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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 85 di mercoledì 12 aprile 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FABRIZIO CECCHETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 4 aprile 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 69, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,06).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 20 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali (A.C. 1060​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali Fenu ed altri n. 1, Zanella ed altri n. 2 e Merola ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A) riferite al disegno di legge n. 1060: Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali.

A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, in caso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi) per illustrare ciascuno degli strumenti presentati, per non più di dieci minuti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti. Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.

Il deputato Fenu ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie, Presidente. Ricordo che chi nella scorsa legislatura sedeva ai banchi dell'opposizione puntualmente contestava la presunta assenza della necessità e dell'urgenza dei vari decreti-legge emanati, in particolare proprio di quei decreti-legge emanati durante la pandemia, che invece avevano tutti i necessari presupposti. Quelle stesse persone che contestavano e che oggi siedono ai banchi del Governo ci fanno assistere all'ennesimo abuso della decretazione d'urgenza, in assenza della necessità e dell'urgenza e in assenza della necessaria omogeneità del provvedimento, che infatti contiene di tutto e di più.

Il Governo in carica ha superato tutti i precedenti Governi nella media dei decreti-legge, riuscendo nell'ardua impresa di superare anche la decretazione d'urgenza fatta nel corso della pandemia. In circa quattro mesi, infatti, il Governo ha approvato 18 decreti-legge, che vuol dire 4,5 decreti-legge al mese, più di un decreto-legge a settimana. Questo dato è costituzionalmente inaccettabile, poiché rappresenta una lesione delle prerogative del Parlamento e della nostra Costituzione.

Per quanto concerne la disomogeneità del decreto, in questo provvedimento, troviamo infatti interventi sul caro bollette, sul Servizio sanitario nazionale, condoni e scudi fiscali vari; viene disciplinato l'incremento delle risorse per la partecipazione italiana alle missioni internazionali accanto all'incremento del Fondo per il sostegno delle eccellenze della gastronomia e dell'agroalimentare. Questo fa capire quanto è omogeneo questo decreto. Dall'articolo 5 sono esclusi dalla base imponibile del contributo sugli extraprofitti gli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o vincolate a copertura delle eccedenze. È il caso, ad esempio, di quando si usano le riserve per distribuire utili ai soci oppure di quando le imprese e le società acquistano azioni proprie, con riserve in sospensione di imposta. Quindi, considerata la finalità perequativa del contributo di solidarietà, questo intervento rischia di creare illegittime disparità di trattamento, con violazione dell'articolo 3 della Costituzione, essendo la riduzione di base imponibile condizionata dalle scelte pregresse operate dalle imprese interessate dal prelievo, con la conseguenza che finirebbe per beneficiare della disposizione di favore una ristretta platea di soggetti, tanto per cambiare.

Sulla interpretazione autentica, con una norma definita di interpretazione autentica, quindi con l'articolo 21 del decreto Bollette, si consente di regolarizzare, con il pagamento di sanzioni ridotte, le violazioni relative a redditi di fonte estera, all'imposta sul valore delle attività finanziarie estere, all'imposta sul valore degli immobili situati all'estero, anche nel caso di violazione degli obblighi di monitoraggio. Qui si considera questa norma come una norma interpretativa, quindi è di interpretazione di una precedente norma, che, invece, se andiamo a leggerla, non aveva bisogno di essere interpretata, perché era già chiarissima e aveva un significato che era esattamente opposto a quello che si vuole dare ora. Infatti, con il comma 176 dell'articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, che è la legge di bilancio per il 2023, si disponeva, testualmente, che “non può essere esperita dai contribuenti per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato”. Mi sembra chiara la norma e, invece, con l'articolo 21 non si interpreta assolutamente nulla, ma si introduce una espressa deroga, con effetto innovativo e retroattivo, alla disposizione precedente e si compie un vero e proprio abuso del ricorso all'interpretazione autentica. Su questo, la giurisprudenza della Corte costituzionale riconosce la legittimità al ricorso alle leggi interpretative nei casi in cui l'intervento del legislatore sia reso necessario per selezionare uno dei possibili significati della disposizione interpretata oppure per contrastare un orientamento giurisprudenziale sfavorevole in un contesto di grave incertezza normativa o di forti contrasti giurisprudenziali. In questo caso, il chiaro tenore letterale della norma interpretata fa capire che siamo di fronte ad una norma che è solo apparentemente di interpretazione autentica, ma che riguarda un contenuto sostanzialmente innovativo, adottata al solo fine di derogare ad una precedente disposizione.

L'articolo 23, invece, riguarda l'estensione della non punibilità penale, con un pagamento previsto fino alla sentenza di appello. Qui si introduce un'espressa causa di non punibilità in relazione alla fattispecie di omesso versamento IVA, di omesso versamento di ritenute e di indebita compensazione di crediti d'imposta inesistenti e non spettanti, reati che sono già sanzionati penalmente dal legislatore con una pena detentiva, che arriva addirittura a 6 anni nel caso delle indebite compensazioni di crediti inesistenti. Con la norma contenuta nell'articolo 23 si prevede l'esclusione della punibilità per chi accede alla tregua fiscale, che è quella che è stata prevista nella legge di bilancio 2023, i cui termini di accesso vengono riaperti anche da questo provvedimento e le somme dovute sono versate integralmente prima della pronuncia di appello. Nella norma attuale, quella previgente, era già prevista l'esclusione della punibilità nei casi in cui il pagamento integrale avveniva prima dell'apertura del dibattimento, ma il dibattimento era quello del primo grado. Con questa disposizione, invece, si estende la non punibilità anche ai casi di definizione agevolata e fino alla sentenza di appello. Sotto il profilo penalistico e costituzionale, al riconoscimento della non punibilità nell'ambito delle procedure di definizione agevolata e dentro i limiti temporali più ampi rispetto all'istituto ordinario, consegue la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, perché viene introdotto un trattamento penale più favorevole ad una ristretta platea di contribuenti. Come sopra, c'è sempre la ristretta platea di contribuenti. Pensate a chi - e questo è l'esempio -, in base alla norma previgente, abbia concordato una dilazione con l'Agenzia delle entrate, abbia già pagato tutto, ma, per una difficoltà - perché le difficoltà possono capitare nella vita aziendale -, abbia sforato l'inizio del processo di primo grado. In questo caso, il soggetto verrà condannato, nonostante abbia pagato tutto, in termini più ristretti e in misura sicuramente più elevata, mentre chi ha aderito alla tregua fiscale si trova a pagare di meno, con tutta calma, visto che ora ha tempo fino alla pronuncia del grado di appello, e non servono le statistiche per capire quanti anni trascorrono prima della sentenza di appello. Inoltre, si genererà nelle imprese una legittima, a questo punto, valutazione di convenienza economica della proposizione del ricorso anche in secondo grado, con tutte le conseguenze per lo stato della nostra giustizia, e della possibilità di dilazione e differimento del pagamento ad un costo molto più vantaggioso rispetto a quello che sosterrà chi si vedrà, invece, costretto a ricorrere al finanziamento bancario. Quindi, se è giusto sostenere le imprese ed i contribuenti in difficoltà - e su questo siamo tutti d'accordo -, in questo modo, invece, si incoraggia l'omissione, che diventa una precisa decisione di politica aziendale.

Ultimamente, poi, si sente parlare spesso, anche da qualche rappresentante del Governo, di evasione di necessità. Io, personalmente, condivido la necessità di venire incontro ai contribuenti in difficoltà, anche nel pagamento delle imposte, a quei contribuenti che vivono una reale condizione di difficoltà, ma è necessario iniziare a stabilire dei parametri per riconoscere chi davvero si trova in difficoltà e chi no. In questo caso, è bene ricordare che chi usufruisce di questo beneficio è chi non ha versato ritenute per 150.000 euro almeno, ritenute Irpef che sono effettuate ai propri dipendenti, quindi le tasse dei dipendenti, che il datore di lavoro ha trattenuto ai propri dipendenti - sono, quindi, loro soldi - e che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare per loro conto allo Stato; chi ha usato in compensazione - termino, Presidente - crediti inesistenti, quindi falsi, quindi quei crediti falsi che avevate attribuito in maniera falsa al superbonus e per cui avete lo bloccato; in questo caso, sono crediti falsi accertati dall'amministrazione finanziaria per oltre 50.000 euro. Quindi, possono essere anche di un milione di euro, ma, in questo caso, li si perdona e hanno tutto il tempo, fino alla sentenza di secondo grado, per pagare senza sanzioni. Ancora, chi non ha versato IVA per oltre 250.000 euro per ogni anno: 250.000 euro è l'IVA che si versa su oltre un milione di euro di fatturato, quindi possono essere, ad esempio, anche 10 milioni, 20 milioni di fatturato. Pertanto, Presidente, chiedo a lei, chiedo al Governo e ai colleghi: ma come si fa a parlare di evasione di necessità per chi fattura 20 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? È davvero evasione di necessità?

Chiudo, Presidente. Le aziende che vivono momenti di difficoltà vanno aiutate sicuramente, ma qui l'evasione di necessità non c'entra nulla e, anche in questo caso, come in tanti altri casi, anche in questo decreto, la verità è che è stata aiutando sempre e solo una ristretta platea di grandi contribuenti. Per tutte le motivazioni indicate nella nostra pregiudiziale e per i motivi che ho appena espresso, chiedo che non venga esaminato il decreto (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. La deputata Zanella ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.

LUANA ZANELLA (AVS). Grazie, Presidente. L'abbattersi inarrestabile, ormai, sul Parlamento di decreti-legge compromette l'equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Zanella. Colleghi, mi fate ascoltare, per favore, in silenzio, le motivazioni e le considerazioni dell'onorevole Zanella? Grazie.

LUANA ZANELLA (AVS). …che viene così inibito da questa continua ed inarrestabile, come dicevo, presenza in Parlamento di decreti-legge da convertire, che inibisce il pieno esercizio dell'attività di formazione delle leggi. Un vulnus all'articolo 70 della Costituzione, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere. E la continua interferenza del Governo sulla regolare produzione normativa di fonte parlamentare, sorretta o meno da urgenze reali o dichiarate, ha prodotto fino ad oggi, secondo alcuni giuristi, una grave lesione della certezza del diritto, nonché un elevato livello di entropia normativa, a cui si accompagnano l'alterazione della gerarchia delle fonti e la difficoltà di dare attuazione ad una legislazione divenuta ormai alluvionale, instabile e disordinata, sotto gli occhi di tutti.

Un altro tipo di abuso che si ripropone è il ricorso al cosiddetto decreto-legge omnibus, categoria nella quale rientra il provvedimento in questione, 25 articoli che disciplinano settori tematici tra loro eterogenei, come già detto: misure di sostegno in favore delle imprese e delle famiglie per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale; misure finalizzate a fronteggiare la carenza di personale medico presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri; misure urgenti per consentire agli uffici competenti di gestire in modo ottimale tutte le pratiche in materia fiscale introdotte con la legge di bilancio 2023; disposizioni per garantire continuità dei dispositivi di servizio e di controllo del territorio; disposizioni di razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale, nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali; misure per lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato; disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e residenza, e si potrebbe continuare ancora per un bel po'. È un impianto, questo, che disattende il monito del Capo dello Stato, più volte indirizzato al Governo e al Parlamento, a una maggiore attenzione al profilo dell'omogeneità di contenuto dei decreti-legge, così come ribadito nella lettera di accompagnamento del Presidente della Repubblica alla promulgazione della legge di conversione del decreto-legge n. 198 del 2022, il cosiddetto Milleproroghe, del 24 febbraio di quest'anno.

Prendiamo in considerazione alcune disposizioni del provvedimento. L'articolo 5 riserva un trattamento di favore per i market player del settore energetico, prevedendo una modalità di calcolo del contributo di solidarietà sugli extraprofitti realizzati dagli stessi nel periodo di imposta precedente al 1° gennaio 2023, ridotta rispetto a quella - già generosa - stabilita dalla legge di bilancio 2023, attraverso la previsione che una parte degli utili generati nel 2022 possa essere esclusa dal calcolo della base imponibile. È una misura che determinerà per il bilancio statale, per il solo anno 2023, un mancato gettito del 15,8 per cento e un conseguente aggravio di oneri, pari a 404 milioni di euro. L'asservimento ai colossi energetici del settore fossile è evidente. Si attinge in minima parte al totale dei 40 miliardi di euro di extraprofitti accumulati da questi ultimi solo nell'anno 2022, con una compromissione del gettito atteso per il 2023, che avrebbe potuto essere destinato anche a politiche di vera transizione energetica, in primis quelle di investimento in fonti rinnovabili e di superamento della dipendenza da fonti fossili.

L'articolo 10 interviene con misure tampone, assolutamente inadeguate, se non perniciose, a fronte della crisi sempre più acuta del Servizio sanitario nazionale. La triste realtà del nostro Paese è quella dell'abbandono, ogni giorno, da parte di 7 medici, degli ospedali pubblici, con un aumento del fenomeno del 39 per cento nel solo 2021, a causa dell'insostenibilità delle condizioni di lavoro, per gravosità e carichi di responsabilità, a fronte di stipendi nettamente più bassi rispetto alla media europea.

Rimane irrisolto il problema delle liste di attesa e, quindi, dell'accesso al servizio pubblico. Chi se lo può permettere ricorre alla sanità privata e sempre più persone rinunciano a curarsi. Inoltre, le strutture sanitarie in difficoltà nel reperire o assumere medici ricorrono a medici a gettone, per tamponare le carenze di personale, in particolare nei servizi di pronto soccorso, pur trattandosi di personale sanitario che non garantisce continuità di cura, disattendendo a quanto lo stesso Ministro della Salute dichiarava lo scorso 18 gennaio, in risposta a una nostra interrogazione a risposta immediata. In quella interlocuzione il Ministro parlava di “uso distorto delle esternalizzazioni”. Mi pare che il problema non sia superato; anzi, da quella risposta ci si sarebbe aspettati ben altri interventi, come, ad esempio, quello di prevedere, trovare e reperire ulteriori risorse per il rinnovo contrattuale del personale sanitario per gli anni 2022-2024, così come gli interventi urgenti che lo stesso Ministro aveva anticipato nel corso delle linee programmatiche, ovvero il prioritario impegno a trovare le risorse necessarie per superare il blocco del turnover. In questo senso, con un Servizio nazionale ridotto allo stremo, a rischio concreto di una definitiva implosione, la continua sottrazione di risorse, come quella perpetrata dal decreto-legge in questione, che ha completamente stravolto il suo principio, basato sulla universalità dell'accesso e sul diritto alla salute, il provvedimento disattende sicuramente il dettato degli articoli 3 e 32 della Costituzione.

Inoltre, gli articoli dal 17 al 23 del decreto-legge incidono sulla disciplina della cosiddetta tregua fiscale, di cui ai commi dal 166 al 221 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2023, prorogando i termini per la definizione agevolata dei debiti fiscali e prevedendo nuove cause speciali di non punibilità…

PRESIDENTE. Colleghi, facciamo concludere in silenzio la collega Zanella. Prego, onorevole Zanella.

LUANA ZANELLA (AVS). …per alcuni reati tributari, rafforzando così la vigente disciplina improntata ad atti di clemenza generalizzata, che, oltre a offendere i contribuenti onesti, costituisce un'esecrabile manifestazione di impotenza dello Stato, che si arrende alla dilagante piaga dell'evasione fiscale, che non riesce nemmeno a contrastare con questo provvedimento, logicamente. Con questo si manifesta la violazione, del provvedimento, dell'articolo 2 della Costituzione, laddove si richiede a tutti i cittadini l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale. Anche la facoltà accordata ad alcuni contribuenti…

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

LUANA ZANELLA (AVS). Concludo, Presidente. Stavo dicendo che anche la facoltà accordata ad alcuni contribuenti, con le previsioni di cui all'articolo 17, in tema di adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento, costituisce una inaccettabile violazione dell'articolo 53 della Costituzione.

Tutto ciò premesso, proponiamo che si deliberi di non procedere all'esame dell'Atto Camera 1060 (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e i docenti della scuola primaria Calderini, di Roma, che assistono ai nostri lavori (Applausi).

Dando il buon esempio con il silenzio che spetta a quest'Aula, diamo la parola… Ho detto “silenzio”. Diamo il buon esempio - lo ripeto ancora - con il silenzio… Facciamo che, se non c'è silenzio, non andiamo avanti. Facciamo così.

Il deputato Luciano D'Alfonso ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Merola ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.

LUCIANO D'ALFONSO (PD-IDP). Presidente, grazie. Grazie anche per questa donazione di silenzio e di raccoglimento.

PRESIDENTE. Però non si illuda troppo, perché non dura tanto! Prego.

LUCIANO D'ALFONSO (PD-IDP). Do importanza al suo appello in ragione del valore della materia e non di chi prova a spiegarla. Condivido il fatto che, su materie di questo tipo, noi dovremmo davvero ritrovarci, non fare un ammassamento di distrazione, ma ritrovarci con il cuore e il cervello, perché la materia, come dice il direttore generale Ruffini, confermato con ampia fiducia da tutti, consente il nostro costituirci.

La Costituzione materiale, giuridica, normativa, dell'Italia si regge, come su un fondamento, sulla materia della quale oggi proveremo a dire, e proveremo anche a proteggerla attraverso un'iniziativa pregiudiziale.

Presidente e cari colleghi, oggi l'iniziativa parlamentare denominata atto Camera n. 1060 ha una denominazione che merita una correzione. Si tratta del disegno di legge di “Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34 (…)” che, nella parte finale, prevede “adempimenti fiscali”. Io penso che la prima opera di correttezza sia una correzione dell'intitolazione, perché questa iniziativa normativa veicola un inno all'inadempienza, anzi di più, perché veicola un atteggiamento all'inadempimento, l'inadempimento fiscale. È scritto a chiare lettere nell'atto Camera n. 1060, soprattutto all'articolo 23 del decreto-legge dove, addirittura, sulla materia dell'irregolarità, dell'illegalità stabilita da una sentenza di primo grado del tribunale adito, noi con questa norma diamo luogo alla possibilità di attendere ancora e di arrivare addirittura prima della sentenza di secondo grado, dando la possibilità di sanare, di comprimere gli oneri, di aumentare la rateizzazione e, io dico, anche di far scappare i buoi, quando il tutto si è chiarito e definito circa la responsabilità sentenziata da un tribunale di primo grado. Addirittura, difficilmente il tribunale di secondo grado non potrà tenere conto della condotta che si è tenuta.

Qual è la partita che voglio sottoporre alla vostra attenzione? Dice il presidente dell'Associazione nazionale magistrati contabili che, quando si delibera e si legifera, riprendendo l'insegnamento di Einaudi, ma anche del nostro più vicino Mazzotta, ci vuole la quantificazione dei costi. Per la quantificazione dei costi contabili c'è la Ragioneria generale dello Stato, ma della quantificazione dei costi morali, educativi, chi si deve occupare, se non l'organo collegiale del Parlamento? Prestando attenzione affinché, attraverso un'approvazione, non si generi una demolizione del nostro ordinamento.

Quello che è contenuto sembra una bambola matrioska, con due livelli di contenuti. C'è la parte degli aiuti riguardanti l'approvvigionamento energetico, c'è la parte dell'attenzione, soltanto spettacolare, sulla materia della sanità, e poi c'è la parte della sostanza riguardante la materia fiscale e tributaria, specializzando, diciamo così, l'arrendevolezza. Si tratta di quel principio di demolizione che noi abbiamo già trovato nella legge di bilancio del dicembre 2022 per l'annualità esercizio 2023, dove, con un costo di 1 miliardo e 100 milioni di euro, abbiamo generato quello che si chiama il primo colpo al funzionamento dell'ordinamento tributario italiano.

Che cos'è che voglio portare alla sua attenzione e a quella dell'Aula? Come diceva Benedetto Croce, c'è uno spirito creatore nell'Aula del Parlamento ed è per questo che serve attenzione. Attenzione: non ce lo ritroviamo, l'ordinamento, se continuiamo a dare luogo ad insegnamenti di segno contrario. Noi dovremmo generare la cultura dell'adempimento spontaneo, la cultura della premialità fiscale e non la cultura del: se non paghi, sappi che il Parlamento ogni 3 mesi genera una scappatoia, un tapis roulant che consente di rimettersi in forma. Noi, così proseguendo, non avremo più la capacità della nostra statualità di farsi trovare alle domande dei diritti, dei bisogni e anche delle opportunità che riguardano la nuova e le nuove economie.

Dentro questo spirito, dentro questa lettura voglio richiamare la vostra attenzione sull'insegnamento di un grande maestro di diritto e di diritti, Norberto Bobbio, il quale, spiegando che cos'è l'adesione sacrale alla norma, insegnava a generazioni di studenti che l'adesione sacrale non si garantisce attraverso la sanzione, la paura della sanzione, ma attraverso l'accettazione dell'obbligatorietà di quella norma, che genera poi il meglio comune possibile per tutti. Noi stiamo demolendo la cultura dell'obbligatorietà. Chi non scommetterà, di qui a 100-120 giorni, che il Parlamento non rigeneri una via di uscita - deregulation - deregolamentante, che, per esempio, allunghi la possibilità della rateizzazione, comprima i costi degli interessi e stabilisca che non è reato, ma è soltanto irregolarità sanabile? E su questo, come facciamo a potenziare l'ordinamento fiscale rispetto al grande dramma dell'evasione e dell'elusione?

Abbiamo fatto un lavoro, negli anni passati, con la fatturazione elettronica, con l'interoperabilità dei dati, con le assunzioni di competenze nelle agenzie fiscali. Se dopo questo, che è la religione del proscenio nei fatti, si dà luogo ad un'altra manifestazione teatrale, come si fa a rendere certa, capace, adattiva, adeguata, coerente e proporzionata la macchina tributaria, se diamo colpi tipo il colpo di cui all'articolo 23 del decreto-legge che abbiamo in esame, attraverso l'atto Camera n. 1060? È questa la ragione di un'iniziativa pregiudiziale.

Prima di entrare nel merito di questo archibugio che, nei fatti, genera mille scappatoie, raccogliete la vostra intelligenza, date valore e misura alla gravità della questione, perché rischiamo di ridurre a stracci l'ordinamento tributario. Un grande capo della Polizia, Antonio Manganelli, diceva che ci sono questioni che vanno messe al riparo dalle volontà del Governo: sono questioni che coincidono con le istituzioni, altrimenti le istituzioni, se entrano nella lotta quotidiana, poi diventano stracci. Noi rischiamo di far restare stracci quello che deve essere l'ordinamento tributario credibile, educatore, fatto di regole stabili e stabilizzate, per fare in modo che le procedure invitino, convincano, facciano in modo da generare la cultura dell'obbligatorietà.

Per queste ragioni, noi vi invitiamo a fornire adesione alla nostra iniziativa pregiudiziale, deliberando di non procedere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio D'Alessio. Ne ha facoltà.

ANTONIO D'ALESSIO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Non mi soffermo sulla tematica della decretazione d'urgenza, perché già è stato detto molto. Lascio parlare i numeri, che sono da record, come è stato segnalato e sottolineato più volte. L'abuso è evidenziato, poi, naturalmente, dalla mancata omogeneità delle norme che vengono inserite nei decreti stessi, al punto che il Capo dello Stato è intervenuto in questo senso.

Da persona equilibrata e autorevole qual è, ha sentito il dovere di richiamare l'attenzione su questo tema. Queste sono misure in materia di adempimenti fiscali, ma in realtà non sono solo quelle: trattasi di sanatorie, di condoni per accertamenti e controversie tributarie, esclusioni di punibilità per alcuni reati, e poi sanità, misure varie.

Naturalmente c'è un tema di fondo: l'evasione fiscale deve essere vissuta come fonte di ingiustizia, di iniquità, di disuguaglianze. Quello che più lascia perplessi in ordine al contenuto tecnico della norma è che nella precedente disposizione era possibile evitare le sanzioni penali con il pagamento integrale degli importi dovuti, compresi sanzioni e interessi, ma prima dell'apertura del dibattimento di primo grado; e se l'importo fosse stato rateizzato, c'era poi la necessità di concludere il pagamento in 6 mesi. Con la nuova norma si può, invece, iniziare a pagare a processo già aperto e fino alla sentenza di appello. Questa è una scelta che favorisce i furbi, naturalmente, perché anche dopo una sentenza di primo grado si può provvedere e procedere a sanare la posizione tributaria, magari verificare i tempi, verificare la posizione e l'andamento della controversia, prevedere gli esiti dell'appello. È assolutamente sperequativa, quindi è una scelta non condivisibile, presenta dei dubbi di costituzionalità troppo evidenti, c'è una ricaduta sulla prescrizione che veramente lascia perplessi. È diseducativo, crea anche danni sul gettito erariale, pone in bilico il principio di uguaglianza per un riconoscimento alla non punibilità entro limiti temporali più ampi rispetto all'ordinario.

C'è lo spazio effettivamente per dei profili di fondatezza rispetto a una pregiudiziale, tuttavia, per l'attenzione che vogliamo porre nei confronti dei cittadini, per le misure contenute a loro favore, così come per le imprese e per il Terzo settore, che sono in evidentissima difficoltà, noi vogliamo lavorare su questo testo. E allora, anche per stigmatizzare l'abuso delle pregiudiziali - così come stigmatizziamo l'abuso della decretazione di urgenza - preannunzio il nostro voto di astensione (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Colleghi, ho l'ultimo collega che ha chiesto di intervenire, al quale darò adesso la parola. Significa che fra cinque minuti voteremo. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Presidente, colleghi, intervengo a nome del gruppo di Fratelli d'Italia per esprimere una posizione di contrarietà rispetto alle questioni pregiudiziali presentate e di cui riteniamo infondate le motivazioni. Intanto sulle contestazioni relative al principio di omogeneità del contenuto del decreto-legge, cosa prevista dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, laddove si afferma che i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, cosa che avviene puntualmente per il decreto-legge n. 34. Segnaliamo, innanzitutto, che il decreto-legge è una fonte a contenuto aperto, non vi è limite alla compresenza di oggetti diversi. L'unico limite è che questi oggetti debbano rientrare all'interno dei casi straordinari di necessità e urgenza. Altro elemento è che, come per la legge ordinaria, il decreto-legge è certamente emendabile dalle Camere. Se si applicasse, del resto, in altro modo l'articolo 15 della legge n. 400, si dovrebbe dedurre l'incostituzionalità di tutti i decreti pluricomprensivi, cioè di quei decreti che contengono disposizioni su più soggetti e materie, mentre è ad una finalizzazione unitaria che si deve guardare, cioè che siano teleologicamente finalizzati a un unico scopo comune, che si deve dedurre all'interno del decreto-legge stesso. Per quanto riguarda, in generale, il requisito della necessità e urgenza previsto dall'articolo 77 della Costituzione, è evidente che le misure adottate nel decreto n. 34 siano dettate da inconfutabili presupposti di necessità e urgenza, dovuti alla crisi energetica che stiamo vivendo, dalla necessità di sostenere il settore sanitario, provato dalla pandemia, e da correttivi indispensabili dati i presupposti della legge di bilancio in materia di fiscalità. In particolare, riguardo al punto delle pregiudiziali Fenu e Merola sulle cause speciali di non punibilità dei reati tributari, laddove si sostiene che sotto il profilo penalistico e costituzionale al riconoscimento della non punibilità…

PRESIDENTE. Colleghi! Scusi, onorevole Zucconi, scusi.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Capisco che…

PRESIDENTE. No, non è da capire. Non pretendo adesso un effetto Cenerentola fino a mezzanotte, ma almeno fino a mezzogiorno potremmo fare silenzio, almeno l'incantesimo! Prego.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). …nell'ambito delle procedure di definizione agevolata entro limiti temporali più ampi rispetto all'istituto ordinario conseguirebbe la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, si vuole evidenziare che, in realtà, l'articolo 23, comma 1, prevede che non siano punibili i contribuenti che si avvalgano delle procedure di definizione agevolata introdotte con l'articolo 1 della legge n. 197 del 2022, la legge di bilancio, per regolarizzare la propria posizione contributiva. Le misure tributarie a favore del contribuente contenute nella legge di bilancio 2023 si allineano, del resto, a precedenti misure di pace fiscale, ad esempio al decreto-legge n. 119 del 2018, per le quali non era stata tuttavia introdotta una normativa specifica che ne disciplinasse gli effetti penali. In merito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 43062 del 2021 si è pronunciata sulle possibili interferenze fra la disciplina della definizione agevolata e le norme penali, e ha confermato la validità di questa normativa. La circostanza esimente, dunque, opera esclusivamente se le violazioni sono state comunque definite e il contribuente ha provveduto ad effettuare l'integrale pagamento dell'importo dovuto, secondo le modalità e nei termini stabiliti dalla procedura agevolata stessa di cui ha usufruito, prima che venga pronunciata la sentenza di appello. Qui non vorrei che si confondesse una questione di costituzionalità con il merito della norma, cosa che ho rilevato, invece, negli interventi precedenti.

In merito alla pregiudiziale Zanella, cioè quella che sostiene la non efficacia di questo decreto-legge e che accusa il Governo di intervenire con una misura redistributiva tiepida e inadeguata, diciamo che in realtà il Governo è intervenuto con misure tutt'altro che tiepide, sia per le famiglie che per le imprese, sia in campo sanitario che energetico. Citiamo, solo ad esempio, l'istituzione del fondo da 1.085 milioni per risolvere il problema legato al payback e l'estensione per tutto il secondo trimestre del 2023 del bonus sociale luce e gas con lo stesso limite ISEE di 15.000 euro. Sarebbe troppo lungo…

PRESIDENTE. Concludiamo.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). …elencare tutte le misure previste in questo decreto-legge. che del resto sono conosciute. Dunque, con queste motivazioni, il gruppo Fratelli d'Italia chiede che la Camera respinga tutte le pregiudiziali presentate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Fenu ed altri n. 1, Zanella ed altri n. 2 e Merola ed altri n. 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, recante disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria (A.C. 1067​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali Bonelli ed altri n. 1 e Ilaria Fontana ed altri n. 2 (Vedi l'allegato A) riferite al disegno di legge n. 1067: Conversione in legge del decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, recante disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria.

A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, in caso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati, per non più di 10 minuti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di 5 minuti.

Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.

La deputata Francesca Ghirra ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Bonelli ed altri n. 1, di cui è cofirmataria.

FRANCESCA GHIRRA (AVS). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, siamo arrivati…

PRESIDENTE. Dovrebbe, magari, avvicinarsi un po' al microfono…

FRANCESCA GHIRRA (AVS). Siamo arrivati a oltre 20 decreti-legge approvati dal Governo dall'inizio della legislatura, 24, se non sbaglio, e tanti altri ne arriveranno, più di 4 al mese, praticamente uno alla settimana, un vero record, e questo nonostante l'eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza sia stato più volte censurato dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso dei provvedimenti legislativi.

Mi sorprendono soprattutto le colleghe e i colleghi di maggioranza che, oltre a non ascoltare, questa mattina, evidentemente consentono che il ruolo del Parlamento venga costantemente svilito, ma non mi sorprende meno la Presidente del Consiglio, che criticava aspramente questa pratica quando sedeva tra i banchi dell'opposizione e proprio durante il suo primo intervento da Premier in quest'Aula aveva garantito un nuovo protagonismo del Parlamento. Niente di più falso (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

Oggi, affrontiamo la riesumazione del progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, un'idea di oltre 50 anni fa, a cui il Governo ha deciso improvvisamente di attribuire i caratteri di necessità e di urgenza. Si tratterebbe del ponte a campata unica più lungo al mondo, un vero e proprio simbolo della mobilità del futuro, orgoglio di ingegneria italiana ed europea, come si legge nella relazione di accompagnamento. Parliamo di un ponte sospeso lungo 3.300 metri e largo 60, composto da 3 corsie di 3,75 metri per ogni carreggiata, un'estensione ferroviaria di 2 binari e 2 marciapiedi, un ponte sospeso a campata unica in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo: una vera follia. Sono passati 52 anni dall'approvazione della legge n. 1158 del 1971, che prevedeva il collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia e il continente, senza che neanche una pietra sia stata posata, ma oltre un miliardo di euro è stato già speso in studi, ricerche, progetti, consulenze e contenziosi.

Anche in passato si erano ipotizzati tempi celeri per la realizzazione del Ponte, senza mai riuscire a rispettarli. Il progetto preliminare venne approvato nel 2003, solo 32 anni dopo la promulgazione della legge; nel 2004, il Ponte venne inserito tra i progetti prioritari dalla rete transeuropea dei trasporti TEN-T, da avviare prima del 2010. A ottobre 2005, la gara veniva aggiudicata in via provvisoria, con l'inizio dei lavori previsto nel 2006 e una durata di 6 anni. Il contratto venne poi sottoscritto a marzo 2006, prevedendo 10 mesi per la progettazione definitiva ed esecutiva e 5 anni per la realizzazione dell'opera, ma la progettazione definitiva venne avviata solo il 1° aprile 2010, con un nuovo termine per l'avvio dell'opera al 2013, accumulando un ulteriore ritardo di 2 anni. Poi, lo stop del Governo Monti e l'avvio dei contenziosi, la cui udienza di precisazione delle conclusioni è prevista per il prossimo 18 settembre. Nel frattempo, i costi di realizzazione dell'opera irrealizzabile sono passati dai 5 miliardi del 2001 agli oltre 10 non ancora individuati dal Governo e previsti oggi.

Il progetto esecutivo dovrà partire dal definitivo di 12 anni fa, che non aveva neanche concluso le procedure autorizzative, ed essere approvato entro il 31 luglio 2024. Per la VIA sono previsti solo 90 giorni. Sulla durata effettiva di realizzazione dell'opera, il Vice Ministro Rixi ha parlato di 5 anni, tempi del tutto irragionevoli, se si esamina con attenzione quanto accaduto negli anni trascorsi, come, del resto, è irragionevole pensare di rimettere in campo il progetto e la società Stretto di Messina Spa, messa in liquidazione nel 2012.

Se consideriamo che il progetto preliminare risale al 2003 e il definitivo è stato approvato 8 anni dopo, con raccomandazioni e prescrizioni, per poi arenarsi sino a oggi, è del tutto evidente che i sogni di gloria del Ministro Salvini rimarranno ancora solo sulla carta, se non per un aspetto di non poco conto: la riattivazione della società Stretto di Messina Spa che, disattendendo le stesse raccomandazioni della Corte dei conti, rimette in piedi un carrozzone di Stato, che si aggiunge alle 886 scatole vuote controllate da ministeri, regioni, comuni ed enti vari (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra), che hanno più amministratori che dipendenti, con un consiglio di amministrazione e un collegio sindacale di 5 componenti ciascuno, che potranno definire i propri compensi con una deroga al tetto dei 240.000 euro, in ragione della complessità dell'opera e della conseguente necessità di attribuire alla società le migliori professionalità.

“Sarà un'opera green e anche un'attrazione turistica, visto che sarà la più grande al mondo”, ha dichiarato il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. Altro che green; se il Ponte fosse davvero realizzato si causerebbe un vero e proprio disastro ambientale. Tutta l'area dello Stretto di Messina è ricompresa in due importantissime zone di protezione speciale ed è caratterizzata da un sistema di ben 11 zone speciali di conservazione, ai sensi della direttiva Habitat, che tutelano un ambiente unico, un importantissimo luogo di transito per l'avifauna e per i mammiferi marini, in cui si trova una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo.

La commissione tenuta a esprimersi sull'impatto ambientale, il 15 marzo 2013, ritenne il parere inesprimibile, sottolineando che gli studi non mostravano un livello di approfondimento sufficiente per un progetto definitivo, ma evidenziando soprattutto un'incidenza negativa sugli habitat e sull'avifauna delle aree protette SIC e ZPS interessate dal progetto, ritenendo del tutto insufficienti le aree a verde pubblico attrezzato previste a colmare il danno ambientale arrecato dall'opera. Il WWF ha spiegato, anche questa mattina, che ogni giorno si muovono tra le sponde non più di 4.500 persone e che il 76,2 per cento degli spostamenti dei passeggeri è locale e senza auto.

Pendolaria 2023, lo studio annuale di Legambiente sui trasporti ferroviari, evidenzia che, nel Mezzogiorno, circolano meno treni, i convogli sono più vecchi e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Nuoro, ad esempio, rimarrà l'unico capoluogo di provincia scollegato dalla rete ferroviaria nazionale, ma piuttosto che investire sul sistema ferroviario della Sardegna avete deciso di buttare via 10 miliardi. Le corse dei treni regionali in Sicilia e in Calabria sono ogni giorno rispettivamente 506 e 333 contro le 2.173 della Lombardia, dove la popolazione è pari solo al doppio della Sicilia e l'estensione è minore, ma voi volete buttare via 10 miliardi e puntare, piuttosto che su elettrificazione e collegamenti più veloci e frequenti, su un'opera del tutto inutile.

Presidente, noi di Alleanza Verdi e Sinistra abbiamo rilevanti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale del provvedimento in esame per l'assenza dei requisiti essenziali legati all'uso del decreto-legge previsti dall'articolo 77 della Costituzione. La necessità e l'urgenza ormai caratterizzano praticamente tutti i provvedimenti del Governo Meloni, così come la fiducia, sorte che toccherà, senza alcun dubbio, anche a questo decreto-legge, che viola l'articolo 117 per quanto attiene ai rapporti dello Stato con altri ordinamenti, il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Il provvedimento è, quindi, in palese contrasto con principi e norme sovranazionali e la sua illegittimità rischia di esporre lo Stato alla violazione degli obblighi europei e a procedure di infrazione.

Vengono violati gli articoli 9 e 41 della Costituzione che dal 2022 prevedono la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell'interesse delle generazioni future. Sono violati, inoltre, i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, la tutela della concorrenza, nonché la salvaguardia degli equilibri della finanza pubblica in rapporto alle risorse disponibili. Non c'è ancora traccia degli oltre 10 miliardi che occorreranno per realizzare l'opera, gestirla e mantenerla, ma è del tutto evidente che saranno a carico dello Stato.

Allo stesso modo, è stigmatizzabile la scelta di far riprendere efficacia al rapporto di concessione trentennale, salvo eventuali ulteriori proroghe, tra il MIT e la società Stretto di Messina Spa senza nessuna gara a evidenza pubblica.

Concludo, Presidente. Noi di Alleanza Verdi e Sinistra siamo profondamente contrari alla realizzazione del Ponte sullo Stretto come alla riesumazione della società. Riteniamo che le risorse che intendete stanziare per quest'opera, più dannosa che inutile, dovrebbero essere meglio impiegate per opere infrastrutturali, per rendere fruibili e moderne le nostre ferrovie, soprattutto al Sud e nelle isole, per intervenire contro il dissesto idrogeologico e per arginare la siccità, che sta prosciugando i nostri fiumi.

Vi chiediamo, quindi, di non procedere all'esame del decreto, di ritirarlo o farlo decadere. Diversamente, ci opporremo alla prosecuzione dell'iter in questa sede e in tutte quelle a nostra disposizione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Il deputato Antonino Iaria ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Ilaria Fontana ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.

ANTONINO IARIA (M5S). Grazie, Presidente. Nel presentare questa pregiudiziale sul decreto-legge relativo al Ponte sullo Stretto di Messina, apriamo di nuovo il dibattito relativo alle grandi opere in modo errato. La tattica del Governo e del Ministro Salvini è chiara ed è quella di annunciare e subito creare le squadre del “sì” e del “no”, senza studiare e senza affrontare il progetto nel merito.

In Commissione si è già cominciato a fare velate accuse all'opposizione di essere ideologici. Così ogni perplessità, incognita od opzione differente su un'opera complessa di circa 10 miliardi di euro verranno descritte solo come un “no” ideologico. “Ma io non ci sto più”, disse poi il 5 Stelle. Quindi, comincerei a far finta che questa non sia la solita sparata di Salvini in cerca di consenso. Ripeto: l'unica cosa urgente per questo Governo è evitare il dibattito parlamentare e il confronto con il Paese per decisioni che avranno un impatto economico su tutti gli italiani per i prossimi 10 anni, senza nessun sicuro ritorno né dal punto di vista dell'investimento né della sua efficacia. Ma sicuramente mi sbaglierò e la prova sta nella decretazione d'urgenza, che diventa un'arma formidabile per far vedere un Governo forte e decisionista, che nella realtà non esiste (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Qui l'unica urgenza è l'urgenza elettorale della Lega del Ministro Salvini, in evidente difficoltà.

Infatti, siamo chiamati a discutere un decreto-legge che andrebbe discusso e approfondito e non liquidato velocemente per raggiungere un risultato elettorale.

Abbiamo depositato un documento pregiudiziale che mette in luce tutte le contraddizioni di questo decreto, a partire dalla presunta urgenza. Anche questa volta, infatti, si fa appello all'urgenza di qualcosa che urgente non è. L'unica cosa certa è che l'utilizzo di un progetto del 2012, che dev'essere aggiornato rispetto alla nuova normativa di riferimento per le opere infrastrutturali sia dal punto di vista ambientale sia per il rischio sismico, è già di per sé un elemento che preclude l'urgenza.

Nel caso specifico di questo decreto-legge, le motivazioni addotte legate alla strategicità dell'intervento stridono con un'ipotesi progettuale che ha le sue origini già negli anni Cinquanta. Allora, infatti, si iniziò a ipotizzare la realizzazione di un collegamento infrastrutturale tra Sicilia e Calabria, per poi entrare nell'ordinamento giuridico italiano con la legge n. 1158 del 1971. A 10 anni da quella legge è stata costituita la società Stretto di Messina e, dopo ulteriori 20 anni, l'opera è stata inserita tra le infrastrutture pubbliche di rilevanza nazionale. Nel 2004 iniziò l'iter per l'affidamento dei servizi preliminari del project management consulting per le verifiche preliminari necessarie alla successiva progettazione. Passano altri due anni e, nel 2006, il legislatore decise di procrastinare la realizzazione del Ponte e di fatto toglierlo dalle opere strategiche e prioritarie, dirottando i fondi verso altre destinazioni. Nel 2009 il Ponte sullo Stretto è stato considerato un'opera prioritaria e la società Stretto di Messina ha ricevuto un contributo di 1.300 milioni di euro per la sua costruzione. Poi, la società e la Eurolink hanno stipulato un atto aggiuntivo per definire la modalità di riavvio dei lavori e aggiornare il prezzo contrattuale. Il progetto della società Stretto di Messina è stato sospeso nel 2012, dopo che il CIPE non l'ha approvato, e la società è stata posta in liquidazione. Il Governo ora vuole riavviare il processo di approvazione, ridefinendo la compagine societaria della SDM, definendo una nuova concessione e riprendendo il lavoro di programmazione e progettazione.

Il principio di urgenza che sta portando a esaminare questo decreto-legge viene meno innanzitutto perché non esiste un'urgenza. Inoltre, il decreto-legge è oggetto di critiche costituzionali riguardanti la tutela ambientale e il bilanciamento tra l'iniziativa economica privata e l'utilità sociale. L'iter di approvazione dell'opera avrà ad oggetto un progetto del 2012, integrato con una relazione del progettista che non tiene conto della recente giurisprudenza costituzionale sulla tutela ambientale e sul rischio sismico.

Vogliamo denunciare, inoltre, la violazione dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione e l'esistenza di un contenzioso legato al mancato coinvolgimento degli enti locali nella costruzione dell'infrastruttura.

Si aggiunge che l'approvazione del progetto comporta una violazione di competenze amministrative regionali e comunali nella materia urbanistica. Inoltre, si segnala la mancanza di una valutazione di ragionevolezza nel bilanciamento tra la necessità di realizzare l'opera e la salvaguardia della finanza pubblica. Si evidenzia che l'arresto dell'iter di realizzazione dell'opera ha confermato il notevole impatto sull'economia pubblica e la perdurante incertezza riguardo alla fattibilità e alla sostenibilità del progetto. Si menziona anche l'assenza di una previsione di costo finale a carico dello Stato e la sostanziale insostenibilità economica che comportano inevitabilmente i costi di realizzazione, gestione e manutenzione, in massima parte a carico dello Stato.

In conclusione, Presidente, qui si parla solo di fretta. Cosa porterà questa fretta? Perché non si prendono in considerazione eventuali alternative che potrebbero favorire il collegamento senza impattare in maniera così importante sull'ecosistema marittimo e costiero? Sono stati spesi tanti soldi per studi preliminari sul Ponte, ma questi studi servirebbero di nuovo. Magari si potrebbe scoprire che le nuove tecnologie, investendo in trasporti marittimi ambientalmente non impattanti, potrebbero far risparmiare soldi e, allo stesso tempo, non impattare sull'ambiente. È possibile che un collegamento sostenibile non sia realizzabile? Non possiamo saperlo e il Governo non vuole saperlo perché ora è urgente. Una volta spesi altri soldi dei contribuenti ci troveremo con l'ennesimo progetto irrealizzabile.

Avete demonizzato il superbonus come voragine dei conti pubblici - palesemente una notizia falsa - e non date nessuna importanza ai soldi pubblici sprecati in passato e impegnati per il futuro. Siete sicuri che questo decreto non porterà a buttare via davvero miliardi di euro degli italiani? Grazie, Presidente, ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Colleghi, assistono oggi ai nostri lavori gli studenti e i docenti dell'istituto tecnico economico e tecnologico Dante Alighieri di Cerignola, in provincia di Foggia, che salutiamo (Applausi).

Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Saverio Romano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, in questa occasione mi pare abbastanza chiaro che emergano in questo Parlamento due visioni della nostra società. Emergono due visioni che, attraverso le questioni pregiudiziali presentate dai colleghi della sinistra e dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, vorrebbero, ancora una volta, fermare non già la realizzazione del Ponte sullo Stretto, ma quello che da tempo avrebbe dovuto essere il naturale sviluppo di un rapporto tra la Sicilia e il resto del Paese, che non ha continuità territoriale, anche perché devo aggiungere che questi colleghi - così come avviene con l'elastico - alcune volte sono europeisti e altre invece non lo sono.

Come è pensabile realizzare il corridoio Berlino-Palermo senza la continuità territoriale, senza un ponte che colleghi l'isola della Sicilia con il resto d'Italia? È inimmaginabile che ancora oggi si discuta dell'urgenza della sua realizzazione, quando il ritardo che abbiamo assommato è di almeno 60 anni. Quale urgenza? Non nascondiamoci dietro le parole e dietro le pregiudiziali strumentali.

Chi ha presentato la pregiudiziale non l'ha fatto perché non vuole la decretazione d'urgenza, ma perché non vuole il Ponte sullo Stretto, perché non vuole il collegamento tra la Sicilia e il resto d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE)).

Da sempre siamo stati chiari. Abbiamo sempre avuto una posizione chiara: il centrodestra, quando è stato al Governo, ha sempre fatto di tutto per giungere alla realizzazione del Ponte. E ci eravamo già riusciti, perché c'era già un appalto in essere ed erano anche iniziati i lavori, dopodiché, inaudita altera parte, con un provvedimento - che, ancora oggi, ci fa considerare inaffidabili in tutto il mondo - si è cancellata una gara d'appalto e, con questa, si è cancellato il progetto. Allora, la decretazione d'urgenza, che serve a rimettere in piedi, con il carattere della straordinarietà, la società Stretto di Messina, diventa lo strumento con il quale realmente possiamo fare ciò che abbiamo promesso agli elettori, perché la realizzazione del Ponte è nel nostro programma elettorale e il nostro programma elettorale è stato votato dalla maggioranza degli italiani. Siamo al Governo e manterremo le promesse fatte. Noi vogliamo realizzare questo Ponte: non è un'affermazione apodittica, non è un'affermazione assertiva soltanto di una volontà, ma è un'affermazione che tiene conto invece di quello che sarà il nostro Paese nel futuro e di quello che dovrà essere il centro del Mediterraneo nel futuro.

La Sicilia fortunatamente occupa una posizione strategica: geopoliticamente ed economicamente strategica. Può intercettare i flussi economici commerciali, ma anche le diplomazie di questo meraviglioso mondo che è il Mediterraneo; eppure, la si tiene dentro una condizione di sottosviluppo. Ci si viene a dire: prima di fare il Ponte, perché non pensiamo alle strade e alle ferrovie? E poi di contro ci si dice: non possiamo fare l'alta velocità, perché tanto non avete il collegamento territoriale.

Allora, cari amici, amiche, colleghi e colleghe, dobbiamo fare il Ponte sullo Stretto per evitare che si continui con questa finzione, perché il Ponte ci consentirà finalmente di avere anche l'alta velocità in Sicilia, di avere finalmente strade percorribili e di collegare il mondo economico - e non soltanto la società, i pendolari o i comuni cittadini - con il resto d'Europa. Quindi, voteremo convintamente contro queste pregiudiziali che, a nostro avviso, continuano ad essere strumentali perché, invece, nascondono la volontà di una parte della sinistra di mantenere la Sicilia nel sottosviluppo e di non vederla mai collegata al resto d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antonio D'Alessio. Ne ha facoltà.

ANTONIO D'ALESSIO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Anche su questo tema bisogna riflettere, con particolare riferimento all'abuso dello strumento della decretazione d'urgenza, ma anche all'utilizzo delle pregiudiziali. Nel merito siamo aperti all'ipotesi della costruzione del Ponte, ma queste sono valutazioni di merito. Oggi discutiamo di una pregiudiziale che, secondo noi, non ha ragione d'essere. Si tratta di uno strumento che va utilizzato con parsimonia, con attenzione, con senso delle istituzioni, mentre invece c'è quasi una certa automaticità con la quale si devia anche il normale corso, il normale senso degli istituti costituzionali.

C'è un abuso, sì, della decretazione d'urgenza, ma ci sono anche leggerezza e automaticità nell'uso dello strumento delle pregiudiziali, a cui si ricorre anche quando non bisognerebbe farlo. Questo naturalmente fa venir meno anche la valenza dello strumento stesso della pregiudiziale: se utilizzassimo di meno questo strumento, probabilmente avremmo più attenzione da parte di tutta l'Aula in ordine ai rilievi che vengono mossi. Peraltro in questo caso, a differenza del precedente tema, c'è anche una certa omogeneità. Quindi, siamo favorevoli nel merito rispetto alla valutazione sul Ponte sullo Stretto, ma non siamo favorevoli a questa pregiudiziale e quindi voteremo “no” (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Anastasio Carrà. Ne ha facoltà.

ANASTASIO CARRA' (LEGA). Signor Presidente e onorevoli colleghi, il decreto-legge in questione, riguardante la riattivazione della società Stretto di Messina Spa rispetta pienamente i principi stabiliti dalla nostra Costituzione. Desidero soffermarmi su alcuni aspetti giuridici rilevanti per chiarire la nostra posizione.

Come è noto, l'adozione di un decreto-legge è giustificata in presenza di casi straordinari di necessità ed urgenza, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione. L'adozione di questo decreto, in particolare, è prodromica ad esigenze urgenti di sviluppo infrastrutturali e di connessione tra le due sponde dello Stretto, con l'obiettivo di favorire la mobilità, il turismo e lo sviluppo economico del territorio.

La realizzazione dell'opera in questione è infatti finalizzata a contribuire alla programmazione europea dei corridoi plurimodali, integrando così la rete europea dei trasporti e della logistica, il tutto da completare entro il 2030.

Tale obiettivo necessita di immediate misure normative che garantiscano un percorso accelerato per la sua realizzazione. A tal fine, vi è la necessità di riattivare la società Stretto di Messina Spa, incaricata per legge dello studio, della progettazione e della realizzazione del collegamento viario.

Come è noto, la legge di bilancio di quest'anno ha fissato il termine di 90 giorni dalla sua entrata in vigore per la revoca dello stato di liquidazione della società e ha previsto, nei successivi 30 giorni, la convocazione dell'assemblea dei soci da parte del commissario per la nomina di nuovi organi sociali.

L'esigenza di adeguare la società ai parametri europei delle società in house ha quindi reso indispensabile, prima della nomina degli organi sociali, l'adozione di disposizioni urgenti per la ridefinizione dell'assetto societario. E, quindi, in secondo luogo, vi è la necessità e urgenza di definire i contenziosi tra la società e il contraente generale, nonché il project manager consultant, da tempo pendenti e che rischiano, ove le domande siano accolte, di determinare un ingente esborso di denaro per le casse pubbliche. Proprio per questo, il Governo ha condizionato l'intera operazione alla stipula di atti negoziali di rinuncia ai contenziosi pendenti, azzerando, in tal modo, il rischio di una possibile soccombenza in tali contenziosi, nei quali lo Stato è coinvolto da anni a causa dell'inerzia dei Governi precedenti, purtroppo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Inoltre, deve evidenziarsi come la riattivazione della società non vada in direzione opposta alle raccomandazioni della Corte dei conti, anzi, al contrario, è strumentale proprio a superare lo stato di liquidazione su cui la Corte dei conti aveva posto rilievi e a consentirle di attuare gli obiettivi per i quali la stessa era stata prevista dal legislatore.

Per quanto riguarda le disposizioni sulle progettazioni e realizzazione dell'opera, si tratta di norme la cui urgenza è legata alle esigenze di inserire l'opera nell'allegato Infrastrutture al DEF, che è stato approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Tale passaggio appare, infatti, essenziale per garantire un completo inquadramento dell'opera nell'ambito della programmazione economica e finanziaria.

Rispetto alla preoccupazione espressa nelle pregiudiziali sull'iter approvativo dell'opera e sulla violazione del principio di sussidiarietà, si evidenzia che, nel 2011, il progetto definitivo aveva pressoché concluso l'esame in sede di conferenza istruttoria, nella quale erano stati acquisiti i pareri delle amministrazioni, anche territoriali, rispetto alle localizzazioni del Ponte e delle opere a terra. Le disposizioni del presente decreto intendono riprendere quelle procedure, aprendo a un nuovo confronto istruttorio, che consentirà di approfondire tutti gli impianti dell'opera.

Non risultano neanche violazioni all'articolo 117, comma 1, a differenza di quello che sostiene qualcuno, sul rispetto dei vincoli derivanti dalla partecipazione all'Unione europea. Viene rispettata, infatti, sia la disciplina europea in materia di evidenza pubblica che la relativa normativa interna di attuazione. In primo luogo, deve considerarsi che la scelta dei contraenti è stata effettuata dalla Stretto di Messina Spa nel 2006 proprio mediante una procedura a evidenza pubblica. I relativi provvedimenti di aggiudicazione sono ancora validi ed efficaci, sebbene paralizzati, nei loro effetti, dal venir meno dei contratti. Non esiste, d'altronde, un termine di validità per una procedura di evidenza pubblica e non esiste alcuna regola che ne determini l'inefficacia, in caso di caducazione per legge di un contratto. La TAV rappresenta un precedente non indifferente in tal senso.

In secondo luogo, va evidenziato che l'articolo 4, comma 5, del decreto prevede esplicitamente che gli atti aggiuntivi stipulati dalla Stretto di Messina con le parti private dovranno rispettare i limiti imposti dalle previsioni del diritto eurounitario in tema di adeguamento dei contratti. Non si tratterà, quindi, di un'ipotesi di innovazione contrattuale. Al contrario di quanto si sostiene è, poi, pienamente rispettato il principio di ragionevolezza, in quanto la realizzazione del Ponte rappresenta un investimento di grande impatto sul territorio, che si tradurrà in benefici concreti per la collettività e per lo sviluppo delle aree interessate, per diversi decenni da oggi in poi.

PRESIDENTE. Riusciamo a concludere, per favore?

ANASTASIO CARRA' (LEGA). Rispetto alla presunta lesione dell'articolo 9 sulla tutela dell'ambiente, della biodiversità e dell'ecosistema, va tenuto presente che la costruzione del Ponte determina una drastica riduzione dei livelli di inquinamento dell'area dello Stretto di Messina, e su questo potrei indicare i coefficienti per quanto riguarda il monossido di carbonio, il materiale particolato, e altro.

In conclusione, desidero precisare ed evidenziare che il Ponte non è una priorità solo della Lega, del centrodestra, della politica; è una priorità della Sicilia, della Calabria, dell'Italia tutta (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), dell'Europa e del mondo, per uno sviluppo sociale. E, quindi, in conclusione, questo decreto-legge rispetta i parametri di costituzionalità e soddisfa le esigenze giuridiche di interesse generale che sono connesse al progetto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo Pertini-Don Guanella, di Napoli, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Benvenuti. Napoli, centrale insieme a Milano.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbagallo. Ne ha facoltà.

ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il Partito Democratico, negli ultimi anni, ha convintamente stimolato il dibattito sull'attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Lo ha fatto con atti parlamentari, sia nelle Commissioni, con la risoluzione n. 8-00091, votata congiuntamente dall'VIII e dalla IX Commissione della Camera, sia in Aula, con la mozione 1-00399, entrambe approvate nel novembre 2020, ma lo ha fatto anche con specifici atti nell'azione di Governo, come lo studio di fattibilità sulle quattro ipotesi di attraversamento stabile durante l'operato del Ministro De Micheli e il successivo studio del Ministro Giovannini. Lo abbiamo fatto convinti, come siamo, che la necessità di un attraversamento stabile sia ormai indifferibile per colmare il gap infrastrutturale tra Nord e Sud, per connettere il Mezzogiorno alla rete TEN-T e per garantire la connessione della vetusta rete ferroviaria siciliana con l'Alta velocità del continente.

Questa stagione di confronto con le altre forze parlamentari - gli atti parlamentari citati, infatti, sono stati sottoscritti da diverse forze politiche, alcune delle quali al Governo anche oggi - è stata, ahimè, interrotta dalla scelta del Governo di procedere, inopinatamente e per l'ennesima volta, con lo strumento della decretazione d'urgenza. Mai come in questo caso, risultano incomprensibili le ragioni della scelta dell'Esecutivo. Sono 24 i decreti-legge presentati fino adesso, in questa legislatura, che speriamo, in questo caso, non vengano seguiti dall'ulteriore posizione della solita fiducia. L'impressione, quindi, è che si voglia utilizzare, anche alla vigilia del voto delle amministrative nella metà dei capoluoghi di provincia della Sicilia e in tante città del Mezzogiorno, la sete disperata di ammodernamento delle infrastrutture nel Sud Italia per costruire consenso elettorale spicciolo. In sostanza, il Governo utilizza un metodo ben noto: quello della promessa elettorale.

Nel caso di un intervento così rilevante, le perplessità non sono solo nel metodo, nella mancanza di confronto e di partecipazione delle scelte, ma vi sono anche profili relativi a violazioni di legge. Urge, infatti, un dibattito, con il coinvolgimento popolare previsto dal decreto legislativo n. 50 del 2016 e dal successivo DPCM n. 76 del 2018, un dibattito che metta in luce le perplessità e i punti di forza delle quattro ipotesi in campo.

Sulla campata unica, che il Ministro Salvini è così deciso a mandare avanti, sono tanti i dubbi e, francamente, le forzature. Il ponte sospeso che vorrebbe realizzare il Governo sarebbe non solo il più lungo al mondo, ma avrebbe una luce pari al doppio di quella del ponte più lungo realizzato oggi proprio nel mondo, che è il Ponte di Akashi, in Giappone. È chiaro come, sotto questo primo, evidentissimo, profilo, stiamo facendo un salto nel vuoto, senza alcun elemento di confronto empirico. Tra le quattro ipotesi studiate dal gruppo di lavoro, è notoriamente quella che non ha nessun riscontro fisico, concreto, tangibile. In secondo luogo, i piloni avrebbero l'altezza record di 400 metri. Altro che l'opera più green del mondo. Ad oggi, non è stato fatto alcuno studio concreto sull'impatto e sulla sostenibilità ambientale che ci possa convincere e, tra le ipotesi in campo, è certamente la più impattante. In terzo luogo, la localizzazione è la più lontana dai centri abitati di Messina e di Reggio Calabria e la più vicina alla riserva naturalistica e all'area marina protetta di Ganzirri ed è la soluzione più esposta ai fenomeni ventosi.

Presidente, ci saremmo aspettati un confronto vero e autentico da parte del Governo. Saremo vigili e utilizzeremo tutti gli strumenti in nostro possesso, dentro e fuori il Palazzo, per verificare la bontà progettuale dell'opera e denunciarne le nefandezze. Speriamo che finisca anche questo clima insopportabile da perenne spot da campagna elettorale. Nelle scorse settimane, a Taormina, casualmente uno dei comuni più prestigiosi che vanno al voto, il Ministro Salvini ha dichiarato che entro due anni inizieranno i lavori. Noi non solo non ci crediamo, ma riteniamo pure che ci sia un limite alla spregiudicatezza e alla sfacciataggine.

Presidente, concludo con una preoccupazione in ordine alle infiltrazioni della criminalità organizzata. Il nuovo codice degli appalti espone il sistema a nuove permeabilità: affidamenti diretti con soglie elevatissime e subappalti senza limite. Siamo molto preoccupati e lo abbiamo manifestato più volte in questi mesi. Attenzione, vi è il rischio che l'opera più attesa e sognata diventi lo scandalo più imbarazzante del Paese. Per queste ragioni il Partito Democratico voterà a favore della pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, da un punto di vista strettamente tecnico, sarebbe molto agevole rispedire al mittente le considerazioni che sono state svolte nelle pregiudiziali presentate dalle opposizioni.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Paolo Emilio Russo. Colleghi, per favore, ascoltiamo le considerazioni del collega, così ci formeremo un'idea compiuta su quello che votiamo. Prego.

PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Tutte le considerazioni svolte riguardano, infatti, quasi esclusivamente l'assenza dei requisiti di necessità e urgenza. Allora, noi ci chiediamo: il Ponte sullo Stretto è necessario? Un collegamento stabile tra la Sicilia e il continente è urgente? Quando, come in questo caso, la contestazione è rivolta al provvedimento nel suo complesso, basterebbe ricordare a tutti e a quest'Aula l'articolo 87 della Costituzione, commi terzo e quarto, ma in questo intervento io preferisco sollevare delle questioni più politiche, perché, cari colleghi, il Ponte sullo Stretto di Messina è da sempre una questione politica e chi lo ha contrastato ancora oggi in quest'Aula continua a contrastarlo e lo fa su basi politiche. La prima disposizione normativa che riguarda la realizzazione del Ponte sullo Stretto è del 1971. Forza Italia, dopo tutto questo tempo, ritiene, sì, che questo sia un decreto assolutamente necessario e urgente. Se consideriamo che i primi provvedimenti concreti, che hanno provato a dare un impulso a quest'opera, sono quelli del Governo Berlusconi all'inizio degli anni Duemila, dunque 23 anni fa, allora, per Forza Italia questo decreto è addirittura urgentissimo. Se consideriamo che un collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria dal 2013, quindi da 10 anni, è considerato parte strategica del Corridoio scandinavo-mediterraneo nell'ambito delle reti europee, questo provvedimento è necessario e urgente non solo per Forza Italia o per la Sicilia, ma per l'Italia e per l'Europa intera. Era stato proprio il Governo Berlusconi, con la legge obiettivo, ad inserirlo tra le infrastrutture strategiche e, a questo proposito, consentitemi di mandare un saluto e un abbraccio, da parte di tutti noi, al Presidente Berlusconi (Applausi). Forza Italia si è da sempre battuta per quest'opera e spesso lo ha fatto, come nella scorsa legislatura, in totale solitudine. Cito solo alcuni atti che testimoniano, carte alla mano, la coerenza, il coraggio e la determinazione che questo gruppo e questo partito hanno sempre avuto su questo tema, che consideriamo strategico. A novembre 2020, Forza Italia ha presentato e calendarizzato in Aula, in quota opposizione, la mozione n. 1-00355, a prima firma della collega Stefania Prestigiacomo, che impegnava il Governo a riavviare l'opera e ad inserirla tra quelle ricomprese nei finanziamenti del Recovery Fund: quella mozione fu respinta dall'allora maggioranza. Nel corso della scorsa legislatura, Forza Italia è stata promotrice di innumerevoli ordini del giorno, a firma tra l'altro della collega onorevole Matilde Siracusano - che oggi siede con noi, tra i banchi del Governo -, che hanno impegnato l'Aula in lunghi e accesi dibattiti, a volte con esiti positivi, spesso con esiti negativi. Per esempio, vorrei citare l'ordine del giorno n. 9/3146-AR/62 Prestigiacomo, del 23 luglio 2021, che venne sottoscritto in corso di seduta anche da alcuni parlamentari del Partito Democratico. Un'altra battaglia di Forza Italia nella scorsa legislatura, che in questa sede voglio citare, fu quella condotta contro l'allora Ministro Enrico Giovannini, che, a fronte di una sensibilità politica profondamente mutata nei confronti del Ponte - perché si opposero soltanto i colleghi del MoVimento 5 Stelle -, stanziò ben 50 milioni per una tattica dilatoria: soldi buttati soltanto per erigere un muro di gomma. Ebbene, quando come oggi, siamo chiamati a fare valutazioni di carattere giuridico, rischiamo di dimenticarci dell'oggetto del nostro dibattito, di quali effetti producono le nostre decisioni sulle donne e sugli uomini e, in particolare, su chi vive in Sicilia.

Nella scorsa legislatura abbiamo condiviso e introdotto il concetto di insularità, ammettendo e lasciando agli atti di questo Parlamento che ai siciliani oggi sono negati alcuni diritti e che non sono cittadini come tutti gli altri. La mancanza di una continuità territoriale, cioè di un collegamento stabile come quello che vogliamo realizzare, costa loro quasi 6 miliardi. È una tassa occulta, che alimenta il gap con il resto del Paese. Allora, alla luce di questo lungo pregresso storico, a seguito di un lavoro politico di lungo periodo, un lavoro i cui semi piantati hanno dato frutto, riteniamo che sia finalmente giunto il momento. Abbiamo per questo apprezzato la scelta del Governo e in particolare del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, senatore Matteo Salvini, di varare un decreto-legge per marcare finalmente un cambio di passo. Apprezziamo che dal 31 marzo, giorno in cui è entrato in vigore il decreto-legge, sia ripartito concretamente - questa volta, definitivamente - l'iter per la realizzazione di un'infrastruttura strategica e non più rinviabile. Per Forza Italia - ma credo per l'Italia - il Ponte sullo Stretto è e sarà il “Ponte Silvio Berlusconi” ed è per questo che voteremo contro le pregiudiziali e che sosterremo con forza il provvedimento in Commissione e in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e ai professori dell'Istituto di istruzione superiore «Rita Levi Montalcini» di Sabaudia, che oggi sono in visita alla Camera dei deputati. Benvenuti (Applausi). Ha chiesto di parlare l'onorevole Vinci. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VINCI (FDI). Grazie, Presidente. Ho ascoltato con molta attenzione questa discussione sulle pregiudiziali. C'è stato il ritornello, che sentiamo spesso, sull'abuso della decretazione d'urgenza. Ritengo, invece, che, in questo caso specifico, vi sia un abuso delle questioni pregiudiziali, perché tutti voi vi siete riempiti la bocca con l'abuso della decretazione d'urgenza e poi avete depositato delle questioni pregiudiziali che in realtà entrano nel merito del provvedimento. Allora, se volete parlare del merito del provvedimento, non fate questioni pregiudiziali, ma aspettate la discussione generale e il lavoro in Commissione: le questioni pregiudiziali sono un'altra cosa. Per entrare nel merito della questione pregiudiziale di costituzionalità, che alcuni partiti dell'opposizione hanno pensato di sollevare, voglio partire innanzitutto dalla necessità e urgenza del provvedimento. Ciechi nella volontà di contrastare questo provvedimento, addirittura nella pregiudiziale vi è un ribaltamento della realtà, perché vi è contenuta una raccomandazione della Corte dei conti che dice esattamente che la società Stretto di Messina, così com'è, inattiva, è un costo non sopportabile per lo Stato e, quindi, va chiusa. Questo nel 2017. Andava chiusa, perché, in quel momento, vi era una parte politica che voleva accantonare il Ponte. Oggi che il Ponte, invece, vogliamo farlo, è un problema tenere chiusa e inattiva quella società, perché rimane un costo inattivo. Pertanto, quella raccomandazione della Corte dei conti fonda questa urgenza e non il contrario. Bisogna sapere leggere gli atti e non guardarli con la volontà politica di contrastare un provvedimento. Quella raccomandazione della Corte dei conti dice proprio che la situazione attuale non può più andare avanti. Va risolta e, per risolverla, occorre riattivare la società Stretto di Messina, che altrimenti, tra l'altro, pagherebbe un miliardo soltanto per i contratti già fatti e di risarcimento danni. Questo per entrare nel merito di quelle pregiudiziali, che nel merito non dovevano entrare.

Addirittura si legge nella pregiudiziale che il Ponte è realizzato nel punto più stretto dello Stretto di Messina, che è largo tre chilometri, perché in realtà qualcuno probabilmente pensa di fare una tangenziale e dice: no, è lontano dai centri abitati di Messina e di Reggio Calabria. Qui stiamo parlando di un'opera nazionale, di interesse nazionale, e quindi che vada fatta nel punto più stretto non dico che sia ovvio, ma dovrebbe esserlo, e soprattutto non dovrebbe entrare in una pregiudiziale di questo tipo.

Addirittura, nella pregiudiziale si legge che un ponte del genere - e non si capisce perché dovrebbe essere incostituzionale - non si può fare perché vicino all'Etna e alle isole Eolie. Questa sicuramente può essere un'ottima discussione per qualche ambientalista spinto in una Commissione, non certo in una questione pregiudiziale come questa.

Addirittura, nella questione pregiudiziale si solleva il problema che il Ponte sia di iniziativa privata e, quindi, violerebbe la Costituzione perché andrebbe contro l'ambiente. Ma stiamo scherzando? Non è, chiaramente, un'iniziativa privata, ma un'iniziativa di forte interesse pubblico.

Sono voluto entrare nel dettaglio appositamente per far capire che ci scontriamo, da una parte, con chi ha voglia di fare e segue anche le regole, e, dall'altra parte, con chi presenta delle pregiudiziali di incostituzionalità che con la Costituzione nulla assolutamente hanno a che vedere.

Ci sarebbe ancora tanto da dire, ma voglio soltanto terminare con riferimento a un qualcosa che ritengo quasi una battuta, cioè l'affermazione secondo cui gli equilibri di finanza pubblica sarebbero violati da questo Ponte e il bilanciamento degli interessi non lo consentirebbe. La realizzazione durerà sicuramente alcuni anni, costerà forse - dicono, non si sa - 10 miliardi, praticamente meno di un solo anno di reddito di cittadinanza. Allora, penso che l'interesse pubblico prevalente degli italiani sia sicuramente quello di avere un ponte, rispetto ad altre spese che i precedenti Governi ci hanno abituato a sostenere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Bonelli ed altri n. 1 e Ilaria Fontana ed altri n. 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Sui lavori dell'Assemblea e sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Colleghi, dovremmo ora passare al seguito dell'esame della proposta di legge in materia di equo compenso, in relazione alla quale - vi ricordo - occorre procedere alla votazione dell'articolo 7, all'esame degli ordini del giorno, alle dichiarazioni di voto finale e alla votazione finale.

Dunque, tempus fugit, siamo giunti alle ore 12,45 e il calendario prevede che la parte antimeridiana della seduta termini alle 13,30. Apprezzato tutto ciò, in considerazione soprattutto del numero degli iscritti in dichiarazione di voto finale, il seguito dell'esame di questo provvedimento si intende rinviato alla parte pomeridiana della seduta, a partire dalle ore 16.

La seduta riprenderà alle ore 15, con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per chiedere, tramite lei, che il Ministro dell'Ambiente venga in Aula a rispondere sulla vicenda del runner morto perché aggredito da un'orsa. Rispetto a questo, chiediamo che il Ministro venga a riferire, perché il presidente della regione avrebbe chiesto l'abbattimento dell'animale, mentre, pur ovviamente essendo solidali e vicini al dolore della famiglia che ha subìto la grave perdita, non riteniamo che l'abbattimento dell'orsa - perché oggi è stata individuata: è un'orsa - sia la soluzione.

Ci sono altre soluzioni che vengono già applicate in altri Paesi e in altre regioni per evitare che orsi problematici possano aggredire l'uomo. Chiediamo, quindi, che il Ministro venga a riferire prima che si proceda in questa direzione.

PRESIDENTE. Onorevole Borrelli, il suo richiamo sull'ordine dei lavori, se fossero state preannunciate le motivazioni che lei ha esposto, avrebbe consentito di dare seguito ad una richiesta che, precedentemente, era arrivata sempre sullo stesso tema dall'onorevole Cattoi, se non vado errato, e che avevamo rinviato a fine seduta. Quindi, a questo punto, chiedo all'onorevole Cattoi se intenda intervenire, e mi scuso, ma, lo ripeto, non conoscevo il motivo della richiesta. Se vuole, può intervenire adesso, onorevole Cattoi, visto che precedentemente aveva avvertito la Presidenza. Prego.

VANESSA CATTOI (LEGA). Sì, grazie, Presidente. Anch'io sarei intervenuta a fine seduta. Oggi volevo portare questo tema all'attenzione dell'Aula, più che altro perché nel pomeriggio sarà celebrato il funerale del giovane Andrea Papi, un ragazzo trentino di 26 anni, la cui unica colpa è quella di essersi dedicato ad una corsa vicino casa, nei pressi dei boschi del Trentino, ed è stato purtroppo colpito a morte da un orso.

Il mio intervento è volto a sollecitare una riflessione su un tema molto importante, ossia la gestione dei grandi carnivori della fauna selvatica. Io ringrazio il Ministro Pichetto Fratin, perché comunque si è dimostrato disponibile anche nei confronti del presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, il quale più volte era intervenuto per sollecitare e, soprattutto, per avere un ok da parte di ISPRA con riferimento a un intervento volto proprio a tutelare e salvaguardare la sicurezza pubblica, non solo dei cittadini trentini, ma di tutti coloro che vogliono recarsi sul nostro territorio. ISPRA non ha risposto all'appello. Io vorrei veramente che su ISPRA venisse fatta una riflessione, perché non è accettabile che l'Istituto superiore non prenda in considerazione i moniti e le richieste dei presidenti dei singoli territori.

Colgo l'occasione di questo intervento anche e soprattutto per cercare di sensibilizzare l'attenzione dei colleghi e fare in modo che si dia immediatamente seguito a tutto ciò, sotto il profilo legislativo, con un intervento normativo puntuale.

Al riguardo, c'è una proposta di legge della Lega, depositata in Parlamento già dalla passata legislatura, che ho ripresentato anche in questa legislatura. Abbiamo il dovere morale di intervenire su un tema così importante. Non possiamo lasciare i territori in balia di loro stessi in ordine alla gestione dei grandi carnivori. Dobbiamo fare in modo che venga consentita una delega, in modo tale che i presidenti delle singole regioni possano intervenire sulla gestione della fauna selvatica. Su questo tema chiedo veramente una sensibilità da parte di tutti i colleghi e un immediato incardinamento nella Commissione di merito della PDL n. 167, a prima firma dei parlamentari della Lega, che, su questo tema, vuole intervenire per aprire un dibattito serio e non ideologico all'interno delle Aule parlamentari. Non possiamo accettare che ci siano altri morti in Trentino, soprattutto a causa degli orsi.

Quindi, veramente, Presidente, colgo l'occasione per portare, spero a nome di tutta l'Aula, le più sentite condoglianze alla famiglia, ai genitori di questo ragazzo, alla compagna (Applausi), con una promessa e un impegno da parte di tutti, a prescindere dall'appartenenza partitica, a riprendere in mano la situazione e ad intervenire sotto l'aspetto legislativo il prima possibile (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ovviamente, le espressioni di condoglianze e vicinanza alla famiglia sono da intendersi da parte della Presidenza e di tutta l'Aula.

Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Brambilla. Ne ha facoltà.

MICHELA VITTORIA BRAMBILLA (NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, onorevoli colleghi, non posso che unirmi alla vicinanza e alle condoglianze alla famiglia, che ha visto il giovane ragazzo perdere la vita in questo modo. Quindi, questa è la premessa del mio intervento.

Dopodiché, mi corre l'obbligo ricordare anche in questa sede che, purtroppo, la gestione dei grandi carnivori, degli orsi, dei plantigradi, in Trentino, da tanto tempo, da diversi anni - da quando sono stati reintrodotti, presi e importati secondo un progetto, il PACOBACE, ossia un piano di ripopolamento delle Alpi dei grandi carnivori - da parte della provincia autonoma, quindi non del Ministero ma della provincia, forse non è stata condotta, lo dicono i fatti, nel modo più corretto. Nel Parco nazionale d'Abruzzo con gli orsi convivono i cittadini da sempre e non vi sono incidenti perché il Parco nazionale d'Abruzzo ha messo in atto sistemi di convivenza che delimitano gli spazi. Un esempio per tutti, i sentieri off-limits. In Trentino non vi sono sentieri off-limits per i cittadini, in Abruzzo sì. Vi è una segnaletica che indica l'importanza di non uscire dal sentiero, perché potresti incontrare l'orso; ti indicano, sempre con una campagna di informazione e un'adeguata segnalazione, cartelli e quant'altro, che non puoi andare con il cane laddove c'è un orso, magari con i suoi piccoli, perché lo disturberesti e lo spaventeresti. L'orso, infatti, non aggredisce perché è cattivo, l'orso ha paura dell'uomo e, forse, in tanti casi ha anche ragione di averne; quindi, si difende. Proprio questa mattina abbiamo avuto notizia che l'orsa che si è resa protagonista di questo incontro fatale con il ragazzo è ancora JJ4, la stessa orsa che, nel 2020, aveva avuto un incontro con un cacciatore e suo figlio, ferendoli perché difendeva i suoi tre cuccioli. Evidentemente la questione è ancora così

Concludendo, mi auguro che il piano che il Ministero dell'Ambiente sta cercando di portare avanti, quello di disperdere, attraverso corridoi naturali, questi orsi in tutto il Trentino, e non più nella sola zona dove ora si trovano, possa essere compiuto in maniera importante e in fretta, perché non si risolvono i problemi abbattendo un orso, due orsi, dieci orsi o cinquanta orsi. Non è questo il punto. Il punto è che tutte le femmine di orso oggi si trovano stabilmente nel Trentino occidentale, e non sarebbe dovuto essere così perché il piano di reintroduzione avrebbe dovuto far sì che venissero disperse in tutto l'arco alpino. Non è stato fatto dalla politica locale. Oggi cosa succede? Che i giovani maschi, una volta allontanati dalla mamma, si disperdono, ma poi, quando a 5 o 6 anni raggiungono la maturità sessuale, ritornano nella zona del Trentino occidentale perché lì ci sono le femmine. Quindi sistemi naturali, sistemi che ci portino a non far pagare agli orsi gli errori della politica. Forse è il momento di affidarsi veramente a zoologi, all'ISPRA e a chi è competente. Non può essere la politica a decidere (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Di Lauro. Ne ha facoltà.

CARMEN DI LAURO (M5S). Naturalmente anche il MoVimento 5 Stelle si unisce alle condoglianze e al lutto della famiglia purtroppo colpita da questa tragedia, perché è di una tragedia che stiamo parlando e purtroppo ne accadono tante. L'orso, semplicemente, segue il suo istinto. L'orso è un animale, gli animali seguono i propri istinti. L'orso, se attacca, lo fa principalmente per difendersi e in questo caso è ancora più probabile, perché stiamo parlando di una femmina che aveva già attaccato, qualche anno fa, proprio perché aveva dei cuccioli. Quindi, che cosa stiamo punendo noi oggi? L'istinto degli animali? Stiamo punendo un fatto naturale perché, come è stato detto anche in più sedi, l'orso fa l'orso e il bosco è la casa dell'orso. Ognuno di noi, quando si reca in montagna, nei boschi - io stessa ci vado spesso - deve essere consapevole dei rischi che si corrono. Se accade un incidente, se c'è qualcosa che non va, evidentemente in quel luogo, in quelle amministrazioni, forse c'è un'incapacità di gestire il rapporto con la fauna selvatica, in particolare con i grandi carnivori. Oggi stiamo infatti parlando di orsi, ma in passato abbiamo parlato anche di lupi, volpi, cinghiali. Allora, cosa vogliamo fare? Vogliamo svuotare la Terra dagli animali? Vogliamo sconvolgere gli ecosistemi? Nel momento in cui andiamo a sconvolgere gli ecosistemi, poi sono gli esseri umani anche a stare male, perché non siamo separati dalla natura, non siamo separati dall'ambiente. L'uomo stesso è natura e, ogni volta che andiamo a manovrare, a manipolare questi equilibri, qualcosa va storto, si verificano incidenti, l'uomo entra in contatto con la fauna selvatica, cosa che in genere non dovrebbe accadere. Se accade, vuol dire che un equilibrio non c'è più e, se un equilibrio non c'è più, quasi sempre è a causa dell'essere umano. Anche in Trentino è stato così: era stato avviato questo progetto di ripopolamento e oggi, invece, questo progetto non va più bene, perché gli orsi, secondo loro, oggi sono diventati troppi. Quindi, cosa facciamo? Diciamo: cari orsi, siete diventati troppi, quindi vi ammazziamo. Non credo che questa sia una soluzione. Quindi, se non si sa gestire un problema, diamo le colpe a chi ha le colpe, sicuramente non le dobbiamo dare agli animali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bruzzone. Tuttavia, poiché sta intervenendo un esponente per gruppo, eventualmente può farlo a fine seduta, al termine della pomeridiana.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Simiani. Ne ha facoltà.

MARCO SIMIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Anche noi, a nome del Partito Democratico, esprimiamo le nostre condoglianze alla famiglia di Andrea Papi. Crediamo che questa sia stata una vera disgrazia in un momento felice e di svago. Quello che è successo veramente ci addolora e ci rattrista. Logicamente, però, la politica deve riuscire anche, come sempre, a trovare soluzioni. Credo che il tema della biodiversità, un tema caro a noi della Commissione ambiente, deve tenere conto non solo delle specie che oggi devono sicuramente ripopolarsi. Siamo d'accordo sul fatto che però le specie non debbano, come in questo caso, prevaricare altre specie. Faccio l'esempio della questione dei lupi che oggi esistono e insistono in gran parte delle regioni italiane e mettono a rischio allevamenti, famiglie, imprese e sicuramente sono un rischio anche per l'uomo. Credo che un grande ruolo lo possano giocare l'ISPRA e i territori. Credo che ISPRA oggi debba avere il mandato pieno da parte di tutto il Parlamento per capire come poter agire su tale problema, soprattutto per riuscire, grazie anche a un rapporto stretto con i territori, a verificare non solo la pericolosità ma anche la coesistenza fra biodiversità e uomo.

PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, a questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della Giustizia, il Ministro della Cultura e il Ministro della Salute.

Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Iniziative volte a riconsiderare l'attuale distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari – n. 3-00321)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno, Bagnasco ed altri n. 3-00321 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Bagnasco se intenda illustrare la sua interrogazione o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ROBERTO BAGNASCO (FI-PPE). Grazie, Presidente, la illustro. Signor Ministro, con il decreto legislativo n. 155 del 2012 vennero soppressi 31 sedi di tribunale, 220 sedi distaccate di tribunale e 667 uffici del giudice di pace, nell'ottica della revisione e dell'ottimizzazione della spesa pubblica, nonché di un recupero complessivo di risorse ed efficienza del sistema giustizia. Tuttavia, è passata ormai una decina d'anni, o qualcosa di più, e non solo il risparmio ipotizzato non è stato conseguito, ma tale riforma non ha garantito neppure la celerità dei giudizi, aumentando, al contrario, i disagi per l'utenza e offuscando, in troppi luoghi, la luce della legalità rappresentata da una sede giudiziaria. Conosco il caso specifico, evidentemente…

PRESIDENTE. Concluda.

ROBERTO BAGNASCO (FI-PPE). Ne conosco più di uno, ma ricordo quello di Chiavari, dove erano stati conclusi i lavori per la nuova sede giudiziaria - molto bella, devo dire, collegata direttamente con le carceri - che non ha mai iniziato i propri lavori. La giustizia di prossimità ha un valore che non può essere ignorato. Per questo, le chiedo quali siano le reali intenzioni dell'Esecutivo in ordine a una nuova riforma della geografia giudiziaria del Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha facoltà di rispondere.

CARLO NORDIO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. In effetti, come è stato ricordato, quella spending review, datata oltre 10 anni, era stata orientata verso una razionalizzazione delle spese, una riduzione degli uffici giudiziari, per implementare, come si dice, la loro efficienza. Sono anch'io molto perplesso sull'esito di questa operazione, che vorrei paragonare a quella negativa di alcune regioni d'Italia quando, in tema di sanità, si è preferito privilegiare l'eccellenza di alcuni posti di riferimento, trascurando la sanità di prossimità. Si è constatato durante la pandemia che questa scelta, giusta sotto certi aspetti, per creare dei centri di eccellenza, poi, in realtà si era rivelata sbagliata sotto il profilo dell'utilità generale e della tutela della salute collettiva. Nella giustizia sta accadendo la stessa cosa; ci sono centri che sono necessariamente e devono essere centri di eccellenza - chiamiamola così, magistratuale - per ragioni di competenza e per ragioni di efficienza, ma, in effetti, l'intenzione di questo Ministero e anche di questo Governo è di riconsiderare tutta questa serie di riduzioni che sono state fatte.

In questa direzione, il Governo ha già prorogato il rinvio della soppressione dei tribunali dell'Abruzzo e delle sezioni distaccate isolane e ha all'esame la possibile riapertura di sedi giudiziarie già soppresse, anche con un'eventuale rimodulazione delle relative competenze territoriali.

La priorità del nostro intervento ha anche imposto l'inserimento di un disegno di legge, già nel collegato alla legge di bilancio del 2022, che oggi è nel Documento di economia e finanza appena licenziato dal Consiglio dei ministri.

In conclusione, ritengo che effettivamente sia giustificata la preoccupazione di questa riduzione della giustizia di prossimità. Abbiamo avuto e abbiamo la possibilità di correggerne i difetti attraverso la digitalizzazione e l'informazione; il Progetto Polis ha portato alla vicinanza dei cittadini, alla possibilità di acquisire certificati e altro, ma questo, secondo noi, non è sufficiente. Questa è la ragione per cui aderiamo all'idea di rivedere queste circoscrizioni.

PRESIDENTE. Il deputato Bagnasco ha facoltà di replicare.

ROBERTO BAGNASCO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro, è la risposta che in qualche modo speravo che lei formulasse, evidentemente. Lei, che conosce perfettamente il sistema giudiziario del nostro Paese, sa che le intenzioni del decreto legislativo del 2012 erano sicuramente positive, perché si tentava di diminuire la spesa pubblica, ma non ci si è riusciti, la spesa pubblica è rimasta più o meno inalterata, almeno nelle situazioni che io conosco, e sono abbastanza numerose, e, invece, questa giustizia non di prossimità in qualche modo ha allontanato il cittadino dalla giustizia stessa, almeno per quanto riguarda alcune realtà, che poi non sono del tutto minori, anzi, sono già centri piuttosto importanti.

Il fatto che lei, con questa sua risposta abbia, in qualche modo, confermato l'intenzione del Governo verso un'inversione di tendenza - non dico per tutte le realtà e per le competenze che avevano in precedenza, ma magari con competenze più limitate, secondo l'importanza delle realtà di cui trattiamo - è assolutamente positivo.

Signor Ministro, mi permetta solamente una piccola digressione su una situazione rispetto la quale lei non c'entra, evidentemente, niente: io e tanti cittadini prendiamo questo come un impegno importante; mi auguro che sia diverso dagli impegni che si erano presi i suoi predecessori quando, in qualche modo, avevano garantito che si sarebbe tornati indietro, mentre, poi, non è stato fatto assolutamente nulla. Noi abbiamo fiducia in lei e, quindi, speriamo che si possa fare qualcosa di importante in merito.

(Iniziative in materia di giustizia minorile, anche al fine di fronteggiare i fenomeni di devianza giovanile – n. 3-00322)

PRESIDENTE. La deputata Bisa ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00322 (Vedi l'allegato A).

INGRID BISA (LEGA). Grazie, Presidente. Ministro, buongiorno. I fenomeni di criminalità giovanile impongono un'attenzione alla giustizia minorile: violenze e aggressioni di detenuti minori nei confronti della Polizia penitenziaria, misure cautelari in carcere per i minori di 14 anni solo nei casi in cui vi sia reclusione superiore ai 9 anni, un processo telematico che incombe, ma di cui i tribunali per i minorenni sono sprovvisti, la carenza di risorse e di personale amministrativo.

Le chiedo, quindi, relativamente al suo Dicastero, quali provvedimenti siano in itinere per far fronte alle problematiche testé esposte.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha facoltà di rispondere.

CARLO NORDIO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Grazie, collega. La problematica che lei ha posto, ovviamente, estremamente complessa, si inserisce in quella più vasta, del sistema carcerario. Ho già illustrato, a suo tempo, le linee programmatiche di questo Ministero e di questo Governo per quanto riguarda il trattamento della Polizia penitenziaria, l'ampliamento delle carceri e gli investimenti. Nel breve tempo che mi è concesso, mi limiterò, nella prima parte, a elencare alcuni aridi numeri, per far capire cosa il Governo abbia fatto fino a ora e, poi, nella seconda parte, cosa intenda fare.

Vi sono 27 tribunali per i minorenni; alla data dell'11 aprile 2023, la scopertura è pari a 142 unità, ne sono in servizio 648 a fronte delle 789 previste. Riguardo alle prossime assunzioni, verranno immessi in servizio i candidati idonei, attraverso gli scorrimenti delle relative graduatorie.

È prevista l'assunzione di dirigenti di seconda fascia - questo è importante - in numero di 33 nel 2023. Con l'ultima legge di bilancio questo Governo ha invertito il trend, incrementando nel triennio la dotazione organica del ruolo agenti/assistenti di 1.000 unità, portandola così a 42.150, benché la forza concretamente amministrata ammonti a oltre 36.000 unità. Per il quinquennio 2021-2025 è stata autorizzata l'assunzione straordinaria di ulteriori complessive 2.800 unità. Contiamo di aumentare questo numero se, come tutto lascia prevedere, questa dannata crisi economica allenterà la tensione e potremo avere a disposizione delle risorse di bilancio più adeguate e più consistenti anche per la giustizia.

Per quanto riguarda la seconda parte, se è vero che nella situazione carceraria generale il problema è quello degli spazi, a maggior ragione ciò è vero per quanto riguarda la criminalità e la detenzione minorile. I due grandi correttivi del sistema carcerario, per indirizzarlo verso l'aspirazione costituzionale della rieducazione, della riformazione e dell'educazione del detenuto, valgono, a maggior ragione, per i detenuti minorenni, per i quali si parla, più ancora che di rieducazione, di educazione, perché molto spesso questi devono essere educati.

Ci sono, però, due considerazioni da fare. Innanzitutto, servono spazi perché, a mio avviso, le uniche due soluzioni sono il lavoro e lo sport. Lo sport, il tempo libero e la possibilità di sfogare energie fisiche, soprattutto per i ragazzi, in un ambiente carcerario sono deflattivi anche per quanto riguarda le violenze nei confronti degli altri coetanei.

In secondo luogo, il lavoro. Quest'ultimo è infatti fondamentale per rieducare e per dare a questi ragazzi una possibilità di reinserirsi nella società una volta che vengono liberati. Per fare questo occorrono degli spazi e questi spazi noi cerchiamo di individuarli sostanzialmente…

PRESIDENTE. Concluda, Ministro.

CARLO NORDIO, Ministro della Giustizia. …nella risistemazione di caserme dismesse - ho finito, scusi - che hanno una struttura compatibile con quella carceraria e darebbero la possibilità sia di praticare lo sport sia di esercitare l'attività lavorativa.

PRESIDENTE. La deputata Matone ha facoltà di replicare.

SIMONETTA MATONE (LEGA). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, le sue parole sono rassicuranti in ordine allo scorrimento delle graduatorie per i dirigenti e per il personale di seconda fascia, perché spesso i tribunali per i minorenni sono le cenerentole della giustizia italiana. Inoltre, ci dimentichiamo che i tribunali per i minorenni gestiscono anche tutte le fattispecie civili legate al cattivo esercizio della responsabilità genitoriale. Quindi, il compito è complicato e, pertanto, sono uffici giudiziari sempre in affanno.

Io vi invito anche a curare in modo particolare la formazione del personale penitenziario, soprattutto quello che deve lavorare all'interno delle carceri con soggetti minorenni che vengono già da vite travagliate e complicate. Mai come per i minori - lei ha fatto benissimo a insistere sul ruolo del lavoro - investire nel sociale serve poi a risparmiare le future detenzioni, anche perché da studi, anche semplicistici, nessun detenuto maggiorenne debutta a 18 anni ma hanno tutti storie criminali dai 14 ai 18 anni. Sono vite segnate da scelte complicate, sono vite talmente particolari che ti inducono a dubitare dell'esistenza del libero arbitrio.

Quindi, noi dobbiamo usare la detenzione per ridare speranza a questi soggetti - ottima l'idea delle caserme - e dobbiamo anche sfatare, secondo me, il mito negativo che la detenzione sia comunque un male, perché per una serie di soggetti è l'unico modo per ricominciare a ragionare sulle scelte fatte. Quindi, la ringrazio per la risposta.

(Elementi in ordine all'attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 106 del 2022 in materia di spettacolo, con particolare riferimento all'indennità di discontinuità - n. 3-00323)

PRESIDENTE. Il deputato Berruto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Manzi ed altri n. 3-00323 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

MAURO BERRUTO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ministro Sangiuliano, nel settore dello spettacolo operano migliaia di lavoratori e lavoratrici con contratti atipici, inevitabilmente intermittenti e con poche tutele. Al termine della scorsa legislatura, l'approvazione della legge n. 106 del 15 luglio 2022 ha recato una delega al Governo per il riordino e la revisione degli ammortizzatori sociali e delle indennità in favore dei lavoratori dello spettacolo. Con quella legge sono stati fissati alcuni principi fondamentali e introdotti strumenti innovativi: la definizione di nuove norme in materia di contratti di lavoro e di equo compenso per i lavoratori autonomi, il riconoscimento del ruolo professionale degli attori, l'introduzione dell'indennità di discontinuità e benefici previdenziali ed è stato redatto un vero e proprio codice dello spettacolo fondato su due grandi valori costituzionali, cioè il diritto al lavoro e la promozione e la diffusione culturale.

C'è stato, poi, un emendamento, proposto dal gruppo del PD e condiviso da tutte le forze politiche, alla legge di bilancio 2023, con un'integrazione di 60 milioni di euro per il 2023, di 6 milioni per il 2024 e di 8 milioni per il 2025. L'Esecutivo ha però prorogato il termine per l'esercizio della delega dal 18 maggio 2023 al 18 agosto 2024.

PRESIDENTE. Concluda.

MAURO BERRUTO (PD-IDP). Le chiediamo, dunque, quali aggiornamenti intenda fornire in merito all'attuazione della legge 15 luglio 2022, n. 106, ovvero quando intendete fare in modo che i lavoratori dello spettacolo ricevano l'indennità di discontinuità che loro spetta.

PRESIDENTE. Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha facoltà di rispondere.

GENNARO SANGIULIANO, Ministro della Cultura. Onorevole, in primo luogo la ringrazio per aver posto tale quesito, che mi consente di fare chiarezza su una questione che - le dico subito - sta a cuore a me e all'intero Governo. Siamo pienamente consapevoli della rilevanza del corposo processo di riforma che siamo chiamati a realizzare. Vogliamo procedere speditamente per l'attuazione delle deleghe previste da questa legge.

Devo dire che, però, il differimento del termine è imputabile a circostanze che non dipendono da noi. Come lei sa, ci sono state circostanze politiche generali, in quanto la legge è stata approvata lo scorso 15 luglio, vale a dire nel pieno di una crisi politica che, da lì a pochissimi giorni, ci avrebbe portato allo scioglimento delle Camere e poi alle elezioni anticipate. Quindi, ci sono voluti tempi per costituire - e sono stati piuttosto celeri - un nuovo Governo. Ora è evidente che la questione va affrontata e anche in termini piuttosto rapidi.

Lei ha richiamato due valori costituzionali che sono fondamentali, cioè il diritto al lavoro, ma anche il diritto alla cultura e alla promozione culturale, che evidentemente mi stanno a cuore. Che cosa le voglio dire? A che punto siamo? Innanzitutto, abbiamo costituito una serie di tavoli con le categorie che operano all'interno di questo settore, perché ci sembra giusto che i lavoratori dello spettacolo partecipino, con le loro idee, i loro consigli e i loro suggerimenti, alla determinazione delle decisioni che si andranno ad assumere in questo ambito.

Le voglio anche ricordare che, con specifico riferimento all'indennità di discontinuità, fra l'altro, come pure evidenziato dalla stessa interrogazione, si è di recente avuto, con l'ultima legge di bilancio, un incremento della dotazione del Fondo volto a finanziare tale misura. Il Fondo è stato incrementato di 60 milioni di euro per l'anno 2023, di 6 milioni di euro per il 2024 e di 8 milioni per il 2025. Sono risorse che si aggiungono ai 40 milioni di euro annui previsti dalla norma istitutiva del Fondo.

Un ulteriore tassello, quindi, che ci consente di lavorare all'introduzione di questa indennità, che si configura come un importante strumento per far fronte alla discontinuità riguardante i rapporti di lavoro nel settore dello spettacolo. Le posso dire che la questione ci sta a cuore e a breve la risolveremo.

PRESIDENTE. Il deputato Orfini ha facoltà di replicare.

MATTEO ORFINI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ministro, se fossimo a gennaio io sarei soddisfatto della sua risposta, ma purtroppo siamo ad aprile. Lo dico perché, come anche lei ha ricordato, noi abbiamo approvato, praticamente come ultimo atto della scorsa legislatura, questa norma, per certi versi, rivoluzionaria, partendo da una proposta del Partito Democratico ma approvata da tutto il Parlamento, maggioranza e opposizione di allora. Come ha ricordato ancora lei, nella prima legge di bilancio di questa legislatura abbiamo trovato, partendo da un emendamento del Partito Democratico ma con il sostegno e il consenso della maggioranza, le risorse per finanziarne almeno l'avvio. Abbiamo a disposizione 100 milioni di euro che non sono sufficienti, probabilmente, ma consentono di partire. Forse servirebbe qualcosa in più, come ci siamo detti durante quella discussione. Insieme abbiamo scritto e approvato la norma nella scorsa legislatura e insieme abbiamo trovato le risorse nella prima legge di bilancio di questa legislatura.

L'unica cosa che non possiamo fare insieme - perché spetta al Governo - è scrivere i decreti attuativi che mettano a terra la norma, ossia che permettano che i lavoratori e le lavoratrici della cultura ricevano l'indennità di discontinuità: parliamo di centinaia di migliaia di lavoratori che non hanno i diritti e le tutele che altri lavoratori hanno, che li meritano, che li aspettano da anni e che oggi hanno una norma che riconosce quei diritti e consente di erogare quelle risorse. Quello che manca è il lavoro da parte del Governo, per questo mi sarei aspettato oggi da lei non un impegno, ma una data perché noi le risorse le abbiamo stanziate - ho finito Presidente - a gennaio; ora siamo a metà aprile e abbiamo bisogno che questo lavoro non cominci, ma si concluda.

Le regalo una data, quella che avrei voluto sentire da lei: giugno. Io penso che 6 mesi dal momento del reperimento delle risorse per scrivere i decreti attuativi di quella norma siano sufficienti e penso che, insieme, dovremmo assumere l'impegno che, a giugno, l'indennità di discontinuità diventi un qualcosa che i lavoratori e le lavoratrici riceveranno davvero (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Iniziative urgenti a sostegno del settore cinematografico e audiovisivo - n. 3-00324)

PRESIDENTE. La deputata Grippo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00324 (Vedi l'allegato A).

VALENTINA GRIPPO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Ministro Sangiuliano, il settore delle sale cinematografiche e della distribuzione, già fortemente colpito dalla pandemia, continua a vivere una situazione di oggettiva difficoltà, nonostante il 2023 abbia fatto registrare miglioramenti rispetto agli anni precedenti. Mentre, infatti, la produzione audiovisiva è in un momento di particolare dinamismo, le presenze in sala continuano a registrare numeri insoddisfacenti. In Italia, come sa - abbiamo avuto modo di parlarne in Commissione -, a differenza della maggior parte degli altri Paesi, è prevista una finestra temporale per la distribuzione, ovvero un obbligo di fruizione nelle sale cinematografiche per un certo numero di giorni prima della diffusione sulle piattaforme, ma tale strumento ha dimostrato di non essere idoneo, almeno non da solo, a incentivare la fruizione dei film nelle sale, anzi talvolta tende ad innescare reazioni nell'industria audiovisiva che hanno un effetto opposto a quello auspicato.

Concludo dicendo soltanto che ci sono studi che dimostrano che un film arriva al 90 per cento del fatturato nelle prime quattro settimane e che i Paesi che hanno adottato le finestre non hanno avuto alcun giovamento. Siccome in Commissione ci ha detto, invece, di volerle prorogare, vogliamo sapere come intende intervenire per stimolare un settore così strategico.

PRESIDENTE. Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha facoltà di rispondere.

GENNARO SANGIULIANO, Ministro della Cultura. Onorevole Grippo, la ringrazio per il quesito. Il Governo ha affrontato con serietà e impegno le problematiche degli imprenditori del settore cinematografico. Uno dei primi miei atti è stato quello di firmare un decreto che ha stanziato 10 milioni di euro per incentivare il ritorno in sala del pubblico dopo la pandemia. In questo senso, va anche l'attenta valutazione delle forme e dei metodi di erogazione dei crediti di imposta alle imprese che lavorano e allo sviluppo, alla produzione e alla distribuzione nazionale e internazionale di film, a cui ho provveduto con una serie di decreti e, ancora, alla repressione della pirateria cinematografica ed audiovisiva.

Per quanto riguarda il tema da lei sollecitato, quello riguardante la finestra temporale, cioè il lasso di tempo minimo che deve trascorrere tra la proiezione nelle sale e la distribuzione sulle piattaforme digitali, questa attualmente è ritornata ad essere di 105 giorni, in forza di quanto previsto dal decreto ministeriale n. 531 del 29 novembre 2018, a firma dell'ex Ministro Alberto Bonisoli.

La decretazione successiva, adottata durante l'emergenza pandemica, aveva ridotto il termine a 30 giorni. Come è noto a chi ha presentato l'interrogazione, fu firmato dal Ministro Franceschini ed è stato annullato dal TAR - sezione II quater - il 3 aprile 2023 con provvedimento n. 5634, per contrasto alla legge n. 220 del 2016, in quanto questo decreto era stato emanato dall'allora Ministro Franceschini senza il prescritto parere del Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo. Ora valuteremo se sia il caso di appellare o meno questa sentenza del TAR, ma le posso dire che io ritengo congruo il limite dei 105 giorni, che va anche nel segno di un indirizzo e di un voto espresso a larga maggioranza dal Parlamento.

A prescindere da questa strategia processuale che andremo ad adottare, occorre precisare che questa finestra temporale riguarda esclusivamente le opere di nazionalità italiana che hanno avuto accesso ai benefici previsti dalla legge sul cinema. In ogni caso, tuteleremo anche le imprese che già hanno messo sul mercato i loro film. Sostanzialmente, le posso dire che è intenzione di questo Governo promuovere un intervento organico che fissi per tutti i film italiani e stranieri, anche non destinatari di benefici statali, un periodo di permanenza in sala non superiore ai 105 giorni, fatta salva la possibilità di deroga e dunque di proroga sulla base di alcune peculiarità di specifiche tipologie di opere; pensiamo alle opere difficili non destinate a un pubblico vasto. Naturalmente, ove sarà confermato tale intendimento, saranno seguite pedissequamente le procedure previste dalla legge sul cinema del 2016.

PRESIDENTE. La deputata Grippo ha facoltà di replicare.

VALENTINA GRIPPO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Ministro, non siamo soddisfatti della sua risposta per due ragioni. La prima è che - come ho anticipato - è noto che il sistema delle finestre cinematografiche, presente in maniera massiccia solo in Francia, con 6 finestre (è molto articolato), ha dimostrato di non essere efficace. E noi, addirittura, pensiamo di ampliare la platea, non solo ai film che finanziamo direttamente, ma a tutti gli investimenti anche internazionali: questo avrà il banale effetto di non portare più gli investimenti in Italia, cosa che non auspichiamo per il cinema italiano e per le coproduzioni.

Ma, al di là di questo, ci saremmo aspettati - proprio in virtù del fatto che lei ci ha detto di voler investire importanti risorse nella ripresa del settore audiovisivo, sia dal punto di vista delle produzioni, sia dal punto di vista del tax credit, sia dal punto di vista delle infrastrutture - invece un piano importante che utilizzasse anche questo momento di investimento del PNRR per riqualificare e riammodernare le sale (elemento molto più direttamente connesso alla volontà delle persone di utilizzare e fruire delle sale), tant'è che Nazioni, come l'Inghilterra, che hanno visto una ripresa delle fruizioni, l'hanno riscontrata solo a valle di un ammodernamento, non solo delle infrastrutture, ma anche del progetto legato all'audiovisivo.

Quello che succederà, se andrete avanti con questa impostazione, è che allontaneremo la volontà degli investitori stranieri di investire in Italia, di promuovere la presenza dei film in sala e coloro che non hanno la necessità di andare in sala eviteranno proprio di fare prodotti per il cinema e li faranno direttamente per le piattaforme.

Quindi, ciò che ci lascia perplessi - e concludo - è lo strabismo con cui voi, dopo aver fatto tanti tavoli di ascolto del settore, prendete poi provvedimenti che vanno in una direzione totalmente opposta rispetto a quella emersa da quei tavoli (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

(Iniziative di competenza volte a superare le criticità relative alle liste di attesa in ambito sanitario - n. 3-00325)

PRESIDENTE. Il deputato Grimaldi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Zanella ed altri n. 3-00325 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. In un anno, a 19,6 milioni di italiani è stata negata almeno una prestazione dei livelli essenziali di assistenza. Su 100 tentativi di prenotazione, 28 hanno fatto poi ricorso al privato a causa delle liste di attesa interminabili. Ministro, questi sono dati Censis e Agenas. Faccia così: faccia anche lei una telefonata da privato cittadino. In Piemonte, ad esempio, se si chiama per una colonscopia, si trova posto nel pubblico, a Chieri, nel 2025. Ecco, la pandemia ha accelerato tutto questo processo: meno 12,8 milioni di prime visite l'anno, che vuol dire meno ecografie, meno mammografie, meno elettrocardiogrammi. Oggi, chi può, paga, gli altri attendono o rinunciano direttamente alle cure. Ecco, si potrebbe dire, Presidente: benvenuti nell'era dei solventi! Con una carta di credito, la stessa visita fissata tra un anno può essere fatta domani. Oltre 4 milioni di persone rinunciano alle cure per motivi economici. Il diritto ad una salute pubblica e gratuita per tutte e tutti sta scomparendo, invece nessuno dovrebbe esserne privato. Ecco, anziché armarci fino ai denti, stanziamo le risorse sul sistema sanitario nazionale!

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole interrogante per avere posto l'attenzione sulla problematica concernente la riduzione delle liste d'attesa.

Prima di entrare nel merito della questione, sintetizzo la strategia che sto avviando per riprendere e potenziare il sistema sanitario nazionale che ha un diretto impatto anche sulla riduzione delle liste d'attesa: valorizzare la professione medica, non solo a parole; assumere nuove risorse mediche infermieristiche; riorganizzare la medicina territoriale e, soprattutto, mettere una visione strutturale nel Servizio sanitario nazionale.

La sanità che abbiamo trovato è ingolfata, non certo per il COVID, che ha solo mostrato le debolezze di un sistema disorganizzato e, spesso, lontano dall'articolo 32 della Carta costituzionale. Le lunghe attese e le rinunce dei cittadini sono il sintomo di un sistema che ha nelle sue cause la disorganizzazione ed è qui che interverremo.

C'è una dicitura emblematica nel quesito al quale stiamo rispondendo: “d'intesa con le regioni”, da qui il nostro appello. Nel Milleproroghe abbiamo stanziato 380 milioni per tagliare le liste di attesa e lavoriamo ad una riforma del sistema. Fatemi dire che è inaccettabile che ci siano regioni che hanno già impegnato questi fondi e altre che restano invischiate in ritardi, lungaggini, giri di parole. Tutto ciò è inaccettabile.

Nel merito, rappresento che il Ministero della Salute coordina l'Osservatorio nazionale sulle liste di attesa, con il compito di affiancare regioni e province autonome nell'implementazione del Piano nazionale di Governo delle liste di attesa, monitorare l'andamento degli interventi previsti, rilevare le criticità, fornire indicazioni per uniformare i comportamenti, superare le diseguaglianze, rispondere in modo puntuale ai bisogni dei cittadini.

L'Osservatorio effettua sistematicamente i monitoraggi previsti, in particolare, sui tempi di attesa e sulle sospensioni delle attività di erogazione, segnalando criticità e supportando regioni e province autonome.

Le problematiche relative ai tempi di attesa si sono acuite durante il periodo pandemico, rendendo molto più critico per i cittadini l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche. Presso la competente Direzione del Ministero della Salute è stato attivato un tavolo di monitoraggio che sta seguendo costantemente lo stato di avanzamento delle attività di recupero delle prestazioni non erogate. Le regioni sono state invitate a formulare e rimodulare specifici piani operativi di intervento.

Sebbene non tutte le regioni, nel 2022, abbiano azzerato le liste di attesa, il finanziamento e il supporto tecnico del Ministero hanno permesso di recuperare prestazioni che, se non fossero state soddisfatte con gli strumenti straordinari adottati, si sarebbero sommate ai nuovi bisogni di prestazioni del periodo post-critico, rendendo definitivamente disfunzionale il sistema di offerta.

Concluso il monitoraggio previsto, grazie alle disposizioni del decreto-legge 29 dicembre 2022, le regioni che non hanno ancora azzerato le liste di attesa potranno continuare ad avvalersi di specifiche misure di finanziamento per proseguire le attività di recupero e per intervenire ulteriormente. Per tale finalità il Ministero della Salute ha già invitato le regioni a condurre un aggiornamento delle liste di attesa, la cosiddetta pulizia delle liste di attesa, e ad implementare i processi di valutazione dell'appropriatezza prescrittiva, nell'ottica di proseguire le attività di affiancamento, supporto e monitoraggio.

Un particolare sforzo promosso nella direzione di aumentare la capacità di offerta del sistema sanitario nazionale e consentire al cittadino un maggiore accesso alle prestazioni è rappresentato dalla “farmacia dei servizi”: un impianto normativo con il quale le farmacie territoriali garantiscono prestazioni di prevenzione, diagnosi e supporto. Sono, altresì, garantiti servizi e prestazioni in telemedicina.

Rientrano, infine, tra gli impegni assunti con il vigente Piano nazionale di Governo delle liste di attesa, la definizione e l'applicazione, da parte delle regioni, dei percorsi di tutela, ossia l'attivazione di modalità alternative di accesso alle prestazioni nel caso in cui al cittadino non possa essere assicurata la prestazione entro i limiti previsti dalla regione.

PRESIDENTE. La deputata Zanella ha facoltà di replicare.

LUANA ZANELLA (AVS). Grazie, Presidente. Ministro, non ci siamo proprio, non ci siamo e siamo andati anche fuori tema, se mi consente. Il ricorso, sotto gli occhi di tutti, alla sanità privata è sempre più diffuso e questa è la conseguenza di un Servizio sanitario nazionale che sta per collassare. La causa prima è il sottoinvestimento a livello di bilancio, la scelta, quindi, di escludere dall'accesso alla sanità pubblica milioni di cittadini e cittadine. Se hai i soldi, puoi facilmente garantirti visite, esami ed interventi. La spesa privata dei cittadini e delle cittadine italiani per la sanità, infatti, è passata dal 34,85 miliardi di euro del 2019 ai 37 miliardi del 2020 e del 2021, il 6 per cento in più. Secondo l'Istat, 4 milioni di persone rinunciano a curarsi.

Nel 2020 e 2021, rispetto al 2019, è diminuito il numero delle prime visite, ma non di qualche centinaia di migliaia di unità, bensì di 12,8 milioni; 17,1 milioni di visite di controllo non ci sono state, così come 1,3 milioni di ecografie all'addome e poco più di mezzo milione di mammografie.

Alla faccia dell'articolo 32 della Costituzione, che lei ha citato e che io voglio recitare, nella prima parte: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, che, invece, guarda caso, non si possono curare. E pensare che si intende portare la spesa militare in Italia al 2 per cento del PIL, 38 miliardi, e noi invece, di contro, proponiamo di diminuire questo tipo di spesa e mettere queste risorse, Presidente, necessarie al sistema sanitario nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

(Iniziative di competenza per assicurare l'accesso alle reti di cure palliative e alla terapia del dolore, in attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38 – n. 3-00326)

PRESIDENTE. La deputata Cavo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Alessandro Colucci ed altri n. 3-00326 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Quando parliamo di dolore cronico, parliamo di autosufficienza, dignità della persona. Alcune condizioni sono così debilitanti da pregiudicare la capacità di condurre una vita normale e sono diverse da quelle trattabili unicamente con le cure palliative.

Signor Ministro, oggi Noi Moderati le chiediamo quali iniziative intenda assumere al fine di assicurare che i cittadini possano accedere non solo alle reti di cure palliative, ma anche alla terapia del dolore, anche con riferimento alla formazione e al reclutamento di personale dedicato all'interno delle strutture a cura del sistema sanitario nazionale, in attuazione della legge n. 38 del 2010. Lo facciamo in virtù del fatto che, nella fase di approvazione in Parlamento di due recenti provvedimenti, nel 2021 e nel 2022, sono state introdotte misure significative che potenziano e sviluppano le reti di cure palliative, ma l'articolo 1 della legge n. 38 del 2010 definisce la terapia del dolore come “insieme di interventi per la soppressione e il controllo del dolore”. Non discrimina tra cure palliative e terapia del dolore.

PRESIDENTE. Concluda.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Nelle relazioni del rapporto del Parlamento sullo stato di attuazione della legge del 2010, si rilevano i progressi compiuti per le cure palliative, ma non risultano avanzamenti in merito alla terapia del dolore. Le chiediamo, pertanto, un approfondimento sugli interventi previsti per l'accesso dei malati cronici alle terapie del dolore.

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Con riferimento alla questione sollevata dagli interroganti, rappresento che la finalità della legge n. 38 del 2010, secondo quanto previsto dall'articolo 1 della medesima, è quella di garantire il diritto del malato ad accedere tanto alle cure palliative, quanto alla terapia del dolore, per assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute e l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, rappresentando un punto fermo normativo preso a modello a livello internazionale.

Siamo tutti consapevoli che questa legge ha segnato un passaggio importante. All'articolo 2 ha definito la terapia del dolore come “l'insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore”.

Al fine di garantire ai cittadini l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, nella legge di bilancio valida per il 2023, al comma 83, è stata disposta un'integrazione della citata legge n. 38 del 2010. È stato chiesto alle regioni e alle province autonome di presentare, entro il 30 gennaio di ciascun anno, un piano di potenziamento delle cure palliative, per raggiungere, entro l'anno 2028, il 90 per cento della popolazione interessata. Il monitoraggio dell'attuazione del piano è affidato ad Agenas, che lo realizza con cadenza semestrale.

Per garantire l'attuazione dell'impegno è stato disposto che la presentazione del menzionato piano e la relativa attuazione costituiscano adempimento regionale per l'accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale a carico dello Stato.

Aggiungo che, in attuazione della legge n. 38 del 2010, nel corso degli anni, sono stati approvati, in sede di Conferenza Stato-regioni, intese ed accordi per definire i requisiti minimi e le modalità organizzative per lo sviluppo e l'accreditamento di entrambe le reti.

Inoltre, l'accordo del 25 marzo 2021 approva i criteri di accreditamento della rete pediatrica unitaria di terapia del dolore e cure palliative, nell'intento di garantire il corretto percorso di cura del malato preso in carico nell'ambito dei diversi setting assistenziali.

Va ricordata, altresì, l'approvazione, con decreto ministeriale del 21 novembre 2018, del codice identificativo di disciplina per la terapia del dolore, in modo che ogni regione codifichi in ugual modo i diversi tipi di diagnosi e di intervento, quale parametro unitario che consenta un più efficace monitoraggio delle prestazioni. Colgo l'occasione per comunicare che il Ministero della Salute ha attivato una specifica indagine sullo stato di attuazione delle reti di terapia del dolore, con trasmissioni alle regioni e province autonome di un questionario. I quesiti proposti sono volti ad accertare lo stato di attuazione dell'accordo sul documento relativo all'accreditamento delle reti di terapia del dolore. Vi è stata la rispondenza del 100 per cento dei dati richiesti e si è già proceduto al sollecito delle 4 regioni che ancora non hanno trasmesso le risposte. Al termine della rilevazione, l'indagine sarà esaminata da un'apposita sezione del Comitato tecnico sanitario cooperante presso il Ministero della Salute, che ha finora fornito il supporto tecnico previsto dalla normativa di riferimento, e saranno redatti i programmi regionali da approvare in seno al Comitato LEA. Questa è una delicata tematica in esame. Ritengo che sia rilevante segnalare che, per quanto concerne il reclutamento e la formazione del personale, si stanno avviando corsi di specializzazione ed è dello scorso anno l'introduzione del corso di cure palliative pediatriche nell'ambito dei corsi obbligatori delle scuole di specializzazione in pediatria. Questo contribuirà a rendere disponibili per il sistema un congruo numero di professionisti adeguatamente formati.

PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Colucci ha facoltà di replicare.

ALESSANDRO COLUCCI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Ringrazio il Ministro Schillaci e il Sottosegretario Gemmato - il Ministero al completo, oggi - per un tema importante sul quale, come Noi Moderati, ci dichiariamo soddisfatti rispetto alle valutazioni del Ministro, perché ci ha rassicurato, attraverso lo strumento della legge di stabilità, sulle risorse che vengono destinate alla rete per le cure palliative e alla rete per la terapia del dolore. Ci ha rassicurato sull'insistenza nei rapporti con le regioni, perché possano declinare in modo concreto la realizzazione di queste reti - e la nostra interrogazione insiste sul tema, dal nostro punto di vista, maggiormente trascurato, della terapia del dolore - e sulla necessità di monitorare che tutto ciò avvenga. Noi crediamo che questa sia la legislatura in cui la legge 15 marzo 2010, n. 38, fatta dal centrodestra, possa trovare definitiva soddisfazione. Stiamo parlando, infatti, di un percorso di cura di persone che nel nostro Paese soffrono, persone che arrivano a condizioni di inabilità a causa delle croniche sofferenze, per dolori che potrebbero essere superati a fronte di giusti strumenti, nell'ambito di una rete certamente sviluppata dalle regioni, ma con la regia del Ministero e del Governo, e attraverso percorsi formativi che creino figure specializzate che possano essere attive negli ospedali e alleviare finalmente quei milioni di cittadini che maledicono certe volte la mattina in cui si svegliano, perché hanno mal di schiena o perché hanno dolore alle gambe. Veramente ci sono la possibilità e le condizioni perché la terapia del dolore possa essere efficace nel migliorare la qualità della vita degli italiani.

Sono certo che questo Governo, che sosteniamo con convinzione, anche su questo aspetto farà la sua parte e porterà a risultati, dando un senso compiuto a questa legislatura e al lavoro del Governo Meloni.

(Iniziative di competenza per l'assunzione di medici in formazione specialistica presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale – n. 3-00327)

PRESIDENTE. La deputata Marianna Ricciardi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00327 (Vedi l'allegato A).

MARIANNA RICCIARDI (M5S). Grazie, Presidente. Signor Ministro, come sicuramente saprà, dal 2019 vi è la possibilità per i medici in formazione specialistica, a partire dal terzo anno di specializzazione, di poter partecipare ai concorsi pubblici per dirigente medico e, quindi, di poter essere assunti nel Servizio sanitario nazionale. È possibile essere assunti previo accordo da parte delle università, le quali, se la struttura non fa parte della rete formativa, devono autorizzare l'accordo e costituire un progetto formativo individuale. Ebbene, attualmente sono 25.000 i medici specializzandi di terzo, quarto e quinto anno, che potrebbero essere assunti nelle strutture sanitarie e dare un notevole contributo a un Servizio sanitario nazionale in forte emergenza, sia per mancanza di personale che per il sottofinanziamento degli anni passati.

Per questi motivi, siamo qui, oggi, a richiedere quali iniziative di competenza intenda adottare per sostenere l'assunzione dei medici specializzandi su tutto il territorio nazionale e per dare sostegno ai reparti di degenza e alla medicina territoriale.

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Grazie, Presidente. Rispondo a questa interrogazione ed è un'occasione per sottolineare la portata innovativa del recente intervento normativo, per quanto attiene ai medici in formazione specialistica di cui al decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, attualmente in fase di conversione. Le norme portate avanti dal Ministero della Salute si pongono l'obiettivo di superare le criticità del sistema sanitario nazionale ricollegate alla carenza di personale ed essenzialmente dovute a una scarsa attività del sistema sanitario nazionale stesso. Nonostante negli ultimi anni si sia provveduto a incrementare il numero di contratti di formazione specialistica, è stata riscontrata su tutto il territorio nazionale una scarsa partecipazione ai relativi concorsi. Da qui la necessità di un recente intervento normativo, con il quale sono state introdotte misure volte a garantire un inserimento graduale e strutturale dei medici in formazione specialistica nel sistema sanitario nazionale. A tal riguardo, si segnala la modifica dell'articolo 1, comma 548-bis, della legge di bilancio per il 2019, con la quale è stata inserita a regime la possibilità, per le aziende e gli enti del sistema sanitario nazionale, di assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, con orario a tempo parziale, in ragione delle esigenze formative, coloro che, a partire dal terzo anno di corso di formazione specialistica, regolarmente iscritti, si siano utilmente collocati nella graduatoria in esito alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario. Questa misura non è più temporalmente limitata al 31 dicembre 2025 e consentirà di fidelizzare i medici in formazione specialistica al Servizio sanitario nazionale, strutturandoli il prima possibile all'interno delle aziende e degli enti facenti parte delle reti formative e favorirà, altresì, il necessario trasferimento generazionale di competenze e abilità tra professionisti. La previsione di tale istituto, a regime, congiuntamente alle modifiche apportate allo stesso comma 548-bis, che consentiva la proroga del contratto a tempo determinato per una sola volta sino al conseguimento del titolo di formazione medica specialistica e comunque per un periodo non superiore a 12 mesi, contribuiranno certamente ad assicurare un più ampio utilizzo dell'istituto su tutto il territorio nazionale, laddove ne ricorrano i presupposti. Una particolare attenzione, inoltre, deve essere dedicata alle strutture di emergenza-urgenza, che ad oggi risultano particolarmente interessate dalla carenza di personale, in ragione dei notevoli carichi di lavoro, del rischio legato alle aggressioni, al burnout, nonché all'elevato livello di responsabilità, quali elementi che determinano la scarsa attrattività dell'impiego in pronto soccorso. Anche in tal caso il contributo dei medici in formazione specialistica, che, tuttavia, non possono in nessun caso essere considerati sostitutivi del personale strutturato, costituisce una risorsa fondamentale, che l'intervento normativo portato avanti dal Ministero della Salute ha voluto valorizzare mediante l'introduzione di norme speciali temporaneamente limitate, che derogano alla disciplina vigente.

Concludo, pertanto, rassicurando gli onorevoli interroganti che le questioni sollevate in questa sede sono state opportunamente affrontate nell'ambito della riforma in materia di salute, portata avanti con il citato decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34.

PRESIDENTE. La deputata Marianna Ricciardi ha facoltà di replicare.

MARIANNA RICCIARDI (M5S). Ringrazio il Ministro per la sua risposta, ma, purtroppo, non può soddisfarci e spiego perché. Vi è un tema su questo punto: i dinieghi da parte delle università, che si oppongono a stipulare i contratti di formazione individuale. Il problema principale è che non vogliono vedersi sottrarre manodopera a basso costo, che possono utilizzare per pubblicazioni e per ricerca. Il punto è che le università stanno bloccando migliaia di medici specializzandi, che potrebbero dare un reale contributo a sollevare le sorti del nostro Servizio sanitario nazionale. Bene è aver reso strutturale una nostra norma, con il recente decreto Bollette, ma, purtroppo, resterà soltanto sulla carta, se non si vanno a risolvere queste criticità. La soluzione ve la stiamo proponendo ed è far sì che le autorizzazioni siano automatiche, che non debbano più sottostare all'autorizzazione da parte delle università, oggi tenute a stipulare questo contratto di formazione individuale con le aziende che ne facciano richiesta. Il punto è che lei non sta rispondendo soltanto a me. Lei sta rispondendo a 25.000 persone, medici in formazione specialistica che sono pronti a dare una mano reale, per dare un contributo al nostro Paese e sollevare le sorti del Servizio sanitario nazionale. Sta rispondendo a migliaia di cittadini che stanno aspettando di sapere se potranno curarsi o meno tra un mese o dovranno aspettare un anno nelle liste d'attesa. Sta rispondendo a quei cittadini che stanno aspettando stipati su barelle nei pronto soccorso. Questo è il motivo per cui la sua risposta non può soddisfarci e non può soddisfare il Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte a incrementare l'efficienza e la sicurezza dei punti di pronto soccorso, con particolare riferimento alle carenze di personale - n. 3-00328)

PRESIDENTE. Il deputato Rosso ha facoltà di illustrare l'interrogazione Foti ed altri n. 3-00328 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

MATTEO ROSSO (FDI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la situazione dei nostri pronto soccorso certamente è molto complessa per carenze organizzative che hanno radici lontane. Basti pensare alle continue aggressioni che avvengono nei nostri pronto soccorso. Nel pomeriggio della giornata di Pasqua, un malintenzionato ubriaco è entrato, armato con un coltello, nel pronto soccorso di Pescara, seminando il terrore tra i nostri operatori sanitari che meritano tutto il nostro rispetto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Abbiamo una carenza di personale, mancano 4.000 medici nei pronto soccorso. Ministro, noi siamo anche medici, sappiamo bene che è difficile, però, anche attrarre questi medici, perché abbiamo dei contratti e degli stipendi molto modesti in proporzione allo sforzo che si richiede loro. Abbiamo un rischio medico legale continuo nei pronto soccorso e un rischio di incolumità. Quindi è difficile. Però, signor Ministro, faccio un grande apprezzamento a lei e al Governo Meloni: avete aumentato fin da subito gli stipendi per gli infermieri e per i medici che lavorano nei pronto soccorso, avete dato la possibilità di assunzione anche a chi non è ancora specializzato, con contratti anche particolari.

PRESIDENTE. Concluda.

MATTEO ROSSO (FDI). Concludo. Uno sforzo lo avete fatto in avanti, però bisogna fare ancora di più e sono convinto che lei abbia altre proposte da farci. Dobbiamo affrontare questa criticità con altre proposte per far sì che i nostri pazienti non stiano delle ore in barella, e sono convinto che lei abbia le capacità di farlo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Grazie, Presidente. Si sta facendo finalmente qualcosa. Quando questo Governo si è insediato, e ho avuto l'onore di iniziare ad occuparmi del Servizio sanitario nazionale, ho trovato una sanità ingolfata e piena di contraddizioni.

Durante la pandemia, i medici italiani si sono distinti per impegno e abnegazione. Li abbiamo chiamati eroi, senza però renderci abbastanza conto delle loro grida di dolore per gli orari insostenibili a fronte di compensi inadeguati. Ci siamo attivati subito, ma questa volta senza pensare ad un ennesimo rattoppo. Dobbiamo ribadirlo, il sovraffollamento dei pronto soccorso è il sintomo di una malattia più grande, che possiamo fermare solo attraverso azioni concrete e strutturali. Da subito, con l'ultimo decreto-legge, n. 34, abbiamo innalzato i compensi per i medici che lavorano in emergenza-urgenza da 60 a 100 euro lordi, abbiamo disposto aumenti per gli infermieri e anticipato l'indennità di pronto soccorso senza attendere il 2024. Prevediamo poi assunzioni anche senza specializzazione diretta e contratti libero professionali per gli specializzandi. Sostenere economicamente la professione medica è fondamentale per riconoscere davvero quegli eroi che si occupano quotidianamente del valore più importante: la nostra salute. Abbiamo, però, anche disposto norme più dure contro la violenza negli ospedali, perché esercitare una professione non può mai diventare un rischio per chi lo fa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Mi faccia, però, concludere con la questione del sovraffollamento. Da 10 anni, escludendo il periodo COVID, il definanziamento del sistema sanitario nazionale e, soprattutto, la mancanza di una visione organizzativa hanno impoverito il concetto di salute pubblica. Se oltre il 70 per cento degli accessi nei pronto soccorso è definito codice bianco o verde, ossia non urgente, significa che i cittadini hanno perso punti di riferimento territoriali e si riversano negli ospedali, dove l'attenzione è focalizzata verso le urgenze. Proprio per questo la medicina territoriale sarà potenziata. Il PNRR stanzia fondi per le opere infrastrutturali. Noi stiamo lavorando per rendere questi luoghi delle vere case della comunità a cui rivolgersi per servizi sanitari, lo ribadisco, con la collaborazione delle regioni, in particolare quelle virtuose che, ad esempio, hanno già stanziato i fondi del Milleproroghe per abbattere le liste d'attesa. La strada che stiamo intraprendendo ci sembra quella giusta, senza promettere miracoli irrealizzabili, senza alimentare cooperative e senza distogliere risorse al sistema pubblico, a cui ha pensato ampiamente qualcuno nel passato.

Sinteticamente, passo ad elencare in modo sistematico le nuove misure introdotte nel citato decreto n. 34. Per la carenza del personale medico e infermieristico, l'articolo 11 conferisce alle aziende e agli enti del Servizio sanitario nazionale la facoltà di ricorrere a prestazioni aggiuntive, la cui tariffa può essere aumentata; inoltre, con la medesima disposizione si anticipa al 1° giugno 2023 l'indennità per chi lavora in pronto soccorso. L'articolo 12 prevede specifiche misure per il personale dei servizi di emergenza-urgenza e consente, fino al 31 dicembre 2025, ai medici che hanno maturato un'esperienza con contratti di lavoro flessibile nell'ambito dei servizi di urgenza, ancorché non in possesso del diploma di specializzazione, di poter accedere alle procedure concorsuali. Parallelamente, si è inteso consentire in via sperimentale ai medici in formazione specialistica, in deroga alle incompatibilità previste, su base volontaria, al di fuori dell'orario dedicato alla formazione, ulteriori attività libero professionali.

Inoltre, la disposizione in questione ha previsto la possibilità per il predetto personale di avere un pensionamento anticipato e di essere ammesso, previa autorizzazione dell'azienda, al rapporto di lavoro ad impegno orario ridotto.

PRESIDENTE. Concluda.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Inoltre, con l'articolo 14, abbiamo consentito alle aziende di assumere, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, con orario a tempo parziale, gli specializzandi, dal terzo anno, del corso di formazione specialistica.

Infine, con riferimento agli episodi di violenza nei confronti del personale sanitario, ritengo di ribadire che abbiamo innalzato i limiti edittali della pena stabilita per il reato di lesioni personali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. La deputata Colosimo ha facoltà di replicare.

CHIARA COLOSIMO (FDI). Grazie davvero, Ministro Schillaci. Grazie davvero al Governo Meloni. Lo voglio dire chiaramente ad alta voce, a nome non solo del gruppo Fratelli d'Italia, ma di tutto il personale del Servizio sanitario nazionale: il cambio di passo c'è e si vede. C'è e si vede perché io tante volte ho raccontato le storie vere di pazienti che hanno subìto delle vere e proprie odissee nei nostri pronto soccorso. Ma allo stesso tempo c'è e si vede perché noi sappiamo che, dietro a quelle storie, ci sono tante altre storie, quelle che le trasmissioni televisive non raccontano, quelle che noi abbiamo il dovere di difendere. Le trasmissioni non ci dicono quello che il nostro personale tutti i giorni fa e di cui ci rende orgogliosi.

A quel personale sanitario - che lei, meglio di tutti, Ministro, conosce e difende - noi abbiamo dato le prime risposte, perché a chi, in queste ore e in questi mesi, ci spiega come trattare il Servizio sanitario nazionale noi ricordiamo i dati. Dati incontrovertibili: più 1,5 per cento di finanziamento nei prossimi 2 anni per il Servizio sanitario nazionale. Un cambio di passo netto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) rispetto ai 6 anni precedenti al COVID. Dati incontrovertibili, quando nel Milleproroghe andiamo ad inserire i soldi per il taglio delle liste d'attesa nelle regioni. Dati incontrovertibili, che lei ci ha ricordato, quelli del cosiddetto decreto Energie con cui finalmente andiamo a dare il giusto tributo ai medici che si occupano di emergenza, agli specializzandi che si mettono a servizio e agli infermieri che fanno gli straordinari.

Sì, siamo molto orgogliosi di voler inasprire quelle pene, perché noi sappiamo - e siamo contenti che sia così - che la nostra Costituzione ci dice che le cure devono essere universalmente accessibili. Per farlo, abbiamo bisogno che quel personale sanitario sia orgoglioso di farlo per tutti. Con voi e con questo Governo lo facciamo e lo faremo, per dare le giuste risposte a chi ha fatto della professione sanitaria una missione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,05.

La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 68, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Convocazione della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

PRESIDENTE. Comunico, d'intesa con il Presidente del Senato, che la delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa è convocata per il 13 aprile 2023, alle ore 9, presso la Camera dei deputati, Palazzo del Seminario, IV piano, Auletta delle Delegazioni, per procedere alla propria costituzione.

Seguito della discussione della proposta di legge: Meloni e Morrone: Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 338-B​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dalla Camera e modificata dal Senato, n. 338-B: Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali.

Ricordo che nella seduta dell'11 aprile si è conclusa la discussione generale e la relatrice, deputata Ingrid Bisa, e la rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 338-B​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge.

Avverto che, in sede di esame al Senato, è stato modificato solamente l'articolo 7. I rimanenti articoli non saranno pertanto posti in votazione.

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 338-B​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7, al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 338-B​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo a esprimere il parere.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Sull'ordine del giorno n. 9/338-B/1 Ascari il parere è favorevole ove venga accettata questa riformulazione: “impegna il Governo a monitorare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di valutare l'estensione dell'ambito applicativo della disciplina di cui al provvedimento in esame in materia di equo compenso”.

Sull'ordine del giorno n. 9/338-B/2 Giuliano il parere è favorevole ove venga accettata la seguente riformulazione: “impegna il Governo a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, allo scopo di valutare le modalità applicative delle sanzioni disciplinari a carico dei professionisti che abbiano accettato compensi contro i criteri della presente legge”…

PRESIDENTE. Chiedo scusa, colleghi. È necessario mantenere maggiore silenzio, perché non si riescono neanche a capire le parole del Vice Ministro.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della Giustizia. Sull'ordine del giorno n. 9/338-B/3 D'Orso il parere è sempre favorevole ove venga accettata la seguente riformulazione del dispositivo: “impegna il Governo a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, allo scopo di valutare l'ambito della disciplina transitoria di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Presidente, sugli ultimi tre ordini del giorno, chiederei proprio 5 minuti di tempo. Si tratta degli ordini del giorno n. 9/338-B/4 Zan, n. 9/338-B/5 Gribaudo e n. 9/338-B/6 Gianassi.

PRESIDENTE. Quindi, dobbiamo accantonarli, oppure sospendiamo in modo tale che lei abbia…?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della Giustizia. Presidente, si tratta di 5 minuti di orologio.

PRESIDENTE. Allora, se non ci sono obiezioni, sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,20.

La seduta, sospesa alle 16,14, è ripresa alle 16,20.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Chiedo al Vice Ministro Sisto di proseguire nella formulazione dei pareri sugli ordini del giorno. Chiedo, in primo luogo, ai colleghi di prendere il posto in Aula e di interrompere i dialoghi. Chi ne avesse bisogno può sempre andare a celebrarli fuori dall'Aula. Aspetti ancora un attimo, Vice Ministro Sisto. Colleghi…

Prego, Vice Ministro Sisto. A lei la parola.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente, anche per l'accoglimento della richiesta di pausa.

Sull'ordine del giorno n. 9/338-B/4 Zan il parere è favorevole se viene accettata la seguente riformulazione: “impegna il Governo, nell'ambito delle proprie prerogative, a valutare l'opportunità, di seguito al monitoraggio degli effetti del presente provvedimento, di adottare misure, anche normative, volte a disporre un sistema di tutele che non faccia distinzione fra professionisti ordinistici e non ordinistici, salvaguardando il più possibile la qualità del lavoro e la competenza”.

PRESIDENTE. Colleghi deputati! Colleghi, è necessario fare silenzio per proseguire i nostri lavori.

Prego, Vice Ministro Sisto. Siamo all'ordine del giorno n. 9/338-B/5 Gribaudo.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della Giustizia. Il parere è favorevole ove venga accettata la seguente riformulazione del dispositivo: “impegna il Governo a considerare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di rivalutare, nell'ambito delle proprie prerogative, l'opportunità di rivedere la disciplina relativa alle sanzioni deontologiche ex lege nei confronti del professionista che accetta un compenso equo e che, nel predisporre il contenuto della convenzione, ometta di esplicitare alla controparte il compenso”.

PRESIDENTE. Siamo ora all'ultimo ordine del giorno, il n. 9/338-B/6 Gianassi. Qual è il parere del Governo?

FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della Giustizia. Anche qui il parere è favorevole ove venga accettata la seguente riformulazione: “impegna il Governo a valutare gli effetti applicativi della disciplina richiamata in premessa al fine di rivalutare, nell'ambito delle proprie prerogative, l'esclusione dall'ambito di applicazione della nuova disciplina delle società veicolo di cartolarizzazione e degli agenti della riscossione”.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettano la riformulazione dell'ordine del giorno n. 9/338-B/1.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Noi non possiamo accettare la riformulazione perché svuota completamente il significato dell'ordine del giorno e, anzi, certifichiamo oggi che per il Governo gli agenti della riscossione, le società di riscossione e le società veicolo di cartolarizzazione dei crediti devono, a quanto pare, beneficiare di un vantaggio e di un privilegio rispetto a tutti gli altri soggetti e non devono essere soggetti a questa disciplina sull'equo compenso, che è veramente una misura di civiltà che tutti i liberi professionisti stanno attendendo.

Chiaramente, chiediamo di porre in votazione l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/338-B/1 Ascari, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Sull'ordine del giorno n. 9/338-B/2 Giuliano c'è una proposta di riformulazione.

Ha chiesto di parlare la deputata Carla Giuliano. Ne ha facoltà.

CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Non possiamo accettare questa proposta di riformulazione, che svuota completamente un ordine del giorno rispetto a una tematica, quella delle sanzioni disciplinari, su cui il Governo, a parole, si era detto disponibile a un confronto e a sopprimere le sanzioni disciplinari per quei professionisti che denunciano una convenzione che prevede a loro danno un compenso non equo.

Con questa ulteriore riformulazione, prendiamo atto della cristallina volontà politica del Governo e della maggioranza di non porre rimedio a questo che noi riteniamo sia un errore, oltre che una contraddizione, che sicuramente indebolirà le tutele poste da un provvedimento, quello sull'equo compenso, che ci vede favorevoli e che costituisce un primo importante tassello, ma evidentemente la maggioranza ha tutta l'intenzione di rendere monca fin dall'origine questa normativa, e noi questo non possiamo accettarlo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/338-B/2 Giuliano, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Sull'ordine del giorno n. 9/338-B/3 D'Orso c'è una proposta di riformulazione.

Ha chiesto di parlare la deputata D'Orso. Ha ancora un tempo residuale di qualche minuto e, quindi, può parlare. Prego, a lei la parola.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Non possiamo accettare la riformulazione perché svuota chiaramente l'impegno e anche in questa occasione certifichiamo che il Governo e la maggioranza, che seguirà le indicazioni del Governo, vogliono svuotare e depotenziare questa disciplina fin dalle prime battute della sua futura applicazione. Questo perché? Perché non sarà una disciplina applicabile a tutti gli incarichi conferiti successivamente all'entrata in vigore di questa disciplina, che dipendono, però, da una convenzione che è stata sottoscritta in epoca precedente. Queste sono le convenzioni più frequenti ormai, perché istituti bancari, compagnie assicurative e anche pubbliche amministrazioni - dobbiamo dirlo - utilizzano esattamente questo modello e questa prassi, ovverosia far sottoscrivere convenzioni - diciamo cornici di riferimento - e poi, però, a queste convenzioni viene data applicazione in un momento successivo, con il conferimento dei vari incarichi. Ebbene, questa disciplina non si potrà applicare, così come la state costruendo, agli incarichi che vengono conferiti successivamente alla sua entrata in vigore, allorquando siano comunque riconducibili a una convenzione pregressa. Questo è un grave vulnus. Praticamente, abbiamo una parte molto, molto numerosa di incarichi - quindi, di prestazioni - a cui non verrà applicata questa disciplina dell'equo compenso, che è tanto attesa dai professionisti, ma i professionisti devono sapere che per volontà politica non c'è stata la disponibilità di una sua applicazione realmente immediata. Diciamo che è quasi a data da venire, perché non si può neanche dire entro quale data questa disciplina vedrà una sua compiuta applicazione rispetto a una platea considerevole di professionisti.

Chiediamo che l'ordine del giorno sia posto in votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/338-B/3 D'Orso, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Sull'ordine del giorno n. 9/338-B/4 Zan c'è una proposta di riformulazione.

Ha chiesto di parlare il deputato Zan. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO ZAN (PD-IDP). Grazie, Presidente. Non possiamo accettare la riformulazione del Governo, perché andrebbe a stravolgere l'impianto complessivo di questo ordine del giorno. Noi speravamo di avere intrapreso su questo tema un'interlocuzione positiva con il Governo, a partire dal lavoro fatto nella scorsa legislatura, mirando, poi, a realizzare una pregnante tutela dei giovani professionisti, che sono i più esposti da un punto di vista dell'inadeguatezza dei compensi, rispetto anche alle responsabilità che questi giovani professionisti si assumono in termini del proprio lavoro. Speravamo che il Governo accettasse questo ordine del giorno, che appare totalmente condivisibile da tutti e, invece, siamo stati, ancora una volta, purtroppo, presi in giro. Dunque, non possiamo accettare questa riformulazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/338-B/4 Zan, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Sull'ordine del giorno n. 9/338-B/5 Gribaudo c'è una proposta di riformulazione.

Ha chiesto di parlare la deputata Gribaudo. Ne ha facoltà.

CHIARA GRIBAUDO (PD-IDP). Grazie, Presidente. A malincuore, non posso accettare questa riformulazione, perché svuota di significato l'ordine del giorno con la scelta del Governo di eliminare l'ultima parte degli impegni. Ancora una volta, si mettono in condizione sfavorevole i giovani professionisti che, più di altri, avrebbero bisogno dell'equo compenso. Senza contare che si vuole cancellare una discussione parlamentare seria, che abbiamo fatto in questa sede. I colleghi che si occupano di questa materia sanno che, rispetto al tema delle sanzioni, rispetto a quello che provocherà questa legge in termini di effetti positivi, in realtà, si avrà una ricaduta talmente bassa da risultare quasi ininfluente rispetto all'oggettiva necessità di dare a tutti i professionisti l'equo compenso. Ecco perché mi aspettavo, almeno su questo ordine del giorno, l'apertura da parte del Governo ma, ancora una volta, ci avete deluso e, soprattutto, deluderete milioni di professionisti. Pertanto, chiedo che venga messo in votazione così com'è (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/338-B/5 Gribaudo, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/338-B/6 Gianassi, sul quale c'è una proposta di riformulazione. Viene accolta?

Ha chiesto di parlare il deputato Gianassi. Ne ha facoltà.

FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Non accolgo la proposta di riformulazione del Governo.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, abbiamo un difetto al microfono, se può invertire la postazione con il microfono a fianco. Prego, deputato Gianassi.

FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Non posso accettare la riformulazione proposta dal Governo perché, accettandola, verrebbe svuotato il contenuto dell'ordine del giorno, che prevede due obiettivi molto chiari, certi e puntuali, cioè estendere l'applicazione dell'equo compenso anche alle società veicolo di cartolarizzazione, che sono ingiustamente escluse dalla proposta di legge che ci accingiamo a votare in quest'Aula, e prevedere un termine entro il quale tutte le convenzioni in essere che non rispettano l'equo compenso debbano adeguarsi alla nuova normativa. Senza questa previsione, l'applicazione delle norme non varrà per tutte le convenzioni, che quasi sempre non hanno scadenza, che sono già in vigore. Quindi, è importante mantenere inalterato il testo ed è importante che, su questo, Governo e maggioranza dicano come la pensano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/338-B/6 Gianassi, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 338-B​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Cavo. Ne ha facoltà.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori del Governo, finalmente questo provvedimento giunge al termine del suo iter parlamentare. Come Noi Moderati, abbiamo condiviso fin dall'inizio l'impostazione di fondo, che ha corretto, di fatto, il fraintendimento tra liberalizzazione e deregolamentazione.

In materia di prestazioni professionali, non sempre lasciare alla contrattazione tra le parti ha assicurato equità. Stiamo parlando di quei casi in cui si verifica un sostanziale squilibrio con un contraente molto forte, vedi pubbliche amministrazioni, grandi aziende o istituti bancari. Definire, dunque, un criterio per garantire il riconoscimento della qualità del lavoro è essenziale all'equilibrio del settore, un nuovo equilibrio non solo tra grandi clienti e professionisti, ma anche all'interno della stessa categoria professionale. Pensiamo, per esempio, ai singoli professionisti che devono competere con grandi studi.

L'introduzione dell'equo compenso apre nuovi spazi e possibilità, soprattutto, per i giovani. Per coloro che stanno intraprendendo la propria attività, l'equo compenso consente, fin dall'inizio, di vedersi corrispondere una cifra adeguata al lavoro svolto.

Per i professionisti iscritti a ordini e collegi, il compenso si ritiene equo se conforme ai decreti ministeriali cosiddetti Parametri e Parametri-bis. In concreto, il DM n. 140 del 2012 (decreto Parametri) introduce i limiti a cui i giudici devono attenersi per determinare i compensi in caso di controversie; il DM n. 17 giugno 2016 (decreto Parametri-bis) fissa i paletti per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara negli appalti di servizi per architetti e ingegneri.

I parametri professionali sono importi per le prestazioni che vengono stabiliti per ogni categoria e attività e devono rappresentare il punto di riferimento al quale si rivolgeranno i professionisti e i grandi clienti. Sostituiscono, fondamentalmente, le tariffe cancellate dai precedenti provvedimenti. Molti di questi andranno aggiornati, visto che si riferiscono a 10 anni fa.

Si tratta di un primo passo, che interviene in un settore specifico. Abbiamo già avuto modo di esprimere la nostra opinione nel precedente passaggio in quest'Aula e abbiamo anche proposto degli emendamenti per apportare alcune correzioni. Si tratta, dunque, solo di un primo passo. Poteva essere fatto meglio? Tutto è perfettibile, ma è un primo passo nella direzione giusta. Basti pensare che la galassia dei professionisti è molto più estesa rispetto a quanto rappresentino gli ordini professionali e coloro che lavorano come freelance, senza ordini o casse previdenziali, beneficiano di ancora meno tutele, soprattutto al cospetto di grandi contraenti. Secondo i dati INPS, stiamo parlando di professionisti iscritti alla gestione separata, con un reddito lordo annuo medio di 15.700 euro. Il 50,3 per cento dei freelance guadagna meno di 10.000 euro, il 30,3 per cento ha un reddito tra 10.000 e 25.000 euro, l'81 per cento è sotto i 25.000 euro. Stiamo parlando delle partite IVA, professionisti con ridottissime garanzie ma con la nomea di evasori. Invece, molti di loro sono giovani che hanno studiato e faticano ad arrivare a fine mese: il 59 per cento degli under 30 è sotto i 10.000 euro di reddito annuo.

Il testo in esame è frutto del lavoro di entrambe le Camere e la sua approvazione è il segno di una volontà condivisa di procedere in questo senso. Dunque, non mi dilungherò sui contenuti del provvedimento, essendo chiamati oggi a discutere esclusivamente delle modifiche introdotte al Senato. Presidente, io provo ad andare avanti, ma il brusio è veramente notevole.

PRESIDENTE. Ha ragione. I colleghi deputati che sono in Aula, impegnati in conversazioni private, sono pregati di allontanarsi dall'Aula. Non ci sono votazioni imminenti e, quindi, queste conversazioni possono trasferirsi in altra sede.

Colleghi! Deputato Trancassini… C'è stata un'esplicita richiesta da parte della deputata Cavo, che sta svolgendo la sua dichiarazione di voto. Penso che abbia tutto il diritto di svolgere il suo intervento in silenzio. Prego, deputata Cavo.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Sempre penalizzati, essendo i primi a parlare in dichiarazione di voto, nel momento dello svuotamento dell'Aula. Proseguo e la ringrazio.

Stiamo parlando dell'articolo 7, che prevede la possibilità che il parere di congruità, emesso dall'ordine o dal collegio, acquisti l'efficacia di titolo esecutivo per il professionista, a condizione che il parere sia stato rilasciato nel rispetto delle procedure. Il cliente ha, però, la possibilità di presentare opposizione entro 40 giorni dalla notificazione del parere stesso. Nel corso dell'esame da parte del Senato si è provveduto a modificare il testo, in ragione delle variazioni introdotte dalla riforma Cartabia. In particolare, è stato sostituito il riferimento all'articolo 702-bis. Si tratta di una modifica che ha sostituito il rito sommario con il rito semplificato di cognizione, a partire dal 28 febbraio di quest'anno. Considerato che la norma in oggetto è applicata solo dopo tale data, è stato necessario procedere alla sostituzione del riferimento normativo. In tale modo, il giudizio di opposizione al parere di congruità avente efficacia di titolo esecutivo si svolge davanti al tribunale in composizione monocratica del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine e il collegio professionale che lo ha emesso, nelle forme del rito semplificato di cognizione introdotto dalla riforma Cartabia. La sentenza non è appellabile. Si è trattato, dunque, di una modifica necessaria, dovuta al superamento della norma precedentemente richiamata, un intervento che non intacca il provvedimento. Di conseguenza, anche questo passaggio parlamentare è una formalità, ma una formalità che rappresenta un cambiamento radicale per migliaia e migliaia di professionisti. Se nel giudizio di una legge dobbiamo far riferimento alla corrispondenza tra obiettivi e strumenti per raggiungerli, la valutazione di questa norma non può che essere positiva. L'obiettivo del provvedimento è evitare lo sfruttamento economico e tutelare i professionisti che prestano la loro opera professionale. L'ambito di applicazione riguarda circa 80.000 enti, tra imprese con soglie di fatturato e dipendenti (oltre 50.000) e pubbliche amministrazioni (quasi 30 mila). Per queste realtà sarà obbligatorio rispettare gli intervalli di compensi indicati dai parametri - quelli citati in precedenza - categoria per categoria, per ogni prestazione professionale, che hanno a oggetto la prestazione d'opera intellettuale di cui all'articolo 2230 del codice civile e trovano fondamento in convenzioni.

Questo provvedimento ha raccolto il consenso degli ordini professionali, rappresentando un indiscutibile passo avanti per la restituzione di dignità al professionista e la sua valorizzazione del ruolo sociale, economico e istituzionale, con il consequenziale beneficio di servizi di qualità. Si tratta, dunque, di un provvedimento circoscritto nell'applicazione, che però potrebbe avere un ambito più vasto, anche oltre l'obbligatorietà. Si stabiliscono paletti più difficili da superare, si riconosce il valore del lavoro professionale e si offrono elementi precisi per chi intraprende questo genere di attività. Stiamo affrontando una materia complessa, che riguarda i rapporti tra enti e professionisti. Stiamo ragionando della necessità di definire dei confini anche laddove viene lasciata libertà di contrattazione, perché sia sempre rispettata la dignità del lavoro professionale.

Nel corso dell'esame parlamentare, è stata richiesta da più parti la possibilità di estendere l'ambito di applicazione. Si è registrata anche la disponibilità del Governo a successivi interventi in tal senso. Il risultato, che stiamo traguardando oggi, è un provvedimento basato su un giusto equilibrio tra la tutela dei professionisti e la garanzia anche per i soggetti che intendono avvalersi di consulenze professionali. È un primo passo che inverte, però, un processo che ha portato ad una deregolamentazione selvaggia dei rapporti professionali.

A nome di Noi Moderati, confermo ancora una volta il voto favorevole su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Devis Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. L'Alleanza Verdi e Sinistra voterà a favore di questo provvedimento in materia di equo compenso, che torna alla Camera dopo essere stato modificato dal Senato, per correggere un richiamo al codice di procedura civile, contenuto nell'articolo 7, correzione resasi necessaria a seguito dell'entrata in vigore della riforma Cartabia. I margini di azione in questa lettura erano ovviamente estremamente limitati. Il fatto che il testo sia tornato qui, però, aumenta il rammarico e il rimpianto per quelle migliorie che avremmo voluto e potuto apportare nel corso della precedente lettura, quando non ci correva dietro nessuno: in quella sede si è persa l'occasione di migliorare il testo, mediante proposte emendative che erano state suggerite anche da associazioni forensi e dall'organismo congressuale forense.

Nel merito, invece, ribadisco che condividiamo la ratio del provvedimento. È sufficiente leggere l'articolo 1 per comprenderne l'importanza, dove si afferma che per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Forse, anzi, è paradossale che ci sia la necessità di una legge, nel 2023, per affermare questo principio. Ogni attività lavorativa deve essere infatti sempre proporzionata, per qualità e quantità, alla retribuzione e al compenso che si intende corrispondere. Con questo provvedimento stiamo parlando di liberi professionisti, ma sappiamo che il puzzle è ben più complesso. L'aspirazione del legislatore deve, infatti, essere quella di garantire la dignità di ogni lavoratore, qualsiasi tipologia di lavoratore, con riferimento al compenso per l'attività svolta. Pertanto, anche se non è oggetto di questo provvedimento, ritengo opportuno ribadire l'importanza della battaglia per il riconoscimento del salario minimo, come soglia minima sotto la quale non si può nemmeno ritenere garantita la dignità di un lavoratore. Su questo vi è uno sforzo non solo legislativo ma anche culturale. Parlare di equo compenso per i liberi professionisti permette di superare lo stereotipo di un libero professionista in grado di affrontare da sé qualsiasi sfida e il confronto anche con contraenti forti. Nei fatti, invece, per le categorie professionali, non è infrequente trovarsi nella condizione di accettare, pur di lavorare, accordi iniqui, imposti da committenti che sfruttano i bisogni del professionista. Coincidenza vuole che proprio stamattina sia stato presentato il Rapporto sull'avvocatura 2023, predisposto dal Censis in collaborazione con Cassa forense. Dal Rapporto emerge che oltre 100.000 avvocati – ripeto, oltre 100.000 avvocati - in Italia, nel 2022, hanno avuto un reddito inferiore a 20.000 euro annui. Questo è un dato che fa riflettere in generale sulle difficoltà che affronta la libera professione, di cui si parla poco. Si tratta di lavoratori che arrivano alla professione dopo anni di sacrifici, università, tirocini non pagati, esami, costi elevati per formarsi e per mantenere il proprio lavoro.

Come Alleanza Verdi e Sinistra, quindi, ogni volta che ci sarà un provvedimento che va nella direzione di tutelare la parte più debole di un rapporto contrattuale e lavorativo, noi ci saremo: voteremo sempre a favore di strumenti di sostegno di chi ha bisogno di maggiori tutele. Per questo motivo rinnovo, a nome del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra, il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio D'Alessio. Ne ha facoltà.

ANTONIO D'ALESSIO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Anche Azione-Italia Viva sarà favorevole e voterà “sì” a questo provvedimento. Ci eravamo già espressi in questo senso, in passato. Per la verità, è un provvedimento che nasce dalla scorsa legislatura, per un lavoro che era già stato effettuato, che poteva essere sicuramente migliorato, ma che aveva colto nel segno della necessità di rivedere il rapporto dei professionisti, che, in alcune circostanze, si trovano ad essere parte debole di una contrattazione. Si è oggettivamente creato uno squilibrio nel mondo degli accordi tra professionisti e imprese. Occorre, in alcuni casi, in questi casi, rafforzare la tutela del professionista, perché - ripeto - è parte debole.

Naturalmente, stiamo vincolando l'operatività della norma alla contrattazione tra il professionista e, non il singolo cittadino, ma i cosiddetti clienti forti, individuando nei clienti forti quelli che hanno 50 dipendenti o un fatturato superiore a 10 milioni di euro annui.

Importante la norma in questione, innanzitutto per una perequazione sociale e, poi, anche per i riverberi e gli effetti che si ripercuotono sulla qualità del lavoro del professionista e sulla qualità culturale dell'offerta professionale. Alcune norme sono particolarmente importanti: la nullità delle clausole che prevedono un compenso inferiore ai parametri; la possibilità di modelli standard di convenzione, come c'era prima del resto, però questa volta concordati con le rappresentanze professionali (quindi c'è una sorta di controllo); il parere di congruità del compenso emesso dal consiglio dell'ordine o dai collegi professionali, che acquista efficacia di titolo esecutivo, altra cosa molto importante; poi, la previsione di un Osservatorio nazionale sull'equo compenso presso il Ministero della Giustizia.

Poche altre parole, perché ci eravamo già tutti espressi su questa norma e siamo tutti, tutto sommato, favorevoli. Innanzitutto, il fatto di avere la sensazione di aver perso un'occasione. Da stime effettuate, ma se ne era già individuata la portata, questa norma sembra essere effettivamente poco ampia, cioè la ricaduta sulla nostra società avrà un effetto minimo da un punto di vista numerico. Sotto questo profilo c'è effettivamente la sensazione di aver perso un'occasione, cioè gli effetti applicativi sono troppo ristretti. È pur vero, però, che, per come è arrivata alla Camera - frutto, ripeto, anche di un lavoro che era stato effettuato nella scorsa legislatura - c'è un accordo complessivo, un accordo di tutte le forze politiche sul fatto che si tratta solo di una base di partenza. Dobbiamo provare a dare seguito a questa dichiarazione di intenti che stiamo facendo un po' tutti. È una base di partenza, verifichiamo la ricaduta, gli effetti e, se effettivamente troppo ristretti, continuiamo a seguire la vicenda e riproponiamo, eventualmente, i correttivi per ampliarne la portata. Il voto di Azione-Italia Viva è “sì” (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Calderone. Ne ha facoltà.

TOMMASO ANTONINO CALDERONE (FI-PPE). Grazie, Presidente. Colleghi, signor Vice Ministro, da più parti si è detto che questo apparato normativo, questa legge, che da qui a qualche minuto ci accingiamo a votare, è più che altro o è anche un fatto culturale. Sì, perché proporzionare il compenso alla quantità e qualità del lavoro, come da più parti è stato detto e affermato, è un fatto culturale. Lo è perché, dietro la proporzione tra la quantità e la qualità del lavoro e il compenso che si deve corrispondere al professionista, nel caso di specie in relazione alla qualità e quantità del lavoro, ci sono rinunce e sacrifici. È inaccettabile che, per tanto, troppo tempo, a seguito di maldestre idee, questa proporzione non ci sia stata. Proporzione, si badi bene, pretesa dalla nostra Carta costituzionale per i lavoratori subordinati all'articolo 36 della Costituzione.

Conosco bene - chi mi ascolta li conosce meglio di me - gli arresti giurisprudenziali che hanno inteso non parificare i lavoratori subordinati ai lavoratori autonomi. Però - ne fa cenno anche questa legge - viene in soccorso il nostro codice civile, esattamente e precisamente con gli articoli 2230 e 2233 che prevedono che ogni compenso debba essere sempre e comunque proporzionato. Questo il legislatore ha scritto per i professionisti, non soltanto per gli avvocati, nella legge di cui noi oggi stiamo trattando. Dicevo, è un fatto culturale. Il nostro Vice Ministro, senatore Sisto, si è battuto molto per questa legge, in maniera veramente tenace, e per questo lo ringraziamo. Io sono veramente convinto che - come in tanti convegni del Consiglio nazionale forense è stato detto - fosse un fatto culturale. Tanti professionisti, per tanto tempo, hanno avuto la schiena curva, studiando e lavorando sopra i libri, come si suol dire, andando a conseguire un diploma di laurea, non appunti, in università qualificate, la qual cosa è leggermente diversa, per poi venire mortificati dai contraenti forti, i cosiddetti committenti.

Ecco, se possiamo migliorare nel tempo - è un auspicio, signor Vice Ministro - questa norma che, come tutte le norme, è perfettibile e mai perfetta - chi pratica il diritto sa bene che tutte le norme e tutti gli apparati normativi non sono mai perfetti, bensì perfettibili - e se vogliamo individuare una debolezza, come tante ne hanno, a questa legge, potrebbe essere quella di mettere le sanzioni ai committenti. Io ho analizzato con attenzione e rispetto le idee dei colleghi, che hanno avuto qualche perplessità rispetto alla possibilità di sanzionare i professionisti anche da un punto di vista deontologico e, dunque, disciplinare. Io rispetto le idee di chi ha fatto queste affermazioni ma mi corre l'obbligo di precisare che forse è opportuno mettere delle sanzioni disciplinari. Perché si può, a bella posta, preparare una possibilità di aggirare la norma e, se non fosse stata prevista da questa legge la possibilità di irrogare una sanzione disciplinare, purtroppo avremmo reso il contraente debole ancora più debole. Ed è questo quello che si deve evitare.

È una norma, o meglio, è una legge che ha previsto in maniera intelligente, da un punto di vista tecnico-giuridico, la possibilità di eliminare, da parte del giudice che viene investito della questione, tutte le clausole vessatorie in danno del contraente debole, senza mettere nel nulla il contratto in generale. È questa la bellezza, se così posso dire, di questa norma, che ha previsto, per esempio, la possibilità che si applichi la legge a tutti i rapporti professionali - ma proprio tutti - che prevedono e hanno ad oggetto una prestazione d'opera intellettuale, così come, lo dicevo prima, prevede e codifica il nostro codice civile e, più in particolare, la norma di cui all'articolo 2230.

Con questa norma abbiamo inteso limitare lo strapotere - il Governo è stato molto attento sul punto - di banche e assicurazioni, di tutte quelle aziende e imprese che hanno più di 50 dipendenti e che hanno ricavi superiori ai 10 milioni e anche della pubblica amministrazione. Sarà più difficile - uso un termine forte e lo faccio volontariamente - sfruttare il professionista.

E, ribadisco, per questo è un fatto culturale e per questo Forza Italia è sempre presente quando c'è da difendere professionisti e lavoratori autonomi che si mettono in gioco e tutti i giorni contribuiscono a portare avanti la nostra Nazione.

Ed ecco che è stata prevista anche la regolamentazione della prescrizione: è una norma completa, non dobbiamo individuare soltanto i “difetti” di un apparato normativo, che, per carità, come detto prima, ci possono essere. L'ultimo comma dell'articolo 5 prevede quello che avevo testé affermato, cioè la possibilità di sanzionare da un punto di vista disciplinare il professionista che cerca di aggirare la norma. Lo dico a me stesso, ma lo rappresento anche a voi: non bisogna avere paura delle sanzioni se non si ha la volontà di violare una norma. La sanzione ha e deve avere un effetto non soltanto di regolamentazione, ma anche deterrente. Il professionista sa e deve sapere che lo Stato lo ha tutelato, ma sa e deve sapere parimenti che le norme devono essere osservate da tutti, quindi anche dai professionisti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE), perché in uno Stato funziona o dovrebbe funzionare così.

L'articolo 6 della legge di cui stiamo trattando prevede i cosiddetti compensi standard, che si presumono equi, ed è questa un'altra bella novità. Il parere di congruità costituisce titolo esecutivo - lo prevede un'altra norma - e questo per rendere più agevole la possibilità, per i professionisti, di mettere a reddito il lavoro che hanno certamente espletato.

Ed è previsto - si era discusso nella precedente legislatura, ma ora è stato codificato - un osservatorio, che, istituito per legge, dovrà verificare se questa normativa funziona, se le norme vengono applicate e se tutti quelli che sono chiamati ad osservare questa legge, lo fanno.

Presidente, signori colleghi, signor Vice Ministro, Forza Italia lo aveva già espresso prima di questo accorgimento tecnico che si è reso necessario a seguito dell'introduzione della legge Cartabia relativa alla sostituzione del procedimento sommario di cognizione con il procedimento semplificato di cognizione; era solo un accorgimento tecnico. Forza Italia in maniera convinta - lo hanno fatto i deputati, i senatori, i parlamentari e lo ha fatto il Vice Ministro Sisto, che, come detto in precedenza, è stato sempre molto attento e tenace, se posso utilizzare questo termine, nel portare avanti questo apparato normativo - voterà “sì” perché ha contribuito alla messa in opera, se così posso dire, di questa legge (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Giuliano. Ne ha facoltà.

CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Oggi ritorniamo in quest'Aula per licenziare il provvedimento sull'equo compenso, che abbiamo sempre sostenuto, di cui abbiamo sempre riconosciuto l'importanza e sul quale voteremo a favore. Lo dico fin da subito: voteremo a favore perché condividiamo l'obiettivo che sta alla base di questo provvedimento, ossia riconoscere al variegato mondo delle professioni un compenso equo e dignitoso, che sia parametrato alla quantità e alla qualità dell'opera e del lavoro prestato.

Un provvedimento che cerca di declinare e di concretizzare il disposto costituzionale dell'articolo 36 con riferimento al mondo delle professioni. Un mondo che, soprattutto a seguito dell'impatto economico che ha avuto la pandemia, si è ritrovato ad essere estremamente fragile. Un mondo da cui purtroppo - e parlo in particolar modo degli avvocati - molte figure, molti giovani laureati tendono a fuggire, perché è un mondo che non dà più una stabilità e rispetto al quale si sono affievolite anche la dignità e la professionalità dei professionisti che ogni giorno, con il loro lavoro, danno supporto e sostegno professionale a cittadini ed imprese.

Un provvedimento, quindi, che costituisce un primo tassello importante di una strada che abbiamo iniziato a percorrere e che spero possa continuare ad essere percorsa a tutela del mondo delle professioni. Ma un tassello che, purtroppo, nasce macchiato da un comportamento e da un modus operandi della maggioranza che ci ha lasciato davvero l'amaro in bocca. Noi su questo provvedimento siamo stati estremamente collaborativi e costruttivi. È un provvedimento che viene dalla scorsa legislatura: allora aveva visto un primo passaggio alla Camera, sperando di ottenere un passaggio definitivo al Senato, visto che eravamo al termine della legislatura. Un provvedimento che, anche in questa nuova legislatura, è stato posto dalla maggioranza come prioritario e, soprattutto, da adottare subito.

Tuttavia, sull'altare della celerità, purtroppo, sono state sacrificate le legittime aspettative del mondo stesso dei professionisti, quei professionisti che guardano con favore a questo provvedimento, ma che ne avevano sottolineato alcune criticità, che avranno probabilmente l'effetto di tagliare le gambe e di depotenziare questa normativa. Parlo, in primo luogo, dell'articolo che prevede sanzioni disciplinari a carico dei professionisti iscritti agli ordini professionali che adiranno l'autorità giudiziaria per denunciare di avere sottoscritto una convenzione che prevede un compenso non equo.

Questi professionisti, che ovviamente sono in una posizione contrattuale debole (è la stessa norma che lo dice, perché ricordiamoci che la disciplina riguarda i cosiddetti contraenti forti, individuati in maniera molto specifica da questo provvedimento), si vedranno destinatari di un procedimento e di una sanzione disciplinare per il solo motivo di avere fatto valere e di avere esercitato in giudizio il proprio diritto a vedersi riconoscere un equo compenso.

È una macchia fortissima su questo provvedimento, e in più di un'occasione, in tutte le occasioni possibili, come MoVimento 5 Stelle, facendoci carico delle istanze dei professionisti, avevamo segnalato alla maggioranza e al Governo l'opportunità di sopprimere le sanzioni disciplinari. Purtroppo, il Governo non ci ha voluto ascoltare, dapprima brandendo la scusa della celerità. Adesso, il provvedimento è dovuto ritornare in terza lettura alla Camera, per un errore che - anche questo - era stato da noi segnalato, ed è stato corretto proprio grazie a un emendamento al Senato del MoVimento 5 Stelle; quindi, una volta riaperto l'esame del provvedimento al Senato, sarebbe stato ben più che opportuno accogliere le istanze del mondo delle professioni e i nostri emendamenti che andavano in questo senso.

Ancora, assolutamente ingiustificabile è il mancato ampliamento del novero dei contraenti forti, ricomprendendo anche le società di veicolazione e di cartolarizzazione dei crediti. Non capiamo davvero come mai questa disciplina tutelante per i professionisti non sia stata estesa anche a loro.

Ultimo aspetto, e mi limito a questi tre perché, proprio in un'ottica assolutamente collaborativa e capendo l'importanza del provvedimento, come MoVimento, abbiamo deciso di puntare su pochi aspetti che riteniamo determinanti per rendere davvero funzionante questa disciplina: la disciplina transitoria.

Ancora non sappiamo perché la maggioranza e il Governo, in maniera ostinata, non abbiano voluto estendere questa disciplina anche alle convenzioni già stipulate, ma i cui incarichi dovranno essere espletati una volta entrata in vigore la legge.

Si tratta, in questo modo, di escludere un'ampia categoria di convenzioni, quindi una serie di professionisti che hanno ormai sottoscritto convenzioni che, di solito, sono a tempo indeterminato e quindi, valendo la disciplina solo pro futuro, non potranno usufruire delle tutele di questo provvedimento. Dicevo, abbiamo proposto emendamenti chirurgici e assolutamente migliorativi, che recepivano istanze del mondo delle professioni. E, allora Presidente, dato l'iter e considerato che, nel primo passaggio alla Camera, il Governo, a parole, si era detto disponibile a valutare i nostri emendamenti ma li aveva bocciati, per una questione di celerità, direi per una falsa questione di celerità, mi chiedo ora, considerato che il provvedimento è passato al Senato: perché non avete apportato queste tre, quattro modifiche che avrebbero reso davvero operativo e davvero tutelante questo provvedimento? Perché avete voluto azzoppare fin dall'inizio e rendere comunque molto più difficile l'applicazione concreta di questo provvedimento? La risposta, purtroppo, Presidente, allo stato dei fatti, è semplice: non c'era la volontà politica di questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non c'era il coraggio di tutelare fino in fondo il mondo dei professionisti che, di fronte alle imprese del calibro di cui parla il provvedimento, sono in una posizione contrattuale debole.

Ebbene, sappiate, Presidente, che il MoVimento 5 Stelle, ripeto, voterà a favore di questo provvedimento, perché riteniamo sia un tassello fondamentale per contrastare la precarizzazione e la proletarizzazione delle professioni, nonché per evitare e arginare quella fuga delle professioni, di cui, purtroppo, parlavo prima. Tuttavia, il MoVimento 5 Stelle, per fortuna, farà di più, perché continuerà a pungolare questa maggioranza e questo Governo, affinché, con tutte le promesse - le false promesse che questo Governo e questa maggioranza hanno fatto in quest'Aula -, questo provvedimento possa essere ulteriormente migliorato, ampliando la categoria dei contraenti forti, eliminando le sanzioni disciplinari, prevedendo una disciplina transitoria che possa includere anche le convenzioni già sottoscritte. E questo impegno lo proseguiremo anche oltre questo provvedimento, perché il MoVimento 5 Stelle sarà in prima linea nel tutelare ogni lavoratore, i lavoratori autonomi, i professionisti, i lavoratori dipendenti e la dignità del lavoro. Lo farà, portando avanti la battaglia del salario minimo, quelle per rendere più aderente al percorso di studi, al percorso professionale l'esame di accesso alla professione forense, per introdurre una disciplina organica e maggiori tutele per quegli avvocati - giovani, meno giovani che siano - che prestano prevalentemente la loro attività professionale sotto le dipendenze, diciamo così, di un altro avvocato, il cosiddetto avvocato in regime di monocommittenza. Faremo tutto questo, porteremo avanti queste battaglie con coraggio e determinazione, quel coraggio e quella determinazione che, purtroppo, su questo provvedimento questa maggioranza e questo Governo hanno dimostrato di non avere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Morrone. Ne ha facoltà.

JACOPO MORRONE (LEGA). Grazie, Presidente e onorevoli colleghi. Grazie, Vice Ministro, per il prezioso contributo, sia nel merito sia nell'attività di mediazione. Quindi, grazie veramente di cuore. È con grande soddisfazione che intervengo oggi per dichiarare il voto favorevole del gruppo della Lega alla normativa in materia di equo compenso. Vede, infatti, finalmente, la luce una riforma attesa da tempo, la cui mancanza ha penalizzato troppo a lungo una parte significativa della nostra società. Un compenso equo, infatti, proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto nelle libere professioni, nel rapporto con la pubblica amministrazione e con gli altri contraenti forti, imprese bancarie, assicurative, aziende con oltre 50 dipendenti o con un fatturato di più di 10 milioni di euro, rappresenta un diritto per i liberi professionisti, soprattutto per i più giovani, per valorizzarne il merito e anche il talento.

Provo soddisfazione. Consentitemi di fare un brevissimo riferimento al passato, anche perché ricordo che, esattamente quattro anni fa, in un tavolo tecnico, organizzato dal sottoscritto al Ministero della Giustizia, nel ruolo che allora ricoprivo, di Sottosegretario con delega alle professioni, ho provveduto a riunire i rappresentanti delle professioni, dando avvio al percorso che, pur con diversi stop and go, è arrivato oggi a suo compimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Dissi allora che l'obiettivo che ci ponevamo era quello di tutelare l'equità del compenso nelle libere professioni, a garanzia del decoro e della dignità del professionista e della professione, garantendo, quindi, un paracadute al professionista, in presenza di abusi nel mercato o nel momento del confronto con la pubblica amministrazione, un equo compenso tale da assicurare la remunerazione dell'opera professionale svolta.

Molta e proficua strada è stata percorsa in seguito ai lavori di quel tavolo tecnico e mi piace comunque pensare che il punto di partenza del percorso che ci ha portato qui, oggi, sia stato quell'embrione di bozza di linee guida, steso e condiviso con gli ordini professionali e con le associazioni di categoria ben quattro anni fa.

Tengo a ricordare che, tra gli interlocutori più assidui, ho avuto certamente giovani professionisti, giovani talentuosi che chiedono dignità e la possibilità di sopravvivere esercitando la libera professione che hanno scelto e per la quale hanno studiato e continuano a impegnarsi, con l'obiettivo di rendere un buon servizio alla società. Giovani professionisti che rappresentano un valore per il Paese, per l'importante servizio che forniscono, giovani professionisti che non devono, né possono, accettare un mercato al ribasso. Senza un equo compenso molti di questi giovani professionisti sarebbero costretti a chiudere studi e attività. Purtroppo, in seguito il provvedimento in materia di equo compenso ha subito quelle frenate inspiegabili che ne hanno ritardato l'iter. Poi c'è stato il via libera, che ci ha portato a oggi, e la mia attenzione al tema di quattro anni fa non è mai venuta meno; ne siano prova non solo i costanti contatti con i portatori di interesse, le plurime dichiarazioni agli organi di informazione, l'attività in Commissione, per non parlare della proposta di legge che mi vede primo firmatario, presentata il 18 ottobre del 2019, e quella ripresentata in questa legislatura, poi ritirata, per dare vita a questo testo.

In questi ultimi anni, abbiamo potuto constatare i cambiamenti in atto nel mondo, molto eterogeneo, delle libere professioni, che continuano a rappresentare una grande forza motrice della nostra società, dal punto di vista intellettuale e operativo e che, di conseguenza, chiedono e impongono una maggiore attenzione da parte della politica e del legislatore. Un mondo, quello delle libere professioni, che, per troppi anni, è stato in qualche modo trascurato dalla politica, pur essendo indispensabile per il Paese, per il bagaglio di competenze, di capacità e di rapporti, di cui si è saputo dotare; quindi, ho sempre creduto che, su questo fronte, la politica dovesse attivarsi, seguendo linee che indicassero la centralità di molte libere professioni in più settori economici.

Il provvedimento che oggi ci apprestiamo ad affrontare è nato da due proposte: una della Lega e una di Fratelli d'Italia. Reca quindi la firma del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del sottoscritto. Riproduce il testo già approvato alla Camera nella scorsa legislatura, prima che l'iter si bloccasse al Senato. Questo ulteriore passaggio alla Camera in terza lettura si è determinato, come tutti sappiamo, per l'obbligo di apportare in Commissione al Senato una modifica obbligata, conseguente alla riforma Cartabia.

Nella lunga gestazione del provvedimento e, in particolare, negli ultimi tempi, sono emerse ulteriori proposte e osservazioni, alcune propositive e congruenti, altre pretestuosamente critiche. Mi occupo delle prime, che sono certamente più importanti, provenienti da più soggetti politici nel mondo delle professioni e della società civile, alcune delle quali ascoltate anche durante il passaggio del provvedimento al Senato, dove il testo è stato approvato all'unanimità e su cui è emersa, senza dubbio, la volontà politica di intervenire in seguito.

Per puro spirito speculativo mi sono chiesto se fosse più produttivo apportare altri cambiamenti al testo e tardarne ancora una volta l'approvazione, lasciando in un limbo di attesa, di tempo sospeso, migliaia di professionisti, oppure, come è avvenuto, fosse più pragmatico procedere all'approvazione del testo che abbiamo oggi. Un testo che, pur non ottimale, ha l'indubbio vantaggio di sancire principi cardine e consentire una riflessione sulla loro corretta applicazione e sulle loro effettive ricadute. Ho propeso per questa seconda opzione come il percorso migliore per mettere una pietra miliare a un principio sancito su quel cammino intrapreso (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), per poi procedere ad un lavoro di rifinitura, di miglioramento della disciplina in sede di attuazione.

Ricordo, qui, alcune questioni su cui si dovrà dipanare il confronto, articolate in modo puntuale in tre ordini del giorno proposti dalla Lega e approvati poi in Commissione, al Senato. La prima riguarda l'eliminazione di quel passaggio che impone agli ordini e ai collegi professionali di adottare sanzioni disciplinari per il loro iscritto che accetti un compenso da considerarsi non equo, in quanto contrasta con l'impossibilità di analoghe azioni per le professioni non regolamentate da riferimenti ordinistici. La seconda riguarda l'allargamento della norma a quelle committenze oggi purtroppo escluse. La terza riguarda l'eventualità di ampliare con ulteriori rappresentanze l'Osservatorio nazionale sull'equo compenso, introdotto dalla legge e istituito presso il Ministero della Giustizia.

Dunque, questo è un momento atteso da tanti per un tempo troppo lungo. Ringrazio anche i relatori, anzi, le relatrici, l'onorevole Carolina Varchi per Fratelli d'Italia e la mia collega Ingrid Bisa per la Lega, e tutti coloro che hanno dato il loro apporto per raggiungere un risultato auspicato, ma non scontato. Mi sento di affermare, senza timore di smentite, che la Lega è stata e sarà sempre al fianco di chi, con la propria attività e il proprio lavoro, opera per promuovere una crescita duratura del nostro Paese, non solo economica ma anche sul piano delle eccellenze culturali e professionali. Forse, dimentichiamo troppo spesso che il nostro Paese ha dato al mondo un inestimabile e fondamentale contributo di scienza, di cultura e di sapere. Oggi è nostro dovere ritrovare quelle energie vitali, premiare le capacità, dare spazio alle idee e alla creatività, riallargare quella visione ristretta del nostro ruolo che rischia purtroppo di ridurci in ambiti troppo angusti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Federico Gianassi. Ne ha facoltà.

FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. Abbiamo lo stesso problema di prima, deputato Gianassi; bisogna chiedere la cortesia ai colleghi che le stanno a fianco di cederle momentaneamente la loro posizione. Poi i nostri tecnici interverranno e risolveranno il problema di questa risonanza.

Prego, a lei la parola, la ascoltiamo.

FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il Partito Democratico sostiene iniziative parlamentari finalizzate a promuovere e tutelare i liberi professionisti italiani e tra le tutele di cui i liberi professionisti hanno bisogno c'è, tra le più importanti, il diritto all'equo compenso per la prestazione professionale resa. È un principio scolpito nella nostra Carta costituzionale, all'articolo 36, laddove è stabilito che i lavoratori e le lavoratrici della Repubblica hanno diritto a una retribuzione proporzionata all'attività lavorativa resa.

È per queste ragioni che stiamo conducendo una battaglia in Parlamento per l'approvazione del salario minimo legale per i lavoratori dipendenti ed è per le stesse ragioni che da anni sosteniamo l'esigenza di una normativa che riconosca e tuteli il diritto all'equo compenso per i liberi professionisti. È per questo che, già negli anni scorsi, il Partito Democratico ha adottato iniziative parlamentari per riconoscere questo diritto. Vi fu un primo intervento nel 2016, nel codice degli appalti, ma limitato alla tutela per i lavoratori professionisti ordinistici; successivamente, nel 2017, due interventi normativi molto importanti, l'uno per il riconoscimento degli ammortizzatori sociali in favore dei lavoratori autonomi, con norme a tutela di infortuni, congedi parentali e maternità, e l'altro per il riconoscimento del diritto all'equo compenso. Tuttavia, occorre riconoscere che quel principio, giustamente scolpito in una norma, non si è poi realizzato per come il Parlamento, certamente, e il Partito Democratico avrebbero voluto. In effetti, abbiamo assistito a una difficoltà di penetrazione nel territorio, nel Paese, del diritto all'equo compenso per i professionisti e, dunque, abbiamo sostenuto con convinzione iniziative parlamentari finalizzate a rafforzare il riconoscimento di questo diritto, affinché non solo sia scolpito e scritto in una norma ma sia concretamente attuato e riconosciuto ogni giorno nel nostro Paese.

È per questo che siamo stati disponibili al percorso parlamentare per l'approvazione della proposta di legge che, oggi, torna nuovamente alla Camera, ma lo abbiamo fatto indicando anche una serie di criticità, perplessità e storture che richiedevano un intervento migliorativo, modificativo. Per tre volte, due volte alla Camera e una volta al Senato, abbiamo espresso un voto favorevole condizionato a interventi di miglioramento che limitassero le storture e i limiti che noi riconosciamo in questo provvedimento e che consentissero una piena applicazione in favore di tutti i liberi professionisti italiani che oggi non ottengono il diritto al riconoscimento dell'equo compenso. Dobbiamo, purtroppo, prendere atto che non c'è questa disponibilità da parte del Governo e della maggioranza che, al contrario, hanno voluto blindare il testo nella sua versione originale. Ci era stato detto che non era possibile accogliere le nostre proposte, perché occorreva una trattazione accelerata, rapida e veloce. Tuttavia, non ci siamo sottratti a una trattazione accelerata, abbiamo dato piena disponibilità, anche in questo mandato, in questa legislatura, a uno svolgimento rapido dell'iter parlamentare. Eppure, nel frattempo, è sorta l'esigenza di adottare dei correttivi per alcuni errori formali contenuti nel testo. Nemmeno in questa occasione, nemmeno al Senato, laddove è stato necessario cambiare il testo, nemmeno oggi alla Camera dove il testo torna, a fronte di modifiche tecnicamente necessarie si è voluto aprire a modifiche di tipo politico.

Se avevamo dubbi sulla sincerità della disponibilità del Governo e della maggioranza ad ampliare il diritto all'equo compenso a favore dei liberi professionisti italiani, oggi abbiamo la certezza che non c'è questa disponibilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). C'è una valutazione politica che la maggioranza e il Governo fanno e in forza di quella valutazione si è deciso che quest'Aula deve approvare un provvedimento che solo in parte riconoscerà nel Paese il diritto all'equo compenso in favore dei liberi professionisti italiani, perché molti altri resteranno esclusi.

Noi riconosciamo in questa proposta di legge alcuni aspetti certamente positivi. C'è la riaffermazione del principio del diritto all'equo compenso, che noi condividiamo, come ho detto; c'è la definizione dell'equo compenso, con il riferimento ai parametri di compenso stabiliti nei decreti ministeriali; c'è la precisazione delle fattispecie che determinano la nullità della clausola che viola l'equo compenso; ancora, ci sono le sanzioni per le imprese che violano la norma e non riconoscono l'equo compenso; c'è l'istituzione di un osservatorio che deve vigilare sul rispetto delle norme.

Tuttavia, permangono quelle gravi criticità, quelle storture che abbiamo evidenziato in tutto il corso dell'iter parlamentare e che non sono state affrontate. In particolare, esiste un limite troppo stringente rispetto al perimetro delle imprese che sono obbligate a riconoscere l'equo compenso. Sono due i diversi limiti che la norma che oggi viene approvata dalla Camera mantiene: da un lato, il limite dimensionale dei dipendenti e del fatturato, che esclude la stragrande maggioranza delle imprese italiane dall'obbligo di riconoscere al libero professionista che presta la prestazione l'equo compenso, e la tipologia di attività che le imprese svolgono. Ci sono le imprese bancarie, e questo è un bene, ci sono le imprese assicuratrici, e questo è un bene, ci sono gli enti pubblici e le società partecipate dagli enti pubblici, anche questo è un bene, ma restano escluse alcune tipologie di imprese che abitualmente operano in modo strutturato con i liberi professionisti, come ad esempio, appunto, le imprese, le società di riscossione. Ancora oggi è stato bocciato il nostro ordine del giorno che chiedeva al Governo di intervenire per ampliare il novero delle imprese, comprendendo anche le società di riscossione all'interno di quelle che sono obbligate a riconoscere l'equo compenso.

C'è, poi, un altro limite molto serio, quello di aver previsto sanzioni disciplinari nei confronti del libero professionista che accetti il compenso non equo. Se la finalità della norma, sacrosanta e giusta, che noi condividiamo, è riconoscere tutela al libero professionista, parte contraente debole rispetto a un soggetto forte e strutturato, non si comprende il motivo, se non per una ragione di tipo ideologico e politico, di sanzionare anche il libero professionista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) che, in base a questa norma, è obbligato a ricorrere al giudice per chiedere il riconoscimento di un compenso equo e, contestualmente, viene sanzionato disciplinarmente dal proprio ordine di appartenenza. È evidentemente una stortura che limiterà il diritto, la facoltà di iniziativa del libero professionista a ricorrere contro il compenso non equo e che scalfisce anche il principio dell'autonomia ordinistica che è chiamata a disciplinare gli illeciti nel proprio codice deontologico.

Inoltre, non è ancora stata predisposta una norma transitoria che intervenga sulle numerosissime convenzioni esistenti, e sono certamente numerose se il Parlamento ha preso atto che c'è un grave problema rispetto al quale occorre intervenire. Quelle convenzioni spesso non hanno una durata né un termine. Quelle convenzioni continueranno a prevedere un compenso non equo a carico di un professionista che subirà un danno.

Noi avevamo proposto una norma transitoria che prevedesse entro un tempo certo - un anno - l'adeguamento delle convenzioni esistenti rispetto ai principi dell'equo compenso. Queste osservazioni non sono solo le nostre, ma sono state avanzate dalle associazioni e dalle istituzioni delle professioni che abbiamo audito in Commissione e che hanno presentato anche documenti scritti. L'OCF, cioè l'Organismo congressuale forense, ha scritto che si trova insoddisfacente l'esclusione della disciplina sull'equo compenso delle prestazioni rese in favore di società veicolo di cartolarizzazione e degli agenti di riscossione, che è esattamente ciò che noi avevamo detto con il nostro emendamento. Oppure, ancora, che è discutibile la previsione di sanzioni disciplinari nel caso di partecipazione del professionista alla redazione di convenzioni, perché tale previsione sanzionatoria non tiene conto della debolezza intrinseca dei professionisti che vengono invitati o indotti a presentare autonomamente condizioni sfavorevoli e, quindi, se ne fanno autori tramite forme di bandi o gare. E ancora, sulla irretroattività della norma, sempre l'OCF dice che sembra più idonea e confacente la precedente formulazione che estendeva l'applicazione della legge anche alle prestazioni già pattuite ma non ancora eseguite.

Così hanno scritto anche altre associazioni forensi - e penso all'Associazione nazionale forense e ad altre - perché erano proposte di buonsenso che abbiamo presentato anche oggi, per il tramite degli ordini del giorno, e che sono state rigettate.

Dunque, non possiamo confermare il nostro voto favorevole se siamo costretti a prendere atto - e prendiamo atto - che non c'è disponibilità del Governo e della maggioranza ad allargare la platea dei liberi professionisti che hanno diritto al riconoscimento dell'equo compenso. Con questa norma si attribuirà un diritto ad alcuni liberi professionisti che operano in Italia…

PRESIDENTE. Concluda.

FEDERICO GIANASSI (PD-IDP). …e se ne escluderanno molti altri. Pensiamo che sia un'occasione persa. Per questo motivo ci asterremo rispetto al provvedimento e per questo continueremo da domani a incalzare la maggioranza e il Governo per estendere il diritto all'equo compenso in favore di tutti i liberi professionisti italiani che meritano tutela dalle istituzioni repubblicane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Maria Carolina Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Intervengo ancora una volta in quest'Aula per parlare di equo compenso. Siamo arrivati finalmente alla tappa finale dell'approvazione di questa proposta di legge, in questa sua ultima versione targata Meloni, con un impegno corale del nostro partito e del deputato Morrone, a riprova del fatto che è un lavoro che arriva in prosecuzione rispetto alla passata legislatura, quando tutta la coalizione di centrodestra, anche se non impegnata sullo stesso fronte di maggioranza e opposizione, decise di cominciare questo percorso.

Lo abbiamo voluto fortemente iniziare, in un lungo percorso di ascolto condotto anche e soprattutto durante quei momenti terribili della pandemia, in cui a restrizioni spesso davvero inaccettabili si sono sovrapposti dei carichi ingiustificati proprio nei confronti di quei lavoratori autonomi che più di altri hanno pagato la mancanza di adeguate tutele e di adeguati ristori. Da quel lungo periodo di ascolto, come dicevo, è derivata la nostra ferma convinzione che fosse necessario tracciare un primo perimetro di tutele; un perimetro di tutele finalizzato a proteggere il professionista - per lo più i più giovani, che sono ovviamente i meno strutturati - dall'inevitabile potere che deriva talvolta dall'essere un cosiddetto committente forte.

Sappiamo benissimo che la platea dei committenti forti non è esaustivamente prevista in questa legge, ma, come dicevo, questo è un perimetro assolutamente ritenuto satisfattivo da parte di tutte le categorie cui è diretta. Non è un caso, infatti, che proprio in occasione di questo ultimo passaggio parlamentare vi sia stata una condivisione unanime: il 100 per cento delle rappresentanze sia istituzionali che associative si sono esposte, ribadendo l'importanza di un voto da parte di quest'Aula nel più breve tempo possibile.

Ecco perché devo ringraziare, oltre naturalmente i firmatari della legge e tutta la coalizione di centrodestra, anche i colleghi della Commissione giustizia, che hanno accettato di esitare il testo in così breve tempo per giungere oggi puntuali a questo appuntamento.

L'equo compenso, così come previsto da questa norma, va a tutela degli avvocati, dei professionisti iscritti a ordini e a collegi e anche a tutela di quelle che chiamiamo “professioni non regolamentate”, di cui alla legge n. 4 del 2013.

È, quindi, un testo che si rivolge a una platea assolutamente ampia, una platea che da troppo tempo aspettava risposte. Infatti, la liberalizzazione di qualche anno fa è diventata ben presto deregolamentazione e rispetto a ciò era necessario fare un intervento correttivo, un intervento che fosse nelle condizioni di dare degli strumenti per esercitare liberamente la propria professione.

Vale appena la pena di ricordare che dietro ogni partita IVA aperta da un lavoratore autonomo iscritto a un ordine o a un collegio, cioè un professionista, c'è un lungo percorso di studi, c'è una famiglia che ha affrontato dei sacrifici per far studiare e formare il proprio figlio, c'è un ragazzo che ha deciso di affrontare questa sfida in solitaria, perché in fondo la professione è questo: da titolari di partita IVA ci si affaccia in un mercato troppo spesso saturo. Noi siamo convinti che questi sacrifici e queste intelligenze vadano adeguatamente tutelati ed è questa la direzione che la legge intraprende (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Peraltro, Presidente, è assolutamente sintomatico che ancora una volta il passaggio parlamentare non faccia registrare alcun voto contrario. Allora, mi ero ripromessa, pensando a questo intervento che verosimilmente sarà l'ultimo in materia di equo compenso in questa legislatura, di non scendere in polemiche o in dibattiti politici, perché è una questione di talmente larghe vedute che davvero credo non ne valga la pena. Infatti, i destinatari e i beneficiari di questa norma sanno perfettamente chi si è speso per loro e chi invece, pur avendo avuto per tanti anni posizioni di Governo in Italia, non lo ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Per questo, Presidente, rivendico con grande orgoglio un impegno che è da parte della maggioranza; una maggioranza che ha avuto nel proprio programma di governo, come è sempre stato, un'attenzione a queste figure professionali.

La nostra non è una scoperta recente. Noi siamo scesi in piazza negli anni a fianco dei professionisti e dei lavoratori autonomi e siamo convinti che questa legge sia soltanto un'ulteriore prova di coerenza, di credibilità e di rispetto degli impegni assunti con il nostro elettorato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Naturalmente, non ignoriamo che ulteriori interventi in senso migliorativo sarebbero stati auspicabili, però siamo anche consapevoli che era necessario porre la parola “fine” a questo dibattito a tratti estenuante, che ha visto un continuo andirivieni di questa proposta di legge tra quest'Aula e quella del Senato, e lo abbiamo fatto con una convinzione. Come è noto, non siamo a ridosso di scadenze elettorali.

Questa legislatura è appena iniziata e, quindi, non abbiamo da guadagnare qualche consenso, ma lo abbiamo fatto perché riteniamo necessario, a questo punto, tirare una linea per poter andare avanti. Sappiamo che sul fronte dei minimi tariffari, sul fronte delle tariffe, la linea di confine si sposta anche in Europa e sappiamo che quello è un tavolo sul quale si giocheranno, nei prossimi anni, partite importanti, ma era necessario, per noi, far sapere, oggi, agli italiani, in un momento in cui il la Nazione si rialza, dopo anni di stop economico, di stop sociale, che, per questa maggioranza che sostiene il Governo Meloni, in Italia, le professioni non possono essere sottopagate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

È, dunque, con grande convinzione di rendere un buon servigio a quanti sapranno che un professionista che viene pagato in maniera equa è un professionista soddisfatto, è un professionista che lavora meglio, perché, mai come in questi settori, alla qualità della prestazione non può corrispondere anche la quantità. E, dunque, è bene che si creino limiti, è bene che si mettano paletti, per consentire anche al cittadino di essere consapevole di avere davanti a sé un professionista che è tutelato e che ha nella legislazione vigente, dopo l'approvazione di questa legge, una certezza: che da parte del sistema fiscale, da parte del sistema sociale, da parte dell'impalcatura di questa Nazione non vi è l'intenzione di sfruttarlo. Ecco perché io ringrazio quanti, senza ipocrisie, senza voler giocare sulle parole, pur non facendo parte della maggioranza che sostiene il Governo, non faranno mancare il voto favorevole a questa proposta di legge, a dimostrazione del fatto che è una proposta di legge, Presidente, al di là del bene e del male: non c'è la necessità di issare un vessillo, ma la necessità era quella di fare, finalmente, presto e bene. Noi siamo convinti di esserci riusciti.

Ecco perché io annuncio l'ultimo voto di quest'Aula, che sarà, naturalmente, da parte del gruppo di Fratelli d'Italia, un voto favorevole alla legge a prima firma di Giorgia Meloni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare il Vice Ministro Sisto, per un ringraziamento. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Brevemente, grazie alle relatrici e ai presidenti di Commissione, all'Aula, per aver dato vivacità e vita all'articolo 36 della Costituzione che è quello che la democrazia ci chiede. Grazie, a nome delle decine di migliaia di professionisti che, da oggi, rientrano nell'alveo della Costituzione da cui erano stati ingiustamente estromessi. C'è voluta pazienza, fatica, in qualche modo, la mediazione si può definire riuscita. Voglio tranquillizzare l'Aula: quello del Governo, per parafrasare positivamente De Gregori, è l'applauso più forte. Grazie (Applausi).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 338-B​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 338-B: "Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali" (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 10) (Applausi).

Seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Gribaudo ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati (Doc. XXII, n. 6-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 6-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati.

Ricordo che, nella seduta dell'11 aprile, si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di inchiesta parlamentare (Vedi l'allegato A).

(Esame dell'articolo 1 - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 11).

(Esame dell'articolo 2 - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

(Esame dell'articolo 3 - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

(Esame dell'articolo 4 - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

(Esame dell'articolo 5 - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

(Esame dell'articolo 6 - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

(Esame dell'articolo 7 - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

(Dichiarazioni di voto finale - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori del Governo, abbiamo evidenziato più volte come fatto decisamente positivo come questa legislatura abbia segnato il ritorno alla fisiologia della politica, il ritorno a una logica ordinata, a un confronto chiaro tra schieramenti definiti, a un dibattito pubblico compiuto, dopo una lunga fase di indefinitezza e alchimie. E fisiologia del confronto significa anche sapere che ci sono terreni nei quali possono divergere le analisi e le ricette, ma esiste una presa d'atto di problemi di grande impatto sociale che non può che essere condivisa.

È il caso del lavoro e delle condizioni di sicurezza nelle quali l'attività dei lavoratori si svolge. I numeri sono infatti impietosi. I dati dell'INAIL parlano di quasi 700.000 infortuni sul lavoro denunciati nel corso del 2022, che le dinamiche legate alla pandemia possono solo in parte spiegare. Si tratta di un fenomeno trasversale, per sesso, per età e per collocazione geografica; soprattutto, si tratta di incidenti che possono portare alla morte, come accaduto ben 1.090 volte durante lo scorso anno, in 790 casi sul posto di lavoro, in 300 casi durante il tragitto per raggiungerlo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE' (ore 17,50)

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Va sottolineato, signor Presidente, che, se negli anni precedenti una parte dei decessi era da ascrivere al contagio da COVID…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Bicchielli. Colleghi, per favore, siamo in dichiarazione di voto, non sono messaggi normali. Prego, onorevole Bicchielli, nel silenzio dell'Aula.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente, per l'attenzione. Se negli anni precedenti una parte dei decessi era da ascrivere al contagio da COVID contratto durante l'attività professionale, ormai la morte sul lavoro a causa del virus è praticamente sparita dalle statistiche. Presidente, colleghi, parliamo di una media di 35 decessi ogni milione di occupati, un numero alto, molto alto, troppo alto. Il fatto che si possa uscire di casa per adempiere al proprio dovere, per sostenere la propria famiglia, e non farvi ritorno, perché proprio sul posto di lavoro si perde la vita, è qualcosa che non possiamo accettare. Come per altri fenomeni, dei quali il Parlamento ha deciso di occuparsi attraverso specifici organismi, la definizione di politiche efficaci per prevenire e contrastare gli incidenti sul lavoro non può che trarre giovamento da un'attività di ricognizione approfondita e puntuale, quale quella che, con spirito unitario, ci accingiamo ad avviare.

In particolare, infatti, la Commissione potrà approfondire il fenomeno per dimensioni, caratteristiche, parametri di riferimento, dati statistici, diffusione, tipologia di settori e lavoratori più colpiti.

Sarà anche uno strumento per individuare le cause principali di infortunio e connetterle ad altri fenomeni, quali lavoro irregolare e sfruttamento, fino al controllo da parte delle organizzazioni criminali.

Il Parlamento potrà, inoltre, approfondire il livello di applicazione delle norme vigenti e la loro efficacia, il funzionamento dei controlli e potrà concentrarsi anche su fenomeni come lo sfruttamento dei minori, anche e soprattutto quelli provenienti dall'estero. In ossequio al principio conoscere per deliberare, disporre di indicatori ampi e organici potrà essere di grande importanza per individuare misure sia legislative che amministrative, efficaci per la prevenzione degli infortuni e per l'assistenza ai lavoratori colpiti da questo tipo di accadimenti e ai familiari di chi, purtroppo, perde la vita.

Signor Presidente, in questo Paese, malato di burocrazia - spesso si dice irrimediabilmente malato - il nostro compito è, invece, quello di trovare il rimedio a questo male. In questo Paese malato di burocrazia spesso le norme di prevenzione si riducono a gride manzoniane, utili per lo più a complicare inutilmente la vita di tanti imprenditori coscienziosi, che hanno a cuore la salute e la sicurezza dei propri collaboratori, e facilmente aggirabili da coloro che invece queste attenzioni non le hanno. Se vogliamo ribaltare l'approccio e guardare alla sostanza, ogni volta che un lavoratore viene strappato alla vita mentre adempie al proprio dovere, dobbiamo capire esattamente cosa accade e perché e dobbiamo dotare il nostro ordinamento di strumenti meno ridondanti ma decisamente più efficaci.

Signor Presidente, meno scartoffie, più prevenzione reale. A questo proposito, colleghi, come Noi Moderati, stiamo predisponendo anche un disegno di legge, che presenteremo a breve, per razionalizzare l'impiego della figura del medico competente, il cosiddetto medico del lavoro, che ancora una volta le farraginosità burocratiche hanno assoggettato al criterio del ribasso d'asta, senza considerazione alcuna per criteri sostanziali legati alla professionalità, e ciò con grande nocumento non solo per l'attività di questi professionisti, ma anche e soprattutto per una reale prevenzione degli infortuni sul lavoro. Mai come in questo ambito, infatti, alla denuncia dell'ampiezza di un fenomeno intollerabile per un Paese civile, bisogna anteporre l'attenzione alla prevenzione, il controllo ex ante, con criteri che siano il più possibile sostanziali e non ridotti a una selva di adempimenti burocratici, spesso inutili, se non addirittura dannosi. È la strada principale, se vogliamo fare in modo che, nella prossima legislatura, possa non esserci più bisogno di una Commissione quale quella che ci accingiamo ad istituire.

Per tutto questo, annuncio il voto favorevole del gruppo Noi Moderati (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mari. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. Voteremo tutti, tutta quest'Aula, l'istituzione di questa Commissione di inchiesta. Non è in assoluto un fatto positivo che ci sia bisogno di una Commissione d'inchiesta in questo Paese sulle condizioni di lavoro e non possiamo nascondere che abbiamo aspettative diverse. Noi di Alleanza Verdi e Sinistra la giudichiamo molto positivamente e uno straordinario passo in avanti. Il motivo sta nel titolo, nel modo in cui viene definita la natura e la missione di questa Commissione. Mi riferisco alla parola “sfruttamento” nel titolo: “Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati”.

È questo nesso, messo nero su bianco, tra sfruttamento del lavoro e sicurezza del lavoro, che ci sta particolarmente a cuore e che determina, secondo noi, un fatto significativo sul terreno dell'analisi della società italiana e della condizione delle lavoratrici e dei lavoratori. Questa Commissione deve servire a gettare uno sguardo lungo sulle condizioni del lavoro. Perché? Perché, Presidente, se a 71 anni sei sull'impalcatura di un cantiere edile, se in un giorno di forte pioggia sei su una bicicletta per portare la cena a casa di qualcuno che sta guardando un film sul divano, se lavori in una fabbrica o in un deposito di logistica, ma con il titolare della produzione di quel bene o di quei servizi non hai alcun rapporto e, invece, sei dipendente di una cooperativa o di un'agenzia interinale che fanno in tutte e due i casi mera intermediazione di manodopera, allora, non c'è evidentemente solo una questione di prevenzione, che pure è rilevante, non solo di formazione, di cui parlerò, ma c'è tutta intera, colleghe e colleghi, la questione della qualità e del rispetto del lavoro. Noi non potremo affrontare tutti i temi - lo sappiamo -, ma su alcuni punti dobbiamo assumerci qualche impegno, anche in questa Aula, nel momento in cui istituiamo questa Commissione. Sicuramente l'oggetto di questa indagine sarà una lettura, a ormai 15 anni, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e una verifica della sua capacità di incidere. Dovremo verificare e quantificare l'esistenza delle differenze che ci sono nel mondo del lavoro, dal punto di vista della sicurezza e delle ricadute di ogni specifica attività lavorativa sul terreno della salute e della sicurezza, ma ci dovremo occupare anche di altro. Ci dovremo occupare, come dicevo, dell'interposizione, della somministrazione di manodopera, del lavoro sommerso e, non da ultimo, del controllo delle imprese da parte delle organizzazioni criminali.

Si tratta di un lavoro significativo che, tra l'altro, credo abbia bisogno di un punto di verifica, di un bilancio, al massimo alla metà della consiliatura, perché, tra l'altro, nel mandato che diamo a questa Commissione c'è la possibilità di istruire interventi legislativi e non dovremmo commettere l'errore di rinviare questo alla prossima legislatura. Se ci sono interventi legislativi che emergeranno come necessari dall'attività della Commissione d'inchiesta, questi interventi dovranno essere fatti nel corso di questa legislatura. Quindi diventa molto importante la verifica in corso d'opera, diventa molto importante il rapporto che questa Commissione d'inchiesta avrà con l'analoga Commissione d'inchiesta partorita dal Senato della Repubblica, che, quindi, dovrà lavorare di pari passo. Saranno necessari momenti di interlocuzione e di affiancamento tra le due Commissioni.

Poi ci sono questioni che riguardano, purtroppo, l'attualità, sulle quali secondo noi non potremo sorvolare, se parliamo di sfruttamento e di sicurezza del lavoro. Forse potremo occuparci anche degli eccessi di burocrazia, io credo che difficilmente abbiano prodotto incidenti o abbiano ucciso qualche lavoratore. Credo che dovremo occuparci della catena dei subappalti. È una questione che abbiamo di fronte, perché è del tutto evidente che allungare all'infinito la catena del subappalto fa venire meno la responsabilità e la capacità di formare le lavoratrici e i lavoratori e rende sempre più labile la capacità di fare prevenzione sui luoghi di lavoro.

Poi c'è l'altra grande questione che riguarda il lavoro degli ispettori e la vigilanza. Se non avessimo, così com'è oggi, la capacità ispettiva del Ministero del Lavoro, non avremmo sicuramente, secondo me, scoperto quello che è accaduto e che è stato scoperto di recente nei cantieri veneziani. È pericoloso per la sicurezza del lavoro preavvisare le aziende in caso di ispezione. Quindi, i protocolli fatti tra il Ministero del Lavoro e gli ispettorati del lavoro, di recente, a nostro avviso, costituiscono un pericolo per l'autonomia degli ispettori del lavoro. Su questo io credo che la Commissione dovrà gettare uno sguardo particolarmente attento, a tutela della capacità ispettiva e di vigilanza nei luoghi di lavoro da parte degli ispettorati.

Detto questo, ovviamente Alleanza Verdi e Sinistra esprime il proprio voto favorevole all'istituzione della Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alessio. Ne ha facoltà.

ANTONIO D'ALESSIO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati: è sembrato necessario questo tipo di provvedimento per indagare sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e sullo sfruttamento dei lavoratori. Purtroppo, le statistiche e i rilievi ci hanno indotto a perseguire questa strada e imboccare la strada della proposta di istituzione di una Commissione d'inchiesta. Quando i dati e le statistiche sono impietosi, il legislatore deve in qualche modo provvedere e sul tema del lavoro non saranno - ce lo auguriamo, è un impegno di tutti - inutili i lavori della Commissione.

Per la verità, ricordiamo che già al Senato, nella scorsa legislatura, c'era stato un lavoro di Commissione d'inchiesta, con una relazione finale. Nella stessa relazione finale del lavoro del Senato era stata evidenziata la necessità di un intervento normativo finalizzato al miglioramento del quadro legislativo esistente, soprattutto al fine di contrastare l'utilizzo di forme di sfruttamento dei lavoratori, di introdurre specifiche responsabilità in caso di sfruttamento dei lavoratori e un inasprimento sanzionatorio, che si è reso necessario, e per l'opportunità/necessità di contrastare le attività lavorative organizzate attraverso violenza o minacce.

Nella stessa relazione finale dei lavori al Senato è stata evidenziata la necessità di ulteriori analisi e interventi. Non è una buona notizia, assolutamente. Vuol dire che una Commissione ha già lavorato e ha evidenziato l'assoluta necessità di andare oltre, di andare avanti con questo tipo di lavoro, soprattutto per approfondire la conoscenza e la dimensione del fenomeno degli infortuni sul lavoro.

Altro elemento importante: individuare le cause. Non c'è soltanto il discorso della dimensione del fenomeno degli infortuni sul lavoro, ma si tratta anche di analizzare quelle che possono essere individuate come le cause che determinano questi numeri e di accertare il livello di applicazione delle attuali norme e l'efficacia della legislazione vigente che, tutto sommato, appare a tratti carente. Poi ci sono da verificare i controlli svolti dagli organi ispettivi - anche di questo si è parlato nelle Commissioni - e bisogna quantificare il costo degli infortuni sul lavoro e l'incidenza sulla finanza pubblica e verificare anche i casi di presenza di minori nei luoghi di lavoro. Occorre poi - questo sarà ovviamente compito della Commissione - individuare le misure per rafforzare la prevenzione nonché valutare la congruità delle provvidenze per le famiglie e per i lavoratori vittime degli infortuni.

È assolutamente necessario che la Commissione lavori in modo efficiente ed efficace, per evitare di vanificare aspettative importanti su questo tema. Ripeto - ce lo dobbiamo dire anche verificando un po' nelle scorse legislature - che la storia delle Commissioni parlamentari, tante volte, non è stata una storia felice, non è stata una storia di Commissioni efficienti che sono arrivate al dunque con una prognosi postuma e non possiamo, alla luce di queste prognosi, valutare positivamente il lavoro delle Commissioni. Però sta a noi, ovviamente. Quindi, è necessario che questa Commissione, su un tema così importante, lavori bene.

La Commissione potrà fornirci uno spaccato per poi intervenire a livello legislativo. Possiamo fare un salto di qualità relativamente allo sfruttamento e alla sicurezza del lavoro. Non mi sembra poco, impegniamoci tutti. Voteremo sì (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tenerini. Ne ha facoltà.

CHIARA TENERINI (FI-PPE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il numero dei lavoratori morti a causa di infortuni sul lavoro in Italia nel 2022 ha superato la quota di 1.000 unità. Più precisamente sono 1.090, secondo rilevazioni dell'INAIL effettuate al 31 dicembre 2022. Nel 2021 il numero dei caduti sul lavoro era stato pari a 1.221 unità. Il dato sembrerebbe evidenziare un lieve miglioramento della situazione: circa 131 morti in meno dello scorso anno. Ma nel conteggio dell'anno 2021 va considerata l'incidenza sui decessi determinata dalla pandemia da COVID-19. Pertanto, purtroppo, il numero delle morti bianche è tornato ad essere allo stesso livello di quello pre-pandemia. Ciò è confermato dall'incremento del numero delle denunce di infortunio, cresciute del 32,9 per cento nei primi 10 mesi del 2022, e dall'aumento degli infortuni in itinere, che sono aumentati del 21 per cento, secondo i dati provvisori diffusi dall'INAIL. Tra i settori più colpiti vi sono la sanità, i trasporti e le attività manifatturiere. Il trend non è quello che ci si aspetterebbe a seguito dell'adozione, negli ultimi anni, di normative più stringenti rispetto all'utilizzo dei presìdi sanitari per parecchie mansioni. Il quadro delle tipologie di infortuni in essere oggi appare piuttosto variegato e soprattutto si vanno affermando nuove tipologie di rischio, mentre coesistono tipologie di rischio vecchie. I miglioramenti tecnologici e normativi hanno ridotto la fatica in alcuni settori del lavoro, anche se hanno aumentato l'intensità nei ritmi e nei tempi del lavoro. Dall'altro lato, permangono in determinati contesti alcuni rischi tradizionali. Si delinea, dunque, un contesto di coesistenza di nuove precarietà e nuove condizioni di rischio, rispetto a situazioni occupazionali più protette e meno esposte ai rischi lavorativi.

Si tratta di rischi più subdoli, meno udibili, poco visibili, poco misurabili, ma ben presenti e che dipendono anche dalla fatica, dall'organizzazione del lavoro, dallo stress legato alla non sicurezza del posto di lavoro o dai ritmi imposti dal regime di produzione.

È necessario, quindi, incrementare e migliorare le azioni volte al contrasto del fenomeno, in particolare seguendo tre direttrici fondamentali: formazione e informazione dei lavoratori e delle imprese, controlli sull'applicazione delle norme, coordinamento fra tutti i soggetti sociali ed istituzioni competenti.

Per queste ragioni anche nelle passate legislature si è ritenuta necessaria l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette morti bianche. Ciò è avvenuto la prima volta nel corso della XIV legislatura, con deliberazione del 23 marzo 2005.

L'istituenda Commissione assumerà la denominazione di Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati.

Si fa presente che analoga Commissione, denominata Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, è stata istituita anche al Senato con delibera del 22 marzo 2023.

La Commissione, come stabilito, avrà il compito di affrontare differenti temi, quali, ad esempio, l'entità dello sfruttamento del lavoro, le dimensioni del fenomeno degli infortuni sul lavoro, l'entità della presenza dei minori, l'incidenza del fenomeno della presenza di imprese controllate direttamente o indirettamente dalla criminalità organizzata, l'utilizzo di nuove tecnologie al fine della prevenzione degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo a quelli che si ripetono con frequenza e con analoghe modalità, la congruità delle provvidenze previste dalla normativa vigente a favore dei lavoratori e dei loro familiari in caso di infortunio sul lavoro, l'idoneità dei controlli da parte degli organi di vigilanza sull'applicazione delle norme antinfortunistiche, la dimensione e la gravità degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo alla tutela delle vittime e delle loro famiglie.

La Commissione di inchiesta sul lavoro procederà alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Il mondo del lavoro sta profondamente cambiando, in gran parte per effetto della crisi economica, ma anche per le trasformazioni indotte dalla globalizzazione e dalle innovazioni tecnologiche, che hanno avuto un impatto drammatico sui sistemi economici e sociali, in particolare sull'occupazione.

Per affrontare le problematiche bisogna conoscere il lavoro ed esaminarlo nella sua complessità. “Fino a che non c'è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà neanche chiamare democratica”. Così affermava Piero Calamandrei, uno dei padri costituenti e noto giurista, in un discorso agli studenti nel 1955.

I padri costituenti hanno voluto fondare la Repubblica italiana sul lavoro. Non a caso, nel testo della Costituzione i termini “lavoro” e “lavoratori” sono quelli più ricorrenti dopo “legge”. Il solo termine “lavoro” è citato ben 19 volte e un terzo dei principi fondamentali della Carta è dedicato alla sua tutela. Lavoro inteso non solo come fonte di reddito, ma come fattore indispensabile per la realizzazione della persona e per la costruzione di unità e coesione sociale. Nel testo costituzionale il termine “lavoro” è legato a doppio filo al concetto di dignità della persona. L'articolo 36 afferma che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

Persino l'articolo 41, baluardo della libertà di impresa, dopo aver sancito che l'iniziativa economica privata è libera, precisa che essa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Un lavoro, per essere dignitoso, non può non essere sicuro. Occorre avere ben chiaro che il tema della sicurezza sul lavoro nel nostro Paese è profondamente legato a quello della sua frammentazione e alla necessità di agire su fronti e ambiti molto diversi, in un contesto in continua evoluzione. Per questo l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta risponde alle necessità di indagare sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.

Nel corso delle scorse legislature ha operato in Senato una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e, più in generale, sulla sicurezza e l'igiene in ambito lavorativo. Questa Commissione, che ha concluso i propri lavori nella XVII legislatura, ha prodotto una relazione molto approfondita, elaborata e propositiva. Il lavoro svolto dalle Commissioni di inchiesta delle precedenti legislature ripropone con urgenza un forte impegno delle istituzioni e delle forze politiche e sociali affinché continuino ad essere affrontate senza indugio le gravi problematiche connesse alle tematiche della sicurezza e dello sfruttamento sul lavoro. Si tratta, pertanto, di raccogliere tali indicazioni e procedere nuovamente alla costituzione della Commissione di inchiesta che affronti, in linea di continuità con le precedenti, le criticità del mondo del lavoro in tema di sicurezza.

Per tali ragioni, signor Presidente, onorevoli colleghi, come Forza Italia esprimiamo parere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carotenuto. Ne ha facoltà.

DARIO CAROTENUTO (M5S). Il lavoratore aveva diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. L'Italia era una Repubblica fondata sul lavoro.

Presidente, colleghi, a furia di non applicare l'articolo 36, anche il primo articolo della nostra Carta è diventato un alibi per giustificare condizioni di lavoro più vicine alla schiavitù e che sono purtroppo la quotidianità nelle tante zone d'ombra del mondo del lavoro che dovranno essere oggetto di inchiesta di questa Commissione, cui auguriamo fin d'ora di raggiungere gli scopi che si prefigge.

Oggi, però, va detto che questi articoli sono inapplicati, e per questo mi sono permesso di enunciarli all'imperfetto. Sono certo che, nell'enunciarli così, tanti colleghi della maggioranza e di Azione-Italia Viva avranno pensato che siamo noi i colpevoli, che è colpevole anche il reddito di cittadinanza magari, condannato per aver consentito alle persone di arrivare alla fine del mese anche senza dover necessariamente lavorare.

Voglio ammetterlo davanti a tutti in quest'Aula, signor Presidente: sì, siamo colpevoli di avere trovato i soldi - perché si diceva che non c'erano, vi ricorderete – e di avere trovato i fondi per aiutare le famiglie italiane in difficoltà a sbarcare il lunario. Siamo colpevoli di aver consentito di condurre una vita dignitosa anche a chi il lavoro non lo trova, e siamo colpevoli di aver consentito ai ragazzi di Napoli, Palermo, Bari e Reggio Calabria di non dover scegliere tra paghe da fame, un lavoro nero e le offerte dei clan.

Ma non c'è stato niente da fare, avete giustiziato il reddito di cittadinanza e la salvaguardia che garantiva di poter vivere un'esistenza dignitosa e scegliere di non sottostare al ricatto di paghe da fame. E quello che certamente otterrete con questa improvvida decisione è diffondere povertà, una maggiore propensione ad accettare lavori sottopagati e senza diritti, un aumento della criminalità piccola e grande e un nuovo esodo di forza lavoro e dei migliori talenti dal Sud Italia e non solo. Perché, colleghi, parliamoci chiaro: senza garanzie, senza i dovuti controlli delle condizioni di lavoro, senza calmierare gli stipendi dei manager e rapportarli entro un rapporto massimale a quello dei loro dipendenti, l'Italia non si fonda più sul lavoro, ma sulle caste e sulla schiavitù da salario.

Il nostro, di fatto, è un sistema che vede una classe politica autoreferenziale, eletta da un numero di cittadini in costante calo, disporre come vuole dei diritti delle classi inferiori, a cui infatti sono stati, mano a mano, lentamente lesi i diritti costituzionali: dicevamo prima della dignità del lavoro, ma ciò vale a partire dall'istruzione per arrivare alla sanità, l'ultima vittima, da fiore all'occhiello a fiore appassito del nostro Paese. Con dei trucchi semantici, dal preside si è passati al dirigente scolastico, dall'unità sanitaria locale all'azienda sanitaria locale e dall'ospedale pubblico all'azienda ospedaliera.

Così facendo, gli obiettivi sono cambiati: non più garantire un servizio eccellente ed uguale in tutto il Paese, ma centrare gli obiettivi di bilancio di ogni singola sede. Ed è così che si arriva a cedere al privato e alla precarizzazione di chi lavora in quegli ambiti, e quindi, in poco tempo, al peggioramento della qualità dei servizi offerti, perfino quelli essenziali.

Abbiamo scoperto di recente che perfino nelle caserme, a causa del lavoro interinale e del subappalto, ci sono lavoratori costretti a non ammalarsi, pena il mancato rinnovo del contratto, e lavoratori pagati 2 o 3 euro l'ora. È questo il modello del liberismo, del capitalismo esasperato, del consumismo che mette le merci prima delle persone e la finanza prima di tutto.

Ciò sta drammaticamente peggiorando la vita di chi le merci le raccoglie e le trasporta, ed è così che arriviamo a tre morti sul lavoro al giorno, una strage. Notizia di stamattina: due morti e due feriti in provincia di Milano.

Ma c'è una buona notizia: quello della sicurezza sul lavoro e dei pochi controlli e ispettori non è un problema solo italiano. Negli ultimi 20 anni, infatti, gli incidenti sul lavoro sono aumentati in tutta l'Unione europea. Per molti analisti il tutto è ascrivibile alla scelta del 2006 della Commissione europea di cancellare il controllo indipendente obbligatorio sui macchinari ad alto rischio con la discussa direttiva sulla better regulation.

Da allora, infatti, le ispezioni sono drasticamente diminuite. Una ricerca ha calcolato che dal 2010 sono passate da 2,2 milioni a 1,7 milioni, con la perdita di oltre mille ispettori. Un calo importante, tanto che più di un terzo dei Paesi europei non soddisfa più lo standard di un ispettore del lavoro ogni 10.000 lavoratori. Infatti, dal 2010, nell'Unione europea si è avuto un calo medio del 18 per cento dei controlli e la media degli ispettori del lavoro è scesa del 7 per cento. Insomma la better regulation non era tanto migliore.

Fortunatamente, dopo quasi un ventennio, la Comunità europea è tornata sui suoi passi: ha deciso di puntare sulla giusta direzione. La direttiva del 2006 oggi è diventata un regolamento che ha implementato un'importante modifica, ripristinando il controllo indipendente su 6 categorie di macchinari tra i più rischiosi, facendo salva la facoltà della Commissione di aggiungerne altri in futuro. Ma non penserete mica che l'Italia non abbia primati negativi. Certo che ce l'abbiamo: quello dei salari, fermi da trent'anni, è da Guinness dei primati. Infatti, il potere d'acquisto della classe media è oramai allo stremo e il numero dei poveri è in costante aumento: in Italia, l'11,7 per cento dei lavoratori risulta essere povero, guadagnando meno di 11.500 euro l'anno. E non è un caso se stiamo promuovendo il salario minimo, che è essenziale, perché il sistema del subappalto non generi stipendi da fame e perché i lavoratori sappiano che, al di sotto di quella soglia, il loro non è lavoro ma schiavitù.

Anche questo è un fenomeno più esteso del nostro Paese, ma, altrove, si parla di settimana corta e di reddito universale, mentre qui tagliamo pure il poco che è rimasto, dimostrando una preoccupante incapacità di leggere il futuro.

Di questi fatti sui nostri organi di informazione si parla assai poco e, invece di concentrarsi sul lavoro nero, che ha un indotto di 77 miliardi, e sull'economia sommersa, che ammonta a 183 miliardi, colleghi, per l'informazione italiana, pubblica e privata, senza distinzione, è più importante occuparsi di poveri e poverissimi, colpevoli di aver sottratto al bilancio dello Stato qualche centinaio di euro al mese di reddito di cittadinanza, in taluni sporadici casi circa l'un per cento del totale, non avendone diritto.

D'altra parte, anche l'informazione è politicizzata, in mano a coloro che sembrano porsi la diffusione della povertà come un obiettivo politico e, grazie appunto all'informazione compiacente e a sindacati non sempre e non tutti all'altezza della situazione, dalla depenalizzazione dei reati dei colletti bianchi, alla frode fiscale fino alla corruzione, quello di creare povertà è un obiettivo che stanno, anzi state, colleghi, centrando.

Queste cause le conosciamo bene ed ecco che oggi questa nostra Repubblica parlamentare, unica ma non più indivisibile, perché Calderoli la sta smontando a pezzi con la vostra complicità, non può dirsi più fondata sul lavoro e allora, colleghi, ben venga almeno questa Commissione d'inchiesta.

Bene hanno fatto i colleghi a riproporla e bene ha fatto la maggioranza ad approvare almeno due dei nostri emendamenti, uno che indirizza l'inchiesta a verificare l'incidenza degli infortuni su una serie di parametri (età, sesso, regione, categoria contrattuale eccetera), il secondo che specifica la vigilanza in materia di lavoro sommerso ed interposizione illecita di manodopera. Avremmo voluto vedere approvati anche gli altri, quello sul lavoro domestico in particolare, perché, essendo quello specifico settore il più caratterizzato da forme di lavoro sommerso, sarebbe stato opportuno approvare quell'emendamento, ma vogliamo guardare con ottimismo al lavoro di questa Commissione.

Quindi, concludendo, annunciando il voto favorevole del gruppo MoVimento 5 Stelle a questo progetto di legge, voglio fare anche due promesse: la prima è che non consentiremo che questa Commissione diventi un alibi dietro il quale coprire provvedimenti che possono perfino peggiorare l'esistente. Certo, non è facile, ma questo Governo e questa maggioranza - abbiamo la certezza - sono capaci di farlo. È una prova il contratto di lavoro occasionale agricolo a tempo determinato, uno strumento che consente al datore di lavoro di pagare al termine di 45 giorni di lavoro, nell'arco di 12 mesi. E' un favore ai caporali: sangue in pasto a Dracula praticamente.

O vogliamo parlare di Piantedosi, che intendeva utilizzare gli ispettori del lavoro nelle grandi stazioni a difesa dei viaggiatori? Come se ne avessimo in abbondanza e, invece, sono solo 5.000 per oltre un milione di aziende con dipendenti, roba da ridere per non piangere.

Per fortuna, è tornato sui suoi passi e proprio questo ci induce all'ottimismo, Presidente. Sull'onda di questo ottimismo arriviamo alla seconda promessa: il MoVimento 5 Stelle si farà promotore di un progetto di legge che nasca sulla base della relazione finale e porti in calce la firma di tutti i suoi commissari, quindi di tutte le forze politiche. Approvandola, daremo la prova che questo Parlamento è ancora capace di restituire dignità all'articolo 1 della nostra Costituzione e di servire i nostri datori di lavoro: i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giagoni. Ne ha facoltà.

DARIO GIAGONI (LEGA). Grazie, signor Presidente. Colleghi e colleghe, signor Sottosegretario Durigon, il mondo del lavoro è profondamente cambiato in gran parte per effetto della crisi economica, ma anche per le trasformazioni indotte dalla globalizzazione e dalle innovazioni tecnologiche che hanno avuto un impatto drammatico sui sistemi economici e sociali, in particolar modo sull'occupazione. È un impatto ancora più deciso, a seguito della pandemia da COVID-19 che, in modo inevitabile, ha impresso un'importante accelerazione sulle modalità in cui il lavoro è sempre stato inteso.

Come tutte le novità, però, esse hanno anche portato ad avere nuove forme di sfruttamento che, per certi versi, forse, non sono ancora conosciute e/o riconosciute.

Questo è un concetto fondamentale che non dobbiamo assolutamente sottovalutare. Per affrontarne le problematiche bisogna, infatti, avere una conoscenza profonda del lavoro ed avere anche la capacità di esaminarlo nella sua complessità. Per questo l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta risponde alla necessità di indagare sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, consapevoli che la realtà occupazionale nella nostra Nazione è profondamente cambiata e necessita di una riflessione differente rispetto al passato.

Nel corso delle passate legislature parlamentari la strada dell'istituzione di Commissione d'inchiesta è già stata percorsa, talvolta producendo una documentazione di rilievo che, però, non può rimanere lettera morta, ma deve essere tradotta in concrete azioni, volte a migliorare la condizione di lavoro dei dipendenti, senza mai dimenticare che i primi a dover essere sostenuti nella formazione e nella creazione di un ambiente di lavoro sicuro sono proprio gli imprenditori stessi. Ritengo, infatti, che l'attività di questa Commissione, se ispirata ad uno spirito bipartisan di servizio per la comunità, al di fuori di ogni tentativo demagogico - purtroppo, negli interventi precedenti, ho sentito dire che questo tentativo demagogico c'è stato -, possa essere una grande occasione per operare una seconda importante rivoluzione normativa e culturale che renda i diritti dei lavoratori e la loro sicurezza più effettivi e sempre meno formali ed onerosi per le imprese.

La Commissione d'inchiesta di cui oggi discutiamo deve essere in grado di mettersi nei panni di tutti gli attori protagonisti, scindendo finalmente il binomio che, per troppi anni, ha accompagnato questo genere di riflessione: imprenditore incosciente.

Se è vero come è vero che vi sono datori di lavoro che agiscono in malafede e sfruttano coloro i quali si ritrovano alle proprie dipendenze, come nel caso del caporalato, è altrettanto vero che vi sono imprenditori onesti, in totale buonafede, che talvolta agiscono in maniera errata, perché impossibilitati a districarsi in un ginepraio di norme, spesso contraddittorie tra loro.

I numeri degli infortuni sul lavoro rimangono ad oggi inaccettabile. In un Paese civile come il nostro questo vuol dire che evidentemente gli sforzi fatti sino ad oggi per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno non sono stati ancora sufficienti.

Le associazioni datoriali, la rilevante dottrina esperta in diritto del lavoro, nonché le stesse organizzazioni sindacali hanno spesso stigmatizzato le difficoltà applicative della legislazione sulla sicurezza sul lavoro alla micro e piccola impresa, in quanto questa normativa è innanzitutto pensata in Italia per le grandi e medie imprese, nelle quali le problematiche logistiche, organizzative, la dialettica sindacale, datoriale, nonché le risorse economiche ed umane da mettere in campo sono di differente scala. Ma le micro e piccole imprese in Italia rappresentano numericamente oltre il 90 per cento dell'intero sistema produttivo nazionale.

Ci sembra di poter affermare che sia arrivato il momento di riunire le idee e le energie delle parti sociali per colmare questo vuoto, nell'interesse dei lavoratori e dello stesso sistema economico produttivo italiano.

Dobbiamo lavorare alacremente se vogliamo evitare che, alla fine dell'annualità in corso, vi sia un nuovo bollettino di morti bianche da aggiornare, concentrandoci su tre differenti direttrici, parallele, ma non unilaterali: formazione e informazione dei lavoratori e delle imprese, un reale coordinamento fra tutti i soggetti sociali e istituzionali coinvolti e intensificazione dei controlli sull'applicazione delle norme che comunque dovranno essere riviste e, per molti versi, riordinate.

Ciò senza mai dimenticare che talvolta gli stessi lavoratori assumono comportamenti non corretti e non rispettosi dell'attuale normativa in vigore e che, pertanto, necessitano di maggiore formazione e, soprattutto, di maggiore consapevolezza circa l'importanza di operare in totale sicurezza, anche nei momenti in cui il controllo ad opera del datore di lavoro stesso sia meno serrato. Il lavoro è e deve essere un'occasione di crescita personale e sociale, nella quale il cittadino si realizza e mai dovrebbe essere causa di lesione dell'integrità psicofisica dell'individuo. Di lavoro si deve crescere, di lavoro non si deve morire (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Per concludere, mi piace ricordare che lo sfruttamento del mondo del lavoro, come già accennato in precedenza, cambia; insicurezza e sfruttamento sembrano essere due costanti insopprimibili. La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia deve intervenire sullo sfruttamento e sulla poca sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, affinché questa tendenza possa cambiare, affinché questo deleterio dualismo possa essere finalmente spezzato. Si tratta di un lavoro che dobbiamo portare avanti con coscienza e competenza e che può essere suddiviso in due differenti periodi temporali o in due differenti operazioni che possono anche andare di pari passo, ossia, lo studio dei fenomeni vecchi e nuovi, l'analisi dei dati che verranno raccolti e la predisposizione di strumenti legislativi prodotti con consapevolezza e un confronto costante con tutte le parti sociali in grado di porci nella condizione di superare determinate criticità. A differenza di quanto accaduto in altre circostanze, la Commissione questa volta verrà istituita all'inizio della legislatura e avrà tutto il tempo a sua disposizione per predisporre relazioni, analizzare i numeri a sua disposizione, interfacciarsi con tutti i soggetti coinvolti, ma soprattutto per mettere in campo soluzioni concrete che seguiranno, poi, il debito iter, nella speranza, ovviamente, che tale iter possa essere inserito come prioritario in sede di programmazione dei lavori parlamentari e non solo.

Per questi motivi e con questi obiettivi, che ci prefiggiamo, la Lega ha deciso di votare “sì” all'istituzione della Commissione che deve avere il compito di migliorare e garantire la sicurezza e la crescita dei lavoratori e non quello di formare politici per un ruolo da sceriffo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gribaudo. Ne ha facoltà.

CHIARA GRIBAUDO (PD-IDP). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, ancora oggi piangiamo altri morti sul lavoro, due operai, Dario Beria e Angelo Zanin, di 69 e 51 anni, che sono deceduti questa mattina a Noverasco di Opera, a causa del cedimento di una piattaforma aerea usata durante lavori di potatura. Alle loro famiglie arrivi il cordoglio nostro e di tutta l'Aula (Applausi). Un terzo operaio venticinquenne è rimasto ferito in modo grave.

Il 3 maggio saranno passati due anni da quando Luana D'Orazio, giovane operaia pistoiese, fu risucchiata nell'ingranaggio dell'orditoio a cui era addetta in una fabbrica tessile di Montemurlo, aveva 22 anni ed era madre del piccolo Alessio. Il 4 ottobre, invece, sarà passato un anno da quando Sebastian Galassi, rider fiorentino di ventisei anni, morì in un incidente stradale durante il lavoro di consegna. La settimana scorsa, in Brianza, Giuseppe Danieli, operaio di 71 anni, è morto dopo un giorno di agonia per le conseguenze di una caduta di 14 metri; era in pensione, ma lavorava ancora e già solo questa frase dovrebbe porci un milione di quesiti sociali inevasi. Citare i loro nomi non è un esercizio retorico, non è una Antologia di Spoon River da giornata, è un dolore, è un dovere di memoria ed è un atto politico.

I dati 2022 sugli infortuni e sulle morti sul lavoro restituiscono una strage, un bollettino di guerra che interroga tutta la classe dirigente del nostro Paese: quasi 700.000 feriti, 1.090 morti, 60.774 malattie professionali. I morti under 40 sono aumentati di quasi un terzo; quelli con meno di 20 anni sono più che raddoppiati. Per questo è così importante dire nomi e cognomi; non parliamo di freddi numeri, ma di persone, donne e uomini, anziani e giovani, parliamo del loro dolore e della sofferenza delle famiglie a cui è stata strappata una persona cara, lì, dove tutto questo non dovrebbe mai succedere, nei luoghi di lavoro, lì, dove dovremmo costruire la nostra dimensione collettiva e non incontrare morte e dolore. Per questo sono personalmente, ma siamo, a nome del Partito Democratico, soddisfatti che anche la Camera dei deputati si doti in questa legislatura di una Commissione di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Voglio innanzitutto ringraziare tutti i colleghi e le colleghe che hanno sottoscritto questa proposta di inchiesta e, in modo particolare, i colleghi e le colleghe della Commissione lavoro tutti, con cui abbiamo lavorato per una rapida approvazione. Il Parlamento si deve dotare dei migliori strumenti conoscitivi e ispettivi per analizzare e contrastare le storture gravi del mercato del lavoro del nostro Paese e per disegnare insieme nuove policy efficaci a contrastare le piaghe dello sfruttamento, del caporalato, degli infortuni e delle morti sul lavoro. Parlo di policy e non di nuove norme non a caso; l'Italia, con le recenti riforme al testo unico sulla sicurezza, può vantare un corpo normativo all'avanguardia, conforme alle regolamentazioni europee e internazionali. Tuttavia, dopo 10 anni in Parlamento, in cui sono sempre stata sensibile e attenta a questi temi, possiamo dire in piena coscienza che scrivere una buona legge o riformare puntualmente le norme non sempre è sufficiente ad aggredire il problema alla radice, come invece spesso immaginiamo al momento dell'approvazione. È giusto riconoscere i passi in avanti fatti negli ultimi 15 anni, che hanno consentito un seppur troppo lento miglioramento delle statistiche, ma non certo il cambiamento radicale, culturale e profondo che ci auguravamo. Le statistiche sugli infortuni e le morti sul lavoro sono ancora troppo legate ai cicli economici, come ci dimostrano i dati degli ultimi anni. Per questo serve questa Commissione, che oggi istituiamo, perché innanzitutto sarà un eccellente stimolo per gli enti pubblici e privati per la raccolta, l'elaborazione e la pubblicazione di dati aperti e trasparenti, che possano fornirci un quadro di insieme approfondito e, allo stesso tempo, sui fenomeni che stiamo investigando. Mi auguro, però, che il suo lavoro non sia limitato ad audire esperti o soggetti coinvolti per redigere la relazione annuale prevista dalla legge, ma che anzi la Commissione possa analizzare le cause profonde di questi fenomeni, organizzare iniziative di sensibilizzazione, raccogliere e promuovere le migliori pratiche in giro per il Paese, ma anche assicurare l'indipendenza, l'efficacia e la disponibilità di mezzi adeguati all'Ispettorato nazionale del lavoro, nostro alleato nel contrasto al lavoro sommerso e all'illegalità che produce danni, a volte anche irreparabili, alle vite delle persone e alle nostre comunità.

Citavo prima i dati 2022: a metà anno, insieme alla relazione annuale del presidente dell'INAIL, uscirà anche un'analisi consolidata dell'andamento di infortuni e malattie professionali nel quinquennio 2018-2022, da cui sicuramente il lavoro della nuova Commissione di inchiesta potrà partire. Il dato che più ci ferisce certamente è quello delle 1.090 morti sul lavoro dello scorso anno, un dato terribile, se pensiamo che quasi 3 nostri connazionali sono morti ogni giorno nello scorso anno mentre svolgevano un'attività che la nostra Costituzione riconosce come elemento fondante della nostra Repubblica, che dovrebbe dare dignità e opportunità a ciascun cittadino di contribuire, ciascuno secondo le proprie possibilità, al progresso materiale e spirituale della nostra società. Dobbiamo combattere il fenomeno degli infortuni sul lavoro consci che non sarà un fenomeno che potremo estirpare rapidamente o che si esaurirà da solo, nonostante le nuove tecnologie possano emancipare l'uomo dai lavori più faticosi e maggiormente rischiosi o possano aiutare a prevenire gli incidenti più gravi. La battaglia per me è innanzitutto culturale, perché necessita che un nuovo paradigma del lavoro si diffonda nella nostra società. Nonostante gli sforzi per aumentare la consapevolezza dei rischi e costruire una nuova cultura del lavoro, spesso le buone pratiche di sicurezza, l'assicurazione contro gli infortuni e i corsi di formazione sono ancora visti come meri fattori di costo. Non possiamo più permettercelo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! La Commissione dovrà avere anche il compito di riflettere e verificare l'impatto delle nuove forme di organizzazione del lavoro, penso chiaramente allo smart working o al fenomeno delle grandi dimissioni che ha colpito anche il nostro Paese a seguito della pandemia e che ha riguardato soprattutto i giovani.

Si tratta di temi certamente legati alla salute fisica e mentale dei lavoratori e delle lavoratrici e ai nuovi diritti, a partire da quello della disconnessione. Ma penso anche alla proliferazione dei cosiddetti contratti atipici e pirata, come quelli dei cosiddetti lavoratori delle piattaforme digitali, e agli effetti che questi possono produrre sull'andamento del fenomeno degli infortuni e della tutela della salute dei lavoratori.

Insomma, immagino una Commissione che possa affrontare le condizioni degli attori più deboli del nostro mercato del lavoro con mezzi e metodi innovativi, parole d'ordine nuove che parlino anche all'esterno delle nostre Aule. Questa Commissione potrà essere un terreno su cui maggioranza e opposizione si confronteranno, in maniera laica, sugli effetti della reintroduzione dei subappalti e dei voucher, che sono, come sapete bene, due strumenti osteggiati dal Partito Democratico, perché il loro superamento era stato voluto sulla base di dati e studi che denunciavano l'abuso a scapito dei diritti dei lavoratori. Siamo convinti che occorra quantomeno regolare i subappalti e superare con nuovi criteri la logica del massimo ribasso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché lavorare in qualsiasi condizioni per generare maggiori profitti rischia, appunto, di essere non più accettabile, anzi non è più accettabile anche quando ci sono molti fondi da spendere, come sarà nei prossimi anni grazie al PNRR. La velocità di spesa non può essere a scapito della qualità e della sicurezza sul lavoro! Su questo anche i sindacati chiedono un impegno netto, e noi con loro.

Per noi del PD ha un grande valore l'approvazione ad ampia maggioranza di uno strumento così importante. Se veramente ci interessa una ripresa anche del nostro comparto agroalimentare non continuiamo ad alimentare una guerra tra poveri: combattiamo il caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori stranieri in agricoltura da parte delle imprese che fanno concorrenza sleale alle tante realtà che, invece, operano nel pieno rispetto delle regole e che offrono ai lavoratori contratti adeguati. Mettiamo chi oggi è sfruttato nei campi nella condizione di poter denunciare i propri caporali, di essere protetto e aiutato dopo aver scelto di intraprendere la strada giusta e coraggiosa della legalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Presidente, vorrei concludere con queste parole: “Ci sono ancora troppi morti, mutilati e feriti nei luoghi di lavoro! Ogni morte sul lavoro è una sconfitta per l'intera società (…). Si tratta di formarsi ad avere a cuore la vita dei dipendenti e di educarsi a prendere sul serio le normative di sicurezza: solo una saggia alleanza può prevenire quegli incidenti che sono tragedie per le famiglie e le comunità”. Sono le parole di Papa Francesco, pronunciate il 19 dicembre scorso durante l'udienza con la CGIL, e penso che possano rappresentare il pensiero di tutti noi, onorevoli colleghe e colleghi, nella decisione di votare a favore dell'istituzione della Commissione d'inchiesta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Morgante. Ne ha facoltà.

MADDALENA MORGANTE (FDI). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la sicurezza sui luoghi di lavoro è da sempre un tema di grande centralità nel nostro Paese. Sappiamo bene che il lavoro è la base fondante della nostra Carta costituzionale. L'articolo 1 della nostra Costituzione recita, infatti, che “l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” e l'articolo 4 ci ricorda che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Il tema del lavoro è da sempre un tema centrale per Fratelli d'Italia. Lavoro come dignità, lavoro come diritto fondamentale, lavoro anche nella sua funzione etica e sociale. Ma anche la salute e la sicurezza sono bisogni primari della persona e sono strettamente connesse al lavoro. Per questo la loro tutela attraverso il rapporto di lavoro costituisce un contenuto primario per l'esigibilità dei diritti del lavoratore.

Pertanto, signor Presidente, siamo convinti che sia necessario trovare soluzioni in grado di ridurre il numero di infortuni e di vittime, purtroppo ancora oggi molto alto. Ma con altrettanta franchezza, signor Presidente, devo anche constatare che la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, dopo 10 anni di egemonia di sinistra, viene istituita da una maggioranza di centrodestra, in questo ramo del Parlamento.

Le denunce di infortuni sul lavoro presentate all'INAIL nel 2022 sono state 697.773, in aumento del 25 per cento rispetto al 2021. L'analisi territoriale evidenzia un incremento delle denunce di infortunio in tutte le aree della Nazione, più consistente nel Sud, seguito dalle isole, Nord-Ovest, poi Centro e Nord-Est. Tra le regioni con i maggiori aumenti percentuali si segnalano principalmente la Campania, la Liguria e il Lazio. Le denunce di infortuni sul lavoro con esito mortale presentate all'Istituto nel 2022 sono state 1.090, 131 in meno rispetto al 2021. Le denunce di malattia professionale, invece, protocollate da INAIL nel 2022 sono state 60.774, in aumento del 9,9 per cento rispetto al 2021.

La proposta in esame tratta molte tematiche complesse e solo apparentemente slegate tra loro, in quanto gli incidenti sul lavoro sono spesso correlati alla legalità o, meglio, signor Presidente, all'illegalità del lavoro. Troppo spesso ci si occupa delle cosiddette morti bianche solo in occasione degli eventi di cronaca più eclatanti, dimenticando che, ogni giorno, decine di lavoratori vengono coinvolte in incidenti sul lavoro. Responsabilità della politica è, quindi, occuparsi del tema con continuità, ma anche con programmazione su tutto il territorio nazionale, con riferimento a tutti i comparti, consapevoli che gli infortuni pesano in modo rilevante dal punto di vista economico e gravano sul sistema sanitario, ma anche su quello previdenziale, su quello assicurativo, su quello amministrativo, ma anche su quello giudiziario. La sicurezza è da considerarsi, pertanto, un investimento in positivo e non meramente un costo e questo passaggio necessita, signor Presidente, davvero di un cambio culturale molto importante.

Le cause alla base degli infortuni sul lavoro sono molteplici e tra le più rilevanti vi sono la scarsa prevenzione, la disattenzione, la superficialità, spesso legata alla scarsa informazione e alla formazione anche dei lavoratori e, in particolare, all'illegalità, perché gli infortuni purtroppo aumentano proprio laddove ci sono meno controlli e, comunque, in realtà dove prolifera il lavoro nero oppure il lavoro sommerso. Sino ad oggi è stato utilizzato l'approccio repressivo, ma questo non basta: vanno sviluppate e incentivate tutte le politiche di carattere preventivo, formazioni in primis, non solo nel mondo datoriale, ma anche nel mondo dei lavoratori e, per fare questo, c'è davvero bisogno di un cambio culturale.

Sul tema della consapevolezza e della cultura della sicurezza, pur riconoscendo che l'Italia è dotata di un quadro normativo certamente avanzato, potrebbe essere opportuno riflettere sulla realizzazione di una campagna mediatica, che metta al centro del suo messaggio l'importanza della prevenzione. Bisogna riconoscere, valorizzare, incentivare gli sforzi di tutte quelle aziende virtuose che operano nel rispetto delle regole e che investono anche in sicurezza. Occorre migliorare, certamente, l'informazione: è indispensabile avere un sistema informatico moderno e aggiornato, conoscere non solo gli infortuni indennizzati dall'INAIL, ma anche i rischi a cui lavoratori sono esposti, comprendendo anche quelli in condizioni di fragilità, rapporti di lavoro variegati, instabili, orari e turni, che vanno ad aggiungersi ai normali rischi lavorativi.

Occorre far dialogare tutti i dati disponibili, banche dati dell'INAIL, del Ministero della Salute, dell'Istat, dell'ARPA e dell'Agea, anche di tutte le regioni e l'Ispettorato nazionale del lavoro. Occorre, però, soprattutto, responsabilizzare i lavoratori tramite la formazione, strumento culturale di prevenzione, perché coinvolgere e responsabilizzare lo stesso lavoratore rispetto ai pericoli è fondamentale. La sua consapevolezza e la sua preparazione sono la prima, vera fonte di neutralizzazione del rischio. Deve trattarsi, però, di una formazione di qualità. Il tema della formazione merita anche di essere svolto e considerato in relazione al rapporto del mondo della scuola e nell'ambito dei programmi scolastici. Sul punto, colgo l'occasione per ringraziare il collega di Fratelli d'Italia, l'onorevole Rizzetto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), primo firmatario di una proposta di legge che prevede l'insegnamento nelle scuole della cultura della sicurezza del lavoro nelle scuole secondarie.

Va potenziata la vigilanza, laddove vi sia il sospetto di coinvolgimento di lavori invisibili, in nero o, comunque, rapporti non regolari e in tale direzione si colloca proprio il Piano nazionale per l'emersione del lavoro sommerso, approvato in tempi record dal Governo Meloni a dicembre. La sfida sarà, soprattutto, quella di migliorare i benefici dell'operare nella legalità rispetto ai costi connessi all'utilizzo del lavoro irregolare, rendendosi a tal fine necessario un mix di procedure, di prevenzione, ma anche di promozione del lavoro regolare, accanto ad una ridefinizione delle misure di deterrenza. È sempre necessario, quindi, ricercare il giusto equilibrio tra le esigenze delle aziende, ma anche la tutela circolare dei diritti dei lavoratori.

Ciò significa dare dignità e valore a chi lavora, garantendo rispetto degli orari di riposo, formazione e professionalità, senza però dimenticare che la centralità del lavoratore è sul fronte non solo dei diritti, ma anche dei doveri, intesi soprattutto come attenzione e responsabilizzazione, fattori che sono necessari per fronteggiare, ma anche per prevenire, in maniera adeguata, il rischio di infortuni gravi. Dall'altra parte, le imprese devono avvertire la presenza di uno Stato che le supporti costantemente e le aiuti, perché la sicurezza deve essere un patrimonio collettivo. Oggi più che mai dobbiamo investire tutti, ma proprio tutti: le istituzioni ad ogni livello, le organizzazioni sociali di rappresentanza, i corpi intermedi e la stessa società civile. Con serietà, competenza e responsabilità, siamo pronti a condividere e a lavorare su temi che riteniamo strategici per la nostra Nazione senza alcun approccio ideologico, a differenza di quanto spesso e volentieri ci viene contestato. Con tale spirito annuncio il voto favorevole del gruppo di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - Doc. XXII, n. 6-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 6-A: "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati".

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 18) (Applausi).

Sui lavori dell'Assemblea e riarticolazione dei lavori dell'Assemblea per il periodo 13-21 aprile 2023.

PRESIDENTE. Colleghi, si fa sera, siamo giunti alle ore 19. Mi pare, e non penso di essere smentito, che vi sia un'intesa fra i Gruppi nel senso di rinviare il seguito dell'esame delle mozioni in materia di istituti di ricovero e cura e l'esame della Relazione della Giunta per le Autorizzazioni concernente il procedimento penale nei confronti del senatore Alessandro Morelli alla seduta di domani, giovedì 13 aprile, fermo restando che, secondo le medesime intese, il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative in materia di dimensionamento scolastico, nel quadro di interventi per la valorizzazione e il potenziamento del sistema di istruzione, è rinviato alla seduta di martedì 18 aprile, nella quale sarà collocato dopo il seguito dell'esame del disegno di legge S. 564, di conversione del decreto-legge in materia di PNRR.

Avverto altresì che le votazioni per l'elezione dei componenti i Consigli di Presidenza della giustizia amministrativa, della Corte dei conti e della giustizia tributaria, già previste dal vigente calendario dei lavori per la seduta di domani, giovedì 13 aprile, sono rinviate a giovedì 20 aprile, quale primo argomento all'ordine del giorno.

Avverto inoltre che, tenuto conto dell'andamento dei lavori presso l'altro ramo del Parlamento, la discussione generale in Assemblea del disegno di legge S. 564, di conversione del decreto-legge in materia di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (scadenza: 25 aprile 2023) non sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di lunedì 17 aprile.

L'esame di tale decreto-legge (ove trasmesso dal Senato) avrà pertanto luogo a partire dalla seduta di martedì 18 aprile, con inizio della discussione generale alle ore 10 e con votazioni non prima delle ore 14 ed eventuale prosecuzione notturna e nelle giornate successive.

Conseguentemente, nella giornata di martedì 18 aprile, lo svolgimento di interpellanze e interrogazioni non avrà luogo.

Avverto infine che, con lettera del 6 aprile scorso, il Presidente della Commissione agricoltura ha rappresentato l'esigenza - su cui ha convenuto all'unanimità l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione - che l'esame della proposta di legge n. 389, recante “Disposizioni per la disciplina, la promozione e la valorizzazione dell'attività del settore florovivaistico”, previsto dal vigente calendario dei lavori a partire dal 21 aprile, sia posticipato ad altro calendario.

A seguito delle intese intercorse tra i gruppi, l'esame del provvedimento non sarà pertanto iscritto all'ordine del giorno delle sedute della settimana 21-28 aprile.

Conseguentemente, l'articolazione dei lavori dell'Assemblea per il periodo 13-21 aprile è così rimodulata:

Giovedì 13 aprile (ore 9,30-13,30 e 15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 e nella giornata di venerdì 14 aprile )

Seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative in materia di riconoscimento di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico specializzati nelle patologie ambientali.

Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Alessandro Morelli.

Venerdì 14 aprile (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Lunedì 17 aprile (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali delle mozioni concernenti iniziative volte a contrastare il fenomeno della siccità.

Discussione sulle linee generali delle mozioni concernenti iniziative in materia energetica nel quadro del raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica, con particolare riferimento all'energia nucleare.

Martedì 18 ( ore 10 e pomeridiana , con votazioni non prima delle ore 14 , e con prosecuzione notturna), mercoledì 19 aprile (ore 9,30-13,30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Esame del disegno di legge S. 564 – Conversione in legge del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 25 aprile 2023).

Seguito dell'esame delle mozioni concernenti iniziative in materia di dimensionamento scolastico, nel quadro di interventi per la valorizzazione e il potenziamento del sistema di istruzione.

Seguito dell'esame delle mozioni concernenti iniziative volte a contrastare il fenomeno della siccità.

Seguito dell'esame delle mozioni concernenti iniziative in materia energetica nel quadro del raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica, con particolare riferimento all'energia nucleare.

Mercoledì 19 aprile (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Giovedì 20 aprile (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 e nella giornata di venerdì 21 aprile )

Votazioni per l'elezione di due componenti il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, di due componenti il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti e di due componenti il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria (necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Camera).

Eventuale seguito degli argomenti previsti nelle giornate di martedì 18 e mercoledì 19 aprile e non conclusi.

Venerdì 21 aprile ( antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 536 e abbinate – Modifiche al codice penale, alla legge 29 maggio 2017, n. 71, e al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori (deliberata l'urgenza).

Discussione sulle linee generali delle proposte di legge nn. 384, 446 e 459 – Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'operato del Governo e sulle misure da esso adottate per prevenire e affrontare l'emergenza epidemiologica del COVID-19.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 622 – Disposizioni concernenti la definizione di un programma diagnostico per l'individuazione del diabete di tipo 1 e della celiachia nella popolazione pediatrica.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Tutto ciò premesso, visto che l'ora volge già al disio, ci predisponiamo per gli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Comba. Ne ha facoltà, per 2 minuti.

FABRIZIO COMBA (FDI). Signor Presidente, colleghe, colleghi, non avrei voluto rubare altro tempo alla seduta appena conclusa, ma mi corre l'obbligo, per il rispetto e l'amore che provo per il mio Paese, di riportare a lei, signor Presidente, all'attenzione mediatica nazionale e ai colleghi, fatti incresciosi che ci riempiono di vergogna e ci inquietano oltremodo.

Ci risiamo, siamo in quel di Torino, il quartiere di zona Barriera di Milano che continua ad essere terra di nessuno, prateria incontrastata delle scorribande che infrangono la legge, di chi non ha rispetto delle prescrizioni, di chi violenta costantemente il codice penale italiano. Bande di spacciatori, teppisti, delinquenti abituali, che aggrediscono invece chi prova a far rispettare la legge. Ancora una volta coinvolti dei poliziotti, ma in modo passivo, ancora una volta dei poliziotti che devono subire. Questa volta i due malcapitati qualche sera fa sono stati vittime di aggressione e violenza cieca da parte di una trentina di energumeni solo perché avevano chiesto - è questa la loro colpa - l'identificazione degli stessi. I sindacati di Polizia non sanno più come fronteggiare questa condizione, che è diventata financo penosa e, oserei dire, disarmante. Noi, come istituzioni, abbiamo il dovere di intervenire quanto prima per ridare tutela, certezza e diritto a quei lavoratori che producono una cosa molto importante, che si chiama sicurezza. Interventi legislativi adeguati e opportuni non possono più essere elusi. È ora di farsi carico, cari colleghi, di un'emergenza che va a salvaguardare quello che è il sentimento più diffuso, quello che noi sentiamo di più, che è la sicurezza di tutti i cittadini. Soprattutto - chiedo scusa - oggi mi preme ricordare che ricorre il 171° anno di fondazione della Polizia di Stato, quindi un ringraziamento particolare alla Polizia di Stato, a tutte le Forze di Polizia e alle Forze armate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Orrico. Ne ha facoltà.

ANNA LAURA ORRICO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, volevo portare nuovamente a conoscenza di quest'Aula come in Calabria si continui a morire per le carenze del sistema sanitario. Negli scorsi giorni, a ridosso di Pasqua, di fronte alla sede dell'ASP della città di Cosenza si è svolta una manifestazione animata da comitati di base, collettivi, liberi cittadini scesi per le strade. Un'altra c'era stata la settimana prima a Corigliano-Rossano. L'urlo di protesta della gente di Calabria denunciava la perdita di un ragazzo di 29 anni, si chiamava Eugenio Bisogni Plastina. È morto per un ascesso a un dente in attesa di un'ambulanza, sballottato da un ospedale all'altro. Una tragedia, l'ennesima. Non si può morire così, in questa desolazione. E vedere i genitori di Eugenio che, con dignità e fermezza, nelle piazze, a Cosenza come a Corigliano-Rossano, fra la gente, chiedevano giustizia per il figlio e maggiore tutela per i calabresi è stata una scena da scuotere le coscienze. Della vicenda giudiziaria si occuperanno i giudici, ma della piaga sociale e delle soluzioni politiche per rendere la sanità pubblica in Calabria accettabile dobbiamo essere noi a parlarne e ad agire. Purtroppo, oltre ad Eugenio, proprio in queste settimane sono diversi altri i casi di giovani, anziani, fragili, a cui il sistema sanitario calabrese non ha saputo rispondere e che se ne sono andati senza dignità. Cosa dice di tutto questo il presidente della regione, Occhiuto, attuale commissario alla sanità calabrese? È ancora dell'idea che la riorganizzazione da lui proposta e portata avanti, ma soprattutto decantata a favore di telecamere, sia efficace? I medici cubani - a proposito, dove sono finiti gli altri che dovevano arrivare? - l'Azienda Zero, l'ultima trovata, delle denunce sui disservizi su una piattaforma online sono delle risposte sufficienti? Queste morti, queste tragedie raccontano ben altro. Chiediamo verità per Eugenio e per le altre vittime di questo sistema. Chiediamo sanità efficiente e pubblica per i calabresi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bruzzone. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BRUZZONE (LEGA). Grazie, Presidente. Intervengo solo pochi minuti. In realtà, avrei voluto evitarlo, perché dobbiamo parlare, purtroppo, di una morte annunciata. Dico annunciata perché il problema lo si conosceva da lungo tempo: Andrea Papi, 26 anni, non c'è più, perché sul suo percorso, sul suo sentiero c'era un orso di troppo. Con questo intervento non mi interessa sollevare un conflitto fra i diritti degli animali piuttosto che i diritti dell'uomo. Mi interessa però dire che l'uomo ha comunque diritto di difendersi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). L'uomo ha diritto di fruire dell'ambiente naturale, anche tramite le attività outdoor. L'uomo ha diritto di tutelare le proprie attività economiche, turistiche, gli allevamenti, l'agricoltura e anche la propria incolumità. Probabilmente l'uomo ha sbagliato qualche anno fa, anche in Trentino, sostenendo un progetto europeo di ripopolamento di animali, gli orsi, che poi sfuggono di mano, numericamente, magari perché le leggi italiane impediscono di intervenire e di controllarli. Forse, era meglio evitarlo. Forse in Trentino - consentitemi di dirlo - si stava meglio quando gli orsi non c'erano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Si stava meglio, Presidente, nel nostro Paese, quando i lupi non erano presenti in modo così esagerato; stavano meglio gli allevatori, gli agricoltori e, visti gli incidenti che sono in forte aumento, stavano meglio anche quelli che usano passeggiare in campagna con il proprio cane. È accaduto ieri in Toscana: l'ennesima aggressione al cane, quindi all'uomo e quindi alla mano della signora. Sono ormai centinaia i casi di questo tipo. Speriamo non si arrivi al peggio e a dover fare altri interventi su un altro tipo di morte annunciata. Si stava meglio in questo Paese quando l'estremismo animalista da salotto non si occupava della vita rurale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), degli uomini della ruralità, ancora oggi gli unici capaci di tutelare concretamente la biodiversità nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Furgiuele. Ne ha facoltà.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Grazie, Presidente. Intervengo per condividere con l'Aula una notizia: fra poche ore sulla costa tirrenica calabrese, nel porto di Vibo Valentia, sbarcheranno oltre 500 migranti. Ha sentito bene: non 500 turisti di una nave da crociera, così come magari avrebbe bisogno il territorio, ma 500 migranti, ad ulteriore testimonianza della crisi migratoria e del fatto che, probabilmente, siamo agli albori di grandissimi esodi, a giudicare dalle previsioni, quelle più accreditate, che stimano in oltre 100.000 unità, uomini e donne, ai confini del Nord Africa e pronti a venire in Italia. Ben venga la dichiarazione di stato di emergenza: ringraziamo i Ministri Piantedosi e Musumeci, i quali hanno immediatamente posto in essere un provvedimento per cui ci sono anche le risorse, ma questo - ne converrà - non basta. Non basta, perché i sindaci di prossimità di questa emergenza da soli non ce la fanno. Probabilmente, c'è qualcuno in Europa che sottovaluta come questo fenomeno stia cambiando, come stia sempre di più attanagliando la Sicilia, la Calabria, sia la costa ionica sia quella tirrenica. È necessario, signor Presidente, che si richiamino le istituzioni europee come stiamo facendo dall'inizio dell'insediamento di questo nuovo Governo. È necessario perché, signor Presidente, probabilmente qualcuno in Europa ancora pensa che, anche questa volta, potrà bastare il grande cuore dei calabresi, come tutto il mondo ha potuto vedere durante la tragedia di Cutro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mari. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. Una buona notizia: il Parlamento europeo ha deciso di intervenire sulla correttezza degli annunci delle offerte di lavoro. L'Unione europea ha infatti stabilito con una direttiva che lo stipendio offerto dovrà essere comunicato obbligatoriamente nell'annuncio o al massimo durante il primo colloquio.

Le nuove indicazioni derivanti da questa direttiva dovranno essere adottate dai Paesi membri entro tre anni. La direttiva dice, tra l'altro: stop al segreto retributivo. Alle aziende verrà imposto di segnalare la retribuzione prevista per una specifica posizione negli annunci di lavoro o, al più tardi, in sede di primo colloquio. Il datore di lavoro non potrà più chiedere informazioni sulle retribuzioni dei candidati in lavori precedenti, in modo da evitare così che la storia salariale condizioni l'offerta di lavoro e la relativa retribuzione.

Secondo quanto prevede la direttiva, gli Stati membri dovranno mettere in atto sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, come ad esempio le multe, per tutti quei datori di lavoro che violino queste norme. I lavoratori e le lavoratrici avranno diritto a un risarcimento se le aziende non dovessero rispettare le misure sulla trasparenza e sulla parità salariale.

La direttiva ha ricevuto un sostegno molto ampio, è stata votata da almeno 400 eurodeputati, ma bisogna dire che alcune forze politiche nel Parlamento europeo non hanno sostenuto questa decisione, tra queste alcune forze della destra presenti in quest'Aula…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

FRANCESCO MARI (AVS). Noi, come Alleanza Verdi e Sinistra, proporremo a brevissimo una norma che recepisce ben prima dei tre anni questa che, invece, è una regola di civiltà, una legge, una norma progressista, moderna e, non da ultimo, femminista, perché è utile a ridurre una piaga del nostro Paese che è il divario salariale di genere (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 13 aprile 2023 - Ore 9,30:

1. Seguito della discussione delle mozioni Molinari, Foti, Barelli, Lupi ed altri n. 1-00045, Quartini ed altri n. 1-00104, Furfaro ed altri n. 1-00105, Zanella ed altri n. 1-00109 e Bonetti ed altri n. 1-00110 concernenti iniziative in materia di riconoscimento di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico specializzati nelle patologie ambientali .

2. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Alessandro Morelli (deputato all'epoca dei fatti). (Doc. IV-quater, n. 1)

Relatore: PITTALIS.

La seduta termina alle 19,15.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 2 le deputate Bisa e Matone hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 17 la deputata Malavasi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale DL 1060 - QUEST. PREG. NN. 1,2,3 269 255 14 128 96 159 46 Resp.
2 Nominale DL 1067 - QUEST. PREG. NN. 1 E 2 280 280 0 141 101 179 45 Resp.
3 Nominale PDL 338-B - ARTICOLO 7 254 254 0 128 254 0 56 Appr.
4 Nominale ODG 9/338-B/1 285 284 1 143 120 164 52 Resp.
5 Nominale ODG 9/338-B/2 290 289 1 145 120 169 52 Resp.
6 Nominale ODG 9/338-B/3 290 289 1 145 124 165 51 Resp.
7 Nominale ODG 9/338-B/4 296 294 2 148 126 168 51 Resp.
8 Nominale ODG 9/338-B/5 296 244 52 123 76 168 51 Resp.
9 Nominale ODG 9/338-B/6 293 289 4 145 123 166 51 Resp.
10 Nominale PDL 338-B - VOTO FINALE 302 243 59 122 243 0 47 Appr.
11 Nominale DOC. XXII, N. 6-A - ARTICOLO 1 301 301 0 151 301 0 47 Appr.
12 Nominale ARTICOLO 2 298 298 0 150 298 0 47 Appr.
13 Nominale ARTICOLO 3 303 303 0 152 303 0 47 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 18)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale ARTICOLO 4 291 290 1 146 290 0 47 Appr.
15 Nominale ARTICOLO 5 304 304 0 153 304 0 47 Appr.
16 Nominale ARTICOLO 6 303 303 0 152 303 0 47 Appr.
17 Nominale ARTICOLO 7 303 303 0 152 303 0 47 Appr.
18 Nominale DOC. XXII, N. 6-A - VOTO FINALE 262 262 0 132 262 0 48 Appr.