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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 170 di martedì 3 ottobre 2023

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 28 settembre 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 81, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

(Iniziative di competenza volte a garantire la prosecuzione dell'attività del progetto "La casa di Mario", operante nell'ambito dell'assistenza alle persone con disabilità, e misure di sostegno alle famiglie che intraprendono iniziative giudiziarie per danni riportati dal neonato a seguito del parto – n. 3-00682)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Simiani ed altri n. 3-00682 (Vedi l'allegato A). La Ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA LOCATELLI, Ministra per le Disabilità. Grazie Presidente, e grazie all'onorevole Simiani e a tutti gli altri interroganti, perché questa interrogazione ci dà modo di trattare alcuni temi importanti, quali la legge n. 112 del 2016 sul “Dopo di noi” e il “Progetto di vita”, che mi stanno particolarmente a cuore e che sono anche stati trattati nel corso di EXPO AID, di questa grande prima edizione a livello nazionale dedicata alle persone con disabilità che si è svolta di recente a Rimini, dove ho potuto anche rincontrare Elena Improta, con la quale abbiamo un rapporto di amicizia che stiamo continuando a coltivare anche in questo periodo. L'interrogazione descrive nel dettaglio la vicenda di Elena Improta, di suo figlio Mario Mazzarino e della sua famiglia. “La casa di Mario” è un progetto dell'associazione Oltre lo sguardo Aps, un luogo di accoglienza e di condivisione, un luogo sicuro e familiare, nel quale i ragazzi possono esprimersi vivendo come a casa loro.

Sono stata a Orbetello e ho visitato personalmente “La casa di Mario”, ho conosciuto Elena Improta, mamma di Mario e presidente dell'associazione, e anche alcuni ragazzi che erano lì e abitano nella struttura. È stata un'occasione per conoscere da vicino le attività che l'associazione realizza per “il durante e il dopo di noi” e ascoltare da vicino il racconto incredibile della vita di una mamma, una mamma molto forte e una mamma molto determinata, Elena. Ho avuto il piacere di restare con loro a parlare, scherzare, e poi rivivere insieme a Elena, attraverso le sue parole, la storia personale e la lunga vicenda giudiziaria che li ha segnati. Una vicenda legata all'accertamento delle lesioni riportate dal figlio durante il parto. Ci siamo confrontate sui modelli di cohousing e sulle soluzioni innovative che riproducono le condizioni abitative e relazionali delle case familiari. Abbiamo riconosciuto il potenziale che progetti come “La casa di Mario” hanno nell'intercettare i bisogni delle persone con disabilità e nel favorire la loro autonomia. Un potenziale che rappresenta una risorsa estremamente preziosa per le famiglie e per l'intera comunità.

“La casa di Mario” è il frutto dell'amore e delle fatiche di Elena Improta che ha saputo nel corso del tempo creare una rete di servizi intorno alla persona e ai suoi bisogni, mantenendo la dimensione familiare e l'autonomia di ognuno degli ospiti, rispettandone scelte, desideri e gusti e valorizzandone i talenti e le capacità. Voglio ringraziare Elena, Mario e i ragazzi per l'ospitalità e per il bellissimo pomeriggio passato insieme. Voglio ringraziare anche le persone che dal territorio mi hanno segnalato prontamente la situazione emersa sui social e sui giornali e tra questi l'assessore alla sanità di Orbetello, Silvia Magi, ma anche tutti gli altri.

Le iniziative che, come Ministro per le Disabilità, nell'ambito della mia competenza, ho intenzione di portare avanti per quanto riguarda il sostegno e la valorizzazione di queste realtà sono principalmente due. La prima è l'adozione del decreto legislativo, in attuazione della legge delega n. 227 del 2021, che riguarda la valutazione multidimensionale e il progetto di vita individuale, partecipato e personalizzato; è un decreto al quale stiamo lavorando con priorità per dare attuazione alla legge delega e per rispettare anche la specifica milestone legata al PNRR ed entro la fine dell'anno dovrà essere approvato in sede preliminare dal Consiglio dei ministri. Disciplineremo, inoltre, il progetto di vita, come strumento che ci consentirà di superare l'attuale frammentazione di misure, servizi e risorse, una frammentazione che penalizza le famiglie e rende più difficoltoso il lavoro degli enti locali, delle amministrazioni e del Terzo settore. Nel progetto di vita la parte sanitaria deve dialogare con quella sociosanitaria e con quella sociale e realizzare la presa in carico globale della persona e un accompagnamento della stessa alla vita adulta, proprio come il Parlamento ci ha chiesto di fare con la legge delega. In questo strumento, il progetto di vita, devono trovare specifica rilevanza anche la dimensione abitativa e quindi i progetti del “durante e del dopo di noi”, per garantire dignità alle persone e rispondere ai bisogni e ai desideri.

L'altra iniziativa sulla quale il Ministero sta già lavorando riguarda la revisione della legge n. 112 del 2016, una legge cornice sulla base della quale vengono realizzati e in parte finanziati progetti di cohousing, come quello portato avanti da “La casa di Mario”. Ho istituito a maggio il tavolo di lavoro composto dai referenti dei diversi livelli istituzionali, dei Ministeri interessati, delle associazioni, degli enti e dei soggetti coinvolti, che stanno lavorando per proporre una revisione della norma e una sua attualizzazione. Gli obiettivi che ci poniamo sono quelli di rendere la legge più comprensibile e facilmente applicabile, di immaginare forme di coabitazione più flessibili, di ampliare le maglie di accesso a tutte le categorie di persone con disabilità e per i diversi gradi di disabilità e di promuovere sperimentazioni specifiche, ma soprattutto di garantire un reale supporto all'autonomia nel “durante noi”, proprio come avviene all'interno de “La casa di Mario”. Voglio sottolineare anche l'importanza che assume la collaborazione tra tutti i livelli istituzionali, tanto più in questa fase delicata di cambiamento: regioni, ambiti territoriali e comuni hanno un ruolo fondamentale nel realizzare, sostenere e valorizzare realtà importanti, come quella di cui discutiamo oggi. L'impegno deve essere massimo da parte di tutti.

Con riguardo, infine, al secondo quesito dell'interrogazione, che esula dalla mia competenza diretta, rispondo utilizzando gli elementi che mi sono stati forniti dal Ministero della Giustizia. In particolare, il Ministero della Giustizia ha evidenziato - leggo testualmente - che con decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, Testo unico in materia di spese di giustizia, si è data attuazione all'articolo 24, comma 3, della Costituzione, a norma del quale “sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”. Si è, quindi, garantito un diritto inviolabile della persona umana, funzionale a rendere effettivo il diritto alla tutela giurisdizionale e il diritto di difesa. Tale diritto è riconosciuto a favore di chi non disponga delle risorse necessarie a far fronte agli oneri economici legati all'assistenza legale in giudizio e costituisce al contempo una forma di attuazione dell'articolo 3, comma 2, della Costituzione, per il quale lo Stato ha il dovere di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

Premesso quanto sopra, il Ministero della Giustizia ha rilevato che “le garanzie costituzionali del nostro ordinamento sono omologhe a quelle riconosciute a livello sovranazionale” e ha richiamato a questo riguardo l'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, a norma del quale “a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia”. Il Ministero della Giustizia ha rammentato anche l'adozione dei decreti interdirigenziali che, nel corso dell'anno corrente, hanno adeguato al mutato potere di acquisto della moneta e alle sopravvenute variazioni dell'indice Istat dei prezzi al consumo nel periodo 2018-2022 il limite di reddito previsto dal citato DPR n. 115 del 2002 per l'accesso al patrocinio dei non abbienti, fissandolo nella soglia di euro 12.838,01.

Infine, con riguardo all'entità dell'impegno finanziario assunto e sostenuto dallo Stato per il patrocinio dei non abbienti, dunque per garantire e rendere effettivo il diritto di accesso alla giustizia anche da parte di coloro che non dispongono di mezzi finanziari adeguati, si evidenzia che esso è ben rappresentato nella relazione biennale al Parlamento sull'applicazione della normativa sul patrocinio a spese dello Stato, in particolare nella relazione predisposta per il settore civile in data 30 giugno 2023.

In conclusione, devo dire che la vicenda di Elena Improta mi ha particolarmente colpito per quanto si è trascinata nel tempo e nella vita di tutti i suoi familiari, una storia molto dolorosa che ha segnato profondamente Elena e ne ha determinato ogni azione futura. Questa vicenda ha reso Elena Improta, i suoi familiari, i volontari e tutte le persone che la sostengono una famiglia ancora più forte e attualmente autosufficiente, ma con una grande preoccupazione per il futuro. Il modello di coabitazione scelto da “La casa di Mario” è ambizioso, sfidante e funzionale all'autonomia e a una vera qualità della vita delle persone che lo abitano. Ci sono molti esempi in tutto il Paese di realtà concernenti il “durante” e il “dopo di noi”, ma quello che vorrei sottolineare è che non sempre queste realtà vengono capite e promosse adeguatamente attraverso lo sforzo illuminato di alcuni enti locali e servizi, nella costruzione adeguata e co-partecipata del budget di progetto. C'è molto lavoro ancora da fare e serve più consapevolezza per lo sviluppo di ogni opportunità che, come “La casa di Mario”, voglia dare più dignità alla vita delle persone con disabilità.

Lasciatemi dire che quella di Elena Improta è una storia di vita sicuramente molto toccante per il territorio, per i ragazzi che l'hanno abitata, per la famiglia e per lei stessa. È una realtà particolare; in tutto il territorio ci sono altri esempi che magari si sviluppano diversamente, non in seno alla stessa famiglia, come invece lei ha voluto fare, anche con gli altri ragazzi. Quindi, è sicuramente da sostenere. È chiaro che la direzione da prendere, nell'ambito delle mie competenze e, quindi, del “Progetto di vita”, è un rafforzamento anche della formazione e dell'informazione che si possono dare alle associazioni e al territorio perché questi progetti si possano evolvere e essere promossi. Non possiamo scappare da questo perché adesso, con il decreto attuativo della legge delega sul “Progetto di vita”, abbiamo un compito ancora più alto da portare avanti nel “durante e nel dopo di noi”, ma anche per tutta la vita quotidiana delle persone. Sicuramente occorre un impegno di energie e di risorse, anche economiche, da organizzare e sostenere in progetti come quello de “La casa di Mario”, che deve avere la possibilità di andare avanti.

PRESIDENTE. Il deputato Simiani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

MARCO SIMIANI (PD-IDP). Grazie Presidente. Grazie Ministro per questa sua riflessione. La storia di Elena Improta ha toccato tutti profondamente, non solo a livello politico nazionale, ma anche sul territorio. È una storia che noi abbiamo vissuto personalmente, giorno dopo giorno, che ha visto la creazione de “La casa di Mario”; la capacità di creare, insieme alla sua famiglia e insieme anche ai ragazzi che sono stati accolti attraverso un progetto di cohousing, un progetto volto a sviluppare soprattutto la legge del “dopo di noi”, facendola diventare anche del “durante”. Credo che questo sia un fatto eccezionale che dobbiamo assolutamente supportare in maniera trasversale. L'obiettivo di quest'Aula credo sia quello di tutelare chi oggi veramente ha bisogno, anche e soprattutto nell'ambito delle disabilità. Questo è un progetto da prendere ad esempio a livello nazionale perché riesce ad includere e soprattutto a sostenere, nella vita di tutti i giorni, anche nei piccoli particolari, le persone con difficoltà motorie.

Questa esperienza ci aiuta a far capire anche un'altra cosa: come le strutture, anche quelle pubbliche, che riguardano proprio settori nell'ambito delle disabilità, possono essere molto importanti, ma noi dobbiamo andare oltre, dobbiamo avere la capacità di investire su progetti di questo tipo perché l'integrazione e la capacità di rendersi utili possono essere trasversali e riguardare tutti i cittadini. Credo che questo sia un esempio importante che noi dobbiamo valorizzare.

Detto questo, il nostro intento era proprio quello di sviluppare, insieme alla collega Malavasi, anche attraverso una discussione nell'ambito del Parlamento e delle Commissioni, ma soprattutto nel rapporto politico costruttivo con la maggioranza, due aspetti, l'uno relativo allo sviluppo di progetti per il “durante e dopo di noi”, come il progetto de “La casa di Mario” e, l'altro, attinente invece all'analisi della vicenda dal punto di vista giuridico, cosa che riguarda sicuramente la Commissione giustizia, ma anche aspetti che riguardano la sanità, perché credo che sia una questione che riguarda più quella materia.

Noi pensiamo che oggi questa esperienza ci faccia capire un'altra cosa: è importante aiutare quelle famiglie che oggi hanno difficoltà economiche e che, in questo caso, possono avere difficoltà a intraprendere un percorso di giustizia verso possibili atti che, in un certo senso, hanno vissuto le famiglie anche nell'ambito di parti difficili e proprio per questo crediamo che forse sia opportuno agire, perché appare assolutamente palese che la conclusione di questa vicenda giudiziaria potrebbe scoraggiare molte famiglie nell'intraprendere azioni legali verso medici o verso strutture sanitarie. Noi crediamo che sia opportuno, proprio per la difesa dei diritti di queste mamme che, anche in futuro, potrebbero avere problemi di parti difficili, prevenire questa situazione attraverso una legge che potrebbe definire e creare un fondo statale a sostegno di casi del genere.

Credo che questo sia un obiettivo che questo Parlamento si deve porre, perché credo che ci siano le condizioni politiche e soprattutto sociali. Credo che l'obiettivo da parte di tutti noi - lo diceva giustamente bene lei - sia l'attuazione dell'articolo 3, comma 2, della Costituzione: dobbiamo superare gli ostacoli che i cittadini possono incontrare anche nell'ambito del diritto a situazioni di vita che possono colpire famiglie abbienti e meno abbienti. La creazione di un fondo che possa aiutare queste famiglie a sostenere in maniera libera, se ci sono le condizioni, il rapporto con le strutture mediche, credo che sia opportuno. Questo fondo di garanzia dovrebbe essere istituito a beneficio delle madri soccombenti nei processi relativi ai danni subiti dal neonato a seguito di un parto difficile.

La ringrazio e spero che questa nostra interrogazione possa essere di aiuto nello sviluppare un ragionamento, diciamo, del tutto trasversale in quest'Aula e credo che in Commissione riusciremo a dare il nostro contributo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Elementi e iniziative in ordine all'adozione dei decreti attuativi relativi al cosiddetto reddito alimentare - n. 3-00683)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Malavasi ed altri n. 3-00683 (Vedi l'allegato A).

La Vice Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Maria Teresa Bellucci, ha facoltà di rispondere.

MARIA TERESA BELLUCCI, Vice Ministra del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole interrogante che chiede informazioni circa l'attuazione del reddito alimentare, introdotto dal Governo con la legge di bilancio 2023, con la quale è stato costituito il fondo per la sperimentazione di questa nuova misura, con una dotazione di 1,5 milioni di euro proprio per l'anno 2023, innalzata di 2 milioni per gli anni a decorrere dal 2024.

Il tema del sostegno ai cittadini più bisognosi è certamente di primaria importanza per il Governo. Con il reddito alimentare, in particolare, abbiamo inteso fornire un aiuto alle persone che, in condizione di povertà assoluta, attraversano uno stato di grande afflizione e possono, quindi, vedere in questo tipo di aiuto una distribuzione gratuita, anche tramite gli enti del Terzo settore. Questi ultimi rappresentano una risorsa indispensabile per poter accompagnare queste persone in un percorso di inclusione, di autonomia e, quindi, di ritorno a un'autodeterminazione, anche attraverso la propria attività e l'attivazione dal punto di vista lavorativo. Attraverso questi enti e il fondo che abbiamo costituito, l'obiettivo è quello di fornire prodotti alimentari invenduti per cause legate, ad esempio, a difetti della confezione o a prossimità della scadenza. Quindi, affrontiamo la problematica degli scarti alimentari e la possibilità di metterli a sistema per distribuire opportunità, in questo caso, di una giusta, appropriata ma anche essenziale alimentazione. Con tale strumento si persegue un duplice obiettivo: da una parte, fornire un contributo concreto alle persone che hanno la possibilità di ricevere questi aiuti e invece non hanno la possibilità di fare la spesa tutti i giorni, rifornendoli quindi dell'essenziale, e, dall'altra, combattere lo spreco alimentare.

Vi aggiorno sul fatto che il decreto che dà attuazione al reddito alimentare è stato firmato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali il 26 maggio 2023, registrato dalla Corte dei conti il 5 luglio e pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero, nella sezione pubblicità legale, dal 28 luglio scorso.

Il provvedimento definisce le modalità attuative della norma della legge di bilancio ed è frutto di una interlocuzione approfondita con tutte le parti istituzionali interessate nonché con il partenariato, quest'ultimo costituito sia dal Tavolo per la lotta agli sprechi e per l'assistenza alimentare sia da organizzazioni partner nazionali del programma inerente il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD).

Abbiamo accolto la richiesta, che proveniva proprio dagli enti del Terzo settore che in questi anni si sono occupati di aiuti alimentari e che, insieme alle istituzioni, hanno portato soccorso. La richiesta è stata quella di poter affrontare questa misura cercando di coordinarla in maniera efficiente ed efficace con la più ampia materia degli aiuti alimentari che viene gestita in Italia, per far sì che non si rischiasse di proporre iniziative scoordinate e per poter capitalizzare le risorse economiche spese ma anche le risorse umane impegnate in tutto questo.

Si prevede una sperimentazione di tre anni, e proprio per questo nella sperimentazione era necessario comprendere bene un'attuazione coordinata, che ha visto quindi sia la fase della redazione del provvedimento in termini di emanazione del decreto attuativo sia anche, successivamente, la condivisione e il suo accompagnamento nell'attuazione. La sperimentazione riguarda alcuni comuni capoluogo di città metropolitane, individuati a seguito di intesa in Conferenza unificata, e la pubblicazione di un avviso pubblico non competitivo, a cura sempre del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Ciò consentirà di raccogliere progetti da parte di quei comuni individuati per la sperimentazione, con forme di coinvolgimento degli enti del Terzo settore e con la partecipazione degli esercizi commerciali.

Il lavoro su cui è impegnato in questi giorni il Ministero, in raccordo con il sistema delle autonomie e delle organizzazioni del Terzo settore, per raggiungere in tempi brevi l'obiettivo successivo della pubblicazione del bando, e anche per poter sostenere quella cultura dell'amministrazione condivisa che già abbiamo inserito nel nuovo codice degli appalti ma che deve trovare sempre spazio e attuazione in ogni momento dell'agire istituzionale, è oggi quello di individuare i comuni capoluogo delle città metropolitane, ovviamente sempre in accordo con la conferenza unificata, e definire le modalità di attuazione della raccolta dell'invenduto in modo coerente con gli strumenti già in atto, al fine di fornire generi alimentari e pasti ai nuclei familiari più bisognosi.

Anche in questo caso, si tratta di un confronto che ha visto la presenza degli enti del Terzo settore proprio per comprendere quei contesti che potessero essere maggiormente generativi in termini di una sperimentazione in grado di migliorare lo stato degli aiuti alimentari oggi, in Italia. Questo è proprio l'obiettivo del reddito alimentare, ossia trovare soluzioni ulteriori e anche, a volte, alternative per migliorare e raggiungere effettivamente le persone in stato di povertà; oggi, in grande parte, sono foriere di opportunità attraverso gli aiuti alimentari che esistono in Italia, ma, dall'altra parte, ancora devono vedere un sistema maggiormente capace di arrivare in ogni contesto, in ogni realtà e, quindi, di offrire conforto nella situazione attuale.

Siamo consapevoli dell'emergenza attuale che coinvolge molte famiglie vulnerabili e socialmente meno abbienti, e avremo cura, quindi, di portare a piena attuazione, con tempestività ma anche con capacità di coordinamento, questa importante misura di sostegno da parte del Governo, convinti che ogni intervento debba essere coordinato con gli altri, per far sì che le risorse siano spese in modo efficiente ed efficace. Il Governo è consapevole dell'importanza di questa sperimentazione, dei fondi che sono stati destinati e, quindi, attuerà questa misura nel miglior modo possibile.

PRESIDENTE. La deputata Malavasi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

ILENIA MALAVASI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ringrazio la Vice Ministra per la risposta che, in realtà, ha fornito informazioni già note a tutti noi, tramite anche i tanti canali di comunicazione e tramite la stampa. Ha ripetuto più volte che saranno veloci, che agiranno in tempi brevi, consapevoli dell'emergenza, che faranno presto: in realtà, parliamo di un decreto attuativo che doveva essere deliberato entro 60 giorni, previsti dalla legge, ma così non è stato. Quindi, tutta questa velocità e tutta questa consapevolezza sull'urgenza delle persone che, in questo momento, stanno soffrendo per una crisi economica e sociale che ha pochi precedenti, per il caro energia, per l'inflazione, per l'aumento delle disuguaglianze, penso che siano sintomatiche del lavoro che sta facendo questo Governo.

Lo dico perché noi, in realtà, apprezziamo questa misura, crediamo che il reddito alimentare sia una norma importante proprio perché coglie due obiettivi: aiutare le famiglie e contrastare lo spreco alimentare. Partendo da un punto di vista che ci terrei a ricordare, l'accesso al cibo è un diritto umano fondamentale, riconosciuto nell'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani, e, per questo, credo che la celerità che lei ha richiamato sia un dovere. Infatti, negare il diritto al cibo significa negare le condizioni minime necessarie per garantire appieno la vita democratica di un cittadino.

Siamo più perplessi proprio sulla procedura messa in campo, che va ad individuare in un modello sperimentale alcune città capoluogo, ma, ancora oggi, con un reddito alimentare che non è partito. Lei stessa ha usato i verbi al futuro rispetto al bando che avete fatto per individuare i comuni capoluogo, per individuare i progetti, scaricando anche una serie di attività, in parte, sui comuni e sul Terzo settore, che fa un lavoro prezioso per provare a portare a regime la distribuzione dei pacchi alimentari. Tra l'altro - lei non lo ha ricordato – questi ultimi dovrebbero essere, poi, prenotati tramite un'App, di cui non abbiamo ancora oggi notizia.

Quindi, pur ringraziandola per le informazioni e anche per la conferma di informazioni, credo che si debba fare di più, e non tanto mettendo a frutto e a sistema in modo coordinato, come lei ha ricordato, tutta una serie di misure. Infatti, oltre al reddito alimentare, abbiamo visto, sempre nella legge di bilancio, l'attuazione della “carta risparmio spesa” - anche questa entrata in vigore da pochissimi giorni -, il “carrello tricolore”, con le notizie di oggi di una misura che pare non essere così incisiva. Troppe misure spot, dal nostro punto di vista, contro fragilità e contro povertà.

Crediamo che serva altro, crediamo che servano misure strutturali, soprattutto un'attenzione agli stipendi, all'aumento degli stipendi, all'approvazione del salario minimo, alla tassazione degli extraprofitti, al taglio delle accise, alla lotta contro l'evasione fiscale, alla progressività. Crediamo che servano misure strutturali che possano supportare le misure che avete messo in campo.

Davvero spero che questa celerità su cui lei si è impegnata sia vera, perché penso che un decreto che viene approvato con più di 5 mesi di ritardo sia inaccettabile in un Paese come il nostro e che sia sintomo del fatto che ci sia qualcosa che non va nella struttura ministeriale, nella parte amministrativa, perché sono tantissimi i decreti attuativi che, dalla legge di bilancio ad oggi, non sono ancora entrati in vigore. Parliamo di centinaia di decreti attuativi che mancano: potremmo fare l'elenco, ma li conosciamo tutti quanti.

Abbiamo fatto alcune richieste, ad esempio, anche sul bonus psicologico pochi giorni fa, perché crediamo che ci siano delle misure che i cittadini non possono aspettare, perché la fame non aspetta, i bisogni non aspettano. Bisogna avere una struttura che dia continuità alla volontà del Parlamento, alle azioni messe in campo dal Governo, che sia cogente, che permetta ai nostri cittadini di avere delle risposte concrete ed efficaci, perché la vita, ahimè, la viviamo ogni giorno.

Quindi, pur ringraziandola, non posso dichiararmi soddisfatta, ma la invito a lavorare all'interno del suo Ministero e nel suo ruolo per sveltire il più possibile queste misure, perché i cittadini hanno bisogno di tutta la nostra attenzione, ben sapendo come la povertà abbia dei numeri importanti nel nostro Paese. Gli ultimi dati dell'Istat hanno dimostrato come una persona su quattro sia a rischio povertà: un dato allarmante, sintomo di un Paese in difficoltà, con una popolazione a rischio povertà o esclusione sociale che raggiunge 14,3 milioni di persone, un dato molto significativo, che richiede tutta la nostra attenzione.

Quindi, credo che le misure spot debbano essere messe a sistema con interventi strutturali, ma, soprattutto, che ci voglia un'attività molto più performante che ci permetta davvero di dare risposte vere e non di fare degli spot propaganda che non aiutano il nostro Paese ad affrontare la crisi economica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Problematiche relative al numero e all'ubicazione degli impianti di gestione della frazione organica, dei rifiuti urbani e degli impianti di incenerimento – n. 3-00205)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Sergio Costa e L'Abbate n. 3-00205 (Vedi l'allegato A).

Il Sottosegretario di Stato per la Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, ha facoltà di rispondere (Vedi l'allegato A).

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. In merito a quanto segnalato dall'onorevole interrogante, si rappresenta che la questione trae origine dalle vicende giudiziarie instauratesi a seguito dell'emanazione del DPCM 10 agosto 2016 e del suo successivo annullamento.

In particolare, il Ministero ha ritenuto che con l'approvazione del Programma nazionale per la gestione dei rifiuti sarebbe stata data più esaustiva attuazione a quanto previsto dall'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, peraltro citato correttamente e opportunamente dall'onorevole interrogante.

Il Programma, infatti, consegue ad una ricognizione del quadro impiantistico nazionale, supportata da una valutazione della distribuzione geografica e da una rassegna dei dati ISPRA inerenti alla produzione, su base nazionale e regionale, dei rifiuti per tipo, quantità e fonte.

In particolare, nell'analisi dei flussi e nella metodologia Life Cycle Assestement, vengono individuati gli strumenti a supporto della pianificazione regionale per tracciare i rifiuti e colmare i gap impiantistici.

Inoltre, al fine di razionalizzare la rete impiantistica nazionale, il Programma fornisce indicazioni e criteri per l'individuazione delle macro aree, da effettuarsi sulla base di opportune valutazioni di sostenibilità economica, ambientale e sociale, ivi comprese le componenti relative ai beni culturali e al paesaggio.

Il Programma costituisce perciò uno strumento di indirizzo strategico che, come tale, rimette le modalità attuative sui rispettivi territori alle regioni, nell'ambito delle competenze ad esse attribuite dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e, segnatamente, dagli articoli 195 e 199.

Infatti, pur contenendo una ricognizione impiantistica a livello nazionale, il Programma non individua - né potrebbe - interventi da realizzare, ma definisce linee strategiche e metodologiche per la predisposizione dei piani regionali, a cui è demandata, ex lege, la pianificazione degli interventi necessari ad assicurare la gestione dei rifiuti.

In conclusione, si può dire che il Piano nazionale per la gestione dei rifiuti, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, fornisce linee strategiche e metodologiche per l'individuazione, nei piani regionali, di tutte le tipologie di impianti di chiusura del ciclo, e non solamente degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, come previsto espressamente dall'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014. Si ritiene, pertanto, che con l'approvazione del Programma nazionale della gestione dei rifiuti sia stata data anche attuazione alla disposizione in argomento.

PRESIDENTE. La deputata L'Abbate ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

PATTY L'ABBATE (M5S). Sottosegretario, la ringrazio per questa risposta, perché praticamente ci state dicendo che, quindi, un Piano c'è e si sta portando avanti, c'è una strategia di azione, perché quello che chiediamo è che sia quantificata, dal punto di vista stechiometrico, qual è l'esigenza sul territorio della parte, dobbiamo ricordarlo, di residuo. Questo Piano dovrebbe prevedere, prima di tutto, un'economia circolare: cerchiamo veramente di recuperare tutto quello che c'è, perché le materie prime sono necessarie, abbiamo prezzi elevati delle materie prime, abbiamo rifiuti che possono diventare materie prime e l'Italia la prima cosa che deve fare - e fortunatamente abbiamo imprese che lo stanno facendo, in Italia - è riciclare il più possibile quello che abbiamo.

È ovvio che dobbiamo essere responsabili e non mandare all'estero il residuo, ma dobbiamo gestirlo; abbiamo già inceneritori in Italia, facciamo in modo che quelli già esistenti siano posti in condizione di funzionare nel miglior modo possibile, ossia con le migliori tecnologie, riducendo il più possibile gli impatti ambientali e, quindi, magari, rimodernando l'esistente. E se dobbiamo costruirne nuovi significa che questi devono essere necessari. Quant'è la massa di residuo che realmente esiste in Italia, quella che non possiamo riciclare? Solo quella dovrebbe essere trattata con questa tecnologia, altrimenti - come dire - ci andiamo a rimettere.

Questa interrogazione è stata fatta perché molte associazioni ambientaliste sono un po' preoccupate anche per un'altra cosa: c'è stata una sentenza a livello europeo, ma parliamo di valutazione ambientale strategica. È necessario che questi impianti siano sottoposti a valutazione ambientale strategica, teniamolo presente, perché hanno criticità, che tutti conosciamo, dal punto di vista, appunto, anche ambientale, di inquinamento e della salute dei cittadini.

Quindi, noi apprendiamo, e ci fa piacere, che il Governo proceda e vigileremo su questo affinché non solo i cittadini siano veramente protetti dal punto di vista della salute, ma anche, in un momento storico dove, dal punto di vista finanziario, stiamo approcciando una legge di bilancio e le nostre finanze sono un po' limitate, i soldi dei cittadini vadano su cose che sono realmente utili a migliorare la loro qualità di vita e la loro salute.

(Iniziative volte a ripristinare le modalità di corrispondenza telefonica a favore delle persone detenute previste durante l'emergenza COVID-19 – n. 2-00151)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Ciani ed altri n. 2-00151 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Ciani se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLO CIANI (PD-IDP). La illustro. Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, le norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della legge n. 354 del 26 luglio 1975 recitano, al primo comma dell'articolo 1: “Il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità e deve assicurare il rispetto della dignità delle persone”. È per questo che, nel maggio scorso, abbiamo depositato, con alcuni colleghi, che ringrazio, un'interpellanza che ci è sembrata necessaria ai fini di un chiarimento sulla situazione che si viveva e che si vive, ahimè, ancora, nelle carceri italiane, relativamente alle telefonate e alle norme a esse collegate. Il carcere, infatti, è un piccolo mondo, una parte di città, abitata da cittadini che hanno compiuto reati, ma che rimangono sempre persone e cittadini e, con loro, tutte le persone che si occupano per lavoro di questi luoghi: la Polizia penitenziaria, chi lavora nell'amministrazione penitenziaria, i servizi sociali, il personale medico e infermieristico, i volontari. È tutto un unico mondo ed è sciocco pensare al carcere come a qualcosa di estraneo alla città e alla vita comune. Non per nulla, infatti, il 15 febbraio 2023, è stato lanciato un appello dal titolo eloquente: “Quelle telefonate che ti riattaccano alla vita”, sottoscritto dalla Conferenza nazionale volontariato giustizia, da Ristretti Orizzonti, dall'associazione Sbarre di zucchero; una lettera aperta ai direttori degli istituti penitenziari, un appello che, in pochi giorni, ha ottenuto centinaia di firme di singoli e di associazioni, una campagna volta a consentire ai detenuti ristretti nelle carceri italiane di poter continuare ad avere contatti a distanza tramite videochiamate e telefonate con i propri affetti. Si è resa necessaria questa mobilitazione, perché dal febbraio 2023, non essendo state prorogate, né messe a regime le norme in materia di corrispondenza telefonica delle persone detenute, previste durante l'emergenza legata al COVID-19, di fatto, pare sia tornata una stretta sulle chiamate all'esterno. Attualmente, infatti, in molte carceri si è tornati alla disciplina precedente a quella del COVID-19 e ciò di cui soffre maggiormente la popolazione detenuta sono le limitazioni alle telefonate con i familiari.

Questa criticità si inserisce in un quadro ben più ampio di difficoltà sociali che vivono i detenuti negli istituti penitenziari italiani, enunciate anche dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale nella sua relazione al Parlamento del 2023, presentata nel giugno scorso qui in Parlamento, di cui cito un breve passaggio. Diceva il Garante: “(…) il nostro Paese non sembra però aver risolto molte delle criticità che caratterizzano il suo sistema penitenziario. Ne costituiscono il sintomo manifesto il generale aumento degli eventi critici che rappresentano una sorta di termometro della qualità della vita detentiva negli istituti penitenziari e, in particolare, di quelli etero o autodiretti, come gli atti suicidari, che, negli ultimi anni, hanno fatto registrare una tendenza in aumento. Il diffuso degrado strutturale, le precarie condizioni igienico-sanitarie di numerose aree detentive, l'assenza, in moltissimi casi, di locali per le attività trattamentali, l'insufficienza di spazi, risorse e personale necessari per rispondere ai numerosi bisogni di assistenza sanitaria delle persone detenute, solo per citare alcune delle criticità sottese alla condizione di diffuso malessere, nella maggioranza dei casi non hanno ancora trovato soluzione, risultando, dall'altra parte, ancora presente e oltremodo condizionante il cronico fenomeno del sovraffollamento carcerario”. Fin qui la citazione.

Difatti, recenti rapporti del luglio di quest'anno, mostrano come le persone detenute nelle nostre carceri fossero 57.749, circa 7.000 in più della capienza regolamentare, che è di 51.285 posti. Le presenze sono, dunque, aumentate in un anno di 2.770 unità, con un incremento del 5 per cento. Tutto questo fa sì che il tasso di affollamento ufficiale - e sottolineo, ufficiale - sia oggi del 112 per cento, mentre era del 108 un anno fa. Peraltro, com'è noto, questo tasso di affollamento deriva da un conteggio in cui vengono inclusi anche posti detentivi in effetti non disponibili, a causa di interventi di manutenzione più o meno brevi. L'esempio più eclatante è forse quello di Arezzo, in cui gran parte dell'istituto è chiusa da almeno 15 anni, ma i cui posti detentivi vengono sempre inclusi nella capienza regolamentare del nostro sistema penitenziario.

Se il dato medio nazionale ufficiale è del 112 per cento - si tratta appunto di un dato medio -, ci sono regioni che registrano valori medi molto più alti, come la Puglia, con il 144 per cento, la Lombardia, con il 135 per cento e valori ancora più alti si registrano in singoli istituti, come a Brescia, il 181 per cento, a Como, il 178 per cento, a Foggia, il 177 per cento.

È una tendenza alla crescita che riguarda i detenuti italiani in misura leggermente maggiore rispetto agli stranieri, essendo i primi aumentati del 5,2, e soprattutto riguarda le donne più degli uomini, essendo il loro numero cresciuto all'8,8.

Allora, in questo contesto così fragile, quelle telefonate possono essere uno spiraglio di speranza. È noto che molti detenuti non scontano la pena nel luogo di residenza della propria famiglia e i costi degli spostamenti tra una regione e l'altra sono per molte famiglie insostenibili, ma l'articolo 28 della summenzionata legge n. 354 del 1975 stabilisce che particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie.

Nel maggio scorso, rispondendo a un'interrogazione in Senato, il Ministro Nordio si faceva attento a questa preoccupazione, ma, da allora, non è successo molto. Mi chiedo come mai, a tutt'oggi, il Governo non si sia adoperato in una risoluzione normativa adeguata a queste necessità, ma, anzi, abbia creato un'assenza di linee guida che, tra discrezionalità oggettiva e la disomogeneità di risorse da un carcere all'altro, alimenta confusione e smarrimento tra i detenuti e tra coloro che dei detenuti si occupano. È doveroso che sia concessa una possibilità uniforme di accesso a nuovi strumenti, anche di comunicazione.

Conosco abbastanza bene il mondo del carcere. Ho fatto per 15 anni il volontario in carcere e come consigliere regionale ho visitato tutte le carceri della mia regione e, da quando sono deputato, ho visitato anche alcuni istituti nel resto del Paese. Bisogna ascoltare gli operatori del carcere, a cominciare dalla Polizia penitenziaria in grande difficoltà e con risorse e uomini e donne ridotti, che chiede più attenzione al sociale e alle misure alternative. Bisogna ascoltare i pochi - pochi - direttori degli istituti, sempre alla ricerca di integrazione con il territorio. Bisogna ascoltare gli educatori, che chiedono più lavoro, scuola, attività. Bisogna ascoltare i volontari, che chiedono più telefonate, e le famiglie, per cui queste telefonate vogliono dire molto.

Ci sono istituti penitenziari che hanno un vecchio centralino e i direttori non possono autorizzare telefonate giornaliere, altrimenti ci sarebbe il collasso. Quindi, per garantire l'affettività in carcere ci vuole una modifica del regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario e un piano di adeguamento attraverso nuove centraline, fibre ottiche e sale adeguate. Sappiamo che alcune direzioni hanno preso decisioni coraggiose e, oltre ogni sforzo, stanno usando la loro discrezionalità per favorire una corrispondenza più frequente tra le persone detenute e i loro familiari. Inoltre, psichiatri ed esperti assicurano che l'aumento delle opportunità e delle connessioni con il mondo fuori non solo renderebbe più tollerabile la vita all'interno dell'istituto di detenzione, ma aiuterebbe a prevenire alcuni dei troppi suicidi che avvengono ancora nelle carceri italiane. Per questo, mi ha colpito che il Ministro, nei suoi saluti ai 189 istituti penitenziari in quest'ultimo ferragosto, abbia di nuovo solo genericamente espresso questo pensiero. Infatti, diceva: “Approfitto di questo saluto per anticipare una mia intenzione di proporre l'ampliamento dei colloqui telefonici per i detenuti nei contatti con i familiari”.

Voglio attenzionare lei, Presidente, il rappresentante del Governo e quest'Aula che, nel 2022, negli istituti penitenziari italiani si sono suicidati 84 detenuti - 84 persone -, e, mentre si parla di Blitz e di nuove norme punitive, in carcere si continua a morire e pochi - troppo pochi - lavorano per farne quello che la nostra Costituzione dice che debba essere. Cito: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. L'intenzione dovrebbe essere sospinta dalla convinzione che dedicare più tempo alle comunicazioni familiari può favorire una maggiore stabilità emotiva e un senso di appartenenza che possono contribuire a prevenire situazioni di disagio e di disperazione, di solitudine e preoccupazione nei confronti di chi è fuori, perché, ricordiamocelo sempre, prima di essere detenuto, si è persona, padre, madre, fratello, sorella, figlia o figlio.

La testimonianza di quanto fosse indispensabile questa deroga ci proviene da alcuni racconti raccolti dalla Conferenza nazionale volontariato e giustizia. Mi hanno colpito le parole di un detenuto: “Poter telefonare ogni giorno a casa aveva aiutato la mia famiglia a ritrovarsi. Ora ritornare da una telefonata al giorno a una telefonata a settimana significa riperdersi. Questo periodo lo ricorderemo, con i miei cari, per esserci persi di nuovo”.

A conferma di quanto esposto, vi è la considerazione che, nel periodo di deroga al regime ordinario, non si sono verificati problemi legati alla sicurezza, né vi è stato alcun aggravio di spesa per l'amministrazione, perché le telefonate - ricordiamolo - sono rimaste a carico delle persone detenute. È importante che le deroghe al regolamento per quanto riguarda le telefonate e le videochiamate non siano ormai limitate al periodo dell'emergenza sanitaria. Diciamo sempre che avremmo dovuto imparare dal periodo del COVID; forse in carcere avevamo imparato che qualcosa poteva funzionare meglio. Non si possono attuare le norme solo nel caso dell'emergenza, ma dobbiamo apprendere da quell'emergenza.

Concludo, pertanto, assicurando la mia e la nostra attenzione a questa situazione, che monitoreremo e continueremo a seguire con attenzione, sperando che siano accolte le nostre istanze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, ha facoltà di rispondere.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto, gli onorevoli interroganti avanzano quesiti in ordine alla possibilità di ripristinare le disposizioni in materia di colloqui telefonici in vigore nel corso della pandemia, sorte per affrontare la pandemia.

Orbene, è fatto noto che la disciplina emergenziale, stilata nel contesto pandemico, è stata oggetto di più proroghe sino al 31 dicembre 2022 e prevedeva oggettivi ampliamenti dei colloqui telefonici fra detenuti e familiari. È, però, pur vero che, spirata la normativa emergenziale, che era appunto emergenziale, perché si affrontava un'emergenza, è, comunque, in vigore la circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del 26 settembre 2022, che ha evidenziato, quanto alle videochiamate, equiparate ai colloqui visivi, di cui all'articolo 18 dell'ordinamento penitenziario, che queste debbano essere favorite, perché evitano trasferte costose per i familiari, perché sono funzionali al mantenimento delle relazioni affettive e familiari e perché agevolano i familiari dei detenuti, qualora vi siano insostenibili costi, sia sotto il profilo fisico, sia sotto il profilo economico, per raggiungere gli istituti penitenziari. Quindi, questa circolare è in vigore dal 26 settembre 2022.

Nella medesima circolare, si afferma che le videochiamate, di cui parlavo prima, equiparate ai colloqui visivi, di cui all'articolo 18 dell'ordinamento penitenziario, debbano essere estese nel regime cosiddetto di media sicurezza anche a coloro che siano detenuti in alta sicurezza e, quindi, vi è un'ulteriore estensione. A ciò si aggiunga che, per quanto concerne, invece, più propriamente l'oggetto delle conversazioni telefoniche, sempre la medesima circolare del 26 settembre 2022 del DAP ha ben fornito indicazioni operative a ogni istituto, che valgono, ovviamente, anche per il futuro, stabilendo che, in linea di massima, le telefonate possano essere autorizzate una volta al giorno, ove riguardino, in particolare, figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap o di gravi disabilità oppure il coniuge o l'altra parte dell'unione civile o una persona stabilmente convivente o legata da relazione sentimentale stabile con il detenuto o con la detenuta, oltre che padre, madre, fratello e sorella, qualora, in particolar modo, essi siano ricoverati presso strutture ospedaliere e, quindi, abbiano difficoltà a recarsi ai cosiddetti colloqui visivi. Da tali indicazioni, sono esclusi, fatalmente, i detenuti o gli internati sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis per fatali e innegabili esigenze di sicurezza.

Pertanto, in attuazione della circolare richiamata, le direzioni degli istituti sono chiamate a collaborare, compatibilmente con le esigenze organizzative delle singole strutture penitenziarie (che, peraltro, emergono dalla stessa relazione dell'onorevole interrogante) e con le esigenze di sicurezza, accordando autorizzazioni in maniera consapevolmente più ampia possibile, specie in presenza di difficoltà dei visitatori di raggiungere gli istituti in ragione delle distanze dal luogo di residenza o di concorrenti impegni lavorativi familiari o, addirittura, di impedimenti fisici.

Infine, onde assicurare, da parte delle direzioni di tutti gli istituti penitenziari, un'univoca e omogenea interpretazione e osservanza della circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), ai provveditori regionali è stato fatto obbligo e onere di monitorare attentamente la concessione di queste, consapevolmente più ampie, telefonate, che raggiungono anche la telefonata al giorno, senza alcun problema.

Quindi, per quanto riguarda la richiesta dell'onorevole interrogante, si conferma che non esiste una previsione normativa che abbia prorogato una normativa, che nasceva come emergenziale, che ha dato ottimi frutti sotto il punto di vista del mantenimento dei significativi rapporti fra i detenuti e i familiari, ma che, alla luce anche della disomogeneità territoriale e in esigenze di organizzazione e sicurezza, può essere meglio rappresentata da una circolare del DAP, che facoltizza e autorizza, anzi sollecita, la possibilità di telefonate sino a una volta al giorno, esattamente come in fase emergenziale, pur senza avere una rigida previsione normativa.

PRESIDENTE. Il deputato Ciani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLO CIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Grazie, Sottosegretario. Purtroppo speravo in qualcosa di più, nel senso che le parole del Ministro, in questi mesi, a maggio e ad agosto, e soprattutto l'attualità drammatica delle nostre carceri mi facevano auspicare che questa scelta di venire a rispondere ora a un'interpellanza di maggio fosse per darci notizie migliori.

Sa, Sottosegretario, sempre per il tramite del Presidente, mi colpisce molto la scelta di lasciare una discrezionalità, perché quando si lascia una discrezionalità ai direttori degli istituti penitenziari, si dà loro una responsabilità, un carico ed un peso molto gravi, molto gravi. Noi sappiamo già di una grande disomogeneità di realtà degli istituti, abbiamo istituti dove le celle sono per due, con vicende strutturali piuttosto buone, e istituti dove ci sono cinque, sei detenuti nella stessa cella, dove non ci sono aree. Teniamo presente che si tratta una norma nata nell'emergenza, ne siamo consapevoli, ma che nell'emergenza ha mostrato di funzionare, di funzionare bene e di dare risposte corrette. Non dimentichiamoci mai che quella norma nacque anche a seguito di drammatiche rivolte che si sono verificate in carcere all'arrivo del COVID, proprio a seguito della scelta, anche dettata dalla tragedia che stavamo vivendo, di sospendere i colloqui con le famiglie. Ecco, di fronte a una misura che ha funzionato - lei stesso diceva che ha dato ottimi risultati - io non dico che avremmo dovuto prorogare una norma nata nell'emergenza, ma dobbiamo fare una norma nuova, che tragga risultati da quella precedente. Perché? Perché lasciare la discrezionalità comporta disparità. Perché noi sappiamo che già esiste un'oggettiva disparità tra un istituto e l'altro, e pensare che la sorte mi metta in un istituto dove posso quotidianamente colloquiare con la mia famiglia, o in un altro dove non posso colloquiare, nello stesso Stato che ha le stesse norme, è qualcosa di paradossale.

Io credo che le intenzioni mostrate dal Ministro e quelle che lei stesso, oggi, ha rivolto all'Aula debbano tradursi in qualcosa di più concreto, ossia non possiamo pensare che “compatibilmente” e “possono favorire” siano tutti termini che giuridicamente portano a trattamenti uguali e, quindi, a trattamenti equi.

Credo che abbiamo tutti gli strumenti - perché, purtroppo, per due anni abbiamo vissuto questa realtà - per tradurre questi intendimenti, che già funzionano in alcuni istituti, in una norma più generale che riguardi tutti gli istituti.

Io ho parlato con molti responsabili, qualcuno ha anche detto: sì, qualcuno ha utilizzato male quella norma e noi che abbiamo fatto? Li abbiamo sospesi dai colloqui, com'è sempre successo, cioè non ci sono state degenerazioni nell'utilizzo. Molto spesso c'è anche il tema dell'utilizzo del personale: le telefonate spostano il personale e anche la perquisizione dei parenti che vengono in visita spostano il personale; cioè, non c'è un tema di aggravio di risorse economiche di utilizzo del personale nell'utilizzare questo sistema. Abbiamo visto che funziona, migliora la vita dei detenuti e, quindi, degli istituti, delle famiglie e del sistema Italia. Perché non lo traduciamo in una norma stabile? Questo è quello che oggi le richiediamo, con chiarezza e questo è quello che credo sia giusto fare, non per salvaguardare qualcuno, ma perché è una norma che ha funzionato e che migliora la vita di tutti.

(Iniziative volte a colmare la grave carenza di organico presso la procura di Treviso, anche in relazione a rilevanti procedimenti giudiziari in corso – n. 2-00122)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Serracchiani ed altri n. 2-00122 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Serracchiani se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DEBORA SERRACCHIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente, la illustro. Si tratta di una vicenda che ha colpito e sta tuttora colpendo molte famiglie soprattutto dell'Italia del Nord, in particolare nella regione Veneto, nella regione Friuli-Venezia Giulia e in Lombardia. Si tratta di una vicenda che è avvenuta tra il 2020 e il 2022, che ha avuto a oggetto i lavori di efficientamento energetico dentro il sistema del superbonus 110 per cento, fatti dal general contractor, un general contractor di Treviso chiamato Gruppo Zero.

I dipendenti di Gruppo Zero Srl - per spiegare brevemente la questione, per suo tramite, Presidente, al Sottosegretario - facevano il progetto e, appena depositata la comunicazione di inizio lavori, asseverata con il superbonus 110, veniva emessa una prima fattura, spesso riferita a materiali che sarebbero serviti solo successivamente, dalle società satelliti, per un primo stato di avanzamento lavori. Una volta emessa, la fattura veniva trasmessa ad un asseveratore, che redigeva la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, asseverando i lavori come se fossero stati eseguiti. L'asseveratore passava poi la pratica a un consulente del lavoro, che ne processava il visto di conformità, generando così i crediti che poi venivano ceduti (ovviamente, fintanto che è stato possibile cederli). Tutti questi passaggi - posto che il gruppo Zero era un general contractor e quindi è bastata la prima firma per liberare e sgravare da ogni responsabilità, o, meglio, da ogni possibile attenzione, i clienti - venivano fatti all'insaputa dei clienti.

Quindi, cos'è accaduto? La società Gruppo Zero è entrata in crisi quando, nell'agosto 2022, una società del Gruppo Zero ha subìto il sequestro di alcuni milioni di euro tra crediti fiscali e conti correnti. Da allora si sono interrotte tutte le attività del Gruppo ed è emerso che quei lavori non erano stati fatti, ma che erano stati pagati, svuotati i cassetti fiscali di molti clienti, e che, nella sostanza, i lavori rimanevano non effettuati, iniziati e non completati, o, comunque, pagati e neppure iniziati.

Ma la cosa grave, come dicevo, è che tutto questo avveniva all'insaputa dei clienti, per cui questi clienti si sono trovati con una movimentazione dei propri cassetti fiscali, che spesso li ha totalmente esauriti, per cui, neanche volendo e, pur avendo, in alcuni casi, alcuni, la possibilità, magari, di far fare i lavori ad altri, non sono stati in grado di poterli fare, perché, appunto, non avevano più movimentazione fiscale.

Le vittime, quindi, non erano consapevoli né che il general contractor avesse generato crediti con la presentazione di documentazione falsa e non avevano mai concordato le modalità di generazione e fruizione dello stesso, né avevano ricevuto notifica dell'emissione delle fatture e della deposizione dell'asseverazione. Quindi è un'enorme truffa, rispetto alla quale molte di queste famiglie, che si sono anche costituite in comitati, hanno presentato una serie di denunce, moltissime denunce, perché stiamo parlando veramente di centinaia e centinaia di clienti. Il che ha portato a un aggravamento importante dell'attività della procura di Treviso, perché è il luogo nel quale aveva sede il general contractor e il luogo in cui vengono radicati i processi. Il problema è che la procura di Treviso, trovandosi gravata di così tante denunce e querele, non è in grado ad oggi, per il numero di operatori che ci sono nella procura, di procedere celermente. Risulterebbe, peraltro, che la Guardia di finanza abbia anche iniziato ad indagare su tutto il Gruppo Zero dal dicembre 2021, procedendo al sequestro preventivo dei crediti fiscali, con conseguente sospensione ulteriore dell'attività, ma solo da agosto, proprio perché questa assenza di personale fa sì, sia per quanto riguarda la Guardia di finanza sia per quanto riguarda la procura, che non vi sia stata quella necessaria celerità per evitare che in tutti questi mesi si aggravasse la situazione e si ledessero i diritti di tanti più clienti. Per cui questa situazione ha continuato ad andare avanti per un bel po'.

Naturalmente la grave scopertura del personale che affligge da tempo il tribunale di Treviso è oggi l'oggetto di questa nostra interpellanza: la carenza dei dipendenti. Su una pianta organica che prevede 42 lavoratori, ne ha soltanto 26. Ovviamente le parlo, Sottosegretario, per suo tramite, Presidente, di una situazione che risale all'aprile del 2023, cioè quando noi abbiamo depositato questa interpellanza. Magari scopriremo che la situazione è migliorata, ma dalle notizie che abbiamo acquisito non ci sembra, anche perché ancora i procedimenti giacciono presso la procura. Il lavoro è immane, anche perché è un lavoro enorme di conoscenza, recupero, comprensione di tutta una serie di attività di natura fiscale, riguarda quindi anche reati societari commessi da una serie di società del Gruppo Zero, cioè del general contractor.

Noi siamo consapevoli che si tratta di un'attività veramente molto corposa e molto impegnativa. Ciononostante occorre procedere, anche perché, se non c'è una pronuncia del tribunale, è chiaro che queste persone sono ulteriormente in difficoltà. In questo periodo, abbiamo interpellato anche l'Agenzia delle entrate, ma è chiara la situazione in cui si viene a trovare la stessa sul cosiddetto svuotamento dei cassonetti fiscali l'Agenzia delle entrate in difetto di una norma che possa specificamente occuparsi di questo caso. Voglio anticipare, anzi voglio sottolineare che noi abbiamo depositato in diverse circostanze degli emendamenti proprio indirizzati a risolvere questo problema, e sono stati sempre respinti o perché inammissibili o perché respinti nel merito. Noi riteniamo che qui si debba procedere assolutamente forse anche con una copertura legislativa che in questo momento manca. Il problema è che noi daremmo copertura legislativa tanto più forte se vi fosse una pronuncia del tribunale che accertasse che effettivamente si tratta di un procedimento fatto utilizzando documentazione falsa, fatto all'insaputa dei clienti e fatto, ovviamente, in forma di raggiro e artifizio. Se non c'è questo accertamento, è difficile che quelle persone possano avere un ristoro, ma soprattutto è difficile che possano non solo completare i lavori, ma anche avere la possibilità di farlo in futuro, liberando almeno la possibilità di movimentazione fiscale. Su questo punto noi ci siamo rivolti al Ministro Nordio affinché rafforzi il personale della procura, del tribunale di Treviso, proprio per accelerare in modo specifico questa procedura, che, ricordo, riguarda centinaia e centinaia di famiglie, soprattutto nelle regioni Veneto, Friuli-Venezia Giulia e non solo, ma ha investito un po' tutto il Nord Italia. Su questo vorremmo che vi fosse la massima attenzione. Sollecitiamo il Sottosegretario a farsene carico non solo dal punto di vista meramente di giustizia, giudiziario, cioè sulla carenza di personale del tribunale, ma che si possa porre l'attenzione anche ad una vicenda sulla quale probabilmente è necessaria una cornice legislativa che in questo momento è assente.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, ha facoltà di rispondere.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Chiedo scusa all'onorevole interpellante se, a fronte delle diverse suggestioni anche su un tema spinoso, che trae origine occasionalmente in questo caso da una denuncia nota, e che però coinvolge il più grande tema delle truffe relative ai crediti fiscali, non potrò rispondere nel dettaglio ad ogni domanda, perché contenuto dalle camicie di Nesso della formulazione del quesito esatto da parte dell'onorevole interpellante. La vicenda tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo è nota. Confermo che vi sono state decine e decine di denunce, anzi, confermo che sono 420 le denunce che a noi constano esserci, presentate presso la procura di Treviso, nei confronti del consorzio, complessivamente inteso come Casa Zero. Vi è da dire che è nato un procedimento penale, il n. 3038 del 2022, che si è in particolar modo concentrato sui controlli della Guardia di finanza nei confronti del predetto consorzio. Dai suddetti controlli sarebbero emerse - è d'obbligo il condizionale - gravi irregolarità correlate alle agevolazioni fiscali previste dalla normativa finalizzata a favorire le ristrutturazioni edilizie, nonché la riqualificazione energetica degli immobili, confermando quindi quanto ha detto l'onorevole interpellante in premessa della interpellanza. È bene precisare, anche a vantaggio dei cittadini, ma in particolar modo delle asserite persone offese, che sono stati sottoposti a coercizione reale crediti fiscali per un importo pari a 6.900.000 euro, somme di denaro per un importo pari a un 1.440.000 euro e 2 immobili. All'inizio del mese di settembre dell'anno 2023 la Guardia di finanza di Treviso ha depositato le annotazioni conclusive delle indagini, questo per dare quello che si può dare in ordine alla tempistica presunta e presumibile. Ha però successivamente depositato ulteriori 2 annotazioni, con le quali sono stati trasmessi ulteriori 52 verbali di denunce e querele, corredati da numerosissimi e nutriti verbali di sommarie informazioni relative a queste ulteriori 52 denunce e querele. Le attività d'indagine possono comunque ritenersi a questo punto e fortunatamente sostanzialmente concluse, e si prevede, è verosimile attendersi, che entro il prossimo mese di novembre potrà essere emesso l'avviso di conclusione delle indagini ai sensi dell'articolo 415-bis del codice di procedura penale. Questo per quanto riguarda la vicenda da cui trae origine la richiesta dell'onorevole interpellante in ordine alle scoperture delle piante organiche, sia amministrative sia giudiziarie, del territorio di Treviso. È bene premettere, in una risposta complessivamente articolata alle domande fornite, quanto al personale amministrativo, che la scopertura nazionale è attualmente del 21,83 per cento. Per fare fronte a questa scopertura, questo Dicastero ha avviato, onestamente sin dall'anno 2020, quindi non assumendoci meriti che non abbiamo, se non pro quota, un imponente reclutamento, con l'assunzione di 8.607 risorse umane nell'intero territorio nazionale. Quantificazione che fortunatamente può dirsi per approssimazione, in quanto difetta delle assunzioni concernenti gli addetti dell'ufficio per il processo e il personale a supporto dell'ufficio del processo, perché, se si tenesse conto anche di queste unità, dovrebbero essere aggiunte in verità alle 8.607 prima indicate altre 11.427 unità relative agli addetti del processo e al personale a supporto dell'ufficio del processo, giungendo così complessivamente dal 2020 ad oggi a 20.034 assunzioni per quanto riguarda il piano nazionale sotto il profilo del personale amministrativo.

Invece, con una vista laser sul tribunale di Treviso e sulla procura di Treviso, bisogna dire che nel tribunale di Treviso, a fronte di una dotazione organica di 121 unità, prestano servizio 89 unità e si registra quindi una scopertura del 28 per cento. Nel computo complessivo delle risorse impiegate nel menzionato ufficio giudiziario non sono però considerate le 49 unità assunte a tempo determinato nell'ambito del reclutamento dell'ufficio del processo (46 unità nella fattispecie) e di personale a supporto dell'ufficio del processo (altre 3 unità). Poi vi è il tema delle vacanze registrate nei vari profili. Anche a questo proposito, per dare una risposta più puntuale possibile, le vacanze interessano le seguenti figure professionali: i cancellieri (6 vacanze su 20 posti in organico); gli assistenti giudiziari (15 vacanze su 42); gli ausiliari (5 vacanze su 10); gli operatore giudiziari (8 su 12). Si segnala inoltre, per fortuna, la totale copertura dei profili del direttore e del contabile, che sono, evidentemente, ulteriori risorse umane indefettibili nell'organizzazione di un tribunale e-o di una procura. Risultano in sovrannumero i profili dei funzionari giudiziari, perché, attualmente, vi sono 29 presenze rispetto alle 26 previste in organico. Passando, invece, al personale amministrativo della procura della Repubblica presso il tribunale di Treviso, a fronte di una dotazione organica di 42 unità, prestano servizio attualmente 33 risorse umane, con una scopertura del 26 per cento. Quanto alle vacanze, per la figura del cancelliere abbiamo una vacanza su 8 posti e per la figura dell'assistente giudiziario 3 vacanze su 8; poi vi sono figure come i conducenti di automezzi, gli ausiliari ed altri, ma con riguardo alle figure centrali queste sono le vacanze. Si segnala inoltre, fortunatamente, la totale copertura dei profili del direttore, del funzionario giudiziario e dell'operatore giudiziario.

Rafforzamenti dell'organico ulteriori si avranno anche con riguardo al tribunale e alla procura di Treviso con l'assunzione di tutti gli idonei non vincitori - scelta effettuata da questo Governo - ancora presenti nelle graduatorie dei concorsi per 300 posti di direttore e 2.700 posti di cancelliere esperto, avendo deciso lo scorrimento integrale delle graduatorie capienti delle predette procedure, questo perché ci rendiamo conto, non solo delle carenze, ma dell'urgenza di rispondere alle carenze. Si sottolinea poi che, dal Piano triennale dei fabbisogni di personale 2023-2025, emerge chiaramente la volontà del Dicastero di sopperire, quanto più possibile, alle carenze di personale amministrativo. Non solo: vi è la previsione di procedure volte alla stabilizzazione di personale amministrativo assunto a tempo determinato allo scopo di non disperdere competenze maturate sul campo medio tempore, in deroga alla normativa vigente, con la previsione della validità delle graduatorie dei concorsi svolti in periodo pandemico, che consentono di finalizzare meglio l'attività di reclutamento di questo Dicastero. Le attività di reclutamento, ricomprese nell'arco temporale del Piano del fabbisogno strategico 2023-2025, nella fattispecie, concernono complessivamente 1.051 unità dell'area dei funzionari, 6.624 dell'area assistenti, 179 dell'area dirigenti, per un totale di 7.854 risorse umane. A ciò, vi è da aggiungere il contingente di 3.691 unità di personale amministrativo non dirigenziale - per il quale l'autorizzazione a bandire e ad assumere, in aggiunta alle facoltà assunzionali, è prevista da varie fonti normative - diviso specificatamente in 1.967 funzionari e 1.724 assistenti, anche in questo caso con previsioni normative che ci consentano di affrontare con urgenza il tema dei fabbisogni.

In data 28 febbraio 2023, sempre per dare una risposta ai fabbisogni di tribunali e procure, è stata peraltro disposta la proroga della scadenza dei contratti individuali di lavoro a tempo determinato, sottoscritti dal personale assunto con la qualifica di operatore giudiziario, nonché, a seguito della proroga che si rendeva necessaria, la stabilizzazione degli stessi, con ciò garantendo un valore aggiunto, sia in termini di risposta ai fabbisogni, sia di prestazione dell'attività lavorativa, perché si sa che la stabilizzazione rappresenta un momento di serenità e la possibilità di concentrarsi maggiormente sul proprio operato.

Più dettagliatamente, sul tribunale di Treviso - al netto delle necessità, in relazione alle quali mi farò carico anche di verificare la possibilità, sebbene non sia propriamente nella delega del Sottosegretario, del Ministro o comunque del Ministero, per il tramite delle piante organiche flessibili distrettuali, di applicare i giudici, piuttosto che i procuratori, a seconda della necessità dei casi, come questo, che rappresentano per fortuna un'eccezione in termini di smaltimento di lavoro negli uffici giudiziari -, vi è da aggiungere, in relazione alla Corte d'Appello di Venezia, che, in data 27 giugno 2023, è stato sottoscritto un accordo che definirei sperimentale fra il Ministero della Giustizia e la regione Veneto, volto, tra l'altro, ad adottare forme di collaborazione in tema - leggo testualmente - “di selezione e di reclutamento di personale attraverso il possibile perfezionamento di procedure concorsuali uniche per i reciproci fabbisogni”, anche per andare incontro al tema di procedure concorsuali nazionali, che però deprivano soprattutto il Veneto o altre regioni del Nord Italia di personale amministrativo, perché non sono mai sedi prescelte. Ad oggi, fino a 100 persone, potranno essere assunte dalle graduatorie di carattere regionale. In particolare, tra il 5 e 13 luglio 2023, gli idonei interessati a entrare nei ruoli del Ministero della Giustizia hanno partecipato alla procedura di scelta e 7 unità sono state assegnate al tribunale di Treviso e 2 unità alla procura della Repubblica presso il tribunale di Treviso. Alla data fissata per la presa di possesso, cioè il 12 settembre 2023, tutte le 9 unità per fortuna hanno sottoscritto il relativo contratto individuale di lavoro, dando, quindi, ragione del fatto che probabilmente bisogna interagire in termini sperimentali e di frontiera con le regioni per assicurare che le assunzioni rimangano stabilmente in loco.

Passando, infine, al personale di magistratura, bisogna evidenziare che la procura della Repubblica presso il tribunale di Treviso presenta scoperture in 2 dei 13 posti di sostituto procuratore e in 3 degli 11 posti di vice procuratore onorario, mentre il tribunale di Treviso presenta scoperture in 4 dei 32 posti di giudice, in 1 dei 4 posti di giudice (sezione lavoro) e in 5 dei 17 posti di giudice onorario presso il tribunale di Treviso.

PRESIDENTE. La deputata Serracchiani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

DEBORA SERRACCHIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Partiamo dal presupposto che la vicenda è nota ed è nota già da parecchio tempo. Peraltro, faccio notare anche che l'attività d'indagine, che - ripeto - è un'attività corposa, complicata e investe davvero molte situazioni diverse, ha avuto una durata anche superiore all'anno, il che mi farebbe pensare che, qualora venisse approvato il testo - non ho ancora fatto i conti - appena proposto in Commissione giustizia sulla prescrizione, non si sa che fine faranno questi processi. E non so se la prenderanno bene in Veneto, in Friuli-Venezia Giulia e in Lombardia tutti quei cittadini che, invece, speravano - e sperano - in un intervento rapido, di fronte a una situazione conclamata come questa, che lei, Sottosegretario – per il suo tramite, Presidente -, ricordava essere una vicenda eccezionale, che richiede un'attenzione evidentemente straordinaria. Serve un'attenzione straordinaria anche perché sono coinvolte veramente tantissime famiglie e anche il montante - diciamo così - oggetto di questa situazione è particolarmente importante, trattandosi di una vicenda sulla quale si innestano anche situazioni familiari particolarmente delicate. Quindi, un'attenzione va sicuramente data a chi tra queste famiglie ha una situazione di fragilità più evidente.

Detto questo, però, io apprezzo naturalmente i dati che ci ha fornito il Sottosegretario, anche se onestamente non riesco a capire in quanto tempo sarà concretamente possibile rafforzare questi organici. Dico questo non solo e non tanto riguardo alla procura e al tribunale di Treviso, dove comunque mi pare che le mancanze siano evidenti e dove, al momento, anche qualora arrivasse qualcuno, molto probabilmente non sarebbe nei tempi nei quali vi sarebbe necessità di intervenire. Ripeto che anche rispetto ai numeri che ci vengono dati ci sono alcune distonie. Per quanto riguarda l'ufficio per il processo, quei famosi 11.000 dipendenti sono rimasti ormai in 6.000 perché naturalmente, essendo il rapporto di lavoro a termine e non essendoci la possibilità, in prospettiva, di una stabilizzazione, se ne stanno andando. Ricordo, ad esempio, che all'ultimo concorso bandito dall'INPS hanno partecipato ben 400 lavoratori e lavoratrici che erano nell'ufficio per il processo, lo hanno vinto e sono andati all'INPS, legittimamente e per fortuna per loro. Però, questo significa che stiamo perdendo quelle forze che invece si stanno formando all'interno dei nostri tribunali e delle nostre corti d'appello, della Corte di cassazione e delle procure. Li stiamo formando, li perdiamo e, in più, perdiamo un aiuto concreto grazie al quale finora si è dimostrata anche la possibilità di ridurre il tempo dei processi, tant'è che i dati che vengono forniti dal Ministero sono in questo senso molto chiari, sia per quanto riguarda la parte penale sia per quanto riguarda la parte civile. Chiediamo quindi al Sottosegretario, per il suo tramite, Presidente, di farsi carico dell'ulteriore richiesta, che noi facciamo ormai da tempo, di stabilizzare i lavoratori e le lavoratrici dell'ufficio per il processo, di proseguire nella individuazione di quelle forze lavoro di cui si ha estrema necessità, all'interno dei nostri uffici giudiziari. Ricordo, ad esempio, che manca il 52 per cento dei dirigenti della giustizia, il che significa che noi assumiamo magistrati che, invece di fare i magistrati, si mettono a fare i capi degli uffici perché mancano i dirigenti di giustizia. Quindi, riteniamo che si debba intervenire in modo accelerato e molto più forte e che quei numeri debbano diventare numeri concreti e non solo sulla carta.

Mi faccia anche dire da ultimo una cosa, signor Presidente. Ho presentato oggi l'interpellanza perché ritengo sia un'interpellanza molto importante. Mi sono fatta carico di questa vicenda e, naturalmente, per quanto riguarda il Partito Democratico andremo fino in fondo e sono convinta che troveremo l'attenzione anche delle altre forze politiche. Sono stata presente e ho replicato, nonostante la presenza del Sottosegretario Delmastro Delle Vedove rispetto al quale, però, continuiamo a stigmatizzare il comportamento e l'atteggiamento tenuto e continuiamo ad invitare, Presidente, a una presa di posizione, anche da parte dell'Ufficio di Presidenza della Camera. Chissà che non arrivi finalmente il giorno in cui il sottosegretario Delmastro Delle Vedove si decida almeno a scusarsi.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno. Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 12.

La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 12,05.

Discussione del disegno di legge: S. 854 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (Approvato dal Senato) (A.C. 1436​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1436: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1436​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Ylenia Lucaselli.

YLENJA LUCASELLI, Relatrice. Grazie Presidente. Colleghi, l'Assemblea è chiamata oggi a esaminare il disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici, approvato dal Senato della Repubblica.

Faccio preliminarmente presente che il provvedimento si compone di 41 articoli, suddivisi in cinque capi. Se per i colleghi va bene, considerato che la relazione relativa al provvedimento è stata presentata in Commissione ed è agli atti e quindi è a disposizione di tutti i colleghi parlamentari, darei per letta la mia relazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, deputato Tullio Ferrante, che rinuncia.

È iscritto a parlare il deputato Andrea Barabotti, che non vedo in Aula in questo momento.

È iscritta a parlare l'onorevole Ghirra. Ne ha facoltà.

FRANCESCA GHIRRA (AVS). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, consentitemi di iniziare il mio intervento ricordando che oggi è il 3 ottobre, la giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione. Sono passati 10 anni dal tremendo naufragio in cui persero la vita 368 migranti, quasi tutti eritrei, al largo di Lampedusa. Era il 3 ottobre 2013 e in quella giornata venne proclamato il lutto nazionale. Da allora, la gestione del fenomeno migratorio, non certo emergenza ma fenomeno strutturale, è andata via via peggiorando. Si stima che da allora abbiano perso la vita nel nostro mar Mediterraneo almeno altre 28.000 persone, un mare che si è trasformato in un enorme cimitero a cielo aperto. Sono state via via smantellate tutte le strutture di accoglienza, si fanno patti con i dittatori, si criminalizzano i disperati che arrivano sulle nostre coste. Si negano i diritti perfino ai bambini. Volete violare le norme e qualsiasi principio di solidarietà e buon senso. Come fate a non vergognarvi? Ora volete negare ai ragazzi stranieri persino il cosiddetto ius soli sportivo, una pratica virtuosa di integrazione e inclusione sociale. Auspico sinceramente un cambio di rotta, perché le parole e gli atti della Presidente del Consiglio e di alcuni membri del Governo sono davvero intollerabili, Presidente.

Venendo al provvedimento in discussione oggi, sottolineo che il decreto legge in via di conversione rappresenta un vero e proprio provvedimento omnibus, composto da un coacervo di norme, con un contenuto disorganico e del tutto eterogeneo. La gran parte delle disposizioni contenute non ha il carattere di necessità e urgenza imposto dalla nostra Costituzione per i decreti legge, e avrebbe dovuto trovare giusta collocazione all'interno di interventi legislativi ordinari: si passa dai taxi agli extraprofitti, dalle produzioni vitivinicole agli investimenti strategici, da Tim ad Alitalia per arrivare alle norme sul caro-voli, dal trasporto pubblico locale ai pallini da caccia, dal taglio degli alberi al granchio blu. I termini per la sua conversione in legge scadono domani. Per questa ragione, la Camera è costretta a un vero e proprio tour de force, rinunciando, ancora una volta, all'esercizio dei propri poteri in materia legislativa. A ciò si aggiunga che la Commissione in sede referente e le Commissioni in sede consultiva dalla Camera, per l'ennesima volta, non sono state messe in condizione di poter esaminare il provvedimento, con la solita prassi che si è andata sempre più consolidando in questo anno di legislatura e la conseguente deriva di fatto del nostro ordinamento in senso monocamerale, in aperta violazione della nostra Carta costituzionale.

Abbiamo esaminato, proprio poco fa, il provvedimento nella IX Commissione. Ad esempio, l'articolo 1, che interviene sui prezzi praticati sui voli nazionali, è stato quasi completamente riscritto dal Governo rispetto al testo iniziale. Dopo la marcia indietro sulla tassa sugli extraprofitti delle banche, contenuta sempre in questo provvedimento, il Governo ha rivisto completamente anche la misura relativa al tetto massimo ai prezzi dei voli aerei. Si sarebbero dovuti individuare i criteri e le modalità per il riconoscimento di un contributo annuale per i costi del biglietto aereo sostenuto dai cittadini residenti e nativi in Sardegna e in Sicilia, modulato per categorie di beneficiari, da attivarsi durante il periodo di picco della domanda legato alla stagionalità o in concomitanza di uno stato di emergenza nazionale, e definire le risorse annuali disponibili per l'attuazione della disposizione normativa, con oneri a valere sul Fondo nazionale per il contrasto degli svantaggi derivanti dall'insularità. Si è scelto, invece, di eliminare il tetto ai prezzi e limitare l'utilizzo degli algoritmi, affidando maggiori poteri all'Antitrust, che verificherà l'eventuale iniquità del prezzo della compagnia aerea in base ai principi di abuso di posizione dominante e di intesa restrittiva della concorrenza. Si è assistito, di fatto, a un passo indietro rispetto agli iniziali tetti massimi per le tariffe aeree. L'iniziale fissazione della soglia massima agli aumenti delle tariffe e le conseguenti proteste delle compagnie aeree hanno portato a un dietrofront del Governo e a un conseguente annacquamento dalla norma, mostrando pressappochismo e anche una certa improvvisazione. Peraltro, l'incontro con le compagnie aeree è stato organizzato dal Ministro delle Imprese e del made in Italy al termine dell'estate, quando, ormai, il rincaro dei voli per coloro che volevano partire per le vacanze era già avvenuto. La rivisitazione profonda dell'articolo 1 apportata durante l'esame del testo al Senato altro non è che il risultato delle minacce sul taglio delle rotte e sull'aumento dei prezzi da parte di Ryanair e di EasyJet che aveva chiesto, di fatto, proprio l'eliminazione dal decreto del divieto di fissazione dinamica delle tariffe in relazione al tempo di prenotazione. Ora le compagnie aeree tornano ad essere libere di modificare il costo dei biglietti, parametrandolo in base al numero dei tagliandi già prenotati. A modifica avvenuta, il decreto si limita a rafforzare i poteri dell'Antitrust.

L'articolo 2 prevede che, nel caso in cui siano imposti oneri di servizio pubblico, l'amministrazione competente fissa in ogni caso i livelli massimi tariffari praticabili dalle compagnie aeree ove emerga il rischio che le dinamiche tariffarie possano condurre a un sensibile rialzo legato alla stagionalità o a eventi straordinari, nazionali o locali.

L'articolo 3 interviene, invece, con misure volte a far fronte alle carenze del sistema di trasporto taxi, anch'esso insufficiente, a nostro avviso. Si autorizzano i comuni a rilasciare, in via sperimentale, licenze aggiuntive a carattere temporaneo o stagionale, di durata comunque non superiore a 12 mesi, prorogabili per altri 12. In deroga a quanto previsto dalla legislazione vigente, che vieta il cumulo di licenze in capo al medesimo soggetto, le licenze aggiuntive possono essere rilasciate esclusivamente in favore di soggetti già titolari di licenza per l'esercizio del servizio di taxi che possano valorizzarle mediante l'affidamento, anche a titolo oneroso, a terzi, purché questi siano in possesso dei requisiti prescritti dalla legge, oppure mediante la gestione in proprio. Si introduce, inoltre, un meccanismo straordinario di incremento delle licenze per il servizio di taxi, autorizzando i comuni capoluogo di regione, i comuni capoluogo sede di città metropolitane e i comuni sede di aeroporto internazionale a bandire un concorso straordinario per il rilascio, a titolo oneroso, di licenze aggiuntive, in misura non superiore al 20 per cento di quelle esistenti, a favore dei soggetti in possesso dei requisiti. La condizione obbligatoria per il rilascio della licenza è l'utilizzo di veicoli a basso livello di emissioni. L'articolo 3, peraltro, non fa alcun riferimento al DPCM di regolazione delle piattaforme tecnologiche delle multinazionali di grandi gruppi economici né al decreto sul foglio di servizio relativo agli NCC, strumenti essenziali per combattere l'abusivismo e l'uso distorto dei titoli autorizzativi del TPL non di linea, mentre con la definizione del Registro elettronico nazionale si potrebbero sbloccare i concorsi per le autorizzazioni degli NCC. In realtà, le norme previste non apportano novità sostanziali in grado di dare soluzione alle croniche criticità che interessano i servizi taxi delle nostre città, ma rischiano solo di creare una flotta di sfruttati.

Le disposizioni del comma 9 del medesimo articolo 3 sulla seconda guida propongono che sulla stessa vettura di una licenza strutturale possano operare diversi soggetti che non hanno titoli autorizzativi personali. Anche rispetto a tale ambito, non compare alcun riferimento al DPCM di regolazione delle piattaforme tecnologiche, alcuna limitazione temporale o numerica ovvero alcuna necessaria condizione per attivarla. Ogni titolare di licenza può, infatti, attivare la seconda guida con il solo obbligo di comunicarla al comune e con il diritto a un secondo turno di servizio di lavoro. Tale previsione non può non rappresentare una deregolamentazione vera e propria, che rischia di far saltare ogni tipo di programmazione dell'ente territoriale. Sarebbe necessaria, invece, una regolamentazione adeguata sul punto, con il coinvolgimento delle amministrazioni e dei rappresentanti dei tassisti nelle varie città metropolitane, alla luce delle particolari situazioni dei territori.

Ancora, l'articolo 12, al comma 1, stanzia 51,2 milioni di euro per consentire la prosecuzione del trattamento di integrazione salariale dei dipendenti di Alitalia-Società aerea italiana Spa e di Alitalia Cityliner Spa coinvolti dall'attuazione del programma della procedura di amministrazione straordinaria, anche successivamente alla conclusione dell'attività del commissario per il periodo dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre, non ulteriormente prorogabile. Ai datori di lavoro che assumano in questo periodo di tempo, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, personale di Alitalia e Alitalia Cityliner è riconosciuto, per un periodo massimo di 36 mesi, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti a INAIL, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile nei limiti massimi di spesa previsti. Una norma, a nostro avviso, insufficiente, che, comunque, non riesce a colmare le problematiche causate dalla norma interpretativa recentemente approvata dal Governo, che mira a escludere che, nel passaggio da Alitalia a ITA vi sia continuità tra le due aziende, intervento che vuole sterilizzare tante recenti sentenze che impongono il reintegro di lavoratrici e lavoratori Alitalia, inammissibile costituzionalmente e per le norme dei Trattati dell'Unione europea.

L'articolo 13-bis raccoglie il contenuto dell'intero decreto-legge n. 118 del 2023 - anche questa è una procedura discutibile, Presidente -, attraverso il quale si consente di destinare parte delle risorse in conto residui a operazioni di acquisizione, da parte del Ministero dell'Economia e delle finanze, di partecipazioni azionarie in società operanti in ambito di rilievo strategico. Di fatto, si consente l'acquisizione o la riacquisizione di partecipazioni azionarie definite con uno o più DPCM e, a tal fine, è autorizzata la spesa, nel limite massimo di 2,5 milioni di euro, per l'anno 2023. Si tratta, con tutta evidenza, delle risorse necessarie per acquistare azioni della compagnia TIM Spa e consentire l'ingresso del MEF nella compagine societaria, partecipando, quindi, tramite il MEF, alla cordata guidata da KKR, che, entro il 30 settembre, dovrebbe presentare a TIM l'offerta per la rete.

La complessa operazione finanziaria condurrà ad un ridimensionamento di TIM Spa, con lo scorporo di rami d'azienda, che verrebbero acquisiti da altre società, con importanti conseguenze sul piano occupazionale. Preoccupanti più che importanti, direi.

Le questioni attinenti alle garanzie occupazionali per il personale attualmente in forza a TIM avrà un peso rilevante nell'ambito delle trattative. Secondo numerose indiscrezioni di stampa, la società Vivendi punterebbe, infatti, ad acquisire un massimo di 8.000 dipendenti in ServiceCo. A tale proposito, gli analisti di Intermonte fanno notare che il paventato il tetto degli 8.000 dipendenti comporterebbe un radicale riassetto occupazionale, posto che il piano di ristrutturazione di TIM prevede che sulla ServiceCo domestica restino circa 19.000 dipendenti, destinati a scendere a circa 17.000 nel 2025 e 2026, quindi, più del doppio degli 8.000 richiesti da Vivendi, mettendo a rischio oltre 10.000 posti di lavoro.

L'articolo 14 è finalizzato a garantire l'operatività della società Stretto di Messina Spa, concessionaria dei servizi relativi alla realizzazione di un collegamento stabile tra la Sicilia e il continente, provvedendo, tra l'altro, ad eliminare il tetto agli stipendi per i dirigenti. Su questo punto, Presidente, abbiamo ampiamente mostrato la nostra contrarietà in sede di Commissione e in quest'Aula, perché riteniamo che quest'opera comporti un dispendio di risorse assurdo e assolutamente non giustificato, creando danni ambientali, oltre che alle casse dello Stato. Confidiamo che s'interrompa ogni procedura per la sua realizzazione.

L'articolo 17 reca misure urgenti per il settore del trasporto pubblico locale. In particolare, il comma 1, alla lettera a), modifica le modalità di riparto del Fondo nazionale per il TPL, prevedendo che la quota del 50 per cento delle risorse sia distribuita, tenendo conto non solo dei costi standard, ma anche dei servizi di trasporto pubblico locale esercitati in ciascuna regione risultanti dai dati dell'Osservatorio nazionale TPL. Cioè non solo non si aumentano le risorse per il TPL, ma, di fatto, si continuano a penalizzare quei territori in cui il TPL, invece, andrebbe potenziato. State facendo uno scandaloso passo indietro sulla tutela dei boschi. Non sarà, infatti, più necessaria l'autorizzazione paesaggistica per procedere con i tagli e questo per la felicità delle aziende produttrici di energia da biomasse legnose, in barba a quanto sta accadendo sul fronte dei cambiamenti climatici.

E che cosa dire, poi, della depenalizzazione dell'utilizzo di pallini di piombo nelle zone umide, un altro capolavoro contro l'ambiente che, abbinato al depotenziamento del ruolo dell'ISPRA sulla determinazione dei calendari venatori, produrrà nuovi danni? E non sono certo sufficienti a farci cambiare idea le pur condivisibili disposizioni introdotte all'articolo 4, con lo stanziamento di 15 milioni di euro per tutelare i viaggiatori e gli operatori del settore turistico e ricettivo sardi e siciliani, che hanno subito danni economici a causa degli eventi eccezionali determinati da roghi e incendi tra luglio e agosto di quest'anno, o i 5 milioni stanziati al comma 9-bis, in favore dei comuni della regione Sardegna colpiti da eventi meteorologici eccezionali, a partire dal 30 maggio, che avevamo pure chiesto con un ordine del giorno accolto il 25 luglio scorso, o, ancora, lo slittamento al 31 dicembre del termine finale entro il quale le persone potranno chiedere l'agevolazione del superbonus per interventi per l'efficienza energetica effettuati su edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti e autonome.

Questo decreto è l'ennesimo provvedimento pasticciato e approssimativo, che non dà risposte al Paese. Il costo della vita continua ad aumentare, salari e stipendi continuano a perdere potere d'acquisto e il Governo continua a rincorrere le emergenze mediatiche senza dare risposte al Paese. La benzina ha ampiamente sforato i 2 euro al litro, il carrello tricolore si è rivelato un flop e piuttosto che trovare rimedi seri e concreti si continuano a tagliare i servizi pubblici, a partire dalla sanità, ad attaccare giudici e magistrati che fanno il loro lavoro e a prendersela con l'Europa.

Alla luce di tutte queste considerazioni e di tante altre che potremmo fare, il gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra non può che ritenere che questo decreto non debba essere convertito in legge e, quindi, esprimerà un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barabotti. Ne ha facoltà.

ANDREA BARABOTTI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, la Camera si appresta a convertire in legge una serie di disposizioni urgenti a tutela degli utenti e in materia di attività economiche e investimenti strategici. I primi articoli del testo riguardano il trasporto aereo e affrontano l'annosa questione delle tariffe gonfiate a causa degli algoritmi impazziti, con l'obiettivo - del Governo - di consentire ai cittadini italiani, indipendentemente dalla stagionalità, di attraversare il Paese da nord a sud senza essere letteralmente dissanguati.

Sempre in materia di trasporto, s'interviene sulla ripartizione delle risorse destinate dallo Stato al trasporto pubblico locale. Le risorse, d'ora in avanti, saranno elargite sul principio di realismo, considerando la necessità di convergere a livello nazionale sui costi standard, già a partire da quest'anno.

Un supplemento di attenzione, sempre guardando al trasporto pubblico, meritano le risposte che il Governo ha pensato per far fronte alla congestione della mobilità cittadina in alcune realtà; parliamo degli interventi nel settore dei tassisti, che in fase sperimentale introducono nuove modalità per l'esercizio temporaneo del servizio e danno facoltà ad alcuni comuni italiani di aumentare le licenze esistenti.

In questa sede, mi preme sottolineare come il servizio taxi non sia parte del problema, come qualcuno strumentalmente vorrebbe far pensare, e mi preme invece ribadire - come stiamo vedendo nelle norme che andiamo ad approvare - come il servizio taxi sia una parte della soluzione che il legislatore può mettere in campo nel breve periodo per tamponare un problema che è più ampio e che è legato alla mobilità nelle nostre città. Tale mobilità è messa in crisi, non dai tassisti, ma dalla mancanza di programmazione, da scelte miopi e spesso ideologiche di certi comuni sulla viabilità locale, sul trasporto pubblico, piuttosto che legate alle tante restrizioni alla circolazione dei mezzi.

Signor Presidente, mi lasci spendere qualche parola in più per ringraziare tutti i tassisti italiani che ogni giorno lavorano con grande serietà, perché - dati alla mano - le più recenti statistiche sulla soddisfazione degli italiani rispetto al servizio taxi ci dicono che quel servizio è estremamente apprezzato nella stragrande maggioranza dei casi.

Voglio qui, oggi, stigmatizzare tutti coloro che utilizzano casi singoli e isolati per svilire e, direi, anche offendere il lavoro onesto di tanti italiani che merita rispetto e attenzione da parte del Governo e delle nostre istituzioni. Per questo il Governo ha previsto dei fondi per sostenere i tassisti, a partire dalle iniziative per migliorare l'accesso alle corsie preferenziali, l'accesso a un rinnovo dei mezzi circolanti e anche per garantire aree di sosta con colonnine di ricarica per i taxi elettrici.

L'azione del Governo prosegue, quindi, ponendo l'accento, all'interno di questo decreto, su settori di cui abbiamo imparato a considerare la strategicità, ampliando le casistiche e soprattutto rafforzando lo strumento del golden power dello Stato in settori come l'intelligenza artificiale, la produzione di semiconduttori, la cybersecurity, piuttosto che la tecnologia aerospaziale e lo stoccaggio di energia quantistica e nucleare. Si badi bene che su queste materie l'Italia non si limita a giocare in difesa, ma si spinge alla conquista di nuovi mercati con importanti investimenti e alla ricerca di nuove opportunità, perché il decreto contiene, come dicevamo, anche incentivi e importanti norme di semplificazione.

Sempre guardando a settori di interesse di primaria importanza per il nostro Paese, non possiamo non essere soddisfatti dell'impegno del Governo e, in particolare, del Ministro Giancarlo Giorgetti per assicurare all'Italia le risorse finanziarie che serviranno per consentire al nostro Paese l'ingresso nell'operazione NetCo, guidata da KKR; tradotto in parole più chiare, l'Italia mette a disposizione oltre 20 miliardi di euro per tutelare la propria sovranità, entrando come socio nel perimetro gestionale e infrastrutturale della rete fissa di telecomunicazioni, che oggi è proprietà di TIM.

E di settore strategico in settore strategico, ecco che, grazie all'iniziativa del Governo, il nostro sistema Paese potrà contare su due norme molto diverse fra loro, ma direi decisamente complementari: la prima vuole rimuovere tutti quegli ostacoli di natura burocratica che impediscono ai grandi investitori esteri di venire a portare lavoro e ricchezza nel nostro territorio; la seconda, quasi specularmente, interviene invece per rafforzare le norme contro le delocalizzazioni selvagge. Chi usufruisce di incentivi statali o di contributi che in tutti i casi sono pagati dalle tasche dei contribuenti italiani non può e non potrà delocalizzare per i successivi dieci anni, pena una sanzione che triplica e, addirittura, quadruplica il contributo fruito. Infatti, se è vero che questo Governo e questa maggioranza vogliono fare dell'Italia una terra di opportunità per chi abbia voglia di investire e di lavorare, è vero anche che non siamo qui a farci prendere per il naso da chi abbia intenti predatori nel nostro Paese.

Arriviamo, così, ad un altro settore vitale per l'Italia: parliamo di agricoltura. Fra le numerose norme non mancano interventi per sostenere il settore dell'acquacoltura e per arginare la diffusione del granchio blu, così come non mancano norme decisamente importanti per sostenere con 7 milioni di euro il settore vitivinicolo italiano. Lo sappiamo, il settore viticolo italiano è chiamato a fare i conti con una malattia della vite che ha ridotto la produttività di oltre 6 milioni di ettolitri. Si pensi che in Toscana, la mia regione, ci sono aziende che hanno perso oltre il 70 per cento della produzione.

Infine, sempre guardando al mondo agricolo, ecco una nuova norma attesa da tempo dagli operatori del settore. Per intenderci, parliamo degli addetti, di chi lavora nei boschi italiani, persone che, al contrario dell'onorevole Bonelli, i boschi li frequentano e li conoscono davvero. Grazie all'articolo 5-bis - voluto dai senatori della Lega in sede di conversione e che, tra l'altro, riprende una proposta di legge che, insieme ad alcuni colleghi, abbiamo presentato qui alla Camera - si pone fine ad aggravi burocratici irragionevoli e immotivati per il taglio colturale, la riforestazione, le opere di bonifica, di antincendio e di conservazione, perché il nostro intento è quello di rendere il bosco più redditizio, certamente, più curato e anche più sicuro.

Il Governo guarda ai temi ambientali in modo pragmatico e, da questo punto di vista, con le norme in esame continua a puntare sulle energie rinnovabili attraverso semplificazioni e incentivi che, nel caso di specie, spingono proprio sulla produzione di biometano.

Signor Presidente, sembra quasi paradossale ma una certa sinistra ambientalista, anziché apprezzare le ulteriori misure varate dal Governo, che vanno nell'ottica della transizione ecologica, si strappa i capelli perché abbiamo deciso di depenalizzare un “pericolosissimo” reato. Mi riferisco al “gravissimo” delitto di chi passeggia in una zona umida trasportando delle cartucce al piombo. Udite, udite cosa denuncia la sinistra ambientalista, nella persona dell'onorevole Bonelli: “La maggioranza vuole infliggere un altro colpo mortale alla fauna nel nostro Paese”. Cioè, quella sinistra strampalata, che l'anno scorso difendeva i rave party, il diritto al divertimento anche in aree protette di centinaia fra tossici, alcolizzati o, comunque, perdigiorno, oggi decide di scagliarsi contro quei signori, magari a volte un po' anzianotti, che, per pura sbadataggine, passeggiano in una zona umida con delle cartucce. Ci rendiamo conto della follia a cui è arrivata la sinistra italiana e di cui il mondo dei cacciatori e quello rurale dovrebbe avere contezza?

E visto che ormai ci siamo - e parliamo di quel che rimane della sinistra nel nostro Paese - non possiamo non parlare del ditino puntato che arriva da parte di certi giornali di area progressista; quel ditino puntato contro le norme volute dal Governo per tassare gli extraprofitti delle banche: non avete fatto abbastanza, potevate farlo prima, potevate farlo meglio, avevate previsto di incassare 3 miliardi e ne incasserete di meno. Io mi chiedo: ma il PD e i quotidiani affini, che sino a ieri in Italia e in Europa hanno fatto pedissequamente l'interesse di banche e di banchieri, con quali facce si rivolgono a questo Governo e a questa maggioranza per contestare il nostro operato (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)? Questo è un fatto che mi meraviglia, Presidente.

Mi avvicino alla conclusione e lo faccio tornando al merito del decreto-legge, che andremo a convertire, per sottolineare la forza con cui il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti continua a perseguire l'obiettivo di rendere l'Italia un Paese più veloce e più moderno. Grazie a questo decreto, arriva oltre un miliardo di euro per sostenere gli investimenti su alta velocità e alta capacità, investimenti che avevano bisogno di ulteriori risorse a fronte dell'aumento dei costi delle materie prime.

Ma oltre alle risorse aggiuntive ci sono norme di semplificazione per giungere alla realizzazione di importanti infrastrutture viarie, ad esempio per concludere i lavori della metropolitana di Roma in tempo utile per il Giubileo e per mettere le gambe alla realizzazione del tanto contestato quanto avveniristico ponte sullo Stretto. Detto tutto questo, farei un torto al Ministro Matteo Salvini e al Governo se mi soffermassi a parlare delle sole grandi opere. Sì, perché nel testo in esame non ci sono solo le grandi opere, c'è anche un sostegno cospicuo a tutti i piccoli comuni per ponti, viadotti e per la viabilità locale, perché noi, sì, siamo capaci di guardare alle grandi opere e al futuro del Paese, ma continuiamo a tenere i piedi per terra, continuiamo ad assistere le nostre comunità e i nostri amministratori locali nelle difficoltà di tutti i giorni, consapevoli della necessità di intervenire anche sulla viabilità minore.

Da ultimo, ma non meno importante, voglio sottolineare lo sforzo del Governo che continua a supportare gli enti locali più in difficoltà, a partire da quelli che attraversano difficoltà finanziarie per arrivare fino a quelli colpiti dalle recenti calamità naturali. Così Toscana, Emilia-Romagna e Marche, con l'emendamento a prima firma del senatore leghista Massimiliano Romeo, saranno in condizione di anticipare alle comunità locali fino a 235 milioni di euro per affrontare i danni subiti nelle zone alluvionate. In più, per la ricostruzione il Governo stanzia 370 milioni di euro, aggiuntivi rispetto a quelli già stanziati in precedenza. Parliamo in tutto di oltre mezzo miliardo di euro immediatamente disponibile per ridare speranza e futuro a intere comunità. Chiedo scusa, Presidente, se mi sono dilungato, ma i temi che affrontiamo in questo decreto sono veramente tanti e tutti meritevoli di attenzione. Chi ha a cuore le sorti e il futuro dell'Italia sosterrà la conversione di questo decreto-legge. Per gli altri, Presidente, non rimane che l'iscrizione all'Intergruppo GSS: quello dei gufi senza speranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mascaretti. Ne ha facoltà.

ANDREA MASCARETTI (FDI). Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare la relatrice, l'onorevole Ylenja Lucaselli, e tutti i colleghi della V Commissione per l'importante lavoro svolto. Oggi ci troviamo a discutere, qui nell'Aula di Montecitorio, un provvedimento di particolare importanza per gli italiani, il cosiddetto decreto Asset, un testo che si articola in ben 41 articoli suddivisi in 5 distinti capi. Tutti gli articoli meriterebbero di essere affrontati dettagliatamente in questa discussione, ma la mancanza di tempo mi obbligherà a prendere in considerazione, peraltro velocemente, soltanto una parte. Durante la discussione nelle Commissioni e in Aula i rappresentanti delle opposizioni hanno tentato di minimizzare l'importanza di questo provvedimento e qualcuno ha addirittura sostenuto che il testo affronterebbe troppe tematiche, tutte insieme. Tuttavia sarebbe stato grave se così non fosse stato, perché è chiaro a tutti quanti siano numerosi e grandi i problemi ereditati dal passato, che il Governo è determinato ad affrontare e a risolvere durante la legislatura: se ne faccia una ragione chi sperava il contrario.

Devo, dunque, ricordare che, sebbene sia trascorso solo un anno dalle elezioni, tutti hanno potuto constatare un netto cambio di passo rispetto al passato. Perfino i più scettici sono stati costretti a rivedere le proprie opinioni, riconoscendo che con il Presidente Meloni e con questo Governo il nostro Paese ha finalmente riguadagnato autorevolezza a livello internazionale. In un solo anno il Governo ha affrontato con determinazione tanti dei problemi ereditati: quello del caro energia, che minacciava gravemente imprese e famiglie e per cui ha recentemente stanziato ulteriori 1,3 miliardi di euro; quello del reddito di cittadinanza, che sul piano delle politiche attive del lavoro si è rivelato un fallimento epocale; quello delle criticità del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il PNRR, a cui si è proceduto a porre le necessarie correzioni; quello del superbonus, una legge che ha messo in difficoltà le imprese e le finanze pubbliche, causando un buco di ben 140 miliardi di euro, senza considerare tutte le frodi fino ad ora già emerse. Potrei proseguire ancora a lungo, elencando i risultati ottenuti nel corso di questo primo anno al Governo, sempre con l'obiettivo prioritario di proteggere i cittadini più fragili economicamente e di sostenere le attività economiche in grado di creare crescita e posti di lavoro. Tuttavia, mi fermerò qui, per entrare in dettaglio nel decreto Asset.

Con l'articolo 1, questo provvedimento interviene salvaguardando il mercato contro possibili speculazioni sui costi dei voli, che, in determinati periodi, metterebbero a rischio i collegamenti con le isole e il diritto dei cittadini di poter liberamente circolare in tutto il territorio nazionale a prezzi sostenibili, quando non vi siano collegamenti adeguati alternativi. Il decreto Asset interviene, dunque, a tutela della continuità territoriale, intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi i cittadini residenti in territori meno favoriti e, più in generale, a garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini. Il trasporto, infatti, se, da un lato, si configura come attività di tipo economico, dall'altro, come elemento essenziale del diritto alla mobilità, previsto dall'articolo 16 della Costituzione, costituisce un servizio di interesse economico generale e, quindi, tale da dover essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica. Il provvedimento prevede, dunque, l'ampliamento dei poteri dell'Autorità garante della concorrenza per la verifica, in determinate condizioni, degli algoritmi che determinano le tariffe dei voli, che, nella stagione estiva appena conclusa, hanno portato ad aumenti medi del 40 per cento, con picchi addirittura del 70 per cento. In questo modo, saranno garantiti contemporaneamente il diritto alla concorrenza per le compagnie aeree e il diritto alla mobilità a prezzi accessibili per quei passeggeri, che, in assenza di alternative, potrebbero essere limitati dall'insularità o da eventi calamitosi.

Altro punto di grande rilevanza è quello trattato dall'articolo 8, con cui il decreto interviene per prevenire le delocalizzazioni delle grandi imprese. Si è stabilito che le aziende che hanno ricevuto agevolazioni statali e che decidono di delocalizzare, devono restituire l'incentivo ricevuto se non sono trascorsi almeno dieci anni. In altre parole, se lo Stato italiano fornisce incentivi per l'insediamento delle aziende nel nostro territorio, queste aziende devono impegnarsi a rimanere per almeno un decennio.

All'articolo 11, un altro intervento importante è previsto dal decreto Asset: è il sostegno alle imprese agricole che hanno subìto danni alle produzioni viticole causate dalla peronospora. Per aiutare queste imprese è stato stanziato un fondo di ben 7 milioni di euro. Dopo le grandi imprese e le imprese agricole, veniamo all'articolo 21, rivolto a medi e piccoli comuni in difficoltà, che versano in uno stato di dissesto finanziario, per i quali il decreto Asset prevede la concessione di un'anticipazione di liquidità fino ad un massimo di 100 milioni di euro per gli anni 2024, 2025 e 2026. Prosegue così l'impegno del Governo a sostegno dei piccoli comuni nell'ambito degli interventi volti a garantire la sicurezza delle loro strade, ponti e viadotti.

Procedendo con l'esame di questo provvedimento, voglio mettere in rilievo un altro articolo di fondamentale importanza per lo sviluppo industriale italiano: si tratta dell'articolo che promuove e incentiva la filiera dei microchip. La pandemia da COVID-19 e la guerra in Ucraina hanno messo drammaticamente in luce la vulnerabilità di un modello globale di approvvigionamento e produzione di beni. Le restrizioni alla circolazione di beni che possono derivare da pandemie, come abbiamo purtroppo constatato, oppure da embarghi o da motivazioni geopolitiche, hanno portato e possono inevitabilmente portare a una paralisi dei flussi commerciali. La carenza di determinati beni ha messo in evidenza la vulnerabilità dell'Europa, compresa l'Italia, per l'approvvigionamento di componenti e materie prime. Nel 2020, nel mondo, sono stati prodotti un trilione di microchip e, mentre l'importanza dei microchip cresceva parallelamente all'esigenza di implementare la transizione digitale ed ecologica, l'Europa andava nella direzione opposta e ha ridotto i propri investimenti. La nostra quota di produzione è scesa dal 40 per cento negli anni Novanta, fino al 10 per cento nel 2020.

La disposizione contenuta in questo decreto, che prevede l'assegnazione di un credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo nel campo della microelettronica, affronta una questione reale e la trasforma, dunque, in una sfida per l'Italia. Con questa norma, il Governo avvia una strategia volta a garantire maggiore autonomia interna nella produzione e nell'approvvigionamento di semilavorati, che sono considerati d'importanza strategica per il nostro sviluppo economico.

Infine, vorrei toccare brevemente l'articolo 26, riguardante la normativa sugli extraprofitti bancari. In un mercato del credito veramente competitivo, i tassi attivi e passivi, ossia quelli che le banche chiedono ai cittadini per i prestiti e quelli che offrono per i soldi depositati sui conti, dovrebbero essere in equilibrio, come ci ricorda Luigi Signorini, il Direttore generale della Banca d'Italia. La norma in discussione oggi cerca anche di ripristinare un equilibrio in un settore delicato come quello del credito e, soprattutto, di aiutare le famiglie italiane schiacciate dai mutui a tasso variabile. Con questa norma, le banche verseranno allo Stato un'imposta straordinaria sugli extraprofitti generati nel 2023, calcolati sulla differenza tra gli interessi attivi e passivi, confrontati con i dati del 2022. Questa imposta sarà destinata a un fondo speciale per finanziare il Fondo di garanzia mutui prima casa e per ridurre la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese.

Concludo, Presidente. Il decreto-legge, dei cui contenuti stiamo discutendo oggi, è la chiara dimostrazione che finalmente in Italia c'è un Governo politico con una precisa visione di ciò che serve al Paese, sostenuto da una maggioranza solida eletta dagli italiani, che non deve continuamente sottostare a compromessi tra le diverse forze politiche o piegarsi a certi poteri più o meno forti, ma è libero di agire nel solo interesse dei cittadini italiani. Ringrazio il Governo per essere andato avanti con grande responsabilità e la prudenza che erano richieste, ma soprattutto con inflessibile determinazione e senza compromessi al ribasso, come capitava in passato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lai. Ne ha facoltà.

SILVIO LAI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, rappresentante del Governo, oggi siamo chiamati in tutta fretta a ratificare un decreto-legge che il Governo ha varato il 10 di agosto, con grande rappresentazione in pompa magna, annunciando sostegni per famiglie e imprese, attraverso misure che avrebbero consentito di disporre di ulteriori risorse e di garantire importanti diritti come quello alla mobilità. Poi, passate le festività estive, Governo e maggioranza ci ripensano e trasformano il decreto, così pieno di promesse e di aspettative, in un omnibus e fanno marcia indietro sui capitoli più importanti, azzerando, di fatto, qualsiasi elemento che faceva parte della comunicazione precedente. Naturalmente, si prendono tutto il tempo loro necessario per incartare questo nuovo decreto e consegnarlo alla Camera una settimana prima della scadenza. Stamattina, un'ora e mezzo per esaminare quasi 200 emendamenti nella Commissione di merito, Presidente. Insomma, una prova di democrazia fantastica, che certamente non rimarrà negli annali del Parlamento, ma, di questo, ne riparleremo anche in altra sede, richiamando la sottile linea di irresponsabilità che state facendo percorrere al Parlamento e al Paese e dei rischi che stiamo assumendo.

Collega - mi rivolgo al collega che mi ha preceduto, attraverso di lei, Presidente -, non c'è niente da esultare sul fatto che in questo decreto ci siano tanti argomenti. Ci sono sentenze della Corte costituzionale, richiamate anche dal parere del Comitato per la legislazione, che dicono che è illegittimo unificare decreti che, in quel momento, sono in discussione nel ramo del Parlamento e più diversi. Così com'è incostituzionale, quando non è prevista un'urgenza - e non c'è niente di urgente in quello che è stato inserito in questo decreto -, produrre decreti e impedire al Parlamento di discutere. Peraltro, forze politiche che sono al Governo l'hanno detto con grande chiarezza e oggi si sono dimenticate di questo aspetto.

Ma la cosa più pericolosa, caro Presidente, e mi perdoni se le segnalo questo elemento, è che in questo modo sta sparendo il bicameralismo. E lo stiamo facendo sparire nella prassi, in quello che avviene tutti i giorni in questo Parlamento, con una complicità che ritenevamo non dovesse esistere, proprio per il fatto che questo è un Governo che ha una larga maggioranza parlamentare; non è un Governo tecnico, costretto a tenere insieme forze politiche che si sono presentate in competizione l'una con l'altra. Lo stiamo facendo con grande superficialità e grande leggerezza rispetto al valore del bicameralismo, e soprattutto lo stiamo facendo nascostamente.

In quest'occasione non posso però tralasciare, perché del decreto ne riparleremo, quanto avvenuto ieri con la dichiarazione sui social della Premier Giorgia Meloni, che ha giudicato alcune motivazioni di una sentenza come incredibili; sentenza poi appellata dal Ministero, almeno questo si è in qualche modo tratto dall'argomento, una sentenza di un giudice di Catania. Oggi l'autorevole quotidiano della Conferenza episcopale italiana lo definisce nel proprio titolo “fallo di reazione”.

Devo dire la verità, mi appare di più una decisione fredda e ben meditata, tipica dell'esigenza di elevare fumi e di distrarre l'opinione pubblica dal fallimento delle iniziative del Governo, per esempio sul fronte dei prezzi dei generi alimentari, sul fronte dei prezzi dei carburanti, su quello del fronte diplomatico europeo, dove l'Italia, purtroppo per il Paese, resta assolutamente isolata, nonostante i proclami e i racconti che vi fate da soli verbalmente o nei depliant, o sul clima interno che si registra nel Governo e che assomiglia a quello di 5 anni fa nel Governo gialloverde.

Una cosa da Il Trono di Spade, se non fosse una cosa seria. Altro che proclami di un anno di grandi successi. Dopo un anno, siete già in una condizione di competizione interna che non lascia presagire molto bene rispetto alla prospettiva, ma andrete avanti sino in fondo, perché noi non ci prestiamo ad alterazioni del mandato popolare. Secondo la Premier la sentenza ha come obiettivo quello di scagliarsi contro un Governo democraticamente eletto. Ma - lo dico perché penso che questa sia la regola del gioco nella nostra Costituzione - la vittoria elettorale, colleghi, non dà il potere di stare sopra le leggi, alcune delle quali sovraordinate alla sovranità nazionale perché parte di una sovranità delegata.

Vincere le elezioni non consente di comprimere gli altri poteri, come quello giudiziario o legislativo, come avviene nella passività della maggioranza parlamentare di questo Governo, così come non consente di comprimere il potere della libera stampa di denunciare e raccontare la verità, o di comprimere i poteri delle autorità di verifica, come la Corte dei conti, e ancora meno di farlo dentro i confini europei, dove vige uno Stato di diritto, come dimostrato da quello che l'Unione europea rappresenta, in maniera molto chiara e netta, nei confronti di Polonia e Ungheria, che sono sotto accusa per leggi che limitano la libertà di stampa e l'autonomia della magistratura.

Guardate, il potere del popolo è di indicare chi vuole che lo governi, ma non per mantenere qualunque promessa, se questa è illegittima e viola le condizioni di convivenza. Tra questa destra e lo Stato di diritto occorre che facciate un po' pace, perché quello c'è ed è fermo, ed è diverso. Lo dico perché, se lo dice un segretario di partito alla ricerca di visibilità, possiamo anche non apprezzarlo, siamo contrari, non ci piace, ma, se lo dice la Presidente del Consiglio, questo è molto diverso, perché la Presidente del Consiglio impegna il Paese nei confronti delle istituzioni europee, impegna il Paese nei confronti dell'opinione pubblica tutta, diversamente da un segretario di partito, che può dirlo da una discoteca.

Lo dico anche a quei colleghi moderati che tendono a ridurre a campagna elettorale, a competizione, quasi a macchietta propagandistica queste dichiarazioni, questi tentativi di superare quelli che sono fermi limiti dello Stato liberale. Lo dico ai tanti parlamentari che so che ne hanno coscienza e non sono disponibili a seguire strade come quelle che hanno portato a Capitol Hill negli Stati Uniti, su cui dovremmo avere un giudizio condiviso, come per il passato in questo Paese sui tentativi di golpe che hanno attentato alla nostra democrazia.

Non si scherza con il fuoco, dovremmo tutti condividere dei limiti che sinora abbiamo dato per scontati e acquisiti, e non pensare che la volontà popolare li possa mettere in discussione, uscendo dai limiti delle norme di legge e di quella che è la nostra Costituzione.

Premesso questo, due parole su questo decreto vanno comunque dette, anche su questo merito che i colleghi precedentemente hanno particolarmente esaltato, facendo un elenco di cose da market: c'è questo per questo, c'è quest'altro per questo. Di questo decreto certamente non passerà alla storia il contenuto. È un decreto pasticciato, fatto di molte marce indietro. Pasticci che si sarebbero potuti evitare se solo il Governo si fosse fidato del Parlamento e non avesse ecceduto, come sta facendo, in bulimia da omnibus. Un esempio tra i tanti: avete usato un decreto che era nato per gli extraprofitti del sistema bancario e per gli abusi delle compagnie aeree nei voli di collegamento con il sistema insulare del Paese, che colpisce e tocca il 15 per cento della popolazione italiana, per rendere prima inefficaci quelle norme, già scritte male in partenza, per poi infilarci norme improprie, che potevano essere inserite in provvedimenti e in contesti più coerenti.

Segnalo, ad esempio, la polemica sull'applicazione del regolamento europeo che prevede il divieto delle munizioni con il piombo nelle zone umide. Avete scelto il decreto sbagliato e non la strada maestra, ovvero un atto con forza di legge del Governo solo su questo tema, che come gruppo vi avevamo sollecitato con specifiche interrogazioni parlamentari. Quell'atto avrebbe risolto molto prima e molto meglio la questione, non lasciando nell'incertezza quanti in questi giorni svolgono, per loro piacere, l'attività di caccia. Oppure, in subordine, bastava utilizzare la legge di delegazione europea in discussione in queste ore in questo stesso ramo del Parlamento, sulla quale il gruppo PD, con la prima firma del collega Vaccari, ha presentato articolati emendamenti che consentivano la coerente applicazione del regolamento, rifuggendo da dispute ideologiche che si cercano soltanto quando non si vogliono risolvere i problemi.

Peraltro i vostri emendamenti, per come sono stati scritti e ora approvati, rischiano solo di complicare la vita di chi sceglie - per sua scelta e per sua passione - di partecipare all'attività di caccia.

Ho citato una norma banale, che poteva essere affrontata avendo fiducia nel Parlamento e nella società civile, che è portatrice di sensibilità sul tema e che, trasformata in una forzatura, dovrà essere rivista e modificata nelle prossime settimane: di questo sono sicuro. Ma sul decreto ci sono soprattutto molte marce indietro e cose che ci potevano essere e che invece non ci sono. Sulle marce indietro cito per prima quella sugli extraprofitti bancari.

Riporto una storia diversa da quella che i colleghi hanno citato. Ricordo le testuali parole della Presidente Meloni nella conferenza stampa di presentazione di questa misura all'interno del decreto che è intitolato, lo ricordo, “disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici”. In conferenza stampa la Presidente Meloni - mi pare fosse assente il Ministro dell'Economia Giorgetti, se non sbaglio - dichiarò solennemente: tassiamo la differenza ingiusta tra interessi attivi e interessi passivi per sostenere famiglie e imprese. Di cosa si trattava? Insomma, nella norma c'era scritto che si operava un prelievo sugli istituti bancari pari al 40 per cento del margine di interesse registrato nel 2022 se eccedente per almeno il 3 per cento il valore dell'esercizio 2021, o se maggiore del margine registrato nel 2023 e superiore di almeno il 6 per cento rispetto al 2022.

Guarda caso, il giorno dopo, il Ministro Giorgetti, assente alla conferenza stampa - mentre i supporter della Presidente Meloni annunciavano urbi et orbi di avere trovato i soldi, insomma di essere i novelli Robin Hood, superando una palese ingiustizia per affrontare le criticità in atto, costo della benzina compreso - si affretta a precisare che ci sarebbe stato un tetto pari allo 0,1 per cento sul totale dell'attivo, quindi già smentendo quanto scritto nel decreto. Poi, con un giro di valzer, sempre nella vostra maggioranza, si sono modificate le percentuali di riferimento, fino alla proposta di uno dei vostri partiti, che ha presentato diversi emendamenti finalizzati a modificare e ad abbassare quel tetto massimo, soprattutto per le attività ponderate per il rischio.

Insomma, come è finita lo sapete. Mica è davvero un'imposta sulle banche, l'imposta è diventata opzionale. Chi non vuole pagarla lo può fare, e potrà destinare a riserva non distribuibile un importo di due volte e mezzo il suo valore. Tant'è vero che il gettito non è quantificabile, non c'è nella relazione economica. Non c'è perché non è quantificabile. Per questo motivo queste risorse, che prima pensavate di utilizzare nella manovra economica e finanziaria del 2024, non sono disponibili per quella manovra, perché la Ragioneria non le ha quantificate.

Di conseguenza, le misure che il Governo diceva di voler finanziare con la tassa dovranno aspettare il termine del versamento della tassa stessa da parte di coloro che decideranno di versarla oppure di destinarla - come prevede anche la legge - all'aumento del capitale; in pratica, se tutto va bene, dopo giugno 2024; altro che sostegno alle famiglie ed alle imprese adesso, quando è raddoppiato il costo della spesa, quando la benzina supera i 2,100 euro e quando tocca alle famiglie affrontare, per esempio, le spese per i figli, per l'avvio della scuola. Non c'è nulla da fare adesso, da questo punto di vista, perché voi avete rinunciato alle risorse che ritenevate di aver trovato.

Questa misura poteva essere costruita diversamente: era giusto intervenire con una tassazione di riequilibro visto che, a fronte degli aumenti dei tassi d'interesse voluti dalla Banca centrale europea, necessari per contrastare l'inflazione, gli istituti bancari non hanno riversato sui risparmiatori il maggior tasso positivo, mentre sono state sollecitate a incrementare gli interessi di chi aveva dei debiti. Ma un intervento così - lo dico al Governo - non si annuncia da dilettanti allo sbaraglio, per di più con una scrittura dei testi approssimativa dalla sera alla mattina. Le reazioni negative dei mercati ed il crollo della Borsa non solo hanno segnalato l'inadeguatezza della procedura, ma l'incapacità del Governo. Un potenziale introito di 2 miliardi è costato al sistema bancario italiano 10 miliardi di perdite; peraltro, perdite dei risparmiatori e degli investitori, non delle banche in sé, che perdono valore, ma restano.

Ma voi vi fidereste di un Governo così superficiale, che gioca al piccolo chimico con la finanza e con i risparmi degli italiani? Lo chiedo agli italiani: io penso che non si possano fidare di un Governo che gioca al piccolo chimico, toccando cose che non dovrebbe toccare e facendolo come fanno dei bambini incompetenti, e per questo incoscienti, per poi far finire tutto in una burletta, con buona pace di quanti si aspettavano risorse aggiuntive a disposizione; burletta che, se può sembrare una parola aggressiva, mi sembra anche quella giusta per commentare quanto avvenuto sul caro voli. Peraltro, siccome non vi accorgete di quello che fate, state ripetendo la stessa cosa anche con riguardo al carrello della spesa tricolore - come l'avete chiamato -, che evidentemente è già un fallimento.

Quello del caro voli è un tema che abbiamo più volte sollevato, chiedendo al Governo interventi immediati per sottrarsi al ricatto delle compagnie aeree che garantiscono quelle tratte, a cominciare da Ryanair. Noi non abbiamo mai affiancato Ryanair nel suo approccio arrogante, ma i voli nei mesi estivi e nei periodi festivi sono stati quotati per la Sicilia e per la Sardegna a prezzi che nemmeno la tratta internazionale Roma-New York raggiunge e proprio nel periodo nel quale ogni famiglia tenta di raggiungere il proprio luogo di origine e si vuole concedere dei giorni di riposo nella regione da cui proviene e da cui in qualche modo si è spostata per lavorare.

Insomma, con il decreto, annunci fragorosi: “è fatta, si ridimensiona, non si supera il 200 per cento del prezzo medio”; ma poi tutto un fallimento, per di più con l'umiliazione della marcia indietro. Ma noi l'abbiamo detto subito: ricordo con chiarezza che abbiamo chiesto al Governo se la norma riguardante la concorrenza dei vettori europei fosse stata concordata con la Commissione oppure fosse nata - come appariva - in qualche ufficio ministeriale più dedito alla propaganda che alla gestione tecnica di norme delicate proprio perché vanno oltre i confini italiani.

E non abbiamo gioito - noi no - degli insulti dell'amministratore delegato di Ryanair che ha sbeffeggiato e umiliato il Governo, perché noi abbiamo cura e rispetto delle istituzioni e non vogliamo che il Paese sia bullizzato, come invece è avvenuto per i vostri errori.

E poi la fragorosa marcia indietro: una norma scritta male, non concordata, utile solo a fare propaganda per due giorni, dal 9 al 10 agosto, con i biglietti aerei di sola andata che costavano 400 o 500 euro, oppure con i traghetti per la Sardegna che costavano 1.400 euro per una cabina di 4 persone e una macchina piccola; 1.400 euro con il decreto del Governo lì. Ma non vi sentite lontani dalla realtà e da quello che realmente serve alle persone? Tanto rumore per nulla, cari colleghi!

Insomma, il possibile aumento del 200 per cento di tariffa è stato solo un'indicazione in relazione alla quale adesso ci può essere una verifica ed un possibile intervento dell'Antitrust.

Ma guardate che l'Antitrust poteva intervenire anche prima, nessuna delle norme che sono state aggiunte modifica i poteri dell'Antitrust, che poteva intervenire anche prima. Non cambierà nulla, peserà ancora su un diritto alla mobilità che è negato a tutti i residenti delle isole; ripeto: sono 7,5 milioni di persone. E non basta, caro Presidente, istituire una Commissione bicamerale per il contrasto degli svantaggi derivanti all'insularità, se poi le azioni che il Governo fa sono queste. Così come state già giocando con i tagli ai progetti del PNRR; si vede in questo approccio, così come sul tema della continuità territoriale, che c'è una parte del Paese che vi interessa e una parte del Paese che non vi interessa.

Ancora, scusatemi colleghi, una burletta è poi la storia dei taxi: nelle grandi città non si trovano, non ci sono, è difficile muoversi utilizzando il mezzo privato ma, dopo i grandi annunci del Governo, alla fine, anche qui, la montagna ha partorito il topolino, non il giornale Topolino con il ponte sullo Stretto, riguardo al quale vorrei rappresentare che quella storia finisce male perché il ponte crolla, quindi non è neanche il caso di pubblicizzarlo troppo. Ecco l'idea originaria era di consentire di accordare altre licenze da vendere, regalare e affittare a chi ne ha già una, in particolare in alcuni momenti della stagione, quando i flussi turistici straordinari, in occasione di grandi eventi, rendono impossibile l'accesso a questo trasporto. Anche lì, alla fine, una montagna che partorisce un topolino: tanto rumore per nulla, solo licenze aggiuntive temporanee o stagionali per non più di 12 mesi di durata e, per di più, riguardanti una sola licenza, come se il tassista debba soltanto pensare a un subordinato a cui concedere occasionalmente una licenza aggiuntiva. Guardate che questo non risolve il problema, che ormai è strutturale, peraltro ci avviciniamo al Giubileo e Roma sarà ostaggio di questa carenza, che non si può risolvere all'ultimo momento. Il Giubileo è vicino, manca solo un anno e si sente e si vede già quello che in qualche modo ci aspetta in questa città, dove non è possibile neanche trovare alberghi in cui risiedere e sostare.

Poi - concludo, Presidente - c'è tutto quello che non manca e qui cito soltanto poche cose. La prima riguarda l'alluvione in Emilia-Romagna: quello che c'è in questo decreto è soltanto la rimodulazione di finanziamenti che già da subito il presidente della regione Emilia-Romagna, Bonaccini, aveva segnalato fossero inutili. Mettere a disposizione mezzo miliardo di euro per la cassa integrazione o 300 milioni per l'internazionalizzazione, quando invece la gente ha bisogno di risorse per ricostruire le case e ristrutturare le imprese, rappresenta, è evidente, soltanto una forma di propaganda per dire che sono stati messi due miliardi subito, mentre invece non ci sono.

E quando ci si esalta dicendo che ci sono ben 500 milioni in questo decreto, segnalo che i conti ormai ufficiali dicono che siamo più vicini ai 9 miliardi, che servirebbero subito, come peraltro questo Paese è stato in grado di fare in altri tempi con il terremoto dell'Emilia-Romagna. Non si può solo dire che quell'alluvione è come il terremoto e poi non agire conseguentemente con tutte le norme che sono già scritte, certificate, conosciute, che funzionano e hanno funzionato, rendendo l'Emilia-Romagna un esempio di ricostruzione post terremoto, così come sta già diventando ora un esempio - nonostante manchino le risorse per colpa vostra - con la reazione ad un'alluvione devastante.

I nostri emendamenti richiedevano semplicemente che si affrontassero alcuni temi, come ad esempio la possibilità di mettere in rete le amministrazioni dello Stato, di delegare ad ANAS alcune cose e ad altre strutture dello Stato altre cose per facilitare e velocizzare il lavoro del commissario. Invece niente, così come niente è stato dato, anzi è stato dato un bel “no” al credito d'imposta ai finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione, che pure in occasione del terremoto hanno avuto successo e sono stati tra le leve che hanno velocizzato. Insomma, davvero pensate di andare in Emilia-Romagna - oppure starete al largo - per dire che avete stanziato 500 milioni dopo 6 mesi dall'alluvione, 500 milioni su 9 miliardi? Il consiglio che do è che su quel tema - al di là della scelta ideologica che avete fatto di impedire ai presidenti di regione di essere commissari - vi mettiate invece ad ascoltare l'esperienza concreta di quella terra nel ricostruire e ne seguiate le indicazioni, ascoltando quello che lì sanno fare e che hanno già dimostrato di fare bene. Questo per dire cose che non ci sono.

Quello che c'è, invece, ancora, oltre che rappresentare una “marcia indietro”, è una cosa bellissima: per esempio, il superamento del limite di compenso stabilito dalla normativa nazionale per gli amministratori della società per il ponte sullo stretto di Messina. Su questo siete andati velocissimi: non bastavano i 240 mila euro per i componenti del consiglio d'amministrazione e l'amministratore delegato; dovevate mettere di più, siamo oltre questa cifra e questo l'avete fatto subito. Così come questo strano commissario per gli investimenti esteri: voi siete sicuri di dare a un commissario i poteri di superare tutte le leggi, salvo quelle penali? E, per esempio, quelle che riguardano l'igiene e la sanità, la salute dei cittadini, quelle non contano? Ancora, siete sicuri che davvero in questo momento serviva mettere 2,5 miliardi per comprare le quote della nuova società, oppure quei 2,5 miliardi per la fibra ottica invece servivano di più per emergenze ed urgenze del Paese?

Io penso che si poteva fare diversamente e fare assolutamente scelte più cogenti e più importanti. Mi fermo su questi aspetti, ma ci sarebbero molte altre “perle” da segnalare nel vostro decreto-legge, ma non vale la pena di farlo in un'Aula che è chiamata solo a ratificare. Noi non ci fermeremo, comunque, nel denunciare questa anomalia, questa trasformazione del bicameralismo in un monocameralismo di fatto, continueremo a farlo dappertutto, nelle piazze e nei luoghi di lavoro, parlando a famiglie e imprese, così come parleremo di quello che non c'è in questo decreto-legge, delle prese in giro che sono alla base di questo provvedimento. Il nostro giudizio lo conoscete: quello che vi daranno i cittadini come giudizio non tarderà ad arrivare e non saranno i sondaggi influenzati dalla occupazione televisiva manu militari, ma saranno quelli influenzati dalle mani guidate dalla reazione alle tante ingiustizie che state procurando, dalla sofferenza dell'impoverimento ingiusto delle persone che pure, con fiducia, vi hanno votato credendo alle vostre promesse e ora iniziano a registrare i tradimenti di queste promesse (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tosi. Ne ha facoltà.

FLAVIO TOSI (FI-PPE). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, questo decreto-legge, cosiddetto Asset, perché interviene su una serie di materie strategiche per la nostra economia e la società - trasporti, attività produttive, agricoltura, ambiente, telecomunicazioni, economia e finanze -, è un provvedimento completo. Prevede misure che sono delle risposte: proprio adesso abbiamo sentito un intervento critico, ma che non fa proposte, non dà soluzioni, non dà alternative, ma si limita semplicemente ad una sterile critica, che è classica di quella parte politica. È un provvedimento che è stato limato, modificato positivamente dai colleghi senatori. Contiene, come detto, una serie di misure - alcune sono state già illustrate da altri colleghi di maggioranza -, io mi concentrerò su alcune poche tematiche che riteniamo più rilevanti e che presentano, in qualche caso, alcune criticità da risolvere.

Si è parlato molto della misura sulle banche, della tassazione dell'extra gettito delle banche; qui non è questione di avercela con le banche o di essere a sostegno e a favore delle banche. Le banche fanno parte del nostro sistema economico e produttivo. C'è un interesse reciproco: delle banche a prosperare, ma le stesse hanno però interesse che il sistema economico regga e funzioni; e il sistema economico del Paese ha interesse che le banche siano solide: gli uni tengono insieme gli altri.

Si è partiti da una stesura della norma, che era debole dal punto di vista normativo e della costituzionalità, non condivisa con il sistema bancario, con il quale comunque è opportuno confrontarsi: quando si adotta un provvedimento nei confronti di una categoria - e le banche rappresentano ovviamente un interesse privato -, ci si confronta con quella categoria portatrice di quegli interessi, al fine di scrivere il meglio possibile un provvedimento.

Ricordo che la stesura iniziale dello stesso aveva portato, nel primo giorno di riapertura delle Borse, a “bruciare” in Borsa 12 miliardi di euro, in particolare del mondo delle banche, perché il provvedimento era stato visto come una vessazione, presentando alcune criticità. Si è riscritto modificandolo positivamente - e, in questo, il partito di Forza Italia sicuramente ha avuto una parte importante - prevedendo di passare dall'attivo complessivo a quello ponderato, considerando che è interesse del nostro Paese che i titoli di Stato non siano inclusi in un provvedimento che porterebbe a disincentivare l'acquisto dei titoli stessi e considerando anche che le banche non sono tutte uguali.

Ci sono grandi e piccole banche; ci sono, inoltre, banche - in particolare, pensiamo al mondo del credito cooperativo - che hanno anche obblighi statutari diversi, perché devono accantonare gran parte dell'utile e metterlo a patrimonio. In questi casi, quindi, la tassazione va differenziata. È stata studiata un'alternativa - che è positiva per il sistema bancario, ma anche per l'interesse del Paese - che è quella di prevedere che una banca o versa l'imposta dovuta, con questo provvedimento, allo Stato oppure mette a riserva patrimoniale due volte e mezzo l'imposta dovuta. In questo caso, lo Stato rinuncia a una sua prerogativa, ma rafforza il sistema bancario: il rafforzamento del sistema bancario - come si diceva in precedenza - persegue il giusto interesse della tenuta complessiva del sistema, dopo che la BCE ha, immotivatamente e ingiustamente, aumentato i tassi d'interesse, generando sì questi extraprofitti, ma creando grandi difficoltà alle imprese, alle famiglie e al nostro Paese, anche evidentemente con un riflesso sui costi per l'energia. Alla fine, questo è un provvedimento equilibrato, che chiede correttamente alle banche, nella giusta misura, di contribuire in questo momento di difficoltà del Paese.

Si è discusso molto della misura sui taxi, che, in realtà, vede protagonista negativa in particolare la città dalla quale parliamo: perché è vero che in tutte le città ci sono momenti anche di picco derivanti da fiere, dal turismo, da particolari afflussi periodici, tuttavia la criticità che vive Roma - noi parlamentari lo sappiamo, ma lo sanno i cittadini, lo sanno gli imprenditori, lo sa chiunque vive in questa città - viene scaricata dal Sindaco Gualtieri sui taxi, pensando di risolvere il problema, perché giustamente il Governo ha previsto che siano i sindaci a valutare e ad affrontare questa situazione per una problematica diversa città per città, con soluzioni diverse.

È giusto anche trovare delle misure provvisorie, con la possibilità di guide aggiuntive e con la possibilità di dare una licenza aggiuntiva; tuttavia - e questo lo dico al sindaco della città della quale parliamo - questo problema a Roma deriva dall'incapacità di gestire il trasporto pubblico locale, perché a Roma la crisi derivante dalla incapacità di far funzionare bene il trasporto pubblico porta gran parte dell'utenza, che normalmente dovrebbe afferire al trasporto pubblico, che sarebbe la soluzione per i lavoratori e per i turisti, a prendere il taxi, taxi che in questa città, lo dico da ex sindaco e quindi da persona che ha sottoscritto l'accordo con le categorie, hanno anche tariffe molto più basse del resto del Paese, soprattutto rispetto ai capoluoghi del resto del Paese. Quindi, questo sposta ancora utenza sul taxi, perché tre turisti, se prendono il taxi in stazione e vengono in centro, spendono lo stesso che spenderebbero prendendo l'autobus. Quindi, è evidente che questo rende il taxi un sostitutivo improprio del trasporto pubblico locale: se tu aumenti le licenze in una città come quella di Roma, senza rimediare ai problemi del trasporto pubblico, che sono una esclusiva responsabilità dell'incapacità gestionale dell'attuale amministrazione e di quella che l'ha preceduta, non è che risolvi. Infatti, vi sono in questa città 8.000 licenze - io penso alla mia città, Verona, dove sono meno di 200, e Verona ha poco meno di un decimo degli abitanti di Roma, quindi qui ci sono 40 volte le licenze di Verona - con tariffe basse, con una responsabilità lavorativa pesantissima ai danni dei tassisti, perché lavorano moltissime ore, con una bassa retribuzione e una svalutazione delle loro licenze. Introdurne di nuove svaluterebbe ulteriormente il loro lavoro, abbasserebbe la qualità. Quindi, questo provvedimento va nella giusta direzione nel prevedere che ogni sindaco si assume la responsabilità di confrontarsi, nella sua città, con questa categoria di lavoratori, che vanno incentivati, che vanno sostenuti per il lavoro che fanno, con responsabilità e competenza; invece, in questa città abbiamo l'irresponsabilità e l'incompetenza di un'amministrazione che non sa gestire il trasporto pubblico e cerca di scaricare sul trasporto dei taxi la responsabilità di incapacità altrui. Il provvedimento va, appunto, nella giusta direzione di mettere i sindaci, il sindaco di Roma in particolare, davanti alle proprie responsabilità.

Sulla questione trasporto aereo siamo intervenuti; chi ha governato prima di noi non l'ha fatto, ma noi siamo intervenuti. È vero, si è dovuto interloquire con la Commissione europea, perché è chiaro che si interviene su una materia che è collegata a un interesse privato, in particolare quello di compagnie low cost straniere; e credo che facciano specie l'ingratitudine, la mancanza di rispetto, che queste compagnie straniere hanno dimostrato nei confronti di un Paese grazie al quale fanno affari, prosperano e, sulla pelle dei nostri concittadini, praticano tariffe immorali - su questo credo siamo tutti d'accordo -, soprattutto basate sulla profilazione dei clienti e sui tempi di prenotazione dei voli stessi.

Questo provvedimento fa quello che è possibile all'interno della normativa europea. È chiaro che tutti avremmo voluto qualcosa di più e qualcosa di diverso, ma, nell'ambito della legislazione europea, questo era possibile fare, evidenziando anche - e questa è una norma di trasparenza contenuta in questo provvedimento - gli aiuti che queste compagnie ricevono dallo Stato. Infatti, è chiaro che noi abbiamo una compagnia nazionale in crisi ed è in crisi anche per la concorrenza, tutto sommato, forse, sleale che certi operatori low cost stranieri hanno potuto applicare in questo Paese. Quindi, questo provvedimento interviene nei loro confronti, cercando di limitare questi eccessi, ripeto, nei limiti di quello che la normativa europea consente.

Veniamo - visto che ne ho accennato - alla nostra compagnia di bandiera, ITA, ex Alitalia. Il provvedimento interviene con un'interpretazione normativa, però credo - e questo lo dico al Governo, questa, secondo me, è la criticità che c'è ancora all'interno di questo decreto da convertire - che non sarà quell'interpretazione normativa a risolvere il problema dei contenziosi, delle centinaia di contenziosi che finora vedono - giustamente, devo dire - vincitori gli ex lavoratori Alitalia, perché da tutti i tribunali interessati, dai tribunali del lavoro, è stata sancita la continuità. È introdotta, in questo decreto, una norma rispetto all'interpretazione della continuità, ma, ripeto, secondo me, quella non è la soluzione, come non è la soluzione mettere un tetto massimo alla cassa integrazione per i lavoratori Alitalia, che è erga omnes, uguale per tutti, di 2.500 euro lordi al mese, quando ci sono diverse categorie di lavoratori, alcuni dei quali altamente qualificati - pensiamo ai piloti -, i quali si vedranno, con questa cassa integrazione, corrispondere un terzo o un quarto di quello che è il loro stipendio originario. Quindi, anche questo penso sia un punto sul quale questa maggioranza e questo Governo dovranno riflettere, con ulteriori provvedimenti.

Però, ripeto, al di là di questa, che è una criticità che rimane, ci sono provvedimenti per l'agricoltura, per la vitivinicoltura - sono stati ricordati in precedenza -, per la cattura del granchio blu, che è un inizio di quello che si dovrà fare, perché questa è una grande emergenza per alcuni territori, penso al nostro Veneto in particolare e alla laguna e al Polesine. Ci sono interventi per la velocizzazione dell'utilizzo dei fondi del PNRR, ci sono 18 milioni a favore della manutenzione stradale per i piccoli comuni, ci sono fondi per aiutare i comuni in dissesto, per uscire dal dissesto senza penalizzare ulteriormente i loro cittadini, perché è vero che ci sono responsabilità, spesso, di precedenti amministrazioni nei comuni in dissesto, ma, poi, sono i cittadini a pagare queste criticità e queste difficoltà, mentre, invece, bisogna fare in modo che questi cittadini non paghino ingiustamente le colpe di amministratori che hanno sbagliato.

C'è una misura, sulla quale siamo intervenuti personalmente, siamo intervenuti come Forza Italia - Forza Italia è stata determinante nell'approvazione -, che riguarda l'Autorità di regolazione dei trasporti, la quale incideva, e, evidentemente, ricavava anche profitti, su tutto il trasporto nazionale, quindi il trasporto su gomma, il trasporto su rotaia, il trasporto aereo, il trasporto su nave. Ma è chiaro che l'Autorità di regolazione dei trasporti nasce principalmente per la concorrenza tra Italo e gli operatori nazionali e, quindi, andava a incidere, giustamente, su settori in cui bisognava tutelare il libero mercato, la libera concorrenza: le ferrovie, appunto il trasporto aereo, dove ci sono gli slot, i porti, perché ci sono, anche lì, delle pubbliche concessioni. Era stato inserito impropriamente, all'inizio, il trasporto merci su gomma, che non è soggetto a nessuna regolamentazione - nessuno dice di un camion quando parte, da dove parte e dove arriva, perché è un mercato completamente privato - e, quindi, giustamente, questo Governo - ringrazio anche il Ministro Salvini, che ha accondisceso alla proposta del Sottosegretario Ferrante di lavorare in questo senso - ha tolto il trasporto merci su gomma dalla competenza dell'ART, facendo un provvedimento giusto nei confronti di una categoria che, fra l'altro, in questo momento, è in particolare difficoltà.

Chiudo rispetto alla polemica che ho sentito da parte del collega sull'alluvione di maggio in Emilia-Romagna, perché questo provvedimento mette i soldi che servono in questo momento, nella giusta misura. È chiaro che serviranno miliardi per la ricostruzione, ma non si è mai visto che si paghi in anticipo la ricostruzione.

Si trovano e si mettono, come ha fatto giustamente questo Governo e come sta facendo questa maggioranza, le risorse che servono nel momento giusto, con le giuste modalità e, quindi, attraverso il generale Figliuolo che, credo, tutti, trasversalmente, abbiano riconosciuto come persona capace e competente nel gestire le emergenze. Quindi, al di là delle critiche senza costrutto, delle critiche senza proposta, questo è un provvedimento che incide su una serie di asset - la sua denominazione è provvedimento Asset - che cercano di aiutare il nostro sistema economico e le nostre famiglie e, per questo, Forza Italia lo voterà convintamente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cappelletti. Ne ha facoltà.

ENRICO CAPPELLETTI (M5S). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, gentili colleghi e colleghe, nonostante avessimo lasciato in dotazione a questo Governo oltre 200 miliardi di investimenti per il PNRR, che avrebbero dovuto far volare la nostra economia, e nonostante nel biennio 2021-2022 abbiamo avuto una crescita del PIL del 12 per cento - da “tigre asiatica” - e, si badi bene, contemporaneamente una riduzione del 10 per cento del debito pubblico - non un aumento, una riduzione del 10 per cento del debito pubblico - il provvedimento in discussione arriva in un momento tutt'altro che facile per il Paese. L'economia vacilla sotto il peso di un PIL passato addirittura in territorio negativo, la produzione industriale è in picchiata, i tassi sono andati alle stelle e causano il blocco degli investimenti, le famiglie devono far fronte ad un carrello della spesa alleggerito dal caro prezzi, la benzina è sopra i 2 euro ormai stabilmente e il caro mutui rischia di far finire all'asta molte delle case degli italiani. In un contesto così difficile, ci saremmo aspettati, dunque, misure anticicliche per far ripartire l'economia, ma in questo provvedimento non ne abbiamo trovata neanche una. Ci saremmo aspettati misure per contrastare l'inflazione e il rialzo dei tassi di interesse. Dopo la drammatica caduta del PIL - lo ricordo, meno 0,4 - nel secondo trimestre di quest'anno, Confindustria stima un PIL debole anche nel terzo e nel quarto trimestre. Sono calati, sempre secondo Confindustria, la manifattura, le costruzioni e i servizi. Credito e liquidità sono in caduta, sono particolarmente colpite le famiglie che hanno acceso mutui per la casa. Quale politica è posta in essere dal Governo per aiutare le famiglie che rischiano di vendere o, meglio, rischiano di trovarsi nella condizione di vedere la propria casa messa all'asta? Nessuna. Risale anche il costo dell'energia e dei carburanti. Il Governo, per contenere i rincari, ha previsto l'obbligo di esposizione del cartello con i prezzi medi ai distributori, ma è sotto gli occhi di tutti che ha ottenuto l'effetto contrario, cioè di far alzare il prezzo medio della benzina nel nostro Paese. Calano, sempre secondo Confindustria, anche i consumi e gli investimenti e latita la domanda estera. Quali politiche per contrastare questo andamento? Nessuna. Ancora, sugli obiettivi prefissati, quali l'efficientamento energetico, la riduzione dei costi dell'energia elettrica in bolletta, la riduzione delle emissioni climalteranti a vantaggio della salute, lo slancio del mercato del lavoro, avete fatto qualcosa? Non avete fatto nulla.

Quali sono, allora, le priorità di questa maggioranza e di questo Governo? Vediamole in questo decreto. Primo punto: avete pensato bene di regalare agli amministratori, ai titolari e ai componenti degli organi di controllo della società Stretto di Messina la soppressione del tetto dei 240.000 euro di stipendio all'anno. Fatemi capire bene. Per voi di maggioranza e Governo la priorità nazionale è quella di aumentare lo stipendio di chi percepisce già 240.000 euro all'anno? Cioè, state utilizzando un decreto-legge, un provvedimento che deve essere utilizzato solo in casi straordinari di necessità e urgenza, per alzare le remunerazioni oltre i 240.000 euro? Complimenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Davvero un provvedimento sociale che va nella direzione di una maggiore equità, una priorità, questa, sicuramente attesa dai cittadini. Paradossale, poi, che, mentre per alcuni fortunati togliete il tetto dei 240.000 euro perché possano guadagnare di più, per tutti gli altri, quelli meno fortunati, siete ostinatamente contrari all'introduzione del salario minimo. Mai la frase “forti con i deboli e deboli con i forti” è stata più calzante.

Certo, questo decreto non si occupa solo della necessità ed urgenza di incrementare gli stipendi oltre i 240.000 euro all'anno di alcuni, si occupa - anche se dovrei dire si occupava - anche di tassare gli extraprofitti delle banche. Ho detto “si occupava” perché poi, su imposizione di Forza Italia, che è intervenuta prima di me, avete ingranato la retromarcia e siete tornati indietro.

Mi consenta, Presidente, è esilarante l'intervento della Presidente del Consiglio, Meloni. Negli “Appunti di Giorgia” del 9 agosto ha dichiarato: “In questa situazione difficile è fondamentale che le banche si comportino nel modo il più possibile corretto. Stiamo registrando utili record - ovviamente riferendosi al sistema bancario - e abbiamo deciso di intervenire introducendo una tassazione del 40 per cento sulla differenza ingiusta del margine di interesse. Una tassazione che è non una tassa su un margine legittimo, ma una tassa su un margine, appunto, ingiusto”. Così dichiarava la Presidente del Consiglio. Ora, qualcuno in quest'Aula mi può indicare in quale parte di questo decreto compare quanto ha dichiarato a 60 milioni di italiani la Presidente del Consiglio Meloni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Chiaramente è una domanda retorica, lo sappiamo benissimo, non compare da nessuna parte. La maggioranza ha fatto un passo indietro. Allora, perché la Presidente del Consiglio non si scusa con i cittadini per questa ennesima promessa non mantenuta?

È bene ricordare, poi, che l'iniziativa del Governo di tassare gli extraprofitti è arrivata dopo che il Governo ha risposto “no” per ben 7 volte alle richieste del MoVimento 5 Stelle - indovinate, indovinate - di introdurre una tassazione sugli extraprofitti bancari. Mi ha creato molto stupore, quindi, sentire la Premier dichiarare che fosse stata una sua iniziativa, omettendo di dire che proveniva dall'opposizione e che per 7 volte era stata data risposta negativa. Sappiamo che dire la verità non è proprio una sua abitudine. Però, ammettiamo per un momento, pure per assurdo, che fosse stata effettivamente un'iniziativa della Presidente e che i 7 dinieghi ad altrettante richieste del MoVimento 5 Stelle fossero stati conseguenza di un'incomprensione. Ebbene, fare, poi, una clamorosa marcia indietro su una proposta sulla quale ci ha messo la faccia fa sembrare il tutto una barzelletta. Insomma, tanto rumore per nulla perché, se andiamo vedere le note tecniche al provvedimento, vediamo che è sparita pure la stima del gettito, cioè non si sa né se né quando verrà mai incassato dallo Stato. Il prelievo sarà dunque dato dalla differenza fra l'esercizio 2021 e quello 2023, ma lo spettacolare talento, la spettacolare creatività di chi ha scritto questa norma nella sua ultima riformulazione sta nell'aver garantito alle banche la possibilità di evitare del tutto il pagamento dell'imposta, versando alternativamente una somma per rafforzare le proprie riserve. Il risultato è un gettito molto facile da prevedere, cioè uguale a zero. Secondo voi, quale banca deciderà di pagare una tassa piuttosto che rimpinguare le proprie riserve? Nessuna. Insomma, la tassa sugli extraprofitti bancari si è rivelata la classica montagna che ha partorito il topolino, ma qui molto probabilmente nelle casse dello Stato non entrerà neppure quello.

Altra norma clamorosamente annunciata e, poi, stralciata, questa volta dal Ministro Urso, è quella sul caro voli. Sappiamo tutti che il costo troppo elevato dei voli in estate, in particolare da e per la Sardegna e la Sicilia, è purtroppo un problema reale. Qual è la possibile soluzione? Ebbene, una possibile soluzione, per esempio, è di vigilare meglio perché ci sia effettivamente una vera concorrenza fra vettori aerei. Il Governo, invece, che cosa fa? Annuncia una tariffa massima del 200 per cento sulla tariffa media, senza, per carità, specificare l'orizzonte temporale, ma poi, quando si rende conto che questa misura avrebbe fatto scappare alcune compagnie aere, la ritira.

In conclusione, dobbiamo prendere atto che questo Governo di destra, benché avesse tentato di fare la voce grossa con le compagnie aeree, alla fine, ha ceduto su tutta la linea, facendo ancora una volta un imbarazzante dietro front e dimostrando una certa dote, lasciatemelo dire, d'improvvisazione e inadeguatezza.

Ancora, nella parte del decreto recante misure urgenti per le produzioni vitivinicole, sono state inserite previsioni di favore per l'esercizio della caccia, scavalcando, peraltro, il divieto dell'Unione europea di utilizzo delle cartucce al piombo. Ora, se questo, Presidente, non è voto di scambio, veramente non saprei come definirlo. Che da questa idiozia consegua l'apertura di nuove procedure d'infrazioni comunitarie che sottrarranno ulteriore milioni di euro alle casse dello Stato - ce ne sono già 80 pendenti -, evidentemente, non interessa nulla alla maggioranza e al Governo, l'importante è tenersi buona la lobby dei cacciatori, tanto più se finanzia, come accade in Veneto, Presidente, i partiti di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Colleghi, vorrei cogliere la vostra attenzione anche sull'articolo 13 per la realizzazione di programmi di investimento esteri di interesse strategico nazionale. Si tratta di grandi programmi di investimento esteri diretti sul territorio italiano dal valore complessivo di almeno 1 miliardo di euro che potranno essere realizzati attraverso la nomina di Commissari straordinari, che opereranno in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatti salvi, naturalmente, le leggi antimafia, quelle sulla golden power e i vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. Ma queste deroghe erodono la sovranità nazionale per favorire e facilitare investimenti stranieri che, giocoforza, andranno ad essere in concorrenza ad eventuali investimenti nazionali che dovranno, invece, continuare a essere realizzati nel pieno rispetto delle regole che, invece, gli altri possono derogare. Ma, quindi, Presidente, altro che patria, altro che made in Italy, questa sembra una misura per introdurre concorrenza sleale ai danni delle imprese del nostro Paese, nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Ora, il MoVimento 5 Stelle si è battuto al Senato per cancellare questa norma e riproporremo la sua abrogazione anche qui alla Camera.

Il tema Tim è un'altra nota dolente in questo provvedimento. L'articolo 13-bis concerne la cosiddetta NetCo di Tim e, quindi, il futuro della rete nazionale e delle telecomunicazioni. Considerata la straordinaria rilevanza strategica di questo asset, mi sarei aspettato, da un Governo che si autodefinisce “sovranista”, l'impegno a rimanere in modo significativo in quest'asset, per poterne influenzare le politiche, non ultime quelle di tipo occupazionale. Invece, ci troviamo senza un piano industriale e senza alcun vero potere decisionale. Appare una rinuncia del Governo a esercitare le sue prerogative. Se in questo caso l'obiettivo del Governo era di fare il debole con i forti, mi pare che ci siate riusciti.

Per le emergenze peronospora e granchio blu, il Governo ha stanziato risorse, ma decisamente insufficienti rispetto alle necessità. Per ristorare le perdite di migliaia di imprese vitivinicole, il Governo ha pensato all'inizio che fosse addirittura sufficiente solo 1 milione di euro, così era nato il decreto, ovviamente, per tutte le imprese in tutta Italia. Poi, in fase emendativa, sono stati aggiunti altri 6 milioni. Bene, ma restano comunque pochi. L'Italia è storicamente il più grande produttore di vino in Europa. Attenzione, solo quest'anno, che per coincidenza vi vede essere al Governo, potrebbe esserci il sorpasso, purtroppo, da parte della Francia, ma, in ogni caso, sono dati, questi, che impongono di elargire adeguate risorse per un segmento che è trainante per il mondo agricolo italiano, ma che è anche simbolo del made in Italy nel mondo. Invece, si lasciano, di fatto, migliaia di imprese sostanzialmente in balia di se stesse.

Analoghe riflessioni valgono anche, purtroppo, per l'emergenza del granchio blu. Le risorse stanziate sfiorano i 3 milioni, ma non sono sufficienti e per di più il problema è aggravato dalla raggelante soluzione proposta dal Ministro Lollobrigida di consentire la pesca a strascico entro le 3 miglia dalla costa. Ma, davvero, siamo veramente sicuri che deturpare l'ecosistema marino sia la soluzione migliore per contrastare la minaccia del granchio blu? In realtà, in questo modo, aumentiamo solamente il danno ambientale che si somma a quello economico.

Nulla, poi, è fatto sul fronte della filiera dopo la raccolta, il riutilizzo e il riciclo. Eppure ci sono delle best practice in termini di economia circolare che andrebbero sostenute, incentivate e promosse. Insomma, lo stanziamento previsto dal Governo è necessario, ma non sufficiente e soprattutto si perde l'occasione per facilitare la nascita di una gestione virtuosa del problema, andando a promuovere la filiera a valle della cattura.

Anche rispetto ai taxi, quest'estate avete annunciato roboanti misure straordinarie per rispondere all'opinione pubblica che lamentava una vera e propria emergenza stagionale, ma a distanza di quasi due mesi, da quando il decreto ha iniziato a produrre i suoi effetti, appare chiaro che non è stato risolto nulla. La strategia usata dalla maggioranza e dal Governo è sempre la stessa: la formula prevede un annuncio altisonante a reti unificate per occupare le prime pagine dei giornali e rassicurare i cittadini rispetto alla soluzione del problema; successivamente, non fate nulla, oppure fate qualcosa solo per dire che avete fatto qualcosa. In alcuni casi, addirittura fate il contrario, tanto la necessità di una soluzione alla questione non è più sulle prime pagine dei giornali.

Sul tema relativo alla ricostruzione post-alluvione in Emilia-Romagna, siamo in presenza di un tradimento delle promesse che avete fatto e che aveva fatto addirittura la Presidente Meloni, assieme a diversi Ministri, nelle varie sfilate elettorali subito dopo l'alluvione, promettendo giustamente agli alluvionati di indennizzare loro il 100 per cento dei danni. Mi lasci dire, signor Presidente, che da chi invocava, durante la pandemia, che il Governo avrebbe dovuto dare 1.000 euro a tutti i cittadini, con versamenti diretti nei conti correnti, ci saremmo aspettati ben altro, soprattutto in termini di velocità della risposta dello Stato agli alluvionati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Assistiamo, invece, a un fallimento totale degli obiettivi iniziali che il Governo stesso aveva posto! Mi riferisco alle dichiarazioni di mettere 4,5 miliardi a disposizione per la ricostruzione. Nella realtà, tutta la frammentazione introdotta da diversi Ministri ha determinato l'impossibilità dell'utilizzo anche delle poche risorse assegnate, per cui oggi mancano ancora risorse per ricostruire le strade e per mettere in sicurezza il territorio. Soprattutto, queste che arrivano sono, di fatto, le prime risorse a disposizione del commissario per indennizzare famiglie e imprese, risorse - è bene ricordarlo - molto lontane dal miliardo che era previsto.

Certo, mancano risorse, mancano sempre risorse. Maggioranza e Governo dichiarano di non avere risorse per colpa del MoVimento 5 Stelle, che ha mandato in rovina il Paese con il superbonus 110 per cento. Questo è preso a capro espiatorio di ogni inadeguatezza e lo è anche in questo decreto, che impiega risorse drammaticamente insufficienti anche nei confronti degli alluvionati. Ora, dunque, mi chiedo: non è vero, ma anche fosse vero che la causa di tutti i mali del nostro Paese è il superbonus 110 per cento, perché voi, di maggioranza e di Governo, fino a pochi mesi fa - in qualche caso, fino a qualche giorno fa, cioè fino a giovedì - avete proposto di estendere il superbonus 110 per cento in ogni ambito e di prorogarne tutte le scadenze (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)?

Ma facciamo anche nome e cognome, perché a sostenere il superbonus 110 per cento è stato mezzo Governo Meloni. Perché il Ministro Giorgetti non ebbe nulla da eccepire quando il segretario del suo partito, Salvini, lo definì misura fondamentale per l'edilizia? Perché Giorgetti non disse nulla quando Salvini presentò una modifica legislativa per estendere il 110 per cento agli edifici di culto? Perché il Ministro Pichetto Fratin, da senatore, presentò almeno tre emendamenti per prorogare il superbonus? Perché il Ministero Lollobrigida, da capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, presentò diversi emendamenti per supportare il 110 per cento, nonché addirittura per estendere il famigerato bonus facciate? Perché i Ministri Ciriani e Bernini, da ex capigruppo di Fratelli d'Italia e di Forza Italia, volevano estenderlo fino al 2025 per i condomìni? Perché il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Fazzolari presentò due emendamenti alla legge di bilancio 2022 per prorogare il superbonus? Perché l'onorevole Osnato, ora presidente della Commissione finanze, ne propose l'estensione? Perché il presidente Foti e il Sottosegretario per la Giustizia Delmastro Delle Vedove volevano renderlo strutturale fino al 2025? Perché la Sottosegretaria per l'Economia e le finanze, Albano, e la Vice Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Bellucci, ne volevano la proroga di due anni?

Perché solo giovedì scorso, nel silenzio generale, il Governo ha dato parere favorevole su un ordine del giorno di Forza Italia al Senato che chiedeva di allungare ancora una volta i termini di applicazione del superbonus ai condomìni che hanno già iniziato i lavori? La lista, lo sapete, potrebbe continuare a lungo. Insomma, maggioranza e Governo hanno montato una campagna mediatica gigantesca per screditare un provvedimento che, fino a ieri, non solo sosteneva ma addirittura promuoveva, condivideva e voleva ampliare nel merito e nel tempo. Ditemi voi in che mani abbiamo messo il Paese!

Ora, a parte il fatto che il superbonus ha contribuito a quel più 12 per cento di PIL e - si badi bene - a meno 10 per cento di debito pubblico nel biennio precedente al vostro arrivo al Governo, cioè è stato un toccasana per l'economia italiana debilitata del COVID, la verità è un'altra e con questo, Presidente, mi avvio alla conclusione.

Il Paese, per ridurre il suo debito, deve crescere e la crescita dipende dagli investimenti che dovrebbero essere stimolati dalla mano pubblica. Se, al contrario, utilizzate le tasse dei cittadini, come state facendo, per finanziare 14 tra sanatorie e condoni, per reintrodurre i vitalizi, per incrementare la spesa per le armi e, naturalmente, per accontentare qualche lobby - ci sono, infatti, i minori introiti derivanti dalla tutela di rendite di posizione: pensate ai balneari ma anche al miliardo di euro alle squadre di calcio di serie A – allora, continuando questa politica, signor Presidente, gli investimenti non partono, la fiducia arranca, i titoli del debito pubblico si svendono e lo spread vola, portandosi via pure parte delle risorse pubbliche.

Serve, al contrario, una politica espansiva che faccia ripartire il Paese, riducendo il rapporto debito-PIL e ridando fiducia a famiglie e imprese. I nostri emendamenti al testo in discussione andranno in questa direzione. Il numero di emendamenti presentati al Senato è stato proporzionale alle non poche lacune che presenta questo testo. Anche qui alla Camera il nostro contributo sarà per il miglioramento del decreto, mediante emendamenti non ostruzionistici ma puntuali nel merito.

È chiaro che, se sarà posta la fiducia, questa Camera verrà privata del diritto di esercitare appieno la propria funzione legislativa. Ebbene, sarebbe un'umiliazione, l'ennesima per questa istituzione, ma anche una straordinaria perdita di opportunità per migliorare un decreto che presenta troppe criticità e non raggiungerà nessuno degli obiettivi che si era proposto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.

FABRIZIO BENZONI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Sarò decisamente più breve di chi mi ha preceduto in questa discussione, anche se un po' mi spiace, perché quando parliamo di disposizioni urgenti a tutela degli utenti in materia di attività economiche e finanziarie e di investimenti strategici - il provvedimento è chiamato, in gergo, decreto Asset - credo che si debba dire tanto. E ritengo che anche noi che siamo all'opposizione avremmo dovuto dire tanto rispetto a un tema che oggi è così sentito dal Paese, dalle famiglie e dal nostro sistema economico.

Ci sono tanti temi che stanno affliggendo la nostra comunità: l'inflazione, i numeri preoccupanti, che qualcuno prima di me ha anticipato, rispetto alla situazione macroeconomica, nonché la fiducia delle imprese e delle famiglie che è in calo. Questo decreto poteva intervenire in maniera netta su tanti temi, cosa che non fa.

Più che un decreto Asset pare davvero un decreto omnibus senza attributi. Parla di caccia, di foreste, di granchio blu, di alluvione. Prima qualcuno diceva: vi lamentate perché regolamenta troppo. Sì, regolamenta tanto e non regolamenta nulla.

Soprattutto, potremmo chiamarlo il decreto Dietrofront. Infatti, uscendo da quest'Aula, in agosto - dopo il 10 agosto -, sui giornali e nelle televisioni, vi abbiamo visto intenti a raccontare questo provvedimento nelle due misure cardine: quella sugli extraprofitti e quella sui voli per le isole.

Ebbene, oggi noi ci troviamo a discutere esattamente di questo provvedimento, ma quelle due misure non ci sono più, o non ci sono per come ce le avete raccontate per un mese. È un provvedimento che è diventato vuoto, è diventato diverso da quello che, propagandisticamente, avete raccontato prima.

Parto dal primo punto, quello concernente gli extraprofitti delle banche, non sparito ma profondamente cambiato rispetto anche alla propaganda con la quale si interveniva. Un provvedimento che sarebbe stato pericolosissimo. Pericoloso perché dovrete spiegare al Paese la definizione di extraprofitto, una definizione che davvero può diventare un pericolo per tutti i settori economici di questo Paese. Infatti, chi ha il diritto di definire l'extraprofitto, in un Paese liberale quale vorremmo essere? È pericoloso per la retroattività: spieghiamo agli investitori stranieri che devono investire in Italia, che devono trovare un sistema che vuole essere sempre di più meno burocratico e più sicuro, e poi vogliamo applicare provvedimenti retroattivi rispetto anche all'incertezza che già trovano.

E pericoloso lo è stato comunque, anche se oggi è stato modificato, perché perdere 9 miliardi di Borsa in un solo giorno è qualcosa che solo dei dilettanti potevano fare. Fortunatamente è arrivata l'Unione europea, che ci ha raccontato - ma l'aveva già fatto prima con la Lituania - come questo provvedimento, forse, fosse un po' troppo. E quindi, il primo dietrofront.

E il secondo è ancora peggiore, quello sui voli. Il Ministro Urso ha raccontato un provvedimento posto in essere da un Governo col pugno duro, con la forza di intervenire: finalmente un Governo sovranista che interviene, che non si fa schiacciare dalle compagnie straniere. Ma anche qua, un po' per l'Unione europea, un po' per le compagnie straniere che fanno gli atti che devono fare di fronte a un provvedimento così ingiusto, ecco il secondo dietrofront. E, quindi, anche qui nulla troviamo di quello che, per settimane, abbiamo sentito raccontare in televisione.

In tutto ciò, nulla sulla concorrenza leale, nulla su come incrementare la concorrenza. Ancora oggi, questo provvedimento non cambia nulla sul tema dei taxi. Possiamo dire che vorremmo finalmente un provvedimento che possa intervenire sui taxi e possa liberalizzare, così come tanti italiani vorrebbero che fosse fatto.

Ed è stato aggiunto all'ultimo anche un altro tema, quello concernente la TIM: una norma aggiunta un po' così, all'ultimo, dove ancora non si capisce quale sia il piano industriale di TIM, quale sia la strategia che si vuole applicare. Allora, da un Governo così sovranista, che deve difendere le istituzioni, che deve difendere gli asset (come è stato chiamato questo decreto), ci si aspettava qualcosa di più su questo aspetto, quello della rete. Invece, solo confusione anche su questo tema.

Questo decreto è semplicemente una scatola vuota, che mette poche risorse per decine di provvedimenti, senza risolvere nulla e, soprattutto, senza dare risposte davvero agli asset e alla strategia futura di questo Paese, che ne ha bisogno. È tutta una questione comunicativa: noi abbiamo visto quel diario di Giorgia, che tanto ha fatto discutere perché ha dato in pasto agli italiani che la seguivano tante proposte, ma qua dentro nulla c'è di tutte quelle promesse. Quell'agenda rimane vuota. Quegli appunti, probabilmente, si sono persi per strada, tra i social e quest'Aula. Allora, bisogna stare attenti - è un consiglio che noi diamo - perché quest'Aula ha già visto come di comunicazione si gode, ma ci si ferisce anche, perché gli italiani si ricordano le comunicazioni sbagliate, gli italiani non hanno la memoria così corta.

E allora, ci saremmo aspettati, qua dentro, una risposta alle vere esigenze, che avreste fatto quello che Draghi aveva fatto, cioè abbassare le accise sulla benzina, intervenire su quel provvedimento. Noi ricordiamo ancora il Ministro Salvini quando disse: se supererà i 2 euro, noi interverremo. Ecco, al Ministro Salvini chiedo di uscire e di fare benzina alla macchina: sta superando i 2 euro, la benzina!

Ecco, un decreto completamente vuoto, su cui, purtroppo, avremmo voluto anche dare un contributo, come sempre facciamo come opposizione responsabile. Avremmo voluto anche dare un giudizio differente, ma non possiamo farlo.

Il collega Barabotti prima diceva che chi voterà contro dovrebbe costituire l'Intergruppo GSS, quello dei “gufi senza speranza”. Noi invitiamo questa maggioranza a fondare l'Intergruppo ISS: “incompetenti senza speranza”.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bruzzone. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BRUZZONE (LEGA). Presidente, la ringrazio. Il mio sarà un intervento piuttosto breve e non certamente articolato per tutti i contenuti di questo decreto. Il collega è già intervenuto prima e ha svolto molto bene la relazione per conto del nostro gruppo. Io intendo soffermarmi su alcuni passaggi, in modo particolare uno, che è stato oggetto - e, mi pare di capire, ancora oggi - di polemiche che ritengo sterili e strumentali, solo per fare pubblicità, e prive di contenuto. In modo particolare, mi soffermo sull'applicazione del Regolamento (UE) 2021/57 che stabilisce un divieto un po' particolare, sicuramente curioso, quello dell'uso delle munizioni al piombo all'interno delle aree umide. Questo sommariamente è il contenuto di questo Regolamento europeo che giustamente viene affrontato con l'obiettivo di fare un po' di chiarezza - perché comunque ci sono utenti fortemente interessati da questo Regolamento nel nostro Paese - su quello che si può fare e su quello che non si può fare.

L'emendamento, inserito al Senato, che ci apprestiamo ad approvare anche alla Camera, stabilisce in modo netto quali sono le aree del Paese dove si applica il divieto dell'uso delle munizioni al piombo nelle aree umide. Sicuramente nelle aree della Convenzione di Ramsar; c'è una Commissione internazionale apposita; ci sono le aree protette umide, i parchi, le riserve naturali, ma ci sono anche altre zone, i Siti di interesse comunitario (SIC) e le Zone di protezione speciale (ZPS), all'interno delle quali - solo all'interno di quelle - ci sono zone umide ove è applicabile questo tipo di divieto.

Si è posto un problema che non credo venga risolto del tutto con questa norma, perché quali sono le aree umide all'interno di queste zone di Rete Natura 2000? Ne abbiamo parecchie, tantissime, nel nostro Paese. Nella mia regione, piccolissima, che è la Liguria, vi sono 127 SIC: ne abbiamo più in Liguria che non nell'intera Francia, ma la stragrande maggioranza di quei SIC non ha zone umide, a meno che non si voglia strumentalizzare e, dopo una settimana che piove, tutto diventa umido o bagnato. E qui si crea l'incertezza rispetto a quello che si può fare e a quello che non si può fare.

Per cui abbiamo ritenuto di presentare un ordine del giorno (che non illustrerò dopo e del quale non parlerò più, ma che è depositato in questi minuti) nel quale si impegna il Governo - quindi, faccio appello anche al rappresentante del Governo presente in Aula oggi - affinché venga dato spazio a ciò che ISPRA (soggetto importante che giustamente si occupa anche di queste cose) ha già fatto, ossia individuare all'interno dei SIC e delle ZPS, perché siamo arginati ormai a quei confini, le aree umide di cui al catasto delle aree umide, fatto, deliberato ed esecutivo, con atti formali, da parte di ISPRA.

In questo modo, riusciamo a dare la totale certezza che la zona umida è quella atta alla protezione degli anatidi o degli uccelli acquatici che potrebbero ingerire le munizioni al piombo, ma non sono quella in cui, quando piove un po' di più, tutto diventa umido; lì gli anatidi non ci stanno nemmeno se glieli porti da cadavere, perché scappano via, resuscitano e se ne vanno.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA (ore 14)

FRANCESCO BRUZZONE (LEGA). Questo è il dato e l'intento del nostro ordine del giorno.

E poi concludo, Presidente, perché sono veramente rimasto un po' inorridito - è un parolone -, ma sicuramente un po' sorpreso del fatto che ci sia stato qualcuno che ha gridato allo scandalo perché la norma approvata al Senato - e che giustamente approveremo anche oggi - depenalizza il reato di trasporto delle munizioni al piombo all'interno o nelle vicinanze delle aree umide. Chi trasporta munizioni al piombo lo fa legittimamente; ha un porto d'armi, ha una licenza, ha una denuncia delle munizioni, quindi è legittimo che lo faccia. Ma se attraversa - in autostrada, a piedi o in macchina - una zona umida è reato penale. Ecco, è giusto che questa cosa sia stata depenalizzata e si sia arrivati ad una sanzione amministrativa. E qui, secondo me - e concludo, Presidente - emerge veramente una grande differenza di fondo; noi diciamo che è giusto ridurre a sanzione amministrativa, la più bassa possibile, questo tipo di infrazione, se così si può chiamare; poi ci sono coloro che strumentalizzano e la pensano in modo diverso e, magari, invece di venirci dietro su questa posizione di buon senso propongono la liberalizzazione, il libero uso, la libera circolazione delle droghe leggere e pesanti. Lì di penale non c'è nulla, questa è la grande differenza. Quindi, è meglio consentire la libera circolazione di chi è autorizzato a detenere e a fare uso (sto parlando dei cacciatori) di queste munizioni al piombo, poiché lo hanno sempre fatto e potranno continuare a farlo, piuttosto che andare a proporre la liberalizzazione e la non depenalizzazione dell'uso e del trasporto delle droghe nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Credo che il dibattito che si è svolto, nel quale sono intervenuti anche numerosi colleghi dell'opposizione, abbia chiarito i termini della discussione e delle posizioni che sono in campo, quindi mi limiterò ad alcuni giudizi politici e ad alcune riflessioni su alcuni punti specifici di questo decreto. Un provvedimento che, come ha ricordato il collega Lai che mi ha preceduto per il gruppo del Partito Democratico, è ancora una volta, per parlare gentilmente, un decreto omnibus, ma ormai questo termine è diventato talmente consuetudinario che è entrato persino, direi, nella dialettica parlamentare in maniera ordinaria. Un decreto “aspiratutto” che, ancora una volta, viene presentato dal Governo e, in corso d'opera, viene modificato con emendamenti del Governo. Il ruolo dell'opposizione parlamentare viene annullato dall'impossibilità di incidere con proposte che pure sono state presentate in modo numeroso già al Senato. Le Commissioni parlamentari vengono trasformate in cinghie di trasmissione di quello che si decide al Governo, nei decreti del Governo, fino al voto di fiducia che ormai funziona più come una forma di compattamento della maggioranza.

Qui non voglio avere una posizione faziosa, so benissimo che, nel corso del tempo, l'istituto della fiducia si è inflazionato e tutti hanno dato un contributo a questo stato di cose che peraltro forse è spinto anche dalla necessità di assumere decisioni in tempo rapido, però noi siamo giunti ad un livello patologico, Presidente; e la prego di trasmettere anche al collega Fontana, al Presidente Fontana, che era presente qui fino a poco fa, tutta la preoccupazione che dai banchi delle opposizioni sempre più emerge nei riguardi della modalità di svolgimento della nostra vita parlamentare.

Voglio citare qualche dato, che poi sono dati pubblici. Questo Governo ha proposto al Parlamento, in percentuale, non in numero assoluto, naturalmente, rispetto al numero dei decreti in passato e rispetto anche al numero delle leggi approvate, il più alto numero di decreti nel corso degli ultimi anni. Vuol dire che, in 10 mesi di attività parlamentare legata a questo Governo, abbiamo avuto più di 20 decreti approvati con fiducia in una somma complessiva di circa 40 leggi. Che cosa vuol dire? Vuol dire che i decreti-legge sono la metà dell'attività parlamentare. Poiché un anno è composto di circa 52 settimane, vuol dire che, per 40 settimane, l'attività del Parlamento è stata occupata da decreti-legge. Naturalmente non ogni settimana, in media una volta ogni due settimane, però per metà quest'Aula ha discusso - o meglio, votato - decreti-legge con fiducia, per metà ha votato leggi, ma parliamo di Commissioni di inchiesta parlamentare, parliamo di ratifiche.

È evidente che l'attività di questo Parlamento si sta sgretolando, che c'è un'accelerazione patologica della riduzione del ruolo del Parlamento, della sua emarginazione rispetto alle decisioni del Governo e di un abuso dell'utilizzo dei decreti che perdono, al loro interno, organicità di contenuti. Sono decreti, appunto, omnibus, nei quali il primo Ministro che passa butta dentro come in un carrello - poi parlerò del carrello tricolore, per un breve momento - una norma, butta dentro una cosa che gli serve di fare e, alla fine, si arriva a un patchwork legislativo che non ha alcuna organicità. Il Presidente della Repubblica ha segnalato più volte questo problema ma, mi duole dover dire, nella mia umiltà di semplice parlamentare, che questo appello non è stato raccolto dal Governo.

Aggiungo anche una considerazione, perché ognuno di noi fa attività nelle Commissioni. La funzione delle Commissioni, come ho accennato all'inizio, si sta riducendo a un mero ruolo di cinghia di trasmissione dell'attività di promozione legislativa del Governo. Scarsa è l'attività di sindacato ispettivo, poche sono le occasioni in cui presidenti di Commissione concedono, soprattutto ai membri dell'opposizione, la possibilità di presentare atti di sindacato ispettivo, cioè question time, interrogazioni. L'attività di questo Parlamento si sta quindi sgretolando.

L'attività di decretazione d'urgenza, dicevo, ha raggiunto la metà del ruolo del Parlamento. È un numero record perché neanche i Governi precedenti erano arrivati a tanto. Sicuramente, questa attività è superiore a quella dei Governi Conte 1 e Letta ed è inferiore, secondo i dati pubblicati, a quella del Governo Monti e del Governo Draghi ma soltanto per il fatto che il Governo Monti è durato di più e che anche il Governo Draghi è durato di più - essendo questo al decimo mese di attività legislativa - e anche considerando che i Governi che ho citato da ultimo hanno affrontato emergenze pandemiche, energetiche e internazionali. Questo tema è secondo noi importante, fondamentale, che sta mettendo in campo un tema di funzionamento generale dell'istituto parlamentare.

A questo si aggiunge anche la natura dei provvedimenti, perché oggi noi discutiamo questo decreto omnibus, questo decreto Asset, che contiene tante contraddizioni e tanti elementi che ci confermano il fatto che, al di là delle promesse elettorali, degli appelli al popolo, del populismo d'accatto che si è speso e si è inflazionato da parte della maggioranza di Governo durante le elezioni, poi le decisioni reali sono gravemente antipopolari, sia in questo decreto sia in generale.

Noi ci apprestiamo a discutere la legge di bilancio, però si discute adesso, in questo momento, la NADEF. Lì ci sono decisioni gravissime, c'è la decisione sul taglio dei fondi alla sanità. Ho letto una dichiarazione della Presidente del Consiglio Meloni che considero a dir poco sorprendente, quando afferma che il problema non è il livello della spesa sanitaria ma come viene impiegata. Certamente, il problema è come viene effettuata la spesa, intanto, da tante regioni ma il livello della spesa sanitaria è un problema come è un problema quello delle liste d'attesa, come è un problema il tema del personale medico e sanitario a disposizione negli ospedali e come è un problema la dotazione di macchinari per la diagnostica. Non è vero che il problema non è la spesa e noi su questo faremo una battaglia, come l'abbiamo fatta sul salario minimo, dove si è negato, anche in campagna elettorale, che il salario minimo fosse una possibilità di riscatto per tanti ragazzi e per tanti lavoratori. Si è detto che era un'arma di distrazione di massa. Qui tornano i caratteri della vecchia, eterna destra estrema di questo Paese, che fa tante promesse in campagna elettorale, che in passato ha promesso l'impero e poi ha tagliato i salari e ha cacciato le donne dai posti di lavoro e che oggi ha promesso tante cose. Ha speso il populismo d'accatto in tutti i quartieri, in tutte le contrade d'Italia e oggi taglia la sanità, non accetta di discutere del salario minimo e adotta decisioni antipopolari, come in questo decreto.

In questo decreto si è discusso della questione delle banche, degli extraprofitti delle banche. Ci hanno rimbambito; scusi il termine, Presidente. Eravamo sulle spiagge per quei pochi giorni di ferie che abbiamo potuto fare - perché i parlamentari lavorano, molti parlamentari lavorano anche d'agosto, vanno in giro, vanno nei paesi, fanno attività politica e fanno attività di rapporto di massa - e abbiamo dovuto discutere degli extraprofitti delle banche. Colpiremo le banche che hanno speculato sulla pelle delle famiglie e delle imprese, si è detto, e ci si è fatti belli di una competizione tra il Presidente del Consiglio Meloni ed il Ministro Salvini su chi fosse il vero inventore di questa norma che avrebbe cambiato radicalmente il senso del Governo del Paese e la disponibilità delle risorse per affrontare i problemi più urgenti. Arriviamo in questo decreto - lo sanno tutti, lo abbiamo spiegato - ad una ritirata poco decorosa. Si stabilisce, cioè, una riserva per poi non finalizzare questa riserva. Si sono respinti gli emendamenti al decreto del Partito Democratico, che aveva chiesto invece di istituire con quelle risorse un fondo finalizzato alla rateizzazione dei mutui, all'acquisto della prima casa e ad altre emergenze sociali. Questo non è stato fatto e si è messa lì una riserva, che poi non si sa a cosa servirà, un macchine indietro, avendo peraltro fatto un danno nel frattempo. L'annuncio di quella misura ha infatti determinato un danno per le banche di circa 10 miliardi in poche settimane e sappiamo che colpire le banche in questo modo non è tanto semplice perché le banche sono istituti dinamici, il colpo lo prendono e il colpo lo danno molto facilmente.

Invece, sulla questione degli extraprofitti delle grandi compagnie energetiche, soprattutto di quelle del fossile, non si è alzata parola, non si è alzato becco. Già in campagna elettorale era stato detto che il problema non era lì. Ma come, non era lì? Il problema è lì! Si è detto delle accise ma sulle accise poi non è stato fatto nulla e noi continuiamo a pagare la benzina 2,20 euro, senza alcun intervento serio del Governo sul tema del prezzo dell'energia che è il problema dell'Italia. È il problema dell'Italia perché, se il prezzo dell'energia resta così alto, i prezzi resteranno così alti e noi andremo dritti contro il muro della stagflazione, di prezzi alti e di una crescita bassa, sotto zero. Questo è il problema. Non ci sono le risorse per fare la legge di bilancio, dice il Presidente Meloni. Certo, se abbiamo detto a destra e a manca che il sistema fiscale doveva essere riformato, com'è stato scritto nella delega fiscale, con una tassa piatta, cioè invadendo il dettato costituzionale che, invece, stabilisce che il fisco è progressivo, dove li vogliamo prendere i soldi? Si è tagliato il PNRR, si è tagliata la sanità, si tagliano i servizi, non si interviene sul trasporto pubblico locale - adesso arrivo al tema dei taxi - e poi ci si stupisce che non ci sono le risorse per la fare la legge di bilancio. Li vogliamo vedere i Ministri di questo Governo, tra poche settimane, li vogliamo vedere e sentire le loro affermazioni su quale sarà questa legge di bilancio e su come la porteranno in Parlamento.

Sul tema del trasporto, che entra molto sostanzialmente in questo decreto, ci sono tre questioni. La prima è quella dei taxi, com'è stato ricordato, della totale mancanza, della misera mancanza di coraggio di questo Governo che, veramente, fa cadere le braccia. Si demanda ai comuni il compito di occuparsi dei taxi. Occupatevene voi dei taxi, noi intanto stabiliamo un tetto del 20 per cento di aumento delle licenze temporanee. Quindi, si accolgono le posizioni, mi permetto di dire, più estreme e più corporative del movimento sindacale dei taxi, con i quali noi, a sinistra, parliamo e abbiamo sempre parlato in modo democratico, per far capire che la prospettiva è un'altra, è la riforma del settore, è l'inserimento delle politiche di riforma dei taxi all'interno di una ridiscussione del sistema del trasporto pubblico locale. Noi abbiamo sofferto, Presidente, nella nostra Commissione. Io mi sono permesso e sono stato costretto a fare anche una polemica in quest'Aula - e mi è dispiaciuto - col presidente della Commissione trasporti e, solo dopo quella polemica, è stato possibile a settembre discutere una nostra risoluzione sul tema del trasporto pubblico locale.

Le aziende locali stanno esplodendo per i costi dopo il COVID e hanno bisogno di investire in nuovi mezzi ecocompatibili, in linea con i progetti di decarbonizzazione. Le entrate sono diminuite e il tema della crisi che i taxi hanno vissuto quest'estate risiede anche in tale ambito perché, se diminuisce il trasporto pubblico, c'è più bisogno di taxi. La domanda è più bassa, l'offerta è aumentata anche grazie alla fortunata stagione estiva, turistica, ma tutto questo non c'è nella discussione di questo decreto. Si stabilisce che poi, sul trasporto pubblico locale, si debbano vedere i criteri in base ai quali le regioni spendono e tutto questo mentre la Commissione di merito sta discutendo una risoluzione sul trasporto pubblico locale. La risoluzione di una Commissione di merito è una cosa importante! Le Commissioni parlamentari non solo cinghie di trasmissione, sono degli organi parlamentari creativi, elaborativi, che presentano proposte che il Governo, sulla base dell'ordinamento costituzionale, deve eseguire! Questa situazione non può durare a lungo, Presidente: l'autorevolezza di questo Parlamento si sta sgretolando e io faccio appello al Presidente della Camera e alla Presidenza tutta della Camera perché questa questione si affronti e si raccolga l'invito del Presidente della Repubblica! Sui temi del trasporto colpisce un'altra questione: si riempiono di soldi le tasche della società Stretto di Messina, uno stipendificio, non c'è più il problema di decidere se il Ponte si deve fare o no, la questione non è più questa, non si parla più di questo. Qualcuno ha sentito un dibattito sul tema tecnico o strategico di come va costruito questo Ponte? Adesso il problema è quanto paghiamo quelli che si metteranno a sedere in quella società. Abbiamo derogato su tutto, sui consigli d'amministrazione e adesso anche sulla dirigenza: più di 240.000 euro l'anno per chi andrà a lavorare e a dirigere quella società, contro ogni limite stabilito legislativamente da questo Parlamento in passato. Uno stipendificio e tutto questo si fa bloccando la cassa integrazione ai lavoratori dell'Alitalia, dicendo loro: “dopo il 2024, fate come volete, non ce ne occupiamo più, non sono più nostri problemi”, senza intervenire sul fondo dei trasporti per le regioni: l'importante è mettere i soldi là dentro, perché si deve pagare qualcuno che quell'appalto l'ha vinto e non l'ha eseguito, perché si debbono compensare tanti appetiti che, nel frattempo, ci sono stati e che sono ritornati famelici, questa è la linea del Governo.

E poi c'è la questione TIM: la questione TIM è una questione seria e riguarda - come è stato detto - la nostra sovranità nazionale, la proprietà della rete. Non parlo del passato - perché si potrebbe aprire un grande dibattito, ognuno potrebbe dire la sua e avere qualche accento critico - ma parlo del presente. Noi abbiamo risorse del PNRR per affrontare un problema che ha solo l'Italia, un enorme digital divide, ossia un'enorme distanza tra chi è raggiunto dalla rete e chi no e ci sono vari soggetti in campo che hanno questo compito. Si è discusso tanto all'epoca del Governo Draghi: si fanno le gare, oppure si fa un lavoro di concertazione tra i soggetti nazionali in campo per avere la possibilità di spingere il Paese a diventare più moderno e a consentire anche a quel paesino di 500 anime di usare la rete. È un grande fatto democratico consentire a tutti l'accesso alla rete. Ebbene, su questo si inserisce la vicenda TIM, che è una vicenda importante anche dal punto di vista occupazionale. Io capisco che la direzione della TIM sia interessata a chiudere con un gestore o con un acquirente, nell'ambito della divisione tra servizi e NetCo, con qualcuno che entri e consenta di ripartire con un altro assetto. Ma noi siamo lo Stato. Noi siamo lo Stato. Il Governo mette 2,5 miliardi, cioè quattro soldi, il 15 per cento di questa NetCo - ripeto: il 15 per cento della NetCo - dando il via libera ad un gestore americano – americano -; lo dico senza alcun tipo di preclusione, ma non è italiano, che diventa proprietario al 75 per cento: però, si afferma che in quel decreto è stata prevista anche la golden power , ma tutti sanno - faccio il nome perché lo posso fare in quanto pubblico - che venderà, dopo aver acquistato, venderà. E, allora, questa golden power è una foglia di fico: che gioco stiamo facendo? Quali sono l'obiettivo strategico, il piano industriale, l'obiettivo democratico per garantire al Paese un digital divide ridotto e una modernizzazione di sistema? Con l'ingresso di altri soggetti rispetto ai quali noi non usiamo neanche gli strumenti di controllo che l'ordinamento ci mette a disposizione? Chi controlla quello che noi diciamo e diremo sui cavi di quella rete? Chi ne è il proprietario? Questa è la grande questione, che non è risolta ma è aggravata da questo provvedimento.

E poi voglio fare riferimento, per concludere, a due o tre questioni che riguardano il sistema ambientale: la prima, caro Presidente, - questo lo posso dire, perché per tanti mesi, e mi onoro di questo, noi abbiamo collaborato al Ministero dell'Ambiente, sono stato un suo Sottosegretario, riguarda la questione dell'ecobonus, che conosciamo benissimo. Per carità, è una questione complessa, che ha dato risultati, ma che è stata complicata: qualcuno di noi aveva… Ma adesso bloccare, diciamo i termini, per concludere quello che c'è in campo e lasciare così, a mezza strada, le imprese e le famiglie, con i cantieri chiusi e quelli aperti, con i palchi e le strutture per finire i lavori che resteranno lì per anni, con le famiglie che non hanno più i soldi per poterlo fare, con le imprese che si ritirano, che senso ha? Per chi? Quando sappiamo che l'intervento sulla ristrutturazione edilizia e sull'adeguamento energetico dei nostri edifici, pur con tutte le sue contraddizioni, è qualcosa che l'Europa ci chiede, dandoci un termine per sistemare il nostro patrimonio edilizio, e non capisco come il Governo intenda affrontare questo aspetto, non lo dice. Che senso ha lasciare tutto così, appeso? Questo è gravissimo, quella norma non piaceva alla destra? L'abbiamo capito, ma adesso ci devono spiegare come faremo la ristrutturazione edilizia e l'adeguamento energetico nei grandi quartieri popolari, perché quell'obiettivo di sistemare il patrimonio edilizio può funzionare a costo di mercato, laddove il metro quadro ha un valore, perché si compra a un prezzo e si rivende a un prezzo che è quattro volte più alto; ma se andiamo nelle periferie, dove il prezzo di produzione è più alto del prezzo di vendita, noi non faremo mai nulla. C'è un grande problema di finanziamento, di welfare e di incentivi, quindi la norma dell'ecobonus non va cancellata, va riformata. Questa è la grande questione.

Poi c'è il tema del legno, e qui chiudo, Presidente. Si vuole fare un'operazione di settore, lobbistica e corporativa, verso un settore industriale importante, ma lo si può fare dicendo deroghiamo? Questo Paese è diventato il Paese delle deroghe - non funziona più niente, quando si esagera - e dei commissari; abbiamo invaso il paese di commissari, lo abbiamo infestato di deroghe. I dirigenti delle amministrazioni non capiscono più come devono usare le carte, i regolamenti, i codici: adesso si prevede una deroga sul paesaggio, per consentire gli abbattimenti del patrimonio boschivo al fine di favorire l'industria del legno, con la promessa poi che, con incentivi, questo patrimonio sarà rigenerato. Ma, insomma, questo è il modo per andare nella direzione degli obiettivi della neutralità climatica del 2050 o del 2045?

Questo è veramente assurdo, è un modo bestiale di condurre l'azione, anche di sostegno di alcuni settori economici, è un modo bestiale che peraltro non funziona e non funzionerà. Questo è il decreto che ci portano in discussione, signor Presidente, un decreto nel quale ci sono tante ingiustizie, in particolare l'ingiustizia di un Governo che si sta sempre più dimostrando un Governo antipopolare. Adesso ci vogliono illudere col carrello tricolore, il carrello tricolore, Presidente - mi consenta quest'ultima battuta, ma proprio non ce la faccio -, dove il risparmio, con gli accordi con le grandi centrali commerciali, è addirittura inferiore al risparmio che comunque c'è, sulla base delle promozioni che queste grandi centrali fanno ogni settimana. C'è qualcuno che ha addirittura calcolato che questo risparmio sarebbe pari a una fetta di prosciutto cotto al giorno, tagliato a macchina, perché tagliato con il coltello forse è un po' più spesso; ecco, questa è la miseria delle politiche economiche, delle azioni di riassetto finanziario di questo Governo e noi lo rifiutiamo, lo respingiamo, benché col bavaglio e con le manette che ci vogliono mettere, anche nelle Commissioni, noi diremo no. E li aspettiamo, al prossimo appuntamento, che è quello della legge di bilancio, ma non solo in questo Parlamento: li aspetteremo nelle piazze, perché saremo presto in piazza con le opposizioni, con i lavoratori, con le imprese, per fare in modo che questo Governo faccia meno male all'Italia e duri il meno possibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1436​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Ylenia Lucaselli, che rinuncia. Ha facoltà di replicare il Sottosegretario di Stato, onorevole Tullio Ferrante, che rinuncia.

Poiché l'ordine del giorno prevede che non si possa passare al seguito dell'esame prima delle ore 16, sospendo la seduta fino a tale ora. La seduta riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 14,25, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 82, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1436.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1436: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, signor Presidente. Io vedo, per il prosieguo della discussione, che abbiamo il Ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani che, sono certo, ci stupirà entrando nel merito della discussione del provvedimento. Temo, invece, che stia per accadere, signor Presidente, quello che, ahimè, sta accadendo, mortificando questo Parlamento dall'inizio di questa legislatura, cioè l'ennesima richiesta di fiducia rispetto a un decreto-legge omnibus, che è stato approvato al Senato e che qui passa de plano.

Vede, signor Presidente, ho abbastanza esperienza per sapere che questa deriva delle fiducie e dai decreti omnibus è partita da prima che arrivassero questa maggioranza e questo Governo, ma ho anche sufficiente esperienza per poter dire a lei e ai colleghi, in particolare ai colleghi dell'opposizione, che mai si è visto un meccanismo da Panzer-Division come questo e lo si vede nel momento in cui, comprensibilmente rivendicata ogni due per tre dalla Presidente del Consiglio, siamo di fronte alla maggioranza più inscalfibile che si sia vista da 15 anni, o forse anche di più, a questa parte. Io credo che non sia dignitoso per il Parlamento. Abbiamo letto i resoconti di questo studio fatto, se non sbaglio, al Senato sulla produttività quantitativa dei provvedimenti, ma dobbiamo essere tutti consapevoli - lo dico al Ministro Ciriani - che questa modalità di azzerare le funzioni del Parlamento, di istituire un bicameralismo alternato che vota, comunque, solo su decreti-legge del Governo, è un modo per mortificare il Parlamento. I precedenti, poi, servono a tutti ed è un male che si vada avanti con questi precedenti.

Io credo che la Presidenza della Camera - le chiederei di riferire anche al Presidente Fontana - non possa accettare in modo silente questo modo di fare. Abbiamo visto provvedimenti che sono stati esaminati e votati - penso alla delega fiscale - con la maggioranza che blinda quello che vuole, ma all'interno di un processo di esame parlamentare, come norma, come regola, dei provvedimenti, anche dei più importanti. Così si umilia il Parlamento e si svuota la democrazia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO (A-IV-RE). Presidente, veramente con grande pacatezza, per permettermi di dare un suggerimento alla maggioranza. Non c'è motivo per mettere questa fiducia, perché l'atteggiamento delle opposizioni, che è molto diversificato, non giustifica le scelte di mettere questa fiducia. Al Governo converrebbe recuperare queste 24 ore che stiamo buttando via in termini di lavoro, consentire la discussione sugli emendamenti, magari proponendo alle opposizioni - lo dico io, signori - di cercare di evitare l'inutilità del rito degli ordini del giorno. Sugli emendamenti, che almeno hanno un effetto legislativo, seppur respinti, c'è una discussione di merito e si eviterebbe quella discussione che domani pomeriggio o domani sera avremo sugli ordini del giorno, che, oggettivamente, è una discussione deprimente dal punto di vista dell'incisività di questa istituzione nella vita del Paese. Io propongo a persone che, a cominciare dal Ministro, hanno competenza politica, esperienza, ai colleghi che seguono i lavori d'Aula di ragionare se questa è una procedura conveniente per la maggioranza, anche su provvedimenti che di divisivo hanno poco. Ci sono situazioni in cui la fiducia serve anche per comprimere eventuali divergenze ma ci sono situazioni, come questa, in cui non ci sono neanche questi problemi. Quindi, io chiedo che ci sia una riflessione da parte della maggioranza su questo tipo di procedure.

Sono assolutamente d'accordo sull'appello che faceva anche, opportunamente, il collega Della Vedova e chiederei veramente di rivedere questa prassi che è cominciata tempo fa - non è che se la sia inventata questo Governo - ma che questo Governo ha esasperato in maniera ingiustificata, avendo i numeri alla Camera e al Senato e avendo anche la possibilità di fare le cose. Mi viene in mente - mi rivolgo ai colleghi un po' più anziani - quando io ero capogruppo di maggioranza e ricordo che tipo di opposizione avevamo in quest'Aula, un'opposizione che volava proprio, in maniera vera, sui banchi. Non è il caso di questa legislatura, quindi, non c'è motivo per deprimere in questa maniera il lavoro del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Trancassini. Ne ha facoltà. Sull'ordine dei lavori, immagino.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Grazie, Presidente, sulla medesima questione. A parte la novità che interveniamo su una fiducia in maniera preventiva, perché normalmente c'è la richiesta di fiducia da parte del Ministro e, poi, gli eventuali interventi che la stigmatizzano o la giustificano, prendo spunto dall'intervento del presidente Rosato per dire che, sì, c'è disponibilità a ragionare. Ovviamente, ragionamenti del genere devono essere complessivi ed è giusto dire che ha più senso ragionare di un emendamento che non passare la notte a parlare degli ordini del giorno. Per fare questo, però, certamente bisogna trovare una condivisione massima, totale e c'è disponibilità.

Quanto, invece, all'intervento del collega Della Vedova, che sembra essersi svegliato oggi con questo tipo di problematica, ricordo a lui che nella passata legislatura era ben utilizzato questo strumento ma anche che nella passata legislatura noi siamo stati a casa e abbiamo assistito allo scempio dei DPCM senza poter dire una parola. Quindi, la contrazione della democrazia è stata massima ed è stata addirittura sospesa per un troppo lungo periodo nella passata legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, giustamente, ci è stato ricordato quello che è successo nella scorsa legislatura, ma noi non dimentichiamo le frasi che ripeteva, a ogni intervento in cui veniva chiesta la fiducia, l'allora capo dell'opposizione, oggi, Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. L'unica cosa che chiediamo, però, dato che alle elezioni i risultati possono essere differenti, si può essere al Governo e si può essere all'opposizione, è: cerchiamo di recuperare una linearità. Il fatto che si stiano raggiungendo numeri record, in questa legislatura, per quanto riguarda non solo il ricorso alla fiducia ma anche questo combinato disposto di monocameralismo alternato e ricorso alla fiducia, che comprime gli spazi parlamentari, sta trasformando questo Parlamento in una vera e propria buca delle lettere, dove vengono depositati i decreti e dove vengono depositate ratifiche di accordi internazionali. La stragrande maggioranza degli atti che abbiamo votato va in questa direzione. Non è un tema delle forze politiche, è il tema della tenuta delle nostre istituzioni e della nostra capacità anche di fronteggiare il tempo che abbiamo di fronte.

Quindi, inviterei tutti a spogliarsi di una posizione di parte, a guardare un fenomeno che ha avuto una storia che non inizia in questa legislatura, ma che sta prendendo in questa legislatura la curvatura peggiore della storia della Repubblica, e chiederei a tutte e a tutti, ciascuno per la propria sensibilità, un impegno per andare in una direzione che è quella che ci viene chiesta dal Capo dello Stato che, in maniera molto chiara e molto netta, ci ha richiamato al senso dell'articolo 70, al senso dell'articolo 77, al senso dei fondamenti del lavoro parlamentare che tutti noi dobbiamo interpretare, al di là delle posizioni.

Il rischio, altrimenti, è che avremo una stucchevole situazione in cui quando si è maggioranza si dice una cosa e quando si è opposizione si dice un'altra cosa e questo penso che non lo meriti la nostra Istituzione e il lavoro che dobbiamo fare. Cerchiamo davvero di fermare questa deriva, perché è la matematica e non l'opposizione a dire che questi sono numeri record per quanto riguarda il ricorso al voto di fiducia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carmina. Ne ha facoltà.

IDA CARMINA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Governo, per associarmi alla richiesta dei colleghi di opposizione su questa prassi, che ormai si è ingenerata, di andare avanti con decreti-legge quando non c'è nessuna ragione di necessità e di urgenza a giustificarli. Inoltre, tali decreti sono disomogenei e, quindi, in contraddizione con le indicazioni della giurisprudenza della Corte costituzionale, dimostrando già questo l'abuso di uno strumento, quello della decretazione d'urgenza, finalizzato a contrastare situazioni straordinarie e che, invece, è utilizzato come strumento ordinario e usuale. A ciò si aggiunga la bocciatura sostanziale di tutti, o quasi tutti, gli emendamenti presentati dalle opposizioni nelle Commissioni.

La posizione della questione di fiducia rende evidentemente palese un atteggiamento non conforme al rispetto che si deve alla grande Istituzione, che è il Parlamento italiano, e al rispetto che si deve nei confronti della democrazia italiana, perché noi non dobbiamo dimenticare che nel Parlamento siedono i rappresentanti del popolo, ed esso è, al momento, l'unico organo eletto direttamente dal popolo e, quindi, merita il rispetto dovuto. Questa è una prassi assolutamente incostituzionale per i modi con cui è esercitata, anche perché non riguarda provvedimenti che presentano caratteri di grande conflittualità che esigono che il Governo metta un punto ponendo la fiducia; fra l'altro, questa maggioranza gode di numeri tali da non avere la necessità di dover porre la fiducia su ogni provvedimento. Questo è un chiaro schiaffo istituzionale dato al Parlamento, che non lo merita perché non lo meritano gli italiani, che sono sempre i sovrani nell'Italia democratica e repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA (AVS). Grazie, Presidente. Intanto ringrazio la collega e i colleghi che mi hanno preceduto negli interventi, perché effettivamente sta diventando un abuso, direi quasi un abuso di potere da parte del Governo, questo ricorrere alla fiducia anche quando non è o non sarebbe necessario, né tantomeno opportuno porla, perché la Camera - in questo caso la Camera dei deputati, ma anche il Senato - si trova a esaminare nelle Commissioni, a lavorare per proporre emendamenti, a discutere, a ragionare, a cercare di approfondire i provvedimenti. Ma si vede poi che è un lavoro non dico inutile ma davvero frustrante, perché non c'è niente di più mortificante che sapere che il tuo lavoro, onestamente portato avanti e con una certa volontà di miglioramento del provvedimento stesso, quindi con un orizzonte di buonsenso, è stato alla fine assolutamente inutile. Questo diventa anche deprimente, perché ti senti all'interno di una giostra che funziona a prescindere.

Inoltre, direi che anche dal punto di vista della comunicazione all'esterno della nostra Aula è molto, molto diseducativo, perché s'insegna ciò che gli studenti e le studentesse nel primo anno di ragioneria sanno benissimo, che il decreto-legge non è una misura straordinaria in relazione all'urgenza e alla necessità, ma è un nuovo modo di legiferare che sta diventando prevalente e che deresponsabilizza anche la maggioranza stessa, perché non siamo più all'interno di una dialettica parlamentare, ma siamo all'interno di meri rapporti di forza, anche fatti funzionare malamente, laddove vengono usati, quando un dibattito parlamentare sarebbe non solo legittimamente più utile e garantito, ma anche, dal punto di vista dei risultati, forse, più fecondo e produttivo.

Presidente, anch'io mi appello alla sua disponibilità e attenzione, perché questa modalità di portare avanti i lavori parlamentari e il modo di legiferare debbano assolutamente fare, avere e vedere un cambio di passo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1436​)

PRESIDENTE. Passiamo ora all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1436​)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.

LUCA CIRIANI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Colleghi, io non so se ho la possibilità di replicare a quello che ho appena ascoltato o se esco dalla…

PRESIDENTE. Il Governo può intervenire.

LUCA CIRIANI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. …Può intervenire, ma non vorrei innescare un altro dibattito. Sarò molto veloce, visto che i colleghi sono intervenuti in rappresentanza di tutti i gruppi, ci tengo a replicare.

Il fatto di porre la fiducia non è, come dire, un passaggio che mi diverte particolarmente, né che facciamo a cuor leggero. Come hanno ricordato anche i colleghi, la questione di fiducia e il ricorso alla decretazione d'urgenza non sono una novità di questa legislatura. È una consuetudine, una prassi ormai consolidata da molti Governi a questa parte. In più, si deve aggiungere che le richieste, che provengono dalla società civile, dai cittadini, sono quelle di una politica che dia risposte in tempi rapidissimi alle richieste che emergono dalle emergenze, dalle novità, dalle urgenze. E, quindi, il decreto risponde a questa necessità.

Mi rendo perfettamente conto che ci sono altre strade, che il Governo peraltro ha percorso, ossia i disegni di legge che sono all'attenzione del Parlamento. Però, voglio qui, senza spirito di polemica e spero anche con spirito costruttivo, ricordare che la richiesta del voto di fiducia è una “particolarità” - usiamo questo termine, forse improprio - in particolare della Camera dei deputati. Non è così al Senato, dove riusciamo molto spesso a evitare la questione di fiducia e a avere un dibattito in Commissione e anche in Aula, con gli emendamenti che vengono discussi, approvati o bocciati. Questo perché il Regolamento del Senato consente due diritti fondamentali: il diritto della maggioranza di sapere con certezza che entro una data quel provvedimento uscirà dall'Aula e il diritto dell'opposizione di far valere le proprie ragioni negative, di contrasto o di opposizione, in Aula, con gli emendamenti e con la discussione senza il voto di fiducia. Questo alla Camera non è stato possibile.

Io ho provato, anche in occasione della riunione dei capigruppo, di trovare un'intesa con le opposizioni per definire un percorso che evitasse il ricorso al voto di fiducia, un percorso che prevedesse sostanzialmente la possibilità di sapere che il decreto sarebbe uscito quel giorno dalla Commissione, quel giorno dalla Camera, evitando il ricorso alla fiducia. Spero che si possa ragionare su questo, però serve anche cambiare il Regolamento della Camera. Non è una questione che può riguardare il Governo, riguarda naturalmente il Parlamento. Colgo l'occasione, senza voler mancare di rispetto istituzionale a nessuno, di rilanciare l'urgenza, secondo me, di una revisione del Regolamento della Camera, il quale, rispetto a quello del Senato, non garantisce queste condizioni, secondo me minime, per poter evitare il ricorso alla fiducia. Ho concluso, naturalmente non era mia intenzione aprire un dibattito su questo, non ero neanche preparato, ma ci tenevo a rispondere brevemente alle osservazioni che sono giunte soprattutto da parte dei colleghi che siedono dai banchi dell'opposizione. Dopodiché, se ho la possibilità, visto che parliamo di fiducia…

PRESIDENTE. Prego, signor Ministro.

LUCA CIRIANI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Presidente e colleghi, vorrei, a nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, porre la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1436: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici”, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.

PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 16,45 presso la Biblioteca del Presidente, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, signor Presidente. Voglio, in qualche modo, ringraziare il Ministro Ciriani, anche se credo che, soprattutto nella prima parte del suo intervento, non abbia ben difeso la causa, perché non si capisce cosa c'entrano, in questo specifico luogo, eventuali urgenze sottolineate da altri esponenti e altre associazioni. Noi stiamo facendo un confronto di natura parlamentare, e, come tale, deve essere ricondotto. Cosa c'entrino altre cose lo trovo abbastanza strano.

La ringrazio per la sua sensibilità, però voglio rilevare due cose. Il Regolamento, per il momento, è questo, avete pure la maggioranza da un anno, quindi non è che può essere l'opposizione, che è vittima, insieme a tutto il Parlamento, di questo modo di legiferare, a doversi sentire in colpa. C'era il passato, ma oggi voi avete la maggioranza. Se si vuole intervenire sul Regolamento si intervenga; ma, finché il Regolamento è questo, signor Ministro, non può essere un alibi. Ci sono i tempi, un mese è sufficiente per un esame in un ramo del Parlamento; si va nell'altro e, nel caso, mi permetto di dirle, signor Ministro la posizione della fiducia è una facoltà che voi avete in qualsiasi minuto. Pensate che sia in atto un ostruzionismo? Potete mettere la fiducia, ma qui siamo all'attacco preventivo, non alla difesa. È questo attacco preventivo alle prerogative del Parlamento che voglio mettere in discussione, e annuncio, signor Presidente, che, almeno per quel che riguarda +Europa, da ora in poi, in ogni circostanza in cui, come questa, viene messa la fiducia preventiva, noi interverremo e chiederemo a tutti i rappresentanti delle opposizioni di intervenire, perché non è tollerabile, va a detrimento dell'intero Parlamento.

E voglio dire, per suo tramite, come si dice - non ho capito perché dobbiamo fare questa manfrina, ma mi adeguo -, al collega Trancassini, che ho esordito dicendo che ho abbastanza esperienza per sapere che questa deriva non comincia con questa maggioranza, ma, ripeto, ho abbastanza esperienza per sapere che mai si è vista una cosa del genere. E lo si vede di fronte alla maggioranza rivendicata, mai vista compatta. Di solito, le fiducie di questo tipo venivano messe contro la propria maggioranza, a meno che - ma allora questa sarebbe una notizia - ci siano problemi dentro la maggioranza. Ma se non vi sono problemi dentro la maggioranza sulle disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici, noi siamo tenuti a fare un esame normale. Poi si può chiedere all'opposizione, lo diceva il collega Rosato, un gentlemen's agreement sui tempi, e lo si può fare, ma lei, signor Ministro, la fiducia la può mettere quando vuole. La può mettere fra un'ora, la può mettere fra due ore, la può mettere domani mattina.

Ritengo che questo vada contro le prerogative del Parlamento e costituisca un precedente terribile. Voi forse pensate di rimanere lì per 30 anni, 20 anni, non lo so, ma questo è un modo di arrivare a precedenti che poi verranno usati da chiunque - sopra, sotto, di lato, a destra e a manca - per ulteriormente comprimere lo spazio della discussione parlamentare, e questo non fa bene alla democrazia. Volete fare la riforma costituzionale, vedremo cosa uscirà, ma finché la Costituzione è questa, finché il Regolamento del Parlamento, almeno della Camera, è questo, credo che quello che voi state mettendo in campo sia una prassi - e chiudo, signor Presidente - del tutto inutile, non richiesta, che ha come unico obiettivo quello di comprimere la libertà e la democrazia dentro quest'Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, Presidente. Signor Ministro, lei, poc'anzi, ha affermato che, siccome la società civile vi chiede di fare presto, ponete la fiducia. Ora non so chi sia questa società civile, so che cos'è, però, il Parlamento della Repubblica italiana, conosco la Costituzione e i Regolamenti parlamentari e francamente questo atteggiamento e questa affermazione li ho trovati francamente molto irritanti e urticanti. Non può rivolgersi al Parlamento e dire che c'è qualcuno fuori che vi chiede di fare presto, perché qui non c'è stata mai un'opposizione che ha fatto un ostruzionismo come quello che si poteva ricordare una volta.

Lei ha un'esperienza politica forse maggiore della mia e sa bene che l'ostruzionismo non è quello che avete visto in questa Aula parlamentare: siamo sempre entrati nel merito delle questioni e francamente che lei sia venuto oggi qui a dire che c'è qualcuno fuori che vi chiede di fare presto, come se il Parlamento della Repubblica italiana fosse un problema o una zavorra, io lo ritengo intollerabile. Quello che è venuto a dire oggi in quest'Aula è veramente intollerabile. Dopodiché, se c'è un problema di confronto, noi l'abbiamo sempre avuto e siamo sempre entrati nel merito. Poi accade che voi stravolgete i vostri stessi decreti, che già non sono omogenei quando escono fuori dal Consiglio dei ministri, a tal punto che li rendete ancor meno omogenei, ad esempio dopo l'esame in Senato. Infatti, qualcuno mi deve spiegare - e concludo, signor Presidente -, che cosa c'entri nel DDL Asset consentire deroghe a cacciatori o sottrarre i pareri scientifici all'ISPRA per consentire una deregulation sull'attività venatoria. Cosa c'entrano queste disposizioni? Non potete usare lo strumento della fiducia per svilire il ruolo del Parlamento, perché altrimenti - glielo dico con il grande rispetto che ho nei confronti del ruolo che lei riveste - lei non è più il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, lei diventa il “Ministro della fiducia”, punto. Lei diventa il Ministro dei Rapporti con la fiducia, non con il Parlamento. A Roma si dice: ve la cantate e ve la suonate, però c'è un problema di tutelare la funzione principale che il Parlamento ha e che gli viene assegnata dalla Costituzione.

Per favore, cominciate ad avere rispetto, da questo punto di vista e lei, Ministro, non venga più a dire, in quest'Aula, che c'è qualcuno fuori che vi dice di fare presto, perché noi non stiamo qui a far perdere tempo a nessuno, ma esercitiamo funzioni che i cittadini ci hanno dato. Siamo parlamentari e vorremmo anche essere rispettati per questo, se non è un problema.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Non voglio entrare in questa discussione, ma mi fa piacere intervenire e dare una comunicazione anche all'Aula proprio sui lavori di Montecitorio e, per una volta, trasmettere all'esterno che qui non stiamo solo a porre questioni di fiducia o a non lavorare.

La Commissione europea ha trasmesso al Presidente della Camera, Fontana, una risposta di grande apprezzamento per i lavori fatti dalle Commissioni trasporti e cultura sul regolamento europeo dei media, nella quale ci ringrazia per il lavoro e per tutte le audizioni che abbiamo fatto, con l'accordo di maggioranza e opposizione. Io sono orgoglioso e ringrazio, quindi, anche l'Ufficio per i rapporti con l'Unione europea di questa Camera per l'aiuto che ci ha dato, perché buona usanza è esaminare tutti gli atti dell'Unione europea in questa Camera, fare le audizioni, coinvolgere i cittadini, fare tante audizioni - dell'Ordine dei giornalisti, dei giornalisti singoli, delle associazioni e di tutti gli stakeholder - proprio a dimostrazione che questa Camera, nelle Commissioni, lavora e produce lavori che vengono apprezzati anche dalla Commissione europea, che tante volte, in passato, è stata tanto severa.

Quindi, un grazie a tutta la struttura della Camera dei deputati e ai colleghi di opposizione, ma anche della maggioranza, per il lavoro che stiamo facendo, di analisi di tutti gli atti dell'Unione europea che controlliamo e in relazione ai quali facciamo le nostre osservazioni anche critiche. Ecco, tutto questo sforzo in questa legislatura dalla Commissione europea viene apprezzato tanto proprio per la condivisione e per l'apertura che abbiamo anche verso la società civile. Grazie a tutti i funzionari della Camera (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartini. Ne ha facoltà.

ANDREA QUARTINI (M5S). Grazie, Presidente. Ministro, io non ho tutta l'esperienza dei colleghi che mi hanno preceduto rispetto a come sono andate le cose, per poterle definire in termini appunto esperienziali a livello personale, tuttavia, se non sbaglio, siamo alla ventisettesima fiducia. Sono passati 12 mesi, quindi sono state poste più di due questioni di fiducia al mese.

Mi sono messo un pochino a guardare a ritroso: mi sembra che una media di questo tipo non sia mai stata raggiunta in tutta la storia della Repubblica, quindi siamo veramente oltre.

Il riferimento al “bisogna fare in fretta”: io dico che la democrazia, da un punto di vista di metafore, dovrebbe consentire al Parlamento di andare a fondo sulle cose, in un contesto di grande dialogo e collaborazione democratica. Porre la fiducia significa chiaramente ledere fortemente e svilire, squalificandolo in maniera importante, questo Parlamento, ogni volta. Eppure dovrebbe essere il tempio della democrazia, il tempio dell'approfondimento: noi dovremmo lavorare come dei palombari non come dei surfisti che vanno dietro l'onda o dietro la notizia, perché questo è quello che state facendo.

Ammesso che poi in tutti questi provvedimenti ci fosse qualcosa di consistente: c'è veramente poco e c'è proprio l'idea del navigare a vista e dell'andare dietro alla notizia.

Siccome c'è una notizia, si fa demagogia e strumentalizzazione, questo è, di fatto: avere questo atteggiamento di porre continuamente fiducie, dal nostro punto di vista, lede anche la figura del Presidente della Repubblica, che ci ha richiamato più volte, lede anche la figura del Presidente della Camera dei deputati Fontana, che a sua volta si è lamentato di queste fiducie e del fatto che questo Parlamento è completamente esautorato dalle sue funzioni.

Io credo che davvero non si possa andare oltre: è giusto quello che è stato detto. Se il Regolamento della Camera pone qualche paletto - e secondo me non è esattamente così, l'unica cosa a mio avviso che potremmo eventualmente mettere in discussione è il fatto che ci si debba fermare 24 ore, perché questo rallenta effettivamente i lavori dell'attività – avete una maggioranza solida in grado di modificare il Regolamento: non ci vuole niente. E allora fatelo, fatelo!

In realtà, c'è una sorta di prova muscolare - e questo preoccupa molto, signor Presidente, e concludo - per vedere se almeno nel Parlamento riuscirete ad approvare una riforma costituzionale che va verso una forma di dittatura della maggioranza, ma vi dico che il Paese su questo vi risponderà picche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pittalis. Ne ha facoltà.

PIETRO PITTALIS (FI-PPE). Grazie, Presidente. Sono davvero sorpreso su questa direi “innocente” sorpresa delle opposizioni che si meravigliano di una situazione di cui loro stessi sono maestri, perché non c'è stato Governo, da Renzi in poi, compreso il Governo Letta, compreso soprattutto il Governo del presidente Conte, che non abbia posto la fiducia.

Quando il Governo Meloni pone la questione di fiducia significa che si viene in Aula e si discute e si dibatte anche sulla fiducia e nel merito del provvedimento. Il presidente Conte cosa faceva con i famosi DPCM? Neppure passavano in Parlamento! E, allora, cari colleghi del Movimento 5 Stelle, ricordate la storia parlamentare recente: si utilizzava il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sorvolando e passando sulla testa dei parlamentari.

Ecco, questa è la storia e allora quando si fa l'analisi di una questione, la si affronti però non predicando bene, quando si tratta di vedere le cose in casa propria, e razzolando male, puntando il dito contro gli avversari solo per fare strumentale polemica politica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi che si sono svolti, però vorrei dire innanzitutto una cosa: non manchiamo di rispetto sicuramente, mi unisco al presidente Deidda, ai ringraziamenti ai funzionari della Camera, alle persone che ogni giorno rendono possibile il lavoro delle nostre istituzioni, però questo procedimento lo stiamo vedendo anche con il decreto che stiamo affrontando adesso.

In Commissione trasporti stiamo iniziando un percorso di audizioni sul grande tema del trasporto pubblico locale: è un grande lavoro parlamentare, poi esce un decreto su questo tema che, naturalmente, inevitabilmente, ci porterà, domani, a dividerci su un voto di fiducia su un provvedimento che non terrà conto di tutto il lavoro che stiamo facendo qui, alla Camera, su questo tema o, al Senato, su altri. Un conto sono le prerogative del Governo, un conto sono quelle del Parlamento, che vengono veramente ad essere assenti in questo momento.

Io vi chiedo solamente uno sforzo di chiarezza, di sincerità, di onestà politica ed intellettuale tra di noi. È chiaro che c'è stata una enorme emergenza e tragedia, che è stata quella della pandemia, ma utilizzare ogni volta la battaglia contro il COVID-19 come argomento per considerare un precedente penso sia qualcosa che non dobbiamo fare, che non ci possiamo permettere di fare per non mancare di rispetto a quelle persone che sono morte per combattere contro quella malattia, al personale sanitario e a tutte le persone che ci sono state.

Detto questo, però, dato che c'è stata la lotta al COVID, ma c'è stato anche un tempo successivo alla lotta al COVID, vi leggo una dichiarazione, un tweet del 21 maggio 2022: “Un Governo litigioso e diviso su tutto, che va avanti solo a colpi di fiducia. Nonostante la larga maggioranza, continuano a mortificare il Parlamento e la democrazia. Prima vanno a casa e meglio è per l'Italia”. Firmato Giorgia Meloni, poco più di un anno fa.

Vorrei capire che cosa è cambiato da un punto di vista politico: 16 mesi fa, andare avanti a colpi di fiducia voleva dire continuare a mortificare il Parlamento e la democrazia, mentre, adesso, il problema è che c'è un Regolamento parlamentare alla Camera differente dal Senato. Cerchiamo di riportare questa discussione a una consequenzialità tra quello che si dice e quello che si fa quando si è maggioranza e quando si è opposizione.

C'è un problema che non nasce in questa legislatura, ma che in questa legislatura sta raggiungendo il livello peggiore. Cerchiamo tutti insieme, come istituzioni, di lavorare per fermare questa slavina, perché questa slavina si porta dietro un concetto, che è quello di rendere utile il lavoro delle istituzioni parlamentari, di dare un senso alla nostra funzione. Se si svilisce il senso della nostra funzione, è più debole e più fragile tutta la democrazia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Gadda. Ne ha facoltà.

MARIA CHIARA GADDA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Io colgo con un po' di stupore e anche con un po' di rammarico le osservazioni fatte da parte di tanti colleghi della maggioranza. Questo dibattito che stiamo facendo vede, da parte del nostro gruppo, da parte dell'onorevole Rosato, un atteggiamento assolutamente costruttivo. Noi concordiamo con lei, signor Ministro, sul fatto che al Paese servano delle risposte immediate sulle tante crisi, sulle tante questioni, sui tanti bisogni che cittadini e imprese vivono quotidianamente.

I cittadini, però, vogliono che si diano delle risposte rapide, urgenti, ma anche vere e concrete. E il ruolo del Parlamento, l'attività emendativa è legata a questo, al fatto di poter migliorare, ciascuno di noi, in un'ottica costruttiva e dare il proprio contributo al miglioramento di testi di qualsiasi Governo; mi riferisco a questo attuale, ma ciascuno di noi ha vissuto altre esperienze parlamentari con altri Governi.

I testi che escono dal Consiglio dei ministri, necessariamente, devono vedere un miglioramento, un'integrazione, perché a nessuno, a nessun Ministro è data la facoltà di raggiungere la perfezione nelle fasi iniziali, nelle fasi di scrittura. Quindi, il ruolo del Parlamento, e non soltanto la dignità del Parlamento, è proprio nell'interesse dei cittadini, in quel miglioramento dei testi che è fondamentale.

Per quanto riguarda il lavoro delle Commissioni e l'andamento dei nostri lavori, queste fiducie poste sostanzialmente ogni settimana non contribuiscono al buon lavoro delle Commissioni.

Io concordo con il collega Deidda: ciascuno di noi cerca di portare il proprio contributo positivo, anche dall'opposizione, rispetto ai tanti provvedimenti con cui ci confrontiamo, però - io sono alla terza legislatura - è oggettivo: in questa legislatura, persino il lavoro in Commissione risulta faticoso, con audizioni sempre più compresse. Infatti, è difficile organizzare il programma dei lavori in un Parlamento dove, peraltro, i componenti tra Camera e Senato sono stati dimezzati e, quindi, ciascuno di noi fa parte di più Commissioni, non soltanto delle Commissioni ordinarie, ma anche delle Commissioni bicamerali, delle Commissioni speciali. Quindi, avere una programmazione dei lavori che possa essere coordinata, con una capacità di sintesi che spetta alla maggioranza, credo sia nell'interesse di tutti.

Quindi, non lo percepirei come un fastidio, non citerei i precedenti del passato e, sicuramente, non citerei i precedenti di una situazione straordinaria, quale quella della pandemia, su cui tutti noi, a partire dal mio gruppo, abbiamo sempre mostrato criticità rispetto ai momenti in cui il Parlamento non è stato doverosamente rispettato.

Lo dico con la massima collaborazione possibile: proviamo, magari dalle prossime capigruppo, a trovare una sintesi e un andamento dei lavori più preciso e ordinato che consenta a tutti di dare il proprio contributo, perché essere opposizione non significa non poter o non voler dare il proprio contributo nell'interesse del Paese e nel miglioramento dei provvedimenti.

PRESIDENTE. Sospendo a questo punto la seduta che, rammento, riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, convocata per le ore 16,45.

La seduta, sospesa alle 16,45, è ripresa alle 17,30.

Articolazione dei lavori dell'Assemblea per il periodo 4-6 ottobre 2023.

PRESIDENTE. Comunico che nell'odierna riunione della Conferenza dei capigruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n. 1436 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (approvato dal Senato – scadenza: 9 ottobre 2023), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, è stata convenuta la seguente articolazione dei lavori per il periodo 4-6 ottobre 2023.

Mercoledì 4 ottobre :

(ore 13)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1436 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (approvato dal Senato – scadenza: 9 ottobre 2023) (per le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia);

(ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata;

(ore 16,25)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1436 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (approvato dal Senato – scadenza: 9 ottobre 2023) (per la votazione per appello nominale sulla questione di fiducia);

(ore 17,30)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1436 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (approvato dal Senato – scadenza: 9 ottobre 2023) (per l'espressione dei pareri sugli ordini del giorno);

(ore 18)

Commemorazione del Presidente emerito Giorgio Napolitano;

(ore 18,40-20,30)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1436 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (approvato dal Senato – scadenza: 9 ottobre 2023) (per la votazione degli ordini del giorno).

Giovedì 5 ottobre (ore 9-14)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1436 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (approvato dal Senato – scadenza: 9 ottobre 2023) (per l'eventuale seguito dell'esame degli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale);

Seguito dell'esame delle mozioni Manzi ed altri n. 1-177, Caso ed altri n. 1-185, Grippo ed altri n. 1-186 e Sasso, Amorese, Dalla Chiesa, Lupi ed altri n. 1-187 concernenti iniziative a favore del comparto della scuola e del diritto allo studio;

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 835 - Modifiche agli articoli 336 e 341-bis del codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza del personale scolastico.

Venerdì 6 ottobre (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Il termine per la presentazione degli ordini del giorno riferiti al disegno di legge n. 1436 è fissato per oggi alle ore 19.

Procedo, quindi, con l'estrazione del nominativo dal quale avrà inizio la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dall'onorevole Casasco.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare la deputata Laura Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Chiedo la parola in quest'Aula per ricordare una ricorrenza importante e molto triste. Presidente, 10 anni fa davanti a Lampedusa, annegavano almeno 368 persone, prevalentemente eritrei. Erano uomini, donne e bambini in fuga da un regime spietato, quello eritreo appunto, in cerca di pace e di sicurezza. Fu una delle più grandi tragedie del mare. Ricordo, Presidente, che io allora presiedevo questa Camera e andammo, con una delegazione di deputati e di deputate che volevano esserci, insieme a Lampedusa. Lo strazio di tutte quelle bare nell'hangar dell'aeroporto dell'isola non lo dimenticheremo mai. Anche l'allora Premier Enrico Letta volle rendere omaggio alle vittime e non rimase indifferente e subito dopo si prese la responsabilità di istituire la missione di soccorso Mare Nostrum, che durò 12 mesi.

Presidente, in questi 10 anni nel Mediterraneo sono morte circa 28.000 persone, tra cui più di 1.100 bambini e bambine. Io non so se i colleghi e le colleghe in quest'Aula - purtroppo pochi, devo dire - riescono a immaginare, se riusciamo a immaginare la portata di questa tragedia. È come se sparisse un'intera città come Noto, come Gubbio, come Alba. Mentre oggi, a Lampedusa, insieme a ragazze e ragazzi di tutta Europa, il Comitato 3 ottobre - facemmo anche una legge, Presidente - ha organizzato diversi eventi, tra cui la rassegna A Europe of Rights proprio per ricordare quella tragedia, nessun rappresentante del Governo ha avvertito la necessità di partecipare alle commemorazioni. Noi pensavamo, questa mattina, che ci fossero delle illazioni di stampa, ma non è possibile, ci dicevamo. Abbiamo aspettato fino ad ora, abbiamo cercato notizie. Invece è così, è così: nessun Ministro si è scomodato, ma neanche un Sottosegretario. La cosa più grave, forse, è che non c'è neanche una dichiarazione della Presidente del Consiglio per esprimere cordoglio. Non abbiamo trovato nulla. Io spero che ci stiamo sbagliando noi, Presidente, ma temo proprio di no. Perché temo di no? Perché in questi giorni abbiamo dovuto sentire esponenti di primo piano della maggioranza sostenere che bisognava dissuadere i salvataggi - capisce la gravità di questa affermazione? - e che gli Stati europei che finanziano le navi umanitarie vogliono fare invadere l'Italia dai migranti e che chi salva le persone in mare rappresenta un pericolo per l'Italia. Allora, invece di fare la guerra alle ONG e attaccare altri Stati europei o addirittura la magistratura, il Governo dovrebbe farsi capofila di un'operazione europea di monitoraggio e di salvataggio. Ma non lo fa, si guarda bene dal farlo. Servono vie legali per entrare in Italia e in Europa, rivedere il Regolamento di Dublino, prevedendo anche la redistribuzione obbligatoria tra gli Stati membri, e superare la legge Bossi-Fini; lo dice lo stesso Gianfranco Fini, Presidente, che ha definito obsoleta la sua legge. Anche questo, però, il Governo non lo fa, non lo vuole fare. Serve che l'Unione europea elabori e anche stringa accordi con i Paesi di origine dei migranti, ma per fare che cosa? Per rafforzare una cooperazione internazionale che si fondi sul rispetto dei diritti umani, non a prescindere da questo. E, ultima cosa, invece di smantellarla - a ogni decreto ci provano - serve tornare all'accoglienza diffusa e anche a una piena attuazione della legge Zampa, perché quella legge è una buona pratica, riconosciuta da tutti i Paesi dell'Unione europea, perché tutela i minori non accompagnati.

In conclusione, mi lasci dire: basta misure inefficaci, basta decreti propaganda, basta cercare un nemico al giorno, basta urlare al complotto! Siete al Governo, voi siete al Governo! Assumetevi le vostre responsabilità e cominciate a salvare con più determinazione le vite in mare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ida Carmina. Ne ha facoltà.

IDA CARMINA (M5S). Grazie, Presidente. Oggi è la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, in memoria dei 10 anni da una delle più grandi tragedie del mare, il naufragio di Lampedusa, in cui, a pochi poche centinaia di metri dalla costa, persero la vita 368 migranti, uomini, donne e bambini ingoiati dal mare. Ci eravamo promessi: mai più. Si stima, invece, che, da allora, oltre 28.000 vittime abbiano perso la vita nel Mediterraneo, circa 2.300 solo quest'anno. Pesano sulla nostra coscienza perché i numeri, che non mentono, dicono che noi, la terra promessa dei tanti disperati che affrontano il viaggio più incerto e la rotta più fatale del mondo, abbiamo tradito questa promessa fatta il 3 ottobre 2013. Abbiamo tradito la memoria di quei morti in quello che è il più grave dei naufragi, quello dell'umanità, che annega nel mare del cinismo, dell'indifferenza, della dimenticanza per la quale le persone sono ormai uguali a numeri, in un mondo alla rovescia in cui chi si adopera per salvare vite umane, viene criminalizzato, invece che ringraziato.

Ma, avesse anche salvato solo una persona, deve essere ringraziato perché ogni singola vita perduta in mare è una perdita incalcolabile per l'intera umanità - asserisce Papa Francesco - per coloro che si dicono cristiani. Invece qui, in questo Parlamento, si fanno leggi per limitare gli aiuti e i soccorsi, e abbiamo un Governo che tace, è indifferente, non partecipa, per la prima volta, alle commemorazioni, e in politica, si sa, anche la forma è sostanza.

Però, continuo a credere che l'Italia non sia questa, ma è Vito Fiorino, che salvò 47 migranti e diede l'allarme, che ho incontrato nei giorni scorsi a Lampedusa e che si commuove nel ricordo che dà un senso alla sua intera vita. Sono i palombari che recuperarono sul fondo del mare le ragazze e le donne annegate nel naufragio. È l'operatore che nei giorni scorsi, vedendo scendere dal traghetto di linea per l'ennesima volta centinaia di migranti, fra cui molti minori e bimbi piccoli, mi ha detto in confidenza: in questi giorni ho pianto, sa, a casa ho figli piccoli anch'io. L'Italia è la gente di Lampedusa. È Filippo Mannino, che, seppur in situazione di grande disagio, dice oggi: continueremo a salvare, ma vogliamo accogliere persone vive. È la gente di Porto Empedocle, che nei giorni scorsi, vedendo le persone fuggire in massa da quello che non è neanche un centro di accoglienza - non si sa bene che definizione possa avere - ha dato lezione di umanità, sfamandole, dando loro da bere, come ai tempi di San Calogero, il santo nero da noi tanto amato.

E qui, invece, si parla di un piano Mattei per l'Africa, quando si dimenticano i territori che invece subiscono l'impatto. È stato emanato un decreto-legge che prevede aiuti solo per Lampedusa, aiuti di facciata, per lavare la faccia sporca dell'Italia e dell'Europa, e si dimentica tutto il resto, quello che avviene nel resto d'Italia.

Spero che l'Italia e questo Parlamento abbiano un sussulto di dignità e davvero tornino alle radici fondanti della nostra Repubblica, che vedono nell'essere umano, nella difesa della vita e dei suoi diritti fondamentali valori assoluti e non negoziabili, che favoriscano una cultura dell'accoglienza e della solidarietà, e contribuiscano a contrastare ogni intolleranza, razzismo e discriminazione.

Disse un giorno San Giovanni Paolo II nella mia Agrigento: verrà un giorno il giudizio di Dio e, per chi non crede, verrà il giudizio della storia.

In questa sfida delle nuove generazioni e delle future generazioni, che è la questione epocale dell'emigrazione e dell'immigrazione, noi pensiamo di stare dalla parte giusta (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 4 ottobre 2023 - Ore 13:

(ore 13 e ore 16,25)

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 854 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (Approvato dal Senato). (C. 1436​)

Relatrice: LUCASELLI.

(ore 15)

2. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 17,45.