la legge n. 69 del 2019, nota come Codice rosso, che ha trasposto nell'ordinamento italiano i principi ispiratori della Convenzione di Istanbul.

Oltre a questo, ricordiamo che nella legge di riforma del processo penale, la n. 134 del 2021, vi è stata un'estensione delle tutele per le vittime di violenza; ricordiamo inoltre la recentissima legge n. 122 del 2023, approvata in questa legislatura, che conferisce al procuratore della Repubblica la possibilità di revocare l'assegnazione del procedimento al magistrato designato ad assumere senza ritardo le informazioni, qualora questo non assuma informazioni nei tempi previsti, con una finalità, quindi, acceleratoria dei procedimenti.

Ovviamente queste misure, alla luce della realtà e dei fatti, non bastano, in quanto, purtroppo, il fenomeno della violenza contro le donne e della violenza domestica è tuttora drammaticamente presente, con numeri ancora sicuramente preoccupanti nel nostro territorio. Secondo i dati Istat, riportati dallo stesso Ministero della Salute, in Italia, il 31,5 per cento delle donne ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, esercitata nelle forme più gravi da partner, ex partner, parenti o amici; addirittura, gli stupri sono stati commessi, nel 62,7 per cento dei casi, dai partner. Sono numeri preoccupanti che non possono essere ignorati e che testimoniano l'esistenza di un fenomeno pervasivo di gravità assoluta, per affrontare il quale è necessario il massimo sforzo possibile in termini di soggetti coinvolti, strategie adottate, energie e risorse profuse.

Risulta necessario agire contemporaneamente sui diversi piani della prevenzione, della protezione, dell'assistenza, da parte di magistrati ed operatori specializzati e adeguatamente formati, delle donne che siano già state vittime o che siano anche solo potenzialmente tali, nonché dei minori coinvolti e dell'efficace ed effettiva sanzione penale dei colpevoli.

Per rendersi conto della gravità del fenomeno si pensi che dal 1° gennaio al 15 ottobre di quest'anno sono stati commessi 266 omicidi, con 94 vittime donne, di cui 77 uccise in ambito familiare o affettivo; di queste, 49 hanno trovato la morte per mano del partner o dell'ex partner. Sono numeri, ripeto, allarmanti, che non sono diminuiti e che testimoniano, quindi, la necessità di rafforzare e migliorare la legislazione in vigore per il contrasto alla violenza di genere e domestica. Mi permetto di dire, che, ovviamente, tutte le leggi approvate dal Parlamento sono importanti, ma non c'è dubbio che, tra tutte, questa è una di quelle con riferimento alla quale c'è la consapevolezza che il legislatore, migliorando la normativa, possa letteralmente salvare delle vite umane. Quindi, nell'esame di questo provvedimento, in questo iter, avvertiamo una responsabilità e una consapevolezza particolari.

Sul provvedimento si sono già espresse in modo favorevole le Commissioni competenti in sede consultiva; siamo, quindi, all'esame in Aula e vengo al contenuto del provvedimento.

Il disegno di legge si compone ora di 18 articoli. L'articolo 1, comma 1, novella la disciplina in materia di misure di prevenzione per condotte di violenza domestica, di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013, il quale prevede che, nei casi in cui alle Forze dell'ordine sia segnalato un fatto che debba ritenersi riconducibile all'articolo 582, secondo comma, del codice penale - lesioni personali punibili a querela della persona offesa - o all'articolo 581 - percosse, anch'esse punibili a querela - che sia consumato o tentato nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, possa disporre l'ammonimento dell'autore del fatto.

La lettera a) del presente articolo del disegno di legge estende l'applicabilità dell'istituto dell'ammonimento del questore anche ai fatti riconducibili ai reati, consumati o tentati, di violenza privata (articolo 610 del codice penale), di minaccia aggravata (articolo 612, secondo comma, del codice penale), di atti persecutori (articolo 612-bis), di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612-ter), di violazione di domicilio (articolo 614) e di danneggiamento (articolo 635 del codice penale). La disposizione in esame interviene, inoltre, sulla definizione di violenza domestica, inserendovi anche la violenza assistita ovvero la violenza commessa alla presenza di soggetti di minore età.

La lettera b) novella il comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 93 del 2013, nel senso di ampliare il novero dei reati per cui scatta l'obbligo, da parte delle Forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche, di informare la vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio, nonché di metterla in contatto con i centri medesimi ove ne faccia espressamente richiesta.

La lettera c) prevede che l'ammonimento non possa essere revocato prima che siano decorsi 3 anni dalla sua emissione, valutata la partecipazione dell'ammonito ad appositi percorsi di recupero e tenuto conto dei relativi esiti. La medesima lettera prevede, poi, un aumento di pena se il fatto è commesso nell'ambito di violenza domestica da soggetto già ammonito e la procedibilità d'ufficio per alcuni reati suscettibili di ammonimento ordinariamente procedibili a querela, qualora siano commessi da soggetto già ammonito.

Il comma 2, introdotto in Commissione, inserisce un nuovo articolo dopo l'articolo 3 del decreto n. 93 del 2013, nel quale si stabilisce che il prefetto possa adottare misure di vigilanza dinamica qualora, per fatti riconducibili ai reati di cui all'articolo 362 commessi in ambito di violenza domestica, emerga il pericolo di reiterazione delle condotte.

Il comma 3 interviene sull'articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009, recante disciplina dell'ammonimento per il reato di atti persecutori, al fine di estenderla anche ai reati di violenza sessuale e revenge porn. In relazione ai medesimi reati, qualora il fatto sia commesso da soggetto ammonito, si introduce, da un lato, l'aumento di pena e, dall'altro, la procedibilità d'ufficio. Infine, la disposizione in esame estende l'obbligo per le Forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche di fornire informazioni alle vittime sui centri antiviolenza presenti sul territorio ai reati di tentato omicidio, deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.

L'articolo 2 del disegno di legge modifica il decreto legislativo n. 159 del 2011, cosiddetto codice antimafia.

La lettera a) del comma 1 estende l'applicabilità delle misure di prevenzione personale ai soggetti indiziati di omicidio, lesioni gravi (articolo 583), laddove aggravate da legame familiare o affettivo ex articolo 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale, deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (articolo 583-quinquies) e violenza sessuale (articolo 609-bis del codice penale). La lettera b), n. 1, prevede che l'applicazione ai sorvegliati speciali, previo loro consenso, di modalità di controllo elettronico - il cosiddetto braccialetto elettronico o altro strumento tecnico - richieda la verifica di fattibilità tecnica, in luogo della verifica, prevista dal testo vigente, circa la disponibilità dei dispositivi.

La lettera b), n. 2, modificata in Commissione, introduce nel codice antimafia una disposizione la quale stabilisce che la misura della sorveglianza speciale sia applicata, nei casi di cui alla lettera a), con le modalità di controllo elettronico - cosiddetto braccialetto elettronico -, ferme restando la necessità del consenso dell'interessato e la verifica della fattibilità tecnica. La disposizione prevede, inoltre: che, nel caso di diniego del consenso alle modalità di controllo elettronico la durata della misura non sia inferiore a tre anni; che sia previsto l'obbligo di presentazione periodica alle autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale; che sia altresì imposto, salva diversa valutazione, l'obbligo o il divieto di soggiorno; che nel caso di manomissione degli strumenti di controllo, la durata della misura non possa essere inferiore a 4 anni; che nel caso di non fattibilità tecnica delle modalità di controllo elettronico, il tribunale prescrive l'obbligo di presentazione alle autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale e, salva diversa valutazione, l'obbligo o il divieto di soggiorno.

La lettera c) prevede che il tribunale, nel disporre la misura della sorveglianza nei confronti dei soggetti indiziati dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi (articolo 572) e atti persecutori (articolo 612-bis) imponga il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione e di mantenere una determinata distanza, non inferiore a 500 metri, da tali luoghi e da tali persone, potendo, comunque, disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione dei luoghi suddetti sia necessaria per comprovate esigenze o per motivi di lavoro.

La lettera d), modificata in Commissione, interviene in materia di provvedimenti d'urgenza adottabili dal presidente del tribunale in pendenza del procedimento per l'applicazione della misura del divieto o dell'obbligo di soggiorno. Al riguardo, si prevede, nel caso di soggetti indiziati dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e atti persecutori, che il presidente del tribunale possa disporre, con decreto, la temporanea applicazione del divieto di avvicinarsi alle persone a cui occorre prestare protezione o a determinati luoghi da esse abitualmente frequentati e dell'obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a 500 metri, da tali luoghi e da tali persone, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Il tribunale può disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione dei luoghi suddetti sia necessaria per comprovate esigenze o motivi di lavoro. Anche in tali casi si prevede l'applicazione del cosiddetto braccialetto elettronico, ferme restando la necessità del consenso dell'interessato e la verifica della fattibilità tecnica. Nel caso di diniego del consenso o di non fattibilità tecnica, il tribunale impone l'obbligo di presentazione alle autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale.

La lettera e), infine, prevede, nel caso di violazione dei provvedimenti d'urgenza, la reclusione da 1 a 5 anni e consente l'arresto anche fuori dai casi di flagranza.

Il comma 2, introdotto in Commissione, modifica l'articolo 3, comma terzo, del decreto-legge n. 93 del 2013, al fine di prevedere che l'analisi criminologica sulla violenza di genere, ivi prevista ed elaborata annualmente dal Ministero dell'Interno, comprenda anche il monitoraggio sulla fattibilità tecnica degli strumenti elettronici di controllo a distanza.

L'articolo 3 amplia le fattispecie di cui all'articolo 132-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, assicurando priorità nella trattazione dei processi e introducendovi reati spia di situazioni di pericolo per l'integrità psicofisica nel contesto delle relazioni familiari e affettive e segnatamente: violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (articolo 387-bis); costrizione o induzione al matrimonio (articolo 558-bis); lesioni personali aggravate (articolo 582) ai sensi degli articoli 576, primo comma, e 577, primo e secondo comma; deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (articolo 583-quinquies); diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612-ter); stato di incapacità procurato mediante violenza, laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale e, quindi, il colpevole ha agito con il fine di far commettere un reato ovvero la persona resa incapace commette in tale stato un fatto previsto dalla legge come delitto (articolo 613, terzo comma).

L'articolo 4 prevede che, in relazione a tali reati, sia assicurata priorità anche nella richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa. A tal fine, si dispone che i dirigenti degli uffici giudicanti adottino i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione degli affari per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

L'articolo 5, al fine di favorire la specializzazione nella trattazione di questa particolare tipologia di processi, prevede che, nel caso in cui il procuratore capo eserciti la facoltà di delega a procuratori aggiunti e sostituti, l'individuazione deve avvenire specificamente sempre per la cura degli affari in materia di violenza di genere e domestica.

L'articolo 6, introdotto in Commissione, al comma primo prevede la predisposizione, da parte dell'autorità politica delegata per le pari opportunità, anche con il supporto del comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio sul fenomeno della violenza contro le donne, di apposite linee guida nazionali, al fine di orientare un'adeguata e omogenea formazione degli operatori che, a diverso titolo, entrano in contatto con le donne vittime di violenza. Il comma 2 prevede che nelle linee programmatiche che il Ministro della Giustizia propone annualmente alla Scuola superiore della magistratura siano inserite specifiche iniziative formative in materia di contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica.

L'articolo 7, modificato in Commissione, introduce l'articolo 362-bis del codice di procedura penale in materia di termini - e mi avvio a concludere, Presidente - per la valutazione delle esigenze cautelari.

PRESIDENTE. Sì, concluda, grazie.

CIRO MASCHIO, Relatore. Al fine di assicurare il rispetto dei termini dell'articolo 7, l'articolo 8 introduce l'obbligo per il procuratore generale presso la corte d'appello di acquisire trimestralmente dalle procure i dati sul rispetto dei termini.

L'articolo 9, modificato in Commissione, aumenta la pena prevista dall'articolo 387-bis.

L'articolo 10 introduce nel codice di procedura penale l'articolo 382-bis in materia di arresto in flagranza differita.

L'articolo 11 interviene sulla disciplina delle misure cautelari e del braccialetto elettronico.

L'articolo 12, modificato in Commissione, reca una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista a legislazione vigente in materia di criteri di scelta e condizioni di applicabilità delle misure cautelari e coercitive.

L'articolo 13, modificato in Commissione, reca modifiche in materia di informazioni da rendere alla persona offesa dal reato.

L'articolo 14, modificato in Commissione, reca disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena.

L'articolo 15, introdotto in Commissione, modifica la disciplina relativa alla domanda di indennizzo per le vittime di crimini intenzionali violenti.

L'articolo 16 introduce e disciplina i presupposti per la corresponsione di una provvisionale in favore delle vittime di taluni reati o degli aventi diritto, in caso di morte della vittima.

L'articolo 17 prevede che, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, venga emanato il decreto interministeriale per il riconoscimento e l'accreditamento degli enti e delle associazioni abilitati a effettuare corsi di recupero per gli autori di reati di violenza sulle donne e domestica, nonché linee guida cui enti e associazioni devono attenersi.

L'articolo 18 reca, infine, la clausola di invarianza finanziaria, in virtù della quale dall'attuazione del provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Deposito il testo integrale della relazione e auspico un costruttivo lavoro parlamentare.

PRESIDENTE. La ringrazio perché siamo proprio fuori tempo massimo.

Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, Sottosegretario Delmastro Delle Vedove, che rinunzia.

E' iscritta a parlare la deputata Michela Di Biase. Ne ha facoltà.

MICHELA DI BIASE (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, il provvedimento del Governo che quest'Aula si trova a esaminare, la proposta di legge n. 1249 per il contrasto alla violenza sulle donne e della violenza domestica, si inserisce in un solco già profondamente segnato nel corso delle ultime legislature che ha visto il Partito Democratico, da sempre e sempre - e questo mi auguro che venga onestamente riconosciuto - costantemente e strenuamente impegnato nel cercare di dotarsi di strumenti adeguati a contrastare e a stroncare la violenza sulle donne. Un dovere, questo, che sentiamo sempre presente, perché non passa una settimana, non passa un giorno, senza che ci sia notizia di un femminicidio, un caso di molestie per strada, una manifestazione da qualche parte del mondo contro gli abusi che le donne subiscono. Sono numeri, purtroppo, che conosciamo e che però dobbiamo ripetere, così come ha fatto nell'intervento il presidente della Commissione nella sua relazione. Ancora una volta, ogni giorno, in Italia, signor Presidente, 89 donne subiscono qualche forma di violenza di genere.

Nel 2022, secondo i dati del Viminale, sono state 120 le donne vittime di femminicidio. Io vi prego: utilizziamo in quest'Aula la parola femminicidio e non ci limitiamo a utilizzare quella di omicidio, perché questa, che riguarda le donne, è una fattispecie che va chiamata col nome che ha. Le donne vengono uccise perché sono donne (Applausi dei deputati del gruppo del Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Lo vedremo poi nel corso del mio intervento quanto sono determinanti per questi omicidi le questioni di natura culturale e sociale, che sono davvero la causa scatenante in alcuni di questi reati, che portano poi, purtroppo, alla vicenda del femminicidio. L'abbiamo detto che le donne uccise nel corso del 2022 sono 120, uccise tra le mura domestiche, anche questo è stato detto. Uccise l'8 marzo, nella vigilia di Natale, il 25 novembre: ogni giorno leggiamo di una donna che perde la vita per il fatto di essere una donna. Non è un'emergenza, diciamocelo, diciamocelo con chiarezza. E' qualcosa di peggio, signor Presidente, è un fenomeno endemico, è la punta dell'iceberg, di un sistema sessista e patriarcale. Pensare che, negli ultimi trent'anni, il numero di omicidi volontari è drasticamente diminuito, per questo, dico, facciamo attenzione col chiamare le cose col nome che hanno. Siamo passati, infatti, per gli omicidi volontari a un calo dai 1.916 registrati nel 1991 ai 319 nel 2022. Allora, è vero che i dati a volte sono noiosi, ma ci aiutano a cogliere e a capire il fenomeno. Sarebbe un bel risultato se non fosse che, anche nella più macabra delle statistiche, c'è un gap di genere. Il crollo, infatti, e questo ce lo dice l'Istat, non lo dice il Partito Democratico, ha riguardato solo e soltanto gli uomini. Il 31,5 per cento delle donne tra i sedici e i settant'anni (parliamo di 6.788.000 persone) ha subito, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza, fisica o sessuale. Il 20,2 per cento (parliamo di 4.353.000 donne) ha subito violenza fisica. Il 21 per cento, che tradotto significa 4.520.000 persone, ha subito violenza sessuale, e il 5,4 per cento le forme più gravi di violenza, come lo stupro (652.000 donne).

I numeri dell'Istat, dunque, indicano con chiarezza i numeri del fenomeno, la sua gravità e la necessità che questo Parlamento intervenga, con norme chiare e, fatemi dire, utili per contrastare i reati contro le donne in Italia.

Le indagini condotte dopo la pandemia hanno rappresentato un quadro drammatico e il lockdown, infatti, per migliaia di donne ha rappresentato un inferno esistenziale. L'ultimo rapporto Istat del maggio 2021, richieste di aiuto durante la pandemia, i dati dei centri antiviolenza, delle case anti rifugio e delle chiamate al 1522, ci indica che, durante il periodo pandemico, le chiamate effettuate sono state altissime: 1520 contro un aumento segnalato del 79,5 per cento rispetto all'anno precedente. Abbiamo visto 15.128 chiamate contro 8.427 del 2019.

Il nostro ordinamento - e anche questo è riconosciuto - si è dotato, negli anni passati, di adeguate ed efficaci normative e misure a livello nazionale e internazionale per il contrasto della violenza contro le donne domestiche e di genere, così come è riconosciuto che il nostro paese sia dotato di Forze di polizia e di magistratura tra le più competenti e preparate. Nell'ultimo decennio per dotarsi di strumenti il più possibile adeguati è stato compiuto un importante sforzo in termini di mutazione e innovazione del quadro normativo, sia a livello nazionale che a livello sovranazionale, così come nella pianificazione di interventi e strumenti più aderenti alle necessità emergenti. Vorrei ricordare il lavoro che è stato fatto nel corso della XVIII legislatura, quando è stata istituita una Commissione parlamentare d'inchiesta monocamerale sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, che ha svolto un'intensa attività di audizioni e di inchiesta, al fine di fare emergere il fenomeno in tutti i suoi aspetti. Molte delle azioni contenute in questa norma e molte delle azioni di contrasto alla violenza contro le donne hanno le radici proprio in quel lavoro che è stato fatto dalla Commissione bicamerale.

Qual è allora però il baco, il tassello mancante che, ancora oggi, ogni giorno impedisce che le donne vivano tutte queste violenze, che siano uccise, che siano discriminate? Va cercato, come ho provato a dire in premessa, probabilmente, soprattutto in un'applicazione a volte inefficace del sistema di norme predisposto dovuto, principalmente, alla mancanza di una completa e approfondita conoscenza, da parte degli operatori del settore, del complesso fenomeno della violenza maschile contro le donne, soprattutto con riferimento alle radici culturali di questo fenomeno che lo connotano e ai pregiudizi di genere che lo sostengono e lo normalizzano.

In queste settimane di lavoro, in Commissione, abbiamo cercato di sostenerlo con estrema chiarezza. Senza le risorse economiche necessarie alla formazione degli operatori che entrano in contatto con le donne vittime di violenza è quasi impossibile far funzionare le norme. Io stessa, Presidente, interrogando il ministro della Pubblica Amministrazione in Commissione affari costituzionali ho fatto appello per chiedere risorse finanziarie e misure organizzative per una necessaria e urgente formazione e specializzazione di tutto il personale che interviene per donne e minori vittime di violenza.

Mi è dispiaciuto molto constatare di non ricevere alcuna risposta; in quel caso, come in questo, le nostre proposte non sono state accolte come avremmo voluto.

Dunque, è qui che risiede esattamente la principale ragione che ha condotto il nostro gruppo ad astenersi su un provvedimento su cui abbiamo sempre dimostrato la massima disponibilità, lo sa il relatore e lo sanno i colleghi onorevoli della Commissione giustizia. Però, è necessario ribadire, Presidente, che questo nostro appoggio non è stato accolto come avremmo voluto. Molti nostri emendamenti sono stati respinti e noi ci aspettavamo davvero che venisse fatto di più. Non è stata messa - e non ci è stata data - alcuna risorsa per la formazione del personale che entra in contatto con le vittime di violenza, nessuna per la prevenzione, nessuna per l'organizzazione necessaria degli uffici giudiziari. In provvedimenti paralleli, questa tendenza del Governo a riempirsi un po' la bocca con un magico riferimento a una riforma della giustizia, poi, si infrange con il reale, con quello che mettete a disposizione delle donne, che deprivate, purtroppo, di risorse, perché il fatto di non stanziare risorse in questo provvedimento fa sì che alcune questioni non si potranno affrontare e, dunque, risolvere.

Accanto all'obbligo di formazione, noi pensiamo che sia indispensabile associare anche un potenziamento delle risorse a disposizione di Forze di polizia e della magistratura, perché oggi il carico di lavoro che grava sugli uffici è rilevantissimo e non sempre consente un intervento adeguato e tempestivo.

C'è un altro aspetto, poi, che dobbiamo indagare, a proposito del disegno di legge in esame, perché, purtroppo, abbiamo registrato su questo una scarsa volontà di discutere veramente nel merito - gli interventi da noi proposti andavano esclusivamente nel senso di migliorare questo provvedimento, guidati come eravamo dal parere autorevole dei tanti auditi e delle tante audite e dall'adesione piena e forte delle nostre richieste alla Convenzione di Istanbul -: parlo, Presidente, dell'aspetto culturale, perché siamo convinti che una parte importante della soluzione del problema passi dal formare ed educare le nuove generazioni di maschi, ma anche la mia, così come tutte le altre generazioni - direi -, alla cultura del rispetto, alla cultura della differenza, alla relazione di genere, fornendo loro strumenti e metodologie moderne o, comunque, adeguate a tutte le età, che servano a superare i pregiudizi e gli stereotipi di genere.

Combattere la violenza maschile sulle donne passa - ciò è fondamentale - per la protezione delle vittime, per un corretto uso degli strumenti repressivi di cui ci siamo, negli anni, dotati, ma passa soprattutto dalla presa di coscienza e dalla crescita consapevole maschile rispetto alla violenza sulle donne.

Il punto di caduta è proprio, forse, dovuto all'inefficace applicazione delle norme, causata dall'assenza di una completa e approfondita conoscenza, come abbiamo detto, da parte anche degli operatori, del complesso fenomeno della violenza maschile, proprio per quello che abbiamo detto sulle profonde radici culturali che lo connotano e dei pregiudizi di genere che lo sostengono.

Mi avvio alla conclusione. Il gruppo del Partito Democratico, in Commissione giustizia, come ho detto, si è astenuto su questo provvedimento, sulle disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica; ci siamo astenuti, perché abbiamo ritenuto che il testo approvato e licenziato dalla Commissione fosse ancora insufficiente, pur riconoscendo che raccoglie talune indicazioni emerse dal lavoro della precedente Commissione sul femminicidio, ma non tutte, soprattutto in chiave di prevenzione primaria. Non si vuole parlare di educazione nelle scuole, è stata respinta l'ipotesi del fermo di indiziato nelle situazioni di alto rischio, non è stato preso in considerazione il tema del consenso. Su tutte queste questioni, che ho ricordato, abbiamo fatto proposte volte all'ampliamento dei diritti della persona offesa e della sua tutela, in tutte le fasi del processo. Occorre perseguire l'attuazione della Convenzione di Istanbul e della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle vittime, recepita da questo Parlamento, ma soprattutto rendere la persona offesa un soggetto processuale. È necessario formalizzare l'obbligo di patrocinio a spese dello Stato per le persone offese dai reati di violenza di genere, domestica e contro le donne, ivi compreso il tentato femminicidio, anche in adesione alle indicazioni che ci vengono date dalla Corte costituzionale.

L'articolo 6 del disegno di legge, inoltre, interviene sul procedimento di applicazione delle misure cautelari nei procedimenti relativi a delitti di violenza domestica e di genere, prevedendo che il pubblico ministero debba richiedere l'applicazione della misura entro 30 giorni dall'iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato e il giudice debba pronunciarsi sulla richiesta nei 30 giorni dal deposito dell'istanza cautelare presso la cancelleria. Io lo voglio dire, perché su questo il Partito Democratico ha depositato in Commissione un emendamento, a mia firma, a cui è stato dato un parere contrario: questo è un termine troppo lungo, che mette a rischio la sicurezza della donna. Sono troppi, 30 giorni.

Allora, queste sono state le nostre proposte in Commissione, che avevamo avanzato nella speranza che la collaborazione fosse reale, che si volesse davvero affrontare la questione della violenza di genere in ogni suo aspetto. Ciò perché - e davvero concludo, signor Presidente - è del tutto evidente che queste norme purtroppo non basteranno, se non metteremo in campo un nuovo paradigma culturale, che parta dal rispetto delle donne, delle loro scelte e della loro volontà. Si doveva fare di più, avremmo voluto che si facesse di più, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisabetta Christiana Lancellotta. Ne ha facoltà.

ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA (FDI). Grazie, Presidente. Signor Sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove, onorevoli colleghi, tra il 1° gennaio e il 1° ottobre di quest'anno, solo in Italia, sono stati commessi 256 omicidi, con 90 vittime donne, di cui 75 uccise in ambito familiare e affettivo; di queste, 47 hanno trovato la morte per mano del partner o dell'ex partner. È quanto emerge dall'ultimo report curato dal servizio analisi criminale della Direzione centrale della Polizia criminale, ma il numero delle persone vittime di violenza di genere o violenza domestica resta un valore sottostimato. Ancora oggi non esiste una definizione unica di femminicidio in tutti i Paesi dell'Unione europea e mancano dati uniformi. La percentuale dei casi sommersi resta ancora alta; le donne vittime di violenza hanno spesso paura a denunciare le violenze subite, per mancanza di autonomia dal punto di vista economico, per paura, per la presenza di figli e per altre, innumerevoli, ragioni.

Non voglio però dilungarmi su statistiche o dati, in questa sede non è determinante stabilire se il trend sia in diminuzione o in aumento. La violenza resta un fenomeno strutturale e trasversale, che coinvolge anche le nuove generazioni, finanche i più giovani, come si è visto a Palermo e a Caivano, dove tra gli indagati ci sono soggetti che all'epoca dei fatti erano minorenni. Ogni donna uccisa, soprattutto per mano della persona amata o che diceva di amarla, è una vita spezzata, una famiglia distrutta, un figlio rimasto orfano per sempre.

Il disegno di legge dei Ministri Roccella, Nordio e Piantedosi, che ringrazio per la sollecitudine con cui hanno affrontato il tema, circoscrive un campo di intervento mirato alla concretezza e finalizzato a salvare delle vite.

Entrando nel merito del provvedimento che oggi ci vede impegnati in quest'Aula, tre sono i pilastri su cui si fonda la linea d'azione dell'Esecutivo: prevenzione, protezione e certezza della pena, e tale linea di azione procede attraverso alcuni interventi mirati; velocizzare le valutazioni preventive sui rischi che corrono le potenziali vittime di femminicidio o di reati di violenza contro le donne o in ambito domestico, ciò che finora è mancato più di tutti; rendere più efficaci le azioni di protezione preventiva; priorità nel ruolo delle udienze; rafforzare le misure contro la reiterazione dei reati a danno delle donne e la recidiva; migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza; arresto in flagranza differita e braccialetto elettronico.

Questo disegno di legge, che, ricordiamo bene, non è una deriva panpenalistica del Governo Meloni, ma recepisce le istanze più urgenti emerse nell'ambito dell'Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, le osservazioni contenute nella relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, e gli orientamenti della procura generale della Corte di cassazione in materia, interviene in particolare su: prevenzione, per evitare che i cosiddetti reati spia possano poi degenerare in fatti più gravi; rafforzamento dell'ammonimento da parte del questore; aggravamento di pena quando i reati di violenza domestica o contro le donne sono commessi da un soggetto ammonito, anche se la vittima è diversa da quella che ha effettuato la segnalazione per cui è stato adottato l'ammonimento; percorsi di recupero per i soggetti ammoniti; potenziamento delle misure di prevenzione, con l'estensione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale previste dal codice antimafia anche agli indiziati di reati legati alla violenza contro le donne e alla violenza domestica; obbligo, e non più facoltà, di imporre agli indiziati di questi reati il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi frequentati abitualmente dalle vittime e l'obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a 500 metri, da tali luoghi e dalle vittime; velocizzazione dei processi anche nella fase cautelare; rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico; informazioni alla persona offesa dal reato e obblighi di comunicazione; immediata comunicazione alle vittime di tutte le notizie inerenti alle misure cautelari disposte nei confronti dell'autore del reato; provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime; arresto in flagranza differita anche in forza di video o foto che possano dare elemento di concretezza alla denuncia; misure cautelari anche per reati sin qui considerati meno gravi.

Con l'approvazione di una proposta delle colleghe di opposizione, che condividiamo, è stata prevista l'adozione di linee guida nazionali per orientare la formazione specifica per il personale che, a diverso titolo, entra in contatto con le vittime di violenza.

Il tema della violenza sulle donne è sempre stato caro a questo Governo e a Fratelli d'Italia - e non da ora, ma già da quando, appena insediato, ha deciso di finanziare i centri antiviolenza, aumentando di un terzo le risorse disponibili; già nella legge di bilancio 2023 sono stati stanziati 4 milioni di euro, in quest'ultima legge di bilancio 6 milioni di euro, mi piace precisarlo - e lo è anche oggi, con questo provvedimento, che cerca di risolvere le inadeguatezze della normativa, aggiungendo un tassello importante soprattutto in termini di valutazione del rischio a cui è esposta una donna già a partire dai reati spia, ma che ci stimola a una riflessione ulteriore. Le tante donne uccise o stuprate in Italia non sono più un'emergenza, fanno parte di un problema sistemico e strutturale, funzionale alle logiche del sistema di potere maschile che, nei secoli, ha permeato la cultura e le relazioni. È n problema che occorre, quindi, combattere su più fronti. Credo che, quando si parla di violenza, e in particolare di violenza di genere, sia necessario non soltanto intervenire tempestivamente, ma si debba affrontare la questione anche da un punto di vista culturale e di prevenzione, in ogni suo aspetto, perché, quando le storie di quelle donne riempiono la prima pagina di cronaca, arriviamo, purtroppo, troppo tardi. Arriviamo quando quella situazione ha già fatto una vittima, creato sofferenze e squarciato vite intere. Alle misure più rigide e incisive e alle pene certe si deve affiancare, nell'intera società, un impegno educativo e culturale contro mentalità distorte e una concezione dei rapporti tra donna e uomo che non ci appartiene più, a scuola, con la cultura e in famiglia, con l'esempio, nello sport, elemento educativo al pari di scuola e famiglia, con la sensibilizzazione.

Quando questo testo sarà legge dello Stato, grazie al lavoro del Governo Meloni e di questo Parlamento, le donne in Italia avranno a loro tutela una legislazione davvero incisiva per contrastare un fenomeno dilagante, che noi vogliamo in ogni modo fermare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata D'Orso. Ne ha facoltà.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, il provvedimento oggi al nostro esame si propone di fornire nuovi strumenti a Forze dell'ordine e magistratura, e di potenziarne altri, per arginare quella silenziosa e strisciante mattanza che si consuma ogni giorno nel nostro Paese ai danni delle donne. Un obiettivo che è di certo ambizioso, ma ormai assolutamente irrinunciabile, se pensiamo che, dall'ultimo rapporto di analisi criminale redatto dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno, che anche la collega che mi ha preceduto citava, con riferimento al periodo dal 1° gennaio 2023 al 15 ottobre 2023, emerge la seguente, sconfortante fotografia, che ribadisco proprio per i dati significativi. Su 266 omicidi volontari registrati, 94 vittime sono donne; di queste, 77 sono uccise in ambito familiare o affettivo e 49 dal proprio partner o ex partner. Rispetto allo scorso anno, tra l'altro, vi è un trend che risulta, ahimè, in crescita, ma lo intuivamo anche prima, se pensiamo a tutti gli agghiaccianti casi di cronaca che si susseguono quasi quotidianamente. Nel solo arco dell'estate siamo stati profondamente colpiti dall'omicidio di Pierpaola Romano, di 58 anni, agente di Polizia, peraltro in servizio proprio qui, alla Camera, che è doveroso ricordare. Siamo stati sconvolti dalla barbarie inflitta a Michelle Causo, di soli 17 anni, il cui corpo è stato trascinato dal suo assassino coetaneo per strada fino a un cassonetto. E poi Marisa Leo, colpita a morte dal suo ex compagno, e Vera Schiopu, uccisa dal fidanzato con un complice, simulando un suicidio. Davanti a tutto questo, Presidente, come legislatori, non possiamo sottrarci alla responsabilità di cercare di cambiare le cose. Occorre chiedersi allora se questo disegno di legge offra soluzioni appropriate e idonee a raggiungere questo obiettivo, che dicevo già ambizioso, o quantomeno ad avvicinarsi a questo obiettivo.

Intanto, è giusto ricordare che questo disegno di legge parte da lontano. Già nella scorsa legislatura si avvertì la necessità di mettere in campo ulteriori misure che si andassero ad aggiungere alla legge cosiddetta codice rosso. Ricordo a me stessa come la legge sul codice rosso, fortemente voluta dal MoVimento 5 Stelle e approvata nel luglio 2019, senza alcun voto contrario, sia stata la prima legge organica in tema di contrasto alla violenza domestica e di genere, che, oltre a stabilire quella corsia preferenziale nell'ascolto della vittima e nella sua presa in carico immediata da parte dello Stato, ha introdotto nuovi reati, quali la deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni al viso, l'induzione o costrizione al matrimonio, il revenge porn, la violazione del divieto di avvicinamento.

Furono, inoltre, inasprite le pene per i reati di violenza sessuale, per maltrattamenti e stalking e si introdusse l'utilizzo del braccialetto elettronico che avrebbe dovuto accompagnare l'applicazione di misure cautelari quali l'ordine di allontanamento e il divieto di avvicinamento. Fu un provvedimento che vide tutte le forze politiche lavorare insieme per giungere al risultato. Infatti, ricordo bene come il disegno di legge di iniziativa governativa fosse incentrato prevalentemente sul cosiddetto codice rosso, quindi sulla procedura penale. Tuttavia, quando arrivò al nostro esame in Parlamento, proprio qui alla Camera, in prima lettura, quel provvedimento, che sembrava abbastanza asciutto e molto focalizzato, si arricchì di tutti i contenuti che ho citato sopra, proprio grazie al lavoro parlamentare. Possiamo dire che ogni forza politica diede un suo contributo.

Tuttavia, la cruda realtà restituita dagli episodi di cronaca già nella scorsa legislatura aveva imposto un'ulteriore riflessione. È giusto dire che il provvedimento oggi in Aula ricalca, quasi integralmente, non solo un testo licenziato in Consiglio dei ministri dal Governo Draghi, ma ricalca quasi del tutto la proposta di legge, a prima firma della collega Stefania Ascari del MoVimento 5 Stelle, che prima ancora era stata depositata nella scorsa legislatura e riproposta sin dall'inizio di questa legislatura anche qui.

Questo disegno di legge, inoltre - già è stato ricordato -, recepisce alcune delle sollecitazioni pervenute dalla Commissione d'inchiesta sul fenomeno del femminicidio nella scorsa legislatura. Ciò che tuttavia questo testo forse non recepisce sono le misure più coraggiose, ma di questo parlerò tra un po'.

Per l'iter che ebbe il cosiddetto codice rosso, ma anche per l'iter che, in qualche modo, ha avuto già questo disegno di legge oggi in esame, ci aspettavamo, francamente, sia nel metodo, sia nel merito, uno sforzo ancora maggiore di condivisione da parte di maggioranza e Governo, perché questo provvedimento possiamo dire che è patrimonio di tutti. Su questo delicatissimo tema tutti abbiamo già lavorato e, se è giusto evidenziare che le convergenze sono più delle divergenze, perché dobbiamo dire che è così, è però altrettanto doveroso evidenziare che le divergenze che restano si concentrano su aspetti di sostanza fondamentali, le divergenze si concentrano su ciò che ancora nel testo non c'è e che tra poco proverò ad illustrare.

Entrando nei suoi contenuti, quanto inserito nel testo è certamente condivisibile, perché - lo abbiamo detto -, in qualche modo, la matrice viene da un lavoro già condiviso e anche perché sicuramente questo testo è stato di certo migliorato durante la fase emendativa in Commissione giustizia, grazie all'accoglimento di alcuni emendamenti delle opposizioni. Ribadisco che, casomai, la criticità sta in quello che ancora in questo testo manca.

Però, vediamo prima cosa c'è. Innanzitutto, si prevede il potenziamento dell'ammonimento del questore, perché è estesa l'applicabilità di questa misura di prevenzione anche a nuovi reati che sono tutti riconducibili alla sfera della violenza domestica e della violenza di genere. Si interviene, tra l'altro - è già stato ricordato -, sulla definizione di violenza domestica, inserendovi anche la cosiddetta violenza assistita, cioè commessa in presenza di minori di età, il che estende ulteriormente il perimetro di applicazione di questa misura di prevenzione, cioè dell'ammonimento. Inoltre, si prevede che per il soggetto già ammonito dal questore, ove reiteri uno dei reati connessi alla violenza domestica o di genere, vi sia un aggravamento di pena oltre che la procedibilità d'ufficio. Quindi, laddove il reato sia procedibile a querela, diventa reato procedibile d'ufficio. Inoltre, entrambe le circostanze che ho citato - l'aggravamento della pena e la procedibilità d'ufficio - scattano comunque, anche se l'ammonimento era stato fatto per un episodio in cui la persona offesa era diversa rispetto alla vittima del nuovo episodio, del nuovo reato. Poi, vi è un'altra misura molto importante che è stata introdotta in fase emendativa ed è la vigilanza dinamica. Questo vuol dire veramente porsi il problema della presa in carico della tutela della persona offesa. È possibile, infatti, che il questore attivi la vigilanza dinamica, quindi una forma di tutela nei confronti della persona offesa. Questa riteniamo sia effettivamente una misura molto importante.

Inoltre, abbiamo il potenziamento delle misure di prevenzione, prima fra tutte la sorveglianza speciale. La novità è che, anche in caso di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, è possibile, previo consenso del soggetto destinatario della misura, l'applicazione di modalità di controllo elettronico, ovvero si ritorna al braccialetto elettronico e se ne promuove un maggiore utilizzo. Ciò richiede anche la verifica della cosiddetta fattibilità tecnica, perché è chiaro che occorre verificare sin dall'inizio che quest'applicazione dia risultati effettivi, concreti.

Sono misure di prevenzione anche le misure coercitive, alle quali è ricollegato l'uso del braccialetto elettronico, stavolta in modo obbligatorio, come l'ordine di allontanamento o il divieto di avvicinamento a determinati luoghi frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione. È aggiunta anche la novità di prevedere il mantenimento di una determinata distanza, non inferiore a 500 metri, da tali luoghi e da tali persone. L'inserimento della locuzione “da tali persone” mi fa anche pensare che, in qualche modo, si stia riflettendo sulla possibilità di monitorare non solo lo spostamento del destinatario della misura, al quale viene applicato il braccialetto elettronico, ma anche, sempre con finalità di tutela rafforzata, gli spostamenti della persona offesa, affinché sia possibile sempre mantenere questa distanza non inferiore a 500 metri tra le due persone. Vi è, inoltre, l'introduzione di ulteriori reati, sempre riconducibili a violenza domestica e a violenza di genere, tra quei reati per cui è prevista una priorità di trattazione.

Poi, nero su bianco è previsto che occorre trattare in modo spedito la fase cautelare, quindi l'applicazione delle misure cautelari quando si parli di questi reati.

Un'altra previsione, in effetti, importante, che recepisce la prassi che già gli uffici giudiziari adottano, è quella di istituire pool di magistrati specializzati in questa tipologia di reati. In qualche modo, è messa, nero su bianco, questa prassi assolutamente virtuosa, che già molti uffici giudiziari - penso quasi tutti e, sicuramente, le procure più grandi che hanno risorse adeguate - mettono in campo.

Un'altra misura importante è l'arresto in flagranza differita. Di questo nuovo strumento, proprio per l'importanza e per l'innovazione, voglio anche dare una lettura più precisa. Nei casi di cui agli articoli del codice penale 387-bis, che riguarda la violazione del divieto di avvicinamento, 572, relativo ai maltrattamenti, e 612-bis, relativo allo stalking, si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e comunque entro le 48 ore dal fatto. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che, entro le 48 ore dal fatto, se ci sono evidenze documentali che ci consentono di identificare l'autore del fatto, possiamo arrestare il suddetto autore. Questo è sicuramente uno strumento molto importante, non risolutivo - vedremo perché -, ma sicuramente molto importante.

In fase emendativa, abbiamo inoltre riscritto, in modo ancora più incisivo - abbiamo contribuito a questo -, la disposizione che riguarda la sospensione condizionale, subordinata non solo allo svolgimento di un percorso di recupero del maltrattante, ma a uno svolgimento con una prescrizione di cadenza, quindi alla sua frequenza.

C'è, molto importante, la previsione che il percorso debba portare - e quindi vi sia una verifica in tal senso - a un esito positivo, quindi che si verifichi che il soggetto maltrattante, destinatario di questo percorso, effettivamente si sia riabilitato in qualche modo e abbia svolto questo percorso, dimostrando un cambiamento interiore e di aver fatto una revisione critica e un ravvedimento rispetto alle condotte poste in essere.

Poi vi è anche la previsione che introduce una provvisionale per il ristoro anticipato alle vittime e agli aventi diritto, rispetto alle ipotesi di reati di violenza domestica. In particolare, l'esigenza nasce per i familiari e i prossimi congiunti di coloro che sono vittime di omicidio, quindi pensiamo agli orfani, prima di tutto. Ebbene, vista la lunghezza degli iter giudiziari, era stato richiesto da più parti che ci fosse la possibilità di un anticipo sull'importo integrale che poi spetterà in via definitiva. Questo accadrà su richiesta delle vittime e degli aventi diritto che vengano a trovarsi in stato di bisogno in conseguenza di quei reati, quindi, non soltanto l'omicidio, ma anche la violenza sessuale, le lesioni personali gravissime e la deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso. Quindi, ripeto, si prendono in considerazione tutti i reati riconducibili alla violenza domestica e alla violenza di genere.

Noi abbiamo dato anche un nostro contributo in fase emendativa in Commissione giustizia. Avremmo voluto fare di più - ma poi ve ne parlerò con riferimento a ciò che ancora proponiamo - e insisteremo anche nella fase emendativa che avremo qui, in Aula. I nostri emendamenti approvati, in particolare, sono due, ma riteniamo che siano molto, molto importanti. Uno riguarda l'innalzamento della pena edittale del reato di cui all'articolo 387-bis del codice penale, ossia la violazione del divieto di avvicinamento. Ebbene, innalzando da 3 anni a 3 anni e 6 mesi la pena edittale, abbiamo fatto un intervento che sembra chirurgico, ma dà un impatto veramente incisivo, perché? Perché consentiamo l'applicazione delle misure cautelari più gravi, ad esempio gli arresti domiciliari, per dirne una per tutte. Gli episodi di cronaca ci raccontano di come questa sia davvero una risposta a tante vicende, perché abbiamo sentito, purtroppo, di soggetti che hanno continuato a perseguitare le vittime, certe volte con tragici epiloghi, soggetti che erano già destinatari del divieto di avvicinamento, sono riusciti a raggiungere la vittima, la persona offesa, e questo, ripeto, alcune volte ha portato addirittura appunto a tragici epiloghi. Ciò perché non vi era la possibilità, finora, di prevedere un rafforzamento, una misura cautelare più rafforzata, nel momento in cui si fosse immediatamente contestata la violazione del divieto di avvicinamento. Quindi, noi vogliamo dare risposta a questo genere di vicende.

E poi vi è un altro nostro emendamento, che riguarda le modalità di accreditamento e, prima ancora, la definizione dei requisiti per l'accreditamento degli enti che svolgeranno i percorsi di riabilitazione e di recupero per i soggetti maltrattanti. In questo momento, è ancora fumoso questo aspetto. Noi vogliamo, invece, che siano chiari, definiti e trasparenti i criteri per l'accreditamento e che, in qualche modo, venga garantita la serietà di questi percorsi di recupero e di riabilitazione.

E, allora, cosa manca a questo testo - che ci vede ancora non del tutto soddisfatti - e cosa proponiamo, nei nostri emendamenti, proprio per andare a colmare alcune lacune? Manca, paradossalmente, ciò che tutti gli esperti auditi e le associazioni che si occupano del tema hanno indicato come le soluzioni non più rinviabili. Prima fra tutte, il fermo di indiziato per casi particolari. Questo è un uno strumento che è stato definito, da parte di esponenti dell'Osservatorio sulla violenza domestica e di genere, istituito a livello ministeriale, come lo strumento per eccellenza salvavita. Noi, però, vediamo che nel Governo e nella maggioranza non c'è il coraggio di introdurlo. Noi abbiamo previsto e forniremo per l'Aula una riformulazione dell'emendamento già presentato, che possa in qualche modo convincervi a superare alcune resistenze di carattere puramente tecnico, perché, ripeto, dobbiamo gettare il cuore oltre l'ostacolo: si parla di salvare vite umane e non possiamo essere timidi in questo. Non è accettabile essere timidi o essere troppo tecnici in questo. Nella formulazione, noi parliamo proprio di uno strumento nuovo, in casi speciali di maltrattamenti e atti persecutori, che si sganci dal pericolo di fuga, che è il presupposto per cui oggi viene riconosciuto il fermo di indiziato di delitto. Però, data la specialità della casistica che andiamo a sottoporvi, vale assolutamente la pena introdurre questo strumento nuovo, di carattere speciale, perché, torno a dire - e voglio davvero che chi ci ascolta lo comprenda - si tratta di salvare vite. Non lo diciamo noi del MoVimento 5 Stelle, ma lo hanno detto auditi esperti in questo, magistrati autorevoli.

Sulla formazione di tutti gli operatori che si trovino ad entrare in contatto, per ragioni d'ufficio e servizio, con le donne vittime di violenza, è vero che è stato approvato un emendamento in Commissione, ma quell'emendamento è ancora troppo, troppo timido, è un piccolo passo in avanti, ma non può essere soddisfacente e non può essere sufficiente. Noi vi proponiamo un emendamento molto più incisivo, perché non solo declina chi sono questi operatori, questi professionisti che possono entrare in contatto con le vittime, ma inseriamo in modo esplicito il personale sociosanitario, gli avvocati e le avvocate, le insegnanti e la Polizia municipale. Ed è giusto inserire in modo esplicito queste categorie e non lasciarle alla buona volontà o, implicitamente, a un non detto. E poi diamo anche una tempistica: entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, bisogna adottare le linee guida volte a disciplinare tempi e modalità relativi alla formazione di tutti questi operatori e operatrici. Inoltre, sempre per quanto riguarda la formazione del personale - questo aspetto è molto incisivo e lo avevamo in comune, tra l'altro, come idea, con Alleanza Verdi e Sinistra; se non sbaglio, il collega Dori o qualcuno di quel gruppo parlamentare aveva presentato un emendamento in tal senso -, è importante che questo tipo di specializzazione e formazione del personale venga inserito nei processi di pianificazione e programmazione delle amministrazioni pubbliche, e che diventi in qualche modo un obiettivo programmatico e strategico di performance dell'amministrazione pubblica. Questo renderebbe davvero incisiva la formazione di tutto il personale che possa venire in contatto con le vittime di violenza di genere.

E poi, altra cosa importante che vi suggeriamo è il monitoraggio annuale di questo fenomeno, sulla scorta, peraltro, di quanto aveva previsto, in relazione al codice rosso, l'ex Ministro della Giustizia, Bonafede, che aveva creato un Osservatorio proprio per valutare l'impatto, gli effetti dell'applicazione di quella proposta di legge, ed è molto utile per capire cosa va bene e cosa è da aggiustare. Manca, poi, un maggiore coinvolgimento nel processo, sin dalle sue prime fasi, della persona offesa. Noi vi proponiamo che alla persona offesa per questi reati, in particolare, venga sempre dato avviso della conclusione delle indagini, della celebrazione dell'udienza di riesame e delle misure cautelari coercitive, così da consentirle la partecipazione e di chiedere di essere ascoltata al fine delle valutazioni sulla sussistenza delle esigenze cautelari. Vi chiediamo e vi proponiamo di prevedere che, quando la persona offesa chieda la celebrazione dell'incidente probatorio, il pubblico ministero debba farne richiesta al GIP in conformità, senza poter rigettare o filtrare la richiesta.

Questo è un altro accorgimento che ci viene proprio da un suggerimento degli autorevoli auditi su questo tema.

Ancora. Chiediamo che, sempre nell'udienza in cui si celebra l'incidente probatorio, il difensore della persona offesa possa sempre rivolgere direttamente domande ai testimoni senza dover essere autorizzato a ciò dal giudice. Analoghi emendamenti di ampliamento - l'ha ricordato anche la collega Di Biase - li ha proposti anche il PD, per cui ve li proponiamo con una maggiore compattezza, con una maggiore forza e veramente auspichiamo che vengano approvati.

Cosa vi proponiamo ancora? Di estendere il sequestro conservativo del patrimonio dell'autore del reato, che oggi è previsto solo nei casi di omicidio, ad altre fattispecie riconducibili a violenza domestica e violenza di genere, per conservare le garanzie patrimoniali al fine del riconoscimento del risarcimento dei danni. Proponiamo - ed è stato già ricordato - di introdurre il gratuito patrocinio sganciato dai limiti reddituali in favore delle donne vittime anche per i procedimenti civili ove emergano condotte di violenza domestica.

La tutela della persona offesa, poi, deve essere perseguita anche sotto altri aspetti più pratici, a cui non avete proprio pensato finora. Ma noi ci abbiamo pensato. Si tratta delle limitazioni nel rilascio delle certificazioni anagrafiche, in particolare nel rilascio dei certificati di residenza, per evitare che la donna sia letteralmente inseguita dal proprio stalker o maltrattante, anche quando ha la possibilità, e lo fa, di trasferirsi in un altro luogo per tentare di iniziare, nonostante le ferite, una nuova vita. A proposito di rendere effettivo il sostegno e l'accompagnamento per cambiare vita, proponiamo di sbloccare l'iter per l'erogazione dei contributi ai centri antiviolenza tramite la nomina di commissari ad acta laddove vi siano ritardi o omissioni da parte delle regioni. Noi lo sappiamo, le risorse ci sono, noi, per primi, presentiamo sempre emendamenti in legge di bilancio per garantire sempre quelle risorse, per incrementarle, però se, poi, tutto si blocca con le regioni, è chiaro che bisogna agire, bisogna fare qualcosa. Quindi, anche qui, facciamo un accorato appello di approvare questo emendamento, che non si comprende perché non sia stato approvato, perché ancora non abbia avuto parere positivo da parte del Governo.

E ancora. Proponiamo che, in caso di violenza sessuale aggravata, ai sensi dell'articolo 609-ter del codice penale, che include, lo ricordo a me stessa, anche le ipotesi in cui la vittima sia in uno stato di alterazione a causa di alcol, sostanze stupefacenti o sia stata narcotizzata, queste circostanze aggravanti siano sottratte dal giudizio di bilanciamento con eventuali circostanze attenuanti e che le circostanze attenuanti così non possano mai essere considerate equivalenti o prevalenti rispetto a quelle odiose aggravanti. Questo è un emendamento di buonsenso, che non comprendiamo perché non abbia trovato ancora accoglimento e confidiamo che possa trovare accoglimento durante la fase dell'esame in Aula. Anche perché, Presidente, Sottosegretario Delmastro, la mia mente non può che andare allo sconvolgente episodio di stupro di gruppo avvenuto proprio lo scorso agosto nella mia Palermo, in cui è stata brutalmente abusata una ragazza appena maggiorenne.

Sulla scorta di questo doloroso episodio, vado a concludere il mio intervento, indicando cosa per noi è irrinunciabile inserire, se vogliamo fare un provvedimento serio, un provvedimento che segni davvero un cambio di passo e sia promotore di un profondo cambiamento culturale che spazzi via pregiudizi e retaggi riconducibili ad una mentalità arcaica, patriarcale non più tollerabile. Noi pensiamo sia irrinunciabile l'introduzione dell'educazione affettiva e sessuale nelle scuole, solo così possiamo fare un'operazione reale di prevenzione. Se non possiamo più destrutturare, estirpare quella mentalità in soggetti ormai adulti, fin troppo adulti, possiamo, però, sradicarla almeno dalle nuove generazioni per far sì che il fenomeno della violenza contro le donne - non parlo solo della violenza fisica, ma anche di quella psicologica e, persino, di quella economica - sia effettivamente contrastato ed eliminato, diventi una brutta pagina che ci lasciamo indietro in questo Paese. Siamo ancora in tempo per insegnare ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze un alfabeto gentile, così come lo chiama la collega Stefania Ascari, che è prima firmataria non solo del nostro emendamento, ma, prima ancora, di una proposta di legge.

Il nostro emendamento prevede l'istituzione di un fondo ad hoc per introdurre questa materia, questo insegnamento. Però, vede, faccio fatica a chiamarla materia, a chiamarlo insegnamento, perché è molto altro. Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze a connettersi con le proprie emozioni, anche con quelle negative, perché la rabbia, la gelosia, il possesso sono sentimenti negativi che fanno parte, purtroppo, della natura umana, ma sono emozioni che vanno riconosciute e governate, affinché non siano loro a governare noi e portarci a compiere atti orribili, distruttivi per gli altri, per noi stessi. Occorre che imparino il rispetto di se stessi e degli altri, che passa anche per il linguaggio - è per questo che pensiamo a un alfabeto gentile -, che imparino il rispetto per la libertà degli altri, che non deve essere mai sentita quasi come una minaccia alla propria libertà - c'è un retaggio in tal senso, ci sono rapporti, relazioni malsane che si instaurano su questa base -, che imparino il rispetto per le differenze e, anzi, prima ancora, dico la bellezza delle differenze. Insegnare come costruire e preservare relazioni sane e profonde, autentiche, in cui al centro sia il bene dell'altro e non il proprio ego. Insegnare come vivere bene la sessualità e, soprattutto, insegnare loro a riconoscere e rispettare i tempi propri e dei partner, senza forzature. Non possiamo più sottrarci da questo compito educativo davanti ad un'evidente difficoltà delle famiglie e delle tradizionali agenzie educative a trasferire questi valori e queste capacità. Se non vi sarà posto - e concludo - per questi interventi che ancora nel testo mancano, se non si metteranno risorse a supporto di questo provvedimento, questo testo risulterà ancora carente, troppo timido, sicuramente in nessun modo risolutivo e, tra qualche mese, ci troveremo a dover nuovamente tornare a cercare correttivi e integrazioni, rincorrendo, ahimè, episodi di cronaca. Per questo, ci siamo astenuti in sede di Commissione e per questo, davvero, faccio appello, affinché questo testo sia ulteriormente migliorato durante la fase di esame in quest'Aula domani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti della scuola statale primaria “Anna Frank” di Valtopina, in provincia di Perugia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Approfitto per ricordare che sono presenti in Aula solo i deputati interessati a svolgere i propri interventi in discussione generale su questo provvedimento, le votazioni arriveranno più tardi. È iscritta a parlare la deputata Semenzato. Ne ha facoltà.

MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Sottosegretario, presidente Maschio, onorevoli colleghi e colleghe, la discussione di oggi ci mette di fronte ad una questione, quella della violenza degli uomini contro le donne - lo ripeto: quella degli uomini contro le donne -, profondamente radicata nel substrato culturale e sociale del nostro Paese.

Si tratta di temi di priorità assoluta: non lo dico solo in veste di presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere, ma lo dico anche come donna che si sente l'onere di rappresentare e difendere le donne ed è consapevole di quanto la violenza di genere sia stata troppo spesso sottovalutata.

I tristi fatti di cronaca recente rendono sempre più urgente adeguare le leggi in vigore per renderle più efficaci, ma anche parlare un nuovo linguaggio, a più livelli: famiglia, scuola, Forze dell'ordine, giustizia.

Ci auguriamo che i correttivi all'ordinamento che introdurremmo approvando questo provvedimento possano costituire un maggior deterrente alla violenza degli uomini nei confronti delle donne e salvare vite umane. Le donne devono essere salvate.

Nel corso degli anni, il legislatore ha prodotto diverse norme in materia di violenza sulle donne che, via via, sono state affinate e migliorate. Solo, però, da pochi decenni ogni forma di violenza contro le donne è ritenuta, anzitutto, una violazione dei diritti umani, una questione di salute pubblica, un ostacolo allo sviluppo economico e un freno ad una democrazia compiuta.

La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica ha imposto agli Stati non solo di dotarsi di una legislazione efficace, ma anche di verificarne in modo costante l'effettiva attuazione da parte di tutti gli attori istituzionali e non, a partire da quelli appartenenti al sistema giudiziario.

Obiettivo primario è la sicurezza della vittima, da assicurare attraverso una rigorosa valutazione dei rischi e una rete di operatori adeguatamente formati, che si dedichi alla protezione, all'accoglienza e a evitare ogni forma di ulteriore vittimizzazione.

Il provvedimento in discussione va in questa direzione: rafforza le procedure e gli strumenti per la tutela delle vittime di violenza, così da consentire una preventiva ed efficace valutazione e gestione del rischio di letalità, di reiterazione e di recidiva. L'importanza di questo intervento normativo la si comprende ancora di più se si considera che poco più di un mese fa il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha notato, con preoccupazione, la risposta inefficace e tardiva del nostro Paese rispetto alle denunce di violenza domestica e l'aspetto discriminatorio di tale carenza nella protezione delle donne. Si è sottolineata l'importanza di garantire una risposta rapida ed efficace da parte delle Forze dell'ordine e del sistema giudiziario alle condotte riconducibili alla violenza di genere, considerato che i dati forniti dall'Italia riflettono una percentuale costante di procedimenti sulla violenza domestica e sessuale archiviati nella fase delle indagini preliminari, un uso limitato degli ordini di protezione e un tasso significativo della loro violazione.

Ebbene, la legge in esame intende porre rimedio proprio a queste lacune. Siamo in presenza di un pacchetto di misure che non solo potenziano l'intervento delle Forze dell'ordine nella delicatissima fase iniziale delle indagini, in cui, dati alla mano, le vittime sono maggiormente esposte, ma addirittura anticipano le tutele in funzione della maggiore sicurezza delle persone potenzialmente esposte a pericolo. L'istituto dell'ammonimento del questore è stato opportunamente esteso ai reati spia, nella nuova consapevolezza che quei reati, tradizionalmente considerati minori, nel contesto delle relazioni familiari e affettive assumono valenza sintomatica rispetto a situazioni di pericolo per l'integrità psicofisica delle persone. Al fine di interrompere tempestivamente il cosiddetto ciclo della violenza, sono state estese le misure di prevenzione, di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza e di dimora abituale ai soggetti semplicemente indiziati dei delitti più ricorrenti nella violenza contro le donne e nella violenza domestica, misure, queste, un tempo riservate ai mafiosi. La velocità di intervento, fondamentale in relazione a questi fenomeni delittuosi, informa l'intero provvedimento, come confermato dalla trattazione prioritaria dei processi anche per i reati spia e dalla maggiore celerità della trattazione degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica anche nella fase cautelare.

Quanto alle misure precautelari, finalmente verrà consentito l'arresto in flagranza differita, superando così le difficoltà operative che l'arresto sino ad oggi ha incontrato con riferimento a reati quali lo stalking e i maltrattamenti in famiglia, che, avendo misura abituale, devono comporsi di una pluralità di atti non sempre accertabili dalle Forze dell'ordine in occasione del loro intervento. Sempre nell'ottica della prevenzione, cruciali diventano le norme sul rafforzamento delle misure cautelari, sull'uso del braccialetto elettronico e sull'estensione delle misure cautelari coercitive e l'immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o contro le donne di tutti i provvedimenti de libertate inerenti all'autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato.

Grande importanza, infine, va tributata all'introduzione della provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime o, in caso di morte, degli aventi diritto che vengono a trovarsi in stato di bisogno, nella personale convinzione che si tratti di un primo passo verso un più ampio intervento che lo Stato dovrà fare in favore delle vittime di violenza economica, da realizzarsi agevolando l'inserimento o il reinserimento delle stesse nel mondo del lavoro, tema fondamentale della mia Commissione, che è proprio quello relativo alla violenza economica, all'indipendenza economica delle donne e al loro lavoro.

Quanto agli emendamenti al testo in discussione, che hanno ottenuto il parere favorevole in Commissione giustizia, esprimo particolare soddisfazione per quello da me promosso che inserisce nel catalogo dei reati da codice rosso, sia pure limitatamente alla trattazione prioritaria e alle misure urgenti di protezione della persona offesa, l'interruzione di gravidanza non consensuale, reato di genere per eccellenza, potendo essere commesso solo ai danni delle donne e del soggetto più vulnerabile, il nascituro, un tassello in più nel quadro normativo a tutela delle donne, che sono fiera di aver contribuito a proporre.

È evidente che la materia è complessa e capite come per ciascuno dei punti suddetti si potrebbe discutere per ore, entrando nel dettaglio di ciascun comma.

Quanto alle proposte emendative delle varie forze politiche, anche della maggioranza che non sono state approvate in Commissione giustizia, va chiarito che, pur attenendo, lato sensu, alla tematica in esame, deviavano dalle linee tracciate dal disegno di legge, snaturandone i contenuti. Ciò non vuol dire che eventuali proposte migliorative, quali quelle volte a contenere il fenomeno della vittimizzazione secondaria e il tema della formazione a più livelli, non possano trovare ingresso in ulteriori interventi normativi. Anzi, la Commissione d'inchiesta sul femminicidio si propone quale sede ove trovare una sintesi su proposte legislative necessarie a completare il quadro normativo sul tema della violenza di genere, sul quale - va sottolineato - stiamo già lavorando con impegno e con il coinvolgimento di tutte le forze politiche, nessuna esclusa.

L'impianto normativo, per come sinteticamente illustrato, sono certa contribuirà a ridurre in modo significativo le condanne della Corte europea dei diritti dell'uomo su un tema su cui abbiamo il dovere di fare di più e nel più breve tempo possibile, a tutela dell'incolumità delle donne. Il quadro legale, come ho detto, richiede e richiederà sicuramente miglioramenti, ai quali lavoreremo costantemente soprattutto nella Commissione bicamerale, al fine di affrontare il problema della violenza domestica e di genere in modo diverso, corale e davvero efficace, fornendo misure preventive più rigorose, tempi di processo più veloci, maggiore specializzazione legale, maggiore protezione e servizi di assistenza per le vittime.

Ritengo che la maggioranza abbia fatto la sua parte. Mi aspetto che anche l'opposizione faccia la sua, partendo da una personale considerazione, ossia che la strumentalizzazione e la politicizzazione di un tema come la violenza di genere porta sì a qualche articolo o agenzia in più, ma ci distoglie dal nostro prioritario obiettivo: essere di indirizzo e di sostegno alle tante donne in difficoltà. Se posso permettermi, si deve evidenziare non quello che qualcuno ha tolto a qualcun altro, ma come ognuno ha fatto la sua parte e le mie commissarie, di maggioranza e di opposizione, hanno fatto la loro parte e dobbiamo continuare a farla in maniera intelligente, cercando di colmare le lacune e le mancanze ereditate, tanto da arrivare oggi a parlare di violenza di genere come fenomeno strutturale. È evidente che, se parliamo di fenomeno strutturale, abbiamo tutti responsabilità, ma ci viene data l'occasione di lavorare insieme e di far vedere al Paese che si può fare e si può fare bene. Le sterili polemiche le lascerei ad altre discussioni parlamentari, perché la violenza di genere non le merita. È vero, Presidente, la collega D'Orso ha ragione: le convergenze nel lavoro della Commissione sono state più delle divergenze ed è su questo che dobbiamo lavorare (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE e del deputato Maschio).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Devis Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. Ogni anno registriamo un numero sempre più alto di donne vittime di violenza, vittime della violenza degli uomini. I numeri delle vittime poi rischiano anche di ridurre le donne a mera statistica, mentre dietro ogni numero ci sono una vita spezzata e un nome.

Se noi partissimo dal quesito se sia necessario un nuovo intervento legislativo sulla violenza di genere e la violenza domestica, chiaramente, la risposta sarebbe affermativa, perché tutto ciò che può evitare anche solo una vittima va sostenuto. Quindi, va bene anche un nuovo intervento legislativo: l'iniziativa del Governo è condivisibile negli intenti e, sostanzialmente, anche nel contenuto.

Ciò detto, sappiamo che, quando si parla di violenza interpersonale, nessuna norma sarà mai in grado, da sola, di spazzar via o risolvere un problema così grave, che ha chiaramente profonde radici culturali. Colpevolizzare la vittima, cercare nella vittima e nei suoi comportamenti o, addirittura, nel suo modo di vestire la possibile causa della violenza è, essa stessa, violenza ed è devastante a livello culturale. Se noi non andiamo alla radice, a ciò che è malato a livello culturale, ci limiteremo sempre a ritoccare, a curare le ferite ormai prodotte, ma senza grandi risultati. Questo è dimostrato dal fatto che nel corso degli anni ci sono stati numerosi interventi di natura normativa, eppure i dati sono in continuo aumento.

Noi avevamo portato in Commissione numerosi emendamenti e alcuni li ripresenteremo per l'Aula. Bene l'accoglimento di alcuni emendamenti: ad esempio, un passo in avanti è stato fatto con riferimento alla formazione per tutti gli operatori o i professionisti che si trovano a dover gestire una situazione di violenza; quindi, questo certamente è comunque un passo in avanti, anche se magari non soddisfacente rispetto alla nostra proposta che era molto più incisiva e andava verso una formazione obbligatoria.

Ripresenteremo alcuni di questi emendamenti, ma il limite principale di questo provvedimento è l'ultimo articolo, quello dell'invarianza finanziaria. Come sempre, si pensa di riuscire a ottenere grandi risultati, ma senza fondi. Pensiamo, ad esempio, all'inserimento in questo provvedimento del tema, assolutamente importante, dei braccialetti elettronici: lo condividiamo; però, se andiamo a vedere i dati del Ministero dell'Interno rispetto al numero di denunce, anche per quanto riguarda i reati legati al cosiddetto codice rosso, il numero dei braccialetti è sempre insufficiente, ancor di più, se guardiamo i numeri di coloro che sono agli arresti domiciliari. Questo dimostra il fatto che servono fondi; non servono norme o nuove regole: basta metterci i soldi.

Ciò vale anche per altri emendamenti che abbiamo presentato in Commissione e che ripresenteremo: ad esempio, quelli concernenti il gratuito patrocinio, ossia la possibilità di estendere tale istituto in deroga ai limiti di reddito previsti anche ai procedimenti civili - attualmente vale per i procedimenti penali - riguardanti abusi familiari, condotte di violenza di genere o domestica, posti in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori; vi è poi l'emendamento che prevede l'incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, oppure quello relativo all'estensione della durata del congedo per le donne vittime di violenza di genere.

In realtà, sono tutti emendamenti sui quali, in Commissione, la maggioranza stessa ci ha detto di condividere pienamente la ratio. Qui è una questione di fondi e di coperture, e chiaramente l'appello è rivolto, non tanto al Ministero della Giustizia, che ha già detto di condividere la finalità di questi emendamenti, ma al MEF. Tuttavia, non possiamo nasconderci dietro il MEF che non è un ente certificatore esterno al Governo, ma un Ministero in pianta stabile all'interno del Governo che ha, quindi, la sua guida politica. Pertanto, se c'è una volontà politica, da questo punto di vista, si può certamente sbloccare qualcosa.

Soprattutto, vi è il tema, per noi assolutamente fondamentale, dell'introduzione all'interno dei percorsi scolastici dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale. Sappiamo che nelle nostre scuole questi percorsi vengono svolti da parte degli insegnanti senza bisogno di un intervento normativo, però questo non avviene in maniera capillare. E' chiaro che, con un intervento normativo, riusciremmo a dare un indirizzo forte che valga in tutta Italia, in tutte le scuole, per tutti i docenti.

Quindi, spero che il Governo possa fare una riflessione più approfondita rispetto a un emendamento che ho riformulato relativamente a questo tema perché, come dicevo prima, noi curiamo le ferite ormai prodotte, ma non andiamo sulle cause.

Sostanzialmente, il rischio è di non puntare sull'unico investimento importante, comunque il principale, se non l'unico, ossia l'educazione e la formazione. Non mi si può dire - come è stato fatto qualche giorno fa - che l'educazione all'affettività e alla sessualità non c'entra nulla con la violenza di genere. Mi è stato risposto questo, in particolare facendo riferimento ai Paesi scandinavi dove la disciplina a livello scolastico c'è, eppure, i dati, statisticamente in percentuale, sono più alti rispetto a quelli italiani. Non può essere assolutamente questa la risposta perché tutto quanto è conoscenza crea certamente consapevolezza che aiuta a vincere gli stereotipi che sono il primo passo verso quella prevaricazione che poi porta a considerare l'altra persona un oggetto di cui poter disporre.

Quindi, il nostro giudizio complessivo sul provvedimento è positivo, ma davvero speriamo di poter giungere all'approvazione con un voto favorevole anche da parte nostra. Devo dire - è bene precisarlo - che l'astensione sul mandato al relatore non è da interpretare come una bocciatura nel merito del provvedimento, altrimenti avremmo votato contro, e nemmeno come un giudizio sull'operato del relatore che, invece, ringrazio poiché ha favorito un clima con il coinvolgimento delle opposizioni.

Qui c'è un monito al Governo affinché faccia di più e, se la questione è bloccata al MEF, avete ancora del tempo per poter interloquire e trovare delle soluzioni sul pacchetto di emendamenti che verrà reso pubblico, visto che il termine non è ancora scaduto.

L'obiettivo di tutti, maggioranza e opposizione, è di arrivare a una votazione all'unanimità. Questo è davvero l'auspicio di tutti e questo risultato è ancora raggiungibile: rendetelo possibile.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Girelli. Ne ha facoltà.

GIAN ANTONIO GIRELLI (PD-IDP). Signor Presidente, mi permetta di ringraziare anche il gruppo del Partito Democratico che mi ha dato l'opportunità di intervenire. Una considerazione di fondo che mi sembrava giusto fare è che sempre di più deve nascere dalla consapevolezza degli uomini dover affrontare, discutere e prendere decisioni su questo tema, che per troppe volte è stato consegnato quasi alla denuncia delle sole donne.

E' già stato detto che il numero che il Ministero dell'Interno ci ha fornito anche quest'anno riguardo la violenza sulle donne, le donne ammazzate, il numero dei femminicidi - giustamente la collega De Biasi ha voluto ricordare come è buona cosa chiamare in questo modo questo reato - ci consegna una situazione di una tragicità estrema.

Numeri di una strage costante e inaccettabile che rappresentano la punta di un fenomeno molto più diffuso che racchiude tante altre forme di violenza. Numeri che ci impongono di affrontare con determinata forza la questione dal punto di vista normativo, ma non solo, come dirò dopo.

Le leggi possono, sì, affrontare, osteggiare, abomini come quello della violenza sulle donne; ma oltre all'inasprimento delle pene, serve una reale azione di prevenzione e, ancor di più, un cambiamento di un modo culturale, di un approccio di guardare al rapporto, all'interno della società, fra uomini e donne. Questa è l'azione che dobbiamo introdurre. Dobbiamo avere la consapevolezza che è estremamente necessaria, se non vogliamo continuare a lavorare solo su forme di condanna, occupandoci di quanto è successo, senza preoccuparci di intervenire prima, per evitare che tante cose succedano.

Ricordo a me stesso, ma anche a tutti noi, che il nostro Paese deve fare i conti con un'arretratezza culturale che non è mai stata sufficientemente affrontata. Non dimentichiamo che solo il 5 agosto del 1981 veniva abrogato l'articolo 587 del codice penale, che prevedeva l'attenuante per chi avesse commesso delitti d'onore. La legge - anche quella fascista - non parlava di uomini o donne, ma nella prassi erano gli uomini, mariti o, addirittura, padri a uccidere le donne che li avevano feriti nell'onore. Solo il 5 settembre dello stesso anno veniva abrogato l'articolo 544 del codice penale, che prevedeva il matrimonio riparatore, dizione con la quale si cancellava il reato di stupro - reato contro la morale, badate bene - qualora lo stupratore avesse sposato la vittima. La morale del tempo sappiamo bene come portava le famiglie a far cedere e a costringere la donna a una vita infernale accanto al suo carnefice.

Come non ricordare Franca Viola, che nel 1965 fu rapita e violentata da un malavitoso, che a dispetto del volere della donna voleva sposarla. Franca si oppose, con il sostegno della famiglia, e alla fine il violentatore fu condannato. Eravamo nel 1967 e, come ho detto, ci son voluti altri 14 anni per arrivare alla cancellazione di questo infame istituto.

Ho prima accennato come lo stupro nel codice Rocco fosse considerato un reato contro la morale; la donna non era considerata come persona con una sua dignità, la violenza veniva considerata contro la morale pubblica, contro lo Stato, contro la famiglia, non una violenza contro la vittima. Questo ennesimo scempio giuridico è stato cancellato solo il 15 febbraio 1996, quando il Parlamento considerò lo stupro, finalmente, un reato contro la persona.

Questi faticosi progressi legislativi, che negli ultimi anni - come è stato ben ricordato, non ne faccio io ora un ulteriore elenco - hanno portato a ulteriori assunzioni di responsabilità normativa, sono sufficienti? Io penso di no, perché i numeri che, qui, tutti noi abbiamo ricordato ci dicono come non siano sufficienti, anzi non abbiano minimamente interrotto quella che è una forma continua di violenza. Certamente, se è vero che si ha un modo diverso di giudicare questi fatti, perché ormai è unanime la condanna, è altrettanto vero che molto rimane da fare.

E anche in questa occasione, nel momento in cui stiamo approvando questo provvedimento, dimostriamo come non siamo sufficientemente coraggiosi e capaci di andare fino in fondo nell'introdurre un cambiamento di approccio.

Per questo, non dovremmo avere alcun dubbio nel comprendere che intervenire solo sull'inasprimento della pena, sull'applicazione di misure di sorveglianza e controllo - fra l'altro, vorrei ricordare, non del tutto sufficienti, come esponenti del mio partito in Commissione hanno voluto evidenziare - non è assolutamente sufficiente. È necessario intervenire in modo deciso rispetto alla formazione del personale che a vario titolo si occupa di questo fenomeno. Troppe volte ci si accorge come gli operatori che vengono a contatto con le donne che hanno subito violenza non siano assolutamente preparati ad affrontare sotto vari punti di vista il fenomeno che hanno davanti; ma, ancor di più, occorre agire in modo deciso sull'educazione riguardo a rapporti corretti, rispettosi, realmente egualitari fra persone, che superino, riguardo alle donne, un ormai inaccettabile, quanto insopportabile atteggiamento che è e rimane fra le cause di quanto sta avvenendo.

Pensiamo un momento a quante volte, per chi è donna - sto usando le parole di una grande donna, Michela Murgia - si muore anche per il linguaggio che viene usato nei loro confronti, è una morte civile, ma non per questo meno drammatica, meno dolorosa rispetto alla morte fisica o alla violenza fisica, ma soprattutto è quel tipo di contesto che crea le condizioni perché maturi la violenza fisica che arriva fino alla morte. E potremmo fare un lungo elenco riguardo al mondo del lavoro, a come sono sottopagate le donne e a come vengono considerate le donne: quello che in un uomo viene considerato efficientismo, a volte, in una donna viene declinato come arroganza o altri difetti caratteriali. Pensiamo al mondo dello spettacolo, a come viene usata la donna, spesso a corredo, come valletta della figura del maschio che è protagonista della vicenda. Pensiamo al mondo delle professioni, pensiamo al mondo della televisione, pensiamo al mondo dello sport, pensiamo al mondo della politica. Quante volte in quest'Aula, esponenti che siedono in quest'Aula, quando si sono rivolti a donne, sono andati ben al di là di quello che è un legittimo giudizio politico, introducendo una lettura di un sessismo incredibile, di mancanza di rispetto della persona che avevano di fronte? Non posso dimenticare la reazione che ebbe un allora Ministro della Difesa verso una giornalista che semplicemente osava contraddirlo e porlo di fronte alle falsità che in quel momento stava dimenticando.

Ma pensiamo a quanto tutto questo incida quotidianamente, in una maniera incredibile e vergognosa sulle tante donne che vivono nella nostra società, che vivono nelle nostre famiglie, che vivono nei contesti che quotidianamente frequentiamo. Dobbiamo sempre di più renderci conto come questa considerazione, questa consapevolezza debba diventare patrimonio soprattutto degli uomini. Quella necessità di consapevolezza, quell'assunzione di responsabilità ci deve far superare uno stato di fatto che credo sia il più pericoloso, quello più insidioso, quello che in fondo, anche nella timidezza di alcuni passaggi di questo provvedimento, emerge e che ci fa ignorare certe situazioni, ci fa guardare da esterni, senza il coraggio di intervenire sul fenomeno, quello fatto dal tollerare stupide battute, risate idiote, fino ad arrivare a interrogatori vergognosi verso donne che hanno subito violenza: come eri vestita, come ti sei atteggiata, ma avevi bevuto, avevi assunto qualcosa che ti poteva far perdere il controllo di te? Quasi che questo bastasse magari per portarsi a casa una ragazza e farne quello che si vuole, magari con il papà nella stanza accanto che fa finta di non conoscere cosa sta capitando. E ci porta a dibattimenti processuali irrispettosi del dolore, a titoli o articoli di fondo che rappresentano un vergognoso modo di fare giornalismo. Non sto parlando di cose avulse dalla realtà, sono cose che quotidianamente possiamo, in un modo o nell'altro, più o meno marcato, andare a rilevare.

Ma, soprattutto, sottolineo quell'autoassoluzione che spesso usiamo: io mai farei un atto di violenza su una donna, quasi che fosse un comportamento volutamente virtuoso, l'astensione dal non fare, da protagonista, il male, dimenticando quanto avviene attorno a noi.

Da espiare è quel sotteso senso di proprietà per il quale la donna, in fondo, appartiene all'uomo che dice di amarla o che comunque pretende, in un modo o nell'altro, di controllarla. Ecco perché questo provvedimento, che - vorrei ricordare - è frutto di una sintesi del lavoro della passata legislatura, sottolineando il ruolo da protagonista del Partito Democratico nella sua elaborazione, dovrebbe trovare qualche coraggio in più nelle norme cautelari, ma ancor di più nel non rimandare ad altri provvedimenti il tema della formazione, della reale prevenzione sociale e del cambiamento culturale, perché ridurre il tutto a un certo inasprimento della pena non basta. La storia dei reati ce lo dimostra, perché non si tratta - come dicevo prima - di intervenire con più durezza dopo, ma di impedire che avvenga; farlo, poi, senza stanziare adeguate risorse, anzi, a risorse zero, come ci viene proposto, dà l'impressione di guardare più alla comunicazione che a una reale consapevolezza della realtà e di un'adeguata volontà di intervenire.

Bisogna vincere, in sintesi, quel tentativo di omissione, quel modo d'interpretare sempre i fatti più complicati, che deve vederci invece capaci di scovare, fronteggiare, contrastare, decidere legislativamente e, anche dal punto di vista finanziario, investire verso un diretto contrasto.

Bisogna fare in modo che, più che mai in questo caso, il provvedimento che andiamo ad approvare - e abbiamo ancora il tempo di migliorarlo in tal senso - sia una legge vera. Una legge vera non è quella che norma divieti e pene, ma è quella che diventa legge naturale, sentita, vissuta, fatta proprio nel modo di essere di una comunità, che rappresenta una reale scelta, non una serie di obblighi da rispettare, perché questo è l'obiettivo che dobbiamo darci. Anche in questa coda di lavoro d'Aula dobbiamo cercare di mettere ciò nell'essenza di questo provvedimento, come gli emendamenti che gli esponenti del Partito Democratico, in modo molto puntuale ed efficace, avevano proposto in sede di esame in Commissione, che, sinceramente, trovo incredibile che siano stati bocciati, rimandando a successivi provvedimenti al riguardo, quasi che si possa distinguere tra la pena e la prevenzione e lo sradicamento del reato.

Questo lo dobbiamo alle tante donne che sono state ammazzate, alle tante donne che, ogni giorno, subiscono forme di sopruso o di violenza, fisica o psicologica che sia. Lo dobbiamo, però, in fondo anche alla dignità di noi stessi, che, più o meno consapevolmente, rischiamo spesso di essere parte della vergogna che denunciamo, perché troppe parole si usano in maniera facile riguardo a questo fenomeno, troppe condanne, specialmente in occasione di alcune date simbolo. Siamo tutti pronti sui social, in dichiarazioni e in manifestazioni a essere presenti; peccato, però, che, nella quotidianità, applichiamo tutto quello che ho cercato di riassumere, tutto quello che facciamo pesare in maniera inaccettabile sulle donne, tutto quello che macchia, in maniera forte, il nostro contesto, il nostro modello sociale.

Tutto quello che penso e spero che anche in quest'occasione possa essere con coraggio superato, dando un rimando forte ai cittadini di questo Paese: la violenza sulle donne è un fatto che non è più possibile accettare e tollerare, è un fatto che riguarda tutta la popolazione di questo Paese, è un fatto che riguarda, in particolar modo, gli autori di queste violenze, che, non dimentichiamo mai, sono soprattutto uomini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ravetto. Ne ha facoltà.  

LAURA RAVETTO (LEGA). Grazie, Presidente. Intanto è chiaro che, intervenendo per ultima in questa discussione generale, toccherò pochi punti, perché i colleghi sono stati già molto precisi nell'indicare i contenuti di questo provvedimento, e toccherò punti di natura più politica. La prima cosa che voglio dire, che, invece, secondo me è importante, è che, proprio in attesa della giornata che vuole ricordare la lotta contro la violenza di genere, questo Governo prenda provvedimenti concreti.

Sono anche orgogliosa che abbia scelto la via del disegno di legge, perché oggi, in quest'Aula, fortunatamente, tutti ne hanno riconosciuto l'importanza, ma mi ricordo dibattiti nelle settimane precedenti alla formulazione di questo disegno di legge in cui da parte delle opposizioni si diceva: eh no, bisogna operare con un decreto, bisogna operare in urgenza.

Invece, secondo me, è stato importante l'utilizzo della forma del disegno di legge, perché, da una parte, manda un messaggio chiaro, e cioè che questa maggioranza, ma anche questo Parlamento tutto, è ormai consapevole che, purtroppo, il tema della violenza di genere non è un tema emergenziale, ma è un fenomeno endemico, perché, se nel nostro Paese una donna ogni tre giorni viene uccisa, se nel nostro Paese già solo nel 2023 siamo a più di 80 femminicidi, purtroppo parliamo di un fenomeno endemico.

E poi perché questo strumento ha consentito al Parlamento e consente tuttora al Parlamento di dare il suo contributo, e di questo si sono avvantaggiate altresì le opposizioni, che sono state ascoltate, molte proposte emendative in Commissione delle opposizioni sono state approvate. Per conto del partito che qui rappresento, cioè la Lega, mi occupo di violenza di genere da molto tempo. La cosa che mi disturba di più è quando mi dicono: ma perché parlate di femminicidi, perché parlate di violenza degli uomini verso le donne? Come perché? Perché purtroppo è un fatto, è un dato, è circostanziato. Non sono un'amante delle tipizzazioni dei reati basate sulle emozioni, ma qua purtroppo parliamo di reato specifico, che ormai tutti abbiamo riconosciuto, che opera in contesti precisi, che opera su basi non dico culturali, ma sottoculturali precise, che sono quel senso di proprietà e di possesso che troppo spesso ancora oggi nella cultura maschile c'è rispetto alle donne, e questo, a onore del vero, non soltanto nel nostro Paese.

C'ero all'approvazione in quest'Aula del recepimento della Convenzione di Istanbul, e il provvedimento che oggi discutiamo si inserisce proprio nell'attuazione di questa Convenzione.

Il partito della Lega è stato protagonista in quest'attuazione, sia con il codice rosso, sia con il rafforzamento del codice rosso. Si dice: ma era necessario, allora, continuare in una modifica legislativa? Sì, perché questi sono rafforzamenti dei provvedimenti che ci vengono dall'esperienza nel fronteggiare il fenomeno, che ci vengono dal confronto con le Forze dell'ordine, con gli operatori sanitari, con gli stessi magistrati, con i centri antiviolenza. E non a caso questo provvedimento si inserisce, sì, in una modifica normativa, ma non tanto e soltanto in chiave punitiva, o meglio, laddove è punitiva, è legata alla prevenzione.

Quindi, per esempio, si vanno a potenziare tutte quelle misure punitive legate alla violazione delle misure cautelari che siano state imposte al reo, si va a rafforzare tutto l'impianto punitivo dei cosiddetti reati spia, si va ad anticipare la parte che poi si dovrà risolvere in procedimento penale con l'aiuto delle Forze dell'ordine. Penso, ad esempio, al provvedimento di ammonimento, che è stato utilizzato e sviluppato in Lombardia, nella regione in cui vivo e in cui sono eletta, con grande successo, e che naturalmente, questo sì, ci è stato detto anche nelle audizioni da parte di molti rappresentanti dei centri antiviolenza, non dovrà significare una depenalizzazione, non dovrà significare uno sminuire il percorso comunque giudiziale che dovrà avere qualunque reato di violenza di genere, che è un reato particolarmente efferato.

Bene anche l'arresto in cosiddetta flagranza differita. È fondamentale questo perché ci sarà la possibilità di operare punitivamente sul soggetto anche mediante l'utilizzo di strumenti informatici, quindi non soltanto mediante gli strumenti già di individuazione, come le telecamere, ma anche addirittura sulla base di strumenti informatici, delle chat, e questo è fondamentale.

Bene anche la modifica della cosiddetta giustizia riparatoria. La giustizia riparatoria è stata oggetto di grandi discussioni in tutti i convegni, è un tema molto delicato. Qui s'introduce, secondo me, un principio fondamentale: al soggetto che si è macchiato di atti di violenza non basterà dimostrare di partecipare a un percorso rieducativo, ma dovrà dimostrare di avere fatto un percorso e superato traguardi prima di poter essere giudicato titolare di una qualche forma di riparazione. Ma, come si dice spesso - ho toccato solo alcuni punti -, il tema delle leggi non è tanto e soltanto modificarle, perché spesso le leggi sono anche scritte bene, con tante critiche che riceviamo anche come parlamentari. Il tema delle leggi spesso è attuarle. Allora in questa legge c'è un elemento fondamentale, e di questo ringrazio il Governo, che è quello della formazione degli operatori. Nessuna legge avrà valenza se non è attuata in modo preciso, e la formazione degli operatori in questo senso è determinante.

Ho ascoltato il collega del PD prima di me parlare ancora, purtroppo, di retaggi culturali nella descrizione della donna, nella giustificazione della violenza, nel non saper utilizzare un linguaggio di genere, però gli è mancata una parte che secondo me dovrebbe essere una parte di coraggio di tutti in quest'Aula, cioè: chi sono gli operatori?

Sono, prima di tutto, i magistrati. Quindi, benissimo la formazione dei giudici in questo senso. Non so se questo significherà arrivare a sezioni specializzate, come ha individuato la collega dei 5 Stelle che ha parlato prima di me, ma certamente la formazione. Per esempio, è già dimostrato - questo sulla base del lavoro che ha fatto la Commissione femminicidio nella scorsa legislatura e che proseguiremo noi della Commissione femminicidio anche in questa, perché i dati sono fondamentali per migliorarci - che la formazione dei pubblici ministeri si è molto evoluta, un po' meno, magari, quella dell'organo giudicante.

Abbiamo avuto esempi, colleghi, non possiamo nasconderci. Non è ascoltabile nel 2023 sentirsi dire da un giudice che la violenza, picchiare una donna può essere comprensibile visto il clima o la base culturale del soggetto violento. È inaccettabile, siamo certi che tutto questo verrà ribaltato in terzo grado in Cassazione, ma è comunque inaccettabile ascoltarlo anche in un solo grado.

È abbastanza raccapricciante, diciamo, ascoltare il minutaggio o la conta dei secondi di quanto un uomo tocchi il sedere di una studentessa, per qualificare o meno la violenza. Tutte queste cose sono assolutamente da superare e si superano solo con la formazione.

C'è un punto particolare su cui sono certa il Governo si focalizzerà - perché formazione vuol dire tante cose, poi bisognerà declinare delle linee guida precise - ed è quello del riconoscimento della violenza nell'ambito del processo civile. Ormai possiamo parlare di una praticata riconoscibilità nel processo penale ma ancora troppo spesso - parlo anche per la mia esperienza personale, per l'ascolto di molti operatori sul territorio - non è riconosciuta la violenza nell'ambito del processo civile. Penso, per esempio, alle cause di separazione e affidamento dei minori. Questo probabilmente è un punto su cui, come Parlamento, come Governo e come Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, ci dobbiamo impegnare perché ci sia effettivamente una riconoscibilità della violenza anche nell'ambito di questi processi.

La rivittimizzazione della donna, com'è stato detto prima, non può essere un percorso ad ostacoli il processo per la donna, non può essere continuamente riascoltata, non deve essere continuamente ascoltata per ridare le sue ragioni.

Il problema delle archiviazioni sarà interessante e su questo sollecito anche la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, di cui sono segretario. Bisogna fare una raccolta di dati su quanti fenomeni di violenza o, peggio, di femminicidio avvengono dopo l'archiviazione dei processi, perché questo ci può dare un metro effettivamente riguardo al punto in cui siamo con la giustizia.

Poi, naturalmente, la formazione degli operatori è rivolta anche e senz'altro agli operatori sanitari, che fanno un grande sforzo. Spesso, la donna vittima di violenza il primo incontro lo ha con un operatore sanitario che, quindi, deve essere adeguatamente formato nel riconoscimento della violenza e - io dico - anche supportato.

Riguardo al potenziamento delle forze dell'ordine, sono grata a questo Governo che ha invertito il trend del taglio delle Forze dell'ordine, perché le forze dell'ordine sono il primo alleato nella lotta alle violenze. In audizione ci è stato addirittura suggerito che l'ideale potrebbe essere un sistema di comunicazione diretta tra la donna vittima della violenza e l'operatore delle Forze dell'ordine. Addirittura, alcuni parlavano di numeri di cellulari dedicati; probabilmente questo è il super futuro però, comunque, la direzione deve essere quella, cioè l'attenzione al caso specifico. Ovviamente, ci vuole un'attenzione anche per tutti gli operatori dei centri antiviolenza - questo è sicuro - ma io insisto molto anche sul dopo, cioè la donna, dopo, deve potersi integrare e non cadere più nelle mani del suo aguzzino, sia perché auspicabilmente il soggetto è in carcere sia anche perché, quando uscirà dal carcere, la donna deve essere non solo avvertita, ma anche in condizioni di sicurezza, io dico anche economiche, per cui non potrà più essere avvicinata dal soggetto.

La parte economica, secondo me, è una parte chiave. Nel nostro Paese, ad oggi, 3 donne su 10 non sono titolari di conto corrente e 4 donne su 10 dipendono economicamente dal marito. Quindi, è bene anche qui che ci sia lo sforzo del Governo. Quando sento dire “risorse zero”, rispondo di no. Le risorse ci sono e devono essere volte all'indipendenza economica della donna. Quindi, è bene che il Governo ponga la detassazione per l'assunzione delle donne;bene l'aumento del congedo parentale in maniera paritaria perché, naturalmente, sgravandola dal lavoro di cura e dividendolo con il compagno, si dà alla donna più la possibilità di lavorare. La chiave deve essere che la donna, al primo schiaffo, deve avere la possibilità di uscire da quella casa. Questo significa non solo trovare, giustamente, il centro di accoglienza che la accoglie, non solo trovare la struttura, l'istituzione, il magistrato ma anche la possibilità proprio di andarsene in un'altra casa, di avere un altro affitto, di avere un altro lavoro, di avere un'indipendenza economica.

Poi c'è un tema che per noi è un tema fondamentale, quello della prevenzione culturale. Ho sentito dire dai colleghi prima di me, dai colleghi dell'opposizione, che alcuni emendamenti dovevano essere accettati. Comprendo perché, ad esempio, sull'emendamento a mia prima firma della Lega ci sia stato un invito al ritiro. Il mio parte proprio dal concetto della prevenzione culturale nelle scuole e comprendo che questo è un disegno di legge firmato dal Ministro Roccella, Ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, dal Ministro Nordio, Ministro della Giustizia, e dal Ministro Piantedosi, Ministro dell'Interno, e quindi probabilmente si tratta della competenza su questo emendamento. Infatti, l'ho già depositato come proposta legislativa in Commissione Istruzione e già il ministro Valditara in parte lo ha recepito, con le linee guida, nel rispetto della donna. Per noi il punto è questo: l'educazione al rispetto della donna deve essere fatta nelle scuole e deve essere fatta nelle scuole da subito, fin da piccoli.

Deve essere un'educazione alla non oggettivizzazione, alla lotta allo stereotipo, al far capire ai bambini che non c'è alcuna possibilità di considerare una donna come un oggetto. Però, faccio un invito all'opposizione: questo sarà possibile se eviteremo di strumentalizzarla, di allargarla troppo, ognuno secondo le proprie ragioni. Però, quando sento le opposizioni iniziare a dirmi di fare educazione sessuale, è chiaro che introducendo temi di questo tipo iniziamo a creare delle divisività. È di tutta evidenza che, per esempio, noi del centrodestra riteniamo che l'educazione sessuale spetti alla famiglia, soprattutto in tenera età, perché in tenera età si può già insegnare il rispetto della donna. Quindi, questo mio è un appello. Io ripresenterò comunque l'emendamento per l'Aula e, probabilmente, dovrò ritirarlo. Faremo la discussione in Commissione Cultura e chiedo alle forze politiche di concentrarsi su questo aspetto, sul rispetto della donna, e di non aggiungere altri pezzi che poi ci portano al solito dibattito, giornalistico e di Aula, che poi non raggiunge l'obiettivo. Concludo, Presidente, dicendo che l'auspicio è sempre quello che tra quattro anni ci troviamo in quest'Aula a discutere di tutto ma non di violenza di genere, non di femminicidi, perché avremo risolto il problema alla radice.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1294-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, che rinuncia. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che rinuncia. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta. Facciamo una brevissima pausa, per ragioni tecniche, di cinque minuti. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,25, è ripresa alle 13,35.

Discussione del disegno di legge: S. 571 - Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche (Approvato dal Senato) (A.C. 1406​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1406: Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 20 ottobre 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 20 ottobre 2023).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1406​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Maurizio Casasco.

MAURIZIO CASASCO , Relatore. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, l'Assemblea è chiamata oggi a esaminare il disegno di legge di iniziativa del Governo recante “Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche”, approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica il 13 settembre 2023, con il voto favorevole di tutti i gruppi, ad eccezione dell'astensione del Partito Democratico, trasmesso il giorno stesso alla Camera dei Deputati e assegnato alla X Commissione.

L'esame in sede referente nella X Commissione (Attività produttive) si è concluso il 18 ottobre, confermando il testo proveniente dal Senato della Repubblica.

In sede di voto sul mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento, i gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno espresso un voto di astensione.

La difformità del voto dei gruppi di opposizione tra Camera e Senato è legata in parte alla decisione della maggioranza di confermare il testo del Senato, sul quale, peraltro, c'è stata ampia condivisione con l'accoglimento di numerose proposte dell'opposizione.

Voglio ringraziare qui il Sottosegretario di Stato per le Imprese e il made in Italy, Massimo Bitonci, per l'estrema competenza e per il preziosissimo lavoro di raccordo svolto in sede di dibattito sugli emendamenti nella nostra Commissione attività produttive, chiarendo che molte delle proposte avanzate, in realtà, erano già ricomprese nel testo.

I pareri delle altre Commissioni della Camera hanno confermato la bontà dell'impianto del Senato. In particolare, segnalo quello della Commissione XIV (Politiche dell'Unione europea), che ha espressamente affermato come il disegno di legge risulti coerente con la disciplina dell'Unione europea in materia di concorrenza ed aiuti di Stato, e coerente con gli obiettivi di crescita e sviluppo e di coesione territoriale delle politiche europee.

Un'osservazione importante ci è pervenuta dal Comitato per la legislazione sulla necessità di valutare la portata normativa dell'articolo 8, che, al fine di valorizzare le potenzialità del Registro nazionale degli aiuti di Stato, ampliandone funzionalità e servizi, prevede soluzioni tecnologiche basate sull'intelligenza artificiale, idonee ad orientare l'individuazione di ambiti e modalità dell'intervento.

Quanto sopra detto chiarisce a tutti noi che il nostro lavoro su queste tematiche è tutt'altro che finito: si sposta invece sui decreti delegati che applicheranno la legge al nostro esame, quando arriveranno all'esame delle Commissioni competenti.

Il principale dei motivi per cui la maggioranza non ha inteso emendare presso la Camera questo provvedimento consiste nel fatto che il disegno di legge non solo è collegato alla manovra di finanza pubblica, in coerenza con le indicazioni del Documento di economia e finanza, ma fa anche parte delle riforme abilitanti previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

In quel documento è scritto letteralmente che la semplificazione della legislazione è intervento riformatore essenziale per favorire la crescita del Paese e supporta trasversalmente tutte e sei le Missioni del PNRR, il quale è innanzitutto un Piano di riforma.

In questo ambito, è centrale la previsione relativa alla semplificazione delle norme in materia di incentivi alle imprese e in materia di investimenti e interventi nel Mezzogiorno. Rientra, in questa gigantesca progettualità, che ci vede impegnati da qui al 2026, anche la riforma delle ZES, che in questo momento è all'esame della Camera con il decreto-legge n. 124.

Dunque, il Governo si muove su più fronti coordinati e in direzione dell'attuazione del PNRR nei tempi richiesti dall'Unione europea, pur nelle immense difficoltà create dalla situazione geopolitica e dal soverchiante debito pubblico. Il prezioso documento fornitoci dal Servizio studi, riassumendo i dati della relazione sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive, prevista dall'articolo 1 della legge n. 266 del 1997 e dal Registro nazionale degli aiuti di Stato (operativo dal 2017), ci mostra nel dettaglio un universo di 1.982 interventi diversi per l'anno 2021, sulla base dei quali sono stati concessi 25.142,9 milioni di euro di agevolazioni.

Ma gli elementi che destano preoccupazione consistono nel fatto che dei 25 miliardi concessi nel 2021 ne è stato erogato solo il 23 per cento e che la loro distribuzione territoriale è sperequata, con tre regioni destinatarie del 64 per cento delle concessioni, che sono Lombardia, Lazio e Piemonte.

Dunque, l'obiettivo di questa riforma assolutamente decisiva è quello di rimettere la spesa per il sostegno delle imprese nei termini in cui va affrontata: corretto riparto territoriale delle risorse, rapidità delle istruttorie e dell'assegnazione delle risorse stesse, coerenza degli obiettivi, coordinamento con le regioni, multifunzionalità delle banche dati e accesso semplificato alle stesse e, quindi, risparmio di spesa.

Sotto quest'ultimo aspetto, richiamo la nota depositata dal Governo presso la Commissione bilancio del Senato il 16 maggio 2023, nella quale si afferma che la concentrazione e la semplificazione degli interventi, sia attraverso la funzionalità del Registro nazionale degli aiuti di Stato e della piattaforma telematica Incentivi.gov.it, sia attraverso la formazione di un codice degli incentivi, consentiranno una maggiore efficienza generale nella gestione delle misure di incentivazione, con contestuale riduzione dei costi del personale oggi impiegato nelle attività e riduzione dei tempi di gestione delle domande ed erogazione degli incentivi. E il tempo è denaro.

Venendo al testo, il disegno di legge consta di 10 articoli.

L'articolo 1 identifica l'oggetto del disegno di legge nella definizione delle disposizioni per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese, con la finalità di rimuovere gli ostacoli al pieno dispiegamento di efficacia dell'intervento pubblico a sostegno del tessuto produttivo mediante le politiche di incentivazione. Con una modifica al testo approvato al Senato della Repubblica, è stato precisato che la revisione riguarda anche gli incentivi alle imprese aventi natura fiscale.

L'articolo 2 identifica i principi e i criteri direttivi generali per la definizione di un sistema organico degli incentivi alle imprese: stabilità ed adeguatezza, misurabilità dell'impatto, programmazione, coordinamento, agevole conoscibilità, digitalizzazione, semplicità, uniformità, accessibilità ai contenuti e trasparenza delle procedure, coesione sociale, economica e territoriale, valorizzazione del contributo dell'imprenditoria femminile, strategicità per l'interesse nazionale ed inclusione dei professionisti.

L'articolo 3 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione di un sistema organico degli incentivi alle imprese. Nel rispetto dei principi generali dettati dall'articolo 2 e degli ulteriori principi e criteri direttivi definiti ai successivi articoli 4 e 6, al Governo è affidato il compito di razionalizzare l'offerta di incentivi e armonizzare la disciplina mediante la redazione di un codice.

L'articolo 4 elenca i principi e i criteri specifici ai quali il Governo è tenuto ad attenersi nell'esercizio della delega per la razionalizzazione dell'offerta di incentivi: ricognizione e sistematizzazione delle misure di incentivazione esistenti; concentrazione dell'offerta di incentivi, diretta ad evitare la sovrapposizione tra gli interventi e la frammentazione del sostegno pubblico; programmazione degli interventi di incentivazione da parte di ciascuna amministrazione competente per un congruo periodo temporale.

L'articolo 5 prevede che i decreti attuativi debbano favorire la compartecipazione finanziaria delle regioni ed il coordinamento e l'integrazione con gli interventi regionali, nonché individuare le condizioni e le soluzioni di raccordo tra Stato e regioni utili a garantire la complementarietà tra i sistemi di incentivazione. In Senato è stato introdotto un nuovo comma 2, ai sensi del quale le soluzioni di raccordo dovranno, in ogni caso, prevedere elementi di flessibilità per consentire a tutte le amministrazioni il rispetto dei vincoli dei tempi di spesa previsti dalle programmazione di livello regionale, nazionale o comunitario.

L'articolo 6 indica i principi e i criteri direttivi a cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega per armonizzare la disciplina di carattere generale in materia di incentivi alle imprese nell'ambito di un organico codice degli incentivi. Si prevede che, in attuazione della delega, siano definiti i contenuti minimi dei bandi; sia aggiornata la disciplina dei procedimenti amministrativi per il riconoscimento degli incentivi; siano rafforzate le attività di valutazione sull'efficacia degli interventi; siano implementate le soluzioni tecnologiche dirette a facilitare la conoscenza dell'offerta di incentivi, la pianificazione degli interventi e le attività di valutazione; si garantisca la conformità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato; si attribuisca natura privilegiata ai crediti derivanti dalla revoca dei finanziamenti e degli incentivi e siano riconosciute premialità, ai fini del riconoscimento di incentivi, alle imprese che assumono persone con disabilità, valorizzino il lavoro femminile e giovanile e sostengano la natalità. Con un emendamento approvato dal Senato, è stato previsto, come ulteriore principio e criterio direttivo, il coinvolgimento delle associazioni di categoria per promuovere azioni di informazione sull'offerta di incentivi.

L'articolo 7, inserito nel corso dell'esame al Senato, abroga l'articolo 27, comma 3, della legge sulla concorrenza 2021, che indica in 10 mesi dall'entrata in vigore della stessa legge il termine per l'adozione di almeno uno dei decreti legislativi che il Governo è chiamato ad adottare per semplificare, rendere più efficaci ed efficienti e coordinare i controlli sulle attività economiche. Resta fermo, quindi, per tutti i decreti delegati il termine già fissato al 27 agosto 2024.

L'articolo 8 contiene norme per la valorizzazione delle potenzialità del Registro nazionale degli aiuti di Stato e della piattaforma telematica Incentivi.gov.it. Si prevede che il Registro nazionale degli aiuti di Stato assolva, per gli aiuti individuali soggetti a registrazione, all'onere pubblicitario e di trasparenza a carico delle amministrazioni pubbliche previsto dalla disciplina vigente. L'articolo reca, poi, semplificazioni dell'obbligo in capo alle imprese di pubblicazione delle erogazioni pubbliche a loro favore. Prevede, altresì, che la pubblicità legale degli interventi di incentivazione sia assicurata dalla pubblicazione nei siti Internet istituzionali delle amministrazioni competenti e dalla pubblicazione delle informazioni rilevanti nella piattaforma Incentivi.gov.it. Inoltre, viene promossa la stipula di protocolli per il rilascio tempestivo delle certificazioni attestanti i requisiti per l'accesso agli incentivi e di protocolli operativi per accelerare le procedure di rilascio del documento unico di regolarità contributiva e della documentazione antimafia.

L'articolo 9 autorizza una spesa pari a 500.000 euro per il 2023 e ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 per lo svolgimento delle attività di studio, monitoraggio e valutazione dell'attuazione delle deleghe previste dal disegno di legge, nonché per le attività di valorizzazione del Registro nazionale degli aiuti di Stato. Prevede, inoltre, che le relazioni tecniche riguardanti gli schemi dei decreti attuativi diano conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. Qualora uno o più decreti legislativi dovessero determinare nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazioni al loro interno, saranno emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore delle disposizioni che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.

L'articolo 10 stabilisce che le disposizioni del disegno di legge in esame e - precisa una modifica approvata dal Senato - quelle dei decreti legislativi emanati in attuazione della stessa siano applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano solo se non in contrasto con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.

In conclusione, vorrei sottolineare che il disegno di delega all'esame è stato approvato in prima lettura dal Senato nel segno di un'ampia convergenza tra tutte le forze politiche, come già sottolineato, sia in sede referente dalla competente Commissione il 3 agosto, che in Assemblea del 13 settembre 2023, ove è stato approvato con nessun voto contrario.

Auspico, quindi, che anche alla Camera dei deputati sul provvedimento possa convergere la condivisione tra tutte le forze politiche verso l'obiettivo di migliorare il sistema degli incentivi alle imprese, che sono quelle che creano la ricchezza della Nazione e consentono di mantenere la macchina dello Stato e il sistema del welfare.

Facendo il bene delle imprese noi facciamo il bene del nostro Paese. Concludo ringraziando tutti i componenti della X Commissione, il personale della Commissione attività produttive e i funzionari, la cui dedizione e competenza hanno consentito un iter veloce del provvedimento ma, al tempo stesso, un esame non superficiale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, Sottosegretario Bitonci, che rinunzia. È iscritta a parlare la deputata Paola De Micheli. Ne ha facoltà.

PAOLA DE MICHELI (PD-IDP). La ringrazio, Presidente. Inizio questo mio intervento ringraziando il Sottosegretario Bitonci, che, soprattutto nel lavoro svolto presso il Senato, ha lavorato per accogliere alcune proposte emendative anche del mio gruppo parlamentare. Voglio ringraziare il relatore, l'onorevole Casasco, e tutto il personale della X Commissione per il lavoro svolto su questo disegno di legge. Quello in esame è un provvedimento molto importante anche se, come spesso sta ormai avvenendo per le riforme abilitanti previste dal PNRR, corre il rischio di cadere in un silenzio assordante per la sottovalutazione che gli aspetti di riforma, le cosiddette milestone, del Piano nazionale di ripresa e resilienza stanno vivendo a causa, purtroppo, delle rimodulazioni dei target, ovvero degli obiettivi quantitativi previsti dal Piano stesso, che sono stati voluti dal Governo e che hanno determinato moltissimi tagli di natura finanziaria agli obiettivi delle amministrazioni locali e di alcune amministrazioni centrali.

Quella discussione corre il rischio di far passare in secondo piano, invece, riforme importanti come queste, di cui, peraltro, si sentiva particolarmente bisogno, perché il sistema degli aiuti è particolarmente stratificato e inevitabilmente ha pagato il prezzo delle emergenze che si sono susseguite negli ultimi anni, dopo la crisi del 2008, tra il 2010 e il 2012 e, in particolar modo, con la crisi pandemica del 2020 e con la crisi energetica a seguito anche, e non solo, dell'invasione dell'Ucraina. Inoltre, il sistema degli aiuti ha alcuni problemi, che, peraltro, sono stati illustrati nella discussione anche in Commissione, legati al confronto continuo con l'applicazione della normativa europea degli aiuti di Stato. Credo che il problema dei problemi in questa fase, soltanto superficialmente affrontato da questa delega, sia legato al fatto che i tempi di erogazione degli aiuti, anche quando le imprese riescono ad ottenerli, sono molto lunghi. Non è un caso che proprio il dossier della Camera dei deputati ci ricordi che degli ultimi incentivi erogati solo il 23 per cento è già arrivato nelle tasche delle imprese e degli imprenditori.

Rispetto a questa legge delega, a questa riforma, ci sono, secondo me, due convitati di pietra. Il primo è legato alle agevolazioni di natura fiscale che al Senato si è voluto introdurre come oggetto anche di questa riforma, ma io temo che questo complicherà molto il lavoro del Governo nella realizzazione dei decreti di attuativi di questa delega. L'altro grande convitato di pietra è tutto il mondo delle garanzie alle imprese. Questo è un mondo che ha sofferto e ha pagato un prezzo molto elevato negli anni della crisi pandemica e di quella energetica. Io credo che sia urgentissimo un intervento, anche a fronte di una nuova stagione inflattiva che vede tassi alti. Noi dobbiamo essere consapevoli che per le imprese la cassa è ciò che consente loro di vivere e troppo spesso, a fronte di tassi alti e di regole sul rating che continuano a modificarsi, il ruolo di garanzia, in particolar modo degli Istituti di garanzia per le piccole e le medie imprese, può rappresentare, in questa fase molto critica per l'economia e per il mondo delle imprese, una risposta straordinariamente importante.

Al Senato, come dicevamo, il disegno di legge è stato sicuramente migliorato. Abbiamo avuto un dialogo fecondo con il Governo e con il resto della maggioranza. Credo sia corretto e giusto, anche nel nostro ruolo di opposizione, ricordare gli aspetti positivi che sono stati introdotti in questa normativa. Innanzitutto, il codice degli incentivi, che, peraltro, prevede per la sua attuazione anche un parere del Consiglio di Stato, perché è bene che chi probabilmente potrebbe, dovrà e certamente sarà chiamato a dare anche interpretazioni molto concrete del codice venga coinvolto immediatamente, già nella fase di costruzione dell'attuazione. Ma proprio in tema di codice degli incentivi mancano ancora alcune cose sulle quali ci siamo concentrati nell'attività emendativa sia in Commissione sia in Aula. In secondo luogo, è stato introdotto l'obiettivo della parità di genere, anche se ancora incompleto ma certamente molto importante per tutto il mondo dell'impresa femminile che è in continua crescita ma che continua ad avere oggettive difficoltà, per esempio, rispetto all'erogazione del credito, alla possibilità di accesso ad alcuni strumenti di finanziamento proprio per le caratteristiche tipiche dell'imprenditoria femminile. Inoltre, sono stati introdotti criteri di razionalizzazione e di trasparenza a nostro avviso non ancora risolutivi.

Ancora, le verifiche sugli impatti. Su questo argomento mi soffermo un attimo, perché sono convinta che se il Parlamento, le forze politiche e i gruppi parlamentari, sia quando si è maggioranza sia quando si è all'opposizione, lavorassero più profondamente sulle verifiche degli impatti ex post - soprattutto ex post - delle norme che noi approviamo in Parlamento o quando - fase fin troppo frequente, devo dire - è il Governo a legiferare, probabilmente con i numeri e con una lettura oggettiva dei numeri su molti provvedimenti sarebbe più facile trovare convergenze, perché spesso e volentieri sono i risultati che parlano e non soltanto l'ideologia che aprioristicamente si mette nella valutazione di un provvedimento, soprattutto quando si tratta di effetti sulle imprese e sull'economia. Anche in questo caso alcuni criteri di verifica e di valutazione degli impatti, soprattutto ex post, mancano in questa delega. Inoltre, è stato introdotto il coordinamento con le regioni, che risulta ancora generico, quando - al di là del fatto che, come sappiamo, il bilancio delle regioni è abbondantemente oltre il 90 per cento dedicato alla sanità - sappiamo perfettamente che molto spesso le regioni tendono a rafforzare alcuni filoni di incentivi per le imprese o magari a individuarne alcuni specifici, tipici delle proprie filiere, delle filiere presenti in quel territorio. Io credo che sotto questo punto di vista l'attività emendativa che abbiamo predisposto potrebbe portare chiarezza rispetto a cosa significa coordinare davvero gli incentivi alle imprese anche con le regioni.

Alla luce di questo proficuo lavoro svolto al Senato, che cosa manca ancora sia sotto il profilo tecnico sia sotto il profilo politico? Noi crediamo che nel codice degli incentivi manchi la certezza dei tempi di erogazione. L'ho già accennato, ma penso che questa sia una questione dirimente quando parliamo di imprese. Si tratta dei flussi economici, perché il tema della cassa è quello che determina o meno il successo reale, concreto e attuabile di un incentivo, anche in termini temporali, perché a volte vengono erogati incentivi quando magari in termini di innovazione l'oggetto di quell'incentivo è già stato superato, ma qui si parla soprattutto, lo ripeto, in termini di cassa. Oggi noi non possiamo immaginare, senza la certezza dei tempi di erogazione, che le aziende si vadano a indebitare anticipando quelle erogazioni con le banche, perché i tassi non sono più quelli di due anni fa, perché questo implicherebbe un incremento dei costi per le aziende. Tutti sappiamo che purtroppo si fallisce di cassa e non di competenza.

Manca poi la misurabilità degli obiettivi di genere. C'è questa dichiarazione soprattutto nel primo articolo, ma manca la misurabilità degli obiettivi di genere, che, peraltro, è facilmente sovrapponibile anche a un grande lavoro che negli anni ha svolto la Ragioneria generale dello Stato proprio sul bilancio di genere e sulla modalità con cui misurare gli effetti delle nostre norme sul genere. Quindi, ci sarebbe già anche un lavoro abbastanza pronto per poter introdurre questi criteri.

Sulla trasparenza e sulla chiarezza noi chiediamo che vi sia un portale unico. Guardate, qui c'è un grande tema, quello dell'intermediazione per l'accesso agli incentivi alle imprese. C'è un'intermediazione positiva che, peraltro, viene valorizzata anche dalla norma che consente di dare pubblicità agli incentivi che i vari Governi e che il Parlamento decidono di approvare, ma è anche vero che c'è una intermediazione malsana nel nostro Paese, che costa moltissimo alle imprese e che non sempre garantisce loro di raggiungere l'obiettivo. Più è alto il livello di trasparenza con il quale ci approcciamo, diciamo così, nell'attuazione dei decreti delegati, meno incidente sarà, in maniera negativa, la questione dell'intermediazione. Per tale motivo, abbiamo presentato degli emendamenti proprio per arrivare al portale unico.

Sulla misurabilità degli impatti degli incentivi credo che manchino, sostanzialmente, dei criteri legati alla capacità di questi incentivi di produrre ricchezza, prodotto interno lordo. E' vero che per la Ragioneria generale dello Stato il fatto che un incentivo produca ricchezza non dà automaticamente la copertura agli incentivi, come è giusto in termini di leggi ragionieristiche, ma è anche vero che per il Parlamento - che poi magari deve prorogare questi incentivi - avere la misurazione dell'impatto sulla ricchezza diventa fondamentale sul benessere dell'organizzazione delle imprese. Sono convinta che le imprese rappresentino la vera grande forza dello sviluppo economico di questo Paese e le condizioni di benessere organizzativo delle imprese - piccole, medie e grandi - diventa uno strumento fondamentale, anche per capire se i nostri incentivi davvero raggiungono gli obiettivi.

E poi il criterio fondamentale dell'occupazione di qualità. Se lo Stato, con risorse di tutti quelli che pagano le tasse, incentiva delle imprese, orientando anche le politiche economiche, deve avere la certezza, misurabile, che l'occupazione prodotta da quegli incentivi sia un'occupazione di qualità e, quindi, giustamente remunerata, che ricade dentro al rispetto di tutte le norme sulla sicurezza del lavoro. Inoltre, come dicevo prima, è necessario fare chiarezza sulla tipologia e la modalità di coordinamento degli incentivi delle imprese che saranno erogati anche dalle regioni.

Sulla questione del rapporto con gli incentivi fiscali e sul ruolo delle amministrazioni centrali, signor Presidente, attraverso di lei, invito il Governo a fare una riflessione importante. Abbiamo avuto un'esperienza, recente nell'ultimo anno e mezzo, molto significativa nell'ambito degli incentivi di industria 4.0, che sono stati un grande successo per l'impresa italiana. C'era un incentivo legato alla ricerca e sviluppo che aveva due metodi di certificazione. Un metodo, diciamo così, autonomo e un altro metodo che derivava da un lavoro che dovevano fare gli uffici dell'allora Ministero dello sviluppo economico e oggi Ministero delle imprese. Nel rapporto con l'Agenzia delle entrate, essendo state scelte due strade, c'è stato l'obbligo, anche se non voluto, da parte dell'Agenzia delle entrate di fare verifiche fiscali a strascico sulle imprese che avevano ricevuto questi contributi di ricerca e sviluppo, cosa che peraltro è accaduta nell'estate del 2022. Il legislatore, a cavallo tra i due Governi Draghi e Meloni, è dovuto intervenire per chiarire questo aspetto e manca l'ultimo tassello per evitare che vi sia una sovrapposizione di ruoli tra Agenzia delle entrate e Ministero dello sviluppo economico – scusate, non dello sviluppo economico: continuo ad essere una donna del Novecento, nonostante il tempo che passa -, dicevo, proprio l'elenco che deve elaborare il Ministero delle imprese dei professionisti abilitati alla certificazione di quell'incentivo. Ora è del tutto evidente che questo è il classico esempio dove c'è una sovrapposizione tra ruolo del ministero e ruolo dell'Agenzia delle entrate che ha determinato un problema non banale, che peraltro ha aperto questioni penali per alcune imprese, perché quando si superano certi tetti di accertamento, come sapete, scattano le questioni penali.

Il ruolo delle associazioni soprattutto delle piccole e medie imprese nel metodo di costruzione dei decreti attuativi. Qui mi appello ancora al Governo, al di là del fatto che approviate gli emendamenti nei prossimi giorni, quando voteremo il testo in Aula, io vi chiedo di aprire una fase grandemente concertativa sui decreti attuativi, anche perché ho imparato, nell'esperienza ormai lunga in queste aule, che ogni riforma più è condivisa e più raggiunge gli obiettivi che la riforma stessa si è prefissa e più viene fatta lontano da coloro che devono essere i beneficiari di questa riforma e più si fatica a rendere questa riforma davvero efficace ed efficiente.

Noi chiediamo il principio della non duplicazione dei documenti. Insomma, il mondo della digitalizzazione, dell'intelligenza artificiale, perfino il Comitato per la legislazione, onorevole Casasco, ci chiede di introdurre queste innovazioni e poi corriamo il rischio che le imprese debbano continuare a presentare i loro atti e documenti tutte le volte che fanno una richiesta di finanziamento e di erogazione di incentivi. Non ci sono criteri sufficienti per affrontare la drammatica sperequazione territoriale che negli ultimi anni ha aumentato il divario e la disuguaglianza tra Nord e Sud che è, appunto, quella della capacità di attrazione di incentivi da parte delle imprese del Sud.

Ora noi crediamo che l'impianto formale di questa delega sia, sostanzialmente, apprezzabile anche se ancora, chiaramente ed evidentemente, incompleto, ma mi soffermerò in questi ultimi minuti sull'aspetto che a me e a chi ha operato nell'impresa prima di entrare in quest'Aula e a coloro che si occupano tuttora di imprese interessa di più. Io credo che a questo disegno di legge delega manchi un po' di anima. Manca, infatti, della visione e del ruolo che questo Governo e questa maggioranza hanno intenzione di giocare nel mondo delle imprese attraverso l'utilizzo dello strumento degli incentivi. Manca un'idea di politica industriale e anche la migliore forma tecnica di legge delega o di decreto attuativo, se non ha chiaro qual è l'obiettivo finale e la modalità con la quale il Governo e il Parlamento vogliono avere un ruolo dentro all'economia, è evidente che anche la miglior soluzione formale può non risolvere la questione del rilancio industriale del Paese.

Non vorrei che questo decreto avesse poi un approccio nel prosieguo assolutamente burocratico-formale senza affrontare il tema sostanziale, ossia che politica industriale volete fare per questo Paese? Che livello di interventismo dello Stato c'è in economia? Lo stiamo vedendo sui dossier più caldi dove si assiste all'assoluta assenza di un'idea di politica industriale: su Ilva, dove parli con due ministri e hanno due idee diverse; su TIM, dove l'annuncio prematuro fatto dal Ministro Giorgetti ha determinato effetti non banali per gli azionisti e grandi preoccupazioni per i lavoratori; oppure su ITA, dove si è immaginato un percorso super semplice e super semplificato tanto per potersi liberare dell'ennesimo dossier scottante, quando invece il ruolo strategico di questa impresa e le norme europee chiamano il Governo ad una maggiore assunzione di responsabilità e di una visione strategica nel ruolo dei trasporti della compagnia aerea di Stato.

In questo provvedimento non rispondete alla domanda fondamentale: che è cosa volete fare nell'economia? La risposta poteva anche non essere straordinariamente visionaria. Bastava anche un po' più di pragmatismo nella lettura della trasformazione del mondo delle imprese, perché manca totalmente l'approccio alla grandissima trasformazione necessaria, a prescindere da qualunque negazionismo, che è la trasformazione ambientale e noi chiediamo un punto dentro la delega sulla questione dei sussidi ambientalmente dannosi. Non c'è un approccio nei confronti della digitalizzazione e della stessa intelligenza artificiale e, non solo per capire come il Governo vuole incentivare l'utilizzo di questi strumenti o accompagnare la transizione ambientale, che senza incentivi pubblici è insostenibile per la più parte delle imprese italiane, che sono piccole e medie e che quindi hanno un livello di patrimonializzazione più basso, ma anche e soprattutto per la visione strategica di come queste grandi trasformazioni entrano nell'economia italiana. Manca un minimo di ragionamento sulle seconde generazioni. Attenzione lo shopping è in corso anche sulle imprese di medie dimensioni, perché ci sono condizioni di passaggio generazionale che sono insufficienti.

Manca, anche in termini di principi generali, un'idea di modernizzazione e di trasformazione del Paese. Bastavano le indicazioni di principi generali che avrebbero poi condizionato i Ministeri nella stesura dei decreti attuativi.

Il rischio è che le decisioni di politica industriale invece che da una visione complessiva delle imprese italiane e del ruolo delle imprese in Italia e in Europa dipendano da scontri tra Ministri, dalla potenza o dalla debolezza delle lobby che, a turno, si confrontano con il Governo, con la maggioranza e anche con le opposizioni - ci mancherebbe altro - oppure da emergenze vecchie e nuove; il rischio è che siano queste le cose che condizionano davvero, poi, le scelte, senza contare l'ansia di conservazione delle modalità incentivanti già esistenti che spesso rappresentano la scusa per tentare di non scontentare nessuno. Insomma, come si risolve il dettato dell'articolo 41 della Costituzione che impone all'iniziativa economica privata e libera di non essere mai in contrasto con la salute, l'ambiente e la sicurezza? Come il Governo aiuta l'impresa libera e privata a non cadere progressivamente, a fronte delle esigenze di trasformazione, in questo eventuale problema, in alcuni casi anche molto reale, penso, in particolare, ad alcune filiere? Oppure, rispetto alla libertà, parlare di digitalizzazione e di intelligenza artificiale ha a che fare con la libertà delle imprese di essere imprese, e imprese private, ed ha a che fare con un principio di libertà dell'intrapresa e, qui, non c'è niente - niente - che affronti questo tema.

Risolvere questo vulnus è ancora possibile, Presidente, e lo dico al rappresentante del Governo, sapendo di trovare un'intelligenza favorevole alla soluzione dei problemi; è ancora possibile, non solo, approvando la gran parte degli emendamenti che abbiamo proposto, ma soprattutto, chiarendo in Parlamento, con il mondo dell'impresa, con il mondo del lavoro, quali siano gli obiettivi veri della politica industriale, perché ogni decreto sia condiviso con l'opposizione e con la rappresentanza delle imprese e dei lavoratori. Con questi strumenti, quello dell'ascolto dell'opposizione e della condivisione, possiamo usare questa delega come trampolino di lancio per una nuova politica industriale del Paese. Realizzando appieno la condivisione, garantiremo che tutti i contraenti siano equamente soddisfatti e, quindi, l'obiettivo sarà raggiunto, perché chi si occupa di impresa sa che, quando tutti i contraenti sono equamente soddisfatti, si è raggiunto il risultato migliore.

Il ruolo delle imprese per lo sviluppo sociale e umano garantirà davvero l'equilibrio tra solidarietà sociale e profitto? Questo Governo ce l'ha un'idea di quale sia il punto di equilibrio e, quindi, come verranno usati le risorse e gli incentivi per garantire maggiormente la giustizia sociale e, quindi, questo equilibrio tra solidarietà sociale e profitto?

Ecco, questo provvedimento ha una stesura tecnicamente interessante, ma politicamente insufficiente. Olivetti, spesso, parlava del ruolo dell'impresa nel raggiungimento della felicità collettiva, perché il benessere dell'impresa e dei suoi lavoratori consente alle comunità di avvicinarsi a questo straordinario obiettivo che è la felicità collettiva. Questo provvedimento è molto, anzi, troppo, parziale rispetto ai nuovi bisogni dell'economia e della sua trasformazione, peraltro, velocissima; sappiamo che, pur impegnandoci molto in queste Aule parlamentari, spesso non siamo sempre in tempo nell'accompagnare queste trasformazioni.

Per questo motivo, chiediamo di approvare le modifiche che vi abbiamo proposto; vi chiediamo di attuare un metodo di condivisione nella realizzazione dei decreti attuativi e sappiate che vigileremo in maniera molto attenta, affinché questo disegno di legge delega, questa milestone, questa riforma abilitante per il PNRR non sia l'ennesima occasione persa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Beatriz Colombo. Ne ha facoltà.

BEATRIZ COLOMBO (FDI). Grazie, signor Presidente. Egregio Sottosegretario, onorevoli colleghi, il panorama nazionale degli incentivi diretti alle imprese comprende un universo eterogeneo di strumenti di sostegno, la cui complessità è stata incrementata per effetto del notevole numero di investimenti adottati e per far fronte alle crisi indotte, prima, dalla pandemia, poi, dall'aumento dei prezzi dell'energia, dovuto in buona parte alle guerre alle nostre porte. Ulteriori misure di sostegno sono state assunte nell'ambito di questo quadro temporaneo di crisi adottato in seguito all'invasione russa dell'Ucraina per far fronte alle difficoltà di approvvigionamento di materie prime energetiche, fondamentali per l'economia europea.

La Commissione europea ha approvato nuovi aiuti per 672 miliardi; ora, il nuovo fronte in Medio Oriente porta a nuove ed urgenti riflessioni.

Il 13 settembre il Senato ha approvato, in prima lettura, il disegno di legge di iniziativa governativa recante delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure, nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche. Lo stesso giorno è stato trasmesso alla Camera dei deputati ed assegnato alla X Commissione (Attività produttive) di cui sono componente e che ringrazio.

Il disegno di legge è collegato alla manovra di finanza pubblica, in coerenza con le indicazioni del DEF. Si ricorda, inoltre, che il disegno di legge concorre all'attuazione del PNRR, laddove prevede tra le riforme abilitanti la semplificazione delle norme in materia di investimenti e interventi nel Mezzogiorno nell'ambito di un più ampio intervento di revisione complessiva del sistema degli incentivi alle imprese.

Il disegno di legge consta di 10 articoli. L'articolo 1 identifica l'oggetto del disegno di legge nella definizione delle disposizioni per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese, con la finalità di rimuovere gli ostacoli al pieno dispiegamento di efficacia dell'intervento pubblico a sostegno del tessuto produttivo, mediante le politiche di incentivazione. Con la modifica al testo è stato precisato che la revisione riguarda anche gli incentivi alle imprese aventi natura fiscale.

L'articolo 2 identifica i principi e i criteri direttivi generali per la definizione di un sistema organico degli incentivi alle imprese: il principio della stabilità nel tempo e dell'adeguatezza delle misure; il principio della misurabilità dell'impatto nell'ambito economico oggetto di incentivi; il principio della programmazione degli interventi di incentivazione da parte delle amministrazioni competenti, anche con riferimento agli interventi cofinanziati dai fondi europei; il principio del coordinamento oggettivo e soggettivo delle misure di incentivazione, in modo da raggiungere, a parità di risorse, il massimo effetto derivante dall'applicazione delle stesse ed evitare così duplicazioni e sovrapposizioni tra soggetti che gestiscono le politiche pubbliche di incentivazione. Poi, ancora, il principio dell'agevole conoscibilità delle misure di incentivazione; il principio della digitalizzazione e della semplicità e uniformità delle procedure, anche con riferimento agli interventi cofinanziati dai fondi europei al fine di ridurre nella misura più ampia possibile gli oneri amministrativi a carico degli imprenditori e delle imprenditrici e assicurare alle imprese l'accessibilità ai contenuti e la trasparenza delle procedure; il principio della più ampia coesione sociale, economica e territoriale, per uno sviluppo economico equilibrato della Nazione, con particolare riferimento alle politiche di incentivazione della base produttiva del Mezzogiorno; il principio della valorizzazione del contributo dell'imprenditoria femminile; il principio della strategicità dell'interesse nazionale e il principio della fruibilità, ove previsto e ricorrendone i presupposti, da parte dei professionisti.

L'articolo 3 delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la definizione di un sistema organico degli incentivi alle imprese nelle forme più idonee ed efficaci a far fronte agli specifici fallimenti del mercato, a stimolare la crescita negli ambiti strategici delle politiche industriali nazionali ed europee e a ottimizzare la spesa pubblica dedicata.

Nell'esercizio della delega il Governo ha affidato il compito di razionalizzare l'offerta di incentivi e armonizzarne la disciplina mediante la redazione di un codice, il cosiddetto codice degli incentivi. Il comma 3 specifica che i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministero delle Imprese e del made in Italy, di concerto con gli altri Ministeri eventualmente competenti nelle materie oggetto dei medesimi decreti, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Gli schemi dei decreti legislativi saranno poi trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si esprimono entro 30 giorni dalla data di trasmissione.

L'articolo 4 reca i principi e i criteri specifici ai quali il Governo è tenuto ad attenersi nell'esercizio della delega per la razionalizzazione dell'offerta degli incentivi e la ricognizione e sistematizzazione delle misure di incentivazione esistenti, quali il sostegno agli investimenti, alla ricerca, allo sviluppo, al lavoro, all'occupazione, alla riqualificazione professionale dei lavoratori, alla formazione, all'innovazione e alla sostenibilità ambientale nonché la facilitazione nell'accesso al credito da parte delle imprese e altri ambiti e finalità del sostegno, in rapporto: alle diverse fasi del ciclo di vita delle imprese e alle diverse dimensioni dell'impresa; al livello di complessità e alla dimensione dei progetti oggetto delle misure di incentivazione; agli obiettivi di coesione sociale, economica e territoriale, con particolare riferimento alle politiche di incentivazione della base produttiva del Mezzogiorno; alla capacità di coprire ambiti strategici dello sviluppo economico, quali l'efficientamento energetico e la transizione ecologica, la transizione digitale e l'innovazione tecnologica, la valorizzazione delle produzioni nazionali e del made in Italy o delle specificità territoriali, la competitività nei mercati esteri, l'attrazione di investimenti esteri, il sostegno all'imprenditoria giovanile e femminile; alle forme di incentivazione mediante ricorso a strumenti automatici; all'implementazione di soluzioni tecniche sulla base del solo ordine cronologico di presentazione dell'istanza.

L'articolo 5, invece, tratta del coordinamento con gli incentivi regionali e la coesione europea. Il Governo, nell'esercizio della delega, deve promuovere la partecipazione finanziaria delle regioni, il coordinamento e l'integrazione con gli incentivi regionali. Inoltre, deve definire condizioni di raccordo tra Stato e regioni per garantire la complementarietà tra i sistemi incentivanti.

All'articolo 6 si indicano i principi e i criteri direttivi a cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega per armonizzare la disciplina di carattere generale in materia di incentivi alle imprese nell'ambito di un organico codice degli incentivi.

Si prevede che,, in attuazione della delega, siano definiti i contenuti minimi dei bandi, sia aggiornata la disciplina dei procedimenti amministrativi per il riconoscimento degli incentivi, siano rafforzate le attività di valutazione sull'efficacia degli interventi, siano implementate le soluzioni tecnologiche dirette a facilitare la conoscenza dell'offerta di incentivi, la pianificazione degli interventi e le attività di valutazione, sia garantita la conformità con la manovra europea in materia di aiuti di Stato e sia attribuita natura privilegiata ai crediti derivanti dalla revoca dei finanziamenti e degli incentivi, siano riconosciute premialità ai fini del riconoscimento di incentivi alle imprese che assumono persone con disabilità, valorizzino il lavoro femminile e giovanile e il sostegno alla natalità.

L'articolo 7, sempre introdotto al Senato, modifica la legge sulla concorrenza del 2021, e in particolare abroga l'articolo 27, comma 3, che fissava il termine di 10 mesi dalla data in entrata in vigore della legge per l'adozione di decreti legislativi finalizzati alla semplificazione. La nuova scadenza per l'adozione di questi decreti è il 27 agosto 2024. Questo articolo fa parte di un più ampio piano di riforma delle norme che regolamentano i controlli sulle attività private con l'obiettivo di eliminare duplicazioni e interferenze tra le diverse tipologie di ispezioni. Inoltre, è stato avviato l'esame del primo schema di decreto legislativo sulla semplificazione dei controlli sulle imprese e una disposizione simile è presente in un altro disegno di legge presentato al Senato. La delega richiede che almeno uno dei decreti legislativi sia adottato entro 10 mesi dall'entrata in vigore della legge, mentre il termine per l'adozione di tutti i decreti successivi è fissato al 27 agosto 2024. Sono previste fasi di consultazione per le parti interessate e con il Consiglio di Stato prima dell'adozione dei decreti legislativi.

L'articolo 8 mira a valorizzare il Registro nazionale degli aiuti di Stato e la piattaforma telematica www.incentivi.gov.it. La pubblicità degli incentivi sarà garantita anche attraverso la pubblicazione sui siti web delle pubbliche amministrazioni competenti e su www.incentivi.gov.it.

Inoltre, viene promossa la stipula di protocolli per il rilascio tempestivo delle certificazioni attestanti i requisiti per l'accesso agli incentivi e di protocolli operativi per accelerare le procedure di rilascio del documento unico di regolarità contributiva e della documentazione antimafia.

L'articolo 9 autorizza spese per il 2023 pari a 500.000 euro e un milione di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 per svolgere l'attività di studio, monitoraggio e valutazione delle deleghe previste dal provvedimento e migliorare il Registro nazionale degli aiuti di Stato. Le spese sono allocate principalmente per migliorare il Registro nazionale degli aiuti di Stato e la piattaforma telematica www.incentivi.gov.it, condurre studi, monitoraggi e valutazione per attuare le deleghe della legge. Per coprire queste spese si ridurranno gli stanziamenti del Fondo speciale di parte corrente, parzialmente usando l'accantonamento relativo al Ministero delle Imprese e del made in Italy. Nel 2023 saranno destinati 300.000 euro all'implementazione del Registro nazionale degli aiuti di Stato e della piattaforma telematica www.Incentivi.gov.it, mentre il resto andrà alle attività di studio, monitoraggio e valutazione delle deleghe. Per il 2024 e il 2025 l'intero milione di euro annuo sarà destinato esclusivamente a queste attività.

Infine, l'articolo 10 stabilisce che il disegno di legge delega e i decreti legislativi derivati, secondo quanto emendato al Senato, si applicheranno alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano solo se in linea con i loro statuti e norme di attuazione. Questa clausola è una prassi comune nei provvedimenti che riguardano le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome e serve a facilitare l'interpretazione delle norme legislative in modo da ridurre le controversie costituzionali potenziali.

Quindi, in sintesi, il provvedimento è fondamentale. Nasce dalla necessità di avere una riforma organica per fermare la giungla degli incentivi. La revisione degli incentivi costituisce, infatti, un passaggio necessario anche per la promozione della politica industriale italiana, che richiede sul piano nazionale un maggiore efficientamento degli interventi per le imprese nonché un orientamento verso le sfide globali come la transizione green e digitale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pavanelli. Ne ha facoltà.

EMMA PAVANELLI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, Sottosegretario, vorrei iniziare ringraziando gli uffici sia della Camera sia del Senato e tutti i colleghi che hanno lavorato a questo provvedimento, soprattutto al Senato. Oggi, inizio questo intervento dalle cose positive. Come noto, il MoVimento 5 Stelle ha partecipato collaborativamente all'iter di approvazione di questo disegno di legge in Senato. Non è un mistero che il fine di riorganizzare la disciplina degli incentivi alle imprese, magari con la creazione di un testo unico, fosse proprio un obiettivo già del Governo Conte. La disciplina oggi vigente appare molto frammentata e disarticolata, con la compresenza di disposizioni più risalenti ed altre di più recente emanazione. Insomma, manca del tutto una visione organica, quanto mai necessaria nel periodo di grande cambiamento che stiamo attraversando.

A lasciarmi perplessa, però, sono tutte quelle formule che si è deciso di mantenere nonostante lo spettro della delega in bianco che rischia di offrire troppa discrezionalità al Governo, un Governo che - permettetemi di ribadirlo - non si è mai mostrato abbastanza lungimirante da meritare questa fiducia.

Inoltre, vorrei stigmatizzare il fatto che, anche con riferimento al disegno di legge in discussione, la maggioranza ha deciso di fare arrivare qui alla Camera un testo blindato. Non ci è stato consentito di apportare modifiche o di avviare un vero e proprio dibattito volto a migliorare ulteriormente il testo, bocciando tutti i nostri emendamenti in Commissione. Questo è accaduto nonostante l'importanza delle tematiche trattate e nonostante un atteggiamento assolutamente costruttivo da parte delle opposizioni.

Vedete, colleghi, questo, a mio avviso, rappresenta un grave vulnus democratico che va oltre quanto siamo ormai abituati a vedere in sede di conversione dei decreti-legge, in primo luogo perché oggi il Parlamento sta delegando le proprie funzioni legislative al Governo, e quindi, di fatto, sta rinunciando a legiferare in questa materia, e inoltre perché, trattandosi di un disegno di legge ordinaria, non c'era alcuna esigenza di forzare i tempi del provvedimento legislativo che ben poteva prevedere anche una terza lettura confermativa. Purtroppo, è ormai da un po' di tempo che assistiamo alla mortificazione del nostro ruolo e del nostro mandato rappresentativo. A partire da questa legislatura, poi, si è diffusa la cattiva prassi secondo cui i provvedimenti approdano in Parlamento già blindati o, comunque, modificabili soltanto dallo stesso Esecutivo. È di qualche giorno fa la notizia che il Governo ha deciso di blindare la manovra ancora prima di averla deliberata in Consiglio dei ministri, nei confronti non solo dell'opposizione ma anche degli stessi parlamentari di maggioranza. Allora, vi chiedo, cari colleghi: cosa ci state a fare qui? A cosa serve il lavoro in quest'Aula o in Commissione, quando le stesse risultano private delle loro più essenziali prerogative, previste dalla nostra Costituzione?

Nel merito, siamo concordi nel ritenere necessario intervenire su queste tematiche, soprattutto per ridurre gli oneri burocratici posti a carico delle imprese che, talvolta, risultano persino ostativi all'ottenimento del beneficio stesso. Non dobbiamo però cadere nell'errore di considerare questo provvedimento la soluzione dei problemi che affliggono questo Paese, anche perché, ad oggi, non abbiamo capito quale sia la vostra visione industriale per il Paese e quali siano le imprese strategiche per l'Italia. Questo ancora non si è capito. Siamo sempre il Paese con l'inflazione alle stelle, con la crescita dello zero-virgola, con i tassi di interesse ai massimi storici. A pagarne i costi oggi sono proprio le nostre imprese, oltre ai cittadini. Quindi, se dite che questo decreto è in grado di dare immediato aiuto alle imprese, state dicendo il falso. Il ricorso alla legge delega permette di creare testi di legge compilativi, ma sconta un grande difetto, richiede tempo, un tempo incompatibile con la drammatica situazione in cui versano il Paese e le nostre imprese, oggi. Inoltre, mi domando come si sposeranno questi decreti attuativi con il decreto del Ministro Calderoli sull'autonomia differenziata, che avrà un impatto importante anche sulle imprese. Ricordiamoci, infatti, che con quel decreto sull'autonomia differenziata tante questioni cambieranno, tanto per le imprese quanto per i lavoratori e anche per le nostre infrastrutture strategiche dal punto di vista energetico. Infatti, è incompatibile con gli investimenti che dovremmo favorire per la riconversione energetica delle imprese nell'ottica del Green deal europeo e dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

In tutti questi sensi, ci saremmo aspettati un provvedimento concreto. Invece, nei vari decreti emergenziali in questo periodo emanati l'unica cosa che si è fatta è stata prorogare norme, molte delle quali risalenti addirittura ai Governi Conte o Draghi, oppure seguire le solite vecchie logiche di favore. Invece, oggi c'è bisogno di avere provvedimenti molto più strutturali soprattutto nel campo energetico.

Il punto di approdo di questa linea di austerity sarà nella prossima legge di bilancio, a quanto pare. Come si può pensare, infatti, di offrire serie risposte alla crisi con una delle manovre più povere di sempre? Inoltre, Presidente, mi permetta un inciso. A una settimana dall'annuncio della legge di bilancio, siamo ancora in attesa della pubblicazione del documento economico più importante per l'anno a venire ed è anomalo che i cittadini e le imprese siano tenuti all'oscuro di questi dettagli. Anzi, sembra che il Governo non sia del tutto convinto del suo contenuto, tant'è che non circolano neppure le bozze.

Concludo, Presidente, dicendo che, allo stesso modo, non si può certo pensare di risolvere i problemi delle imprese con una legge delega. Interi settori produttivi sono stati totalmente abbandonati in quest'ultimo anno, penso al settore HoReCa, ma anche a quello dell'edilizia, a quello dell'acciaio e ad altri settori fondamentali e strategici per il nostro Paese. Il tempo degli slogan è finito da un pezzo e delle tante promesse fatte in campagna elettorale è rimasto solo uno sbiadito ricordo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Di Mattina. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARCELLO DI MATTINA (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Sottosegretario Bitonci, il disegno di legge che approda in quest'Aula per l'avvio dell'esame, dopo essere stato licenziato dal Senato, grazie al proficuo lavoro svolto in Commissione, con il sostegno del Sottosegretario di Stato per le Imprese e il made in Italy, Massimo Bitonci, delega al Governo la revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure e dei controlli sulle attività economiche. Inoltre, introduce una serie di importanti novità con un preciso obiettivo, quello di dotare il Paese di un sistema di strumenti fiscali e di selezione finanziaria chiari e semplici nella struttura e nelle modalità operative, con tempi di attuazione definiti e con la possibilità di essere adattati a seconda delle diverse priorità e strategie.

La riforma degli incentivi alle imprese, tema complesso e articolato che tocca nel profondo il tessuto economico e sociale del sistema Paese e delle imprese italiane, fissa lo scopo di riformulare un nuovo quadro organico per l'attivazione di aiuti per le nostre aziende, delegando il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione di un nuovo sistema di incentivi, tale da superare l'attuale frammentazione e in grado di raggiungere una piena efficienza. La razionalizzazione e la semplificazione degli interventi incentivanti messi in campo con questo decreto mira a ridurre i tempi e i costi delle relative richieste presentate dalle imprese italiane e ha la finalità di creare, finalmente, un codice degli incentivi, ossia un sistema organico, ordinato ed esaustivo capace di mettere ordine in questo settore.

Studiando il provvedimento in questione, si comprende bene l'importanza di questo tema e di come questa materia rivesta una valenza strategica per il futuro del nostro Paese, perché offre alle aziende italiane gli strumenti necessari per ritornare a essere competitive e forti nel mercato sia nazionale sia internazionale.

Uno Stato ha il dovere di sostenere, in tutte le fasi di sviluppo, la crescita delle aziende, per stimolare e incoraggiare gli investimenti innovativi grazie ai quali valorizzare e salvaguardare le nostre eccellenze del sistema imprenditoriale.Il Ministero delle Imprese e del made in Italy, così come tutto il Governo e i colleghi del Senato, nella fase emendativa del testo, nelle varie Commissioni, hanno lavorato alacremente in maniera quanto mai propositiva per consegnarci un provvedimento che va in questa direzione, proprio perché interviene con un criterio chiaro, ordinato e radicale sulla riorganizzazione delle misure incentivanti. Potenziare il sistema produttivo delle piccole e medie imprese vuol dire generare stabilità, crescita sociale ed economica. Creare sviluppo significa avere una politica industriale forte e trainante per il futuro del Paese e, quindi, dei nostri giovani e di tutti quegli imprenditori che vorranno investire sul nostro territorio.

Prima di entrare nel merito del provvedimento e analizzare meglio gli obiettivi e le finalità di questa riforma con i successivi decreti attuativi, è utile avere un quadro reale della situazione in materia di incentivi alle imprese. Nel 2021 si sono registrati quasi 2.000 incentivi, di cui 1.638 gestiti dalle amministrazioni regionali, 198 gestiti dalle amministrazioni centrali dello Stato, 81 gestiti dall'Agenzia delle entrate e 65 interventi a garanzia. Nel complesso, gli interventi sono gestiti da 643 soggetti concedenti. Nel 2021 l'ammontare di agevolazioni complessivamente concesse è risultato pari a 146 miliardi di euro. Gli interventi a garanzia hanno avuto un peso prevalente pari a quasi il 75 per cento del totale dell'importo concesso. Escludendo gli interventi gestiti dall'Agenzia delle entrate e gli interventi a garanzia, nel 2021 le amministrazioni centrali e regionali hanno approvato circa 700.000 domande, sulla base delle quali sono stati concessi oltre 25 miliardi di agevolazioni, di cui solo il 23 per cento effettivamente erogato. In un quadro così ampio e articolato, in cui ci sono più di 2.000 tipologie di incentivi, un terzo dei quali di carattere nazionale e due terzi di carattere regionale, occorreva - e questo disegno di legge delega si avvia esattamente in questa direzione - un piano di semplificazione e di monitoraggio nella ridefinizione delle disposizioni per la revisione del sistema degli incentivi, tale da rimuovere gli ostacoli causati dalla lentezza e dalla farraginosità della burocrazia e capace di agevolare gli interventi pubblici a sostegno del tessuto produttivo.

Proprio con l'intento di voler costruire le migliori condizioni possibili nel rapporto fra lo Stato e l'impresa abbiamo presentato e approvato in Senato, sia come Lega, che come maggioranza di centrodestra, una serie di proposte innovative e concrete, volte al riordino e alla revisione del sistema degli incentivi, nell'ottica di garantire una migliore organizzazione, pianificazione e attuazione delle politiche incentivanti.

Mi preme ricordare, signor Presidente, che il disegno di legge delega è collegato alla manovra di finanza pubblica, in coerenza con le indicazioni del Documento di economia e finanza. Infatti, nel DEF è prevista la revisione organica degli incentivi alle imprese, con esplicito riferimento a quelli i cui destinatari operano nel Mezzogiorno d'Italia, e tale riferimento trova fondamento nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, in cui si prevede come riforma abilitante, tra le altre, anche la semplificazione delle norme in materia di investimenti e interventi nel Mezzogiorno, inquadrata nell'obiettivo più ampio di riforma complessiva del sistema degli incentivi.

Cercherò, signor Presidente, con il tempo che mi è concesso, di entrare nel merito del provvedimento, portando all'attenzione di quest'Aula i punti più incisivi e permeanti, che caratterizzano il testo in esame.

Nella revisione del sistema degli incentivi vengono inclusi anche gli incentivi di natura fiscale per le imprese. Nell'intervento di riordino si vogliono rafforzare le capacità di sostegno alla crescita negli ambiti strategici delle politiche industriali nazionali ed europee e di perseguimento degli obiettivi di piena coesione sociale, economica e territoriale. Vengono, altresì, introdotti princìpi e criteri direttivi delle deleghe al Governo con finalità ben precise: programmazioni e tempistiche certe nel coordinamento delle misure, con l'implementazione di soluzioni tecniche e procedurali che riducano i tempi nell'assegnazione degli incentivi in base all'ordine cronologico della presentazione delle domande delle istanze; agevolare la conoscibilità delle misure fruibili da parte degli imprenditori in relazione agli obiettivi; digitalizzazione e semplificazione delle procedure, al fine di rendere più agevole l'iter burocratico a carico degli imprenditori; perseguire una maggiore coesione sociale, economica e territoriale, tenendo in alta considerazione il Mezzogiorno d'Italia e la valorizzazione del contributo dell'imprenditoria femminile per la crescita economica e sociale; supportare la realizzazione di progetti considerati di interesse nazionale per la competitività del sistema economico nazionale e in ambito europeo; l'equiparazione fra imprese e professionisti in tema di accesso agli incentivi, stabilendo il principio che la qualifica di professionista non è di ostacolo alla possibilità di usufruire di specifiche misure incentivanti dove ne ricorrano chiaramente i presupposti. Si tratta di un tema che il nostro gruppo della Lega ha sempre avuto molto a cuore e che oggi viene inserito in questo decreto grazie a un nostro emendamento in Senato. È un risultato storico, invocato da tempo da tutte le categorie professionali, per il quale ringraziamo il Sottosegretario per le Imprese e il made in Italy, Massimo Bitonci.

E ancora: l'armonizzazione della disciplina, con l'adozione - così come accennavo prima - di un codice degli incentivi, ossia un testo unico di riferimento che miri a semplificare le modalità operative e gli oneri da parte delle imprese; sistematizzazione delle misure sulla base di criteri che tengano conto degli investimenti rivolti alla ricerca, all'occupazione, al lavoro, alla formazione, alla sostenibilità ambientale, nonché all'accesso al credito, favorendo l'aggregazione e il rafforzamento della crescita delle imprese in rapporto alle diverse fasi di ciclo di vita delle stesse e diversificandole in piccole e medie imprese; ottimizzare il coordinamento degli incentivi delle regioni, prevedendo un tavolo di confronto fra le varie istituzioni, regionali e centrali, affinché si abbia una sinergia degli attori coinvolti nelle modalità di attuazione degli incentivi e un rafforzamento del coordinamento delle amministrazioni centrali; riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese e conseguente semplificazione delle attività di controllo, come per esempio la verifica sul cumulo delle agevolazioni e il rispetto dei tempi delle attività di istruttoria da parte dei soggetti competenti; previsione di premialità per le imprese che assumono persone con disabilità e che valorizzano il lavoro giovanile e femminile; coinvolgimento delle associazioni di categoria più rappresentative a livello nazionale, al fine di promuovere azioni di informazione in materia di offerta di incentivi e di accompagnamento all'accesso degli stessi.

In conclusione, signor Presidente, ritengo che l'impianto normativo licenziato dal Senato e ora in discussione in quest'Aula introduca una nuova disciplina in tema di incentivi e costituisca un provvedimento prezioso e importante, la cui efficacia a favore delle imprese si dispiegherà in maniera quanto mai incisiva rispetto al passato: sicuramente un'inversione di marcia vera e propria rispetto a quanto si è registrato negli ultimi anni.

Investire, innovare e produrre sono le parole guida per chi, come noi, ha una visione propositiva del sistema produttivo e imprenditoriale del Paese e per chi considera la semplificazione, il coordinamento e la sburocratizzazione le condizioni principali per un'idea di sviluppo che faccia crescere l'Italia e che valorizzi il tessuto imprenditoriale e professionale del Paese, che potrà contare finalmente su un sistema di incentivi alle imprese chiaro, semplice, funzionale ed efficace.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, facendo una breve e generica disamina delle ragioni per cui i capitali esteri non sono incentivati ad investire in Italia, emergono essenzialmente tre ostacoli: il carico normativo e burocratico, i tempi della giustizia civile, l'efficacia dell'azione di Governo.

Investire in Italia, secondo gli investitori esteri, significherebbe misurarsi, essenzialmente, con limiti non legati all'effettiva attrattività del territorio e dei prodotti di cui disponiamo, bensì dipendenti dal contesto burocratico, giuridico ed istituzionale. Si possono registrare, tuttavia, dei passi in avanti negli ultimi anni. L'Italia è stata tra i primi 10 Paesi europei per capacità negli investimenti diretti esteri nel 2022, in base a quanto è emerso da una ricerca annuale, che analizza l'andamento degli investimenti diretti esteri in Europa e le percezioni degli investitori. La crescita del numero di progetti su base annua è del 17 per cento, dato superiore rispetto a quello relativo alle 3 maggiori economie europee - quella della Germania, quella del Regno Unito e quella della Francia - tuttavia gli investitori esteri continuano a considerare vincoli burocratici e incertezza regolatoria gli elementi che disincentivano maggiormente gli investimenti.

Perché insisto su tali dati, signor Presidente? Perché fotografano lo stato attuale del sistema degli investimenti in Italia: grande attrattiva, dunque importanti prospettive di sviluppo, ma ancora troppi ostacoli interni, che impediscono anche alle nostre imprese di avere la certezza degli investimenti che intendono mettere in campo.

Un versante particolare della selva burocratica in cui spesso si trovano impelagate le nostre imprese riguarda il sistema degli incentivi pubblici. Sembra un paradosso, ma è così.

L'attuale quadro normativo è frammentato in quasi 2.000 incentivi nazionali e regionali, nell'ambito dei quali si registrano incoerenze e sovrapposizioni fra regolamenti e bandi. Molte volte nemmeno le imprese sono consapevoli degli incentivi di cui possono usufruire. La sovrapposizione di norme nazionali e locali, la duplicazione e la farraginosità degli iter amministrativi per accedere agli incentivi rappresentano, nel complesso, uno spreco sia di risorse pubbliche che di energia delle imprese. Per un'azienda, accedere ad un incentivo, molte volte, rappresenta un lavoro aggiuntivo, un ulteriore fardello che si aggiunge alla già difficile congiuntura economica.

Quindi, il provvedimento oggi in esame intende affrontare tale problematica e prevede una delega al Governo al fine di perseguire, fondamentalmente, due obiettivi generali: il primo è razionalizzare l'offerta di incentivi, individuando un insieme definito, limitato e ordinato di modelli di agevolazione, ad esclusione delle misure di incentivazione in favore dei settori agricolo e forestale, nonché della pesca e dell'acquacoltura e ferma restando l'autonomia delle regioni nell'individuazione di ulteriori modelli per l'attuazione di specifici interventi mirati nel rispetto delle diverse realtà territoriali; il secondo è armonizzare la disciplina di carattere generale in materia di incentivi alle imprese, coordinandola in un testo normativo principale denominato codice degli incentivi.

Il sistema di incentivazione è lo strumento essenziale della politica industriale nazionale ed è necessario che sia agile e puntuale per consentire il raggiungimento degli obiettivi di crescita economica, deve rappresentare uno sgravio di difficoltà e, soprattutto, prevedere modalità agili e veloci per potervi aderire. Non a caso, tra i principi alla base della riforma del sistema degli incentivi previsti dal provvedimento in esame, figurano, in primis, quelli della pluriennalità e della certezza dell'orizzonte temporale delle misure di incentivazione, seguiti, tra gli altri, dal principio del coordinamento oggettivo e soggettivo delle misure di incentivazione, in modo da raggiungere, a parità di risorse, il massimo effetto derivante dall'applicazione delle stesse, e dal principio dell'agevole conoscibilità delle misure di incentivazione fruibili da parte degli imprenditori e delle imprenditrici in relazione agli obiettivi e alla condizione dei medesimi. A tutti questi, non da ultimo, si aggiunge il principio della più ampia coesione sociale, economica e territoriale per uno sviluppo economico armonico ed equilibrato della Nazione, con particolare riferimento alle politiche di incentivazione della base produttiva del Mezzogiorno. Gli obiettivi minimi e concreti che il provvedimento intende perseguire al fine di armonizzare e semplificare il quadro degli incentivi pubblici, in un'ottica di efficientamento delle risorse messe in campo, riguardano, tra gli altri, la riduzione e la semplificazione degli oneri amministrativi a carico delle imprese beneficiarie, come, ad esempio, l'inutilità di trasmettere documenti e informazioni già in possesso della pubblica amministrazione; il contenimento e il rispetto da parte dei soggetti competenti dei tempi delle attività istruttorie; la definizione di una disciplina del soccorso istruttorio dedicata ai procedimenti; l'armonizzazione e la semplificazione delle procedure in materia di controlli nei confronti delle imprese beneficiarie e di verifica sul cumulo delle agevolazioni; la valorizzazione dell'uso, da parte dei soggetti competenti per l'attuazione degli interventi di incentivazione, di strumenti digitali nei rapporti con le imprese beneficiarie e tra pubbliche amministrazioni.

Signor Presidente, un rapporto dell'OCSE di qualche tempo fa segnala che la produttività delle imprese italiane aumenta notevolmente laddove l'amministrazione pubblica è più efficiente, mentre fatica laddove questa presenta tassi elevati di inefficienza, principalmente al Sud, affossando ancor di più il tessuto della micro e piccola imprenditoria. Se vogliamo salvare le nostre imprese, soprattutto le piccole e medie imprese, che costituiscono il vero cuore pulsante del tessuto produttivo del nostro Paese, dobbiamo andare nella direzione indicata dal provvedimento che stiamo analizzando e, cioè, semplificare, armonizzare, velocizzare, digitalizzare, il tutto con l'obiettivo di rendere efficaci gli incentivi che il legislatore mette a disposizione delle imprese, al fine di non perpetrare il paradosso in base al quale un aiuto si tramuti in un peso, se non, addirittura, in una vera e propria scure che porta molte realtà imprenditoriali a chiudere definitivamente la saracinesca della propria attività. E questo vale ancor di più per il Mezzogiorno, al quale il provvedimento dedica una particolare sezione relativa alla semplificazione delle norme in materia di investimenti e interventi nel Mezzogiorno, seppur declinata nel disegno di legge generale.

Quindi, signor Presidente, siamo dinnanzi, ancora una volta, a un provvedimento concreto, un provvedimento di buonsenso, che racchiude anche la cifra dell'azione che questa maggioranza e questo Governo intendono portare avanti a salvaguardia del sistema imprenditoriale italiano e dei consumatori italiani. Basta sprechi, basta leggi su leggi: ora è tempo di armonizzare e semplificare. Il sistema normativo non può e non deve essere la palla al piede che impedisce ad una Nazione di compiere la propria corsa nel contesto dei mercati internazionali, bensì il motore che le permette di correre più veloce. Questo è il nostro obiettivo, questa è la politica della concretezza di questo Governo, questa è la politica della concretezza della nostra maggioranza e questa è la politica della concretezza che caratterizza anche l'azione politica del nostro gruppo, il gruppo di Noi Moderati, sin dall'inizio al fianco delle imprese e di chi vuole rendere ancor più grande il nostro Paese.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1406​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, che rinunzia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, Sottosegretario Bitonci.

MASSIMO BITONCI, Sottosegretario di Stato per le Imprese e il made in Italy. Grazie, Presidente. Innanzitutto, voglio ringraziare i colleghi, perché al Senato è stato fatto un importante lavoro e, l'avete sottolineato nei vostri interventi, un lavoro talmente importante che il testo è stato non solamente modificato, ma integrato di moltissime proposte che avete richiamato oggi durante la vostra discussione generale.

Vi ringrazio anche per come sono andati i lavori in Commissione, perché è abbastanza chiaro che, nel momento in cui erano state fatte diverse audizioni al Senato - per rispondere anche ai vari interventi ci sono stati oggi in Aula -, molto approfondite e anche lunghe, è stato un lavoro di Commissione direi assolutamente completo, che ho seguito direttamente. Abbiamo approvato una serie di emendamenti, come dicevo prima, assolutamente sostanziali, quindi non solamente di carattere formale. Io vi ringrazio perché? Perché, poi, in Commissione, avete capito che il provvedimento poteva ritenersi già completo.

Vi ho risposto in Commissione che alcuni dei vostri emendamenti erano ultronei rispetto al testo di una legge delega che, vi ricordo, è la cornice di un quadro complessivo. Si tratta di un testo che, come avete ribadito anche voi oggi in Aula, è stato ben scritto. È un testo che mette ordine, con la delega, a un sistema di incentivi che è un po' la storia non solo dello stesso sistema degli incentivi, ma anche della produzione legislativa a livello nazionale. Questo si è capito durante i lavori e durante questo lungo lavoro che abbiamo fatto al Ministero anche di monitoraggio, perché ciò parte, ovviamente, da un lavoro di monitoraggio degli incentivi esistenti. Come avete ricordato, più di 2.000 incentivi, di cui un terzo nazionale e due terzi di carattere regionale. Questo fa capire che c'è un problema di sedimentazione che non è un problema di un solo Governo, ma è una situazione che è così da sempre. Dunque, arriva un Governo, ci sono nuovi incentivi che si sedimentano agli altri, molte volte questi incentivi sono microsettoriali, non vengono monitorati e, quindi, non si conoscono, rispondendo così anche agli interventi dell'onorevole De Micheli e degli altri onorevoli delle opposizioni. Si tratta di molti incentivi che, alla fine, sono micro, micro settoriali, che non sono monitorati, di cui non si sa che risposte diano in termini di occupazione e di effettivo aumento del prodotto interno lordo, come si diceva prima.

Per cui, era assolutamente necessario un riordino complessivo del sistema incentivante, un riordino che punta sulla semplificazione, perché audendo gli imprenditori - ma lo so anch'io, che sono dottore commercialista -, si capisce che il tema principale è quello della semplificazione, soprattutto in ordine alla richiesta degli incentivi. Su questo punto, il problema è eliminare le duplicazioni e la sovrapposizione di documentazione, che deve essere, ovviamente, consegnata all'amministrazione, e si va nel senso di eliminare la parte burocratica del sistema incentivante.

Poi, nei vari interventi si è detto che questo disegno di legge delega non guarda al futuro, che c'è un problema di politica economica, di programmazione di carattere economico, ma devo dire, invece, che questo Governo ha messo a sistema due disegni di legge delega assolutamente fondamentali. Infatti, avete ricordato che sono fondamentali anche per il PNRR, ma non solo, perché portiamo avanti un disegno di legge delega fiscale assieme a un disegno di legge delega sugli incentivi e i due disegni di legge delega parlano tra di loro. Infatti, se notate, anche nella delega fiscale ci sono alcuni obiettivi, che sono gli stessi che troviamo all'interno del disegno di legge delega sugli incentivi. Quali sono questi obiettivi? Quelli che sono indicati in maniera estremamente chiara e precisa: la ricerca e lo sviluppo, la digitalizzazione, la formazione, l'imprenditoria femminile e il rafforzamento patrimoniale delle imprese - abbiamo un grande problema nazionale di micro, micro imprese e di rafforzamento patrimoniale -, l'incentivo all'aggregazione delle imprese e delle filiere, la transizione ecologica e, quindi, ambientale. Sono emendamenti venuti anche dall'opposizione, perché quello sull'imprenditoria femminile è è venuto dal PD; quello sulla transizione ecologica e sulla digitalizzazione è venuto dal MoVimento 5 Stelle. Molti emendamenti sono venuti, come si diceva, dal gruppo della Lega. Ricordo finalmente quello dell'equiparazione dei professionisti, perché era una misura che si chiedeva da sempre. Perché un imprenditore o un professionista, magari con una serie di attività e anche di dipendenti, non può essere alla pari dell'impresa individuale, del singolo commerciante o artigiano? Le cose, come capite, un po' si confondono. Abbiamo anche fatto giustizia in un momento in cui le difficoltà economiche sono tali per tutti: sono difficoltà per i piccoli e per i grandi.

Il sistema incentivante si basa, quindi, su cardini che porteranno a decreti attuativi. Poi rispondo ad alcuni temi posti dagli onorevoli, cominciando dal tema delle garanzie. È vero che questo è un disegno di legge delega sugli incentivi, ma è anche un disegno di legge delega che a breve - entro la legge di bilancio - porterà anche a una riforma complessiva del sistema delle garanzie pubbliche. Il Fondo di garanzia per le PMI garantisce il sostegno alle imprese per 220 miliardi. Continuo a ripetere - ne ho la delega diretta - che se non c'è il Fondo di garanzia per le PMI non c'è credito alle imprese. Dobbiamo dirlo francamente e lo dobbiamo dire anche al sistema bancario. Dobbiamo dirlo alle nostre imprese, che molte volte non lo sanno. Molti nostri imprenditori non sanno che i loro finanziamenti sono contro-garantiti da parte dello Stato. Dunque, anche qui è in corso un processo di riforma, perché, dal 1° gennaio, terminerà il Temporary Framework e le imprese, soprattutto quelle che hanno il problema della valutazione del merito creditizio, si troverebbero fuori dal Fondo.

Quindi, abbiamo lavorato, assieme al monitoraggio per il sistema degli incentivi, anche a un lavoro di controllo e di ascolto di tutte le associazioni, del Mediocredito Centrale, delle Banche, dei Confidi, di tutte le associazioni per proporre un progetto di riforma che ci faccia bypassare, quindi, il 2024 e gli anni successivi, perché le garanzie sono assolutamente fondamentali in un momento in cui aumentano i tassi, in cui c'è una stretta creditizia, un credit crunch pari al meno 4 per cento rispetto allo scorso anno e, quindi, con i tassi molto alti c'è un problema di liquidità alle imprese. Gli incentivi sono fondamentali ed è fondamentale il Fondo di garanzia. Penso che il lavoro più importante sarà quello della prossima settimana, cioè quando il Parlamento convertirà questo disegno di legge delega, perché dalla prossima settimana bisogna operare su ciò che è scritto all'interno della delega: la massima semplificazione, un testo unico e un unico sito; basta duplicazioni e, anche qui, aiutare le regioni a lavorare su incentivi che siano assolutamente puntuali e che non duplichino gli incentivi che sono già di carattere nazionale.

Vi ringrazio per questa settimana che abbiamo passato assieme. Avete capito che era importante convertire questo disegno di legge delega e che occorre farlo in maniera veloce, in modo da poter operare. Ovviamente, ci sarà il controllo da parte delle Commissioni competenti. Grazie ancora.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio di questioni pregiudiziali (A.C. 1492​).

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Zanella ed altri n. 1, Ilaria Fontana ed altri n. 2 e Barbagallo ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A), riferite al disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1492: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale, che saranno esaminate e poste in votazione nella seduta di domani, martedì 24 ottobre, prima di passare al seguito dell'esame del provvedimento.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 24 ottobre 2023 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 14)

2. Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate):

S. 870 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale. (Approvato dal Senato) (C. 1492​)

Relatori: BENVENUTI GOSTOLI, per la VIII Commissione; FRIJIA, per la IX Commissione.

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica. (C. 1294-A​)

e delle abbinate proposte di legge: BONETTI ed altri; ASCARI ed altri; FERRARI ed altri; POLIDORI ed altri. (C. 439​-603​-1245​-1377​)

Relatore: MASCHIO.

4. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 571 - Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche (Approvato dal Senato). (C. 1406​)

Relatore: CASASCO.

La seduta termina alle 15,10.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: CIRO MASCHIO (A.C. 1294-A​)

CIRO MASCHIO, Relatore. (Relazione - A.C. 1294-A​). Onorevole Presidente, Onorevoli colleghi! Riferisco all'Assemblea sul disegno di legge in materia di “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” di cui oggi l'Assemblea inizia l'esame.

Preliminarmente, tengo a sottolineare come l'intervento normativo che ci accingiamo a discutere - per quanto si sia adottato come testo base quello del Governo - non deriva esclusivamente da un'iniziativa dell'Esecutivo, ma rappresenti una scelta condivisa da tutte le forze politiche.

Ne costituisce testimonianza non solo il fatto che le proposte di legge abbinate vedano la firma di esponenti di diversi gruppi, anche di opposizione, ma anche la circostanza - esplicitata nella relazione illustrativa e richiamata costantemente durante l'esame in Commissione - che il disegno di legge recepisce le istanze più urgenti emerse nell'ambito dell'Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica, istituito con legge nella scorsa legislatura e i cui componenti tecnici sono stati confermati dal nuovo Governo.

E, ancora, ne è prova la dichiarata volontà di muoversi nel solco delle considerazioni rappresentate nella Relazione finale, della Commissione di inchiesta sul femminicidio istituita dal Senato della XVIII legislatura nonché in continuità con iniziative legislative presentate sul tema anche nella passata legislatura.

Questa premessa appare doverosa in quanto - mentre su alcuni temi sappiamo che è fisiologica una dialettica politica di contrapposizione - vi sono materie, come quello in discussione, in cui tutti noi abbiamo tutti il dovere di abbandonare le logiche di schieramento e di far prevalere uno spirito di condivisione del comune obiettivo di contrastare il fenomeno della violenza sulle donne.

Mi permetto di dire che, anche in questa occasione, la Commissione ha dimostrato di saper sviluppare un dialogo costruttivo che ha prodotto un testo su cui quantomeno non si è registrato alcun dissenso.

Certamente, avremmo tutti auspicato che già in sede referente si potesse licenziare il provvedimento a larga maggioranza, ma sono assolutamente convinto che vi sono comunque le condizioni per arrivare nel corso dell'esame in Assemblea ad una ampia condivisione del testo se non ad un voto unanime. Quella stessa piena unanimità che si è registrata, già in sede di deliberazione di urgenza, a testimonianza di uno spirito collaborativo che ha caratterizzato l'intero svolgimento dell'esame referente.

A mio avviso, ci sono i presupposti per arrivare a tale risultato: l'ampia attività conoscitiva ha permesso ai commissari di acquisire un patrimonio comune di conoscenze, in sede referente sono stati valorizzati i contributi di tutti i gruppi e sono stati approvati emendamenti significativi, anche provenienti dalle forze di opposizione e, infine, l'interlocuzione con il Governo si è rivelata assai proficua, in alcune occasioni decisiva nel consentire di sbloccare questioni tecnicamente complesse.

Ma soprattutto, ci unisce l'obiettivo di contrastare con forza la violenza maschile contro le donne che rappresenta, purtroppo, un fenomeno sociale diffuso, con radici culturali profonde.

Si tratta di un tema che negli ultimi anni ha assunto una portata sempre più centrale nel dibattito politico e sociale, alimentato quotidianamente da notizie di cronaca nera che vedono donne assassinate dai propri compagni o comunque vittime di violenza domestica. Si pensi che i dati dell'Istat, riportati dallo stesso Ministero della salute, mostrano che in Italia il 31,5 per cento delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, esercitata, nelle forme più gravi, da partner, ex partner, parenti o amici. Addirittura, gli stupri sono stati commessi nel 62,7 per cento dei casi dai partner.

Si tratta di numeri inquietanti, che non possono essere ignorati e che testimoniano l'esistenza di un fenomeno pervasivo e di gravità assoluta, per affrontare il quale è necessario il massimo sforzo possibile, in termini di soggetti coinvolti, strategie adottate, energie e risorse profuse.

Risulta necessario agire contemporaneamente sui diversi piani della prevenzione, della protezione e dell'assistenza – da parte di magistrati ed operatori specializzati ed adeguatamente formati - delle donne che siano già state vittime o che siano anche solo potenzialmente tali, nonché dei minori coinvolti, e della efficace ed effettiva sanzione penale dei colpevoli.

Per rendersi conto della gravità del fenomeno, si pensi che dal 1° gennaio al 15 ottobre sono stati commessi 266 omicidi, con 94 vittime donne, di cui 77 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 49 hanno trovato la morte per mano del partner o dell'ex partner.

Si tratta di numeri allarmanti e in costante incremento che testimoniano la necessità di rafforzare e migliorare la legislazione in vigore per il contrasto alla violenza di genere e domestica, legislazione che anche in adempimento di convenzioni internazionali, è in continua evoluzione.

Ricordo la ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (sottoscritta dall'Italia il 27 settembre 2012 e ratificata con la legge n. 77 del 2013); a seguito della ratifica, l'Italia ha compiuto una serie di interventi volti a istituire una strategia integrata per combattere la violenza nel solco tracciato dalla Convenzione.

Il primo intervento in tal senso è stato operato dal decreto-legge n. 93 del 2013, adottato a pochi mesi di distanza dalla ratifica della Convenzione, che ha apportato rilevanti modifiche in ambito penale e processuale ed ha previsto l'adozione periodica di Piani d'azione contro la violenza di genere.

Nella XVIII legislatura il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne, perseguendo in via principale gli obiettivi di prevenzione dei reati e di protezione delle vittime e prevedendo parallelamente un inasprimento delle pene per la commissione dei c.d. reati di genere.

La legge n. 69 del 2019, nota come "codice rosso", ha trasposto nell'ordinamento italiano i principi ispiratori della Convenzione di Istanbul (sottoscritta dall'Italia il 27 settembre 2012), introducendo misure di carattere penale e processuale volte alla prevenzione dei reati di violenza di genere, alla protezione delle vittime e alla punizione dei colpevoli.

Oltre a prevedere l'attivazione di una specifica procedura per tali reati, al fine di velocizzare l'instaurazione del relativo procedimento penale, la legge ha introdotto alcuni nuovi reati (deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate - c.d. revenge porn, costrizione o induzione al matrimonio, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) e ha inasprito le pene di reati già esistenti (maltrattamenti contro familiari e conviventi, atti persecutori, violenza sessuale in danno di minori, aggravante per atti sessuali con minori di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, estensione dell'ambito di applicazione dell'omicidio aggravato dalle relazioni personali).

Si ricorda, inoltre, che anche la legge di riforma del processo penale (legge n. 134 del 2021) ha previsto un'estensione delle tutele per le vittime di violenza domestica e di genere, mentre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere attraverso un maggiore coordinamento di tutti i soggetti coinvolti.

Nella legislatura corrente, sono state approvate la legge n. 12 del 2023, che prevede l'istituzione di una Commissione bicamerale d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere (la Commissione si è costituita nella seduta del 26 luglio 2023).

Infine, è recentissima la legge n. 122 del 2023, che interviene su uno degli aspetti caratterizzanti la procedura da seguire nei procedimenti per delitti di violenza domestica e di genere, ovvero l'obbligo per il pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato; la citata legge n. 122 prevede che, qualora il p.m. non abbia rispettato il suddetto termine, il procuratore della Repubblica possa revocare l'assegnazione del procedimento al magistrato designato ed assumere senza ritardo le informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell'ufficio.

I dati che ho precedentemente citato e le richiamate iniziative legislative sono stati analizzati nel corso dell'esame in sede referente anche durante le audizioni, che hanno visto la partecipazione di rappresentanti di associazioni impegnate nella tutela dei diritti delle donne, di magistrati, avvocati, docenti universitari, esperti, nonché del direttore della Direzione generale anticrimine del dipartimento di pubblica sicurezza, delle componenti del Comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità.

Sul provvedimento si sono espresse in modo favorevole le Commissioni competenti in sede consultiva.

Vengo al contenuto del provvedimento, esso interviene su numerosi aspetti della normativa relativa alla violenza sulle donne, attraverso disposizioni che incidono sia sul rafforzamento della tutela delle vittime, sia sul contrasto al fenomeno.

Il disegno di legge si compone adesso di 18 articoli.

L'articolo 1, comma 1, novella la disciplina in materia di misure di prevenzione per condotte di violenza domestica, di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013.

Il citato articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013 prevede infatti che nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato un fatto che debba ritenersi riconducibile all'articolo 582, secondo comma, c.p. (lesioni personali punibili a querela della persona offesa) ovvero all'art. 581 (percosse, anch'esse punibili a querela), consumato o tentato, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, possa disporre l'ammonimento dell'autore del fatto.

La lettera a) del disegno di legge estende l'applicabilità dell'istituto dell'ammonimento del questore anche ai fatti riconducibili ai reati - consumati o tentati – di: violenza privata (art. 610 c.p.), di minaccia aggravata (art. 612, secondo comma, c.p.), di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.) di violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e di danneggiamento (art. 635 c.p.).

La disposizione in esame interviene inoltre sulla definizione di violenza domestica inserendovi anche la cosiddetta violenza assistita ovvero la violenza commessa alla presenza di soggetti minori di età.

La lettera b) novella il comma 5 del citato articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013 nel senso di ampliare il novero di reati per cui scatta l'obbligo da parte delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche di informare la vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio nonché di metterla in contatto con i centri medesimi ove essa ne faccia espressamente richiesta.

La lettera c) prevede che l'ammonimento non possa essere revocato prima che siano decorsi tre anni dalla sua emissione, valutata la partecipazione dell'ammonito ad appositi percorsi di recupero e tenuto conto dei relativi esiti.

La medesima lettera prevede, poi:

- un aumento di pena se il fatto è commesso, nell'ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito;

- la procedibilità d'ufficio per alcuni reati suscettibili di ammonimento ordinariamente procedibili a querela, qualora siano commessi da soggetto già ammonito.

Il comma 2, introdotto in Commissione, inserisce un nuovo articolo dopo l'art. 3 del DL 93/2013 (art. 3.1), nel quale si stabilisce che il prefetto possa adottare misure di vigilanza dinamica qualora, per fatti riconducibili ai reati di cui all'articolo 362, comma 1-ter, c.p.p. commessi in ambito di violenza domestica, emerga il pericolo di reiterazione delle condotte.

Il comma 3 del disegno di legge interviene sull'articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009, recante la disciplina dell'ammonimento per il reato di atti persecutori, al fine di estenderla anche ai reati di violenza sessuale e revenge porn. In relazione ai medesimi reati, quando il fatto è commesso da soggetto ammonito si introduce da un lato un aumento di pena, dall'altro si prevede la procedibilità d'ufficio.

Infine, la disposizione in esame estende l'obbligo per le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche di fornire informazioni alle vittime sui centri antiviolenza presenti sul territorio ai reati di: tentato omicidio, deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, nonché di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.

L'articolo 2 del disegno di legge modifica il decreto legislativo n. 159 del 2011 (c.d. codice antimafia).

La lettera a) del comma 1 estende l'applicabilità delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di omicidio (art.575 c.p.), lesioni gravi (art. 583 laddove aggravate dal legame familiare o affettivo ex art. 577, primo comma, n. 1) e secondo comma, c.p.), deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.).

La lettera b), n. 1 prevede che l'applicazione ai sorvegliati speciali, previo il loro consenso, di modalità di controllo elettronico ex art. 275-bis c.p.p. (c.d. "braccialetto elettronico" o altro strumento tecnico), richieda la verifica di fattibilità tecnica, in luogo della verifica, prevista dal testo vigente, circa la disponibilità dei dispositivi.

La lettera b), n. 2, modificato in Commissione, introduce nel codice antimafia una disposizione la quale stabilisce che la misura della sorveglianza speciale sia applicata, nei casi di cui alla lettera a, con le modalità di controllo elettronico ex art. 275-bis c.p.p. (c.d. "braccialetto elettronico"), ferme restando la necessità del consenso dell'interessato e la verifica della fattibilità tecnica. La disposizione prevede inoltre che, nel caso di diniego del consenso alle modalità di controllo elettronico, la durata della misura non sia inferiore a tre anni, sia previsto l'obbligo di presentazione periodica all'autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale e sia altresì imposto, salvo diversa valutazione, l'obbligo o il divieto di soggiorno.

Nel caso di manomissione degli strumenti di controllo la durata della misura non può essere inferiore a quattro anni. Nel caso di non fattibilità tecnica delle modalità di controllo elettronico il tribunale prescrive l'obbligo di presentazione all'autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale e, salvo diversa valutazione, l'obbligo o il divieto di soggiorno.

La lettera c) prevede che il tribunale, nel disporre la misura della sorveglianza nei confronti dei soggetti indiziati dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e atti persecutori (art. 612-bis), imponga il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione, e di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, potendo comunque disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione dei luoghi suddetti sia necessaria per comprovate esigenze o per motivi di lavoro.

La lettera d), modificato in Commissione, interviene in materia di provvedimenti d'urgenza adottabili dal presidente del tribunale in pendenza del procedimento per l'applicazione della misura del divieto o dell'obbligo di soggiorno.

Al riguardo si prevede, nel caso di soggetti indiziati dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e atti persecutori (art. 612-bis), che il presidente del tribunale possa disporre, con decreto, la temporanea applicazione del divieto di avvicinarsi alle persone cui occorre prestare protezione o a determinati luoghi da esse abitualmente frequentati e dell'obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione della sorveglianza speciale (il tribunale può disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione dei luoghi suddetti sia necessaria per comprovate esigenze o per motivi di lavoro).

Anche in tali casi, si prevede l'applicazione del c.d. “braccialetto elettronico” ex articolo 275-bis c.p.p., ferme restando la necessità del consenso dell'interessato e la verifica della fattibilità tecnica. Nel caso di diniego del consenso o di non fattibilità tecnica il tribunale impone, in via provvisoria, l'obbligo di presentazione all'autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale.

La lettera e), infine, prevede, nel caso di violazione dei provvedimenti d'urgenza, la reclusione da uno a cinque anni e consente l'arresto anche fuori dei casi di flagranza.

Il comma 2, introdotto in Commissione, modifica l'art. 3, comma 3, del DL 93/2013, al fine di prevedere che l'analisi criminologica sulla violenza di genere, ivi prevista, elaborata annualmente dal Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, comprenda anche il monitoraggio sulla fattibilità tecnica degli strumenti elettronici di controllo a distanza.

L'articolo 3 amplia le fattispecie per cui l'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale assicura priorità nella trattazione dei processi, introducendovi “reati spia” di situazioni di pericolo per l'integrità psicofisica nel contesto delle relazioni familiari e affettivi e, segnatamente:

- violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.);

- costrizione o induzione al matrimonio (art. 558-bis c.p.);

- lesioni personali aggravate (art. 582 aggravate ai sensi dell'art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p.);

- deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.);

- diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.);

- stato di incapacità procurato mediante violenza laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale, e quindi il colpevole ha agito con il fine di far commettere un reato, ovvero la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto previsto dalla legge come delitto (art. 613, terzo comma, c.p.).

L'articolo 4 prevede che, in relazione a tali reati, sia assicurata priorità anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa. A tal fine, si dispone che i dirigenti degli uffici giudicanti adottino i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione degli affari per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

L'articolo 5, al fine di favorire la specializzazione nella trattazione di questa particolare tipologia di processi, prevede che nel caso il procuratore capo eserciti la facoltà di delega a procuratori aggiunti o sostituti, l'individuazione deve avvenire specificamente sempre per la cura degli affari in materia di violenza di genere e domestica.

L'articolo 6, introdotto in Commissione, al comma 1 prevede la predisposizione, da parte dell'Autorità politica delegata per le pari opportunità, anche con il supporto del comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio della sulla violenza contro le donne, di apposite linee guida nazionali al fine di orientare un'adeguata ed omogenea formazione degli operatori che a diverso titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza.

Il comma 2 prevede che nelle linee programmatiche che il Ministro della giustizia annualmente propone alla Scuola superiore della magistratura siano inserite specifiche iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica.

L'articolo 7, modificato in Commissione, introduce l'art. 362-bis nel codice di procedura penale, in materia di termini per la valutazione delle esigenze cautelari. In particolare, si prevede che nei procedimenti relativi a delitti di violenza domestica e di genere ivi richiamati – nonché per il delitto di interruzione di gravidanza non consensuale (art. 593-ter c.p.), che è stato introdotto in sede referente -, il PM debba valutare senza ritardo - e comunque entro trenta giorni dall'iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato - la sussistenza dei presupposti l'applicazione della misura cautelare e il giudice debba pronunciarsi sulla richiesta nei venti giorni dal deposito dell'istanza cautelare presso la cancelleria.

Al fine di assicurare il rispetto dei termini di cui all'articolo 7, l'articolo 8 del provvedimento introduce l'obbligo per il procuratore generale presso la corte di appello di acquisire, trimestralmente, dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui all'articolo 362-bis c.p.p.

L'articolo 9, modificato in Commissione, aumenta la pena prevista dall'articolo 387-bis per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (attualmente della reclusione da sei mesi a tre anni), fissando il massimo edittale a tre anni e sei mesi. Inoltre, estende tale pena anche alla violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari emessi dal giudice in sede civile ai sensi dell'art. 342-ter, primo comma, c.c. nonché alla violazione dei provvedimenti di eguale contenuto assunti nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

L'articolo 10 introduce nel codice di procedura penale l'articolo 382-bis, in materia di arresto in flagranza differita. In particolare, la nuova disposizione prevede che nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.), di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) si considera comunque in stato di flagranza colui che, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore.

L'articolo 11 interviene sulla disciplina delle misure cautelari e del braccialetto elettronico. La lettera a) del comma 1 consente al giudice di disporre procedure di controllo mediante l'utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici» senza doverne verificare preventivamente la disponibilità ma solo la fattibilità tecnica.

La lettera b) prevede l'applicazione della misura cautelare in carcere nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari ovvero con le misure coercitive di cui agli artt. 282-bis (obbligo di allontanamento dalla casa familiare) o 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa).

La lettera c), modificata in Commissione, apporta una serie di modifiche al comma 6 dell'articolo 282-bis c.p.p., il quale prevede che per una serie di reati la misura coercitiva dell'allontanamento dalla casa familiare possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280 c.p.p.

In particolare, i numeri 1 e 2 introducono nel testo i reati introduce nel testo della disposizione le fattispecie di tentato omicidio (art. 575) e di deformazione mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies). I numeri 3 e 4, prevedono che la misura coercitiva sia sempre accompagnata dall'imposizione del cosiddetto braccialetto elettronico con la contestuale prescrizione di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare o da determinati luoghi frequentati dalla persona offesa. Nel caso in cui la frequentazione di tali luoghi sia necessaria per motivi di lavoro la disposizione prevede che il giudice debba prescrivere modalità e limitazioni. Si prevede, infine, che, nel caso in cui l'imputato neghi il consenso all'adozione di tale modalità di controllo o ne sia accertata la non fattibilità tecnica, il giudice preveda l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi.

La lettera d) sostituisce il comma 1 dell'articolo 282-ter c.p.p., quantificando in 500 metri la distanza minima che il giudice deve comunque garantire nel disporre il provvedimento di divieto di avvicinamento; prevedendo che nei casi di allontanamento dalla casa familiare per condotte di violenza domestica e di genere, (ex art. 282-bis, comma 6), la misura possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280 per l'applicazione delle misure cautelari; consentendo al giudice, con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, di applicare anche congiuntamente, una misura più grave qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis. qualora ne sia accertata la non fattibilità tecnica.

L'articolo 12, modificato in Commissione, reca una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista a legislazione vigente in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari coercitive, nonché in tema di conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva.

Il provvedimento in esame inserisce nell'elenco dei reati richiamati, anche la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis) le lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.

La lettera b) del comma 1 del disegno di legge integra l'articolo 280 c.p.p. che disciplina le condizioni di applicabilità delle misure cautelari personali diverse nel senso di limitarne l'applicazione ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni o cinque anni nel caso di custodia cautelare. La disposizione in esame prevede che le soglie edittali di cui all'articolo 280 c.p.p. non si applichino nei procedimenti per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis) lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, c.p. Ne consegue la possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere, al ricorrere delle condizioni previste dalla legge, anche per il reato di lesioni personali, nelle ipotesi aggravate.

La lettera c) interviene sulla conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva, modificando il comma 5 dell'articolo 391 c.p.p. al fine di estenderne l'ambito di applicazione anche ai casi di arresto eseguito per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all'art. 387-bis c.p. Il citato comma 5 prevede infatti che la misura cautelare può essere applicata anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1, lettera c, e 280 quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati dall'art. 381, 2° comma, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza: dunque, anche con riferimento a determinati delitti punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni.

L'articolo 13, modificato in Commissione, reca modifiche in materia di informazioni da rendere alla persona offesa dal reato.

La lettera a) interviene sull'articolo 90-ter, comma 1, c.p.p. al fine di estendere l'obbligatorietà dell'immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o di genere a tutti i provvedimenti de libertate inerenti all'autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato.

La lettera b) integra l'articolo 299 c.p.p. stabilendo che nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter) del codice antimafia (ovvero i procedimenti per i delitti di maltrattamenti e di atti persecutori) l'estinzione o la revoca delle misure coercitive di cui agli articoli 282-bis (Allontanamento dalla casa familiare), 282-ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (Divieto e obbligo di dimora), 284 (Arresti domiciliari), 285 (Custodia cautelare in carcere) e 286 (Custodia cautelare in luogo di cura), ovvero la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati, a cura della cancelleria, anche per via telematica, all'autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini dell'eventuale adozione dei relativi provvedimenti.

Inoltre, si dispone che  nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 362, comma 1-ter, c.p.p. (l'estinzione o la revoca delle misure coercitive e interdittive ovvero la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati al prefetto, che può adottare misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa, soggette a revisione trimestrale (comma 2-quater).

La lettera c) abroga il comma 1-bis dell'articolo 659 c.p.p., in materia di comunicazione alla vittima di violenza domestica della scarcerazione del condannato, in quanto la disposizione risulta assorbita dalle previsioni di cui alla citata lettera a).

L'articolo 14, modificato in Commissione reca disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena.

In particolare, il comma 1, lettera a) prevede che ai fini della concessione della sospensione condizionale della pena non sia sufficiente la mera partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, a percorsi di recupero, ma occorra che tali percorsi siano superati con esito favorevole; l'accertamento e la valutazione circa la partecipazione e il superamento del corso sono demandati al giudice.

Il provvedimento che determina il venir meno delle misure cautelari precedentemente disposte a seguito della sospensione condizionale della pena, deve essere immediatamente comunicato all'autorità di pubblica sicurezza affinché valuti se richiedere l'applicazione di una delle misure di prevenzione personali previste nel codice antimafia, ovvero la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

Sulla richiesta il tribunale deve decidere entro 10 giorni. In ogni caso la durata della misura di prevenzione non può essere inferiore a quella del percorso di recupero. Qualsiasi violazione della misura di prevenzione deve essere comunicata al p.m. presso il giudice che ha emesso la sentenza di condanna al fine della revoca della sospensione condizionale della pena.

Il comma 2 aggiunge un comma ulteriore all'art. 18 disp. att. c.p., al fine di prevedere che la sentenza, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all'ufficio di esecuzione penale esterna, affinché lo stesso accerti l'effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e dia comunicazione dell'esito al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza. Inoltre, gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero diano immediata comunicazione all'ufficio di esecuzione penale esterna di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero. Infine, l'ufficio di esecuzione penale esterna, a sua volta, dia immediata comunicazione al p.m., ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, ex art. 168, primo comma, n. 1, c.p.

L'articolo 15, introdotto in Commissione, modifica la disciplina relativa alla domanda di indennizzo per le vittime di crimini intenzionali violenti, eliminando dai documenti richiesti a corredo della domanda la documentazione attestante l'infruttuoso esperimento dell'azione esecutiva per il risarcimento del danno nei confronti dell'autore del reato quando questi abbia commesso il delitto di omicidio nei confronti del coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dell'altra parte di un'unione civile, anche se l'unione cessata, o di chi è o è stato legato da relazione affettiva e stabile convivenza ed aumentando da 60 a 120 giorni il termine per la proposizione della domanda medesima.

L'articolo 16 introduce e disciplina i presupposti per la corresponsione in favore delle vittime di taluni reati, oppure degli aventi diritto in caso di morte della vittima, di una provvisionale, ossia una somma di denaro liquidata dal giudice, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. La somma è corrisposta, su richiesta, alle vittime, o agli aventi diritto, che vengano a trovarsi in stato di bisogno in conseguenza dei reati richiamati.

L'articolo 17 prevede che, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, venga emanato il decreto interministeriale che disciplina per il riconoscimento e l'accreditamento degli enti e delle associazioni abilitati ad effettuare corsi di recupero degli autori di reati di violenza sulle donne e di violenza domestica, nonché le linee guida cui tali enti e associazioni devono attenersi.

L'articolo 18 reca infine la clausola di invarianza finanziaria, in virtù della quale dall'attuazione del provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

NOTA

Evidenzio che la legislazione italiana e sovranazionale in materia di violenza sulle donne è in continua evoluzione.

Ricordo la ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (sottoscritta dall'Italia il 27 settembre 2012 e ratificata con la legge n. 77 del 2013);

a seguito della ratifica, l'Italia ha compiuto una serie di interventi volti a istituire una strategia integrata per combattere la violenza nel solco tracciato dalla Convenzione.

Il primo intervento in tal senso è stato operato dal decreto-legge n. 93 del 2013, adottato a pochi mesi di distanza dalla ratifica della Convenzione, che ha apportato rilevanti modifiche in ambito penale e processuale ed ha previsto l'adozione periodica di Piani d'azione contro la violenza di genere.

Nella XVIII legislatura il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne, perseguendo in via principale gli obiettivi di prevenzione dei reati e di protezione delle vittime e prevedendo parallelamente un inasprimento delle pene per la commissione dei c.d. reati di genere.

La legge n. 69 del 2019, nota come "codice rosso", ha trasposto nell'ordinamento italiano i principi ispiratori della Convenzione di Istanbul (sottoscritta dall'Italia il 27 settembre 2012), introducendo misure di carattere penale e processuale volte alla prevenzione dei reati di violenza di genere, alla protezione delle vittime e alla punizione dei colpevoli.

Oltre a prevedere l'attivazione di una specifica procedura per tali reati, al fine di velocizzare l'instaurazione del relativo procedimento penale, la legge ha introdotto alcuni nuovi reati (deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate - c.d. revenge porn, costrizione o induzione al matrimonio, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) e ha inasprito le pene di reati già esistenti (maltrattamenti contro familiari e conviventi, atti persecutori, violenza sessuale in danno di minori, aggravante per atti sessuali con minori di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, estensione dell'ambito di applicazione dell'omicidio aggravato dalle relazioni personali).

Si ricorda, inoltre, che anche la legge di riforma del processo penale (legge n. 134 del 2021) ha previsto un'estensione delle tutele per le vittime di violenza domestica e di genere, mentre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere attraverso un maggiore coordinamento di tutti i soggetti coinvolti.

Nella legislatura corrente, sono state approvate la legge n. 12 del 2023, che prevede l'istituzione di una Commissione bicamerale d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere (la Commissione si è costituita nella seduta del 26 luglio 2023).

Infine, è recentissima la legge n. 122 del 2023, che interviene su uno degli aspetti caratterizzanti la procedura da seguire nei procedimenti per delitti di violenza domestica e di genere, ovvero l'obbligo per il pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato; la citata legge n. 122 prevede che, qualora il p.m. non abbia rispettato il suddetto termine, il procuratore della Repubblica possa revocare l'assegnazione del procedimento al magistrato designato ed assumere senza ritardo le informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell'ufficio.