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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 142 di mercoledì 19 luglio 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNARITA PATRIARCA , Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 75, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,34).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 20 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 9,55.

La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 9,55.

Seguito della discussione della proposta di legge: Centemero ed altri: “Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle startup e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti” (A.C. 107​) e dell'abbinata proposta di legge: Stefanazzi ed altri (A.C. 1061​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 107: “Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle startup e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti” e dell'abbinata proposta di legge n. 1061.

Ricordo che, nella seduta del 26 giugno 2023, si è conclusa la discussione generale e il relatore è intervenuto in sede di replica, mentre la rappresentante del Governo vi ha rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge e delle proposte emendative presentate (Vedi l'allegato A).

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

In particolare, il parere della V Commissione (Bilancio) reca due condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, che saranno poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del Regolamento.

L'onorevole Donno, che aveva chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori, vi rinuncia.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Invito il relatore e la rappresentante del Governo a esprimere il parere sugli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 1.

GIULIO CENTEMERO , Relatore. Grazie, Presidente, il parere è contrario su tutti gli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 1.

PRESIDENTE. Lei ha il dono della sintesi, la ringraziamo.

Il parere del Governo?

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Il parere è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo all'articolo aggiuntivo 1.02 Fenu.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fenu. Ne ha facoltà.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie, Presidente. È un emendamento di buon senso, perché estende la platea dei soggetti attraverso i quali investire in startup. Attualmente, si può investire soltanto direttamente o attraverso gli OICR. Con l'emendamento, si aggiunge la possibilità di investire anche tramite società veicolo e altri organismi di investimento collettivo del risparmio. Questo per consentire, anche a chi non svolge attività di investimento a livello professionale, di scegliere di investire i propri risparmi in startup. Abbiamo avuto il parere contrario del Governo in Commissione e questo ci dispiace.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.02 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.03 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 1.01 Fenu.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fenu. Ne ha facoltà.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie, Presidente. Abbiamo apprezzato l'intento emerso dalla volontà del collega Centemero di presentare questa proposta di legge. Lo sviluppo delle startup innovative in Italia, dal 2012 in poi, ha conosciuto un periodo felice e, poi, con i Governi Conte 1 e Conte 2, c'è stata un'impennata anche degli investimenti. Abbiamo apprezzato la volontà di consentire, con l'articolo 2, la trasformazione delle detrazioni in crediti di imposta e, infatti, daremo il nostro voto favorevole a quell'articolo. Con questo articolo aggiuntivo chiediamo di elevare la detrazione Irpef, per le persone fisiche che decidono di investire in startup, dal 30 per cento al 70 per cento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.01 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.04 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.05 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.06 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 1.07 Stefanazzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Nell'ottica di favorire e sostenere la nascita di startup e PMI innovative, partendo dal presupposto che si tratta di settori da incentivare anche con dotazioni a fondo perduto, l'emendamento prevede l'istituzione di un fondo per lo sviluppo di startup e PMI innovative, con una dotazione di 225 milioni, che, tra le altre destinazioni, potrebbe essere utilizzata per il cofinanziamento di investimenti diretti all'acquisizione di quote o partecipazioni in fondi promossi da fondi di venture capital, sia italiani che esteri, nonché in fondi promossi da Business Angel o incubatori certificati. Poi, per una quota parte, per una concessione di finanziamenti a fondo perduto, per progetti d'investimento effettuati da soggetti residenti e non residenti in Italia che intendono costituire startup nel territorio italiano.

Inoltre, l'emendamento avrebbe l'intenzione di istituire il registro nazionale dei soggetti a supporto dell'impresa innovativa. Questo perché, Presidente, il mercato della consulenza a supporto dei settori innovativi, che determinano la nascita di PMI e startup, in Italia è ancora deficitario. Probabilmente, un registro che metta in rete e renda evidenti le competenze non solo private, evidentemente, ma anche di tutti i soggetti pubblici, che regolarmente, nelle università o nei centri di ricerca, svolgono attività di supporto, consentirebbe all'ecosistema delle startup di avere a disposizione un riferimento sotto il profilo consulenziale molto utile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alfonso. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ALFONSO (PD-IDP). Presidente, grazie, per sottolineare e ingrandire ulteriormente quanto posto alla nostra attenzione dal collega Stefanazzi, soprattutto con riferimento all'articolo 1-ter, comma 3, laddove si dispone che nel Registro possono iscriversi enti pubblici e privati di ricerca, università, laboratori specializzati nella valutazione della fattibilità di una tecnologia ovvero del concept. In quest'Aula, sono presenti molti legislatori che hanno votato la cosiddetta 4.0.

Quando l'Agenzia delle entrate, da una parte, e la Direzione generale per la politica industriale, l'innovazione e le PMI, ieri del MISE e oggi del MIMIT (la nuova dicitura) si trovavano davanti al concept di un nuovo materiale, c'è stata difficoltà da parte della lettura burocratica a capire che cos'è il concept di un nuovo materiale e di un nuovo prodotto fondativo e fondamentale per la nuova economia.

Allora, se si crea un circuito, direste voi un cluster di competenze, aiuta a evitare lo stupidario di certa lettura burocratica. Ho le prove che una direzione generale dell'industria ha chiesto: te lo boccio, poi tu fai ricorso al TAR e poi ti dico di sì. Questo è uno stupidario da evitare anche con questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

In morte del giornalista Andrea Purgatori.

PRESIDENTE. Colleghi, prima di andare avanti comunico una brutta notizia all'Assemblea: è venuto a mancare un grande giornalista che era anche un amico e mancherà a tutti per il rigore e per quello che ci ha insegnato, perché ci ha lasciato Andrea Purgatori (Applausi - L'Assemblea e i membri del Governo si levano in piedi).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Amato. Ne ha facoltà.

GAETANO AMATO (M5S). Volevo unirmi al cordoglio per la morte di Andrea Purgatori. È stato un attento osservatore dei fatti di storia che hanno attraversato il nostro Paese. Lo ricordo come sceneggiatore di Il muro di gomma, un film affidato alla regia di Marco Risi, che aprì il primo squarcio sui fatti di Ustica.

Ultimamente, lo abbiamo visto tutti in televisione in Atlantide, trasmissione di inchiesta che si è occupata, tra gli altri, del caso di Emanuela Orlandi, su cui abbiamo approvato una Commissione d'inchiesta. Quindi, era per manifestare il cordoglio mio personale e del MoVimento 5 Stelle (Applausi).

PRESIDENTE. È il cordoglio di tutta l'Aula - la ringrazio, onorevole Amato -, testimoniato anche dall'applauso di prima.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.07 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 1.08 Stefanazzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Questo emendamento è particolarmente significativo, perché interviene con due strumenti, uno che serve a sostenere la fase cosiddetta realmente e veramente early stage della nascita di una startup, cioè la fase in cui sostanzialmente occorre lavorare sugli studi di fattibilità, sul brevetto o sulle innovazioni messe a punto da laboratori di ricerca, e l'altra per sostenere la ricerca applicata e lo sviluppo dell'innovazione tramite il finanziamento a fondo perduto di progetti di creazione e sperimentazione dei prototipi nelle startup innovative.

Poi c'è un passaggio, che è consequenziale al fondo che sostiene questa fase, che è l'istituzione, presso il MIMIT, di un ufficio nazionale di trasferimento tecnologico. Presidente, gli uffici di trasferimento tecnologico delle università italiane sono luoghi straordinari, perché sono spazi in cui, spesso con dotazioni economiche e di personale veramente ridotte, si fanno miracoli. Solo che le audizioni ci hanno consentito di comprendere ancora meglio il fatto che manchi un coordinamento, soprattutto nelle periferie di questo Paese, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle piccole università.

Per questo, l'emendamento propone la creazione di una sorta di cabina di regia, appunto un ufficio di trasferimento tecnologico nazionale, che razionalizzi il sistema della ricerca, quello che, evidentemente, può sfociare poi nella creazione d'innovazione d'impresa, e lo faccia creando anche rete. Spesso, purtroppo, il nostro sistema della ricerca ha difficoltà a interagire e relazionarsi, e molto spesso, ci è capitato anche di apprendere in Commissione, esistono progetti di ricerca straordinari, che sarebbero assolutamente e facilmente integrabili, che, invece, vengono sviluppati in maniera autonoma, e spesso la dimensione ed evidentemente anche la capacità di incubazione delle università e dei piccoli uffici di trasferimento tecnologico delle piccole università non è sufficiente a garantire la vita di queste realtà e queste iniziative.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.08 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).  

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1.09 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore e la rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

GIULIO CENTEMERO , Relatore. Grazie, Presidente. Fatta eccezione per l'emendamento 2.400, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, sul quale il parere è favorevole, sulle restanti proposte emendative riferite all'articolo 2 il parere è contrario.

PRESIDENTE. Comprendendo anche gli articoli aggiuntivi, onorevole?

GIULIO CENTEMERO, Relatore. Sì, esatto.

PRESIDENTE. Quindi, su tutte le proposte emendative il parere è contrario, tranne che sull'emendamento 2.400, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, su cui il parere è favorevole.

Il Governo?

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Il parere è conforme.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 2.4 Fenu.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fenu. Ne ha facoltà.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie, Presidente. Sul mio emendamento 2.4 e sull'articolo 2, in generale, apprezziamo, come ho detto prima, la proposta dell'onorevole Centemero di consentire ai soggetti incapienti di convertire in crediti d'imposta le detrazioni. Però, con questo emendamento, in realtà, proponiamo di convertire tutte le detrazioni in crediti d'imposta per tutti i soggetti - quindi, anche per coloro che hanno capienza - per due ragioni: la prima è che, in genere, chi ha capacità finanziaria che gli consente di investire in startup evidentemente ha anche capienza fiscale e, quindi, limitare questa trasformazione solo agli incapienti ci fa sospettare, insomma, che non serva a tanto e che verrà utilizzata praticamente per niente. Ha più senso, invece, consentire a tutti coloro che intendono investire di utilizzare anche i crediti di imposta. Il costo per lo Stato alla fine non cambia: che un soggetto capiente utilizzi le detrazioni o i crediti d'imposta, vi è, comunque, un minore incasso per lo Stato e, quindi, non cambierebbe assolutamente niente.

Dunque, questa era una proposta che ci sembrava di buonsenso, anche alla luce del fatto che le misure - e lo abbiamo visto su tutte, da Transizione 4.0 al superbonus, che sono incluse anche tra gli obiettivi del PNRR - che hanno utilizzato il credito d'imposta cedibile si sono dimostrate l'unico strumento che ha consentito di mettere a terra nell'immediato le risorse. Quindi, anche in questo caso, usiamo tale strumento. Non costa nulla in più allo Stato, visto che ha dimostrato di consentire, appunto, l'investimento e il recupero nell'immediato delle risorse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.4 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.5 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.6 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.400, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

Passiamo all'emendamento 2.7 Stefanazzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Presidente, l'atavica difficoltà e la ridotta propensione del sistema finanziario italiano ad accettare il rischio di impresa possono essere smosse, da un lato, direi, semplicemente attraverso interventi che, come ho illustrato in precedenza, vadano a incidere sui costi e migliorino sostanzialmente il rendimento dell'investimento e, dall'altro, con misure fiscali - e il Partito Democratico ha presentato una serie di emendamenti in questo senso - che rendano più appetibile l'investimento in settori in cui, come è noto, il rischio di impresa è più elevato e, quindi, il rischio di non realizzare alcun tipo di profitto dall'investimento è molto alto.

L'emendamento, in particolare, si propone, al fine di facilitare gli investimenti, appunto, nelle startup e nelle PMI innovative, di escludere dal reddito imponibile: le plusvalenze derivanti dalle partecipazioni al capitale sociale di una o più startup o PMI innovative possedute direttamente o per il tramite di OICR, che effettuino almeno il 30 per cento dei propri investimenti in startup o PMI innovative; nella misura del 50 per cento le minusvalenze realizzate relative a partecipazioni al capitale sociale di una o più startup o PMI innovative possedute direttamente o tramite OICR, che effettuino, anche queste, almeno il 30 per cento dei propri investimenti in startup e PMI innovative; nella misura dell'80 per cento gli investimenti effettuati per l'acquisizione di startup o PMI innovative; nella misura del 90 per cento gli investimenti, nel periodo d'imposta in corso e per i successivi tre anni, effettuati per l'acquisizione di startup innovative sottoposte a procedura concorsuale.

Questo perché, Presidente, l'altro grande problema è, appunto, l'altissima mortalità e la difficoltà per le startup innovative di superare la fase early stage. Anche su questo, in audizione abbiamo appreso che c'è un mercato molto importante di PMI innovative e di startup che, pur lavorando su frontiere di ricerca molto interessanti, scontano problematiche di natura finanziaria ed economica e sono in fase prefallimentare o fallimentare. Quindi, abbiamo ritenuto che potesse essere opportuno offrire al mercato uno strumento per venire incontro a questo tipo di necessità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.7 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.01 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 2.02 Stefanazzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Con questo articolo aggiuntivo abbiamo anticipato un po' l'orientamento che sembra che il disegno di legge Capitali stia traguardando. In questo Paese, sempre ribadendo la necessità di sostenere e far crescere il mercato dei capitali in Italia, esiste un risparmio diffuso presso gli enti di previdenza obbligatoria, in particolare per la pensionistica complementare, che non interagisce o interagisce in maniera molto ridotta con il mercato. Avendo queste istituzioni profili di rischio per gli investimenti molto bassi, che apparentemente non si conciliano con la volatilità e il rischio degli investimenti in innovazione, il Partito Democratico ha proposto di sostenere l'ingresso di queste istituzioni, di questi enti nel mercato delle startup e delle PMI innovative, innanzitutto prevedendo che i fondi di previdenza complementare possano destinare somme superiori allo 0,5 per cento dell'attivo patrimoniale a fondi di venture capital o a fondi promossi da business angel o incubatori certificati italiani o anche a società di investimento. Gli enti di previdenza stessi e i fondi di previdenza complementare possono dedurre il 30 per cento del totale delle somme destinate agli investimenti in startup. Abbiamo, inoltre, immaginato che le minusvalenze possibili in questo settore, derivanti dalla partecipazione diretta o indiretta al capitale sociale di una o più startup o PMI, che siano state detenute ininterrottamente nei 12 mesi precedenti, possano essere maggiorate ai fini fiscali del 150 per cento.

Ripeto, questo è un passaggio fondamentale. Onestamente, non capisco perché l'articolo aggiuntivo non sia stato accolto, soprattutto perché ci siamo trovati una misura sostanzialmente analoga nella bozza del disegno di legge Capitali che in questo momento è in discussione al Senato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.02 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.04 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 2.09 Alifano.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Alifano. Ne ha facoltà.

ENRICA ALIFANO (M5S). Grazie, Presidente. Io vedo con piacere che, bene o male, siamo tutti d'accordo sul fatto che i temi dell'occupazione e dell'innovazione restino al centro del dibattito di quest'Aula e, ovviamente, con la promozione delle startup e delle PMI innovative si va in questa direzione. Voglio ancora rammentare che il tema dell'innovazione è stato preso molto a cuore dal legislatore nel 2012 ed è stato implementato soprattutto negli ultimi tempi, con i Governi “Conte 1” e “Conte 2”.

Con questo articolo aggiuntivo, noi proponiamo che ci siano sgravi contributivi per i datori di lavoro di startup e PMI innovative nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro dipendente, nel limite di 3.000 euro annui e per 36 mesi. Tale misura può dare uno stimolo alla crescita delle startup e delle PMI innovative. Lo Stato si deve sicuramente interessare della crescita e dell'innovazione e questo articolo aggiuntivo va in questa direzione.

Con il secondo capoverso prevediamo che, nell'applicazione dell'esonero contributivo, non siano previsti per la determinazione dell'esonero i fringe benefit. Questo è un altro sistema per poter avvicinare la richiesta di esonero contributivo. Sono misure che vanno proprio nella direzione della promozione sia dell'occupazione sia dell'innovazione tecnologica e ci rammarichiamo che questo articolo aggiuntivo non sia stato accolto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.09 Alifano, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.06 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 21).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 2.03 Fenu.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Dell'Olio. Ne ha facoltà.

GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Grazie, Presidente. Intanto, chiedo di aggiungere la mia firma. Vorrei dire che con questo articolo aggiuntivo, che è molto simile all'articolo aggiuntivo 2.02 Stefanazzi, si cerca di fare quello che, in realtà, richiede… C'è un po' troppo brusio, Presidente.

Si richiede di fare, con questo articolo aggiuntivo, quello che, effettivamente, richiede questa proposta di legge, cioè promozione e sviluppo delle startup mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti.

Il dettato di questa proposta di legge prevede degli incentivi, sì, ma non sono così forti come dovrebbero essere. Abbiamo bisogno di dare supporto alle startup. Allora, dando delle imposizioni alle società, ai fondi di venture capital e ai fondi di incubatori certificati di investire una quota pari allo 0,5 per cento - è una quota minima - nelle startup, facciamo quello che si deve fare, cioè permettere alle startup di avere quel supporto effettivo per poter crescere. Sappiamo perfettamente che molte startup non ce la fanno, hanno vita breve, perché hanno necessità di fondi per poter andare avanti. Se non abbiamo un sufficiente investimento anche dal mondo privato, non abbiamo la possibilità di far crescere e far arrivare le startup anche a creare quei famosi unicorn; per questo, in Italia, ne abbiamo solamente uno. Questo era un articolo aggiuntivo che serviva proprio a supportare in questi casi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.03 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore a esprimere il parere.

GIULIO CENTEMERO , Relatore. Grazie, signor Presidente. Fatta eccezione per l'emendamento 3.400, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, su tutte le proposte emendative esprimo parere contrario.

PRESIDENTE. Anche sugli articoli aggiuntivi all'articolo 3, ovviamente.

GIULIO CENTEMERO , Relatore. Assolutamente sì.

PRESIDENTE. Il Governo?

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Il parere è conforme.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.1 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 23).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.2 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 24).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.400, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 25).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 3.01 Stefanazzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Presidente, non sarei dovuto intervenire, ma ho appena letto gli ordini del giorno e ho scoperto che la maggioranza ha fatto propri gli emendamenti che il Partito Democratico…

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, onorevole Stefanazzi, ma ho commesso un errore. Prima del suo intervento, dobbiamo votare l'articolo 3.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

Passiamo adesso all'articolo aggiuntivo 3.01 Stefanazzi.

Prego, onorevole Stefanazzi.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Come dicevo, Presidente, non sarei dovuto intervenire, ma, leggendo gli ordini del giorno, ho appena scoperto che la maggioranza ha praticamente preso gli emendamenti del Partito Democratico, il pacchetto di emendamenti relativi alle incentivazioni a fini assunzionali, e li ha fatti diventare ordini del giorno della maggioranza. Quindi, sono abbastanza perplesso, perché la discussione su questi passaggi è stata, in Commissione, molto serrata; il Partito Democratico proponeva di agevolare le startup e le PMI innovative o i business angel che assumano lavoratori che non abbiano compiuto 45 anni di età, con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con 36 mesi di esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. Ovviamente, si tratta di un esonero che spetta soltanto per nuove assunzioni. Con lo stesso strumento, con il nostro pacchetto di emendamenti, si è, peraltro, previsto l'esonero dal pagamento dei contributi previdenziali nei primi tre anni di attività dovuti dai soci di startup innovative o di PMI, startup con fatturati inferiori ai 200.000 mila euro e PMI innovative con fatturati inferiori a un milione di euro.

Sono abbastanza sorpreso. Prendo atto del fatto che evidentemente le proposte del Partito Democratico avevano un senso e mi dispiace un po' che si sia dovuto ricorrere a questo escamotage.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Chiedo scusa, signor Presidente, ma quello che ha appena detto il collega Stefanazzi merita attenzione e mi rivolgo al Governo, che deve ancora esprimere i pareri. Sarebbe un comportamento poco corretto, da un punto di vista istituzionale, che si esprimesse un parere negativo su un emendamento dell'opposizione e, poi, un parere favorevole su un ordine del giorno presentato dalla maggioranza sullo stesso tema e con gli stessi contenuti.

Spero che questo non avvenga.

PRESIDENTE. Onorevole Fornaro, solo per dare un'aggiunta di tipo scolastico, preciso che questi emendamenti hanno tutti il parere contrario della V Commissione, cioè sono senza copertura. L'ordine del giorno, come sapete, impegna il Governo, ma non ha necessità di una copertura, quindi, da questo punto di vista, è proprio un altro mondo.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Presidente, è esattamente quello che stavo domandando. Quindi, il motivo per cui gli emendamenti presentati dalla minoranza, a firma del Partito Democratico, sono stati bocciati dal Governo e dalla maggioranza, con un parere negativo, è solo di tipo tecnico?

Questo è un elemento che vorremmo approfondire. Infatti, effettivamente anch'io ho notato la stessa identica cosa, però, vorrei far notare che, sempre negli stessi ordini del giorno, ce ne sono due che sono super tecnici (ne parlavamo prima con il collega, infatti, eravamo intenzionati ad astenerci). Mi riferisco all'ordine del giorno n. 9/107/5 Bagnai e all'ordine del giorno n. 9/107/7 Gusmeroli. Questi due sembrano quasi emendamenti, più che ordini del giorno.

Sia chiaro, per quanto ci riguarda, il dialogo, il percorso e il lavoro assolutamente sereno e collaborativo con la Commissione sono da sottolineare, però, oggettivamente, rimaniamo molto sorpresi, primo, del fatto che gli emendamenti del Partito Democratico siano stati bocciati e, poi, in qualche modo, ripresentati come ordini del giorno, secondo, che ci siano due ordini del giorno che, dal nostro punto di vista, sono talmente tecnici che devono essere presentati come emendamenti. È un chiarimento che ci interessa avere per i rapporti di collaborazione e, soprattutto, di chiarezza tra la minoranza e la maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

SARA FERRARI (PD-IDP). Presidente, intervengo per esprimere il mio sconcerto, ma coltivo il dubbio di aver capito male. Gli emendamenti del Partito Democratico sono stati bocciati, perché non hanno copertura, ha detto lei, e sono stati trasformati in ordini del giorno, non dal Partito Democratico…

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. Non è così. Ho dato una spiegazione di tipo scolastico: se c'è un parere contrario della Commissione bilancio e non c'è copertura, l'emendamento ha il parere contrario; nulla c'entra rispetto all'ordine del giorno, che è un impegno che, come sa, non ha nessuna valenza dal punto di vista della copertura, perché non ce l'ha. Poi, il parere del Governo è ovviamente quello del Governo. Mi scusi se l'ho interrotta.

SARA FERRARI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Finisco. Sono abituata che, quando un emendamento ha parere negativo, il Governo può suggerire alla forza politica che l'ha ideato e proposto di trasformarlo in ordine del giorno, non che ci sia un esproprio intellettuale, della proprietà intellettuale da parte della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), ma magari che si apra un dialogo, perché, condividendo l'obiettivo nel merito, ci possa essere una condivisione di questo. È la prima volta che vedo succedere, invece, esattamente il contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale l'onorevole Stefanazzi, ma è già intervenuto su questo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.01 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.02 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.03 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 29).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 3.04 Stefanazzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Presidente, anche in questo caso, non sarei dovuto intervenire, ma l'ordine del giorno n. 4 è, sostanzialmente, una pedissequa ripetizione del nostro emendamento, con riferimento al credito d'imposta per la redazione dell'atto costituivo e della consulenza legale.

Siamo partiti da una considerazione, ossia che le imprese, le startup, le PMI innovative, per quanto possa sembrare marginale nell'ottica di un investimento complessivo, molto spesso, si trovano nella difficoltà di affrontare proprio le spese iniziali, quelle per la redazione dell'atto costitutivo e per la consulenza legale.

Quindi, avevamo fatto una proposta che adesso vedo ripresa nell'ordine del giorno n. 9/107/4 Centemero, appena presentato.

PRESIDENTE. Onorevole Stefanazzi, non voglio fare il mestiere vostro, ma se sono uguali, perché non presentate ordini del giorno uguali? Prego.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Presidente, mi perdoni, volevo intervenire in precedenza esattamente per questo. La discussione in Commissione è stata molto civile e devo dire straordinariamente collaborativa e le faccio un esempio: l'ordine del giorno n. 9/107/1, a prima firma Alifano, è nato proprio da un accordo fra maggioranza e opposizione nel senso di non accogliere un emendamento, ma di trasformarlo in un ordine del giorno. Ora, mi chiedo: perché questa cosa non è stata fatta anche con gli emendamenti del Partito Democratico, in un clima - lo ripeto, Presidente - di assoluta cordialità e di grande collaborazione? Quando è stato possibile, evidentemente o, forse, quando la maggioranza l'ha ritenuto opportuno per le proprie esigenze, ha espressamente invitato le opposizioni - in questo caso, il MoVimento 5 Stelle - a trasformare un emendamento in ordine del giorno. Non farlo per gli emendamenti presentati dal nostro gruppo mi sembra francamente un atteggiamento che va un po' a minare anche il clima nel quale è nato e si è sviluppato il percorso che ha portato a questo provvedimento.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Fenu, che aveva chiesto di intervenire, vi rinunzia. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.04 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio). Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 30).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 3.05 dell'onorevole Fenu, che chiede di intervenire. Ne ha facoltà.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie, Presidente. Anche in questo caso, svolgo le stesse considerazioni del collega Stefanazzi. Abbiamo presentato un emendamento di assoluto buon senso, tant'è che la maggioranza ha deciso di riproporlo come ordine del giorno. Con esso si esclude l'applicazione degli ISA, che sarebbero gli strumenti presuntivi che vengono applicati un po' a tutte le imprese e che sono di dubbia utilità. In questo caso, però, a maggior ragione, sarebbero strumenti completamente falsati e il Governo…

PRESIDENTE. Per favore, i banchi del Governo lasciamoli liberi… Per favore… Onorevole Frassinetti… Onorevole Latini, deve lasciare i banchi del Governo. Grazie. Prego, onorevole Fenu.

EMILIANO FENU (M5S). Dicevo che il Governo ha espresso parere contrario su un emendamento che non ha costi; è una uno strumento, il modello ISA, inutile per le startup, che, ovviamente, hanno i dati falsati, perché sono società nuove, in piena fase di investimento, che non possono avere utili normali come le altre imprese. Non appare, pertanto, corretto l'atteggiamento della maggioranza e del Governo per cui si dà parere contrario sull'emendamento, ma si formula un ordine del giorno analogo. Chiedo, a questo punto, di apporre la mia firma all'ordine del giorno del collega Gusmeroli n. 9/107/7.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo d'intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.05 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 3.07 Fenu.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Dell'Olio. Ne ha facoltà.

GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Grazie, Presidente. Chiedo di apporre anche la mia firma. Parlavamo di dare supporto alle startup. In precedenza, il collega parlava degli ISA; non ha assolutamente alcun senso apporre gli ISA alle startup. In questo caso, non ha assolutamente senso chiedere di chiedere alle startup di continuare a pagare la tassa di concessione governativa sui libri sociali e l'imposta di bollo. Stiamo parlando di una stima di circa 15 milioni di euro l'anno; è vero è un importo, ma dobbiamo dare supporto alle startup, che, in Italia, non sono assolutamente facilitate dal punto di vista della costituzione.

Ricordo che, qualche anno fa, era possibile costituire le startup anche online, poi ci fu una rivolta da parte di alcune categorie, per cui non è stato più possibile costituire startup in modalità on-line e si è dovuti tornare ai classici sistemi, con costi esageratamente più alti. Ora, su questo vorrei ricordare a tutti che, se non s'interviene, non c'è motivo per gli startupper di creare startup in Italia: basta andare in Croazia e con 300 euro si fa in maniera digitale, senza alcun problema e noi, a quel punto, continuiamo a perdere fatturato, a perdere cervelli, a perdere possibilità.

Per questo, poiché non si è fatto nulla per cercare di facilitare le startup dal punto di vista della costituzione e neanche - com'è stato richiesto in questa sede, con alcuni emendamenti - dal punto di vista della possibilità di ridurre i costi e mettere in ammortamento speciale i costi di costituzione, almeno riduciamo i costi dal punto di vista dei bolli su libri e su cose che sono ormai solo un balzello, considerato che tutto è in formato telematico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.07 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 32).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.08 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 33).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 3.09 Fenu.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Dell'Olio. Ne ha facoltà.

GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Grazie, Presidente. Chiedo anzitutto di aggiungere la mia firma.

Continuiamo a parlare della solita storia; dobbiamo dare supporto alle startup, lo facciamo in maniera minima con questo disegno di legge. Una delle necessità delle startup è proprio quella di avere un supporto che sia anche di accompagnamento alla crescita. Allora, mettere questo chip di 20 milioni di euro per dare un supporto - un limite massimo, tra l'altro; non è detto che debba essere utilizzato tutto - dal punto di vista dei servizi di consulenza permette alle startup di non farsi strozzare da tutti quei soggetti che possono avvicinarsi e pensare di dare supporto e che magari non sono in grado di farlo. Era una maniera per facilitare la crescita e la creazione di queste startup; però, riscontro che l'ipotesi di creare un disegno di legge per le startup si è fermato neanche al minimo sindacale, credo che siamo molto al di sotto del minimo sindacale. Poteva essere molto di più questo disegno di legge, ma ci si è voluti limitare a non pensare che le startup sono una delle poche maniere per far ripartire il Paese e permettere ai giovani – lo ricordo, se ne vanno via dall'Italia circa 120.000 l'anno - di restare qui, invece di andare a costituire startup in altri Paesi, perché, nella maggior parte dei casi, le startup hanno modelli di business replicabili negli altri Paesi. Quindi che senso ha restare in Italia se posso banalmente produrre il mio prodotto all'estero, senza tutte queste problematiche?

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.09 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 34).

Passiamo all'articolo aggiuntivo 3.010 Fenu.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Lovecchio. Ne ha facoltà.

GIORGIO LOVECCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Proprio in tema di start-up, abbiamo un problema. Una startup innovativa - lo ha nel proprio core business - fa alcuni investimenti. Dunque, il problema delle startup è, molte volte, legato a un problema di cassa, di cash flow. Ecco il senso di questa proposta emendativa: è vero che riconosciamo loro un credito d'imposta, però, se ho un credito d'imposta, ma non posso cederlo a un istituto finanziario, avrò sempre un problema di cassa. Stiamo dando la possibilità di fare un credito d'imposta sulle innovazioni di una startup, quindi sugli investimenti che va a fare, ma se quel credito d'imposta rimane in cassa e non si può trasformare in credito finanziario o in moneta liquida, per le startup diventa un problema poter pagare dipendenti, affitti e il leasing. Quindi, quello che chiediamo è una cosa di buonsenso. Non chiediamo niente di che, chiediamo che il credito d'imposta possa essere ceduto esclusivamente a banche oppure a società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo. Quindi, è una proposta di buonsenso, a invarianza finanziaria, non ha alcun costo e serve d'aiuto alle startup, visto che stiamo andando in quella direzione con agevolazioni in tutti i sensi. Dunque non capisco il perché della contrarietà a questa proposta emendativa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.010 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 35).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.011 Fenu, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 36).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere.

GIULIO CENTEMERO , Relatore. Sugli articoli aggiuntivi 4.01 e 4.02 Stefanazzi il parere è contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Parere conforme.

PRESIDENTE. Colleghi, votiamo preliminarmente l'articolo 4.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 37).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 4.01 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 38).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 4.02 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Revoco la votazione, scusate. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alfonso. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ALFONSO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Oggi rivelo che ho molto invidiato la posizione del collega Stefanazzi e anche dei colleghi, soprattutto di opposizione, che sono collocati in quella geometria dei nove, perché sono anni che provo a entrare dentro la materia delle facilitazioni che occorrono alle imprese per fare impresa ed essere innovative.

Oggi, per tre quarti di questo testo - che ha avuto anche interesse e curiosità convergente da parte dell'opposizione - abbiamo parlato di collocazione di risorse tradizionali: risorse finanziarie, risorse tecnologiche, risorse di flessibilità fiscale. È ancora troppo poca l'attenzione che Parlamento, Governo e istituzioni territoriali, centrali ed europee, dedicano alle semplificazioni temporali per definire le procedure.

Quando Bassanini si occupava di vita delle imprese e non di vita finanziaria, concepì lo sportello unico per le attività economiche. Poi, per una serie di ragioni, diventò un adempimento contrattuale nei rapporti giuslavoristici: praticamente, chi aveva la sigletta dello sportello unico, prendeva 700 euro in più al mese, e nessuno utilizzò quella condizione di lavoro per fare in modo che si aumentassero e migliorassero i tempi di performance della PA a favore delle attese autorizzative delle imprese. Non è immaginabile una generazione di vita facile delle start-up, se non si organizza una rivoluzione dei tempi della legge n. 241 del 1990. Un Ministro passeggero del Governo Monti, Corrado Passera, appena terminata l'attività, riuscita, alle Poste - e fece benissimo perché aveva competenza e motivazione -, determinò un articolo di legge, che poi è stato insabbiato, che si chiamava: procedure sperimentali della pubblica amministrazione. Durò lo spazio di 6 mesi, poi non ho capito se furono le procure o gli uffici legali a togliere di mezzo questa norma rivoluzionaria. Noi avremmo bisogno di una norma di quel tipo per fare in modo che le start-up possano nascere, vivere, progredire e realizzare il loro progetto di vita. Autorizzare non significa odiare. In Italia, il processo autorizzativo è troppo difficoltoso. Al Sud e anche in alcune parti della mia regione, che non è esattamente Sud, se non c'è un avvocato del pareggio, le autorizzazioni non arrivano. Allora, serve la norma che colloca che cos'è la virtù del processo decisionale. È debole, questa parte, in questo testo.

Il giovane bravo relatore di maggioranza conosce questo mio pensiero, perché ne abbiamo parlato in quella Commissione junior, rispetto alla Commissione bilancio, che è quella senior, la quale si occupa e si occuperebbe di materia economica e di decisioni istituzionali per le vicende economiche. Occupiamoci dei tempi di azione e reazione della pubblica amministrazione rispetto alla vita delle imprese. A Tel-Aviv nascono decine di migliaia di start-up l'anno, pur sapendo che il 90 per cento è destinato a morire, perché questa è la vita dell'economia libera, quando dev'essere libera: quando dev'essere solidale, dobbiamo ricordarci di strumenti come il salario minimo, ma quando dev'essere libera, c'è bisogno di velocità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 4.02 Stefanazzi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 39).

Colleghi, ricordo che, alle ore 12, è prevista la commemorazione della strage di via D'Amelio. Pertanto, ove si convenisse di concludere l'esame del provvedimento entro tale ora, invito i rappresentanti dei gruppi a parlarsi e a tener conto, ai fini del numero e della durata dei prossimi interventi, perché, eventualmente, se non dovessimo arrivare a concludere il provvedimento, lo faremo dopo la commemorazione.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Carotenuto. Ne ha facoltà.

DARIO CAROTENUTO (M5S). Presidente, intervengo per chiedere un'informativa urgente al Ministro Tajani, il quale, abbiamo appreso, intende proporre un salario ricco per questo Paese. Noi siamo da settimane in Commissione a parlare e a confrontarci su un salario minimo che dia dignità…

PRESIDENTE. Chiede un'informativa al Ministro degli Affari esteri?

DARIO CAROTENUTO (M5S). Sì, al Ministro degli Affari esteri, perché, da agenzie di stampa, abbiamo appreso che, secondo lui, nel nostro Paese ci vuole un salario ricco. E siccome noi abbiamo 3 milioni di lavoratori poveri…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Carotenuto, però non è sull'ordine dei lavori. Il Ministro Tajani si occupa di affari esteri, quindi…

DARIO CAROTENUTO (M5S). No, è un'informativa urgente, perché noi il 28 di questo mese andiamo in Aula e stiamo lavorando da mesi…

PRESIDENTE. Ma ha parlato come leader politico, non ha parlato come Ministro. Quindi casomai, in sede di sindacato ispettivo, si rivolgerà a lui in questo senso.

Si riprende la discussione.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

Sono arrivati tre ordini del giorno 5 minuti fa…Ha una richiesta da fare, Sottosegretaria?

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Sì, cortesemente, solo 5 minuti di sospensione.

PRESIDENTE. Va bene, 5 minuti. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 11,10.

La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 11,10.

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno. A questo punto, chiedo alla rappresentante del Governo di esprimere i pareri. Sottosegretaria Savino, se lei è pronta, procediamo.

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Signor Presidente, sull'ordine del giorno n. 9/107/1 Alifano il parere è favorevole con la seguente riformulazione degli impegni: “a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di: 1) adottare iniziative, anche di carattere normativo, dirette a favorire l'avvio di progetti di sviluppo innovativi nei comuni delle aree interne; 2) adottare iniziative, anche di carattere normativo, dirette a rafforzare la capacità attrattiva delle aree interne; 3) adottare iniziative, anche di carattere normativo, dirette a rafforzare le sinergie e la cooperazione fra le comunità locali e le istituzioni, le imprese e gli operatori dell'ecosistema dell'innovazione, al fine di favorire lo sviluppo imprenditoriale nei comuni delle aree interne”.

Sull'ordine del giorno n. 9/107/2 Berruto il parere è favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di avviare ogni iniziativa utile a sostenere le startup che abbiano l'obiettivo di promuovere la cultura del movimento”.

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno n. 9/107/3 Cavandoli, che è identico all'ordine del giorno n. 9/107/10 Fornaro?

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Parere favorevole.

PRESIDENTE. Quindi, il parere è favorevole sull'ordine del giorno n. 9/107/3 Cavandoli e, per trascinamento, anche sull'ordine del giorno n. 9/107/10 Fornaro.

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Parere favorevole sull'ordine del giorno n. 9/107/4 Centemero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno n. 9/107/4 Centemero è identico all'ordine del giorno n. 9/107/11 Stefanazzi, quindi, per trascinamento, il parere è favorevole anche sull'ordine del giorno n. 9/107/11 Stefanazzi.

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Parere favorevole sugli ordini del giorno n. 9/107/5 Bagnai, n. 9/107/6 Di Mattina e n. 9/107/7 Gusmeroli.

Sull'ordine del giorno n. 9/107/8 Andreuzza il parere è favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di potenziare gli incentivi relativi alle attività di ricerca e sviluppo da parte delle startup e delle PMI innovative”.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno n. 9/107/8 Andreuzza è identico all'ordine del giorno n. 9/107/12 Casu, quindi, anche per l'ordine del giorno n. 9/107/12 Casu c'è la stessa riformulazione?

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Sì.

PRESIDENTE. Manca soltanto il parere sull'ordine del giorno n. 9/107/9 Toccalini.

SANDRA SAVINO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Sull'ordine del giorno n. 9/107/9 Toccalini il parere è favorevole con la seguente riformulazione dell'impegno: “a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di estendere la detrazione in regime de minimis, di cui in premessa, anche alle fattispecie di investimento indiretto per il tramite di altre società di capitali che investono prevalentemente in startup innovative o piccole e medie imprese innovative, nonché di chiarire il regime di cumulabilità tra la detrazione ordinaria e quella speciale sulla medesima operazione finanziaria”.

PRESIDENTE. Grazie Sottosegretaria Savino.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/107/1 Alifano. Onorevole Alifano, accetta la riformulazione?

ENRICA ALIFANO (M5S). Si, Presidente, la accetto e credo che vi sia concordia da parte di tutte le forze in quest'Aula. Comunque, chiedo che venga messo ai voti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

GIULIO CENTEMERO (LEGA). Quest'ordine del giorno è condiviso dalla Commissione e dagli altri gruppi, quindi anche come Lega lo sottoscriviamo e, ovviamente, voteremo favorevolmente.

PRESIDENTE. Sottoscrivono anche Alleanza Verdi e Sinistra e il Partito Democratico. Quindi, l'ordine del giorno è sottoscritto dai gruppi.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/107/1 Alifano, come riformulato, con parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 40).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/107/2 Berruto. Onorevole, accetta la riformulazione?

MAURO BERRUTO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Accetto la riformulazione, però chiedo che venga messo ai voti e faccio, se posso, una brevissima dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Brevissima, grazie.

MAURO BERRUTO (PD-IDP). Brevissima davvero. Capisco che occorre che anche quest'ordine del giorno rispetti i vincoli di finanza pubblica, però ricordo che noi proprio ieri abbiamo riavviato l'iter che ci porterà a brevissimo ad approvare, mi auguro all'unanimità, la modifica dell'articolo 33 della Costituzione che recita che la Repubblica riconoscerà il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme.

Con quest'ordine del giorno ricordo che è possibile finanziare l'attività motoria e la cultura del movimento come un vero e proprio farmaco, quindi rivolta a persone che hanno il diabete, a persone obese, a persone che hanno alcune patologie cardiovascolari e alcune forme tumorali, e così via, perché è giusto farlo ma anche perché è un beneficio per la finanza pubblica. La letteratura scientifica, non la mia opinione, ricorda che 1 euro investito in attività motoria ne fa risparmiare almeno 4 al Servizio sanitario nazionale. Quindi, ringrazio per il parere favorevole, però invito anche al voto e a trovare questa disponibilità economica per attuarlo.

PRESIDENTE. Lo sottoscrivono i gruppi Partito Democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, Lega e MoVimento 5 Stelle.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/107/2 Berruto, nel testo riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 41).

Sull'ordine del giorno n. 9/107/3 Cavandoli il parere è favorevole.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

GIULIO CENTEMERO, Relatore. Vorrei sottolineare che quest'ordine del giorno è condiviso con l'onorevole Stefanazzi, quindi anche con il gruppo PD. C'è stato questo piccolo incidente sugli ordini del giorno. È colpa del relatore, chiedo scusa, ma condividiamo assolutamente gli obiettivi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Presidente, solo per prendere atto, e sono certo, visto il clima in cui era maturato il lavoro in Commissione, che si è trattato esclusivamente di un errore tecnico, grazie.

PRESIDENTE. Ci manca solo un bacio e siamo a posto.

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/107/4 Centemero. È sottoscritto anche dal gruppo Alleanza Verdi e Sinistra.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

GIULIO CENTEMERO, Relatore. Signor Presidente, parafrasando, come si dice sempre, vedi sopra, stesso discorso di prima.

PRESIDENTE. Un altro bacio!

GIULIO CENTEMERO, Relatore. Quindi è condiviso assolutamente con i gruppi di minoranza.  

PRESIDENTE. L'onorevole Stefanazzi ricambia l'affettuosità.

Sugli ordini del giorno n. 9/107/5 Bagnai, n. 9/107/6 Di Mattina e n. 9/107/7 Gusmeroli il parere è favorevole.

Sugli ordini del giorno n. 9/107/8 Andreuzza e n. 9/107/9 Toccalini le riformulazioni sono accettate.

L'ordine del giorno n. 9/107/10 Fornaro era identico, e quindi andiamo avanti.

L'ordine del giorno n. 9/107/11 Stefanazzi va bene.

Sull'ordine del giorno n. 9/107/12 Casu si accetta la riformulazione.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Colleghi, siamo nei tempi e, secondo le intese, dovremmo starci.

Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Colucci. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO COLUCCI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Il gruppo Noi Moderati voterà a favore di questa proposta di legge relativa ad agevolazioni fiscali e ad incentivi agli investimenti per la promozione e lo sviluppo delle startup e delle piccole e medie imprese innovative. Questa proposta di legge interviene sull'ampio quadro di misure conosciute come Startup act del 2012, e noi, come Noi Moderati, siamo particolarmente attenti da molto tempo al tema dell'innovazione. Crediamo che il termine innovazione coincida con quello di crescita e, sia che si tratti di innovazione di prodotto, compresa l'innovazione di design, sia che si tratti di innovazione di processo, compresa l'innovazione tecnologica, crediamo che sia la strategia e lo strumento migliore per competere anche di fronte alle copiature, di fronte alle manifatture, prima dell'Est e poi del Far East, che mettono spesso in difficoltà le nostre originarie produzioni.

È talmente strategica che sia l'Italia sia l'Europa da sempre l'hanno individuata come strada da incoraggiare, ad esempio in Italia, nel 2016, con Industria 4.0. È sotto gli occhi di tutti i colleghi e del Governo ed è molto chiaro l'impulso che Industria 4.0 ha garantito, al punto tale che oggi il valore delle imprese che si sono caratterizzate con Industria 4.0 ammonta a 4 miliardi e 100 milioni. Su questa strada il Governo deve proseguire. Altrettanto saggi e importanti sono stati i criteri e le caratteristiche del PNRR che vanno verso la digitalizzazione e che individuano nella digitalizzazione l'occasione di aumentare la produttività, l'innovazione e l'occupazione. Su questo il Ministro Fitto e il Governo stanno facendo uno straordinario lavoro, molto serio ed efficace.

Un breve quadro, Presidente, prima di concludere il mio intervento, proprio sul tema delle startup innovative e sulle piccole e medie imprese innovative. In Italia avevamo, nel 2013, quasi 1.500 aziende caratterizzate dall'innovazione; oggi arriviamo a più di 14.000, con 20.432 dipendenti, quindi una crescita del 16,3 per cento, soprattutto per i lavoratori under 35. La presenza di queste aziende è distribuita in tutto il territorio nazionale. Ne abbiamo quasi 4.000 in Lombardia, quasi 2.000 nel Lazio, in Campania raggiungiamo 1.400 aziende, in Emilia-Romagna si superano le 1.000 e via dicendo. Stessa cosa per quanto riguarda le piccole e medie imprese innovative. Superiamo le 2.000 unità nel 2021 e si arriva a quasi 44.000 dipendenti. Sono caratteristiche comuni di queste due fattispecie di realtà produttive legate all'innovazione nel nostro Paese, che si caratterizzano per crescita, incremento di occupazione e presenza in tutta Italia, compreso il nostro amato Sud.

Questi dati ci incoraggiano a proseguire ma a continuare a monitorare lo sviluppo dell'innovazione. Però, Presidente, noi siamo convinti che è importante incoraggiare l'innovazione, gli incentivi, le agevolazioni, ma dentro e dietro ci deve essere sempre l'uomo, uno sguardo importante verso la persona, perché l'innovazione non è sufficiente per fare una grande impresa, per fare crescita e per fare futuro. Senza il genio, la fatica e il sacrificio delle persone l'innovazione sarebbe qualcosa priva di valore.

Noi votiamo a favore, oggi, di questa proposta di legge, perché vuol dire votare a favore dell'impresa innovativa, delle persone che sono dietro a queste imprese, dei lavoratori impegnati e soprattutto dell'Italia che guarda al futuro con fiducia, rispetto alle nuove sfide che il Paese deve affrontare (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Grazie, Presidente. Vorrei iniziare questo intervento esprimendo la soddisfazione per una qualità che ha questa legge, una qualità che noi invochiamo come Alleanza Verdi e Sinistra da molto tempo, quella di essere nata nelle Aule parlamentari, nella nostra Aula parlamentare. Troppo spesso siamo stati artefici soltanto di un voto a favore o contrario o al voto di fiducia rispetto a proposte legislative o decreti del Governo. In questo caso, invece, il lavoro è stato frutto dell'impegno della Commissione e di due proposte di legge, quella del collega Centemero e quella, abbinata, del collega Stefanazzi.

Al di là dell'incidente di percorso, che per fortuna è stato risolto, ossia il fatto che alcuni degli emendamenti proposti dal collega Stefanazzi sono stati poi trasformati in ordini del giorno dalla maggioranza, il giudizio su molti aspetti di questo provvedimento è favorevole, ma noi come Alleanza Verdi e Sinistra abbiamo deciso in ogni caso di astenerci per due motivi, in particolare: il primo è che, nonostante si faccia un passo in avanti, questa è una legge dal respiro corto. Ciò perché oggi il nostro Paese in termini di investimenti in startup, è molto indietro rispetto agli altri, come abbiamo verificato anche dalle risposte che il Governo ha dato su alcuni emendamenti che avrebbero, a quel punto, ottenuto il nostro parere favorevole. Dunque, sarebbero stati necessari maggiori investimenti per quella che per noi è una risorsa strategica del Paese; invece, sulle startup, sull'innovazione e sui giovani si continua a non investire come riteniamo si dovrebbe fare. Lo fanno altri Paesi. In Francia, ad esempio, gli investimenti in startup sono 8 volte più grandi di quelli italiani. Nel 2021: 10 miliardi di euro contro 1,5 miliardi investiti in Italia nello stesso anno e l'Italia, che è la quarta economia dell'area europea e membro del G7, è ancora al dodicesimo posto in Europa per quanto riguarda le startup e PMI innovative.

Questa legge è un passo avanti, ma non investe come avremmo voluto. Per noi, di Alleanza Verdi e Sinistra, gli investimenti nell'innovazione tecnologica e, soprattutto, nelle nuove idee e nelle nuove generazioni e, quindi, nella capacità di modernizzare il Paese e di renderlo competitivo, non soltanto a livello europeo ma a livello mondiale, sono fondamentali. È per questo che, pur apprezzando alcuni aspetti di questa normativa, abbiamo deciso di votare astenendoci (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, anticipo subito che il nostro sarà un voto favorevole su questo provvedimento. Lo anticipo perché, dopo averlo annunciato, vorremmo, però, sottolineare le lacune, le mancanze, gli aspetti carenti e le opportunità mancate. Innanzitutto, è un voto favorevole, perché continua un'esperienza positiva del passato. È del 2012 l'introduzione della norma sulle startup innovative, ma è noto come, soprattutto, i Governi successivi, il Governo Renzi e la nostra componente politica abbiano contribuito a costruire tutti gli aspetti che hanno reso questa norma una disposizione di successo nel Paese, che ha portato i risultati che tra poco ricorderò.

Tuttavia, non abbiamo partecipato al più uno facile delle minoranze, perché ci interessa dare un apporto costruttivo. Lo abbiamo fatto, ad esempio, selezionando tra gli emendamenti - tutti avrebbero meritato un parere e un voto favorevole - quelli rispetto ai quali ci sentiamo di suggerire a questa maggioranza una maggiore attenzione, anche laddove il pretesto della mancanza di fondi, che non può reggere per ogni provvedimento, abbia spinto a negare il proprio appoggio.

La scelta di una legislazione sulle startup innovative si è basata su alcuni aspetti cardine, quali concessione di agevolazioni fiscali, semplificazioni delle procedure, accesso al capitale di rischio, agevolazione e sviluppo per quanto riguarda la ricerca, creazione di networking e collaborazione tra le startup innovative e facilitazione di accesso a incubatori e acceleratori. Abbiamo visto che tutto questo si è potuto fare anche in un Paese che sembrava refrattario a questo tipo di novità. Certo, abbiamo anche visto che i maggiori successi non sono arrivati dall'aver agevolato una partecipazione capillare, ma sono arrivati laddove le grandi fonti di investimento di questo Paese, soprattutto Cassa depositi e prestiti, hanno poi deciso di concentrare la propria attenzione. Questo, allora, mi porta a sottolineare ciò che già accennavo nell'introduzione, cioè che questa maggioranza anche in un'occasione positiva, in cui - ripeto - daremo il nostro voto favorevole, ha perso l'occasione di mettere in campo la propria idea di politica industriale del Paese, perché più che un sostegno alle startup questo è un push up a una scarsa o assente politica economica e industriale di questa maggioranza. Si tratta di ribadire in maniera sbiadita misure del passato.

Allora, l'ultima riflessione che vorremmo affidare a questa maggioranza, accettando quello che viene messo sul piatto e continuando a dare il nostro contributo sulla strada dell'innovazione anche nell'impresa italiana, è raccomandare che si guardi a quanto sta avvenendo in Europa. Per l'Europa l'innovazione ormai non è più solo tecnologica e digitale. L'innovazione è sicuramente ancora ricerca e sviluppo, ma è soprattutto sostenibilità e ricerca di un cambiamento di governance nelle imprese, nonché ricerca di valutazione degli impatti sociali e ambientali di ciò che le imprese producono. Questo è il punto.

Dunque, continuare a sostenere le startup innovative significa voler incidere sull'ecosistema dell'impresa italiana, sia creando un segmento d'impresa che era assente sia creando soprattutto una contaminazione, perché dobbiamo andare a innovare l'impresa tradizionale del nostro Paese, l'impresa che ancora oggi costituisce l'ossatura del nostro sviluppo, e il contributo che daranno le startup innovative - e quello che già hanno dato - è sicuramente importante ma va assolutamente integrato, in una visione complessiva, in una politica industriale che ci sembra manchi ancora a questa maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Palma. Ne ha facoltà.

VITO DE PALMA (FI-PPE). Signor, Presidente. Signor Sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, la proposta di legge che oggi ci accingiamo a votare è finalizzata alla promozione e allo sviluppo delle startup e delle PMI innovative introducendo agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti a favore di tali imprese, nonché modificando i requisiti di capitale delle SIS, cioè le società di investimento semplice.

A tal proposito, mi piace ricordare, con molto piacere, il primo Ministro per l'Innovazione e le tecnologie. Fu il presidente Berlusconi che ebbe l'idea, geniale in quel momento, di inserire per la prima volta all'interno del proprio Governo il primo Ministro per l'Innovazione e le tecnologie, che era il Ministro Stanca (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). Il primo intervento a tal proposito fu proprio realizzato in merito a una startup e avvenne, in quel momento, in Calabria.

Questa regolamentazione, in effetti, nasce nel 2012 con il decreto-legge n. 179, il cosiddetto decreto Startup Act. La normativa, introdotta con il decreto n. 179 del 2012, è stata poi aggiornata dai successivi provvedimenti, che la rendono tra le migliori normative in Europa. Lo stesso PNRR prevede vari interventi volti a supportare le startup attraverso investimenti diretti e indiretti di capitali di rischio e con nuove competenze e tecnologie.

Nell'ambito di un quadro organico di agevolazioni fiscali per le startup e per le piccole e medie imprese innovative, già previsto nell'ordinamento italiano, vi sono diversi incentivi fiscali. L'inquadramento normativo nel nostro Paese ha sicuramente favorito un accrescimento della sensibilità generale, del mercato e degli operatori economici e finanziari verso i temi dell'innovazione. È stato identificato un perimetro definitorio attraverso il quale incentivare la creazione di startup e di piccole e medie imprese innovative. Si è, dunque, innescato un circolo virtuoso che ha portato alla costituzione di oltre 14.000 startup innovative, come risulta dagli ultimi dati relativi all'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese nel 2022.

Dal punto di vista della localizzazione geografica, dall'elaborazione dei dati annuali del MIMIT, emerge che il 39 per cento delle piccole e medie imprese innovative risiede nell'Italia nord-occidentale, poco meno del 22 per cento opera al Centro, mentre una PMI innovativa italiana su cinque risiede nel Mezzogiorno. Oggi, il nostro Paese conta più di 17.000 startup e un fatturato complessivo che sfiora circa 10 miliardi di euro. Siamo, dunque, di fronte a una realtà che cresce e si consolida di anno in anno. Si è avvertita, dunque, la necessità di procedere - quindi, a 10 anni dall'emanazione del decreto n. 179, da cui ha preso avvio lo Startup Act italiano - a una revisione e a un aggiornamento del corpus normativo. Appare, quindi, necessario individuare ulteriori strumenti in grado di potenziare ed incentivare la nascita di startup e piccole e medie imprese.

Il provvedimento di iniziativa parlamentare che oggi discutiamo va nella direzione di rivedere gli interventi normativi ad oggi esistenti in materia, aggiornando il cosiddetto Startup Act, introducendo, di fatto, novità rispetto a 10 anni fa, nonché nella direzione di creare condizioni di contesto favorevoli a uno sviluppo e consolidamento della filiera dell'innovazione, razionalizzando il sistema dell'incentivazione e introducendo migliorie utili ad affrontare i cambiamenti dell'ecosistema italiano. Interviene sulla disciplina delle detrazioni Irpef per gli investimenti di startup e piccole e medie imprese innovative, al fine di consentire la fruizione anche in caso di incapienza del contribuente, ossia nel caso in cui la detrazione superi l'imposta lorda dovuta dal contribuente. In tale ipotesi, si prevede - ed è questa una misura importante del provvedimento - che l'eccedenza non detraibile sia trasformata in credito d'imposta, utilizzabile nella dichiarazione dei redditi in diminuzione delle imposte ovvero in compensazione con altri tributi mediante F24.

Degna di menzione anche la norma contenuta nell'articolo 3, che dispone le agevolazioni fiscali di cui ai commi da 1 a 3 del medesimo articolo 14. Particolarmente positive sono le disposizioni contenute nell'articolo 4 della proposta di legge, che innalzano da 25 a 50 milioni di euro il limite di patrimonio netto previsto per le SIS.

Presidente, c'è una serie di interventi a favore delle piccole e medie imprese, a favore dei giovani, a favore di quella che è sempre stata la realtà a cui Forza Italia ha sempre dedicato la propria azione politica. L'obiettivo è improntato alla creazione di misure legislative che diano vigore alle aziende sane, alle aziende robuste, che assumono, che hanno impatto sul sociale, sull'ecosistema, sull'ambiente, sull'industria. È per questo motivo che il gruppo di Forza Italia, alla luce di tali considerazioni, voterà convintamente a favore del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fenu. Ne ha facoltà.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie, Presidente. La norma italiana introdotta a partire dal 2012 ha contribuito, certamente, alla crescita del settore delle startup innovative e dal 2018, con i Governi Conte 1 e Conte 2, l'innovazione ha assunto un ruolo centrale nelle politiche del Governo - del Governo Conte, ovviamente -, ne è dimostrazione la crescita di investimenti privati in startup, che sono passati da 500 milioni l'anno a 2 miliardi e mezzo. Questa crescita è dovuta all'attenzione dei Governi Conte, che hanno contribuito alla diffusione della cultura dell'innovazione. Una crescita dovuta anche al ruolo di soggetti istituzionali, come il Fondo nazionale innovazione di Cassa depositi e prestiti, che hanno contribuito alla forte spinta agli investimenti privati in startup, facendo da catalizzatore per le imprese e per gli investitori.

Confrontando i dati italiani, però, con i dati degli altri Paesi, emerge che non siamo ancora arrivati al traguardo. È stato ricordato prima, l'Italia è comunque arrivata a 2 miliardi e mezzo, ma la Francia e la Germania sono sul livello, all'incirca, di 10 miliardi, quindi c'è ancora tanto lavoro da fare.

Per queste ragioni, noi ci siamo approcciati favorevolmente alla proposta di legge del collega Centemero, perché abbiamo percepito la volontà di proseguire il trend positivo del sistema dell'innovazione e del rafforzamento degli incentivi per gli investimenti in startup. Tuttavia non possiamo ritenerci completamente soddisfatte dall'esito dell'esame della proposta, anche perché sono state respinte tutte le proposte emendative e, francamente, si poteva fare di più.

Anche le disposizioni introdotte non sembrano alla portata dell'ambizione dell'iniziativa. Nel testo originario della proposta, l'articolo 2…

PRESIDENTE. Liberiamo i banchi del Governo, per favore. Prego.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie, Presidente. Nel testo originario della proposta, all'articolo 2, si ha il pregio di consentire la trasformazione in credito d'imposta delle detrazioni. Purtroppo ci sono due limiti principalmente: si limita ai soli investimenti del regime de minimis e si limita soltanto ai casi di incapienza. L'ho detto prima quando sono intervenuto su un emendamento: questo non ha molto senso, perché chi investe ha risorse, molto probabilmente ha anche capienza, quindi deve pagare imposte, quindi limitare l'uso dei crediti di imposta soltanto agli incapienti è un po' una misura inutile, nel senso che non verrà utilizzata. Apprezziamo la buona volontà, ma non verrà utilizzata.

In linea con gli obiettivi della proposta di legge, in un'ottica costruttiva, abbiamo fatto anche noi diverse proposte: abbiamo chiesto il potenziamento degli incentivi per chi investe in startup e PMI innovative; abbiamo proposto l'incremento al 70 per cento della detrazione Irpef; abbiamo chiesto il coordinamento della disciplina ordinaria degli incentivi con la disciplina del regime de minimis, chiedendo anche l'elevazione del limite massimo degli investimenti da 100.000 a 300.000 euro; abbiamo chiesto lo stimolo degli investimenti in startup e PMI innovative da parte degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme pensionistiche complementari, al fine di potenziare il volume di investimenti del settore; abbiamo chiesto la diffusione delle nuove tecnologie nei piccoli borghi, con la collega Alifano, con l'esonero contributivo sia per i lavoratori che svolgono la propria prestazione in modalità agile e con domicilio in un comune con meno di 5.000 abitanti, sia per le startup e PMI innovative che costituiscono o trasferiscono la propria sede in tali comuni. Insomma, le richieste sono state tante, l'ultima è stata quella di eliminare per le startup almeno l'obbligo di compilazione dei modelli ISA, perché non ha veramente senso. Tutte queste proposte, condivise e condivisibili, sono state, però, respinte dal parere contrario di un Ministero, il solito Ministero.

Noi, Presidente, ci asterremo, perché condividiamo l'iniziativa e gli obiettivi, ma, oggettivamente, è poco, davvero poco e, in Commissione, come ho detto, non c'è stato spazio per i miglioramenti. Auspichiamo - e concludo - che in Senato si possano accogliere le nostre proposta di modifica, sempre con l'obiettivo, comune immagino, di rafforzare l'ecosistema italiano dell'innovazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

GIULIO CENTEMERO (LEGA). Grazie, signor Presidente. Grazie a tutte le onorevoli colleghe e agli onorevoli colleghi. Si dice spesso - è anche il titolo di una canzone del controverso gruppo hip hop Public Enemy - don't believe the hype, cioè non crediamo a tutto quello che ci viene detto, perché, se dovessimo andare a seguire la doxa, nell'eterna lotta tra doxa ed episteme, allora, forse, potremmo credere che le startup sono composte da gruppi di giovincelli o, a volte, dalla politica sono state brandite quasi come ammortizzatore sociale, come ricordava anche il capogruppo Molinari la settimana scorsa. Eppure, guardiamo esempi di startup che sono nate in un garage e, poi, sono cresciute e, a volte, sono state anche molto utili per l'umanità: penso a Apple e penso a Moderna, oppure, per stare in Italia, penso anche a Satispay, per stare nel paytech.

Vorrei citare alcuni dati. Uno è un dato brutto, allarmante, che è quello del venture capital monitor di Aifi, l'Associazione italiana del private equity e venture capital, che ci dice che, nel primo semestre del 2023, dal venture capital - quindi, sull'economia reale - sono stati investiti 496 milioni di euro, contro i 976 milioni di euro del primo semestre del 2022. Ecco il problema che noi, come lawmaker, come legislatori, dobbiamo provare a risolvere, creando un quadro normativo che faciliti l'investimento e la percezione dello stesso.

Poi, vorrei citarvi un report di Cerved, e torniamo a non credere alla doxa, don't believe the hype. Infatti, cosa ci dice questo report che è sulla natalità delle imprese, cioè sulle imprese che nascono ogni anno, tutte le imprese, non solo startup, ma anche imprese più grandi? Ci dice che le startup sono il motore della crescita occupazionale: nell'ultimo anno, il contributo netto di addetti è di 345.000 su un totale di 535.000. Le mancate nascite di impresa, nel 2022, giusto per dare dei numeri, sono di 27.000 addetti e 2,5 miliardi di fatturato in meno. Quindi, direi che il settore è utile per tutti, anche dal punto di vista occupazionale e dobbiamo occuparcene (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Negli ultimi 15 anni, le startup hanno garantito un contributo positivo costante alla struttura occupazionale e anche nel 2020 il saldo occupazionale è largamente positivo, con 185.000 addetti; nel 2021, la net job creation dell'intero sistema di imprese è pari a 535.000 addetti, di cui 343.000, come si diceva, sono garantiti dalle startup e, questo, per fare un po' il quadro.

Vorrei citare un grande autore e, forse, il più famoso libro di economia di tutti i tempi - il professor Bagnai è fuori dall'Aula, quindi, non mi può tirare le orecchie - perché parlo di Adam Smith e de La ricchezza delle nazioni, che individua nel lavoro svolto il fondo da cui ogni Nazione trae, in ultima analisi, tutte le cose necessarie e comode della vita.

Senza soffermarmi ulteriormente, citando Adam Smith, però, io credo che in “La nuova ricchezza delle nazioni”, Smith avrebbe citato di sicuro la proprietà intellettuale, che è quella che fa la differenza. Gli Stati più dinamici, gli Stati Uniti, la Svizzera, Israele, piuttosto che diversi Stati del Sud-Est asiatico, basandosi proprio sulla proprietà intellettuale che nasce dalla ricerca, che nasce dalle nuove idee, dalla creatività delle persone, dall'imprenditorialità delle persone e, quindi, in ultima istanza, dalla forma della startup, hanno creato una ricchezza che è a lungo termine - lo ripeto, è a lungo termine - a differenza, ad esempio, dello sfruttamento delle risorse naturali. Questo vale, a maggior ragione, in un mondo che cambia velocissimamente.

Faccio una piccola digressione, citando un TED Talks, quello di Kayvon Tehranian, che è il fondatore e l'amministratore delegato di Foundation; Foundation è una piattaforma su cui si “mintano” gli NFT, quindi siamo nel Web3, nel nuovo Internet. Nel Web3 cambia completamente il business model, cioè mentre nell'Internet 2.0 vi era il modello della pubblicità, dell'advertising dove tutto era intermediato da piattaforme che pagavano la pubblicità e non veniva retribuita l'opera dell'ingegno, con il Web3 quest'opera dell'ingegno viene retribuita. Per un NFT, per esempio, sulla blockchain, viene remunerato l'autore ogni qualvolta lo stesso viene scambiato. Se poi osserviamo la velocità con cui fenomeni come ChatGPT e Threads, ultimamente, si sono diffusi, capiamo l'impatto che la transizione digitale sta avendo sulle nostre economie e sulle nostre vite.

A ciò sommiamo un altro elemento: come dice Raghuram Rajan, in passato banchiere centrale dell'India che oggi si dedica alla carriera accademica e ha scritto un bellissimo libro, Il terzo pilastro, dei tre pilastri della società - Stati, mercati e comunità - il terzo pilastro, le comunità, è quello prevalente in questo momento; e, allora, capiamo come gli Stati siano in competizione tra di loro e come si debbano muovere in fretta, per evitare di perdere quella che Adam Smith chiamava la ricchezza delle Nazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Quindi, dobbiamo emanare leggi sempre più al passo coi tempi per rimanere sullo scacchiere competitivo.

Signor Presidente, lei lo sa e io non mi stancherò mai di dirlo: sullo scacchiere della competizione globale l'Italia è Davide verso Golia e abbiamo un solo vantaggio da poter sfruttare, quello della velocità. Questo l'ha ben capito, per esempio, il Ministro Giorgetti, che con il disegno di legge Capitali ha preceduto persino il Listing Act dell'Unione europea per arrivare prima, come arrivammo prima, come Italia, con la norma sull'equity crowdfunding, la prima a livello comunitario.

Quindi, tutto un ecosistema di norme sta creando una cornice di legislazione per l'innovazione e per la finanza molto positiva in questo momento per il nostro Paese. Il disegno di legge Capitali, il disegno di legge Fintech, il regulatory sandbox per Fintech e Insurtech ci hanno fatto arrivare prima di altri competitors in situazioni come la Brexit e in situazioni come il post pandemia, e non dobbiamo fermarci mai.

Questa proposta di legge che, a onore del vero, è partita all'inizio della scorsa legislatura, io l'avevo presentata con quindici articoli, ed è stato un lavoro condiviso in particolare con i colleghi Mor e Carabetta, che non sono più stati eletti; quindi, è stato un lavoro corale anche con altre forze politiche, perché veniamo eletti con idee differenti - questo è sicuro - ma con l'obiettivo comune di lavorare per la prosperità del nostro Paese. Quindi, su tanti punti ci possiamo assolutamente trovare e possiamo assolutamente condividerli.

Quindi, che cosa vogliamo fare con questa proposta di legge di quattro articoli? Intanto, rinnovare lo Startup Act che ormai risale a oltre dieci anni fa (dieci anni e mezzo) e, quindi, ha bisogno di un aggiornamento, perché ovviamente il mondo è cambiato. Ma soprattutto, lo vediamo anche sui mercati finanziari, sulla Borsa, sono venuti a calare gli investimenti, quindi non solo nel venture capital; manca la liquidità per tanti fattori, per esempio per la scadenza dei PIR, ma non solo per quello. Essa manca per tanti fattori e, quindi, con questa proposta di legge andiamo ad allargare il portfolio dei possibili investitori, aumentando e facilitando l'incentivazione fiscale, sia per il percettore, sia per chi, poi, deve investire nei target, semplificando la compliance, che è costosa in termini di tempo e in termini di denaro, nell'articolo 4, per esempio, per le SIS. Poi, ci sarà da fare un lavoro anche, per esempio, sulle SGR, sulle SICAV…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

GIULIO CENTEMERO (LEGA). Vado verso la conclusione, avrei moltissimo altro da dire, ma vorrei semplicemente concludere con un aspetto più personale, dicendo che, se penso a questo tipo di norme, sicuramente non lo faccio per me stesso, lo faccio sicuramente per il Paese, per quelli della mia età, ma lo faccio guardando soprattutto a mio figlio che ha tre anni e mezzo. Io non vorrei che, per far crescere la propria azienda, per inseguire i propri sogni, sia obbligato a lasciare il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Le nuove generazioni devono poter scegliere di andare all'estero, vedere quello che c'è e portare tutto ciò che c'è di buono magari in Italia, oppure rimanere all'estero, ma deve essere una loro scelta. Non voglio che i giovani siano costretti a emigrare o a sperare in un piccolo impiego pubblico in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Abbiamo tutto quello che serve per correre: corriamo e lavoriamo insieme per costruire il futuro del Belpaese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, i numeri dell'ultimo decennio delle startup sono chiari e ci raccontano due cose: innanzitutto, della lungimiranza della norma del 2012 voluta dall'allora Ministro Passera, che è una disciplina che per alcuni aspetti continua ad essere all'avanguardia in Europa; in secondo luogo, che il mercato delle startup è in crescita, ma resta da fare ancora tanto per favorirne lo sviluppo e il consolidamento.

Il provvedimento che stiamo esaminando non è certamente il migliore dei provvedimenti possibili, i paletti posti dal Ministero dell'Economia e delle finanze ne hanno certamente limitato la portata, ma va nella direzione giusta. È un passo significativo su una strada che deve essere percorsa per intero dal legislatore italiano per colmare il gap che divide il settore delle startup italiano da quello francese, tedesco e del Regno Unito su tutti.

Oggi, l'ecosistema delle startup può vantare una certa solidità, evidentemente, frutto anche di interventi normativi successivi, uno su tutti Transizione 4.0.

Ora, le misure previste in questa normativa si inseriscono nel solco dei provvedimenti del passato e mirano a trasformare, in maniera definitiva, la ricerca traslazionale in un asset fondamentale per il rilancio del Paese.

Si tratta di interventi molto utili a creare un framework normativo sempre più vantaggioso e ad allargare il novero dei possibili investitori nelle startup, sia quelli interni sia quelli esteri. Per questo devo dire che crescono i rimpianti per quello che avrebbe potuto essere questo provvedimento e ancora non è stato, perché, se avesse esploso tutte le sue potenzialità, la norma che oggi esaminiamo poteva essere l'occasione per una rivisitazione complessiva e organica della materia, a partire dagli ostacoli che le imprese italiane, in generale, e quelle del comparto startup in particolare, si trovano ad affrontare oggi quotidianamente.

Prima di tutto, Presidente, è necessario risolvere un vulnus essenzialmente italiano, ossia la difficoltà a reperire investitori e, quindi capitale, per rispondere alla costante richiesta di iniezione di liquidità tipica delle fasi di avvio e di consolidamento di queste iniziative imprenditoriali e, pertanto, creare le condizioni affinché la platea dei cosiddetti investitori istituzionali cresca, coinvolgendo fondi previdenziali o pensionistici per fare la loro parte in questo importante processo di crescita verso l'innovazione.

È pacifico che i problemi che oggi affliggono il settore delle startup possono essere risolti solo attraverso un approccio integrato, un metodo che si interessi prima di tutto di un grande, enorme tema culturale nel nostro Paese, la bassa, direi bassissima propensione al rischio tanto dei potenziali investitori quanto delle stesse imprese. Non è, infatti, purtroppo, un mistero che una parte significativa dell'industria italiana - e conseguentemente della finanza - sia nata in contesti relazionali spesso maturati in ambiti familiari e tutelata da misure di protezione normativa e regolamentare. Il nostro sistema finanziario ha a lungo coltivato la tentazione di rifuggire da investimenti ritenuti eccessivamente rischiosi, il cui ritorno è soggetto pienamente a regole di mercato e il mercato di riferimento non è quello domestico, ma quello internazionale. Un approccio sistemico, quindi, è necessario, ossia che sia capace di creare tutte le condizioni di contesto utili alle startup per avviare un'impresa e portarla avanti, creando valore.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA (ore 11,57)

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Per questo, fermo restando l'atteggiamento sempre positivo in Commissione - al netto dell'incidente che abbiamo chiuso e risolto, e qui mi sia consentito di ringraziare tanto il relatore Centemero quanto il presidente Osnato -, i nostri emendamenti non erano diretti a snaturare o a cambiare il contenuto del provvedimento, ma, al contrario, a integrarne la visione e a completarla toccando alcuni aspetti cruciali per chi oggi è chiamato a fare impresa.

Una delle colonne portanti della nostra proposta insiste su un concetto abusato a parole, ma spesso dimenticato nei fatti: l'integrazione tra università e filiere produttive. Il tema del coordinamento degli uffici di trasferimento tecnologico delle università, tra di loro e con una regia nazionale, Presidente, è fondamentale e prima o poi dovrà essere affrontato, se non vogliamo che la frammentazione del sistema della ricerca italiana - che è certamente un valore aggiunto - finisca, invece, per essere un problema rispetto al mondo delle startup e delle innovazioni tecnologiche. Serve una centrale operativa, suddivisa in aree per settori maggiormente strategici per la competitività del nostro Paese, ciascuna con il compito di dare un impulso al perseguimento di obiettivi comuni, indirizzando e coordinando le attività degli uffici universitari, un punto di raccordo che riesca a sostenere i percorsi di traslazione dalla ricerca all'impresa, con uno sguardo d'insieme sullo stato della ricerca nel nostro Paese.

L'altro aspetto centrale della nostra proposta…

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). …è quello del lavoro. Come vede, Presidente, non stiamo declinando le nostre proposte al passato; nonostante non siano state accolte in questo provvedimento, costituiranno la base del lavoro del Partito Democratico per i successivi interventi normativi, primo tra tutti il disegno di legge sui capitali, perché solo così saremo in grado di liberare le tante energie presenti nel Paese, guadagnando in attrattività e competitività e dando, entro i confini nazionali, le risposte che i nostri imprenditori e la nostra finanza cercano spesso altrove. Pertanto, dichiaro il voto favorevole del Partito Democratico al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Testa. Ne ha facoltà.

GUERINO TESTA (FDI). Grazie, signor Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la proposta di legge che ci accingiamo a votare aggiorna, come è stato ricordato già nel corso della discussione generale avvenuta lo scorso 26 giugno, i principi, ormai decennali, che hanno disciplinato queste tipologie societarie legate alle startup. Siamo di fronte all'esame di un provvedimento che costituisce sicuramente un restyling fiscale e normativo, finalizzato a incentivare l'imprenditorialità e l'occupazione giovanile, favorendo la crescita sostenibile e lo sviluppo tecnologico in linea con gli orientamenti provenienti dalle istituzioni europee anche con riferimento alle esperienze degli altri Paesi economicamente avanzati.

In tale ambito, la proposta di legge in oggetto richiama, con l'articolo 1, le definizioni al fine di fornire una nozione unitaria e complessiva delle realtà giuridica di questa società; non vi è dubbio che il sistema italiano deve ancora compiere passi sicuramente importanti per avvicinarsi ai modelli degli Stati membri dell'Unione europea che sono, ad oggi, più virtuosi. Infatti, se guardiamo oltre i nostri confini, il confronto appare ancora impietoso: il numero di unicorni, ovvero le startup private, con una valutazione superiore al miliardo di dollari, nel nostro Paese sono decisamente inferiori rispetto a quello dei nostri vicini; in Italia, ad esempio, ne contiamo 2; in Francia 25; in Germania 30. In altre parole, siamo tredicesimi e quindicesimi rispetto agli altri competitor.

Ciononostante, e questo è giusto evidenziarlo, anche in questo campo l'azione di politica economica e fiscale del Governo Meloni, volta ad accelerare le misure di sostegno e creare le condizioni per attirare investimenti in favore delle startup innovative e fronteggiare il fenomeno della delocalizzazione e la perdita di talenti del Paese, sta avendo ottimi risultati rispetto al passato, imprimendo fiducia e positività per il futuro.

La nostra opinione, da sempre, è che lo Stato deve essere volano e non un freno, deve creare invece che assistere, aiutando le imprese al decollo, anziché, come vorrebbero alcuni nel nostro Paese, salvare solo quelle decotte o impedire la concorrenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

L'emergere di tanti unicorni, di campioni di innovazione non è solo un successo da celebrare nei soliti circoli; si tratta di uno dei modi con cui un Paese riesce a competere e a non rimanere indietro nella globalizzazione.

Aggiungo, inoltre, come sia importante evidenziare l'attenzione e la sensibilità dimostrata dal Parlamento - e, voglio, sottolinearlo: dal Parlamento -, ma anche dal Governo su questo tema, essendo il provvedimento all'esame di iniziativa parlamentare - e ringrazio i colleghi, Centemero in primis -, a testimonianza di come la funzione legislativa, esercitata collettivamente dalle Camere, ai sensi dell'articolo 70 della nostra Costituzione, sia ancora fondamentale per il ruolo del Parlamento.

Ma vediamo come potrebbe cambiare lo scenario nella nuova disciplina delle startup e delle piccole e medie imprese innovative. Sul fronte fiscale si corregge la portata normativa di vantaggio sull'IRPEF. Nell'articolo 3 si interviene sull'esenzione da imposizione in via temporanea riguardo le plusvalenze derivanti da cessioni di quote in imprese innovative.

Con l'articolo 4 si innalza da 25 a 50 milioni il limite di patrimonio netto previsto per le società di investimento semplice.

Cari colleghi, al termine di questo primo trimestre 2023, secondo il rapporto di Unioncamere e del Ministero delle imprese e del made in Italy, il numero delle startup innovative iscritte alla sezione speciale del registro delle imprese è risultato essere 14.029. Le startup a prevalenza giovanile under 35 sono 2.281.

Occorre anche riconoscere che rimane ancora molto da fare, sicuramente in termini di valorizzazione del capitale umano, spesso giovanile e altamente qualificato e, soprattutto, per quanto riguarda gli investimenti in capitale di rischio. Possiamo ritenerci, in questa cornice, un Paese innovatore? A giudicare dagli indicatori internazionali, ad oggi si direbbe ancora di no. L'ultima edizione dell'European innovation scoreboard, uscita alla fine del 2022, colloca in testa la Svezia, la Finlandia e l'Olanda e noi siamo ancora in posizioni di retroguardia, però l'Italia del passato non ha mai brillato in termini di quantità di brevetti, di venture capital, di startup divenute unicorni, di percentuale della ricerca sul totale del PIL.

Eppure, ciò nonostante, le esportazioni continuano a crescere a due cifre, arrivando a 623 miliardi di euro, con una quota mondiale, dice l'Istat, vicina al 3 per cento, che mantiene comodamente il nostro Paese tra i primi dieci esportatori del mondo. Il confronto con l'estero non deve essere inteso in senso strumentale, a gestire le conflittualità locali, ma va inteso, a mio avviso, come una chance di apprendimento. In questo contesto, la strategia della crescita in Italia è, appunto, quella di far crescere più startup e piccole e medie imprese innovative, e mantenerle nel nostro Paese.

L'opportunità di lavorare da remoto potrebbe essere un vantaggio in questo senso, così come la disponibilità di tecnologie efficienti per gestire un'organizzazione aziendale in rete. Localizzare in Italia produzioni ad alto valore di conoscenza, contando su costi limitati e sulla qualità del territorio, potrebbe costituire sicuramente un fattore molto, molto importante. E proprio per essere al passo con le dinamiche internazionali, il Governo Meloni ha scelto correttamente di concentrarsi sui fondamentali, ossia la politica estera e la politica economica e fiscale, con la riforma della delega prossima alla sua approvazione.

Per la prima volta da anni, l'Italia cresce, anche più degli altri Paesi europei, mentre lo spread è ai minimi storici e la disoccupazione decresce. Resta sicuramente un'inflazione da tenere sotto controllo, anche se in discesa, ma dipende più dalla scarsità di materie prime, che dalle decisioni di politica economica. In definitiva, il Governo Meloni ha invertito la tendenza, favorendo quel clima economico atteso dai mercati finanziari e dagli investitori.

La proposta di legge - e vado alla conclusione - si inserisce in maniera coerente nel solco delle misure già adottate dal Governo. Penso, ad esempio, al disegno di legge sugli interventi a sostegno della competitività dei capitali, all'esame del Senato, e ad altri interventi di grande fattura. Il nostro Paese, cari colleghi, ha grandi potenzialità. Il comparto delle startup innovative chiede: che sia colmato il divario strutturale con i principali Paesi europei e, allo stesso tempo, attualizzato e semplificato il quadro normativo esistente; che aumentino gli incentivi fiscali e siano messe a sistema le agevolazioni per gli investitori, in grado di attrarre talenti e incentivare l'imprenditoria, in particolare quella femminile.

Il provvedimento che ci accingiamo a votare rappresenta tutto questo. Ecco perché è un manifesto condiviso, in grado di guardare ai prossimi anni in un'ottica volta ad agevolare e supportare le startup innovative, aumentando la competitività della filiera, superando l'attuale stratificazione normativa e favorendo le potenzialità dell'internazionalizzazione anche delle PMI e dei centri d'innovazione. Per tutto questo, Fratelli d'Italia voterà convintamente sì (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 107​ e abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 107: “Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle startup e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti”.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 42).

Dichiaro così assorbita l'abbinata proposta di legge n. 1061.

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, gli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno della parte antimeridiana della seduta odierna sono rinviati alla parte pomeridiana della seduta di martedì 25 luglio.

Nella ricorrenza del 31° anniversario della strage di via D'Amelio.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Care colleghe e cari colleghi, ricorre oggi il 31° anniversario della strage di via D'Amelio, in cui vennero barbaramente uccisi il giudice Paolo Borsellino e i componenti della sua scorta, Agostino Catalano, Eddi Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina. A distanza di soli 57 giorni dall'attentato di Capaci, il 19 luglio 1992, un ulteriore attacco della mafia colpiva al cuore le istituzioni e la nostra democrazia.

La Camera dei deputati ricorda con sentita commozione Paolo Borsellino, autentico servitore dello Stato e simbolo della lotta alla mafia. Le sue doti professionali, il rigore e la tenacia riuscirono a imprimere una svolta nel contrasto al fenomeno mafioso. Il coraggio, l'impegno e la sua dedizione rappresentano un esempio d'integrità morale. Il suo sacrificio costituisce un monito perenne sulla necessità di proseguire e sostenere con determinazione la lotta alla mafia.

È dovere delle istituzioni rendere vivo, costante e concreto il ricordo di quanto avvenne in quel drammatico giorno. La lezione di Paolo Borsellino va tramandata anche alle nuove generazioni. Esse dovranno coltivare ogni giorno i valori della legalità e della giustizia, impressi nella nostra Costituzione. Accanto all'azione repressiva, dev'esserci anche l'impegno nella formazione culturale dei nostri giovani, ispirato al rifiuto di qualsiasi compromesso con la mafia. Nella società non deve sussistere alcuno spazio per la rassegnazione e l'omertà. Contro la logica perversa delle organizzazioni mafiose, le istituzioni devono essere al fianco dei cittadini. Solo in questo modo, riusciremo a costruire un tessuto sociale ed economico finalmente libero dalle mafie. Nell'esprimere la vicinanza e la solidarietà, mia personale e della Camera dei deputati, ai familiari delle vittime, invito l'Assemblea a osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Vivi e prolungati applausi).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciancitto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARIA SALVATORE CIANCITTO (FDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, 31 anni fa, come oggi, in un attentato mafioso perdevano la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Non erano passati neanche due mesi dalla strage di Capaci, quando l'Italia si trovò di fronte a un secondo attacco terroristico mafioso. Il nostro primo pensiero - sono certo - si rivolge alle famiglie degli uomini e della donna uccisi da quell'esplosione. Ricordare la strage di via D'Amelio non è solo un momento commemorativo, ma il modo per conservare la memoria collettiva, che deve promuovere in ciascuno la scelta di valori e princìpi di difesa della legalità nell'impegno quotidiano. Borsellino ha saputo, con la fermezza e la dedizione di un uomo innamorato del suo Paese, dare a tutti noi una grande lezione di coerenza e di senso del dovere. Il suo esempio è sopravvissuto all'esplosivo di via D'Amelio, al tempo, alle calunnie, a pezzi di verità mancanti, che ancora affannosamente cerchiamo. Il suo impegno vive e si rafforzano i gesti di chi ogni giorno si impegna per la giustizia e la legalità, nella voce di quanti non rimangono in silenzio, nel coraggio che serve per rifiutare compromessi, privilegi e indebite scorciatoie (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). “Non abbandonate mai i valori e gli ideali. Vi vedo davanti a me, giovani e fieri, sostenitori delle vostre belle idee e della vostra visione del mondo. L'augurio di cuore che sento di farvi, ragazzi, è quello di incontrarvi nuovamente, magari tra vent'anni, e ritrovarvi con i capelli più grigi, ma con lo stesso sguardo pulito e con gli stessi sentimenti d'amore per la Patria. Se la gioventù le negherà il consenso, anche la onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo. Potrei anche morire da un momento all'altro, ma morirò sereno pensando che rimarranno giovani come voi a difendere le idee in cui credono. Ecco, in quel caso non sarà morto invano”. Sono le parole forti e pure di Paolo Borsellino, allora procuratore della Repubblica di Marsala, durante la terza Festa nazionale del Fronte della gioventù a Siracusa nel settembre 1990 (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Borsellino, Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Chinnici, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Cesare Terranova, Ninni Cassarà e tutte le vittime di mafia non sono morte invano. La loro vita, il loro esempio, il loro sacrificio, ci ricordano ogni giorno le ragioni dell'impegno al servizio della nostra Nazione. È solo di pochi mesi fa la cattura dell'ultimo latitante, responsabile delle stragi del 1992 e del 1993, Matteo Messina Denaro, a conclusione di un lavoro lungo e delicatissimo delle nostre Forze dell'ordine. Lo Stato ha saldato almeno in parte un debito che aveva con le vittime della mafia, ma sarebbe un grave errore pensare che la mafia è sconfitta. Oggi, a 31 anni dalla strage di via D'Amelio, ricordiamo Paolo Borsellino, ma ricordiamo a noi stessi quel movimento culturale e morale che è l'educazione alla legalità, unico strumento che può spezzare il modello mafioso. Lo Stato non arretra di un centimetro nella lotta alla mafia. Il Governo ha indicato con estrema chiarezza da quale parte stare, quella del contrasto alle mafie, della tutela delle vittime, del rispetto del lavoro dei magistrati e delle Forze dell'ordine, che, con grandi sacrifici e mettendo a rischio la propria vita, combattono le organizzazioni criminali. In ultimo, da siciliano, desidero ricordare che il sacrificio di Paolo Borsellino e quello di Giovanni Falcone, insieme agli uomini della scorta e ai tanti altri morti per mano della mafia, hanno consentito alla Sicilia di cambiare pagina. Ci sono momenti che cambiano la storia, perché hanno un prima e un dopo. La Sicilia ha alzato la testa, ha scelto la strada della libertà e della legalità rispetto alle catene della mafia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ghio. Ne ha facoltà.

VALENTINA GHIO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Nel trentunesimo anniversario della strage di via D'Amelio è vivo il ricordo di quegli uomini e di quelle donne uccisi dalla mafia. Il 19 luglio del 1992, in via D'Amelio, hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, prima donna a far parte di una scorta, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Questi nomi devono rimanere ben saldi e presenti nella nostra azione quotidiana e in quella di quest'Aula, perché il faro della lotta alle mafie ci guidi in ogni momento del nostro agire, così come la costante e determinata aspirazione alla piena verità su quella strage e su tutte le altre a cui abbiamo assistito in questi anni. Solo 57 giorni prima di quella data, altri servitori dello Stato, come il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro furono fatti saltare in aria sulla strada di Capaci. Il 1992 fu l'anno in cui la mafia volle dimostrare con le bombe la sua sfida allo Stato, ma fu anche l'anno in cui si consolidò nelle coscienze di molti, giovani, ragazzi e ragazze, colpiti profondamente da questi fatti, la volontà di reagire e di praticare la lotta quotidiana alla mafia, in Sicilia, in primo luogo, e nel resto del Paese. Oggi ricordare Paolo Borsellino, il suo grande esempio di fermezza e rigore, di capacità e determinazione nel contrasto dell'illegalità, ricordare tutti gli uomini e le donne uccisi dalla mafia è, in primo luogo, un dovere di memoria e, poi, un impulso all'azione a continuare la lotta alle mafie nelle istituzioni e nella società, ma è anche un diritto a perseguire la richiesta della verità, poiché dopo 31 anni c'è ancora molto da sapere su quelle stragi, lati oscuri ancora da chiarire. Grazie all'esempio di Paolo Borsellino e di tutte le vittime, che oggi non solo ci chiedono di non essere dimenticate, ma che ci chiamano al dovere morale dell'impegno, è scaturita una reazione civile di tante e di tanti, che si sono ribellati di fronte a quelle stragi e hanno sostenuto e difeso i principi di legalità, che le mafie in diverse forme, tutt'oggi, in forme non sempre riconoscibili, mettono in discussione giornalmente. Proprio in questi giorni, in cui la determinazione della lotta alla mafia dovrebbe essere altissima, in cui la coerenza tra le parole di commemorazione e l'azione di contrasto all'illegalità dovrebbe essere conseguente, c'è chi mette in discussione strumenti di lotta alle mafie che hanno dimostrato la loro efficacia, come ad esempio il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Noi pensiamo che questa sia una condotta pericolosa. Le commemorazioni hanno senso compiuto e di verità solo se sono sempre accompagnate da fatti inequivocabili. Se con i fatti si va in un'altra direzione - e ne sono state date diverse prove in questi mesi, basti pensare alla volontà di alzare il tetto del contante, di indebolire il codice degli appalti, di inserire il subappalto a cascata, solo per fare qualche esempio - si indeboliscono tutte le battaglie per la legalità, per la giustizia, per la lotta alla mafia. Il doveroso tributo alla memoria significa anche non abbassare mai la guardia sugli strumenti di legalità, significa portare avanti con determinazione l'eredità morale dei protagonisti di quella stagione, eredità morale che deve diventare sempre più identità condivisa del nostro Paese, identità collettiva, fondata con chiarezza sulla legalità e sulla cultura dell'antimafia. Non indeboliamo, quindi, gli strumenti di lotta alla mafia. Portiamo avanti insieme una battaglia che deve essere non solo giudiziaria, ma anche culturale. Lavoriamo insieme per rafforzare i presidi di legalità e di coesione sociale, di contrasto alle infiltrazioni in ogni settore della società, di promozione dell'educazione alla legalità nelle scuole.

Lo dobbiamo alla memoria di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, lo dobbiamo al rispetto del dolore delle loro famiglie, lo dobbiamo fare per continuare la loro opera di contrasto alla cultura dell'illegalità, per reagire all'indifferenza e per l'aspirazione a un futuro del nostro Paese libero dalle mafie. Questo - e non altro - è ciò che dobbiamo fare per rispettare Paolo Borsellino, i morti di via D'Amelio e il loro sacrificio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carra'. Ne ha facoltà.

ANASTASIO CARRA' (LEGA). Signor, Presidente, onorevoli colleghi, “mi ammazzeranno, non c'è più tempo”. Questa è la frase che ripeteva spesso il giudice Borsellino negli ultimi giorni di vita ai suoi uomini. Sapeva che il suo impegno, prima al fianco dell'amico e collega Giovanni Falcone, poi solo, lo avrebbe condotto a una fine irreversibile; la stessa fine che avevano fatto gli uomini retti ed onesti prima di lui.

Oggi, in quest'Aula, commemoriamo Borsellino, le donne e gli uomini della sua scorta brutalmente trucidati e ammazzati solo perché avevano deciso di stare dalla parte giusta - quella dello Stato -, di combattere per una terra senza giustizia, di lottare per la libertà.

Sapete, mi chiedo spesso cosa sarebbe oggi la Sicilia senza il coraggio dei tanti eroi che hanno speso ogni loro energia, coraggio e speranza per un popolo, i siciliani, ancora in attesa di riscatto. Mi chiedo a cosa siano valsi il sacrificio e la dedizione con i quali hanno immaginato una terra libera, se noi per primi non riusciamo a imprimere i loro atti con religiosa fede negli impegni di tutti i giorni. Impegno costante per risolvere le diverse criticità presenti ancora in tanti territori italiani, appannaggio di tradizioni criminali radicate nelle prassi e abitudini di chi in quei luoghi ancora vive.

Allora, sarebbe opportuno che lo Stato creasse un'alternativa a certe ideologie mafiose che trattengono e seducono l'esistenza di tanti giovani, pronti a sfogare la loro collera per una vita senza futuro, con il frastuono della violenza e del fuoco.

Oggi lo Stato, ciascun parlamentare in quest'Aula e gli uomini delle istituzioni devono mantenere l'impegno preso dai nostri magistrati eroi e continuare a lottare con armi capaci di radicare un cambiamento, come l'istruzione, l'arte, la vicinanza costante nei territori da troppo tempo abbandonati al loro destino.

L'idea che lo Stato c'è e saprà garantire a ciascun individuo un'esistenza dignitosa e libera: questo è il grande patrimonio che il giudice Borsellino ha lasciato a tutti noi. La grande speranza è che il nostro impegno possa realmente capovolgere l'esistenza di ognuno. Stasera, come ogni anno, unitamente ai tanti amici, parteciperò alla fiaccolata che ripercorre l'ultimo tragitto battuto da Borsellino prima di morire con la sua scorta. Come ogni anno, sentirò il peso e le emozioni di vivere quella tragedia come un'esplosione che il tempo ha saputo trasformare in dolce melodia, il suono di chi non si è mai arreso e per questo vincerà (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

Per ricordare non servono solo le parole. Il vero valore sarà continuare con atti e fatti capaci di stravolgere e imporre la supremazia delle istituzioni sulle dinamiche criminose e meschine di certi fenomeni. Concludo, pertanto, ringraziando la magistratura sana che tutti i giorni presta il suo servizio per la legalità del nostro Paese. Ringrazio tutte le nostre Forze dell'ordine per l'impegno speso al fine di garantire l'ordine pubblico e la tutela di tutti i cittadini.

Infine, tengo a ringraziare i tanti volontari e la gente comune che, con il loro prezioso contributo, costruiscono e lottano per creare una speranza nei territori e nei quartieri in cui la vita sembra per tutti uguale, troppo amara per essere sopportata e troppo dura per poter sperare. Ai tanti che ci sono stati, a chi c'è ora e a chi verrà dopo di noi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier, Fratelli d'Italia, Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cafiero De Raho. Ne ha facoltà.

FEDERICO CAFIERO DE RAHO (M5S). Sono trascorsi 31 anni dalla strage di via D'Amelio, che uccise Paolo Borsellino e, con lui, gli uomini e la donna che lo tutelavano: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Emanuela Loi, la prima donna che aveva fatto parte di una scorta della Polizia di Stato e, al tempo stesso, la prima donna che perse la vita per il servizio. Lo stesso scenario di guerra caratterizzò la strage di Capaci 57 giorni prima e quella che nel luglio del 1983 uccise Rocco Chinnici. Sono stati loro, loro tre, gli unici magistrati ad essere uccisi con una stessa modalità terroristica.

Paolo Borsellino era stato chiamato dal giudice Chinnici a comporre, con Giovanni Falcone, il pool antimafia dell'Ufficio istruzione di Palermo. Con Giovanni Falcone, Paolo Borsellino istruì il primo grande processo a Cosa Nostra. Ben 472 imputati furono giudicati per omicidio, associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione e tanti altri delitti. La Corte di cassazione il 30 gennaio del 1992 confermò le condanne e annullò gran parte delle assoluzioni. A questa condanna Riina e i vertici di Cosa Nostra reagirono con omicidi e stragi, in risposta all'incapacità dei referenti tradizionali, Salvo Lima e Ignazio Salvo, che dovevano condizionare l'esito del maxiprocesso e tutelare la cupola mafiosa.

La strage di via D'Amelio si colloca nella più ampia e articolata strategia stragista unitaria, in cui si inseriscono la strage di Capaci e quelle continentali del 1993. Così è detto nella sentenza Borsellino-quater. Borsellino portava l'eredità morale di Giovanni Falcone e rappresentava l'ultimo ostacolo alla realizzazione dei disegni criminali dell'associazione mafiosa e dei molteplici settori dell'economia e della politica compromessi con Cosa Nostra. Non sono parole mie, ma della corte di assise di Palermo.

Per rendere onore realmente a Paolo Borsellino occorre ancora approfondire i temi delle stragi. La corte nella sentenza ha evidenziato molteplici zone d'ombra che meritano di essere illuminate, come la presenza di appartenenti ai servizi di sicurezza in via D'Amelio nell'immediatezza della strage alla ricerca della borsa di Paolo Borsellino, la ritrattazione di Mario Santo Di Matteo dopo il sequestro del figlio Giuseppe, disciolto nell'acido, e il riferimento agli infiltrati nella strage del 19 luglio del 1992, la sottrazione dell'agenda rossa, il depistaggio Scarantino, il più grave depistaggio della storia giudiziaria del nostro Paese, e la successiva resistenza ad accogliere le nuove dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che, con la sua collaborazione, spazza via la montagna di nefandezze costruita con Scarantino da uomini dello Stato, da funzionari pubblici che lavorarono per inquinare le indagini.

È necessario ancora oggi conoscere chi sottrasse l'agenda rossa, perché fu costruita un'indagine farlocca da uomini dello Stato. Nuovi spazi di verità apre la recente condanna di Paolo Bellini quale coesecutore della strage di Bologna, uomo di fiducia dei servizi civili e militari e figura emersa nelle indagini sulle stragi continentali del 1993 quale suggeritore di Cosa Nostra per l'individuazione dei beni artistici come obiettivo di lotta allo Stato nelle stragi continentali. È necessario acquisire quei segmenti di verità necessari a progredire nelle conoscenze, ovunque siano custoditi.

Non ci può essere nessun segreto di Stato sulle stragi, in nessun ufficio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Lo esigono i familiari delle vittime di strage, lo esige il nostro Paese. Il diritto alla verità è un cardine della nostra democrazia, della libertà, dell'intero sistema costituzionale. Sulle stragi la Commissione parlamentare antimafia ha l'obbligo di lavorare con straordinario impegno per commemorare adeguatamente Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Rocco Chinnici e tutti coloro che hanno dato la vita per proteggere il nostro Paese dalle mafie e dal terrorismo. Per questa finalità è necessario e improcrastinabile, signor Presidente e voi colleghi tutti, istituire i necessari comitati, com'è stato fatto nella XVII e nella XVIII legislatura. Solo i comitati consentono un costante impegno sul complesso tema delle stragi. Non bisogna avere paura nella ricerca della verità.

La verità rafforza le fondamenta democratiche del nostro Paese. Non si può tacere, però, ancora su un altro tema: non è consentito partecipare alla commemorazione dei nostri eroi e contemporaneamente smantellare le fattispecie penali del concorso esterno in associazione mafiosa (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra), le fattispecie penali dell'abuso d'ufficio, del traffico illecito di influenze, che hanno consentito fino ad oggi di individuare gli uomini della politica e dell'economia contigui e collusi con le mafie e il sistema della corruzione. Così violiamo il patto con l'Europa, quello con le Nazioni Unite e soprattutto quello con i cittadini, che devono essere protetti dalla politica. Così andiamo indietro di 30 anni nel contrasto alle mafie e alla corruzione. Anche il Presidente della Repubblica, nel suo discorso di insediamento, nel parlare e nel declinare la dignità ha ricordato che dignità è un Paese libero dalle mafie. Io credo che noi, uomini della politica, dobbiamo avere la dignità per contrastare appieno e assumere sulle nostre spalle questo oneroso e gravosissimo compito, che è quello di individuare i responsabili di tutte le stragi e comprendere perché esse siano state portate a termine. In questo dobbiamo essere uniti tutti, tutti insieme (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dalla Chiesa. Ne ha facoltà.

RITA DALLA CHIESA (FI-PPE). Grazie, Presidente. Spesso io mi sento chiedere che cosa significhino per me questi anniversari, se ho mai pensato che in qualche modo sia valsa la pena, come famiglia, di affrontare tutto questo dolore e una vita anche segnata. Io credo che non valga mai la pena perdere un affetto che ti viene tolto con la violenza. Però, una cosa che mi ha dato coraggio, in tutti questi anni, è stata proprio vedere l'impegno di molti familiari delle vittime che hanno trasformato il loro dolore mettendosi al servizio delle istituzioni. Non è qualcosa di scontato. Chi ha avuto un genitore, un coniuge, un fratello assassinato dalla mafia avrebbe potuto, in moltissimi casi, maturare un senso di lontananza dallo Stato, come risposta al fallimento di quello stesso Stato che avrebbe dovuto, invece, proteggere i suoi rappresentanti. Quei familiari, invece, sono diventati uno degli esempi più importanti del senso dello Stato e dell'interpretazione dei valori della nostra democrazia. La famiglia del giudice Borsellino è un esempio fortissimo in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). Per esempio, Manfredi Borsellino ha scelto di servire l'Italia con la divisa della Polizia di Stato. Antonio Schifani, figlio di Vito, caposcorta di Falcone, indossa la divisa della Guardia di finanza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE) e Alessandro Giuliano, figlio di Boris Giuliano, è, a sua volta, diventato un bravissimo poliziotto.

Questo senso del dovere non è rimasto legato esclusivamente ai familiari delle vittime, perché moltissimi giovani l'hanno fatto proprio. Hanno letto, si sono informati, hanno ascoltato nelle aule delle università le storie di chi aveva attraversato il dolore, di chi ha imparato a proprie spese a lottare per un ideale di giustizia, e hanno desiderato, anche loro, una divisa o una toga. Si sono buttati in politica, nel sociale, nell'insegnamento, proprio per ricalcare la vita delle donne e degli uomini che quella vita, invece, l'avevano persa (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Lega-Salvini Premier). Questo ha prodotto una generazioni di cittadini con la “c” maiuscola, consapevoli di come affrontare il pericolo delle mafie. Sono quella consapevolezza e quell'impegno che oggi ci danno speranza.

Io ho vissuto la Primavera di Palermo, quella del risveglio, e ricordo gli alberi - forse voi non lo sapete - che in moltissimi comuni italiani, a partire dall'albero di Falcone e Borsellino a Palermo, sono stati piantati in memoria dei due giudici. Sono diventati luoghi di pellegrinaggio, dove le scolaresche o i cittadini lasciano anche un piccolo oggetto, un peluche o il vessillo del comune di appartenenza. Ho sempre pensato e continuo a pensare che le fiaccolate diano voce all'emotività del momento, ti facciano sentire in mezzo agli altri. È vero, ma quello che fa davvero la differenza è questa lunga e silenziosa marcia, che ormai dura da quasi 40 anni. È un pezzo del popolo italiano che non si ferma mai, anche perché indietro non si torna e si può andare soltanto avanti (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Lega-Salvini Premier). Di quel pomeriggio del 19 luglio io ricordo lo sconforto, il senso di impotenza davanti a quelle immagini, la paura, la rabbia, la sensazione che non sarebbe mai finita quella scia di sangue.

Oggi c'è un grandissimo desiderio di trasparenza e questo anche perché c'è una classe dirigente che viene da quei traumi e da quelle esperienze e ha acquisito una cultura anti-criminale che è del tutto incompatibile con la mafia. Paolo Borsellino, così come Giovanni Falcone, sono i simboli di tutto questo, ma è giusto ricordare che ci sono oltre 1.000 vittime innocenti di mafia, anche bambini - e ce ne sono stati tanti - uccisi dalla mafia (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Lega-Salvini Premier). Per tutti, oggi voglio ricordare quelli che allora, in quel pomeriggio di luglio, vennero fatti saltare in aria. Diciamo le cose come stanno perché uccisi è troppo poco, vennero fatti saltare in aria. Voglio ricordare Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi (Applausi - Deputati si levano in piedi). Emanuela aveva soltanto 24 anni e fu la prima a cadere, della Polizia di Stato. Si stava per sposare, voleva un bambino e l'aveva detto, due giorni prima di morire, proprio al giudice Borsellino. Poi c'è il ricordo della rabbia dei cittadini ai loro funerali. Chi era presente e aveva già vissuto altri funerali ne parla come uno dei momenti in cui è sembrata più vicina la sommossa contro lo Stato, perché la gente si sentiva tradita. Un affetto vero era dalla parte delle divise. C'era voglia di giustizia, di non avere più paura. Il giudice Antonino Caponnetto, dopo il funerale, fu raggiunto da un cronista. Egli salì in macchina e disse piangendo: “È tutto finito”. Lo ripeté per tre volte.

Oggi tutti siamo abituati a celebrare una dimensione pubblica di queste persone e di queste stragi. Raramente, però, qualcuno pensa a quello che significano e hanno significato intimamente per le famiglie che le hanno vissute. Non hai avuto il tempo per dirti troppe cose, non hai avuto il tempo per capire, per metabolizzare, anche soltanto per un saluto al telefono, un “Ciao, come stai?” o “Ci sentiamo più tardi”. E non sai che quella è l'ultima telefonata che stai facendo con la persona che ami. E continui ad andare avanti, con la sensazione che ti sia caduta addosso qualcosa di molto più grande di te che, però, hai affrontato. Sei rimasto in piedi, continui a vivere, ma negli occhi c'è la disperazione di quelle immagini. Per questo vorrei chiudere questo mio intervento rivolgendo un pensiero tenero, ma pieno di tanto, tanto bene, ad Agnese Borsellino, la moglie di Paolo, scomparsa 21 anni fa, dopo il marito (Applausi). Era la sua cassaforte, era la cassaforte di Paolo, come spesso capita tra due persone che sono legate da un grande amore, da una grande complicità e che vivono, purtroppo, la stessa paura.

Il nostro segretario nazionale, Antonio Tajani, ha detto che la mafia ci fa schifo. Ebbene, lo ripeto anch'io, oggi: la mafia ci fa schifo (Applausi). Voglio anche dire al giudice Caponnetto che non è tutto finito. Grazie Presidente, grazie colleghi (Applausi - Congratulazioni - Deputati si levano in piedi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marattin. Ne ha facoltà.

LUIGI MARATTIN (A-IV-RE). Grazie, Presidente. La lotta alla mafia è un patrimonio, ovviamente, di tutti gli italiani, sia degli italiani sul nostro territorio nazionale sia degli italiani all'estero. Però, io posso solo immaginare cosa deve aver significato, soprattutto in quegli anni, per i colleghi che li hanno vissuti, respirare la bellissima terra siciliana. Quindi, vorrei iniziare il mio intervento ringraziando i miei colleghi Giuseppe Castiglione e Davide Faraone, per essere qui accanto a me.

Oggi noi ricordiamo quel giorno. Era una domenica e faceva un gran caldo, proprio come in questi giorni. Alcuni colleghi non erano ancora nati e alcuni hanno iniziato la loro esperienza politica sull'onda di quelle stragi, come l'attuale Presidente Giorgia Meloni e l'ex presidente Matteo Renzi. Oggi ricordiamo un uomo che non aveva paura, un uomo che ci ha insegnato il coraggio, un uomo che aveva rispetto per le istituzioni.

Una delle cose che si dimentica spesso di Paolo Borsellino è che, dopo la strage di Capaci, disse di essere a conoscenza di fatti investigativi che potevano aiutare a capire cosa era successo al suo amico, al suo compagno di giochi nella Kalsa, se non ricordo male, nel quartiere dove erano cresciuti, ma che non li avrebbe detti pubblicamente, non avrebbe fatto un'intervista, non avrebbe scritto un libro, sarebbe rimasto a disposizione dell'autorità giudiziaria. Non fu mai chiamato, Paolo Borsellino, dalla procura di Caltanissetta, se non ricordo male, che era retta all'epoca da Giovanni Tinebra, non ebbe il tempo, non fu mai chiamato, ma quello era un segno profondo di rispetto per le istituzioni di questo Paese. Da magistrato, in un momento come quello, le cose che aveva da dire non le disse in un'intervista, ma voleva dirle all'autorità costituzionalmente preposta.

Un uomo che, insieme a Giovanni Falcone, ha saputo, negli anni Ottanta, agire quando tutti preferivano girarsi da un'altra parte. È facile per noi oggi ed è facile per i colleghi più giovani di noi riconoscere l'attivismo della lotta alla mafia. Non è sempre stato così, anche una persona di 44 anni, come me, si ricorda quando di mafia non era di moda parlare, quando di mafia non si doveva parlare. Ebbene, due giudici, in un pool, costituito, come diceva in precedenza la collega Dalla Chiesa, da Rocco Chinnici, decisero che non solo volevano guardare, ma volevano tenere gli occhi bene aperti, volevano agire ed è da lì che nacque il maxiprocesso a Cosa Nostra.

Stamattina, il Presidente Mattarella ha ricordato l'esistenza di zone grigie su quel 19 luglio. Noi siamo fatti così, noi, su quei fatti, ma anche su fatti precedenti, continuiamo a dilaniarci fra complottismi e impunità, continuiamo a usare queste vicende anche per la lotta politica quotidiana. Non capiamo che il fatto di non sapere esattamente cosa accadde in quel biennio rende tutti più poveri. Quel biennio si aprì con la conferma della sentenza del maxiprocesso, il 30 gennaio 1992, e si chiuse con il fallito attentato, poco distante da qui, allo stadio Olimpico, nel gennaio 1994. Non c'è nessuno, in Italia, oggi, che sappia esattamente ricostruire gli eventi da quel giorno a quell'altro.

Un anno fa ci fu la sentenza della corte d'assise di Caltanissetta che ha dichiarato prescritto il reato di calunnia nei confronti di due funzionari di Polizia per quanto riguarda il depistaggio di Vincenzo Scarantino. Stamattina ho letto le motivazioni di quella sentenza - sono state pubblicate ad aprile -, in cui si citava anche il caso del capo della squadra mobile di quegli anni, Arnaldo La Barbera, e si diceva: alla fine, era un anello di una catena. Noi non sappiamo esattamente di che catena si trattasse, perché si decise di dare una falsa rappresentazione, in primo luogo della strage di via D'Amelio, non sappiamo cosa veramente successe in quei giorni, non sappiamo cosa successe poco distante da qui. Bi fronte a “Baccano”, un ristorante dove spesso andiamo, una mattina del 2 giugno 1993 misero un'autobomba; era la strada che faceva l'allora Presidente Ciampi per venire a Palazzo Chigi. Di quella bomba non ha mai parlato alcun pentito di Cosa Nostra, nessuno. È uno dei tanti episodi di quel biennio, come la strage di via Palestro - fra qualche giorno, saranno 30 anni - a Milano, la strage di via dei Georgofili. Ci sono tante cose che non sappiamo di quel biennio e, invece di utilizzarlo come lotta politica fra noi, invece di richiamare questioni contingenti, invece di utilizzarlo come corpo contundente - capiterà, fra qualche giorno, con la ricorrenza della strage di Bologna: ogni anno, da quando sono in quest'Aula, quella diventa quasi un'occasione di cronaca tra fascisti e comunisti -, invece di fare questo, cerchiamo di capire che un Paese che non ha pienamente contezza del suo passato, non riesce a comprendere il presente e non uscirà mai a costruire il futuro. E questo è un bene pubblico di questa comunità politica, non è un derby fra complottisti e coloro che praticano l'impunità, non è un una clava da brandire nella nostra lotta politica di tutti i giorni. Noi, oggi, nel frattempo, ricordiamo un uomo, oggi e per sempre, che ci ricordò che la bellezza del fresco profumo di libertà si contrapporrà sempre al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza e della complicità (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, signor Presidente. Era il 19 luglio 1992: tanti giovani - io uno tra quelli -, a Roma, quando seppero della notizia della strage di via D'Amelio, in maniera spontanea, si riunirono in tante piazze di Roma. Ancora ricordo perfettamente quei giorni, li ricordo bene perché si svolgevano circa due mesi dopo la strage di Capaci, dove ci fu un'analoga mobilitazione, una mobilitazione spontanea. Chi ricorda quei giorni sa benissimo che le piazze di tanti quartieri di Roma si riempirono spontaneamente. Perché accadde questo? Accadde questo perché Paolo Borsellino e Giovanni Falcone riuscirono, nella loro azione di contrasto alla mafia, ad entrare nel sentimento del Paese, quel Paese che voleva legalità, voleva affermare lo Stato di diritto nei confronti di un'organizzazione criminale che tutti noi sapevamo minava anche le basi della nostra democrazia. Eppure, nonostante l'insegnamento forte di due magistrati del pool antimafia di Palermo, con una sapiente capacità - allora non c'erano gli strumenti investigativi che ci sono oggi -, mi riferisco, ovviamente, a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, riuscirono a ricostruire l'organizzazione criminale e mafiosa, Falcone diceva andando e seguendo i soldi, il denaro, ma ricostruendo anche il rapporto della mafia con i colletti bianchi che davano supporto alla mafia stessa.

Ma, ancora oggi, ci sono elementi che dovrebbero farci riflettere. Premetto che il mio non sarà un intervento di retorica: stiamo commemorando, però, francamente, ritengo e riteniamo che il miglior modo di commemorare la memoria di magistrati che hanno dato loro la vita per contrastare la mafia sia continuare un'azione, e riaffermare che il Parlamento deve andare in quella direzione. Ebbene, ci sono politici che ritengono che l'aeroporto di Palermo non debba essere intitolato a Paolo Borsellino, come l'ex senatore Micciche' ha fatto, perché quella intitolazione dell'aeroporto “fa brutto”, perché non fa bene al turismo - e questa è una polemica che ha aperto un dibattito in questo Paese, l'ha condizionato - e, poi, si vede - vado molto spesso, come molti di voi, a Palermo - che, all'aeroporto, quella scritta non è più visibile, perché qualcuno ha autorizzato una costruzione che la oscura, non so se consapevolmente o inconsapevolmente. Quando si fanno alcune cose, bisognerebbe anche prestare attenzione a questi elementi.

I magistrati del pool antimafia hanno sempre sostenuto che lo strumento giuridico con cui affrontare il nodo delle responsabilità penali nell'area grigia - quella che oggi il Presidente Mattarella ha definito anche nella vicenda della strage e dell'azione stragista della mafia - a sostegno della mafia era proprio la fattispecie del concorso esterno. Non c'è alcun elemento contundente presente; richiamarlo oggi non significa utilizzare questo strumento come un elemento contundente, ma significa richiamare tutti noi alla responsabilità di non depotenziare l'azione della magistratura e l'azione delle Forze dell'ordine nel contrasto a organizzazioni criminali mafiose! Questo significa, non c'è alcuna azione contundente, ma un elemento di grande responsabilità. Diceva Caselli, procuratore capo a Palermo, che: “a titolo di partecipazione nell'associazione può essere punito soltanto chi ne fa parte integrante, assumendovi un ruolo stabile (…). Ma c'è anche chi, pur rimanendo estraneo al tessuto organizzativo dell'associazione mafiosa, stringe con essa un patto scellerato. Si pensi al politico o all'imprenditore che vogliano avvalersi di scorciatoie” - com'è la forza intimidatrice della mafia - “per ottenere consensi elettorali o dividersi o eliminare la concorrenza sul campo di altri imprenditori, mettendo a disposizione (…) il proprio potere politico o economico”. In questo modo, la mafia si è rafforzata e si è trasformata in un contropotere dello Stato, ma un potere criminale.

Ebbene, io penso che, in questi giorni, le parole che noi abbiamo sentito da parte del Ministro Nordio siano parole che non hanno aiutato e non sono andate nella direzione che ho poc'anzi citato, perché se si ritiene che il concorso esterno non esista, come ha detto il Ministro, o sia una formula evanescente o che il concetto di concorso sia contraddittorio, se sei concorrente non sei esterno e se sei esterno non sei concorrente, così ha detto il Ministro, quando discuti queste cose sotto il profilo tecnico, ti ritrovi delle risposte di ordine ideologico ed emotivo, questo ha detto il Ministro, come quando si attacca il trojan, uno strumento investigativo importante, che ha consentito l'arresto di mafiosi, dicendo che è un'arma incivile, oppure, quando si dice che le intercettazioni hanno un budget troppo elevato, perché non possono risultare fallaci e ingannevoli, allora, io dico: per favore, utilizziamo, concordiamo e avviamo un'azione comune, ma non depotenziamo le azioni di contrasto della magistratura e delle Forze dell'ordine nel contrasto alla mafia.

Noi ci inchiniamo alla memoria di Paolo Borsellino, ci inchiniamo alla memoria di Giovanni Falcone e degli uomini delle loro scorte, di tutte le Forze di polizia, gli uomini della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di finanza che hanno perso la vita, come dei bambini - si è citato prima - di esponenti della società civile, ricordiamoci di Impastato, ricordiamoci di chi oggi e ieri si è battuto per contrastare la mafia e che non può vedere delegittimata la sua azione nei confronti di chi, oggi, vorrebbe invece depotenziare l'azione della magistratura. Perché, diciamolo, lo dobbiamo dire in quest'Aula, anche se non è una parola bella, ma la disse qualcuno che poi la mafia trucidò barbaramente, la mafia è una grande montagna di merda, che noi dobbiamo contrastare con tutte le nostre forze (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in giornate come questa si rischia sempre un po' di scivolare nella retorica, ma ci sono parole che non ci si può esimere dal pronunciare, soprattutto in un consesso come quello nel quale ci troviamo, nel tempio laico di quelle istituzioni che Paolo Borsellino e gli uomini e la donna che lo difendevano - li voglio ricordare anch'io, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, la prima donna a far parte di una scorta e la prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio -, Borsellino e i suoi angeli custodi, hanno servito fino all'estremo sacrificio.

Per noi, signor Presidente, che delle istituzioni rappresentative oggi portiamo la responsabilità, il dovere morale non si esaurisce con il ricordo e con la commemorazione dei caduti e delle azioni che in vita hanno segnato in maniera miliare la lotta alla mafia, ma deve anche indurre a fare tesoro degli insegnamenti ricevuti e dell'esempio di un coraggio che resterà scolpito nella memoria delle generazioni. Diceva Paolo Borsellino: “È normale che esista la paura, in ogni uomo, l'importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti”, proprio lui, Borsellino, che andò consapevolmente incontro alla morte, pur di non deflettere dalla lotta contro quella criminalità organizzata che ogni giorno ruba il futuro dei nostri figli.

La mafia può e deve essere sconfitta e dobbiamo partire da questa convinzione, affinché sacrifici come quello che oggi celebriamo non siano vani, ma dobbiamo anche essere consapevoli che la lotta contro un nemico così potente e così insidioso richiede unità e coesione. Nessuno, nessuno deve essere lasciato solo di fronte alle mafie, nessuno deve usare la lotta alle mafie per finalità diverse da quelle che i nostri eroi nazionali hanno sempre messo al primo posto. Negli ultimi 31 anni la mafia è cambiata, ha ampliato il proprio raggio d'azione non soltanto territoriale, si è dotata di strumenti assai più sofisticati, ma in questo torno di tempo sono cambiati e si sono evoluti anche i mezzi per combatterla e lo dimostrano i successi che gli uomini della giustizia e delle Forze dell'ordine conseguono ogni giorno nella caccia ai latitanti e nel contrasto alle infiltrazioni più o meno evidenti.

Però, signor Presidente, onorevoli colleghi, ciò che non è cambiato in alcuni è quell'attitudine all'antimafia da corteo, che porta ad additare avversari politici per biechi fini di propaganda di parte, anche quando - ed è il caso della Presidente Meloni e di questa maggioranza - l'esperienza degli eroi che oggi ricordiamo è alla base di un impegno pubblico specchiato. Quindi, basta con le parole vane e con i parolai, dunque, concentriamoci su un impegno concreto.

Oggi, che sono in ballo interventi economici di grande entità, ricordiamo il precetto del seguire i soldi che caratterizzò il metodo di Falcone e Borsellino, facciamo tesoro delle indicazioni della Direzione investigativa antimafia, che nella sua relazione semestrale qui, al Parlamento, ha paventato il rischio di una contaminazione del sistema economico imprenditoriale con logiche distruttive della corretta concorrenza a totale danno della crescita e del benessere economico.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, proteggiamo il nostro Paese, che è fatto di un tessuto sano, vivo, vitale, di persone che ogni giorno lavorano e rischiano in proprio per il benessere proprio e della comunità. Rendiamoci degni del sangue versato (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pastorino. Ne ha facoltà.

LUCA PASTORINO (MISTO-+EUROPA). Presidente, sono particolarmente onorato di poter fare questo intervento, di aver seguito tutta la discussione e di aver beneficiato del privilegio di ascoltare testimonianze di chi, comunque, ha vissuto questi momenti o di chi li ha combattuti. Io credo che, al di là delle opinioni di tutti, al di là di un'antimafia da corteo, come ho sentito dire ora o di quello che si può dire, insomma, questa sia una discussione che comunque ci fa bene.

Volevo anche aggiungere una cosa, che stamattina abbiamo ricordato: per certi aspetti è molto particolare che proprio oggi, in corrispondenza con l'anniversario della strage di via D'Amelio, sia mancato Andrea Purgatori, lo abbiamo detto prima, uno che tra le altre cose è stato una persona, un professionista che ha raccontato fino all'ultimo le stragi di mafia. Questa, per certi aspetti, è una circostanza particolarmente significativa e particolarmente importante.

Lo abbiamo detto in tanti, era il 19 luglio quando la mafia uccise Paolo Borsellino e la sua scorta, non erano trascorsi neanche due mesi dopo l'attentato di Capaci dove persero la vita il giudice antimafia e la moglie Francesca Morvillo. La sorella Rita Borsellino ricordava come ci sia stato un prima e un dopo quel giorno, il volto di Borsellino mutò, il suo innato spirito gioioso svanì insieme al suo sorriso. Purtroppo, erano due stragi annunciate, come aveva dichiarato lo stesso Falcone: “Abbiamo tanti segnali che ci fanno temere che possano accadere delle cose spiacevoli nel prossimo futuro”, annunciate, ma non sventate. Nonostante i presagi, Falcone e Borsellino avevano lavorato con passione e ferma convinzione fino all'ultimo, due veri servitori dello Stato.

Borsellino, lo ha già ricordato qualcuno, visse quei 57 giorni cosciente di dover correre contro il tempo, parlava di un pericolo imminente, diceva: devo fare presto, perché non ho tempo. Già sapeva in cuor suo quale destino lo attendeva, era consapevole della sua sovraesposizione personale e non per questo si fermò, anzi, incapace di tirarsi indietro, in quei giorni lavorò senza sosta per riprendere il filone dell'inchiesta soffocato in procura su mafia e appalti, tassello fondamentale della più ampia indagine sull'infiltrazione dei capitali di Cosa Nostra nell'economia italiana.

È stato un uomo di grande equilibrio, istituzionale e nel contempo capace di denunciare ciò che non andava nel sistema giudiziario; è stato ed è simbolo della lotta alla mafia, difensore dei valori di giustizia, legalità, integrità e trasparenza; un uomo sensibile e mosso da una sete di giustizia, profondamente convinto del rilievo culturale e dell'impegno civile delle giovani generazioni per la costruzione di una società migliore. Come abbiamo detto tutti, più o meno, con parole diverse, deve essere nostro compito portare avanti il suo pensiero e insegnarlo.

Mi permetto di dire, senza per forza essere considerato uno che scivola in contrapposizioni di natura politica e ideologica, che noi dobbiamo portare avanti quel suo messaggio non solo oggi, ma in tutti i restanti 364 giorni di ogni anno, traducendo il ricordo in iniziative e azioni coerenti con le parole che abbiamo ascoltato oggi da parte di tutta la classe politica, per esempio appunto acquisendo la consapevolezza che dichiarazioni poco opportune o sommarie, buttate un po' lì, circa modifiche a norme esistenti in tema di lotta alla criminalità organizzata non vanno fatte, banalmente perché non rispettose anche del ricordo di questa mattina. Vanno ricondotte, al limite, sì, in una discussione generale che parta dal presupposto, appunto, del ricordo e del fatto che non si deve mai abbassare la guardia; allora sì che vanno bene. E occorre pensare che, al di là della specifica normativa antimafia, il rispetto, la difesa della legalità e la stessa lotta alla mafia passano anche attraverso altre norme importanti, che vanno difese, analizzate, migliorate di certo, ma mai indebolite. L'ha fatto qualcun altro, con riferimento al codice degli appalti: non voglio entrare nel merito, però fa parte della storia e delle lotte di Borsellino. E chi vi parla è un sindaco di un piccolo paese che, di punto in bianco, si trova l'opportunità - chiamiamola così - di non fare mai le gare fino a un milione di euro di importo. Voi capite bene che questa è una cosa che potenzialmente apre un fronte che è lo stesso di cui parliamo ora, della storia e della lotta che ha fatto Borsellino. Infatti, se non lo sapete, fino a un milione di euro non ci sono procedure di gara: si invitano 4 o 5 ditte, attraverso una stazione appaltante cosiddetta qualificata, e qualcuno ricordava anche i subappalti.

Allora, commemorare e ricordare vuol dire accompagnare ogni azione legislativa con una puntuale e seria valutazione degli effetti che vengono prodotti. Se non si compie questo esercizio di riflessione, diciamo così, non si rispetta la memoria e il sacrificio di uomini come Paolo Borsellino. E questa non è contrapposizione politica; è la realtà delle cose vissute da chi, comunque, si sente un modesto interprete della vita amministrativa della sua comunità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa).

Volevo concludere con queste parole, che caratterizzano Paolo Borsellino e che, più o meno, conosciamo quasi a memoria, però è sempre bello ascoltarle: “La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale, che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità”. Sono parole straordinarie, di un uomo straordinario, che oggi ricordiamo tutti, con tanta gratitudine (Applausi).

PRESIDENTE. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della Giustizia, il Ministro della Salute, il Ministro della Difesa e il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Intendimenti in ordine alla fattispecie del concorso esterno in associazione mafiosa, in relazione a recenti dichiarazioni del Ministro della Giustizia - n. 3-00537)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno, D'Orso ed altri n. 3-00537 (Vedi l'allegato A). La deputata D'Orso ha facoltà di illustrarla.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Oggi ricorre il 31° anniversario della strage di via D'Amelio. La memoria di Paolo Borsellino e di tutti i servitori dello Stato vittime delle mafie non si onora con passerelle, convegni e frasi di circostanza, ma con azioni concrete di contrasto alle mafie, a tutte le forme di contiguità e complicità e tenendo alta e costante quella tensione morale e culturale che è il substrato necessario per debellare la mentalità mafiosa alla radice.

Le iniziative legislative intraprese da questo Governo e le affermazioni pubbliche e, in particolare, sue, Ministro, vanno in direzione contraria a un serio e inequivocabile impegno contro la criminalità organizzata.

Da ultimo, lei, Ministro, ha fatto esternazioni preoccupanti rispetto all'intenzione di rimodulare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, “un'invenzione dei giudici abbastanza evanescente, un ossimoro” lo ha definito. Il Governo ha tentato una marcia indietro, sostenendo che la modifica non sia una priorità, ma nessuno ha smentito la volontà di una modifica.

La mafia oggi opera grazie all'appoggio dei colletti bianchi; il concorso esterno è lo strumento imprescindibile per combattere proprio quella zona grigia, la cosiddetta borghesia mafiosa. Le chiedo, allora, Ministro: ci dica, una volta per tutte, e con parole chiare, se ha intenzione di intervenire, e come, nell'arco dell'intero suo mandato, in materia di concorso esterno in associazione mafiosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha facoltà di rispondere.

CARLO NORDIO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Grazie ai colleghi. Non è un ringraziamento di facciata, ma un ringraziamento sincero, perché mi danno l'opportunità di chiarire, nella sede più adeguata e più solenne, i termini del problema e, soprattutto, di poterlo fare nel giorno della commemorazione della morte di Paolo Borsellino e della sua scorta, che abbiamo ricordato stamattina, con tutto lo staff del Ministero, in una cerimonia religiosa. Personalmente, alle preghiere per questo martire della magistratura ho associato quelle per tanti altri colleghi di cui, purtroppo, si rischia di perdere la memoria. Mi riferisco, soprattutto, al Beato Rosario Livatino e agli altri magistrati, molti dei quali prestavano servizio nel Ministero da me ora guidato, che costituirono i bersagli dello stragismo brigatista; un ricordo tanto più doloroso in quanto, a quel tempo, io spesso conducevo, come giudice istruttore, le indagini sulla colonna veneta delle Brigate Rosse e fui oggetto di un disegno di attentato, sventato dai carabinieri del generale Dalla Chiesa. Comprenderete, quindi, il mio sconcerto e il mio sdegno quando qualcuno mi ha definito favoreggiatore della delinquenza mafiosa (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier).

La mia risposta all'interrogazione odierna è già nota, ma sono lieto di ribadirla qui. Nel programma di riforme a suo tempo enunciato - è stato enunciato davanti a voi, qui - non vi è traccia di modifiche su questa disciplina, né avrebbe potuto esservi, perché non ha fatto, né fa parte del programma governativo e questo finalmente dovrebbe bastare: non c'è, non esiste, non sarà fatto.

Il problema, tuttavia, è sorto a causa dell'incertezza applicativa del concorso esterno, tanto che la Cassazione, a suo tempo, ha cambiato indirizzo. Le voci per introdurre una norma tipica sono quasi universali nel mondo universitario e forense. Vorrei anche dire che la mia interpretazione è anche più severa di quella dei miei critici - e anche vostra - perché anche chi non è organico alla mafia, se comunque ne agevola il compito, è mafioso a tutti gli effetti, tant'è che, quando ho diretto l'inchiesta sulle BR, negli anni Ottanta, abbiamo sempre contestato il reato associativo anche a chi si prestava a semplici contatti, dal soccorso medico al volantinaggio, e li abbiamo fatti tutti condannare come appartenenti alla banda armata.

Ora, è vero che, per il concorso esterno, esiste una giurisprudenza abbastanza consolidata, ma, come ben sapete, nel nostro ordinamento non esiste il principio dello stare decisis, e la stessa Cassazione, come ho detto, talvolta ha cambiato indirizzo. L'ultima prova di quanto sto dicendo è recentissima, perché la Corte ha ridefinito il concetto di criminalità organizzata in senso assai restrittivo, con il rischio di compromettere molti processi in corso per reati gravissimi. Ed è per questo che, nell'ultimo Consiglio dei ministri, di concerto con la Presidenza, abbiamo annunciato un decreto-legge proprio per definire, con i doverosi criteri di tassatività e specificità, i reati di criminalità organizzata.

Le mie considerazioni sulla necessità di una normativa ad hoc sul concorso esterno, miravano, di conseguenza, a eliminare incertezze future, costruendo uno strumento anche più efficace di quello attuale nella repressione delle associazioni criminose e di chi, in un modo o nell'altro, vi fa parte.

In conclusione, non vi è alcun affievolimento nel contrasto alla criminalità organizzata, né potrebbe essere altrimenti, principalmente da parte di un Ministro che vi ha dedicato la parte più importante della propria funzione di magistrato. Ed è con questo sentimento di commossa rievocazione del collega Paolo e delle altre vittime della violenza stragista, che auspico che questa polemica sterile oggi si chiuda (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Il deputato Cafiero De Raho ha facoltà di replicare.

FEDERICO CAFIERO DE RAHO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro. Lei ha dato una spiegazione di quel che è avvenuto. Pur tuttavia, pubblicamente, a un evento, ella ebbe a parlare proprio di eliminazione o abrogazione - perché così la stampa l'ha riportato - determinando poi una polemica che non siamo stati certo noi a determinare, ma sono state le sue parole. Poi lei, da Ministro, evidentemente, quando si esprime, rappresenta una volontà che non è soltanto la sua. È chiaro che, nel momento in cui c'è stato questo suo, diciamo, ravvedimento rispetto a quel che è stato detto, noi ancora non siamo convinti della finalità.

Perché non siamo convinti? Perché mentre dice che non ci sarà alcun arretramento, già avete pensato che l'abuso d'ufficio va eliminato; il traffico illecito d‘influenza va ridimensionato; il concorso esterno, probabilmente, se non lo toccherete in sé, lo indebolirete; le intercettazioni vanno ridotte; i contrasti - l'avete detto - alle mafie e alla corruzione andavano mantenuti, mentre, in realtà, proprio su questi temi, siete intervenuti ripetutamente. È evidente che il concorso esterno rappresenti uno degli strumenti fondamentali per coprire quel vuoto che è, appunto, il ruolo delle figure contigue e colluse con l'associazione mafiosa. Le tre condanne di Antonio D'Alì, Nicola Cosentino e Marcello Dell'Utri, due dei quali hanno avuto anche ruoli nell'ambito di Governi passati, dimostrano, di per sé, come il concorso esterno tenda a coprire proprio quelle sacche di collusione che nessun'altra figura va a coprire, così com'è per l'abuso d'ufficio: una figura che va a coprire tante altre collusioni che altre figure non riescono a coprire. Ecco perché noi siamo molto preoccupati di come ci si sta muovendo e di quel che saranno gli ulteriori avanzamenti che si faranno, indebolendo necessariamente quel che è il contrasto alle mafie e alla corruzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza in ordine alla gratuità della contraccezione ormonale per le donne - n. 3-00538)

PRESIDENTE. La deputata Malavasi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00538 (Vedi l'allegato A).

ILENIA MALAVASI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Il 21 aprile scorso, il Comitato prezzi e rimborsi dell'Aifa ha approvato, con una decisione di portata storica, la gratuità della contraccezione ormonale nel nostro Paese. Una decisione accolta con molto favore dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, ma anche dall'Associazione italiana per l'educazione demografica, nonché dal nostro Partito Democratico, perché riteniamo davvero che si tratti di una svolta importante a favore delle donne, attesa da molto tempo, che già alcune regioni italiane, tra cui la mia regione, l'Emilia-Romagna, hanno comunque anticipato e intrapreso, e che rappresenta, dal nostro punto di vista, un passo avanti importante per la tutela della salute sessuale e riproduttiva delle donne.

Queste speranze si sono infrante quando, il 24 maggio, il consiglio di amministrazione dell'Aifa, chiamato a ratificare la decisione, l'ha rinviata, con la motivazione che le commissioni consultive dell'Agenzia non hanno ancora elaborato precise indicazioni sulle fasce di età a cui rivolgersi, sulle modalità di distribuzione e sui costi a carico del Sistema sanitario nazionale, che, in realtà, la stessa Aifa aveva stimato in 140 milioni.

Quindi chiediamo quali siano le misure urgenti di competenza del Ministro, oltre alle risorse necessarie, che il Governo intende intraprendere affinché la decisione assunta possa diventare efficace ed operativa.

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Ringrazio gli onorevoli interroganti per aver segnalato questo argomento importante che, come questo Governo ha già avuto modo di rappresentare nel corso di un'analoga interrogazione qui alla Camera, non riveste profili di diretta competenza del Ministero della Salute, bensì ricade nelle funzioni proprie dell'Agenzia italiana del farmaco.

Data l'importanza sociale della procreazione consapevole, specie in alcune fasce di età e di condizione socio-economica, risulta che Aifa sta valutando compiutamente la problematica relativa all'erogazione gratuita dei farmaci anticoncezionali. Si tratta di valutazioni che non possono prescindere da ogni questione di compatibilità, in relazione alle attribuzioni del MEF, con la tenuta finanziaria delle scelte operate nel settore farmaceutico, per l'impatto sulla relativa spesa a carico del Fondo sanitario nazionale.

Nello specifico, per quanto riguarda lo stato degli approfondimenti attuati dall'Aifa, si è a conoscenza di un tavolo tecnico Aifa-Conferenza delle regioni e delle province autonome, istituito presso Aifa e coordinato dal Presidente del consiglio di amministrazione dell'Aifa, che, nella riunione del 3 luglio 2023, ha espresso sul punto le proprie valutazioni. Nel corso dell'incontro sono stati richiamati gli ultimi pareri emessi dalla Commissione tecnico-scientifica (CTS) e dal Comitato prezzi e rimborso (CPR).

La CTS, nel parere del 7 giugno scorso, ha confermato il proprio precedente avviso relativo alla rimborsabilità della pillola estesa a tutte le donne in età fertile e ha chiarito di non aver volutamente definito le classi di età, in quanto non esistono motivazioni di carattere tecnico-scientifico per porre limitazioni nell'ambito della popolazione femminile in età fertile.

Il CPR, nelle riunioni del 19 e 21 giugno, ha chiesto di procedere con approfondimenti in merito a possibili scenari di aumento dell'impatto di spesa previsto, rispetto ai 140 milioni di euro stanziati.

Altro punto dell'esame è stato quello della definizione di eventuali fasce di età. È stato analizzato il documento Contraception Policy Atlas 2023, che raggruppa 46 Paesi in tutta l'Europa geografica sull'accesso alla contraccezione, dal quale si evince che all'estero i contraccettivi sono erogati gratuitamente in genere fino ai 25 anni. Alla luce di questo, qualora in Italia si estendesse a tutte la distribuzione gratuita, la nostra Nazione sarebbe la prima a erogare il farmaco a tutte le fasce di età. Dal punto di vista economico, qualora si estendesse la rimborsabilità del farmaco e considerato l'ampliamento della platea delle utilizzatrici, si potrebbe arrivare a un impatto di spesa vicino al miliardo di euro. Questa valutazione ha richiesto un approfondimento e un confronto con le regioni che, al momento, concedono gratuitamente questi farmaci, per comprendere in quali contesti distributivi vengano erogati e per quali fasce di età è prevista la gratuità. Ad oggi, si contano 5 regioni che hanno deliberato di mettere a disposizione gratuitamente i contraccettivi.

Come comunicato da Aifa, il tavolo tecnico ha raggiunto le seguenti conclusioni: assumendo come modello di riferimento le realtà regionali sopra esaminate, il canale preferenziale di distribuzione dovrebbe essere quello dei consultori familiari e degli ambulatori ostetrico-ginecologici, quali strutture deputate anche a garantire supporto psicologico, sociologico ed assistenziale. In questo caso, l'onere per il Sistema sanitario nazionale graverebbe a carico della spesa farmaceutica per acquisti diretti. Al riguardo, sarebbe opportuno che il CPR valutasse quale potrebbe essere l'impatto di spesa derivante da questa modalità. Andrebbe attivata la negoziazione con le aziende per il passaggio dalla fascia C alla fascia A dei farmaci interessati e dovranno espletarsi le procedure di gara regionali. Infine, a prescindere dalla tematica relativa alla rimborsabilità dei contraccettivi, il tavolo ha ritenuto necessaria una verifica dei dati di efficacia e di sicurezza sull'utilizzo delle pillole anticoncezionali nelle minori di età.

Da quanto comunicato dall'Aifa, risulta che le predette valutazioni del tavolo tecnico Aifa-Conferenza delle regioni e delle province autonome sono state trasmesse dal presidente del Consiglio di amministrazione al CPR.

PRESIDENTE. La deputata Malavasi ha facoltà di replicare.

ILENIA MALAVASI (PD-IDP). Ringrazio il Ministro, ma devo dire che mi preoccupa moltissimo la sua risposta. Ci preoccupa molto. Pensiamo che vi sia un tentativo di posticipare o, forse, di affossare questa importantissima decisione. Lo dico perché le sue parole non ci hanno tranquillizzati. Da un lato, vi sono le analisi approfondite svolte da Aifa, dalla CTS e anche dal CPR, che avevano esaminato tutte le evidenze scientifiche, e le raccomandazioni di organismi internazionali come l'OMS, la quale aveva considerato efficace questo strumento. Quindi, sarebbe stato opportuno renderlo gratuito e rimborsarlo a tutte le donne, in base ovviamente alla prescrizione medica. Dall'altro lato, vi sono le risorse, stimate in 140 milioni di euro. Sappiamo bene come nella spesa farmaceutica convenzionata, nel 2022, ci siano state risorse non spese, pari a 727 milioni. Ciò può dimostrare anche una copertura a invarianza di previsione di spesa, che sicuramente è un dato importante.

A noi interessa che ci sia un obiettivo e che si vada in fondo, per cui invitiamo il Governo e lei a lavorarci con determinazione. Sappiamo bene che le risorse le deve mettere il Ministero e non possono metterle altri soggetti. La invitiamo quindi a stanziare le risorse necessarie, togliendo ogni dubbio rispetto a questa decisione. Quello che non vorremmo e che ci preoccupa è che tutti questi rinvii, anche al tavolo delle regioni, con una misura temporale non prevedibile, possano portare a una mancata assunzione di responsabilità da parte del Governo, con la volontà di ostacolare una decisione e la scelta di garantire la gratuità dei contraccettivi orali per le donne, per le quali la spesa è attualmente di circa 230 milioni all'anno. Crediamo che le risorse ci siano e l'Aifa ha fatto un ottimo lavoro. È una decisione importante, credo che ne vada del diritto alla salute delle donne e della decisione sulla loro qualità della vita.

(Iniziative di competenza ai fini dell'approvazione del Piano nazionale di prevenzione vaccinale e di un'efficace campagna di informazione, con particolare riferimento alla prevenzione delle malattie HPV correlate – n. 3-00539)

PRESIDENTE. La deputata Bonetti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00539 (Vedi l'allegato A).

ELENA BONETTI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Ministro, il 12 luglio si sarebbe dovuta raggiungere l'intesa nella Conferenza Stato-regioni sull'approvazione del Piano nazionale di prevenzione vaccinale per i prossimi anni. Secondo notizie che ci sono giunte, quest'intesa non è stata raggiunta per una mancanza di risorse. Ci sembra un evento estremamente preoccupante, perché va a minare non solo l'implementazione dell'intero Piano ma anche la prossima organizzazione della campagna vaccinale, a partire da questo autunno-inverno. È un indebolimento di quella necessaria campagna d'informazione, in particolare rivolta alle famiglie e alle giovani generazioni, anche su vaccinazioni oggi strategiche per il nostro Paese, come quelle per la prevenzione dei tumori HPV correlati. Siamo quindi a chiedere quali sono le iniziative che il suo Ministero intende mettere in campo per raggiungere tale intesa e per dare piena attuazione a tutte le azioni del Piano.

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Bonetti per aver posto l'attenzione sul Piano nazionale di prevenzione vaccinale. Rappresento quanto segue. Come evidenziato dall'interrogante, il documento recante il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025, il calendario nazionale vaccinale nonché lo schema di intesa tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano sono stati trasmessi alla Conferenza Stato-regioni in data 19 gennaio ultimo scorso. Il documento recante il Piano nazionale di prevenzione vaccinale e il calendario vaccinale, in esito a confronti tecnici con le regioni e province autonome, sono stati approvati nel merito dalla commissione salute. La questione, per cui, in data 12 luglio ultimo scorso, l'intesa ha avuto come esito un rinvio riguarda esclusivamente l'intesa relativa alla parte finanziaria. Tenuto conto che ad oggi le risorse destinate all'attuazione del Piano nazionale di prevenzione vaccinale ammontano annualmente a 186 milioni di euro, il Piano, nella versione inizialmente proposta, prevedeva che all'attuazione del medesimo si provvedesse senza maggiori e ulteriori oneri a carico della finanza pubblica. Nel corso del confronto con regioni e province autonome, queste hanno rappresentato l'esigenza di prevedere l'attivazione di un processo di monitoraggio del Piano, anche al fine dell'impegno del Governo alla valutazione di un finanziamento aggiuntivo per far fronte ad eventuali ulteriori esigenze, emerse in fase attuativa e connesse all'ampliamento dell'offerta vaccinale e alle azioni necessarie per assicurare la copertura vaccinale a tutti i soggetti a rischio. Nell'ultima seduta, del 12 luglio scorso, la Conferenza Stato-regioni non ha condiviso la stesura dell'intesa come riformulata a seguito delle osservazioni fatte dal Ministero dell'Economia e delle finanze. È comunque necessario che regioni e province autonome quantifichino da subito le eventuali ulteriori risorse derivanti dall'attuazione del nuovo Piano, in particolare tenendo conto anche dei nuovi e più efficaci vaccini che potrebbero essere utilizzati per soggetti anziani e fragili. Resta ferma ogni altra valutazione di competenza del MEF all'esito della presentazione della stima di fabbisogno, che le regioni dovranno far pervenire con ogni consentita urgenza.

Per quanto riguarda le campagne di vaccinazione in generale, mi preme sottolineare come, fin dall'inizio del mio mandato, ho inteso promuovere vaccinazioni anche attraverso iniziative di comunicazione istituzionale. Ricordo con soddisfazione il recente riconoscimento dell'OMS riguardo l'eradicazione della rosolia in Italia.

Per quanto concerne la campagna nazionale di vaccinazione contro HPV, si è impegnati su più fronti: scuole, punti di ritrovo per i giovanissimi e giovani, media (social media compresi). Nel dettaglio, già dal mese di dicembre 2022, il Ministero ha realizzato su questo tema la campagna di comunicazione sulla vaccinazione anti HPV con il claim “Protegge il loro futuro”. Obiettivo principale della campagna è sensibilizzare la popolazione sull'importanza di questa vaccinazione, raccomandata e gratuita per gli adolescenti, ragazze e ragazzi, a partire dagli 11 anni di età. Il target dell'iniziativa sono i genitori, cui è rivolta l'offerta vaccinale. Si è scelto di utilizzare un linguaggio semplice e chiaro. Sono stati predisposti, inoltre, banner da veicolare sulle principali testate rivolte al pubblico femminile e card da diffondere sui canali social. Sul sito dedicato alla campagna, sono presenti link alle pagine informative di ciascuna regione, nonché gli altri siti tematici e pagine di approfondimento rilevante.

Inoltre, dall'inizio di quest'anno, durante tutto il mese di gennaio, è stata realizzata una campagna informativa sui social network del Ministero. Per questa iniziativa è stata pubblicata una serie di contenuti per sensibilizzare gli utenti sull'importanza della prevenzione, sia come vaccinazione contro l'HPV, sia come adesione ai programmi di screening del Servizio sanitario nazionale. Su Facebook e Instagram risultano, oggi, circa 3 milioni di visualizzazioni.

In conclusione, comunico che, tra i programmi per il prossimo autunno, sono previste ulteriori iniziative comunicative della promozione della vaccinazione contro l'HPV.

PRESIDENTE. La deputata Bonetti ha facoltà di replicare.

ELENA BONETTI (A-IV-RE). Grazie Ministro per questa risposta e per l'attenta descrizione anche di un'importante campagna, che il Ministero ha inteso mettere in campo sulla vaccinazione di prevenzione dei tumori HPV correlati, in particolare rivolta alle giovani generazioni, e nel coinvolgimento - che lei opportunamente ha richiamato - di tutti i contesti e delle agenzie educative.

Oggi, informare e dare consapevolezza ai più giovani significa mettere in campo strumenti efficaci per la loro salute, ma anche per la salute dell'intero Paese. La ringraziamo, perché la questione era stato oggetto anche di mozioni portate all'attenzione del Parlamento e approvate e, quindi, diamo conto positivamente di questa sua risposta. Ovviamente, siamo a disposizione per sostenere azioni programmatiche che il Ministero vorrà portare avanti.

Invece, Ministro, ci lascia estremamente preoccupati sentire le sue parole sulla mancata copertura delle risorse per quanto guarda un Piano fondamentale per il nostro Paese. Come abbiamo visto durante la pandemia, la prevenzione vaccinale è un elemento strutturale e lo sa bene, lei, uomo di scienza. Che non ci sia un accordo con il MEF e con le regioni su questo tema, Ministro, è qualcosa di grave.

Vorrei invitarla a sollecitare in particolare i suoi colleghi di Governo e il Ministro Calderoli a trovare uno spazio di raggiungimento d'intesa tra il MEF e le regioni. Apro su questo una parentesi, che, purtroppo, parentesi non è: il Governo faccia le dovute valutazioni sul portare avanti disegni di autonomia differenziata, che ancora di più andranno a indebolire azioni strategiche di sinergia tra le regioni governate dal livello nazionale, che giustamente, lei, vuole mettere in campo, laddove, nella frammentazione delle autonomie, senza l'adeguata copertura delle risorse, ci troveremo con un Paese, che avrà diseguaglianze nella tutela del diritto alla salute, anche attraverso, per esempio, la campagna di vaccinazione - cosa che già accade con le attuali vaccinazioni, ma che verrebbe amplificata -, e, altresì, ci sarebbe un'ulteriore mancanza di forza ed incisività da parte della regia nazionale. Ci auguriamo, Ministro, che su questo lei possa fare il lavoro che ha detto di voler fare (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

(Iniziative di competenza in ordine ai requisiti di accreditamento dei centri specializzati nelle terapie antitumorali Car-T – n. 3-00540)

PRESIDENTE. La deputata Loizzo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00540 (Vedi l'allegato A).

SIMONA LOIZZO (LEGA). Grazie, Presidente. Ministro, le Car-T sono terapie personalizzate contro il cancro, che agiscono direttamente sul sistema immunitario del paziente per renderlo in grado di riconoscere e distruggere le cellule tumorali. Ad oggi, ben 91 terapie avanzate si trovano in Italia nella fase 3 degli studi clinici.

Nel 2019, in sede di ammissione della prima Car-T alla rimborsabilità, l'Agenzia italiana del farmaco ha individuato i criteri minimi che i centri erogatori di queste terapie devono soddisfare.

La mia interrogazione volge proprio a questo. Nell'ottica di favorire un più ampio ed equo accesso alle terapie in esame, si ritiene che debba essere riconsiderato il requisito dell'accreditamento JACIE. Le Car-T, infatti, prevedono una procedura autologa, il paziente è lo stesso donatore delle cellule, e, in quanto tale, non necessitano dei processi e delle competenze che, invece, oggi sono richiesti per un centro che esegue trapianti allogenici.

L'accreditamento JACIE per il trapianto allogenico non rappresenta, quindi, un criterio imprescindibile in altri Paesi europei, come Francia, Germania e Spagna.

Chiediamo, quindi, al Ministro se sia possibile che questo tipo di accreditamento possa essere modificato.

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Ringrazio l'onorevole interrogante, che mi consente di illustrare un'importante innovazione terapeutica.

L'immunoterapia basata su Car-T cell è un tipo di trattamento antitumorale che usa linfociti autologhi T geneticamente modificati per riconoscere proteine specifiche espresse sulla superficie delle cellule tumorali e permetterne così l'eliminazione diretta o indiretta. La produzione e la somministrazione di Car-T seguono una procedura complessa, che è articolata in diverse fasi e coinvolge specifiche figure professionali.

L'elevata efficacia dell'immunoterapia in questione, tuttavia, è bilanciata da un profilo di tossicità complesso, che richiede elevate competenze multidisciplinari per una corretta gestione. Per questo motivo, al fine di garantire la somministrazione il più possibile efficace e sicura di questi prodotti, il programma di risk management plan, approvato dalla Pharmacovigilance Risk Assessment Committee dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), impone per i Car-T autorizzati il rispetto di specifici requisiti organizzativi ed infrastrutturali che assicurino elevati livelli di expertise clinica.

In particolare, è richiesto che i titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei singoli Car-T debbano garantire che gli ospedali e i relativi centri associati che dispensano il prodotto siano specificatamente qualificati, in conformità con il programma concordato per il controllo della distribuzione. In aggiunta al programma di distribuzione controllata, imposto dall'Agenzia europea per i medicinali, è demandata ai singoli Stati membri l'eventuale definizione di ulteriori specifici criteri di accreditamento.

Com'è stato ricordato, in occasione dell'ammissione alla rimborsabilità della prima terapia Car-T, per consentire alle regioni l'individuazione di centri clinici idonei, la commissione tecnico-scientifica dell'Aifa ha definito i requisiti minimi per l'individuazione dei centri clinici idonei all'utilizzo delle terapie Car-T: il certificato del Centro nazionale trapianti, l'accreditamento JACIE, unità di terapia intensiva e rianimazione e team multidisciplinare adeguato alla gestione clinica del paziente e delle possibili complicanze.

Questi criteri sono stati selezionati per garantire al paziente le più estensive competenze in termini di gestione delle terapie cellulari per ottimizzare il rapporto beneficio-rischio. In quest'ottica, anche se le Car-T sono prodotti medicinali autologhi, fu deciso di richiedere il livello più elevato di accreditamento JACIE. Quest'accreditamento prevede il controllo del raggiungimento e del mantenimento di livelli standard di gestione dei processi relativi all'uso di cellule staminali e cellule effettrici.

La scelta del CTS dell'Aifa di un livello così elevato di accreditamento è stata determinata, allora, anche dallo scarso livello di evidenza scientifica sull'efficacia e sicurezza di questi prodotti. È importante sottolineare come, anche in altre Nazioni europee, pur non facendo sempre riferimento alla certificazione JACIE allogenica, hanno previsto criteri di qualità e formazione non molto dissimili da quelli previsti da quest'ultima. Al momento, sono autorizzati da EMA un totale di 6 terapie Car-T, 3 delle quali già rimborsate in Italia.

Dall'esame dei dati di accesso nei registri Aifa, le infusioni somministrate ammontano a circa 732. Da questi registri si evince, inoltre, che, nella maggior parte delle regioni, è possibile avere centri e trattamenti per Car-T e che il numero dei centri abilitati alla somministrazione è coerente con quello di altre Nazioni europee.

Alla luce dei dati disponibili, pertanto, attualmente non ci sono evidenze circa eventuali disparità di accesso alle terapie rispetto agli altri Stati europei.

Fermo restando quanto illustrato, si continuerà, attraverso Aifa, a monitorare gli andamenti prescrittivi per poter eventualmente mettere in atto con tempestività strategie volte a garantire il più ampio accesso alle terapie Car-T, anche in considerazione delle nuove evidenze di efficacia e sicurezza di questi prodotti e del futuro aumento dei pazienti potenzialmente eleggibili.

PRESIDENTE. La deputata Loizzo ha facoltà di replicare.

SIMONA LOIZZO (LEGA).   Grazie, Ministro Schillaci. Desidero innanzitutto ringraziarla personalmente e a nome del mio partito per l'attenzione che ha rivolto a questa interrogazione che le è stata posta, coerentemente con l'impegno che il Governo sta dimostrando sul tema dell'innovazione in campo medico e sanitario. Com'è noto, infatti, le Car-T therapy sono preziose tecnologie, estremamente all'avanguardia in ambito oncologico, che la ricerca scientifica ci ha messo a disposizione e che nei prossimi anni si svilupperanno ulteriormente.

Considerando il loro grande valore innovativo e la loro efficacia, rappresentano l'ultima frontiera del progresso nell'ambito delle terapie per le malattie tumorali, e, come anticipato, siamo solo all'inizio di questa grande scoperta. Per questo motivo, abbiamo molto apprezzato la sensibilità che il Governo ha rivolto specificatamente al tema delle Car-T nell'ultima legge di bilancio.

Oltre ad avere aumentato, per la prima volta dopo molti anni, il Fondo sanitario nazionale, fatto per nulla scontato, il Governo ha deciso di stanziare per i prossimi 3 anni dei fondi specifici per le tecnologie Car-T e per gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Questo impegno di spesa è volto a sostenere l'Investimento 2.1, Componente 2, della Missione 6 - Salute del PNRR, che riguarda proprio la valorizzazione e il potenziamento della ricerca biomedica del sistema sanitario nazionale.

A questi fondi si aggiunge, ovviamente, il Fondo per i farmaci innovativi, recentemente unificato, per il quale è stanziato un miliardo di euro l'anno, segno di come il suo Ministero, il nostro Paese e il sistema sanitario nazionale prestino grande interesse alla ricerca scientifica e, soprattutto, nel garantire un equo accesso alle cure a tutti i cittadini. È una grande sfida, e per questo la ringrazio per il suo impegno, la sua grande disponibilità e il suo lavoro. Siamo sulla giusta strada e siamo pronti a gestire al meglio le opportunità innovative che la ricerca scientifica mette a disposizione soprattutto dei nostri pazienti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

(Chiarimenti in merito al programma Global combat air e alle implicazioni relative al programma Eurofighter – n. 3-00541)

PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Colucci ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lupi ed altri n. 3-00541 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

ALESSANDRO COLUCCI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Signor Ministro Crosetto, nel 2002 i Governi di Italia, Giappone e Regno Unito hanno esplicitato la loro intenzione di avviare il Global combat air programme per lo sviluppo di un caccia stealth di sesta generazione. Lo scopo dichiarato del programma è di sostituire l'Eurofighter e il Mitsubishi F-2 a partire dal 2035.

Il programma Eurofighter, collaborazione multinazionale tra Italia, Regno Unito, Germania e Spagna, avviato nel 1983, ha consolidato una collaborazione di lungo termine tra i Paesi partner, che ha fornito significative opportunità di partenariato industriale e nel settore della difesa.

Il velivolo Eurofighter costituisce oggi la spina dorsale della capacità di difesa aerea dei Paesi partner. Questo velivolo rappresenta l'avanguardia tecnologica del settore e, oltre ad avere consolidato numerosi contratti di vendita, possiede tuttora un considerevole potenziale di esportazione. Il consorzio che cura la produzione conta di mantenere il velivolo in attività fino al 2060.

Allora, il gruppo di Noi Moderati chiede al Ministro quali siano i benefici legati allo sviluppo del nuovo Global combat air programme e quali iniziative intenda adottare per sviluppare il programma Eurofighter nel periodo di transizione verso l'avvio del programma, allo scopo di valorizzare le capacità tecnologiche all'avanguardia oggi disponibili.

PRESIDENTE. Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha facoltà di rispondere.

GUIDO CROSETTO, Ministro della Difesa. Grazie, Presidente. Ringrazio l'interrogante innanzitutto per avere fornito l'opportunità di affrontare questo tema.

Venendo allo specifico quesito postomi, innanzitutto vorrei puntualizzare che il GCAP rappresenta una necessità dettata da sfide di tipo militare poste sia dal continuo mutamento e inasprimento della minaccia espressa negli scenari operativi sia dall'esigenza di un graduale e bilanciato aggiornamento e successiva sostituzione dei sistemi d'arma Eurofighter Typhoon, che avverrà a partire dal 2035 e sarà completato con un orizzonte temporale fissato al 2045-2050.

Al contempo, il GCAP risponde a necessità di natura industriale, atteso che lo sviluppo di un sistema d'arma di sesta generazione ha l'obiettivo di garantire al Paese il mantenimento della sovranità operativa, tecnologica e industriale nel settore combat air, preservando la capacità di design, sviluppo e certificazione di sistemi aerei tecnologicamente all'avanguardia.

Per quanto attiene alle iniziative per sviluppare il programma Eurofighter nel periodo di transizione, ci troviamo attualmente nella fase 3 di un programma che prevede l'ammodernamento, tra gli altri, anche dei radar di bordo con una scansione elettronica per una migliore integrazione tra velivoli di quarta e quinta generazione, per garantire l'efficacia rispetto agli attuali scenari di impiego e, nel contempo, estenderne la vita operativa.

Le quattro Nazioni partner sono, al momento, impegnate attivamente anche nella definizione dei requisiti da introdurre in una quarta fase di sviluppo, prevista nel 2028.

Già in questa fase saranno disponibili tecnologie che potranno poi essere applicate sui velivoli futuri, atteso che tale periodo rappresenta la massima evoluzione tecnologica della piattaforma raggiungibile con l'attuale architettura del velivolo. Per garantire l'efficacia operativa del velivolo fino al 2045-2050, per l'Italia, infatti, sarà necessario prevedere ulteriori fasi di sviluppo, dette long term evolution, che daranno vita alle fasi 5 e 6. Queste fasi costituiranno un'opportunità per verificare l'efficacia dei nuovi apparati e armamenti in un'ottica di ponte con il velivolo GCAP.

Introdurre nuove tecnologie sul velivolo Eurofighter nel pieno della sua maturità e operatività, assieme al partner britannico con cui il nostro Paese ha impostato un processo denominato Typhoon to Tempest, rappresenta un'occasione per verificare sul campo l'efficacia delle nuove soluzioni tecnologiche.

Il programma GCAP è, pertanto, un'opportunità irrinunciabile per consentire al sistema Paese di sviluppare nell'immediato iniziative in grado di promuovere crescita e conoscenze tecnologiche avanzate nazionali, che daranno luogo a una ricaduta di competenze anche per programmi di altre dimensioni (terrestri, navali, spaziali e cyber).

In altri termini, GCAP rappresenterà un vero e proprio moltiplicatore degli investimenti, con la creazione di opportunità occupazionali di pregio in molteplici settori anche esterni all'industria della difesa, quali intelligenza artificiale, quantum computing, big data e materiali tecnologicamente avanzati. In sintesi, il GCAP non ucciderà l'Eurofighter ma ne sarà l'erede e il figlio.

PRESIDENTE. Il deputato Bicchielli ha facoltà di replicare.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, signor Ministro. Il gruppo di Noi Moderati si ritiene soddisfatto della sua risposta alla nostra interrogazione. È importante rafforzare questa cooperazione tecnologica che diventa anche una collaborazione industriale, anche se ci auguriamo, proprio per rimanere nella bussola strategica europea, che poi alla fine ci sia anche una convergenza con l'altro programma europeo, proprio per avere un unico sistema d'armi.

Come diceva lei nella sua risposta, di fatto noi ci troviamo di fronte a un moltiplicatore dell'innovazione. Questo sistema rafforza la tecnologia nazionale, grazie soprattutto ai grandi investimenti, ai forti investimenti che si sono fatti nei settori ricerca, sviluppo e innovazione. Come lei ci ha confermato, è un programma di superiorità e una premessa di vantaggio tecnologico, che è la garanzia per la sicurezza e per la pace.

Soprattutto, per noi è importante avere un'equa rappresentazione all'interno del consorzio e speriamo che il settore industriale italiano, con Leonardo in testa, sia protagonista, perché è sicuramente elemento di garanzia.

Un'ultima cosa. Pensando al problema del lavoro, un sistema così avanzato di ricerca permetterà a una nuova generazione di lavoratori qualificati, ingegneri e tecnici, di avere posti di lavoro adeguati, proiettandoli in una dimensione di competenze e, soprattutto, di know-how che difficilmente saranno perseguibili in un Paese senza queste opportunità (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

(Chiarimenti in ordine all'entità delle spese per programmi di armamento militare e alle relative coperture finanziarie - n. 3-00542)

PRESIDENTE. Il deputato Fratoianni ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00542 (Vedi l'allegato A).

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, come lei sa, la guerra non è soltanto una tragedia ma è anche una formidabile opportunità. Lo è, in particolare, per l'industria delle armi, che in occasione dei conflitti sviluppa giganteschi profitti. Lo è un po' meno per le casse pubbliche, che si vedono, dentro un'economia di guerra, impegnate in un aumento della spesa. Dalle informazioni di stampa, oltre che dalla risposta a qualche precedente interrogazione della Sottosegretaria Rauti, risulta che il nostro Governo è impegnato nell'acquisto di nuovi carri armati Leopard per circa 4 miliardi di euro e nell'acquisto di nuovi sommergibili militari, e anche qui la cifra è piuttosto significativa.

Sono, dunque, qui a chiederle se nel programma 2023-2025 sia previsto un aumento della spesa per armamenti e, in questo caso, quali siano le coperture a cui il Governo intende attingere per coprire tali spese.

PRESIDENTE. Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha facoltà di rispondere.

GUIDO CROSETTO, Ministro della Difesa. Inizio rassicurando l'onorevole Fratoianni, perché ho letto la sua interrogazione sul rispetto, da parte del Governo, della normativa vigente per l'avvio dei programmi di ammodernamento e rinnovamento Difesa. La informo che i sommergibili U-222 erano stati approvati e sono passati al vaglio parlamentare. Uno, nello specifico, con il n. 2 del 2019, che riguardava la prima tranche, e il secondo, il n. 16 del 2022, disposto dal precedente Governo e da me presentato. Quindi, la procedura amministrativa che ne consegue è stata avviata in modo regolare dai competenti organi del Ministero.

Rispetto alla componente corazzata dell'Esercito, l'aggiornamento del carro Ariete era stato deciso dal precedente Esecutivo e sottoposto anch'esso al relativo vaglio parlamentare col decreto n. 21 del 2022, superando, con parere favorevole, l'esame delle Commissioni competenti. La scelta di incrementare la capacità dello strumento terrestre con l'acquisizione di ulteriori carri, già valutata dal precedente Ministro della Difesa, sarà prossimamente rappresentata al Parlamento con il Documento di programmazione pluriennale, il cosiddetto DPP 2023-2025, a cui seguirà un dedicato decreto con il previsto iter parlamentare. Quindi, non ci sono decisioni già prese, ma è una discussione che è rimessa al Parlamento. C'è una proposta da parte del Ministero e poi il Parlamento deciderà.

Per quanto riguarda le spese, come ho detto prima - è finita adesso un'informativa presso le Commissioni difesa e affari esteri - il bilancio italiano della Difesa quest'anno si attesta all'1,46 e nel 2024 a legislazione vigente sarà all'1,43. Quindi, anche la lettura di un aumento a legislazione vigente è una cosa che non è corretta.

Per quanto riguarda le cifre specifiche, la legge di bilancio 2023 ha allocato stanziamenti per finalità di investimento di circa 6,1 miliardi per il 2023, di 6 miliardi per il 2024 e di 6,2 miliardi per il 2025. Quindi, attualmente queste sono le cifre previste a legislazione vigente, in linea con un trend avviato già dai precedenti Governi. Inoltre, nella medesima legge di bilancio ci sono stanziamenti che riguardano il Ministero delle Imprese e del made in Italy a sostegno finanziario di programmi del comparto difesa sviluppati dall'industria nazionale ad elevato contenuto tecnologico pari a circa 1,9 miliardi nel 2023, a 2,2 miliardi nel 2024 e a 2,5 miliardi nel 2025. Tale programmazione naturalmente è giustamente soggetta ad aggiornamenti che derivano dall'esigenza di garantire la necessaria flessibilità di sviluppo dello strumento militare chiamato a rispondere a sfide di sicurezza che sono dinamiche, e la programmazione si svilupperà nel tempo, nel rispetto, però, del perimetro delle risorse finanziarie che il Parlamento intenderà allocare alla Difesa, per mezzo delle future leggi di bilancio.

Quanto detto troverà riscontro nel Documento programmatico pluriennale 2023-2025, che ci accingiamo a presentare in Parlamento nelle prossime settimane e che fornirà il dettaglio relativo alla ripartizione delle spese tra i vari programmi.

PRESIDENTE. Il deputato Fratoianni ha facoltà di replicare.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Grazie, signor Ministro. Mi faccia dire in premessa che, come peraltro poco fa ricordato, oggi lei ha dato, per quel che penso, una buona notizia al Paese: non raggiungeremo, l'anno prossimo, il 2 per cento del PIL, come previsto da impegni di precedenti Governi ma anche del suo Governo e come richiesto dall'Alleanza atlantica, e questa è una buona notizia. Tuttavia, devo dirle con franchezza che non posso ritenermi soddisfatto, anche perché ho capito poco della sua risposta. Non ho capito qual è la vostra proposta rispetto al DPP 2023-2025. Quanto proponente di spendere? Se esiste un aumento, non in percentuale ma in termini assoluti rispetto alla spesa precedente, dove intendete prendere queste risorse?

Aggiungo che riteniamo che anche le cifre che lei ci ha indicato nella sua gentile risposta sono cifre che questo Paese avrebbe bisogno di vedere allocate in tutt'altra posizione. L'Italia vive oggi, come molti altri Paesi, una condizione di crescente difficoltà. È una condizione di difficoltà che l'attraversa e che si rovescia sulle famiglie italiane, sui lavoratori, sulle lavoratrici, su chi non ce la fa ad arrivare, non più alla fine del mese, ma alla metà del mese. Mentre continua a investire in armamenti, come altri Governi che lo hanno preceduto, su questo non c'è alcun dubbio, questo Governo fa di tutto per impedire che il Parlamento della Repubblica metta in campo soluzioni ed interventi legislativi in grado di dare fiato e respiro ai lavoratori e alle lavoratrici italiane, come avviene, in queste ore, in Commissione lavoro, sul salario minimo legale. Per questo, non siamo soddisfatti, non tanto della sua risposta, quanto delle scelte e della direzione di marcia che lei ha confermato in questo question time (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

(Iniziative volte a rafforzare la cooperazione tra i Paesi che si affacciano sul Mar Adriatico, al fine di promuovere la crescita e l'integrazione economica e migliorare la gestione dei flussi migratori – n. 3-00543)

PRESIDENTE. Il deputato Nazario Pagano ha facoltà di illustrare l'interrogazione Barelli ed altri n. 3-00543 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

NAZARIO PAGANO (FI-PPE). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, l'integrazione europea dei Balcani occidentali rappresenta senz'altro una priorità strategica per la sicurezza nazionale dell'Italia, ancor più rilevante alla luce delle persistenti tensioni che si registrano nell'area. Questo percorso di avvicinamento all'Europa, avviatosi ormai 20 anni fa con la Dichiarazione di Salonicco, deve ora registrare una decisa accelerazione in risposta alle dinamiche geopolitiche innescate dall'aggressione russa ai danni dell'Ucraina e per non lasciare spazio nella regione ad attori terzi.

Sono molti i legami che il nostro Paese ha con quell'area, anche da un punto di vista storico, grazie al ruolo di assoluto rilievo che il nostro settore privato gioca a favore dell'economia di questa regione. L'Italia ha sempre saputo farsi interprete della forte domanda di Europa che viene dall'altra sponda dell'Adriatico. Nel 2000, ad esempio, su iniziativa italiana, fu lanciata ad Ancona l'Iniziativa adriatico-ionica quale foro politico per rafforzare la cooperazione e favorire l'integrazione europea della regione adriatico-balcanica dell'Unione europea.

Noi contiamo molto sull'impegno suo personale, signor Ministro e Vice Presidente del Consiglio, su quello del nostro Governo e dell'Italia, per rafforzare la cooperazione tra le due sponde del Mar Adriatico, anche tra le rispettive società civili.

PRESIDENTE. Concluda.

NAZARIO PAGANO (FI-PPE). Vado a chiudere, Presidente. Tra le sfide a cui l'Italia è chiamata a far fronte sotto il profilo della sicurezza c'è la gestione dei flussi migratori irregolari, che trovano nella rotta balcanica una via importante di accesso all'Unione europea e con i numeri in crescita. Quindi, chiediamo al Governo e, in particolare al Ministro e al Vice Presidente Tajani, quali linee di azione intenda perseguire per affrontare questi temi.

PRESIDENTE. Il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, signor Presidente. Il Governo è impegnato in un rilancio dell'azione diplomatica nella regione adriatico-balcanica, area di importanza strategica sia per la sicurezza sia per la crescita della nostra economia. L'ho sottolineato al Forum internazionale di Dubrovnik, importante piattaforma di discussione, cui mi aveva invitato quale ospite d'onore il Governo croato.

Vogliamo svolgere un ruolo da protagonisti. Fin dall'inizio del mio mandato, ho visitato i Paesi della regione, intensificando gli incontri con i leader e ho promosso iniziative di diplomazia economica. Per questo ho voluto convocare ad Ancona, il 10 luglio, la quarta riunione dei Ministri degli Affari esteri di Italia, Croazia e Slovenia, con l'obiettivo di promuovere l'area dell'Alto Adriatico quale hub strategico per la logistica internazionale, cerniera tra i mercati di Europa e Asia.

Puntiamo a una crescita basata su innovazione e sostenibilità, cooperazione tra i nostri porti e sviluppo delle reti di trasporto intermodale. Basti pensare che l'interscambio dell'Italia con quella sola regione ha superato, lo scorso anno, i 30 miliardi, con una crescita delle nostre esportazioni del 38 per cento. Lavoriamo anche per un efficace coordinamento su sicurezza marittima, protezione ambientale e gestione sostenibile delle risorse naturali. Vogliamo valorizzare le opportunità economiche che offre un ecosistema unico, ma anche fragile, come l'Adriatico.

Centrale nella ministeriale di Ancona è stato il tema migratorio. Con Zagabria e Lubiana concordiamo sulla necessità di contrastare le organizzazioni criminali. La forte crescita degli arrivi irregolari lungo la rotta balcanica ci induce a rafforzare la cooperazione con Slovenia e Croazia. Quest'ultima è divenuta, dal 1° gennaio, il confine sud-orientale dell'area Schengen. Ho voluto innovare, associando alla riunione trilaterale anche il Ministro degli Esteri austriaco, Schallenberg, in una sessione che ha avuto luogo a Numana. Ciò ha permesso di rafforzare il coordinamento, coinvolgendo un partner europeo - l'Austria - che ha un ruolo di rilievo nella stabilizzazione dell'area.

Le tensioni nel nord del Kosovo e in Bosnia-Erzegovina impongono rinnovati sforzi in questa direzione. L'Italia, come dicevo, vuole giocare un ruolo di primo piano per assicurare pace e stabilità.

Il prossimo appuntamento, onorevole, sarà a Brindisi, dove riunirò, il 27 luglio, i Ministri degli Esteri di Albania, Bulgaria e Macedonia del Nord. La mia proposta ha registrato subito una convinta adesione. Vogliamo che il Corridoio 8 sia non solo un vettore di crescita, ma anche di cooperazione politica e di sicurezza. I partecipanti sono, del resto, già membri della NATO. È un ulteriore formato che può contribuire ad avvicinare ancora di più i Balcani occidentali all'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Il deputato Nazario Pagano ha facoltà di replicare.

NAZARIO PAGANO (FI-PPE). Signor Presidente, Ministro Tajani, la ringrazio molto della sua risposta, che, le dico subito, ci soddisfa pienamente. Come Forza Italia, riteniamo che le iniziative che lei ci ha illustrato - come, per esempio, la partecipazione da ospite d'onore al Forum internazionale di Dubrovnik, la riunione dei Ministri di Ancona focalizzata sulla cooperazione dell'Alto Adriatico e anche quella che ha appena citato, la prossima a Brindisi, sul Corridoio paneuropeo 8 - testimonino molto concretamente l'impulso che ha voluto dare per approfondire la nostra cooperazione con quei Paesi e riaffermare il ruolo di protagonista dell'Italia in questa regione rispetto al suo processo di integrazione europea. L'Unione europea non può permettersi di perdere i Balcani occidentali; ciò è oggi ancor più evidente con il conflitto in Ucraina e i rischi connessi all'influenza di attori terzi nella regione.

Siamo convinti, signor Ministro e Vice Presidente del Consiglio Tajani, che l'Italia debba assumere nei Balcani un ruolo guida in questo momento storico, in linea con i nostri interessi nazionali. Siamo fiduciosi che, grazie a lei, questo eccellente lavoro continuerà con determinazione ed efficacia. Guardiamo con interesse alla nuova riunione con tutti i Ministri degli Esteri della regione che lei ha appena annunciato di voler presiedere entro l'anno in corso, dopo quella di aprile. Siamo certi che sarà una ottima occasione, una splendida occasione per dare un contributo concreto alla riconciliazione regionale e al superamento delle tensioni che ancora si registrano nei Balcani, stimolando anche una maggiore assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni europee. Grazie ancora, Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

(Chiarimenti in ordine al recente Memorandum di intesa tra Unione europea e Tunisia, in considerazione delle gravi criticità relative al rispetto dei diritti umani e civili in tale Paese – n. 3-00544)

PRESIDENTE. Il deputato Della Vedova ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00544 (Vedi l'allegato A).

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Onorevole Ministro, domenica scorsa, 16 luglio, è stato firmato un Memorandum d'intesa per un partenariato strategico globale tra Unione europea e Tunisia. Alla firma erano presenti il Presidente della Commissione e il Primo Ministro italiano Giorgia Meloni, oltre a Rutte, il Primo Ministro olandese. Sono cinque i punti: crescita globale, investimenti, energia, transizione verde, iniziative people-to-people e, poi, il punto che è stato venduto come punto centrale, quello sulle migrazioni.

A parte il fatto che questo Accordo dovrà essere approvato all'unanimità dal Consiglio europeo e ratificato da tutti i 27 Paesi membri, l'esperienza recente di accordi nella regione, volti a mettere a disposizione finanziamenti in vista del controllo di flussi migratori verso l'Italia e l'Europa, non è stata felice. Pensiamo solo che - dati della Commissione europea - quest'anno è partito dalla Libia il 600 per cento in più di persone rispetto all'anno scorso.

La domanda è se può precisare in che cosa si sostanzi il successo della politica italiana, che ha trascinato l'Unione europea a consegnare un pacchetto di aiuti a un autocrate che non dimostra alcuna volontà - Saïed - di introdurre le misure economiche necessarie per evitare il default, di avviare un dialogo inclusivo con la popolazione, di rilasciare dalle prigioni i cittadini arbitrariamente arrestati, di introdurre una gestione dei migranti rispettosa del diritto e della dignità umana.

PRESIDENTE. Il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO TAJANI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Grazie, signor Presidente. La Tunisia, come lei sa, è un partner importante e strategico per l'Italia, per la sua posizione geografica e per il retaggio millenario di scambi culturali, economici e sociali tra i nostri popoli. È il nostro vicino più prossimo ed è un interlocutore ineludibile.

Il Memorandum con la Tunisia “è un successo per il nostro Governo e per l'Europa che fa da apripista per la stabilizzazione dell'Africa”: queste parole, onorevole, non sono mie, ma di un Ministro dell'Interno di un Governo di centrosinistra, Marco Minniti, che appartiene ad una forza alleata alla sua.

All'inizio di quest'anno, la Tunisia non figurava neanche tra le “varie” del Consiglio affari esteri; in pochi mesi siamo riusciti a renderlo un dossier prioritario e a portare l'Unione europea sulle nostre posizioni. Non mi sembra un risultato da poco.

L'accordo di domenica non riguarda soltanto la gestione dei flussi migratori. Come ha sottolineato la Presidente von der Leyen, il memorandum è un investimento nella stabilità e nella prosperità condivise a beneficio delle future generazioni. Si tratta, ad esempio, di investire 10 milioni di euro per permettere agli studenti tunisini di accedere al programma Erasmus+, di aprire nuovi percorsi di formazione e migrazione circolare attraverso la Talent Partnership, affinché i giovani tunisini possano formarsi in Europa e contribuire allo sviluppo del loro Paese, di aiutare gli agricoltori tunisini ad incrementare la loro produttività attraverso un utilizzo più efficiente delle risorse idriche, di investire oltre 300 milioni di euro per realizzare Elmed, l'interconnessione elettrica con la Sicilia, che consentirà, in prospettiva, di sviluppare lo straordinario potenziale della Tunisia nelle energie rinnovabili. Tutto questo dimostra che l'accordo è a tutto campo e non può essere ridotto a un do ut des sui migranti.

Con l'Unione europea - visto che siamo fortemente europeisti, onorevole - continuiamo a lavorare per favorire un dialogo proficuo tra la Tunisia e il Fondo monetario internazionale; auspichiamo che il Paese possa accedere il più rapidamente possibile alle linee di credito necessarie per preservare la stabilità economica e finanziaria. Serve gradualità e un accordo pragmatico che coniughi le riforme con la tenuta sociale del Paese.

Nell'ambito di quest'azione congiunta con l'Unione, abbiamo sempre sensibilizzato le autorità tunisine sulla necessità di preservare le conquiste democratiche dell'ultimo decennio e assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché di mantenere un atteggiamento costruttivo nei confronti della società civile. Il Governo rimarrà in prima linea a sostegno del popolo tunisino. I rischi di un nostro eventuale disimpegno sarebbero enormi: destabilizzazione regionale, esplosione dei flussi migratori, crescita dell'influenza russa e cinese. Il nostro Governo ne è sempre stato consapevole e ora lo ha compreso anche l'Unione europea.

PRESIDENTE. Il deputato Della Vedova ha facoltà di replicare.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, non sono molto soddisfatto. Da europeista - lei, probabilmente, era Presidente del Parlamento europeo in quel momento, se non sbaglio - il Presidente, predecessore dell'attuale von der Leyen, Juncker, a un certo punto, in uno Stato dell'Unione, lanciò l'idea di una partnership di altissimo livello verso una zona di libero scambio tra Africa e Europa e i protezionisti hanno chiuso subito quella porta. Quella era una prospettiva, un'evocazione di livello.

Sul fronte della Tunisia e degli immigrati - è stato il Primo Ministro italiano a venderlo, innanzitutto, come una risposta al tema delle migrazioni; è stata Meloni, lo ripeto, a venderlo come risposta al tema delle migrazioni - penso che questo accordo semplicemente non funzionerà, come, ahimè, non hanno funzionato tutti gli accordi con la Libia, i quali non hanno prodotto miglioramenti per i cittadini libici, che non si trovano in uno Stato costruito come noi avremmo voluto, che non hanno prodotto miglioramenti per gli immigrati che, lì, stanno ancora nei lager; li abbiamo fatti, li abbiamo voluti, dobbiamo però prendere atto che questi accordi non funzionano.

L'Italia - lo avrebbe detto il Presidente Meloni l'anno scorso - è invasa dai migranti. Erano 35.000 l'anno scorso, sono 80.000 quest'anno, quindi, non c'è stato il blocco navale che Meloni aveva promesso, arrivano più migranti e arrivano più migranti dalla Libia, nonostante tutto.

Signor Ministro, lei ha detto che avremmo chiesto a Saïed di conservare le conquiste democratiche, ma la realtà, purtroppo, è che Saïed ha azzerato le conquiste democratiche, ha azzerato il Parlamento, ha messo in galera gli oppositori. Voi, ma anche l'Europa, scommettete su Saïed come fattore di stabilità, ma, in queste condizioni, sarà un gravissimo fattore di instabilità.

PRESIDENTE. Concluda.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Sui migranti - e chiudo su questo - è di questi giorni il fatto che perfino le guardie libiche hanno salvato 80 immigrati lasciati nel deserto dai tunisini e Saïed ha detto che lui non accetterà rimpatri se non di cittadini tunisini…

PRESIDENTE. Deve concludere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Quindi, anche la prospettiva che Meloni aveva evocato - e chiudo - di riportare le persone nei Paesi di transito non avverrà e certamente non avverrà con la Tunisia.

Dobbiamo imparare una lezione che vale anche per l'Egitto: investire su autocrati e dittatori non porta stabilità, rinvia il problema e accende bombe a orologeria in quei Paesi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa).

(Iniziative in ambito europeo e internazionale per il contrasto della migrazione clandestina, con particolare riferimento ai progetti di partenariato con la Tunisia e con gli altri Paesi del Mediterraneo – n. 3-00545)

PRESIDENTE. Il deputato Angelo Rossi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Foti ed altri n. 3-00545 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

ANGELO ROSSI (FDI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, il Memorandum d'intesa firmato a Tunisi lo scorso 16 luglio tra la Tunisia e l'Unione europea segna l'avvio di una stabile cooperazione tra l'Europa e il Paese nordafricano. I Paesi del vicinato Sud divengono centrali nelle politiche di cooperazione europea in chiave paritaria, anche al fine di dare una risposta unitaria al fenomeno migratorio. Tra gli obiettivi prioritari dell'accordo vi è, infatti, quello di gestire in modo integrato i flussi migratori alle frontiere e di intensificare la lotta ai trafficanti di esseri umani. A tal fine, l'accordo prevede anche un consistente stanziamento economico.

La firma del Memorandum è un punto di partenza e può costituire un modello da adottare per le relazioni dell'Europa anche con gli altri Paesi del Nordafrica. Questo, infatti, è solo l'inizio di un percorso che dovrà proseguire con l'auspicio di una cooperazione ancora più forte, anche in vista della Conferenza internazionale sulla migrazione che si terrà a Roma il prossimo 23 luglio.

Con questa interrogazione si chiede, per quanto di competenza, quali iniziative in ambito UE e internazionale il Governo intenda intraprendere, al fine di proseguire nella lotta all'immigrazione clandestina irregolare, nell'interesse sia dell'Unione europea sia della Tunisia e degli altri Paesi del Mediterraneo.

PRESIDENTE. Il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie ancora, signor Presidente. Come ho detto nel corso del dibattito precedente a questa interrogazione, la lotta al traffico di esseri umani, il mettere al centro del dibattito politico europeo la questione migratoria, è stato ed è un risultato politico raggiunto dall'Italia.

Ho parlato prima di ciò che è stato fatto e di ciò che stiamo facendo per quanto riguarda la rotta balcanica, ho cercato di spiegare anche quello che stiamo facendo per la rotta mediterranea, ma lo ripeterò.

Il Memorandum firmato domenica con la Tunisia riflette il nostro approccio: primo, una risposta europea alla sfida comune dell'immigrazione; secondo, un rapporto paritario e non predatorio con i partner della sponda sud del Mediterraneo; terzo, una collaborazione a tutto campo che non si limita al settore della sicurezza, ma affronta le cause profonde dei flussi migratori. Perché l'immigrazione non è soltanto una questione di ordine pubblico, è un problema strategico che noi, come Italia, abbiamo pensato di affrontare attraverso un intervento a tutto campo che il Presidente del Consiglio ha battezzato il Piano Mattei e che, a mio giudizio, onorevole, deve essere parte di un piano più ampio, europeo e internazionale, che chiamerei un vero Piano Marshall per l'Africa.

La Conferenza internazionale citata nell'interrogazione che il Presidente del Consiglio ha convocato a Roma per domenica prossima sarà incentrata proprio sul nesso tra migrazioni e sviluppo. Non può esserci stabilità senza prosperità, ovviamente, e lo strumento migliore è la diplomazia della crescita: espansione della rete ICE, organizzazione di missioni settoriali con associazioni di categoria, business forum ed eventi promozionali sono tutti tasselli di questo mosaico. Vogliamo accompagnare le nostre imprese nella creazione di joint venture con aziende locali, anche per trasformare in loco le materie prime di cui l'Africa è ricca. Noi siamo un Paese industriale e abbiamo bisogno di materie prime, soprattutto di terre rare.

Agroindustria, transizione energetica, infrastrutture fisiche e digitali, formazione professionale e coinvolgimento del settore privato, questi sono i filoni principali della nostra azione.

Alla crescita si lega anche la sicurezza, onorevole; puntiamo a rafforzare lo scambio di informazioni e la cooperazione nella lotta al terrorismo, alla pirateria, al riciclaggio e ai flussi finanziari illeciti. Stiamo sviluppando iniziative che aiutino i Paesi partner nel contrasto al traffico di esseri umani, nella gestione delle frontiere, nel monitoraggio delle politiche dei visti. A ciò si accompagnano meccanismi di premialità per la collaborazione nelle procedure di rimpatrio e l'apertura di nuovi canali di immigrazione regolare, come previsto dall'ultimo decreto Flussi.

Con la Tunisia abbiamo avviato interventi per rimpatri volontari assistiti di migranti subsahariani - mi avvio a concludere - bloccati nel Paese, forniture di vedette per il controllo delle coste e il contrasto alle reti di trafficanti e programmi di formazione linguistica e professionale per l'inserimento dei giovani tunisini nelle aziende italiane in Tunisia. È un modello che intendiamo replicare grazie al capitale di credibilità e fiducia reciproca di cui questo Governo gode con i partner africani. È una strategia che non punta solo a contrastare i trafficanti di esseri umani, ma anche e soprattutto ad affrontare le cause profonde - come le dicevo - delle migrazioni irregolari. Solo con quest'approccio complessivo sarà possibile costruire uno spazio continuo di pace, prosperità e sicurezza tra Europa e Africa.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il deputato Di Giuseppe.

ANDREA DI GIUSEPPE (FDI). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro per la sua risposta, non posso che manifestare tutta la mia e la nostra soddisfazione, perché siamo passati da essere spettatori ad attori protagonisti della scena internazionale. In meno di un anno dalla nascita del nostro Governo, è stato possibile, grazie al valore all'impegno del nostro Presidente Meloni - e del suo - dare una sterzata a quei meccanismi ormai arrugginiti in politica estera rispondenti soltanto alla logica del “sì” e del “s'è sempre fatto così”.

Con questo Governo stiamo dimostrando, invece, come determinazione e coraggio possano fare la differenza. La firma del Memorandum di intesa per la partnership strategica e globale tra Unione europea e Tunisia ne è la prova schiacciante. Il fatto che poi sia stata la nostra Presidente Meloni a trattare con la Tunisia è la misura di quanto l'Unione europea per prima abbia dovuto ricredersi, accogliendo le nostre istanze sull'immigrazione, nonché toccando con mano la dimensione di un problema. l'Unione europea, dopo aver tacciato il nostro approccio di insensibilità, sembra finalmente aver compreso l'importanza della tematica, dando ascolto alle nostre ragioni. Il Presidente Meloni, grazie soprattutto al lavoro di squadra fin qui - con lei, Ministro - è riuscito a fare quello che in precedenza altri non avevano mai avuto il coraggio di fare: rimanere fermi sulle proprie posizioni, sapendo di essere nel giusto fino a quando non sarebbero cadute, una dopo l'altra, tutte le rimostranze dell'Unione europea, dettate forse solo ed esclusivamente da un pregiudizio politico.

La lotta all'immigrazione irregolare è un tema che mi sta molto a cuore e sono sicuro che con questo Governo, differentemente dal passato, si riuscirà anche a incrementare i controlli interni sul rilascio e la vendita di visti per l'ingresso nel nostro territorio nazionale. Questo è un ambito a me molto caro; quello che vediamo in televisione è nulla rispetto a ciò che avviene anche negli aeroporti e grazie anche a nostri funzionari prestati alle mafie questo è un tema su cui noi non possiamo più girare la testa come è successo in passato.

Concludo, Presidente. In conclusione, si apprende la notizia che a Roma si terrà la Conferenza internazionale sulla migrazione, alla quale parteciperanno, insieme al Presidente tunisino, diversi altri capi di Stato e di Governo dei Paesi mediterranei: è la riprova assoluta di quanto avessimo ragione e di come un primo, importante passo per il contrasto all'immigrazione clandestina sia stato già compiuto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 77, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 1039 e 922-A.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 18 luglio 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 18 luglio 2023).

Discussione del disegno di legge: S. 453 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla protezione degli investimenti tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, fatto ad Hanoi il 30 giugno 2019 (Approvato dal Senato) (A.C. 1039​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1039: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla protezione degli investimenti tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, fatto ad Hanoi il 30 giugno 2019.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1039​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Elisabetta Gardini.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA (ore 16,10)

ELISABETTA GARDINI , Relatrice. Grazie, illustre Presidente. Colleghi deputati, rappresentante del Governo, la proposta di legge in esame, già approvata dal Senato lo scorso 22 marzo 2023, riguarda la ratifica dell'Accordo sulla protezione degli investimenti tra l'Unione europea e i suoi Stati membri da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam dall'altra, fatto ad Hanoi il 30 giugno 2019.

L'Intesa oggetto della ratifica si colloca in un più ampio processo d'intensificazione delle relazioni economiche tra l'Unione europea e il Vietnam che sono inquadrate nell'Accordo di partenariato e cooperazione siglato nel 2012 ed entrato in vigore nel 2016.

Dall'accordo di partenariato sono derivati un Accordo di libero scambio, che non ha richiesto la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali, vertendo su materie di competenza esclusiva dell'Unione europea, e l'Accordo sulla protezione degli investimenti, che è oggetto della presente ratifica. L'Accordo sugli investimenti, infatti, rientra nella competenza concorrente tra Unione europea e Stati membri, in particolare, per quanto riguarda gli investimenti non diretti e le controversie investitori-Stato così detto. Si tratta, dunque, di un Accordo misto, sottoposto alla ratifica dei Parlamenti nazionali e va ricordato, a tale proposito, che l'Accordo è stato già ratificato dal Vietnam l'8 giugno 2020.

In termini generali, va pure segnalato che il nuovo Accordo, una volta ratificato, sostituirà i Trattati bilaterali esistenti tra il Vietnam e i Paesi dell'Unione, tra cui quello con l'Italia, firmato il 18 maggio 1990.

La principale finalità dell'Accordo è il miglioramento del contesto normativo in cui si collocano gli investimenti dei Paesi europei in Vietnam, garantendo che gli investitori UE non siano oggetto di discriminazioni e dispongano di una serie di tutele, ad esempio, in tema di espropriazioni e nazionalizzazioni. A tale proposito, va segnalato che l'Accordo comprende anche un nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie e prevede la costituzione di un tribunale bilaterale ad hoc in sostituzione del tradizionale meccanismo Investor-State dispute settlement.

Venendo ai contenuti, segnalo che l'Accordo si compone di quattro capi e 93 articoli, oltre a un preambolo.

Il Capo I riguarda gli obiettivi e le definizioni generali e individua, come obiettivo dell'Accordo, il miglioramento delle relazioni tra le parti in materia di investimenti.

Il Capo II riguarda la protezione degli investimenti e definisce l'ambito di applicazione dell'Accordo. In particolare, l'articolo 2.1 individua una serie di eccezioni generali all'applicazione dell'Intesa: dai regimi previdenziali alle attività legate all'esercizio di pubblici poteri, alle questioni relative alla cittadinanza o alla residenza, mentre l'articolo 2.2 ribadisce il diritto delle parti a legiferare nei rispettivi territori senza che le norme sulla protezione degli investimenti possano essere considerate come un impegno a non modificare il proprio quadro normativo, anche in materia di aiuti di Stato. Di particolare importanza sono l'articolo 2.3, che prevede l'applicazione della clausola del trattamento nazionale, in base a cui ciascuna parte riserva agli investitori dell'altra un trattamento non meno favorevole di quello riservato ai propri, salve le deroghe elencate, e l'articolo 2.4, che prevede l'applicazione del trattamento della Nazione più favorita, in base al quale le Parti concordano di riconoscersi reciprocamente il trattamento più favorevole che abbiano concesso o, eventualmente, concederanno in futuro nella materia regolata dall'Accordo. Vanno pure ricordati: l'articolo 2.5, che assicura agli investitori un trattamento equo e giusto, garantendo la piena protezione e sicurezza degli investimenti; l'articolo 2.6, che prevede una parità di trattamento tra le Parti per le perdite subite a causa di guerre, conflitti armati o altri eventi simili; l'articolo 2.7, che definisce alcune garanzie nei confronti di provvedimenti di nazionalizzazione; l'articolo 2.8, che garantisce i trasferimenti in valuta convertibile degli investimenti disciplinati dall'Accordo; l'articolo 2.9, che riconosce l'istituto della surrogazione per i pagamenti effettuati in relazione agli investimenti in esame.

Il Capo III, che riguarda la risoluzione delle controversie, è diviso in due sezioni: una relativa alle controversie tra le parti e una relativa alle controversie tra investitori e parti. Il complesso degli articoli definisce le procedure di consultazione e mediazione, il sistema giurisdizionale di riferimento e lo svolgimento dei procedimenti.

Infine, il Capo IV contiene le disposizioni istituzionali, generali e finali. Tra queste, si ricordano l'istituzione e l'attività del Comitato dell'Accordo, le procedure di modifica e le eccezioni generali, la durata illimitata, salvo denuncia, e il processo di adesione all'Accordo di futuri membri dell'UE.

L'Accordo comprende, inoltre, 13 allegati, che riguardano le autorità competenti, l'esenzione per il Vietnam in materia di trattamento nazionale, l'intesa sul trattamento degli investimenti, l'intesa sull'espropriazione, il debito pubblico, l'elenco degli accordi in materia di investimenti, il regolamento di procedura, il codice di condotta per gli arbitri e i mediatori, il meccanismo di mediazione per le controversie tra gli investitori e le parti, il codice di condotta per i membri del Tribunale, i membri del Tribunale d'appello e i mediatori, i procedimenti paralleli e le procedure del Tribunale d'appello.

Rispetto a questo complesso di norme, il disegno di legge di autorizzazione non comprende elementi di particolare rilievo. Esso consta di quattro articoli. Gli articoli 1 e 2 contengono, come di consueto, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione. L'articolo 3 fissa la clausola di invarianza finanziaria: gli oneri previsti dal Trattato gravano, infatti, esclusivamente sul bilancio dell'Unione europea, con riferimento sia al Comitato, di cui all'articolo 4.1, al cui funzionamento partecipano funzionari UE, sia alle spese per il meccanismo di risoluzione delle controversie.

Conclusivamente, l'Accordo in esame costituisce un'opportuna sistematizzazione dei rapporti economici tra l'Unione europea e il Vietnam, che è il suo secondo partner commerciale, dopo Singapore, tra i Paesi dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinunzia.

È iscritto a parlare il deputato Emanuele Loperfido. Ne ha facoltà.

EMANUELE LOPERFIDO (FDI). Grazie, Presidente. Ringrazio anche la collega, che, con la relazione, ha illustrato l'importanza del continuare a dare una sorta di sistematicità a questa tipologia di accordi tra Nazioni, sotto l'ombrello dell'Unione europea. Un'attività sostenuta fortemente da questo Governo, in un momento in cui - come dimostrato in questi mesi di Governo Meloni - forte è la volontà di tutelare il made in Italy e anche le nostre imprese, che, notoriamente, da sempre, guardano anche al mondo del Sud-Est asiatico quale opportunità di sviluppo. Tale sviluppo può essere, ovviamente, sostenibile nel momento in cui c'è stabilità di rapporti. Quindi, il fatto di dare esecuzione a un Accordo sulla protezione degli investimenti è proprio a tutela dei nostri imprenditori e a tutela dei prodotti, che, quando vanno all'estero, fanno in modo di essere di eccellenza.

Anche in questo è importante l'attività del Governo e del Ministero degli Affari esteri nella tutela dell'Italian sounding, una tutela che è fatta a livello normativo, a livello di proprietà intellettuale e anche con riferimento alle eventuali incongruità dal punto di vista legale; una tutela che promuove azioni diplomatiche in difesa degli interessi nazionali, aggiungendo a questa tipologia di ratifica di Accordi una continua azione di supporto, con attività fatte dal Ministero degli Affari esteri e dall'ICE con sistemi di finanziamento che ci consentono di primeggiare anche in quel lato del mondo. Dunque, un supporto e un forte sostegno a questa ratifica, anche perché è nell'interesse del nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Billi. Ne ha facoltà.

SIMONE BILLI (LEGA). Grazie, Presidente. Questo disegno di legge, che è già stato approvato al Senato, lo ricordo, come hanno già fatto anche i miei colleghi, riguarda l'Accordo euro-vietnamita sulla protezione degli investimenti, che è stato fatto ad Hanoi nel 2019.

Come già ricordavano i colleghi, il disegno di legge contiene 4 articoli, l'Accordo invece contiene ben 93 articoli e 13 allegati, come ben esposti dalla relatrice, la collega onorevole Gardini. Devo dire, Presidente, che merita particolare attenzione il fatto che il Vietnam sia un membro dell'ASEAN, l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico, di cui fanno parte anche Indonesia, Singapore, Filippine e Thailandia, e come stia sviluppando un'industria high tech performante, anche grazie al contributo e agli investimenti di diverse multinazionali estere collocate in questo Paese. Parliamo, perciò, di un probabile protagonista futuro degli equilibri economici mondiali, rispetto al quale un'apertura sembra più che mai opportuna.

Quindi sono chiare le ragioni, sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista economico, che ci suggeriscono di guardare con fiducia alle prospettive di questo Accordo euro-vietnamita, del quale ci auguriamo la sollecita ratifica.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1039​)

PRESIDENTE. Hanno facoltà di replicare la relatrice e il rappresentante del Governo. Prendo atto che rinunziano.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Gabinetto dei Ministri dell'Ucraina sulla cooperazione di Polizia, fatto a Kiev il 10 giugno 2021 (A.C. 922-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 922-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Gabinetto dei Ministri dell'Ucraina sulla cooperazione di Polizia, fatto a Kiev il 10 giugno 2021.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 922-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Emanuele Loperfido.

EMANUELE LOPERFIDO , Relatore. Grazie, Presidente. Colleghi deputati, rappresentante del Governo, il disegno di legge in esame, di iniziativa governativa, reca l'autorizzazione alla ratifica e l'esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Gabinetto dei Ministri dell'Ucraina sulla cooperazione di Polizia, fatto a Kiev il 10 giugno 2021. Elemento fondamentale è notare che ciò accadeva prima dell'aggressione della Russia allo Stato indipendente e sovrano dell'Ucraina.

In premessa, occorre sottolineare che l'Accordo è finalizzato a rendere più stretta la collaborazione tra le Polizie dei due Paesi, nel prevenire, individuare, reprimere e investigare sui reati, regolamentando giuridicamente la collaborazione operativa e rafforzando i rapporti tra gli omologhi organismi impegnati nella lotta al crimine organizzato transnazionale. Credo anche che il fatto che venga discusso oggi - anniversario della strage di via D'Amelio in cui morì Borsellino, uno dei magistrati che si adoperò per il contrasto alla mafia, anche a livello internazionale - sia un elemento importante, a dimostrazione di come l'Italia possa essere veramente di esempio e modello anche per il contrasto ai traffici del crimine organizzato transnazionale.

Al riguardo, occorre ricordare che l'Ucraina, anche a seguito della decisione di avviare l'iter di adesione all'Unione europea, ha da tempo iniziato un processo di riforma dell'ordinamento costituzionale e del sistema giudiziario, cercando di dotarsi di più efficaci strumenti di contrasto alla corruzione.

Il testo dell'Accordo, redatto sulla base del modello elaborato dal nostro Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno, precisa innanzitutto l'obiettivo di promuovere, sviluppare e rafforzare la cooperazione bilaterale di Polizia, per prevenire, individuare, reprimere e svolgere indagini sui reati, e individua le autorità competenti per l'attuazione dell'Accordo stesso, ossia, per la parte italiana, il Ministero dell'Interno-Dipartimento della pubblica sicurezza e, per la parte ucraina, la Polizia di Stato.

L'Accordo sancisce, inoltre, i principali settori entro i quali la cooperazione di Polizia si renderà operativa, ossia il crimine organizzato transnazionale, i reati contro la persona e il patrimonio, la produzione e il traffico illecito di stupefacenti, sostanze psicotrope e precursori, i reati contro la libertà sessuale e l'inviolabilità sessuale della persona, la tratta di persone e l'immigrazione illegale, il traffico illecito di armi, munizioni, esplosivi, materiale nucleare e radioattivo, la criminalità informatica, la pedopornografia online, i reati economici e finanziari, compreso il riciclaggio, il traffico illecito del patrimonio culturale, i reati contro l'ambiente, i reati di corruzione, i reati nell'ambito della proprietà intellettuale e, infine, i reati collegati al possesso e alla circolazione illegale di veicoli. Occorre comunque precisare che l'elencazione non ha carattere di esaustività, dal momento che le autorità competenti possono estendere la collaborazione anche al contrasto di ulteriori reati penali previsti dalle rispettive legislazioni.

Per l'attuazione della collaborazione sono indicate specifiche modalità, tra le quali lo scambio delle informazioni sui reati e sui gruppi criminali, la formazione delle Forze di Polizia, gli strumenti legislativi e scientifici diretti a combattere il crimine, comprese le informazioni sull'analisi della minaccia criminale. La collaborazione si realizza attraverso le richieste di assistenza, di cui vengono indicati i requisiti formali e sostanziali, le condizioni che ne determinano il rifiuto e le procedure da seguire per la loro esecuzione. Adeguata tutela è riservata al trattamento dei dati sensibili, in coerenza con i criteri previsti in materia dalla direttiva (UE) 2016/680, a cui l'Italia ha dato attuazione con il decreto legislativo n. 51 del 2018, e dal regolamento (UE) 2016/679. È prevista, inoltre, la costituzione di gruppi di lavoro congiunti per coordinare azioni comuni nella lotta contro la criminalità e per soddisfare ulteriori esigenze operative per brevi periodi, con compiti di consulenza, assistenza e analisi, anche mediante un ufficiale di collegamento o un rappresentante autorizzato con funzione di informazione e consulenza. L'intesa contempla la possibilità di effettuare, qualora necessario, riunioni e consultazioni anche con modalità di videoconferenza, per valutare e migliorare la collaborazione.

Le spese derivanti dall'esecuzione dell'Accordo sono sostenute da ciascuna parte nell'ambito dei relativi stanziamenti, salve diverse intese. In particolare, in caso di spese straordinarie, sarà necessario uno stanziamento di risorse finanziarie aggiuntive rispetto alle dotazioni previste negli originari capitoli di bilancio.

L'Accordo regola infine la composizione di eventuali controversie in ordine all'interpretazione del testo e alla sua applicazione, da risolversi per via diplomatica, nonché le procedure per l'entrata in vigore, per l'adozione di emendamenti e per la denuncia.

Il disegno di legge di ratifica si compone di quattro articoli. In particolare, l'articolo 3 prevede che agli oneri derivanti da quota parte delle spese connesse allo scambio di informazioni e all'organizzazione di riunioni, valutati in poco più di 160.000 euro annui a decorrere dall'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Come accennato, agli eventuali oneri derivanti da spese straordinarie si farà fronte con apposito provvedimento legislativo.

In conclusione, auspico una rapida approvazione della ratifica in oggetto, che consolida ulteriormente le relazioni tra il nostro Paese e l'Ucraina, nel quadro, sempre più urgente e più ampio, dell'integrazione di Kiev nel sistema di alleanze euroatlantico.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinunzia.

È iscritta a parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.

ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, come abbiamo sentito dal relatore, l'Accordo ha come finalità la regolamentazione della collaborazione tra le Polizie di Italia e Ucraina, una collaborazione concreta e operativa che possa rafforzare la prevenzione e il contrasto alla criminalità nelle sue varie forme. Abbiamo sentito dal relatore, infatti, i tanti ambiti toccati da questo sforzo congiunto, ma la lista non è esaustiva, perché le autorità competenti potranno estendere la collaborazione ad altri ambiti e al contrasto di altri reati previsti dalle rispettive legislazioni.

Per operare su questi ambiti, che vanno dal crimine organizzato transnazionale al traffico di stupefacenti, dalla tratta di persone all'immigrazione illegale, al traffico di armi e via dicendo, si sono messi in campo degli strumenti, dallo scambio di informazioni alla formazione delle forze di polizia. Mi interessa sottolineare che sarà un aiuto determinante nella lotta che l'Ucraina sostiene da tempo per combattere la corruzione che l'affligge, un aiuto per progredire in quel processo di riforma dell'ordinamento costituzionale e del sistema giudiziario, che è assolutamente necessario all'Ucraina per raggiungere il traguardo di rispettare i principi di Copenaghen. La rispondenza a questi criteri richiede un percorso di riforma, nel quale l'Ucraina è impegnata da tempo, sostenuta dall'Unione europea. Anche per questo vediamo con favore la ratifica di questo Accordo, che consolida le relazioni con l'Italia, aiutando Kiev a progredire nel percorso finalizzato a dimostrare la capacità di rispondere ai criteri del sistema di alleanze euroatlantiche.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Billi. Ne ha facoltà.

SIMONE BILLI (LEGA). Grazie, Presidente Fontana. Il disegno di legge è di iniziativa governativa e riguarda la cooperazione di polizia - tengo a precisare cooperazione di polizia e non militare - ed è stato fatto a Kiev il 10 giugno 2021, pertanto prima dello scoppio dell'attuale conflitto, in tempi molto più tranquilli di quelli attuali.

Come ha ben spiegato il relatore Loperfido, il disegno di legge si compone di 4 articoli, che dispongono sull'autorizzazione alla ratifica, all'ordine di esecuzione. alla copertura finanziaria e alla determinazione della data di entrata in vigore. Un ulteriore articolo è stato aggiunto nella fase di esame in Commissione, come ha anche sottolineato il relatore. Sottolineo, inoltre, Presidente, come ci siano maggiori oneri di bilancio stimati in circa 163.497 euro all'anno, che non sono una cifra insostenibile, specialmente a fronte dell'importanza degli obiettivi perseguiti. Pertanto, riteniamo che questo Accordo bilaterale italo-ucraino meriti di essere approvato quanto prima, come segno di ulteriore amicizia e vicinanza al popolo ucraino.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 922-A​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 377 - D'iniziativa dei senatori: Bongiorno ed altri: Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, concernenti i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere (Approvata dal Senato) (A.C. 1135​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 1135: Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, concernenti i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 18 luglio 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 18 luglio 2023).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1135​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Ingrid Bisa.

INGRID BISA, Relatrice. Grazie, Presidente Fontana. Onorevoli colleghi, Vice Ministro Sisto, l'Assemblea avvia oggi l'esame della proposta di legge, già approvata dal Senato, recante modifiche al decreto legge 20 febbraio 2006, n. 106, concernenti i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, in materia di assunzione di informazioni delle vittime di violenza domestica e di genere. Si tratta dell'A.C. 1135, a prima firma della senatrice Giulia Bongiorno. In particolare voglio ringraziare la collega, presidente della Commissione giustizia al Senato, senatrice avvocato Giulia Bongiorno, per la sua sempre alta attenzione e sensibilità su questa tematica.

La finalità della proposta è rafforzare il cosiddetto codice rosso, vale a dire l'obbligo del pubblico ministero, nel caso di delitti di violenza domestica e di genere, di assumere informazioni dalla persona offesa nel termine di tre giorni dall'acquisizione della notizia di reato. Ricordo che tale obbligo è stato previsto dalla legge 19 luglio 2019, n. 69, provvedimento fortemente voluto dalle forze di maggioranza del tempo, di cui faceva parte anche il gruppo della Lega e la cui prima promotrice era sempre la collega Bongiorno.

La citata legge, oltre a introdurre misure di natura sostanziale, ha istituito una corsia preferenziale per le indagini relative ai reati riconducibili all'ambito della violenza domestica e di genere allo scopo di assicurare la tempestiva acquisizione di elementi da parte della magistratura. Ciò anche ai fini dell'applicazione, ove necessario, di una misura cautelare nei confronti dell'indagato. Nonostante l'avanzamento di tutela raggiunto con la citata legge n. 69, che ha rappresentato il frutto di un percorso condiviso tra le forze politiche, vi sono ancora troppi e numerosi fatti di cronaca che ci testimoniano che il tema deve essere ancora al centro dell'attenzione del Parlamento.

La proposta di legge in esame risponde, quindi, all'esigenza di rendere effettivo e tempestivo l'intervento dell'autorità giudiziaria, essendovi evidenziato che il termine di tre giorni previsto dall'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, non sempre viene purtroppo rispettato. Al contrario, a nostro avviso, questo termine può essere funzionale a scongiurare il pericolo di recidiva e di escalation degli episodi di violenza nei confronti delle vittime di violenza domestica e di genere.

Lo strumento che viene utilizzato è l'istituto dell'avocazione, che viene rimodulato valorizzando il ruolo del procuratore della Repubblica quale titolare esclusivo dell'azione penale. A tale soggetto viene attribuito il potere di revocare l'assegnazione del procedimento ove il magistrato designato non rispetti il suddetto termine di tre giorni. Nel riferire su tale provvedimento, faccio presente che in Commissione si è svolta un'approfondita e ampia istruttoria nel corso dell'esame in sede referente, che ha coinvolto in sede conoscitiva sia associazioni che si occupano di tutela delle vittime di violenza sia magistrati impegnati nel settore.

In quella sede sono stati anche acquisiti i pareri favorevoli delle Commissioni competenti in sede consultiva, le Commissioni affari costituzionali, bilancio e affari sociali. Nel corso di tale esame si è svolto un ricco e proficuo dibattito tra le forze politiche, caratterizzato da uno spirito costruttivo e dalla comune consapevolezza dell'urgenza sociale e delle problematiche sottese alla proposta in esame. Anche per tale ragione si è ritenuto di non apportare modifiche al testo già approvato dal Senato il 3 maggio 2023, su iniziativa della presidente Giulia Bongiorno. Tengo a evidenziare che il mandato alla sottoscritta è stato conferito all'unanimità.

Siamo ovviamente tutti consapevoli che il provvedimento in esame interviene su un aspetto circoscritto e che un tema di tale urgenza e gravità necessita di un approccio di più ampio respiro. A conferma di ciò ricordo che lo scorso 12 luglio è stato presentato alla Camera un disegno di legge di iniziativa governativa recante disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e violenza domestica, che interviene in modo più esteso sul codice di procedura penale, proprio al fine di migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza.

Come detto, il provvedimento in esame ha un contenuto estremamente puntuale. Il suo unico articolo reca due modifiche al decreto legislativo n. 106 del 2006 in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero.

Nel dettaglio, l'articolo 1, comma 1, lettera a), aggiunge un ulteriore comma all'articolo 2 del citato decreto legislativo n. 106, prevedendo che il procuratore della Repubblica possa, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione del procedimento al magistrato designato se questi non rispetti il termine massimo previsto dall'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

Tale disposizione prevede che il pubblico ministero assuma informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza entro il termine di 3 giorni dall'iscrizione della notizia di reato in relazione ai seguenti delitti, tutti riconducibili all'ambito della violenza domestica o di genere: omicidio, maltrattamenti contro familiari o conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, corruzione di minorenni, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, lesione personale, deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso.

La proposta di legge, nell'introdurre il potere di revoca del procedimento, fa quindi riferimento ai medesimi delitti di cui al comma 1-ter dell'articolo 362 del codice di procedura penale, con il preciso scopo di rendere più spedito ed efficace l'iter dei relativi procedimenti penali. Revocata l'assegnazione, si prevede che il procuratore provveda, senza ritardo, direttamente o mediante assegnazione ad un altro magistrato dell'ufficio, ad assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, salvo che ricorrano le imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, già previsto dall'articolo 362, comma 1-ter.

L'articolo 1, comma 1, lettera b), interviene sull'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, prevedendo che il procuratore generale presso la corte d'appello acquisisca dalle procure della Repubblica del distretto, con cadenza trimestrale, i dati sul rispetto del termine di cui all'articolo 362, comma 1-ter, e invii al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione, almeno semestrale, con i dati acquisiti.

In conclusione, auspico una sollecita conclusione dell'iter legislativo di questo provvedimento, anche in ragione della sua piena condivisione in Commissione e delle esigenze della Nazione, quindi del popolo italiano e delle persone che hanno subito questi reati.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire.

È iscritta a parlare la deputata Matone. Ne ha facoltà.

SIMONETTA MATONE (LEGA). Sulla traccia di ciò che ha detto la collega Bisa, posso aggiungere solo poche parole e poche osservazioni, perché la norma consta di un solo articolo, è una norma meramente procedurale e va a incidere su un vulnus. Qual è il vulnus? È inutile fare leggi severissime, contenutisticamente perfette, che però permettono possibili vie di fuga per chi si rende responsabile di reati odiosi, come quelli di cui ci occupiamo, se i termini, che rendono operativa una legge, sono meramente ordinatori e non perentori.

L'esperienza professionale sul campo diretta, che purtroppo ho acquisito in materia di violenza contro le donne, mi porta a ritenere che la celerità della risposta delle istituzioni sia l'elemento che fa la differenza. Si tratta di donne - di solito terrorizzate per il passo fatto, perché nell'immediatezza dell'attacco, tra virgolette, sporgono denuncia, quasi obbligate, magari dall'intervento delle Forze dell'ordine, che arrivano a casa chiamate dai vicini o da persone che le conoscono, quindi assolutamente terrorizzate, perché hanno sporto denuncia - che però vengono lasciate sole.

Il tema dei temi è la solitudine di queste vittime. A questo punto diventa, invece, obbligatorio per il pubblico ministero assumere informazioni direttamente dalla parte offesa o da chi ha sporto denuncia entro 3 giorni dall'iscrizione della notizia di reato; e, se il termine non viene rispettato, il procuratore della Repubblica può avocare a sé gli atti oppure può assegnare queste carte processuali ad un altro pubblico ministero. In più, ad incastrare, tra virgolette, la situazione c'è il ruolo della procura generale, ufficio importantissimo, gerarchicamente sovraordinato rispetto alla procura della Repubblica, che deve monitorare ogni 3 mesi i dati sul rispetto di questi termini.

Questa gerarchizzazione in questa materia è assolutamente benedetta e questo sistema rende impossibile sfuggire al combinato disposto, come dicono i giuristi.

Vorrei ricordare che i reati a cui noi ci riferiamo sono di assoluta e inequivocabile gravità, perché parliamo specificamente di omicidio, di maltrattamenti, di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenni, di corruzione, di violenza sessuale di gruppo, di atti persecutori, di lesioni personali e deformazioni del volto. Mi riferisco ai cosiddetti maledetti “vetrioleggiamenti” attraverso l'acido, che provocano lesioni permanenti al viso o al corpo.

È importante evidenziare un altro passaggio, cioè che le informazioni possono essere assunte anche da chi ha presentato denuncia, ad esempio i centri antiviolenza o i servizi sociali, i centri di neuropsichiatria infantile, cioè coloro che hanno dato il la a questo procedimento, e questo non è un passaggio da poco perché libera le donne dall'angoscia e dalla solitudine di essere le sole a fare questo passo. Questi reati, che vi ho elencato, sono tutti reati procedibili d'ufficio e l'obiettivo da perseguire è quello di punire un reato odioso sollevando la parte offesa da quest'onere, qualora fosse in una situazione di difficoltà emotiva (ripeto: denunce che sono vissute con terrore).

Io vorrei ringraziare pubblicamente gli appartenenti ai centri antiviolenza, perché chi si occupa di questa materia fa un lavoro terribile, emotivamente dannoso, addirittura, per il loro equilibrio psichico, perché stare sempre a contatto col male non fa assolutamente bene, e perché fanno un lavoro spesso e volentieri misconosciuto e disconosciuto. Io direi che è una legge intelligente e a nulla valgono le polemiche strumentali sulla faccenda dei tre giorni. Io ho sentito personalmente cose incredibili. Ho sentito dire che i tre giorni non vanno bene perché sono passi che vanno meditati. Sono passi che non possono essere meditati perché stiamo parlando di reati procedibili d'ufficio, per fortuna e da anni. Inoltre, devo aggiungere, a proposito di tutto questo sistema a difesa delle donne, che, se cronologicamente esaminate queste leggi, vi accorgerete che sono state varate durante i Governi di centrodestra. Sono leggi a costo zero e di grandissima civiltà a cui poi anche le altre parti hanno aderito, ma il la è stato dato da una certa parte politica. Qui si tratta semplicemente di assumere elementi che solo la freschezza del ricordo, nell'immediatezza del fatto, rende cristallini e inattaccabili e di più non dico, perché la denuncia deve essere immediata. È vero che c'è tempo per farla, ma la freschezza del ricordo è garantita, se vieni sentita. Poi, qui stiamo parlando di tre giorni dalla data di iscrizione della notizia di reato. Qui abbiamo reati gravissimi, reati spia, reati forieri di sviluppi imprevedibili e, quindi, bene ha fatto il legislatore a intervenire su qualcosa che funzionava ma solo fino a un certo punto. Grazie per l'attenzione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Scarpa. Ne ha facoltà.

RACHELE SCARPA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, membri del Governo, la proposta di legge che discutiamo oggi, così come licenziata dal Senato, solletica un tema che sono sinceramente contenta che quest'Aula affronti, ossia la violenza domestica e di genere. Di contro, sono un po' dispiaciuta che il testo in discussione, appunto, sia scarno e piuttosto esile rispetto alla portata e alla complessità del tema stesso.

Il testo su cui voteremo, e che diventerà legge dello Stato, infatti, come veniva in parte anche spiegato precedentemente dalla relatrice, è quasi un intervento chirurgico, un correttivo e ha natura strettamente ordinamentale. Quello che cerca di fare è, in qualche modo, irrigidire e rendere più cogente una disposizione normativa, certificando, innanzitutto, che quella stessa disposizione normativa non stava funzionando adeguatamente.

La PDL Bongiorno interviene sul cosiddetto codice rosso, regolato dalla legge n. 69 del 2019, che comporta l'obbligo per il pubblico ministero, nel caso dei delitti di violenza domestica o di genere, di assumere informazioni dalla persona offesa nel termine di tre giorni dall'acquisizione della notizia del reato. Il testo prevede, dunque, che un procuratore della Repubblica possa, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione del procedimento al magistrato designato se questi, nell'ipotesi in cui si proceda per delitti di violenza domestica o di genere, non rispetti il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato.

Questo, ovviamente, è previsto per acquisire le informazioni dalla vittima di violenza.

Ora ho ascoltato la relazione e l'intervento della collega Matone, che in parte mi ha dato delle rassicurazioni ma non del tutto. Per me rimane una perplessità, perché io non sono sicura che noi, in questo momento, stiamo del tutto rendendo giustizia al nostro ruolo e alle persone vittime di violenza e all'azione legislativa che penso che meritino, nella tragicità della loro condizione, limitando a questo testo e, in generale, a un approccio fatto di correttivi di corto respiro la nostra discussione su questo tema.

Cerco di spiegarmi meglio. Noi oggi interveniamo, appunto, modificando una piccola parte della procedura giudiziaria per renderla sostanzialmente più celere, ma non per questo, temo, più efficace. C'è un'idea semplice dietro e anche una constatazione giusta, cioè che troppe donne, che poi sono state uccise, avevano prima denunciato. Questo è un dato inquietante. Questa verità è tale, è drammatica e sicuramente devono essere trovate soluzioni, ma, appunto, le colleghe al Senato del Partito Democratico e di tutte le opposizioni già evidenziavano alcune criticità che anche nella discussione di oggi solo parzialmente hanno trovato risposta.

Insieme alle colleghe del Senato, anche le operatrici dei centri antiviolenza, le avvocate e tanti pubblici ministeri specializzati hanno posto più volte una criticità semplice ma vitale: noi siamo sicuri che sia migliore, per chi denuncia una violenza, essere interrogata forzatamente dal pubblico ministero sul trauma appena vissuto o essere interrogata subito dopo l'ulteriore trauma che la denuncia spesso costituisce? Siamo sicuri che questo passaggio, se è forzato, non rischi di avere un impatto drammatico anche sull'esito dell'interrogatorio stesso, perché la credibilità della persona interrogata potrebbe essere minata dalla fatica e dal dolore che la stessa prova nel gestire un passaggio così complesso con l'autorità giudiziaria?

Ho ascoltato quello che si diceva prima e mi fa piacere sentire che l'interrogatorio e l'ascolto non devono avvenire per forza di cose e si possa valutare caso per caso in base alla vittima. Tuttavia, rimane la mia perplessità più ampia: ci stiamo illudendo, purtroppo, che il problema qui sia solo di tempestività. Quello che volevo chiedere, appunto, è: ci fa davvero sentire più sicure, colleghe, questa tempestività obbligata di tre giorni? Per me, purtroppo, la risposta è “no”. La tempestività serve, ma nel creare le condizioni che possano farci sentire sicure. Io, purtroppo, ho imparato, nei miei 26 anni di vita in questo mondo, che, anche dalla mia posizione estremamente privilegiata, se io domani mi trovassi a denunciare una violenza subita potrei anche non essere creduta, potrei essere intimorita, potrei essere imprecisa, potrei trovarmi in situazioni che mi mettono più in una condizione di vergogna che in una di sostegno. Quindi, per quanto le intenzioni di questo testo siano effettivamente condivisibili, ci sono delle problematicità.

Io credo soprattutto che la politica abbia un ruolo più ampio rispetto al mero intervento sulla procedura penale, anche perché - non nascondiamocelo, appunto - anche la giurisprudenza ha un grande problema con la violenza di genere e non dipende dalle disposizioni procedurali, che sono assolutamente perfezionabili e perfettibili, ma dal fatto che anch'essa è il riflesso, talvolta, di un brodo culturale intriso di misoginia e di cultura dello stupro che la politica ha proprio il compito alto di affrontare.

Colleghe e colleghi, adesso parliamo della cronaca recente anche, visto che ci siamo: assolvere un molestatore, dichiarando che la palpata minore di 10 secondi è uno scherzo e non costituisce reato, è complicità per quanto mi riguarda, è violenza di Stato ed è parte del problema che stiamo discutendo oggi. Era di questo che volevo parlare, Presidente: cogliere l'occasione di questa proposta di legge, che è incompleta e specifica, per provare a trattare il problema nel modo che, secondo me, è più corretto, con un approccio più ampio, e per invitare gli onorevoli colleghi e colleghe a ragionarci insieme.

C'è, infatti, un codice rosso più grande in Italia di quello di cui parliamo oggi, molto più grande, un codice rosso di sistema, per cui tante, troppe donne vengono uccise in quanto tali, in una dinamica di prevaricazione sistematica di natura patriarcale che inonda letteralmente le nostre relazioni, la nostra quotidianità, le cose che diciamo e le cose che pensiamo.

E, poi, c'è ancora un altro codice rosso: secondo l'Istat, delle tante, troppe donne che subiscono violenza, solo il 15 per cento sceglie di denunciare, il 67 per cento non ne parla mai con nessuno (questi sono i dati, invece, della Commissione di inchiesta sul femminicidio).

È un altro codice rosso - lo accennavo prima - quello relativo a questo 15 per cento che si trova ad avere la forza o ad essere nelle condizioni di denunciare. Tutte, chi più, chi meno, si scontrano con un sistema giudiziario inadeguato e intriso della stessa cultura che ha generato il problema. È un codice rosso, colleghi, è vero, è un'urgenza, ma è un fenomeno che, nella sua urgenza, va affrontato complessivamente, che vuol dire anche e, soprattutto, con adeguate risorse e anche e, soprattutto, con un'idea di che cosa, con la nostra azione, vogliamo andare a cambiare della società e nella vita delle persone.

Quindi, se smettessimo per un attimo di guardare, compiacendoci anche, solo il dito che indica il cavillo normativo o il singolo tema della tempestività giudiziaria - legittimo - e rivolgessimo lo sguardo all'orizzonte, io vorrei chiedervi che cosa vedremmo. Vedremmo, ad esempio, che c'è un mare di cose che separa il momento in cui viene commessa una violenza da quello in cui si arriva al processo. Ed è vero, è un mare che comprende anche il ritardo e l'inerzia da parte dell'autorità giudiziaria nell'attivarsi a seguito della denuncia, certamente. Bene che lo si noti, ma c'è molto di più. Spesso, è un mare che è fatto anche dell'incertezza e della paura che generano situazioni di precarietà economica e abitativa o l'assenza di supporto psicologico o l'assenza di servizi capillari e accessibili o l'inadeguatezza delle misure cautelari di protezione o una bigenitorialità imposta anche quando si è in presenza di casi di violenza.

I centri antiviolenza sono gravemente definanziati, sono sotto organico e, in alcune periferie, in diversi posti d'Italia, semplicemente non ci sono. Come può non essere questo parte del problema di cui discutiamo? È un mare di cose che potremmo fare e normare meglio, se volessimo intervenire con serietà su ciò che dovrebbe accadere prima di una denuncia di violenza o immediatamente dopo.

C'è anche una proposta del Partito Democratico, ripresentata in diverse salse, in numerose occasioni, anche dalle colleghe proprio qui, a fianco a me, che si pone l'obiettivo di disporre e anche di continuare il potenziamento di un'azione di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione degli operatori e dei professionisti che possono entrare eventualmente in contatto con delle vittime di violenza. Quindi, parliamo di Polizia e Carabinieri, pubblici ministeri, magistrati, personale della giustizia, personale sociosanitario, insegnanti, qualcosa che deve avvenire e proseguire potenziato su tutti i livelli e, aggiungiamo noi, in modo continuo e permanente, in modo da risultare costantemente aggiornato.

Quanto senso ed efficacia stiamo togliendo noi al codice rosso in discussione, se non ci occupiamo di queste cose? E, se davvero non possono trovare assolutamente spazio in questo provvedimento, dove sono le risorse per occuparci di tutto questo?

Perché a me non risulta che siano state stanziate fino ad ora. Non nascondiamo a noi stessi ciò che è ovvio e palese: anche se volessimo solamente affrontare il tema dei tempi, dovrebbe rimanere, comunque, in noi la consapevolezza che, in qualche modo, il successo di un procedimento, oggi, è intrinsecamente legato a come funzionano le procure, a come si muovono, alla disponibilità di risorse umane, di risorse strumentali, di mezzi per poter andare avanti in maniera più spedita.

Torno a chiedere a quest'Aula, quindi: con quali risorse intendiamo fare fronte a questi problemi? Io, nella proposta in esame, non ne vedo traccia, colleghi.

Se ci sforziamo, poi, ancora, di guardare oltre a questo mare di cose che potremmo fare, ma che, evidentemente, non stiamo facendo, c'è un oceano, che è l'oceano di quello che potremmo fare prima di ogni violenza per evitare che essa possa anche solo verificarsi. È un oceano che, in quanto tale, è più vasto, è più buio, è più faticoso, è più profondo, ma noi abbiamo la responsabilità, io credo, di uscire dal lacerante senso di impotenza che ogni caso di violenza getta addosso a tutte e tutti noi.

Questo Parlamento può e deve, a mio parere, avere l'ambizione di cambiare anche i processi che sono meno immediatamente riconoscibili, ma che sono comunque alla base della violenza di genere e non rassegnarsi a un'idea triste e spaventosa di inevitabilità della prevaricazione maschile di genere.

Se vogliamo dare ancora una dignità al ruolo della politica, allora vi rivolgo un appello: agiamo assieme adesso per mutare radicalmente questa cultura che, sì, non ci fa sentire sicure per nulla. Voglio dare, quindi, una parte del mio tempo che ho oggi in questa discussione generale per darci la possibilità di accennare e di analizzare, anche se solo parzialmente in quest'Aula, alcuni pezzi di quest'oceano, perché credo che, se ci limitiamo a intervenire sugli aspetti singoli, goccia dopo goccia, finiremo presto per rimanere sommersi, forse già lo siamo.

Potremmo parlare del grande, enorme tema culturale, che ha veramente mille sfaccettature, faccio seriamente fatica a riassumerle, ho fatto fatica a metterle in fila nel momento in cui scrivevo questo intervento. In Italia persiste, incrostata e capillare, una cultura profondamente patriarcale, per cui spesso “donna” rimane, alla fine dei conti, sinonimo di oggetto, di proprietà, con un ruolo sociale definito e ben confinato. La rintracciamo plasticamente - ma dico cose che sappiamo tutti - quando apriamo il giornale alla mattina e troviamo, con una cadenza sinceramente inquietante, le cronache di femminicidi che mettono morbosamente il focus della loro analisi sulle dinamiche di coppia, non di rado con un accento sui presunti errori di lei, colpevolizzando la vittima, sempre, più o meno implicitamente, pur di ottenere quella narrazione che, sfiorando, neanche troppo, a volte proprio invadendo, il limite della decenza e della pornografia giornalistica, punta a solleticare i nostri click nella sezione notizie.

Troppo spesso, questo racconto mediatico, a cui siamo abituatissimi, accetta e incoraggia una narrazione, per cui un sentimento umano, normale, come la gelosia, ad esempio, viene legittimato e raccontato al punto da giustificare la violenza - il famosissimo raptus -, al punto da giustificare l'esercizio di controllo sul proprio partner.

Se ci pensate, colleghe e colleghi, noi cresciamo in un mondo che ci insegna, con tutti i mezzi che può, con tutte le storie che può, dalle favole alle pubblicità, ai film, ai libri, che quella gelosia, ad esempio, quel senso di possesso e di privazione allo stesso tempo, quanto più è intenso e viscerale, tanto più è sintomo di amore puro, sincero e totale (Commenti della deputata Gardini). Forse ci sembrerà poco politico questo discorso, non sto capendo bene il brusio che c'è qui sotto, ma io credo che lo sia molto, perché non è solo di sfera privata, secondo me, ciò di cui parliamo in questi casi, ma della declinazione intima di quella che, alla fine, è anche una dinamica sociale di potere; dobbiamo avere gli occhi e l'intelligenza per accorgercene e la volontà di cambiare.

Oppure, potrei citarvi una delle principali fonti di cultura diffusa nel nostro Paese, sempre perché anche di un fenomeno culturale stiamo parlando, che è la televisione italiana. Quante volte, colleghi, anche recentemente, ci siamo trovati a commentare con indignazione la volgarità di certe esternazioni misogine e sessiste, sbandierate e rivendicate in prima serata, in programmi con uno share impressionante, come se nulla fosse, senza nessuna conseguenza per chi si permette di utilizzare certe parole in un'emittente, da un punto così rilevante di ascolto per il Paese? L'ultimo caso riguarda la telecronaca sportiva, ma sappiamo bene che non si tratta solo di quella, c'è il dato a mio parere che sembra non potere esistere in Italia una regia di qualche sorta in grado di dare un indirizzo, un'impronta di contrasto alla misoginia e al sessismo nella televisione pubblica italiana. Possiamo porci questo problema o pensiamo che non sia pertinente con quello di cui discutiamo oggi? Siamo sicuri, colleghi, che questo non abbia niente a che fare con i troppi episodi che, poi, sono concreti e non più solo verbali, purtroppo, di violenza di genere? Perché io non ne sono sicura affatto.

Potremmo parlare, infine, della totale assenza della cultura del consenso nella norma che punisce la violenza sessuale, così come nelle relazioni interpersonali. Parlare di consenso, oggi, è un qualcosa di molto fastidioso per la gran parte dell'opinione pubblica e, quindi, di quasi rivoluzionario, ma le parole inaccettabili che sentiamo ogni giorno ce ne dimostrano la necessità: aveva vestiti provocanti, aveva assunto cocaina, era ubriaca, era disinibita; questa è la realtà che si trova di fronte una donna che denuncia una violenza sessuale ed è un gradino da scavalcare che noi non possiamo ignorare, anche se le imponiamo di scavalcarlo dopo soli tre giorni.

Se ci sembra una questione troppo ampia da affrontare, quella della cultura patriarcale, che favorisce il terreno della violenza di genere e che la replica e la fa replicare in tutte le sue forme più subdole, se questo ci sembra un problema troppo grande e troppo imponente, colleghi, è così, lo è e lo è al punto che impatta quotidianamente non solo la mia vita, ma, credo, anche quella di tutte le colleghe, a prescindere dalla parte politica, che siedono in quest'Aula e di tutte le donne nel nostro Paese.

Non è sufficiente, quindi, per me, accontentarsi di definire la norma che abbiamo in discussione, oggi, come un intervento circoscritto e rimandare a proposte di legge future una discussione approfondita su anche questi argomenti; noi dobbiamo cogliere ogni occasione possibile per farlo e non è accettabile che qualsiasi provvedimento volto anche solo a togliere un mattoncino al gigante muro della violenza di genere non preveda contemporaneamente un forte investimento di risorse, quantomeno nella formazione degli attori che per primi intercettano le vittime, perché altrimenti non stiamo facendo un servizio, non stiamo facendo qualcosa di utile, non stiamo rispondendo al codice rosso, stiamo solo esponendo più donne al rischio di subire vittimizzazione secondaria.

A me questo sembra un punto di dirimente importanza, per questo il Partito Democratico - lo annuncio già, anche se questa non è una dichiarazione di voto - voterà “astenuto” a questa proposta di legge, non tanto perché la riteniamo dannosa o perché non ne condividiamo l'intento e neanche mettiamo in dubbio la buona volontà che ci stia dietro, ma perché pensiamo che temi così complessi e così delicati come la violenza di genere e, soprattutto, ciò che nella società la causa, la origina e la rende così presente nelle nostre vite, non possano essere affrontati con la pinzetta, un intervento chirurgico dietro l'altro. Richiedono un impegno serio da parte di questo Parlamento, da parte di entrambe le Camere, un impegno bipartisan, quindi, non capiamo bene la logica, ad esempio, dello scegliere solo la proposta di legge Bongiorno e di slegarla ad esempio dalla proposta di legge Valente e dalla proposta di legge della collega di Italia Viva che era stata presentata al Senato e che era abbinabile. Se non vogliamo essere in malafede e non lo vogliamo essere, perché è un tema reale, non capiamo perché.

È questa la domanda che io consegno a quest'Aula, ma è soprattutto l'appello accorato mio e del Partito Democratico a continuare la discussione che nel mio piccolo ho cercato di avviare oggi, anche nei suoi aspetti più scomodi, anche nei suoi aspetti più fastidiosi, anche negli aspetti che ci vedono coinvolti in prima persona, non solo come vittime, ma anche come, più o meno, volontari perpetratori di una cultura che è violenta, è opprimente e che fa male non solo alle donne, ma alla cittadinanza tutta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Salandra. Ne ha facoltà.

GIANDONATO LA SALANDRA (FDI). Grazie, Presidente. Ho ascoltato con grande interesse e ringrazio la relatrice, ringrazio gli onorevoli colleghi, che mi hanno preceduto con grande onestà intellettuale e chiedo scusa se il brusio che la collega del Partito Democratico ha avvertito nella sua discussione possa avere reso difficoltoso il tentativo di giustificare un voto di astensione e mi auguro che con il mio intervento possa fugare determinati dubbi.

Partiamo dal presupposto che stiamo discutendo di una norma processuale e non di una norma di diritto sostanziale e chi conosce compiutamente le norme penali proprie della violenza di genere, proprie della violenza domestica, sa benissimo che una norma processuale corretta rende attuabile e reale il perseguimento di determinati delitti. Dico questo perché se la nostra attenzione si concentra in ordine a quello che stiamo approvando o a quello che andremo ad approvare o se facciamo semplicemente quello che è il nostro dovere e smettiamo di perderci all'interno di polemiche futili, ci renderemo conto che questa norma, processuale, lo ripeto, si tonda compiutamente con quanto questo Parlamento ha già fatto alcuni mesi fa con l'introduzione di una Commissione d'inchiesta sul femminicidio, perché ribadisco che avere delle norme processuali corrette, che consentono ai tribunali il perseguimento di determinati delitti, ci consente di comprendere compiutamente come arrivare ad elidere o a ridurre determinati fenomeni quali sono quelli tipici del femminicidio.

Dico questo perché la norma processuale che oggi siamo chiamati a discutere crea oggettivamente le condizioni perché lo Stato assolva al suo dovere principale dinanzi a determinate denunce. Infatti, lo Stato ha un dovere fondamentale, che è quello di ascoltare chi denuncia, e perché? Perché se abbiamo fatto la discussione sul femminicidio e abbiamo iniziato a enumerare una serie di situazioni, storie che poi tristemente racchiudiamo in numeri, inizieremo a comprendere che, contrariamente a quello che ha detto la collega del Partito Democratico, è proprio la tempestività dell'ascolto che ci consente di intervenire immediatamente, perché? Perché la semplice denunzia di un reato di lesioni non diventi lesioni gravissime, non diventi stalking, non arrivi a determinare altre fattispecie di reato. Forse una norma processuale che determina le condizioni oggettive della tempestività dell'ascolto probabilmente è ciò che, in questo campo, serve.

È vero, tutto è perfettibile quando si discute di alcune norme processuali, ma tutto è perfettibile in generale nel momento in cui non ci si lascia perdere in polemiche vuote o in altro, perché questa norma processuale, per come è stata elaborata, interviene anche creando le condizioni proprio perché le procure operino concretamente rispetto a determinate situazioni. Perché dico questo? Perché anche prevedere l'obbligo della relazione significa riconoscere il ruolo centrale, come ha detto la collega Matone, del procuratore generale e anche comprendere, con cadenza, l'andamento di determinati di determinati uffici.

Vedete, questa è una norma processuale di buon senso, in un contesto. Io capisco che, quando fu approvata la normativa del 2019, i partiti dell'attuale maggioranza, credendo in quello che giornalisticamente è stato definito il codice rosso, votarono a favore - allora, e votano e voteranno sicuramente a favore anche oggi -, così come c'è anche una certa coerenza rispetto all'astenersi allora e all'astenersi oggi, però, a distanza di tre anni, quando, proprio l'8 marzo, sono stati depositati i primi report relativi all'andamento della norma - o, meglio, dell'andamento dei reati che la normativa del 2019 prevedeva - questo impone a tutti noi di intervenire, rispetto a cosa? A quelli che erano i vulnus, perché è vero che - chiamiamoli così - gli operatori del diritto, gli avvocati, i magistrati, i professori universitari hanno palesato tutta una serie di critiche rispetto al codice rosso, ma su una cosa nessuno ha mai discusso: sulla necessità della tempestività dell'ascolto, perché è questo che chi si astiene mette in discussione. Chi si astiene - chi si è astenuto ieri e chi si astiene oggi - di fatto, ritiene che l'ascolto della vittima di un determinato reato non sia importante, quando invece - e lo dico da avvocato, da avvocato operante nel diritto di famiglia - uno degli elementi principali di quando si ha la disgregazione della famiglia o di quando ci si trova in determinati momenti è proprio la necessità dell'ascolto; una vittima di violenza ha diritto a essere ascoltata e lo Stato ha il dovere di ascoltare, così come ha anche il dovere di verificare, attraverso la gerarchizzazione, se le norme sono state rispettate o meno, e ha il dovere di relazionare, perché? Perché non ci si può nascondere dietro a un dito, non ci si può nascondere dietro alla burocratizzazione degli uffici, dentro al numero delle querele; bisogna avere tempestività, coerenza e correttezza nell'operato, perché questo è il tema su cui questa norma processuale, ad avviso del sottoscritto, interviene. È una norma processuale che ha consapevolezza di un fenomeno complesso, che ha consapevolezza del funzionamento degli uffici, e perché? Perché è questo quello che ci deve spingere: intervenire tempestivamente.

Lo ribadisco: una norma processuale corretta dà attuazione e concretezza a norme sostanziali che costituiscono la base dei reati di genere o, più in generale, delle violenze domestiche (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il disegno di legge oggi in discussione, per come ci è stato presentato, ha l'intenzione di rendere più stringente, nel caso di delitti di violenza domestica o di genere, l'obbligo del pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa entro 3 giorni dall'acquisizione della notizia di reato. Prevede, dunque, che, nel caso in cui ciò non avvenga, il procuratore della Repubblica possa revocare al pubblico ministero l'assegnazione del procedimento, procedendo direttamente - o attraverso l'assegnazione a un altro magistrato dell'ufficio - all'assunzione di informazioni dalla persona offesa.

È un disegno di legge in sé non problematico, questo va detto, perché si limita a definire la corretta applicazione di quanto già previsto dalla legge n. 69 del 2019, il cosiddetto codice rosso. In più occasioni, ho ribadito che il codice rosso è stato un ottimo punto di partenza, ma non di arrivo. Ci ha permesso, però, di raggiungere importanti risultati in tema di tutele processuali per le vittime di reati violenti.

Con il codice rosso abbiamo attribuito una corsia preferenziale per le denunce e le indagini relative ai reati connessi alla violenza di genere e abbiamo introdotto nuove fattispecie di reato. Penso, per esempio, al revenge porn, all'induzione e alla costrizione al matrimonio, al reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, alla violazione di provvedimenti per quanto riguarda l'allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

E ancora: penso al fatto che i minori, grazie al codice rosso, sono considerati vittime a tutti gli effetti, non solo se assistono a violenze e maltrattamenti in famiglia, ma anche se vi assistono quotidianamente. Abbiamo previsto una maggiore circolarità di informazioni tra tribunale civile e tribunale penale, per evitare paradossali situazioni di affido condiviso, in caso di contesti di violenza di genere. Abbiamo esteso le tutele per quanto riguarda le informazioni alla persona offesa, in modo che sapesse, in ogni momento, dove si poteva trovare chi avrebbe potuto farle del male. Abbiamo esteso la possibilità di presentare la denuncia in casi di violenza - non più 6 mesi, ma è stata estesa a 1 anno - e potenziato l'utilizzo del braccialetto elettronico.

È diffusamente riconosciuto che con il codice rosso abbiamo dotato il nostro ordinamento di una delle più adeguate ed efficaci discipline, a livello europeo, di contrasto alla violenza di genere. Chiaramente, lo ribadisco, c'è molta strada da fare. Ce lo ricordano, purtroppo, con cadenza quasi quotidiana, le drammatiche notizie di cronaca in Italia: ogni 3 giorni una donna viene uccisa. Secondo il report del Ministero dell'Interno, sono 62 le donne ammazzate dall'inizio dell'anno, di cui 49 in ambito familiare e affettivo e, di queste, 29 per mano del partner o ex partner. Se andiamo ancora più lontano, purtroppo, dal 2000 a oggi, sono oltre 3.000 le vittime che hanno perso la vita.

A questi dati va aggiunto tutto il sommerso, che non finisce sulle pagine dei giornali: le donne che affrontano soprusi nella vita quotidiana e familiare, subiscono violenze e maltrattamenti, minacce, madri vittime di violenza, a cui vengono sottratti i figli per troppo amore. Succede anche questo. Donne che sentono di non poter chiedere aiuto.

Però, quello che dispiace, oggi, in questa discussione generale, è che si pensi che con una legge spot si possa risolvere il problema del contrasto alla violenza di genere. A me dispiace non si sia lavorato in modo organico e sistemico e, quindi, raccogliendo tutti i suggerimenti pervenuti numerosi, durante le audizioni in Commissione giustizia, da parte di avvocate e avvocati, centri antiviolenza, magistrati e magistrate, persone che, tutti i giorni, hanno le mani in pasta e si occupano del contrasto della violenza di genere. Mi dispiace molto, perché il disegno di legge in esame è vero che non crea problemi - ci mancherebbe! -, però fa poco e questo lo dobbiamo dire, perché non centra l'obiettivo.

Come hanno evidenziato anche i rappresentanti delle associazioni antiviolenza, che abbiamo audito in Commissione giustizia, si tratta di un disegno di legge che, da un punto di vista prettamente tecnico, riguarda i poteri del procuratore della Repubblica, più che la tutela delle donne vittime di violenza domestica e di genere, riguarda l'organizzazione degli uffici della procura e i rapporti tra procuratore e magistrati dell'ufficio, più che in modo specifico il contrasto alla violenza verso le donne.

È emerso, poi, un altro aspetto dalla lettura del testo della legge, perché si dà per scontata un'inosservanza generale della disposizione prevista dal codice rosso a livello nazionale, senza tuttavia rappresentare la fonte di questo convincimento; infatti, non ci sono statistiche in merito ed è un dato che dobbiamo rappresentare.

Come ho anticipato, anche il controllo del rispetto dei tre giorni da parte dei pubblici ministeri è già esistente. Il problema, semmai, è rafforzare la fase investigativa e processuale e garantire la qualità delle indagini e la formazione e la specializzazione di chi le porta a termine. L'obiettivo, in un'ottica di collaborazione e di lavoro di squadra, doveva essere quello di dare vita a una legge organica, che comprendesse veramente tutti i suggerimenti con un ascolto reale ed effettivo. Come dico spesso in quest'Aula, non esiste la legge perfetta, ma esiste la legge più condivisa, che nasce da un grande lavoro di squadra. Noi, in tal senso, abbiamo presentato numerose proposte, addirittura proposte suggerite dagli operatori del diritto. Mi dispiace rappresentare in quest'Aula che tutte le proposte che abbiamo presentato siano state bocciate; rimangono depositate agli atti della Commissione giustizia in un disegno di legge che, comunque, contiene nuovi strumenti di tutela per contrastare la violenza di genere.

Voglio parlare di alcune di queste proposte, che, purtroppo, non hanno visto l'accordo o, comunque, l'approvazione della maggioranza e che avrebbero aiutato e rafforzato la tutela nel contrasto alla violenza di genere, Pensiamo, per esempio, all'estensione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. In tal senso, avevamo chiesto di intervenire sull'articolo 282-ter del codice di procedura penale, introducendo l'ipotesi di applicabilità, in maniera analoga a quanto previsto dall'articolo 282-bis per i cosiddetti reati di genere, a prescindere dai limiti di pena previsti dall'articolo 280, compresa la possibilità d'impiego di tale strumento non solo per i conviventi o per i congiunti, ma anche per coloro che sono legati da una semplice relazione sentimentale alla persona offesa. Quindi, ci sarebbe stata un'estensione di tutela.

Un'altra norma, che avevamo chiesto di inserire, era l'estensione degli obblighi del giudice nell'ordinanza di applicazione delle misure cautelari. In tal senso, chiedevamo di modificare l'articolo 292 del codice di procedura penale, aggiungendo un comma 3-bis, con la previsione che la decisione del giudice debba intervenire senza ritardo, quando la misura cautelare abbia a oggetto i delitti relativi ai maltrattamenti in famiglia, alla violenza sessuale, alla violenza sessuale di gruppo, allo stalking, reati appunto previsti nel codice penale.

Infatti, se la persona offesa viene sentita nei tre giorni - quindi si rispettano le tempistiche, così come previsto dalla legge - ma la misura cautelare non viene poi concessa e stabilita, ovviamente si crea un vuoto di tutela a danno della vittima. Pensiamo poi ancora al divieto di sospensione della misura cautelare per particolari reati in caso di appello.

In questo caso noi chiedevamo di modificare l'articolo 310 del codice di procedura penale, prevedendo che tale disposizione, che stabilisce che l'esecuzione della decisione con cui il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare, è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva, e quindi non si applichi nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572 e 612-bis del codice penale, ossia maltrattamenti e stalking, quando sussistano specifici elementi per ritenere grave e imminente il pericolo che la persona indiziata commetta gravi delitti contro la vita, l'incolumità individuale oppure contro la libertà personale o morale della persona offesa, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

Anche qui si viene a creare, in attesa della decisione, un vuoto, e questa è una norma che viene da un magistrato che tutti i giorni applica le norme in tema di codice rosso. Quindi è un vuoto normativo che si chiedeva ovviamente di integrare. Ancora, pensiamo all'estensione dei poteri del pubblico ministero nel sequestro conservativo, quindi intervenendo sull'articolo 316 del codice di procedura penale, stabilendo che il pubblico ministero, quando procede per uno dei delitti di cui all'articolo 362, comma 1-ter, può chiedere, su istanza di parte, di procedere al sequestro conservativo di cui al comma 1 del medesimo articolo 316, se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie di risarcimento dei danni civili subiti dalle persone offese o danneggiate in ogni stato e grado del procedimento, per tutelare, ovviamente, la persona offesa, vista la difficoltà oggettiva di ottenere un mantenimento.

Estensione, poi, degli obblighi di assunzione di informazioni e di ascolto del minore. Qui chiedevamo di modificare, integrare l'articolo 362 del codice di procedura penale. In particolare, al comma 1-bis si introduceva il dovere di provvedere all'ascolto diretto delle persone minori. Ancora, noi chiediamo l'introduzione di un nuovo strumento di tutela per le vittime di violenza di genere, e quindi del fermo di indiziato di delitto da parte del pubblico ministero, un nuovo strumento operativo a disposizione del PM, che ha uno scopo importante, perché può essere utilizzato al di fuori dei casi di flagranza, con decreto motivato, quando sussistono fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate, ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa.

E poi pensiamo anche al limite alla sospensione delle misure cautelari nel caso di sospensione condizionale della pena. Qui noi volevamo modificare l'articolo 165, comma 5, del codice penale, stabilendo che le misure cautelari diverse dalla custodia cautelare e dagli arresti domiciliari cui siano sottoposti i soggetti condannati di cui al primo periodo della disposizione non perdono efficacia a seguito della sospensione condizionale della pena e restano applicate fino alla conclusione con esito positivo del percorso di recupero medesimo.

Si stabilisce, inoltre, che nel corso dello svolgimento del percorso di recupero il giudice, tenuto conto delle circostanze indicate nell'articolo 133 e valutate le esigenze cautelari previste dall'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, qualora ne venga fatta richiesta, può disporre in ogni momento l'autorizzazione ad incontri, in condizioni di assoluta sicurezza, tra la persona offesa, con il consenso di questa, e il soggetto condannato.

Questa è una norma importantissima, Presidente, perché ci sono casi oggettivi in cui purtroppo oggi la vittima non c'è più. Penso, per esempio, a una giovane mamma, Juana Cecilia, che ha fatto tutto quello che lo Stato chiede di fare. Ha denunciato il suo compagno e, a seguito di questa denuncia, è scattata una misura cautelare, il divieto di avvicinamento. Questo soggetto non ha mai rispettato di fatto la misura imposta e l'ha violata. Arriva il processo e, a seguito del processo, lui frequenta per 3 mere occasioni un centro per uomini maltrattanti e chiede in sede processuale di patteggiare, chiedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena, presentando, appunto, la frequentazione di 3 serie di incontri presso questo centro. A seguito di questo lavoro, che lui ha fatto e ha presentato al magistrato, il patteggiamento si è svolto e automaticamente è stata data la sospensione condizionale della pena a un soggetto che aveva violato reiteratamente una misura cautelare. Il problema, però, è che dopo neanche 15 giorni non ha fatto altro che terminare quello che aveva iniziato, perché ha ammazzato la sua compagna, lasciando il minore in una condizione disperata, in condizioni economiche disperate assieme alla nonna.

Questo non deve più succedere perché lo Stato deve toccare con mano che ci sia stata un'effettiva presa di consapevolezza del male che si è provocato e, soprattutto, un'effettiva presa di consapevolezza che non ci sia il rischio, per la persona offesa e per i minori, di reiterazione del reato, altrimenti il beneficio della sospensione condizionale non deve essere dato fino a quando il percorso presso un centro per uomini maltrattanti non ha avuto una fine con esito positivo.

Ancora, noi chiedevamo di aumentare la pena in caso di violazione dei provvedimenti del giudice a tutela della persona offesa e, quindi, modificando l'articolo 387-bis del codice penale, andare ad aumentare nel massimo la pena, da 3 anni a 3 anni e 6 mesi, nel caso di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e questo per rimediare a un corto circuito tecnico-legislativo che si è venuto a creare.

Ovviamente, poi abbiamo chiesto l'estensione delle tutele in caso di violazione degli obblighi di assistenza familiare ai figli nati fuori dal matrimonio, intervenendo su un vuoto e su una stortura normativa dell'articolo 570-bis del codice penale. Abbiamo poi chiesto - questo è un altro punto importante che io voglio sottolineare qui, all'interno del nostro Parlamento - che ci sia un adeguamento del codice attraverso la sostituzione del termine “uomo” con il termine “persona”, perché, vede Presidente, nel nostro codice penale ci sono ancora oggi 3 articoli, che sono l'omicidio volontario, l'omicidio preterintenzionale e l'omicidio colposo, in cui si parla di uomo e non di persona. L'articolo 575 del codice penale dice che “chiunque cagiona la morte di un uomo (…)”. No, Presidente! “Chiunque cagiona la morte di una persona (…)”, perché dobbiamo intervenire anche sull'utilizzo delle parole all'interno degli strumenti che vengono utilizzati nelle aule dei tribunali per eliminare tutte le forme di stereotipo e di pregiudizio che ancora sono persistenti al loro interno. Infine, noi chiedevamo la non equivalenza delle circostanze attenuanti per particolari reati e, ancora, la censura della posta per i sex offender e l'indennizzo sùbito per le vittime.

Dispiace, signor Presidente, che tutte queste misure di estensione - ripeto - siano state purtroppo bocciate. Però, mi auguro che ci sia veramente una possibilità di collaborazione e di ascolto, perché davanti a questi temi veramente non ci devono essere colori politici. Ci tengo a dire che noi in realtà, come ho detto, non dobbiamo intervenire con norme spot, anche perché - è bene ricordarlo anche a noi stessi, in quanto legislatori - le donne che denunciano continuano a non essere ancora oggi tutelate, a non essere credute, a essere colpevolizzate, a essere rivittimizzate, denigrate e screditate. Sono messe sul banco degli imputati e lì rimangono per tutto l'arco processuale, fino a diventare dei fantasmi nelle aule dei tribunali.

Questo deve fare ancor più riflettere, se pensiamo che c'è un dato veramente drammatico, Presidente, perché, ancora oggi, 9 donne su 10 non denunciano. Noi dovremmo chiederci perché non denunciano: perché, ancora oggi, non vengono, purtroppo, credute.

Io ci tengo anche a fare presente, in quest'Aula, le ultime sentenze di alcuni giudici finite sulle pagine dei giornali. Pensiamo, per esempio, a Carol Maltesi, una ragazza di 26 anni, nel fiore degli anni, che è stata massacrata, è stata torturata, è stata ammazzata in maniera atroce, nascosta in un congelatore e, poi, gettata dentro alcuni sacchi in un dirupo. I giudici hanno negato l'ergastolo al suo assassino perché lei era disinibita. Lui si sentì usato, era innamorato perdutamente e, dunque, agì senza premeditazione. Ovviamente, Presidente, le sentenze si leggono, si rispettano, però si possono commentare e questa, onestamente, lascia senza parole.

E ancora, un collaboratore scolastico, a Roma, la scorsa settimana, è stato assolto dall'accusa di violenza sessuale per aver infilato le mani nelle mutande di una studentessa minorenne perché la molestia è durata solo una manciata di secondi. Io mi chiedo come si debba sentire oggi questa ragazza, che ha presentato denuncia, si è rivolta allo Stato, ha avuto fiducia nello Stato e lo Stato le ha detto che avere una persona che le mette le mani nelle mutande ottiene un'assoluzione.

Come capite, il problema non è solo il tempo dell'avvio delle indagini. Non possiamo di certo combattere la violenza contro le donne, se nelle aule di giustizia queste vengono ancora sottovalutate e non identificate. Le vittime sono, lo ripeto ancora, colpevolizzate e i carnefici, o presunti tali, deresponsabilizzati. È necessario, quindi, intervenire sulla formazione degli operatori che si occupano di violenza di genere: parlo degli avvocati, delle avvocate, dei magistrati, delle magistrate, dei servizi sociali, delle Forze dell'ordine, dei CTU, dei sanitari, della scuola. Tutti e tutte devono essere formati e specializzati, in grado di leggere anche i silenzi perché, quando una donna decide di parlare e si siede davanti alle Forze dell'ordine, quella sedia, Presidente, è pesante, perché porta dietro di sé una storia di umiliazioni, di vessazioni, perché non c'è solo la violenza fisica, c'è anche la violenza psicologica, c'è la violenza verbale, c'è la violenza assistita, c'è la violenza economica. Tutto questo deve essere tenuto in considerazione ed è fondamentale saper accogliere la donna e la denuncia.

Teniamo presente che, comunque, qualunque normativa, anche la più rigorosa e tassativa, è inefficace se i diversi attori del procedimento non credono alla vittima, non accolgono la vittima, acquisendo i fatti esposti ed evitando pregiudizi e ricostruzioni personali, non sono in grado di riconoscere la differenza tra conflitto e violenza, perché, in molte ipotesi, la violenza è derubricata a mero conflitto, non conoscono il cosiddetto ciclo della violenza e, dunque, l'inevitabilità, ma non spontaneità, di ritrattazioni e ridimensionamenti, non conoscono i cosiddetti fattori di rischio per adottare misure a tutela delle vittime e non conoscono i fattori di rischio per valutare il pericolo di recidiva. Mai, in questo Paese, dovrebbe accadere che una cittadina che si trovi in una situazione di pericolo non venga soccorsa o presa sul serio. Invece, ancora oggi, accade.

Quali sono le falle del sistema di contrasto alla violenza di genere? Ci tengo a dirle, qui, in questa discussione generale. Innanzitutto, è bene che, in quanto legislatori, ci rendiamo conto che manca una definizione della violenza domestica e della violenza di genere, ad oggi ricompresa nel solo verbo “maltrattare”. Questo è presente nell'articolo 572 del codice penale risalente al 1930, che offre in questo modo una discrezionalità praticamente assoluta alle Forze di Polizia e alla magistratura per delineare e leggere il fenomeno criminale.

C'è, poi, un grave problema di sostanziale disapplicazione o mancata conoscenza negli uffici giudiziari della Convenzione di Istanbul, approvata nel 2011 e ratificata dall'Italia nel 2013 e dall'Unione europea il 15 marzo 2023, unica a contenere le definizioni e i principi fondamentali a cui deve ispirarsi l'operato di tutti gli operatori istituzionali.

Altro problema gravissimo è la sottovalutazione del fenomeno culturale e criminale della violenza contro le donne per l'estensione e la normalizzazione della discriminazione in tutti i contesti, il cui effetto è che le Forze di Polizia e la magistratura non specializzate non vedono le condotte illecite e distorcono i fatti, in base a diffusi stereotipi contro le donne. Quindi, cosa succede? Che le donne mentono, le donne esagerano, le donne se la sono cercata, le donne presentano denunce strumentali, le donne cercano relazioni affettive patologiche, le donne sono fragili e tanto altro. Quindi, si dequalificano le violenze come liti familiari o di coppia e questo comporta la mancata corretta lettura dei fatti denunciati e, quindi, di fatto, si rendono inapplicabili le norme di contrasto alla violenza di genere messe a disposizione dall'ordinamento.

Altro problema - ci tengo a ripeterlo ancora una volta - è questa grave mancanza di formazione e specializzazione obbligatoria degli operatori giudiziari sul fenomeno culturale della violenza contro le donne, sulla ciclicità della violenza, sui criteri di valutazione del rischio, sui pregiudizi culturali nei confronti degli uomini e delle donne, sulla disciplina sovranazionale - la CEDAW, la Convenzione di Istanbul, la direttiva Vittime - nonché sulla complessa e ricca disciplina interna, sulle numerose condanne subite dall'Italia da parte della Corte europea per i diritti umani per passività giudiziaria. Al riguardo, è bene che tutti noi leggiamo, da ultimo, il Quaderno n. 19 del maggio 2023 dell'Avvocatura della Camera dei Deputati, intitolato Osservatorio sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, per vedere quanto l'Italia sia passiva per quanto riguarda le condanne.

Tutto ciò che è facoltativo in questa materia rischia di diventare sostanzialmente inoperante. Per tutte queste ragioni, è importante innanzitutto stabilire l'obbligatorietà, quindi rendere obbligatoria la formazione e la specializzazione per i magistrati, perché oggi i magistrati sono liberi di decidere se seguire o meno i corsi in materia presso la Scuola superiore della magistratura o presso le strutture di formazione decentrata. Questa formazione deve essere obbligatoria. Poi, bisogna prevedere per legge l'obbligatoria, prioritaria definizione dei procedimenti aventi a oggetto questi delitti, con termini stringenti per la definizione delle misure cautelari e per la celebrazione dei processi, perché le vittime, quando denunciano e tornano a casa, spesso non hanno il tempo, perché vengono massacrate, picchiate e spesso si arriva al femminicidio. Bisogna prevedere, poi, che i reati di violenza contro le donne siano trattati in modo prioritario e celere da parte di tutti gli uffici giudiziari e prevedere che sia prevista una strutturale attività di vigilanza da parte dei dirigenti degli uffici giudiziari e del Consiglio superiore della magistratura, affinché siano garantite un'effettiva e continuativa formazione e la predisposizione di adeguate risorse, perché i soldi non sono mai abbastanza.

Teniamo presente che è fondamentale, poi, che, oltre alla formazione dei magistrati e degli avvocati, ci sia anche una formazione degli ausiliari dei giudici, in particolare dei CTU, che continuano ad applicare protocolli che ignorano la Convenzione di Istanbul, e, soprattutto, dei servizi sociali che, specie nei miei territori, sembrano ignorare la violenza di genere, sono intrisi dei valori della cultura patriarcale e pur di tutelare il padre non tutelano neppure i minori a loro affidati.

Poi bisogna garantire una rete omogenea dei centri antiviolenza e sostenerli, dare il sostegno economico alle vittime, fornire una strada per la libertà, finanziare sempre il reddito di libertà, estendere la durata massima del congedo per le lavoratrici vittime di violenze e prevedere il loro inserimento nelle categorie protette ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro; poi gli indennizzi per le vittime: sono ancora troppo bassi, vanno aumentati, devono essere tempestivi; non si può aspettare la sentenza definitiva; quando c'è una vittima, l'indennizzo e il soccorso dello Stato deve arrivare subito.

PRESIDENTE. Concluda.

STEFANIA ASCARI (M5S). Concludo dicendo, Presidente, che oltre a tutti questi strumenti che abbiamo chiesto, noi crediamo che, in contemporanea, debba essere prevista l'introduzione dell'educazione affettiva e sessuale dalle scuole, in ogni ordine e grado, perché solo cambiando una mentalità - e l'abbiamo constatata, con tutto l'elenco che ho fatto – retrograda, sessista, maschilista, piena di pregiudizi e di stereotipi si possono raggiungere i risultati attesi. Se non c'è questo cambiamento culturale, ovviamente non si risolve nulla.

Io mi auguro, considerato che arriverà - e chiudo, Presidente - in Commissione giustizia un importante provvedimento in tema di contrasto alla violenza di genere, che si possa veramente fare un lavoro di rete, un lavoro di squadra e di accoglimento dei suggerimenti da parte di tutti i gruppi, per fare un lavoro veramente serio e concreto di contrasto di questo gravissimo fenomeno criminale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1135​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, che rinunzia. Ha facoltà di replicare il Governo, che rinunzia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 20 luglio 2023 - Ore 14:

1. Discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° giugno 2023, n. 61, recante interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023. (C. 1194-A​)

Relatore: FOTI.

La seduta termina alle 17,55.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 il deputato Morrone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nelle votazioni nn. 1, 2, 39 e 42 il deputato Rubano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 6 il deputato Borrelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 10 il deputato Steger ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 15 la deputata Patriarca ha segnalato che ha erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole;

nelle votazioni dalla n. 21 alla n. 24 il deputato Morrone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 23 il deputato De Maria ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 36 i deputati Mari e Alfonso Colucci hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 37 la deputata Auriemma ha segnalato che non è riuscita ad astenersi dal voto;

nella votazione n. 38 la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 38 la deputata Marrocco ha segnalato che ha erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario;

nella votazione n. 40 la deputata Ghirra ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale PDL 107 E ABB. - ARTICOLO 1 252 215 37 108 215 0 61 Appr.
2 Nominale ART. AGG. 1.02 260 257 3 129 104 153 61 Resp.
3 Nominale ART. AGG. 1.03 267 250 17 126 90 160 61 Resp.
4 Nominale ART. AGG. 1.01 266 250 16 126 91 159 61 Resp.
5 Nominale ART. AGG. 1.04 266 266 0 134 107 159 61 Resp.
6 Nominale ART. AGG. 1.05 266 266 0 134 105 161 61 Resp.
7 Nominale ART. AGG. 1.06 271 254 17 128 92 162 61 Resp.
8 Nominale ART. AGG. 1.07 281 281 0 141 117 164 60 Resp.
9 Nominale ART. AGG. 1.08 287 268 19 135 101 167 58 Resp.
10 Nominale ART. AGG. 1.09 284 283 1 142 101 182 58 Resp.
11 Nominale EM. 2.4 287 286 1 144 118 168 58 Resp.
12 Nominale EM. 2.5 291 275 16 138 105 170 58 Resp.
13 Nominale EM. 2.6 284 264 20 133 96 168 58 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale EM. 2.400 291 188 103 95 188 0 57 Appr.
15 Nominale EM. 2.7 287 267 20 134 98 169 57 Resp.
16 Nominale ARTICOLO 2 289 288 1 145 287 1 57 Appr.
17 Nominale ART. AGG. 2.01 288 269 19 135 98 171 57 Resp.
18 Nominale ART. AGG. 2.02 285 285 0 143 120 165 57 Resp.
19 Nominale ART. AGG. 2.04 288 270 18 136 105 165 57 Resp.
20 Nominale ART. AGG. 2.09 294 294 0 148 125 169 57 Resp.
21 Nominale ART. AGG. 2.06 289 289 0 145 121 168 57 Resp.
22 Nominale ART. AGG. 2.03 290 288 2 145 104 184 57 Resp.
23 Nominale EM. 3.1 289 272 17 137 101 171 57 Resp.
24 Nominale EM. 3.2 284 267 17 134 101 166 57 Resp.
25 Nominale EM. 3.400 289 189 100 95 189 0 57 Appr.
26 Nominale ARTICOLO 3 294 247 47 124 247 0 57 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale ART. AGG. 3.01 292 292 0 147 125 167 57 Resp.
28 Nominale ART. AGG. 3.02 294 293 1 147 123 170 57 Resp.
29 Nominale ART. AGG. 3.03 290 290 0 146 122 168 57 Resp.
30 Nominale ART. AGG. 3.04 294 294 0 148 123 171 57 Resp.
31 Nominale ART. AGG. 3.05 290 290 0 146 120 170 57 Resp.
32 Nominale ART. AGG. 3.07 292 292 0 147 122 170 57 Resp.
33 Nominale ART. AGG. 3.08 288 288 0 145 120 168 57 Resp.
34 Nominale ART. AGG. 3.09 292 292 0 147 124 168 57 Resp.
35 Nominale ART. AGG. 3.010 288 271 17 136 106 165 57 Resp.
36 Nominale ART. AGG. 3.011 271 252 19 127 101 151 57 Resp.
37 Nominale ARTICOLO 4 288 241 47 121 241 0 57 Appr.
38 Nominale ART. AGG. 4.01 277 273 4 137 118 155 57 Resp.
39 Nominale ART. AGG. 4.02 289 289 0 145 125 164 57 Resp.


INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 42)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nominale ODG 9/107 E ABB./1 RIF. 269 268 1 135 268 0 57 Appr.
41 Nominale ODG 9/107 E ABB./2 RIF. 284 283 1 142 283 0 57 Appr.
42 Nominale PDL 107 E ABB. - VOTO FINALE 280 234 46 118 234 0 56 Appr.