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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 169 di lunedì 2 ottobre 2023

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA

La seduta comincia alle 15.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 6 settembre 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 70, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito il deputato Segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Segretario, legge:

Moreno Sgarallino, da Roma, chiede: misure per la regolamentazione del diritto di sciopero dei lavoratori addetti alla linea Frecciarossa Roma-Pompei (473) - alla XI Commissione (Lavoro); iniziative per la regolamentazione delle inserzioni sulle riviste enigmistiche (474) - alla VII Commissione (Cultura);

iniziative per il contenimento della diffusione dei pesci siluro (475) - alla XIII Commissione (Agricoltura);

disposizioni per contrastare l'aumento dei tassi di interesse dei mutui (476) - alla VI Commissione (Finanze);

Giovanni Paolo Paleari, da Cabiate (Como), chiede di promuovere l'uso di apparati ricetrasmittenti da utilizzare in caso di emergenza (477) - alla IX Commissione (Trasporti);

Vito Nicola De Russis, da Roma, chiede modifiche alla Costituzione per sottolinearne la natura antifascista e ricordare la ricorrenza del 25 aprile (478) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Antonio Visicchio, da Roma, chiede: che il dottorato di ricerca in materie giuridiche abiliti all'iscrizione nell'albo speciale delle giurisdizioni superiori (479) - alla II Commissione (Giustizia);

l'introduzione della figura del difensore universitario (480) - alla VII Commissione (Cultura);

l'introduzione della possibilità di iscrizione contemporanea a due corsi di dottorato di ricerca (481) - alla VII Commissione (Cultura);

l'attribuzione del titolo di avvocato specialista ai diplomati presso determinate scuole di specializzazione in materie giuridiche (482) - alla II Commissione (Giustizia);

Antonio Sorrento, da Martano (Lecce), chiede misure in favore delle aree colpite dall'infestazione di Xylella Fastidiosa (483) - alla XIII Commissione (Agricoltura);

Dario Bossi, da Montegrino Valtravaglia (Varese), chiede: l'introduzione della possibilità per imputati, indagati e condannati di compiere personalmente atti di indagine a propria difesa (484) - alla II Commissione (Giustizia);

la cancellazione automatica delle cartelle esattoriali non riscosse dopo 15 anni dalla notifica (485) - alla VI Commissione (Finanze).

Discussione delle mozioni Manzi ed altri n. 1-00177 e Caso ed altri n. 1-00185 concernenti iniziative a favore del comparto della scuola e del diritto allo studio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Manzi ed altri n. 1-00177 e Caso ed altri n. 1-00185 concernenti iniziative a favore del comparto della scuola e del diritto allo studio (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate le mozioni Grippo ed altri n. 1-00186 e Sasso, Amorese, Dalla Chiesa, Lupi ed altri n. 1-00187 (Vedi l'allegato A), che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritta a parlare la deputata Irene Manzi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00177. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente. Vorrei iniziare questo mio intervento riportando il titolo di un tema che fu dettato da una maestra, in Sardegna, nell'anno scolastico 1902-1903: “Se un tuo compagno benestante e molto intelligente ti avesse espresso il proposito di abbandonare gli studi, che cosa gli risponderesti?” A questo tema, un giovane studente rispose: “(…) io, caro amico, non potrò mai abbandonare gli studi che sono la mia unica speranza di vivere onoratamente quando sarò adulto, perché come sai, la mia famiglia non è ricca di beni di fortuna”.

Quel bambino, in Sardegna, si chiamava Antonio Gramsci e ci consegnava questa semplice ma profonda riflessione, la consegnava a noi ma, soprattutto, al suo immaginario amico benestante. Perché riprenderla in occasione, dopo più di un secolo, della presentazione di una mozione che riguarda proprio l'istruzione in condizioni sociali, politiche ed economiche del nostro Paese profondamente diverse? Perché la scuola si intreccia in modo molto profondo e indissolubile al tema delle eguaglianze e delle opportunità, della crescita e del progresso sociale di tutti i cittadini. Il primo comma dell'articolo 34 della Costituzione recita che la scuola è aperta a tutti e circa due settimane fa lo abbiamo ricordato, proprio in quest'Aula, alla presenza del Presidente Mattarella.

Proprio pensando a quei principi, abbiamo voluto presentare all'inizio di questo nuovo anno scolastico una mozione che riguarda, appunto, le urgenze della scuola, ma anche alcuni temi cruciali, strategici, sui quali secondo noi è necessario intervenire. Negli spazi della scuola, nelle aule, in ogni parte del Paese, si costruiscono, infatti, la possibilità di un futuro migliore e una società più equilibrata e giusta, ma perché quel terreno sia davvero fertile e vitale la scuola deve essere davvero al centro dei nostri pensieri, non soltanto in situazioni quasi obbligate, come quella dell'apertura dell'anno scolastico, ma come tema generale e universale di dibattito pubblico. L'istruzione deve essere un tema abituale di confronto e di scambio tra le forze politiche, un grande tema nazionale su cui sviluppare una riflessione civile e collettiva, perché l'investimento in istruzione - come per il passato e oggi ancora di più - si intreccia indissolubilmente con la qualità, la crescita e la sostanza stessa delle nostre istituzioni democratiche. È un compito fondamentale mettere questi temi al centro del dibattito pubblico perché la scuola è il luogo della crescita, della relazione, dove si dovrebbero e si devono imparare a gestire i conflitti, a stare insieme nella differenza. È il luogo della crescita e dello sviluppo delle proprie risorse, è comunità di apprendimento e di sviluppo di valori di democrazia, di convivenza, di ascolto reciproco.

Ecco perché abbiamo presentato oggi questa mozione, ponendo l'attenzione innanzitutto su alcuni temi profondamente critici, perché, a quasi un anno dall'avvio e dall'insediamento del Governo Meloni, il bilancio che ci troviamo a fare nel settore dell'istruzione da parte nostra è piuttosto deludente e preoccupato. Lo è guardando ai numeri dei circa 200.000 precari, come ci ricordano i sindacati all'avvio dell'anno scolastico e anche il fatto che, più di un anno fa, sarebbe dovuto partire, in base agli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, un nuovo sistema di formazione iniziale dei docenti che, purtroppo, non si è ancora avviato. Solo una settimana fa è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che li riguardava. È un bilancio deludente, alla luce dei tagli compiuti nella scorsa legge di bilancio e purtroppo non nutriamo grandi aspettative neanche per la prossima, tutt'altro. Vi è stato un taglio strutturale del fondo a sostegno del sistema integrato da 0 a 6 anni, con conseguenze pesanti sulle che sono le politiche per l'infanzia.

Un tema che anche oggi è all'ordine del giorno è il dimensionamento scolastico, che porterà alla riduzione, nei prossimi anni, delle autonomie scolastiche, non solo in quei territori già particolarmente in difficoltà, come le aree interne e come le zone del Mezzogiorno, un dimensionamento scolastico contro cui c'è una forte sollevazione da parte delle regioni, anche del centrodestra e non solo del centrosinistra e da parte dell'opinione pubblica. Criticità e riforme, tra l'altro, che si intrecciano a un tema cruciale, come quello dell'autonomia differenziata e della rischiosa regionalizzazione dell'istruzione, che rischia di incidere in modo pesante sui divari e sulle differenze già presenti nel nostro Paese.

C'è un messaggio che voglio evidenziare e ribadire con forza in questa sede, onorevoli colleghi: non si può far cassa con la scuola, come purtroppo rischiamo di vedere in questo momento e con le misure che abbiamo alle spalle e che abbiamo anche di fronte a noi nella prossima legge di bilancio ((Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Lo diciamo anche alla luce di misure deludenti come, ad esempio, il recente decreto Caivano o le disposizioni in materia di voto in condotta, che rispondono solo parzialmente e in modo non strutturale a fatti gravi di emergenza, di violenza, una violenza a cui si risponde spostando risorse da un capitolo all'altro di bilancio, senza investire in misure nuove e, soprattutto, senza mettere a punto una strategia concreta e strutturale di prevenzione, prima ancora che di repressione.

I fatti avvenuti questa estate a Caivano e a Palermo, quegli episodi di violenza terribile che si sono manifestati anche all'interno della scuola, ci invitano a riflettere e ci scuotono profondamente ma ci impongono anche di guardare a un orizzonte più lungo e più profondo nelle tante Caivano d'Italia che ci sono nel nostro Paese, al Nord come al Sud, nei luoghi delle mancate opportunità, in quei luoghi in cui le agenzie educative sono in crisi, in cui i tassi di abbandono e dispersione scolastica sono purtroppo elevati e rispetto ai quali non basta promettere pene più severe o sanzioni per intervenire, perché quelle non sono sufficienti.

Basta andare a guardare i dati della dispersione scolastica, onorevoli colleghi, della povertà culturale che tocca i bambini e le bambine del nostro Paese. Riguardo alla dispersione scolastica, il nostro Paese registra tra i dati più alti in Europa e questo è un tradimento evidente nei confronti dell'infanzia e dei minori, in un Paese in cui la riproduzione delle diseguaglianze - badate - si concentra nelle stesse aree in cui si registrava l'analfabetismo di fine Ottocento. Di fronte a questo, il Governo si limita essenzialmente a inasprire le pene e a prevedere reati, a prevedere una stretta sul voto in condotta e a promettere, come ha fatto pochi giorni fa, la Presidente del Consiglio Meloni, la rivoluzione del merito nella scuola.

Ecco, ci chiediamo, colleghi, quale sia il merito a cui si pensa in questo momento. È quel merito per cui l'appartenenza a famiglie con minori opportunità economiche rischia di compromettere la possibilità di crescita e di futuro e di formazione delle generazioni più giovani? Quello per cui nascere in una parte del Paese rischia di condizionare anche le opportunità e il proprio futuro scolastico? Quel modello secondo cui si adottano norme e disposizioni senza coinvolgere realmente dal basso, e come dovrebbe essere necessario, la comunità scolastica?

Per combattere l'abbandono scolastico e la dispersione, colleghi, non basta il tempo di un decreto-legge, purtroppo, è necessario investire e rivedere anche la modalità didattica e gestionale del rapporto tra insegnamento, apprendimento e valutazione, superando anche un modello di didattica trasmissiva che, ormai, nei fatti è superato.

Sarebbe importante e sfidante, in questo senso, aprire un approfondimento e una riflessione matura intorno al tema della maggiore efficacia e autorevolezza dell'insegnamento. Eppure, non vediamo all'orizzonte una riflessione di questo tipo e non vediamo soprattutto una presa in carico da parte del Governo del tema che rappresenta il cuore della mozione che abbiamo voluto presentare, cioè il tema dei costi connessi alla scuola, dei costi connessi anche all'avvio dell'anno scolastico. Sono problemi - ce ne rendiamo conto - che non nascono oggi, tanto che nel 2022 l'allora Ministro Bianchi aveva istituito un tavolo di lavoro - che si è riconvocato pochi mesi fa, soltanto a un anno di distanza - relativo all'editoria scolastica e ai problemi connessi a questo settore. Ebbene, non nascono oggi, però non vediamo, in realtà, al di là di qualche generico impegno e di qualche generica presa in carico da parte del Governo in questa sede, misure concrete ed efficaci per un problema che rischia di toccare le opportunità effettive degli studenti e delle studentesse e delle loro famiglie.

Colleghi, questo tema non è disgiunto dai temi legati alla povertà culturale, ai divari e alla dispersione scolastica che abbiamo affrontato fino ad ora, perché costi troppo elevati rispetto all'avvio dell'anno scolastico, rispetto alle spese necessarie per l'acquisto dei libri, ad esempio, rischiano di produrre effetti ancora più amplificati su chi ha meno opportunità, su chi ha meno possibilità, perpetuando poi divari e diseguaglianze. L'aumento del costo, anche dei libri, rischia infatti di avere effetti particolarmente gravi in un contesto in cui la povertà educativa tocca 1.200.000 ragazzi, minori.

Per questo abbiamo voluto porre questo tema all'attenzione della discussione di oggi, rilanciando, tra l'altro, i temi al centro di proposte di legge che abbiamo presentato, analoghe tanto alla Camera quanto al Senato, proprio sul tema dei costi connessi all'istruzione. Lo vogliamo fare in vista, soprattutto, della prossima legge di bilancio, in vista e nell'attuazione, soprattutto, di quel messaggio alla base dell'Agenda ONU 2030: non lasciare nessuno indietro.

Pensiamo che questo sia un tema fondamentale ed essenziale, e questo è possibile solo se riusciamo a costruire davvero una nuova idea di sviluppo sociale e culturale che veda un continuo scambio tra famiglia, territorio e agenzie educative e formative, in un rapporto di collaborazione e di confronto costante, proprio a cominciare da quelle famiglie che rappresentano i ceti più svantaggiati, perché la scuola è il luogo dell'insegnamento e della ricerca, ma è anche il luogo che deve assumere tra i propri compiti fondamentali quello della crescita delle opportunità.

Rilanciamo, in questa sede, i temi legati al caro libri, legati agli interventi per sostenere le famiglie, per sostenerle rispetto al caro trasporti, rispetto al diritto essenziale alla mensa. Vogliamo farlo provando a coinvolgere davvero tutti noi, tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, facendo tesoro di quelle parole che la Garante per l'infanzia ha pronunciato pochi giorni fa, qui, alla Camera. L'Italia deve mettere i diritti di bambini e ragazzi al centro delle politiche pubbliche, senza rincorrere le emergenze, in maniera strutturale e con una programmazione adeguata, perché lo scontro politico non fa bene ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, non fa bene lo scontro politico.

Colleghi e colleghe, abbiamo davanti a noi, in vista soprattutto della prossima legge di bilancio, una grande opportunità, quella di poter lavorare insieme su alcuni temi centrali, temi cardine, rispetto al futuro delle generazioni più giovani. Penso sia un tema che riguardi tanto la maggioranza quanto l'opposizione. Cogliamo questa sfida, a cominciare dagli atti che discutiamo oggi in quest'Aula, e potremo fare davvero un serio e concreto favore al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Susanna Cherchi, che illustrerà anche la mozione n. 1-00185, di cui è cofirmataria.

SUSANNA CHERCHI (M5S). Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, lo studio è un diritto, e come tale deve essere garantito universalmente a tutti i bambini e le bambine, ai ragazzi e alle ragazze in età scolastica. Diciamo spesso in quest'Aula che un'istruzione adeguata e completa rappresenta uno degli strumenti più importanti per rendere finalmente concreta l'uguaglianza sostanziale tra i cittadini, che è un principio fondamentale e garantito dalla nostra Carta costituzionale, articolo 3, comma 2, perché permette di compiere scelte consapevoli e di costruire un'esistenza dignitosa.

I settori della conoscenza sono il volano per il progresso di una società e investire sull'istruzione dovrebbe - dovrebbe - essere la priorità di ogni Governo, ma questo in Italia non accade. Se infatti andiamo a vedere i dati Istat sulla spesa pubblica per l'istruzione, cosa notiamo? Notiamo che l'Italia spende il 4,1 per cento del PIL, a fronte della media europea del 4,9 per cento. La Romania e l'Irlanda spendono un po' meno dell'Italia. Veramente poco, e non è abbastanza. Spesso affermiamo in quest'Aula che in Italia l'istruzione non è garantita allo stesso modo su tutto il territorio nazionale. Infatti, se andiamo a vedere gli abbandoni scolastici, vi sono differenze di 5,7 punti percentuali tra Centronord e Mezzogiorno, e tra le regioni del Mezzogiorno la percentuale più alta dei giovani che abbandonano gli studi senza avere conseguito un titolo superiore secondario si registra in Sicilia e in Campania. Questo fenomeno è positivo? Assolutamente no, è negativissimo, perché i giovani lasciano la scuola o la frequentano in maniera irregolare per mancanza di stimoli o per motivi socioeconomici, quali l'originario stato di povertà della famiglia, il territorio di provenienza, differenze culturali e di genere, nonché incertezze delle prospettive occupazionali.

Ma non ci vuole certo una laurea in economia per capire che la dispersione scolastica comporta un costo per lo Stato in termini di misure di protezione sociale e criminalità, oltre a una minore ricchezza nazionale, perché l'investimento realizzato dallo Stato nei confronti delle ragazze e dei ragazzi che poi non terminano gli studi si traduce in minori risorse al lavoro, e di conseguenza in minore sviluppo economico e crescita del sistema Paese. La dispersione scolastica è un indicatore crudele, ma veritiero, di una società. La mancanza di un titolo di studio, infatti, condannerà i giovani che hanno abbandonato la scuola ad avere meno opportunità. In questo Paese c'è un impellente bisogno di incentivare le politiche di investimento sul diritto allo studio e alla cultura. Sì, la cultura, la cultura. Tale termine, che affonda le sue radici nell'epoca degli antichi romani, dal verbo còlere, che significa letteralmente coltivare se stessi, vuol dire anche andare oltre i propri limiti, polverizzare i propri confini, abbracciando ciò che è diverso.

Un uomo che conosce è padrone di se stesso e respira libertà; al contrario, un uomo privo di cultura è asservito agli altri e alle loro idee. Un popolo ignorante non ragiona, ubbidisce. Come asseriva Kraus, quando il sole della cultura è basso, anche i nani, intellettualmente parlando, ovviamente, hanno l'aspetto di giganti. La cultura arricchisce sempre e ci permette di superare i limiti. Senza cultura, senza istruzione, non si va da nessuna parte.

L'assenza totale di valori fa prendere delle scelte sbagliate, come ci insegnano i terribili fatti di cronaca di Caivano e Palermo, causati, tra le altre cose, dalla totale mancanza di educazione all'affetto e all'empatia. Questo è un tema molto importante. L'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale a scuola è tutt'oggi un argomento considerato un tabù. Infatti, da un'indagine nazionale condotta dal Ministero della Salute del 2019 è emerso che la famiglia è un contesto in cui difficilmente si affrontano temi come la sessualità, infezioni sessualmente trasmissibili, contraccezione, eccetera. Questo perché sono temi che muovono meccanismi emotivi e difensivi negli adulti, perché, diciamocelo chiaramente, ancora c'è una convinzione sbagliata che il solo parlarne induca i ragazzi a praticare precocemente la sessualità. Invece è proprio il contrario, sono questi silenzi che risultano dannosi per gli adolescenti, perché sempre la stessa indagine rileva che, in un contesto in cui l'educazione sessuale è assente, frammentaria e approssimativa, l'89 per cento dei ragazzi e l'84 per cento delle ragazze sono costretti a informarsi tramite Internet. L'adolescente si trova da solo davanti a una realtà complessa. Senza un percorso di monitoraggio e mediazione da parte di un professionista, tenderà a conoscere la sessualità esclusivamente nella dimensione del sesso, dell'eccitazione, omettendo completamente l'area del valore relazionale ed emotivo. I ragazzi, purtroppo, entrano in contatto con la pornografia senza avere ricevuto dal sistema educativo gli strumenti per capire che si tratta di finzione cinematografica. Gli adolescenti tendono ad imitare le pratiche sessuali viste nei film pornografici vedendo solo situazioni in cui si fa mero sesso, ma del fare l'amore non comprendono in alcun modo il valore né il significato, con tutti i problemi che ciò comporta dal punto di vista della violenza di genere e dei connessi stereotipi. L'educazione sessuale non prevede solo gli insegnamenti degli aspetti cognitivi legati alla sessualità biologica, cioè il sapere, ma deve considerare anche l'aspetto relazionale, quindi il fare l'amore, ed emotivo della stessa, anche il saper essere, nonché il rapporto con gli altri, il rispetto dell'altro, la capacità di sentire le proprie emozioni, di saperle gestire. Pensate che in Danimarca i bimbi dai 6 ai 16 anni vanno a lezione di empatia, ovvero un'ora settimanale è dedicata alla comprensione delle proprie emozioni, della percezione delle emozioni altrui. Empatia deriva dal greco, ovviamente, en-pathos, che significa letteralmente sentire dentro di sé, mettersi al posto dell'altro, dell'interlocutore, per comprenderlo meglio. L'Italia è dunque rimasta tra i pochi Paesi dell'Unione europea a non prevederne l'insegnamento all'interno del sistema di istruzione e formazione, mentre in Germania è presente già dal 1968 e in Francia dal 1998.

L'analisi dei risultati raggiunti dai diversi Paesi europei nei quali è prevista questa disciplina dimostra che un'adeguata educazione affettiva e sessuale provoca impatti positivi sulla riduzione delle gravidanze e degli aborti negli adolescenti, sulla diminuzione delle infezioni da HIV e a trasmissione sessuale tra i giovani nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni.

Inoltre, determina una diminuzione di abusi sessuali e di episodi di omofobia.

Il MoVimento 5 Stelle ha presentato una proposta di legge, a prima firma della collega Ascari, che si prefigge proprio l'obiettivo di trasformare l'affettività e la sessualità da materia gestita dal mercato e da Internet - orribile - a dimensione gestita dagli educatori, che la devono veicolare in tutte le sue dimensioni, dalla sfera emotivo-relazionale a quella socio-affettiva e morale, da adeguare in base allo sviluppo psico-emotivo e all'età del minore. La scuola dovrà diventare, in qualità di comunità educante, il luogo dove, attraverso l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale, ognuno possa imparare a conoscersi e a conoscere l'altro.

Nel proporre l'introduzione di tale disciplina nei programmi scolastici e nei corsi di studio universitari è bene evidenziare l'aspetto affettivo, cioè delle emozioni, degli umori, dei sentimenti, nonché l'aspetto empatico, proprio al fine di insegnare a riconoscere ed accettare le differenze caratteriali degli altri, rimuovere il senso di paura, imbarazzo e vergogna che questi argomenti, purtroppo, suscitano ancora oggi.

Per fare comprendere meglio il problema vorrei raccontarvi un piccolo aneddoto della mia passata esperienza di insegnante di scienze, in cui, avendo percepito questo timore da parte dei miei alunni, vergogna, non sapevano come iniziare, non sapevano cosa chiedermi, ho adottato una piccola strategia, chiedendo a tutti loro di scrivere una domanda in forma anonima e di inserirla in una scatola. Così facendo, sono riuscita a fugare tanti dubbi e a dare delle informazioni il più possibile corrette, per evitare che queste domande rimanessero inevase per vergogna e, peggio, trovassero una risposta via web, con tutte le conseguenze del caso. Sarebbe stato bellissimo se avessi tenuto quelle domande, perché erano meravigliose.

Occorre, dunque, restituire ai giovani i valori sui vari aspetti della sessualità e dell'affettività che sembrano perduti e la scuola, attraverso l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale, può diventare il luogo dove ognuno possa imparare a conoscersi e a conoscere l'altro, che è diverso da sé, ad avere rispetto di sé e dell'altro e ad avere la capacità di sentire le proprie emozioni e di gestirle. Ma i provvedimenti normativi di questo Governo, ahimè, sulla scuola non sembrano tener conto delle evidenti problematiche da affrontare. Nessun investimento importante, ma solo un dannoso ridimensionamento scolastico approvato nella scorsa legge di bilancio, che, attraverso la diminuzione di figure centrali come i dirigenti scolastici, i direttori dei servizi generali e amministrativi, rischia di aumentare le ampie divergenze tra i territori del nostro Paese, incentivando lo spopolamento dei piccoli centri e incrementando ulteriormente i divari territoriali.

A una figlia che ti dice “Mamma, non ho più voglia di studiare”, bisognerebbe saper rispondere: “Figlia mia, quando mamma ti dice di studiare, è perché vorrei vederti libera, libera di pensare, libera di agire, libera di amare, libera di vivere e, per fare ciò, devi coltivare l'arma più potente che esista contro l'ignoranza, cioè la conoscenza”.

Considerando, poi, l'accresciuta complessità dei compiti attribuiti alle scuole, a partire dall'attuazione delle riforme previste dal PNRR, la scelta di accorpare gli istituti scolastici, aumentando il numero complessivo degli alunni per istituto senza diminuire il numero degli alunni per classe, non appare, certo, la soluzione più indicata per dare centralità alla scuola, migliorare la qualità dei processi formativi e combattere la dispersione. Investire nella scuola e nel sistema di istruzione significa investire nel futuro e proprio il decremento demografico, invocato come ragione strutturale nelle esigenze di dimensionamento, poteva e doveva costituire l'occasione per sdoppiare le classi e affrontare finalmente il problema delle classi sovraffollate, le cosiddette classi-pollaio, riducendo il numero degli alunni per classe e aumentando l'organico docente e ATA.

Inoltre, con l'inizio del nuovo anno scolastico, molti genitori stanno affrontando le spese per l'acquisto dei libri di testo e del materiale necessario e, mai come quest'anno, si ritroveranno in grande difficoltà a causa di fenomeni che non sono legati al settore istruzione, ma che incidono sul settore istruzione, cioè l'inflazione e la crisi economica. Dal monitoraggio effettuato dall'Osservatorio nazionale Federconsumatori, i costi del materiale scolastico e dei libri registrano, rispettivamente, un aumento medio del 6 per cento e del 4 per cento in più rispetto al 2022; dipende se parliamo di libri o corredo scolastico. Comunque, complessivamente, la spesa ammonterà a circa 600 euro per ciascun alunno e per ogni studente: immaginiamoci una famiglia con tre figli. In media, quindi, la famiglia spenderà 500 euro per l'acquisto dei libri, con variazione a seconda del grado scolastico. Questi importi sono proibitivi per molte famiglie e incidono sul diritto allo studio dei ragazzi.

Le misure esistenti per aiutare le famiglie ad affrontare tali spese a livello comunale e regionale, quali buoni, agevolazioni, gratuità dei testi per le famiglie con basso reddito, eccetera, eccetera, non sono sufficienti a dare un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà. Infatti, nonostante sia stato istituito nel 2017 un fondo ministeriale per l'erogazione di borse di studio destinate agli studenti a basso reddito - quindi, una buona idea - della scuola secondaria di secondo grado, ad oggi, non risulta ancora effettuata l'erogazione delle borse relative all'anno scolastico 2021-2022, pur essendo stati comunicati, ormai da molti mesi, gli elenchi degli aventi diritto da parte delle regioni. Pertanto, gli studenti beneficiari non hanno ancora potuto riscuotere la borsa relativa all'anno scolastico trascorso.

In riferimento al personale scolastico, il problema del precariato non accenna ad essere risolto: 200.000 docenti saranno supplenti annuali anche quest'anno, 300.000 sono i precari tra il personale ATA, 1.000 istituti sono senza dirigente scolastico e le procedure concorsuali volte al reclutamento di oltre 30.000 docenti sono in evidente ritardo. Dunque, una spesa mirata ad investimenti nel settore dell'istruzione è oggi, più che mai, urgente e necessaria. Però, parafrasando un importante magistrato, lo metto tra virgolette, sono parole prese da quello che ha detto lui in un'intervista: “lo Stato spende sempre troppo poco per la scuola”. I Governi non hanno interesse a investire nel campo dell'istruzione, perché un popolo ignorante è un popolo malleabile rispetto a un popolo istruito. Il potere vuole un popolo ignorante, un popolo bue, un popolo che preferisce le trasmissioni leggere a quelle più impegnative ed è per questo che i ragazzi crescono con esempi completamente sbagliati, dove importante è apparire e non essere. In un contesto sociale dove persiste un'ignoranza profonda è più semplice seguire il modello dei giornali patinati. Solo ed esclusivamente il Governo Conte, non temendo il confronto con i cittadini colti aveva cercato di invertire la rotta, stanziando complessivamente, nell'anno 2020, quasi 10 miliardi di euro per il solo comparto istruzione, il più grande investimento nella scuola degli ultimi 30 anni.

Agli investimenti bisogna affiancare interventi mirati a combattere tali fenomeni, non solo riportando l'istruzione al centro delle priorità della spesa pubblica, ma accompagnando la stessa con politiche pubbliche dirette a garantire, realmente e universalmente, il diritto allo studio. Infatti, noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo presentato, nei giorni scorsi, tre progetti di legge che affrontano questi problemi sopracitati in chiave pragmatica, realistica, priva di inutili slogan politici. È necessario più che mai venire incontro alle famiglie che dovranno sostenere economicamente i propri figli - su questo non c'è dubbio - durante il percorso scolastico. Quindi proponiamo l'istituzione di una dote educativa, nella misura di 500 euro per ogni alunno, alunna, studente o studentessa che appartenga a un nucleo familiare con un ISEE inferiore a 45.000 euro.

Una misura fondamentale per contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica non basta, però, per garantire il successo formativo dei frequentanti della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, perché bisogna implementare il tempo prolungato pomeridiano e il conseguente servizio mensa.

Ad oggi, a livello nazionale, il 39 per cento delle scuole primarie è dotato di questo servizio ed esiste, ancora una volta, una profonda disuguaglianza territoriale: il Sud e le isole hanno una media del 21,6 per cento e nessuna regione è sopra la media nazionale; al Nord, che detiene una media del 50,1 per cento, solo il Friuli-Venezia Giulia è sotto la media. Alla luce di questi dati, occorre sanare queste disuguaglianze, affiancando maggiori risorse pubbliche a quelle già allocate dal PNRR, al fine di garantire alle alunne e agli alunni della scuola primaria, nonché alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di primo grado, non contemplati dal PNRR, il diritto a godere del tempo pieno in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

Occorre, inoltre, rimettere al centro delle priorità di investimento la scuola quale comunità educante, soprattutto al fine di combattere la povertà educativa che, a causa della pandemia da COVID-19, si è largamente acuita nel nostro Paese. Le comunità educanti possono e devono diventare una misura strutturale di contrasto all'abbandono scolastico e alla povertà culturale, dove le studentesse e gli studenti possano vivere esperienze dirette alla scoperta della comunità di riferimento, quali discipline sportive, competenze artistico-creative, educazione civica, professionale, eccetera.

In un momento storico in cui sono sempre più diffusi nei bambini e negli adolescenti problemi individuali legati a depressione, violenza, carenza di un clima adatto alla crescita e all'apprendimento, è necessario più che mai mettere a disposizione risorse per il territorio, affinché vengano avviati progetti locali destinati a prevenire e a recuperare i fenomeni di vulnerabilità sociale, rafforzando il concetto di comunità che educa aggregandosi. Bisogna intervenire sullo scellerato dimensionamento proposto in legge di bilancio, riportando i parametri a quelli previsti nel 2021 dal MoVimento 5 Stelle, e sulla riduzione degli studenti per classe, mettendo la parola fine alle classi pollaio, che nulla fanno se non peggiorare la qualità dell'insegnamento e comportare anche un rischio per la sicurezza dei nostri ragazzi.

Per tutti questi motivi, chiediamo al Governo di impegnarsi in maniera seria, affinché si torni a investire sull'istruzione, sull'educazione e sulla formazione, portando gli investimenti di questo settore al 5 per cento del PIL, come nel resto dell'Europa, perché noi non siamo da meno e ogni alunno e alunna, studente e studentessa, si sentirebbe orgoglioso di vivere in un Paese in cui tutti hanno le stesse possibilità di ottenere un'istruzione di qualità, in un Paese in cui il diritto allo studio è garantito a tutti coloro che veramente sognano di avere una vita e un futuro migliori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Valentina Grippo, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00186.

VALENTINA GRIPPO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Colleghi, Sottosegretaria Frassinetti, chiunque si occupi di scuola sa che la scuola rappresenta un puzzle complesso, che mette insieme tante cose diverse che non sempre viaggiano insieme, perché - come è stato detto negli interventi che mi hanno preceduto - riguarda la libertà stessa degli individui di formarsi e di poter svolgere la propria vita, potendo esercitare tutti i propri diritti costituzionali, ma riguarda, al contempo, l'edilizia, riguarda il lavoro, riguarda la legalità, riguarda tantissime energie del Paese che sono volte ad accompagnare l'individuo da quando, nella primissima infanzia, inizia un percorso all'asilo nido, fino alla formazione permanente che dovrebbe accompagnarci tutta la vita.

Questa ricchissima costellazione, questo puzzle è fatto di tanti tasselli. Tra questi tasselli, come dicevamo, uno riguarda la prima infanzia e l'ultimo rapporto Education at a Glance dell'OCSE, pubblicato il 12 settembre di quest'anno, ha ribadito che la partecipazione a un'educazione nella prima infanzia di alta qualità influisce positivamente sul benessere, sull'apprendistato e sullo sviluppo dei bambini nei primi anni di vita. Abbiamo visto quanto, ad esempio, l'insegnamento della musica nella primissima infanzia abbia un impatto sulle competenze laterali, sulle competenze matematiche dei bambini, mettendo a confronto chi quest'esperienza l'ha avuta e chi non l'ha avuta. Se guardiamo ai dati dell'Italia vediamo che, purtroppo, solo il 13 per cento dei bambini di due anni è iscritto a programmi di educazione della prima infanzia, a fronte di una media OCSE pari al 43 per cento. C'è un divario enorme. Poi, ovviamente, ci sono Paesi che hanno punte del 90 per cento, anche perché hanno un'impostazione culturale diversa, pensiamo all'Islanda, alla Corea, alla Norvegia e alla Svezia. Vero è che, comunque, rispetto all'Europa, siamo il fanalino di coda.

Pensiamo, poi, al tassello che riguarda le differenze tra bambini in Italia. Se guardiamo il rapporto Invalsi dei risultati scolastici dei bambini, verifichiamo dei dati che nulla hanno a che fare con ciò che quei bambini si meritano, per il solo fatto di essere nati in una o in un'altra regione d'Italia.

Pensiamo altrimenti ai dati sulla dispersione. Nonostante i progressi registrati in questi ultimi anni, il tasso di dispersione scolastica in Italia nel 2022, con il 12,7 per cento, è tra i più alti in Europa, con picchi in Sicilia, dove siamo al 21 per cento, in Puglia, al 17 per cento, in Campania, al 16 per cento, e in Calabria, al 14 per cento, e ci restituisce di nuovo un'Italia divisa in due. Sono proprio i dati che riguardano le differenze rilevate fra scuole del Nord e scuole del Sud che ci preoccupano e continuano a preoccuparci.

Un tassello di questo puzzle riguarda il PNRR e le grandi risorse che arriveranno, che stanno arrivando, che potrebbero arrivare e che rischiamo di non investire nel modo corretto. Non a caso, il PNRR ha posto tra i suoi obiettivi più importanti il contrasto ai divari territoriali, prevedendo ingenti investimenti su misure di contrasto alla dispersione e di profonda revisione dell'orientamento scolastico e lavorativo e sulla realizzazione di nuovi posti per gli asili nido, con particolare riguardo alle regioni del Mezzogiorno.

Un tassello riguarda il tutoraggio, l'accompagnamento nel percorso di conoscenza e di orientamento che, pur avendo avuto dei miglioramenti, ancora tanta strada ha da fare.

Un altro tassello di questo puzzle riguarda la legalità. La scuola è, in molti luoghi d'Italia, nelle periferie, un presidio di legalità. Eppure discuteremo, come prossimo punto all'ordine del giorno, con la proposta di legge del collega Sasso, delle emergenze e dello stato di sicurezza dentro le scuole. La legalità nelle scuole e per le scuole e come luogo di insegnamento di una cultura del riconoscimento delle regole e del rispetto reciproco è un tassello fondamentale della scuola.

Un tassello di questo puzzle riguarda le scuole aperte, riguarda il fatto che le scuole sono ormai fra i pochi presidi dedicati alle giovani generazioni presenti nei quartieri di tutta Italia, forse solo una delle poche istituzioni che ancora hanno questa capillarità. Eppure, pochissimi istituti, anche qui con un grandissimo divario fra le diverse aree del Paese, hanno la forza di rimanere aperti in orario extrascolastico, hanno la forza organizzativa e finanziaria di rimanere aperti nei periodi di interruzione dell'anno scolastico. La Sottosegretaria sa bene quanto lunghi, anche rispetto agli altri Paesi europei, siano i nostri periodi di chiusura estiva. Anche su questo abbiamo differenze enormi fra le diverse aree del Paese, alcune sono virtuose nel tenere aperte le scuole, altre, ahimè, non ci riescono, certo non per loro responsabilità.

Abbiamo un tassello del puzzle - ne hanno parlato le colleghe che mi hanno preceduto - molto sensibile relativo alla differente capacità di spesa delle famiglie per l'istruzione. Alcune possono permettersi di investire sul loro futuro privato, altre non possono, ma quel futuro lì non è privato, delle famiglie più abbienti, quello è il futuro di tutta la Nazione. Quindi, dovremmo avere la stessa capacità di spesa sul futuro di tutta la Nazione e di tutti i bambini. In questo contesto, ancora più importante è la possibilità di completare la legge n. 32 del 7 aprile 2022, il Family Act, che l'allora Ministra Bonetti aveva fatto partire con forza e che reca una serie di disposizioni proprio volte all'educazione dei figli.

Un tassello riguarda - è stato detto da chi mi ha preceduto - i libri di testo. Noi, oggi, abbiamo una normativa che prevede la gratuità dei libri di testo per i 5 anni della scuola primaria. Nel frattempo, però, l'obbligo d'istruzione, giustamente, si è alzato e si è allungato e noi obblighiamo le persone a studiare, ma sappiamo che un bambino su tre conclude il suo percorso di studi senza aver mai posseduto un libro e neanche averlo preso in comodato da una biblioteca.

Questo puzzle riguarda l'adolescenza, l'educazione civica e alla cittadinanza, l'educazione al corpo, alla salute, ai sentimenti, come è stato detto da chi mi ha preceduto; riguarda gli stipendi e i contratti degli insegnanti e del personale non docente; riguarda il precariato di tanti insegnanti che aspettano una stabilizzazione e che non la vedono; e poi ancora le STEM, le competenze digitali, l'incentivo delle materie scientifiche, specialmente per i bambini e per i ragazzi.

Per cercare di dare risposte, nello stile che contraddistingue il gruppo di Azione-Italia Viva, come abbiamo dimostrato in Commissione, valutando senza pregiudizi di volta in volta i vari provvedimenti - anzi, ringrazio la Sottosegretaria, che è stata presente in Commissione interagendo con noi e con le nostre proposte -, abbiamo elaborato un percorso, una roadmap che, a nostro avviso, con interventi mirati, potrebbe portarci (in 120 giorni) a risolvere la maggior parte dei problemi che ho elencato, naturalmente se la Sottosegretaria Frassinetti, che su molte cose la pensa come noi, ma anche il Ministro, tutto il Governo e la Presidente del Consiglio scelgono, in termini di priorità finanziarie e di risorse umane della Nazione, di investire, in questa fase, sulla scuola, perché è questo il grande nodo. Quindi, con la nostra mozione abbiamo impegnato il Governo: a dare piena e celere attuazione al Family Act, come dicevo; ad adottare le iniziative di competenza volte a incrementare le risorse destinate al finanziamento del sistema integrato 0-6 anni; a potenziare gli investimenti per le misure avviate in attuazione del PNRR, al fine di contrastare la dispersione scolastica. Infatti, saremo responsabili, come generazione, di tutti i soldi del PNRR che diamo indietro o di tutti i soldi che spendiamo male (ancor peggio). Visto che ci chiedono di spenderli per i nostri figli e sono soldi che pagheranno i nostri figli, quantomeno facciamo in modo che servano, che gli servano per crescere, per educarsi, per avere domani un futuro e anche per ripagare i debiti che gli stiamo lasciando.

Poi, impegniamo il Governo: a dare attuazione alle linee guida per l'orientamento, rafforzando un sistema di orientamento diffuso; a valorizzare in tutti gli ordini di scuola il docente tutor e il docente orientatore, investendo nella formazione iniziale e continua, prevista dal recente decreto-legge n. 36 del 30 aprile 2022; a garantire su tutto il territorio nazionale l'apertura delle scuole sia al pomeriggio che nei mesi estivi, affiancando alle attività obbligatorie, già previste, anche attività opzionali e facoltative, con particolare riguardo ad una serie di obiettivi; al prolungamento del tempo scuola in tutto il primo ciclo di istruzione che, a nostro avviso, deve essere previsto sempre, anche quando non è nell'offerta formativa attuale; ad implementare in modo uniforme sul territorio nazionale iniziative finalizzate al recupero e al potenziamento delle competenze chiave di cittadinanza (quelle di italiano, di matematica, d'inglese e d'informatica); a promuovere le attività culturali e sportive extra-curricolari, secondo un modello di sussidiarietà reale che veda lavorare anche le realtà associative del territorio e che veda valorizzare le competenze degli insegnanti che si vogliono mettere in gioco anche in orario extrascolastico; a creare, nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale, campus per realizzare filiere orizzontali e verticali dove studenti, di età diversa, scelgono di apprendere in luoghi predisposti per le attività disciplinari ma anche di recupero e sviluppo per valorizzare i talenti e non lasciare nessuno indietro. Valorizziamo le eccellenze, perché il merito è questo. Dunque, valorizziamo le eccellenze ma facciamo in modo che ognuno possa trovare dentro di sé un'eccellenza, anche non visibile, all'inizio del percorso.

Poi, chiediamo al Governo: di rafforzare l'offerta di istruzione e la formazione professionale, sia per le scuole superiori sia per gli ITS, affinché non ci sia più una scuola di serie A e una scuola di serie B a secondo del grado di astrazione della materia sulla quale si intende formarsi; di aggiornare la disciplina sui libri di testo, di cui abbiamo parlato tante volte in quest'Aula. Noi vorremmo che sia possibile, fin dalla prossima legge di bilancio, incrementare le risorse destinate alla fornitura dei libri di testo, portandole ad almeno 300 milioni annui, che sarebbero quelle che consentirebbero di assolvere il fabbisogno delle famiglie; di rendere i libri gratuiti nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado per le famiglie in situazioni di svantaggio, prevedendo un contributo proporzionale al reddito familiare per le altre; di prevedere la detraibilità fiscale del costo dei libri e degli altri materiali scolastici e di ogni altra spesa sostenuta dalle famiglie con figli in età scolare, quali, per esempio, i costi collaterali - quelli dei trasporti e delle mense - che pure tanto incidono nella vita delle famiglie, specie in una fase inflattiva di siffatta natura. Inoltre, chiediamo al Governo: di stabilire che il previsto adeguamento periodico dei tetti di spesa non possa mai essere superiore all'inflazione programmata e che gli eventuali aggiornamenti delle edizioni di ciascun titolo possano avvenire solo dopo un congruo numero di anni dall'edizione precedente; di prevedere, se necessario con uno specifico strumento normativo e un accordo in Conferenza Stato-regioni, che il sostegno al diritto allo studio abbia finanziamenti e meccanismi di erogazione omogenei su tutto il territorio nazionale, evitando il paradosso che dove le cose funzionano meglio (e, quindi, forse, dove se ne avrebbe meno bisogno) arrivino più risorse e dove, invece, le cose funzionano peggio (e, quindi, forse dove se ne avrebbe più bisogno) arrivino meno risorse; di avviare un confronto che coinvolga tutta la filiera, cioè rappresentanti di autori, editori, distributori, librai, dirigenti, docenti e famiglie, perché siano individuate innovazioni necessarie, anche legislative, per raggiungere l'obiettivo di ridurre sensibilmente il peso dei libri, sia in termini fisici sia in termini di costi, anche ripensando al modello formativo avvenuto dopo il COVID per cui sono stati sperimentati modelli nuovi che, però, le scuole non hanno seguito, se non - ripeto - in quel grande divario fra eccellenze e cose che non funzionano.

Sottosegretario, Presidente, colleghi, ho parlato di un puzzle, parlando di scuola, e ho cercato di parlarvi di tutti i tasselli e di come noi, come gruppo di Azione-Italia Viva, pensiamo che si debba intervenire su ognuno di questi tasselli, perché in un ambito così complesso è facile - e si può anche dire che non è colpa di nessuno - che questi tasselli siano buttati sul tavolo così, in modo randomico. Quindi, può avvenire che anche interventi piccoli, che magari in sé sono anche utili e hanno anche senso, non andando a comporre un quadro d'insieme non arrivino poi a fondo, con il paradosso di risultare efficaci laddove tutto sommato non servirebbero mentre magari non servono a niente laddove sarebbero importanti (stessa cosa sul dimensionamento).

Allora, noi siamo qui con un'opposizione costruttiva. L'abbiamo fatto in Commissione e lo facciamo con voi qui per far sì che, invece, questi tasselli si compongano bene, in un quadro di insieme che abbia senso per gli studenti, per le famiglie, per chi lavora nella scuola, per chi perde il lavoro in età adulta e magari si deve mettere a studiare e a imparare di nuovo qualcosa. Però, ci aspettiamo dal Governo - ormai è passato un anno e non saremo più pazienti - un impegno serio in modo che si mettano insieme questi tasselli e tutti si siedano ad un tavolo, inclusi noi, incluso il Parlamento, stanziando, soprattutto, risorse. Noi siamo qui e aspettiamo che ci venga riferito che cosa si intenda fare di questi tasselli.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giovanna Miele, che illustrerà anche la mozione n. 1-00187, di cui è cofirmataria.

GIOVANNA MIELE (LEGA). Grazie, Presidente. Il nostro Esecutivo, sin dal primo giorno del suo insediamento, ha lavorato con grande determinazione per gestire in maniera sinergica ed efficiente le risorse messe a disposizione dall'Unione europea e ottimizzare, nel miglior modo possibile, tutte le opportunità di sviluppo offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Grazie a questo Governo, con l'ultima legge di bilancio le risorse per l'istruzione sono state incrementate, in maniera significativa, con finanziamenti pari a 623 milioni per il 2023, 632 per il 2024 e 598 per il 2025, per assicurare alle nostre studentesse e ai nostri studenti un innalzamento della qualità dell'offerta formativa, senza dimenticare l'esigenza di garantire la continuità didattica oltre che il più alto numero possibile di docenti di ruolo altamente qualificati in modo da ridurre progressivamente il fenomeno del precariato, con l'obiettivo di garantire al personale del mondo della scuola il giusto riconoscimento per la dignità del lavoro svolto quotidianamente. Il Ministro dell'Istruzione e del merito, appena insediato, ha rinnovato in poche settimane - preciso: in poche settimane - il contratto nazionale dei docenti, a condizioni migliorative e introducendo gli incrementi da parecchio tempo attesi da oltre 1,2 milioni di lavoratori. È questo un primo incontrovertibile dato di fatto, che testimonia l'attenzione del Governo circa l'esigenza di valorizzare le straordinarie professionalità del mondo della scuola.

La modesta riduzione del Fondo nazionale per il sistema integrato 0-6, operata con l'ultima legge di bilancio e dovuta alla necessità di adempiere ad altra misura del PNRR in tema di revisione della spesa, è stata ampiamente compensata dalle risorse indicate dal PNRR, Investimento 1.1 della Missione 4, Componente 1.

Con il proficuo contributo delle forze politiche della maggioranza, è stata introdotta la nuova disciplina sul dimensionamento scolastico che, a differenza di quanto inizialmente prospettato, consente di generare risparmi di spesa, certificabili anno per anno, da far confluire in un fondo costituito nello stato di previsione del Ministero dell'Istruzione e del merito, da reinvestire in modo strutturale a favore del sistema scolastico. In particolare, la norma non prevede chiusure dei plessi scolastici né riduce l'offerta formativa ma accresce il potere programmatorio delle regioni e la loro capacità di risposta alle specificità dei territori, riducendo le emergenze che incidono in modo negativo sulla qualità del servizio erogato dalle istituzioni scolastiche.

Nell'ambito della riforma del reclutamento prevista dal PNRR, è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non concluso in tempo dal precedente Governo, che definisce i nuovi percorsi di formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado; i nuovi percorsi, in linea con gli obiettivi del PNRR, garantiscono una formazione disciplinare e pedagogica di altissimo livello, la cui omogeneità su tutto il territorio nazionale è assicurata da un rigoroso sistema di accreditamento e di monitoraggio affidato all'ANVUR.

Accanto al nuovo modello di reclutamento dei docenti previsto dal PNRR, si è intervenuti con una priorità di misure normative finalizzate a valorizzare l'esperienza professionale maturata dal personale docente nell'ambito dei precedenti rapporti di lavoro a tempo determinato. In particolare, si è inteso favorire l'accesso ai nuovi percorsi di abilitazione ai precari, sia della scuola pubblica sia delle paritarie, attraverso la previsione, per loro, di percorsi specifici ridotti a soli 30 CFU/CFA e accessibili attraverso una significativa quota di riserva. Con specifiche disposizioni di legge, inoltre, si è provveduto a dare una risposta a una platea molto numerosa di candidati risultati idonei ai concorsi ordinari banditi prima della riforma del PNRR, trasformando le graduatorie dei concorsi ordinari in graduatorie a esaurimento.

Le scuole paritarie sono parte integrante del sistema nazionale di istruzione e, al fine di riconoscere loro pari dignità rispetto alle scuole statali, anche in merito alla partecipazione ai programmi comunitari, il Ministro dell'Istruzione e del merito ha annunciato la possibilità per le medesime scuole di accedere ai fondi europei del PNRR e del Programma operativo nazionale (PON).

Nell'ambito del decreto-legge PA-bis, il Governo ha varato importanti misure volte all'accelerazione delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale docente, finalizzate al raggiungimento delle 70.000 assunzioni (target PNRR M4C1-14), salvaguardando il rigore delle procedure stesse.

Al fine di dare tempestive risposte alle esigenze degli studenti con disabilità, garantendo maggiore continuità didattica, si è appena conclusa la procedura per l'immissione in ruolo, per l'anno 2023-2024, dei docenti inseriti nella prima fascia da graduatorie provinciali per le supplenze su posto di sostegno, prevista dal decreto-legge Assunzioni; gli ulteriori posti di sostegno vacanti e disponibili sono stati coperti mediante la procedura a chiamata diretta per l'immissione in ruolo.

In tema di immissione in ruolo, da un raffronto con l'anno scolastico 2022-2023, si evidenziano i seguenti dati: 2.656 nomine in ruolo in più effettuate; 40.462 rispetto alle 37.806 nell'anno scolastico 2022-2023, di cui 587 nomine in ruolo in più effettuate sul sostegno; 13.354, a fronte di 12.767 nell'anno scolastico 2022-2023; 15.763 i posti vacanti in meno al termine delle operazioni; 40.561, a fronte di 56.324 nell'anno scolastico 2022-2023, di cui 3.798 posti vacanti in meno sul sostegno; 13.784, a fronte di 17.582 nell'anno scolastico 2022-2023; 79,6 per cento di copertura dei posti del contingente, rispetto al 47,4 di copertura nell'anno scolastico 2022-2023. Per contrastare la dispersione scolastica e l'abbandono, il Ministero dell'Istruzione e del merito ha adottato, con il decreto n. 328 del 22 dicembre 2022, le linee guida per l'orientamento, con lo scopo di aiutare docenti, studenti e famiglie a contribuire alla costruzione di una scuola capace di affrontare la crisi educativa del Paese e di costruire un percorso virtuoso, volto anche al superamento delle difficoltà frutto diseguaglianze di natura sociale e territoriale. Con le medesime linee guida, sono state istituite due nuove figure professionali, il docente tutor e il docente orientatore, alle quali il Governo ha dedicato misure di valorizzazione, sia economica, con uno stanziamento di 150 milioni di euro previsto dalla scorsa legge di bilancio e ripartito con decreto ministeriale 5 aprile 2023 n. 63, sia professionale, con il riconoscimento di un punteggio aggiuntivo ai fini della mobilità, oltre che di una adeguata remunerazione economica. La misura ha avuto ampio successo, visto che sono state raccolte circa 60.000 candidature, a fronte delle 40.000 previste.

Ancora, nella consapevolezza della necessità di rafforzare le segreterie scolastiche, in questa fase nella quale le scuole sono chiamate ad attuare la parte più consistente delle azioni previste dal PNRR, si è previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro per il 2023, cosicché, già a partire da settembre 2023, le scuole potessero dotarsi di personale amministrativo aggiuntivo, ivi compreso quello ausiliario.

In aggiunta, il PNRR prevede già importanti investimenti destinati alle regioni del Mezzogiorno. Tuttavia, questo Governo, attraverso il piano Agenda Sud, intende introdurre una visione nuova per superare i divari negli apprendimenti, caratterizzata da percorsi di crescita e di accompagnamento mirati nelle scuole. L'obiettivo è combattere la dispersione scolastica fin dalla scuola primaria, con interventi dedicati agli istituti del Mezzogiorno. Il Piano avrà durata biennale e verrà applicato, con interventi più significativi, in 245 scuole insistenti in contesti particolarmente disagiati del Sud, individuate dall'Invalsi, e, con altri livelli di intervento, in ulteriori 2.000 scuole del Mezzogiorno.

A integrazione degli interventi previsti nell'ambito di Agenda Sud, il Governo, con il decreto-legge recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, ha individuato risorse aggiuntive, in modo da realizzare ulteriori azioni e iniziative di contrasto alla fragilità educativa, finalizzate a contrastare la dispersione scolastica e a ridurre i divari territoriali negli apprendimenti nelle istituzioni scolastiche del primo e del secondo ciclo di istruzione non finanziabili dal suddetto Piano. Un primo intervento prevede di attivare nelle scuole del Mezzogiorno incarichi temporanei di personale amministrativo, tecnico e ausiliario fino al 31 dicembre 2023. A tal fine, sono stati stanziati 12 milioni di euro per l'anno 2023. Una seconda azione è finalizzata a potenziare l'organico dei docenti impegnati nella realizzazione di progetti pilota contro la dispersione e i divari territoriali e negli apprendimenti nelle istituzioni scolastiche site in contesti caratterizzati da maggiore disagio educativo. Un terzo intervento è volto a supportare le istituzioni scolastiche statali, anche per progetti di rete, nella realizzazione di azioni finalizzate a realizzare le condizioni per definire un contesto educativo favorevole all'apprendimento per tutti e, in particolare, per le studentesse e gli studenti con fragilità nel processo di apprendimento. Un quarto intervento vuole rafforzare l'offerta educativa nelle scuole del Meridione caratterizzate da alta dispersione scolastica, attraverso il potenziamento dell'organico dei docenti delle istituzioni scolastiche statali con maggior disagio educativo.

Al fine di valorizzare i docenti che permangono nelle stesse istituzioni scolastiche che insistono nelle zone più disagiate, garantendo la continuità didattica, si è previsto un incentivo economico attraverso l'incremento del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (MOF) e l'attribuzione di un punteggio aggiuntivo di 10 punti a conclusione del triennio effettivamente svolto, e di ulteriori 2 punti per ogni anno di permanenza dopo il triennio, ai fini della mobilità.

L'opportunità dell'apertura delle scuole anche nelle ore pomeridiane, nonché nei periodi di sospensione della didattica, rappresenterebbe l'occasione per dare vita a iniziative di potenziamento e di recupero, in particolare nelle discipline fondamentali quali matematica, scienze, informatica, italiano e inglese, contribuendo, in questo modo, a ridurre i divari territoriali non solo tra regioni ma anche tra realtà diverse della stessa regione e, addirittura, della stessa città.

L'obiettivo di questo Governo è fornire a tutte le studentesse a tutti gli studenti una formazione che valorizzi i talenti e le potenzialità di ognuno e sia spendibile nel mondo del lavoro, garantendo competitività nel nostro sistema produttivo, anche attraverso la costituzione di una vera e propria filiera formativa tecnologico-professionale.

In coerenza con tali obiettivi, sono state avviate numerose altre iniziative, quali: il compimento della riforma dell'insegnamento nelle materie STEM, tramite l'adozione di specifiche linee guida; l'avvio di un consistente piano di semplificazioni a beneficio della funzionalità delle istituzioni scolastiche; la proposta di un'ambiziosa riforma della formazione tecnica e professionale, attraverso l'istituzione della filiera tecnologico-professionale. La previsione di misure omogenee per l'accesso alla gratuità dei libri è un obiettivo pienamente condivisibile per sostenere il diritto allo studio e superare così i divari e le disuguaglianze degli studenti. Il Ministero impegna annualmente ingenti risorse per garantire il diritto allo studio a tutti gli studenti e, in particolare, per assicurare la gratuità parziale o totale dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo di istruzione, nonché la fornitura dei libri di testo da dare in comodato agli studenti della scuola superiore, al fine di sostenere concretamente anche le famiglie degli alunni e degli studenti meno abbienti.

Per tali ragioni, con questa mozione impegniamo il Governo a: potenziare l'utilizzo delle risorse messe a disposizione dal PNRR per creare ambienti di apprendimento innovativi, con particolare riferimento alle metodologie di insegnamento e dei linguaggi, fornendo direttive e linee guida chiare ed efficaci; adottare iniziative volte a reperire risorse per consentire la piena realizzazione di un sistema integrato di educazione e istruzione, dalla nascita sino a 6 anni, con particolare attenzione alle cosiddette sezioni primavera, rivolte ai bambini tra i 24 e i 36 mesi; bandire quanto prima il concorso riservato al personale precario della scuola statale in vista dell'avvio della stagione dei nuovi concorsi previsti dal PNRR, volti al raggiungimento delle 70.000 assunzioni; avviare i percorsi universitari di formazione iniziale già in questo anno accademico, per una nuova generazione di docenti fortemente strutturati, con alle spalle un importante percorso di formazione disciplinare e pedagogica, e meccanismi di valutazione che garantiranno l'efficacia didattica nell'ottica della qualità dell'insegnamento e della costruzione di una scuola che sia davvero un punto di riferimento per le famiglie e per gli studenti; potenziare il processo di valorizzazione economica e professionale di tutto il percorso scolastico; adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate ad assicurare il diritto all'istruzione alle studentesse e agli studenti di tutto il territorio nazionale, al fine di colmare - e lo ribadiamo - i divari territoriali e garantire il successo formativo di tutti e di ciascuno, con particolare attenzione per gli alunni con disabilità; quindi, promuovere su tutto il territorio nazionale l'apertura delle scuole, sia al pomeriggio, che nei mesi estivi, affiancando a quelle obbligatorie, già previste, anche attività opzionali e facoltative, con particolare riguardo ai seguenti obiettivi: il prolungamento del tempo scuola in tutto il primo ciclo di istruzione, ove non previsto dall'offerta formativa attuale; l'implementazione in modo uniforme sul territorio nazionale di iniziative finalizzate al recupero e al potenziamento delle competenze chiave di cittadinanza, quali italiano, matematica, inglese e informatica; la promozione di attività culturali sportive extracurriculari, in collaborazione con gli enti del terzo settore e le altre realtà associative presenti sui territori, anche valorizzando le esperienze di educazione non formale; la creazione, nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale, di campus per la realizzazione di filiere orizzontali e verticali, dove studenti di età diversa scelgono di apprendere in luoghi predisposti per le attività disciplinari, ma anche di recupero e sviluppo per valorizzare i talenti e non lasciare indietro mai nessuno.

Inoltre, impegniamo il Governo a: dare piena attuazione alle linee guida per l'orientamento, rafforzando un sistema di orientamento diffuso, a tutti i livelli scolastici, a partire dalla scuola primaria ed in particolare per la scelta della scuola secondaria di secondo grado e dell'istruzione terziaria, per dare vita a percorsi di orientamento strutturati che tengano conto delle aspirazioni professionali dei giovani, ma anche delle nuove competenze per i settori emergenti del lavoro, delle filiere formative e delle esigenze specifiche delle imprese e dei territori; valorizzare in tutti gli ordini di scuola il docente tutor e il docente orientatore, promuovendo la formazione iniziale e continua, prevista dalla recente legge n. 79 del 29 giugno 2022 e dai decreti attuativi; introdurre, attraverso la scuola di alta formazione di recente istituzione, percorsi di sviluppo di carriera, per favorire la creazione di una nuova generazione di docenti qualificati e con differenziazioni di funzioni per rompere l'uniformità delle prestazioni e della retribuzione degli insegnanti, così come avviene da tempo a livello europeo; rafforzare l'offerta dell'istruzione e della formazione professionale sul piano nazionale per garantire ai giovani di avere accesso, nel proprio territorio, a percorsi professionalizzanti per conseguire i livelli di qualificazioni professionali con importanti momenti di formazione on the job; perseguire l'obiettivo che nessun giovane possa abbandonare i percorsi formativi senza avere almeno raggiunto una qualifica professionale di primo livello; potenziare lo studio delle STEM e dell'innalzamento delle competenze digitali; individuare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, misure a sostegno delle famiglie, per rafforzare il loro potere di acquisto in tema di libri di testo, nonché misure volte ad intervenire sul tema della detrazione delle medesime spese sull'incremento dell'attuale stanziamento del contributo dello Stato per l'acquisto dei libri di testo e sull'adeguamento dei tetti di spesa; avviare un confronto che coinvolga tutta la filiera - rappresentanti di autori, editori, distributori, librai, dirigenti, docenti, famiglie - perché siano individuate le innovazioni anche legislative necessarie per raggiungere l'obiettivo di ridurre sia il peso dei libri quotidianamente portato da casa a scuola, sia, viceversa, i costi a carico delle famiglie; valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, affinché, soprattutto nelle realtà territoriali più disagiate e ad alto tasso di dispersione scolastica, si possa ridurre il tradizionale numero di alunni per classe; favorire iniziative volte ad agevolare le donazioni dei privati, al fine di mobilitare nuove risorse in favore delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale d'istruzione da parte di persone fisiche, enti non commerciali e soggetti titolari di reddito di spesa. Questo è quello che chiediamo al Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Come avete sentito, l'Italia è fra i Paesi europei in cui è più grave il fenomeno della dispersione scolastica: al 9,7 per cento è la dispersione implicita al termine della scuola superiore. Le disuguaglianze territoriali si manifestano sotto forma di povertà educativa nelle regioni meridionali e le percentuali dei dispersi sono più elevate, con una punta del 19,8 per cento in Campania.

In Campania, Calabria e Sicilia, più del 60 per cento degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70 per cento degli studenti, proprio in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Significa che queste persone non saranno in grado di gestirsi un progetto di vita autonoma, soventi vittime del lavoro in nero e sottopagato, quando non intercettate dalla stessa malavita organizzata, e non saranno in grado di partecipare appieno alla vita democratica del nostro Paese. Ecco, lo diciamo: ma quale merito? Qua si vuole semplicemente legittimare e conservare queste disuguaglianze. La percentuale dei NEET in Italia è del 23,1 per cento, ma in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, i quindici-ventinovenni che non studiano e non lavorano hanno superato quelli che lavorano: 3 giovani NEET ogni 2 giovani occupati.

Che cosa voglio dire? L'assillo del Governo dovrebbe essere quello di garantire un'educazione di qualità, a partire dalla prima infanzia, per contrastare questa dispersione scolastica. E per farlo dovrebbe darsi delle priorità precise: innanzitutto, rendere obbligatorio il ciclo di istruzione, a partire dalla scuola dell'infanzia sino al compimento dei 18 anni di età; ridurre il numero degli alunni in classe per garantire qualità della didattica, maggiore coinvolgimento e apprendimento da parte degli studenti, nonché piena integrazione dei ragazzi, soprattutto quelli con più disabilità; estendere il tempo pieno nelle scuole primarie, ma anche il tempo prolungato negli istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado; garantire l'accesso all'asilo nido e alla scuola dell'infanzia a tutte le bambine e a tutti i bambini all'interno del territorio nazionale, superando ogni forma di discriminazione sociale e territoriale; istituire delle zone di educazione prioritaria e solidale, dedicate alle aree più svantaggiate, così come mette al centro la nostra proposta di legge; ma anche introdurre finalmente, nelle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione, un'ora d'amore.

Sì, un'educazione sentimentale che, in qualche modo, metta al centro la crescita educativa, culturale ed emotiva dei giovani in materia di parità e di solidarietà tra uomini e donne. Ci troviamo oggi in quella che molti definiscono una vera e propria emergenza educativa: gli episodi di cronaca e gli allarmi degli esperti ci raccontano una generazione di giovani e di bambini che sta soffrendo e che esprime il proprio disagio con atti di violenza contro se stessi e contro gli altri.

Ecco, i servizi territoriali di prevenzione sono stati in parte smantellati, manca personale e manca un approccio sistemico di presa in carico; le realtà scolastiche, anch'esse già gravate da tagli e mancanza di organico, si trovano in grande difficoltà nel sopperire a queste mancanze.

Si lavora in emergenza e mancano spazio e tempo per poter fare prevenzione: ecco, il “decreto Caivano” ne è l'ennesima riprova.

La scuola è il luogo deputato ad incontrare tutti i minori in età dell'obbligo scolastico, è un osservatorio privilegiato e spazio, appunto, di prevenzione.

Ecco perché, tra le altre cose, dovremmo integrare personale educativo e pedagogico all'interno degli istituti scolastici, perché potrebbe davvero consentire di sopperire alle fragilità odierne.

La scuola svolge una funzione troppo importante perché se ne colga solamente o prevalentemente l'aspetto di trasmissione delle conoscenze, per quanto appunto fondamentale e, di sicuro, non merita di essere liquidata con atteggiamento securitario.

A Caivano, così come in tante piazze d'Italia, in tante strade d'Italia, in tante città d'Italia, serve un esercito, sì, un esercito di insegnanti, di educatori, di assistenti sociali, di operatori della cultura. Fatemi dire che il punto non è prevenire solo, appunto, pensando che lo Stato si riprenda quei luoghi un giorno, magari durante un blitz; serve esattamente il contrario, il punto non è anticipare quelle sbarre per chi ha fatto crimini, per chi è minorenne, magari parificando quella vita. Quei ragazzi vivono già tra le sbarre, vivono già in carceri speciali e servirebbe liberare tutto questo: la scuola è il più potente mezzo per farlo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cangiano. Ne ha facoltà.

GEROLAMO CANGIANO (FDI). Grazie Presidente. È sempre utile e stimolante, e non riduttivo, parlare, discutere e confrontarci in quest'Aula su tutto ciò che riguarda la scuola, il diritto all'istruzione e il riconoscimento del ruolo di chi la scuola la fa e la vive ogni giorno.

Sono argomenti importanti, sui quali uno schietto e dinamico confronto lo ritengo indispensabile, anche se spesso a tenere banco purtroppo è esclusivamente l'esasperazione di quelle criticità che ancora qualcuno si ostina a voler evidenziare, con toni assolutamente allarmistici, nonostante i dati e i risultati assolutamente ottimi che questo Governo sta portando avanti.

Perché la scuola - e tutto ciò ad essa connesso - è una delle colonne portanti dell'azione politica di questo Governo: trovo triste che ci si continui a nascondere dietro falsi miti, in uno dei periodi storici che, mai come prima d'ora, vede la scuola e il sistema scolastico italiano al centro di una vasta opera di riforme, di investimenti, di ricostruzione di quella dignità verso lo status di docente e di non docente che, certo, non siamo stati noi a togliere e a limitare.

E, allora, invece di riconoscere questa operazione a favore del nostro sistema scolastico e di contribuire politicamente e responsabilmente a portare avanti nel modo migliore e meno litigioso possibile, ci troviamo nuovamente a dovere rispondere ad una serie di attacchi gratuiti ed infondati. Dati infarciti di inesattezze e toni allarmistici che mai si coniugano con il quadro attuale dello stato delle cose e che nemmeno rendono giustizia al ruolo che ognuno di noi è chiamato a svolgere.

Potrei semplicemente limitarmi a chiedere ancora una volta dove eravate fino a dodici mesi fa; quelli che oggi ci attaccano sono gli stessi che fino a dodici mesi fa sedevano dal lato di chi avrebbe dovuto e potuto iniziare a risolvere dei problemi e oggi invece li pongono per l'ennesima volta all'attenzione di questo Governo.

Hanno contribuito a lasciarci un'eredità, una situazione a dir poco disastrosa e, non solo, nella realtà oggettiva delle criticità che abbiamo riscontrato, ma soprattutto in quello scollamento e in quel senso di delusione che albergava nell'animo di migliaia di dirigenti scolastici, docenti, assistenti, tecnici e collaboratori scolastici.

Potrei ricordare come i governi, che quegli stessi che oggi ciclicamente ci attaccano hanno sostenuto ed incoraggiato, abbiano letteralmente bruciato e sperperato centinaia e centinaia di milioni di euro, tra banchetti a rotelle e stratosferiche forniture di mascherine e gel sanificanti, che giacciono nei depositi delle nostre scuole e che sarà problematico e dispendioso anche smaltire.

Ma sinceramente non è più il momento di evidenziare cosa loro non hanno fatto in 12 anni: oggi è il momento di raccontare cosa abbiamo fatto noi in 12 mesi.

E noi abbiamo dato risposte concrete, tangibili, che nemmeno voi potete provare a negare e che hanno dovuto tenere conto, da un lato, dei target e degli obiettivi del PNRR e, dall'altro, delle giuste richieste e rivendicazioni di un intero comparto, che non è soltanto l'ossatura della nostra società, ma che ha anche dimostrato, durante l'emergenza pandemica, tutto il coraggio e l'abnegazione verso una delle professioni più belle e impegnative.

Entrando nel dettaglio, mi trovo a dover rispondere, con cifre reali, ai numeri che spesso si danno. Questo Governo, con il ministro Valditara e il sottosegretario Frassinetti, che ringrazio per la presenza, ha previsto e finanziato investimenti per laboratori innovativi e un nuovo approccio metodologico alla didattica tradizionalmente intesa per circa 186 milioni di euro; ha provveduto ad azioni per digitalizzare gli ambienti della scuola dell'infanzia per 95 milioni di euro ed attualmente è impegnato sul fronte delle azioni di Agenda Sud, con un investimento di fondi per un totale complessivo di circa 265 milioni di euro.

Risorse che vanno a potenziare anche gli organici, in particolar modo quelli ATA, che chi ci ha preceduto ha praticamente lasciato per strada a fine pandemia. Il governo Meloni e il ministro Valditara hanno riconosciuto, e in parte già finanziato, 1 miliardo e 500 milioni di euro a valere sulla missione 4.1, investimento 1. 4. Questo Governo non ha mai smesso, per un istante, di investire sulla progettazione rivolta agli asili nido, alle mense scolastiche e alle palestre scolastiche.

Perché riconoscere il valore educativo, formativo e aggregante della scuola è importante, soprattutto in contesti difficili e soprattutto laddove la presenza della famiglia è importante e limitata ad esigenze lavorative.

Valga per tutti l'esempio di Caivano, con le parole che in questi giorni tanti cittadini e lo stesso don Maurizio Patriciello hanno voluto rivolgere a Giorgia Meloni e ai ministri impegnati in una lotta che è il simbolo di ciò che noi riteniamo debba essere la valenza educativa dell'istituzione scolastica.

Questo Governo ha sbloccato gli aumenti per il personale scolastico a pochissime settimane dal suo insediamento, firmando il contratto per gli anni 2019-2021, quasi come primo atto del suo mandato, dopo anni di immobilismo e silenzi; ha sbloccato risorse, ricordiamolo, da destinare a circa 1,2 milioni tra docenti, personale ATA e personale educativo.

Ha inoltre previsto compensi accessori ed ulteriori che andranno a modernizzare il ruolo del lavoro di chi crede in una scuola che sia una comunità educante, libera, non un luogo di ‘costrizione' del sapere.

Basti pensare alle figure dei tutor e dei docenti orientatori e alle nuove progressioni di carriera che interessano il personale amministrativo ed ausiliario, in tutto il comparto scuola.

Questo Governo ha finalmente dato il via ai percorsi abilitanti, finalizzati a stabilizzare i docenti e alla conseguente immissione in ruolo, a seguito di procedure concorsuali, cercando di garantire professionalità, preparazione e competenza, oltre che dare un significativo slancio agli insegnanti.

Ed anche le polemiche sul DPCM che doveva essere firmato 15 mesi fa da chi mi ha preceduto le trovo ingiuste, ma per fortuna le risposte ve le stanno dando i docenti, che hanno salutato con gioia ed emozione il provvedimento e che hanno di fatto apprezzato la rimodulazione dei criteri e dei crediti in base alle diverse esperienze pregresse, che saranno sostenuti in questo percorso anche dalla possibilità di fruire online di parte delle ore di lezione, conciliando così studio, lavoro e preparazione.

Ha un costo tutto questo? Certo, e non potrebbe essere diversamente, considerando la macchina burocratica ed organizzativa che le università dovranno mettere in atto per far fronte ad un massiccio piano di corsi e percorsi, ma è un prezzo calmierato, che prevede un tetto massimo di spesa possibile ed ammissibile. E poiché non siamo nati ieri, e io forse sono anche un po' del mestiere, vorrei ricordare a me stesso, e ovviamente ai colleghi dell'opposizione, che nel 2007 per abilitarsi attraverso un percorso all'epoca denominato SSIS si arrivava a sfiorare i 5.000 euro tra costi di ammissione, imposta di bollo, tasse regionali, eccetera, eccetera.

Nel 2014 si sono invece sfiorate cifre anche maggiori. Con il DPCM denominato “60 CFU”, il cui ritardo certo non credo possa essere attribuito a questo Esecutivo, sarà l'Anvur a vigilare sulla correttezza delle proposte formative, garantendo quindi serietà e rigore nell'interesse esclusivo di chi deciderà di seguire i percorsi strutturali. L'obiettivo resta quello di venire incontro alle ambizioni, alle esigenze e alle necessità dei nostri docenti. Credo sia superfluo e retorico tornare sulla riforma del PNRR inerente al dimensionamento e alla razionalizzazione della rete scolastica.

Abbiamo avuto modo di confrontarci, anche in quest'Aula, per tanti mesi, nel corso di quest'ultimo anno. Abbiamo provato a farne capire l'urgenza, non derivante da nostre scelte, ma anche la ratio e la definizione di nuovi parametri, che non vanno assolutamente nella direzione catastrofica che state immaginando e denunciando con toni allarmistici. Dati alla mano, vi abbiamo dimostrato che questa è anche un'occasione, ma purtroppo non è servito ad evitare che voi ne faceste un cavallo di battaglia nella vostra azione di opposizione, raccontando realtà diverse dalla verità ed entrando a gamba tesa nelle paure di chi teme che il proprio posto di lavoro possa essere vanificato.

Questo non è soltanto politicamente poco corretto, è anche umanamente poco concepibile. Per fortuna e per capacità anche in questo caso vi abbiamo smentito con i fatti, e questo Governo ha dato il via ad un piano assunzionale davvero imponente. Ha consentito che quest'anno iniziasse con la maggior parte di docenti assunti e nominati in cattedra già dal primo giorno di scuola. I dati li ha forniti prima la mia collega, quindi evito di ribadirli, ma mi preme sottolineare l'impegno ed il lavoro programmatico per intensificare le immissioni in ruolo sul sostegno, garantendo il diritto all'istruzione soprattutto ai nostri alunni più fragili e speciali, stabilizzando migliaia di docenti precari che ogni anno giravano l'Italia, pur avendo conseguito svariati titoli abilitanti e di specializzazione.

La verità è che partirà a breve una straordinaria stagione di procedure concorsuali meritocratiche e democratiche, che daranno a chi vorrà crederci la possibilità di realizzare quello che per molti è un sogno fin da quando si è bambini: insegnare.

Voglio chiudere, perché avrei ancora tante cose da dire, dai progetti finalizzati al contrasto al bullismo alle iniziative rivolte all'educazione all'affettività e alle relazioni, dal tentativo di dare nuove linee guida all'educazione civica, che voi avete distrutto nei contenuti e sminuito nella professionalità di docente (Commenti della deputata Scarpa), all'introduzione delle competenze non cognitive, così necessariamente urgenti al giorno d'oggi. Avrei ancora cose da dire fatte da questo Governo, ma mi fermo qui, perché sono orgoglioso di quanto fatto in appena 12 mesi e sono profondamente convinto di poter chiedere al Governo e al Ministro di continuare sulla strada intrapresa e di ignorare attacchi continui e strumentali, puntando invece a quel nuovo umanesimo che possa vedere l'alunno al centro del suo continuo evolversi, iniziando dalla tenerissima età con il sistema integrato 0-6 anni, fino alla definizione del suo ruolo e del suo profilo professionale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Scarpa. Ne ha facoltà.

RACHELE SCARPA (PD-IDP). Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, prendiamo ad esempio una penna, oggi ne ho portata una, qui con me, per questo intervento. È un oggetto banale, che utilizziamo tutti i giorni e che tendiamo a dare per scontato. Saper usare una penna ed essere istruiti è un mezzo di emancipazione straordinario; consente di interpretare la realtà e di agire di conseguenza, di esprimere un'opinione, di fare una critica, di sostenere un pensiero, di articolare un progetto politico e di comunicarlo.

La storia del secolo scorso, e purtroppo anche quella del secolo corrente, ci insegnano che la prima cosa che fa un regime, una volta arrivato al potere, è bruciare i libri, distruggere le scuole e manipolare l'istruzione a proprio vantaggio. Nel 2013, davanti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ce lo ricordava Malala Yousafzai quanto una penna possa essere più potente di una spada. Lei, che è stata quasi ammazzata dai talebani, ci ha ricordato come un bambino, un insegnante, un libro e una penna possano effettivamente cambiare il mondo.

Alla fine della seconda guerra mondiale i Governi e i Parlamenti dell'epoca hanno accompagnato la rinascita e la crescita del Paese con un'enorme opera di alfabetizzazione, e ancora oggi l'istruzione consente a tanti di uscire dall'invisibilità. Forse dirò una banalità, colleghi, ma l'istruzione pubblica, così spesso data per scontata, è la colonna portante di una democrazia moderna. L'istruzione garantisce il pluralismo di una democrazia, la conoscenza e la ricerca invece la proiettano nel futuro.

La scuola rappresenta il più grande strumento di emancipazione personale, ma anche un determinante motore di mutamento sociale. Come ogni cosa, però, ha bisogno di cura, di attenzione, altrimenti la colonna crolla. Un'istruzione povera, rarefatta, disomogenea sul territorio e inaccessibile può assottigliare e rendere fragile anche una grande democrazia, ed è nostro compito prioritario evitare che la nostra diventi un cumulo di macerie. Quelle che discutiamo oggi sono delle semplici mozioni, degli atti di indirizzo che discuteremo e voteremo come centinaia di altri atti parlamentari. Vi pregherei, però, di impegnarci a non banalizzare mai la discussione quando si parla di scuola, che vuol dire anche, mi permetto, non accusare di allarmismo un'opposizione che legittimamente incalza su questo tema.

So, onorevoli colleghi, che in quest'Aula siamo tutti consapevoli del fatto che prendersi cura di una democrazia è una cosa lenta, che richiede tempo, risorse e un costante e minuzioso lavoro. Le scelte di questo Governo, come di quelli precedenti e di quelli futuri, non riguarderanno il tempo di discussione e di approvazione di una manovra finanziaria, ma avranno degli effetti che si depositeranno nei decenni. Sta a noi, dunque, prendere quelle scelte immanenti che porteranno poi ad erodere lentamente la nostra democrazia oppure a rafforzarla, anche perché non siamo noi i custodi esclusivi della democrazia, colleghi, lo sono i cittadini.

Il nostro ruolo credo sia quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono a ciascuno di prendersi cura della democrazia. Allora prendiamocene cura e rimuoviamo questi ostacoli, cominciando, ad esempio, dall'affrontare la piaga della dispersione scolastica, che tutti quanti hanno citato nei loro interventi oggi. In Italia la dispersione scolastica registra una delle incidenze più elevate d'Europa, il 12,7 per cento, dopo la Romania e la Spagna. Nonostante i progressi registrati, siamo ancora ben lontani dall'obiettivo stabilito dall'Unione europea del 9 per cento entro il 2030.

L'abbandono scolastico è un fenomeno sociale che provoca danni sul lungo periodo, e supportare le famiglie affinché possano consentire ai figli di crescere umanamente e di istruirsi è una questione di giustizia sociale, ma è anche un investimento per la crescita e lo sviluppo. E non credo, colleghi, che possiamo permetterci di lasciare invariato un dato che cementifica le disuguaglianze e paralizza qualsiasi prospettiva di mobilità sociale. Ce ne prendiamo cura se in istruzione scegliamo di investirci e farlo per davvero.

Come è possibile pensare che l'istruzione possa essere di qualità se la previsione dei sindacati di categoria è che in questo nuovo anno scolastico si inizierà con almeno 200.000 precari e che non verranno coperti tutti i posti vacanti disponibili? Mancherebbero all'appello oltre 50.000 posti, a cui si aggiungono, tra docenti e ATA, circa 150.000 posti in organico, di fatto. Inoltre, l'Italia retribuisce il suo personale scolastico con stipendi tra i più bassi d'Europa. Come possiamo prenderci cura della scuola se chi la anima ogni giorno è precario e sottopagato?

Nonostante tutto questo, nel percorso di approvazione della legge di bilancio del 2023, tra i primi interventi di questa legislatura, l'Esecutivo ha scelto di tagliare in istruzione. È risultata, infatti, una riduzione di 5 milioni di euro per il 2023, di 13,4 milioni di euro per il 2024 e di 20,2 milioni di euro per il 2025 del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione, prefigurandosi, altresì, a partire dal 2026, un taglio permanente del medesimo Fondo pari a 18,2 milioni di euro annui. Non mi sembra un taglio modesto e non mi sembra che sia stato adeguatamente compensato.

Mi permetterà di dire, Presidente, che, per quanto mi riguarda, questo non corrisponde al prendersi cura della nostra scuola e, quindi, nemmeno al prendersi cura della nostra democrazia. Ce ne prendiamo cura se riduciamo gli accorpamenti che peggiorano la qualità dell'amministrazione scolastica e disperdono ancora di più le opportunità di lavoro, ad esempio, di un Mezzogiorno che già si trova ad affrontare un processo di spopolamento a cui sembra che nessuno voglia porre rimedio.

Ce ne prendiamo cura, di questa democrazia, se non rendiamo l'accesso alla scuola dell'obbligo un salasso. I dati diffusi da Assoutenti riportano le prime stime sul caro-scuola, che costerà tra l'8 e il 10 per cento in più a studente, ma, secondo il Sindacato italiano dei librai e dei cartolibrai, il rialzo medio potrebbe toccare punte del 12 per cento. In particolare, per l'acquisto dei libri del primo anno la spesa per un figlio è di 322 euro per le scuole medie e di 501 euro per le scuole superiori di secondo grado. Una famiglia con due figli a carico può arrivare a dover spendere anche fino a 1.000 euro ad inizio anno scolastico per due figli che iniziano un ciclo di istruzione. Sono dati impressionanti.

L'aumento del costo dei libri scolastici, come riportato dall'analisi dei dati Eurostat, rischia anche di avere effetti particolarmente gravi nel contesto della crescente povertà infantile europea. In un contesto socioculturale in cui la povertà educativa tocca 1,2 milioni di minori ed il numero di minori di 18 anni che vivono a rischio povertà è aumentato dal 23 per cento al 25 per cento, tra il 2019 e il 2022 il costo per l'istruzione è aumentato di due volte più velocemente dei salari e il prezzo del materiale utile agli studenti è salito del 13 per cento tra gennaio e maggio 2023. Colleghi, noi non stiamo facendo il nostro lavoro se lasciamo che l'istruzione, pietra miliare di una democrazia, diventi inaccessibile. Diciamolo una volta per tutte e facciamolo per davvero nella prossima legge di bilancio: puntiamo seriamente alla piena gratuità dell'istruzione pubblica in Italia.

Ce ne prendiamo cura, di questa democrazia, infine, se rendiamo la scuola davvero accessibile e sicura per chiunque. Invece, al momento, mancano 117.000 insegnanti di sostegno. Ce ne prenderemmo cura se aggiornassimo bene i programmi. Più attenzione alla promozione del benessere psicologico e a tutti quei nuovi ambiti di competenza che dobbiamo allenarci a coltivare, in un mondo che evolve in fretta sin dalla più tenera età. Dall'educazione al digitale a quella finanziaria, a quella alimentare ed ambientale, c'è tanto su cui possiamo ragionare, anche insieme, colleghi. Non mi soffermo sull'impatto drastico che avrebbe un vero, completo ed inclusivo programma di educazione all'affettività, alla sessualità, al rispetto e alla conoscenza del proprio corpo e di quello altrui e al consenso in un Paese in cui, ogni 3 giorni, piangiamo sconsolati una vittima di femminicidio. La scuola ha il potere incredibile di livellare le carenze educative e, potenzialmente, di supplire ad eventuali mancanze dei contesti di crescita. Usiamola per dare forma ad un mondo diverso, magari un po' migliore di questo.

Diamo, poi, piena legittimità - non dimentichiamolo - anche alla voce degli studenti, perché, spesso, sanno meglio di noi come rendere più inclusiva e migliore la scuola che abitano ogni giorno, e non abbandoniamo il sogno moderno che la scuola sia il perno di mutamento sociale e del livellamento delle disuguaglianze. Votiamo all'unanimità una sintesi tra le mozioni presentate oggi che impegni il Governo a investire seriamente in istruzione. Quando guardiamo una penna sul nostro banco, ricordiamoci che è lo strumento più importante che abbiamo per svolgere il nostro lavoro che, a mio modesto parere, consiste, soprattutto, nel tutelare la nostra democrazia, consentire il pieno sviluppo della persona e garantire il benessere di ogni cittadino. Ricordiamoci che, se tutti padroneggeranno e si difenderanno con questo strumento, saremo già a metà del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Prendo atto che il Governo non intende intervenire. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 29 settembre 2023, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla V Commissione (Bilancio):

S. 854 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici" (Approvato dal Senato) (1436) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da martedì 3 ottobre 2023, ai sensi del comma 5 dell'articolo 96-bis del Regolamento, i termini di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo sono conseguentemente adeguati, come già preannunciato per le vie brevi a tutti i gruppi nella giornata di venerdì 29 settembre 2023. In particolare, il termine per la presentazione di questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge è fissato alle ore 16 di oggi, lunedì 2 ottobre 2023.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 29 settembre 2023, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite VI (Finanze) e X (Attività produttive):

"Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 131, recante misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio" (1437) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, VIII, IX, XI, XII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Annunzio della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 29 settembre 2023, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera b), e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 (Doc. LVII, n. 1-bis).

Con la medesima lettera, il Presidente del Consiglio dei ministri ha altresì trasmesso la relazione ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Doc. LVII, n. 1-bis - Annesso).

Alla Nota di aggiornamento sono inoltre allegati:

la nota illustrativa sulle leggi pluriennali di spesa in conto capitale a carattere non permanente, di cui al comma 3 del predetto articolo 10-bis della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 1-bis -Allegato I);

il rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali, di cui al comma 5-bis del medesimo articolo 10-bis (Doc. LVII, n. 1-bis -Allegato II);

il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, di cui al comma 1 dell'articolo 10-bis.1 della predetta legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 1-bis -Allegato III);

la relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva, predisposta ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 10-bis.1, corredata dalle Appendici metodologiche (Doc. LVII, n. 1-bis -Allegato IV).

La Nota di aggiornamento e l'ulteriore documentazione richiamata sono state trasmesse alla V Commissione (Bilancio) e, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Ricordo che il calendario dei lavori dell'Assemblea prevede che l'esame della Nota di aggiornamento in Aula abbia luogo a partire dalla giornata di mercoledì 11 ottobre 2023, alle ore 9,30. Le Commissioni dovranno pertanto concluderne l'esame in sede consultiva e in sede referente compatibilmente con i tempi previsti dal calendario per l'esame da parte dell'Assemblea.

Discussione della proposta di legge: Sasso ed altri: Modifiche agli articoli 61, 336 e 341-bis del codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza del personale scolastico (A.C. 835-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 835-A: Modifiche agli articoli 61, 336 e 341-bis del codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza del personale scolastico.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 835-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Rossano Sasso.

ROSSANO SASSO, Relatore. Grazie, Presidente. Cercherò di svolgere una relazione alquanto sintetica, dando, poi, la parola alla collega di partito Miele per l'illustrazione e riservandomi la possibilità di intervenire in dichiarazione di voto. Molto velocemente, questa proposta di legge fu presentata per la prima volta nel 2019; purtroppo, non ebbe molta fortuna e, allora, insieme ai colleghi firmatari l'abbiamo ripresentata il 30 gennaio 2023; c'è stato un iter in Commissione abbastanza celere e abbiamo incassato i pareri favorevoli della I Commissione, della II Commissione, della V Commissione e, infine, dell'XI Commissione.

La proposta di legge consta di sette articoli e mi piace pensare che le accuse di deriva securitaria che sono piombate sulla stessa cadano durante la discussione parlamentare e mi piace pensare, anche, che sia il Parlamento all'unanimità a votare un provvedimento che va a tutelare la sicurezza degli insegnanti e che, purtroppo, è drammaticamente attuale; non starò qui adesso a snocciolare tutti gli episodi di aggressioni oscene ai danni del nostro corpo docente e dei lavoratori tutti.

Andando più nello specifico, l'articolo 1 della proposta di legge che mi sono onorato di firmare, e che il gruppo Lega-Salvini Premier ha fortemente voluto, insieme agli alleati del centrodestra, prevede per la prima volta l'istituzione di un Osservatorio che avrà il compito di monitorare il fenomeno delle violenze, per la prima volta in maniera scientifica, di relazionarne al Parlamento e di indicare al Ministero dell'Istruzione e del merito quali attività svolgere. Quindi, dopo un momento di analisi ci sarà anche un momento di sensibilizzazione e di formazione del personale nella gestione dei conflitti, nel migliorare la comunicazione tra scuola e famiglia, nell'istituire e prevedere giornate di sensibilizzazione al tema, perché per noi la prevenzione è fondamentale nella principale agenzia educativa che la nostra società riesce ancora a mantenere subito dopo la famiglia. Anzi, Presidente, spesso la scuola va a sopperire a quelle lacune che, ahimè, la famiglia moderna ha.

Veniamo agli articoli che, purtroppo, non hanno ricevuto una condivisione totale delle altre forze politiche in Commissione, ma mi auguro che davvero vi sia un ripensamento, perché la frase: “chi tocca un docente tocca lo Stato” non è uno spot; deve essere la realtà che tutti devono rispettare, a maggior ragione dopo tutto quello che stiamo sentendo in questi giorni. Quindi, nello specifico, questa proposta di legge va a rivedere le cosiddette circostanze aggravanti, previste dall'articolo 61 del codice penale, per cui aver agito nei delitti commessi con violenza o minaccia in danno di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola - quindi, nessuno escluso -, appunto, costituisce una circostanza aggravante. Ma vi è di più, perché agli articoli 5 e 6 della presente proposta legge interveniamo anche, attraverso le modifiche degli articoli 336 e 341-bis, rispettivamente, sulle fattispecie di reato che riguardano la violenza, la minaccia e l'oltraggio a pubblico ufficiale, aumentando fino alla metà della pena già prevista la sanzione per chiunque si permetta di usare violenze fisiche o verbali nei confronti di un lavoratore della scuola nell'esercizio delle sue funzioni. Attenzione, noi stabiliamo un principio fondamentale, al di là dell'odiosa e oscena aggressione nei confronti di un insegnante sia da parte di studenti, ma anche, ahimè, come purtroppo si verifica, di genitori o parenti all'interno dell'aula, evento già di per sé traumatizzante che segna un bambino a vita, che può segnare la comunità scolastica, come le testimonianze ci riportano. Infatti, noi intendiamo la funzione esercitata da un docente anche quella al di fuori dell'ambito scolastico; per cui in tali contesti se un genitore picchia un insegnante perché ha messo una nota al figlio o perché gli ha messo un brutto voto - educare è anche questo per cui pensare alla formazione di un bambino, di un ragazzo vuol dire anche dirgli di “no” e smetterla di fare i sindacalisti dei figli e di chiedere spiegazioni per un voto basso -, appunto, questo fatto diventa una circostanza che noi come legislatori abbiamo ritenuto di prevedere. Questa è la proposta di legge che - e concludo, Presidente - spero vivamente che tutto il Parlamento possa votare all'unanimità, perché sarebbe un ottimo segnale che come Parlamento - non come decreto-legge da convertire, colleghi, ma come proposta di legge, che nasce qui in Parlamento - possiamo offrire alla comunità scolastica, alla comunità educante, all'opinione pubblica. Per questo, davvero, spero che tutte le forze politiche possano condividere questa proposta di legge.

PRESIDENTE. Chiedo se il Governo intenda intervenire, no.

È iscritta a parlare la deputata Irene Manzi. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente, e ringrazio la Sottosegretaria Frassinetti. Vorrei iniziare questo intervento con un titolo, preso a prestito dal rapporto recente che è stato pubblicato da parte della Società Geografica Italiana, “Viaggio nella scuola d'Italia”, perché è un titolo molto significativo rispetto al tema che stiamo trattando questa sera: nessuna scuola è un'isola. Ogni comunità scolastica risente ed è collegata, non solo, al suo territorio, ovviamente, al territorio in cui insiste, in cui opera, nel bene e nel male, ma anche alla comunità che compone quel territorio nelle opportunità e nei vantaggi, come nelle diseguaglianze e nelle difficoltà. E consapevoli di questo elemento si può operare e si può intervenire su questo tema, perché qualunque cosa avvenga nella scuola o nella comunità scolastica, dallo stare bene al vivere serenamente in quella comunità, in quegli spazi, ci chiama in causa come istituzioni; ci chiama in causa e ci interroga ovviamente. Questo vale anche per gli episodi di violenza che si verificano, che si sono verificati all'interno della scuola e che ci interrogano, ci colpiscono e richiamano la nostra attenzione, chiedendoci di intervenire come istituzioni.

Mi sento di dover premettere questo elemento, che sembra quasi scontato, perché, nel dibattito a cui assisteremo quando si esamineranno le posizioni, legittime, e ci si confronterà sul testo di questa proposta di legge, sarà necessario chiarire una cosa: che ogni forza politica presente in quest'Aula ritiene doverosamente di dover colpire, condannare e stigmatizzare qualunque tipo di episodio di violenza nei confronti del corpo docente e degli studenti; episodi di bullismo e di violenza, perché minano la serenità, lo stare bene all'interno della comunità scolastica. La scuola è una comunità in cui la violenza dovrebbe essere estranea; è una comunità educante in cui dovrebbero trovare applicazione vivente e concreta i valori del confronto, del dialogo, del riconoscimento reciproco, in nome di una relazione, di una comunità di apprendimento e di sviluppo dei valori di convivenza. Ed è proprio per questo che riteniamo sia necessario dare peso e attenzione a quegli episodi di violenza che coinvolgono i docenti, che sono preoccupanti ed allarmanti e che toccano ognuno di noi, in questo caso, e delle cui conseguenze dobbiamo farci carico.

C'è un elemento che voglio evidenziare: un'azione violenta, verbalmente o fisicamente, contro un docente, come ricordavo poco fa - un atto di bullismo -, colpisce le istituzioni e dobbiamo affrontarla insieme, provando insieme a trovare strategie che non sempre convergono per quanto riguarda le modalità, le misure concrete da approntare.

Il Partito Democratico, come le altre forze di opposizione, si è astenuto in Commissione su questo provvedimento non perché ritenga irrilevanti quei fenomeni, ma perché riteniamo che quella logica, che è prevalentemente repressiva, vada affiancata anche a elementi che investano su quelle comunità, che creino una comunità educante, che assicurino interventi più efficaci attraverso non solo la sanzione, ma anche un processo di piena consapevolezza degli studenti, di chi commette quegli atti di violenza, della famiglia stessa, di consapevolezza, di comprensione e, soprattutto, di maturazione complessiva.

Riteniamo che queste misure, da sole, non siano sufficienti. Riteniamo condivisibili gli obiettivi di quell'osservatorio ricordato dal relatore Sasso, obiettivi che riguardano la prevenzione e il clima di collaborazione tra gli studenti e le loro famiglie e che suggeriscono anche - magari al relatore - di cambiare il nome a quell'organismo, rinviando anche al concetto complessivo di comunità scolastica, visto che gli obiettivi presenti in esso sono ben evidenti.

Però, c'è un elemento che non ci convince in quella proposta di legge ed è l'articolo 7, che parla di una clausola di invarianza finanziaria, perché, a fronte di quegli obiettivi importanti e ambiziosi che l'osservatorio pone rispetto alla sua azione, prevedere che non ci siano risorse sostanziali per attuare quegli interventi - non solo un monitoraggio, ma anche azioni di contrasto del bullismo, della violenza e di condivisione -, ci fa un po' intendere che forse la proposta di legge rischia di non aver mai queste risorse, se questi sono gli intenti del Governo. Infatti, è facile - non è sufficiente, però - prevedere l'ennesima norma penale, l'ennesima sanzione penale.

Anche noi abbiamo presentato emendamenti su questo elemento, emendamenti che verranno discussi in Aula. Però c'è quell'invarianza finanziaria, che, in parte, vediamo tra le righe anche in un provvedimento, come il decreto Caivano, che prevede personale nelle scuole locali fino al 31 dicembre 2023 (poi che cosa succederà per il resto dell'anno scolastico?), che va a prendere delle risorse da altre misure previste per la scuola, dai fondi per l'alluvione dell'Emilia-Romagna, per esempio, o dal Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa, senza assegnare risorse nuove e soprattutto strutturali - interventi strutturali! - a favore della scuola.

C'è un elemento che voglio ricordare, quello che ci ricorda, del resto, il Consiglio superiore della pubblica istruzione: aggressività e violenza, di qualunque natura e provenienza, non possono essere tollerate in alcun contesto del vivere civile e, in particolare, all'interno della scuola, ma sono obiettivi - quelli del contrasto alla violenza, in questo caso - che possono essere raggiunti soltanto con azioni congiunte di tipo istruttivo ed educativo in un luogo come la scuola, spazio pubblico destinato alla formazione delle persone e dei cittadini. Infatti, un reato commesso all'interno e a danno della comunità scolastica ha una gravità e un rilievo sicuramente maggiore rispetto ad altro e richiede, allo stesso tempo, una logica preventiva e una misura, che abbiamo inserito all'interno dei nostri emendamenti e che è stata ricordata più volte, anche nel dibattito precedente in quest'Aula, cioè il ruolo fondamentale che, in alcuni contesti difficili e non solo, la comunità educante può svolgere, quel rapporto di rete, quell'alleanza strategica tra associazioni, istituzioni e amministrazioni locali per intervenire su fenomeni che rappresentano un contesto di disagio e di devianza su cui è necessario intervenire.

Quelle reti territoriali, su cui si fonda la comunità educante, possono realmente mitigare fenomeni di violenza e di disagio, fenomeni che colpiscono direttamente la comunità scolastica nel suo interno e ci sono tanti esempi virtuosi che già si realizzano in questo senso. Ma non solo: c'è la necessità di strumenti concreti e di figure come l'educatore, il pedagogista, lo psicologo, con il supporto psicologico che deve andare a sostegno del personale scolastico, delle famiglie e degli studenti, perché, prima che esplodano forme di disagio gravi con atti di violenza contro i docenti o contro i compagni di classe, è necessario intervenire, contrastare e soprattutto individuare.

Questo provvedimento, purtroppo, adotta una logica difesa parziale, però, del personale scolastico. Parziale perché non interviene su quel grande obiettivo - e il Ministro l'ha richiamato più volte, tra l'altro, nei suoi interventi e vorremmo vederne traccia -, ossia quell'alleanza, che deve esserci all'interno della scuola tra famiglia, studenti, personale docente e personale scolastico. Infatti, solo una piena alleanza in questo senso può rendere realmente consapevoli tutti della gravità degli atti di violenza che si compiono all'interno della scuola e soprattutto far sì che quegli atti non si verifichino. È questo quello a cui noi puntiamo tutti, perché non basta una sanzione a restituire autorevolezza e ruolo sociale alla scuola, ma servono una volontà politica, investimenti (l'abbiamo ricordato nel dibattito che ci ha preceduto) e organici adeguati; serve, inoltre, intervenire sul tema della formazione iniziale e permanente dei docenti in servizio e sulle loro retribuzioni; serve creare spazi adeguati realmente educatori.

Il ruolo sociale del docente matura nella società stessa attraverso un percorso di presa di coscienza e di consapevolezza del suo ruolo. Serve un progetto per dare forza e autorevolezza alla scuola, un'azione condivisa e non il tempo di un decreto-legge - questa è una proposta di legge, ma la considerazioni e le riflessioni, in realtà, sono più ampie - e serve il coinvolgimento pieno di tutta la comunità scolastica e del Paese, perché siamo di fronte a un'emergenza culturale ed educativa grave, un'emergenza culturale che vede lo spaesamento delle generazioni più giovani, l'indebolimento di riferimenti valoriali e l'assenza di maestri, azioni, elementi e cause che richiederebbero un'azione davvero corale da parte di tutte le istituzioni e soprattutto una responsabilità collettiva, una presa di coscienza collettiva sulla necessità di investimenti nella scuola e nella cultura.

Non contesto l'idea - lo dico anche rispetto a questo provvedimento e, più in generale, alle ultime misure che sono state adottate dal Governo anche rispetto al voto in condotta -, ma sarebbe stata opportuna una riflessione ampia in questo senso, facendola partire dal basso, anche sull'efficacia di quelli che possono essere strumenti sanzionatori rispetto a condotte non disciplinarmente rilevanti all'interno della scuola e non imponendo tale idea dall'alto. Sarebbe stato necessario un grande coinvolgimento. Si è ancora in tempo per farlo; non è un decreto-legge quello che prevede questo tipo di misure. Sarebbe stato necessario, insieme a una grande azione responsabile, chiamare proprio quella comunità educante nel suo insieme, che ricordavo poco fa, perché solo in questo modo effettivamente le sanzioni possono avvenire, in un contesto, però, di prevenzione e di recupero soprattutto.

Il Ministro, pochi giorni fa, ha ricordato la sua volontà di attuare una scuola costituzionale. Per noi, la scuola costituzionale, che mette al centro lo studente, è non solo la scuola dell'articolo 34 della Costituzione, quella aperta a tutti, quella che si lega strettamente a quell'uguaglianza formale e sostanziale, al di là del merito, dell'articolo 3 della Costituzione, ma è quella che, anche nelle sanzioni, ha come obiettivo la rieducazione e il recupero, ancora più urgente, necessario e indispensabile quando si ha a che fare con un minore.

Vorremmo che la lotta alle diseguaglianze e agli atti di violenza discriminatori si portasse avanti anche attraverso una piena attuazione di quelle linee guida che la legge n. 107 del 2015 prevede per il contrasto alla violenza e agli atti di intolleranza.

Molte scuole già le realizzano, perché molto si fa all'interno delle scuole anche rispetto al voto in condotta. Dovremmo far sì che quelle linee guida siano applicate in modo uniforme su tutto il territorio nazionale per offrire davvero un'azione di prevenzione efficace contro fenomeni di violenza, contro episodi drammatici e dolorosi, come quelli che hanno toccato, in questa terribile estate del 2023, in particolar modo i minori.

Una scuola adeguata ai nostri tempi inquieti deve offrire gli strumenti per leggere il testo letterario e filosofico o per risolvere un problema, ma soprattutto deve insegnare a coltivare il dubbio, a vivere la cultura come una domanda aperta. Deve prendersi cura della condizione emotiva-morale degli studenti e non limitarsi all'ossessione per il risultato, per la prestazione, per il successo, misurandosi anche con lo spazio per i fallimenti, perché la formazione del ragazzo non è una retta; è un intreccio di linee, un cammino fatto di pause, di deviazioni, di cammini laterali che, con gioia e con fatica, vanno condivisi con gli adulti, rendendo gli adulti responsabili del ruolo educativo a cui sono chiamati.

Di fronte a questi tempi complessi, io voglio adottare una frase che ho sentito pochi giorni fa, detta da un rappresentante della Caritas Italia in un'iniziativa dedicata proprio alla scuola: serve una coraggiosissima tenerezza dello Stato. Cosa vuol dire tenerezza? Tenerezza vuol dire compassione, commozione profonda, ma anche comprensione e compartecipazione alla difficoltà e anche alla gravità di fenomeni come quelli di violenza che vengono commessi contro un docente e, soprattutto, farsi carico con responsabilità del futuro della comunità scolastica, di tutta la comunità scolastica, con comprensione e attenzione per il mondo della scuola.

Ci confronteremo, mi auguro con spirito davvero costruttivo e, appunto, di confronto, in Aula sugli emendamenti che ogni forza politica ha presentato su questo testo, avendo a cuore un obiettivo comune - perché sono convinta che ci sia questo obiettivo comune - cioè quello di intervenire affinché quegli spazi, quei luoghi della scuola siano luoghi in cui può stare una comunità in modo sereno, avendo a cuore il benessere dei docenti, del personale scolastico, degli studenti, avendo a cuore gli impegni che la famiglia deve avere, anche come agenzia educativa, ed essendo al loro fianco.

Quindi, mi auguro davvero che, con spirito laico, ci si possa confrontare, senza usare questo provvedimento come un'arma ideologica, perché abbiamo a cuore, tutti, il futuro della nostra scuola e la quotidianità degli insegnanti che vivono nell'ambiente scolastico e pensiamo che forse con strumenti più preventivi che repressivi li si possa garantire in modo più efficace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Ovviamente, come ha appena detto la deputata Manzi, la sicurezza del personale scolastico è una questione delicata, troppo delicata per essere ridotta diciamo a una banale discussione. È una questione complessa che richiede soluzioni complesse e politiche di lungo periodo. Il primo passo sarebbe promuovere una cultura della prevenzione. Servirebbe favorire l'acquisizione, da parte del personale che lavora nella scuola, di competenze per gestire le situazioni di conflitto e comunicare con gli studenti e con le famiglie; servirebbe certo promuovere ogni azione per rafforzare il diritto allo studio in un ambiente sano e positivo. Noi saremmo di sostegno a ogni proposta in questo senso ma, purtroppo, la proposta di legge che oggi arriva in Aula, sull'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla sicurezza del personale scolastico presso il Ministero dell'Istruzione, va in tutt'altra direzione - lo diciamo con tutta onestà - e cioè una direzione che, come al solito, ci pare solo securitaria. Mancano del tutto iniziative per prevenire i gravi episodi di violenza che avvengono nelle scuole. Si continua a proporre un po' la stessa ricetta che questo Governo riserva a ogni contesto complesso: inasprire le pene dopo che gli episodi sono avvenuti. Così viene inserita una serie di aggravanti a reati che già esistono: aggravante se un'aggressione avviene ai danni di un dirigente scolastico, aggravante se l'autore è un genitore, aggravante se un insegnante viene offeso in presenza di altre persone, in un crescendo di nuovi mesi e anni di reclusione in carcere. Il Governo Meloni ha già dedicato numerosi decreti all'inasprimento di pene per decine di nuovi e vecchi reati, per i rave, per le ONG che salvano i migranti, per il codice della strada, per le norme sui centri per il rimpatrio, per la criminalità minorile, per la violenza sui social, per gli incendi boschivi, per gli attivisti per il clima, per chi danneggia i monumenti, per la gestazione per altri e, da qualche settimana, anche sul voto in condotta a scuola. Ecco, ogni volta che si parla di reati o di pene non c'è mai un cenno all'educazione e all'attenzione a migliorare la nostra società. Io lo dico così: ma credete davvero che basti questo, cioè l'effetto deterrente o la paura per le conseguenze, per risolvere i problemi? Io ne dubito. Credo, più semplicemente, che non vi interessi davvero risolvere i problemi, ma solo mostrare il pugno duro ai vostri sostenitori.

L'aumento degli episodi di violenza a scuola è lo specchio di una realtà sociale in cui si è indebolito il tessuto valoriale, in cui spesso si vive una discrasia tra il modello educativo scolastico e quello familiare e, soprattutto, in cui si paga un progressivo discredito del sistema scolastico. La scuola e, di conseguenza, gli insegnanti e il personale scolastico non sono più riconosciuti come istituzioni o come punti di riferimento per ragazzi e famiglie. Credete che introdurre nuovi reati o inasprire le pene per reati già esistenti possa restituire autorevolezza all'istituzione scuola? Io credo di no. Ma, di nuovo, escludo che vi interessi questo dialogo, perché siete i primi a diffidare del modello della scuola e della sua formazione, poiché la vostra cultura politica, da sempre, confonde autorevolezza con autoritarismo. Ovviamente, l'autorevolezza non si impone a colpi di sanzioni e punizioni ma si ottiene in un lungo percorso, in cui l'istituzione è percepita come qualcosa da rispettare, nei fatti e nella pratica quotidiana. L'autoritarismo deriva, invece, dalla paura delle conseguenze; nulla di più, senza alcun lavoro in profondità. L'autoritarismo può dare risultati temporanei ed è ottimo per mostrare le zanne di fronte all'opinione pubblica, ma sul lungo periodo sarà inefficace e aleatorio e le stesse problematiche si riaffacceranno tali e quali. Non vi rendete conto, spesso, di quanto urgente sia restituire, invece, dignità alla scuola, immaginarne un nuovo posizionamento sociale. Servono, insomma, investimenti per valorizzare i docenti e tutto il personale scolastico, serve mettere fine al continuo turnover dei docenti precari e all'insufficienza dei contingenti del personale ATA, serve un adeguamento degli stipendi, coerente col costo della vita, serve estendere e garantire il tempo pieno, serve ampliare l'obbligo scolastico e ridurre il numero di alunni per classe. Insomma, i drammi sociali che hanno come protagonisti giovani e giovanissimi e che riempiono le pagine dei giornali derivano anche da una resa dell'istituzione scolastica. La scuola si è arresa perché spesso i Governi che si sono succeduti non le hanno dato gli strumenti per resistere all'abbandono scolastico e alla violenza dilagante nella nostra società. Una scuola che si arrende lascia indietro le ragazze e i ragazzi, soprattutto quelli che provengono dalle realtà più fragili. Li vedi scivolare via verso le strade, facili prede di criminalità organizzata e di sistemi valoriali ribaltati. Senza una scuola accessibile a tutte e tutti, completamente gratuita, dignitosa, che sappia offrire il tempo pieno nel centro città come nell'estrema periferia, ogni battaglia contro il disagio e contro la violenza è persa, secondo noi, in partenza. Non servirà a nulla, insomma, neanche nella vita fuori dalla scuola, punire quando ormai il danno è fatto e quando le ragazze e ragazzi si sono allontanati troppo dalla scuola e dalle regole del vivere comune.

Serve, invece, rispondere a bisogni precisi della comunità, per esempio al bisogno di un servizio di psicologia scolastica degno di questo nome. Psicologi e psicologhe sono pressoché assenti nelle scuole italiane, eppure è chiaro a chiunque frequenti le classi quanto pesi questa assenza. Lo chiedono studenti e studentesse, attraverso la campagna “Chiedimi come sto”, un grido d'aiuto che non può essere ignorato dalle istituzioni. Ascoltare i ragazzi e le ragazze, capire quali sono le loro fragilità e le loro incertezze in un'età difficile, tutto dovrebbe cominciare da qui. Nessuno si salva da solo, dicevamo in mezzo alla crisi pandemica. A scuola è lo stesso, non si possono salvare gli insegnanti se, insieme agli insegnanti, non si salvano anche gli studenti, i genitori e l'istituzione stessa.

Ho concluso, Presidente. Il rafforzamento del servizio di psicologia scolastica è una proposta che abbiamo già presentato in Commissione e l'avete bocciata, ma continueremo a insistere. Ben prima di minacciare un voto basso in condotta e seguire altre derive autoritarie, dovremmo chiedere ai ragazzi e alle ragazze come stanno. Solo così potremo restituire autorevolezza alla scuola e farla percepire come qualcosa di vicino agli studenti e alle famiglie.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Grippo. Ne ha facoltà.

VALENTINA GRIPPO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. I colleghi che si sono fatti portavoce di questa norma giustamente rivendicavano il ruolo che l'Aula della Camera può svolgere su questa funzione. È bello ed è giusto che questa riflessione la facciamo in quest'Aula, riflessione che non è banale e alla quale, specie oggi, in discussione generale, vorrei dare un contributo che sia davvero non pregiudiziale, da una parte o dall'altra, ma che cerchi di arricchire una riflessione che non è affatto semplice.

Io divido il mio ragionamento, come peraltro è diviso il provvedimento, in varie fotografie, varie riflessioni. Da una parte, c'è l'impianto culturale di una norma e mi fa piacere che oggi ci troviamo a discutere di scuola su un aspetto di dettaglio - ma è un dettaglio importante e non un tema secondario - cioè quello del rispetto dei docenti. Ne discutiamo nella stessa giornata in cui ci siamo trovati a fare una riflessione più ampia sulla roadmap che vediamo davanti, nel suo complesso, per il mondo della scuola e su cui abbiamo sollecitato il Governo nella discussione precedente.

Qualsiasi sia la valutazione che faremo al termine di questa discussione, di questo percorso (è ciò che ha anticipato la collega Manzi e che, però, ho letto anche fra le righe dell'intervento dei colleghi di maggioranza), penso che nessuna legge o leggina in ambito scolastico abbiano oggi la pretesa di esaurire il problema della scuola. Quindi ritengo che su alcune cose questa norma sia insufficiente, ma, in generale, ritengo che qualsiasi norma sulla scuola sia insufficiente nella misura in cui non si ha un disegno d'insieme - che è quello della discussione che ci ha preceduto - nel senso di investire sulla scuola, credere nella scuola e metterla al centro della progettualità del Governo, della società e del Parlamento, perché, altrimenti, qualsiasi intervento risulta essere un palliativo e forse anche - e cercherò di spiegare perché - controproducente nei suoi effetti.

Partiamo dalla diagnosi dei colleghi. Il collega Sasso ha anche un'esperienza pregressa e diretta di governo di questi processi e, quindi, ci restituisce una fotografia che, specie dopo la pandemia, da genitori e da operatori del mondo della scuola, non può non allarmarci. Quindi chi vuole negare la diagnosi, la malattia, fa un'operazione sicuramente non onesta intellettualmente.

Guardando i dati ufficiali del mondo della scuola nonché i portali degli studenti mi sono imbattuta in una recente analisi fatta da scuola.net, un organo di informazione sicuramente più filo-studenti, quindi non allarmistico da questo punto di vista, il quale, avendo fatto un sondaggio su 1.800 studenti, diceva che il 40 per cento raccontava di aver assistito direttamente ad episodi di aggressioni verbali, ma spesso anche fisiche, da parte degli studenti, e, consentitemi, cosa ancora più grave, delle famiglie degli studenti, ai danni degli insegnanti o del personale non docente. Ma la cosa secondo me ancora più grave - che è stata solo toccata in modo tangenziale nella discussione che ci ha preceduto - è la seguente: personalmente, da genitore e da persona che si occupa di scuola ormai da un ventennio o ancor di più, mi allarma il fenomeno dell'utilizzo dei social e dei video di emulazione e di narrazione, laddove il momento di aggressione nei confronti del docente, dell'insegnante non è solo uno sfogo - sbagliato, deprecabile e gravissimo, da parte di un ragazzo non educato al rispetto oppure che manifesta in quel modo il proprio disagio, perché, ahimè, ci sono entrambe le fattispecie - ma c'è proprio un disegno. Dopo di che, attraverso i social, attraverso meccanismi di emulazione che abbiamo visto anche nella recrudescenza di altri reati, c'è proprio la volontà, in qualche modo, di bullizzare, esacerbare e ridicolizzare il ruolo stesso dell'insegnante e non solo la persona fisica che viene aggredita. L'80 per cento degli episodi di violenza - ci viene detto sempre da questi studi - è accompagnato da un video, da una ripresa e, quindi, da un momento di emulazione e plauso da parte degli altri compagni che, a mio avviso, è grave tanto quanto l'episodio di cui parliamo.

Io ho assistito a tante situazioni che mi hanno fatto riflettere; non penso solo a quelle che hanno avuto più eco pubblico, come l'accoltellamento della professoressa ad Abbiategrasso, una professoressa che insegna lettere e storia, la quale, nel mio immaginario, dovrebbe essere non dico come l'insegnante del film L'attimo fuggente o come il maestro di Edmondo De Amicis, ma sicuramente qualcuno che ci dà l'imprinting rispetto a quello che dobbiamo essere; e, se vedo che la relazione con lo studente si spezza al punto tale che non si ha più quel rispetto che dovrebbe esserci, almeno nella mia idea, anche da parte di quegli studenti più difficili, capisco che si è spezzato qualcosa di profondo e che, forse, ridurre il tutto a deprecare il ragazzo non significa minimizzare l'aggressione, ma significa, forse, da parte nostra, perderci un pezzo del problema.

Mi ha colpito anche un altro dato: la quantità di volte che viene chiamata la forza pubblica negli istituti scolastici, con un aumento percentuale pesante e grave. Così come mi hanno colpito, parlando con i dirigenti scolastici, spesso anche i comportamenti dei genitori - e qui vengo alla seconda parte della mia riflessione -, non solo quelli che aggrediscono gli insegnanti, ma anche quelli che, magari, difendono i figli, laddove i figli aggrediscono gli insegnanti. Oppure, mi ha colpito il caso di uno studente che aveva aggredito fisicamente un insegnante, addirittura armato con un coltello, ed i genitori hanno poi fatto ricorso al TAR, perché il ragazzo era stato bocciato, e ritenevano che, per la media che aveva quel ragazzo, non lo dovesse essere.

Questo per capire quanto profonda sia nel nostro Paese la ferita oggi. Nella discussione precedente richiamavamo la funzione che la scuola dovrebbe avere, anche in termini di crescita, di emancipazione dei ragazzi nonché delle famiglie attraverso i ragazzi; citavamo Gramsci e, quando sentiamo di questi episodi, ci chiediamo che cosa ne è stato di quella funzione. E penso che sbaglieremmo se non collocassimo questa riflessione non solo nello spazio, ma anche nel tempo, anche con riferimento a quello che ha significato il COVID per questa generazione di studenti, in termini di fragilità, di solitudine, di aggressività, di incapacità di risolvere in modo lineare i propri problemi, di fragilità emotiva e di disagio psichico, che non vuol dire giustificare, ripeto, ma voler comprendere.

E vengo alla seconda parte della mia riflessione, perché ho letto anche in alcuni interventi dei colleghi questo dubbio, che è quello che, ripeto, con grande sincerità e onestà intellettuale, ci attraversa, ossia quello relativo agli aspetti che hanno a che fare con la modifica del codice penale, quindi con la seconda parte di questa legge che, nella prima, ossia quella relativa agli interventi culturali di prevenzione e di dialogo, su questo tema, mi vede assolutamente d'accordo. Io lo irrobustirei, per esempio, con l'introduzione in modo strutturale dello psicologo nelle scuole ed il sostegno nei processi di dialogo fra insegnanti e ragazzi.

Tutti i Paesi occidentali hanno oggi un servizio di psicologo scolastico e penso che sia un tema, specie dopo la pandemia, che dobbiamo affrontare per lavorare su quella cultura del rispetto dell'insegnante.

Come dicevo, per quanto riguarda la parte relativa all'aspetto di modifica del codice penale, ne capisco la ratio e non voglio neanche trasformare quella che è una discussione sul futuro dell'Italia e sui nostri figli in una discussione fra posizioni ideologiche diverse. Quindi non cadrò nella trappola - lo dico anche nel rispetto del collega Sasso e dei colleghi - di chi è per le pene severe e per i reati e di chi, invece, è per i ragazzi. Non è una divisione che mi appassiona. Io capisco e ne ho discusso anche con i colleghi, i quali vedono più il punto di vista dell'omogeneità dell'ordinamento penale che il punto di vista della scuola; ognuno di noi poi ha il suo percorso e il suo trascorso. Tuttavia, con riferimento a questa modifica del codice penale - ripeto, non sono pregiudizialmente contraria, in genere non mi appassiona l'identificazione di nuovi reati - ritengo che, in quest'Aula, ultimamente, ogni volta che c'è un problema, c'è la fretta da parte di questo Governo di inventarsi un nuovo nemico e, ahimè, purtroppo, abbiamo visto tante volte che non è con le carceri e con la repressione che si affrontano problemi strutturali e profondi del Paese. Quindi, sono geneticamente e culturalmente un po' prevenuta, ma capisco lo spunto di chi ha scritto questa legge.

Anch'io ho fatto un'eccezione a questo mio punto di vista generale più di una volta, ad esempio quando in quest'Aula è stato approvato il codice rosso, che ha inserito 4 nuove fattispecie per irrobustire i reati sulla violenza di genere. Ho capito il punto di vista dei giuristi che evidenziavano come la maggior parte di quei reati fossero in effetti già presenti nel codice penale, però ho capito anche l'esigenza che c'era in quel momento di far capire che l'ordinamento penale e il Parlamento si facevano carico di un'emergenza del Paese. E sono d'accordo che oggi il rispetto nei riguardi degli insegnanti sia un'emergenza del Paese.

Cosa però mi convince meno di questo di questo impianto normativo? Sono d'accordo che se c'è una malattia, va curata. Sono d'accordo con le cure che stiamo prospettando? Rifletteremo anche alla luce di quello che sarà la legge, dopo il percorso parlamentare, quali emendamenti verranno approvati e quali respinti. Sicuramente ho una perplessità che riguarda un problema profondo, ovvero se mi chiedo: saremo noi in grado di cambiare in questo Paese la cultura del rispetto nei riguardi dell'insegnante prevedendo questi reati?

Ahimè, temo che la risposta sia “no” per due ragioni: da una parte, per un motivo più giuridico, ritengo che oggi, se si guarda al “percorso” che hanno avuto nel nostro ordinamento l'articolo 336 e l'articolo 341-bis nella giurisprudenza che li ha accompagnati, già di fatto si vede che essi offrono questa tutela, perché l'insegnante e il dirigente scolastico, nell'esercizio delle proprie funzioni, sono stati equiparati, ovvero rivestono la qualifica di pubblici ufficiali quando esercitano una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico, qual è quella dell'insegnamento. Ed è chiaro che questo non è circoscritto allo svolgimento delle lezioni ma si estende alle attività connesse - e questo è stato detto più volte dalla giurisprudenza, così come ha detto che ciò si applica anche a chi insegna nelle scuole paritarie, così come è stato detto che si applica al personale ATA.

Peraltro, ci sono state anche circolari ministeriali che hanno sottolineato come, ad esempio, un insegnante aggredito debba avere diritto alla difesa da parte dell'Avvocatura dello Stato; quindi, diciamo, la parte penale sicuramente, secondo me, ha delle fragilità, perché rischia di creare un precedente che, nell'equilibrio generale dell'ordinamento penale, potrebbe dare dei problemi. La stessa Commissione giustizia, nella quale ovviamente la maggioranza è la stessa che siede in quest'Aula, ha evidenziato, nel parere favorevole che pure la Commissione ha espresso, come sia opportuno verificare i rapporti fra l'aggravante comune, di cui all'articolo 61 del codice penale, e quella speciale che viene introdotta all'articolo 336.

Qui ci riferiamo ovviamente a chi esercita la condotta, il soggetto attivo; la stessa Commissione giustizia ha chiesto ed enfatizzato il fatto che, per evitare poi uno squilibrio - perché poi il codice penale deve anche avere dei suoi pesi e contrappesi e una sua omogeneità - sia necessario esplicitare il fatto che le violenze o le minacce devono avvenire, a causa o nell'esercizio della professione di insegnante o delle altre attività connesse.

E anche questa ci sembra una riflessione di buonsenso - ripeto - non perché se un insegnante viene aggredito al semaforo, non sapendo che è un insegnante, debba essere aggredito, ma perché evidentemente la ratio della norma, diciamo, ha meno senso in quel caso.

Tuttavia - e vengo a concludere signor Presidente - e su questo sfido la maggioranza, sfido i miei colleghi e, soprattutto, il Governo, io penso che fino a quando gli insegnanti saranno una delle categorie più sottopagate fra i lavoratori del nostro ordinamento, fino a quando gli insegnanti saranno precari e non potranno dare continuità al proprio percorso, fino a quando le scuole non avranno le risorse umane ed economiche per fare progetti di integrazione, specie nei quartieri più a rischio, fino a quando non verrà fatto un lavoro intelligente e profondo sul dato interculturale - abbiamo visto tagliare le risorse che erano volte all'integrazione dei ragazzi al primo anno di elementari e tanti altri progetti che servono proprio a compiere quel processo di inclusione e a fare identificare l'insegnante con quella guida da film Attimo fuggente o da libro Cuore - potremmo anche mettere in galera tutti quelli che non rispettano il ruolo dell'insegnante, ma la verità è che i primi a non rispettare il ruolo degli insegnanti saremo noi come Istituzione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miele. Ne ha facoltà.

GIOVANNA MIELE (LEGA). Onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, l'allarmante aumento degli episodi di violenza di cui gli insegnanti e il personale scolastico sono sempre più spesso vittime da parte degli alunni e persino dalle loro famiglie, che ne sostengono in modo sorprendente le ragioni, ha reso urgente e necessaria una ferma risposta da parte delle Istituzioni.

Credo sia importante sottolineare che il Parlamento, attraverso la proposta dell'onorevole Sasso, di tutta la Lega e del centrodestra, vuole non reprimere, non gravare su famiglie, su adulti o su ragazzi adolescenti (e quindi studenti), ma intenda sottolineare un problema di natura antropologica.

Questi episodi di violenza sempre più frequenti - e parliamo di violenza che può essere verbale, addirittura alcune volte non verbale, ma solo sotto semplice rifiuto categorico di dare seguito a richieste da parte degli insegnanti - oggi più che mai rendono necessaria una riflessione in quest'Aula, da parte di tutti i partiti e di tutti i movimenti presenti in questo Parlamento.

Perché, se non siamo noi a fare da modello, ad essere coloro che propongono un pensiero che sia un pensiero costruttivo e propositivo rispetto a modelli da sottoporre alla nostra comunità, è chiaro che questo non potrà farlo nessun altro.

Gli episodi che si stanno diffondendo a macchia d'olio non determinano soltanto una lesione dei diritti del personale aggredito, bensì colpiscono al cuore la vita collettiva nella scuola. Alcuni di questi episodi vorrei citarli, perché non sono episodi recenti di quest'ultimo anno di vita, ma sono episodi che, nel tempo, sempre più si sono susseguiti in maniera più frequente e soprattutto ovunque. Quindi, tra gli altri si ricorda, l'episodio in cui una professoressa dal fisico minuto, fragile e con difficoltà motorie, è stata legata alla sedia e presa a calci da alcuni alunni della prima classe di un istituto superiore di Alessandria, mentre i compagni giravano il video, poi pubblicato in rete e subito dopo cancellato; l'episodio drammatico e terribile è stato riportato da alcune testate giornalistiche. Per tutelare la docente, che non ha sporto denuncia, non è stato reso noto il nome della scuola, la punizione per gli studenti è stata la sospensione per un mese, con l'obbligo di frequenza e la pulizia dei cestini delle aule durante l'intervallo. Si tratta quindi di una punizione definita, proprio da alcune testate giornalistiche, poco attinente alla gravità del fatto, una punizione che, addirittura da tutte le parti sociali, dai familiari, adulti e ragazzi, non è stata considerata incisiva.

Potrei citare tantissimi altri episodi: uno risale a pochi anni fa - proprio per dire che non è un fenomeno attuale e lo sottolineo - ed è l'episodio della maestra dell'Istituto Ignazio Fiorio di Palermo che, per aver lamentato le numerose assenze di un suo allievo, è stata colpita con un pugno in pieno volto dal genitore dello studente, nonché collaboratore scolastico.

Il fenomeno, di cui si è occupata persino la trasmissione Le Iene del 25 febbraio 2018, è grave e testimonia una barbarie culturale e una deriva morale preoccupanti. Nel febbraio 2019, un professore a Treviso e un vicepreside a Foggia sono stati picchiati da genitori di studenti. A gennaio del medesimo anno, un genitore ha percosso un docente a Siracusa. Un professore di educazione fisica è stato picchiato dai genitori di un alunno ad Avola. Una professoressa di italiano è stata accoltellata in classe nel casertano. Questi e altri casi simili sono stati segnalati anche nei mesi successivi, insegnanti vittime di bulli e di genitori violenti. Un tema su cui la comunità educante sta riflettendo. Le famiglie sono una parte importante del lavoro educativo, la più importante, ed è questo il punto, la più importante. Ed è per questo che la scuola educa cittadini, ma non può sostituirsi alle famiglie e non deve farlo, e non dobbiamo permettere che questo accada.

Quindi, Presidente, Sottosegretario e colleghi, il punto focale di questa legge non è la punizione - non è la punizione -, ma è semplicemente stabilire regole. Le regole aiutano a organizzare armoniosamente la convivenza. Lo stesso vale all'interno della famiglia, così come nelle istituzioni, così come nella società aperta. I bambini dovrebbero presto imparare che è giusto e importante attenersi alle regole; allo stesso tempo, è però necessario che comprendano di avere abbastanza spazio per muoversi liberamente, ed è quello che vogliamo.

I nostri giovani hanno bisogno di ritrovare modelli genitoriali e istituzionali che sappiano infondere loro senso di sicurezza, ma soprattutto suscitino il desiderio di emularli. Il senso di appartenenza alla comunità dovrebbe stimolare pensieri e azioni volti alla condivisione, alla solidarietà e, soprattutto, all'accettazione delle regole, ed ecco la ratio della legge. I fatti citati ci spingono, quindi, qui a una riflessione sull'educazione infantile e adolescenziale, ma, soprattutto, su quanto si sia perso il senso di responsabilità personale, di sacrificio, la capacità di rinunciare e di accettare. I nostri figli spesso e volentieri non sono abituati a ricevere i “no”, non sono pronti al confronto tra pari ed evitano le competizioni, perché perdere risulta una sconfitta insopportabile. È su questo che noi dobbiamo riflettere, è su questo che noi dobbiamo puntare l'attenzione. Colleghi, ho ascoltato le dichiarazioni che avete fatto e condivido in pieno le vostre osservazioni, ma questo provvedimento non è una legge parziale, che parzialmente affronta un problema. È una legge che pone l'attenzione su regole che servono a dare modelli, ad aiutare a sostenere modelli. Portare il tema sociale dell'educazione è quello che fa questa legge, e riconoscere che le regole - lo ribadisco le regole - aiutano lo sviluppo e l'adattamento relazionale, lo sviluppo dell'autonomia e della socievolezza del bambino e dell'adulto.

Quando un genitore, diciamocelo, dimentica che il suo ruolo primario è quello di infondere ai propri figli valori fondamentali quali l'amore, il rispetto, la tolleranza e la responsabilità, sta negando egli stesso al figlio la possibilità di essere un bambino sereno e sicuro, non di certo lo fa una legge. Per tale ragione si rende necessario sostenere i genitori in questo momento storico, in cui evidentemente c'è un problema nel gestire l'essere adulto e l'essere genitore, e questo è un modo per iniziare a farlo. La ratio della legge è proprio riconoscere tutela al valore istituzionale, oltre che umano, degli insegnanti e del personale scolastico, che rappresentano la genitorialità istituzionale di cui voi stessi avete parlato e che è la più importante, dopo quella del nucleo familiare. Difendere il valore intrinseco ed estrinseco di chi ci educa e ci forma equivale a valorizzare la figura dell'adulto autorevole e non autoritario, che trasferisce la sua esperienza e i suoi saperi. È un approccio sapiente, questo, che coadiuva le regole al fine educativo e non repressivo. Gli adulti che minimizzano atti di violenza dei propri figli ai danni di insegnanti e del personale scolastico tutto recano danni ai propri figli e non solo; recano danni agli insegnanti che, nell'esercizio del proprio lavoro, sono consapevoli di mettere al servizio della comunità qualcosa di più dell'impartire lezioni. Quindi, quando lo fanno, tali adulti sono colpevoli nei confronti delle vittime, della collettività e, soprattutto, verso i propri figli, ai quali stanno togliendo l'opportunità di crescere e vivere in completa armonia e sinergia con la comunità. Oggi, e diciamocelo in quest'Aula, senza riserve, se facciamo un veloce excursus di vite vissute, spesso ci troviamo a confrontarci con genitori che, quando si riferiscono alla vita scolastica del figlio, utilizzano frasi come: “Mio figlio deve essere il più bravo, altrimenti lo punisco. Cosa mi importa della scuola?”. Oppure: “Mio figlio è ribelle? Se la vedessero a scuola, sono pagati per questo gli insegnanti”. Ovviamente questa non è la totalità dei casi.

Fortunatamente, probabilmente, e sono certa, anzi, di questo, è la minoranza, ma ovviamente davanti a questo noi abbiamo il dovere di agire. A fronte di questi esempi estremi, noi dobbiamo definire e garantire la tutela dei nostri giovani, attraverso il sostegno e il rispetto di chi li cresce e li educa. Quindi, aiutiamo chi ci aiuta ogni giorno a formare gli adulti del domani, facciamolo attraverso la sicurezza sul luogo del lavoro. Solo in questo modo favoriamo l'inclusione, con percorsi di consapevolezza e ridefinizione di azioni che non possono e non devono verificarsi.

Per tale ragione, continuo a ringraziare l'onorevole Sasso, perché ha posto l'accento su questo tema, ed è proprio per questo che la legge, nel suo primissimo fine pedagogico, prevede l'istituzione di un Osservatorio con cui il Parlamento, attraverso azioni di monitoraggio, possa conoscere e analizzare tutte le attività e i fatti inerenti la scuola, che verranno comunicati annualmente ai Ministeri interessati dai membri dell'Osservatorio stesso. Per il fatto che all'interno della legge - mi permetto di dirlo - non siano previste risorse, all'interno di un sistema integrato in cui vogliamo sempre più dare e riconoscere alla scuola il valore educativo e formativo che le conviene, non è detto che attraverso questo Osservatorio noi non possiamo acquisire nuovi strumenti che ci permettano di avere ancora nuove informazioni e fare meglio.

E rispetto al fatto, che è stato sottolineato, che ci sia bisogno di un pedagogista e di uno psicologo, permettetemelo in questa sede, vorrei parlare di pedagogista soprattutto, perché dobbiamo agire in prevenzione. Noi dobbiamo entrare nell'ottica che è nella prevenzione che dobbiamo agire, nella prevenzione primaria e secondaria, perché, quando agiamo in prevenzione terziaria, e quindi c'è bisogno di un clinico, probabilmente siamo arrivati tardi. Quindi, ben venga la figura anche del pedagogista e dell'educatore a scuola, questo già c'è nella maggior parte delle scuole. Esistono progetti, finanziati anche dalle province, che permettono alle scuole superiori di avere il pedagogista e lo psicologo, comunque figure di consulenza a scuola, che è una grande cosa e su cui dovremmo puntare in maniera ovviamente sempre più importante, perché dobbiamo sostenere la crescita dei nuovi adulti del domani, che sono, però, i ragazzi di oggi. Ma il vero intento di questa legge è prevenire, quindi, promuovere buone pratiche per sostenere i processi di apprendimento, ridurre e prevenire i fenomeni di dispersione scolastica, del bullismo, della violenza, del disagio giovanile, delle difficoltà specifiche nell'apprendimento e delle problematiche comportamentali, valorizzare l'alleanza scuola-famiglia, che è quella che si è interrotta, nel rispetto della partecipazione collaborativa.

Inasprire le pene risulta necessario in un sistema comunitario in cui il fine educativo si integri a regole certe che garantiscano la tutela del valore umano, professionale e sociale. Del resto, la legalità è un principio fondamentale, perché è la legge che esprime le regole per ordinare la convivenza civile e sociale nell'ambito dell'autonomia e della libertà di ognuno. Ed è per questo che noi siamo orgogliosi di questa proposta di legge, ma, soprattutto, invitiamo tutti i partiti presenti a uscire dall'idea preconcetta che inasprire le pene sia punitivo, perché non è prevista nemmeno nell'ordinamento italiano la punizione, ma sempre e solo la rieducazione, e dobbiamo essere orgogliosi di quello che siamo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cangiano. Ne ha facoltà.

GEROLAMO CANGIANO (FDI). Grazie, Presidente. È di appena pochi giorni fa la notizia dell'ennesima violenta aggressione ai danni di una docente da parte di due genitori inferociti per futili motivi, legati, probabilmente, a quella che dovrebbe essere la quotidiana normalità del dialogo educativo tra un alunno e un insegnante. È talmente all'ordine del giorno il verificarsi di simili episodi che quasi nemmeno fanno più notizia. Ho fatto una rapida ricerca in Rete e sono decine e decine, negli ultimi mesi, i casi di aggressioni e minacce ai danni del personale scolastico, dai dirigenti ai docenti, al personale ATA, una vera e propria piaga sociale, un segnale chiaro del disagio, spesso anche culturale, che sottende il ripetersi di questi episodi. I protagonisti sono, a volte gli alunni, a volte i loro familiari, a volte, entrambi.

Le cause sono molteplici, ma affondano le radici in un contesto contemporaneo che, da un lato, ha visto perdere di autorevolezza ogni ruolo gerarchicamente definito, dall'altro, ha annullato, drammaticamente e scompostamente, le distanze tra chi rappresenta un'istituzione e chi questa istruzione dovrebbe rispettarla. Vale per la scuola e vale, purtroppo, anche per le famiglie, che hanno, di fatto, abiurato al ruolo di prima agenzia educativa e formativa. Questo ha comportato una anarchia comportamentale da parte dei nostri giovani, che, orfani di punti di riferimento, hanno deciso che autogestirsi nei comportamenti e negli atteggiamenti resta la scelta migliore. Ne viene fuori un quadro preoccupante che, troppe volte, sta vedendo soccombere il nostro personale scolastico e, quindi, crea problemi.

Sono lontani i tempi in cui un docente rappresentava la più alta espressione della cultura e dell'educazione, sono lontani i tempi del rispetto e della considerazione verso una figura che, per molti di noi, ha rappresentato un esempio a cui guardare e un modello a cui ispirarsi. E, sullo sfondo di una situazione già abbastanza preoccupante e destabilizzante, c'è un mondo che ha nella condivisione dei contenuti, nella ricerca spasmodica di follower e di consensi, nella popolarità a ogni costo, la sua massima aspirazione ed espressione. Non è possibile immaginare che, ogni mattina, un docente o un dirigente o un collaboratore scolastico debbano entrare nelle scuole con il timore di cosa possa succedere. Non è concepibile aver paura di richiamare un alunno a un comportamento più corretto, rischiando una reazione violenta e spropositata. Non è più ammissibile che episodi simili vadano sminuiti e liquidati come fossero poco più di una ragazzata, con conseguenze nemmeno minimamente rilevanti per i colpevoli. Eppure, ogni singolo episodio è una ferita, purtroppo anche fisica, che segna per sempre l'animo di chi la riceve.

Bisogna reagire, bisogna intervenire, bisogna avere il pugno duro contro chi minaccia il nostro personale scolastico e umilia il nostro sistema di istruzione e formazione. È su questo che siamo chiamati a confrontarci e ringrazio, per questo, l'onorevole Sasso.

Le nostre scuole devono ritornare a essere luoghi pulsanti di cuore e di cultura, devono ritornare a essere porto sicuro per chiunque le frequenti - alunni, docenti, genitori - devono ritornare a essere quella possibilità di mettersi in gioco e di cambiare i propri destini, costruendo e immaginando il proprio futuro. E anche se tanta della progettualità economica di questo Governo sta andando proprio questa direzione, non basta: è necessario introdurre misure adeguate per rispondere ad un fenomeno che continua ad essere allarmante e preoccupante. Da un lato, la proposta è di inasprire le conseguenze civili e, soprattutto, penali per chi aggredisce, umilia e minaccia il personale scolastico, intervenendo - lo hanno già ricordato i colleghi - sugli articoli 336 e 341-bis del codice penale, dall'altro lato, la proposta è di puntare sull'arma più importante e dirompente che abbiamo: quella dell'informazione e della prevenzione.

La proposta di legge in discussione oggi propone, infatti, la costituzione di un Osservatorio, indispensabile e privilegiato luogo di incontro, ascolto e confronto, che possa indagare l'incidenza e la distribuzione del fenomeno, per proporre misure idonee a prevenirlo e contrastarlo, affiancando, poi, una campagna di informazione sull'importanza del rispetto del ruolo e del lavoro del personale scolastico in Italia e istituendo, infine, una Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico. Questa è una battaglia di civiltà e, al di là dei ruoli, dei posizionamenti e degli schieramenti, siamo chiamati tutti a combatterla, e tutti dalla stessa parte.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signora Sottosegretaria, modificare le norme che compongono il nostro codice penale non è mai un atto che si compie a cuor leggero; è un'operazione che richiede uno studio approfondito di tutti gli interessi in gioco, senza lasciarsi guidare da visioni ideologiche o impulsi emotivi. Prevedere aggravanti a reati in realtà già disciplinati, introdurre nuove norme o nuovi reati non ha solo lo scopo di portare a disciplina situazioni o pratiche che, sia pur coperte da una disciplina di ordine generale, sfuggono a una normazione particolare, ma persegue anche e, soprattutto, un obiettivo educativo e formativo.

Come hanno avuto modo di evidenziare illustri giuristi, le norme hanno lo scopo di guidare il comportamento dei consociati, regolando una determinata attività o indicando la condotta da adottare in certi casi. Per giunta, un principio cardine del nostro ordinamento penale, per espressa previsione costituzionale, prevede che la pena deve tendere alla rieducazione del reo, favorendo il suo reinserimento nella società. Dunque, signor Presidente, il tema educativo è connaturato all'emanazione delle norme giuridiche e costituisce una delle ragioni di fondo che portano il legislatore a intervenire. Perché insisto su questo, signor Presidente? Perché ritengo che l'aspetto educativo e culturale sia il vero tema di fondo della modifica del codice penale che stiamo discutendo oggi in quest'Aula. Questo sia per il contesto di applicazione delle norme in questione - la scuola, appunto - sia per i soggetti a cui sono rivolte tali norme: gli alunni e i genitori.

Entrando nel merito, l'obiettivo delle modifiche al codice penale oggi oggetto di analisi è intervenire in merito ai fenomeni di violenza esercitata dagli studenti, ma anche dai loro familiari, nei confronti del personale della scuola. Il provvedimento modifica il codice penale, introducendo disposizioni al fine di tutelare la sicurezza del personale scolastico.

In particolare, gli articoli dall'1 al 3 istituiscono, presso il Ministero dell'Istruzione e del merito, l'Osservatorio nazionale sulla sicurezza del personale scolastico, con funzioni di monitoraggio, con funzioni consultive e di vigilanza sull'attuazione in ambito scolastico delle misure di prevenzione e protezione dello stesso personale scolastico, demandando al Ministero iniziative di informazione e di sensibilizzazione sull'importanza del rispetto del lavoro del personale scolastico, e istituiscono la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti - sempre - del personale scolastico.

Invece, gli articoli dal 4 al 6 intervengono sul codice penale per aggravare alcuni delitti se commessi in danno di un dirigente scolastico, di un membro del personale docente, del personale educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola, modificando in particolare le fattispecie di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale e di oltraggio a pubblico ufficiale, introducendo una nuova aggravante comune applicabile a tutti i delitti commessi con violenza o minaccia.

Secondo i dati del Ministero dell'Istruzione e del merito, da settembre 2022 a maggio 2023, gli episodi di violenza nelle scuole nei confronti dei docenti sono stati ben cinque al mese e nella metà dei casi ad essere coinvolti sono i genitori. I licei costretti a convocare le famiglie sono aumentati fino all'80 per cento; i voti in condotta sono sempre più bassi, si moltiplicano le sospensioni delle lezioni, le richieste di risarcimento alle famiglie per i danni causati agli arredi e anche le richieste di aiuto ai servizi sociali. In un istituto su cinque è intervenuta la Polizia. Insomma, signor Presidente, questo è un fenomeno che, purtroppo, inizia ad avere dei contorni preoccupanti.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI (ore 18)

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Gli ultimi episodi di cronaca di questi giorni non fanno altro che confermare questa tendenza: a Bari, il 29 settembre scorso, un alunno, sottraendo una pistola a pallini ad un suo compagno di classe, avrebbe sparato al docente, colpendolo al petto nel momento in cui entrava in aula per il cambio dell'ora, fortunatamente senza gravi conseguenze per l'insegnante. La vicenda fa eco a un incidente analogo avvenuto a Rovigo, quando alcuni studenti spararono pallini di gomma contro una professoressa di scienze, pubblicando in seguito il video online in segno di derisione. A Napoli, il 26 settembre, una maestra di 59 anni della scuola dell'infanzia è stata schiaffeggiata in pieno volto dai genitori di un bimbo e colpita da un portapenne di metallo, riportando uno shock emotivo e una contusione cranica. Signora Presidente, oltre ad esprimere solidarietà al personale docente coinvolto in questi casi appena citati, c'è un aspetto che emerge in modo plateale anche da tali episodi: se risulta necessario che siano norme giuridiche a indicare in modo sempre più dettagliato una condotta che già dovrebbe rientrare nei comuni canoni comportamentali ed educativi significa che il problema è ancora più grave; non è un problema solo sociale, ma è un problema soprattutto culturale.

Il sempre più frequente ricorso alla violenza da parte dei più giovani sia nei confronti di loro pari, con atti di bullismo, purtroppo anch'essi in crescita, sia nei confronti di insegnanti o di altre figure del mondo scolastico denota un evidente problema nella comunicazione e comprensione effettiva dei disagi che affliggono il mondo giovanile. Ecco, perché il provvedimento in esame intende, sì, normare, ma anche affrontare il problema sul piano socio-culturale. Non a caso, tra gli obiettivi dell'Osservatorio nazionale sulla sicurezza del personale scolastico, che si intende appunto introdurre, vi è anche la promozione di corsi di formazione per il personale scolastico, finalizzati alla prevenzione e alla gestione delle situazioni di conflitto, nonché a migliorare la qualità della comunicazione con gli studenti e con le famiglie, anche al fine di valorizzare l'alleanza scuola-famiglia nel rispetto del principio della partecipazione collaborativa, e, parallelamente, l'organizzazione di iniziative a favore degli studenti, finalizzate alla prevenzione e al contrasto del disagio giovanile, ponendo particolare attenzione a quei minori coinvolti come parte attiva negli episodi di violenza.

Signora Presidente, io considero cruciale aver ricompreso tali aspetti tra i compiti che l'Osservatorio dovrà assolvere, anche perché il disagio dei più giovani molto spesso ha radici familiari, ha radici in famiglie dove la violenza è di casa, dove non c'è comunicazione tra i genitori, in famiglie che vivono in contesti sociali complessi, dove il disagio giovanile è solo la conseguenza di una serie di logiche perverse ben stratificate e radicate nel tessuto relazionale di prossimità. Di fronte a tutto ciò il ricorso alla violenza da parte dei più giovani, sotto certi aspetti si configura come un vero e proprio grido di aiuto, un grido le cui modalità di espressione sono certamente sempre da condannare, senza se e senza ma, tuttavia rimane pur sempre una latente richiesta di aiuto; è il grido, molto spesso, di chi non riesce a fare i conti con la propria sofferenza personale; è il grido di chi si è già arreso di fronte alle prime difficoltà della vita, semplicemente perché non ha trovato nessuno - nessuno - disposto ad ascoltare la sua sofferenza, il suo dolore, prima di tutto in famiglia; è il grido di chi non ha punti di riferimento; è il grido di chi non sopporta il peso dei “no”, semplicemente perché forse non c'è stato mai nessuno che si è preso la briga di porlo dinnanzi a tale esperienza. Senza punti di riferimento, senza persone che pongono limiti a determinati comportamenti, il risultato è un completo disorientamento. Ecco, signor Presidente, è da questo che si deve ripartire; è da questa consapevolezza che la scuola deve ripartire nel ridisegnare le modalità di ascolto dei disagi dei nostri ragazzi. Bisogna sempre prendere più coscienza del fatto che se, fino a 20 o 30 anni fa, i ragazzi arrivavano a scuola già con un bagaglio educativo e psico-affettivo più o meno stabile, oggi non è più così, i genitori molto spesso, purtroppo, riescono sempre meno a porsi come punto di riferimento e talvolta riversano sui figli disagi personali non affrontati o curati. Ecco perché oggi la scuola riveste ancor più un ruolo educativo in senso stretto; è il luogo in cui è possibile trovare chi ascolta questo disagio, è il luogo in cui è possibile trovare chi valorizza i talenti, è il luogo in cui è possibile trovare chi trasmette ai nostri ragazzi che il loro valore non dipende da ciò che fanno o faranno, bensì che loro stessi sono un valore e che loro stessi dispongono già di tutti gli strumenti per poter far centro nella vita. Far sentire importanti i nostri ragazzi, valorizzarli, prima come persone e poi come studenti, è lo strumento educativo più forte, capace di scoraggiare e disarmare ogni atto violento. Come Noi Moderati, pertanto condividiamo pienamente questa visione e saremo sempre al fianco della scuola, delle insegnanti e di tutto il personale scolastico, per supportare con ogni mezzo la sfida educativa di cui sono protagonisti,

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 835-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Rossano Sasso. Si intende che vi abbia rinunciato. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo. Si intende che vi abbia rinunciato.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 3 ottobre 2023 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni .

(ore 12, con votazioni non prima delle ore 16)

2. Discussione del disegno di legge:

S. 854 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (Approvato dal Senato). (C. 1436​)

3. Seguito della discussione delle mozioni Manzi ed altri n. 1-00177, Caso ed altri n. 1-00185, Grippo ed altri n. 1-00186 e Sasso, Amorese, Dalla Chiesa, Lupi ed altri n. 1-00187 concernenti iniziative a favore del comparto della scuola e del diritto allo studio .

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

SASSO ed altri: Modifiche agli articoli 61, 336 e 341-bis del codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza del personale scolastico. (C. 835-A​)

Relatore: SASSO.

La seduta termina alle 18,10.