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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 158 di giovedì 7 settembre 2023

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

RICCARDO ZUCCONI, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 agosto 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 80, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 20 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 9,55.

La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 9,55.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 377 - D'iniziativa dei senatori: Bongiorno ed altri: Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, concernenti i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere (Approvata dal Senato) (A.C. 1135​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 1135: Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, concernente i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere.

Ricordo che nella seduta del 19 luglio si è conclusa la discussione generale e la relatrice e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1135​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico della proposta di legge e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Se nessuno chiede di intervenire, invito la relatrice e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sull'unico emendamento riferito all'articolo unico e su due articoli aggiuntivi.

INGRID BISA , Relatrice. Sull'emendamento 1.1 Ascari, così come sugli articoli aggiuntivi 1.02 e 1.05 Ascari, c'è un invito al ritiro o parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

TULLIO FERRANTE, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Il parere è conforme a quello della relatrice.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Ascari 1.1.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Ovviamente, l'invito che faccio è di un supplemento di riflessione e di cambio di parere, anche in un'ottica di lavoro di squadra e di integrazione di tutele, dal momento che, dall'inizio dell'anno, oggi sono 78 le donne che hanno perso la vita: abbiamo avuto 78 femminicidi, una donna uccisa ogni 2 giorni. Quindi l'ottica con cui si vuole apportare questi emendamenti è stata innanzitutto di ascolto di chi, tutti i giorni, opera all'interno dei tribunali, delle associazioni antiviolenza e, soprattutto, a diretto contatto con le vittime. Quindi, l'obiettivo era veramente trasversale.

Ci tengo però a fare una precisazione, Presidente, considerato che stiamo parlando del primo emendamento, strettamente collegato al testo della proposta di legge oggi in discussione: semplicemente, quest'articolo aveva e ha uno scopo di estensione di buonsenso di una norma, dando una maggiore tutela, ma soprattutto dando voce alla persona offesa, dandole la possibilità di intervenire, qualora non venga sentita entro 3 giorni dal pubblico ministero, per chiedere che ci sia maggiore attenzione da parte di un magistrato, affinché possa proseguire dando maggiore tutela e intervenendo con le misure cautelari opportune. Quindi, è veramente un emendamento integrativo aggiuntivo, che dà semplicemente maggiore tutela e voce alla persona offesa, che, ancora oggi, nelle aule dei tribunali, è un fantasma.

Quindi chiedo veramente una maggiore riflessione e un parere favorevole, in un'ottica di collaborazione, ma soprattutto di integrazione dei vuoti normativi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vedo reazioni da parte della relatrice. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Biase. Ne ha facoltà.

MICHELA DI BIASE (PD-IDP). Grazie, Presidente. Per annunciare il voto favorevole del Partito Democratico su questo emendamento. Vede, Presidente, le audizioni che ci sono state, in particolare…

PRESIDENTE. Onorevole, mi perdoni. Riesce a parlare più vicino al microfono? La ringrazio.

MICHELA DI BIASE (PD-IDP). Parlo vicino al microfono… così mi sente? Dicevo, intervengo per annunciare il voto favorevole del Partito Democratico, perché nelle audizioni che ci sono state in Commissione, l'associazione D.i.Re - e per questo noi ci sentiamo di appoggiare questo emendamento - ha sottolineato come ciò sia determinante per l'effettività dell'intervento del pubblico ministero. Questo non può prescindere da un'idonea valutazione del rischio. L'associazione D.i.Re, lo ricordiamo, si compone di 84 organizzazioni di donne che si occupano delle case rifugio e dei centri antiviolenza e che conoscono perfettamente il problema. Noi reputiamo che un voto favorevole su questo emendamento garantirà la tutela della vittima e la celerità nella risposta giudiziaria.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.1 Ascari

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 1.02 Ascari .

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Allora, anche su quest'articolo aggiuntivo veramente chiedo, in un'ottica di massima collaborazione, un ripensamento per quanto riguarda il parere. Questa proposta emendativa prevede che, all'articolo 292 del codice di procedura penale, sia aggiunto il seguente comma: “Quando la misura cautelare abbia a oggetto alcuno dei reati di cui all'articolo 132-bis, comma 1, lettera a) o lettera a-bis) delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del presente codice la decisione del giudice deve intervenire senza ritardo”. L'ho letto perché voglio spiegare il contenuto nel merito di questo articolo aggiuntivo. Oggi cosa succede? Che la persona offesa deve essere sentita entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato quindi, se si attuano tutte le precauzioni, se si rispetta la norma e pertanto il magistrato richiede l'applicazione della misura cautelare e questa non viene immediatamente convalidata dal giudice, si viene a creare uno spazio temporale che crea un vuoto di tutela per la vittima, che rimane appunto in un limbo e in questo limbo, nella peggiore delle ipotesi, avvengono i fatti più gravi, tra cui il femminicidio. Quindi, questa è una richiesta di tempestività, che è stata richiesta proprio dai diretti interessati nelle aule dei tribunali e quindi dai magistrati stessi, che sono i primi che vogliono che la norma sia applicata e attuata al meglio. Quindi si chiede veramente un ripensamento, perché questo è un vuoto di tutela pericoloso: l'abbiamo visto e lo vediamo tutti i giorni dal momento che viene uccisa una donna ogni due giorni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.02 Ascari, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 1.05 Ascari. Ha chiesto di parlare la deputata Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo sull'ultima proposta emendativa che ho presentato, che prevede, anche questa, una modifica all'articolo 362 del codice di procedura penale. La leggo perché voglio che rimanga comunque all'interno di quest'Aula del Parlamento, perché è semplicemente - ripeto - una norma di buonsenso, una norma integrativa, ma soprattutto una presa di maggiore responsabilità da parte degli organi interni del tribunale. Questo articolo aggiuntivo prevede: all'articolo 362, comma 1-bis, primo periodo, del codice di procedura penale, le parole: “si avvale” sono sostituite dalle seguenti: “provvede al loro ascolto diretto avvalendosi anche”. Ciò vuol dire che in primis il magistrato deve ascoltare la persona offesa, quindi c'è una maggiore responsabilizzazione e un intervento diretto, sempre nell'ottica di una maggiore attenzione verso la persona offesa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.05 Ascari, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1135​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati. Un attimo, ha chiesto di parlare l'onorevole Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Presidente, un attimo di pausa, giusto il tempo di avere gli ordini del giorno e di poterli…. Li ho chiesti prima…

PRESIDENTE. Gli ordini del giorno sono in distribuzione, intanto magari ascoltiamo il parere del Governo. Per la sospensione dovete accordarvi. Il Governo deve esprimere il parere sugli ordini del giorno; se c'è l'accordo di tutti i gruppi per sospendere, io sospendo, se il Governo ha bisogno di tempo. Gli ordini del giorno - come dicevo ieri - sono un rapporto tra il presentatore e il Governo: se il Governo mi chiede 5 minuti di sospensione per valutarli, sospendo la seduta. Sottosegretario, mi fa un cenno? Ha bisogno di 5 minuti di sospensione? Va bene. Sospendiamo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 10,15. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,20.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Chiedo al rappresentante del Governo di esprimere il parere sugli ordini del giorno.

TULLIO FERRANTE, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Il parere è contrario sugli ordini del giorno n. 9/1135/1 Cafiero De Raho, n. 9/1135/2 Giuliano, n. 9/1135/3 D'Orso e n. 9/1135/4 Ascari. Sull'ordine del giorno n. 9/1135/5 Furfaro il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “impegna il Governo a predisporre e sostenere campagne di comunicazione per sensibilizzare l'opinione pubblica contro l'uso della violenza”. Sempre nello stesso ordine del giorno occorre anche inserire la formula “a valutare l'opportunità di” prima di “predisporre e sostenere campagne (…)”.

PRESIDENTE. Quindi, la riformulazione prevede anche la formula “a valutare l'opportunità di”.

TULLIO FERRANTE, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Sugli ordini del giorno n. 9/1135/6 Ghirra e n. 9/1135/7 Zanella il parere è contrario.

PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno n. 9/1135/1 Cafiero De Raho.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Cafiero De Raho. Ne ha facoltà.

FEDERICO CAFIERO DE RAHO (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo solo per chiedere al Governo se voglia rivalutare il parere, perché quest'ordine del giorno chiede solo un impegno affinché si migliori la condizione di partecipazione della persona offesa al processo, in particolare nella fase delle indagini laddove, innanzitutto, non viene rispettato il termine di tre giorni e, quindi, anche la richiesta della persona offesa. Non solo, noi pensiamo a qualcosa di più ampio, di più importante, come una partecipazione a tanti altri atti. Pensi che l'articolo 415-bis, in materia di avviso di conclusione delle indagini, ha ampliato i destinatari dell'avviso dall'indagato alla persona offesa nel caso di atti persecutori e anche di maltrattamenti. Ciò occorrerebbe anche per le lesioni personali in danno di donne, laddove il fatto avviene per relazioni familiari, per finalità sessuali o per altre finalità. Occorrerebbe inoltre una partecipazione del difensore della persona offesa anche all'interrogatorio dell'indagato, perché è da quel momento che si apprendono elementi essenziali per conoscere effettivamente qual è la condizione dell'indagato e da quel momento derivano altre conseguenze fondamentali. La tutela va estesa a 360 gradi, la persona offesa, la donna in genere, deve essere messa nelle condizioni di conoscere momento per momento come si sviluppa il procedimento penale, proprio per poter prevenire eventuali condizioni di aggravamento o posizioni di aggressione da parte del soggetto aggressore che di volta in volta si manifestano in questi procedimenti.

Ecco perché si chiede che il Governo voglia rivalutare quel parere contrario, prima ancora che si metta naturalmente al voto quest'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il Governo non intende intervenire.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1135/1 Cafiero De Raho, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/1135/2 Giuliano.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Giuliano. Ne ha facoltà.

CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Quest'ordine del giorno, che è fondamentale anche alla luce delle vicende che purtroppo si susseguono nella cronaca, riprende una proposta emendativa che avevamo presentato, l'articolo aggiuntivo 1.02 a prima firma della collega Ascari.

Con quest'ordine del giorno chiediamo al Governo di introdurre con il primo provvedimento utile una procedura d'urgenza che possa riguardare anche l'adozione delle misure cautelari, perché quando si parla, purtroppo, di violenza di genere, il primo aspetto che dobbiamo tener presente è quello della tempestività. Proprio la necessità di agire tempestivamente è stata il cuore ed è stata il filo conduttore che nel 2019 ci ha portato, in particolare come MoVimento ma con il sostegno di tutto l'arco parlamentare, all'approvazione della legge n. 69 del 2019, il cosiddetto codice rosso. Noi crediamo che un tassello imprescindibile e importante per dare una risposta ancora più tempestiva ed effettiva a un fenomeno in costante e allarmante crescita sia quello di introdurre una procedura d'urgenza per l'adozione e l'applicazione di misure cautelari nel caso di reati che riguardino episodi di violenza di genere. Lo ripeto, è importante sicuramente e fondamentale l'ascolto della persona offesa nei tre giorni ma, viste le modalità di commissione di questi reati, che hanno sostanzialmente una genesi endofamiliare, è altrettanto importante la tempestività nell'intervento restrittivo e, appunto, una misura cautelare tempestiva spesso può riuscire ad arginare situazioni di violenza, può debellare un'escalation di violenza e può salvare realmente delle vite umane.

Quindi, il nostro invito e il mio invito al Governo è a ripensare il parere su quest'ordine del giorno che riteniamo assolutamente fondamentale. Tra l'altro, come sappiamo, l'ordine del giorno è un invito al Governo a prendere un impegno in un prossimo provvedimento per analizzare questa questione, non è un impegno che noi chiediamo in questo istante, non è una modifica, visto che è stato bocciato il nostro emendamento. Però ritengo un segnale di convergenza dell'arco parlamentare e anche un segnale di civiltà verso i cittadini che ci seguono dare parere favorevole a quest'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Il Governo non intende intervenire.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1135/2 Giuliano, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/1135/3 D'Orso.

Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Orso. Ne ha facoltà.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Presidente, vorrei richiamare l'attenzione del rappresentante del Governo e dei colleghi e delle colleghe su quest'ordine del giorno, perché è molto delicato, com'è delicata qualsiasi tematica che riguardi i minori. Cosa chiediamo in quest'ordine del giorno? Partiamo da una norma, che è il comma 1-bis dell'articolo 362 del codice di procedura penale che stabilisce che nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 351, comma 1-ter, cioè quelli in cui sono coinvolti dei minori, il pubblico ministero, quando deve assumere informazioni si avvalga dell'ausilio di un esperto di psicologia o psichiatria infantile. Noi nell'impegno chiediamo che vi sia sempre l'ascolto diretto da parte del pubblico ministero, perché purtroppo, sovente, troppo frequentemente, è invalsa la prassi di un ascolto delegato dal pubblico ministero a questi esperti di psicologia e psichiatria infantile.

Ecco, il punto è questo: non riteniamo tutelante il fatto che i contenuti delle informazioni (quindi dell'audizione del minore) siano trasferiti da un soggetto altro rispetto a chi, invece, deve poi decidere sulla tutela del minore medesimo, che è il pubblico ministero.

Vorremmo che in qualche modo ci fosse un approccio molto più rigoroso rispetto a questo tema. Il contenuto dell'ordine del giorno è molto semplice e nella sua semplicità e linearità sembra quasi dire qualcosa che dovrebbe essere già così, ma noi sappiamo che purtroppo non è così.

Per tale ragione chiedo davvero al Governo un supplemento di riflessione e di mutare il parere da contrario - perché è stato dato un parere contrario “secco” - a favorevole, perché - lo ripeto - è qualcosa che viene esplicitato ancora meglio. Dovrebbe essere così; purtroppo, la poca chiarezza della norma consente che non sia sempre così: anche in quei pochi casi - in realtà, sappiamo che sono tanti i casi in cui manca l'ascolto diretto - noi riteniamo che l'interesse preminente del minore debba essere tutelato prima di tutto e, quindi, contempliamo l'opportunità di prevedere, nero su bianco, l'ascolto diretto da parte del pubblico ministero.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non cambia il parere sull'ordine del giorno n. 9/1135/3 D'Orso.

Passiamo ai voti.

Indìco pertanto la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1135/3 D'Orso, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/1135/4/Ascari.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Quest'ordine del giorno vuole dare un ulteriore strumento alla magistratura: si intende introdurre, all'articolo 384 del codice di procedura penale, un nuovo mezzo operativo a disposizione del pubblico ministero ovvero il fermo di indiziato dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori.

Questo strumento può essere utilizzato anche al di fuori dei casi di flagranza e di semiflagranza con decreto motivato, quando sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate, ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa. Quindi, questa è una norma veramente di buonsenso, che giunge direttamente come richiesta dai magistrati.

Questa richiesta arrivò già durante la discussione del codice rosso in cui si aprì una prima parentesi per quanto riguarda l'introduzione dell'arresto differito, e poi si parlò del fermo di indiziato di pubblico ministero.

Io veramente mi auguro che ci sia un ripensamento perché qui si tratta di fornire alla magistratura un mezzo per intervenire a tutela delle vittime e, quindi, colmare così un vuoto di tutela che oggi esiste.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non cambia il parere sull'ordine del giorno n. 9/1135/4 Ascari.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1135/4 Ascari, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/1135/5 Furfaro.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Furfaro. Ne ha facoltà.

MARCO FURFARO (PD-IDP). Vorrei riascoltare la riformulazione, se possibile.

PRESIDENTE. Prego, Sottosegretario.

TULLIO FERRANTE, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. La riformulazione è la seguente: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di predisporre e sostenere campagne di comunicazione per sensibilizzare l'opinione pubblica contro l'uso della violenza”.

PRESIDENTE. Onorevole Furfaro, prego.

MARCO FURFARO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Non accetto la riformulazione. Lo so che è una formula abbastanza usuale quando contestiamo la valutazione sugli ordini del giorno, però mi rivolgo, tramite lei, al rappresentante del Governo: sinceramente, non capisco cosa ci sia da valutare nel chiedere l'opportunità di predisporre o impegnare il Governo a predisporre una campagna di sensibilizzazione contro l'utilizzo della violenza nei confronti dei bambini, in particolare come modello educativo all'interno delle famiglie. Tanto più se inserito in un contesto come quello di cui stiamo parlando della violenza di genere: un contesto che stiamo vivendo giornalmente e nel quale le risposte della maggioranza di fronte agli stupri, alle violenze efferate che ci sono anche da parte di minori in questi giorni sono tutte di natura repressiva. Quest'ordine del giorno chiede una cosa molto semplice: provare a combattere un elemento che in questo Paese forse è molto minimizzato.

Faccio un esempio: tutti noi ci fermiamo (o, comunque, dovremmo farlo) e avvertiamo la necessità di intervenire quando assistiamo a una violenza, moralmente e socialmente deplorevole, nei confronti di una donna. Spesso è molto minimizzata invece la violenza nei confronti di un minore, anche e soprattutto all'interno di una famiglia. L'ordine del giorno impegna il Governo esattamente su questo elemento molto semplice, perché violenza genera violenza. Un bambino che subisce abusi e violenze fisiche e psicologiche dentro le mura di casa nel 90 per cento dei casi genererà violenza, perché la violenza riproduce violenza.

Quest'ordine del giorno chiede un impegno molto semplice, anche alla luce dell'attualità, appunto, nel contesto della violenza di genere, affinché i bambini crescano in famiglie nelle quali si combatta il modello educativo basato sulla violenza, per crescere adulti che vivano la propria infanzia basata su relazioni positive e paritarie in cui ci sia ascolto ed empatia.

Sinceramente, è inaccettabile il fatto che il Governo possa “valutare l'opportunità” di mettere in campo un piano contro la violenza e, addirittura, snaturi l'atto di indirizzo, togliendo il riferimento al fatto che avvenga dentro le famiglie, per adottare un impegno generico a valutare l'opportunità di impegnarsi in un piano contro la violenza.

Tutti siamo contro la violenza; però, oltre ai meccanismi repressivi, forse servono anche dei modelli educativi nei quali le istituzioni diano dei messaggi chiari, cioè che i bambini e le bambine non vanno toccati, che i modelli educativi debbono essere basati sull'ascolto e sull'accoglimento e non su modelli in cui ci sia la violenza.

Per questo non accetto la riformulazione proposta e chiedo di mettere al voto l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD-IDP). Nel sottoscrivere quest'ordine del giorno, che mi sembra assolutamente necessario, chiedo veramente al Governo - lo faccio senza polemica - di riconsiderare il parere, perché lei capisce che occorre fare di più che valutare l'opportunità di fare una campagna contro la violenza, quando abbiamo avuto una delle estati più violente in assoluto.

Qual è la remora che porta il Governo a non intravedere la necessità di fare di più rispetto al contrasto alla violenza che dilaga tra le giovani generazioni?

Presidente, per il suo tramite, chiedo al Governo di prendere atto di quello che stiamo vivendo in questi mesi e di essere più assertivo, non di nascondersi dietro la formula “valutare l'opportunità di contrastare l'uso della violenza”. Come si fa a valutare l'opportunità? Si deve fare e basta. Che altro deve accadere per decidere che si deve lavorare di più dal punto di vista culturale e delle campagne di sensibilizzazione? Che altro deve accadere, signor Presidente, dopo quello che abbiamo visto questa estate?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1135/5 Furfaro, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1135/6 Ghirra, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1135/7 Zanella, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1135​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gebhard. Ne ha facoltà.

RENATE GEBHARD (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Il rafforzamento delle misure relative ai procedimenti per violenze domestiche, in primo luogo in ordine all'obbligo per il pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato entro 3 giorni dall'iscrizione della notizia di reato, non è soltanto necessario, ma è anche urgente.

PRESIDENTE. Collega, aspetti un attimo. Come al solito, colleghi, se dovete uscire, fatelo in silenzio e, se dovete parlare, fatelo fuori, per consentire alla collega di svolgere il suo intervento nel silenzio dell'Aula. Colleghi, per cortesia, non mi fate richiamare uno per uno. Prego, collega.

RENATE GEBHARD (MISTO-MIN.LING.). Grazie. Un rafforzamento delle regole è, a nostro giudizio, fondamentale ai fini dell'efficacia delle misure che conosciamo come codice rosso, anche ai fini del rispetto della Convenzione di Istanbul. La necessità di rendere più efficace l'iter e i procedimenti penali riguardanti delitti che sono riconducibili all'ambito della violenza domestica o di genere risulta anche dall'aumento drastico del numero dei femminicidi in Italia e delinea quello che è un massacro del quale le donne sono vittime, che avviene, nella prevalenza dei casi, nella sfera domestica o per responsabilità di persone che ne hanno fatto parte. E il massacro non si ferma, con una diffusione impressionante: una donna uccisa ogni 3 giorni, 78 donne uccise dall'inizio dell'anno a oggi.

Dal 2019, abbiamo introdotto una specifica procedura per i casi di violenza contro le donne ai fini di rendere efficace e, dunque, tempestivo il procedimento penale, sono stati previsti nuovi reati, inasprite le pene esistenti contro i femminicidi, i casi di maltrattamenti, di atti persecutori, di violenza sessuale, perché decisivo, a nostro giudizio, è il divario fra il merito della legislazione vigente e la concreta applicazione di tali misure. Auspichiamo che le misure di questo provvedimento e la loro applicazione possano, finalmente, effettivamente, tutelare ogni donna vittima di violenza.

Il consenso unanime, comunque, prevalente e trasversale delle diverse forze politiche in Parlamento e del Governo è una dimostrazione di consapevolezza. Anche come Commissione bicamerale contro i femminicidi siamo chiamati in causa e lavoreremo con il massimo impegno e determinazione. Concludendo, annuncio il voto favorevole delle minoranze linguistiche e del Südtiroler Volkspartei.

PRESIDENTE. Grazie, collega, anche per la pazienza nel parlare in questo brusio. Colleghi, di nuovo, vi invito, se dovete parlare tra voi, a uscire.

Ha chiesto di parlare la deputata Semenzato. Ne ha facoltà.

MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, lo dico subito, da neoeletta presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio e le violenze di genere: il lavoro da fare per migliorare le leggi e salvare la vita delle donne sarà parecchio, e vi assicuro che tutte le buone proposte saranno tenute in considerazione. La Commissione serve anche a questo e il lavoro di squadra per me è fondamentale.

In discussione generale, qualcuno, dai banchi dell'opposizione, ha detto che si doveva mettere in questo provvedimento anche altro. È chiaro che si può sempre fare di più, ma l'importante, a mio avviso, è iniziare a fare e passare dalle parole ai fatti in tempi rapidi.

La proposta di legge che tra poco voteremo, già approvata dal Senato, riguarda una norma di natura processuale, e non una norma di diritto sostanziale. Aprire ora un dibattito su nuovi spunti di contenuto, evidentemente, allungherebbe i tempi di approvazione. Preferiamo, quindi, approvare subito questo provvedimento, che agisce chirurgicamente e dà attuazione e concretezza a norme sostanziali già condivise, rimandando ad altra sede il resto delle questioni.

Il codice rosso prevede una corsia preferenziale per le denunce e le indagini relative ai reati connessi alla violenza di genere. Capite bene che se, poi, l'obbligo da parte del pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa entro 3 giorni dall'acquisizione della notizia di reato non viene rispettato, allora la stessa legge diventa inutile. Se veramente vogliamo evitare che alcuni comportamenti violenti sfocino in qualcosa di più grave, allora i termini devono essere perentori, e non semplicemente ordinatori. Le istituzioni devono rispondere celermente di fronte ai reati di violenza domestica e di genere. La veloce acquisizione di elementi da parte della magistratura serve anche, qualora necessario, ad adottare misure cautelari nei confronti dell'indagato. Dobbiamo assolutamente impedire che chi compie atti di violenza nei confronti delle donne possa continuare a farlo.

Le informazioni possono essere assunte anche da chi ha presentato denuncia, come i centri antiviolenza e i servizi sociali, che voglio pubblicamente ringraziare perché rivestono un ruolo importantissimo, in quanto possono far partire il procedimento e liberare le donne dall'angoscia di essere le sole a fare questo passo.

L'acquisizione di informazioni deve essere celere, perché la denuncia dei fatti può aumentare il pericolo di recidiva e di escalation delle violenze se alla notizia di reato non conseguono azioni tempestive da parte dell'autorità giudiziaria. A cosa servono se ciò non accade? Quando il magistrato designato non rispetta il termine dei 3 giorni, il procuratore della Repubblica ha il potere di revocare l'assegnazione del procedimento. Revocata l'assegnazione, il procuratore provvede, senza ritardo, direttamente o mediante assegnazione ad un altro magistrato, ad assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, salvo vi siano esigenze di tutela dei minori o sia richiesta riservatezza nell'indagine.

Si prevede, inoltre, che il procuratore generale presso la corte d'appello acquisisca dalle procure della Repubblica del distretto, con cadenza trimestrale, i dati sul rispetto del termine previsto e invii al Procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale. Un monitoraggio che consentirà di efficientare il funzionamento della macchina giudiziaria, ma, soprattutto, indurrà chi di dovere ad ascoltare le vittime di violenza prima che la situazione possa ulteriormente degenerare, il che può voler dire salvare vite umane, vuol dire salvare donne.

Alla luce di queste considerazioni, Presidente, annuncio il voto favorevole da parte del gruppo Noi Moderati (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. Questo provvedimento consta di un unico articolo e reca due diverse modifiche al decreto legislativo n. 106 del 2006, ossia le disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero. La proposta di legge, già approvata dal Senato, interviene su uno degli aspetti caratterizzanti la procedura da seguire nei procedimenti per delitti di violenza domestica e di genere, il cosiddetto codice rosso, ovvero l'obbligo per il pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato entro 3 giorni dall'iscrizione della notizia di reato.

La novella in esame, quindi, prevede in particolare che, qualora il magistrato designato per le indagini non abbia rispettato questo termine, il procuratore della Repubblica possa revocargli l'assegnazione e assumere, senza ritardo, le informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, direttamente o mediante assegnazione ad altro magistrato dell'ufficio.

Lo scopo, quindi, è rendere più spedito ed efficace l'iter dei procedimenti penali riguardanti delitti tipicamente riconducibili all'ambito della violenza domestica e di genere.

Si tratta, in particolare, di delitti come l'omicidio, nella forma tentata, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, corruzione di minorenni, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, lesioni personali e deformazioni dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso nelle ipotesi aggravate.

Come Alleanza Verdi e Sinistra esprimeremo qui, come già fatto in Senato, un voto di astensione, perché, sebbene riteniamo che nel merito il provvedimento sia condivisibile, nel metodo questo è un tema che va affrontato nel suo insieme e non a pezzetti, altrimenti si rischia di perdere la visione d'insieme. Infatti, in Commissione giustizia ci sono già altre proposte di legge, tra loro abbinate, sul contrasto alla violenza di genere. Quindi, cerchiamo tutti insieme di trovare lì le migliori soluzioni e come Alleanza Verdi e Sinistra sosterremo tutte le soluzioni, le migliori misure per consentire proprio dei passi in avanti. Dobbiamo rilevare - questa, però, è una riflessione che coinvolge tutti noi - che, per quanto il legislatore si stia oggettivamente sforzando da tempo su questo dramma e in modo trasversale, non si vedono, però, dei miglioramenti, anzi tutt'altro. Siamo consapevoli che non bastano le leggi per risolvere una tragedia sociale, ma serve un percorso culturale. Tuttavia, è giusto che il legislatore si sforzi di mettere in campo tutto il possibile.

Questa è stata un'estate di stupri e queste tragedie devono interrogare noi uomini, nessuno escluso, senza dare assurde giustificazioni autoassolutorie. Non siamo, noi uomini, che possiamo decidere come devono vestirsi le donne, se, come e dove devono andare in giro, costringendole, quindi, a vivere sulle difensive, alludendo a colpe che non hanno, inducendole così a non denunciare per il timore di finire esse stesse sulla graticola. Ciò che succede è responsabilità di tutti. Ho detto responsabilità, non colpa. La colpa è di chi commette ma la responsabilità è di tutti, perché tutti dobbiamo farcene carico nella costruzione di una cultura del rispetto. Se qualcuno pensa che le donne si proteggono limitando la loro libertà non fa altro che alimentare questa violenza strutturale, sistemica e pervasiva. Il giudizio è già una forma di controllo, una forma di possesso che ci rende inumani. Non sono le donne che devono mettersi vestiti larghi per camuffare il proprio corpo (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Invece, vanno messi vestiti stretti ai pensieri intrisi di preconcetti, pregiudizi e volontà di dominazione per smascherarli. Per questi motivi Alleanza Verdi e Sinistra esprimerà un voto di astensione sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carfagna. Ne ha facoltà.

MARIA ROSARIA CARFAGNA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Quello oggi all'esame dell'Aula è sicuramente un provvedimento che va nella giusta direzione e che si pone un obiettivo condivisibile, per cui vedrà il voto favorevole del nostro gruppo, ragione per cui ho chiesto anche la rettifica del voto che - per errore - abbiamo espresso sull'articolo 1.

È una norma che prevede di rendere più stringente l'obbligo introdotto dal codice rosso previsto in capo al pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, se si procede per i reati di violenza sessuale e di violenza domestica, con la possibilità, per il procuratore della Repubblica, di revocare l'assegnazione del provvedimento nel caso in cui questo termine non venisse rispettato. È una norma che corrisponde a una logica che condividiamo, che è quella di ascoltare le donne e di dare un seguito immediato alle loro denunce. Però, io credo che noi abbiamo il dovere di utilizzare l'opportunità di questo dibattito parlamentare anche per fare un ragionamento più ampio e per porci una domanda, perché è trascorso un anno, quasi un anno, dall'insediamento di questo Governo, è trascorso quasi un anno dall'inizio di questa legislatura, un anno durante il quale, peraltro, abbiamo assistito a una escalation drammatica di aggressioni, violenze, persecuzioni e femminicidi; escalation confermata dai numeri riportati nelle tabelle del servizio studi, allegate al provvedimento in esame. Allora, la domanda che rivolgo a quest'Aula è la seguente: di fronte a questa escalation drammatica l'unica risposta che noi riusciamo a dare, in quasi 12 mesi di attività, è questo ritocco al codice rosso? Per carità, come dicevo prima, è una norma assolutamente condivisibile, ma noi non riteniamo che sia sufficiente per dare una risposta e per affrontare un fenomeno strutturale di dimensioni così drammatiche con la tempestività, l'efficacia e l'urgenza che la situazione richiederebbe. Ci sono donne che non denunciano, che non denunciano perché hanno paura di esporsi a ulteriori ritorsioni da parte dell'aggressore; ci sono donne che trovano il coraggio di denunciare, ma che poi vivono nel terrore di essere lasciate sole e di non essere adeguatamente protette; ci sono donne che vivono nell'angoscia che il loro aggressore ritorni libero senza che loro ne sappiano nulla o che torni a molestarle nonostante un divieto di avvicinamento o un obbligo di allontanamento. A queste donne, alle loro famiglie, ai loro figli, spesso piccoli, spesso minorenni, ai loro genitori e ai loro nuovi compagni noi abbiamo il dovere di dare una risposta in termini di sensibilizzazione, di formazione e di educazione. Dal punto di vista culturale, io onestamente non mi spiego perché quest'Aula ha votato contro sull'ordine del giorno del collega Furfaro, che prevedeva la possibilità di diffondere campagne di sensibilizzazione e di comunicazione. Colleghi, è stato il Governo di centrodestra del 2008 per la prima volta a entrare nelle scuole e nelle famiglie italiane attraverso una campagna di sensibilizzazione per contrastare il fenomeno della violenza maschile sulle donne. Allora, perché questo? Forse perché avete anche deciso di seguire questo provvedimento in maniera un po' distratta. Non si spiega altrimenti la presenza, con tutto il rispetto perché è un collega bravissimo e stimatissimo, di un Sottosegretario per le Infrastrutture e i trasporti - Infrastrutture e i trasporti! - per seguire un provvedimento che riguarda il tema della violenza maschile sulle donne. Perché non c'è un esponente della giustizia o, meglio ancora, il Ministro Roccella? Allora, a queste donne va data una risposta in termini di sensibilizzazione, educazione, formazione e anche in termini, ancora una volta, di prevenzione, di protezione delle donne, di repressione e di punizione dei colpevoli, cose che vanno ben oltre la norma che noi approviamo oggi.

Io onestamente non mi spiego la lentezza con la quale noi ci stiamo muovendo o - forse sarebbe meglio dire - con la quale vi state muovendo, perché è da ottobre dell'anno scorso che giace qui in Parlamento una proposta di legge a firma mia e della collega Bonetti - forse questo è il problema - e al Senato a firma della collega Gelmini. È un provvedimento largamente condiviso, perché è stato sottoscritto da quasi tutte le forze politiche e parlamentari presenti in quest'Aula che facevano parte e che sostenevano il Governo nella precedente legislatura. È un pacchetto di norme che si fonda su cinque capisaldi: l'introduzione del fermo immediato del violento nel caso in cui si ravvisino indizi che facciano temere per l'incolumità della vittima; un uso più esteso e rafforzato del braccialetto elettronico; un rafforzamento della disciplina degli ordini di protezione; la vigilanza dinamica della vittima, che possa sentirsi così sicura e protetta dalle Forze dell'ordine nel caso in cui dovesse trovare - e noi faremo in modo tale che le donne lo trovino sempre di più - il coraggio di denunciare; poi, un sostegno economico in fase di indagini per chi decide di denunciare, perché sappiamo che la condizione precaria delle vittime è una delle ragioni per cui si fa fatica a denunciare. Sono tutte misure che vanno nella direzione di rafforzare gli strumenti di prevenzione e di protezione.

Allora, perché, colleghi, queste misure giacciono in Parlamento da ottobre dello scorso anno? Perché non è mai stata stabilita la calendarizzazione e non è mai stato avviato l'iter (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe)?

Io capisco, anche se non la condivido, su questi temi, la renitenza di una maggioranza ad avviare l'iter parlamentare di un provvedimento che è stato presentato da forze di opposizione. Capisco, e non lo condivido, il desiderio di intestarsi il merito di approvare misure che incidono su temi così sensibili per l'opinione pubblica. Va bene, volete presentare il vostro. Colleghi, ci avete messo 10 mesi per presentare il vostro pacchetto di norme, e ricalca in larga parte il nostro. Sono 10 mesi che questo Parlamento ha perso per dare risposte a quelle donne.

Un'altra cosa che non mi spiego: perché avete deciso di agire, con il pacchetto Roccella-Nordio-Piantedosi, attraverso un disegno di legge e non attraverso un decreto-legge? Non è che la decretazione di urgenza vi faccia paura, l'avete utilizzata per tutto. L'avete utilizzata dai rave al granchio blu, all'abolizione del tetto degli stipendi per gli esperti del ponte sullo Stretto. I numeri della violenza non meritano la stessa urgenza? Ci sono donne, in questo momento, mentre noi parliamo, che si stanno chiedendo: che faccio, denuncio e mi espongo a tutti i rischi che ne conseguono oppure continuo a subire, a subire sottomissioni, sopraffazioni, aggressioni e violenze? Queste donne non meritano l'urgenza straordinaria di un decreto-legge (Applausi dei deputati dei gruppi Azione-Italia Viva-Renew Europe e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)?

Non mi dite che l'intenzione è quella di garantire un maggiore coinvolgimento del Parlamento, perché alcuni dei temi che avete affrontato attraverso decreti-legge avrebbero meritato ugualmente un adeguato coinvolgimento del Parlamento, soprattutto perché bisognerebbe fare tesoro anche dell'esperienza passata. Ho fatto parte, da Ministro per le Pari opportunità, di un Governo di centrodestra che nel 2008 ha approvato, a un mese dal suo insediamento, in Consiglio dei ministri, la norma sullo stalking. In solo un mese era stata approvata dal Consiglio dei ministri, e in meno di un anno è stata approvata in via definitiva dal Parlamento. C'è qualcosa che ha a che fare, evidentemente, con la volontà politica e anche con l'elenco di priorità che uno si dà, perché oggi, a distanza di un anno, quello che noi riusciamo a fare è approvare questa norma, questo ritocco importante ma non credo all'altezza della situazione. Allora, noi faremo la nostra parte, daremo il nostro voto favorevole, voteremo a favore di questo provvedimento ma aspettiamo in fretta l'intervento complessivo che voi avete promesso. Altrimenti, al prossimo caso di violenza, si abbia almeno il pudore di tacere (Applausi dei deputati dei gruppi Azione-Italia Viva-Renew Europe e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Calderone. Ne ha facoltà.

TOMMASO ANTONINO CALDERONE (FI-PPE). Presidente, onorevoli colleghi, il tempismo per questi reati è fondamentale e la norma che da qui a qualche momento ci accingiamo a votare è una norma importante. È una norma sulla quale e per la quale nessuna polemica è utile, tutte le polemiche diventano sterili. In buona sostanza, avviene sovente - è per questo che c'è questo intervento legislativo - che il sostituto procuratore della Repubblica titolare delle indagini non osservi una norma del nostro ordinamento processuale penale, in particolare l'articolo 362, comma 1-ter, che stabilisce, rectius, impone al pubblico ministero di interrogare la persona offesa o comunque la persona che ha sporto denuncia entro 3 giorni.

La ratio legis è di immediata e facile percezione e intuizione. Purtuttavia avviene non di rado, come ho testé evidenziato, che il sostituto procuratore titolare delle indagini non intervenga interrogando la persona offesa entro il termine previsto, stabilito e imposto dal nostro ordinamento processuale penale, in particolare dall'articolo 362, comma 1-ter, cioè 3 giorni. Questa norma prevede che il procuratore della Repubblica, cioè colui che regge la procura della Repubblica, nel caso di inerzia del sostituto titolare delle indagini possa e debba intervenire con un decreto motivato.

Attenzione, bisogna leggere con scrupolo la norma, perché non a caso il legislatore, cioè il Parlamento italiano, scrive “può”. È infatti possibile - questo a tutela anche dell'ordine giudiziario - per svariate ragioni che il sostituto non abbia potuto, senza né dolo né colpa, interrogare la persona offesa o la persona che ha sporto denuncia, che può anche non corrispondere, entro 3 giorni. Quindi è di assoluta ragionevolezza l'utilizzo del verbo potere invece di dovere.

Quindi, il legislatore aggiunge che deve intervenire il procuratore della Repubblica con decreto motivato, vale a dire che deve specificare nel suo provvedimento per quale ragione effettua un atto che certamente possiamo definire straordinario, cioè toglie materialmente l'indagine a un suo sostituto per affidarla a se stesso o ad altro sostituto. Quindi è un grande passo in avanti questa norma che noi oggi, a tutela ovviamente delle vittime, ci accingiamo a votare. È chiaro che non viene lasciato senza scudo neanche il sostituto procuratore, cioè il titolare delle indagini che non ha interrogato la persona offesa o la persona che ha sporto denuncia entro 3 giorni. Infatti, il sostituto a cui è stata tolta l'indagine può presentare delle osservazioni. Quindi certamente questa è una norma assolutamente completa, perché il procuratore può anche designare se stesso o può addirittura intervenire, interrogando, nei termini previsti dall'articolo 362, comma 1-ter, la persona offesa o la persona che ha sporto denuncia. Dunque, è una norma completa. L'ultimo comma fa riferimento a statistiche, che sono anche importanti, che riguardano le comunicazioni che il procuratore della Repubblica deve fare al procuratore generale presso la corte d'appello e l'invio di tutta la relazione dal procuratore generale presso la corte d'appello alla Corte suprema di cassazione.

È una norma importante, certamente non risolve - questo è chiaro ed evidente, è di solare evidenza - il gravissimo problema che ogni giorno tutte le forze dello Stato devono affrontare, anche il Parlamento legiferando, però è un passo in avanti. È chiaro che non basta. Noi di Forza Italia, proprio oggi, abbiamo presentato una proposta di legge che è indirizzata verso la prevenzione, perché non basta soltanto reprimere, non basta soltanto aggravare, non basta soltanto rafforzare i poteri delle procure della Repubblica, perché questa è una strada senza uscita, se ci ostiniamo tutti a pensare che con la repressione dura si possano risolvere i problemi. I problemi si risolvono anche e soprattutto con la prevenzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE), i problemi si risolvono soprattutto educando le nostre generazioni future al rispetto del prossimo, non della donna e basta, al rispetto in senso lato del prossimo. I problemi si risolvono con un approccio culturale diverso, e su questo dobbiamo lavorare. Proprio la nostra proposta di legge, oggi, a prima firma dell'onorevole Polidori, è in questo senso, cioè un'applicazione per la persona offesa che può in ogni momento essere tracciata e tracciabile. Questa è prevenzione. Lavoriamo sulle idee, colleghi, e lo dico a tutto il Parlamento, mi permetto di suggerirlo a tutto il Parlamento. Lavoriamo sulle idee per prevenire, perché la repressione tante volte non giova a niente. Tante volte dopo l'omicidio orribile e terribile di una donna segue il suicidio di un uomo, e questo è un fatto che ci deve fare riflettere. Voi pensate che una persona che è disposta a togliersi la vita abbia paura di un anno in più o in meno di galera (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE)? Siamo fuori strada! Il nostro ordinamento positivo prevede l'ergastolo per l'omicidio aggravato, più in là non si può andare. Ragioniamo. Ragioniamo per prevenire.

È questa la strada, oltre al fatto che dobbiamo reprimere. Perché siamo tutti bravi ad aumentare le pene, tutti, non ci vuole granché, è un colpo di penna un aumento di pena. Siamo tutti più tranquilli, abbiamo risolto il problema. Aggraviamo le misure e abbiamo risolto il problema. Davanti a tanti uomini o a tante donne, che, dopo aver commesso il più terribile dei reati, si eliminano, vanno a compiere il gesto estremo del suicidio, io credo che dobbiamo contemperare, con la nostra preparazione, con le nostre sensibilità, con i nostri atteggiamenti culturali, dobbiamo migliorare questo equilibrio, necessario – necessario! -, fondamentale, che ci deve essere tra la prevenzione, l'educazione, la cultura e l'istruzione, da un lato, e la dura legge, dall'altro. Ci mancherebbe.

Quindi, Presidente e signori colleghi, Forza Italia ha sostenuto in maniera convinta questa norma, perché ha anche partecipato alla sua stesura, sebbene sia un'idea che viene dal Senato e dalla Lega, ritenendola una buona norma e voterà favorevolmente alla proposta di legge che in questo momento è in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Morfino. Ne ha facoltà.

DANIELA MORFINO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, rappresentante del Governo, trovare soluzioni e individuare strumenti preventivi e repressivi contro il grave fenomeno del femminicidio e della violenza di genere ci spinge all'interno di una grave piaga sociale e culturale, che richiede un approccio rigoroso e rispettoso, con la consapevolezza di dover individuare strumenti sempre più innovativi e sempre più stringenti; e senza dimenticare, soprattutto, che, dietro ai numeri, ai dati, alle statistiche, alle denunce, spesso sottovalutate, alle norme di protezione, troviamo storie di persone perseguitate da altre persone, che agiscono con violenza fisica e psicologica, e senza ancora dimenticare che il fenomeno del femminicidio e della violenza di genere giammai può essere lo spartiacque tra posizioni politiche e ideologiche di maggioranza e di minoranza, ma denominatore comune per la tutela e la protezione della vita umana, della dignità e della serenità. Un senso di responsabilità comune deve caratterizzare ogni intervento legislativo, necessario per arrestare questa grave emorragia violenta, generata dall'atroce brutalità di chi pensa di poter sovrastare la vita altrui, fino a decretare se quella vita possa vivere o cessare di esistere.

La proposta di legge oggi in discussione non introduce niente di nuovo rispetto a quanto già contemplato dal codice rosso, voluto e introdotto dal MoVimento 5 Stelle, ma si limita semplicemente a un'attività esegetica di norme già introdotte per contrastare fatti di violenza che registriamo ormai quasi giornalmente. È, a tutti gli effetti, un'occasione mancata, perché la stessa proposta di legge ha solamente una funzione esplicativa di norme già esistenti e non contiene alcun nuovo strumento che arricchisca il nuovo ordinamento. Basta leggere i dati del 2022 e del 2023 per comprendere a pieno la gravità del fenomeno e quanta pericolosità sociale si annidi tra le mura domestiche e, soprattutto, quante concezioni distorte e malate si nascondano nei rapporti di relazione. Lo raccontano le volontarie del telefono rosa, nel report annuale 2022, pubblicato a giugno 2023: cifre importanti, gravi, simboliche di quello che accade sul territorio nazionale. La violenza maschile sulle donne mostra numeri inaccettabili: non parliamo solo di femminicidi, che nel 2022, in Italia, sono stati 104, e dall'inizio del 2023 siamo già a 79, vale a dire una donna uccisa ogni 3 giorni. Numeri che confermano la grave emergenza: un allarme che attraversa l'intero Paese da Nord a Sud, con gli assassini che quasi sempre sono compagni, fidanzati, mariti o ex. Il nuovo dato del Viminale, aggiornato al 3 settembre, conta 225 omicidi, di cui 79 donne. A questo dato va aggiunto il femminicidio dell'infermiera di Roma, trovata morta l'altro giorno nell'androne di un palazzo. Il suo ex compagno oggi è in stato di fermo come principale sospettato.

Oggi, ancora una volta, il Governo spreca una buona occasione per intervenire concretamente e con efficacia su un tema drammatico e grave. Diciamo al Governo che la violenza di genere e il femminicidio si cibano principalmente di arretratezza culturale, di pregiudizio sociale, di ignoranza e di intolleranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), trovano sostegno nelle forme più arcaiche del patriarcato, che considera ancora oggi la donna un oggetto da possedere a proprio piacimento e disfacimento.

Tante proposte in tal senso sono state avanzate da noi del MoVimento 5 Stelle e ancora una volta il Governo e la maggioranza non ci ascoltano, sempre per lo stesso illogico motivo di contrasto ideologico o di tattica contro l'opposizione. È un atteggiamento miope, che si scarica sulla pelle delle donne. Riflettiamo, colleghi.

Presidente, le leggi per le quali oggi siamo chiamati a svolgere la nostra funzione legislativa potranno avere valida e concreta efficacia solo se saranno in grado di decifrare il tempo che viviamo e spingeranno al cambiamento sociale e culturale, a partire dalla limitazione della libertà, dalla rievocazione di possesso, supremazia e proprietà, dagli stereotipi del linguaggio. È inammissibile, ad esempio, che alcune testate giornalistiche colpevolizzino una donna che denuncia uno stupro o che giornali della TV pubblica, pagati tra l'altro con i soldi dei contribuenti, si lascino andare a commenti sessisti e razzisti nei confronti, ad esempio, di atlete durante la telecronaca dei mondiali dei tuffi: vi ricordate questa telecronaca?

Presidente, è proprio una questione culturale, una questione retrograda, che dobbiamo assolutamente smantellare ed eliminare dalla nostra comunità con idonei strumenti normativi, con la funzione di far emergere quei fatti gravi e sommersi, che rimangono nascosti e non denunciati per paura, per solitudine e per incomprensione. L'obiettivo principale, quindi, è quello di accendere i riflettori e far sì che sempre più persone possano conoscere e riconoscere il germe e la profonda gravità del problema. La violenza domestica, anche quella psicologica, provoca molto più dolore dei segni visibili di lividi e cicatrici, perché le parole sono le prime armi per ferire e negare la vita libera di un essere umano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

È devastante subire abusi fisici e psichici da qualcuno che ami, e pensi che quel sentimento sia ricambiato. È devastante subire violenza dall'uomo che pensi di amare, che pensi ti ami sinceramente e poi scopri che, invece, è un mostro (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Scopri che il mostro non dorme sotto il letto, il mostro dorme accanto a te (Applausi). Scusate. Queste donne devono avere un segnale tangibile da parte nostra e a noi spetta il compito di sostenerle e incoraggiarle alla denuncia (Applausi).

E sapete perché molto spesso queste donne non denunciano? Perché continuano a non essere tutelate, a non essere credute, a essere colpevolizzate e nuovamente vittimizzate. Chiaramente, c'è molta strada da fare e ce lo ricordano, con cadenza quasi quotidiana, le drammatiche notizie di cronaca. Ricordiamo il caso di Carol Maltesi, ragazza di 26 anni, la quale è stata massacrata, torturata, ammazzata in maniera atroce, nascosta in un congelatore e poi gettata dentro alcuni sacchi da un dirupo.

I giudici hanno negato l'ergastolo al suo assassino perché lei era disinibita. Lui si sentì usato perché era innamorato perdutamente e dunque agì senza premeditazione: assurdo.

Ricordiamo ancora il caso del collaboratore scolastico di Roma, il quale è stato assolto dall'accusa di violenza sessuale per aver infilato le mani nelle mutande di una studentessa minorenne, perché la molestia è durata solo una manciata di secondi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle): assurdo anche questo.

E ancora, il caso di Mariella Marino, che è stata uccisa dall'ex marito a Troina, nell'ennese, a colpi di arma da fuoco. L'uomo la minacciava da mesi, continuava a ripeterle: “ti ammazzo a colpi di pistola, ti sparo”, parole pesanti e devastanti per una donna; la donna lo aveva denunciato, lui è stato condannato a 8 mesi di carcere, poi la sentenza è stata sospesa e all'uomo è stato imposto di seguire un percorso di riabilitazione in un centro contro la violenza sulle donne ed è stato lasciato libero di uccidere. Cos'altro doveva fare quest'uomo per essere definitivamente fermato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che cosa? La violenza di genere è da tanti anni alla deriva: sono stati compiuti passi avanti importanti nelle norme a disposizione del nostro Paese, ma bisogna continuamente aggiornare e perfezionare gli strumenti a disposizione. E qui vorrei aggiungere due parole…

PRESIDENTE. Devo chiederle di arrivare alla conclusione.

DANIELA MORFINO (M5S). …sulla violenza subita dalla diciannovenne di Palermo dal branco di 7 esseri immondi, perché non si possono definire uomini. Mi sono chiesta, come madre e come educatrice, come questi esseri abbiano potuto solo pensare di commettere questo agghiacciante reato premeditato e con tanta spavalderia. Mi rifiuto di pensare che, quando io donna dico “no”, il mio “no” debba essere frainteso (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Fratelli d'Italia e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Quando una donna dice “no”, dice “basta” e tu uomo ti devi fermare, se ti ritieni tale (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Fratelli d'Italia e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), non esistono attenuanti. Ve lo dico soprattutto perché questo argomento lo sento sulla mia pelle, io questo drammatico problema l'ho vissuto in prima persona, Presidente, conosco bene il dramma che vivono queste donne (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Fratelli d'Italia e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Concludo, Presidente. Con questo provvedimento, la maggioranza non toglie nulla al codice rosso, ma aggiunge ben poco: se pensate che sia questo il modo di contrastare la violenza sulle donne siete fuori strada. Questa legge è solo un'operazione spot. Certo, però non abbiamo nulla in contrario a definire meglio un punto, peraltro già previsto dal codice rosso. Per questo, annuncio che il MoVimento 5 Stelle voterà a favore ma, se vogliamo veramente continuare ad affrontare questa tragedia, dobbiamo fare un lavoro più serio, dobbiamo fare molto di più (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Fratelli d'Italia, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole. Ha chiesto di parlare la deputata Bisa. Ne ha facoltà.

INGRID BISA (LEGA). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi e membri del Governo. Il disegno di legge oggi in votazione, di iniziativa della senatrice Bongiorno, parte da un punto fermo, dall'approvazione del cosiddetto codice rosso, quindi è la riforma di una norma esistente che permette di dare risposta a fenomeni delittuosi molto gravi di violenza di genere, che purtroppo ancora ci sono nel nostro Paese. La norma prevista nel codice rosso, la legge n. 69 del 2019, ha introdotto il principio in base al quale, per una serie di delitti ricondotti alla violenza di genere e domestica, il pubblico ministero è tenuto ad assumere informazioni dalla persona offesa e da chi ha denunciato i fatti di reato entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notitia criminis. I reati di cui parliamo sono delitti molto gravi: omicidio tentato, maltrattamenti contro familiari, violenza sessuale, atti sessuali, corruzione di minorenni, atti persecutori e lesioni personali.

È bene ricordare che, con il codice rosso, si è data attuazione anche alla direttiva dell'Unione europea n. 29 del 2012 che prevede il diritto, chiaro, della vittima a essere sentita nel corso del procedimento penale per poter fornire elementi di prova. La direttiva imponeva, infatti, agli Stati membri di provvedere affinché l'audizione della vittima si svolgesse senza indebito ritardo dopo la presentazione della denuncia. Ma perché la direttiva imponeva questo? Me lo sono chiesto in più di un'occasione; la risposta è che, tanto più vicino è l'ascolto rispetto al momento appunto della violenza, tanto più limpido è il racconto di quanto accaduto. Questo è veramente importantissimo, infatti con il passare del tempo i ricordi si annebbiano; invece, noi vogliamo che il fatto venga ben cristallizzato negli atti processuali. Il termine di tre giorni inserito dal codice rosso è stato considerato - purtroppo, dico io - un termine ordinatorio. In realtà, era stata introdotta una sorta di protocollo investigativo di matrice legislativa ma, ahimè, dall'introduzione della legge in molti casi questo termine di tre giorni non è stato rispettato. Ho sentito, negli interventi in discussione generale, dire: “se avete creato il codice rosso e le donne continuano a essere uccise dopo la denunzia cosa significa? Significa che il codice rosso non ha funzionato”? No, la risposta è: “assolutamente no”. Il codice rosso, in questi anni, non è stato applicato come doveva essere applicato, questo è il problema, questo è il punto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), questa è la vera risposta, e lo sappiamo tutti. Possiamo anche scrivere - lo posso fare io, lo può fare l'opposizione, ci sono tante donne che stanno lavorando su questi temi - la legge migliore ma, se la legge migliore non viene applicata, non è la legge che fallisce, ma è la disapplicazione che la fa fallire, questo è il punto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

La senatrice Bongiorno ha presentato pertanto un disegno di legge finalizzato a superare questo vulnus, che è grave perché purtroppo - come emerge anche dalle notizie di cronaca - vi sono eventi crescenti di violenza che, se tempestivamente segnalati, possono precludere esiti a volte fatali, ma le norme devono essere applicate, questo ci tengo a ribadirlo. Nel corso della discussione generale ho sentito parlare le opposizioni chiedendo cosa vogliamo fare per aiutare queste donne; ecco questa modifica, seppure una modifica a livello procedurale, che oggi è all'esame di quest'Aula, è un aiuto alle vittime di violenza. Se chi deve fare il suo lavoro non lo fa non possiamo girarci dall'altra parte, ma dobbiamo aiutarlo. Ecco, con questa legge diamo un aiuto; questo è anche il compito di chi siede in quest'Aula; è un aiuto, non è un provvedimento punitivo verso la magistratura, ma è volto ad aiutare, a fare in modo che non ci sia questa lacuna. È stato necessario quindi creare un sistema di nuovi controlli per fare in modo che il termine previsto venga rispettato.

Ho sentito in precedenza dire, da parte delle opposizioni, che questo non è sufficiente: è vero, non è sufficiente, infatti in Commissione giustizia ci sono altri provvedimenti sul tema, perché l'attenzione su questa questione deve sempre essere massima e da parte appunto del partito che oggi rappresento ci sarà ovviamente la richiesta di massima celerità sulla questione relativa alla violenza sulle donne, sulla quale non bisogna assolutamente abbassare la guardia.

Si propone pertanto in questo provvedimento di restituire effettività a quell'obbligo imposto al pubblico ministero dall'articolo 362 del codice rosso, di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti entro quei famosi tre giorni dall'iscrizione della notizia del crimine. Nel caso in cui, infatti, il pubblico ministero assegnatario dell'indagine non proceda nel termine di tre giorni dall'ascolto della persona offesa si prevede che il procuratore della Repubblica, titolare esclusivo dell'azione penale, possa revocare quell'assegnazione del fascicolo, procedendo direttamente o attraverso l'assegnazione ad altro magistrato, affinché provveda urgentemente nell'assunzione di quelle informazioni. Sempre durante la discussione generale ho sentito dire che si tratta di una mera questione procedurale, ma se questa modifica procedurale permetterà anche solo di salvare una vittima, sarà stato raggiunto l'obiettivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); non dobbiamo soffermarci sulle percentuali come ho sentito.

Il provvedimento, inoltre, in materia di disciplina di attività di vigilanza da parte del medesimo procuratore generale presso la corte d'appello prevede che questi sia tenuto, ogni tre mesi, ad acquisire dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto di questo termine, nonché a inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione anche semestrale, ciò perché è necessario monitorare l'andamento di queste denunce. È vero, e di questo siamo tutti d'accordo, ma la norma interviene in una materia molto complessa, sulla quale è continuo il confronto al fine di combattere quotidianamente un odioso fenomeno, che necessita di continui e insistenti interventi. Non abbiamo raggiunto alcun traguardo definitivo e non ci arriveremo finché le cronache continueranno a riportare casi di femminicidi e maltrattamenti da parte di uomini che, anche in una società che riteniamo evoluta come la nostra, non sanno gestire in modo corretto il rapporto con l'altro. Tutto è perfettibile, il codice rosso ha aperto una fase di riforma della normativa esistente per dare delle risposte. I casi di violenza sulle donne che in questi giorni riempiono purtroppo le cronache rappresentano la punta di un iceberg. In tantissime, ahimè, per i motivi più diversi scelgono di non denunciare. Non si deve pensare che il fenomeno riguardi solo i casi seguiti dai media, il problema è drammaticamente più ampio.

La violenza sulle donne comunque c'è sempre stata, è trasversale e investe tutte le classi sociali e tutte le fasce d'età. Per combatterla, però, bisogna comprenderla, individuando le varie specificità. Affonda le radici nella discriminazione, in una concezione della donna come essere inferiore e, purtroppo, oggetto di predazione. Ci sono uomini per i quali il consenso della donna è una questione del tutto irrilevante e, anzi, inesistente. La violenza sulle donne riguarda anche i più giovani, che a volte sembrano presumere una specie di diritto a ottenere una donna. Credo che in questo siano influenzati dall'uso di Internet e dei social network, credo altrettanto che l'educazione familiare e, quindi, la famiglia siano importantissime. L'impegno a combattere questi fenomeni di violenza deve essere totale.

Ho letto sentenze in cui i magistrati scrivono e invocano la leale collaborazione istituzionale che si svolge in base ai paradigmi e alle regole della correttezza dei rapporti reciproci e del rispetto dell'altrui autonomia. Ecco, con questo mio intervento - e chiudo, Presidente - chiedo che sia messa in pratica questa leale collaborazione tanto osannata dalla magistratura per far sì che le leggi che noi approviamo siano effettivamente applicate e non rimangano chiuse in un cassetto. Devono essere applicate perché permettono di salvare persone e perché permettono di salvare donne che stanno allungando la mano chiedendo aiuto. Alle donne, quindi, dico di avere sempre e comunque forza, e alla magistratura dico che le norme vanno applicate prima che interpretate. Per tutti questi motivi, annuncio il voto favorevole al provvedimento del gruppo Lega-Salvini Premier (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ferrari. Ne ha facoltà.

SARA FERRARI (PD-IDP). Grazie Presidente. Egregia Presidente, gentili colleghe e colleghi, siamo qui, oggi, al termine di un'estate feroce contro le donne, anzi, no, usiamo bene le parole, non è l'estate ad essere stata feroce, ma uomini e ragazzi contro donne e ragazze. Un succedersi di femminicidi e almeno due notizie di stupri collettivi: un'estate anomala, un'estate che ci porta a intervenire con urgenza su un'emergenza? Certo che no, ciò per cui ci siamo giustamente indignati, preoccupati e siamo pronti positivamente ad assumere decisioni di contrasto è l'emersione di un fenomeno endemico, atavico, sommerso e accettato, più o meno accettato, più o meno affrontato, che permea la nostra società, presente in tutte le nostre comunità, nelle nostre famiglie, nelle relazioni uomo-donna collettive, individuali e di coppia, presente in tutte le classi sociali, nelle aree degradate e in quelle più ricche.

Si è aperto ieri in Commissione giustizia, qui, alla Camera, l'iter che porterà all'approvazione di misure proposte dal Governo, misure penali di prevenzione del femminicidio. Dico subito che anche attraverso la nostra proposta di legge, così come abbiamo dichiarato da mesi, noi siamo assolutamente disponibili a condividere le riflessioni e il percorso per migliorare gli strumenti di prevenzione in quella sede, quella del lavoro collettivo sugli strumenti, sulla procedura penale. Quello è per noi il luogo in cui anche la piccola, inutile, secondo le audizioni, modifica odierna andrebbe inserita. Se di fronte a un fenomeno sociale collettivo, non individuale, di relazioni familiari nelle quali è un tabù entrare, se una piaga sociale vera e propria, come la violenza sulle donne e i femminicidi, è così grande e così mostruosamente potente che non riusciamo a sconfiggerla, dovremmo darci una strategia di lotta più organica, più strutturata, più unitaria e più convinta. Se noi colpiamo il mostro solo in una sua parte, come possono essere anche le misure cautelari da sole, oppure, con le due righe di maquillage di oggi, facciamo un'operazione non certo nociva, ma innocua, agiamo un'occasione sprecata.

Molti hanno detto - e lo condivido - che come si è affrontata nei decenni scorsi e si è strutturata la lotta alla mafia, così dobbiamo essere capaci di avere un'unica grande strategia nazionale che, poi, si declini territorialmente, garantendo alle donne, alle ragazze e alle bambine una vita in sicurezza e in salute, non come vittime di violenza economica, psicologica, fisica o sessuale nelle proprie relazioni affettive. Ecco perché io credo che sulla violenza contro le donne noi avremmo bisogno non di tanti interventi in diverse norme, ma di un unico testo, di una specie di “codice appalti” contro la violenza alle donne, immediatamente applicabile, cogente, prescrittivo e preciso, fornendo poi a ogni territorio di questo Paese, però, il personale e i finanziamenti, perché la rete degli interventi da mettere in campo possa garantire le stesse opportunità in ogni luogo. Ci sono esperienze regionali, ne conosco personalmente, che queste cose le stanno già facendo, non ignoriamole.

Dobbiamo raccogliere i dati di quello che è emerso - l'Istat stima che sia solo il 10 per cento del totale - comparando le caratteristiche del fenomeno attraverso le denunce delle Forze dell'ordine e i dati anonimizzati delle vittime seguite e assistite dai servizi territoriali e dai centri antiviolenza, perché così possiamo intervenire in maniera più competente. L'ultima volta che sono intervenuta in quest'Aula su questo tema era il 6 giugno scorso; in quell'occasione si discuteva il primo provvedimento sulla pubblica amministrazione e io proponevo, insieme al mio gruppo, di promuovere, sostenere e, quindi, di finanziare meglio, di più e con maggiore sistematicità e coerenza di quanto non si faccia, la formazione specifica degli operatori che hanno a che fare con le vittime di violenza di genere. Stiamo parlando del personale dei servizi sociali, sanitari, scolastici, delle Forze dell'ordine, ma anche perfino dei sacerdoti e di tutti quei soggetti che possono entrare in contatto con vittime di reati di violenza di genere, per saper intercettare e riconoscere tali reati e adottare un protocollo di comportamento comune rispetto alle informazioni da dare a queste persone e il loro accompagnamento ai servizi pubblici, anche alla protezione e alla tutela legale.

Ciò che è emerso dall'accurato e competente lavoro che la precedente Commissione sul femminicidio ha compiuto è che le donne spesso non vengono credute e alle loro parole non viene dato abbastanza peso. Il 6 giugno scorso, come dicevo, ho letto in quest'Aula i nomi delle prime 47 donne che erano state uccise in ambito familiare e affettivo a quella data. La forza scioccante di quell'elenco, unita all'intollerabile vicenda della giovane Tramontano, uccisa insieme a suo figlio, portò quest'Aula a un lunghissimo applauso durato quasi due minuti, che ha accompagnato i nomi e i cognomi di quella mattanza. Eppure, due minuti dopo, quella proposta è stata bocciata. La costante svalutazione del portato femminile nella nostra comunità e il mancato rispetto sostanziale delle pari opportunità, la mancata occupazione femminile, che fa delle donne anche i soggetti economicamente più fragili, il persistere di stereotipi di ruolo, che avvantaggiano il maschile in qualsiasi ambito, pur con ovvie eccezioni, sono la normalità nel nostro Paese.

Una normalità spesso accettata come destino, come non reversibile, che spiega il perché il più forte si senta nella possibilità di agire con violenza economica, psicologica, fisica, sessuale nei confronti dei soggetti più fragili, le donne.

Più di una volta il nostro Paese è stato condannato in Europa per mancata valutazione del rischio di mortalità legato ai casi di violenza domestica previsto dalla Convenzione di Istanbul. Se la nostra magistratura non sa interpretare le situazioni di rischio, perché magari non ha personale competente, perché non è formata per vederla e riconoscerla, non riesce a intervenire non solo con urgenza - su cui si limita a concentrarsi questa proposta di legge - ma neanche con competenza e non saprà adottare le risposte più efficaci per affrontare questa piaga sociale e impedire e prevenire ed evitare davvero che ci sconcertiamo per l'ennesimo femminicidio.

Se i dati del Viminale dello scorso anno ci parlano di 120 femminicidi e siamo, ad oggi, a 78 donne morte in ambito familiare e affettivo, abbiamo una macabra contabilità e abbiamo davanti, da qui a fine anno, altre 40 occasioni per indignarci. Ma certo con questa norma non riusciremo a impedirlo. Ecco perché noi appoggeremo l'iniziativa legislativa del Governo per intervenire con maggiore efficacia sulle misure cautelari, il provvedimento che ha iniziato l'iter ieri in Commissione, insieme alle nostre proposte di legge e a quelle del MoVimento 5 Stelle e di Italia Viva. Altrettanto ci aspettiamo però, proprio perché l'approccio deve essere trasversale e concreto e deve interessarci tutti, una sensibilità e un'apertura sulla necessità di strutturare percorsi di formazione specifica per gli operatori, le forze dell'ordine e la magistratura e una educazione nelle nostre scuole di ogni ordine e grado alle relazioni corrette e rispettose tra maschi e femmine. A ogni fiaccolata ci diciamo che dobbiamo educare le nuove generazioni, educarle a relazioni uomo-donna che devono essere corrette e rispettose e che riconoscano le differenze ma che diano alla differenza tra uomini e donne lo stesso valore. Per questo ci sono proposte di legge depositate sull'educazione all'affettività e alla sessualità anche da parte nostra, per insegnare che i rapporti affettivi possono anche finire, senza che per questo finisca la vita delle donne.

Voglio ricordare qui che noi dobbiamo agire anche sui messaggi culturali. È già stata citata prima, come emblematica in termini negativi, la sentenza che ci ha costretti a dire alle nostre figlie e nipoti, che frequentano le nostre scuole, che se un uomo ti mette le mani nella biancheria intima lo devi accettare, perché in fin dei conti è una cosa veloce, è uno scherzo che noi oggi accettiamo come inevitabile, come normalità e come obbligatoriamente accettabile.

PRESIDENTE. Onorevole Ferrari, devo chiederle di concludere.

SARA FERRARI (PD-IDP). Questa norma non aggiunge nulla e parla della possibilità di avocare a sé da parte del procuratore un caso che non sia stato seguito nei tre giorni. È una possibilità già esistente e introdotta dalla legge Orlando del 2017. Quindi, non aggiungiamo assolutamente nulla.

Per queste motivazioni, per quelle illustrate in Commissione dagli auditi, perché questa proposta di legge introduce una facoltà e non un obbligo che, tra l'altro, già esiste e perde l'occasione di essere efficace, non prevedendo 1 euro per formazione e reclutamento del personale né obbligo formativo, noi rinviamo la nostra collaborazione a una sede più seria e oggi ci asteniamo su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Dondi. Ne ha facoltà.

DANIELA DONDI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la proposta di legge, già approvata dal Senato, recante modifica al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, concernente i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere rappresenta un importante provvedimento di natura procedurale, certamente, come è già stato detto, che rafforza il cosiddetto codice rosso. Fratelli d'Italia ha convintamente condiviso i principi del codice rosso che, come ben sappiamo, ha introdotto misure di carattere penale e processuale finalizzate alla prevenzione dei reati di violenza di genere, alla protezione delle vittime e alla punizione dei colpevoli, istituendo una corsia preferenziale per le indagini. Lo scopo è infatti quello di rendere più spedito ed efficace l'iter dei procedimenti penali riguardanti delitti tipicamente riconducibili all'ambito della violenza domestica o di genere, assicurando la tempestiva acquisizione di elementi di prova da parte della magistratura e, ove necessario, l'applicazione di una misura cautelare nei confronti dell'indagato. Sappiamo tutti quanto sia importante questo tipo di misura cautelare. Qualora si proceda per questo tipo di delitti, ai sensi del comma 1-ter dell'articolo 362 del codice di procedura penale, il pubblico ministero deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza. Ricordo, come tutti sappiamo, che il termine istanza è stato interpretato nel senso di segnalazione, per cui può provenire anche da un centro antiviolenza o da qualsiasi altro presidio quali servizi sociali, servizi di neuropsichiatria infantile o servizi ospedalieri, entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato.

Qui, purtroppo, si apre una parentesi. Come sa chi opera nel mondo giudiziario, non sempre l'iscrizione nelle notizie di reato è così tempestiva come il codice rosso prevede. Purtroppo, abbiamo procure in cui l'iscrizione di reato avviene anche dopo diversi giorni.

Il provvedimento che siamo chiamati oggi a votare risponde quindi all'esigenza di rendere effettivo e tempestivo l'intervento da parte dell'autorità giudiziaria, incidendo su uno degli aspetti caratterizzanti la procedura da seguire.

La novella in esame prevede infatti che, qualora il magistrato designato per le indagini non abbia rispettato il termine di tre giorni, il procuratore della Repubblica possa revocare l'assegnazione e assumere senza ritardo le informazioni dalla persona offesa o che ha presentato denuncia. Facoltà, quella di ascoltare e di assumere informazioni, che il procuratore della Repubblica può avocare a sé direttamente o mediante assegnazione ad altro magistrato dell'ufficio. È inoltre previsto, nella proposta che oggi noi stiamo esaminando e che voteremo tra poco, un ordine di vigilanza da parte del procuratore generale presso la corte d'appello, in quanto deve acquisire con cadenza trimestrale, dalle singole procure del distretto, i dati sul rispetto del suddetto termine e inviare al procuratore generale presso la Suprema Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.

Purtroppo, non è infrequente che tale termine sia disatteso, compromettendo così la possibilità di agire tempestivamente, soprattutto al fine di tutelare la vittima e scongiurare un'escalation di violenza.

È, pertanto, necessario ovviare all'eventuale inerzia immotivata del pubblico ministero designato, al fine di garantire il rispetto della procedura che permetta di dare attuazione e concretezza a norme sostanziali in grado di perseguire reati particolarmente odiosi e sempre più in aumento nella nostra società.

Il quadro sulla violenza di genere in Italia rimane preoccupante e ci impone la massima attenzione. Ringrazio il Governo e il Presidente Meloni per essere sempre in prima linea contro la violenza sulle donne, con azioni concrete che vanno nella direzione di migliorare l'applicazione delle norme del codice rosso. Ricordo, Presidente, che, lo scorso 12 luglio, è stato presentato in questa Camera un disegno di legge di iniziativa governativa recante disposizioni per il contrasto alla violenza sulle donne e contro la violenza domestica, che interviene in modo più esteso sul codice di procedura penale, proprio al fine di migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza, facilitare l'adozione di protocolli e migliorare pratiche nei tribunali, per un'applicazione sempre più efficace della normativa. È su questi punti che noi dobbiamo incidere, ricordando alle donne che non sono sole e che le istituzioni sono in grado di fornire loro un vero e concreto sostegno, come sempre ricorda il Presidente Meloni.

È un tema che non ci lascia indifferenti e, consapevoli della necessità di costruire politiche efficaci di prevenzione, protezione e certezza della pena, consapevoli dell'urgenza sociale delle problematiche sottese alla proposta in esame, riteniamo importante, nonché urgente, approvare questo provvedimento, un provvedimento che sottolineo essere di buonsenso e funzionale alla protezione delle vittime di violenza. Per tali ragioni, Presidente, il nostro voto è favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1135​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 1135: S. 377 - "Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, concernenti i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere" (Approvata dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Carotenuto. Ne ha facoltà.

DARIO CAROTENUTO (M5S). Grazie, Presidente. Sono qui per chiedere di nuovo un'informativa urgente alla Ministra Calderone, dopo averla già chiesta, per la social card, che già sta dimostrando tutti i suoi limiti. Ormai sono pubblici tutti i dati che dimostrano che, a fronte di un certo numero di potenziali percettori, viene coperta circa la metà delle domande, e questo crea una discriminazione inaccettabile. Adesso veniamo a scoprire che la nuova piattaforma, quella che serve per sostituire il reddito di cittadinanza, è assolutamente inadeguata, perché, ad esempio, in una regione come la Campania, che ha 37.000 nuclei familiari di percettori che hanno perso o perderanno il beneficio del reddito di cittadinanza, sulla piattaforma, oggi troviamo 340 offerte di lavoro, per coprire lo 0,9 per cento dei percettori, degli occupabili, come li chiamate voi. In Sicilia, addirittura, questo dato scende allo 0,4 per cento. Allora, noi vogliamo chiedere qual è lo stato dei lavori e come si intende mettere veramente una pezza, una toppa a questo lavoro, che già presenta tutte queste inefficienze. Nelle città - io vengo da Napoli - c'è una situazione che sta crescendo: la microcriminalità veramente è a livelli altissimi e diminuisce la percezione di sicurezza, perché è chiaro che tutto ciò si riverbera nella sicurezza e nella percezione di sicurezza della gente, dei cittadini, perché aumenta il bisogno, aumenta la precarietà della vita. È inaccettabile aver tolto il reddito di cittadinanza senza avere già qualcosa di pronto, questo è veramente inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ve ne state rendendo conto e ve ne renderete conto sempre di più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole, riferirò al Presidente della sua richiesta di informativa. Naturalmente, il Governo è presente.

Ha chiesto di parlare il deputato Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.

ALFONSO COLUCCI (M5S). Grazie, Presidente. Immigrazione: ripercorriamo un po' le tappe. Abbiamo avuto un decreto ONG che ci ha impegnato a lungo; c'è stato, poi, un decreto Cutro, che è stato adottato all'indomani della grave tragedia, le cui cause non sono ancora state necessariamente chiarite, su cui auspichiamo il chiarimento da parte dell'autorità giudiziaria; abbiamo avuto un decreto Flussi, che ha regolato in Italia l'ingresso dei migranti e si è dimostrato insufficiente, in quanto i posti messi a disposizione sono stati inferiori rispetto all'effettivo fabbisogno, con ciò creando una serie di immigrati irregolari; abbiamo avuto la proclamazione dello stato di emergenza in materia di immigrazione e, poi, un Memorandum con la Tunisia, del quale si è visto il fallimento totale dei risultati.

A questo punto, in questo quadro, che vede una progressione del 103 per cento dell'immigrazione in Italia, che vede crescere l'allarme sociale nelle città per la disattenzione alle istanze securitarie, che pure hanno fatto oggetto della campagna elettorale di questa maggioranza, siamo stupiti che il Presidente del Consiglio Meloni o il Ministro dell'Interno non abbiano sentito il bisogno di venire in Aula per spiegare la situazione attuale del grave fenomeno. Per cui, noi presentiamo un'istanza per l'informativa urgente nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri e/o del Ministro Piantedosi, con la quale ci vogliano gentilmente illustrare quale sia lo stato di attuazione delle nuove discipline che ho sinteticamente enunciato, quale sia il fabbisogno che il Governo intende stanziare per far fronte a questo massiccio fenomeno migratorio, quali siano le procedure di regolarizzazione, al di là del decreto Flussi, che il Governo voglia porre in essere per evitare che questi migranti, dalla maggioranza resi anche irregolari, contribuiscano ad alimentare la criminalità nelle città e anche la situazione di disagio dei cittadini e, soprattutto, quali misure si intendono assumere per assicurare la dignità dei diritti della persona di questi migranti, che in Italia vengono accolti al di sotto di qualsiasi soglia che la nostra Costituzione preveda, per assicurare il principio fondamentale della dignità della persona.

Per cui, signora Presidente, la pregherei di farsi latrice di questa nostra richiesta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Anche qui, il Governo è presente. Sicuramente riferirò al Presidente della sua richiesta di informativa urgente.

Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Gianni Tonelli (deputato all'epoca dei fatti) (Doc. IV-ter, n. 12-A) (ore 12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del seguente documento: Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Gianni Tonelli, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-ter, n. 12-A).

La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da Gianni Tonelli nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.

(Discussione - Doc. IV-ter, n. 12-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di parlare la relatrice, deputata Ylenja Lucaselli.

YLENJA LUCASELLI , Relatrice. Grazie, Presidente. La Giunta per le autorizzazioni riferisce oggi all'Assemblea in ordine a una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, che è stata inviata alla Camera dal GIP del tribunale di Ferrara. Questa richiesta trae origine da un procedimento penale in corso di svolgimento nei confronti di Gianni Tonelli, all'epoca dei fatti deputato, e questo procedimento fu avviato a seguito di una querela sporta da Ilaria Baraldi, consigliere comunale del Partito Democratico a Ferrara.

Per agevolare i lavori di quest'Aula rinvio, per esigenze di sintesi, alla più dettagliata relazione della Giunta per l'Assemblea, ma credo che sia importante sottolineare alcuni passaggi.

Innanzitutto, evidenzio come la decisione all'interno della Giunta, tra i suoi componenti, sia stata raggiunta all'unanimità proprio perché il caso che ci veniva sottoposto, nei confronti del collega Tonelli, è evidentemente quello che chiameremmo un classico caso di scuola. Infatti, il collega Tonelli fu all'epoca denunciato per fatti che evidentemente rappresentavano una critica politica, una legittima critica da parte di un collega parlamentare che non solo in quel momento esercitava le proprie prerogative ma che, da sempre, come segretario generale del SAP, uno dei più importanti sindacati di polizia, ha incentrato la propria attività sindacale e poi anche la propria attività politica sulla tutela delle Forze dell'ordine, sia a livello materiale sia a livello di immagine.

Questo fatto rientra, appunto, in un caso di scuola, perché il collega Tonelli riprendeva, sulla propria pagina Facebook, un commento fatto dalla consigliera comunale Baraldi poco chiarificatore in ordine all'attività della Polizia nel momento in cui veniva fatto. Infatti, la consigliera Baraldi aveva riportato una propria opinione, esprimendo un concetto denigratorio nei confronti della Polizia. Il collega Tonelli riprende questo concetto, lo posta sulla propria pagina Facebook ed esprime distanza e sdegno, proprio perché sono stati indicati gli organismi di Polizia, mettendoli alla berlina con dei commenti che, tra l'altro, proprio sotto il post indicato, erano particolarmente sprezzanti.

È chiaro ed evidente - ed è stato così all'interno dei lavori della Giunta - che riportare da parte del collega Tonelli questo post e, dunque, questi commenti, criticando la posizione assunta dalla consigliera Baraldi, rientra nella possibilità, nella prerogativa e anzi, aggiungerei, nel dovere di un parlamentare in carica di tutelare l'immagine delle nostre Forze dell'ordine.

Tra l'altro, le critiche espresse dal collega Tonelli attenevano al profilo oggettivo del commento fatto dalla consigliera Baraldi e manifestavano anche un elemento soggettivo, proprio perché coinvolgevano soggetti che in quel momento rivestivano entrambi una carica politica.

Le critiche nei confronti del post e delle espressioni utilizzate dalla consigliera Baraldi in realtà sono giunte non soltanto dal collega Tonelli. Infatti, tali espressioni, ancor prima che il collega Tonelli pubblicasse quel post su Facebook, venivano ampiamente criticate anche dagli organi di stampa. Insomma, è davvero un caso di scuola, in cui, esercitando le proprie prerogative, il deputato Tonelli esprime una critica e, contemporaneamente, tutela l'immagine della Polizia; tutto questo nel pieno esercizio delle proprie funzioni e soprattutto mantenendosi coerente con la propria attività da sempre svolta anche prima di rivestire il ruolo istituzionale di parlamentare.

Per questi motivi, nel rinviare alle ulteriori argomentazioni contenute nella relazione della Giunta, concludo proponendo all'Assemblea, a nome della Giunta, di stabilire che le dichiarazioni rese dall'onorevole Tonelli sulla propria pagina Facebook il 30 agosto 2020 costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

PRESIDENTE. Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Dichiarazioni di voto - Doc. IV-ter, n. 12-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare il deputato Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. Alleanza Verdi e Sinistra conferma, anche qui in Aula, il voto già espresso in Giunta per le autorizzazioni, nel senso di ritenere che le dichiarazioni rese dall'onorevole Tonelli sulla propria pagina Facebook il 30 agosto 2020 costituiscano opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare.

Nel rinviare integralmente alla ricostruzione dei fatti già esposti in modo puntuale dalla relatrice, mi limito a rilevare che le opinioni espresse, usate dall'onorevole Tonelli, sono da qualificarsi, a tutti gli effetti, come una critica politica, perché, nonostante effettivamente l'onorevole Tonelli nel riportare una frase della querelante ne abbia omesso una parte, il senso della dichiarazione, comunque, non è stato stravolto e ciò può rientrare in una strategia comunicativa anche tra due soggetti politici attivi. Diversamente arriveremo a comprimere eccessivamente anche la possibilità del parlamentare di esprimersi su questioni di rilevanza strettamente politica.

Come sappiamo, le espressioni rese extra moenia, come nel caso specifico, quindi su Facebook, da parte del parlamentare, per essere coperte da insindacabilità presupporrebbero l'esistenza di uno specifico atto parlamentare precedente, che qui non ci sarebbe. Tuttavia, devo evidenziare due aspetti: il primo è che il tema oggetto del post, per il quale l'onorevole Tonelli è accusato di diffamazione aggravata, è lo stesso sul quale l'onorevole Tonelli ha sempre incentrato il suo impegno politico, cioè la tutela delle Forze dell'ordine attraverso numerosi atti parlamentari, proposte di legge e atti di sindacato ispettivo e, quindi, si rinviene un collegamento funzionale fra la sua attività parlamentare e le espressioni utilizzate.

Inoltre, sottolineo che in questa legislatura, anche, ad esempio, in occasione del caso concernente l'onorevole Morani, la Giunta - come poi anche l'Aula - ha convenuto, in linea teorica, che la tesi secondo cui l'insindacabilità sarebbe rigidamente subordinata alla necessaria presenza di uno specifico atto parlamentare precedente, del quale il deputato potrebbe solo limitarsi a divulgare extra moenia i contenuti, necessita, comunque, di un aggiornamento che tenga conto dello spirito dei tempi e dell'evoluzione delle modalità della comunicazione politica. Quindi, questa tesi, che si è formata decenni fa, non tiene conto effettivamente della velocità e della centralità che contraddistingue, invece, l'attuale comunicazione politica né dei nuovi mezzi informatici. Tra l'altro, su questo tema, come Giunta, abbiamo svolto un ciclo di audizioni.

Quindi, alla luce di tutto quanto ho appena esposto, Alleanza Verdi e Sinistra voterà per l'insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Tonelli, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Alessio. Ne ha facoltà.

ANTONIO D'ALESSIO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Con riferimento al merito della questione esprimo, a nome del gruppo Azione-Italia Viva, il voto favorevole all'insindacabilità e con riferimento alle motivazioni mi riporto a quanto espresso dalla relazione dell'onorevole Lucaselli, che in una maniera molto chiara, assolutamente condivisibile, ha manifestato le argomentazioni per cui anche noi aderiamo al voto favorevole. Però, voglio cogliere l'occasione per sottolineare ancora una volta che c'è una lacuna regolamentare in questo momento.

L'articolo 68 della Costituzione afferma che i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell'esercizio delle proprie funzioni. La magistratura penale ovviamente sottolinea che non ricorre la copertura dell'articolo 68 laddove non vi sia un valido nesso funzionale. La Corte costituzionale ci dice che è vero che l'insindacabilità non è limitata alle opinioni espresse all'interno delle Camere ma può anche coprire le dichiarazioni extra moenia, purché però vi sia un nesso qualificato ed evidente con l'esercizio della funzione parlamentare. Ad oggi, il nesso è rappresentato da un atto formale che sostanzialmente è quello dell'interrogazione. Per intenderci, se non c'è a monte un'interrogazione parlamentare, tutte le opinioni che noi esprimiamo al di fuori della Camera non sono coperte da insindacabilità, la qual cosa è estremamente grave anche perché l'atto formale deve essere precedente alla dichiarazione. In altre parole, se ognuno di noi fuori dalla Camera, a mezzo stampa, attraverso i social o in qualsiasi altra forma, esprime una propria opinione senza avere a monte un atto interno, cioè un'interrogazione, detta opinione non è coperta dall'articolo 68, e tale atto deve essere anche precedente.

Su questo la Corte costituzionale ha detto che non è necessario che sia precedente laddove c'è una contestualità temporale. Quindi, che cosa si sta verificando, anche quando noi andiamo a leggere questi atti? Che c'è una dichiarazione sui social, poi la corsa a presentare all'interno, intra moenia, un'interrogazione, che magari viene uno o due giorni dopo, per poter dimostrare una contestualità tra l'atto formale e la dichiarazione esterna. È chiaro che tutto ciò non è in linea con i tempi, con lo spirito dei tempi, con un'evoluzione che si è avuta sulle modalità della comunicazione politica.

Quindi, ribadisco, ovviamente, a nome di Azione-Italia Viva, il voto favorevole all'insindacabilità con un piccolo monito a tutti noi: proviamo a non passare il testimone alla prossima legislatura senza una modifica sostanziale relativamente a questa esigenza che è avvertita assolutamente da tutti noi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pittalis. Ne ha facoltà.

PIETRO PITTALIS (FI-PPE). Grazie, Presidente. Condividiamo la proposta della relatrice, onorevole Lucaselli, convincente, completa, ben articolata, soprattutto perché è argomentata sulla base di riferimenti che tengono conto anche di principi consolidati della giurisprudenza di legittimità che si si sono formati nel corso di questi anni sull'argomento oggi all'esame. Mi riferisco, in particolare, alla parte in cui si mette in evidenza che ricorrono nel caso di specie tutti i requisiti della scriminante dell'esercizio di critica politica di cui all'articolo 51 del codice penale, proprio perché, ai fini della configurabilità dell'esimente in parola, dai giudici della Cassazione viene messo bene in evidenza come sia assolutamente necessario che l'elaborazione critica non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui ma si risolva in un dissenso motivato, anche estremo, rispetto alle idee e ai comportamenti altrui, nel cui ambito possono trovare spazio anche valutazioni e commenti tipicamente di parte.

Questo è il caso, come ha ben riassunto la relatrice. Quindi, non entro nel merito della vicenda, salvo concordare sull'aspetto che qui interessa evidenziare, cioè che sussistono nel caso in esame tutti i requisiti della critica politica, essendosi svolto un normale confronto tra due esponenti politici e non essendo state impiegate espressioni volgari. Peraltro, è bene ricordare che l'onorevole Gianni Tonelli è stato segretario del sindacato autonomo della Polizia e in tale qualità si è sempre speso in difesa delle Forze dell'ordine nell'esercizio della sua attività parlamentare. Mi pare che sussistano, dunque, tutte le condizioni. Anzi, devo dire con assoluta chiarezza che questo caso, non solo non sarebbe dovuto approdare in un'Aula del Parlamento, ma avrebbe dovuto trovare la giusta archiviazione già in sede giudiziaria.

Per queste ragioni, preannuncio il voto a favore dell'insindacabilità, ritenendo sussistere il nesso funzionale richiesto dall'articolo 68, primo comma, della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Alifano. Ne ha facoltà.

ENRICA ALIFANO (M5S). Signora Presidente, onorevoli colleghi, anche a nome del gruppo MoVimento 5 Stelle si anticipa, come del resto già fatto in Giunta, un voto favorevole all'insindacabilità per il caso che discutiamo. Andrò un po' più sulla ricostruzione del fatto, contrariamente a quello che ha fatto il collega che mi ha preceduto. Noi ci troviamo dinanzi a un caso di diffamazione aggravata. La persona offesa è una consigliera comunale di Ferrara: Ilaria Baraldi è il suo nome e la forza politica è il PD. L'offesa come si sarebbe concretizzata? In un post pubblicato il 30 agosto 2020 sulla pagina Facebook dell'onorevole Tonelli, che a sua volta riprendeva il titolo di un articolo comparso su un giornale online, ilGiornale.it, circa 4 anni prima, cioè il 23 settembre 2016. La frase incriminata qual è? La seguente: “Consigliere PD attacca la Polizia”. Segue un virgolettato, e sarebbero le parole della Baraldi: “Meglio spacciatori che agenti. A me impressiona più la Polizia in tenuta antisommossa che 4 spacciatori in bicicletta”. Al post di Tonelli poi seguiva una serie di commenti offensivi fatti da hater che si trovavano a commentare questo post. L'articolo che è stato riportato dal post di Tonelli e che era stato pubblicato nel 2016 - l'autore non era stato querelato dalla Baraldi - aveva ripreso una frase della Baraldi stessa, che aveva pubblicato sul suo sito Facebook e che diceva queste parole: “Dite quello che vi pare. A me impressiona e spaventa molto di più un gruppo di ultras urlanti e la Polizia in tenuta antisommossa che 4 spaccini in bicicletta. Lo penso. L'ho detto”.

C'era stato un antefatto, c'era stato un incontro calcistico tra la Spal e il Verona e ne erano seguiti dei disordini e quindi degli scontri con la Polizia. Il post della Baraldi e l'articolo giornalistico erano apparsi nel 2016. Perché Tonelli, 4 anni dopo, si ricorda di ciò? Perché durante l'agosto del 2020 era apparso un ulteriore post a firma dell'onorevole Miceli, il quale faceva attestazioni di solidarietà alle Forze di Polizia.

A questo punto il Tonelli rispondeva alle attestazioni di solidarietà fatte dall'onorevole Miceli, collega di partito della Baraldi, dicendo: guarda, quattro anni prima la tua collega ha detto ciò. E quindi il tutto si inseriva, ovviamente, in una dialettica politica. Ora, però, nella frase riportata dal Tonelli e attribuita alla Baraldi mancava un inciso importante - cioè: un gruppo di ultras urlanti -, che, ovviamente, dava il quadro della vicenda nella quale si erano inserite le dichiarazioni della Baraldi. E proprio sulla scorta di questa omissione, il pubblico ministero ravvisava la sussistenza dell'ipotesi di reato contestata, perché i virgolettati non erano pienamente corrispondenti a quanto detto dalla Baraldi, cosicché risultava che la Baraldi preferisse gli spacciatori alle Forze di polizia.

Si è aperto poi il procedimento dinanzi alla Giunta e si è, però, rilevato che il Tonelli aveva in ogni caso rispettato i limiti della continenza. La critica, poi, era rivolta a un'avversaria politica, che, tra l'altro, operava nella stessa area geografica del Tonelli, e il commento era riportato sulla pagina ufficiale Facebook: c'è un link della Camera che rimanda alle pagine web dei deputati e in genere raccoglie commenti o post che non abbiano contenuto ingiurioso. È stato poi sentito il Tonelli dinanzi alla Giunta ed è stato rilevato che lo stesso si è occupato sempre della difesa delle Forze di polizia tramite progetti di legge e interpellanze. Egli stesso, prima di diventare deputato, è stato segretario generale del SAP.

In conclusione, non sembra che in questo caso ci siano state frasi gratuitamente offensive rivolte alla persona offesa, oppure espressione di sentimenti ostili.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

ENRICA ALIFANO (M5S). Concludo brevissimamente. Nello stesso tempo le dichiarazioni si inseriscono, ovviamente, nell'ambito della dialettica politica e, comunque, queste espressioni possono essere riportate nell'ambito dell'attività di divulgazione, di critica e di denuncia politica, espletata anche fuori dal Parlamento, ex articolo 3, comma 1, della legge n. 140 del 2003 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cavandoli. Ne ha facoltà.

LAURA CAVANDOLI (LEGA). Grazie, Presidente. Ringrazio la relatrice Lucaselli per avere ben sintetizzato la vicenda e gli altri colleghi che si sono già espressi in dichiarazione di voto. Richiamo molte cose che già hanno detto e cercherò, pertanto, di essere un po' più sintetica.

Sappiamo tutti che l'onorevole Gianni Tonelli è un agente di Polizia, è stato un sindacalista, è stato segretario generale e presidente del SAP, il sindacato autonomo di polizia, fino al 20 marzo 2018, quando fu eletto deputato in quest'Aula, nella scorsa legislatura. Fu membro della I Commissione permanente, affari costituzionali, che si occupa anche di ordine pubblico e delle Forze di polizia, poi fu membro anche della Commissione antimafia. Ci tengo a sottolineare il suo profilo personale, lavorativo e politico, proprio per far capire che la sua appartenenza, la sua devozione e la sua attività politico-sindacale a favore delle Forze dell'ordine hanno, di fatto, pervaso tutta la sua vita.

La fattispecie da cui scaturisce la richiesta alla Giunta - che si è, l'abbiamo detto, già espressa all'unanimità per l'insindacabilità - e, quindi, a quest'Aula oggi per il voto finale, è quella di un'accusa di diffamazione aggravata in relazione a un post pubblicato dall'onorevole Tonelli sul suo profilo Facebook, una pagina ancora attiva che pubblica solo interventi di tipo politico. Veniva, dunque, pubblicato questo post, era il 30 agosto 2020: “!!IO NON HO PAURA DELLA POLIZIA!! A me spaventa di più un esponente del PD, partito al Governo, che preferisce gli spacciatori ai poliziotti. A me come a tutte le persone per bene non spaventa la Polizia. Notizia datata” - il post richiamava, appunto, la consigliera Baraldi - “ma la “signora” è ancora al suo posto. Evidentemente dichiarazioni del genere non sono state ritenute degne di dimissioni! #iostoconlapolizia. Io amo la polizia”.

Il post era poi accompagnato da un'immagine fotografica di Ilaria Baraldi, questa signora consigliere comunale del PD a Ferrara, con il suo nome scritto in grassetto e sotto all'immagine era riportata la frase: “Consigliere PD attacca la Polizia: meglio spacciatori che agenti” “A me impressiona più la polizia in tenuta antisommossa che 4 spacciatori in bicicletta”.

Ecco, questa è la vicenda da cui è scaturita una causa, per cui l'onorevole Tonelli è stato anche rinviato a giudizio. Questo post, è stato detto, si inseriva in uno scambio con l'onorevole Carmelo Miceli del Partito Democratico, in cui effettivamente c'era un diverbio politico, uno scambio di critiche politiche, in relazione al ruolo, alla solidarietà e all'utilizzo delle Forze dell'ordine, che, in quel periodo, ho citato la data, era l'agosto 2020, avevano subìto una serie di aggressioni nelle varie località italiane a causa delle restrizioni relative al COVID. Quindi, questo parallelismo che aveva fatto l'onorevole Tonelli sulla sua pagina social era proprio per evidenziare come ci fosse chi, effettivamente, avesse testimoniato il proprio sostegno alle Forze dell'ordine e chi, secondo questa critica politica, forse la pensava diversamente. Lo stesso PM, negli atti processuali, ha riconosciuto, per quello che riguarda la dichiarazione nel post social dell'onorevole Tonelli, che non si muove alcun rilievo circa la legittima critica politica rispetto all'operato e all'opinione dell'avversario.

E allora anch'io vado a riprendere quello che prevede la norma, quello che prevede la legge, perché l'articolo 68, primo comma, della Costituzione, richiamato dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 140 del 2003, fa proprio riferimento al fatto che l'articolo 68 sull'insindacabilità si applica in ogni caso, non solo per l'attività strettamente politica e strettamente connessa alle funzioni parlamentari o dell'Aula, ma si applica anche per ogni altra attività di critica e denuncia politica, connessa alla funzione parlamentare, espletata anche fuori dal Parlamento. È stato detto anche da qualche collega, e come Giunta ci stiamo lavorando, queste sono le norme che si applicano, però c'è un'applicazione molto restrittiva da parte della Corte costituzionale in relazione all'applicazione dell'articolo 68, primo comma. Quella che siamo portati ad applicare, però, è la normativa. In questo caso, quindi, questa richiesta di un nesso funzionale - che la Corte costituzionale impone quasi sempre - della dichiarazione extra moenia, quindi fuori dalle Aule parlamentari, quindi con un atto necessariamente contestuale, meglio se precedente, parlamentare, in questo caso non può esserci, ed è superata. Ma del resto, ribadisco, è un criterio non normativo, quindi, giustamente, non deve essere applicato, specialmente per quello che riguarda le dichiarazioni sui social.

Ci tengo, quindi, ad affermare il voto favorevole rispetto alla proposta del relatore, circa l'insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Tonelli, in piena coerenza con la nostra linea politica. La Lega è sempre stata molto garantista per quello che riguarda l'attività dei colleghi, al di là di quella che è l'appartenenza politica. Per cui dichiaro il voto favorevole alla proposta del relatore sull'insindacabilità (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Forattini. Ne ha facoltà.

ANTONELLA FORATTINI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Io non ripercorrerò la vicenda oggetto di voto, in quanto è stata ampiamente illustrata dai colleghi di Giunta. A nome del Partito Democratico, annuncio che il nostro gruppo voterà a favore dell'insindacabilità dell'onorevole Tonelli, così come è stato fatto anche nella Giunta per le autorizzazioni. Riteniamo, infatti, che le dichiarazioni dell'onorevole rientrino nell'ambito della legittima critica politica e che, pertanto, sussista la causa di giustificazione di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Palombi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PALOMBI (FDI). Grazie, Presidente. Rassicuro i colleghi: il mio sarà un breve intervento, perché mi si lasci dire che c'è veramente poco da aggiungere alla pregevole relazione che la relatrice ha proposto alla Giunta e, attraverso questa, il suo presidente ha offerto all'esame dell'Assemblea.

L'onorevole Gianni Tonelli è stato accusato del reato di diffamazione aggravata per aver pubblicato un post Facebook nel quale contestava le posizioni critiche nei confronti delle Forze dell'ordine espresse da una consigliera comunale del comune di Ferrara, sua avversaria politica.

Va specificato che queste affermazioni della consigliera del comune di Ferrara erano apparse su un quotidiano online e che Ferrara rientrava nel collegio elettorale dell'incriminato. Il pubblico ministero e il GIP del tribunale di Ferrara non hanno ritenuto applicabile la prerogativa dell'insindacabilità perché, ad avviso degli stessi, mancherebbero atti o interventi parlamentari dell'onorevole Tonelli attraverso i quali egli avrebbe affrontato e trattato intra moenia il post Facebook della querelante. È proprio su questo aspetto che la deliberazione odierna assume un particolare rilievo, proseguendo nel prospettare quell'orientamento già introdotto in una recente deliberazione dell'Aula, quella riguardante l'onorevole Morani, per il quale l'insindacabilità debba essere necessariamente subordinata alla categorica presenza di un atto parlamentare, che sarebbe l'unico atto da poter poi divulgare extra moenia. Quest'orientamento deve però essere considerato vetusto e va adeguato all'attuale modalità di comunicazione politica che ha, tra i suoi requisiti fondamentali, quello dell'immediatezza. Il rapporto tra atti intra moenia ed extra moenia va quindi attualizzato alla velocità che oggi assume la comunicazione dell'attività parlamentare.

Per entrare più nel dettaglio, con particolare riguardo al caso in esame, va rilevato come l'onorevole Tonelli abbia dedicato gran parte della propria attività parlamentare proprio alle tematiche trattate nel post oggetto della sua incriminazione, presentando al riguardo diverse proposte di legge, interpellanze e interrogazioni. Inoltre, a scanso di ogni equivoco, è corretto ritenere perfettamente riconoscibile nella condotta del parlamentare accusato l'esimente del diritto di critica codicisticamente riconosciuta nell'articolo 51 del codice penale. Infine, è utile ai fini della votazione rilevare come il post incriminato fosse contenuto nella pagina Facebook ufficiale del parlamentare accusato, pagina accessibile dal sito internet della Camera dei deputati e quindi da considerarsi pienamente integrata nell'attività parlamentare. Pertanto, condividendo pienamente le motivazioni della proposta sottoposta all'Aula, tra l'altro deliberata all'unanimità dalla Giunta per le autorizzazioni, Fratelli d'Italia voterà senza esitazione in favore della proposta di insindacabilità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione - Doc. IV-ter, n. 12-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-ter, n. 12-A, concernono opinioni espresse da Gianni Tonelli nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.

Chi intende esprimersi per l'insindacabilità delle opinioni espresse deve votare “sì”, mentre chi intende esprimersi per la sindacabilità deve votare “no”.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

Seguito della discussione della proposta di legge: Donzelli ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto” (A.C. 336-A​) (ore 12,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 336-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”.

Ricordo che nella seduta del 27 luglio si è conclusa la discussione generale e la rappresentante del Governo è intervenuta in sede di replica, mentre la relatrice vi ha rinunciato.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il seguito dell'esame è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 4 agosto 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 4 agosto 2023).

(Esame degli articoli - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge (Vedi l'allegato A).

Poiché non sono stati presentati emendamenti, li porrò direttamente in votazione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 19).

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Martina Semenzato. Ne ha facoltà.

MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie Presidente e onorevoli colleghi. La comunità “Il Forteto” è nata il 4 ottobre 1977 a Barberino del Mugello. L'idea dei due fondatori, Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, era quella di dare vita ad una comunità agricola che si basasse sul concetto astratto di famiglia funzionale. Siamo nell'Italia degli anni Settanta, un periodo storico fatto di utopie e di ideologie a volte molto discutibili, ed è grazie a questa spinta ideologica che in breve tempo i due fondatori riescono a diventare credibili e affidabili per quei troppi soggetti che si avvicinano alla comunità. La comunità cresce, riesce a diventare quindi un punto fermo, tanto da ottenere l'affidamento dal tribunale dei bambini e dei diversamente abili, ovvero persone più fragili che dovrebbero essere affidati e vivere in condizioni di assoluta tranquillità fisica e psicologica, in quanto hanno bisogno di luoghi sicuri dove poter costruire un loro mondo e crescere. In breve tempo, grazie alle testimonianze di chi da quella comunità è riuscito a scappare, siamo potuti venire a conoscenza degli abusi e delle violenze perpetrati in quegli anni sui minori, basti pensare al fatto che la totale assenza di vere famiglie portasse i minori ad essere affidati a delle famiglie fittizie e, quando giungevano in comunità dei fratelli, i rapporti tra loro venivano completamente disincentivati, con conseguenze psicologiche terribili sui bambini che dovevano invece essere protetti. Fortunatamente, la giustizia sta facendo il suo corso, anche grazie all'importante contributo dei familiari e di tutti i testimoni che hanno enunciato le crudeltà avvenute al Forteto.

È proprio dalle testimonianze che è iniziata la lunga vicenda giudiziaria per abusi sessuali, maltrattamenti e pedofilia, nel 1985, conclusasi con una prima condanna per maltrattamenti aggravati da parte dei cofondatori, seguita da un'ulteriore condanna di Rodolfo Fiesoli a 14 anni e 10 mesi, divenuta definitiva nel novembre 2019.

È da segnalare, altresì, che proprio per il trattamento subito da due bambini affidati dal tribunale alla comunità nel luglio 2000 l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo a pagare una multa di circa 150 milioni di lire, come risarcimento dei danni morali. Due dei principali dirigenti e fondatori della comunità, inoltre, erano stati condannati per aver abusato sessualmente di tre disabili affidati alla loro custodia, fatti noti ai giudici.

È bene ricordare in quest'Aula che la Commissione era già stata costituita nella scorsa legislatura, ma che, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, non ha potuto completare l'importante lavoro e fornire una relazione esaustiva. Oggi, come non mai, abbiamo bisogno di far luce sulla questione all'interno della comunità, dove tutti i componenti devono essere messi nelle condizioni di vivere protetti, in sicurezza e tranquillità.

Alla luce di queste considerazioni, venendo alla proposta che stiamo per votare, riteniamo che sia fondamentale che la Commissione prosegua il lavoro della scorsa legislatura, al fine di far luce su quanto accaduto nella comunità “Il Forteto”. È importante conoscere al meglio questi fenomeni per poterli combattere con competenza, al fine di evitare che si ripetano.

Per questo, Presidente, annunciamo il voto favorevole del gruppo Noi Moderati (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. Come Alleanza Verdi e Sinistra, esprimeremo un voto di astensione, non perché siamo contrari in generale a far chiarezza o ad avere più elementi di valutazione su questioni o vicende di pubblico interesse, per carità, tra l'altro, è una facoltà riconosciuta espressamente e direttamente dalla Costituzione, però, noi abbiamo ridotto il numero dei parlamentari e parallelamente, invece, spuntano come funghi le Commissioni di inchiesta - tra l'altro, Commissioni d'inchiesta che diventano anche un investimento di tempo, energie e risorse che poi si sottraggono alla funzione legislativa, che invece dovrebbe assorbirci, dedicandovi anche strutture apposite e uffici -, salvo che l'obiettivo invece sia proprio quello di ingolfare il lavoro parlamentare in modo da tenere occupati i parlamentari in queste attività, comunque importanti, ma chiaramente sottraendoli all'attività di sindacato ispettivo, all'elaborazione di emendamenti e quant'altro.

Ecco, mi pare che l'articolo della Costituzione che trovi maggiore attuazione non sia tanto l'articolo 4 sul diritto al lavoro - magari -, non sia l'articolo 32 sul diritto alla salute - magari -, non sia l'articolo 34 sul diritto all'istruzione scolastica - magari -, ma proprio, ultimamente, l'articolo 82 della Costituzione, che prevede la possibilità di disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Ora, al di là della Commissione d'inchiesta di cui oggi stiamo trattando, il discorso è generale e, quindi, vale anche per tutte le prossime Commissioni. Dobbiamo certo metterci a fare una riflessione profonda rispetto all'utilizzo di questo strumento, pur riconosciuto dalla Costituzione.

Pertanto, chiedo anche espressamente proprio alla Presidenza della Camera di esprimersi rispetto a questo strumento e anche alla proliferazione di queste Commissioni di inchiesta, magari anche investendo il Comitato per la legislazione con un approfondimento specifico. Sappiamo che il Comitato per la legislazione non si esprime su queste proposte di legge, però, magari, in quella sede potrebbe essere utile un approfondimento.

Per questi motivi, quindi, brevemente, annuncio il voto di astensione di Alleanza Verdi e Sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Bonetti. Ne ha facoltà.

ELENA BONETTI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Noi voteremo a favore dell'istituzione di questa Commissione, coerentemente alle posizioni che abbiamo assunto nelle scorse legislature, perché il tema trattato merita sicuramente un approfondimento ulteriore.

D'altra parte, però, mi lasci dire che una riflessione ulteriore quest'Aula dovrebbe iniziare a farla sull'utilizzo di queste Commissioni d'inchiesta, perché ciò avviene dopo due legislature nelle quali si è affrontato un problema drammatico, grave, che ha creato non solo violenze nei confronti dei minorenni vittime di quegli abusi, certificati anche poi dagli atti della magistratura, dai processi che sono conseguiti, ma anche da tutta la comunità allargata che, in qualche modo, si è dovuta fare carico e assumere una responsabilità di accompagnamento di queste vittime, allora, se dopo due legislature, nella terza legislatura di nuovo dobbiamo istituire una Commissione d'inchiesta, la domanda che credo ci dobbiamo porre è a che fine e a che pro è istituita questa Commissione d'inchiesta, perché o le relazioni delle precedenti Commissioni sono mancanti di parti ulteriori oppure un ritornare su una riflessione, forse, a questo punto meriterebbe un ragionamento differente, che è quello di affrontare con strumenti adeguati il servizio di presa in carico dei minorenni, di valorizzazione dei servizi sociali a livello territoriale, di quella rete delle comunità educanti che devono accompagnare anche i percorsi educativi e di accompagnamento dei minorenni e dei minorenni non accompagnati.

Allora, non è la Commissione d'inchiesta che si può sostituire alla magistratura, come ci ha ricordato, con estrema chiarezza e grande autorevolezza, come sempre, il Presidente Mattarella, ma nemmeno può essere la Commissione d'inchiesta che sostituisce l'assunzione di una responsabilità di carattere governativo, per la parte del Governo, e di carattere legislativo per la parte che compete a noi, come parlamentari.

Mi auguro, quindi, che questa sia l'ultima Commissione d'inchiesta che facciamo su questo argomento e che questa volta finalmente si arrivi, non solo, a una relazione condivisa, ma a uno spunto che, in qualche modo, ci permetta di fare un passo avanti, perché altrimenti ci troveremo nuovamente a ripetere, anche dal punto di vista del dispendio di energie anche di carattere parlamentare, non solo economiche, ma anche dei tempi parlamentari, un'ulteriore rivisitazione di questa struttura, senza magari renderci conto che ci sono realtà che oggi meritano un'attenzione importante, che stanno emergendo e che riguardano in particolare la questione dei minorenni, dei contesti più isolati e più degradati e che meriterebbero ben altre risposte.

Su questo riprendo anche riflessioni che, nella giornata di ieri, quest'Aula ha avuto modo di portare avanti, di nuovo in riferimento a posizioni che abbiamo letto da mezzo stampa e che il Governo sta portando avanti rispetto ai temi di prevenzione e di contrasto alla violenza tra minorenni. Sono elementi che meritano ben altra visione di quella punitivo-semplicistica che emerge da questi titoli di giornale. Ci auguriamo, invece, che il testo che arriverà in quest'Aula abbia ben altra visione, ben altra profondità e che il dibattito di quest'Aula possa affrontare la questione, anche alla luce dei lavori svolti da quelle Commissioni che di questi temi si sono occupati, in modo forte e incisivo, per dare finalmente una risposta, che è quella che meritano le vittime degli abusi subiti, le loro famiglie e tutta la nostra comunità, che insieme a quelle vittime è vittima di abusi perpetrati, ma anche responsabile di non aver saputo intercettare in tempo adeguato tali abusi e di non aver creato quelle condizioni perché questi abusi e queste violenze non fossero perpetrati.

L'impegno di questa Commissione sia finalmente quello di dare una svolta per trovare queste risposte (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Bergamini. Ne ha facoltà.

DEBORAH BERGAMINI (FI-PPE). Presidente, la ringrazio. Torna dunque all'attenzione dell'Aula di Montecitorio la questione delle drammatiche, per non usare aggettivi peggiori, vicende relative alla comunità “Il Forteto” e accade con un'Aula mezza vuota, anzi più vuota che piena, ed è un grave peccato, perché non stiamo parlando di funghi che spuntano; non sono d'accordo con quanto detto dal collega che ha annunciato la propria astensione. Non è la prima volta che si parla de “Il Forteto” in quest'Aula con l'Aula mezza vuota.

Invece, l'Aula dovrebbe essere pienissima, perché questa non è una proposta di legge che chiede una Commissione d'inchiesta che spunta come un fungo. Stiamo parlando di una pagina nera, nera pece, della storia del nostro Paese, ancora piena di cose da chiarire, che riguarda minori, bambini e adolescenti, bambini con disabilità, che sono stati abusati, sfruttati e terrorizzati - hanno subito anche abusi sessuali -, con coperture, connivenze, leggerezze, omissioni gravissime (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

Questa non è la terza - mi permetto di correggere la collega, stimatissima, Bonetti - Commissione parlamentare d'inchiesta, è la prima. E sapete perché? Perché è vero che, nella legislatura scorsa, nel 2020, è stata istituita la Commissione d'inchiesta parlamentare, ma la relazione conclusiva non c'è stata, non si è addivenuti ad alcuna conclusione. E sapete perché? È mancato il numero legale: evidentemente, “Il Forteto” non raccoglie il numero legale per capire che cosa è successo. Allora, lo ricordo brevemente, perché credo che, come parlamentari, se non siamo dei funzionari ma siamo dotati di anima e di senso civico, una risposta alle vittime de “Il Forteto” la dobbiamo dare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE) su quello che è successo, senza se e senza ma.

Spieghiamo rapidamente cos'è “Il Forteto”? Perché, forse, a qualcuno sfugge. Se ne parla dal 2015 in questo Parlamento, ma non siamo ancora arrivati da alcuna parte. Cerchiamo di arrivarci in questa legislatura, è un dovere morale, soprattutto in un momento storico come questo, in cui siamo chiamati, con un ulteriore supplemento di responsabilità, a chiederci cosa fa lo Stato italiano per tutelare i minori.

Mi sembra che il dibattito pubblico sia pieno di interrogativi. Stiamo facendo le cose giuste o no? Il caso de “Il Forteto” è un caso che ci deve insegnare moltissimo, deve insegnare moltissimo allo Stato italiano, perché era lo Stato italiano che affidava a quella comunità bambini con problemi e che affidava a quella comunità persone deboli. Ma quella comunità è una comunità che, per 35 anni, ha ricevuto dal tribunale dei minori di Firenze, affidati, bambini provenienti da problematiche familiari importanti, e che non ha saputo rispondere nel modo giusto. Ci sono volute due commissioni d'inchiesta regionali, una Commissione d'inchiesta parlamentare, con gran fatica istituita, che però non è arrivata a conclusioni; tre processi penali - forse anche di più - nei confronti dei fondatori de “Il Forteto” per dire infinite volte quello che succedeva là. Ovvero che quella intanto era una comunità che non aveva i requisiti per accogliere minori, perché non era una casa famiglia e non aveva appunto i requisiti adatti; eppure, questi minori ci andavano. Venivano affidati, venivano isolati dalle scuole e dalle famiglie di origine, venivano abusati, sfruttati anche lavorativamente, terrorizzati, minacciati e abusati sessualmente. Non lo dice Forza Italia, lo dice la storia processuale e giudiziaria e anche gli atti delle Commissioni d'inchiesta che si sono avvicendate nel cercare di fare luce.

Ma come spesso succede nella nostra storia, l'immagine era un'altra: una comunità, che poi è anche una cooperativa agricola, perché produce ottimi pecorini e olio, paragonata alla scuola fondata da don Milani e tributata di tutti gli onori e i premi, considerata un modello educativo nazionale e internazionale, destinataria di finanziamenti pubblici, con passerelle politiche della nomenclatura della sinistra toscana presente a tutti gli appuntamenti, cene e manifestazioni elettorali. Una comunità modello che nascondeva gli orrori peggiori che si possono compiere ai danni di persone, in questo caso minori fragili e in cerca di pace e di speranza, alla ricerca della costruzione della loro personalità. Questa è stata la storia de “Il Forteto” e non mi soffermo, per amor di verità, sulle pressioni - anche questi sono atti pubblici - che sono state fatte sulle commissioni d'inchiesta regionali - la prima e la seconda - per, vogliamo dire, “minimizzare” e non “esagerare” nel lavoro. Allora, la storia recente ci insegna, anche questa estate, che tante pagine della nostra storia rimaste con punti interrogativi aperti meritano la verità. Stiamo parlando, in questi giorni e in queste settimane, di vicende drammatiche della nostra storia, che ancora sono lì a suscitare interrogativi.

Per questo io non credo che la Commissione d'inchiesta su “Il Forteto” ripeto nuova, perché non ha concluso il suo lavoro nella precedente legislatura, non sia come tutte le altre Commissioni d'inchiesta: meriti assoluta attenzione e dovrebbe avere l'appoggio indiscriminato di tutte le forze del Parlamento. Questa Commissione, che non indagherà soltanto sui fatti de “Il Forteto”, ma, in generale, sul funzionamento del sistema delle comunità affidatarie di bambini minori, ci può aiutare a capire quali risposte dobbiamo dare ai nostri adolescenti e ai nostri minori fragilizzati. Questa è la responsabilità che, con l'istituzione di questa Commissione, noi ci assumiamo da parlamentari - ripeto, non da funzionari di questa o quell'altra parte politica - della Repubblica, che hanno il dovere di mettere in chiaro quello che è successo. Cose da mettere in chiaro ce ne sono ancora tante e non c'è da colpevolizzare alcuno.

Una società civile, che pone al proprio centro la tutela dei minori, deve essere una società matura e adulta e deve assumersi delle responsabilità. Lo Stato ha mandato quasi 100 bambini o adolescenti, comunque minori, presso la comunità de “Il Forteto” per 35 anni. Dal 1978 si sapeva che, là dentro, le cose non andavano come dovevano; eppure si è continuato fino al 2012 ad affidare minori a quelle comunità. Questa è una responsabilità dello Stato o deve rimanere una responsabilità di nessuno, dove c'è solo un rimpallo di responsabilità? Lo dobbiamo a quelle vittime e a quelle persone - andatevi a sentire le loro testimonianze e leggete quello che hanno raccontato nei processi che si sono susseguiti. L'ultima condanna - quella a Rodolfo Fiesoli, fondatore della Comunità de “Il Forteto”, è del 2019 ed è stato condannato a 14 anni, insieme ad altre 20 persone. Quella comunità è ancora lì, è una cooperativa agricola commissariata, perché è stata commissariata, ma ci è voluta una fatica immane. Dal 2015 abbiamo chiesto di interessarci di quello che stava accadendo, con una mozione a mia prima firma, Bergamini, che ebbe all'epoca - con il Governo Renzi - parere contrario, parere contrario! L'avevano sottoscritta i gruppi parlamentari dei 5 Stelle, di Fratelli d'Italia, della Lega, tutti. Un'operazione di civiltà democratica. Ebbe parere contrario del Governo Renzi, Renzi che è stato Presidente per dieci anni della provincia di Firenze. Ma che storia vogliamo lasciare scritta, quando ci riempiamo la bocca di come vogliamo tutelare i nostri minori, i nostri adolescenti e il mondo dei più deboli? Ma che storia vorremmo lasciare in questo Parlamento? Mi sorprenderei - ma non succederà - che qualcuno possa dichiararsi contrario e dubbioso sulla rilevanza del procedere in questo lavoro.

Pertanto, annuncio naturalmente il parere favorevole di Forza Italia su questa proposta di legge e spero che, come questo Parlamento ha saputo fare tante volte, ci sia una totale uniformità di visioni su questo punto o veramente continueremo a tenere una pagina nera aperta nella storia repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Quartini. Ne ha facoltà.

ANDREA QUARTINI (M5S). È un tema davvero sensibile e credo sentito un po' da tutta l'Assemblea, perché, com'è stato giustamente affermato, presso “Il Forteto” è successo di tutto. È successo un inferno gigantesco da un punto di vista delle relazioni, dal punto di vista della capacità del sistema di tutelare i minori, i soggetti fragili. Si sta parlando di un inferno che, comunque, era travestito da paradiso: una setta, un luogo di maltrattamenti, di pedofilia e di abusi sessuali, di abusi psicologici, di torture, di mistificazioni, di manipolazioni e di raggiri. È davvero particolarmente inquietante pensare che questa storia sia andata avanti per oltre quarant'anni, di fronte a prove provate, in un meccanismo misto di omertà, negazionismo e disattenzioni, distrazioni, connivenze e complicità, collusioni inaccettabili, che hanno coinvolto tutti i livelli istituzionali.

Per questo motivo questa proposta di legge deve essere approvata da questo Parlamento, perché si deve dare un contributo di giustizia nei confronti delle oltre 86 vittime, minori accolti in quella comunità che avrebbe dovuto proteggerle.

Per capire la gravità della questione, vi dico che dobbiamo fissare prima di tutto una data: è il 29 novembre 1978, quindi si parla di 45 anni fa. Presso la caserma dei Carabinieri di Borgo Ognissanti di Firenze, arriva un ordine d'arresto per Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, capo e vice della comunità, sulla base di una denuncia fatta da due genitori che sostenevano che la figlia affidata a “Il Forteto” subisse abusi sessuali. I due finiscono al carcere delle Murate di Firenze con quest'accusa: delitto di atti di libidine aggravati, delitto di lesioni aggravate e continuate, delitto di maltrattamenti, delitto continuato di atti osceni in luogo pubblico, delitto di violenza privata, delitto di corruzione di minorenne, delitto di sottrazione consensuale di minorenne, delitto di usurpazione continuata di titolo, delitto di plagio. Era il 1978.

Nel 1985 arriva la condanna definitiva per maltrattamento di minori, per corruzione di minori, per atti di libidine violenta e abusi sessuali di ogni tipo. La comunità, tuttavia, non fu chiusa, pensate un po'. Fiesoli uscì dal carcere e, nonostante ci fosse una probabilità del 100 per cento di recidiva - perché questa è la probabilità di recidiva, se non si fanno terapie in caso di violenza sessuale -, nonostante ci fosse questa totale certezza di recidiva, continuò a mantenere addirittura il ruolo educativo sui minori.

Come se non bastasse, 15 anni dopo, arriva un'ulteriore condanna, questa volta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per la sottrazione di due fratellini alla madre naturale, con una serie di certificazioni di medici e assistenti sociali disconfermati dai giudici della Corte.

Quindi, nonostante due condanne, “Il Forteto” ha continuato il suo percorso cooperativo, comunitario, associativo e, cosa gravissima, ha continuato a ricevere minori in affido: in 30 anni, oltre 86 minori affidati a quell'inferno. Fino al 2012, dopo che Fiesoli, nel 2011, è nuovamente arrestato, e sappiamo che, poi, finirà con una condanna definitiva di 14 anni.

In tutti questi anni, Rodolfo Fiesoli ha mantenuto eccellenti rapporti con tutta la classe dirigente della Toscana e non solo, con i membri del tribunale per i minori, con i servizi sociali del comune, con i sindaci, con gli operatori delle aziende sanitarie locali, con i sindacati, con la Lega delle cooperative. Non c'è un livello istituzionale nel quale Rodolfo Fiesoli non sia stato visto come un soggetto credibile. Roba da non credere! Tutti gli attori istituzionali hanno continuato a dar credito a quella struttura (Applausi)!

Nessun lavoro, pensi, Presidente, della lettura medica e psicologica internazionale accreditata ha mai concepito come metodologia nei percorsi riabilitativi dei bambini affidati la famiglia funzionale, il chiarimento di gruppo, la separazione omosessuale. Sono concettualmente privi di riscontri scientifici ed è sorprendente che nessun professionista che si è approcciato a “Il Forteto” lo abbia notato. Pensate un po', primari di psichiatria e di neuropsichiatria si sono avvicendati a parlar bene de “Il Forteto”, ma non avevano notato che era antiscientifico il modello educativo che veniva praticato. Era sadico! Era un modello incredibile. È stato dimostrato, come se non bastasse, anche lo sfruttamento di lavoro minorile, altissime percentuali di abbandono scolastico, perché i minori erano scoraggiati a proseguire gli studi, bassissime percentuali di diplomati, sottrazione di denaro, contributi mai versati, stesso discorso per il TFR. Gli ospiti erano rapinati di tutto, ma, soprattutto, di se stessi, della propria identità e anima. Diventava veramente difficile emanciparsi in quel luogo; chi ci provava rimaneva senza alcun tipo di riferimento intorno, era veramente difficile.

Quasi tutti i soggetti che erano lì hanno fatto uno sforzo immane per denunciare quello che è successo, perché, alla fine, erano tutti un po' affetti da sindrome di Stoccolma, perché sembrava che l'essere accolti dal guru, dal profeta - come si faceva chiamare Fiesoli, che aveva un harem di giovani creature -, fosse uno degli obiettivi principali all'interno della struttura per potersi sentire accettati.

Le evidenze di maltrattamenti, abusi, oltraggi, circonvenzione di minori, richieste di sottomissione al capo e ai suoi scagnozzi, violenze verbali, fisiche e psicologiche devastanti suggeriscono, quindi, danni permanenti non risarcibili. Pensi, Presidente, che dopo la condanna dell'Italia da parte dell'Alta Corte di Strasburgo per negazione dei diritti umani all'interno di quella struttura, quel tribunale per i diritti umani ci ha condannati come Stato per aver negato il diritto dei genitori e dei bambini di incontrarsi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA (ore 13,05)

ANDREA QUARTINI (M5S). Al minimo, avremmo dovuto vergognarci e, invece, l'Italia di allora cercò di difendersi dall'accusa, anziché cercare la verità e, di fatto, riaccreditò quell'inferno a eccellenza produttiva ed educativa. Follia istituzionale o connivenza (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Fratelli d'Italia)? Questo è il dato di fatto, questo deve fare la Commissione di inchiesta!

Occorre fare chiarezza rispetto a questo corto circuito istituzionale, perché, nonostante quanto detto, le resistenze negli anni scorsi a far luce sui fatti de “Il Forteto” sono evidenti. Basti pensare che, nel 2014, nonostante le ispezioni ministeriali, che avevano riscontrato anomalie nella gestione della cooperativa - anomalie contrattuali, d'inquadramento dei soggetti nell'organico, delle retribuzioni e anche nella gestione finanziaria della cooperativa -, mancò la volontà politica della maggioranza di Governo di allora di commissariare la parte produttiva de “Il Forteto”, la cooperativa agricola.

E, poi, nel 2015, nonostante un'altra sentenza di primo grado, ma ampiamente confermata in secondo grado e in Cassazione, è mancata la volontà politica della maggioranza di Governo di allora di istituire una Commissione di inchiesta parlamentare. Il MoVimento 5 Stelle, nel 2015, fu promotore di una PdL a prima firma della senatrice Laura Bottici, che voglio ringraziare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), per la costituzione di una Commissione di inchiesta, ostacolata alla Camera dopo un primo passaggio in Senato.

Il rammarico di oggi è che, finalmente, nella scorsa legislatura, fu istituita, ma non ha concluso i suoi lavori. L'auspicio è che questa Commissione che andremo a istituire riesca nel compito di fare e dare giustizia alle vittime di quell'inferno.

Io ho avuto l'onore di essere membro della seconda commissione regionale di inchiesta sui fatti de “Il Forteto”, insieme ai colleghi Giovanni Donzelli e Stefano Mugnai, presieduta da Paolo Bambagioni, che l'ha gestita in modo esemplare, con grande indipendenza intellettuale, ciò va riconosciuto al presidente Bambagioni. Quella commissione - vado velocemente alla conclusione, Presidente - chiarì che “Il Forteto” non era una comunità educativa, non era una casa famiglia, non rispettava la legge sull'affidamento dei minori. Ancora, quella commissione di inchiesta-bis del consiglio regionale della Toscana ha approvato all'unanimità la relazione finale con un invito al Parlamento e al Governo di rivalutare l'ipotesi di commissariare la cooperativa agricola e di riconsiderare la possibilità di istituire una Commissione di inchiesta.

Presidente, il gruppo del MoVimento 5 Stelle voterà convintamente per l'istituzione di questa Commissione di inchiesta, fortemente voluta fin dalla nostra presenza nelle istituzioni, ne è esempio concreto l'impegno in tal senso profuso da Laura Bottici al Senato e da Alfonso Bonafede qui, alla Camera, che vogliamo ringraziare (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Matone. Ne ha facoltà.

SIMONETTA MATONE (LEGA). Io detesto le ripetizioni, ma, dato il tema, devo ritornare obbligatoriamente sulla discussione generale. Perché dico questo? Perché la vicenda della comunità “Il Forteto” ha aspetti assolutamente paradossali, ma emblematici e paradigmatici di come, per anni, l'istituto dell'affidamento eterofamiliare sia stato, per così dire, terra di nessuno. Dico questo perché il collocamento del minore comporta necessariamente, secondo il nostro ordinamento, l'intervento del tribunale per i minorenni e noi stiamo parlando di un'attività giudiziaria che sicuramente c'è stata, perché, altrimenti, questi ragazzini non potevano stare lì, ma questa attività giudiziaria è stata condotta in modo totalmente errato e il caso de Il Forteto rende assolutamente necessaria l'istituzione di una Commissione d'inchiesta per verificare se nel nostro Paese siano esistite zone d'ombra per così dire legibus solutae.

Nel 1985 il fondatore della comunità era stato condannato per corruzione di minorenne, sottrazione consensuale di minorenne e atti di libidine violenti. Stiamo parlando di sentenze passate in giudicato, quindi di un soggetto che, dal punto di vista tecnico-giuridico, è responsabile di questi abominevoli reati. Lo spirito dell'affidamento è quello della sua temporaneità. Che vuol dire? Vuol dire che l'affidamento è un aiuto che le istituzioni danno, in via assolutamente temporanea, a una famiglia in difficoltà e, viceversa, qui di temporaneità non c'è nulla, perché abbiamo frotte di minori che sono cresciuti all'interno di questa comunità, comunità che ha agito scientificamente e in maniera assolutamente calcolata per elidere, di fatto, ogni possibile legame con la famiglia.

Nonostante la sentenza di cui vi parlavo, che è addirittura del 1985, il tribunale per i minorenni di Firenze ha continuato a inviare presso questa comunità - è questa l'incredibilità della vicenda - circa 50 minori. Ciò che rende ancora più emblematico di un rapporto malato con la politica - un certo tipo di potere giudiziario e di potere politico - è rappresentato dalle continue visite che il potere politico e il potere giudiziario hanno fatto all'interno della comunità. La comunità è diventata addirittura un luogo per cene, feste e celebrazioni di compleanni da parte di esponenti della società civile, di una certa parte politica, perché questo va detto, va detto chiaramente: questi soggetti erano protetti da chi, all'epoca, dominava la regione Toscana.

Nel 1999 c'è una seconda puntata giudiziaria nella storia de Il Forteto, perché la Corte europea dei diritti dell'uomo riceve un ricorso presentato da due madri, entrambe con doppia cittadinanza, italiana e straniera, a cui era stata imposta l'interruzione totale dei rapporti con i figli. Queste donne lamentavano trattamenti violenti e disumani nei confronti dei minori e addirittura una frequenza scolastica quasi nulla.

Il 13 luglio 2000 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia a pagare 200 milioni di lire come risarcimento dei danni morali, da riconoscere a queste donne, per l'affidamento dei due bambini alla comunità e, nonostante una sentenza della Corte europea di tale portata e di tale gravità, Il Forteto non ha chiuso e la regione Toscana ha continuato a elargire fondi e riconoscimenti, così come hanno fatto tante altre istituzioni.

Finalmente nel 2018 il Governo ha commissariato Il Forteto con un atto che si è protratto fino al 2020, ma - questo va ricordato - dopo la condanna di luglio 2015 la richiesta di commissariamento della comunità è stata inspiegabilmente o spiegabilmente, a mio sommesso avviso, rigettata.

Gli organi di informazione hanno fatto la loro parte. Si sono occupati della vicenda, ma accompagnati da un clima di terrore e di intimidazione. Valga per tutte l'audizione di Bruno Vespa, avvenuta davanti alla passata Commissione nel 2016, il quale ha raccontato che si è occupato per tutta la vita di fatti di cronaca gravissimi ma di non avere mai ricevuto così tante pressioni politiche come per la vicenda de Il Forteto, in virtù della forza politica che proteggeva Il Forteto e delle altre protezioni di cui Il Forteto godeva. Questo è un dato sul quale non ci può essere un dibattito parlamentare, perché è la verità storica dei fatti.

Tale politica è passata sopra quello che doveva essere il fulcro del procedimento minorile, ossia la valutazione dell'interesse del minore; tale politica ha aiutato, protetto, coperto e foraggiato comportamenti abominevoli, abusi fisici (leggasi maltrattamenti), abusi sessuali, sfruttamento del lavoro minorile e truffe sui finanziamenti. Questo è ciò che hanno detto le sentenze. Questo è l'excursus giudiziario dei procedimenti che hanno coinvolto questa comunità.

Quindi, una Commissione d'inchiesta a cosa serve? Serve ad accertare fino a che punto una politica assolutamente degenerata ha influenzato l'operato dei magistrati e dei servizi sociali. Secondo me le vittime de Il Forteto non devono essere risarcite dal punto di vista meramente economico, ma devono essere risarcite dal punto di vista morale e spirituale per quello che è stato fatto loro, perché non è possibile che il volto pubblico delle istituzioni sia questo. Non è possibile che il primato della politica sia questo. Tradotto, lo ripeto: Il Forteto era vicino a una certa parte politica e, quindi, tutti si sono inchinati alla forza politica di quella parte e hanno, in virtù di questo, sacrificato decine di bambini sottoposti a condotte indicibili.

E li sacrifico come? Come li sacrifico? Dobbiamo pensare all'orrenda materialità degli atti compiuti. Io vi ho elencato i reati e dietro ogni reato ci sono soprusi, violenze, rapporti sessuali in danno di minori, di piccoli, fatti in nome di chi e per conto di chi? E poi ribadisco: qual è stato il ruolo dei magistrati? È centrale tale questione, perché i collocamenti - ripeto - come quelli effettuati nella comunità de Il Forteto passano per il tribunale per i minorenni e per la procura presso il tribunale per i minorenni. Ogni volta i magistrati devono mettere sul piatto della bilancia il rispetto del legame di sangue con l'interesse del minore a una crescita sana e armoniosa compromessa dalle condotte genitoriali. Quindi, è un lavoro delicato, è un lavoro che obbligatoriamente va fatto, ma noi dobbiamo capire quali valutazioni sono state fatte, quali elementi erano a disposizione dei magistrati dopo le sentenze passate in giudicato e quali tipi di legami si erano creati tra i magistrati e i dirigenti de Il Forteto.

Poi, che cosa hanno fatto i pubblici ministeri? I pubblici ministeri - pochi lo sanno - hanno l'obbligo di controllare, attraverso la Polizia giudiziaria, i registri di ogni singola comunità per verificare quante persone si sono recate lì, per sapere chi erano e in nome di chi erano lì e se i genitori, che avevano la possibilità di incontrare i minori, esercitavano questo potere.

Quindi, è un lavoro ad ampio spettro, ma noi siamo dinanzi a un dato inequivocabile: abbiamo minori che sono vissuti all'interno de Il Forteto per tutta la vita o, comunque, per un lunghissimo periodo, cosa che già di per sé è intrinsecamente contra legem, perché l'istituto dell'affidamento è altro. Noi dobbiamo ripercorrere questa strada e capire quali controlli sono stati fatti. È passato tanto tempo, ma crimini di questo genere non si prescrivono mai, non dal punto di vista giuridico ma dal punto di vista etico-morale, e questo è ciò che noi dobbiamo a queste vittime.

Quindi, esprimo il voto compiutamente favorevole del partito di cui sono espressione, la Lega-Salvini Premier, per l'istituzione della Commissione d'inchiesta sul caso de “Il Forteto”. Grazie per l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Maria. Ne ha facoltà.

ANDREA DE MARIA (PD-IDP). Grazie, Presidente. La Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto” è stata istituita per la prima volta nella XVIII legislatura dalla legge 8 marzo 2019, n. 21, con due obiettivi, uno di indagine sulle responsabilità, l'altro di proposte di correzione e miglioramento del sistema degli affidamenti dei minori e del controllo sulle comunità affidatarie. La Commissione si è costituita il 6 febbraio 2020, ma, come hanno ricordato altri colleghi adesso in Aula, nonostante il lavoro svolto non si è arrivati alla votazione della relazione finale.

In questo contesto va rimarcato come su questa vicenda la regione Toscana, anche questo è già stato ricordato, aveva già provveduto a costituire due apposite commissioni d'inchiesta, l'ultima delle quali presieduta nel 2016 da Paolo Bambagioni, che aveva già espresso un orientamento ben preciso. La commissione d'inchiesta-bis del consiglio regionale della Toscana su “Il Forteto” approvò, infatti, all'unanimità la relazione finale, con un invito al Parlamento e al Governo a rivalutare l'ipotesi di commissariare la cooperativa agricola e a riconsiderare la possibilità di istituire una Commissione d'inchiesta parlamentare su quanto avvenuto nella comunità. La relazione invitò anche il Ministero della Giustizia a inviare ispettori al tribunale dei minori fiorentino e la regione Toscana a togliere il patrocinio alla fondazione omonima, oltre a chiedere alla grande distribuzione di valutare l'opportunità di non commercializzare prodotti a marchio “Il Forteto”. Inoltre, la commissione individuò alcuni responsabili fra i dipendenti pubblici e inviò agli enti preposti una richiesta di valutare provvedimenti disciplinari. Dunque, forte e trasparente è stato l'impegno delle istituzioni regionali della Toscana, che hanno evidenziato la gravità dei fatti e l'urgenza degli interventi. Tuttavia, accanto a questo impegno, si è reso utile e importante anche quello delle istituzioni nazionali. Per quanto riguarda l'azione parlamentare, nella Commissione costituita nella scorsa legislatura è stato fatto un lavoro di indagine minuzioso e approfondito, un lavoro improntato all'accertamento della verità dei fatti e correlato a numerose audizioni dei diversi soggetti coinvolti nella vicenda. L'attività della Commissione si è concentrata, come da mandato della legge istitutiva, anche sulla formulazione di proposte affinché fatti come quello de “Il Forteto” non si ripetano, in un'ottica di individuazione di strumenti per il miglioramento del quadro delle tutele dei minori fuori famiglia o in strutture residenziali, atteso che il mancato funzionamento del sistema dei controlli è emerso proprio quale punto nodale della gravissima vicenda di cui stiamo discutendo.

Voglio sottolineare l'importanza del lavoro della vicepresidente della Commissione, la nostra collega deputata del Partito Democratico, Lucia Ciampi, orientato sempre verso una posizione unitaria e trasparente, finalizzato alla verità dei fatti, alla condanna dei responsabili e al risarcimento delle vittime. Il Partito Democratico sia a livello regionale sia a livello nazionale si è quindi speso in questi anni per garantire piena chiarezza rispetto alla vicenda, lo ha fatto con trasparenza e rigore, e credo sia importante e giusto confermare oggi questo impegno. La Commissione parlamentare d'inchiesta su “Il Forteto” è, infatti, il luogo e lo strumento per fare ulteriore chiarezza su responsabilità legate a fatti gravissimi con l'impegno e il contributo di tutti all'accertamento della verità. Siamo favorevoli, quindi, alla sua nuova istituzione per completare e migliorare un'indagine che ha già svolto un lavoro importante nella scorsa legislatura. Per questi motivi e con questi obiettivi confermo qui il voto favorevole del Partito Democratico all'istituzione della Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Michelotti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MICHELOTTI (FDI). Grazie, signor Presidente. Arriviamo finalmente alla conclusione di questo iter parlamentare per istituire la Commissione d'inchiesta su “Il Forteto” e voglio fare mie le parole che ho sentito in quest'Aula da tanti gruppi parlamentari, soprattutto quello che ha detto l'onorevole Bergamini, perché, Presidente, “Il Forteto” non è stato soltanto il luogo dove si sono consumate atroci violenze sessuali, storie di bambini sfortunati, affidati a una finta comunità di accoglienza e poi finiti nelle mani di un pedofilo. Non è soltanto la storia lunghissima, processuale, di sentenze passate in giudicato, diventate inequivocabili, ma che poi sono state ignorate dagli stessi magistrati e dallo stesso personale che avrebbe dovuto seguire e vagliare sull'applicazione di quelle sentenze. “Il Forteto” non è soltanto una cooperativa agricola che è diventata anche una straordinaria potenza economica perché ha sfruttato il lavoro minorile. “Il Forteto” è un incubo, lo è stato per decine di bambini che sono stati incolpevolmente e inconsapevolmente affidati a quella comunità; è diventato un luogo di orrori e di atrocità che ancora oggi chiedono giustizia, ma soprattutto verità, perché - lo è stato ricordato in quest'Aula - quando nel 1985 si arriva alla prima condanna per Rodolfo Fiesoli, è una condanna per fatti molto gravi: molestie sessuali, atti di libidine violenta nei confronti dei minori. Ma, invece di vigilare, di vagliare e soprattutto di chiudere quella comunità, quell'esperienza, che era un'esperienza devastante, un'esperienza esiziale per tutti quei bambini che le erano stati affidati, incredibilmente la comunità va avanti. Il tribunale dei minori continua ad affidare bambini in nome di un'esperienza e di un modello educativo che, a detta di molti, era un modello educativo da esportare, ma che in realtà era un modello diabolico, perché, rispetto a quello che veniva raccontato, a “Il Forteto” c'era un modello fatto di chiarimenti dove, in nome di una materialità che doveva essere sradicata, si commettevano le più atroci azioni nei confronti dei bambini, e Fiesoli ed altri si sono resi assoluti protagonisti di questa vicenda.

Lo Stato a “Il Forteto” ha fallito. È come se lo Stato e le sue declinazioni territoriali si fossero in qualche modo arrestate e fermate, e iniziasse a “Il Forteto” una zona franca, una zona dove Fiesoli poteva fare e disfare. Verrebbe da pensare che lo Stato a “Il Forteto” si sia girato dall'altra parte. In realtà, purtroppo, c'era una grande consapevolezza da parte di tanti soggetti istituzionali. La politica, la magistratura, gli assistenti sociali, tutti sapevano quello che avveniva a “Il Forteto”, ma forse faceva comodo perpetuare questo tipo di situazione.

Solo grazie a una magistratura caparbia, ostinata, la procura della Repubblica di Firenze, i tribunali, le corti di appello, negli ultimi anni siamo arrivati a condanne inequivocabili nei confronti di Fiesoli e non solo. È solo grazie al coraggio di una certa parte politica, di famiglie che non hanno mollato e che hanno raccontato questa storia, che siamo arrivati finalmente a fare emergere una verità importante. Ora serve che lo Stato faccia la sua parte, ora serve che lo Stato dia un aiuto concreto, tangibile, vero e reale alle vittime de “Il Forteto”.

Lo dobbiamo perché è un dovere morale, prima ancora che istituzionale. E a cosa serve una Commissione d'inchiesta parlamentare su questi fatti? A cosa serve se noi abbiamo sentenze passate in giudicato? Noi crediamo che la Commissione d'inchiesta non debba fare una duplicazione dei processi penali, non vogliamo condannare un'altra volta Fiesoli e i suoi sodali, sarebbe un'inutile e, anzi, forse dannosa superfetazione. Non vogliamo riaprire istruttorie dibattimentali che si sono già concluse, ma vogliamo fare tesoro di quelle esperienze processuali, di quelle condanne, e chiarire le opache dinamiche che in Toscana si erano create intorno a “Il Forteto” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che era perno di un sistema evidente tra politica, magistratura e assistenti sociali. Tutto faceva incredibilmente perno su “Il Forteto”, che ha beneficiato per 50 anni di un'enorme rete di connivenze. Tutti sapevano, tutti si giravano dall'altra parte. Non solo, spesso si andava ad omaggiare il “profeta” Fiesoli, spesso si andava, durante le campagne elettorali, a dire grazie al “profeta” Fiesoli per come gestiva il suo modello educativo e per come gestiva i minori che gli erano affidati. La Commissione servirà a questo, a fare chiarezza su queste dinamiche, a trovare un punto di verità, a capire quello che veramente accadeva in quegli anni in Toscana. Dobbiamo ringraziare il lavoro non soltanto della Commissione nella precedente legislatura, ma quello che alcune forze politiche hanno fatto in questi anni. Mi piace ricordare la prima commissione d'inchiesta della regione Toscana, presieduta da Stefano Mugnai nel 2013, e poi, nel 2015, quella del consigliere regionale del Partito Democratico, Bambagioni, che sono andate avanti e hanno lavorato, così come anche l'impegno del MoVimento 5 Stelle con l'onorevole Quartini, molto sensibile su questo tema.

Noi abbiamo un dovere morale, prima ancora che istituzionale. Occorre restituire verità e giustizia alle vittime. Lo ha fatto e lo ha chiesto autorevolmente da questi scranni, molto più autorevolmente di me, l'onorevole Giorgia Meloni, oggi Presidente del Consiglio, che già qualche anno fa chiedeva giustizia per le vittime de “Il Forteto”. Lo ha chiesto spesso, più volte, e lo ha fatto già dai banchi del consiglio regionale, l'onorevole Giovanni Donzelli, che ringrazio perché è grazie alla proposta di legge a sua prima firma che oggi possiamo istituire la Commissione d'inchiesta. Ed è un lavoro che affonda le sue radici negli anni, perché non è soltanto un lavoro fatto nelle aule del consiglio regionale e nelle Aule parlamentari, è un lavoro fatto andando a visitare i luoghi de “Il Forteto”. È parlando con le vittime, parlando con le famiglie, le madri e i padri naturali, parlando con le associazioni delle vittime, che noi siamo riusciti a capire la gravità di quello che è avvenuto e di quello che avveniva. E non basta. Ora lo Stato deve fare la sua parte, lo Stato deve smettere di voltarsi dall'altra parte. Dobbiamo entrare dentro i meccanismi e i gangli di quello che avveniva e di quello che è avvenuto in Toscana, non soltanto perché queste cose non si ripetano più, ma perché è un dovere che noi abbiamo e che lo Stato ha nei confronti delle vittime. Lo Stato ha fallito con “Il Forteto”. Lo Stato, nelle sue declinazioni territoriali, ha fallito, non è riuscito ad assicurare tutela e protezione a chi la chiedeva, perché, se c'è qualcuno che più di altri merita e ha bisogno di protezione e tutela, sono proprio i minori. Lo ricordava molto bene l'onorevole Bergamini: in questi mesi, anche nei dibattiti parlamentari, il tema dei minori è centrale. Ecco, a “Il Forteto” sono mancate la tutela e la protezione dello Stato.

Noi oggi - e concludo, signor Presidente - con una perseveranza e un'ostinazione che non verrà meno, con una convinzione che abbiamo sempre avuto, non da ora, ma da anni, da quando Fratelli d'Italia era all'opposizione, da quando è nata Fratelli d'Italia, in Toscana e non solo, vogliamo andare avanti, perché vogliamo la verità, non soltanto la giustizia, perché non vogliamo sostituirci alle procure della Repubblica e ai tribunali. Noi vogliamo chiarire determinate dinamiche, noi vogliamo scandagliare, esaminare e avere ben chiaro quello che è successo in Toscana, squarciare questo velo su quelli che erano i rapporti fra la politica, la magistratura, gli assistenti sociali, il “profeta” Fiesoli e tutta la comunità de “Il Forteto”. A questo servirà la Commissione d'inchiesta, e vogliamo e auspichiamo che da parte di tutte le forze politiche, indistintamente, ci siano questo spirito di tenacia e questa perseveranza, per lavorare a quest'obiettivo. Lo dobbiamo a questi ragazzi, lo dobbiamo alle famiglie, lo dobbiamo a tutti coloro che si sono impegnati per la ricerca della verità. Per noi al centro ci sono e continueranno sempre a esserci le vittime: centinaia di persone che hanno dovuto subire, impotenti e senza aiuti, atrocità incredibili, soprattutto inconsapevolmente, perché plagiate e incolpevoli, sfortunate perché hanno trovato sulla loro strada una situazione come quella de “Il Forteto”, che è costata loro la vita, perché la loro vita è stata rovinata: non c'è cosa più atroce di sradicare un minore o un bambino dai propri genitori naturali.

Con questo spirito, oggi, Fratelli d'Italia vota a favore della Commissione d'inchiesta e si impegna, perché lo Stato non intende retrocedere e intende dare delle risposte. Cercheremo la verità, cercheremo la giustizia e lo faremo, perché ne siamo convinti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 336-A​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 336-A: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità Il Forteto”.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

GIOVANNI DONZELLI (FDI). Presidente, non mi ha preso il voto!

PRESIDENTE. Mi scusi, mai ormai è chiusa la votazione, mi spiace. Può venire qui a dichiararlo, non posso fare più niente.

La Camera approva (Vedi votazione n. 22) (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE – Il deputato Donzelli si reca sotto il banco della Presidenza).

Nomina dei componenti della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari ed annunzio della sua convocazione.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari i deputati Carmela Auriemma, Francesco Battistoni, Francesco Emilio Borrelli, Gerolamo Cangiano, Andrea Dara, Maria Chiara Gadda, Carla Giuliano, Dario Iaia, Gianni Lampis, Eliana Longi, Franco Manes, Maria Stefania Marino, Jacopo Morrone, Calogero Pisano, Francesco Maria Rubano, Marco Sarracino, Rachele Silvestri e Marco Simiani.

Il Presidente del Senato della Repubblica ha chiamato a far parte della stessa Commissione i senatori Mara Bizzotto, Mario Alejandro Borghese, Ilaria Cucchi, Luca De Carlo, Andrea De Priamo, Marco Dreosto, Marta Farolfi, Michele Fina, Silvia Fregolent, Barbara Guidolin, Nicola Irto, Pietro Lorefice, Lavinia Mennuni, Mario Occhiuto, Simona Petrucci, Manfredi Potenti, Vincenza Rando e Luigi Spagnolli.

Comunico inoltre che, d'intesa con il Presidente del Senato, la Commissione è convocata per martedì 12 settembre prossimo, alle ore 13, presso la sede di Palazzo San Macuto, per procedere alla propria costituzione.

Convocazione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

PRESIDENTE. Comunico che, d'intesa con il Presidente del Senato, il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, è convocato per martedì 12 settembre prossimo, alle ore 14, presso la sede di Palazzo San Macuto, per procedere alla propria costituzione.

Nomina dei componenti della Commissione parlamentare per le questioni regionali ed annunzio della sua convocazione.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali i deputati Giovanni Arruzzolo, Antonio Baldelli, Stefano Maria Benvenuti Gostoli, Antonio Caso, Alessandro Cattaneo, Antonio D'Alessio, Piero De Luca, Emiliano Fossi, Rebecca Frassini, Silvio Giovine, Andrea Gnassi, Gianni Lampis, Elena Maccanti, Francesco Mari, Alessandro Palombi, Erik Umberto Pretto, Gilda Sportiello, Claudio Michele Stefanazzi, Daniela Torto e Alessandro Urzi'.

Il Presidente del Senato della Repubblica ha chiamato a far parte della stessa Commissione i senatori Paola Ambrogio, Bartolomeo Amidei, Concetta Damante, Peppe De Cristofaro, Anna Maria Fallucchi, Massimo Garavaglia, Antonio Guidi, Nicola Irto, Sabrina Licheri, Daniele Manca, Andrea Martella, Roberto Marti, Raffaella Paita, Adriano Paroli, Pietro Patton, Gianni Rosa, Etelwardo Sigismondi, Francesco Silvestro, Marco Silvestroni e Erika Stefani.

Comunico inoltre che, d'intesa con il Presidente del Senato, la Commissione è convocata per mercoledì 13 settembre prossimo, alle ore 13,30, presso la sede di Palazzo San Macuto, per procedere alla propria costituzione.

Nomina dei componenti della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ed annunzio della sua convocazione.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale i deputati Alberto Bagnai, Vanessa Cattoi, Daniela Dondi, Davide Faraone, Mauro Antonio Donato Laus, Giorgio Lovecchio, Marta Schifone, Luca Squeri e Guerino Testa.

Il Presidente del Senato della Repubblica ha chiamato a far parte della stessa Commissione i senatori Mario Alejandro Borghese, Carmela Bucalo, Susanna Lina Giulia Camusso, Maria Cristina Cantù, Annamaria Furlan, Claudio Lotito, Tino Magni, Paola Mancini ed Elisa Pirro.

Comunico inoltre che, d'intesa con il Presidente del Senato, la Commissione è convocata per mercoledì 13 settembre prossimo, alle ore 14,30, presso la sede di Palazzo San Macuto per procedere alla propria costituzione.

Modifica nella costituzione del Comitato per la legislazione.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 9 settembre 2023, scade il turno di presidenza del Comitato per la legislazione del deputato Gianfranco Rotondi.

Ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 2, del Regolamento e sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta per il Regolamento nella seduta del 16 ottobre 2001, le funzioni di presidente del Comitato per il secondo turno di presidenza - a decorrere dal 10 settembre 2023 - sono assunte dal deputato Bruno Tabacci; quelle di vicepresidente dalla deputata Catia Polidori, cui spetterà il successivo turno di presidenza. Le funzioni di segretario restano affidate alla deputata Valentina Barzotti.

Sui lavori dell'Assemblea e nuova articolazione dei lavori per il periodo 11-15 settembre 2023.

PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse tra i Gruppi, il seguito dell'esame dei tre disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno della seduta odierna è rinviato alla prossima settimana, nella quale sarà previsto nella seduta di giovedì 14 settembre, dopo l'informativa urgente del Governo sui tragici eventi occorsi presso la stazione ferroviaria di Brandizzo, che avrà luogo a partire dalle ore 9.

Avverto, inoltre, che, essendo stato rinviato al prossimo venerdì 15 settembre lo svolgimento delle interpellanze urgenti, nella giornata di domani l'Assemblea non terrà seduta.

Avverto infine che, secondo le intese intercorse tra Gruppi e all'esito di quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo del 2 agosto scorso, è stata predisposta la seguente articolazione dei lavori per la settimana 11-15 settembre 2023:

Lunedì 11 settembre (ore 10,30 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1364 - Conversione in legge del decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98, recante misure urgenti in materia di tutela dei lavoratori in caso di emergenza climatica e di termini di versamento (approvato dal Senato – scadenza: 26 settembre 2023).

Discussione sulle linee generali dei disegni di legge n. 1343 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2022 e n. 1344 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2023.

Martedì 12 settembre (ore 11)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Martedì 12 (ore 14,30-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e mercoledì 13 settembre (ore 9,30-13,30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1364 - Conversione in legge del decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98, recante misure urgenti in materia di tutela dei lavoratori in caso di emergenza climatica e di termini di versamento (approvato dal Senato – scadenza: 26 settembre 2023).

Seguito dell'esame dei disegni di legge n. 1343 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2022 e n. 1344 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2023.

Mercoledì 13 settembre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata

Giovedì 14 settembre (ore 9-13,30 e 15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 e nella giornata di venerdì 15 settembre)

Informativa urgente del Governo in ordine ai tragici eventi occorsi presso la stazione ferroviaria di Brandizzo.

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1001 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Ucraina, dall'altra, firmato a Kiev il 12 ottobre 2021.

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1040 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla protezione degli investimenti tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Singapore, dall'altra, fatto a Bruxelles il 19 ottobre 2018 (approvato dal Senato).

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1041 - Ratifica ed esecuzione dell'Atto di Ginevra dell'Accordo dell'Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e modelli industriali, fatto a Ginevra il 2 luglio 1999 (approvato dal Senato).

Venerdì 15 settembre (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Organizzazione dei tempi di esame di disegni di legge.

PRESIDENTE. Avverto inoltre che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame dei disegni di legge n. 1343 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2022 e n. 1344 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2023 (Vedi l'allegato A).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Donzelli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DONZELLI (FDI). Grazie, Presidente. Semplicemente per segnalare che non è la prima volta che non viene registrato il mio voto correttamente. Come capita a me può capitare ad altri deputati. In questo caso, a me ferisce particolarmente che non sia stato registrato il mio voto a favore sulla mia proposta di legge; dopodiché, a prescindere dal caso specifico, credo che debba poter funzionare il sistema informatico. Aggiungo che non posso nemmeno fare la segnalazione di voto perché il modulo prevede la dicitura: “ha votato erroneamente” e “voleva votare”. Io ho votato correttamente: è il sistema che ha registrato erroneamente il mio voto, che è stato corretto, e credo che, per un normale e logico funzionamento della democrazia, sia necessario trovare una modalità per la quale il voto dei parlamentari sia sempre rappresentato e registrato correttamente, perché, altrimenti, viene meno il cardine della democrazia.

Il modulo con la dicitura: “voleva votare”, “ha votato erroneamente” è idoneo se un deputato si sbaglia, ma, se uno vota in un modo, è necessario che quel voto esista. Poi in questo caso è solo una questione morale, perché non cambia l'esito della votazione, ma se ci fosse mai una votazione che per un voto cambia l'esito di una legge, non può funzionare che uno vota in un modo e viene registrato diversamente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Donzelli, purtroppo, la segnalazione è arrivata dopo la chiusura delle votazioni però, come Vicepresidente, mi faccio parte diligente per sostenere tecnicamente la riparazione del caso. Il modulo, purtroppo, in questo momento è scritto come lei sa, però anche sotto questo aspetto mi faccio parte diligente per chiedere al Presidente anche di tener conto di quanto lei ha rappresentato, che mi sembra estremamente corretto, per questo la ringrazio.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Francesco Emilio Borrelli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Grazie, Presidente. Premetto che volevo sottoscrivere quello che ha detto il collega Donzelli perché anche a me è successo e adesso, tra l'altro, sto vedendo che oggi a me non risultano alcune votazioni, mentre sono stato praticamente, tranne che per una votazione, sempre in Aula. Detto ciò, ho chiesto di intervenire a fine seduta per ricordare l'ennesima vittima della violenza assurda che sta vivendo il territorio del napoletano e, purtroppo, più in generale tutto il Paese e di cui più volte ho parlato in quest'Aula. Mi riferisco al caso del giovane musicista Giovanbattista Cutolo, ragazzo di 24 anni che è stato ucciso al centro della città di Napoli - non perché non avvengano in periferia cose simili - a 100 metri dalla questura, a 200 metri dalla sede comunale e a 400 metri dalla prefettura di Napoli. È stato ucciso da un ragazzino di 16 anni che girava armato all'interno della nostra città, come accade in tante altre città. Perché voglio fare questo ricordo in Aula? Perché Giovanbattista Cutolo era un ragazzo che suonava il corno ed io sfido chiunque a sapere, prima della sua scomparsa, la storia di questo strumento straordinario. Amava il bello e rappresentava l'opposto del soggetto che l'ha ucciso: una persona che inneggiava a TikTok, che idolatrava i murales a favore dei criminali e dei delinquenti, che veniva purtroppo da una famiglia di persone con gravi precedenti e lui stesso aveva dei precedenti perché addirittura, oltre a furti e rapine - a 16 anni aveva già questo bel curriculum - aveva già alle spalle un tentato omicidio. Allora, le responsabilità non solo sono del soggetto che ha commesso quest'omicidio - e per quanto mi riguarda anche del contesto familiare in cui è cresciuto -, ma di coloro che sapevano e gli hanno permesso di continuare a comportarsi in questo modo, lasciandolo libero, libero di girare con una pistola, libero di girare a 16 anni alle 4, alle 5 o alle 6 del mattino senza alcun controllo.

Questo è inaccettabile. Era anche libero di non andare a scuola, perché ovviamente non andava neanche a scuola. Si tratta di un fallimento che ha portato alla morte del bello, e cioè di un ragazzo che era un esempio di impegno: faceva il cameriere per permettersi gli studi al Conservatorio.

Ecco, io voglio ricordare questo ragazzo, Giovanbattista, come tutti i Giovanbattista; vorrei ricordare i familiari, la sorella Lulù, e dire che dobbiamo impegnarci e ricordare; dobbiamo impegnarci a fare sempre di più nella direzione delle persone perbene e di questa gioventù che si impegna per il bello; dall'altra parte, dobbiamo essere fermi nel voler cambiare rispetto alla possibilità per questi ragazzi sbandati di continuare a fare quello che vogliono, arrivando a colpire le famiglie, ma anche realizzando scuole, aumentando i servizi sociali, facendoli pagare quando sbagliano e creando un sistema più giusto, affinché la morte di questo ragazzo non sia avvenuta invano (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Anna Laura Orrico. Ne ha facoltà.

ANNA LAURA ORRICO (M5S). Grazie, Presidente. Ci siamo: i nodi stanno arrivando al pettine e la Calabria, come altre regioni, sta facendo i conti con le scelte miopi di Roma. Il taglio indiscriminato che questo Governo ha deciso di effettuare sugli istituti scolastici, il famoso dimensionamento scolastico, sta determinando le prime conseguenze negative: molta confusione, mancanza di dirigenti in contesti fragili, competizione tra sindaci e comuni.

È il caso, ad esempio, del Liceo Costanzo di Decollatura, un piccolo comune nel Reventino, un'area interna della Calabria, con 400 studenti, un reddito medio pro capite annuo di 15.000 euro, un'incidenza di studenti svantaggiati del 3,4 per cento e condizioni infrastrutturali obsolete e drammatiche. Una scuola, questa, che è un punto di riferimento per tantissimi giovani che fanno pendolarismo per poter studiare. Ecco, con il dimensionamento scolastico questo istituto verrà accorpato probabilmente a un istituto più grande nel centro urbano più vicino e perderà non solo la dirigenza scolastica ma anche gli uffici amministrativi. Ciò determinerà, ovviamente, una perdita di efficacia e di qualità, non solo, nella gestione amministrativa, ma anche nell'offerta didattica.

Accade, così, che i sindaci di molti comuni stiano entrando in competizione, perché la regione Calabria ha deciso di devolvere la responsabilità dei tagli delle autonomie scolastiche ai comuni e alle province e, pertanto, molti sindaci sono entrati in competizione tra di loro per evitare che le proprie scuole vengano accorpate ad altre.

C'è poi il caso di San Luca, comune aspromontano che, di certo, non è assurto agli onori della cronaca per le bellezze paesaggistiche, ma per le difficoltà del contesto sociale, culturale ed economico. Ecco, a San Luca, a causa del dimensionamento scolastico che non consente l'immissione in ruolo di nuovi dirigenti scolastici, non ci sarà un dirigente scolastico, ma un reggente. Questo significherà la mancanza di un punto di riferimento per gli studenti, per le famiglie, per una comunità che ha bisogno che lo Stato sia attento e presente.

In Calabria, solo nel 2024, verranno meno 79 autonomie scolastiche; ciò significa che 79 scuole diventeranno dei gusci vuoti, popolati soltanto da studenti e da docenti che non avranno, se non alcuni giorni o alcune ore a settimana, dirigenti a cui poter fare riferimento e personale amministrativo.

Dunque, voglio rivolgere un appello alla vice presidente della regione, la professoressa Princi, che è anche un dirigente scolastico, affinché si ponga fine a questo dimensionamento scolastico e questi tagli non vengano fatti in maniera indiscriminata e campanilistica, seguendo soltanto gli interessi di alcuni (pochi) elementi politici a livello territoriale o l'interesse spregiudicato che ha voluto seguire questo Governo, ovvero quello del risparmio economico che non ha nulla a che vedere invece con la qualità dell'offerta formativa, con la qualità dell'istruzione e dell'educazione che, costituzionalmente, dovremmo garantire a tutte le generazioni passate, presenti e future (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marianna Ricciardi. Ne ha facoltà.

MARIANNA RICCIARDI (M5S). Ogni giorno ricevo messaggi da parte di persone disperate perché non riescono a curarsi e da parte di medici e infermieri disperati, perché non riescono a curare, perché lavorano in condizioni disumane.

I nostri medici e i nostri infermieri rappresentano il vero pilastro su cui si regge il nostro Servizio sanitario nazionale, sottofinanziato; e soltanto grazie alla loro vocazione e al loro spirito di abnegazione - soltanto grazie al giuramento di Ippocrate - essi portano avanti il Servizio sanitario nazionale.

Dico che è soltanto grazie alla vocazione, perché se pensiamo agli stipendi di medici e infermieri, ci rendiamo conto che sono i più bassi d'Europa, ma sono anche i più bassi, se rapportati a quelli della pubblica amministrazione. Se, infatti, consideriamo le ore di straordinario di un dirigente medico - in media 300 ore l'anno di straordinario non pagato - e se consideriamo anche i turni festivi che si trova a dover fare, se andiamo infine a considerare il carico di responsabilità e i rischi a cui si espone un medico o un infermiere, ci rendiamo conto che è soltanto grazie alla vocazione se questo personale non lascia il pubblico per “fuggire” nel privato.

Quello di cui il Servizio sanitario nazionale ha bisogno sono quei 4 miliardi chiesti dal Ministro Schillaci che, in legge di bilancio, al momento sembrano non esserci, e nessuno ha smentito questa cosa.

Quattro miliardi - badate bene - non servono per migliorare il Servizio sanitario nazionale ma servono per mantenerlo a galla, per far sì che almeno resti in vita e che possa, quindi, essere migliorato successivamente.

Ad oggi quelle risorse servono come il pane, e nessuno ha smentito il fatto che non ci siano: quindi, se l'intenzione è quella di distruggere completamente il Servizio sanitario nazionale, allora che lo si dica, e si dica ai cittadini che voi non li ritenete tutti uguali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. La ringrazio.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 11 settembre 2023 - Ore 10,30:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 826 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98, recante misure urgenti in materia di tutela dei lavoratori in caso di emergenza climatica e di termini di versamento (Approvato dal Senato). (C. 1364​)

Relatrice: SCHIFONE.

2. Discussione congiunta sulle linee generali dei disegni di legge:

S. 791 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2022 (Approvato dal Senato). (C. 1343​)

S. 792 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2023 (Approvato dal Senato). (C. 1344​)

Relatrice: LUCASELLI.

La seduta termina alle 14.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 la deputata L'Abbate ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 1 il deputato Borrelli ha segnalato che non è riuscito ad astenersi dal voto;

nella votazione n. 2 i deputati presenti del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 12 il deputato Toccalini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 13 la deputata Lancellotta ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 14 la deputata Lancellotta ha segnalato che si è erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 16 il deputato Benvenuti Gostoli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nelle votazioni nn. 17, 18, 19 e 20 il deputato Marchetti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 21 i deputati Carrà e Nevi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale PDL 1135 - EM. 1.1 246 246 0 124 99 147 63 Resp.
2 Nominale ARTICOLO 1 248 183 65 92 183 0 63 Appr.
3 Nominale ART. AGG. 1.02 253 186 67 94 36 150 63 Resp.
4 Nominale ART. AGG. 1.05 255 183 72 92 34 149 62 Resp.
5 Nominale ODG 9/1135/1 261 261 0 131 102 159 62 Resp.
6 Nominale ODG 9/1135/2 264 253 11 127 103 150 62 Resp.
7 Nominale ODG 9/1135/3 266 205 61 103 45 160 62 Resp.
8 Nominale ODG 9/1135/4 264 203 61 102 53 150 62 Resp.
9 Nominale ODG 9/1135/5 263 260 3 131 113 147 62 Resp.
10 Nominale ODG 9/1135/6 261 261 0 131 115 146 62 Resp.
11 Nominale ODG 9/1135/7 262 262 0 132 114 148 62 Resp.
12 Nominale PDL 1135 - VOTO FINALE 261 200 61 101 200 0 62 Appr.
13 Nominale DOC IV-TER, N 12-A 260 260 0 131 260 0 62 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 22)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale PDL 336-A - ARTICOLO 1 256 245 11 123 245 0 62 Appr.
15 Nominale ARTICOLO 2 255 245 10 123 245 0 62 Appr.
16 Nominale ARTICOLO 3 253 243 10 122 243 0 62 Appr.
17 Nominale ARTICOLO 4 257 246 11 124 246 0 62 Appr.
18 Nominale ARTICOLO 5 255 244 11 123 244 0 62 Appr.
19 Nominale ARTICOLO 6 258 253 5 127 253 0 62 Appr.
20 Nominale ARTICOLO 7 256 245 11 123 245 0 62 Appr.
21 Nominale ARTICOLO 8 255 243 12 122 243 0 62 Appr.
22 Nominale PDL 336-A - VOTO FINALE 226 220 6 111 220 0 62 Appr.