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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 110 di lunedì 29 maggio 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA

La seduta comincia alle 12,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GIOVANNI DONZELLI , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 maggio 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 62, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Irene Manzi. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente. Ho chiesto di intervenire per un titolo allarmante, per una notizia allarmante. Ormai dobbiamo, purtroppo, ricorrere alle anticipazioni della stampa, più che alle informazioni che ci arrivano dal Governo: “PNRR, meno mense e asili”. Pochi giorni fa, il quotidiano la Repubblica - e non solo quel quotidiano - ha dato notizia di una proposta di revisione che il Ministro dell'Istruzione, Valditara, avrebbe consegnato al Ministro Fitto in merito a questo lungo, complesso e, purtroppo, finora silenzioso lavoro - almeno per quanto riguarda le informazioni e gli aggiornamenti che arrivano in queste Aule - intorno agli obiettivi del Piano nazionale di ripresa resilienza.

Dalle proposte inviate dal Ministro Valditara al Ministro Fitto, sembrerebbe che ci sia la volontà del Ministero di ridurre gli obiettivi che riguardano proprio la Missione 4 (Istruzione), relativi alle mense, agli asili nido, a quel settore così importante che riguarda la fascia da 0 a 6 anni e che, più in generale, coinvolge per esempio il tempo pieno all'interno delle scuole. Quegli obiettivi che lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza individuava e che sono, di fatto, fattori importanti per la crescita del nostro Paese e per il contrasto a quei fenomeni gravi, come la dispersione scolastica e la povertà educativa.

Queste anticipazioni a mezzo stampa ormai si succedono rispetto al settore dell'istruzione in numerosi ambiti: penso al tema della formazione iniziale dei docenti, su cui, purtroppo, interrogata pochi giorni fa in Commissione, la Sottosegretaria Frassinetti ha detto di non potere riferire perché sono in corso interlocuzioni con la Commissione europea.

Vista la necessità, come Parlamento, di essere pienamente a conoscenza di quello che sta avvenendo - si parla anche di ritardi gravi: molti dirigenti scolastici e molte scuole segnalano la difficoltà a raggiungere gli obiettivi posti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza -, chiediamo in quest'Aula un'informativa urgente del Ministro Valditara proprio riguardo agli obiettivi della Missione 4, relativi al Ministero dell'Istruzione e del merito.Riteniamo non sia più possibile, come Parlamento, ritardare oltre rispetto a scelte così fondamentali per il nostro Paese e per le più giovani generazioni. Non è più il momento di prendere tempo, tutt'altro. Vogliamo risposte e, soprattutto, risposte chiare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Piccolotti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Grazie, Presidente. Intervengo molto brevemente. Il gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra si associa alla richiesta della deputata Manzi e del Partito Democratico per un'informativa qui in Aula del Ministro Valditara: ci è sembrata una richiesta non solo ragionevole, ma assolutamente fondata, perché si tratta di fondi e di progetti fondamentali per la battaglia contro la dispersione scolastica, che dovrebbe essere uno degli obiettivi prioritari di questo Governo e del nostro Paese. Aggiungo che, naturalmente, si tratta di problematiche che impattano in maniera molto forte sull'occupazione delle donne e anche sulle famiglie, perché parliamo di mense e di asili, quindi di misure che, proprio ora che c'è questo grande dibattito sulla natalità, dovrebbero essere considerate assolutamente prioritarie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Orrico. Ne ha facoltà.

ANNA LAURA ORRICO (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo per sostenere la richiesta della collega Manzi di un'informativa urgente del Ministro Valditara; riteniamo anche noi, come MoVimento 5 Stelle, che sia fondamentale avere un chiarimento sugli sforzi che il Governo intende fare per garantire che non vengano vanificati tutti gli investimenti che, con tanta difficoltà, sono stati concretizzati all'interno del PNRR per la lotta alla dispersione scolastica e alla povertà educativa. I temi delle mense e degli asili nido sono fondamentali, perché ovviamente garantiscono la genitorialità, la possibilità, soprattutto per i giovani, di mettere su famiglia, ma garantiscono anche presidi di accesso fondamentali al tempo pieno nelle scuole, istituto che - come sappiamo - manca in moltissime regioni del nostro Paese e viene assicurato solo ad una minoranza dei nostri studenti.

PRESIDENTE. Chiedo la cortesia alla Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, dottoressa Castiello, di farsi portatrice di questa richiesta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: D'Orso ed altri; Varchi ed altri; Patriarca ed altri; Manzi: Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali (A.C. 596​-659​-952​-991-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 596-659-952-991-A: Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 maggio 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 maggio 2023).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 596-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento. La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Gerolamo Cangiano.

GEROLAMO CANGIANO, Relatore. Grazie Presidente e onorevoli colleghi. La proposta di cui oggi avviamo la discussione in Aula interviene in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative, con una duplice finalità. La prima è quella di introdurre finalmente una disciplina organica e compiuta delle figure dell'educatore sociopedagogico e del pedagogista, sotto il profilo definitorio, delle funzioni e dei requisiti di accesso.

La seconda finalità è conferire carattere ordinistico a queste due professioni, con l'iscrizione in appositi albi. Il testo che abbiamo all'esame è il frutto di un'intensa attività di confronto e condivisione di tutte le forze politiche avviata in Commissione nel febbraio di quest'anno, come dimostra la provenienza sia delle proposte poi riunificate, sia degli emendamenti approvati.

Vorrei, a questo punto, anche cogliere l'occasione per ringraziare la collega Varchi, i presentatori di queste proposte di legge e il presidente della Commissione, collega Mollicone, per questi momenti di confronto e di condivisione trasversale - è questo l'approccio concreto alla risoluzione dei problemi - che da noi non sono affatto isolati. E mi sembra che questo sia un atteggiamento doveroso per una Commissione che maneggia dossier fondamentali per il futuro del Paese, a cominciare proprio dall'educazione, dall'istruzione e dalla cultura.

Ovviamente è stato fondamentale anche l'apporto degli esperti, degli operatori del settore, delle rappresentanze di categoria. Ne approfitto per ringraziare e salutare - è presente qui in tribuna - il presidente dell'ANPE, dottoressa Grassi, con la quale abbiamo fatto un lavoro straordinario in questi mesi. Pensando al lavoro degli ultimi mesi in Commissione, all'impegno di anni sul tema di tanti colleghi e alla testimonianza di una vita intera di tanti pedagogisti ed educatori ritengo che approvare una legge in materia sia un vero e proprio atto dovuto per questo Parlamento. Lo dico per il quadro normativo assai incerto e frammentario che, fino ad oggi, ha caratterizzato queste professioni, ulteriormente complicato da lunghi e tormentati filoni di contenziosi. Lo dico per l'incertezza e l'instabilità delle prospettive sul futuro, in cui, per troppo tempo, sono stati lasciati tanti professionisti qualificati e anche tanti giovani che, con passione, si sono affacciati a questo mondo subendo continue ridefinizioni dei percorsi professionali, ma lo dico, soprattutto, perché, nella società della conoscenza, è indispensabile che i compiti educativi, che comportano la presa in carico e l'orientamento allo sviluppo della persona, alla sua crescita o alla sua integrazione sociale, siano svolti con competenza e professionalità.

Per troppo tempo abbiamo pensato che l'educazione e la pedagogia fossero temi che riguardano esclusivamente i giovani. Non è così: sono percorsi che riguardano tutta la vita della persona, attengono al suo pieno sviluppo e sono essenziali alla sua realizzazione multidimensionale e a 360 gradi. Al riguardo, mi vengono in mente le parole di una celeberrima pedagogista, Maria Montessori: al di là dei giudizi che, da diversi filoni, si possono formulare sulle sue teorie, certo bisogna convenire con lei quando afferma che esiste un solo problema ed è lo sviluppo umano nella sua totalità. Quando si ottiene questo in una qualsiasi unità - si tratti di un bambino o di una Nazione - tutto il resto seguirà da sé e spontaneamente.

Certamente i bisogni educativi e formativi avvertiti dalla nostra società, determinati tra l'altro dalla sempre crescente complessità delle relazioni educative, nonché l'importanza della prevenzione delle varie manifestazioni di disagio, anche scolastico, di abbandono e di violenza in tutte le sue forme indicano la necessità di favorire il pieno sviluppo delle potenzialità degli studenti, attraverso il sostegno delle capacità educative dei genitori e degli insegnanti.

Le attività di orientamento scolastico e professionali, quelle per l'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani, dei disabili e delle persone con dipendenze e quelle della promozione culturale, del tempo libero e della formazione dei cittadini in genere rappresentano una realtà variegata, cui occorre dare risposte in modo professionale. Vorrei ricordare, tra l'altro, che la comunicazione della Commissione europea sulla realizzazione dello spazio europeo dell'istruzione entro il 2025 richiama in diversi passaggi l'importanza fondamentale del pedagogista. In questa prospettiva, abbiamo ritenuto necessario valorizzare il ruolo e la funzione delle professionalità dell'educatore sociopedagogico e del pedagogista, di riconoscerne pubblicamente le finalità educative e di affermare la necessità di una presenza sistematica e non occasionale di tali competenze nei numerosi ambiti che riguardano la vita dei cittadini, cui si affianca l'obiettivo più immediato di confermare, di chiarire e di completare il nuovo quadro normativo derivante dagli interventi legislativi degli ultimi anni.

Venendo all'esame dell'articolato, il testo si compone di 11 articoli.

L'articolo 1 definisce la figura del pedagogista, qualificandolo come lo specialista di livello apicale dei processi educativi con funzioni di coordinamento, consulenza e supervisione pedagogica per la progettazione, la gestione, la verifica e la valutazione di interventi in campo pedagogico, educativo e formativo.

L'articolo 2 definisce i requisiti per l'esercizio dell'attività di pedagogista, indicando i titoli di studio necessari e le lauree direttamente abilitanti.

L'articolo 3 definisce la figura dell'educatore professionale sociopedagogico, qualificandolo come professionista operativo a livello intermedio, che svolge funzioni progettuali e consulenziali.

L'articolo 4 definisce i requisiti per l'esercizio dell'attività di educatore professionale sociopedagogico nonché quelli per l'esercizio del ruolo di educatore nei servizi educativi per l'infanzia, di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65.

L'articolo 5 istituisce, rispettivamente, l'albo dei pedagogisti e l'albo degli educatori professionali sociopedagogici.

L'articolo 6 prevede l'istituzione dell'ordine delle professioni pedagogiche ed educative, costituito dagli iscritti agli albi, di cui all'articolo 5.

L'articolo 7 stabilisce le condizioni per l'iscrizione all'albo.

L'articolo 8 disciplina il Consiglio nazionale dell'ordine delle professioni pedagogiche ed educative.

L'articolo 9 stabilisce, al comma 1, che all'esame di Stato per esercitare la professione di pedagogista possono partecipare anche i soggetti in possesso di titoli accademici.

L'articolo 10 indica le modalità per formare gli albi e gli ordini regionali.

L'articolo 11 reca disposizioni transitorie in materia di iscrizione all'albo, indicando i soggetti che possono ottenere l'iscrizione in sede di prima applicazione della presente legge.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dottoressa Giuseppina Castiello, che si riserva.

È iscritta a parlare la deputata Annarita Patriarca. Ne ha facoltà.

ANNARITA PATRIARCA (FI-PPE). Grazie, Presidente. Governo, onorevoli colleghi, le trasformazioni tecnologiche, socio-economiche e ambientali globali hanno generato un cambiamento epocale in questi ultimi anni, caratterizzato da crescenti disuguaglianze, degrado ambientale, ingiustizie e una crisi generale di sfiducia nel progresso. In questo contesto è fondamentale riflettere sul ruolo e la complessità delle professioni educative, per affrontare consapevolmente i cambiamenti culturali, anche in vista della transizione ecologica.

Il dibattito sulle professioni educative ha portato nel 2017 all'istituzione della legge n. 205, che riconosce il valore scientifico della cultura pedagogica e il profilo professionale degli educatori e dei pedagogisti, come professionisti sociali impegnati nell'aiuto e nell'interazione con l'interlocutore integrando teoria e pratica.

Le sfide attuali richiedono nuovi compiti educativi, che sono strettamente legati alla costruzione di comunità coese, inclusive e resilienti. La formazione delle professioni educative, sia nei contesti formali che non formali ed informali, è fondamentale per valorizzare sguardi e relazioni, riscoprire direzioni significative nell'agire educativo e perseguire obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell'umanità.

La professionalità pedagogica si sviluppa gradualmente attraverso l'interazione tra la formazione iniziale e quella continua, la riflessione sulla propria storia professionale e formativa e l'acquisizione di conoscenze, competenze, metodi e teorie in continua evoluzione nell'ambito dell'educazione. La formazione si basa su una concezione antropologica che attribuisce importanza all'intenzionalità e alla responsabilità dell'agire, sottolineando il valore del protagonismo umano nella costruzione di comunità che promuovano il benessere e il bene comune.

L'intenzione educativa, sviluppata all'interno di una progettualità relazionale consapevole e aperta, favorisce un circolo virtuoso tra istruzione e ricerca, permettendo la costruzione autentica di una società inclusiva. Un'interazione costante tra teoria e pratica, integrando conoscenze e strumenti per comprendere la realtà sociale, favorisce una pratica professionale in cui si attenuano i rischi di adattarsi passivamente agli eventi senza un quadro teorico di riferimento e di trasformare il pensiero sull'educazione in un atteggiamento contemplativo e inattivo rispetto ai processi educativi concreti.

La formazione riveste un ruolo strategico fondamentale nello sviluppo professionale ed è importante ricostruire e dare senso all'insieme delle esperienze formative coinvolte, per migliorare conoscenze, capacità e competenze, promuovendo una crescita personale, civica, sociale e anche occupazionale.

I professionisti dell'educazione devono acquisire un pensiero sistemico e critico, per riflettere sui propri valori, percezioni e azioni, al fine di interagire in modo costruttivo e responsabile con il mondo attuale. Gli ambiti dei servizi alla persona, degli interventi formativi sul luogo di lavoro, della formazione permanente e dello sviluppo delle comunità richiedono professionisti dell'educazione in grado di affrontare l'incertezza e l'imprevedibilità delle situazioni, ripensando i modelli di intervento e integrando prassi e conoscenze consolidate.

Queste riflessioni si collegano anche agli aspetti dichiarati del PNRR, in particolare alla Missione 4, dedicata all'istruzione e alla ricerca, e alla Missione 5, incentrata sull'inclusione e la coesione.

La disuguaglianza in questioni come la povertà educativa e la disoccupazione giovanile è correlata alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica e richiede un approccio che coinvolga scienze, politica e tecnologia, nonché il contributo di valori civili e religiosi.

Il PNRR rappresenta una prospettiva d'azione e di ricerca, per riflettere con impegno e responsabilità sul significato delle professioni educative nel contesto della transizione ecologica. Nel Piano si sottolinea l'importanza delle politiche di sostegno all'occupazione, formazione e riqualificazione dei lavoratori, oltre alla qualità dei posti di lavoro creati, per orientarsi verso un'economia sostenibile e digitale.

In tale contesto l'istituzione dell'albo delle professioni educative appare non più differibile, anzi necessario. È necessario perché fornisce un quadro normativo e regolamentare per le professioni educative, stabilisce requisiti di formazione, competenze e standard professionali, che devono essere soddisfatti per poter esercitare tali professioni. Ciò contribuisce a garantire la qualità e l'efficacia delle pratiche educative, proteggendo il pubblico da eventuali pratiche non idonee e non etiche.

L'albo delle professioni educative conferisce una certificazione ufficiale ai professionisti che soddisfano i requisiti stabiliti. Ciò fornisce una prova tangibile delle competenze e della qualificazione dei professionisti nel settore dell'educazione. Inoltre, l'albo stabilisce il titolo professionale protetto, che può essere utilizzato solo dai professionisti iscritti all'albo. L'istituzione di un albo conferisce una maggiore dignità e autorevolezza alle professioni educative e riconosce il valore scientifico e sociale del lavoro degli educatori e pedagogisti, contribuendo a promuovere una migliore percezione e considerazione di queste figure professionali nella società. Inoltre, un altro ruolo importante è quello della tutela degli utenti dei servizi educativi e degli interlocutori, garantendo che i professionisti siano adeguatamente qualificati, competenti e conformi a standard nel loro lavoro con gli individui e con le comunità. Ciò aiuta a creare quella fiducia nell'efficacia e nella sicurezza delle pratiche educative. Inoltre - ultimo, ma non ultimo per importanza -, l'albo professionale può svolgere un ruolo di monitoraggio e controllo sull'esercizio delle professioni educative. Attraverso la registrazione e l'iscrizione all'albo è possibile raccogliere informazioni sul numero e sulle competenze dei professionisti attivi nel settore. Ciò consente anche una maggiore pianificazione delle risorse, la valutazione della domanda e dell'offerta dei servizi educativi e la supervisione dell'adeguatezza delle pratiche professionali. Stiamo facendo un buon lavoro nella giusta direzione, in uno dei settori più sensibili, che riguarda la crescita e l'educazione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Manzi. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Le proposte di legge, quest'oggi in Aula, giungono al termine di un importante e proficuo lavoro che la VII Commissione della Camera ha condotto, coinvolgendo sia maggioranza che opposizione, tanto nella fase delle audizioni che in occasione dell'esame degli emendamenti, pochi giorni fa, in Commissione.

Le norme che oggi esaminiamo intervengono nuovamente sulle figure del pedagogista e dell'educatore sociopedagogico, che sono state già oggetto di interventi normativi importanti nella XVII legislatura, con quella che è normalmente ricordata come la proposta di legge della collega Vanna Iori, che fu discussa e inserita all'interno della legge di bilancio per il 2018, disciplinando, in una situazione fino ad allora frammentaria, le figure professionali legate alle professioni pedagogiche e sociopedagogiche.

In quella legislatura ero membro di quella Commissione e ricordo - è una connotazione importante - il lavoro intenso e di approfondimento condotto da tutte le forze parlamentari allora presenti, un lavoro che dà senso, valore e forza soprattutto all'attività parlamentare, che penso sia giusto ricordare in quella sede. Oggi, le disposizioni che giungono in Aula tornano nuovamente a occuparsi di quei temi e di quelle professioni, che, tra l'altro, riguardano tanti ambiti importanti dei presidi, per esempio, socioeducativi e socioassistenziali nei confronti di persone di ogni età, sia per gli aspetti scolastici e socioassistenziali, sia per l'ambito giudiziario, ambientale e sportivo, a testimonianza dell'importanza e del ruolo che tali figure svolgono.

Anche se possiamo divergere sulle soluzioni che erano al centro delle proposte di legge originarie, che poi sono confluite, in parte, nei testi di legge che esaminiamo oggi, penso che tutti i colleghi possano concordare sulla centralità che vogliamo riconoscere a queste due figure. Lo fa, per esempio, l'istituzione dell'albo. Il nostro obiettivo è proprio quello di valorizzarne il ruolo e la funzione, riconoscendo soprattutto la fondamentale funzione, anche educativa, che si lega a tali figure.

Tra l'altro, penso sia importante rimarcare il lavoro che hanno cercato di fare i gruppi di opposizione - penso al gruppo del Partito Democratico, ma credo di poter parlare anche a nome della collega Piccolotti -, vale a dire la valorizzazione dell'importanza e del ruolo di un intergruppo, costituito tra Camera e Senato e dedicato alle professioni educative (ne fanno parte colleghe e colleghi senatori e deputati). E, proprio cogliendo l'importanza delle proposte di legge che sono oggi all'esame e, più in generale, il rilievo che deve essere dato alla figura degli educatori, abbiamo cercato di promuovere un lavoro parlamentare che, partendo da un comune intento di valorizzare le figure (tra l'altro, anche noi convergiamo sull'opportunità di introdurre l'albo legato tanto al pedagogista, quanto all'educatore professionale socio-pedagogico), ha cercato di confrontarsi sui temi.

Devo dare atto al relatore della disponibilità che ha manifestato nell'accogliere anche alcuni degli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione; altri, che non sono stati accolti, saranno ripresentati in questa sede. Un atteggiamento di dialogo e di confronto sui temi, che ha portato i gruppi di opposizione ad astenersi nel voto finale in Commissione, proprio come un segnale anche di fiducia rispetto alla parte ulteriore percorso che ci attende in quest'Aula, proprio perché riteniamo si debba operare, sebbene divergiamo sul tema dell'esame di Stato e sulla necessità di effettuare un esame di Stato, anche rispetto ad una disciplina transitoria che, tra l'altro, questo testo di legge prevede nel passaggio dalla situazione attuale, in cui l'albo ancora non c'è, a quella in cui, se la proposta andrà avanti, verrà istituito.

L'occasione che l'esame di questo provvedimento che oggi arriva in Aula ci offre è anche quella di richiamare alcune parole d'ordine, che erano presenti e saranno presenti nei nostri emendamenti, che devono legarsi alla funzione che tanto il pedagogista quanto l'educatore socio-pedagogico devono svolgere. Infatti, queste figure, oltre alle definizioni già contenute nella normativa vigente e che sono introdotte anche nei testi che oggi esaminiamo in Aula, devono operare anche per alcune funzioni importanti, quali l'inclusione scolastica e sociale, per esempio, la promozione del benessere delle persone, per rispondere anche alle esigenze e ai bisogni educativi e formativi delle persone durante tutto il corso della loro vita, nei processi educativi, di apprendimento, di inserimento e di reinserimento sociale.

E, ancora, le parole d'ordine riguardano l'azione che queste figure operano, intervenendo soprattutto in un'ottica promozionale e preventiva, in situazioni di fragilità, di disabilità e di vulnerabilità, con l'obiettivo fondamentale dell'inclusione. Non sono parole che nei nostri emendamenti, che vanno a integrare i testi che oggi esaminiamo, abbiamo inserito a caso, perché riteniamo che le parole sono importanti e perché riteniamo che precisare all'interno del testo normativo anche queste ulteriori funzioni, che devono collegarsi all'operato delle professioni socio-pedagogiche, abbia un valore importante, ossia di porre al centro del testo normativo quei termini che indirizzano anche un'azione politica che vogliamo rimarcare in questa sede. Nell'affrontare, tra l'altro, questi testi in questa occasione, non possiamo non guardare anche alla situazione e all'attualità che riguarda la situazione e la condizione degli educatori, in particolar modo, e delle professioni educative.

Proprio un anno fa, un periodico, anche molto attento all'esame e all'analisi di queste tematiche, titolava in questo modo: “Educatori, la grande emergenza”, proprio perché c'è un problema concreto e reale di fuga - è un termine forte e pesante quello che adotto in questa situazione - di queste figure professionali, degli educatori, dal loro ambito operativo e di azione, per una situazione complessiva di difficoltà e di fragilità da un punto di vista delle condizioni lavorative, per esempio, delle condizioni contrattuali. Questo, chiaramente, determina un abbandono rispetto alla situazione attuale verso professioni che possano dare maggiore stabilità e sicurezza.

Il passaggio in Aula di questo provvedimento di legge accende e richiama un'attenzione anche rispetto a questa tematica, proprio perché la carenza degli educatori non vuol dire venire meno dei bisogni che si ricollegano alle azioni e agli interventi che queste figure professionali svolgono, tutt'altro. Proprio l'emergenza legata e seguita al COVID riafferma ancora di più la necessità di un approccio e non fa venire meno il bisogno cui queste figure rispondono in tanti, numerosi ambiti, a sostegno dei minori, degli anziani, delle famiglie, dei senza dimora, dei richiedenti asilo e dei rifugiati, dei detenuti e delle persone con disabilità, o che soffrono di dipendenze o di problemi di salute mentale.

Allora, in questo caso, è necessario adottare una strategia multilivello, che riguarda il trattamento economico, il trattamento contrattuale e lavorativo, le risorse, soprattutto, che sono stanziate a favore di questo settore e del welfare nella sua accezione più ampia, con un'assunzione anche di responsabilità da parte di ciascun soggetto e soprattutto dai decisori pubblici.

Voglio concludere questo mio intervento, richiamando uno strumento che si lega direttamente alla figura degli educatori e dei pedagogisti, ovvero il progetto sulle comunità educanti. Facciamo parte di una Commissione che, nella sua azione principale, ha la scuola e l'istruzione tra le tematiche principali. Il ruolo dell'educatore, in questo caso, e delle professioni pedagogiche è ancora più rilevante in questo ambito.

C'è una proposta di legge, che è stata presentata dalla senatrice Simona Malpezzi e in corso di esame in Commissione al Senato, che è stata sottoscritta - e questo è un segnale molto positivo - dai deputati di tutte le forze politiche, che propone di istituire un fondo a sostegno della comunità educante. La comunità educante chiama alla responsabilità tutti i soggetti che operano all'interno di un territorio, che, quindi, chiama in causa il Terzo settore, la scuola, le famiglie e gli insegnanti. Gli insegnanti devono essere affiancati, strutturalmente (la proposta di legge lo richiama), da specialisti, come il pedagogista e l'educatore socio-pedagogico, perché queste figure possono contribuire concretamente a costruire una scuola più inclusiva, per riconoscere e riaffermare pienamente il diritto allo studio, al successo formativo, all'acquisizione delle competenze da parte degli studenti; parlo di una scuola aperta al territorio e soprattutto capace non solo di intercettare e di prevenire, ma anche di intervenire sulle condizioni, tante, purtroppo, e differenziate, di disagio o di povertà educativa degli studenti.

La scuola, lo sappiamo bene, è il luogo di incontro delle diverse storie, delle provenienze sociali e familiari più differenti, delle diverse modalità relazionali di cui ogni persona è portatrice.

È il luogo dove è possibile promuovere forme di contrasto al disagio e di promozione del benessere. Proprio la presenza strutturale di figure come quelle di cui oggi ci occupiamo, rispetto a una singola disposizione o alla disciplina dell'albo o dell'ordine, può intervenire concretamente su quei fenomeni che ci allarmano, su quei dati che spesso - penso ai rapporti di Save the Children - in queste aule abbiamo esaminato, su cui ci siamo confrontati. Questo è il momento in cui alle parole bisogna far seguire i fatti e bisogna far seguire le proposte che riguardano l'inserimento strutturale di specifiche funzioni e figure professionali, come quelle afferenti all'albo la cui istituzione oggi iniziamo ad affrontare. Oggi, quindi, queste proposte di legge inseriscono un tassello ulteriore, un passo in avanti in più rispetto alle strategie educativa e pedagogica, un passaggio in più che, però, richiede passaggi, strumenti e, soprattutto, risorse ulteriori e, che, quindi, ci auguriamo costituisca un primo momento, un focus ulteriore che si apre su queste professioni, per affrontare, poi, più strutturalmente le tematiche che riguardano la comunità scolastica.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo Michele Carlucci, di Baragiano, in provincia di Potenza, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Grazie di essere qui.

È iscritta a parlare la deputata Miele. Ne ha facoltà.

GIOVANNA MIELE (LEGA). Grazie, Presidente, e grazie ai colleghi e alle colleghe presenti. Sono lieta di essere qui a presentare una legge che era attesa da troppi anni. Alla VII Commissione sono state assegnate 4 proposte di legge sul tema, perché è di tutta evidenza come sia la maggioranza sia l'opposizione avvertissero l'esigenza di valorizzare, finalmente, le professioni pedagogiche ed educative, istituendo un ordine professionale e il relativo albo. Offrire una cornice normativa alle professioni dei pedagogisti e degli educatori socio-pedagogici è una battaglia non più procrastinabile e, proprio per questo, abbiamo lavorato in tempi strettissimi per arrivare ad un testo condiviso, che oggi arriva all'esame dell'Aula.

Il testo unificato delle proposte di legge nn. 596-659-952-991-A interviene in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative con una duplice finalità: da un lato, introdurre una disciplina organica e compiuta delle figure dell'educatore sociopedagogico e del pedagogista, già esistenti, sotto il profilo definitorio, delle funzioni e dei requisiti d'accesso, e, dall'altro, conferire carattere ordinistico alle relative professioni, con l'iscrizione ad appositi albi, come già avvenuto per l'educatore sociosanitario.

Finalmente, si sana un vulnus molto grave. Nonostante ci siano state figure capisaldi nella storia, e non solo per il mero mestiere, come Maria Montessori e don Milani, quella del pedagogista non solo, a volte, è poco conosciuta rispetto a quello che fa, ma, spesso, è stata anche vittima di una mancanza di rispetto e, addirittura, si confonde la sua attività professionale con quella di altre figure affini ma profondamente differenti. La proposta di un ordine professionale era l'unica strada percorribile per restituire dignità a questi professionisti.

Non dobbiamo mai dimenticare che la pedagogia e l'educazione sono scienze autorevolissime in una società multietnica, stratificata, differente e liquida, come quella odierna. Noi, oggi, riconosciamo, attraverso questa proposta, l'esigenza di rivedersi come comunità educante, responsabile di agire convintamente nel solco della formazione e dell'educazione dell'individuo, nella sua totalità di uomo e cittadino, lungo tutto il suo percorso di vita, garantendo valore al lavoro che, spesso, educatori e pedagogisti svolgono in istituzioni, nelle loro attività ma anche in team con altre figure professionali. È stato un vero dramma non riconoscere prima questa professionalità, perché la società non deve permettere che, senza alcun titolo, altre categorie di lavoratori possano definirsi tali solo con attestati derivanti da corsi di specializzazione.

Questa è la legislatura che metterà finalmente fine alla corsa dei titoli dell'ultimo minuto, perché il livello prestazionale di un professionista formato è per noi garanzia di risultato e di miglioramento delle condizioni di vita di bambini e adulti che abbiamo in carico, anche come politici. Noi siamo qui per questo. Pensiamo agli interventi che gli educatori fanno ogni giorno in strada con i senza tetto o quando si rivolgono alle popolazioni giovanili e anche a quelle carcerarie, pensiamo alla progettualità metodologica che questi professionisti mettono in atto in prevenzione terziaria e secondaria, in emergenza, in situazioni di devianza, soprattutto in quartieri e realtà complessi e pensiamo al lavoro che compiono questi lavoratori, spesso missionari, anche nel terziario, come professionisti al servizio del volontariato, cooperativismo, associazionismo. È doveroso da parte nostra sostenere tali professioni e tali competenze, perché i compiti educativi che svolgono sono al servizio della persona e non possiamo scindere, oggi più che mai, la singola persona dalla sua comunità. Noi siamo più della somma delle nostre parti, diceva qualcuno, e la società in cui viviamo oggi ha l'obbligo di potenziare la prevenzione primaria per affrontare il presente, prima ancora che il futuro. Dobbiamo pensare alla terza età. Le figure dell'educatore e del pedagogista sono essenziali per affrontare la quotidianità in un quadro di attività adatto alle condizioni personali, intellettive e motorie di ciascuno e in un progetto di vita formativo ed educativo per i giovani con disabilità che vogliono avviarsi ad una vita autonoma. Siamo in un contesto comunitario in cui è fondamentale ritrovare il valore della relazione ma, soprattutto, della consapevolezza del proprio ruolo all'interno di una comunità - ribadisco sempre, comunità - che deve essere accogliente. Non possiamo più lasciare le famiglie e le scuole sole nella formazione di giovani che diventeranno adulti e devono essere adulti sicuri, devono essere adulti in coesione e di prossimità. L'inclusione, la solidarietà, l'altruismo devono essere valori e requisiti che possono essere soddisfatti solo da buone prassi educative garantite da professionisti competenti. Dobbiamo garantire la genitorialità istituzionale per gli utenti e non possiamo più affidarci alla fortuna. Stiamo lavorando bene, stiamo lavorando insieme e questo è un esempio virtuoso a cui fare sempre riferimento per raggiungere obiettivi nuovi ed importanti. Ma, per raggiungere questi obiettivi, noi dobbiamo dare, innanzitutto, dignità al lavoro, perché la dignità del lavoro passa anche attraverso la tutela del suo riconoscimento, perché il merito, la formazione, la conoscenza e le competenze acquisite devono trovare correlazione economica e giuridica in una cornice sicura.

Oggi che siamo qui a rallegrarci - perché ci stiamo rallegrando - per questo risultato raggiunto in brevissimo tempo, dobbiamo dire, cari colleghi, che auspico di trovare la stessa convergenza e la stessa capacità per risolvere un altro grande problema che, da tempo, non viene affrontato in modo sistemico: la formazione per l'insegnamento del sostegno, che, sicuramente, è correlata a quella delle figure dell'educatore e del pedagogista. Le statistiche ci dicono, purtroppo, che cresce esponenzialmente il numero di alunni con disabilità e disturbi dell'apprendimento e, dunque, c'è enorme necessità di docenti specializzati per garantire a questi ragazzi di esprimere al meglio le proprie capacità e raggiungere appieno i propri obiettivi. Quello dell'insegnante di sostegno è un mestiere vocazionale, molto simile a quello dell'educatore e del pedagogista. Bisogna essere capaci di enorme empatia per poter lavorare con questi alunni meravigliosi, ma è indubbio che sia necessario essere altamente specializzati per riuscire a portare avanti questo lavoro. Io credo che non possa essere sufficiente, anche in questo caso, un corso di specializzazione post-laurea, magari conseguito a distanza, bensì sia necessario istituire un corso di laurea magistrale abilitante all'insegnamento del sostegno. Questa sarebbe la soluzione alle mille discipline che si sono susseguite in questi anni, alle incertezze di quei docenti che desideravano insegnare sul sostegno, ma sono stati impossibilitati a farlo e anche a quelle famiglie che, troppo spesso, devono avvalersi anche di personale esterno a pagamento per permettere ai propri figli di crescere, apprendere e svilupparsi nel miglior modo possibile. Io mi batterò con questa maggioranza perché questo avvenga e sono certa che nella VII Commissione tutti avremo terreno fertile per lavorare insieme a questo progetto altrettanto ambizioso (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Cherchi. Ne ha facoltà.

SUSANNA CHERCHI (M5S). Presidente, onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, dopo un lavoro intenso, che ha coinvolto tutte le forze politiche presenti nella Commissione di cui faccio parte, la VII, siamo finalmente giunti all'esame della Camera di questo provvedimento, atteso da diversi anni, più volte presentato, seppure in diversi termini, nella scorsa legislatura, ma che, per vari motivi, non è mai riuscito a terminare l'iter parlamentare. Infatti, il testo unificato delle proposte di legge che ci apprestiamo ad esaminare è finalizzato a dare finalmente un riconoscimento ordinistico a tutti quei professionisti che, in ambito pedagogico ed educativo, hanno da sempre svolto la propria professione, con passione e competenza.

Il riconoscimento legale di queste professioni è oggi più che mai fondamentale, anche in considerazione del momento storico vissuto nell'ultimo triennio, dove la sempre più crescente complessità delle relazioni educative e la prevenzione di varie manifestazioni di disagio scolastico, di abbandono o di violenza richiedono un apporto educativo e formativo sempre più professionale. La valorizzazione e la pubblica riconoscenza del ruolo e delle funzioni svolte dalle professionalità richiamate nel provvedimento (il pedagogista e l'educatore professionale socio-pedagogico) sono necessarie, da una parte, per affermare in maniera sistematica e non più occasionale l'indispensabilità di tali competenze nei numerosi ambiti che riguardano la vita dei cittadini e, dall'altra, per chiarire e completare il quadro normativo derivante dagli interventi legislativi svolti negli ultimi anni.

Uno dei principali problemi che è stato sollevato molteplici volte dalle associazioni di categoria riguarda la confusione che viene generata tra la formazione prevista dalla classe di laurea in professioni sanitarie della riabilitazione, la classe di laurea SNT2, ove si prevede, tra i vari ambiti, anche quello di educatore professionale, e quella che deriva dalla classe di laurea in scienze dell'educazione e della formazione. La confusione deriva dal fatto che le classi di laurea fanno riferimento a due figure apparentemente simili nella denominazione - “educatori” - ma che, correttamente, differenziano gli ambiti di conoscenze teoriche e di competenze pratiche e preparano a sbocchi professionali molto diversi. Infatti, mentre la classe L-19 prevede sbocchi nell'ambito di strutture e di servizi sociali di animazione socio-culturale ed educativa nelle imprese e nella pubblica amministrazione, la classe, invece, L/SNT2 forma operatori sanitari, quindi, molto diversi.

La legge n. 205 del 2017 distingue in modo chiaro i profili dell'educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista da quello dell'educatore professionale socio-sanitario; a questi, come ho già ribadito, corrispondono due diversi sbocchi occupazionali.

Pertanto, questo provvedimento ha l'obiettivo di dare finalmente una regolamentazione chiara e precisa a queste figure fondamentali per lo sviluppo della nostra società. Nello specifico, quest'Aula è chiamata ad approvare un provvedimento mirato non solo a ottenere un riconoscimento di queste professioni, ma, anche, a definire un ordinamento organico delle professioni pedagogiche ed educative con l'istituzione dei relativi albi professionali.

Per questo motivo, il lavoro svolto in Commissione è stato intenso e ci tengo a sottolineare che, nell'adottare il testo base, molte osservazioni proposte dal MoVimento 5 Stelle sono state favorevolmente accolte. Tuttavia, in sede di esame degli emendamenti, la maggior parte di essi è stata assorbita o respinta dalla maggioranza, nonostante rappresentassero modifiche normative atte a rendere ancora più efficace la tutela giuridica di queste professioni che questi professionisti aspettano da molti anni.

Per questo motivo, abbiamo presentato ulteriori proposte di modifica che mirano soltanto - e ci tengo a sottolinearlo - a correggere alcune discrepanze che potrebbero presentarsi se il testo dovesse essere approvato così com'è. Mi riferisco, in particolare, alle previsioni dell'esame di Stato che, da un lato, è stato correttamente sostituito dalla volontà di rendere abilitanti le lauree magistrali, citate nella presente proposta di legge e nella legge n. 205 del 2017, per esercitare la professione di pedagogista, dall'altro lato, però, per quanto riguarda l'esercizio della professione di educatore professionale socio-pedagogico, gli interventi di modifica approvati in Commissione hanno stravolto l'articolo di riferimento, cioè l'articolo 4, e, quindi, non si capisce se per questi professionisti sia ancora necessaria l'abilitazione alla professione tramite esame di Stato o no.

Quindi, chiedo ai colleghi della maggioranza di lavorare insieme, perché noi ci siamo e siamo presenti, soprattutto quando si tratta di approvare provvedimenti come questo, che dovrebbero richiedere una condivisione univoca da parte dell'intero arco parlamentare che non preveda divisioni politiche tra destra e sinistra, sulla scia, però, di una leale collaborazione istituzionale.

Avviandomi verso la conclusione del mio intervento, tengo a sottolineare nuovamente che queste proposte vengono avanzate in un periodo storico che richiede interventi pedagogici complessi per rispondere alle esigenze educative dei singoli, delle famiglie e dei territori. Queste due professionalità, infatti, lavorano per contrastare le diverse forme di povertà educativa e di disagio sociale, utilizzando strumenti e strategie che possono aiutare a valorizzare e a sviluppare le potenzialità delle persone e delle comunità.

È per questo motivo che il MoVimento 5 stelle auspica che gli emendamenti presentati vengano analizzati con attenzione e, successivamente, accolti con favore, soprattutto perché, come ho detto prima, non sono volti a stravolgere il testo, ma a correggere errori di forma che potrebbero portare a interpretazioni imprecise e scorrette. Solo questo. Ricordiamo sempre che il fine ultimo di questo testo unificato delle proposte di legge è di garantire una volta per tutte a queste categorie di professionisti una tutela giuridica che aspettano da troppo tempo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco Perissa. Ne ha facoltà.

MARCO PERISSA (FDI). Presidente, Sottosegretario, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, siamo arrivati ad un momento abbastanza importante che riguarda, come già anticipato dai colleghi in precedenza, il riconoscimento di figure professionali attraverso l'istituzione di un loro albo; nei prossimi giorni ci accingeremo a votare un testo unificato di proposte di legge che definisce l'istituzione di un albo professionale e, quindi, il riconoscimento delle loro competenze e per questo mi associo ai ringraziamenti già precedentemente espressi dai colleghi che hanno parlato prima di me nei confronti di tutti coloro che hanno lavorato, in questa e nelle precedenti legislature, per riuscire a raggiungere questo importante obiettivo.

Gli interventi che mi hanno preceduto hanno approfondito in maniera estremamente chiara, analitica ed esaustiva gli aspetti normativi relativi alla trasformazione di questo provvedimento nei prossimi giorni. Da questo punto di vista preferivo soffermarmi qualche istante, invece, su un valore intrinseco che questo provvedimento porta al suo interno, perché è stato detto a più battute che la figura degli operatori professionali pedagogici o dei pedagogisti ha una rilevanza importante nella formazione, nella crescita e nell'educazione dei bambini, dei nostri figli, più in generale di tutte le persone - ce lo siamo detto diverse volte -, ma questo testo unificato nel suo primo punto, nel suo primo articolo, ci aiuta anche a definire la funzione che, secondo questo Parlamento e questo Governo, dovrebbero avere queste rilevanti figure all'interno dell'educazione dei nostri figli, ponendole - cito testualmente - come figure di livello apicale dei processi educativi con funzione di coordinamento, supervisione e quant'altro.

Ebbene, è un riconoscimento decisamente di valore centrale che arriva, a mio avviso, in un momento particolare della nostra storia. Un provvedimento di questo genere, che riconosce alla scienza pedagogica e alla figura del pedagogista un ruolo così centrale nell'educazione, nella formazione dei nostri figli e delle persone, arriva, infatti, guarda caso, proprio in un momento dove tutti, con particolare riferimento ai più piccoli, siamo stati, purtroppo, obbligatoriamente ostacolati nelle nostre relazioni personali a causa di una pandemia che ci ha chiuso per tanto tempo a casa. È stato detto a più battute, da tutto l'arco costituzionale, che questa ferita di isolamento sociale colpiva più che altro i più piccoli, i più fragili, i più bisognosi di costruire, nella loro fase evolutiva, quelle relazioni che avrebbero contribuito a formare parte di loro. Credo che ancora non abbiamo capito quanto profonde siano quelle ferite anche nella crescita dei nostri figli; credo che avremo bisogno ancora di un po' di tempo per capire l'entità di quel danno, ma è anche il momento storico in cui un Big Tech come Nvidia decide di investire 10 miliardi nell'innovazione, nell'intelligenza artificiale. Viviamo anche nel periodo storico in cui social media e connessione veloce tendono a depauperare il valore della persona per trasferirla in un'epoca digitale, a volte, troppo spesso, priva di emozioni, esattamente come l'intelligenza artificiale.

Allora, proprio in questo momento, forse, questo provvedimento, che riconosce il valore specifico delle professionalità che andiamo a citare, più che di loro, parla di ciò che essi possono fare per i nostri figli in questo momento così difficile della storia. Infatti, proprio adesso, più che mai, questo provvedimento ci dà lo spunto per rimettere al centro la persona, soprattutto quando questa persona è nella fase più delicata della crescita, ossia 0-6 anni e gli anni successivi - nido, materne, elementari, medie e liceo -, cioè proprio quando quell'identità si forma.

Dunque, abbiamo il dovere di riconoscere queste professionalità, ma credo anche che questa sia l'occasione buona per dire che queste professionalità hanno un valore specifico, soprattutto se supportano i nostri docenti e gli psicologi nel percorso di formazione e di educazione dei nostri figli all'interno delle scuole.

Sulla scuola, se mi permette, vorrei fare una riflessione. Me lo chiedevo fino a qualche mese fa da genitore e da qualche mese, più che mai, deve chiedermelo da deputato della Repubblica. Non capisco perché in Italia ci siano decine di migliaia di associazioni che, giustamente, si preoccupano della salute degli animali, dei nostri animali domestici, della loro salute emotiva, qualora rimangano abbandonati nelle case o incatenati nei giardini, eppure nessuno, in questo Paese, si interroga se sia giusto o meno prendere i nostri figli a 2, 4, 5 o 7 anni e lasciarli chiusi 8 ore al giorno in una stanza di 20 metri quadri con altri 20 bambini. Dunque, c'è qualcosa che non va!

Allora, credo che non possiamo accontentarci, quando si parla dei nostri figli, e dobbiamo per forza chiederci in quale direzione vogliamo portare la nostra scuola. Io credo che la figura dei pedagogisti, Presidente, possa aiutarci più che mai a comprendere che, se il centro dei percorsi educativi sono i bambini, dobbiamo rivedere anche il rapporto tra il mondo della pedagogia e il mondo della scuola, senza nulla togliere a chi - i nostri maestri, le nostre insegnanti, gli psicologi -, già oggi, anima i percorsi educativi e accompagna i nostri figli, complice della sovranità educativa che spetta ai genitori (non sempre, ma nella maggior parte dei casi, grazie a loro, sì). Credo che andare a immaginare un rapporto di collaborazione, strutturata e organica, anche tra il mondo della pedagogia e quello della scuola, sia un passo dal quale non possiamo più esimerci.

D'altro canto, la pedagogia ci accompagna, silenziosa, dalla notte dei tempi. Nel V secolo avanti Cristo, i Greci, con il termine paideia, identificavano un modello educativo che non riguardava soltanto l'aspetto nozionistico, ma anche l'aspetto etico e morale. Socrate, con la sua maieutica, dava al docente il ruolo di stimolo dialettico e di confutazione del pensiero, apparentemente marginale rispetto a quello che i nostri docenti hanno adesso, ma che ben ci spiega come la scuola non debba essere quello strumento che è adesso, funzionale a trasmettere ai nostri figli la verità, ma dovrebbe essere capace di dare loro gli strumenti necessari a cercare la loro verità, che è qualcosa di diverso.

Allora, arrivati a questo punto, lo dico con una battuta: nel V secolo avanti Cristo, dicevo, la paideia; poi, nella Repubblica romana si parlava di mos maiorum; più tardi filosofi come Kant o pedagogisti importanti come Rousseau e la Montessori. Dunque, la pedagogia ci accompagna dalla notte dei tempi, vituperata, forse, soprattutto in Italia dal nostro sistema legislativo, e costretta a nascondersi fino ad oggi, arrivando finalmente ad avere la sua dignità, il suo posto nella storia, con professionisti eccellenti che rappresentano un modello di scienza che ha accompagnato la crescita dell'uomo sin dalla notte dei tempi.

Eppure questa riflessione, a mio avviso, è particolarmente importante, perché, nonostante oggi questo Parlamento arrivi ad affrontare, in maniera per lo più condivisa - e poi vedremo, nel corso dell'iter legislativo, se sia necessario o meno l'esame di Stato -, ma, comunque, in maniera imprescindibile, come diceva poco fa la mia collega, la necessità di riconoscere questa figura professionale, vediamo che il mondo della scuola ha ancora un po' di difficoltà a familiarizzare con questa scienza, almeno il mondo della scuola pubblica, e a capire come interagire con questa scienza per poter trarre il meglio per l'obiettivo finale, cioè la crescita dei nostri figli (non mi stancherò mai di ripeterlo). Eppure, mi permetto una citazione - esco un po' dalle righe -, perché la storia ci ha anche insegnato che spesso e volentieri l'agenda politica la fanno i cambiamenti della società e la nostra Italia ci dimostra, come 1.000 altre volte, di essere un po' più avanti del nostro sistema normativo. In ambito convenzionato, in ambito privato, sono sbocciate, negli ultimi 15 anni in Italia, decine di esperienze scolastiche che si ispirano a un modello in cui la figura del pedagogista è centrale e questo modello rimette al centro il bambino attraverso la costruzione di una comunità educante.

Ultimamente, alcune pubbliche amministrazioni locali hanno sviluppato convenzioni per cercare di trasformare le loro scuole, soprattutto le materne, in luoghi all'interno dei quali rimettere al centro i bambini. Li ho imparati a conoscere da genitore, perché mia figlia ne era un'alunna. Li chiamano asili nel bosco, asili nel mare; non so quanti di voi ne hanno sentito parlare. Sono progetti sperimentali, certo, però sono efficaci. Sono animati da persone che hanno approfondito, che hanno studiato, che hanno ottenuto titoli di studio.

È un modello da prendere a riferimento? Non lo so. È, sicuramente, un modello da prendere in considerazione, perché ci insegna che è possibile, in Italia, costruire un modello educativo che metta insieme la scuola non come fine, ma come luogo all'interno del quale, grazie alla dotazione di una serie di strumenti, cioè - come dicevo prima - insegnanti, psicologi, pedagogisti, maestri d'arte e tecnici sportivi, si riesce a costruire una scuola che faccia capire ai nostri figli che quello non è un luogo che vuole raccontare loro la verità, ma un luogo che li accompagna, insieme alle famiglie, a crescere per trovare il loro posto nel mondo.

Per questo credo che il provvedimento, che stiamo per iniziare a discutere in questo Parlamento, sia significativo, da un lato, perché riconosce la dignità di una professione nobile che ci accompagna dalla notte dei tempi, ma, dall'altro, perché, attraverso il riconoscimento di questa professionalità, noi dotiamo il nostro sistema educativo - chiaramente, non ancora quello scolastico - di uno strumento necessario per completare il percorso di educazione dei nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pino Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signori del Governo, il provvedimento oggi all'esame di quest'Aula risponde a un'esigenza molto avvertita nella complessità del nostro tempo, un tempo che, per apparente paradosso, vede il moltiplicarsi delle reti educative e il complicarsi delle interrelazioni, ma anche un bisogno, spesso inevaso, di profondità. È un tempo che vede i nostri giovani e giovanissimi bombardati da una molteplicità di stimoli, ma anche vittime di rumorose solitudini, e gli operatori del settore gravati da sempre maggiori responsabilità.

In questo quadro, la valorizzazione di figure cardine del percorso formativo, come quelle del pedagogista e dell'educatore socio-pedagogico, è funzionale e importante per contribuire a creare un sistema educativo integrato tra scuola e famiglia, un sistema formativo di qualità attento alle esigenze di tutti i bambini e dei relativi nuclei di provenienza, senza contare, signor Presidente, il riferimento che questi professionisti possono rappresentare anche in ambito territoriale, perché veri conoscitori delle realtà locali, delle loro dinamiche e delle loro problematiche particolari.

Dare riconoscimento a queste figure professionali significa, dunque, rafforzare le maglie di quella rete sociale che, in sinergia con le scuole e le famiglie, può accompagnare i nostri giovani nel percorso di crescita. Per comprendere quanto tale esigenza sia avvertita, basterà porre mente, ad esempio, ai dati relativi alla dispersione e all'abbandono scolastico, fenomeni molto preoccupanti che colpiscono l'intero Paese, ma che sono particolarmente accentuati in alcuni territori, con il risultato di approfondire i divari. Faccio un esempio. In Sicilia, nell'anno scolastico 2021-2022, il tasso di dispersione è stato del 21,1 per cento, quasi il doppio rispetto alla media nazionale, che, ricordiamo, è del 13,5 per cento.

Va detto che l'Italia sta registrando, su questi fronti, alcuni, seppur timidi, progressi, ma è evidente che gli sforzi vanno moltiplicati, soprattutto nel Mezzogiorno, e che ogni strumento andrà messo in campo per impedire da parte dei nostri ragazzi la rinuncia agli studi, finanche quelli di base, e dunque la rinuncia al proprio futuro.

Anche in questo senso, le professioni pedagogiche ed educative, delle quali il disegno di legge al nostro esame si prefigge di riconoscere e disciplinare l'esercizio attestando una qualificazione che le nostre famiglie già conoscono, possono sicuramente svolgere un ruolo molto importante.

E ancora, signor Presidente, pedagogisti ed educatori socio-pedagogici sono figure centrali anche su un altro fronte non meno rilevante nella complessità del mondo di oggi. Mi riferisco, colleghi, all'orientamento sia dei più giovani, che delle persone con disabilità. L'inclusività è, infatti, una parola che ricorre ormai in ogni ambito del dibattito pubblico ed è anche una delle finalità del PNRR, ma occorre renderla effettiva nella vita di tutti i giorni per realizzare davvero una società più giusta e più efficiente. E per farlo, a partire dalle persone che per anagrafe e per condizioni di vita sono più fragili, c'è bisogno di professionalità riconosciute e adeguatamente valorizzate.

Signor Presidente, colleghi, questo Governo e questa maggioranza intendono scommettere e investire sul futuro. Futuro significa anche educazione, significa formazione: quell'attività, cioè, che instrada ogni persona ai princìpi, ai valori, alla scoperta dei propri talenti, alla gestione delle proprie fragilità, alla ricerca del proprio ruolo all'interno della comunità. Quando parliamo, dunque, di cultura, d'identità, di civiltà, è al sistema educativo nel suo complesso che dobbiamo guardare, con la consapevolezza che ogni intervento è un investimento per il nostro futuro.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisabetta Piccolotti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Grazie, Presidente. In questi mesi e settimane, sempre di più, siamo posti a confronto con una situazione di emergenza, anche come onda lunga dell'esperienza della pandemia e dello spaesamento generale che essa ha creato in tutti. Leggiamo sui media - non da ultimo stamattina, quando abbiamo visto la terribile notizia di una professoressa che è stata ferita da un alunno con un'arma da taglio; e colgo l'occasione per esprimere tutta la mia solidarietà al corpo insegnante, alla professoressa colpita e a tutta la comunità educante della scuola di Abbiategrasso - e riscontriamo nella vita sociale e collettiva del Paese tanto disagio, fragilità e vulnerabilità degli adolescenti e dei giovani più in generale, ma anche di persone di tutte le età e inseriti in tanti contesti, da quello della famiglia e della scuola, a quello dei territori, a quello dell'ormai vasto universo dei social, che è un vero e proprio contesto, con una sua realtà molto di impatto sulle vite di tutti e di tutte.

Sono tanti mesi che incalziamo il Governo su questa problematica. Abbiamo più volte parlato di emergenza. Abbiamo più volte chiesto che vi fossero degli stati generali della salute mentale. Abbiamo anche più volte chiesto che si operasse una riforma della scuola, che potesse quantomeno mettere le basi per avere i presupposti che servono a provare ad affrontare questa nuova vastità di problemi. Spesso, però, si è sentito dire che la soluzione sarebbe quella di affiancare e, verrebbe da dire, anche di giustapporre alle dinamiche di contesto, così come sono, senza modificare nulla, ad esempio, nelle pratiche didattiche e nella relazione educativa, la figura dello psicologo.

Naturalmente lo psicologo svolge un ruolo importante nella presa in carico del disagio psichico e del malessere psicologico, specie nelle fasi acute ed emergenziali, come anche noi abbiamo spesso sottolineato. Esiste, però, tra un estremo di povertà e vulnerabilità e un intervento psicologico, tutto un ampio campo d'intervento educativo, formativo e pedagogico, che ha tradizionalmente e sempre di più le competenze per prendere in carico i bisogni educativi dei bambini, dei giovani e di persone di tutte le età della vita.

Noi di Alleanza Verdi e Sinistra riteniamo davvero importante provare a lavorare ed insistere affinché questo campo di intervento educativo e pedagogico possa essere ampliato e rafforzato. Questo perché il pedagogista prende in carico tutto questo vasto campo di bisogni educativi e formativi ed elabora progetti per strutture, servizi e interventi che offrono risposte di qualità e competenze.

La società nel suo insieme ha, dunque, bisogno di queste figure per poter gestire la complessità e anche le costanti criticità ed emergenze della vita associata contemporanea; figure che sono adeguatamente formate per svolgere la loro professione negli ambiti pubblici, nel Terzo settore, nel privato socio-educativo e nei tanti contesti che anche tutti gli altri colleghi hanno citato e che riguardano, naturalmente, i giovani e i bambini, ma riguardano anche le persone in formazione per tutto l'arco della vita, riguardano le disabilità, i migranti, le persone in stato di reclusione. Quindi, è giusto che il Paese e la politica li riconoscano e quello che stiamo facendo con questo progetto di legge, che diventerà legge fra poche ore, è esattamente portare in campo un elemento di riconoscimento.

Naturalmente questo riconoscimento - lo devo dire - dev'essere affiancato non solo dalla formalità dell'istituzione di un albo, ma anche da politiche che offrano occasioni di lavoro, che possano rendere stabile il lavoro che oggi si svolge in questi settori e che possano altresì favorire un aumento degli stipendi. L'hanno detto, prima di me, alcuni altri colleghi: a tanta professionalità, che è anche quella necessaria per l'iscrizione all'albo, spesso non corrisponde un'adeguata remunerazione, tanto che sono tantissimi coloro che abbandonano la professione di educatori, proprio perché in tanti servizi del nostro welfare territoriale le retribuzioni che si trovano, anche a causa di gare d'appalto sempre al massimo ribasso o comunque sempre impostate su risorse molto ridotte, sono rappresentate da salari e paghe davvero troppo bassi. Per cui, oltre alla proposta di legge che discutiamo oggi, è convinzione di Alleanza Verdi e Sinistra che sia necessario lavorare per il futuro su politiche più generali del mercato del lavoro, e anche nello specifico del lavoro sociale ed educativo, che possano far crescere i salari, dal salario minimo all'equo compenso, passando anche per una riforma delle gare d'appalto e delle forme di assegnazione di questi servizi.

A ciò si aggiunge la necessità importante di dare risposte certe anche ai tanti e alle tante giovani che si laureano nelle lauree triennali e magistrali di area pedagogica ed educativa. Questi giovani con tanta ansia si chiedono: ma troverò lavoro? Eppure, una volta laureati, sono proprio loro che si occupano e si preoccupano delle diverse fragilità e se ne prendono cura: ragazzi BES, minori non accompagnati, migranti di prima o seconda generazione, ma anche spesso anziani. Spesso si tratta degli ultimi della società, di quelli che preoccupano le statistiche e per i quali le risorse non bastano. Quante volte abbiamo sentito in quest'Aula dire che, proprio su questi terreni – quelli della cosiddetta marginalità sociale - bisogna intervenire perché emergono dissidi e problemi molto gravi? Eppure, nonostante questo, spesso non c'è seguito né corrispondenza con le politiche del Governo.

La strutturazione in ordini e albi di queste professioni educative e degli educatori permetterà una riconoscibilità pubblica di queste importanti professionalità. A ciò si aggiunga la necessità di affermare l'integrazione fra le diverse professioni e le relative professionalità, anche nell'ottica, più volte citata anche oggi, di costruire una vera e propria comunità educante che possa farsi carico delle esigenze dei ragazzi e dei più giovani in tutto l'arco della loro vita. Ogni professione è importante e offre un contributo specifico ai problemi della comunità, e le soluzioni ai problemi comuni, sociali ed educativi si arricchiscono solo attraverso l'integrazione del sistema delle professioni e delle tante competenze che possono rendere il nostro mondo migliore.

I pedagogisti progettano, coordinano e costruiscono dei progetti formativi mirati ad accompagnare, giorno dopo giorno, la crescita dei bambini, specialmente nei servizi per l'infanzia e poi nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, dei giovani e anche delle persone di tutte le altre età, prevenendo il disagio educativo e soprattutto configurandosi come figure professionali indispensabili alla lotta contro la dispersione scolastica e universitaria, così come, nei contesti formali e informali, anche nelle attività extra scolastiche. Sono figure che offrono consulenza e supervisione per monitorare la qualità degli interventi e prevenire situazioni di crisi e di affaticamento lavorativo. Questi progetti educativi e pedagogici che andiamo a riconoscere sono guidati da una precisa intenzionalità educativa e formativa, che vuole costruire contesti educativi per supportare l'apprendimento per tutta la vita attraverso la fiducia in sé, l'autostima, l'espressione di sé, la messa alla prova delle proprie competenze, abilità e risorse, la valorizzazione dell'identità delle persone, grazie ad attività educative che creano le condizioni di co-partecipazione e per l'incontro ludico, espressivo e di sviluppo del pensiero creativo e innovativo, di stimolo a strategie di apprendimento metacognitivo, di autoconsapevolezza dei processi di pensiero degli studenti e delle studentesse e della capacità di sviluppare le competenze civiche e democratiche e di saper dialogare e imparare a convivere con gli altri. I nostri emendamenti che riproporremo in Aula - alcuni, come è stato detto, sono stati approvati, altri invece sono stati bocciati - intervengono proprio sulla definizione dell'attività pedagogica e del pedagogista e anche della professionalità dell'educatore e intervengono su alcuni punti che noi oggi abbiamo discusso, a partire da quello che riguarda l'esame di Stato. Inoltre, intervengono per provare a dare tutele maggiori a chi, già oggi, svolge l'attività di pedagogista o di educatore nei nostri servizi pubblici.

Chiudo facendo un appello alla maggioranza, perché stiamo discutendo una legge che potrebbe essere approvata con consonanza di intenti fra maggioranza e minoranza: vi chiediamo semplicemente di rileggere con cura gli emendamenti che stiamo presentando perché, appunto, non sono pretestuosi né tantomeno scritti per essere bocciati ma sono un contributo fattivo per la tutela di lavoratori e lavoratrici che, non solo hanno un'alta professionalità, ma molto spesso hanno anche una bassa retribuzione. Per cui, vi chiediamo - questo è l'appello finale - di provare ad avere, prima di tornare in Aula per votare gli emendamenti, uno sguardo libero dalla dinamica politica di maggioranza e minoranza nel valutarli.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 596-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Gerolamo Cangiano, che vi rinunzia.

Ha facoltà di replicare la Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dottoressa Giuseppina Castiello, che vi rinunzia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei progetti di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge di ratifica nn. 912-915-916-913-914-974.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 maggio 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 maggio 2023).

Discussione della proposta di legge: S. 328 - D'iniziativa dei senatori Craxi ed altri: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019 (Approvata dal Senato) (A.C. 912​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 912: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 912​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Elisabetta Gardini.

ELISABETTA GARDINI , Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e rappresentante del Governo, la proposta di legge in esame - come ha ben detto il Presidente - è già stata approvata in prima lettura dal Senato lo scorso 21 febbraio. Rientra nell'ambito degli accordi volti al rafforzamento della cooperazione culturale del nostro Paese ed è finalizzata all'intensificazione dei rapporti cinematografici e audiovisivi con la Repubblica dominicana.

Il testo, in particolare, è uno strumento normativo volto a favorire la pianificazione di opere cinematografiche o audiovisive tra produttori italiani e dominicani, consentendo alle coproduzioni realizzate ai sensi dell'accordo di essere considerate alla stregua di opere nazionali dai rispettivi Paesi.

Nel merito del provvedimento, l'Accordo è composto di 20 articoli e di un Allegato. L'Accordo stabilisce che le coproduzioni approvate e realizzate ai suoi sensi siano assimilate alle opere nazionali (articolo 2), individua i benefici a cui le opere possono avere diritto e i requisiti richiesti ai produttori per ottenerli (articolo 3), fissa le modalità di effettuazione delle riprese (articolo 4) e le quote in percentuale degli apporti finanziari dei coproduttori (articolo 5) e considera la possibilità di realizzazione di coproduzioni multilaterali (articolo 6). L'Accordo disciplina altresì gli aspetti relativi alla comproprietà dei diritti di proprietà intellettuale e stabilisce la facilitazione alla circolazione del personale tecnico, creativo ed artistico e delle relative attrezzature di produzione dell'altra parte e fissa i termini per il saldo degli apporti da parte del coproduttore minoritario e per la distribuzione dei mercati e dei proventi. Ci sono altri articoli che disciplinano le modalità per l'esportazione delle opere coprodotte in Paesi dove vige il contingentamento della commercializzazione per l'apposizione delle diciture di identificazione delle opere, per la presentazione delle stesse ai festival internazionali nonché per l'approvazione dei progetti di coproduzione. Ad una commissione mista viene poi affidato il compito di vigilare sulla regolare applicazione dell'Accordo.

Non mi dilungo in altri dettagli – forse, già mi sono dilungata troppo - ma, concludendo, auspico una rapida approvazione del provvedimento in esame, anche in considerazione del fatto che l'Italia, dal 2016, partecipa al Fondo Ibermedia, volto proprio a sostenere lo sviluppo di progetti di coproduzione cinematografica tra i Paesi aderenti. Attivo dal novembre del 1997, il programma vede ad oggi la partecipazione di 23 Paesi: oltre all'Italia, quasi tutti i Paesi latinoamericani, il Portogallo e la Spagna.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Governo, nella persona della Sottosegretaria Castiello, che vi rinunzia.

È iscritto a parlare il deputato Andrea Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANDREA DI GIUSEPPE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Governo, il provvedimento n. 912 riguarda la ratifica dell'Accordo tra l'Italia e la Repubblica dominicana, recante la possibilità di collaborare per la coproduzione cinematografica. In particolare, questo Accordo rappresenta un elemento di collaborazione tra il Ministero della Cultura e la Direzione generale del cinema della Repubblica dominicana. L'aspetto molto rilevante - come riporta l'articolo 2 della presente convenzione - riguarda il fatto che le coproduzioni realizzate saranno considerate come opere nazionali in entrambe le parti. Inoltre, per la realizzazione delle stesse, sarà necessario avere il consenso delle autorità di entrambi gli Stati. Grazie a questo Accordo sarà possibile offrire a un Paese terzo le nostre eccellenze nel campo cinematografico. Reputo questa convenzione un tassello molto importante per esportare la cultura cinematografica italiana nel mondo, una cultura che - da cittadino residente negli Stati Uniti - è stata ed è ancora oggi un elemento di eccellenza e di orgoglio del programma del cinema mondiale. Il personale tecnico e artistico che potrà beneficiare di questa convenzione permetterà di diffondere quella parte dell'Italia anche nella Repubblica dominicana e, a sua volta, permetterà a uno Stato a migliaia di chilometri di distanza da noi di conoscere la bellezza cinematografica del nostro Paese. Concludo auspicando che questa importante iniziativa possa essere solo l'inizio di altre rilevanti convenzioni a supporto del mondo cinematografico e, in generale, dell'arte italiana nel mondo, che è stata - lo ricordo a tutti - profondamente colpita dalla pandemia.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 912​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Elisabetta Gardini, che vi rinunzia. Ha facoltà di replicare la Sottosegretaria, dottoressa Giuseppina Castiello, che vi rinunzia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 331 - D'iniziativa dei senatori Craxi ed altri: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato plurinazionale di Bolivia, fatto a La Paz il 3 marzo 2010 (Approvata dal Senato) (A.C. 915​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 915: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato plurinazionale di Bolivia, fatto a La Paz il 3 marzo 2010.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 915​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Elisabetta Gardini.

ELISABETTA GARDINI , Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, come ha ben detto il Presidente, la proposta in esame è già stata approvata dal Senato. Essa ripropone, in modo pressoché identico, il testo del disegno di legge di ratifica presentato dal Governo nel corso della XVIII legislatura. Il testo oggi al nostro esame differisce rispetto a quel testo limitatamente all'articolo 3 del disegno di legge, in quanto, nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, si è provveduto ad aggiornare la copertura finanziaria relativa all'attuazione di talune norme dell'Accordo. L'intesa, ricordo, sostituisce il precedente accordo culturale, firmato il 31 gennaio 1953, nonché l'accordo scientifico sottoscritto nel giugno 2002, ma non ratificato.

In particolare, il presente Accordo esplicita l'impegno delle parti a promuovere e realizzare attività che favoriscano la cooperazione nell'ambito culturale, scientifico e tecnologico, a migliorare la conoscenza e la diffusione delle rispettive lingue e culture e a favorire la collaborazione tra istituzioni accademiche, amministrazioni archivistiche, biblioteche e musei. Potrete trovare i dettagli nella relazione che, se il Presidente è d'accordo, potrò depositare.

Non entrando quindi nei dettagli, concludo auspicando una rapida approvazione del disegno di legge di ratifica che fornisce un quadro giuridico e una base finanziaria, necessari per lo sviluppo delle relazioni tra Italia e Bolivia, contribuisce allo sviluppo del Paese latino-americano, accresce i legami di amicizia già esistenti e migliora il quadro complessivo delle relazioni bilaterali.

PRESIDENTE. Onorevole Gardini, ovviamente, autorizzato al deposito della relazione e la ringrazio anche per questo. Ha facoltà di intervenire la Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dottoressa Giuseppina Castiello, che rinuncia.

È iscritto a parlare il deputato Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANDREA DI GIUSEPPE (FDI). Grazie, Presidente. Il disegno di legge in esame riguarda la ratifica dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica del 2010 tra Italia e Bolivia. Tale Accordo, destinato a sostituire un precedente intesa del settore risalente al 1953, si propone di fornire un quadro giuridico e una base finanziaria, necessari allo sviluppo dei rapporti tra Italia e Bolivia negli importanti settori della cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, al fine di rinsaldare e intensificare ulteriormente i legami di amicizia già esistenti e di migliorare il quadro complessivo delle relazioni bilaterali. Si potranno, in particolare, implementare nuove forme di collaborazione nel settore culturale, scientifico e tecnologico dello sport e dei diritti umani e dare ulteriore stimolo a quelle esistenti, come ad esempio nel settore della collaborazione interuniversitaria. A mio avviso, si riscontra una relativa importanza dell'articolo 4 del presente Accordo, con il quale si prevede la possibilità per le parti di chiedere la partecipazione di organismi internazionali al finanziamento dei programmi e dei progetti, promossi nell'ambito delle forme di cooperazione individuati nell'Accordo, nonché di promuovere progetti multilaterali nell'ambito dei programmi dell'Unione europea e di altri organismi internazionali che si riferiscono alla cultura, alla scienza e alla tecnologia.

Va altresì aggiunto che ulteriori ambiti di rilevanza presenti all'interno dell'Accordo riguardano collaborazioni in relazione al settore dello sport e della gioventù, ai campi dei diritti umani e delle libertà civili e politiche e a quello delle pari opportunità e della tutela delle minoranze. Tale importante Accordo testimonia, come in precedenza, la ferma volontà del Governo italiano di rivestire un importante ruolo internazionale attraverso una cooperazione più sistemica ed eterogenea che sappia spaziare dalla cultura all'economia.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 915​)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, deputata Elisabetta Gardini e la rappresentante del Governo, Sottosegretaria dottoressa Castiello, rinunciano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 332 - D'iniziativa dei senatori Craxi ed altri: Adesione al Protocollo addizionale alla Carta europea dell'autonomia locale sul diritto di partecipare agli affari delle collettività locali, fatto a Utrecht il 16 novembre 2009 (Approvata dal Senato) (A.C. 916​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 916: Adesione al Protocollo addizionale alla Carta europea dell'autonomia locale sul diritto di partecipare agli affari delle collettività locali, fatto a Utrecht il 16 novembre 2009.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 916​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Simone Billi.

SIMONE BILLI , Relatore. Grazie Presidente, grazie Sottosegretario Castiello. Auspico una rapida approvazione del disegno di legge di ratifica. Ricordo che la Carta europea dell'autonomia locale appare pienamente in linea con le prescrizioni dell'articolo 5 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica, nel riconoscere e promuovere le autonomie locali, adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Ricordo che rappresenta il culmine di oltre vent'anni di lavoro a livello intergovernativo in seno al Consiglio d'Europa, in tema di partecipazione democratica a livello locale, iniziato con la firma della Carta europea delle autonomie locali. In definitiva serve per aumentare e facilitare la partecipazione democratica a livello locale. Presidente, chiedo di consegnare la relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Billi, chiaramente è autorizzato - e la ringrazio per questo - a depositare la relazione. Ha facoltà di intervenire la Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dottoressa Castiello, che rinuncia.

È iscritta a parlare la deputata Elisabetta Gardini. Ne ha facoltà.

ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, Presidente. Sarò molto breve perché nel contesto odierno voglio soltanto esprimere il giudizio estremamente positivo rispetto a questo Protocollo addizionale alla Carta europea dell'autonomia locale sul diritto di partecipare agli affari delle collettività locali. Come ha detto bene il relatore, si tratta di un rafforzamento della vita democratica rispetto agli enti locali e al diritto di tutti i cittadini di partecipare, in qualità di elettori o di candidati, e via dicendo. Intervengo soltanto per esprimere un parere positivo su quanto è stato fatto e stiamo facendo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 916​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Simone Billi, e la rappresentante del Governo, Sottosegretaria Castiello, rinunciano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 329 - D'iniziativa dei senatori Craxi ed altri: “Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Armenia sull'autotrasporto internazionale di passeggeri e di merci, firmato il 7 agosto 1999, fatto a Jerevan il 31 luglio 2018” (Approvata dal Senato) (A.C. 913​) e dell'abbinato disegno di legge: D'iniziativa del Governo (A.C. 964​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 913: “Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Armenia sull'autotrasporto internazionale di passeggeri e di merci, firmato il 7 agosto 1999, fatto a Jerevan il 31 luglio 2018” e dell'abbinato disegno di legge n. 964.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 913​ e abbinato)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Dimitri Coin.

DIMITRI COIN , Relatore. Grazie, Presidente. Come appena detto, la proposta di legge in esame è già stata approvata in prima lettura al Senato (lo scorso 21 febbraio). Il suo contenuto è identico a quello di un disegno di legge di iniziativa governativa presentato l'8 marzo. La relazione al disegno di legge chiarisce che la modifica al testo dell'Accordo era stata richiesta espressamente da parte italiana, durante una riunione di una commissione mista, tenutasi a Jerevan nell'ottobre 2015, al fine di assicurare una maggiore flessibilità per gli operatori del trasporto stradale delle merci che dispongono di parti veicolari costituiti anche da veicoli trainanti.

Nell'auspicare una rapida approvazione del disegno di legge di ratifica, segnalo che nel 2022 l'interscambio commerciale tra Armenia e Italia ha superato i 314 milioni di euro e, per altro verso, l'Armenia è uno dei Paesi coinvolti nella politica dell'Unione europea a favore del partenariato orientale, avviato nel 2009 in occasione del vertice di Praga, con l'obiettivo di rafforzare la dimensione orientale della politica europea di vicinato, oltre a essere uno dei principali partner commerciale del Paese.

Nel 2022 l'Unione europea ha mobilitato 3,6 milioni di euro in assistenza umanitaria, per far fronte alle conseguenze del conflitto con l'Azerbaijan, e il 20 febbraio 2023 ha avviato una missione civile, EUMA, composta da cento persone, con l'obiettivo di contribuire alla stabilità delle zone di frontiera, creare un clima di fiducia e consentire la normalizzazione delle relazioni tra Jerevan e Baku. Senza dilungarmi oltre con la relazione, la consegno nella sua integrità più tardi.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Coin. Ovviamente è autorizzato al deposito della relazione, e di questo la ringrazio. Ha facoltà di intervenire la Sottosegretaria, dottoressa Castiello, che rinuncia. È iscritta a parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.

ELISABETTA GARDINI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, solo per esprimere soddisfazione per questa ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Armenia sull'autotrasporto internazionale di passeggeri e di merci. È qualche anno che lo aspettiamo perché l'Accordo è stato firmato il 7 agosto 1999, come ricordava il relatore, mentre il Protocollo emendativo è stato fatto a Jerevan il 31 luglio 2018. Quindi, salutiamo con favore questi emendamenti, che hanno proprio l'intenzione di facilitare, regolare e aumentare l'efficienza del trasporto stradale internazionale di passeggeri e di merci, e quindi ci complimentiamo che finalmente si arrivi alla ratifica.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 913​ e abbinato)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e la rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 330 - D'iniziativa dei senatori Craxi ed altri: Ratifica ed esecuzione delle seguenti Convenzioni: a) Convenzione sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, n. 155, fatta a Ginevra il 22 giugno 1981, e relativo Protocollo, fatto a Ginevra il 20 giugno 2002; b) Convenzione sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, n. 187, fatta a Ginevra il 15 giugno 2006 (Approvata dal Senato) (A.C. 914​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 914: Ratifica ed esecuzione delle seguenti Convenzioni: a) Convenzione sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, n. 155, fatta a Ginevra il 22 giugno 1981, e relativo Protocollo, fatto a Ginevra il 20 giugno 2002; b) Convenzione sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, n. 187, fatta a Ginevra il 15 giugno 2006.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 914​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Alessandro Battilocchio.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO , Relatore. Grazie, Presidente. Brevemente, la proposta di legge in esame reca l'autorizzazione alla ratifica e all'esecuzione di due Convenzioni, la n. 155 del 1981 e la n. 187 del 2006, di cui una con annesso Protocollo. Sono provvedimenti che si inseriscono nell'ambito dell'azione dell'Organizzazione internazionale del lavoro. Un provvedimento che è stato già approvato dal Senato il 21 febbraio scorso.

Nel consegnare la relazione, auspico una rapida approvazione di questi provvedimenti, che s'inseriscono in un percorso internazionale, ripeto, sotto l'egida dell'Organizzazione internazionale del lavoro.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Battilocchio. È ovviamente autorizzato al deposito della relazione, e la ringrazio per questo. Ha facoltà di intervenire la Sottosegretaria Castiello, che rinuncia.

È iscritta a parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.  

ELISABETTA GARDINI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, solo per dire che questo è un tema straordinariamente sensibile, che sta a cuore a tutti noi, perché obiettivo di queste Convenzioni è proprio contribuire a prevenire gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e garantire un ambiente di lavoro sicuro e salubre.

Il tema della sicurezza sul lavoro - mi preme sottolinearlo - è tra le priorità di questa maggioranza e di questo Governo, tant'è che era già presente nel discorso programmatico del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a ottobre dello scorso anno.

Quindi, salutiamo davvero con favore questa ratifica e l'esecuzione delle due Convenzioni, la Convenzione sulla salute e la sicurezza dei lavoratori e la Convenzione sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 914​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e la rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: “Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo dell'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, con Allegato, del 5 marzo 2008, fatto a Roma il 27 settembre 2021” (A.C. 974​) e dell'abbinata proposta di legge: Formentini ed altri (A.C. 853​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 974: “Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo dell'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, con Allegato, del 5 marzo 2008, fatto a Roma il 27 settembre 2021” e dell'abbinata proposta di legge n. 853.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 974​ e abbinata)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Elisabetta Gardini.

ELISABETTA GARDINI , Relatrice. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, in premessa segnalo anch'io che il disegno di legge in esame, di iniziativa del Governo e adottato come testo base, ha un contenuto identico all'abbinata proposta di legge d'iniziativa parlamentare a prima firma Formentini, fatta eccezione per l'articolo 3.

Tale Accordo, fin dalla sua originaria stipulazione nel 1987, ha consentito una pacifica convivenza nel servizio radioelettrico tra i due Stati, regolando l'uso delle frequenze assegnate, e ha inoltre costituito la base della cooperazione culturale tra i due enti concessionari del servizio pubblico, la Rai-Radiotelevisione italiana e la San Marino RTV.

Il Protocollo emendativo in esame, oltre a prolungare al 2026 la vigenza dell'Accordo di collaborazione, prevede alcuni impegni rilevanti per i due Paesi. Sul fronte sammarinese si stabilisce la conferma della rinuncia all'utilizzo di alcuni dei propri canali televisivi e la rinuncia all'uso di quelli digitali e radiofonici a fronte dell'impegno da parte italiana alla ritrasmissione sull'intero territorio italiano del segnale televisivo della San Marino RTV. Sono molti gli impegni che vengono declinati. Chiedo nuovamente al Presidente di poterli depositare con la relazione.

Vedo dal suo cenno del capo che mi è consentita questa facoltà, e quindi concludo ricordando come i rapporti di amicizia tra Italia e San Marino abbiano in passato permesso una proficua collaborazione tra i concessionari del servizio pubblico italiano e sammarinese. Auspico, quindi, che questa collaborazione bilaterale prosegua negli anni e si realizzi anche in un settore strategico come quello radiotelevisivo.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gardini. Ovviamente è autorizzata al deposito della relazione, e la ringrazio anche per questo.

Ha facoltà di intervenire la Sottosegretaria Castiello, che rinuncia.

È iscritto a parlare il deputato Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANDREA DI GIUSEPPE (FDI). Grazie, Presidente. Il disegno di legge governativo n. 974, abbinato con la proposta di legge parlamentare dei deputati Formentini ed altri n. 853, da cui differisce nell'articolo 3, apporta una serie di emendamenti all'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva tra Italia e Repubblica di San Marino del 5 marzo 2008, entrato in vigore il 7 dicembre 2015.

Nell'ambito delle amichevoli relazioni fra i due Stati, l'Accordo contiene l'impegno per il nostro Paese a facilitare la conclusione di un accordo tra la San Marino RTV e un operatore nazionale italiano al fine di assicurare il trasporto di un programma di San Marino RTV su una rete che fornisca la copertura di ambito nazionale nel territorio italiano.

Va altresì aggiunto che le relazioni tra Italia e San Marino hanno permesso in passato di costituire una base importante per il rafforzamento della cooperazione tra i due enti concessionari del servizio pubblico, Rai-Radiotelevisione italiana e San Marino RTV.

Reputo l'amicizia e la cooperazione con il Governo di San Marino un elemento importante per l'agenda politica del nostro Paese, nonché strategica per poter avviare con un sistema politico e giuridico differente dal nostro - vorrei ricordare che San Marino ha la common law - un accordo sempre più stretto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Billi. Ne ha facoltà.

SIMONE BILLI (LEGA). Presidente, Sottosegretaria, volevo ricordare che questo provvedimento di legge nasce da un'iniziativa legislativa assunta dalla Lega, una proposta di legge presentata dall'onorevole Formentini, che ringrazio, avente ad oggetto lo stesso contenuto di un disegno di legge della scorsa legislatura - l'A.C. 3417 - che era stato approvato nel corso della seduta del 22 marzo 2022 dalla Commissione affari esteri e comunitari di questo ramo del Parlamento. Durante l'iter della proposta di legge svoltosi in Commissione, il Governo ha chiesto ed ottenuto l'abbinamento di un proprio analogo provvedimento che, poi, è stato adottato come testo base. Pertanto, auspico che questa collaborazione bilaterale possa proseguire, come ha già detto anche la relatrice, l'onorevole Gardini.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 974​ e abbinata)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Gardini, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare la Sottosegretaria Castiello, che rinuncia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Prima di passare alle mozioni, sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,25 per lo svolgimento delle ulteriori discussioni sulle linee generali iscritte all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 14,20, è ripresa alle 14,25.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 62, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Discussione della mozione Caso ed altri n. 1-00139 concernente iniziative volte al superamento delle criticità relative al fenomeno del "caro affitti" per gli studenti fuori sede.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Caso ed altri n. 1-00139 concernente iniziative volte al superamento delle criticità relative al fenomeno del "caro affitti" per gli studenti fuori sede (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 maggio 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 maggio 2023).

Avverto che è stata presentata la mozione Manzi ed altri n. 1-00147 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritta a parlare la deputata Orrico, che illustrerà anche la mozione n. 1-00139, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

ANNA LAURA ORRICO (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, la mozione del MoVimento 5 Stelle a prima firma del collega Caso che oggi vi illustrerò, mai come in questo momento storico nel nostro Paese, è pertinente, poiché l'accesso al diritto allo studio, riferito in particolar modo ai livelli più alti dell'istruzione, è fortemente compromesso da una serie di fattori contingenti, sui quali è assolutamente necessario intervenire, in modo da consentire, in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, la possibilità di formarsi, come è previsto dall'articolo 34 della nostra Costituzione, che recita testualmente: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Purtroppo, le famiglie italiane, sempre più frequentemente non riescono a sostenere i costi per supportare adeguatamente le legittime ambizioni dei propri figli e la protesta che, in queste ultime settimane, ha animato e, giustamente, agitato i tantissimi studenti fuori sede delle nostre principali città universitarie sulla piaga del caro affitti è solo uno degli indici di problematicità della vicenda. Difatti, la disponibilità di risorse finanziarie è divenuta un fattore determinante nell'accesso all'istruzione superiore e universitaria.

In Italia, soltanto il 20 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni è in possesso di una laurea e soltanto il 62,7 per cento è in possesso di un diploma, mentre in Europa, giusto per confrontarsi con parametri di riferimento più ampi, la media è, secondo i dati Istat del 2021, rispettivamente del 33,4 per cento e del 79,3 per cento. In sostanza, l'Italia ha il tasso di laureati tra i 25 e i 34 anni fra i più bassi del continente. Ma il report sui livelli di istruzione dell'Istat evidenzia anche un sensibile divario territoriale nei livelli di istruzione che pregiudica soprattutto il Meridione; basti pensare che nel Sud il 38,5 per cento degli adulti ha il diploma di scuola secondaria superiore e soltanto il 16,2 per cento ha conseguito una laurea, mentre al Centro-Nord, circa il 45 per cento è diplomato e oltre il 20 per cento è laureato: il 21,3 per cento al Nord e il 24,2 per cento al centro.

Inoltre, a rendere ancora più gravoso il quadro non si può certo nascondere il dato secondo cui la formazione universitaria pubblica in Italia abbia costi molto elevati, ovvero 1.628 euro ogni anno di tasse, con le dovute differenze in base ai corsi di studio e all'ISEE familiare, che si rivelano essere purtroppo superiori alla media europea. Alle voci appena menzionate, sono stati esclusi dal conteggio delle spese, ad esempio, gli affitti, i pasti e i trasporti, che, come potrete immaginare, fanno lievitare l'impegno economico.

Pertanto, a limitare il numero di studenti è soprattutto la difficoltà economica nel sostenere un percorso di studio lungo e che prevede moltissime spese. I finanziamenti sono insufficienti a coprire il reale fabbisogno delle borse di studio. I costi per il materiale didattico da acquistare per i vari corsi di studio e l'ancor più grave disomogeneità dei livelli di offerta dei servizi per il diritto allo studio tra le aree del Paese e, spesso, anche all'interno delle medesime regioni mettono a rischio la garanzia del diritto allo studio. A ciò si aggiunge la questione degli affitti che, com'è noto, hanno raggiunto ormai costi proibitivi, rendendo, di fatto, l'accesso all'istruzione universitaria sempre più un privilegio di classe, anziché un diritto costituzionalmente garantito e rappresentando, fra l'altro, un fondamentale tassello della più generale emergenza abitativa in Italia.

Innanzitutto, quindi, bisogna agire per reperire le necessarie ulteriori risorse per incrementare adeguatamente il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, al fine sia di soddisfare le legittime aspettative degli idonei sia di scongiurare il rischio della perdita delle risorse previste dal PNRR.

Si registrano, infatti, continui ritardi nell'erogazione delle borse di studio e sono migliaia gli studenti e le studentesse in grave difficoltà economica che in tutta Italia stanno attendendo da mesi. Attualmente, solo il 12 per cento degli studenti italiani beneficia di una borsa di studio rispetto al 25 per cento della media europea. Per l'università, in Italia, ricordiamolo, si investe appena lo 0,6 per cento della spesa pubblica. In Europa, ahinoi, la situazione è ben diversa, sia in termini di modalità di erogazione degli aiuti statali, borse di studio e prestiti scolastici, sia in termini di percentuali di borse di studio erogate, in media circa il 30 per cento, con eccezioni, ad esempio, come Malta, dove c'è un 95 per cento, la Danimarca, con il 92 per cento, e la Svezia, con l'88 per cento. Poi, ovviamente, bisognerebbe intervenire sulla questione della disponibilità di alloggi e residenze per gli studenti, soprattutto quelli fuori sede. Secondo i dati Svimez, fra l'altro, circa il 25 per cento di quelli meridionali studia nelle università del Centro-Nord; in numeri assoluti, parliamo di circa 180.000 ragazzi.

Il diritto allo studio non può sottostare a logiche di mercato, ma secondo il “Rapporto Immobiliare 2022”, infatti, stilato in base ai contratti di locazione, la variazione del canone annuo complessivo dei contratti agevolati per studenti è salita del 23 per cento tra il 2019 e il 2021 e del 35,5 per cento tra il 2020 e il 2021. D'altronde, il MoVimento 5 Stelle aveva finanziato il Fondo annuale per la copertura delle spese di locazione sostenute dagli studenti fuori sede, ma questo Governo, così come è avvenuto con il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli e il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, non l'ha rifinanziato con l'ultima legge di bilancio del dicembre 2022.

Ecco perché appare necessario incrementare la disponibilità degli alloggi per gli studenti fuori sede, anche mediante interventi di recupero e ristrutturazione degli edifici esistenti, all'esito di una complessiva ricognizione del patrimonio immobiliare in disuso o dismesso appartenente a enti e istituzioni pubbliche, al fine di migliorare l'offerta di edilizia universitaria destinata ad esigenze abitative temporanee per ragioni di studio. Perché, poi, non invertire il trend e provare a realizzare programmi di rigenerazione urbana, coinvolgendo le università nella coprogettazione degli spazi pubblici e degli edifici, in modo da individuare soluzioni progettuali innovative, realizzare contesti urbani inclusivi e infrastrutture materiali e digitali in grado di rispondere alle effettive esigenze dei cittadini e degli studenti, in linea, ad esempio, con il modello delle smart city?

Vorremmo capire, inoltre, l'effettivo utilizzo e in che tempistica dei 660 milioni del PNRR annunciati propagandisticamente dalla maggioranza sul tema dei nuovi alloggi per studenti e, di fatto, rimasti lettera morta per l'ennesimo pasticcio di cui questo Governo si è reso protagonista. Anche qui, c'è un aspetto preoccupante, perché non vorremmo che queste risorse andassero per la maggior parte a vantaggio di soggetti privati, contraddicendo lo spirito del Piano nazionale di ripresa e resilienza che mira a interventi duraturi e pubblici. Anche su questo versante, infine, è utile raffrontarsi con altri Paesi europei. Esistono, per esempio, programmi statali di sostegno alle famiglie per abbassare o azzerare i costi collaterali: affitti, trasporti e pasti. In Francia, ad esempio, esiste la CAF, un organismo pubblico che permette di contenere i costi di affitto di una casa e si rivolge, sia a studenti francesi e stranieri, sia a famiglie numerose, persone anziane o con disabilità.

Di fronte a uno scenario simile, che disegna anche un orizzonte in cui le nostre competenze, come Paese, diminuiscono in termini di qualità e quantità a discapito della nostra competitività a livello internazionale, diviene indispensabile operare scelte strategiche - e auspichiamo che siano strutturali - di sostegno e di supporto verso chi ha voglia e capacità di portare a termine il proprio ciclo di studi, specializzandosi e verticalizzando le proprie conoscenze, perché investire nel sapere significa investire non solo nelle giovani generazioni, ma anche nel futuro del Paese.

Nella nostra mozione, abbiamo inserito una serie di impegni, alcuni dei quali li ho già illustrati, e, così come abbiamo fatto durante il question time di qualche settimana fa posto alla Ministra Bernini, abbiamo, ad esempio, chiesto e chiediamo che venga immediatamente istituito un tavolo interministeriale, che coinvolga le associazioni studentesche, che sono le vere protagoniste della raccolta del disagio che vivono i nostri studenti.

Chiediamo di rifinanziare immediatamente il Fondo per le spese di locazione dei fuorisede e di adottare, come dicevo prima, misure, che siano anche strutturali, di contenimento dei canoni di locazione. Altre misure le illustreranno i colleghi che seguiranno, come la collega Raffa, che interverrà successivamente. Ci auguriamo che il Governo voglia accogliere le nostre proposte, affinché il diritto di studio non si trasformi nell'ennesimo privilegio, nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Manzi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00147. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente. Vorrei iniziare, colleghi e colleghe, questo mio intervento con parole non mie, ma con quelle di Mattia, uno studente universitario della mia regione, le Marche, che poche settimane fa, come tanti ragazzi e ragazze in Italia, ha montato una tenda davanti all'università e lo ha fatto per sollecitare l'attenzione del Governo e delle istituzioni su un tema importante e urgente come quello del diritto allo studio, più in generale, e del caro affitti, in questo caso. “Diritto alla casa è diritto allo studio” dice Mattia. “Studiare non può essere soltanto un privilegio di pochi. È una discriminazione sociale inaccettabile per tutte quelle persone e per tutte quelle famiglie, soprattutto, che già fanno tanti sacrifici per arrivare a fine mese e sono doppiamente colpite da costi spropositati. Gli scaricabarile non servono a nulla. Molto è già stato fatto e troppo è ancora da fare. Ora è il momento di dare una risposta politica concreta a questa condizione”.

Le parole di Mattia e quelle dei suoi colleghi e delle sue colleghe ci riportano, quindi, a questo tema, che non nasce oggi, tra l'altro, e che riguarda una situazione più generale e complessa come quella dell'emergenza abitativa nel nostro Paese. È un tema che suscita anche una riflessione collaterale, diciamo, che riguarda il modo in cui spesso ci troviamo a dover affrontare temi che l'attualità porta in quest'Aula. Sarebbe positivo, in questo senso, se riuscissimo ogni tanto ad anticipare e a prevenire, in questo caso, le difficoltà. È compito della politica intervenire e prevenire le difficoltà e le emergenze che molto spesso ci troviamo ad affrontare, che, in questo caso, riguardano un principio, un diritto fondamentale, cioè l'universalità del diritto all'istruzione che l'articolo 34 della nostra Costituzione afferma, riconoscendo, tra l'altro, ai capaci e ai meritevoli, anche se privi di mezzi, di poter ottenere quegli strumenti e quelle misure che devono essere in grado di rendere effettivo questo diritto, di rendere effettivo, in questo caso, un principio di eguaglianza, formale e sostanziale.

Mi auguro, quindi, che la discussione, che si apre oggi e che continuerà nei prossimi giorni in quest'Aula, sul contenuto di queste mozioni sia davvero un'opportunità per tutti noi per ragionare insieme su quelle che possono essere le misure più adatte per rendere effettivo il diritto allo studio. Infatti, ci sono - lo ricordava anche la collega Orrico - dati incontrovertibili, purtroppo, con cui ci troviamo a fare i conti ogni giorno e le proteste, con lo strumento pacifico ma molto potente per il modo in cui è stato manifestato, ossia quello della tenda, ci riportano alla mente e ci pongono dinanzi a una questione importante, il fatto che l'emergenza abitativa legata agli affitti testimonia una discriminazione nei confronti di una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata, spesso per ragioni economiche, ma non solo, a mantenersi agli studi.

L'alloggio rappresenta il bisogno più importante per gli studenti che studiano in una sede diversa da quella della propria città di residenza e che, però, può impedire, se non viene assicurato in maniera efficace, l'accesso all'istruzione di fasce significative della popolazione, perché incide sulla scelta dei percorsi universitari che gli studenti si trovano a dover fare, sul luogo, soprattutto, in cui andare a fare queste scelte e sulla possibilità di rimanere a vivere nella città in cui si studia oppure se scegliere di essere pendolari. Queste scelte non sono da poco. Le responsabilità che ci legano, come istituzioni, alle scelte e alla vita quotidiana di quei ragazzi e di quelle ragazze impongono scelte di non poco conto.

Poi, ci sono alcuni dati, che vale la pena citare. Sono poco più di 40.000 i posti letto nelle residenze universitarie, in grado di soddisfare solo il 5 per cento della domanda, rispetto a un 18 per cento, invece, che viene assicurato, in media, negli altri Paesi europei. A questi dati percentuali si lega, tra l'altro, un ritardo nei tempi di pubblicazione dei bandi e delle graduatorie e nell'assegnazione effettiva dei posti letto, che gli studenti possono avere a disposizione, magari quando l'anno accademico è già iniziato e, quindi, quando certe scelte sono state compiute. Spesso, non potendo accedere agli alloggi pubblici o a sistemi convenzionati, gli studenti devono ricorrere agli affitti privati, in condizioni - sono i racconti che anche in questi giorni abbiamo spesso ascoltato - disagiate o precarie. Quindi, c'è la necessità che da parte del Governo si affronti questo tema in queste Aule.

Non siamo all'anno zero, lo sappiamo. Infatti, ci sono misure importanti che sono state introdotte. Penso alla no tax area, che è stata introdotta nella legge di bilancio 2017, che ha previsto, tra l'altro, l'esenzione dal pagamento delle tasse universitarie di una percentuale significativa di studenti, con un effetto, tra l'altro, che negli anni ha continuato a produrre conseguenze positive. C'è stato un incremento, stanziato dalle leggi di bilancio 2020 e 2021, delle risorse per il finanziamento delle borse di studio, che ha positivamente influito sul tema degli idonei senza borsa, andando a ridurre, anche grazie alle percentuali di revisione di cofinanziamento di quel Fondo integrativo statale, la compartecipazione statale e regionale. Però, queste misure, da sole, non bastano. Non bastano perché i 250 milioni per il 2024 e i 250 milioni per il 2025, inseriti in legge di bilancio, sono stati stanziati solo per queste due annualità e non sono stati stabilizzati nel Fondo per il diritto allo studio, mentre è fondamentale che quegli incrementi si stabilizzino, perché altrimenti l'assenza di fondi costanti, in questo caso, e permanenti non consentirà una politica di diritto allo studio efficace e di lungo periodo.

Non c'è soltanto questo, ma anche un tema, più in generale, di dati OCSE che riguardano proprio le spese di investimento dei Paesi europei nell'istruzione. In media, i Paesi europei investono il 4,9 per cento del PIL, di cui l'1,5 in istruzione universitaria. L'Italia si attesta ben al di sotto di questo livello, con una spesa complessiva del 3,9 per cento, di cui, appunto, solo lo 0,9 per cento è destinato all'istruzione universitaria.

Insomma, c'è la necessità di misure concrete e non di propaganda. Servono interventi decisi e mirati e non provocazioni come quelle sentite poche settimane fa, in campagna elettorale, da parte del Ministro Valditara contro le amministrazioni guidate dal centrosinistra. Non servono azioni come quella dell'emendamento presentato dal Governo nel decreto Pubblica amministrazione, che avrebbe dovuto, secondo la propaganda, sbloccare gli stanziamenti relativi ai 660 milioni di euro previsti per le residenze universitarie e per i posti letto, emendamento poi ritirato dal Governo e su cui stiamo ancora aspettando, in realtà, informazioni e notizie.

Servono, appunto, interventi strutturali, a cominciare, ovviamente, dal PNRR, dalle risorse stanziate da questo strumento, dai 960 milioni che sono stati stanziati proprio per far fronte al tema dei posti letto e delle residenze universitarie. Purtroppo, però, su questo punto i dati non sono incoraggianti, perché fino ad ora sono stati assicurati soltanto 7.500 posti letto e manca ancora gran parte degli interventi. Soltanto con il decreto-legge del settembre scorso sono stati dirottati 660 milioni su posti letto che, in realtà, erano già esistenti, perché l'obiettivo da centrare, l'obiettivo che il PNRR si pone davanti, è passare dagli attuali 40.000 posti letto a 100.000, per far fronte ai bisogni della popolazione studentesca.

Proprio su questo intervento noi cerchiamo e attendiamo risposte e vogliamo un confronto da parte del Governo. Abbiamo ricordato in apertura di questa seduta quanto sia importante e fondamentale l'urgenza di avere chiarezza rispetto ai temi legati al PNRR, ancora di più nel settore dell'istruzione e dell'università. Lo ribadiamo anche rispetto a questo, perché siamo preoccupati della mancanza di condivisione e di informazioni, soprattutto rispetto a quei posti letto a cui sono stati destinati 660 milioni. Cosa accadrà dopo il 2026, quando terminerà la vigenza del PNRR? Quei posti letto, che fanno anche capo ai privati, saranno concessi ancora in regime di affitto agevolato agli studenti? Sarà effettivamente garantito il diritto allo studio anche nei periodi successivi a quelli del Piano?

C'è una riflessione che penso sia importante condividere insieme in quest'Aula quando si parla di diritto allo studio e di diritto all'abitazione. L'investimento nel servizio abitativo a favore degli studenti trova la sua ragione d'essere non solo nel soddisfare una domanda, che, tra l'altro, spesso, come ho ricordato poco fa, è inevasa, ma su motivazioni più complesse e più profonde. Le residenze universitarie rendono possibile la mobilità per studio degli studenti in condizioni disagiate, proprio perché riducono significativamente per loro e per le loro famiglie le spese di mantenimento, favoriscono l'acquisizione di un'indipendenza e di un'autonomia indispensabili nel processo di maturazione e crescita degli studenti. Il valore aggiunto dell'abitare in residenza è la comunità che si crea, una comunità composta da persone spesso di origine e cultura differenti in cui, però, c'è scambio e supporto reciproco nello studio e nella vita fuori sede. Ecco perché assicurare questo tipo di diritto è importante, è fondamentale.

Abbiamo parlato di PNRR ma la nostra mozione non si concentra soltanto su questo, chiede anche risposte significative su altri temi quale quello del finanziamento, per un importo molto più ampio e significativo di quello che è attualmente riconosciuto, del Fondo per gli affitti agli studenti fuori sede, per cui abbiamo presentato anche un emendamento al decreto-legge n. 51, che è all'esame delle Commissioni competenti. Oltre a questo, chiediamo anche noi che sia istituito un tavolo permanente presso il Ministero dell'Università e della ricerca, con il coinvolgimento degli altri Ministeri competenti, della Conferenza dei rettori e delle rappresentanze studentesche, in particolar modo, per affrontare nel suo complesso il tema del diritto allo studio. È importante, tra l'altro, che gli studenti, prima ancora di compiere la scelta del loro percorso universitario, possano conoscere pienamente anche le opportunità che il regime della no tax area riconosce loro. Spesso lo sanno solo nel momento in cui vanno ad iscriversi all'università, quando una scelta è già quasi compiuta. È importante, proprio perché le motivazioni anche di ordine economico possono influire sulle decisioni che essi prenderanno, insieme alle loro famiglie, che queste informazioni siano rese e siano diffuse, in questo caso, prima.

Ci sono temi relativi al diritto allo studio, tra l'altro, che non riguardano soltanto le risorse finanziarie ma riguardano, ad esempio, la possibilità di garantire un'informazione esaustiva, aggiornata e facilmente reperibile sulle opportunità riconosciute agli studenti in tema di diritto allo studio e la possibilità di far convergere i bandi locali in un unico bando, con termini validi tra l'altro per tutto il territorio nazionale e con un'efficacia e una possibilità di interventi pratici e concreti che vengano incontro alle esigenze degli studenti. È necessario anche garantire a tutti gli studenti idonei - anche a quella percentuale, a quei 3.000 studenti che ancora non lo hanno - il diritto a ricevere la borsa di studio. Sono proposte che si intrecciano e che riguardano il welfare studentesco, che è destinato a tutte le tipologie della formazione universitaria, affinché lo studente possa davvero crescere e seguire un percorso formativo in condizioni reali di benessere, per se stesso e per la comunità in cui egli si trova a vivere.

Il tema che, con queste mozioni, ci troveremo ad affrontare in quest'Aula è urgente e importante. Quegli studenti, quei ragazzi e quelle ragazze che sono là fuori e che, nei giorni scorsi, hanno protestato e attendono risposte da parte della politica e delle istituzioni, non ci fanno sconti in questo caso. Penso che non dobbiamo farli neanche noi a noi stessi, ovviamente.

Vorremmo, quindi, che il Governo su questi temi fosse davvero disponibile e operativo ad aprire un confronto aperto con le forze politiche, con le rappresentanze studentesche, con le istituzioni universitarie, perché dinanzi a quanto accaduto poche settimane fa - al di là delle battute che purtroppo abbiamo ascoltato, sbagliate e inopportune, rispetto a quelle forme di protesta - non è possibile restare indifferenti. Quella protesta civile richiama tutti noi alle nostre responsabilità, ci richiama a fare presto, a fare bene e soprattutto ad essere concreti ed efficaci nelle misure che vorremmo mettere a terra, perché i ragazzi e le ragazze, davanti a quelle università, non aspettano e soprattutto non aspetta la possibilità di costruire loro un futuro che parte proprio da oggi e non da domani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Angela Raffa. Ne ha facoltà.

ANGELA RAFFA (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, il caro affitto è un problema a cui dobbiamo dare una risposta immediata. Le proteste degli studenti in queste settimane hanno portato all'attenzione pubblica una situazione grave, che merita un intervento incisivo. Noi del MoVimento 5 Stelle riteniamo fortemente carenti le azioni messe in campo dal Governo per fronteggiare l'attuale situazione, perché sono insufficienti e lente.

Colleghi della maggioranza, spesso ci avete detto: ma se era così importante, perché non lo avete fatto voi quando eravate al Governo? La risposta è molto semplice: c'era una pandemia e la didattica era sospesa. Nonostante ciò, abbiamo finanziato una serie di misure per calmierare gli affitti, che voi invece state smontando togliendo i soldi senza proporre alcun'altra misura per compensare. Vale la pena ricordare qui che non sono stati rifinanziati due fondi, vale a dire il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione - cosiddetto Fondo affitti - e il Fondo morosità incolpevole. Entrando nello specifico, il Governo Meloni ha tagliato complessivamente circa 380 milioni di euro che, soprattutto grazie agli interventi del Governo Conte, avevano dato finalmente consistenza e aiuto alle persone in cerca di case in affitto. Avete operato questo taglio in attesa di un fantomatico Piano dell'edilizia popolare, di cui si sa poco o nulla, che è stato rilanciato dal Ministro Salvini alla Camera, il 22 febbraio scorso, rispondendo proprio ad un'interrogazione relativa al definanziamento di questi due fondi. Avete poi anche bocciato un nostro emendamento al decreto Bollette per rifinanziare entrambi questi fondi. A questo si aggiunge anche che avete fortemente ridotto il Fondo per gli affitti degli studenti universitari fuori sede. La legge di bilancio 2023 è intervenuta sulla dotazione del Fondo per gli affitti degli studenti universitari fuori sede, prevedendo uno stanziamento di soli 4 milioni di euro per il 2023 e di 6 milioni di euro per il 2024, rispetto ai 15 milioni di euro previsti dalla legge di bilancio 2021.

Colleghi, l'Italia sconta da sempre l'assenza di una politica abitativa pubblica e di investimenti privati consistenti a misura di studenti. In Europa, nel 2022, gli investimenti dei privati nello student housing hanno raggiunto i 12,4 miliardi e sono andati per oltre il 30 per cento nel Regno Unito e per il 2 per cento in Italia. Dato che il fabbisogno di offerta strutturata di posti letto dev'essere pari ad almeno il 20 per cento degli studenti fuori sede e che in Italia siamo intorno al 10 per cento nelle regioni più fortunate, sarebbero necessari almeno 130.000 posti letto. Il PNRR stanzia 960 milioni proprio per questo motivo, cioè finanziare la realizzazione di nuovi alloggi e incrementare a oltre 100.000, entro il 2026, il numero di posti letto per gli studenti fuori sede su tutto il territorio. Il Governo Meloni ha scelto di agire poco e, quando lo fa, lo fa male, perché spendere la maggior parte dei soldi del PNRR destinati agli alloggi per gli studenti dandoli ai privati crea tre grandi problemi.

Il primo: non avete nemmeno previsto l'obbligo di affittare a prezzi agevolati gli alloggi che i privati creano grazie a questi fondi pubblici. C'è il serio rischio che, invece di calmierare la domanda attuale, parte vengano usati solo per creare nuova domanda di élite. Insomma, diamo ai privati i soldi per creare alloggi, che poi affittano a 1.200-1.400 euro al mese.

Il secondo: le residenze private vengono create reperendo immobili, palazzi presumibilmente sul mercato. Cioè, un palazzo, che oggi viene affittato, viene invece comprato da un fondo privato, che prende i soldi dallo Stato e lo trasforma in residenze per studenti privati.

Cioè, invece di aumentare l'offerta di appartamenti in affitto, voi nell'immediato la riducete e fate aumentare ancora di più i prezzi. Invece di fare questo, investiamo questi soldi per riqualificare immobili pubblici dismessi, come caserme, immobili del demanio non utilizzati: così, sì, che si aumenta la presenza di immobili e non si determinano aumenti del prezzo degli affitti anche per altre categorie (perché ci sono anche le giovani coppie oppure i lavoratori fuori sede).

Il terzo: non scordiamo che, se diamo soldi ai privati, rischiamo che questi prendano i soldi, facciano residenze studentesche ma le tengano solo per il tempo imposto dal bando; appena potranno, trasformeranno un immobile acquistato e ristrutturato a spese dello Stato in un B&B o in un'altra struttura turistica, e noi saremo di nuovo punto e a capo.

Guardate, il MoVimento 5 Stelle ha fatto proprie le rivendicazioni di questi studenti e ha messo in campo una serie di proposte organiche attraverso la mozione di cui discutiamo oggi, a prima firma del mio collega Caso.

Chiediamo al Governo, ad esempio, di assicurare il conseguimento dei target del PNRR e renderne strutturali i risultati, oppure di incrementare la disponibilità di alloggi e residenze per gli studenti fuori sede, anche mediante interventi di recupero e di ristrutturazione di edifici esistenti, oppure di stanziare risorse adeguate nella dotazione finanziaria del Fondo affitti degli studenti universitari fuori sede, introdotto nel decreto Rilancio, o ancora di applicare all'utenza degli immobili affittati dagli studenti fuori sede la stessa tariffa delle prime case, nonché di ridurre l'IVA applicata ai contratti, purché lo studente dimostri di essere intestatario dell'utenza, di aver stipulato un contratto di affitto della durata di almeno 6 mesi, regolarmente registrato, e sia in regola con il percorso di studi. Ecco, queste sono proposte che il Governo potrebbe fare subito, nell'immediato, per dare risposta a questi giovani.

Ogni volta, in campagna elettorale, sento tutti i partiti parlare di giovani: ho 30 anni, Presidente, e ho iniziato a fare politica perché mi ero stancata di sentire che i giovani erano il futuro. Noi giovani siamo il presente. Questo Governo deve dare delle risposte, perché è vergognoso che il Ministro Salvini dichiari che creerà un Dipartimento ad hoc, al Ministero, per gli affitti e per le case: c'è già. Il Ministro Salvini dovrebbe soltanto fare una cosa: stare al Ministero e lavorare. Stessa cosa il Ministro Valditara. Non si può dire che il caro affitti è colpa dei comuni e che soltanto nei comuni governati dal centrosinistra c'è questo problema: esiste da sempre il problema del caro affitti. In più il Governo dovrebbe pure capire che il caro affitti non è soltanto un problema per gli studenti, ma è un problema anche per i lavoratori fuori sede. Faccio un esempio: anche nella pubblica amministrazione, ogni volta, in Lombardia, in Piemonte e nelle regioni più care è difficile assumere persone anche tramite concorso pubblico perché lo stipendio statale non riesce a coprire le spese per la vita.

Allora, dobbiamo prendere dei provvedimenti. Noi le proposte le abbiamo fatte, teniamo a questo tema perché è importante dare risposte ai cittadini. Allora, visto che la Presidente Meloni ogni volta, in campagna elettorale, dice che lei è qui per servire il Paese, che inizi a farlo perché mi sa che ancora non l'ha fatto. Quindi, grazie Presidente. Aspettiamo risposte da questo Governo e speriamo di averle, questa volta, perché altrimenti va a finire come con l'emendamento che avevano presentato e poi ritirato perché non lo potevano presentare in quel provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Chiara La Porta. Ne ha facoltà.

CHIARA LA PORTA (FDI). Grazie Presidente e onorevoli colleghi. Le criticità relative al caro affitti per gli studenti fuori sede, soprattutto per coloro che arrivano dalle aree interne o montane, e in generale relative al diritto allo studio sono tematiche prioritarie per l'Esecutivo. Lo sono sempre state per il partito che mi fregio di rappresentare su questi banchi e, ancora prima, per il movimento giovanile di cui sono vicepresidente e per Azione universitaria, movimento universitario che ho rappresentato per quattro anni come eletta all'interno dell'ateneo fiorentino.

Il problema è reale, ma non dobbiamo farci ingannare dalle recenti proteste di alcuni studenti perché, soprattutto nelle grandi città universitarie, come Milano, Roma, Firenze e Bologna, è una criticità significativa da anni o da sempre, come ha appena detto la collega Raffa.

In generale, negli ultimi 5 anni, i prezzi degli affitti e quelli delle vendite degli appartamenti sono aumentati in misura esponenziale. Secondo lo storico presente nell'ultimo report pubblicato da idealista.it, nell'aprile 2018, la variazione annuale si attestava su un più 2,1 per cento; nello stesso mese del 2023 si attesta ad un più 10,1 per cento. L'aumento dei prezzi degli affitti nel nostro Paese quindi ha superato, negli ultimi 5 anni, il 30 per cento.

Comprendiamo certamente la protesta di questi giorni da parte dei giovani ma, alla luce di questi dati degli ultimi 5 anni, ci pare strumentale che gli studenti, soprattutto di sinistra, delle associazioni studentesche di sinistra che conosciamo bene, scendano in piazza proprio adesso. È lecito chiedersi, infatti, perché una protesta del genere, con la sinistra al Governo, non ci sia mai stata.

Mi permetta una precisazione: nel corpo della mozione del collega Caso viene sviluppata una narrativa ad ampio respiro, andando ad annoverare anche alcune realtà europee; non si menzionano tuttavia realtà dalle quali questo Esecutivo si discosta con orgoglio, a garanzia di un'equità sociale troppo spesso dimenticata, pur senza criticare il sistema altrui. È il caso tedesco, ove gli enti per il diritto allo studio in tema di locazioni assegnano i posti in ordine cronologico, se non addirittura estraendo a sorte: non esiste, infatti, una priorità per gli studenti che provengono da un contesto socio-economico svantaggiato, come accade in Italia con le biasimate borse di studio, vitali per gli studenti, fuori sede o no. Si pensi che, nel nostro sistema, le borse di studio vengono assegnate per motivi di incentivo economico oppure per particolari meriti scolastici, mentre in Germania, dato il numero limitato di posti, la competizione è molto alta e molti restano esclusi da quello che in Italia verrebbe chiamato il click day.

L'Esecutivo in carica da 7 mesi ha già introdotto numerose politiche di incentivo alle famiglie, mantenendo gli impegni presi in campagna elettorale: aiuti in busta paga per le famiglie in proporzione all'ISEE dichiarato, un decisivo stop al rialzo delle bollette e in tema di sostegno all'istruzione, una rimodulazione del bonus per i maggiorenni e una stabilizzazione del corpo docente.

Aggiungo che recentemente, per porre un argine ai rischi dell'alternanza scuola lavoro, è stata estesa la tutela assicurativa INAIL anche a migliaia di studenti e insegnanti per le attività pratiche di laboratorio e per i sinistri in itinere.

Entriamo nel merito delle mozioni. In legge di bilancio si prevede l'incremento di 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, da destinare agli studenti universitari e AFAM, anche al fine di dare continuità alle misure adottate nell'ambito del PNRR.

Più in dettaglio, la misura stanzia l'importo di 500 milioni di euro operando in una duplice direzione: aumentare di 700 euro in media l'importo delle borse di studio per raggiungere così un valore di circa 4.000 euro per studente, allargare la platea degli studenti beneficiari, riducendo il divario rispetto alla media dell'Unione europea di studenti con una borsa di studio.

Attualmente il 12 per cento degli studenti italiani beneficia di una borsa di studio, in confronto al 25 per cento della media dell'Unione europea. L'obiettivo è quello di portare il tasso di copertura in Italia almeno al 20 per cento, arrivando a 300.000 beneficiari nel quarto trimestre del 2023 e a 336.000 beneficiari nel quarto trimestre del 2024.

La legge di bilancio ha previsto inoltre il rifinanziamento del Fondo di cui alla legge n. 338 con 400 milioni aggiuntivi in tre anni, per potenziare il numero di posti letto per gli studenti universitari fuori sede, risorse che si sommano a quelle ordinarie, per un totale di 567 milioni di euro, con le quali nei prossimi anni potranno essere realizzati circa 14.000 posti letto in più da destinare al diritto allo studio. Un primo intervento è già stato realizzato e ha portato alla creazione di posti letto tramite procedure di acquisto o di locazione di lungo termine: con 300 milioni di euro sono stati creati 8.581 posti letto aggiuntivi, di cui 7.524 già assegnati a studenti universitari. Di questi, 2.173 sono stati realizzati da enti del DSU e università e, pertanto, direttamente assegnati agli studenti tramite graduatorie per il diritto allo studio, stabilite su base regionale tramite scorrimento. Il restante, pari a 5.840 posti letto, è stato realizzato da altre tipologie di soggetti che perseguono le finalità sociali per l'ospitalità studentesca, ad esempio i collegi di merito o le fondazioni.

In qualità di vicepresidente del Movimento giovanile, ho proseguito il lavoro tracciato dal Governo in una sorta di sussidiarietà verticale, partendo dai consigli comunali delle città universitarie o limitrofe. Verrà presentata a breve una mozione per stimolare appositi regolamenti locali finalizzati a dare impulso reale al dato normativo del decreto ministeriale del 16 gennaio 2017 in tema di locazioni agevolate per studenti universitari.

Inoltre, condivido la mozione - alla cui stesura ho contribuito - dei nostri rappresentanti di Azione universitaria al Consiglio nazionale degli studenti universitari, il CNSU, che avete citato per il coinvolgimento al tavolo ministeriale, attraverso una stretta collaborazione con gli enti locali e misure per l'eliminazione della tassa Tari per gli studenti con contratto superiore a 6 mesi di affitto e dimezzamento della stessa per gli studenti con contratto inferiore a 6 mesi di affitto. Si tratta di promuovere un accordo con l'ANCI, che favorisca la concessione di affitti convenzionati e agevolati agli studenti universitari, coinvolgendo i proprietari immobiliari ed ogni altro soggetto interessato, al fine di dare vita a una convenzione che preveda la possibilità di applicare sgravi fiscali sulla tassazione locale ed eventuali altre agevolazioni a coloro i quali, garantendo in ogni caso accettabili standard qualitativi, affittino i loro appartamenti a studenti universitari a canoni calmierati, bilanciando il diritto di abitare la città, per garantire la qualità della vita di tutti, anche attraverso la revisione degli accordi con i locatori sul canale concordato. Si tratta di confrontarsi con le associazioni di categoria esistenti e gli enti pubblici territoriali al fine di innovare le società partecipate di gestione del patrimonio immobiliare pubblico, rendendole innovative e funzionali, anche reperendo nuovi alloggi dal mercato privato e individuando quali immobili, ascritti al patrimonio pubblico comunale o di altri enti, possano servire ad aumentare lo stock abitativo da mettere a disposizione. Si tratta di favorire l'impegno delle singole regioni affinché si preveda e si provveda a mettere in campo tutte le misure sopra individuate come atto necessario e doveroso da parte dell'amministrazione regionale al fine di supportare le famiglie e gli studenti che vedono minacciato il proprio diritto allo studio, garantendo loro il diritto all'abitare. Si tratta di attivarsi al fine di incrementare il numero di alloggi disponibili degli studenti delle università italiane anche mediante l'impiego di beni sottratti alla criminalità organizzata, preminentemente in prossimità degli atenei.

Siamo consapevoli che per gli studenti la questione alloggio, ovvero la frequenza non solo delle lezioni e ai corsi universitari ma anche della vita universitaria, a 360 gradi, sia una tappa fondamentale nel percorso di crescita sicuramente accademico, ma soprattutto sociale degli studenti. Per questo ci stiamo muovendo, in ogni ambito possibile. Il Governo e Fratelli d'Italia sono convinti dell'importanza di tutelare, anzi migliorare, il diritto allo studio degli studenti, anche e soprattutto perché ciò non rappresenta solamente un investimento sul futuro dei nostri ragazzi, che già è importante, ma, soprattutto, della nostra Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisabetta Piccolotti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Grazie, Presidente. Innanzitutto, dico “finalmente”, perché c'è voluta la vicepresidente di Gioventù nazionale, che ha appena parlato, per ammettere che un problema c'è, che gli studenti italiani hanno sulle spalle il peso di affitti insostenibili e che devono pagare affitti altissimi a causa della speculazione immobiliare che sta facendo ammalare tutte le grandi città italiane. Dico questo “finalmente” e poi, però, vengono le note dolenti, perché la deputata, vicepresidente di Gioventù nazionale , La Porta ha detto, sì, che il problema esiste, però poi ha detto che gli studenti, che stanno protestando, ingannano gli italiani, poiché il problema c'è da sempre e loro, invece, stanno protestando solo oggi, che c'è un Governo di destra. Mi dispiace che abbia detto ciò, perché essendo un esponente di un'organizzazione giovanile - anch'io da giovane ho fatto la portavoce di un'organizzazione giovanile nazionale - dovrebbe ben sapere che in tutte le piattaforme di tutte le organizzazioni studentesche e di tutti i sindacati studenteschi sono circa vent'anni che si cita il caro affitti e si chiedono misure che possano, in qualche modo, aiutare ad affrontare il problema. Quindi, il lato problematico della questione non è in carico agli studenti, che hanno sempre protestato e protestano anche oggi, semplicemente con una formula diversa, che ha forse più attenzionato la discussione della politica, ma è in capo ai Governi. Veniamo al tema delle proposte, perché io credo che molte delle misure di cui abbiamo ascoltato siano sostanzialmente acqua fresca. È acqua fresca, per esempio, dire che risolviamo il problema riducendo la tassazione locale applicata dai comuni, oppure che risolviamo il problema cancellando la Tari per chi ha un affitto più lungo di 6 mesi o che riduciamo la questione se sostanzialmente mettiamo in mano, come sta facendo il Governo, alle grandi società immobiliari del Paese milioni e milioni di euro, senza avere in cambio alcun posto letto stabile e per il futuro.

Dico tutto ciò, perché mi pare che questo modo retorico di affrontare la questione degli affitti faccia il paio con le tante cose spiacevoli che abbiamo sentito dire in questi giorni. Infatti, se la destra, come sta facendo da mesi, può dire che è colpa del disoccupato se si trova in condizione di disoccupazione - e questo è già grave e davvero fastidioso -, trovo assurdo che la destra possa dire che è colpa degli studenti se trovano affitti troppo alti. Abbiamo sentito tanti di destra, intellettuali e giornalisti, dire che sono dei “divanisti”, che non hanno voglia di prendere il treno la mattina, che sono esagitati, che sono figli di papà. Vorrei entrare un po' nel merito, perché questo atteggiamento di molti intellettuali e molti esponenti politici della destra è offensivo, io credo, anche nei confronti di molti elettori del centrodestra e di molti ragazzi di destra che, come tutti gli altri, affrontano il problema del caro affitti.

La deputata di Fratelli d'Italia dice: abbiamo fatto il taglio del cuneo fiscale, abbiamo dato tanti aiuti alle famiglie più deboli. Ebbene, vediamo questi numeri. Secondo voi, un taglio da 90-100 euro, su uno stipendio sotto i 35.000 euro, aiuta chi 1.400-1.500 euro al mese, a pagare l'affitto del figlio a Milano di 600, 700, 800 euro al mese, magari in famiglie dove ci sono due figli che vanno all'università? Io penso di no e penso che, se affrontiamo il problema da questo punto di vista, non troveremo mai la soluzione, perché la soluzione, invece, è rifinanziare il diritto allo studio e, per come la pensiamo noi, rendere l'istruzione, al pari della sanità, un diritto costituzionalmente garantito, reso esigibile da risorse pubbliche della fiscalità generale, per tutti e per tutte, dagli zero anni dell'asilo fino all'università. Ciò significa che dobbiamo provare a immaginare misure molto diverse da quelle che il Governo sta mettendo in campo. Per dare un suggerimento su tutti, basterebbe fare la riforma del catasto e una patrimoniale sugli immobili milionari - ossia non gli immobili dei comuni mortali, ma di quanti hanno ricchezze gigantesche - per finanziare il diritto allo studio, per mettere in condizioni tutti di avere la borsa di studio che meritano e anche per finanziare la costruzione di studentati pubblici, ovviamente costruiti attraverso operazioni di rigenerazione urbana sull'edificato esistente, in particolare su tanti immobili in disuso della pubblica amministrazione, come, ad esempio, le caserme militari abbandonate e quelli sequestrati alle organizzazioni criminali.

Insisto sul fatto che bisogna prevedere studentati pubblici, perché noi di Alleanza Verdi e Sinistra consideriamo uno scandalo l'operazione che state facendo sugli studentati privati. La consideriamo uno scandalo tanto più oggi, che abbiamo letto sul Corriere della Sera, che siccome non è sufficiente il corrispettivo esentasse di 12.500 euro per posto letto alle società immobiliari, oltre tutte le agevolazioni fiscali che vengono per i dieci anni a seguire, il Governo sta cercando ulteriori 10.000 euro a posto letto, per un ammontare complessivo di 500 milioni, da mettere nei bilanci delle società immobiliari private, per ottenere questi famosi 52.000 posti letto. Io vorrei che noi discutessimo ciò nella nostra mozione. La vicenda è molto approfondita perché risale al PNRR, approvato in epoca Draghi, purtroppo, anche da alcuni partiti oggi all'opposizione.

Vorrei che discutessimo sulla ratio di questa operazione, perché la verità è che il Governo sta consegnando 660 milioni di euro a privati, in cambio di posti letto che durano solo tre anni e che, allo scadere dei tre anni, torneranno nelle disponibilità del privato per essere messi sul mercato a prezzi di mercato. Quindi, attraverso i fondi del PNRR, invece di finanziare un investimento sugli studentati pubblici, che poi restano alle nostre ADISU per sempre e anche per il futuro, stiamo facendo l'ennesimo, gigantesco e vergognoso regalo alla speculazione immobiliare e finanziaria.

Allora, basta dire che venite incontro agli studenti, basta dire che la vostra priorità è il diritto allo studio, basta fare le mozioni parlando della cancellazione della Tari! Infatti, mentre fate le mozioni parlando della cancellazione della Tari - e mi viene da ridere -, mentre chiedete di incentivare il canone concordato, ma non chiedete i controlli delle Forze di Polizia sulla regolarità dell'iscrizione dei contratti - perché, come tutti sanno, la stragrande maggioranza di questi contratti è a nero -, mentre fate questo, cioè state sul terreno della retorica, sul terreno della sostanza trasferite milioni e milioni e milioni di fondi pubblici europei, che sono di tutti e tutte, nei bilanci delle grandi società immobiliari. E lo fate, per giunta, esentasse!

Vogliamo risposte su questo e vi chiediamo, com'è scritto nella nostra mozione che abbiamo depositato, di rivedere questa norma del PNRR, non con l'emendamento che state depositando, che aggira la questione degli aiuti di Stato, perché, giustamente, l'Unione europea chiede come sia possibile fare un'operazione di trasferimento di fondi ad aziende private in maniera così diretta, ma presentando, invece, un emendamento che stabilisca che, in via prioritaria, le risorse del PNRR vadano assegnate alle agenzie regionali per il diritto allo studio e alle università per ristrutturare immobili pubblici e costruire posti letto pubblici per i ragazzi e le ragazze del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Braga ed altri n. 1-00143 concernente iniziative in materia di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (ore 15,22).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Braga ed altri n. 1-00143 concernente iniziative in materia di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 26 maggio 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 26 maggio 2023).

Avverto che è stata presentata la mozione Francesco Silvestri ed altri n. 1-00146 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare il deputato Stefanazzi, che illustrerà anche la mozione Braga n. 1-00143, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, nel momento più buio della pandemia, il Recovery Plan è stato un vero e proprio raggio di luce, che ha tenuto viva la speranza in tutti noi e ha sancito un passo in avanti significativo per l'intera Europa, che è quello del debito comune, che, fino a quel momento, sembrava essere una chimera. Ha dato una direzione a una comunità in panne, disorientata, in difficoltà, che rischiava di vedere ciascuno dei suoi membri ritrarsi nel proprio egoismo.

Il Recovery Plan ha dato all'Europa un nuovo orizzonte, un obiettivo comune e una promessa per il futuro. Un impegno che, ricordiamolo, non si esauriva nell'affrontare insieme il seppure enorme problema del COVID-19, ma che serviva ed è servito a gettare le basi per un futuro profondamente diverso, all'insegna del rispetto dell'ambiente, della coesione sociale e dello sviluppo equo e sostenibile, e poi, come ho detto, della condivisione di queste sfide attraverso il ricorso al debito comune.

Questo Governo, a distanza di 3 anni da quei giorni importanti, di fatto sta tradendo quella promessa, la promessa che avevamo fatto ai nostri partner europei, ma soprattutto l'impegno che era stato preso nei confronti del Paese, prima tramortito dalla pandemia e poi dalla crisi energetica. Attuare il PNRR, per quanto sfidante e complesso, non lo ignoriamo, è una prova fondamentale per la credibilità e l'affidabilità del nostro Paese di fronte agli alleati europei e all'intero contesto internazionale. Signor Presidente, voglio ricordare al Governo che il fatto che altri Paesi stiano valutando la possibilità di rimodulare il PNRR non determina un “mal comune, mezzo gaudio”, perché l'impegno assunto dall'Italia, la quantità di risorse trasferite e il ruolo avuto in quei momenti, in quei mesi difficili, attribuiscono all'Italia una responsabilità del tutto peculiare. Una prova, tuttavia, che stiamo affrontando nella maniera peggiore e che oggi rischiamo di fallire. Allo stato attuale, infatti, non abbiamo ancora notizie della terza rata da 19 miliardi, e questo non fa ben sperare, dal momento che è dal 31 dicembre che attendiamo risposte dalla Commissione. Le risposte non arrivano e un motivo ci sarà, probabilmente legato a un Governo che continua a non dare garanzie e a navigare a vista sul tema PNRR. La prossima rata, quella legata agli obiettivi del primo semestre 2023, è a forte rischio, come, peraltro, il Governo ammette.

Ora è chiaro, signor Presidente, che non possiamo limitarci a guardare con ottimismo a quanto sta avvenendo, soprattutto perché i segnali che arrivano dalla maggioranza continuano a essere incerti e non di rado contraddittori, in un contesto di scarsa trasparenza e condivisione. I tentennamenti che registriamo da mesi rischiano di compromettere la terza e la quarta rata, perché, se fin dall'inizio della legislatura abbiamo sentito parlare di impossibilità di raggiungere gli obiettivi, di dirottamento dei fondi, di rinuncia ai progetti, l'unica certezza è che questo Governo ha approcciato la sfida del PNRR con fare piuttosto arrendevole, e questo fin dall'inizio.

Nelle ultime ore, stiamo assistendo addirittura all'ingaggio di una lotta con la Corte dei conti, colpevole di avvertirci, nell'esercizio delle sue funzioni, di tutto quello che non sta funzionando. Questa presa di posizione della Corte sta addirittura facendo immaginare alla maggioranza un possibile ridimensionamento dei ruoli e del potere dei magistrati contabili, e questo nel solco - lo dobbiamo dire, purtroppo - di una strategia chiara da parte del Governo di mettere in discussione gli equilibri istituzionali previsti dalla nostra Costituzione.

Invece di impiegare il tempo a sostenere le amministrazioni pubbliche e accelerare la spesa, questo Governo ha preferito lanciarsi in complicatissimi piani di riforma della governance del PNRR e addossare, peraltro, la responsabilità dei ritardi ai Governi precedenti. Il Governo ha smantellato la Segreteria tecnica e il Servizio centrale per il PNRR per mettere in piedi ex novo due strutture parallele, completamente assoggettate all'autorità politica delegata, ovvero al Ministro Fitto, che continua, in maniera incredibile, ad accumulare funzioni e poteri esclusivi.

La nuova struttura di missione per il PNRR è stata istituita a tempo di record, è vero, ma qualcuno si illude che basti un decreto per dare origine e per fare lavorare una struttura così complessa? Quanto impiegherà il Governo a mettere in moto la macchina, per assumere o mobilitare il personale, per trasferire le funzioni, per organizzare gli uffici? Lo stesso dicasi per l'Ispettorato generale, che è una articolatissima e complicatissima struttura, che, in realtà, come sappiamo, è servita esclusivamente per togliere al MEF gran parte dei compiti che gli erano stati affidati.

Insomma, l'impressione è che questa enorme, gigantesca e confusa manovra di riforma della governance sia non solo intempestiva, ma anche dannosa. Devo dire che sembra rispondere a un progetto piuttosto inquietante, che è quello di creare presso la Presidenza del Consiglio un interlocutore unico delle parti sociali, un soggetto, cioè, che debba risolvere i conflitti e ingaggiare le sfide con le parti sociali e con i cosiddetti stakeholder in maniera isolata, in un progetto neo-corporativo che da lontano ricorda il Ministero delle Corporazioni. Le conseguenze le vedremo, purtroppo, a fine giugno, quando ci toccherà fare la conta delle milestone e dei target che non saranno raggiunti, con buona pace delle risorse che perderemo.

Peraltro, il disegno di accentramento del PNRR non è isolato. Con lo stesso decreto, infatti, abbiamo assistito - molto sorpresi, soprattutto perché il decreto è stato proposto da un ex presidente di regione - all'accentramento e alla modifica della governance anche della politica di coesione. È stata soppressa l'Agenzia, per riportare sotto lo stesso ombrello anche la gestione dei fondi nazionali e comunitari. Anche questo è un passo falso purtroppo, che metterà in gravi difficoltà le regioni e gli enti locali, impedirà di raggiungere i target di spesa accettabili dai fondi europei e, di conseguenza, obbligherà a perdite importanti sotto il profilo dei bilanci degli enti pubblici. Si tratta di soldi che dovrebbero essere destinati all'istruzione, alle infrastrutture, alla rigenerazione urbana, alla riqualificazione professionale, alla cultura, risorse senza le quali il Mezzogiorno può dire addio a ogni aspirazione di convergenza con il resto d'Italia. Infatti, Presidente, l'errore clamoroso che il Governo sta facendo, soprattutto rispetto alle politiche di coesione, è di ignorare che le politiche di coesione e gli altri fondi di programmazione sono un tutt'uno, sono una programmazione congiunta, la sola in grado di ricucire gli strappi che la nostra società ha subito a causa della pandemia e che hanno aggravato il divario Nord-Sud preesistente alla pandemia.

Il sospetto, a questo punto, è che il Governo abbia esclusivamente in mente di fare incetta di risorse perché, quando ci comunicherà che non sarà in grado di spendere i soldi del PNRR per realizzare i progetti, probabilmente, utilizzerà o intenderà utilizzare i fondi per la coesione per realizzare quegli investimenti. Il che è errato perché, com'è noto, i fondi per la coesione, insieme ai piani operativi regionali e anche ai piani operativi ministeriali, sono, in realtà, nuova programmazione, hanno un obiettivo diverso, hanno obiettivi nuovi, traguardano una realtà che nel frattempo è cambiata, che è in divenire e che richiede interventi straordinari e innovativi.

Sono mesi che sentiamo sempre le stesse parole. Alla preoccupazione che si perdano le risorse, si aggiunge la perplessità di non aver capito né come né dove il Governo intenda intervenire, a quali progetti stiamo realmente rinunciando e quali risorse stiamo decidendo di restituire. La Commissione ha chiesto al Governo di presentare le modifiche al PNRR insieme con il nuovo capitolo del REPowerEU entro il 30 aprile di quest'anno. Siamo al 29 maggio e non mi sembra che il Governo abbia inviato o abbia condiviso nemmeno uno straccio di programmazione. Fino a qualche settimana fa, lo ammetto, ci chiedevamo dove fossero le carte e, soprattutto, perché il Governo le custodisse in maniera così gelosa. Da qualche giorno, ci stiamo chiedendo se queste carte esistano, se il Governo abbia la benché minima idea di come far fronte alle richieste della Commissione europea. Se è vero, infatti, che l'Europa ci consente una revisione del Piano nazionale, è altrettanto vero che dovremmo anche cominciare a dire in che modo vogliamo modificare questo Piano e dovremmo condividere con Bruxelles le nostre idee e le nostre preoccupazioni.

Per concludere, signor Presidente, siamo convinti che il Governo stia perdendo tempo, troppo tempo a lamentarsi delle cose che non vanno invece di assumersi la responsabilità di farle funzionare. Il Governo ha fatto una scommessa al buio, pericolosissima, sulle governance di tutto il PNRR, esattamente a metà strada dello stesso: a 3 anni dal traguardo, avete deciso di fare il gioco delle tre carte con le strutture ministeriali. L'avete fatto senza capire che questo avrebbe portato inevitabilmente altri gravi rallentamenti all'attuazione del Piano e, nel frattempo, mentre la confusione regnava a Palazzo Chigi, il Parlamento è stato completamente pretermesso, esautorato da queste decisioni, come se non contasse nulla, come se fosse un fastidioso intralcio ai progetti dell'Esecutivo.

Con la mozione, Presidente, noi chiediamo chiarezza, innanzitutto, fra i membri del Governo, perché assistiamo in maniera piuttosto divertente a membri del Governo che si sconfessano l'un l'altro, anche a distanza di pochi minuti, sui tempi e le modalità di attuazione del PNRR. Chiediamo chiarezza rispetto al PNRR e al REPowerEU, perché vorremmo vedere finito questo avvilente teatrino e rispettato ogni singolo impegno previsto dal PNRR, perché è una questione di serietà e di credibilità e le conseguenze di una resa non si fermeranno solo alla perdita delle risorse del Piano ma avranno un impatto sui bilanci dello Stato molto, molto pericoloso. In caso contrario, nel caso in cui non abbiate un'idea di quello che avete in mente di fare, vi chiediamo, chiediamo al Governo di venire in Parlamento e di dire ai parlamentari e ai cittadini a cosa stiamo rinunciando, quali sono le strade, quali sono gli ospedali, quali sono le tratte ferroviarie che non saranno realizzati, uno per uno.

Infine - e chiudo - chiediamo al Governo di rispettare la parola data sul Mezzogiorno, che rischia di essere la vera vittima sacrificale del negoziato con l'Unione europea, di assicurare il rispetto della quota del 40 per cento, che era prevista originariamente, ma anche di garantire lo sblocco delle risorse dei Fondi di sviluppo e coesione, in modo che vengano ad essere immediatamente a disposizione della regione. Questo, a meno che non abbiate in mente e il Governo non abbia in mente di distruggere definitivamente il sistema della programmazione della spesa pubblica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Silvestri, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00146. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente. Quanto sta accadendo sul PNRR ci preoccupa altamente, perché non passa un giorno in cui non si veda un Ministro contraddire un altro Ministro o, addirittura, se stesso, oppure in cui il Governo non cerchi di incolpare qualche altro organo. Dapprima, è stato il presidente Conte, troppo meritevole di aver portato troppi fondi, troppi soldi da investire, poi è stato il turno degli enti locali e, adesso, è il turno, invece, della Corte dei conti. Lo spettacolo che si sta dando sarebbe anche comico, se non fosse che gli effetti ricadono sulla vita reale delle persone che, ovviamente, hanno subito un percorso difficilissimo per uscire dalla pandemia. Questi soldi, lo ricordiamo, servono a fare in modo che il Paese possa ripartire proprio dalle radici di quegli sforzi che il Paese ha fatto. Il punto è che l'Europa ci sta dicendo, con tutti i mezzi, che si sta stancando di questa incompetenza, fa trapelare il fatto che potrebbero anche rimandare la terza rata. Siamo in un momento in cui stanno sfuggendo alcune progettualità, tra tante quella, ad esempio, sugli asili nido, i quali potrebbero vedere momentaneamente rimandata una parte sostanziale di investimenti. Ricordiamo che lo spazio pubblico degli asili nido, in questo Paese, copre il 26 per cento e, quindi, abbiamo bisogno di queste risorse per aumentare le strutture. Lo stesso vale per tutta la parte relativa ai pendolari, alle strutture che servono a riqualificare e a migliorare la vita delle persone proprio nella loro quotidianità. La stessa questione riguarda anche il nostro sistema sanitario nazionale. Per voi questa è stata l'occasione per mettere su un teatrino, il tribunale di una Commissione COVID che è al limite tra il patetico e ridicolo. Per voi, questa è un'occasione per fare un processo al presidente Conte, forse perché non vi piace quel rapporto che il presidente ha stabilito con gli italiani in un momento difficile, mentre sarebbe potuta essere un elemento di assoluta analisi su quello che non ha funzionato durante la pandemia. Invece, avete messo su un bel momento per analizzare solamente le tappe fatte dal presidente, escludendo completamente l'analisi per quanto riguarda l'impatto territoriale; quindi, via la parte dei territori. Anche qui, si è mancato di sensibilità.

Il punto è che, poi, appena arrivati, avete fatto subito confusione sulla governance come anche sulla parte progettuale. Il tempo passa, la situazione diventa sempre più preoccupante. Avete accentrato l'elemento della governance - come detto prima - quando, pochi mesi prima, lo criticavate come atteggiamento del presidente Conte. Poi, siete arrivati qui e avete fatto la stessa cosa, semplicemente perché vi conveniva.

Ora, Presidente, credo sia veramente il momento di spendersi per assumere impegni chiari davanti al Paese - ed è quello che stiamo facendo con questa mozione - per non vanificare la grande conquista di aver ottenuto risorse utili per rafforzare, ad esempio, come dicevo prima, il nostro sistema sanitario nazionale, per assicurare la massima priorità nell'attuazione degli investimenti e degli interventi previsti per il contenimento del dissesto idrogeologico e del consumo di suolo. Lo stiamo vedendo in questi giorni: dalla terza rata in poi arriveranno anche quei fondi e ritardare questo vuol dire anche ritardare quel tipo di interventi.

Vi abbiamo chiesto, in questa mozione, di scongiurare la distrazione delle risorse del PNRR a favore del cofinanziamento dell'industria della difesa. Ci mancherebbe anche altro che fondi del PNRR venissero usati anche per implementare le spese militari; già non va bene con le spese ordinarie, figuriamoci se ci mettiamo quelle del PNRR.

Vi abbiamo chiesto poi di garantire che l'Italia si doti di uno strumento universalistico per l'inclusione e il contrasto delle forme estreme di esclusione sociale, attraverso il ripristino del sistema, ad esempio, del reddito di cittadinanza. Non c'è una cintura di protezione sociale adeguata rispetto alla crisi che stiamo vivendo; è questa la contestazione che continuiamo a fare.

Vi abbiamo chiesto, inoltre, di adottare ogni iniziativa utile per il raggiungimento degli obiettivi trasversali, come la sostenibilità economica, sociale e ambientale, nonché la relativa attuazione nell'ambito delle transizioni digitali e green. È quello il futuro a cui ci rivolgiamo, è quello il potenziale anche imprenditoriale e industriale del nostro Paese. Sbagliare questo tipo di investimenti vuol dire anche condannare il nostro Paese a vent'anni, trent'anni di politiche industriali sbagliate e non ce lo possiamo permettere in alcun modo con riferimento alla competitività europea.

Ovviamente, chiediamo, poi, di assumere ogni iniziativa utile allo sblocco dei crediti fiscali edilizi incagliati ai danni dei cittadini e delle imprese. Su questo passaggio sto incontrando, non solo imprese, che sono entrate in crisi e stanno fallendo, ma anche cittadini che non sanno minimamente come uscire dalla situazione dei crediti incagliati. È una questione che potevate affrontare, se non vi piaceva quel tipo di misure - ricordo che, nell'idea del MoVimento 5 Stelle, era previsto che il superbonus avesse più fasi, per poi strutturarsi in un altro modo rispetto a come era stato concepito, ma in quel momento serviva per rilanciare il Paese - ma dovevate scegliere un criterio d'uscita che non danneggiasse né imprese né persone. Voi siete riusciti a fare un criterio di uscita che ha danneggiato sia le une sia le altre.

Chiediamo di garantire anche l'assunzione di 70.000 docenti e intraprendere, anche con urgenza, azioni finalizzate ad assicurare il conseguimento dei target “Borse di studio per l'accesso all'università”.

Vi impegniamo anche affinché arriviate finalmente alla definitiva adozione dei decreti attuativi per la disciplina delle comunità energetiche rinnovabili. Altro tassello su cui il Governo, da quando si è insediato, non ha fatto fondamentalmente nulla.

Infine, vi chiediamo anche di garantire il coinvolgimento pieno e tempestivo del Parlamento nel processo di definizione dell'eventuale proposta di modifica del PNRR e di istituire un tavolo operativo con il coinvolgimento di tutte le forze politiche per superare le conclamate difficoltà operative nell'ambito attuativo del Piano che, se non ricordo male, era anche il punto di vista delle forze di maggioranza, soprattutto della maggiore forza di maggioranza nel momento pandemico: “aprite un tavolo, coinvolgete tutti, il COVID è un'emergenza nazionale, non solo della maggioranza”. Ma c'è una cosa tra quelle che dicevate, durante il COVID, che oggi state riproponendo come principio? Perché, altrimenti, è facile dire, da opposizione, durante il COVID: “non c'è partecipazione”, “la governance è accentrata” e via seguitando. Poi ad un certo punto diventate forze di maggioranza e vi fate richiamare dal Presidente della Repubblica per come state gestendo l'attività governativa nei confronti del Parlamento, fate le cose che aveva fatto Conte e che avevate contestato, nel totale silenzio, subite le logiche dell'austerity, tanto che ora vi prendete in silenzio il plauso di Monti e seguite anche le direttive senza alcun elemento critico rispetto a quello che sta succedendo per quanto riguarda la guerra. Allora, da questo punto di vista, così, è facile.

Però, è molto importante anche fare un ultimo passaggio, considerate le difficoltà sugli investimenti o a spendere i soldi, perché poi c'è anche questo problema: noi arriviamo in Parlamento, c'è il Ministro Fitto che parla e da una parte risponde la prima forza di maggioranza dicendo: “spenderemo tutti i soldi”; dall'altra, si alza il capogruppo di un'altra forza di maggioranza, dicendo: “non li prendiamo tutti”.

Ora, diteci voi a chi dobbiamo credere, perché pensare che siamo ancora in un momento in cui non sappiamo se prendere tutti o parte dei soldi è un problema, ma non per noi, per il Paese. E se abbiamo questa incapacità di spesa o problematiche nello spendere i soldi del PNRR, con tutto quello che sta accadendo in Emilia-Romagna, era proprio il momento di mettere a terra un progetto, completamente inutile in questa fase, che ci costa 15 miliardi, come quello del Ponte sullo Stretto, mentre una nostra regione era completamente allagata? E vi vantavate anche di questo nel giorno dell'approvazione in Senato!

Concludo, Presidente. Noi ricordiamo bene tutto il vostro ostracismo contro il Presidente Conte quando si è battuto in Europa per portare queste gigantesche risorse nel nostro Paese, così come ricordiamo bene tutti i vostri sorrisi, quando vi siete resi conto, a malincuore a questo punto, del grande e innegabile successo ottenuto.

È forse questa la ragione di tutta questa operazione? Perché, se così è, bisogna assumersi la responsabilità: o coinvolgete tutto l'asse parlamentare nel più grande progetto per il Paese, oppure, non si scappa, ve ne prenderete tutte le responsabilità. Non c'è cosa peggiore che accentrare tutti i poteri e, se le cose non vanno, cominciare a distribuire le colpe: Corte dei conti, Parlamento, opposizione. Non vogliamo più sentire questa litania, perché tutto quello che potevamo fare per darvi un aiuto lo abbiamo messo in campo, ma non solo con riferimento a questo aspetto, anche sull'operazione degli effetti dei mutui, su tante nostre proposte, anche quella che abbiamo sentito prima sulla questione del caro degli affitti del nostro collega Caso, firmata dal nostro collega Caso. Vi abbiamo proposto tante soluzioni, vi stiamo inondando di proposte, ma non rispondete o denigrate chi cerca di aiutarvi.

Allora, su questo non c'è scampo: se non accettate il nostro aiuto, vi prenderete la responsabilità di tutti quelli che saranno gli effetti dei ritardi che graveranno sulla vita delle persone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Andrea Quartini. Ne ha facoltà.

ANDREA QUARTINI (M5S). Grazie, Presidente. Abbiamo presentato questa mozione, perché la preoccupazione è davvero significativa, da parte nostra, rispetto a quello che potrebbe succedere sul più imponente e più importante finanziamento che la nostra Nazione ha la possibilità di utilizzare da sempre, fondamentalmente da sempre. Si parla di più di 200 miliardi, dei 209 miliardi previsti per la Next Generation EU, lo ripeto 209 miliardi; per il PNRR, 192 miliardi: 122 sono prestiti a tassi veramente concorrenziali, 70 sono a fondo perduto. Quindi, è un'impresa straordinaria dal punti di vista delle possibilità di investimento, di fare operazioni virtuose e di vincere anche tante diseguaglianze che sono presenti all'interno del nostro Paese in termini di gap Nord-Sud e non è accettabile che possano essere sprecate.

Inoltre, questi finanziamenti sono costati lacrime e sangue, ricordiamocelo. Era la fase post-pandemico-bellica, perché è stata una vera guerra, quella che abbiamo combattuto contro il virus durante la pandemia. Questi fondi sono stati ottenuti con un'imponente opera da parte del presidente Giuseppe Conte - da parte del Governo “Conte 2” - e sono stati sottratti, pensate un po', alla gestione di quel Governo che molti ritenevano non in grado di gestirli o di spenderli, perché era il Governo dei non competenti.

Allora, che cosa è stato fatto? È stato deciso di affidarli al Governo dei migliori, che dovevano essere più bravi dei non competenti, e successivamente sono stati affidati al Governo dei pronti, che dovevano essere pronti, competenti e migliori dei non competenti. Il tutto ha voluto dire che, ad oggi, stiamo mettendo a rischio l'80 per cento di quei finanziamenti. Questa è una cosa inaccettabile nella maniera più assoluta! Li stiamo mettendo a rischio! E il Governo e la maggioranza pensano solo alla propaganda, pensano al Ponte di Messina, ai rave, a proteggere gli evasori fiscali e a dargli gli scudi, invece di concentrarsi integralmente su questo PNRR che ci può consentire di fare un salto straordinario all'interno di questo Paese. Questo non è assolutamente accettabile!

Quello che diceva il collega Francesco Silvestri è assolutamente vero. C'è un alto livello di responsabilità e di responsabilizzazione delle opposizioni, perché, se fossimo vendicativi, come spesso si mostrano i colleghi della maggioranza, dovremmo solo attaccare. Invece, stiamo facendo alcune proposte. Questa mozione è piena di proposte e siamo anche disponibili - e il presidente Conte l'ha detto a più riprese - a metterci seduti a un tavolo, perché non si deve rinunciare nemmeno a un centesimo dei fondi del PNRR! Siamo a disposizione per questo. Sarebbe gravissimo perdere anche un solo centesimo.

In questo, la maggioranza è imbarazzante, Presidente. È imbarazzante, perché ogni giorno parte un treno diverso. C'è anche chi dice che vorrebbe rinunciare a parte di questi finanziamenti. Addirittura, è stato criticato - ripeto: è stato criticato! - un ente indipendente e neutrale, come la Corte dei conti. Un ente neutrale e indipendente, come la Corte dei Conti, ci dice: “Attenzione, siete in ritardo e si rischia di perdere questi soldi”. E la colpa è della Corte dei conti| Si dà la colpa alla Corte dei conti, si cerca di soffocarla. Ho parlato di dittatura della maggioranza, ma, se si continua, così si va in quella direzione. Se si mettono in discussione gli organismi indipendenti, non si finisce più. Lo state facendo su tutto! Lo state facendo anche con Aifa (non lei, Presidente, ma la maggioranza).

Allora, la nostra mozione va proprio nella direzione di impegnare il Governo sull'obiettivo di non perdere i fondi, di non sprecarli e di fare attenzione anche al rischio di infiltrazioni mafiose, che, più volte, sono state segnalate. Anche su questo, con la storia della modifica del codice degli appalti, ci fate dubitare sulla volontà di questa maggioranza.

Poi, c'è un altro aspetto importante del PNRR, che non viene mai considerato, né citato, ma è forse uno dei pochi progetti, anche a livello internazionale, che davvero cerca di rendere operativo quel pensiero, presente in passato, molto coerente con certe filosofie orientali e buddiste; il progetto in cui si parlava di Gaia, questa terra che è un tutt'uno. C'è questa capacità nel PNRR - e, secondo me, bisogna doverosamente rendere atto a Giuseppe Conte che si è impegnato con una postura importante a livello europeo - di dire: finalmente mettiamo la salute in tutte le politiche! Pensi, Presidente, che circa il 40 per cento dei fondi del PNRR sono dedicati all'ambiente e al clima. Lo vuole anche l'Europa, ma noi stessi abbiamo sentito, con forza, questa necessità. Poi, il 20 per cento è sulla transizione digitale. Pensi, Presidente, che per la tutela del territorio e della risorsa idrica, il PNRR prevede lo stanziamento di 15 miliardi di euro, con 2,5 miliardi per interventi sul dissesto idrogeologico, con l'obiettivo della messa in sicurezza di 1,5 milioni di persone che vivono nelle aree attualmente a rischio idrogeologico. È accettabile un eventuale rallentamento, dopo quello che è successo in Emilia-Romagna, quando questi fondi sono previsti? Erano già previsti anche gli 11 miliardi che il presidente Conte aveva investito per il dissesto idrogeologico, per le infrastrutture e per l'ambiente. Lei, proprio lei l'aveva previsto!

Ma non solo. Per quanto riguarda le infrastrutture, abbiamo 61,5 miliardi. Il 55 per cento delle risorse deve essere destinato a interventi nel Mezzogiorno, al fine di provvedere al riequilibrio territoriale e combattere le diseguaglianze sociali. Tra gli obiettivi che destano particolare preoccupazione, si segnala, in particolare, quello avente ad oggetto l'aggiudicazione della gara per l'acquisto delle tre nuove unità navali veloci per il rinnovo della flotta navale dello Stretto di Messina. Il Governo sta abbandonando l'obiettivo di migliorare l'attraversamento dinamico dello Stretto per fare un ponte, che tutti definito una follia. È una follia ambientale e paesaggistica! Quindici miliardi si destinano lì e si corre il rischio di perdere i fondi del PNRR, perché qualcuno deve giocare a fare le costruzioni con il Lego. Non è accettabile questa impostazione!

Concludo, Presidente. Abbiamo sottolineato un rischio importantissimo, che è stato segnalato da un'istruttoria della Corte dei conti rispetto alla Missione 6 - Salute. La Corte ha fatto un'istruttoria sia sullo stato d'avanzamento delle case di comunità e sulla presa in carico delle persone, sia sul rafforzamento dell'assistenza sanitaria intermedia e sulle sue strutture (ospedali di comunità). Garantire prossimità assistenziale, specialmente alla popolazione anziana, e ridurre le ospedalizzazioni, anche quelle non urgenti, quelle di elezione, sono tra gli obiettivi principali del PNRR e del nostro Paese nella sanità; ospedali di comunità per patologie lievi, perché spesso, a causa dell'assenza di una medicina territoriale adeguata, si va a stravolgere l'organizzazione dei pronto soccorso, che risultano assolutamente congestionati, con difficoltà immense e con operatori stremati, fino a vere e proprie violenze, come abbiamo visto, che si verificano.

Era chiaro che c'erano alcune grandi occasioni per riuscire a trovare una soluzione nel PNRR. In particolare, entro il 2026, si dovrebbero attivare 1.400 case di comunità e 400 ospedali di comunità.

Per le 1.400 case di comunità sono previsti 2 miliardi e per gli ospedali di comunità un miliardo. Dei 15 miliardi per la salute, 3 miliardi erano proprio destinati a realizzare queste strutture. Ovviamente, il titolare dei progetti chi è? È il Ministero della Salute. E i soggetti attuatori sono le regioni. Il Ministro, tramite l'unità di missione, ha deciso di ricorrere a Invitalia Spa, quale centrale di committenza nazionale. La Corte dei conti ha rilevato il rischio di ritardi consistenti e il rischio di pregiudicare tutta la Missione 6 del PNRR. Ma la pandemia a questa maggioranza non ha insegnato proprio niente? Le ha solo insegnato che ha la possibilità di utilizzare una mannaia contro l'opposizione, con una proposta di legge di Commissione sul COVID che è un atto d'accusa, una sentenza già scritta? Solo questo ha insegnato la pandemia a questa maggioranza. Rischiamo di perdere un'occasione d'oro per implementare la sanità territoriale. È un rischio non accettabile. Noi, ovviamente, proponiamo che si vada a monitorare bene, a valutare l'avanzamento dei progetti, a non perdere tempo, a evitare stasi e rallentamenti su milestone e target, e a recuperare i ritardi accumulati. Questo è quello che chiediamo anche con riferimento alla Missione 6, rispetto alla salute. E ci sembra, in questo caso, di assoluto buon senso, Presidente. Io spero che la maggioranza prenda in considerazione le proposte che il MoVimento 5 Stelle sta facendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Saluto i rappresentanti del Governo. L'onorevole Stefanazzi ha svolto prima una pregevole illustrazione della mozione, richiamando, tra l'altro, la svolta europea sul debito comune, che sta alla base dell'iniziativa del Next Generation EU, di cui il PNRR è la traduzione italiana.

La nostra mozione, a prima firma della capogruppo Braga, impegna il Governo ad adempiere con urgenza all'attuazione di tutti gli impegni previsti dal PNRR e concordati con le istituzioni europee, evitando possibilmente di fare confusione, di mandare segnali sbagliati, di mettere nei fatti in discussione la credibilità e l'affidabilità del nostro Paese. Si sono accumulati ritardi non certo riconducibili al precedente Governo: questa è la sintesi incontrovertibile che vale per me come un giudizio politico.

Da 150 giorni aspettiamo la definizione della terza rata messa in discussione dalla Commissione con il congelamento del relativo bonifico di 19 miliardi. Spagna e Grecia stanno facendo molto meglio di noi, e un po' anche il Portogallo. Va ricordato che per ogni scadenza non rispettata si perdono circa 350 milioni di euro. Fin qui l'Italia ha ricevuto 67 miliardi: i primi 24,9 erogati ad agosto del 2021 in forma di prefinanziamento. La prima rata di 21 miliardi è arrivata ad aprile 2022: 10 di sovvenzione e 11 di prestiti. La seconda tranche, di pari importo, è stata incassata a dicembre 2022, a conferma dell'esecuzione degli obiettivi richiesti tra target e milestone, puntualmente raggiunti dal Governo Draghi. A proposito, onorevole Quartini, non facevate parte anche voi del cosiddetto Governo dei migliori?

La musica è cambiata con il nuovo Governo e la terza tranche è stata messa in discussione: vale 19 miliardi, di cui 10 a fondo perduto e 9 in prestiti. La Commissione sta ora passando in rassegna i 55 obiettivi, mentre in Italia si è dato sfoggio a inutili polemiche sull'uso integrale o meno dei fondi, sul cambiamento della governance, sulla confusione tra fondi PNRR e Fondi sviluppo e coesione (FSC).

Ora l'Italia deve correre per assicurarsi la quarta tranche da 16 miliardi: 1,9 di sovvenzioni e 4,1 di prestiti, con 27 obiettivi, tra cui: la riforma della giustizia civile e penale, la produzione di idrogeno, la sostituzione dei treni a gasolio, misure per gli asili nido da raggiungere entro il 30 giugno 2023, cioè tra qualche giorno. Se i comuni o le regioni non ce la fanno, il Piano prevede l'adozione di poteri sostitutivi da parte del Governo. Ma si è parlato d'altro, nessuno del Governo ha considerato questa opportunità. E anche la rata di dicembre bisogna seguirla da subito. Se si intende, infatti, rinegoziare il Piano semestrale, bisogna portare in Europa progetti alternativi entro agosto, per poter avere un ok almeno a novembre. Ma in questi mesi non abbiamo respirato l'aria dell'urgenza e della responsabilità. I progetti alternativi, presumibilmente, non potranno essere più del 10 per cento sul totale dei 191,5 miliardi, per ragioni oggettive. Diversamente, vorrebbe dire non realizzare quel Piano. È qualcosa di fattibile, se compiuto nella trasparenza. Se, invece, si fa a gara a chi tiene le carte coperte, si perde tempo e l'Europa si insospettisce.

Il Parlamento, poi, dovrebbe essere tenuto costantemente aggiornato, non riducendo le comunicazioni a un comizio, neppure di qualità. Forse qualche argomento potrebbe arrivare sul fronte del dissesto idrogeologico, in particolare dopo i recenti avvenimenti che hanno avuto l'epicentro in Romagna.

L'aver voluto cambiare la governance ha, poi, determinato difficoltà nei rapporti tra MEF e Palazzo Chigi. Non si può inventare una modalità di sostituzione del ruolo della Ragioneria generale dello Stato. Molti addetti al PNRR, almeno una ventina, del MEF, se ne sono andati, come se fosse prevalso un senso di sfiducia. E ovviamente la nuova struttura non c'è, perché quel decreto è andato in sonno per diversi mesi, non è neppure stato attuato. Il cambio della governance non aveva alcun senso. Tra l'altro, a dirigerla è arrivato un magistrato della Corte dei conti, con cui in questi giorni si è messa in campo una sorprendente polemica. Fitto aveva detto che il decreto sulla governance andava incontro anche ai rilievi della Corte dei conti e poi ci si rammarica per la profondità dei controlli messi in atto dalla stessa Corte.

Vi è poi la necessità di integrare la riscrittura parziale del PNRR con i piani REPowerEU, nel quadro dell'attuazione dei progetti di autonomia energetica in Europa. Per ora il costo di questi progetti eccede la riserva a disposizione del REPowerEU e, quindi, andrebbe integrato con risorse del PNRR da prevedere con la revisione. Ma per fare queste cose serve trasparenza, non il contrario. E questa è la motivazione che sta alla base della nostra mozione.

Da ultimo, ho scoperto che gran parte delle polemiche è stata aperta da una parte della maggioranza sulla necessità di non utilizzare tutti i prestiti richiesti, perché - questo abbiamo sentito in particolare dalla Lega - ‘fanno debito e costano troppo', secondo i ragionamenti contorti loro e di chi la pensa così. Tra l'altro, nel loro gruppo c'erano dei sostenitori della necessità che l'Italia uscisse dall'euro. Ora, invece, il Governo Meloni ne vorrebbe altri, oltre a quelli che abbiamo. Noi siamo il primo Paese che, con 122 miliardi, ha sottoscritto la parte più rilevante dei prestiti. Però, non tutti i Paesi li hanno sottoscritti, c'è rimasto qualche miliardo in più. Ora il Governo Meloni ne vorrebbe altri, per risparmiare sui tassi d'interesse che nel frattempo sono diventati sempre più cari. Ma era evidente anche prima, quando parlavano i responsabili della Lega. Tuttavia, la confusione e la mancanza di idee su come spendere queste nuove risorse prevale. I nuovi prestiti andrebbero a finanziare il REPowerEU, il cui capitolo aggiuntivo riguardante l'energia va presentato entro agosto. Se è così, sarebbe una cosa che ha un suo fondamento, potrebbe essere una linea giusta. Ma quando la si fa emergere? Perché adesso si vede solo un grande chiacchiericcio. Invece di fare interviste, sarebbe bene che si stimolassero le istituzioni del nostro Paese, ognuna a fare la sua parte. Perché la storia dell'utilizzo dei fondi strutturali in Europa non è stata sempre esemplare e viene considerata da altri Paesi europei come un punto di debolezza del nostro Paese. E su questo punto strategico va, pur comunque, coinvolto il Parlamento. Anche sul fatto se il 31 dicembre 2026 fosse un termine tassativo o no si è ingenerata incertezza.

Ricordo perfettamente che le settimane scorse molti dicevano: ma tanto poi ci sarà un rinvio. E si è fatto credere che il PNRR potesse seguire l'esperienza degli FSC, sulla quale non abbiamo certamente brillato, in passato - come ho detto in precedenza - e cioè che il sessennio previsto, ad esempio 2014-2020 o 2021-2027 potesse essere prorogato di altri 3 anni. Questa è l'ambiguità del discorso che ha fatto il Ministro Fitto, immaginando che il PNRR potesse seguire la stessa logica. Ma non ci possono essere proroghe: i tempi e le modalità del PNRR sono tassativi e - come abbiamo constatato - con una tempistica semestrale. Se non fai quello che hai promesso di fare, non ti giro l'assegno: mi pare che questa ne sia la dimostrazione pratica. Il lungo esame sui 19 miliardi della terza rata dimostrano che non possiamo tornare ai fondi strutturali, sarebbe bene che rimanessimo dove siamo.

Con questa mozione - e ho concluso - si intende sollecitare il Governo a prendere in mano - o mettersi alla stanga, come ha indicato il Presidente Mattarella – le questioni del PNRR, dedicandovi non le polemiche, ma le cure quotidiane che sono necessarie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisabetta Gardini. Ne ha facoltà.

ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, signor Presidente, colleghi deputati e rappresentante del Governo. Ho ascoltato attentamente gli interventi come, caro Presidente, avevo letto attentamente le mozioni. Devo dire che una cosa mi sorprende: sono settimane, mesi che continuiamo a sentire le stesse richieste, le stesse confuse analisi, le stesse domande e sono settimane, mesi che continuiamo a dare le risposte. Devo dire che anche l'ultimo intervento, di venerdì scorso, del Ministro Fitto al Festival dell'Economia a Trento ha fornito tutte le risposte corrette sulla reale situazione dell'Italia rispetto al PNRR e sulla reale situazione del dialogo, sereno, tranquillo e normale che sta avvenendo tra l'Italia e la Commissione europea. Però, sembra che ci siano - Goethe diceva che “parlare è un bisogno, ascoltare è un'arte” - molti bisogni, forse nella ricerca di una stima o di un'autoaffermazione che si stenta a trovare, e poca arte. Noi abbiamo passato da tempo quell'età infantile nella quale, se l'adulto ci pone 5 volte la stessa domanda, passiamo dal “sì” convinto al “no” convinto o, viceversa, dal “no” convinto al “sì” convinto; ci possono fare la domanda 5, 10, 100 volte e avranno 5, 10 o 100 volte la stessa veritiera risposta. Quindi, io mi ritrovo qui - sarò sintetica - a dare le stesse risposte, che vogliono essere una rassicurazione, non solo per le opposizioni, ma soprattutto per i cittadini italiani, che possono restare confusi da questo dialogo che sembra tra sordi. Ripeto: il Governo e la maggioranza che lo sostiene stanno lavorando in modo molto responsabile per far sì che ogni euro venga speso nel modo più utile e più efficace, al fine di raggiungere gli obiettivi in modo autentico, mentre, nelle vostre parole, trovo la voglia di mettere l'Italia in un angolo, che non riscontro nel dialogo con la Commissione europea. Si continua a ripetere di questa raccomandazione che la Commissione ha fatto affinché i Paesi presentino i loro piani entro il 30 aprile. Ha fatto una raccomandazione: come anche nella mozione è scritto, se la si legge - io l'ho letta nel dettaglio - la data legale è il 31 agosto ed è quella che noi abbiamo sempre avuto come obiettivo, ripeto, il 31 agosto. Allora, entro il 30 aprile, che è una data - lo ripeto e lo riconosce anche chi scrive la mozione - “raccomandata”, solo 4 Paesi hanno presentato il Piano; adesso, a fine maggio, si è aggiunto il Portogallo, quindi a fine maggio sono 5 su 27 i Paesi che hanno presentato il Piano. Ora, se noi calcoliamo che il PNRR italiano ha una mole non paragonabile a quella degli altri Paesi - perché noi abbiamo 220 miliardi, mentre il Paese che viene dopo di noi, che mi sembra sia la Spagna, ne ha 69 di miliardi - capiamo che forse l'Italia ha ben donde per non essere stata proprio la prima a consegnare il compito scritto in una data raccomandata - quindi, intermedia - mentre la data legale è quella del 31 agosto.

Quindi, stiamo tranquilli e sereni, perché spaventare i cittadini non porta bene a nessuno. Come ha ricordato anche il Presidente Mattarella, sarà un successo di tutti o una sconfitta di tutti: qui non c'è Governo che vince e Governo che perde o partito che vince e partito che perde; qui stiamo parlando della Nazione, stiamo parlando dell'Italia. Allora, noi abbiamo fatto per 5 anni veramente un'opposizione responsabile, molto responsabile; adesso si pretende di dire che si fa un'opposizione responsabile, mentre non c'è giorno in cui non si inventi una polemica pretestuosa. È, infatti, veramente pretestuoso continuare a rivendicare il ritardo dell'Italia, perché - ripeto - questo ritardo non c'è: il Ministro Fitto è stato estremamente trasparente. Ricordo la sua audizione del 27 aprile; ho preso moltissimi appunti perché era molto interessante e si trovavano già allora tante risposte perché, già in quell'occasione, aveva detto che la governance andava cambiata, poiché noi, in 9 anni, rispetto al settennato di programmazione europeo (è partito nel 2014, quindi gli anni sono diventati 9), su 126 miliardi, ne abbiamo spesi, come Italia, solo il 34 per cento. È evidente che, se non apportiamo modifiche, ci troveremo, forse, alla scadenza del 2026 a dover dire che abbiamo speso il 34 per cento. Oggi infatti, invece di avere 126 miliardi da spendere in 9 anni, ne abbiamo il doppio, ossia 220 miliardi, da spendere nella metà del tempo. Quindi, è molto responsabile questo atteggiamento del Governo che evidenzia le possibili criticità e dice: prevediamole, se ci dovessero essere, e risolviamole. Adesso, infatti, siamo in grado di prevederle e di risolverle, ma, a fine corsa, sarebbe impossibile risolverle; ci cadrebbero addosso, ci cadrebbero in testa e allora, sì, sarebbe un problema, perché avremmo fatto un disastro. Ma noi non vogliamo scassare i conti dell'Italia; a noi stanno a cuore i conti. A noi sta a cuore la Nazione Italia, noi amiamo la nostra Patria, amiamo i nostri concittadini, quelli che ci hanno votato e quelli che non ci hanno votato e vogliamo lavorare così bene che anche chi non ci ha votato, la prossima volta, ci voti - pensi un po' -, abbiamo questa presunzione, questo desiderio e, comunque, anche se non ci voteranno, continueremo a lavorare per loro, per tutti. Vedo un'ignoranza sul funzionamento della macchina dello Stato - si mettono insieme capitoli di spesa diversi, si travasano i soldi da una parte all'altra -; è tornato il benaltrismo che sembrava archiviato, ci si dice che non bisogna fare questo, ma bisogna fare quell'altro. Signori, il Paese è complesso, la Nazione è complessa, lo Stato è complesso. Dobbiamo andare avanti su tanti fronti se vogliamo far ripartire - come vogliamo - questa nostra Italia, che si è arenata, che è andata indietro, perché quando si sta fermi, si va indietro. Si potrebbe aprire un capitolo su tante cose, perché si sono messe insieme le infrastrutture, il ponte sullo Stretto di Messina, la sanità, ma non c'è tempo. Resto al PNRR.

Gli asili sono una cosa che sta a cuore a tutti. Ne aveva già parlato quel 27 aprile il Ministro Fitto, segnalando che c'era un problema, che erano in corso progetti che erano stati inseriti, come a dire: “c'è questa criticità e la stiamo affrontando per risolverla”. Se avesse chiuso gli occhi e fosse andato avanti, alla fine avremmo fatto un disastro. Bisogna anticipare i problemi, vederli prima, ed è quello che sta facendo questo Governo.

Per quanto riguarda la Corte dei conti, il Ministro Fitto - sempre con riferimento a quanto ha detto recentemente, proprio a Trento - giustamente segnala che nei prossimi mesi partiranno le rendicontazioni di molti progetti e di molti interventi. Sappiamo che uno dei problemi più difficili da affrontare ai vari livelli delle amministrazioni è proprio la rendicontazione. È lì che si perdono. Invece, il Ministro auspica che la Corte dei conti abbia un ruolo fondamentale per aiutare. Altro è se vogliamo strumentalizzare. La Corte dei conti ha rilevato, in merito ai profili temporali di spesa del PNRR, spese sostenute anche nel corso del 2021 e 2022 principalmente su progetti in essere. Se andiamo a vedere le spese del 2023, l'effettiva rendicontazione è subordinata all'avvio dei lavori per circa 110 miliardi di opere pubbliche che, secondo i cronoprogrammi del PNRR, inizieranno nel corso del 2023. Solo dopo l'avvio dei lavori si potrà fare la rendicontazione. Quindi, mi sembra veramente tutto strumentale, tutto eccessivo. Non è nelle mie corde ma, mutuando altri linguaggi, direi che stanno “gufando”. I gufi, no, per favore, no! Credo che la nostra bella Nazione abbia sofferto molto per questi atteggiamenti. Credo che noi dobbiamo concentrarci, insieme, sull'obiettivo che dovrà essere comune e condiviso da tutti. Anche riguardo al vantarsi per i 220 miliardi, per il più grande PNRR, ricordiamo che purtroppo questo era correlato alla situazione disastrata della nostra Nazione. Purtroppo, la nostra era la Nazione dell'Unione europea più disastrata e, quindi, abbiamo avuto il finanziamento più alto. Io non farei proprio salti di gioia, viste le condizioni per cui l'abbiamo ottenuto. Noi sappiamo che questo Governo, quando si è insediato a fine ottobre 2022 - quindi, pochi mesi fa - si è messo subito al lavoro, perché soltanto 25 obiettivi erano stati raggiunti dei 55 necessari, entro il 31 dicembre 2022, per ottenere la terza rata. Nel giro di poche settimane, abbiamo raggiunto 30 obiettivi, mentre chi ci aveva preceduto, in molto più tempo, ne aveva raggiunti solo 25. Un rapporto di 25 a 30. Se questo sembra a lei, Presidente, così come anche alle opposizioni, un andare piano, un essere in ritardo, a me sembra assolutamente il contrario. Ribadisco: la data del 31 agosto, già indicata dal Ministro Fitto nell'audizione del 27 aprile scorso, era l'unica data obbligatoria per presentare la modifica del Piano e il nuovo capitolo del REPowerEU. Siamo assolutamente in linea. Glielo dico io, che ho lavorato tanto in Europa, che ho lavorato tanto anche vicino ai comuni colpiti da precedenti alluvioni o terremoti e che ho seguito i lavori di rendicontazione svolti con le istituzioni e i funzionari dell'Unione europea e della Commissione: sono operazioni sulle quali non ci si può permettere errori, perché poi si restituisce tutto.

Allora, la serietà con cui il Governo sta lavorando è assolutamente confermata da quanto ha detto proprio la Commissione europea nelle Country Specific Recommendation della settimana scorsa. Le ha presentate la settimana scorsa e non solo queste Recommendation evidenziano che non esiste un problema Italia, ma in queste Recommendation si affrontano sostanzialmente gli stessi temi che sono assolutamente in linea con la visione e le priorità del Governo Meloni e del lavoro che sta portando avanti sin dal primo giorno del suo insediamento, cioè l'attuazione del Piano con la presentazione della proposta di modifica e dell'integrazione con il capitolo REPoweEU.

Ancora, vi è la necessità di un rafforzamento della governance e della capacità amministrativa, soprattutto a livello locale e, infine, l'indicazione che la complementarietà e la sinergia tra le politiche di coesione e quelle del PNRR siano garantite. Quindi, per favore, siccome è stata citata questa cosa come un po' cervellotica e velleitaria, chiedo se possa riferire alle opposizioni che si sono prima espresse che questo è richiesto, indicato e auspicato proprio dalla Commissione europea nelle Country Specific Recommendation. Quindi, non c'è da essere preoccupati. C'è da lavorare insieme perché la sfida è forte, perché noi storicamente non abbiamo questa capacità di spesa, secondo le regole dell'Unione europea. Non si sono attrezzati i Governi che ci hanno preceduto per dare gli strumenti all'Italia per poter spendere questi soldi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché, ripeto, in 9 anni è stato speso il 34 per cento della metà di quello che noi dobbiamo spendere nella metà del tempo. Dobbiamo spendere il 100 per cento del doppio nella metà del tempo, e loro della metà dei soldi, nel doppio del tempo, hanno speso il 34 per cento!

Forse speravano che noi non toccassimo niente per poter dire, nel 2026, “avete fallito”. Tuttavia, il fallimento non è nel nostro DNA. Si può fallire nella vita, ma il fallimento non lo si progetta, non lo si pensa, lo si combatte fino all'ultima forza che è in noi. Noi siamo il primo Governo e la prima maggioranza politica dopo 11 anni di persone che hanno governato senza avere il mandato del popolo. Anch'io sono contro la dittatura della maggioranza e ancora di più sono contro la dittatura della minoranza o contro la dittatura, della maggioranza o della minoranza che sia, che non ha il mandato popolare. Qui mi taccio perché saranno altri i capitoli che sono stati solo accennati e che approfondiremo nei prossimi mesi e negli anni a venire.

Mi avvio alle conclusioni. Siamo al lavoro - lo voglio dire con il sorriso sulle labbra, spero che ci siano tanti cittadini con la curiosità di sentire quello che diciamo in queste Aule e che magari ci stiano seguendo o ci vedranno poi nello streaming - e siamo attenti alle scadenze, sicuramente, perché sono fondamentali e lo sappiamo bene, ma attenti anche ad ogni singolo dettaglio.

Stiamo lavorando a questo, signor Presidente, perché neanche un euro vada perduto, perché sono soldi che rappresentano la vita, la speranza, il futuro dei nostri figli, dei nostri ragazzi, delle nostre famiglie, delle nostre aziende, delle nostre imprese, dei nostri lavoratori, della nostra Patria e noi ci auguriamo un futuro degno di quello che è stato il made in Italy, la via italiana, l'arte, la bellezza, la gioia di vivere. Siamo stati questo per il mondo e noi vogliamo continuare ad esserlo. Per questo state tranquilli, perché noi stiamo lavorando al meglio. Non ci sono ritardi, ogni euro sarà speso nel migliore dei modi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA (AVS). Grazie, Presidente. Innanzitutto, attraverso di lei, vorrei dire al collega che mi ha preceduta che siamo contro la dittatura e contro ciò che sta avvenendo - mi riferisco, segnatamente, al problema che, anche oggi, è stato affrontato dall'Associazione magistrati della Corte dei conti - sulle espressioni di vero attacco alla magistratura contabile espresse da questo Governo.

Vorrei partire dalla terza Relazione semestrale sullo stato di attuazione del PNRR che la Corte dei conti, a sezioni riunite, ha presentato al Parlamento il 28 marzo 2023 e che ha suscitato, a dir poco, una reazione scomposta, irritata direi, da parte del Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Fitto. Ripeto, un vero e proprio attacco da parte dell'Esecutivo all'organo indipendente di controllo dello Stato, che aggiunge preoccupazione e allarme - che non sono certo stati sciolti dall'intervento che abbiamo or ora ascoltato -, non solo per la capacità di spesa dei 191 miliardi di euro assegnati per il PNRR all'Italia, ma anche per la nostra affidabilità e credibilità in una fase cruciale di ridiscussione in Europa del Patto di stabilità, in un periodo, tra l'altro, delicatissimo e rischioso per la nostra economia e finanza. Il nostro debito pubblico continua a essere molto importante e, sicuramente, mette a rischio la tenuta dei conti. Di questo dobbiamo sempre tener conto.

Ma cosa dice la relazione della Corte dei conti? Evidenzia, innanzitutto, che - e cito - mentre l'attuazione del Piano, per quanto riguarda gli obiettivi europei da raggiungere alla fine del secondo trimestre 2022, è stata garantita, non altrettanto è avvenuto per gli obiettivi nazionali, raggiunti solo al 62 per cento. Ancora: “(…) le attività inerenti a 7 target risultavano solo avviate, 5 target risultavano solo in via di definizione, mentre per ulteriori 8 obiettivi emergevano ritardi rispetto alla scadenza programmata”. Sono, quindi, affermazioni molto gravi, ma anche tutte verificabili, non opinioni.

E ricordo che, mentre le due prime relazioni al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR hanno dato conto del conseguimento degli obiettivi e delle riforme e le prime due rate, pari a 42 miliardi di euro, sono giunte a destinazione, per la terza e quarta rata - 35 miliardi complessivi - l'incertezza regna sovrana. È stata ostinatamente abbandonata la vecchia, buona strada, per affermare la discontinuità in termini di governance, pensando che innovare, in modo anche affrettato e non chiaro - non chiarito quantomeno -, gli aspetti, i modi e le vie tecnico-amministrative dovesse dare migliori frutti e, invece, siamo allo stallo. Non lo affermiamo solo noi, ma, autorevolmente, checché ne dica il Ministro Fitto, lo dimostrano le affermazioni contenute nella relazione delle sezioni riunite della Corte dei conti.

La nuova governance, istituita con il decreto-legge n. 13 del 24 febbraio 2023, ancora non è pienamente operante e, a questo, si accompagna anche un parere espresso dall'Ufficio parlamentare di bilancio, che esprime preoccupazione. Noi, a nostra volta, esprimiamo preoccupazione, perché questo cambio di strategia è legittimo, però, fin qui, sembra compromettere l'efficienza e l'efficacia e si è tradotto, oltre che nei ritardi accumulati nei mesi, nel fatto che non sia stata ancora avanzata la richiesta formale di revisione del PNRR presso la Commissione europea.

Rileviamo, inoltre, che il Parlamento, fin qui, non è stato adeguatamente e costantemente informato, nemmeno per quanto riguarda il capitolo relativo al Piano REPowerEU, previsto dal nuovo Regolamento (UE) 2023/435, a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina, per anticipare l'uscita dalla dipendenza dal fossile russo rispetto al 2030. Si tratta di risorse pari a 2,76 miliardi, altre disponibilità finanziarie e accesso ai Fondi previsti per la programmazione 2021-2027 per la politica di coesione, opportunità, credo, che andrebbero colte.

Le mozioni che sono state presentate dai colleghi - mi auguro che l'opposizione riesca a definire una convergenza rispetto ad un unico documento, in ogni caso, altrimenti, elaboreremo una nostra mozione specifica - impegnano il Governo ad adottare le misure e le iniziative necessarie a garantire il conseguimento degli obiettivi e dei traguardi, secondo la tempistica prevista, onde evitare di perdere i finanziamenti. Penso sia opportuno convergere sulla necessità di informare il Parlamento e, quindi, il Paese, in modo dettagliato e pienamente trasparente. Serve un approccio costruttivo da parte di tutti, affinché i progetti si realizzino e si rendicontino in modo adeguato, come ha proposto e affermato il Ministro Fitto.

In questa direzione, vanno le mozioni. Si concorda certamente che, in sede di revisione del PNRR, il dissesto idrogeologico e il consumo di suolo debbano trovare, specie dopo il disastro e la tragedia che si sono consumati in Emilia-Romagna e nelle Marche, particolare attenzione. Strategico per noi è lo sviluppo della mobilità elettrica e dell'infrastrutturazione necessaria perché si possa realizzare, come le energie rinnovabili. Inoltre, per quanto riguarda il capitolo REPowerEU, deve essere garantita la coerenza con gli obiettivi climatici, escludendo, quindi, il finanziamento di opere che consentano il mantenimento della dipendenza dalle fonti fossili.

Chiudo, Presidente, esprimendo tutta la nostra preoccupazione per quanto riguarda l'impossibilità di raggiungere il target relativo agli asili nido, se non cambiano le cose - questo è stato espresso, mi pare apertis verbis dal Governo -, ma anche circa il fatto che si possano utilizzare - su questo punto il Governo deve confermare, perché finora non è ancora così sciolto il nodo - per gli armamenti e, quindi, per la Difesa, gli investimenti previsti dai fondi del PNRR e così pure anche per quanto riguarda tutto l'“Half of it”, il famoso “metà per le donne”, che, invece, si trovano a essere sempre e ancora penalizzate e, dunque, non sono raggiunti gli assi strategici e trasversali, da questo punto di vista, da parte del PNRR.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Chiedo alla Sottosegretaria Castiello se il Governo intende intervenire o si riservi di farlo successivamente. Si riserva.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 30 maggio 2023 - Ore 11:

1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 15)

2. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

D'ORSO ed altri; VARCHI ed altri; PATRIARCA ed altri; MANZI: Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali. (C. 596​-659​-952​-991-A​)

Relatore: CANGIANO.

3. Seguito della discussione dei progetti di legge:

S. 328 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI CRAXI ed altri: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019 (Approvata dal Senato). (C. 912​)

Relatrice: GARDINI.

S. 331 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI CRAXI ed altri: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato plurinazionale di Bolivia, fatto a La Paz il 3 marzo 2010 (Approvata dal Senato). (C. 915​)

Relatrice: GARDINI.

S. 332 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI CRAXI ed altri: Adesione al Protocollo addizionale alla Carta europea dell'autonomia locale sul diritto di partecipare agli affari delle collettività locali, fatto a Utrecht il 16 novembre 2009 (Approvata dal Senato). (C. 916​)

Relatore: BILLI.

S. 329 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI CRAXI ed altri: Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Armenia sull'autotrasporto internazionale di passeggeri e di merci, firmato il 7 agosto 1999, fatto a Jerevan il 31 luglio 2018 (Approvata dal Senato) (C. 913​)

e dell'abbinato disegno di legge: D'INIZIATIVA DEL GOVERNO. (C. 964​)

Relatore: COIN.

S. 330 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI CRAXI ed altri: Ratifica ed esecuzione delle seguenti Convenzioni: a) Convenzione sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, n. 155, fatta a Ginevra il 22 giugno 1981, e relativo Protocollo, fatto a Ginevra il 20 giugno 2002; b) Convenzione sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, n. 187, fatta a Ginevra il 15 giugno 2006 (Approvata dal Senato). (C. 914​)

Relatore: BATTILOCCHIO.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo dell'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, con Allegato, del 5 marzo 2008, fatto a Roma il 27 settembre 2021. (C. 974​)

e dell'abbinata proposta di legge: FORMENTINI ed altri. (C. 853​)

Relatrice: GARDINI.

4. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Alessia Morani (deputata all'epoca dei fatti). (Doc. IV-ter, n. 9-A)

Relatore: DORI.

5. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Sara Cunial (deputata all'epoca dei fatti). (Doc. IV-ter, n. 10-A)

Relatore: DORI.

6. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti di Vittorio Sgarbi (deputato all'epoca dei fatti). (Doc. IV-ter, n. 13-A)

Relatrice: FORATTINI.

7. Seguito della discussione delle mozioni Caso ed altri n. 1-00139, Manzi ed altri n. 1-00147 e Piccolotti ed altri n. 1-00148 concernenti iniziative volte al superamento delle criticità relative al fenomeno del "caro affitti" per gli studenti fuori sede .

La seduta termina alle 16,40.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ELISABETTA GARDINI (A.C. 915​)

ELISABETTA GARDINI, Relatrice. (Relazione – A.C. 915​). Illustre Presidente, colleghi Deputati, rappresentante del Governo, la proposta di legge in esame, già approvata dal Senato, ripropone in modo pressoché identico il testo del disegno di legge di ratifica presentato dal Governo nel corso della XVIII legislatura, esaminato ed approvato dall'Assemblea del Senato nella seduta del 20 aprile 2021, che non ha completato il proprio iter di approvazione parlamentare a causa della conclusione anticipata della legislatura.

Il testo oggi al nostro esame differisce rispetto a quel testo limitatamente all'articolo 3 del disegno di legge in quanto nel corso dell'esame del provvedimento al Senato si è provveduto ad aggiornare la copertura finanziaria relativa all'attuazione di talune norme dell'Accordo.

L'Intesa sostituisce il precedente Accordo culturale firmato il 31 gennaio 1953, nonché l'Accordo scientifico sottoscritto nel giugno 2002, ma non ratificato.

In particolare, l'Accordo - composto da 20 articoli ed un breve preambolo - esplicita, l'impegno delle Parti a promuovere e realizzare attività che favoriscano la cooperazione nell'ambito culturale, scientifico e tecnologico, a migliorare la conoscenza, la diffusione delle rispettive lingue e culture e a favorire la collaborazione tra le rispettive istituzioni accademiche, amministrazioni archivistiche, biblioteche e musei.

Ulteriori disposizioni riguardano: la possibilità per le Parti di chiedere la partecipazione di organismi internazionali al finanziamento dei programmi e dei progetti promossi nell'ambito delle forme di cooperazione individuate dall'Accordo; le attività di istituzioni culturali e scolastiche nei due Paesi; il rafforzamento della collaborazione nel campo dell'istruzione mediante lo scambio di esperti, di informazioni e di documentazione sulle rispettive legislazioni, anche al fine di sottoscrivere accordi per il riconoscimento e l'equiparazione dei titoli universitari; e, infine, l'offerta di borse di studio.

Inoltre, l'Accordo impegna le Parti alla collaborazione reciproca nei settori editoriale, della musica, della danza, del teatro, del cinema, delle arti visive e dell'ambito radiotelevisivo, nonché ad impedire e reprimere l'importazione, l'esportazione ed il traffico illegale di opere d'arte. Ulteriori ambiti di collaborazione e di scambio di esperienze interessano i settori dello sport e della gioventù, i campi dei diritti umani e delle libertà civili e politiche, e quello delle pari opportunità e della tutela delle minoranze.

Più nel dettaglio, l'articolo 15 è volto a promuovere la cooperazione scientifica e tecnologica tra i due Paesi, anche attraverso la conclusione di specifici accordi tra università, enti di ricerca e associazioni scientifiche dei due Paesi e la partecipazione congiunta a programmi multilaterali. Ulteriori articoli definiscono la collaborazione delle Parti nei settori dell'archeologia, dell'antropologia e delle scienze affini, della valorizzazione del patrimonio culturale, facilitando la permanenza e l'uscita di persone, di materiali e di attrezzature dai rispettivi territori e promuovendo la protezione della proprietà intellettuale.

Ad una Commissione mista, presieduta dai rispettivi Ministeri degli esteri sono affidati i compiti di esaminare lo sviluppo della cooperazione culturale, di redigere programmi esecutivi pluriennali e di valutare lo stato di attuazione dell'Accordo.

A sua volta il disegno di legge di ratifica dell'Accordo consta di cinque articoli. In particolare, in merito ai profili di copertura finanziaria, l'articolo 3 provvede agli oneri derivanti dall'articolo 19 dell'Accordo – relativo all'attività della Commissione mista -, valutati in 9.120 euro annui a decorrere dall'anno 2025, e dagli articoli 2, 3, 5, 6, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 del medesimo Accordo, pari a 254.020 euro annui a decorrere dall'anno 2023, mediante corrispondente riduzione dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al bilancio triennale 2023-2025 di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. L'articolo 4 stabilisce che dall'attuazione delle rimanenti disposizioni dell'Accordo non devono comunque derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, specificando altresì che agli eventuali oneri derivanti dall'articolo 20 dell'Accordo medesimo, concernenti eventuali future modifiche dello stesso, si farà fronte con apposito provvedimento legislativo.

In conclusione, auspico una rapida approvazione del disegno di legge di ratifica, che fornisce un quadro giuridico e una base finanziaria necessari per lo sviluppo delle relazioni tra Italia e Bolivia, contribuisce allo sviluppo del Paese latinoamericano, accresce i legami di amicizia già esistenti e migliora il quadro complessivo delle relazioni bilaterali.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: SIMONE BILLI (A.C. 916​)

SIMONE BILLI, Relatore. (Relazione – A.C. 916​). Illustre Presidente, colleghi Deputati, rappresentante del Governo, il provvedimento in esame, di iniziativa parlamentare, è stato approvato dal Senato il 21 febbraio 2023 e riprende il contenuto di un disegno di legge analogo, presentato dal Governo nella precedente legislatura che non poté terminare il suo iter parlamentare per la conclusione anticipata della legislatura.

Il Protocollo in questione, firmato il 16 novembre 2009 ed entrato in vigore il 1° giugno 2012, rappresenta il culmine di oltre 20 anni di lavoro a livello intergovernativo in seno al Consiglio d'Europa in tema di partecipazione democratica a livello locale, iniziato con la firma della Carta europea delle autonomie locali.

La Carta europea delle autonomie locali, adottata il 15 ottobre del 1985 in seno al Consiglio d'Europa e ratificata da tutti i Paesi aderenti obbliga le Parti ad applicare le regole fondamentali per garantire l'indipendenza politica, amministrativa e finanziaria degli enti locali, prevedendo che il principio dell'autonomia locale sia riconosciuto dal diritto nazionale e protetto dalle Costituzioni, e permettendo agli enti locali di essere eletti con suffragio universale. Ricordo che il nostro Paese l'ha ratificata ai sensi della legge n. 439 del 1989.

A sua volta il Protocollo addizionale del 2019 stabilisce che alla Carta europea delle autonomie locali sia aggiunta una nuova dimensione: esso prevede, infatti, di garantire mediante uno strumento giuridico internazionale il diritto della persona a partecipare alla gestione degli affari delle collettività locali, ovvero il diritto di adoperarsi per determinare o influenzare l'esercizio delle competenze e delle responsabilità dell'autorità locale, concretizzando una tendenza di lungo termine nello sviluppo sociale degli Stati europei.

In particolare, le Parti contraenti sono invitate ad adottare i provvedimenti necessari per facilitare l'esercizio di tale diritto e renderlo effettivo e garantire che il diritto dei cittadini alla partecipazione non comprometta le norme etiche di integrità e trasparenza dell'esercizio dell'autonomia e delle responsabilità delle collettività locali.

Il Protocollo è stato finora ratificato da 21 stati membri del Consiglio d'Europa, di cui 12 appartenenti all'Unione europea.

Nel dettaglio, il Protocollo è composto da 7 articoli, preceduti da un breve preambolo, che sottolinea come il diritto alla partecipazione dei cittadini alla gestione degli affari pubblici costituisca uno dei princìpi democratici comuni a tutti i Paesi membri del Consiglio d'Europa. Si rappresenta, poi, l'opportunità di arricchire la Carta con disposizioni che garantiscano tale diritto.

In relazione all'articolato, dopo aver sintetizzato i suoi obiettivi e stabilito i conseguenti obblighi per gli Stati parte, il Protocollo stabilisce l'impegno delle Parti contraenti ad adottare tutte le misure necessarie a permettere l'esercizio effettivo del diritto di partecipare agli affari delle collettività locali, conferendo a queste ultime le necessarie competenze e definendo le conseguenti procedure per l'attuazione di tale diritto. Ulteriori disposizioni prevedono che il Protocollo si applichi a tutte le categorie di collettività locali sul territorio degli Stati, pur facendo salva la possibilità per le Parti contraenti, al momento del deposito della ratifica, di stabilire eventuali limitazioni o esclusioni al campo di applicazione. Il testo contempla, inoltre, la possibilità per gli Stati parte di indicare l'ambito territoriale di applicazione, garantendo la possibilità di estenderne l'applicazione anche in momenti successivi. Ulteriori disposizioni del Protocollo concernono l'entrata in vigore del testo, la procedura di denuncia e le notifiche e a cura del Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

A sua volta il disegno di legge di ratifica del Protocollo si compone di 4 articoli; in particolare, l'articolo 3 prevede una clausola di invarianza finanziaria, disponendo che «dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate svolgono le attività previste dalla presente legge nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente».

In conclusione, nell'auspicare una rapida approvazione del disegno di legge di ratifica, ricordo che la Carta europea dell'autonomia locale appare pienamente in linea con le prescrizioni dell'articolo 5 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica, nel riconoscere e promuovere le autonomie locali, adegua i princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: DIMITRI COIN (A.C. 913​ E ABB.)

DIMITRI COIN, Relatore. (Relazione – A.C. 913​ e abb.). Illustre Presidente, colleghi Deputati, rappresentante del Governo, la proposta di legge in esame è già stata approvata in prima lettura dal Senato lo scorso 21 febbraio ed il suo contenuto è identico a un disegno di legge di iniziativa governativa presentato l'8 marzo.

La relazione al disegno di legge chiarisce che la modifica al testo dell'Accordo era stata richiesta dalla Parte italiana durante la riunione di una Commissione mista tenutasi a Jerevan nell'ottobre 2015, al fine di assicurare maggiore flessibilità per gli operatori del trasporto stradale delle merci che dispongono di parchi veicolari costituiti anche da veicoli trainanti.

Nello specifico il Protocollo emendativo introduce una modifica al testo dell'Accordo del 1999, in particolare aggiungendo un comma all'articolo 11, relativo al trasporto di merci effettuate da un complesso veicolare di due veicoli. L'integrazione dispone che in caso di trasporto di merci effettuato da un complesso veicolare di due veicoli (autocarro che traina un rimorchio o trattore stradale che traina un semirimorchio) sia possibile usare un'autorizzazione anche per uno solo dei due veicoli che compone il complesso veicolare (per il veicolo motore o per il veicolo trainato) a condizione che tutti i veicoli coinvolti siano registrati nel territorio di una delle Parti contraenti. Viene, inoltre, precisato che nel viaggio di ritorno sia possibile sostituire il rimorchio (o il semirimorchio) indicando il suo numero di targa sull'autorizzazione accanto al numero di targa del rimorchio (o del semirimorchio) usato nel viaggio di andata.

Il Protocollo emendativo dispone, inoltre, la sostituzione di un comma dell'articolo 25 dell'Accordo in relazione alle autorità competenti delle Parti incaricate dell'attuazione dell'intesa bilaterale, stabilendo che esse siano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'Italia e il Ministero dei trasporti, delle comunicazioni e delle tecnologie informatiche per la parte armena.

A sua volta il disegno di legge di ratifica si compone di 4 articoli. L'articolo 3, in particolare, pone una clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dalle disposizioni oggetto di ratifica non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Auspico una rapida approvazione del disegno di legge di ratifica, segnalando che nel 2022 l'interscambio commerciale tra Armenia e Italia ha superato i 314 milioni di euro (+65 per cento rispetto all'anno precedente), con esportazioni italiane pari a 248,9 milioni di euro e importazioni equivalenti a 65,9 milioni di euro.

Per altro verso, l'Armenia è uno dei Paesi coinvolti nella politica dell'UE a favore del Partenariato orientale, avviato nel 2009 in occasione del Vertice di Praga, con l'obiettivo di rafforzare la dimensione orientale della Politica europea di vicinato. Oltre ad essere uno dei principali partner commerciali del Paese, nel 2022 l'Unione ha mobilitato 3,6 milioni di euro in assistenza umanitaria per far fronte alle conseguenze del conflitto con l'Azerbaigian ed il 20 febbraio 2023 ha avviato una missione civile (EUMA) - composta da 100 persone – con l'obiettivo di contribuire alla stabilità nelle zone di frontiera, creare un clima di fiducia e consentire la normalizzazione delle relazioni tra Jerevan e Baku.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ALESSANDRO BATTILOCCHIO (A.C. 914​)

ALESSANDRO BATTILOCCHIO, Relatore. (Relazione – A.C. 914​). Illustre Presidente, colleghi Deputati, rappresentante del Governo, la proposta di legge in esame reca l'autorizzazione alla ratifica e all'esecuzione di due Convenzioni (di cui una con Protocollo) adottate nell'ambito dell'Organizzazione internazionale del lavoro, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere il lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per uomini e donne.

Il provvedimento è stato approvato in prima lettura dal Senato lo scorso 21 febbraio ed il suo contenuto è identico ad un disegno di legge governativo, di ratifica delle medesime convenzioni, già approvato in prima lettura dal Senato nella scorsa legislatura. Analogo provvedimento era stato presentato anche nella XVII legislatura.

L'intento sotteso ai documenti internazionali in esame è quello di contribuire a prevenire gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e di creare un ambiente di lavoro sempre più sicuro e salubre mediante un'azione progressiva e coordinata, sia a livello nazionale che di impresa, con la piena partecipazione di tutte le parti interessate. In particolare, tali norme internazionali mirano a costituire un quadro di riferimento per una politica nazionale che promuova il dialogo sociale, la definizione delle funzioni e delle responsabilità dei vari attori e l'approfondimento della conoscenza delle questioni della sicurezza sul lavoro.

Nello specifico, la Convenzione n. 155 del 1981, composta di 30 articoli, definisce i principi di una politica nazionale incentrata sulla prevenzione e soggetta a cicli di revisione al fine di migliorare continuamente il sistema di salute e sicurezza sul lavoro. A tal proposito, si chiede anche agli Stati di adottare un quadro coerente di leggi, regolamenti e prassi, con particolare riferimento ai macchinari e alle attrezzature e sostanze per uso professionale e di coinvolgere le organizzazioni rappresentative nella definizione delle politiche in materia.

In via generale, la Convenzione si applica a tutte le branche di attività economica e a tutti i lavoratori di questi rami di attività; tuttavia, lo Stato membro che ratifica la Convenzione, previa consultazione delle organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, potrà escludere totalmente o parzialmente specifiche branche di attività economica o limitate categorie di lavoratori, qualora tale applicazione comporti problemi particolari. Gli Stati sono chiamati a precisare funzioni e responsabilità delle autorità pubbliche, dei datori di lavoro, dei lavoratori e di altre persone interessate. La situazione in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori dovrà essere oggetto periodicamente di un esame complessivo e di un esame relativo a specifici settori, per identificare i maggiori problemi e i mezzi più efficaci per risolverli, nonché valutare i risultati.

La Convenzione definisce altresì forme di collaborazione fra i rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro nell'ambito della sicurezza e dell'igiene.

A sua volta il Protocollo relativo alla Convenzione n. 155, risalente al 2002, composto di 12 articoli, è finalizzato a migliorare i metodi di registrazione e raccolta e di analisi statistica dei dati sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, in vista di una loro armonizzazione a livello mondiale.

Per quanto concerne, poi, la seconda Convenzione al nostro esame, la n. 187 del 2006, la medesima è composta di 14 articoli e fornisce in primo luogo indicazioni su come sviluppare una coerente politica nazionale in materia di prevenzione e su come avviare un circolo virtuoso di miglioramenti basato sulla revisione periodica delle politiche e delle misure adottate.

La Convenzione definisce, poi, i contorni della politica nazionale volta a promuovere un ambiente di lavoro sicuro e salubre, prevedendo, in particolare, meccanismi di controllo e servizi di informazione e consulenza. Si prevede, inoltre, che ogni Stato membro stabilisca, mantenga e sviluppi, un proprio sistema nazionale di sicurezza e di salute sul lavoro che includa la legislazione, i contratti collettivi e ogni altro strumento rilevante in materia, autorità responsabili della sicurezza e della salute sul lavoro, nonché misure volte a promuovere, a livello di impresa la cooperazione fra le parti. Gli Stati hanno poi l'obbligo di elaborare, valutare e riesaminare periodicamente il Programma nazionale di sicurezza e salute sul lavoro, per promuovere lo sviluppo di una cultura nazionale di prevenzione e per contribuire alla protezione dei lavoratori.

In relazione a tali previsioni osservo che le esse risultano già attuate nell'ordinamento giuridico italiano, ferma restando, ovviamente, la necessità di un loro costante aggiornamento alla luce degli obiettivi fondamentali perseguiti dalla Convenzione. La ratifica risponde dunque unicamente all'esigenza dell'Italia di conformarsi a specifici obblighi internazionali, in questo caso derivanti dall'essere il nostro Paese parte dell'Organizzazione internazionale del lavoro.

Per quanto concerne il disegno di legge di ratifica, l'articolo 3 riporta una clausola di invarianza finanziaria in base alla quale dall'attuazione della legge di autorizzazione alla ratifica dei predetti strumenti internazionali non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica: pertanto, le amministrazioni interessate svolgono le attività conseguenti al recepimento nell'ordinamento italiano dei tre strumenti internazionali con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. D'altro canto, occorre sottolineare che dalle Convenzioni medesime non derivano compiti che non siano già ricompresi nelle normali attribuzioni degli organi delle amministrazioni competenti previsti dalla legislazione vigente.

In conclusione, auspico una rapida ratifica delle due Convenzioni in esame, i cui princìpi costituiscono un riferimento importante per i futuri aggiornamenti del quadro normativo vigente nel nostro Paese in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ELISABETTA GARDINI (A.C. 974​ E ABB.)

ELISABETTA GARDINI, Relatrice. (Relazione – A.C. 974​ e abb.). Illustre Presidente, colleghi Deputati, rappresentante del Governo, in premessa, segnalo che il disegno di legge in esame, d'iniziativa del Governo e adottato come testo base, ha un contenuto identico all'abbinata proposta di legge di iniziativa parlamentare, a prima firma Formentini (C. 853​), fatta eccezione per l'articolo 3.

Tale accordo, fin dalla sua originaria stipulazione nel 1987, ha consentito una pacifica «convivenza» nel servizio radioelettrico tra i due Stati, regolando l'uso delle frequenze assegnate, ed ha inoltre costituito la base della cooperazione culturale tra i due enti concessionari del servizio pubblico, la RAI-Radiotelevisione italiana e la San Marino RTV.

Il Protocollo emendativo in esame, oltre a prolungare al 2026 la vigenza dell'Accordo di collaborazione, prevede alcuni impegni rilevanti per i due Paesi.

Sul fronte sammarinese, si stabilisce la conferma della rinuncia all'utilizzo di alcuni dei propri canali televisivi e la rinuncia all'uso di quelli digitali radiofonici a fronte dell'impegno, da parte italiana, alla ritrasmissione sull'intero territorio italiano del segnale televisivo della San Marino RTV.

A sua volta l'articolo 3, paragrafo 3 dell'Accordo, nella versione novellata dal Protocollo, impegna la Repubblica di San Marino a non porre in esercizio parte delle proprie attribuzioni (c.d. "assignment"), stabilite dal Piano di Ginevra 2006, adottato al termine della Conferenza regionale delle radiocomunicazioni dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT), riguardanti i canali televisivi digitali 7, 26 e 30 - DVB e quelli radiofonici digitali 12B e 12C - DAB, durante il periodo di vigenza dell'Accordo. In ogni caso, tali attribuzioni, continueranno a rimanere in capo alla Repubblica di San Marino secondo quanto stabilito in sede di UIT e potenzialmente riutilizzabili per intero al termine dell'Accordo. Nel Protocollo si evidenzia, inoltre, l'impegno dell'Italia a facilitare la conclusione di un accordo che un operatore sammarinese potrà stipulare autonomamente con uno degli operatori italiani nazionali DAB per la trasmissione della radio digitale sull'intero territorio italiano.

Concludo ricordando come i rapporti di amicizia tra Italia e Repubblica di San Marino abbiano in passato permesso una proficua collaborazione tra i concessionari del servizio pubblico italiano e sammarinese. Auspico quindi che questa collaborazione bilaterale prosegua negli anni a venire e continui a realizzarsi anche in un settore strategico come quello radiotelevisivo.