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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 76 di lunedì 27 marzo 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 12,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CHIARA COLOSIMO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 24 marzo 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 60, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina (A.C. 939-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 939-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 939-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Riccardo De Corato.

RICCARDO DE CORATO , Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge n. 939-A, di conversione del decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina. Il disegno di legge di conversione è stato assegnato in sede referente alla Commissione affari costituzionali, che ne ha avviato l'esame l'8 marzo 2023, concludendolo, con l'approvazione di alcune modifiche, il 23 marzo scorso.

Il decreto-legge, a seguito delle modifiche approvate dalla Commissione, consta di 8 articoli, rispetto agli originari 6, ed è volto a prorogare le misure connesse alle attività di assistenza e accoglienza delle persone provenienti dall'Ucraina richiedenti protezione temporanea, a prorogare la durata dei permessi di soggiorno, a intervenire sulle misure di assistenza per i minori non accompagnati provenienti dall'Ucraina e a potenziare temporaneamente gli organici della Commissione nazionale per il diritto di asilo.

Le misure oggetto di proroga si inquadrano nell'ambito delle attività finalizzate ad assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale in conseguenza della grave crisi internazionale in atto. Tali misure sono state introdotte con ordinanze di Protezione civile e decreti-legge conseguenti alla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, adottata dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2022 fino al 31 dicembre scorso, la cui durata è stata prorogata, dapprima con la legge di bilancio 2023, fino al 3 marzo 2023, e, da ultimo, fino al 31 dicembre prossimo, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2023, in conseguenza del perdurare della crisi internazionale.

In premessa, è utile richiamare che le misure di cui si tratta sono state disposte, in particolare, ai sensi dell'articolo 31 del decreto-legge n. 21 del 2022 e ulteriormente rafforzate e rimodulate a opera dei successivi decreti-legge nn. 50 e 115 del 2022, in conseguenza degli sviluppi della crisi bellica.

Più in dettaglio, l'articolo 1 del decreto-legge in conversione autorizza fino al 31 dicembre 2023 la prosecuzione di alcune specifiche attività nell'ambito delle misure assistenziali previste dal decreto legislativo n. 85 del 2003 in favore delle persone richiedenti o già beneficiarie della protezione temporanea. Rammento che, nel diritto dell'Unione europea, in base alla direttiva 2001/55/CE, recepita nel nostro ordinamento dal richiamato decreto legislativo n. 85 del 2003, la protezione temporanea è procedura di carattere eccezionale, che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nel loro Paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate. L'obiettivo è alleviare la pressione sui sistemi nazionali di asilo e consentire agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l'Unione europea. Tra questi diritti rientrano: il soggiorno, l'accesso al mercato del lavoro e agli alloggi, l'assistenza medica e l'accesso all'istruzione per minori. Tale procedura di carattere eccezionale non era stata mai utilizzata fino allo scorso 4 marzo 2022, quando il Consiglio giustizia affari interni dell'Unione europea ha approvato, su proposta della Commissione europea, la decisione di esecuzione UE 2022/382, che accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall'Ucraina, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001 e che ha come effetto l'introduzione di una protezione temporanea. Il Consiglio ha stabilito che la protezione temporanea si attiva retroattivamente, a far data dal 24 febbraio 2022 e fino al 4 marzo 2023, termine poi esteso di un ulteriore anno, fino al 4 marzo 2024. Per quanto riguarda il nostro ordinamento, faccio presente che, in attuazione della decisione adottata dall'Unione europea, è stata emanato il DPCM 28 marzo 2022, che ha delimitato le categorie di persone alle quali si applica la protezione temporanea.

Tornando ai contenuti dell'articolo 1 del decreto-legge in conversione, evidenzio in particolare che il comma 1 prevede di proseguire, nel limite massimo di 7.000 unità e di ulteriori 49,6 milioni di euro, le attività di accoglienza diffusa attivate attraverso comuni, enti ed associazioni del terzo settore, già disposte in attuazione del decreto-legge n. 21 del 2022, nel numero massimo di 22.000 unità. Al contempo, si prevede la possibilità di attivare tali forme di accoglienza non solo secondo le modalità previste già dal citato decreto-legge n. 21 del 2022, ma anche mediante convenzioni, con validità territoriale, sottoscritte dai commissari delegati per il coordinamento territoriale delle attività di soccorso (nominati nella persona dei presidenti di regione) con gli enti del Terzo settore (o gli altri soggetti già previsti dalla legge) e anche con soggetti privati finora non previsti. Il comma 1 prevede, inoltre, al punto b), di proseguire, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente, l'elargizione del contributo di sostentamento concesso ai sensi del decreto-legge n. 21 del 2022, nel limite massimo di 80.000 unità, per coloro che hanno già provveduto ad autonoma sistemazione per la durata massima di 90 giorni dall'ingresso in Italia; e al punto c), di assegnare anche per l'anno 2023, nel limite di 40 milioni di euro, il contributo una tantum finalizzato al rafforzamento, in via temporanea, dei servizi sociali e destinato ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea, già previsto per l'anno 2022 con pari finanziamento. Il riparto del contributo avviene secondo le modalità previste dall'ordinanza del capo dipartimento della Protezione civile n. 927 del 3 ottobre 2022, previo aggiornamento del censimento della popolazione residente ivi previsto, che dovrà essere effettuato entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. Il termine è stato rimodulato in sede referente rispetto ai 30 giorni previsti nel testo originario del decreto. All'esito dell'aggiornamento del censimento, il Ministero dell'Interno provvede a trasferire le relative risorse in favore dei comuni beneficiari. Per tale motivo le risorse stanziate sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo stato di previsione del Ministero dell'Interno.

Il comma 2 dell'articolo 1 autorizza il Dipartimento della protezione civile a disporre con ordinanze, ai sensi dell'articolo 25 del codice di Protezione civile (ossia ordinanze di Protezione civile autorizzate, sulla base della deliberazione dello stato di emergenza, a derogare alla normativa vigente), la rimodulazione delle misure previste ai commi 1 e 6 sulla base delle effettive esigenze, potendo individuare il numero dei soggetti coinvolti purché nel limite delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Il comma 3 stabilisce che, per l'attuazione delle misure di cui al comma 1, si provvede a valere sulle risorse del Fondo per le emergenze nazionali, di cui all'articolo 44 del codice della Protezione civile, nel limite complessivo di 89,6 milioni di euro per l'anno 2023.

I commi 4 e 5 sono volti ad assicurare le risorse necessarie per garantire l'accoglienza dei profughi dall'Ucraina nei centri governativi e territoriali destinati ai migranti. In particolare, il comma 4 dispone un incremento di circa 137,8 milioni di euro per l'anno 2023 delle risorse iscritte nel bilancio dello Stato (stato di previsione del Ministero dell'Interno) per il finanziamento dei centri governativi di accoglienza ordinari e straordinari, di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015, destinati ad assicurare l'accoglienza in tali centri dei profughi ucraini fino al 31 dicembre 2023. Parallelamente, il comma 5 incrementa di 52.295.898 per il 2023 il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo per garantire la prosecuzione dell'accoglienza dei profughi provenienti dall'Ucraina anche nelle strutture territoriali della rete SAI (sistema di accoglienza e integrazione). Il comma 6 dispone la prosecuzione della garanzia di accesso all'assistenza sanitaria sul territorio nazionale per i richiedenti e titolari della protezione temporanea a condizioni di parità con i cittadini italiani, misura già prevista dai precedenti decreti, che avevano disposto a tal fine un contributo alle regioni per complessivi 120.000 posti. Infine, il comma 7 reca la copertura finanziaria per gli oneri derivanti dai commi 4 e 5, rinviando alle disposizioni finanziarie di cui all'articolo 5 del decreto.

L'articolo 1-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, proroga fino al 31 dicembre 2023 lo stato di emergenza per l'intervento all'estero in conseguenza degli accadimenti in atto in Ucraina, al fine di garantire la prosecuzione delle attività di soccorso e assistenza della popolazione ucraina svolte all'estero dal Servizio nazionale nell'ambito del Meccanismo unionale di protezione civile. La proroga in esame consente di allineare temporalmente la durata dello stato di emergenza per attività all'estero con quella dello stato di emergenza, ed è volta ad assicurare soccorso ed assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale; stato di emergenza che, da ultimo, è stato prorogato al 31 dicembre 2023 con deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 febbraio scorso in conseguenza del perdurare della crisi internazionale.

L'articolo 2 proroga al 31 dicembre 2023 i permessi di soggiorno in scadenza il 4 marzo 2023 rilasciati ai profughi provenienti dall'Ucraina, in conseguenza al riconoscimento agli stessi da parte dell'Unione europea della protezione temporanea. La disposizione specifica che tali permessi di soggiorno perderanno efficacia e saranno revocati anche prima della scadenza del 31 dicembre 2023, se l'Unione Europea adotterà un provvedimento di cessazione della protezione temporanea.

L'articolo 2-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, dispone la proroga dal 4 marzo 2023 al 31 dicembre 2023 delle deroghe previste dalla normativa vigente sul riconoscimento delle qualifiche professionali del personale medico e sanitario ucraino. Tali deroghe consentono l'esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario da parte dei professionisti cittadini ucraini. La finalità della norma, che viene prorogata al 31 dicembre 2023, è quella di agevolare l'ingresso in Italia dei cittadini ucraini in fuga a causa della situazione bellica e disporre per essi l'autorizzazione all'esercizio temporaneo di una professione sanitaria o della professione di operatore socio-sanitario. Poiché in Ucraina non è prevista l'iscrizione all'albo professionale, la norma in esame si è resa necessaria al fine della verifica dell'effettiva qualifica professionale ad opera delle strutture interessate. I predetti professionisti devono essere, comunque muniti del passaporto europeo delle qualifiche per rifugiati.

L'articolo 3 interviene in materia di misure di assistenza per i minori non accompagnati provenienti dall'Ucraina. Più nel dettaglio, il comma 1, lettera a) riconosce ai comuni che accolgono minori stranieri non accompagnati provenienti dall'Ucraina una somma pari a 100 euro pro capite al giorno, non più a titolo di rimborso.

In considerazione del fatto che il Capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno è stato nominato Commissario delegato, la lettera b) prevede che, per l'espletamento delle relative procedure, il Commissario delegato non si avvalga più di una struttura di supporto da definire con ordinanza del capo Dipartimento per la protezione civile, bensì delle strutture del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno.

L'articolo 4 consente alla Commissione nazionale per il diritto di asilo di avvalersi, nel 2023 ed entro il limite di spesa di 150.000 euro, di non oltre 10 prestatori di lavoro con contratto a tempo determinato.

L'articolo 5 reca disposizioni finanziarie, e, in particolare, il comma 1 incrementa di 61.530.597 euro il Fondo per le emergenze nazionali. In relazione alle riduzioni disposte con l'Allegato 1, il comma 3, al fine di garantire ai Ministeri la necessaria flessibilità, prevede che, nel rispetto dell'invarianza sui saldi di finanza pubblica, con decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per profili finanziari, possono essere disposte variazioni compensative in ciascuno stato di previsione della spesa.

Infine, il comma 4 autorizza il Ministro dell'Economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio ai fini dell'attuazione delle disposizioni recate dal decreto-legge in esame. L'articolo 6 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il decreto-legge è, dunque, vigente dal 3 marzo 2023.

PRESIDENTE. Prendo atto che la rappresentante del Governo non intende intervenire.

Saluto gli allievi e i docenti dell'Istituto comprensivo Largo Oriani di Roma. Si tratta della scuola Francesco Crispi: con noi ci sono i ragazzi della V E (Applausi). Noi discutiamo di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina; oggi vi è la discussione generale e domani si passerà ai voti.

È iscritta a parlare la deputata Grippo. Ne ha facoltà, onorevole.

VALENTINA GRIPPO (A-IV-RE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, come abbiamo già avuto modo di dire in quest'Aula, il gruppo di Azione-Italia Viva sostiene convintamente l'azione e la posizione dell'attuale Governo - e del Governo precedente - per ciò che concerne la crisi in Ucraina, e questo sia quando si è trattato di prorogare l'autorizzazione a destinare mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative ucraine, sia, a maggior ragione, oggi che ci troviamo a prorogare le disposizioni che il Governo Draghi, prima del Governo attuale, ha preso per proteggere le persone che provengono dall'Ucraina.

Come ci è stato illustrato, nel marzo 2022 l'Unione europea ha attivato questo meccanismo, che è abbastanza unico nel suo genere - cercherò anche di illustrarne alcuni tecnicismi - e che non era mai stato attivato in precedenza. Questo ci restituisce anche la fotografia della gravità e dell'unicità di quanto sta avvenendo, ormai da più di un anno, in Ucraina e che, ahimè, solo parzialmente riusciamo a supportare come vorremmo. Si tratta di una forma eccezionale di protezione, che garantisce immediata tutela a favore delle persone sfollate dall'Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022, a seguito dell'invasione da parte delle forze armate russe. Ribadisco, è bene ricordare anche a chi cerca di normalizzare - ahimè, peraltro nell'opinione pubblica, come in tutte le tragedie, ci si assuefà a tutto - la gravità di quello che continua ad accadere in Ucraina. Quindi, ricordiamoci sempre che anche questa procedura non era mai stata adottata in precedenza e lo è stata solo a seguito del richiamo che l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati ha fatto, invitando tutti i Paesi a consentire ai civili un accesso indiscriminato ai propri territori, quindi a chiunque sia in fuga dalla guerra, come avviene con questo atto. E ciò al di là delle normative nazionali, ma in rispetto dei generali principi di non respingimento che sappiamo essere alla base della civile convivenza dei Paesi europei, intesi in senso geografico, e non solo di aderenti all'Unione europea. Prima di allora, la Convenzione sullo status dei rifugiati, firmata a Ginevra nel 1951, aveva previsto il divieto di espulsione del rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà fossero minacciate a motivo della sua cittadinanza (come in questo caso). Vi è anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che ribadisce tale principio. Lo dico per ricordare che si tratta di un atto non discrezionale. Non abbiamo, noi, essendo aderenti all'Unione europea, la facoltà di non accogliere queste persone, non riconoscendo loro tutti i diritti di cui esse sono titolari. La misura fu recepita dal Governo Draghi - è stato detto - il 28 marzo 2022, e a quel recepimento sono seguiti - è importante richiamarlo, anche al fine di darvi continuità - un Piano nazionale e tutta una serie di atti governativi che hanno determinato la governance di tutti i processi che dipendevano da quel decreto.

Parliamo di un tema estremamente importante, di un dramma nel dramma che riguarda moltissime persone. Attualmente, sono 4 milioni le persone che provengono dall'Ucraina e che beneficiano, in Europa, del meccanismo di protezione temporanea; sono quasi 174.000 in Italia, secondo i numeri che ci sono stati consegnati, al 17 febbraio 2023. Anzi, voglio essere precisa, sono 173.684. Voglio essere precisa proprio perché parliamo non di numeri - oggi sono qui alcuni ragazzi, con la loro scuola -, ma di persone, e questo numero rappresenta ogni singola persona che ha dovuto abbandonare la propria casa, che ha visto distrutta la propria casa, che ha visto massacrata la propria città, che ha visto morire i propri cari, che ha dovuto lasciare il proprio lavoro, le proprie tutele, la propria scuola (chi studiava), le proprie tutele sanitarie.

Con questo atto, di fatto, vengono concessi, per il tempo in cui l'Unione europea dà questa indicazione, tutta una serie di diritti che sono sì temporanei, ma hanno una limitazione solo nel tempo, perché, dal punto di vista della profondità della normativa, dovrebbero equiparare in tutto e per tutto la persona che viene accolta al cittadino italiano. Si ha un titolo di soggiorno che consente di soggiornare regolarmente all'interno del territorio dello Stato, si ha il diritto di esercitare qualsiasi attività di lavoro, subordinato o autonomo, il diritto di partecipare ad attività nell'ambito dell'istruzione o professionali, per gli adulti o, per i più giovani, di essere integrati e inseriti a scuola, il diritto a essere adeguatamente alloggiati e di ricevere, se necessario, i mezzi per ottenere un'abitazione, nonché l'aiuto necessario in termini di assistenza sociale, assistenza sanitaria, cure mediche e di accedere a tutti i percorsi - già l'ho accennato - relativi al sistema educativo e di tutela dei minori.

Questo in linea di principio è stato affermato ed è nel nostro ordinamento; in questo anno, è stato complesso declinare in tutti gli aspetti operativi questo diritto. Oggi, il meccanismo è abbastanza oliato e consolidato su vari aspetti; ci sono ancora criticità, ad esempio, rispetto alle ASL, anche se, dal punto di vista del diritto, con il permesso di soggiorno per protezione temporanea è garantita l'assistenza sanitaria in Italia con le stesse tutele garantite ai cittadini italiani.

Basterebbe recarsi in una ASL per avere l'assegnazione del medico di medicina generale e di un pediatra a scelta e ricevere, poi, tutte le prestazioni conseguenti. Questo meccanismo, in alcune aree del Paese, ha funzionato molto bene, in altre aree non ha funzionato con lo stesso automatismo. Anche se il codice STP per stranieri viene rilasciato da parte delle strutture abilitate, non sempre, poi, si è così efficaci, ma questo è frutto della disomogeneità del Servizio sanitario nazionale.

Come dicevo, chi viene accolto usufruisce in tutto e per tutto dei servizi sulla carta, come se fosse un cittadino italiano. Abbiamo già detto in quest'Aula, per esempio parlando di sanità pubblica e di scuola pubblica, come i servizi siano disomogenei e, ahimè, sono disomogenei per tutti, anche per chi è accolto da noi; quindi, abbiamo visto procedure difformi e non ugualmente efficienti nelle diverse ASL e nelle diverse strutture sanitarie del Paese.

Allo stesso modo, si può svolgere un lavoro subordinato, stagionale e autonomo e, anche qui, dal precedente Governo sono state definite procedure per l'attivazione di questi iter da parte dei centri per l'impiego.

Se in questa discussione posso sollecitare il Governo su un aspetto, vorrei dire che alcune criticità già insite nelle procedure di accompagnamento e reinserimento nel mondo del lavoro dei cittadini italiani eseguite dai centri per l'impiego, ahimè, in virtù di questo decreto, sono emerse anche per le persone accolte, soprattutto, per la parte che riguarda la mappatura delle competenze, la ricostruzione delle abilità e la possibilità di inserire in un percorso formativo le persone che scappano dall'Ucraina e vengono accolte da noi.

Questo decreto - lo ripeto - non può che vederci d'accordo. Tutto ciò che viene fatto per supportare il popolo ucraino in questa tragica guerra è da noi visto con il massimo sostegno, tuttavia, sempre per stare ad alcune criticità ed ambiti di miglioramento di questa norma, ci sono alcuni aspetti che possono essere migliorati.

Noi, come gruppo, abbiamo presentato un emendamento in Commissione affari costituzionali, a firma dell'onorevole Gadda e degli onorevoli Giachetti e Bonetti, che proroga al 31 dicembre 2023 la deroga al riconoscimento del titolo di studio conseguito all'estero, per consentire ai cittadini ucraini di continuare ad esercitare la professione medica e sanitaria nel nostro Paese. È evidente che questo aspetto risponde ad una duplice esigenza: da un parte, la carenza cronica di personale del nostro sistema sanitario, dall'altra, la necessità di rendere più fluido il processo, di cui stavo parlando, di integrazione nel sistema professionale, formativo e lavorativo delle persone da noi accolte in fuga dall'Ucraina.

Inoltre, sono emerse alcune criticità con riferimento alla platea di coloro che possono essere destinatari dell'intervento di accoglienza secondo questa norma. Di fatto, la norma italiana è, in qualche modo, più restrittiva di quella europea sotto alcuni aspetti. Non prevede l'applicazione della protezione temporanea ad una serie di casi, che non sono, però, così esigui, come, ad esempio, il caso dei cittadini di Stato terzo che soggiornavano in Ucraina in modo regolare, in forma di un permesso di soggiorno, però, non permanente. Ebbene, queste persone, ove fossero in fuga - e ce ne sono state molte -, non avrebbero diritto al permesso; così come non lo hanno i cittadini di Stato terzo apolidi che soggiornavano irregolarmente in Ucraina e che, quindi, oggi non vedrebbero riconosciuto nessuno dei possibili strumenti di accoglienza che abbiamo, che, evidentemente, non sono solo quelli della norma che andiamo oggi a votare, ma sono le normali procedure di chi richiede asilo o accoglienza perché le condizioni nel proprio Paese d'origine non sono tali da consentire di restarvi. Inoltre, non è consentito utilizzare questa norma per i richiedenti protezione internazionale in Ucraina o per persone fuggite dall'Ucraina poco tempo prima del 24 febbraio del 2022, quando già, nel Paese, si apprendeva quello che stava accadendo e, quindi, molti avevano già deciso di scappare o di mettersi in sicurezza.

La mancata inclusione di questi soggetti che ho illustrato - ho fatto solo alcuni esempi - si traduce, di fatto, in una forma di protezione selettiva, che lascia privo di tutela un numero rilevante di persone. Per questo invitiamo il Governo a valutare, anche con provvedimenti successivi, delle modalità per non escludere questi soggetti o, comunque, a trovare il modo di accoglierli e dare loro le tutele a cui hanno diritto.

Concludo con una riflessione, Presidente e colleghi. Sono sicura che la discussione di oggi vedrà tutti concordi, anche se con qualche distinguo o correttivo, come ho fatto io, per migliorare la norma, che, ripeto, stiamo utilizzando per la prima volta e che vede anche sul campo alcune criticità di attuazione.

Non posso immaginare che in quest'Aula ci sia qualcuno che non ritenga di dover accogliere chi scappa dalla guerra in Ucraina. Però, voglio dire una cosa, a costo di sembrare inopportuna. È evidente che vi è un macrotema, come si dice, un elefante nella stanza, che non si può eludere: non possiamo parlare di accogliere le persone che fuggono dalla guerra in Ucraina senza parlare di nuovo della guerra in Ucraina, di cui abbiamo già parlato in quest'Aula più volte, ma che vede anche posizioni diverse, con riferimento alle quali è importante chiarire quale sia la propria.

Noi l'abbiamo detto, l'abbiamo ribadito. Abbiamo anche detto, pur nel nostro ruolo di opposizione, che il Governo ha il pieno supporto del gruppo di Azione-Italia Viva per tutto ciò che riguarda il sostegno anche militare all'Ucraina, affinché possa difendersi dall'aggressione russa, ma non possiamo parlare di accoglienza senza ricordarci che esiste un tema accoglienza perché esiste un tema guerra. Non possiamo, oggi, fare una discussione edulcorata, dicendo che dobbiamo accogliere tutti coloro che scappano da una guerra - ci mancherebbe altro -, senza ricordarci e ribadire che il principale modo per stare vicino al popolo ucraino oggi è, certo, accoglierlo, ma, prima ancora, aiutarlo a difendersi.

A più di un anno dall'inizio della guerra, l'Ucraina ha avuto 600 miliardi di danni, è un Paese completamente distrutto. Abbiamo numeri che sono diversi, perché non sono certi, ma si parla di 20.000 civili morti, moltissimi bambini, milioni di rifugiati, decine di migliaia di morti anche militari - perché, poi, i numeri dei militari rispetto a quelli dei civili sono esponenzialmente più alti -, abbiamo assistito a massacri ignobili, alla distruzione di infrastrutture, alla devastazione di città e di villaggi. Questo è avvenuto perché la Federazione Russa ha invaso l'Ucraina, in spregio di ogni principio di diritto umano ed internazionale.

Quindi, oggi, bene continuare la politica dei diritti umani, di accoglienza dei profughi impostata, prima, dal Governo Draghi e portata avanti dal Governo Meloni, ma, contemporaneamente, non abbassiamo la tensione e l'attenzione pubblica sulla necessità di non lasciare solo un popolo che combatte per difendere il suo territorio, i suoi cittadini e, con essi, i loro e i nostri fondamenti democratici.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Marrocco. Ne ha facoltà.

PATRIZIA MARROCCO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, nella notte tra il 23 e il 24 febbraio 2022, gli echi delle sirene di allarme antiaereo suonate a Kiev hanno risvegliato generazioni europee che non avevano mai conosciuto la guerra, figlie di una pace rafforzata pochi decenni fa dal crollo del muro di Berlino e dalla sconfitta storica del comunismo. Eravamo convinti, forse, illusi, che l'Europa fosse immune alla guerra, che quest'ultima fosse soltanto un argomento da studiare sui libri di storia o in grado di interessare altri continenti. Invece, l'invasione russa dell'Ucraina, perché di questo, colleghi, si è trattato, ci ha risvegliato da questo sogno. Era oltre un anno fa, ormai il 21 febbraio 2022, quando il Presidente Putin annunciò il riconoscimento dell'indipendenza dall'Ucraina delle due regioni pro-russe secessioniste del Donbass, dopo il referendum considerato una farsa dalle Nazioni occidentali. Tre giorni più tardi, la Russia annunciò l'avvio dell'invasione con un discorso di Putin alla Nazione, nel quale il leader parlò della necessità di demilitarizzare e denazificare l'Ucraina. Subito dopo, le prime esplosioni colpirono Kiev, da quel momento, la guerra di aggressione della Russia ha continuato a seminare morte e distruzione in Ucraina.

Non possiamo fare finta che questo attacco imponente non ci riguardi, perché oltre al dolore e alla sofferenza dei cittadini ucraini ha anche causato gravi conseguenze economiche in Europa, come l'inflazione, la scarsità di materie prime e la crisi energetica. Così, a causa dell'invasione russa, dopo la crisi economica di dieci anni fa e una pandemia globale, ecco un'altra crisi: quella energetica. La nuova realtà geopolitica e del mercato dell'energia ha imposto all'Unione europea di accelerare drasticamente la transizione verso l'energia pulita e di aumentare l'indipendenza energetica dell'Europa da fornitori inaffidabili e da combustibili fossili volatili. La stessa Commissione europea ha reagito, da un lato, attivando tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e militare al popolo ucraino, dall'altro, introducendo misure necessarie a tutelare gli Stati membri mediante, tra le altre misure, il REPowerEU per rendere l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030. Tale Piano stabilisce una serie di misure per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi e accelerare la transizione verde, aumentando, nel contempo, la resilienza del sistema energetico dell'Unione europea, aggiungendo un nuovo capitolo ai Piani nazionali di ripresa e di resilienza.

Siamo consapevoli del fatto che per ripristinare lo stato di pace di cui abbiamo potuto beneficiare finora, è necessario mantenere saldo l'ancoraggio nel campo atlantico, rifiutando la logica della conquista che muove il Governo russo e sposando la tutela della vita umana e del diritto internazionale sempre e comunque.

Un anno fa era diffuso il timore che l'Ucraina non sarebbe stata in grado di resistere al violento attacco degli invasori, ma ciò non è accaduto. Il coraggio del popolo ucraino ha sbalordito il mondo e la resistenza continua, eppure, ovviamente, molti ucraini sono stati costretti a emigrare per fuggire dalla guerra. In questo senso, va anche la priorità che vogliamo attribuire, nell'approccio alla questione ucraina, all'accoglienza dei profughi ucraini, in primis, di donne e bambini, prorogando i permessi di soggiorno in scadenza il 4 marzo 2023 loro rilasciati, garantendo al contempo il mantenimento dei legami con la terra lontana, ma in cui un giorno, speriamo presto, potranno tornare per la stagione della ricostruzione, facendo leva anche sugli strumenti di formazione messi a disposizione dal Governo italiano. La devastazione ad opera delle Forze armate russe ha provocato un'ondata di profughi senza precedenti: sono 4,8 milioni le persone registrate fuggite dall'Ucraina dall'inizio dell'invasione e a loro occorre garantire ogni tipo di assistenza. A tal fine, il presente decreto autorizza la prosecuzione dell'accoglienza diffusa delle persone provenienti dall'Ucraina richiedenti protezione temporanea, continuando con l'elargizione del contributo di sostegno concesso per l'assistenza delle persone titolari della protezione temporanea che abbiano trovato autonoma sistemazione per la durata massima di 90 giorni dall'ingresso nel territorio nazionale, nel limite di 80.000 unità. Inoltre, prevede il rafforzamento dei servizi sociali destinato ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea, nonché il riconoscimento di un contributo una tantum finalizzato al rafforzamento temporaneo dei servizi sociali destinato ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea.

Particolare attenzione è data, poi, ai minori non accompagnati provenienti dall'Ucraina. Per i costi sostenuti dai comuni che li accolgono viene riconosciuta una somma pari a euro 100 pro capite al giorno, a titolo di contributo. Grazie alla collaborazione di tutte le forze politiche, nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione, è stato approvato un emendamento che consente, fino al 31 dicembre 2023, l'esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore sociosanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, che intendono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore sociosanitario, in base ad una qualifica professionale conseguita all'estero, regolata da specifiche direttive dell'Unione europea.

In conclusione, colleghi, oggi siamo qui a confermare, attraverso l'accoglienza, il nostro impegno a favore dell'Ucraina che, non è un paradosso dirlo, è un impegno contro la guerra e per la pace. Ma lo facciamo non tacendo un appello: non dimentichiamo l'importanza delle relazioni internazionali e della forza della diplomazia nella risoluzione dei conflitti. È la storia che ce lo insegna. Parlare di diplomazia - pur accanto al convinto sostegno alla resistenza del popolo ucraino, non solo idealistico, ma anche mediante l'invio di materiale militare - non può diventare motivo di accuse e di ambiguità. Ecco, non lasciamo il campo della diplomazia a chi, quel 24 febbraio 2022, ha riportato la guerra ingiustificatamente all'interno dei confini culturali di un continente che può vantare una vocazione indiscutibilmente pacifica.

PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e i docenti della scuola primaria Malaspina, Istituto comprensivo Ascoli Centro-D'Azeglio, di Ascoli Piceno. Benvenuti, ragazzi, ad assistere ai nostri lavori (Applausi). È iscritto a parlare l'onorevole Paolo Ciani. Ne ha facoltà.

PAOLO CIANI (PD-IDP). Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, oggi, siamo qui riuniti per discutere un provvedimento che condividiamo nel profondo, anche se avremmo auspicato che fosse arrivato e affrontato prima. Il decreto-legge n. 16 del 2 marzo 2023, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina, oggi in discussione, dà seguito alle improcrastinabili richieste di proroga fino al 31 dicembre 2023, nuovo termine dello stato d'emergenza, di quelle che furono le misure di assistenza e accoglienza in favore delle persone provenienti dall'Ucraina, già adottate in attuazione del decreto-legge n. 21 del 2022, in conseguenza della terribile invasione e guerra che ha colpito quel Paese.

Come più volte ricordato anche all'interno di quest'Aula, l'Italia si è stretta da subito, con l'Europa tutta, attorno all'Ucraina, sostenendola in ogni modo, a cominciare da quello solidale ed umanitario. Lo abbiamo fatto come istituzioni, ma anche come società civile e, spesso, come singoli cittadini ed abbiamo fatto bene, perché la guerra, oltre a morte e distruzione, ha provocato anche un immenso esodo di milioni di cittadini, al 90 per cento donne e bambini, a cui abbiamo dovuto e voluto dare risposte. Vorrei, oggi, qui, ringraziare ancora una volta le migliaia di nostri concittadini che hanno aiutato questi profughi, aprendo le loro case, le loro famiglie, aiutandoli economicamente, inviando generi di conforto, partecipando a missioni di cooperazione. È stato un grande momento di generosità e fraternità del nostro popolo, che ha fatto onore all'Italia tutta, ed è stato anche un grande momento di prova di accoglienza di cui ringraziare gli enti locali, a cominciare dalla città di Roma, i cui interventi sono stati riconosciuti come best practice a livello europeo. Tanto è stato importante questo afflusso massiccio di profughi provenienti dall'Ucraina che per la prima volta, con il DPCM 28 marzo 2022, abbiamo dato attuazione allo strumento della protezione temporanea messo a disposizione dall'Unione europea, che ci ha permesso di fornire assistenza a tutte le persone che, benché non soddisfacessero i requisiti per ottenere lo status di rifugiato, avevano comunque bisogno di protezione immediata e temporanea a causa della situazione di emergenza nel loro Paese.

L'obiettivo di questo strumento è quello di alleviare la pressione sui sistemi nazionali di asilo e consentire agli sfollati di godere dei diritti armonizzati in tutta l'Unione europea. Le stime, infatti, ci indicano come possibile una cifra di 5 milioni di rifugiati nei Paesi europei a causa del conflitto armato e circa 7 milioni di sfollati interni al Paese. In realtà, già in passato in Italia ci è capitato di assistere a simili esodi e di accogliere nel nostro territorio un numero tanto elevato di profughi. Penso a quelli provenienti dalla Siria e dall'Afghanistan, sempre a causa di conflitti armati, di cui tanto abbiamo discusso e che oggi, purtroppo, a stento ricordiamo. Ma nonostante questo esodo, allora non fu attivato lo strumento, che non era mai stato utilizzato.

Mi permetto qui, Presidente, una breve digressione o, se vuole, un approfondimento. Purtroppo, viviamo in un tempo in cui le guerre si eternizzano e si dimenticano. Uno dei grandi mali del nostro tempo è l'assuefazione al dolore degli altri. Noi, italiani ed europei, che abbiamo goduto di una lunga pace, spesso, purtroppo, l'abbiamo considerata scontata. La guerra era qualcosa degli altri. Chi parla oggi ancora della Siria? Chi ricorda che lì c'è una guerra da 12 anni, scoppiata nel marzo 2011? Ci siamo scandalizzati per l'utilizzo delle armi chimiche, abbiamo visto colpire e perseguitare le minoranze, distruggere città patrimonio dell'UNESCO come Aleppo. E poi? E poi ci siamo dimenticati delle guerre eternizzate. Penso alla Somalia, dove l'Occidente - e anche l'Italia - mandò contingenti militari, e che oggi vive una situazione drammatica, dove migliaia di bambini muoiono di fame e di sete.

In un'epoca in cui si vede e si sa tutto, proviamo a dimenticare il dramma di tanti popoli non europei per poi stupirci del loro desiderio di cercare una vita migliore. Oggi, che con l'Ucraina la guerra ce la ritroviamo in casa, in Europa, abbiamo deciso di agire e abbiamo fatto bene, ma dobbiamo vigilare a non abituarci anche a questo conflitto. Mai dobbiamo pensare al demone della guerra come ad un compagno di strada normale della nostra storia!

Preoccupa, al riguardo, l'escalation militare degli ultimi mesi; preoccupa l'annuncio del Governo britannico di inviare munizioni anticarro perforanti all'uranio impoverito, armi che, purtroppo, noi italiani conosciamo bene, perché utilizzate nelle guerre dei Balcani e in Iraq, le cui conseguenze sono drammatiche per l'ambiente e per l'uomo. Tanti militari e civili si sono ammalati e troppi sono morti. Allo stesso modo, preoccupa molto l'annuncio della Russia di schierare nuove armi nucleari in Bielorussia.

Bisogna trovare la strada per fermare una gara al rialzo bellico, le cui conseguenze potrebbero essere catastrofiche.

Tornando al merito del provvedimento, di cui oggi si discute, ho già detto che ne condividiamo lo spirito, benché - e di questo sono stato personalmente portavoce - la proroga ivi contenuta sia stata oggetto di diversi solleciti da parte nostra, perché il provvedimento scadeva il 4 marzo e lo stiamo affrontando solo oggi. Ma, per fortuna, oggi ne discutiamo la proroga e abbiamo anche provato a migliorarlo in Commissione, con emendamenti che non sono stati accolti, ma che potrebbero semplificare la vita dei profughi ucraini e anche quella dell'amministrazione pubblica.

La norma all'articolo 2, infatti, prevede che i permessi di soggiorno per le persone provenienti dall'Ucraina, in scadenza il 4 marzo, rilasciati ai beneficiari di protezione temporanea, conservino la loro validità fino al 31 dicembre 2023, sollevando, dunque, le persone dall'andare personalmente nelle questure per richiedere il summenzionato rinnovo e questo è importante e utile.

Così, però, con la medesima ratio, chiedevamo di inserire all'articolo 1, comma 6, dove si prevede la prosecuzione della garanzia di accesso all'assistenza sanitaria sul territorio nazionale per richiedenti e titolari della protezione temporanea, l'automatico rinnovo delle iscrizioni presso le ASL dei medesimi titolari. Ciò semplicemente per evitare che queste persone debbano necessariamente recarsi fisicamente presso queste strutture per vedersi rinnovato e garantito il diritto al medico curante, al pediatra, alla continuità delle cure, alle esenzioni, ai ricoveri e a tutto ciò che concerne l'accesso alle cure, di cui il provvedimento effettivamente parla.

Queste persone, come sappiamo, spesso non parlano ancora l'italiano, hanno quasi sempre bisogno di un mediatore culturale e compiere questo tipo di adempimento per loro è spesso fonte di disagi e di problemi. Con un semplice gesto si potrebbe dare un segnale di reale comprensione di quel disagio per persone che sono in fuga dalla guerra, che hanno perso la propria casa e i propri cari e che non sanno quando e se potranno far ritorno nel loro Paese.

Qui vorrei sottolineare un altro aspetto molto preoccupante delle recenti scelte governative in materia di immigrazione. Infatti, con il decreto-legge 10 marzo 2023, n. 30, il Governo ha deciso di limitare il campo di applicazione della protezione speciale a salvaguardia della vita privata e familiare dello straniero. Il permesso di soggiorno per protezione speciale fu introdotto con il decreto-legge n. 130 del 2020 e delineava un quadro giuridico preciso in base al quale non erano ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistessero fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comportasse una violazione del diritto al rispetto della propria vita, privata e familiare, a meno che esso non fosse stato necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblici, e che, ai fini della valutazione, si doveva tener conto della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esigenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine.

Ebbene, tutto questo forse non esisterà più e credo non sia una buona notizia. Non mi sembra una scelta corretta e giusta e temo sarà foriera di molto contenzioso amministrativo e comporterà il rischio di aumentare situazioni di irregolarità. Peraltro, segnalo al riguardo al rappresentante del Governo che, nonostante la norma non sia stata ancora convertita, gli uffici immigrazione delle questure hanno iniziato a non rinnovare o a non rispondere alle persone che erano in attesa di rinnovo con la norma ancora in vigore e questo non è corretto.

Peraltro, con quell'intervento normativo, ossia l'intervento di rinnovo delle norme sull'immigrazione, non è stato deciso nulla rispetto ad uno dei più grandi problemi del nostro tempo, ovvero come rendere possibile l'accesso al diritto d'asilo, previsto dalla nostra Costituzione all'articolo 10, comma 3, da parte di rifugiati che sono già fuggiti dai propri Paesi di origine e che si trovano nei cosiddetti Paesi terzi, dove però, per mancanza di riconoscimento di uno degli status di protezione internazionale, non possono rimanere e sono costretti a cercare altrove quella protezione che non hanno avuto. Era questo il caso, ad esempio, di coloro, siriani ed afgani in primis, che sono fuggiti dalla Turchia per trovare tragicamente la morte sulla costa calabrese a Steccato di Cutro.

Non vado oltre, ma mi colpisce, riflettendo su un provvedimento in cui parliamo di profughi, come sembra si possa fare una classifica tra profughi stessi, come se potessero esservi quelli meritevoli di aiuto e quelli non meritevoli. Io questo distinguo non lo vedo. Noi vediamo solo persone in stato di bisogno che vanno aiutate senza se e senza ma.

Mi corre, infine, l'obbligo di sollevare un legittimo dubbio relativo all'articolo 5 sulle disposizioni finanziarie. Lascia un po' perplessi, infatti, il fatto che, per garantire accoglienza e assistenza umanitaria alla popolazione vittima della guerra, il secondo capitolo, da cui maggiormente si prelevano i fondi, sia quello degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della promozione della pace e della sicurezza internazionale, delle politiche migratorie. Non so, ma a me sembra una contraddizione.

Per questo - e concludo, signor Presidente - è un bene che questo provvedimento, che oggi discutiamo, venga approvato presto.

Mi auguro solo che il Governo trovi maggiore coerenza nella sua linea di intervento in una materia così delicata, come quella dell'accoglienza e dell'immigrazione, che non confonda la propaganda con il bene comune e che sappia mantenere l'Italia in quel ruolo di Paese che storicamente si è ritagliato agli occhi del mondo intero, di Paese culla di umanità e di diritto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, utilizzerò molto meno del tempo che ho a disposizione perché molto è stato già detto dai colleghi che mi hanno preceduto. Con il provvedimento odierno trattiamo le disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina. Questo decreto-legge costituisce norma interna di recepimento della direttiva europea 2001/55/CE sulla protezione temporanea che è stata attivata lo scorso 4 marzo 2022, a seguito della proposta della Commissione, con la decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio dell'Unione europea. Con questo provvedimento diamo perciò protezione temporanea ai rifugiati ucraini con una procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi, come questo, di afflusso massiccio di sfollati provenienti da un Paese come l'Ucraina, non appartenente all'Unione europea, che non possono rientrare nel loro Paese d'origine, una tutela immediata e temporanea.

Signor Presidente, vorrei ricordare a tutti noi che, alla data del 2 marzo di quest'anno, risultano aver presentato domanda di permesso di soggiorno per protezione temporanea un totale di 172.895 persone, 118.753 adulti e 54.142 minori. Senza l'approvazione di questo provvedimento correremmo, quindi, il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a questo ingente afflusso senza effetti pregiudizievoli per il corretto alloggio e l'assistenza sanitaria di cui hanno necessità i rifugiati ucraini. Si tratta quindi della proroga, fino al 31 dicembre, delle disposizioni e degli stanziamenti per l'accoglienza straordinaria dei rifugiati ucraini a causa del perdurare dell'emergenza causata dall'invasione della Russia di Putin.

Signor Presidente, l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha aperto una stagione di tensioni internazionali, di emergenza umanitaria, di crisi energetica e di crisi economica. Una guerra tradizionale con mezzi convenzionali - con la speranza che rimanga tale - ai confini dell'Unione europea, a pochissimi chilometri dai confini del nostro Paese, qualcosa che immaginavamo di aver lasciato nel secolo scorso, nella prima metà del secolo scorso, e che ci ha fatto trovare non solo sorpresi ma anche impreparati ad un conflitto alle porte di casa. Dal giorno dell'invasione dell'Ucraina, quel 24 febbraio 2022, sono cambiati radicalmente lo scenario internazionale, lo scenario europeo e lo scenario nazionale. L'Italia, sin dal principio, ha assunto una posizione netta e forte a sostegno dell'Ucraina, il cui territorio è stato attaccato, il cui popolo è stato aggredito, la cui sovranità è stata violata, perché non dobbiamo mai dimenticare che in questa guerra abbiamo un aggressore, la Russia di Putin, e un popolo aggredito, quello ucraino. Abbiamo avuto, in questi giorni, una parola di chiarezza dopo l'incontro fra Putin e Xi Jinping: non c'è Paese che possa aumentare l'escalation più del Paese invasore. Dunque, se si vuole ridurre l'escalation, se davvero ne avesse la volontà qualcuno, questa è solo nella disponibilità della Russia, nella disponibilità dell'aggressore, nella disponibilità di Putin. Come è stato confermato costantemente in quest'Aula, in sintonia con tutta l'Europa, e come ribadito anche dall'ultimo Consiglio europeo, restiamo senza indugi e senza incertezze al fianco dell'Ucraina. La violazione dei confini nazionali non può essere tollerata mai. Allo stesso tempo, se la Cina volesse davvero svolgere un ruolo positivo sarebbe forse l'interlocutore che più di ogni altro potrebbe far pressioni su Putin e sulla Russia per spingere verso la de-escalation che, ribadisco, è solo nelle mani dell'invasore russo. Per il gruppo Noi Moderati stare accanto all'Ucraina vuol dire, però, non solo sostenere quel Paese politicamente, economicamente e militarmente ma anche accogliere coloro che fuggono dal proprio Paese, che fuggono dalla guerra, che fuggono dalla distruzione e dalla morte, in attesa di potervi tornare una volta terminato il conflitto, di potervi tornare in condizioni sicure e stabili, per poter ricostruire quanto è stato distrutto dalla furia russa. Signor Presidente, in conclusione, l'Italia è un grande Paese che accoglie, un grande Paese che sa accogliere con amore chi fugge dalla guerra, ma lo fa nel rispetto delle regole e non alimentando chi, sulla disperazione della gente, lucra.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Auriemma. Ne ha facoltà.

CARMELA AURIEMMA (M5S). Grazie, Presidente. Le confesso che, da quando sono stata eletta, il 25 settembre, mi chiedo come posso esercitare al meglio il mio mandato, come posso tenere insieme la fiducia dei cittadini, che ci hanno votato e che mi hanno votato il 25 settembre, e, nello stesso tempo, rispettare quest'Aula. Credo che il primo obiettivo sarebbe quello di dirci la verità in quest'Aula, perché abbiamo - tutti noi, tutti quelli che sono presenti e che hanno l'onore di rappresentare il popolo italiano - un obbligo etico prima che politico, in quest'Aula, cioè quello di dire la verità. In questi termini dico che il provvedimento che ci accingiamo a discutere, e a votare domani, è sicuramente rivelatore di verità perché, come è stato detto dai colleghi, con questo provvedimento si vanno a sostenere e a prorogare misure a tutela e a sostegno della popolazione ucraina in fuga a causa della grave, gravissima crisi internazionale dovuta alla guerra che investe tale Paese. Però, questo provvedimento, che si rende necessario nel merito perché si rende necessaria la protezione del popolo ucraino, rivela che la strategia posta in essere fino ad oggi dall'Italia, cioè quella di intraprendere una strada belligerante, senza se e senza ma, con l'invio delle armi, senza se e senza ma, con escalation di armamenti, è la strada che non ha portato a un risultato perché oggi, a distanza di oltre un anno, ci troviamo a rinnovare misure a tutela del popolo ucraino quando, in realtà, l'unica misura vera a tutela del popolo ucraino è la pace. È evidente che questo provvedimento dice molto e non ci saremmo dovuti proprio arrivare, saremmo dovuti arrivare ad una pace. Questo provvedimento rivela molto anche della narrazione bellicista che c'è stata, che c'è stata nel nostro Paese, che c'è stata in questi mesi. Si è raccontato per mesi che l'invio delle armi, sistematico, avrebbe determinato l'interruzione e la fine della guerra in tempi brevi; ma così non è stato. Noi siamo qui ancora ad inviare armi. Anzi, due mesi fa questa Camera, col voto contrario del MoVimento 5 Stelle e il voto a favore di tutte le altre forze politiche, ha inviato nuovamente armi. Chiedo, per suo tramite, Presidente, all'Assemblea: cosa è stato fatto in due anni rispetto alle trattative, rispetto ai negoziati di pace? Nulla. Mi domando: in questi mesi, oltre all'invio delle armi, cosa è stato fatto, cosa ha fatto questo Governo, cosa ha fatto l'Italia per arrivare a un negoziato? Noi del MoVimento 5 Stelle stiamo dicendo da tempo che inviare armi senza sosta, senza una vera strategia di negoziato, senza una vera strategia di pace, porta direttamente in guerra. Allora, dobbiamo dirci la verità, quella verità che ci rende anche degni di quello che rappresentiamo oggi in quest'Aula: l'Italia ha intrapreso una strategia belligerante che l'ha portata in guerra, il nostro Paese è in guerra, la verità è che l'Italia è in guerra. Non lo diciamo noi del MoVimento 5 Stelle, non lo dicono le associazioni pacifiste ma lo dicono gli stessi militari, i cosiddetti addetti ai lavori. Voglio riportare in quest'Aula le parole del generale Bertolini, ex comandante del COI, il quale commenta la notizia che sono presenti sul nostro territorio militari ucraini in fase di addestramento. Il generale Bertolini dice: è chiaro che, dopo aver ceduto sistemi Samp-T all'Ucraina, avremmo anche dovuto provvedere all'addestramento degli interessati, ma ciò non toglie che stiamo procedendo su una strada che renderà difficile, se non impossibile, riprendere le fila di una trattativa di pace o recitare ruoli nella partita di pace. Presidente, non lo diciamo noi, lo dicono gli addetti ai lavori: l'Italia ha intrapreso una strada che non porta più indietro ed è la strada della guerra, una strada senza ritorno.

Si parla ormai da mesi di armi, armi, armi. Sappiamo i nomi di queste armi, ormai a menadito, che tipo di armi stiamo inviando. Armi sempre più sofisticate, sia in termini di tecnologia sia in termini di mortalità. Fino ad arrivare alle ultime dichiarazioni di esponenti del Regno Unito che prevedono e assicurano l'invio di proiettili all'uranio impoverito. Il passato non ci ha insegnato proprio nulla sulla devastazione di questo tipo di armi.

L'Italia è in guerra, Presidente. Non basterà non vedere sulle nostre strade carri armati o non sentire il ronzio dei cacciabombardieri che sorvolano i cieli italiani, perché c'è stata già un'altra guerra, parallela, silenziosa, che ha coinvolto l'Italia per vent'anni, ed è stata la guerra afgana. È stata la guerra che, per vent'anni, ha visto protagonista il nostro Paese e per tanto tempo la si è quasi dimenticata. Per un lungo ventennio siamo stati in guerra e, anche in quel caso, non avevamo visto né cacciabombardieri sorvolare i nostri cieli, né, tanto meno, carri armati invadere le nostre strade, ma non per questo non eravamo in guerra. Certo, avevamo i nostri militari in Afghanistan, ma questo sarà il prossimo tassello. Dopo l'invio delle armi, sempre più tecnologiche e sempre più spietate, dopo l'addestramento sul nostro territorio dei militari ucraini, l'ultimo tassello che completa e definisce il nostro Paese in guerra sarà proprio l'invio dei nostri uomini in Ucraina. Eppure, la partecipazione al conflitto afgano, che fu autorizzata il 7 novembre 2001 dal Parlamento, con una serie di atti parlamentari votati in modo bipartisan, ed eseguiti da tutti i Governi che si sono succeduti, ha portato a un conflitto silenzioso che è durato vent'anni. E questo rischiamo noi, adesso, senza aprire una vera discussione, una profonda e convinta discussione sull'interruzione delle ostilità e sui negoziati di pace.

Questo parallelismo con il conflitto afgano è lampante. Per vent'anni, non si è mai chiarito, non si è mai fatto un approfondimento, serio, sui risultati che si portavano in questo conflitto. Né, tantomeno, le notizie che giungevano in Italia erano reali; molto spesso, erano edulcorate. Basti pensare che, già dall'ottobre 2003, le morti dei militari appartenenti alla NATO, le morti dei membri della sicurezza afgana erano molto aumentate rispetto a quelle degli anni precedenti, ma non si è mai aperta una discussione seria, non si è mai lavorato seriamente affinché l'Italia uscisse da questa guerra, fino ad arrivare al 15 agosto del 2021, quando i talebani hanno preso Kabul e c'è stata la fuga, quasi rocambolesca delle Forze della NATO. Allora, la domanda è d'obbligo: ne è valsa la pena? Ne è valsa veramente la pena? Vent'anni di guerra, 55 militari morti e 700 feriti? A questa domanda voglio rispondere con le parole di Piero Chierotti, papà di Tiziano Chierotti, caporalmaggiore ucciso in un agguato, nel 2012: oggi continuo a ripetermi se ne è valsa davvero la pena. Mio figlio avrebbe risposto “sì”, perché ci credeva. Mio figlio andò in Afghanistan credendo fermamente in una missione che riteneva importante. È partito con la convinzione di aiutare un popolo. Io, oggi, invece, continuo a ripetermi, con lo sguardo rivolto a quanto sta accadendo nel Paese, il ritiro delle truppe e l'avanzata dei talebani, se ne è valsa davvero la pena. Rispondere è difficile, un enigma. Tutto quello che vedo oggi fa molta tristezza. Gli sforzi dei nostri ragazzi sono stati veramente vani. Come neve al sole, di giorno in giorno, assistiamo allo scioglimento di tutto quello che è stato realizzato di positivo per il popolo afgano.

L'Italia esce dal conflitto afgano con ben 57 morti militari, 700 feriti. Qualcuno dice: vabbè, ma non ci sono stati morti tra civili, come se questo fosse sufficiente a rispondere ai numerosi dubbi su questa operazione. Ne è valsa la pena? È una domanda a cui non possiamo rispondere, a cui è difficile rispondere, ma che avremmo dovuto porci, che dovremmo porci. Perché è vero che non ci sono stati morti civili, ma è anche vero che un militare - che sia militare, che sia italiano, che sia ucraino, che sia russo - è sempre un figlio, qualche volta un fratello e, molto spesso, un padre. E, quindi, che senso ha distinguere tra civili e militari? Che senso ha? Che senso ha parlare di una gerarchia di valori, nella perdita di vite umane? In questi mesi, abbiamo imparato i nomi delle armi, la tipologia. Nessuno, però, ha speso una parola per gli oltre 500 bambini morti in questo conflitto. Nessuno ha parlato delle oltre 3.000 donne morte e dei 17.000 militari, perché anche i militari sono uomini, anche i militari sono padri e sono figli.

In un momento così drammatico, stiamo inviando armi in Ucraina, con una narrazione bellicista, poiché non si intraprende, in nessun modo, in nessun atto, in nessuna volontà, in nessuna dichiarazione di questo Governo e di questa maggioranza, una trattativa per la pace. È vero, e lo abbiamo sempre ribadito, che l'oppresso va tutelato, ma non sono parsimoniosa di verità, non sono avara di verità nel dire che il Presidente Zelensky ha sempre chiesto tre cose: armi, armi, armi. La Costituzione dell'Ucraina, però, non ha il nostro articolo 11. Il nostro articolo 11 della Costituzione è sicuramente un articolo che guarda al passato, ma si proietta al futuro, perché è stato scritto dai nostri padri costituenti nel momento immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale. E, quindi, è, senza dubbio, un testamento che ci lasciano i nostri padri costituenti, molti dei quali hanno combattuto la Seconda guerra mondiale, molti dei quali hanno visto morire i propri familiari. I nostri padri costituenti utilizzano un termine: ripudiare, “ripudia”. Nella lettura della Costituzione e dei lavori preparatori è stato bello vedere che questa è stata una delle modifiche, proposta dal deputato Ugo Damiani, approvata all'unanimità, perché ripudiare è un termine molto più forte di rifiutare, che era la prima formulazione dell'articolo 11. Ripudiare significa non solo rigettare, da un punto di vista giuridico, ma anche da un punto di vista etico e morale, e, quindi, è molto più profondo. Noi non possiamo non appellarci a questo articolo, che è unico, forse è uno dei pochi articoli così pienamente ricco dei valori della pace. E, quindi, Presidente, l'Italia non può rinunciare a essere protagonista e costruttrice di pace. Gli italiani hanno costruito ponti, non costruiscono bombe, e non possiamo rinunciare a questa nostra identità. C'è un Paese intero che ce lo chiede, che si è risvegliato e vuole la pace. L'Italia, però, con l'ennesimo rinvio delle trattative, con l'ennesimo invio di armi, senza se e senza ma, ha rinunciato a questo ruolo. E, insieme all'Italia, vi ha rinunciato anche la Commissione europea. È notizia di qualche giorno fa che è stato approvato un piano che prevede oltre un miliardo di munizioni da inviare in Ucraina. In un momento così drammatico per le famiglie italiane, ma anche europee - basti pensare a quello che sta succedendo in Francia -, si sottraggono risorse importanti per le famiglie. Con questo decreto sottraiamo risorse importanti alle scuole, all'università, alla ricerca. E, quindi, non possono non riecheggiare le parole simbolo del nostro Presidente Pertini, quando ci dice: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita. Questa è l'unica strada che l'Italia ha sempre conosciuto, e non può essere che la sola e unica strada che dobbiamo percorrere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pulciani. Ne ha facoltà.

PAOLO PULCIANI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la questione che oggi si discute in Aula è particolarmente importante. In realtà, si è parlato del conflitto in Ucraina in molte occasioni in quest'Aula, relativamente a diversi temi, per affrontare anche le diverse sfaccettature di questa complessa questione internazionale, di questo conflitto. La questione di oggi riguarda, però, in particolar modo, un aspetto della guerra che entra ci direttamente in casa, ovvero quello dei rifugiati e dei profughi arrivati in Italia e, in numero maggiore, in vari Paesi d'Europa. La questione dei profughi è un corollario tragico di un conflitto ancora più tragico che - come ormai detto tante volte - è stato voluto da Putin, una guerra di invasione che ci ha fatto comprendere, dopo forse un secolo, che anche in Europa esiste la possibilità di risolvere le questioni di incomprensione tra Stati attraverso l'invasione dello Stato vicino. Questo è quanto avvenuto e che pacificamente viene considerato come una aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina. Però, la questione dei profughi è particolarmente grave ed importante, perché ci dimostra intanto un fatto fondamentale: ci sono persone che, pur di non rinunciare alla loro libertà, al loro diritto di sentirsi parte di uno Stato e di una Nazione liberamente scelta, l'Ucraina, devono abbandonare le loro case e i loro parenti al fronte, i loro figli, a volte, e i loro mariti per recarsi in altre Nazioni di cui non conoscono la lingua, di cui magari ignoravano finanche l'esistenza geografica. Tutto ciò ci dà il segno anche di quale debba essere ancora oggi l'importanza dello spirito nazionale e patriottico, l'importanza di sentire forte i valori del proprio Paese di appartenenza, se una madre con figli - come spesso a molti di noi è capitato di conoscere - si reca a migliaia di chilometri da casa, lasciando il proprio marito, il proprio padre o il proprio figlio sul fronte a combattere e con l'incertezza di ritrovarli quando si recherà di nuovo nel proprio Paese. Questo flusso migratorio - è un lapsus freudiano - questo esodo è anche importante perché ci fa vedere in modo plastico lo stato di rifugiato politico. Secondo gli ultimi dati governativi, in Italia abbiamo visto arrivare circa 173.000 ucraini, ma sono milioni i rifugiati - forse 1,5 milioni in Polonia e complessivamente quasi 3 milioni, principalmente donne e bambini - che si recano nei Paesi vicini all'Ucraina. Questo ci ha fatto capire qual è realmente lo stato di rifugiato politico o meglio di rifugiato per un conflitto.

Eravamo abituati, invece, a vedere milioni di domande inoltrate negli uffici per rifugiati politici da parte di persone che dichiaravano di sottrarsi a una guerra e a un conflitto e, in realtà, erano persone tra i venti e i trent'anni in buona salute. Più volte è stato ripetuto in quest'Aula - ricordo anche un intervento della nostra Premier Meloni - che, lì dove c'è la guerra, i giovani normalmente sono al fronte a combattere e non sono certo coloro che vanno via per proteggersi. Lo abbiamo visto in modo plastico: quando succedono queste tragedie, come una guerra di invasione, una guerra totale come quella che ha scatenato la Russia nei confronti dell'Ucraina, la stragrande maggioranza delle persone arrivate nel nostro Paese, ma anche nei Paesi come la Polonia, la Romania e così via, sono sostanzialmente madri con i propri figli o signori anziani o persone con gravi problemi di handicap. Non è un fatto indifferente, perché in realtà anche in questo decreto si fa un riferimento alla necessità di rafforzare il personale e le risorse per gli uffici che controllano il riconoscimento dello stato di rifugiato politico, perché sono oberati di lavoro, con tempi di risposta ormai molto ampi. È un lavoro che spesso viene necessariamente fatto per non riconoscere lo stato di rifugiato politico a chi di fatto non lo è, quando magari, piuttosto, si tratta di una migrazione economica. Lo potevamo ben immaginare ma concretamente lo verifichiamo dai risultati delle commissioni sul riconoscimento dello stato di rifugiato politico. Accade diversamente - lo ripeto - nelle situazioni di guerra vera, dove è un segnale ben evidente anche la natura delle persone che arrivano.

Pertanto, anche questo decreto è importante e in linea con quanto previsto dalla normativa europea, in relazione alla protezione temporanea. È un decreto che proroga di un anno i termini della precedente normativa, fissati al 3 marzo del 2023, già scaduti. Li proroga perché è una condizione per la quale è necessario di volta in volta verificare lo stato dell'arte, nel senso che, se la guerra continua, è necessario continuare con la protezione temporanea la quale, come sappiamo bene, evita di passare attraverso la normale procedura di status di rifugiato politico, quindi evita una procedura complessa, e ipso iure riconosce agli appartenenti a una determinata popolazione invasa il diritto ad ottenere una protezione negli Stati in cui si recano.

In particolar modo, questo decreto, oltre a prorogare i termini riguardo alla possibilità di avere il permesso di soggiorno, nei sei articoli che lo compongono garantisce e continua a garantire le risorse finanziarie per l'assistenza sanitaria, garantisce e continua a garantire le risorse per consentire l'istruzione ai minori che vengono nel nostro Paese e garantisce anche il finanziamento di ONLUS e di enti preposti all'assistenza dei profughi ucraini - fatto nuovo - anche da parte di privati. Infatti, all'interno dell'elenco per il finanziamento degli enti preposti al controllo e al sostentamento dei profughi inserisce anche la possibilità che questo venga fatto da privati. C'è un ulteriore fatto nuovo cui assistiamo, differente rispetto alla migrazione che siamo abituati a vedere, di carattere cosiddetto economico, come ho già detto. Molti di questi ucraini, infatti, stanno chiedendo anche la possibilità di rientrare nelle loro terre, nelle loro città e nei loro paesi. È un fenomeno a cui assistiamo in tutta Europa, per cui è di tutta evidenza che non si tratta di una scelta fatta per cogliere un'occasione di emigrazione o di immigrazione, ma è una scelta costretta, sofferta, necessitata, per la quale molti degli ucraini che sono in Italia cercano - e quando hanno la possibilità lo fanno - di rientrare nei loro territori. Questo è il dato macroscopico e il segnale più evidente che siamo, nel cuore dell'Europa, in presenza di un esodo costretto, dovuto e assolutamente non di convenienza o di scelta economiche. Anche perché - è una riflessione che facevo - nei territori occupati una persona può scegliere di rimanere, magari qualora ritenga di aderire allo status imposto dal nuovo occupante; per cui, se non è un combattente, può rimanere in quelle terre ormai occupate dalla Russia o da Putin. Se si sceglie di andarsene, con tutto ciò che comporta, e di abbandonare completamente tutto, il proprio lavoro, i propri affetti, le proprie case, i propri beni, sicuramente viene fatta una scelta che predilige lo spirito di libertà allo spirito di convenienza o ad ogni altra valutazione di carattere di comodità economica. Questo lo dobbiamo dire.

Nel decreto ci sono misure che, oltre ad estendere l'ambito di operatività di quelle previste nel precedente, sono anche nuove. C'è infatti una possibilità di flessibilità della spesa, che può essere facilmente aumentata o diminuita sulla base delle esigenze che man mano si verificheranno, perché comprendiamo tutti che l'aumento o la diminuzione della presenza dei profughi ucraini sono legati inesorabilmente all'andamento della guerra. Su questo mi permetto, però, di fare un appunto ai precedenti miei colleghi onorevoli, in particolare con riferimento all'ultimo intervento.

Se oggi, con l'occupazione di solo una parte delle regioni del Donbass, della Crimea, in parte di Mariupol, abbiamo questo numero di persone fuggite dall'Ucraina, mi domando cosa sarebbe accaduto se non si fosse tentato di aiutare e sostenere minimamente l'Ucraina nella sua guerra di resistenza, perché quello che sarebbe successo lo sappiamo tutti. Sarebbe stata un'occupazione probabilmente estensiva, complessiva dell'Ucraina, che avrebbe portato probabilmente ad un esodo non di 2 o 3 milioni di ucraini, ma forse di 10 o 15 milioni.

Qualcuno potrebbe dire: “no, ma fuggono perché c'è la guerra”, ma non è propriamente così. O fuggono, perché c'è un'occupazione ed è un'occupazione sotto la quale non vogliono e non intendono stare. Questo è fondamentale. E' una questione ben diversa dall'avere un atteggiamento belligerante, guerrafondaio che contrasti con il principio costituzionale del ripudio della guerra. È un atteggiamento di buonsenso, che dà la possibilità a chi è invaso, a chi è attaccato, ed anche militarmente molto più debole della superpotenza che lo invade, di contrastare in qualche modo questa forza e sperare di arrivare ad una forma di mediazione e di pace che tenga conto, però, anche di quei valori di libertà e di identità della Nazione che è giusto vengano riconosciuti all'Ucraina.

Molto facile dire che uno Stato debba rinunciare a parte di se stesso, del suo territorio, della sua popolazione, perché la comunità internazionale è sofferente per questioni economiche o perché, come ho sentito dire, non ci sono i soldi o magari vengono tolti per altri interventi di carattere sociale o quant'altro. Mi domando se la medesima cosa fosse accaduta in Italia; se l'Italia fosse stata attaccata, avremmo rinunciato alla Lombardia, al Veneto, al Piemonte o ad un altro territorio? Avremmo avuto lo stesso modo di ragionare? Con la preoccupazione, magari, non di chiedere l'aiuto internazionale, ma di dire alle altre Nazioni: “no, tenetevi i soldi per fare i vostri interventi sociali interni, intanto perdiamo non solo un territorio, ma la Nazione, il popolo, l'identità stessa che è la nostra natura principale”.

Quindi, diciamo che la linea internazionale, quella dell'Occidente, non solo è condivisibile, ma va tenuta assolutamente in debito conto, insieme all'aiuto internazionale concesso alle persone che fuggono da quella situazione e che si trovano presso la nostra Nazione.

Con questo decreto certamente cercheremo di far fronte a tutto ciò, con un doppio piano: aiutiamo l'Ucraina a difendersi dall'aggressione e i profughi, che arrivano in Italia, a sopravvivere in un modo dignitoso, in attesa che, nel loro Paese, ci sia di nuovo la libertà, con la possibilità di rientrare e riabbracciare i loro cari.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 939-A​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Auriemma. Ne ha facoltà.

CARMELA AURIEMMA (M5S). Grazie, Presidente. Il mio intervento è volto ad inviare la solidarietà a tutto il personale sanitario che presta servizio alla clinica Villa dei Fiori di Acerra, che ha subito l'ennesima aggressione, la decima in soli tre mesi.

Purtroppo, in generale, il personale sanitario di tutta la Campania subisce gli effetti, ormai disastrosi, della gestione della sanità, in una regione che, già da tempo, soffre di una mancanza storica di strutture. A ciò si è aggiunta ovviamente la scellerata scelta del governo regionale di chiudere ben cinque pronto soccorso in città. Quindi, nella provincia di Napoli, nella città di Napoli sono stati chiusi alcuni pronto soccorso che servivano a dare prestazioni di emergenza. Tutto questo, con gravi ripercussioni sul personale sanitario che, nei presidi ancora aperti, lavora in estrema difficoltà, in condizioni estreme. Tutto questo non nasce dall'autonomia differenziata, che questo Governo si accinge a realizzare, ma dalla scellerata scelta, compiuta 20 anni fa, del famoso, famigerato Titolo V, che ha delegato in parte la gestione della sanità alle regioni.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Auriemma. Al di là delle sue legittime dichiarazioni di tipo politico, ovviamente la solidarietà è a tutto il personale medico, sanitario e paramedico che, da una parte all'altra dell'Italia, subisce queste aggressioni inusitate.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 28 marzo 2023 - Ore 12:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 15)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina. (C. 939-A​)

Relatore: DE CORATO.

La seduta termina alle 14,05.