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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 285 di lunedì 29 aprile 2024

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata Segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GILDA SPORTIELLO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 24 aprile 2024.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 70, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 24 aprile 2024, il presidente del gruppo parlamentare Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE ha reso noto che l'assemblea del gruppo, in data 24 aprile 2024, ha affidato al deputato Calogero Pisano l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.

Discussione del disegno di legge: S. 615 - Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (Approvato dal Senato) (A.C. 1665​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1665: Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 aprile 2024 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 aprile 2024).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1665​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, Paolo Emilio Russo.

PAOLO EMILIO RUSSO , Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, gentile Ministro, l'Assemblea avvia oggi la discussione del disegno di legge per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, già approvato al Senato. La Commissione affari costituzionali ne ha avviato l'esame il 14 febbraio 2024, giorno nel quale ha anche avuto inizio la discussione generale. La Commissione ha poi svolto un significativo ciclo di audizioni, 65, che hanno avuto luogo in 11 sedute, per un totale di 21 ore. Al termine del ciclo di audizioni è ripresa la discussione generale. Sono state presentate circa 2.400 proposte emendative. Dopo la discussione sul loro complesso, sono stati utilizzati tutti gli spazi utili, nelle giornate del 24, 26 e 27 aprile, per esaminare il più ampio numero possibile di proposte, per un totale di oltre 18 ore. Nella seduta del 27 aprile, la Commissione ha deliberato il mandato a noi relatori di riferire in Assemblea. Procederò, dunque, a una breve illustrazione del provvedimento, chiedendo sin d'ora alla Presidenza l'autorizzazione a depositare la relazione integrale, per poi lasciare la parola al collega, onorevole Alberto Stefani.

Il disegno di legge per l'autonomia differenziata si compone di 11 articoli. Il primo precisa che il provvedimento è volto a definire i princìpi generali per l'attribuzione alle regioni a Statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia per la modifica e per la revoca delle stesse, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese tra lo Stato e una regione. Con riferimento ai princìpi e alle finalità, vengono richiamati: il rispetto dell'unità nazionale, il rispetto dei princìpi di unità giuridica ed economica e di coesione economica, sociale e territoriale, anche con riferimento all'insularità, e l'attuazione del principio di decentramento amministrativo. Non ci sono fughe in avanti: viene, infatti, stabilito che l'attribuzione di funzioni in materia, riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, detti LEP. Il comma 2 dell'articolo 1 precisa che tali livelli indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti su tutto il territorio nazionale, superando i divari territoriali.

L'articolo 2 disciplina il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e regione e prevede che sia la regione a deliberare la richiesta di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Tale richiesta è trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, al quale compete di avviare il negoziato con la regione interessata. Prima dell'avvio del negoziato, il Governo informa le Camere e la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e regioni dell'iniziativa. Al fine di tutelare l'unità giuridica o economica, nonché quella di indirizzo, rispetto a politiche pubbliche prioritarie, è stato previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri possa limitare l'oggetto del negoziato ad alcune materie. Lo schema d'intesa preliminare viene trasmesso alla Conferenza unificata, per l'espressione del parere, da rendersi entro 60 giorni. Dopo che la Conferenza unificata ha reso il parere, lo schema d'intesa preliminare è immediatamente trasmesso alle Camere, che si esprimono al riguardo con atti di indirizzo. Il comma 5 stabilisce che, valutato il parere della Conferenza unificata e sulla base degli atti di indirizzo resi dagli organi parlamentari, il Presidente del Consiglio predisponga lo schema d'intesa definitivo. Questo schema è trasmesso alla regione interessata, che lo approva. Entro 45 giorni dalla comunicazione dell'approvazione da parte della regione, il Consiglio dei ministri delibera lo schema d'intesa definitivo. L'intesa è, infine, sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal presidente della giunta regionale.

L'articolo 3 delinea la procedura per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi per l'individuazione dei LEP. Ricordo, a tale proposito, che la legge di bilancio 2023 ha delineato un procedimento per l'approvazione in tempi ravvicinati dei LEP concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il comma 3 specifica quali sono le materie suscettibili di attribuzione alle regioni, in riferimento alle quali i decreti legislativi provvederanno alla determinazione dei LEP, mentre il comma 4 demanda loro la determinazione delle procedure per il monitoraggio dell'effettiva garanzia, in ciascuna regione, dell'erogazione di livelli essenziali delle prestazioni che devono essere offerte in condizioni di efficienza nell'utilizzo delle risorse. Il provvedimento, al comma 7, prevede che i LEP possano essere periodicamente aggiornati, anche al fine di tenere conto della necessità di adeguamenti dovuti al mutamento del contesto socioeconomico o dell'evoluzione della tecnologia. Il comma 8 stabilisce che i costi e i fabbisogni standard siano determinati e aggiornati con cadenza almeno triennale, con decreto del Presidente del Consiglio.

Infine, l'articolo 4 disciplina il trasferimento delle funzioni attinenti a materie o ad ambiti di materie riferibili ai LEP, stabilendo che a tale trasferimento si può procedere soltanto successivamente alla determinazione dei medesimi LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard. Qualora dalla determinazione dei LEP dovessero derivare maggiori oneri a carico della finanza pubblica si potrà procedere al trasferimento delle funzioni soltanto dopo lo stanziamento delle necessarie risorse finanziarie.

Con una modifica approvata nel corso dell'esame da parte del Senato è stato specificato che le suddette risorse sono volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le regioni che non hanno sottoscritto le intese. Lo scopo è dunque quello di scongiurare la disparità di trattamento tra le regioni.

Un'intesa non è per sempre. L'articolo 7 disciplina, infatti, la durata delle intese e prevede che dovranno essere di un periodo non superiore ai 10 anni. Le intese possono essere modificate su iniziativa dello Stato o della regione interessata anche sulla base di atti di indirizzo adottati dalle Camere.

Concludo citando il comma 3 dell'articolo 9 del provvedimento che garantisce l'invarianza della proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre regioni nonché la perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Nessuna area o nessuna regione dovrà e potrà restare indietro. Questo non è un provvedimento che, come ha detto qualcuno, spaccherà l'Italia o creerà un'Italia di serie A e di serie B. Consentirà, al contrario, di superare i divari che esistono da decenni e che si sono creati con le leggi vigenti. Dichiara lo scopo di assicurare un livello di servizi garantiti dappertutto, anche laddove oggi non esistono o non sono di livello adeguato. L'autonomia differenziata, che è stata richiesta da milioni di cittadini con un referendum e poi nelle urne, che è conseguenza di una modifica costituzionale realizzata nel 2001, permetterà a chi sarà capace di esprimere migliore capacità fiscale e di spesa, cioè di far pagare a tutti il giusto e di massimizzare gli investimenti, e di poter offrire servizi più completi e lanciare una vera sfida per la modernizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Alberto Stefani.

ALBERTO STEFANI (LEGA), Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Gentile Ministro, Governo, onorevoli colleghi, oggi ho l'onore di illustrare e di intervenire in quest'Aula in qualità di relatore del disegno di legge sull'autonomia differenziata. Dopo l'approvazione in Commissione affari costituzionali al Senato, dopo l'approvazione in Aula al Senato, dopo oltre 70 ore di Commissione affari costituzionali alla Camera, tra discussione, audizioni e votazione degli emendamenti, oggi questo disegno di legge arriva all'ultimo passaggio parlamentare, quello dell'Aula. Oggi inizia la discussione generale.

È una riforma storica, di cui tanto si è detto, ma che si sviluppa nel pieno solco della Costituzione e trova la sua legittimazione formale e la sua plastica legittimazione giuridica nell'articolo 116, comma terzo, così come introdotto dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Un articolo che ci dice che ulteriori forme e condizioni di autonomia possono essere attribuite alle regioni che ne facciano richiesta con legge dello Stato in relazione alle materie di legislazione concorrente di cui all'articolo 117, comma terzo, e in alcune materie di legislazione esclusiva dello Stato, con riferimento all'organizzazione della giustizia di pace, con riferimento all'ambiente, ai beni culturali e alla valorizzazione degli stessi e con riferimento alle norme generali sull'istruzione.

Quindi, è una riforma che si inserisce nel solco della Costituzione e che trova nella Costituzione il suo fondamento giuridico, non solo nell'articolo 116, comma terzo. La riforma dell'autonomia e del regionalismo è infatti una riforma che trae origine in uno dei 12 articoli fondamentali, i primi 12 articoli della Costituzione. Quella parte della Costituzione che la nostra Carta costituzionale sottrae anche al processo di revisione costituzionale. Sono articoli così importanti che anche la stessa Corte costituzionale li sottrae al processo di revisione e il Parlamento non potrebbe modificarne la portata o quantomeno ridurla. All'interno di questi 12 articoli fondamentali c'è l'articolo 5: la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali. Spesso questo pezzo dell'articolo si sente molto meno, ma la scelta lessicale non è a caso: “riconosce”. Quindi, le autonomie territoriali vengono prima della Costituzione stessa, preesistono alla Costituzione e la Costituzione non può fare altro che riconoscerle, prevederle, garantirle, assicurarle, perché le comunità territoriali sono un dato di fatto. Non solo deve riconoscerle ma “riconosce e promuove le autonomie locali”. Promuove nel senso di garantire, quindi, un effettivo esercizio, un'effettiva operatività di queste autonomie locali. Non è soltanto una presa di coscienza che queste autonomie locali esistono ma è una necessità di promozione delle stesse.

Noi oggi, con questo disegno di legge, stiamo promuovendo questa autonomia locale, noi stiamo semplicemente attuando uno dei principi fondamentali della Carta costituzionale. Esso è l'estrinsecazione, quindi, di uno dei principi che non possono nemmeno essere oggetto di revisione costituzionale. Oltre a ciò, questo articolo ci dice che la Repubblica, oltre a riconoscere e promuovere le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo e, quindi, introduce un altro principio che noi andremo a sviluppare grazie a questo disegno di legge, il principio del decentramento amministrativo sulla base del principio di sussidiarietà, che poi cercherò di esporre durante la relazione. Non solo, adegua - ci dice l'articolo 5 - i principi e i metodi della legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Questo è quello che ci dice uno dei primi 12 articoli della Costituzione.

L'autonomia e il decentramento, essendo all'interno di questi 12 articoli, vengono descritti come tratti caratterizzanti dello Stato che andiamo a costruire. È stato anche questo uno dei motivi per cui poi si è inserito quest'articolo 5, lo possiamo verificare anche nei lavori dell'Assemblea costituente. Si voleva creare uno Stato che non fosse più centralista ma un nuovo Stato, uno Stato che tenesse conto delle autonomie locali, dei territori, delle autonomie territoriali. Una scelta di campo, quella fatta dalla Costituzione, che non è una scelta centralista, è una scelta autonomista.

Ma non solo la Costituzione, c'è anche l'Europa che raccomanda questo percorso dell'autonomia. Se noi andiamo a vedere cosa ci dice il Piano nazionale di ripresa e resilienza, questo ci dice che l'attuazione del federalismo fiscale è considerata una milestone da raggiungere nel primo trimestre del 2026. Proprio la riforma del quadro fiscale sub-nazionale, che consiste nel completamento del federalismo fiscale, quel federalismo fiscale che è stato tracciato dalla legge n. 42 del 2009, è oggetto di uno degli obiettivi che noi dobbiamo raggiungere, che tutti devono raggiungere, che tutto il Paese deve raggiungere. Qui non c'è destra e sinistra. L'obiettivo che ci viene posto è proprio quello di migliorare le relazioni ufficiali tra i diversi livelli di governo, assegnare alle amministrazioni sub-nazionali risorse sulla base di criteri oggettivi - e noi abbiamo introdotto i LEP con l'articolo 3 di questo disegno di legge - e incentivare un uso efficiente di queste risorse. Ce lo dice anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 220 del 2021, che ci dice che non è più prorogabile la necessità per questo Paese di assegnare risorse sulla base di criteri oggettivi. Non è più prorogabile ed è particolarmente urgente il raggiungimento del completamento del federalismo fiscale per garantire un uso efficiente delle risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Non solo, non solo la Costituzione, non solo il Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche la Carta europea delle autonomie locali ce lo dice. La Carta europea delle autonomie locali ci dice che le autonomie territoriali sono organi fondamentali per lo sviluppo dell'azione politica e che autonomie locali investite di responsabilità sono il modello per un'amministrazione efficace e oculata delle risorse. Vorrei anche pensare che una promozione delle autonomie territoriali e regionali può dare sviluppo anche a un nuovo sistema europeo basato sull'Europa dei popoli, sull'Europa dei territori, sull'Europa delle regioni. Come ci dice la Carta europea delle autonomie locali, che non è stata firmata dalla Lega, l'hanno firmata gli Stati membri del Consiglio d'Europa, che è entrata in vigore il 1° settembre 1988, è fondamentale procedere in questa direzione.

Noi, come Parlamento italiano, abbiamo il compito di farlo. In fondo, di regionalismo non parla solo il mio partito, di regionalismo è informata la storia del nostro Paese. Ne parlava Einaudi, quando diceva che a ciascuno deve essere data l'autonomia che gli spetta, ne parlava Alcide De Gasperi, quando diceva che le basi per il nuovo Stato devono essere il comune e la regione, ne parlava Gonella nel Congresso di Roma del 1946, quando diceva che la regione ha le sue radici nella natura, nel cuore e nella storia degli italiani e ne hanno parlato anche esponenti di centrosinistra che hanno visto nella scelta dell'autonomia e del regionalismo una prospettiva importante per il nostro Paese. Se andiamo a vedere l'articolato di questo disegno di legge, troviamo subito, all'articolo 1, i principi generali e le linee direttrici di questa riforma dell'autonomia, linee direttrici che ci parlano di territori, che diventano protagonisti dei processi decisionali e dei processi politici, territori che scelgono di assumere una responsabilità in più chiedendo l'attribuzione di materie e di funzioni nella cornice che è indicata dall'articolo 116, comma terzo, della Costituzione. Sono le comunità locali, le regioni e le autonomie territoriali a chiedere un avvicinamento del processo decisorio per garantire una migliore efficienza dei servizi. L'articolo 1 definisce anche gli obiettivi che questo disegno di legge si pone: lo snellimento delle procedure e della burocrazia, l'innovazione istituzionale, la riduzione del peso della burocrazia anche nello sviluppo dell'azione della pubblica amministrazione. Sappiamo benissimo - lo sanno tutti i gruppi politici, perché il tema della burocrazia è stato oggetto di discussione da parte di tutti i gruppi politici - quanto questo influisca sull'efficacia e sull'efficienza della pubblica amministrazione e chi è amministratore locale lo sa molto bene. Allora, per un nuovo modello di rilancio l'autonomia può garantire, avvicinando la decisione ai territori, anche un nuovo modello di crescita e di sviluppo della pubblica amministrazione. L'autonomia non è solo visione, come ci dice l'articolo 1, ma è anche partecipazione perché il processo di autonomia, il processo di formazione delle intese garantisce ed è permesso da un processo partecipativo. Come definito prima, molto bene, dal relatore Russo, questo percorso partecipativo, in particolare, comprende lo Stato, le regioni, la Conferenza unificata, il passaggio alle Camere ma comprende anche, sia nella fase genetica della richiesta da parte delle regioni a statuto ordinario sia nella successiva fase di approvazione dello schema preliminare dell'intesa, anche la voce degli enti locali che sono il cuore pulsante della comunità e dei territori. È un nuovo modello, quindi, di gestione condivisa, un modello di gestione partecipativa, un modello di strategia multilivello che costruisce una strada nuova nel solco della leale collaborazione tra enti. Non solo, l'autonomia è garanzia e tutela dei diritti civili e sociali - ce lo dice l'articolo 3, che disciplina l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni - che sono i diritti che toccano il cuore dello Stato sociale. Grazie a questa riforma saranno introdotti i LEP, che rappresentano il nucleo indefettibile delle prestazioni che devono essere assicurate a tutti i cittadini italiani. Grazie a questa riforma, differentemente da chi parlava di squilibri, di divergenze e di disparità, si introdurranno livelli essenziali delle prestazioni che prima non esistevano, che prima non c'erano, è questa riforma che permette l'introduzione dei LEP. Quindi, quando si parla dell'introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni dovrebbero unirsi destra e sinistra, dovrebbe unirsi tutto l'arco parlamentare perché stiamo parlando di standard minimi che vengono garantiti in tutto il territorio nazionale e su questo ci deve essere la collaborazione di tutte le forze politiche. I LEP sono stati definiti come il nucleo delle prestazioni che devono essere erogate su tutto il territorio nazionale. La Corte costituzionale ci ha dato una definizione ancora più pratica: è una soglia di spesa costituzionalmente necessaria per garantire quei diritti, per garantire i diritti civili e sociali più importanti. L'introduzione dei LEP è anche una svolta storica perché i LEP superano il criterio della spesa storica che, finora, è stato oggetto di improduttività, è stato oggetto di sprechi, è stato motivo di incapacità gestionale. Questa svolta verso l'introduzione dei LEP è monitorata anche dall'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo nella Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, garantendo quindi un monitoraggio costante, grazie alle audizioni, su quello che sarà poi lo sviluppo di questa svolta verso i LEP.

L'autonomia è anche una sfida di sussidiarietà verticale. La sfida dell'autonomia è avvicinare la decisione ai territori e questa scelta di avvicinare la decisione ai territori per noi significa anche una sfida di efficienza. Chi meglio di chi è vicino ai territori, infatti, può conoscere le esigenze di quei territori e le condizioni di quei territori? Più si avvicina il potere decisionale ai territori più si garantirà un'efficienza dell'azione politica in quei territori perché chi vive i territori conosce i territori, conosce la loro storia, le loro proiezioni, l'impatto che un'azione politica può esercitare sulla propria comunità e può porre in essere, quindi, azioni mirate sulla base delle condizioni sociali ed economiche di quel determinato territorio.

Continuando questo ragionamento, l'articolo 6 ci dice che l'autonomia è anche prossimità perché, sulla base del principio di sussidiarietà verticale, ulteriori forme e condizioni di autonomia potranno essere attribuite anche alle città metropolitane, alle province e ai comuni, e chi meglio di un sindaco o di un ente locale può conoscere le esigenze dei propri territori? Il comune è l'ente di primo soccorso, è il primo interlocutore delle istanze collettive dei cittadini, il comune è l'ente che, più di tutti, conosce il proprio territorio e può porre in essere azioni amministrative adeguate per raggiungere gli obiettivi di efficienza. È autonomia e l'articolo 8 ci dice che è anche gestione, è controllo di gestione. Grazie alla Commissione paritetica Stato-regione-autonomie locali, che il relatore, onorevole Russo, ha illustrato prima, lo Stato potrà garantire una verifica annuale degli oneri finanziari proprio per garantire l'esercizio delle funzioni ed eventualmente prevedere una nuova allocazione delle risorse. Quindi, si potrà verificare l'allineamento tra i fabbisogni standard e il gettito oggetto della compartecipazione e, in caso di disallineamento, il Ministero dell'Economia e delle finanze, di concerto con il Ministero degli Affari regionali, potrà garantire le misure necessarie per definire la situazione. Questo permette di avere un controllo di gestione della spesa e, quando c'è un controllo di gestione della spesa, c'è efficienza, imparzialità ma soprattutto produttività. Soprattutto, l'autonomia è responsabilità, responsabilità nel senso etimologico del termine e l'etimologia della parola “responsabilità” ci riporta proprio all'ambito politico, perché il termine responsabilità nasce in ambito politico e affonda le sue radici etimologiche. La sua etimologia ci dà davvero il significato pregnante di questo principio base dell'autonomia, che trova la sua origine nel rispondere, nei termini latini responsum dare, e nell'assicurare, respondere. Questo significa responsabilità. L'autonomia è capacità di risposta da parte degli organi politici ai propri territori, è l'assicurazione che quella classe dirigente, quella classe politica è in grado di dare ai propri cittadini e ai propri territori. Ecco perché noi dobbiamo affrontare la sfida della responsabilità, ecco perché, senza obbligare alcuna regione, dobbiamo dare l'opportunità alle regioni che chiedono di essere responsabili e alle regioni che chiedono di poter dare delle risposte ai propri cittadini - qui nel senso etimologico del termine - e noi dobbiamo garantire questo diritto a queste regioni e a questi territori.

E proprio perché responsabile, sarà, quindi, un'amministrazione trasparente, imparziale, capace di offrire pubblicamente i risultati della propria azione politica e, soprattutto, potrà presentarsi ai propri cittadini, quella classe politica potrà presentarsi ai propri elettori e quegli elettori potranno valutare l'adeguatezza delle azioni amministrative svolte da quella classe politica. Questa è responsabilità politica che potrà avvicinare elettori ed eletti, elettori e classi politiche.

Alla luce di tutto questo, colleghi, credo che, quando un giovane interviene in quest'Aula, quando un giovane ha la possibilità di essere relatore di un provvedimento di legge come questo, sia investito di una responsabilità in più rispetto al solito: la responsabilità di guardare alla società non solo di domani o dopodomani, ma dei prossimi decenni. E noi abbiamo la responsabilità di costruire un modello di Stato in cui chi si assume una responsabilità sia premiato e non penalizzato, un Paese che, all'assistenzialismo e agli sprechi, preferisca la competitività, un Paese in cui le comunità siano protagoniste dei modelli decisionali, dei modelli politici e, soprattutto, siano protagoniste del nostro Paese.

Questa riforma lancia una sfida, la lancia a un modello centralista, che è il modello che abbiamo vissuto fino ad adesso. Se adesso parliamo di divergenze tra Nord e Sud, se adesso parliamo di squilibri tra Nord e Sud, se adesso parliamo di squilibri infrastrutturali, ne parliamo, perché c'è stato un modello centralista. L'autonomia non l'abbiamo ancora approvata in quest'Aula, almeno per qualche settimana. Alcuni territori, come il mio, Presidente, il Veneto, hanno dato ai parlamentari e al Governo un mandato molto chiaro: quello di garantire di portare a compimento il percorso dell'autonomia. Il 22 ottobre 2017, 2,5 milioni di veneti hanno scelto di volere nuove forme e condizioni di autonomia. Un dato straordinario, che esprime il coraggio, l'operatività, l'operosità di un territorio che vuole assumersi responsabilità in più. E come l'ha fatto il Veneto, l'hanno fatto tantissime altre regioni.

È dal punto iniziale della mia relazione che vorrei concludere questa relazione, perché le comunità territoriali preesistono anche alla Costituzione, che le riconosce e le promuove. E anch'io, oltre a sentirmi europeo, oltre a sentirmi italiano, mi sento orgogliosamente veneto, mi sento orgogliosamente appartenente alla mia comunità, mi sento orgogliosamente appartenente alla sua storia, di condividerne il percorso, mi sento orgoglioso di essere il rappresentante di questo territorio. E così come noi, tutti i parlamentari presenti in quest'Aula dovrebbero essere orgogliosi di appartenere alla propria terra e di condividerne la storia.

Spero che in quest'Aula, Presidente e colleghi, possa capitare ancora a tanti altri giovani di difendere e di parlare della propria terra così come è capitato a me. Sono convinto che questo disegno di legge porterà a un'Italia diversa, porterà un protagonismo delle comunità locali, finalmente porterà la garanzia di una maggiore efficienza e di un'assunzione di responsabilità.

Oggi è un grande giorno per chi crede nei territori, per chi crede nelle comunità, per chi crede nell'efficienza, per chi crede nella libertà (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Toni Ricciardi.

TONI RICCIARDI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, Governo, Ministro Calderoli, avverto la solennità del momento, l'importanza di quello che stiamo dibattendo e di come lo stiamo dibattendo.

Ella, Presidente, mi consentirà di esprimere, a nome del gruppo del Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, la nostra ferma e convinta contrarietà a questo disegno di legge sull'autonomia differenziata. Questa contrarietà non è pregiudiziale né ideologica, anzi, credo che la storia del centrosinistra e della sinistra italiana sia dinanzi a noi a testimoniare come il principio delle autonomie territoriali faccia parte del DNA di questa parte del campo politico.

Venivano prima citati illustri statisti, lo dico al collega relatore per la maggioranza: fu Sturzo il primo a individuare il concetto di regione nel 1919 e ad introdurlo esattamente nel manifesto del Partito Popolare Italiano. Poi, ci fu l'inizio della fase repubblicana e quanto contribuì nel dibattito, anche nella definizione delle autonomie territoriali, la lunga storia del centrosinistra e della sinistra in generale in questo Paese. Tuttavia, la nostra contrarietà, Presidente, parte da un elemento di fondo, che va sottolineato anche in questa sede, colleghe e colleghi.

Dal punto di vista metodologico, sono stati ricordati i tempi della discussione del provvedimento: sono stati presentati quasi 2.400 emendamenti, il gruppo del Partito Democratico ne ha presentati 240 in segno di responsabilità nei confronti dei lavori che stavamo svolgendo. Su quasi 2.400 emendamenti, ne sono stati discussi e votati solo 70, poco meno del 3 per cento. Rispetto a un momento così solenne, così importante, abbiamo dato e offerto tutta la nostra disponibilità, affinché si potesse discutere e approfondire la questione per dare il contributo costruttivo, non distruttivo, dell'opposizione, ma questo, purtroppo, non c'è stato concesso né riconosciuto. Ma arriviamo ai punti di merito, Presidente.

La nostra profonda e convinta contrarietà a questo provvedimento nasce, sostanzialmente, dai seguenti punti, che sono stati ampiamente sollevati. Io credo di non ricordare, a memoria, un numero tale di audizioni in cui la quasi unanimità dei pareri contrari a questo provvedimento sia stata quasi totale. Allora, quali sono i punti di merito sui quali solleviamo profondissime perplessità? Il primo: il ruolo del Parlamento. Con questo provvedimento, la funzione legislativa assembleare viene completamente svuotata. Si mette in campo una procedura per la quale il centralismo governativo dell'Esecutivo nazionale, insieme al centralismo dell'esecutivo regionale, determinano il futuro di interi territori, sminando completamente ogni possibilità di intervento da parte della funzione legislativa, che costituzionalmente è riconosciuta.

Secondo: la determinazione dei LEP (anche prima ho sentito citarli). Faccio mia la riflessione del collega Cuperlo, che, durante i lavori in Commissione, ha avanzato una controproposta: invece di chiamarli LEP, livelli essenziali di prestazione, chiamiamoli livelli uguali di prestazione. Non è una questione esclusivamente terminologica. Cosa significa, colleghe e colleghi, “livello essenziale”? Mi verrebbe da fare il paragone medico, per cui devo garantire il minimo di ossigeno possibile per mantenere in vita dei territori. Il livello uguale di prestazione significa rispettare e far capo al comma secondo dell'articolo 3 della Carta costituzionale: devo poter garantire e abbattere ogni ostacolo, senza distinzione di sesso, di razza, di appartenenza religiosa o territoriale. La differenza tra “essenziale” e “uguale” è esattamente qui.

Terzo punto: perché viene utilizzato lo strumento della legge ordinaria? L'articolo 138 della nostra Costituzione ce lo rappresenta chiaramente, colleghe e colleghi: se tu vuoi modificare il quadro normativo, se tu vuoi modificare i caratteri fondativi di questa nostra Repubblica, devi utilizzare una prassi di rango costituzionale. Non lo dico io, lo dicono le fonti del diritto, lo dicono le fonti costituzionali del nostro Paese.

Ancora, punto quarto. Più volte in Commissione, anche questa mattina, da chi mi ha preceduto ho sentito parlare di una sorta di regionalismo competitivo, come se noi potessimo mettere in competizione, come se fossimo dinanzi all'offerta di prodotti di mercato, l'erogazione di servizi che servono, a loro volta, a garantire diritti fondamentali alle persone.

Però, sia in Commissione durante le audizioni sia durante le fasi di analisi, pur limitata, come ho ricordato prima, degli emendamenti, abbiamo posto una domanda al Ministro Calderoli: ci spiegate la fattispecie scolastica? Se metà delle regioni chiedono delle deleghe e l'altra metà non le chiedono, ci spiegate i Ministeri che fine fanno? Ci spiegate come facciamo a evitare che si metta in piedi uno Stato o una Repubblica che potremmo definire Arlecchino? Soprattutto, come si fa a immaginare e a professare un regionalismo competitivo tra diseguali? Allora, nella competizione, se deve essere competizione leale, tutti devono poter partire come nell'atletica, cioè tutti devono poter partire ai nastri di partenza dallo stesso livello e questa cosa non c'è e non c'è nemmeno nell'individuazione dei LEP. Attenzione, perché i LEP vanno finanziati. Da stime fatte, servirebbero tra gli 80 e i 100 miliardi l'anno per far funzionare i LEP - ripeto, l'anno - e qualcuno ci deve ancora spiegare dove verranno trovate queste risorse.

Quinto punto: accertamento esecutivo delle funzioni legislative. Noi stiamo concentrando tutto negli esecutivi, privando il livello territoriale e il livello centrale della funzione legislativa.

Ma arriviamo ai punti nodali. Guardate, tanto la nostra contrarietà non è pregiudiziale, che il centrosinistra nel 2001 attua la riforma del Titolo V. Dopodiché, io sottolineo - ma è un giudizio personale, strettamente personale - che probabilmente già all'epoca lo si poteva capire ma a distanza di 20 anni, con un'analisi empirica dei fatti, possiamo ritenere che il regionalismo sanitario è stato probabilmente un errore o probabilmente non è stato adottato o applicato. La riforma non è stata completata e probabilmente i risultati sono sotto gli occhi di tutti, perché le diseguaglianze tra Nord e Sud sono cresciute e non si sono ridotte. Sebbene siano stati determinati nel 2017, ancora oggi i LEA, i livelli essenziali di assistenza, non sono garantiti e non lo sono non perché viviamo in un sistema centralistico, perché sono oltre 20 anni che la sanità è regionalizzata. Questa è la controprova che una crescente autonomia, non governata in maniera adeguata, privando il livello centrale della possibilità di intervento, produce e aumenta - non riduce - le diseguaglianze territoriali. Questo ci è dato anche dai piani di rientro. Praticamente tutte le regioni meridionali, tranne la Basilicata, hanno subito il piano di rientro. Allora, colleghi, delle due l'una: o noi siamo convinti, per quello che sentivo anche prima, che Banfield avesse ragione, e, quindi, certifichiamo che il familismo amorale è una questione che riguarda un pezzo del Paese o, probabilmente, c'è qualcosa di più profondo che non funziona.

Infine, non si rispettano nemmeno i dettati del PNRR. Colleghe e colleghi, se questo Paese ha ricevuto le risorse che gli sono state assegnate, non le ha ricevute per il livello di produttività e di qualità di alcune aree ma per colmare le diseguaglianze del Mezzogiorno e delle aree interne. Peccato che quelle risorse non vengano destinate a quei territori ma, come spesso è accaduto nella storia di questo Paese, vengono spostate ad altra parte.

Settimo punto: l'istruzione parcellizzata. Guardate, se c'è un principio costituzionale che ha unito il Paese è l'istruzione, è la scuola pubblica, la possibilità offerta a bambine, bambini, ragazze e ragazzi di potersi formare senza distinzione di censo e senza distinzione di appartenenza. Qualcuno ci spieghi quale futuro identitario e culturale di questo Paese si può avere con 20 sistemi scolastici diversi, per non entrare, poi, nel merito delle differenziazioni tra i docenti delle aree più avvantaggiate rispetto ai docenti delle aree svantaggiate.

Ottavo punto: l'incongruenza finanziaria. Non esistono riforme senza le risorse e non si colmano le diseguaglianze territoriali senza dimostrare dove si prendono le risorse e come si investono. Però, Presidente, ogni riforma - la sacralità del momento mi obbliga a farlo - ha un padre e questa riforma ha un padre. Vengo a lei, Ministro Calderoli. Come le ho ricordato in Commissione, il suo agire mi ha generato due sentimenti: il primo, di rispetto e, il secondo, di profondo disprezzo. Io la rispetto e noi la rispettiamo perché, per come ha seguito i lavori, anche se è stato eccessivamente afono in Commissione, è stato sempre presente. Io non ricordo un Ministro con una tale costanza di presenza nel seguire i lavori. La rispetto anche perché credo che lei sia uno dei pochi politici ancora in attività di una specchiata coerenza. Tutto quello che sta compiendo, in questi mesi e in questi giorni, lei lo ha sempre dichiarato. Ha iniziato a dichiararlo nel 1994, quando diede alle stampe un suo libro dal titolo evocativo, Mutate Mutanda, nel quale dichiarava esplicitamente il perché lei sarebbe venuto a Roma: per distruggere il sistema sanitario nazionale. Ancora, qualche anno dopo, nel 2006, in una famosissima intervista rilasciata al Corriere della Sera - all'epoca era dal punto di vista verbale molto più duro ma dal punto di vista legislativo molto meno pericoloso mentre oggi la storia ribalta la condizione - le fu rivolta una domanda: ci spiega, Calderoli, che cosa pensa della secessione? Lei rispose, giustamente, da medico qual è: guardi, l'Italia è come un corpo affetto da cancrena e quando c'è la cancrena devi tagliare alto e per me il taglio deve avvenire al massimo all'altezza di Pesaro. È esattamente quello che sta accadendo. Però, Ministro, il disprezzo profondo è per la narrazione costruita. Lei è uno dei massimi esponenti del suo partito e uso le parole - mi avvio a chiudere, Presidente - del professor Paolo Barcella, dell'università di Bergamo, che nel suo libro La Lega sottolinea e coglie il punto, cioè che lo scopo della Lega è stato, a un certo punto, sostituire e far immaginare agli italiani che la questione meridionale fosse scomparsa e che fosse emersa una questione settentrionale. Questo accadde esattamente negli anni Ottanta e sul finire degli anni Ottanta, speculando sulla più immane tragedia della storia repubblicana che fu il terremoto dell'Irpinia.

Però, Presidente, chiudo così, perché serve un po' di memoria in questo Paese. Tra il 26 e il 27 gennaio 1970, esattamente da questi banchi, ci fu un grande personaggio politico che intervenne. Si parlava di regionalismo e, quando all'epoca la politica abitava ancora questi luoghi, fece un intervento complessivo di 9 ore, avvertendo il Parlamento del rischio che se le regioni fossero state politicizzate, se le regioni fossero divenute luoghi di legislazione e di spesa, se fossero stati moltiplicati i centri di spesa il debito pubblico sarebbe scoppiato. Ebbene, il debito pubblico di questo Paese è esploso nel 1975, a distanza di 50 anni. Questo politico della Prima Repubblica ha avuto ragione. Sa chi era, Presidente? Era Giorgio Almirante.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

TONI RICCIARDI , Relatore di minoranza. Allora, mi rivolgo alle colleghe e ai colleghi di questo Governo: abbiate rispetto e memoria della vostra storia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva di farlo in un secondo momento. È iscritto a parlare il deputato Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Ministro Calderoli, colleghi deputati, sull'autonomia differenziata molto si è detto e ancora di più si è polemizzato e non da oggi e nemmeno da questa legislatura, visto che la questione si è posta in maniera molto concreta nel 2017, con lo svolgimento dei due referendum nelle regioni Veneto e Lombardia. Alla luce di questo, è utile partire da una domanda, estremamente chiara e semplice. Serviva una legge in materia di autonomia differenziata? La risposta, per quanto riguarda Forza Italia, è “sì” e per due motivi. Il primo è di natura costituzionale. Il terzo comma dell'articolo 116 prevede, infatti, che nelle materie a legislazione concorrente possano essere attribuite alle regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, stabilendo altresì che questa devoluzione debba essere approvata con legge, sulla base di una intesa tra lo Stato e la regione interessata. Si tratta di un principio - perché la Costituzione pone princìpi - che deve essere attuato con una legge specifica, proprio al fine di garantire tutti i diritti e gli interessi che possono essere ricompresi all'interno di questo dettato costituzionale. Il secondo motivo è che ci sono già state iniziative concrete da parte di alcune regioni, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, che hanno portato alla stipula di intese preliminari tra queste e il Governo Gentiloni, nel 2018. Molti ricorderanno non solo le polemiche, ma, in alcuni casi, l'incertezza che c'era su quali fossero i poteri del Governo nell'ambito dell'individuazione delle materie che dovessero essere oggetto di intesa e anche su quale dovesse essere l'iter legislativo sulla base del quale il Parlamento avrebbe dovuto approvare l'intesa. All'inizio della scorsa legislatura ci fu un dibattito, che non riguardò solo la politica, ma anche la dottrina, in merito al fatto se la legge di approvazione dovesse limitarsi ad approvare o respingere, sul modello delle ratifiche dei trattati internazionali, ovvero se il Parlamento, in quanto detentore del potere legislativo, potesse anche modificare i contenuti dell'intesa. L'approvazione di una legge come quella oggi in esame dà una risposta ai dubbi e alle incertezze che, legittimamente, erano emersi. Individua un metodo, un percorso, un iter, che sarà sempre lo stesso per tutti e non lascerà spazio all'interpretazione, che potrebbe essere più o meno influenzata dalla contingenza del momento. Se mi consentite una metafora, invece di camminare di notte lungo una strada buia, affidandosi esclusivamente alla luce della luna, questa legge pone e accende una serie di lampioni che definiscono i bordi della strada e che ci consentono anche di evitare qualche eventuale buca.

Sul contenuto e sull'importanza di alcuni aspetti di questa legge tornerò tra poco. Prima di farlo, però, ritengo necessario affrontare, in premessa, un altro tema generale, che pure è da anni al centro del dibattito. L'autonomia differenziata spacca l'Italia? Questa legge, nello specifico, è uno strumento che vuole favorire le regioni più ricche e abbandonare a sé stesse le regioni con meno risorse? Inutile nasconderci dietro a un dito. Il tema centrale dell'autonomia è questo. Le polemiche roventi che continuano a divampare, favorite ancora di più dalla campagna elettorale, su questo si basano. Dunque, per chi partecipa a questo dibattito parlamentare, è doveroso, politicamente e intellettualmente, rispondere a questa domanda. La risposta di Forza Italia è: “no”. Questa legge non solo non spaccherà l'Italia, né consentirà in maniera mascherata la secessione dei ricchi, per citare un saggio sul tema, del 2019. Al contrario, garantirà i diritti di tutte le regioni e di tutti i cittadini italiani e offrirà a tutti un'opportunità. Forza Italia, pur rispettosa dei vincoli di maggioranza, non avrebbe mai consentito di approvare una legge che favorisse una parte del Paese a danno di un'altra. In tal senso, non è un mistero che sul testo iniziale alcuni passaggi della proposta di legge suscitassero in noi più di una perplessità, passaggi e temi che abbiamo approfondito, con specifiche riunioni di partito, sulla base delle quali il nostro gruppo al Senato ha svolto un grandissimo lavoro, traducendo quelle perplessità in emendamenti che ora sono articoli di questa legge. A tal proposito, ritengo doveroso ringraziare, non formalmente, i senatori di Forza Italia per il lavoro svolto e, a nome di tutti, il senatore Mario Occhiuto, che ha seguito questo provvedimento, mi verrebbe da dire, centimetro per centimetro. Questo lavoro non è stato facile e Forza Italia, in alcune occasioni in Commissione al Senato, ha votato in dissenso dagli altri gruppi di maggioranza su temi che poi sono stati approvati da tutti in Aula.

Mi scuserete se scomodo un concetto politico di grande rilievo, ma credo che in un dibattito come quello attuale si debba avere il coraggio di farlo. Questo concetto è il riformismo, un tema che una volta era caro al centrosinistra. Quando si pone mano alle riforme, quelle vere, è inevitabile che vi siano resistenze e, in alcuni casi, paure anche molto forti, perché il cambiamento, quello vero, genera fisiologicamente incertezza, ma è in questi momenti che si vede chi davvero crede nelle riforme. Uno dei principali problemi dell'Italia, da sempre, è quello di fare riforme e su questo terreno si sono impantanati Governi di tutti i colori, perché quando le polemiche superano un certo livello, quando le campagne di stampa si intensificano è difficile mantenere la barra a dritta. Approvare una legge sull'autonomia è una riforma vera. Approvare una legge sull'autonomia è, a nostro avviso, doveroso, non per favorire qualcuno, ma per garantire tutti.

La questione meridionale non si pone oggi, con l'autonomia, e non è nata neppure con il federalismo. Si pone immediatamente a seguito dell'Unità d'Italia e tale è più o meno rimasta anche nell'Italia repubblicana. Se le soluzioni adottate fino a oggi non sono state in grado di risolvere il problema forse è arrivato il momento di cambiare schema e di considerare che avere più spazi di autonomia, all'interno di una cornice in cui le risorse per i servizi fondamentali debbono essere uguali per tutte le regioni, da Nord a Sud, può rappresentare un'opportunità per valorizzare determinati talenti.

Passiamo ora a esaminare cosa prevede nello specifico il testo sul quale stiamo dibattendo e, in primo luogo, soffermiamoci su alcune clausole di garanzia, che potremmo definire veri e propri caveat. In primo luogo, al comma 3 dell'articolo 3 vi è un elenco dettagliato di materie per le quali dovranno essere definiti i LEP. Un elenco, questo, che nel testo iniziale non c'era e che è stato inserito grazie a un emendamento di Forza Italia. Per queste materie non si potrà procedere alla definizione di intese finché i LEP non saranno stati definiti. Non solo, ma l'articolo 4 del disegno di legge specifica che se dalla definizione dei LEP deriveranno nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, si potrà procedere al trasferimento di funzioni solo dopo che siano state assicurate, tramite provvedimenti legislativi, le risorse necessarie a garantire gli stessi livelli essenziali su tutto il territorio nazionale, comprese le regioni che non hanno sottoscritto le intese. Anche questa è una norma che nel testo iniziale non c'era e che è stata inserita nel corso dell'esame in Senato.

Giova citare, altresì, l'articolo 9 che al comma 3 specifica che per le regioni che non siano parte delle intese è garantita l'invarianza finanziaria, nonché il finanziamento delle iniziative finalizzate ad attuare le previsioni previste dall'articolo 119, terzo, quinto e sesto comma della Costituzione, specificando, inoltre, che le intese in ogni caso non possono pregiudicare l'entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre regioni, anche in relazione ad eventuali maggiori risorse destinate all'attuazione dei LEP.

Alla luce di queste disposizioni e nel rispetto delle posizioni di tutti, mi sento di poter dire che la maggior parte delle polemiche sollevate attiene più alla propaganda che alla realtà fattuale. Detta in maniera pragmatica, delle due l'una: o si troveranno le risorse necessarie per garantire su tutto il territorio nazionale gli stessi livelli di prestazioni essenziali, e in questo caso sarà una grande riforma, oppure, l'autonomia differenziata rimarrà ben ferma sulla carta e questo sarà possibile, e lo dico a chi si oppone a questo disegno di legge, proprio grazie alla sua approvazione. Senza legge, invece, l'equità e l'invarianza da Bolzano a Canicattì non sarebbero garantite come non lo erano ai tempi delle intese del 2018.

Veniamo a un altro aspetto ugualmente importante di questa legge: mi riferisco alla procedura che viene delineata per arrivare alla devoluzione di maggiori funzioni alle regioni. I passaggi individuati sono ben dieci. Questo significa che da quando una regione attiverà le procedure per proporre allo Stato una proposta di maggiore autonomia a quando il Parlamento la approverà definitivamente con legge, presumibilmente, si può ritenere che nel frattempo saranno stati rinnovati consiglio e giunta della regione che ha avviato l'iter; sarà cambiato il Governo e il Parlamento che voterà la legge non sarà lo stesso rispetto a quello che ha esaminato la prima bozza di intesa. Perché sottolineo questo dato temporale? Perché consentirà una decisione estremamente ponderata e approfondita che esulerà, a tutti i livelli, dalle maggioranze politiche del momento e dai colori delle giunte e dei Governi.

Nell'ambito di questo iter estremamente articolato, mi voglio soffermare su due passaggi in particolare, che ritengo particolarmente rilevanti. Il primo riguarda le funzioni specifiche attribuite al Presidente del Consiglio, funzioni che nel testo iniziale non erano previste e che anche in questo caso sono state inserite a seguito dell'approfondito esame svolto in Senato. Il Presidente del Consiglio dovrà, nel negoziato con le regioni, tutelare l'unità giuridica ed economica del Paese e a tal fine potrà stralciare una o più materie dalla proposta iniziale avanzata dalla regione. Si tratta di un presidio di fondamentale importanza che subito, nella prima fase ascendente del negoziato, attribuisce un potere contrattuale estremamente forte al Capo del Governo, potere che inevitabilmente diverrà ancora più ampio nel caso di un Presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini.

L'altro passaggio che merita di essere sottolineato è l'approvazione parlamentare a maggioranza assoluta dei componenti. Anche in questo caso, il Parlamento costituirà un ulteriore presidio di garanzia nel senso che, a fronte di un'eventuale intesa, in ipotesi ritenuta dannosa per una serie di altre regioni, i parlamentari di quelle regioni, al di là delle appartenenze di schieramento, è probabile che possano assumere una posizione comune. Su questo specifico passaggio, per rafforzare ulteriormente la libertà di scelta parlamentare, si potrebbe riflettere su un atto di indirizzo trasversale o su un intervento in sede di riforma del Regolamento che precluda la possibilità di porre la fiducia sulla legge di approvazione di un'intesa relativa all'autonomia differenziata. È una riflessione che potremo approfondire insieme.

Venendo alla conclusione, colleghi, Forza Italia non ha preoccupazioni di sorta su questo disegno di legge che, altrimenti, non avremmo votato in Senato e neppure nel passaggio in Commissione. Il testo è stato migliorato notevolmente e, come ho avuto modo di illustrare, carte alla mano, messo in sicurezza anche a seguito del contributo determinante svolto dal nostro gruppo al Senato. Sicuramente, qualche limatura era ancora possibile, penso ad esempio al doppio binario previsto per la determinazione dei LEP e delle due l'una: o si sceglie la strada della delega legislativa, oppure quella già prevista a legislazione vigente. Mantenere in piedi l'una e l'altra non è una grande trovata dal punto di vista della qualità normativa. Su questo specifico aspetto, valuteremo se presentare eventualmente un ordine del giorno specifico.

Concludendo, colleghi, quando un Parlamento vara riforme importanti e strutturali vuol dire che è in salute nel suo complesso. Certamente, lo schieramento che le approva se ne assume la responsabilità politica davanti ai cittadini, i quali giudicheranno, come sempre, con lo strumento del voto. In questo senso, oggi, avviamo il dibattito sull'autonomia differenziata e al Senato sta per approdare in Aula la riforma del cosiddetto Premierato, riforme alle quali Forza Italia ha contribuito attivamente, ma che ha anche difeso numericamente. Riteniamo sia ormai giunto il momento di procedere anche al terzo pilastro di riforme, che è quello della giustizia e, nello specifico, della separazione delle carriere. Il Ministro Nordio, e con lui il Governo, si è impegnato ormai da diverso tempo a presentare un provvedimento e alla luce di ciò è stato sospeso l'esame delle proposte di iniziativa parlamentare. Siamo sicuri che ciò accadrà quanto prima.

Oggi, intanto, discutiamo un provvedimento che rappresenta un passo in avanti importante nella giusta direzione. Noi continueremo a vigilare, come ha affermato il nostro segretario Antonio Tajani, affinché l'autonomia differenziata sia una scelta e un'opportunità a vantaggio di tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata De Monte. Ne ha facoltà.

ISABELLA DE MONTE (IV-C-RE). Presidente, Sottosegretario, Ministro, colleghi e colleghe, oggi, si apre il sipario su uno spettacolo purtroppo non edificante, che porta il nome di autonomia differenziata. Non ci è piaciuto il modo in cui si è arrivati a questa giornata, però, vorrei partire da alcune considerazioni più generiche sull'autonomia, perché io provengo dal Friuli-Venezia Giulia e mi considero un'autonomista, sono favorevole alle autonomie. Penso che la ragion d'essere di queste autonomie esista ancora; naturalmente in questo caso parliamo di un'autonomia speciale e nel caso del Friuli-Venezia Giulia si è arrivati ad essere autonomia per ragioni identitarie, per ragioni linguistiche, devo dire, anche, purtroppo, per ragioni del nostro confine orientale che ha portato a conseguenze anche molto dolorose. Come dicevo, queste ragioni esistono anche oggi e non c'è dubbio che, comunque, vi siano alcune rivendicazioni anche di altre regioni a statuto ordinario di andare nella medesima direzione.

Il Friuli-Venezia Giulia ha una storia anche politica in tal senso. Ricordo in particolar modo il Movimento Friuli; io provengo da Pontebba, che ha dato i natali a Fausto Schiavi, uno dei maggiori esponenti di questo partito, appunto, diventato tale da movimento, che ha portato anche a scelte significative e ha cambiato il territorio, la storia, la cultura nonché l'istruzione, determinando la nascita dell'Università di Udine, ad esempio.

Quindi, c'è questa storia molto importante dei nostri territori che dobbiamo tener presente; allo stesso modo, però, dobbiamo anche dire che la storia non è stata sempre di questo tipo. L'autonomia della regione è arrivata nel 1963, quindi, 15 anni dopo la Costituzione, dove era prevista nella X disposizione transitoria. Non sono stati una storia e un percorso molto facili, anche perché, allora, ad esempio, il Movimento Sociale Italiano era una forza politica contraria; era particolarmente radicata a Trieste ed era contraria al riconoscimento di queste autonomie nonché al riconoscimento del bilinguismo.

Devo anche aggiungere, però, che l'atteggiamento nei confronti delle regioni e delle province autonome non è sempre stato positivo. Io ricordo anche dibattiti nella XVII legislatura, quando alcune regioni venivano considerate privilegiate per il fatto di avere compartecipazioni finanziarie e, quindi, anche una maggiore autonomia nella scelta delle politiche da attuare territorialmente. Però, dicevo, è giusto che ci sia un percorso di autonomia anche da parte delle altre regioni. Sappiamo che questa iniziativa è stata assunta da regioni importanti del Nord, quali Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, peraltro anche con appartenenze politiche diverse nel loro governo e anche - questo è giusto sottolinearlo - con un'importante condivisione da parte dei cittadini, perché si sono tenuti referendum che hanno avuto una notevole partecipazione e anche un'espressione molto chiara della direzione nella quale si vuole andare.

Adesso farò una osservazione, però, riguardo all'opportunità. Anche qui, devo dire, ci sono opportunità di andare in un senso più vicino e più prossimo al cittadino. La domanda che ci dobbiamo tutti fare è se sia meglio che ci sia un'amministrazione in capo alle regioni, piuttosto che allo Stato. Oggi io porterò esempi pratici. Ritengo che, a livello di Stato, ci sia molto, ma molto da fare. E quindi, forse, la nostra attenzione dovrebbe essere posta a questo livello, piuttosto che pensare di rinunciare e abbandonare quella strada. Un primo esempio è rappresentato dai progetti del PNRR, perché nella mia regione c'è prevalenza di comuni medio-piccoli, che quindi hanno meno capacità finanziaria e meno capacità organizzativa. Però, nell'ambito del Piano di ripresa e resilienza, coerentemente a quello che è stato previsto a livello statale, sono stati presentati progetti che seguivano le indicazioni date dall'Europa, e quindi hanno realizzato quanto previsto. Oggi, però, c'è una grossa difficoltà nell'arrivare alla liquidazione di questi contributi e di questi fondi. La realtà con cui noi dobbiamo fare i conti è che questi comuni si rivolgono ai Ministeri, cercando di avere risposte, con i loro bilanci in grave difficoltà, e le risposte da parte dello Stato non arrivano. Allora, probabilmente, se ci fosse stato un interlocutore regionale, magari conoscendo l'assessore o, comunque, andando nella sede regionale e contattando i funzionari, forse questi problemi non vi sarebbero stati. Però, sarebbe opportuno - e tramite lei, Presidente, mi rivolgo al Governo - che ci fosse un'attenzione molto più alta di quella che avete oggi, perché comunque la nostra struttura amministrativa è questa ed è fatta anche di piccoli e medi comuni.

L'altro esempio che vorrei fare riguarda il turismo. Io sono tra i sostenitori dell'esistenza del Ministero del Turismo. È una competenza, lo sappiamo, anche regionale. Ma oggi abbiamo un Ministero. E devo dire che, in maniera molto intelligente, si è pensato alla creazione, finalmente, di un Ministero autonomo, perché nella storia abbiamo avuto abbinamenti all'Agroalimentare e ai Beni culturali, ma la scelta è stata determinata in questo senso, in questo mandato, in questa legislatura. Lo considero un fatto positivo, perché in Italia, lo abbiamo sempre detto, il turismo è il nostro petrolio, è la nostra ricchezza, e produce un indotto che, complessivamente, arriva al 10 per cento, determina molti posti di lavoro. E io aggiungo anche che non delocalizza: è un'economia che, a differenza di altre, che purtroppo vediamo spostarsi in altre realtà, è ben presente nella nostra realtà italiana. Ebbene, si è fatta questa scelta, trascuriamo e tralasciamo le campagne a volte non perfette, ma per dire che, quando ci si cimenta nella pubblicazione di avvisi, anche qui bisogna essere seri. E faccio un riferimento specifico, oggi, all'avviso di “Montagna Italia”, che è stato pubblicato nel luglio 2022. Domandiamoci cosa sarebbe accaduto - mentre racconto quello che è successo - se la pubblicazione fosse stata regionale. Viene pubblicato questo bando, il seguito non è proprio poco accidentato, anzi, si arriva alla pubblicazione di una graduatoria provvisoria dei ricorsi, e di una graduatoria definitiva. Però, cosa dice anche il bando? Dice che, a febbraio 2024, il Governo, ossia il Ministero, avrebbe dovuto monitorare il corretto svolgimento di questi progetti. Siamo a maggio 2024 e non solo non c'è questo controllo, ma non c'è neanche la stipula delle convenzioni per l'erogazione dei fondi. Cioè, questo è quello che noi abbiamo oggi come struttura ministeriale. Allora, cosa devono dire i beneficiari, che in questo momento stanno attendendo inutilmente? Oltretutto, stanno attendendo senza neanche avere una risposta dal Ministero. Presidente, in 5 anni di Parlamento europeo, non mi è mai capitata una volta, dico una, di rivolgermi alla Commissione europea senza avere una risposta. Allora, Governo, forse, ripeto, un'attenzione in questo senso andrebbe messa, piuttosto che pensare a delegare e, come dire, ad abdicare a un ruolo che oggi non è esercitato in maniera corretta.

Per ultimo, sappiamo bene che, quando noi ci ritroviamo ad approvare emendamenti in Commissione, dobbiamo spesso attendere il parere del MEF, parere che non arriva. Allora, l'interrogativo che dovete porvi è esattamente questo: lo Stato deve innanzitutto essere efficiente, prima di porsi il tema di delegare funzioni alle regioni, perché questa dev'essere una conseguenza, dev'essere un'ulteriore ottimizzazione di quello che si vuole fare. E arriverò - visto che abbiamo parlato di migliori funzioni e, tra l'altro, questo avviso “Montagna Italia” riguarda fondi europei - al tema europeo. Infatti, a livello europeo - e questo è un ulteriore elemento che ci deve far riflettere in senso positivo sull'autonomia - esiste il concetto della sussidiarietà. In sostanza, si dice: in un momento in cui gli Stati membri sono più capaci e più idonei a realizzare le funzioni, allora queste devono essere esercitate dagli Stati membri, mentre quando si ravvisi l'opportunità di una migliore efficienza a livello europeo, allora è giusto che questa funzione, naturalmente nel caso delle funzioni concorrenti, venga esercitata allo stesso livello europeo. Ed è il motivo per il quale esiste anche una differenza degli strumenti, cioè spesso si utilizzano gli strumenti dei regolamenti, piuttosto che delle direttive, perché le direttive non solo pongono gli obiettivi e quindi lasciano la “discrezionalità” agli Stati di realizzarli come meglio ritengono, ma possono anche stabilire forme temporali diverse. Ebbene, questo è un punto. Perché lo dico? Perché è una situazione molto simile a quella che noi ci troviamo ad affrontare anche nelle materie che poi andrò a toccare, senza contare che l'“autonomismo” esiste a livello europeo. È vero che ci sono Stati, come la Slovenia, che non hanno un livello regionale, ma esistono realtà - pensiamo ad esempio ai Länder tedeschi o alle regioni della Spagna - in cui questa autonomia si è indubbiamente realizzata in maniera molto forte. E anche a livello europeo questa spinta c'è stata, cioè, di fronte a una iniziale difficoltà, o chiamiamolo scetticismo, comunque si è sviluppata una crescente attenzione verso le regioni e verso le autonomie, tant'è vero che si è rafforzata anche la funzione del Comitato delle regioni, che, indubbiamente, ha ancora una funzione consultiva, quindi di pareri, però comunque è una funzione crescente.

Veniamo, però, alle anomalie: tutti gli elementi positivi risiedono nelle finalità, dopodiché dobbiamo anche tenere conto delle anomalie che vediamo in questo percorso legislativo. Innanzitutto, l'iniziativa: come dicevo, è paradossale che lo Stato riconosca la propria inefficienza, e difatti si tratta di un disegno di legge del Governo. Forse sarebbe stato preferibile che l'iniziativa fosse legislativa: uno o più deputati, uno più senatori, l'incardinamento, il procedere dell'iter. E invece no: è come se fosse un'ammissione di inadeguatezza e di incompetenza. E quindi siamo arrivati a questo punto, che mi sembra davvero grave. E poi, così, per proseguire sulle anomalie, l'iter: è vero che alcune modifiche sono state introdotte al Senato, ma poi, arrivando qui alla Camera, si è fatta veramente la gara ad arrivare prima, con il contingentamento dei tempi. I gruppi hanno scritto una lettera, opponendo questa scelta. E stiamo parlando di un disegno di legge non proprio ordinario, cioè nella forma è, sì, procedura ordinaria, ma nella sostanza è, comunque, qualche cosa che cambia l'identità di un Paese.

E poi, dicevo, la discussione: una innovativa, definiamola così, doppia lettura sequenziale. Infatti, in Commissione, Presidente, sappiamo essersi registrato un fatto molto grave, ossia una doppia approvazione dell'ormai famigerato emendamento 1.19, a firma della collega Auriemma, che viene votato 2 volte. Viene votato 2 volte! I colleghi penso possano confermare, soprattutto coloro che sono in Commissione, che la seconda approvazione è avvenuta, peraltro, con membri diversi da quelli che hanno votato la prima volta - credo che questa sia una forzatura non accettabile -, per poi concludere con la famosa tagliola, per cui si è fatto un esame davvero minimale, numericamente, degli emendamenti, per arrivare in fretta e furia alla discussione generale di quest'Aula.

Valutato tutto questo, dico che il Parlamento non può essere il luogo dove si scaricano i problemi della Lega, perché sappiamo bene che questi problemi esistono; esistono internamente. C'è una campagna elettorale, c'è una prospettiva di riduzione di consenso, c'è una prospettiva di riduzione degli eurodeputati, quindi si vuole marcare, diciamo così, il risultato identitario tipico della Lega, come a dire: “andiamo verso i territori e otteniamo il risultato che abbiamo sempre cercato”. Questo non mi meraviglia. Mi meraviglia, però, che ci sia un consenso da parte degli altri partiti che compongono la maggioranza, che sono acquiescenti a questa sorta di scambio, a questa merce elettorale che oggi vediamo mettere in campo.

E poi il messaggio, neanche tanto recondito, di questo disegno di legge: il Sud impari a correre. Questo sembra dire il disegno di legge oggi in discussione. Ci sono stati pregressi indubbiamente importanti, la Cassa del Mezzogiorno, tutti i provvedimenti, anzi, direi i fondi che puntano alla coesione europea, dai progetti obiettivo a quelli attuali, per i quali non si vedono risultati; pertanto si crea uno strumento tale da invitare a una maggiore produttività, a una maggiore produzione anche di quelle che poi saranno le compartecipazioni tributarie, per poi quindi avere una proporzionalità dei servizi, quindi un riscontro ai cittadini di quello che si è in grado di produrre come amministrazione regionale.

Credo, però, che questa sia la strada completamente sbagliata da seguire perché non siamo più nell'era del 1948, né in quella del 1963. Oggi esistono strumenti diversi da mettere in campo e questi strumenti sono anche innovativi. Diciamo che uno di questi si è sviluppato in modo particolare durante la pandemia, e sarebbe lo smart working. Se vogliamo una svolta al Sud, anche in termini di lavoro, dobbiamo cercare quello che oggi abbiamo nella disponibilità di poter realizzare. Certo, c'è bisogno di infrastrutture, c'è bisogno di più servizi, però dobbiamo anche creare le opportunità affinché il lavoro si possa creare con quegli strumenti che oggi noi abbiamo nella totale nostra disponibilità.

E invece questo Governo che cosa fa? Semplicemente archivia e annulla i risultati che ormai si sono prodotti, perché è vero che lo smart working non è uno strumento perfetto, è vero che noi dobbiamo creare i processi prima di tutto lavorativi, per poi aggiungerci lo strumento digitale, però il Sud ha creato questa opportunità. C'è anche una parola che è stata coniata, che è il south working, cioè il fatto di avere luoghi messi a disposizione dalle amministrazioni dove si possa svolgere la propria attività anche alle dipendenze di aziende del Nord, quindi di persone che, tutto sommato, ritornano nei luoghi d'origine, luoghi che naturalmente sono idonei anche a realizzare queste possibilità.

Quindi questa strada sarebbe tranquillamente percorribile, ma si è voluto annullarla completamente. Vorrei sottolineare che nel corso dell'esame del PNRR c'è stato anche un ordine del giorno che credo molti di noi avrebbero appoggiato, cioè il fatto di avere una particolare agevolazione per lo smart working nelle zone montane. Questo veramente non riguarda solamente il Sud, riguarda anche la mia regione, dove c'è lo spopolamento, dove c'è maggiore difficoltà lavorativa.

Tutto sommato, potremmo creare dappertutto, dove c'è una minore opportunità, dove c'è una maggiore debolezza economica, questa opportunità. E invece, ripeto, si è voluto annullare questo strumento. Questo annullamento, devo dire, è stato progressivo e, a onore del vero, ha prodotto effetti negativi anche per quanto riguarda l'occupazione femminile, perché ricordo che la limitazione dello smart working ha determinato nel 2022 la perdita di 40.000 posti di lavoro femminile. Se dobbiamo essere coerenti e vogliamo dire che si agisce in una determinata direzione a supporto dei territori, dobbiamo anche fare sì che siano adeguatamente supportati.

Vorrei ritornare al tema della sussidiarietà. Perché torno su questo tema europeo? Perché riguarda questo disegno di legge in particolar modo nelle funzioni che poi vengono elencate nell'articolo 3. Dicevo che esistono principi che riguardano tutti gli Stati membri europei, e cioè il fatto che alcune materie debbano necessariamente avere una trattazione sovrastatale. Ecco quindi che vi sono, ad esempio, scelte che vanno nella direzione dei trasporti, delle infrastrutture, delle grandi reti di trasporto, ma anche scelte chiaramente di equità, per evitare che ci sia una concorrenza sleale, che attengono all'uniformità del mercato interno.

Quindi, secondo me, i punti critici della riforma sono innanzitutto questi. Come facciamo a parlare di deleghe di funzioni che attengono alle reti TEN-T, e sono infrastrutture, energia? Come facciamo a parlare di uno spacchettamento di competenze che riguardano il tema ambientale che, per definizione, non ha confini e addirittura è una materia che deve essere trattata a livello europeo? Come facciamo a creare una parcellizzazione delle competenze nella materia energetica, quando sappiamo bene che oltretutto la nostra esigenza è quella di avere una forza e un'omogeneità che noi abbiamo cercato a seguito delle crisi mondiali, ma anche alle nostre porte?

E poi, per quanto riguarda i trasporti, troviamo anche porti e aeroporti. Quello che ci è stato evidenziato in termini di scetticismo, a proposito di Europa, è che c'è un problema di controllo della spesa, cioè il fatto che si abbia una delega di funzioni a livello regionale può comportare tale rischio e questo, soprattutto alla luce delle novità anche del Patto di stabilità, ci deve non poco preoccupare. Il rischio che ci sia un minor controllo della spesa è, purtroppo, concreto. Ma c'è anche il rischio di avere meno trasparenza nei confronti dei cittadini; c'è il rischio di avere inefficienze economiche, perché, comunque, quando si parcellizzano le competenze, il rischio è concreto. Vi sono altresì rischi, come ci è stato evidenziato da chi rappresenta i loro interessi, che si creino difficoltà anche per chi opera come impresa a livello sovraregionale; noi dobbiamo pensare che creiamo regole che poi ognuno deve studiare, leggere, interpretare per poter fare investimenti. Quindi, secondo me, questo è davvero fuori dalla comprensione. Ma, ripeto, l'obiettivo è sicuramente condivisibile; è la scelta che, secondo me, è stata sbagliata. E questo perché? Perché abbiamo davvero una diversificazione eccessiva; i singoli negoziati riguarderanno differenti regioni, differenti materie, una per una; si avranno differenti intese e differenti commissioni paritetiche. Quindi vi sarà davvero una situazione, potremmo dire, a macchia di leopardo, molto problematica. È un sistema disordinato che moltiplica i problemi piuttosto che risolverli. Soprattutto dobbiamo garantire che non creeremo ulteriori soggetti ministeriali che non daranno risposte ai cittadini. Perché è ben vero, come è scritto nell'articolo 6, che si potrà avere un ulteriore decentramento, ma sappiamo bene, però, ancora oggi, che le regioni fanno fatica ad esercitare esclusivamente la loro funzione legislativa e programmatica, lasciando ai livelli più prossimi al cittadino, in realtà, le funzioni amministrative, come dovrebbe essere. Quindi questa, secondo me, è un po' teoria, ma nella pratica lascia molto a desiderare.

Vorrei concludere però con l'osservazione che, secondo me, si sta scrivendo purtroppo una brutta pagina per la democrazia, per il modo in cui è stato portato avanti questo iter di un provvedimento che non è un provvedimento qualsiasi ma delinea una nuova architettura di questo Paese e un nuovo funzionamento delle sue diverse articolazioni. Una volta che sarà avviato, soprattutto con le intese, creerà un processo difficilmente reversibile. Certamente è possibile che vi sia una revoca o un'azione da parte dello Stato o del Governo, però è ben vero - questo noi dobbiamo dircelo molto chiaramente - che, nel momento in cui vengono create anche delle agenzie, degli enti strumentali, delle realtà e anche delle occupazioni, questo diventa un sistema stabile, granitico, che difficilmente poi viene smantellato.

Questo purtroppo è il risultato nei contenuti ma è un risultato negativo - lo dicevo - anche nel processo, perché questa azione muscolare, questa forzatura nell'arrivare al 29 aprile per poter sbandierare un risultato secondo noi non corrisponde a quella che dovrebbe essere una buona attività legislativa ma anche una buona attività amministrativa e di governo. Per cui, auspichiamo che ci possa essere una diversa direzione da qui al giorno del voto perché, a proposito di spettacolo e di sipario che si chiude, sappiamo bene che l'orizzonte temporale è quello delle elezioni europee, delle cose da dire in campagna elettorale, da scrivere sui manifesti o sui volantini, ma poi la realtà dell'Italia, una volta che si disegna, è spesso appunto irreversibile. Quindi, è purtroppo un intervento di critica. Si sarebbe potuto procedere in maniera diversa e confidiamo che comunque, da qui al voto, ci possa essere uno spazio per una revisione (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo statale “Ammirato-Falcone”, scuola secondaria di primo grado di Lecce, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

È iscritta a parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.

ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signor Ministro, oggi, come stiamo vedendo, siamo qui per la discussione sulle linee generali del disegno di legge recante disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, già approvato dal Senato. Nella Commissione affari costituzionali, anche alla luce, Presidente, di quanto è stato detto in alcuni interventi che mi hanno preceduto, i lavori sono stati intensi e anche prolungati. Abbiamo iniziato, difatti, l'esame in sede referente nella seduta del 14 febbraio 2024 e, in quell'occasione, ha avuto inizio la discussione generale. Abbiamo svolto un considerevole ciclo di audizioni. Infatti, nel corso delle circa 65 audizioni, abbiamo potuto ascoltare esperti e professori universitari, presidenti di regione, associazioni di categoria, rappresentanti degli enti locali e del mondo dell'associazionismo, sindacati, ex presidenti della Corte costituzionale, comitati. Il tutto è avvenuto - lo ricordo ancora una volta - in 11 sedute per un totale di circa 21 ore. È poi ripresa la discussione generale, durante la quale tutti hanno potuto esprimere la propria opinione, la propria critica o il proprio apprezzamento. Alla fine sono state presentate circa 2.400 proposte emendative. Non commento. Nelle giornate del 24, 26 e 27 aprile, per un totale di oltre 18 ore, è proseguito l'esame del testo. Quindi, possiamo dire tutto, signor Presidente, tranne che il testo non sia stato ampiamente analizzato nei lavori della I Commissione. Mi permetto anche di ringraziare i relatori Urzi', Stefani e Paolo Emilio Russo che hanno portato avanti i lavori nella Commissione, molto spesso di fronte a un atteggiamento delle opposizioni che sono sembrate talvolta, o un po' più di talvolta, più interessate a parlare del metodo piuttosto che del merito. Non voglio dire di più perché non voglio entrare in polemiche che ritengo non aiutino il sereno confronto su un tema così importante. Ringrazio anche il Ministro Calderoli, che ha sempre partecipato ai lavori della Commissione ed è sempre stato presente.

Signor Presidente e onorevoli colleghi, permettetemi una breve digressione alla luce della quale risultano veramente incomprensibili gli allarmismi sociali lanciati costantemente dalle opposizioni. Noi oggi ci troviamo a parlare di una legge ordinaria - lo voglio mettere come primo dato - e non di una riforma costituzionale perché la riscrittura del Titolo V della Costituzione è stata attuata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, proprio da un Governo di sinistra. Questa rivoluzione istituzionale di cui si sente parlare ha un padre illustre che si chiama Massimo D'Alema, il quale era presente sia alla stesura del testo, elaborata dalla Commissione di cui era presidente, sia alla formulazione di detto progetto, in quanto Presidente del Consiglio dei ministri. Anche la sinistra, allora, era convinta che l'autonomia, una volta assicurate le prestazioni uguali su tutto il territorio nazionale, avrebbe permesso alle regioni di sviluppare al massimo le loro potenzialità. Ricordo che questa riforma avvenne alla fine del Governo dell'Ulivo che, una volta perse le elezioni, innestò una clamorosa marcia indietro. Tutti sappiamo che questa riforma, rimasta così incompleta, creò un'enormità di conflitti di attribuzione rispetto alla ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni, un vero e proprio groviglio di competenze. Eppure, è stata lasciata così.

Signor Presidente, mi permetta di ricordare a tutti noi un altro momento che confligge con l'attuale posizione della sinistra: era il 18 ottobre 2017 - abbiamo tutti la fotografia in mente, però la si trova facilmente sui siti - e, a Palazzo Chigi, il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, firmavano una dichiarazione di intenti - cito testualmente - “al fine di ottenere forme e condizioni particolari di autonomia”. La regione Emilia-Romagna - come riportava l'ANSA, anche questa dichiarazione si trova in nei siti - puntava ad ottenere maggiore autonomia legislativa e amministrativa per poter gestire direttamente, con risorse certe, materie quali lavoro, istruzione tecnica e professionale, internazionalizzazione delle imprese, ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all'innovazione, sanità, territorio e rigenerazione urbana, ambiente e infrastrutture. Ora, di fronte a questi temi tutta l'opposizione si straccia le vesti e grida al disastro. Ma l'anno successivo, quindi nel 2018, anche il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha varato uno schema di delibera che prevedeva lo stesso percorso disegnato dal Governo Meloni, tant'è che nella premessa si può leggere che la regione Lazio è matura per confrontarsi sull'autonomia differenziata. Come non ricordare, poi, che l'autonomia stava - ce l'ha ricordato il Ministro Calderoli al Senato - nel contratto del Governo giallo-verde, al punto 20, e che dell'autonomia differenziata si era fatto garante Giuseppe Conte? Ho ascoltato bene l'intervento del Ministro Calderoli al Senato qualche mese fa, puntualmente, parola per parola.

Allora è evidente che l'autonomia differenziata non è un'improvvisata, ma è una previsione costituzionale, approvata più di 20 anni fa, della quale regioni di centrodestra e di centrosinistra hanno chiesto nel tempo l'attuazione e di cui adesso il centrosinistra si è pentito. Si può trattare, a mio avviso, solo di pentitismo, altrimenti, signor Presidente, non capiamo perché i colleghi dell'attuale minoranza non abbiano mosso queste critiche - che oggi sentiamo ripetute con molto fervore, a volte anche ai limiti dell'offensivo - al tempo dell'accordo tra il Governo Gentiloni e la regione dell'Emilia-Romagna, così come non le hanno mosse al tempo in cui il presidente del Lazio formulava lo schema di delibera che prevedeva - lo ripeto - lo stesso percorso disegnato dal Governo Meloni.

In questi giorni, i colleghi dell'opposizione hanno sollevato addirittura eccezioni di incostituzionalità. Mi meraviglia veramente che non le abbiano sollevate all'epoca del Governo Gentiloni - lo ripeto -, perché il Governo Gentiloni aveva avviato interlocuzioni con diverse altre regioni, oltre all'Emilia-Romagna di cui ho già parlato.

Per di più, voglio ricordare, sottolineare, proprio stressare con l'evidenziatore, con tutti gli evidenziatori, che, all'epoca, si sarebbe data attuazione immediata al dispositivo della Costituzione, si sarebbe trattato con ogni regione in base ad accordi bilaterali, senza regole - sono massimalisti, è normale -, senza una legge, come succede, invece, oggi, che fissasse le modalità e i termini attraverso i quali procedere a queste intese. È paradossale quello a cui stiamo assistendo, veramente paradossale, non trovo un'altra parola rimanendo nella correttezza istituzionale.

Con questo disegno di legge, stiamo dando regole precise e uguali per tutti e, soprattutto, signor Presidente, noi oggi, finalmente, andiamo a definire i LEP, ossia i livelli essenziali di prestazione - sono stati citati molte volte, ma li voglio ripetere -, perché i cittadini italiani, che risiedano a Torino, a Milano o a Bolzano, che risiedano a Palermo, a Catania o a Napoli, hanno diritto alle stesse, identiche prestazioni e questo attraverso la definizione dei LEP si può ottenere.

Signor Presidente, la sinistra, con soli 4 voti di scarto, alla fine di una legislatura ha cambiato la Costituzione e, poi, per più di 20 anni non ha mai dato attuazione a questa riforma. L'allarmismo, signor Presidente, che la sinistra tenta di spargere ora tra i cittadini, alzando anche i toni, a volte anche un po' troppo, è assolutamente pretestuoso. Non è l'autonomia differenziata che va a creare differenze tra Nord e Sud, fra centro e periferia, tra collina, pianura e montagna, tra centri e periferie: è sotto gli occhi di tutti che questi divari esistono oggi che l'autonomia differenziata non è applicata.

Con questo provvedimento diamo finalmente vita - lo voglio ripetere - ai LEP; diciamo che tutti i cittadini sono cittadini di serie A e devono ricevere lo stesso trattamento.

Come ha spiegato il professor Cassese in audizione, vogliamo porre le condizioni perché la pubblica amministrazione dia un servizio il più vicino possibile al cittadino. Ma, allora, perché la sinistra vuole negare che i servizi pubblici siano il più vicino possibile ai cittadini? Si chiama principio di sussidiarietà ed è nella nostra Costituzione dal principio. E, secondo il principio di sussidiarietà, le funzioni della pubblica amministrazione devono svolgersi al livello più vicino possibile ai cittadini. Attraverso l'autonomia differenziata questo diventa realtà e in questo modo andiamo a unire l'Italia, signor Presidente, non a dividerla (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia – Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

Le sinistre oggi, di fatto, sembrano voler mantenere lo status quo, ma lo status quo non è uno stato ottimale, una condizione ottimale. La sinistra non tiene conto della reale situazione, delle reali esigenze dell'Italia tutta e, mentre pretende di ergersi a paladina delle regioni del Sud, di fatto considera quelle regioni incapaci di governarsi (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Grande errore che noi non facciamo.

Mi preme inoltre ricordare, signor Presidente, e, tramite lei anche ai colleghi dell'opposizione, che nei loro interventi dei giorni scorsi sembravano esserselo dimenticato, che l'autonomia differenziata era nel programma con il quale ci siamo presentati alle elezioni e che gli italiani che hanno votato Giorgia Meloni e i partiti della coalizione di centrodestra hanno votato, quindi, un programma che contiene l'autonomia differenziata. E oggi noi, attuando il programma con il quale ci siamo presentati agli italiani, vogliamo porre rimedio proprio a quelle disparità, a quelle differenze, a quegli squilibri che riscontriamo tra i territori e le regioni italiane. Ma quella è l'Italia che abbiamo ereditato dopo anni e anni di Governi di sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Oggi noi, attuando il nostro programma, che comprende l'autonomia differenziata con la definizione dei livelli essenziali di prestazione, vogliamo porre fine a questa situazione che vede, per quanto riguarda la sanità, per quanto riguarda le infrastrutture, per quanto riguarda i diritti sociali e civili, l'Italia divisa, i cittadini italiani divisi in cittadini di serie A e cittadini di serie B. Questa è l'Italia che noi, guardando, vediamo.

Signor Presidente, sono le attuali opposizioni che non hanno mai dato attuazione ad una norma che per anni è rimasta inattuata e noi oggi, individuando i livelli essenziali di prestazione rispetto a quelle materie che più hanno una ricaduta sulla vita quotidiana delle persone, mettiamo…

PRESIDENTE. Concluda.

ELISABETTA GARDINI (FDI). Ho solo un minuto? Va bene…mettiamo, per usare le parole del professor Cassese, il fuoco sotto la sedia del decisore politico, perché, nel momento in cui quei livelli essenziali di prestazione vengono precisati, vengono definiti, chi governa è obbligato a rispondere alle esigenze dei cittadini.

Voglio ricordare solo alcuni punti, alcuni dei quali sono stati inseriti proprio da alcuni emendamenti dei colleghi di Fratelli d'Italia al Senato; sono importanti. Il disegno di legge ribadisce il tema della coesione e dell'unità nazionale e il controllo del Parlamento nei provvedimenti di determinazione dei livelli essenziali di prestazione. Voglio ricordare anche che c'è una clausola che permette al Presidente del Consiglio di interrompere o di rivedere in qualsiasi momento le intese. Voglio sottolineare che sono stati inseriti i temi dell'insularità e del gap infrastrutturale all'interno dei LEP e che con questo provvedimento verrà finalmente superato il criterio della spesa storica; inoltre, per garantire che nessuno verrà svantaggiato, è previsto che, se a una regione che avrà chiesto una materia dovesse per questa materia ricevere un euro in più come spesa generale, quell'euro in più dovrà essere speso anche per le regioni che l'autonomia non l'hanno richiesta. Quindi, ripeto, non ci sarà alcun danno per le regioni che non avranno chiesto l'autonomia.

Con questo disegno di legge vengono offerte opportunità e queste opportunità potranno essere colte dalle regioni del Nord, del Centro e del Sud; ci sono pesi e contrappesi, c'è un'adeguata gradualità. È una riforma, in armonia con le altre riforme, che renderanno finalmente l'Italia un Paese moderno ed efficiente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ed è veramente curioso, caro Presidente, vedere come queste opposizioni, che si autodefiniscono progressiste…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

ELISABETTA GARDINI (FDI). …si siano intestate - concludo - questo ruolo di strenui difensori dello status quo che vede da troppo tempo l'Italia arrancare nella capacità di erogare i servizi ai cittadini, con disparità territoriali che sono sempre le stesse e che, anzi, si accentuano.

È tempo di tirare le somme, veramente concludo. In democrazia c'è il tempo della discussione - qui alla Camera, in Commissione, è durata 2 mesi -, ma c'è anche il tempo della decisione: non potevamo lasciare sospese le riforme che il Governo Meloni ha messo in campo. Noi non abbiamo alcuna intenzione di abbandonare il Paese nell'immobilismo. Questo è l'impegno che ci siamo assunti con gli italiani e questo è quello che stiamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole. Colleghi, senza alcuna intenzione polemica, ripetendo una cosa che ho già detto, chiedo a chi interviene in Aula, rivolgendosi alla Presidenza, quando presiedo io, se vi è possibile, per pura cortesia, di utilizzare la locuzione “signora Presidente”. Se presiedo io. L'ho già detto, ma lo ripeto per una questione di preferenza che altri hanno espresso in altro modo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonafe'. Su cosa?

Per richiami al Regolamento.

SIMONA BONAFE' (PD-IDP). Signora Presidente, per un richiamo al Regolamento, agli articoli 8, comma 2, 57, comma 1, e 21, comma 2.

PRESIDENTE. Prego.

SIMONA BONAFE' (PD-IDP). Presidente, dopo l'intervento della collega Gardini, ci corre l'obbligo di intervenire e di fare questo richiamo al Regolamento, perché possiamo avere e, di fatto, abbiamo idee diverse su questo disegno di legge, su questa riforma dell'autonomia differenziata. Tuttavia, Presidente, i fatti sono fatti e, almeno sul metodo, vorremmo ristabilire la correttezza dei fatti di quanto è avvenuto in Commissione. Infatti, con riferimento a provvedimento - lo dico per suo tramite, Presidente, alla collega Gardini - il Parlamento, per volontà della maggioranza e del Governo, non ha avuto l'opportunità di lavorare, di discutere e di esaminare compiutamente ogni articolo di questo disegno di legge. Stiamo parlando di un provvedimento molto complesso, che andrà a ridisegnare in profondità le istituzioni della nostra Repubblica, di un provvedimento che la destra stessa non ha esitato a definire storico.

Allora, stride un po' che su un provvedimento storico la presenza in Aula questa mattina da parte della destra sia peraltro così esigua (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Presidente, se il provvedimento è storico, ci saremmo anche aspettati una maggiore considerazione delle proposte e del lavoro delle opposizioni e invece…

PRESIDENTE. Collega Bonafe', devo ricordarle che sta intervenendo sul Regolamento.

SIMONA BONAFE' (PD-IDP). Sì, arrivo, Presidente. E invece si è proceduto - e qui arriva il mio richiamo al Regolamento -, nei lavori di Commissione, ahimè, con continue ed evidenti forzature.

La prima forzatura è stata sui tempi. Per suo tramite, faccio rilevare alla collega Gardini, che lo sa, che abbiamo avuto due settimane - e non mesi, come ha avuto la possibilità di fare il Senato - per fare la discussione generale su questo provvedimento e sul complesso degli emendamenti e per esaminare e votare gli emendamenti che l'opposizione ha presentato.

Al Senato hanno avuto ben altro tempo. Al Senato hanno avuto la possibilità di intervenire, accettando anche alcuni emendamenti dell'opposizione, mentre qui, ancora una volta, il provvedimento è arrivato bloccato e, ancora una volta, purtroppo, questa Camera si dimostra passacarte del Senato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Lo è stata sul provvedimento dell'autonomia differenziata e lo sarà, ahimè, anche per il Premierato. Penso che questo sia un problema anche per la Presidenza di questa Camera.

L'altra forzatura - e qui l'altro richiamo al Regolamento - è la forzatura, Presidente, nel risolvere quello che a tutti gli effetti è stato un incidente di percorso. Infatti, capita di andare sotto nella votazione di un emendamento e capita che, quando si va sotto nella votazione di un emendamento, così come ha suggerito il Ministro Ciriani, questo atto si possa correggere in Aula. Invece, non è stato scelto di correggere l'incidente in Aula e si è preferito creare un precedente pericolosissimo, cioè il precedente per il quale, quando un voto non piace, si può ripetere, si può ripetere senza problemi, si può ripetere tutte le volte, fino a che il risultato non è quello che ci si aspettava (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)! Questa è una forzatura delle regole democratiche su cui dovremmo essere tutti attenti e che dovremmo tutti salvaguardare. Peraltro, ci chiediamo anche se esista ancora un Ministro per i Rapporti con il Parlamento, visto che lo stesso Ministro Ciriani aveva sollecitato una soluzione diversa.

C'è, poi, un altro punto - e arrivo - e un'ennesima forzatura, Presidente, ed è stata la forzatura nei lavori di Commissione. Infatti, abbiamo presentato tanti emendamenti - sì, è vero -, ma voglio ricordare che è stato votato il 2 per cento degli emendamenti, cioè sono stati votati solo 70 emendamenti e questo a dimostrazione che evidentemente il numero degli emendamenti non rilevava, visto che ne abbiamo votati solo 70. Potevano anche essere meno e ne abbiamo votati solo 70. Noi avevamo chiesto, in parte anche ritirando alcuni emendamenti, di poter lavorare anche il sabato pomeriggio e anche la domenica, magari tenendo fermo l'approdo in Aula per il 29, perché sembrava lesa maestà. Anche questo ci è stato negato, Presidente. Ci è stata negata anche la possibilità, di fronte a un ritiro degli emendamenti, di lavorare maggiormente.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

SIMONA BONAFE' (PD-IDP). E allora - e lo dico, per suo tramite, alla collega Gardini - non inventiamoci cose che non sono successe. Piuttosto, siamo ancora qui a chiedervi di fermarvi, di fermarvi perché avete calpestato la democrazia e di fermarvi perché state approvando un provvedimento che spaccherà l'Italia e creerà, purtroppo, le condizioni per non tornare indietro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per un richiamo al Regolamento l'onorevole Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.

ALFONSO COLUCCI (M5S). Sempre su un richiamo al Regolamento e naturalmente faccio riferimento agli articoli 21, secondo comma, e 48, secondo comma, tra gli altri, proprio per denunciare la gravità di quanto è accaduto nella I Commissione. Non ci hanno consentito, i colleghi della maggioranza, di svolgere un esame nel merito di questo provvedimento, tant'è che questo provvedimento così importante arriva in Aula senza un'istruttoria seria, il che lo priva di una legittimazione. Sarebbe stato un auspicabile dovere da parte del Ministro avere una legittimazione di un provvedimento che arriva in Aula con un esame compiuto e invece così non è. Ci hanno tagliato i tempi. Inesorabilmente alle ore 18 di sabato scorso avevamo detto: lavoriamo questa notte, lavoriamo domenica, ma non è stato possibile.

Presidente, le violazioni sono state plurime, perché l'emendamento 1.19 era stato approvato con 10 voti a favore e 7 voti contro, così come attestato, nei termini dell'articolo 21, secondo comma, del nostro Regolamento, dal segretario di Commissione, l'onorevole Penza, l'unico segretario presente in quel momento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Voglio ricordare che il Regolamento della Camera demanda al segretario di Commissione l'accertamento dei risultati della votazione e la proclamazione da parte del presidente risulta un atto dovuto, un atto, potrei dire, di pubblicazione del risultato certificato dal segretario. Il segretario ha avuto tutta la tranquillità. Non è vero, come da prospettazioni, che il presidente della Commissione ha presentato al Presidente della Camera, che non c'era la possibilità di accertare gli esiti della votazione. Il segretario ha avuto tutta la tranquillità di poterlo fare, ha verificati i voti e li ha debitamente proclamati. Né tantomeno il mancato computo degli astenuti può essere rilevante ai fini del vizio di questa deliberazione. Considerando il disposto dell'articolo 48, secondo comma, da un lato non c'erano astenuti, perché eravamo in 17 più 1, il presidente che non ha votato, e dall'altro perché l'articolo 48, secondo comma, del Regolamento, non riconosce rilievo alla presenza degli astenuti stessi.

Denuncio anche, signora Presidente, la lettera che il presidente della I Commissione ha inviato al Presidente Fontana prima di un contraddittorio. Il principio del contraddittorio è un principio immanente laddove vi siano contestazioni. Il presidente della I Commissione avrebbe dovuto corredare la sua lettera con le osservazioni, ad esempio, del segretario, altro organo di Commissione, o dei deputati di minoranza. Non è corretto procedere a una prospettazione unilaterale e, quindi, come tale, inevitabilmente, parziale e non corrispondente all'oggettività dei fatti. Tanto meno possiamo definire la votazione che si è tenuta sullo stesso emendamento in termini regolamentari come ripetizione, perché ripetizione - qui richiamo l'articolo 57, primo comma, del Regolamento - implica non solo l'immediata denuncia delle irregolarità della votazione, denuncia che il presidente non ha fatto, sia, in secondo luogo, presuppone, nei termini letterali, l'immediatezza, dove immediatezza non indica solo l'elemento temporaneo subitaneo, ma anche il rebus sic stantibus, cioè la votazione può essere ripetuta esclusivamente dal medesimo collegio che aveva votato la deliberazione da ripetersi (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), medesimo collegio, signora Presidente, perché non solo lo dispone il Regolamento, ma perché lo dispone l'articolo 67 della Costituzione, che, appunto, dispone che i deputati e i parlamentari agiscano senza vincolo di mandato. Ciò vuol dire che altro parlamentare sostituto, sia pure appartenente alla medesima forza politica, non può esprimere il voto del sostituito, proprio perché l'articolo 67 della Costituzione dispone l'assenza e il divieto del vincolo di mandato.

Abbiamo chiesto, signora Presidente, anche la verbalizzazione, perché sappiamo che è prassi che il presidente di Commissione non legga il verbale all'inizio della riunione, ma abbiamo richiesto questa verbalizzazione e non è stata fatta. Io ricordo che il verbale deve essere condiviso tra il presidente e il segretario e che l'unico segretario presente a quella riunione era il segretario Penza, quindi, nessun altro è legittimato a sottoscrivere il verbale di riunione.

Da ultimo, Presidente, sono qui per denunciare la approssimativa gestione della Commissione, soprattutto quanto all'ordine dei lavori della Commissione (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), che l'articolo 8, secondo comma, demanda alla responsabilità esclusiva del Presidente.

Signora Presidente, se noi continuiamo con queste prassi, diteci perché dovremmo votare in Commissione quando potete stravolgere il risultato legittimamente acquisito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista - I deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e alcuni deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista si levano in piedi - Congratulazioni). La maggioranza è andata sotto con 10 voti a favore e 7 voti contro. È illegittimo il comportamento di questa maggioranza, signora Presidente, e lo denunciamo con forza!

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sullo stesso argomento l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie Presidente, non posso non sostenere le posizioni che l'onorevole Alfonso Colucci ha testé esposto a quest'Aula. Le gravi carenze che ci sono state in I Commissione in relazione alla discussione su uno dei provvedimenti più importanti, non soltanto nella storia di questa legislatura, ma nella storia della Repubblica italiana, il provvedimento sull'autonomia differenziata, che cambia la natura delle nostre istituzioni e la natura dello Stato italiano. Sarebbe stato necessario che ci fosse stato in quella Commissione una capacità di discussione e di sapere ascoltare quali erano le giuste motivazioni che le opposizioni mettevano in campo. Non soltanto non si è voluto dare il tempo necessario per poter approfondire questa materia e risponderne davanti al Paese, ma contemporaneamente si è utilizzato in modo improprio il Regolamento per strozzare la discussione e per evitare, appunto, che i cittadini e le cittadine di questo Paese sapessero la realtà dei fatti, cioè il misfatto che si stava compiendo e che si sta per compiere con l'autonomia differenziata. Non può essere accettabile, mai, signora Presidente, il fatto che una votazione venga annullata semplicemente perché non piace a lor signori, perché non piace alla maggioranza. Non è accettabile, così come accaduto in occasione dell'emendamento 1.19. Non può funzionare un sistema democratico quando la maggioranza vota sempre i suoi emendamenti e boccia quelli dell'opposizione a maggioranza. Ce ne rendiamo conto? Non può esistere che l'unica volta che per sciatteria la maggioranza perda una votazione, quella votazione venga annullata e addirittura ripetuta 48 ore dopo - 48 ore dopo! -, con una serie di deputate e deputati che non erano presenti neanche alla discussione, perché in questo lasso di tempo si è proceduto a fare le sostituzioni che hanno determinato il cambiamento totale del collegio. Noi non lo possiamo accettare, signora Presidente, perché accettare questa posizione presa dalla presidenza della Commissione e presa anche - io devo dire - in modo pilatesco dalla Presidenza della Camera è una posizione che mette in dura crisi, che inficia qualunque tipo di dibattito parlamentare franco e democratico (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra). Questa è la realtà sulla quale noi ci troviamo di fronte e devo dire che il tentativo di derogare al Regolamento utilizzando la prassi parlamentare è un tentativo vano, sbagliato. L'articolo 21 del nostro Regolamento recita al comma 2: “I segretari verificano i risultati delle votazioni e controllano la redazione del processo verbale”. Il collega Penza ha contato i favorevoli e ha contato i contrari e poi li ha comunicati e quello era l'esito della votazione, così come prevede il Regolamento della Camera (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). Non vi è prassi che possa derogare a questo Regolamento. Così come l'articolo 57, primo comma, stabilisce che il collegio che rifà la votazione deve essere lo stesso.

Non si possono cambiare deputate e deputati, perché il punto centrale - lo dico Presidente e vado a chiudere - è che si mette in discussione uno dei principi fondamentali della democrazia sancito dalla Costituzione all'articolo 67. Il deputato è rappresentante della Nazione e libero da qualunque mandato imperativo. Se si deroga a questo punto, si deroga a uno dei punti fondamentali della Costituzione. Pertanto, quella forzatura, quella violenza, quella provocazione perpetrata contro la minoranza rende, di fatto, incostituzionale la procedura che ha portato all'approvazione da parte della Commissione di quel testo e su questo noi continueremo a fare battaglia in Aula e fuori di quest'Aula perché i diritti delle cittadine e dei cittadini, i diritti dell'opposizione siano riconosciuti e che la prepotenza e l'arroganza venga battuta (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sullo stesso argomento l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MURA (FDI). Grazie Presidente, è opportuno e doveroso lasciare agli atti qualche parola rispetto agli ultimi tre interventi che mi hanno preceduto e rispetto a quello che è stata la conduzione dei lavori nella I Commissione in questi ultimi giorni rispetto a questo tema. È doveroso dire che la presentazione di 2.400 emendamenti è un atto legittimo ma con un chiaro obiettivo ostruzionistico e, pertanto, è altrettanto legittimo che la maggioranza possa agire (Commenti del deputato Alfonso Colucci) … Cortesemente potrei finire, signor Presidente?

PRESIDENTE. Collega… l'ho richiamato.

FRANCESCO MURA (FDI). Pertanto, ritengo ingiusto accusare la presidenza della I Commissione o quanto meno la maggioranza di non aver dato spazio, tempo e modo rispetto …

PRESIDENTE. Collega, la interrompo all'inizio come ho fatto con la collega Bonafe'. Ovviamente, le do il tempo, come l'ho dato a loro di arrivare a un richiamo al Regolamento, ma anche lei deve richiamarsi al Regolamento. Quindi, ci arrivi.

FRANCESCO MURA (FDI). Certo, signor Presidente, arrivo all'articolo 8 e seguenti, così come sono intervenuti su questo argomento i miei colleghi (Commenti)

PRESIDENTE. Colleghi, però dovete consentire al collega Mura di svolgere l'intervento come l'avete fatto voi, altrimenti diventa impossibile svolgere qui dentro un dibattito come deve essere. Prego, collega Mura, mi perdoni, cercherò di non interromperla più.

FRANCESCO MURA (FDI). Si figuri, Presidente, credo che abbia sentito che ho detto che il richiamo al Regolamento per l'articolo 8 e seguenti, così come hanno fatto i miei colleghi che mi hanno preceduto. La questione, pertanto, che ritengo ingiusta è che si sia accusata la presidenza della I Commissione di non aver consentito alle opposizioni di poter sviscerare nel merito questo argomento, ma l'azione è altrettanto legittima per consentire alla maggioranza di poter portare in Aula e a termine questo che è un testo che faceva parte, come è stato detto, del programma di Governo. L'altra questione che vorrei stigmatizzare è sempre l'esercizio poco costruttivo di delegittimare l'autorevolezza della presidenza della Commissione perché non è pienamente corretto quello che è stato detto rispetto alla votazione di quell'emendamento. La votazione di quell'emendamento non è stata ripetuta: la votazione di quell'emendamento non si è conclusa (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Signor Presidente …

PRESIDENTE. Colleghi!

FRANCESCO MURA (FDI). … e un segretario di Commissione, seppur tale, non può fare un conteggio ad Aula sospesa per via della confusione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)

PRESIDENTE. Colleghi, non è un dibattito.

FRANCESCO MURA (FDI). … per via della confusione che si è creata dopo che le opposizioni si sono alzate dai loro banchi e hanno creato un clima di ingovernabilità della Commissione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Pertanto, il presidente Nazario Pagano, in maniera del tutto legittima e opportuna - vorrei ripetere - ha sospeso i lavori. Da lì poi ne è nata una discussione per la quale è stato chiamato in causa anche il Presidente della Camera che ha convocato una Conferenza dei presidenti di gruppo e pertanto il voto si è compiuto 48 ore dopo, non ripetuto 48 ore dopo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Allora, colleghi, è stato richiesto di non procedere oltre nell'esame del provvedimento in Assemblea in quanto il procedimento in Commissione sarebbe stato viziato dal fatto che nella seduta del 24 aprile il presidente avrebbe sospeso la seduta e non dichiarato l'esito della votazione dell'emendamento 1.19. In proposito, il Presidente della Camera - con una lettera inviata il 25 aprile al presidente della Commissione affari costituzionali, il cui contenuto è stato poi reso noto ai rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari - ha in primo luogo precisato che è attribuita in via esclusiva al presidente della Commissione la responsabilità di indire le votazioni e di proclamarne l'esito, apprezzando gli elementi di fatto che possono indurlo a non concludere o a revocare una votazione precedentemente indetta.

Nella lettera del Presidente Fontana è stato peraltro chiarito che non è ipotizzabile, né in termini di diritto, né in termini di fatto, un intervento sostitutivo della Presidenza della Camera nella proclamazione di un risultato di una votazione.

Nella medesima lettera, il Presidente della Camera ha quindi rilevato che - per il futuro - tale apprezzamento debba essere condotto in termini di massimo rigore procedurale e fattuale e che l'assunzione delle conseguenti determinazioni procedurali debba avere luogo quanto più possibile nell'immediatezza della decisione di interrompere, revocare o annullare la votazione, evitando a tale fine anche di dare seguito a eventuali richieste di intervento e così da ridurre al massimo i rischi di alterazione della composizione del preesistente collegio.

Peraltro, lo stesso Presidente della Camera ha avuto modo di ribadire i contenuti della lettera inviata al presidente della Commissione affari costituzionali anche in occasione della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 26. I contenuti di questa lettera sono stati oggetto di un'ulteriore lettera inviata a tutti i presidenti di Commissione nella giornata di oggi.

Alla luce del complesso di tali elementi e tenuto conto che nella seduta della Commissione affari costituzionali del 26 aprile l'emendamento 1.19 è stato posto in votazione e respinto, ad avviso del Presidente della Camera nulla osta alla prosecuzione dell'esame in Assemblea del disegno di legge n. 1665. Faccio, inoltre, presente che costituisce prassi costante e del tutto consolidata da numerose legislature - almeno quarant'anni di vita parlamentare - che in Commissione, e in particolare in sede referente, non si dia luogo né alla lettura né all'approvazione del processo verbale delle sedute precedenti e, conseguentemente, neppure a interventi sul processo verbale.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1665​)

PRESIDENTE. Proseguiamo a questo punto con gli interventi. È iscritto a parlare il deputato Barbagallo. Ne ha facoltà.

ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO (PD-IDP). Signora Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, stamattina, il testo sull'autonomia differenziata inizia il suo iter nell'Aula della Camera. Per ironia della sorte, lo fa nella settimana in cui abbiamo ricordato la Resistenza e i suoi eroi, coloro che, come i sognatori del Risorgimento, i “ragazzi del ‘99” e intere generazioni, hanno sacrificato gli anni più belli e la vita stessa per la patria, per un'Italia una e indivisibile, così come recita la nostra Carta costituzionale all'articolo 5. I valori fondanti della Repubblica come l'uguaglianza e la solidarietà oggi sono minati da un testo superficiale e approssimativo, altro che riforma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! È un testo che alimenta le diseguaglianze tra le varie aree del Paese, opportunamente definito “spacca Italia”, che fa venir meno anche il vincolo di solidarietà tra le regioni. Insomma, la parte più debole, più povera e meno sviluppata viene utilizzata come merce di scambio per tenere gli equilibri della maggioranza in modo da offrire praterie al testo sul Premierato tanto caro a Fratelli d'Italia e al suo Premier.

I dati degli ultimi anni, ahimè, confermano che siamo in un piano inclinato: un Sud sempre più povero, sempre meno infrastrutturato, con percentuali elevatissime in ordine alla disoccupazione, alla disoccupazione femminile, al lavoro nero e sottopagato, dove languono i diritti fondamentali del cittadino. Scuola e sanità pubblica efficienti sono un miraggio e manca un trasporto pubblico locale degno di questo nome. Nella mia regione, la Sicilia, Presidente, il servizio pubblico di trasporto su gomma taglia migliaia di corse al giorno, lasciando a casa i ragazzi che devono andare a scuola: è una vergogna. Vi è pure un Sud del Sud, quello cioè di un Sud a due velocità: è stato fotografato così nei dati dell'istruttoria delle zone economiche speciali. Per non parlare delle aree interne del Mezzogiorno dove i dati sono inequivocabili. Tuttavia, la ferita più profonda è quella del disastro della sanità pubblica: centri unici di prenotazione che non rispondono al telefono, liste d'attesa interminabili per le visite specialistiche, pronto soccorso presi d'assalto per ogni emergenza, emorragia di medici verso la sanità privata e carenza di medici. È questa la fotografia della sanità nel Mezzogiorno dove circa 4,5 milioni di persone rinunciano a curarsi proprio per le lungaggini delle liste d'attesa.

Ancora, un altro elemento preoccupante è il fatto che la quota della rinuncia alle prestazioni sanitarie cresce all'aumentare dell'età e, dunque, proprio quando ci sarebbe più bisogno di accedere alle prestazioni sanitarie. In pratica, un over 55 su dieci, rinuncia a curarsi. Tra le regioni il tristissimo primato è della Sardegna, con quasi il 14 per cento.

In questo contesto, come abbiamo più volte evidenziato, fatto di necessità e bisogni, il centrodestra costruisce in modo spregiudicato il consenso elettorale, candidando, come accade in Sicilia, da ultimo, nelle varie competizioni elettorali, i componenti delle commissioni di invalidità civile, gli amministrativi delle direzioni sanitarie, distribuendo primariati e prebende, anziché garantire una sanità a misura di cittadino. Più volte nel corso della legislatura abbiamo evidenziato l'inettitudine e l'inadeguatezza del Governo, ma sull'emergenza sanità, veramente, non abbiamo più aggettivi dispregiativi. Di fronte a un problema così drammatico e profondo serviva intraprendere un percorso di soluzioni concrete nel breve e nel medio periodo, serviva una concertazione con le regioni, gli enti locali, le associazioni di categoria, le università e gli ordini professionali, non solo, per individuare le risorse, ma, anche, per reperire e formare nuovi medici. Quanto è accaduto, invece, è incredibile: il Governo, non solo, non offre nessuna soluzione concreta per risolvere una situazione così drammatica, che afferisce alla cura e alla vita delle persone, ma, addirittura, mette in campo un intervento normativo per conclamare la divisione fra cittadini di serie A e cittadini di serie B, tra le regioni ricche e le regioni povere. È insopportabile quello che prevede il testo dell'autonomia differenziata e cioè il trasferimento delle risorse dalle regioni meno ricche a quelle più ricche.

Non va meglio nell'altra materia che subirà conseguenze devastanti per famiglie e territori, quella della scuola pubblica. In questo momento vi sono gravi sperequazioni fra il Nord e il Sud del Paese, non solo, sul tempo pieno - si va dal 5 per cento in media del tempo pieno in Sicilia a oltre il 95 per cento delle scuole della provincia di Monza - ma anche sulla dispersione scolastica, con punte del 35 per cento in diversi comuni del Sud e con un dato inquietante sull'edilizia scolastica: il 60 per cento degli istituti del Sud non ha mense, non ha laboratori e manca persino delle licenze di abitabilità. La gran parte degli istituti scolastici nel Mezzogiorno, inoltre, non ha impianti sportivi annessi alle scuole dove praticare regolarmente l'attività sportiva. In questo contesto sociale difficilissimo si annida la criminalità organizzata che, ahimè, cresce proporzionalmente nei territori dove è elevata la dispersione scolastica. Questo Governo ha già prodotto disastri con il dimensionamento scolastico, riducendo i presidi scolastici e, quindi, le formazioni sociali nelle aree interne e in quelle più marginali, ma con questo paventato intervento normativo colpisce anche pesantemente le tutele salariali di docenti e personale ATA.

L'unità nazionale avrebbe dovuto imporre ben altro tipo di intervento e non questa secessione sociale. Colpisce, poi, anche questa riluttante incapacità di ascolto, questo sistematico rifiuto del confronto, testimoniato anche dall'intervento del collega che mi ha preceduto, questa pervicacia nell'avviare qualsiasi forma di ulteriore istruttoria e di approfondimento, nonostante all'evidenza non ci siano né le risorse né un'idea concreta su come distribuirle all'interno delle varie regioni. Abbiamo proposto migliaia di emendamenti per offrire soluzioni concrete e per evidenziare tutte le falle di un intervento normativo che va fermato. Il PD inizia la discussione generale con un appello: fermatevi! Fermatevi, è anche la richiesta accorata di sindaci, famiglie, associazioni che si occupano di interessi diffusi, persino dei vescovi. Non è passato inosservato, ahimè, un assordante silenzio, quello intriso di “ascarismo” da parte dei governatori del Sud, come quello della mia regione, Schifani, o quello della Calabria, silenzio complice di chi piega le ragioni della propria terra a beceri interessi di partito o, peggio ancora, a quelli dell'equilibrio della coalizione. Un “ascarismo” che non sfuggirà alle popolazioni del Sud, che mai come adesso si vedono discriminate e umiliate.

La Lega, il cui nome ufficiale e completo è ancora oggi Lega Nord per l'Indipendenza della Padania, oggi, getta la maschera e ci rivela il suo vero volto. Non serve evocare Pirandello, ma l'autonomia differenziata fa seguito a una serie di interventi per cui non esitiamo a definire il Governo Meloni un Governo contro il Sud. La riduzione del Fondo di perequazione infrastrutturale, i ritardi nel riparto del Fondo per lo sviluppo e la coesione, i tagli del PNRR relativi al Mezzogiorno, il mancato finanziamento del fondo per l'insularità, il boicottaggio delle ZES, in poco meno di un anno e mezzo si chiude il cerchio.

Come già accaduto in Commissione, alimenteremo la battaglia politica in quest'Aula e, se sarà necessario, chiameremo in causa con il referendum anche la volontà popolare. Non vi permetteremo di stravolgere i fondamenti della nostra democrazia parlamentare. Lo dobbiamo alla nostra terra, ai nostri concittadini e, soprattutto, alla nostra storia meridionalista, repubblicana e antifascista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Molinari. Ne ha facoltà.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Grazie, signora Presidente. Quella di oggi è una giornata molto importante per i cittadini italiani, che si aspettano istituzioni più efficienti e più pronte. È una giornata importante per il Paese, in cui il dibattito sul tema dell'autonomia e del regionalismo ha origine ancora prima dello Stato unitario. È una giornata importante per la coalizione del centrodestra, perché rivendichiamo come la riforma dell'autonomia differenziata sia un pilastro per noi, il principale, su cui si regge l'alleanza di Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ma soprattutto, è una giornata importante per la Lega, perché la Lega da quarant'anni si batte per riforme più efficienti, si batte per avere istituzioni più vicine al territorio, si batte per difendere l'identità dei singoli territori italiani, si batte per una riforma federale dello Stato, o si batte, come in questo caso, per avere l'attuazione del regionalismo differenziato.

E quindi, quando il collega del Partito Democratico, usandolo come argomento contro di noi, esaltava la coerenza del Ministro Calderoli, noi ce ne facciamo vanto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! E ringraziamo il Ministro Calderoli per aver portato avanti con coerenza quella che è la battaglia della Lega da sempre. E ci sorprende, cari colleghi, che, invece di discutere nel merito di questa riforma, negli oltre 2 mesi in cui il provvedimento è stato in Commissione qui alla Camera, perché ricordo che è stato incardinato il 14 febbraio, si è preferito fare altro. Si è preferito fare ostruzionismo. Non è certo il centrodestra ad aver chiesto centinaia di audizioni. Non è il centrodestra ad aver presentato migliaia di emendamenti, che evidentemente avevano un fine ostruzionistico. Non è stato il centrodestra a chiedere, la scorsa settimana, per far passare il decreto PNRR, di bloccare il lavoro delle Commissioni, salvo poi lamentarsi che non c'era tempo per discutere (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Sorprende relativamente, però, questo atteggiamento, perché è figlio dell'incoerenza che abbiamo visto anche in esponenti di spicco della sinistra. Noi, in queste settimane, abbiamo visto presidenti di regione del Partito Democratico, che, quando al Governo c'era il Partito Democratico, rivendicavano di aver chiesto autonomia in virtù dell'articolo 116 della Costituzione, salvo poi vederli in piazza, davanti a Palazzo Chigi, a fare i moderni Masaniello e dire che questa nuova riforma avrebbe distrutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Allora, io voglio capire dove sta la logica: come si fa prima a chiedere l'autonomia e poi, quando si è a un passo dall'averla, dire che questa spacca il Paese?

Ma sorprende ancora di più che si critichi il disegno di legge Calderoli, perché, vedete, dal nostro punto di vista, a Costituzione vigente, si poteva anche non fare questa norma. Perché questa norma è stata fatta? Io ricordo le dichiarazioni dell'allora Ministro Boccia, che, quando aveva la delega che oggi ha il Ministro Calderoli, aveva bloccato l'iter delle intese tra regioni e Stato, sostenendo che fosse necessaria una legge cornice che stabilisse, da una parte, l'iter parlamentare per ratificare le intese tra Stato e regioni, e, dall'altra, che desse garanzie sui LEP e sui costi standard. Bene, il DDL Calderoli fa esattamente quello che le opposizioni di oggi chiedevano allora (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Eppure, con riferimento a questa legge, che altro non fa che attuare una riforma costituzionale approvata dalla sinistra e ratificata dal referendum popolare nel 2001, invece che rendervi conto che questa è semplicemente l'attuazione, voi contestate il contenuto della modifica costituzionale che avevate fatto voi.

Io penso che, però, la cosa più incredibile in questo dibattito sia l'argomento che è stato usato anche adesso e che abbiamo ascoltato anche in questa settimana in cui si celebrava la festa della Liberazione del 25 aprile. Abbiamo sentito dire ora - e lo abbiamo sentito anche da alcuni oratori ufficiali nelle piazze italiane - che ci sia un legame tra la Resistenza di allora e la lotta politica contro l'autonomia oggi, perché l'autonomia del DDL Calderoli andrebbe a minare i princìpi costituzionali su cui si basa la nostra Repubblica e, quindi, i valori della lotta partigiana antifascista. Ebbene, io non voglio dare lezioni di storia a cotanti intellettuali, cattedratici che hanno parlato in queste ore, però vi voglio ricordare una cosa: dall'Assemblea costituente, c'era solo un tema che univa tutte le forze politiche, cioè la ferma volontà di una cesura netta con lo Stato fascista prima e con lo Stato liberale prima ancora, sul tema delle autonomie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Lo Stato liberale era uno Stato fortemente centralista, lo Stato fascista era quello che, manu militari, aveva soppresso le autonomie. Se c'era una cosa su cui tutti erano d'accordo era il fatto che la nuova Repubblica dovesse avere un'autonomia più forte (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! La Carta di Chivasso non vi dice niente? I partigiani federalisti non vi dicono nulla? Il dibattito dell'Assemblea costituente non vi dice nulla? L'antifascismo, cari colleghi, teniamocelo per le cose serie, non per la battaglia politica dell'oggi, se vogliamo essere uniti in questa Repubblica e se non vogliamo essere divisivi.

A fronte di questo, Presidente, il dibattito costituzionale è di 76 anni fa, risale alla data della cosiddetta costituzione della Costituente: il 1948. Il 7 ottobre 2001 è stata ratificata questa riforma costituzionale, a cui oggi noi diamo attuazione. Sono passati 25 anni. Ma soprattutto, nel 2017, in Lombardia e in Veneto c'è stato un referendum popolare che chiedeva l'attuazione dell'autonomia. Sono passati 7 anni. Cari colleghi, non abbiamo accelerato i tempi. C'è una parte di Paese che, questa riforma, l'ha aspettata già fin troppo (Prolungati applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - I deputati del gruppo Lega-Salvini Premier si levano in piedi - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bonetti. Ne ha facoltà.

ELENA BONETTI (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Se posso, aspetto che finisca l'applauso.

PRESIDENTE. Grazie, colleghi. Prego, onorevole Bonetti.

ELENA BONETTI (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Sottosegretario, Ministro, è già stata richiamata l'importanza di questa giornata, a cui mi associo non certamente nei toni trionfalistici da campagna elettorale, vissuta dentro quest'Aula, che abbiamo appena sentito, ma perché ritengo che il passaggio, dall'inizio della discussione in Aula, sul provvedimento sull'autonomia differenziata debba essere vissuto con la consapevolezza che segna e segnerà sicuramente un passaggio strategico nel nostro Paese. Si tratta di capire se in meglio o in peggio.

Mi lasci dare conto della presenza del Ministro, che mi permetto di ringraziare per l'attenzione istituzionale, non scontata, perché è merce rara da parte di questo Governo una presenza presidiata come quella che lei ha avuto sulla discussione del provvedimento e che riconosce il valore di questa discussione parlamentare.

Tuttavia, altrettanto, mi permetto di richiamare a noi stessi che quello che stiamo oggi trattando e che saremo chiamati a votare, non è certamente il titolo di un provvedimento e nemmeno il nome di chi questo provvedimento, con tenacia e forza, l'ha scritto e l'ha portato avanti. E, quindi, le grandi domande che ci dobbiamo fare e sulle quali vorrei soffermarmi, riguardano il cosa e il come si fa l'autonomia differenziata e quale autonomia differenziata viene portata avanti da questo disegno di legge. E su questo, altrettanto, non riesco e non posso associarmi ai toni positivi e trionfalistici che hanno segnato la discussione in quest'Aula. E non lo è - è proverò a motivarlo - per ragioni concatenate che riguardano valutazioni di carattere economico, sociale e di tenuta del sistema Paese nel suo complesso.

Non posso neanche io, però, esimermi dal sottolineare quanto il metodo con il quale siamo arrivati a questa discussione sia stato segnato da alcune forzature che non possono che essere stigmatizzate, in quello che, invece, dovrebbe essere un lavoro di profonda responsabilità e consapevolezza del dibattito parlamentare.

In Commissione si è fatta una forzatura - lo si è richiamato - in tanti passaggi. Non da ultimo sicuramente il voto - che è già stato richiamato e lei, Presidente, ha dato conto anche delle ragioni - rifatto in Commissione, che, al di là di tutte le parole che si sono spese, ha aperto un vulnus nella pratica e nel rispetto del rapporto tra le opposizioni e la maggioranza, e che ha visto in particolare la sospensione dei lavori di una Commissione con votazione aperta, chiusa dopo l'interruzione della sospensione, come se, in quest'Aula, a fronte di un tabellone che non ha il colore desiderato dalla maggioranza, il Presidente di turno potesse, in qualche modo, sospendere l'Aula, far entrare nuovi deputati e poi mantenere aperta la votazione e portarla a conclusione o riconoscerne ex post l'irregolarità e quindi rifarla.

Questo è quello che è accaduto in Commissione e che dice quanto la forzatura di una maggioranza, che voleva arrivare in quest'Aula senza nemmeno portare al voto di un eventuale emendamento soppressivo, dica di un percorso che non ha aperto, in alcun modo, a un reale e fattivo dialogo parlamentare.

L'altro elemento che altrettanto mi sento di sottolineare è che colgo e si coglie, credo, anche in qualche modo, dai dibattiti, dalla presenza della maggioranza, l'imbarazzo sul fatto che, al 29 aprile, a tutti i costi, si doveva arrivare in Aula ad aprire la discussione generale.

Colleghe e colleghi della maggioranza, allora perché non avete deciso di calendarizzare il voto definitivo di questa straordinaria riforma prima delle elezioni europee? La risposta a questo perché credo sia facilmente comprensibile per il fatto che tutte le regioni del Sud Italia, di qualsiasi colore politico, su questa riforma hanno portato avanti istanze di criticità, e voi non volete permettervi di andare in campagna elettorale in queste regioni, mettendo la faccia su quello che oggi avete dichiarato, cioè che votate un'autonomia differenziata che aggiunge una zavorra al Sud Italia, al Meridione, e certamente non ne promuove un effettivo rilancio di sviluppo e di investimento.

Se così non fosse, non è comprensibile perché questa maggioranza non voglia portare a conclusione nei tempi certi, prima delle elezioni europee, questo disegno di legge, che è la controparte dell'altra riforma con la quale due delle quattro forze politiche della maggioranza vogliono arrivare a presentarsi alle elezioni europee, che è quella del Premierato. D'altra parte, l'incoerenza strutturale tra le due riforme, che è evidente, ha in comune un unico elemento, e quest'unico elemento è che entrambe queste riforme, sia l'autonomia differenziata che il Premierato, vanno ad annichilire completamente un effettivo ruolo del Parlamento, perché, da una parte e dall'altra, il racconto ai cittadini del “decidete voi” ha invece la faccia di una totale inconsistenza della rappresentanza che il Parlamento deve esercitare rispetto al potere che il popolo, per dovere e per diritto costituzionale, deve poter esercitare. Perché nell'autonomia differenziata, nelle procedure che in questo disegno di legge vengono definite, il Parlamento è totalmente estromesso; altrettanto, dall'altra parte, il Parlamento non toccherà più palla per 5 anni dopo ogni elezione.

E, allora, su questo evidente vulnus, che mi sembra chiaro agli occhi di tutti, si apre un grande punto di domanda: ma questo ventaglio di contraddizioni a cosa porterà, oltre a una campagna elettorale fatta sulla pelle delle istituzioni e sulla pelle del Paese? Porterà, probabilmente, a un nulla di fatto, questa è la grande domanda, o porterà a un processo devastante del sistema Paese? La cosa bizzarra è che chi si iscrive, come al solito, nel dibattito, anche in Aula stamattina, per cui “le sinistre dicono, la destra dice”, rifugge invece da quel dato di realtà e di concretezza che è la valutazione oggettiva di quello che nel testo c'è scritto e del processo e delle conseguenze che questo testo porterà al Paese.

Allora, facciamo un primo esercizio. Questo testo porterà a un'autonomia differenziata davvero fattiva? La grande domanda è se ci saranno le risorse per farlo. Infatti, è vero, come hanno detto i colleghi, che la precondizione rispetto al fatto che si attivi il processo per la discussione dell'autonomia sia la definizione dei cosiddetti LEP, i livelli essenziali delle prestazioni. Peccato che poi tutto debba essere fatto a invarianza finanziaria.

Allora delle due l'una: o i LEP non si finanzieranno, perché non ci sono i soldi, e quindi non accadrà nulla e non si farà l'autonomia differenziata, oppure si farà l'autonomia differenziata a invarianza finanziaria, e su questo tornerò, e quindi si attiva l'autonomia differenziata ed entriamo nel doppio scenario.

Entrambi gli scenari hanno un effetto che riteniamo devastante, per come sono fatti, per il Paese, perché, da un lato, si crea una grande confusione, immobilizzando completamente qualsiasi processo di riforma che oggi, invece, è necessario, soprattutto per le regioni più deboli e più fragili dal punto di vista economico, e che invece devono tornare a essere parte del motore che promuove lo sviluppo e il progresso dell'intero Paese. Dall'altro lato, è una riforma che riteniamo renda l'Italia più debole e più fragile proprio perché è divisa.

Su questo, permettetemi di richiamare le parole del Presidente Mattarella, proprio lo scorso 17 marzo: più vero sarà l'ideale della nostra unità, più ricco di opportunità sarà l'avvenire del popolo italiano. Lo abbiamo detto, lo abbiamo sperimentato, lo abbiamo conosciuto. L'Italia ha saputo essere grande, l'Italia ha saputo crescere, l'Italia ha saputo affrontare le sfide, anche difficili, alle quali era sottoposta quando ha scelto di giocare in squadra, quando ha scelto di essere unita, non nella fragilità di un sistema frammentato, privo di coesione.

Questa è la chiave con la quale il Governo Draghi, e su questo devo dare conto alla tenacia e alla forza della collega Mara Carfagna, ha posto l'obiettivo di investire sulla rimozione del divario territoriale tra Nord e Sud una delle leve principali per il rilancio economico e la riforma istituzionale dell'intero sistema Paese. Quello è il grande obiettivo che dobbiamo perseguire per rendere più efficiente il Paese Italia; non dividere, frammentare e aumentare la burocrazia, come accade, purtroppo, nel disegno di legge che oggi stiamo discutendo. Ma quali sono questi divari territoriali? Quali sono queste mancanze di opportunità?

Noi lo richiamiamo e usiamo parole che non sono le nostre parole, sono le parole della Conferenza episcopale, che non è di certo un organismo di parte o di sinistra o di un singolo partito, ma è un organismo che ha una voce e un dibattito nel nostro Paese, che richiama come questo disegno di legge abbia e porti in sé un grave rischio, che è quello di istituzionalizzare gli egoismi territoriali e di promuovere il particolarismo istituzionale. Dietro queste parole ci sono dati incontrovertibili. Se si nasce in una regione del Sud Italia, purtroppo, si hanno meno aspettative di vita rispetto ad alcune patologie, perché c'è una minore efficienza del sistema sanitario.

C'è un maggiore rischio di povertà e un maggiore dato della povertà assoluta e relativa, in particolare per i minori, per le bambine e per i bambini. Si hanno meno opportunità e meno speranze di entrare nel mondo del lavoro. Per le donne vittime di violenza ci sono meno opportunità di essere sostenute e aiutate, non solo attraverso una rete di protezione territoriale, ma quelle opportunità di indipendenza e di autonomia economica che sono fondamentali. Si ha una minore opportunità di promuovere percorsi scolastici. I dati PISA dicono che si ha una maggiore probabilità di avere competenze meno qualificate, e questo non perché il Paese del Sud, del Meridione, sia un Paese privo di potenzialità, di ricchezza, di energia, ma perché mancano i servizi, mancano le opportunità e mancano quelle leve economiche e sociali che devono essere garantite in modo paritario in tutto il Paese.

E questo per far sì che l'intero Paese possa arrivare in Europa e nello scenario internazionale a testa alta, in grado di affrontare davvero le sfide che dobbiamo affrontare. Si tratta, colleghe e colleghi, però, non solo di porci la domanda se stiamo agendo al meglio di come possiamo agire per rispondere all'articolo 3 della nostra Costituzione, cioè la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la rimozione di questi divari, ma chiederci se questo disegno di legge metta in campo tutte le risorse necessarie, perché questo accada.

E, allora, arriviamo al tema dei livelli essenziali delle prestazioni. Vorrei su questo togliere anche un'ambiguità del dibattito, vorrei dire la seguente cosa: non basta definire i livelli essenziali delle prestazioni per garantire i livelli essenziali delle prestazioni. Quando noi, con il Governo Draghi, abbiamo introdotto i LEP, per esempio, sui posti per gli asili nido, non è che abbiamo semplicemente detto che in ogni regione ci devono essere, ogni 100 bambini, 33 posti, che vuol dire triplicare i posti nel Sud Italia. Abbiamo messo più di un miliardo di euro strutturali all'anno per coprire i costi di questi livelli essenziali delle prestazioni.

Se nel testo di legge si dice che vengono definiti i livelli essenziali delle prestazioni e in tutti i documenti di bilancio del Governo non c'è un euro per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni da qua ai prossimi anni, o l'autonomia non si farà mai oppure, ancora più gravemente, quello che state pensando di fare è definire dei livelli essenziali delle prestazioni al ribasso, per i quali basta avere 10 posti ogni 100 bambini e siamo tutti felici e contenti con la coscienza appagata.

No, signori, la nostra coscienza non può essere appagata da un Paese che si condanna allo stato attuale, che vede il Sud Italia privato di quelle necessarie opportunità che in altri territori vengono garantite. Secondo punto, la questione fiscale della spesa storica. Anche a tal proposito, il disegno di legge non supera - come è stato detto in quest'Aula - il meccanismo della spesa storica, ma fa esattamente il contrario, ossia congela lo stato dell'arte al ribasso per le regioni del Sud Italia e definisce che da lì nessuna leva aggiuntiva di investimento può essere introdotta. Infatti, laddove si stabilisce - come è scritto - che con il federalismo fiscale le risorse vanno a una regione piuttosto che alle altre per garantire i livelli essenziali delle prestazioni, si determina che, non erogando e non avendo un gettito delle tasse delle singole regioni adeguatamente significativo, in alcune regioni vengano tagliati i servizi o aumentate le tasse a livello regionale. Altro che efficientamento di un sistema fiscale che vuole ridurre le tasse! Con questo disegno di legge o si tagliano i servizi o si aumentano le tasse! Non c'è una terza via, proprio perché non ci sono risorse adeguate investite per promuovere politiche di investimento e di perequazione attraverso un fondo sufficientemente finanziato su tutto il territorio nazionale. Si può dire: va bene, lasciamo andare un po' la questione, perché alla fine ci sarà un motore reso straordinariamente efficiente, che è quello del Nord, che trainerà tutta l'Italia. La premessa è che questa visione di Italia non ci appartiene; è una visione che riteniamo contrastante con i principi costituzionali, ma, anche laddove fossimo appassionati di una visione che vede il Nord Italia trainante per la crescita del Paese, ci dobbiamo domandare: questo disegno di legge permette al Nord di esprimere al meglio le proprie potenzialità? Purtroppo, colleghe e colleghi, anche in questo caso la risposta è “no”. Il Nord che esce da questo disegno di legge è un Nord più debole, più fragile, meno attrattivo per gli investimenti e meno efficiente, perché stiamo aumentando la burocrazia, stiamo frammentando le politiche e stiamo mettendo fardelli ai potenziali investimenti, anche internazionali, nel nostro Paese. Perché dico questo? Innanzitutto, se su materie, come la gestione dei trasporti, dell'energia, delle politiche di ricerca e di tecnologia introduciamo processi differenziati tra una regione e l'altra, ci domandiamo quale multinazionale possa investire e portare lavoro nel nostro Paese, se deve interloquire con 5 o 6 tavoli diversi, frammentando le procedure e le burocrazie, oltre ai costi ovviamente della moltiplicazione degli organismi di gestione. Altro che diminuire le poltrone. Qua si aumentano e si moltiplicano le poltrone! È evidente che diventerà l'Italia dei piccoli comuni, delle piccole signorie locali, certamente non l'Italia moderna che vogliamo per essere in Europa davvero competitivi.

Stiamo ragionando su una visione di Europa - almeno la nostra visione di Europa - che è quella che il Presidente Draghi ha puntualizzato, di un'Europa che abbia un effetto scala adeguato per diventare competitiva e, nel contempo, frammentiamo l'Italia, rendendola un condominio - a quel punto sì - di regioni che competono, le une contro le altre, senza una strategia condivisa e, chiaramente, senza avere l'autorevolezza di essere un'interlocutrice accreditata anche sul piano dello sviluppo economico e dello sviluppo internazionale.

Le tasse non diminuiranno. Sappiate infatti che la vostra riforma fiscale nulla porterà, dal momento che una parte del gettito, per esempio dell'IRPEF, dovrà essere destinata in parte alle regioni per pagare le competenze delegate alle regioni. E secondo voi quale regione farà in modo che, a livello nazionale, si abbassino le tasse per avere meno soldi per coprire i servizi? Vuol dire congelare completamente qualsiasi opportunità di riforma fiscale e di efficientamento delle tasse e quindi anche di diminuzione della pressione fiscale.

Allora, alla luce di tutto questo, vorrei richiamare nuovamente la maggioranza a portare avanti un'ulteriore riflessione: visto che avete rimandato il momento del voto, colleghe e colleghi, potremmo fare sì che almeno quest'Aula - non lo è stato la Commissione - sia un luogo di dibattito reale, discutendo e approvando gli emendamenti, facendo diventare questo Parlamento quello che la nostra Costituzione chiede che sia, non un luogo di ratifica di vessilli da campagna elettorale del partito di turno, non un luogo dove si fanno i veti e i contro veti tra i partiti dell'attuale maggioranza per gestirsi l'elettorato da una parte e dall'altra - questo è uno scempio del valore delle istituzioni -, ma un luogo serio, nel quale insieme costruiamo un percorso sull'autonomia differenziata, che, da un lato, sia in grado di rispondere ai criteri di equità e di valorizzazione delle diversità e dell'efficientamento di tutti i contesti del sistema Paese e, dall'altro, sia una forza per una maggiore incidenza dell'Italia anche nell'efficienza dei servizi che vengono erogati alle cittadine e ai cittadini.

Chiudo su questo, richiamando in particolare un tema caro alla maggioranza e a noi, ossia quello della demografia, della natalità e dello sviluppo delle comunità. Approvando questo disegno di legge, state condannando il nostro Paese ad avere regioni che, di fatto, non saranno più attrattive e saranno regioni nelle quali avverrà lo svuotamento delle comunità. Questo vuol dire perdere eccellenze territoriali, anche quelle che spesso il segretario del suo partito, Ministro, richiama sul tema dell'agricoltura, dicendo che bisogna difendere i prodotti italiani. Per difendere i prodotti italiani bisogna che persistano le condizioni, laddove i prodotti italiani vengono prodotti, di una vita adeguata: se voi svuotate le aree interne, le aree rurali e le aree del Sud Italia, dove si produrranno i prodotti italiani? Non avremo sviluppo industriale, non avremmo sviluppo agricolo, non avremo, di fatto, opportunità di rilancio demografico sulla natalità. E tutto quello che viene spesso annunciato come cavallo di battaglia e bandiera di questa maggioranza risulterà lettera morta in un testo di legge che segna semplicemente il titolo della vittoria storica di un partito, ma che non ha l'ambizione di cambiare in meglio il Paese.

Ci auguriamo davvero che questa discussione possa essere fatta con serietà; laddove questo dovesse accadere, siamo, non solo disponibili, ma pronti a un dialogo fattivo, lo abbiamo dimostrato in Commissione con la collega Carfagna, abbiamo presentato pochi e mirati emendamenti, ma nemmeno questi sono stati resi degni di una discussione seria e presi in considerazione per un dibattito parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.

FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, colleghi e colleghe, finalmente riusciamo a parlare e a confrontarci su questo tema dell'autonomia differenziata, perché, a tutt'oggi, nelle numerose sedute che ci sono state anche in Commissione non abbiamo avuto il privilegio di ascoltare le parole del Ministro - al quale va dato atto effettivamente di essere stato presente in tutte le riunioni della Commissione e di questo lo ringraziamo -, che ringrazieremmo più di cuore se, oltre ad essere presente a quelle riunioni, avesse anche parlato, motivato e spiegato le ragioni di questa scelta, che a noi appare incomprensibile e dannosa per il Paese e per il senso di eguaglianza che deve caratterizzare la nostra Costituzione e la nostra Repubblica.

Abbiamo ascoltato parole del collega Molinari interessanti e importanti sull'antifascismo, ma tramite lei, signora Presidente, vorrei chiedere al collega Molinari che la parola “antifascismo” la sillabasse ai suoi colleghi di maggioranza di Fratelli d'Italia, perché, a tutt'oggi, non sono ancora riusciti a pronunciarla, neanche il 25 aprile sono riusciti a pronunciare la parola “antifascismo” (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

Quindi, sentirla dai banchi della maggioranza ci ha fatto un certo effetto, lo devo dire, ci ha dato un certo brivido. Abbiamo capito che in fin dei conti, forse, anche nella maggioranza c'è qualcuno che ricorda il 25 aprile, qualcuno che ricorda com'è nata questa Repubblica, qualcuno che ricorda che alla base della Repubblica e della nostra Costituzione, che è ancora vigente e funziona ancora, alla base di tutto questo, vi è la Resistenza contro il fascismo, la Resistenza contro i nazisti.

Io questo lo voglio ricordare, così come voglio ricordare che, nella narrazione che viene fatta qui dalla maggioranza, sembra che la contrapposizione sull'autonomia differenziata sia una mera contrapposizione tra maggioranza e opposizione. Certo, lo è, ma non è solo così. Se qualcuno di voi, se l'onorevole Molinari e gli altri avessero ascoltato le numerose audizioni che ci sono state in Commissione, si sarebbero resi conto che il 99 per cento dei costituzionalisti e degli esperti italiani ha usato parole forti, molto più forti di quelle che usa l'opposizione, nel descrivere questo provvedimento. Quindi, non è una mera contrapposizione, non è una battaglia ideologica: tutto il mondo universitario, tutti i costituzionalisti, gli studiosi di diritto pubblico di questo Paese, di ogni orientamento, concorrono a dire, signor Ministro, che questa è la seconda “porcata” che lei ci porta in Parlamento, dopo la famosa legge elettorale da lei così definita. Questa “porcata” farà danni inenarrabili al nostro Paese, perché noi abbiamo costruito la nostra unità, l'unità di questo Paese in un momento fondamentale della nostra storia, uno dei momenti più alti della storia d'Italia, che è stato il Risorgimento, che è stato quel movimento di popolo, di idee, che ha portato all'unità d'Italia. Voglio ricordare che, a quel tempo, quel movimento era stimato e considerato, in tutta Europa e in tutto il mondo, come il movimento di più alta democrazia che ci fosse nel continente europeo. Quegli esponenti del movimento democratico italiano, a cominciare da Giuseppe Mazzini, erano considerati i più grandi pensatori dell'epoca, Garibaldi era il Che Guevara dell'Ottocento. Quel movimento, il Risorgimento, ha ridato dignità al nostro Paese e ha portato all'unità d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra), quell'unità che oggi voi volete distruggere, per riportare l'Italia ad essere l'Italietta delle 20 signorie, l'Italietta dei piccoli Stati, preda sempre dei potenti di turno. Io non vorrei mai, signor Ministro e signora Presidente, che si tornasse a quel proverbio che in Italia c'era prima dell'unità: “Francia, Spagna, l'importante è che se magna”, come si dice. Non vogliamo tornare a quell'Italia lì; noi vogliamo tornare a un'Italia protagonista, quella che è nata nel Risorgimento e che è stata rafforzata dall'altro movimento di popolo fondamentale della nostra storia, che è la Resistenza, che ha portato alla Repubblica, alla Costituzione, alla democrazia e che permette anche ai post-fascisti di parlare in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). Infatti, se non ci fosse stata la democrazia - lo voglio ricordare -, se non ci fosse stata la Resistenza, noi probabilmente saremmo in galera e voi stareste a parlare qui da soli; invece, avete la possibilità di parlare in quest'Aula e anche di governare il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

Signora Presidente, noi non possiamo permettere che l'autonomia differenziata sia la parola per nascondere il fatto che si fa la secessione dei ricchi nel nostro Paese, che le regioni ricche diventino sempre più ricche e quelle più povere diventino sempre più povere. Su questo non ci può essere alcun fraintendimento, perché è del tutto evidente che una regione piccola, come la Basilicata o come il Molise, non avrà mai la capienza fiscale che le permette di dare gli stessi servizi sanitari della regione Lombardia o della regione Lazio. È una questione di numeri. Le regioni piccole, con la loro capienza fiscale, non potranno garantire gli stessi diritti che la Costituzione accorda a tutte le cittadine e a tutti i cittadini italiani. State derogando a uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione ed è per questo che noi vi contrastiamo fortemente, perché quell'unità di cui noi parliamo, di cui abbiamo parlato prima, è l'unità dei diritti, è l'unità per cui tutti i cittadini e tutte le cittadine sono uguali davanti alla legge, davanti ai propri bisogni, davanti al diritto di lavorare, al diritto di crescere, al diritto di vivere in un ambiente sano, in un ambiente pulito. Questa è l'unità del nostro Paese, che noi vogliamo qui ricordare.

Non è possibile pensare - e, davvero, se non fosse drammatico, ci farebbe sorridere - che in una Repubblica, in un momento internazionale come questo, così delicato, con una guerra a pochi chilometri dal Nord del nostro Paese e un'altra guerra altrettanto cruenta a pochi chilometri dal Sud del nostro Paese, la soluzione che un partito, peraltro anche minoritario, della maggioranza propone sia la divisione d'Italia. In questo momento avremmo bisogno di più unità, in questo momento avremmo bisogno di più Europa, perché, per contrastare questi enormi conflitti che ci sono a livello mondiale, le contraddizioni del mercato dell'energia, le nuove potenze economiche che entrano in gioco, noi avremmo bisogno, signora Presidente e signor Ministro, di un'Europa più forte, più unita, di un'Europa che mettesse al centro un progetto di difesa comune, di politica estera comune, che ci permettesse di giocare un ruolo importante a livello di solidarietà, a livello internazionale, di dare il nostro contributo alle politiche di pace, non di un'Italia sempre più relegata a Cenerentola d'Europa. Ma, quando noi vediamo sui giornali che sui destini dell'Europa si riuniscono i Presidenti della Francia, della Germania e della Polonia e l'Italia viene esclusa, questo la dice lunga e racconta la falsità della narrazione della destra sul ruolo incredibile e importante del nostro Paese a livello internazionale. Non è così, naturalmente, perché i fatti lo dimostrano. È un'Italia sempre più piccola, sempre più marginalizzata, che, con l'autonomia differenziata, diventerà sempre più inutile e diventerà sempre più accessoria a livello europeo e sui mercati internazionali. Una Repubblica così piccola e così divisa non sarà in grado di competere. Abbiamo bisogno di maggiore tecnologia, di maggiore ricerca. Pensate semplicemente in campo energetico, con quello che è accaduto e che sta accadendo a livello mondiale, con le multinazionali che lucrano sulle tasche dei cittadini, decine di miliardi di euro di speculazione delle stesse grandi multinazionali contro l'Italia. Chi le contrasterà? La regione Basilicata? La regione Molise? Le piccole regioni avranno la capacità di contrastare i grandi colossi dell'energia? Sapranno imporre un modello virtuoso di energie rinnovabili, di autonomia energetica basata sulle energie rinnovabili, oppure saranno sempre sotto il tallone delle grandi multinazionali, che vorranno soltanto sfruttare i consumatori italiani, vorranno sfruttare i cittadini e le famiglie italiane, che hanno pagato la ricchezza enorme che si mettono nella tasca sempre lor signori? È questo il destino al quale voi ci volete destinare. Voi siete, sostanzialmente, in una fase nella quale difendete soltanto gli interessi dei più forti, difendete sempre gli interessi dei ricchi contro i poveri. Voi siete perniciosi per il nostro Paese e per la voglia di libertà e di eguaglianza che nel Paese si esprime.

Un Paese che sta soffrendo, con i salari più bassi d'Europa, con l'impossibilità per molti di arrivare alla fine del mese, e, a fronte di questo, voi che ci venite a riproporre? Le gabbie salariali, cioè che un insegnante al Nord guadagnerà di più che al Sud. Io voglio ricordare che la classe dirigente di questo Paese al Nord, la classe che dirige oggi le industrie, le grandi aziende pubbliche, i grandi comuni e le grandi regioni del Nord, ha avuto insegnanti che provenivano dal Sud. Il contributo dato dal Sud al nostro Paese è stato enorme. Il processo di unità di scambio che c'è stato e che ci dovrebbe essere ancora di più, basandosi sul principio solidaristico previsto dalla Costituzione, non può e non deve essere derogato.

Guardate, nella storia accadono a volte cose che sono veramente pericolose e forse neanche coloro che ne sono i promotori se ne rendono conto. Quando il Primo Ministro inglese Cameron, per avere un vantaggio elettorale, decise di accordare il referendum sulla Brexit neanche egli si rendeva conto di quello che stava facendo, perché effettivamente le elezioni le ha vinte, ma ha perso il referendum sulla Brexit e il Regno Unito sta pagando un prezzo altissimo, dal punto di vista non solo politico e non solo internazionale, ma sociale, e i cittadini e le cittadine di quel Paese stanno pagando un errore clamoroso. Quello che voi correte il rischio di fare è realizzare lo stesso errore, con la stessa superficialità e con la stessa faciloneria, per lucrare un pacchetto di voti al Nord del Paese. Per qualcuno che li sta perdendo con una certa consistenza, si mette in campo una proposta come quella dell'autonomia differenziata.

Io voglio dare atto al Ministro Calderoli - che è sempre stato presente, ma in questo momento non c'è, che l'ha sempre detto; la Lega l'ha sempre detto che vuole la secessione del Paese e la secessione del Paese, in questo modo, si realizzerà, perché, con il passaggio delle competenze previste dalla Costituzione - se tutte quelle competenze vengono messe in capo alle regioni, dall'energia al rapporto con l'Unione europea, dalla scuola alla sanità pubblica e a tutto il resto -, le competenze che rimarranno in mano allo Stato centrale saranno marginali e inutili. Alle regioni basterà soltanto mettere le dogane per avere una totale indipendenza. Voi state proponendo un modello catalano per la nostra Repubblica, state proponendo un modello, di fatto, di sostanziale indipendenza delle singole regioni, state distruggendo l'unità del nostro Paese e, soprattutto, l'unità dei diritti dei cittadini e delle cittadine, perché, come dicevo prima, l'unità del Paese è l'unità dei diritti del cittadino che sta a Reggio Calabria con il cittadino che sta a Milano…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

FILIBERTO ZARATTI (AVS). …del cittadino che sta a Taranto con quello che sta a Roma. Noi ci batteremo fino alla fine, in Parlamento e fuori, perché questa iattura per la nostra Repubblica non debba accadere (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Morfino. Ne ha facoltà.

DANIELA MORFINO (M5S). Presidente, Ministro, che non vediamo più in Aula, Sottosegretario, colleghi, colleghe. Presidente, ricordo a me stessa e agli italiani che ci ascoltano, perché questo Governo la memoria ce l'ha di ferro, che la semantica è molto importante e, quindi, oggi vogliamo ribadire che la forza politica di maggioranza che si affanna per ottenere l'autonomia differenziata è la stessa forza politica che qualche anno fa rivendicava prima il secessionismo regionale, poi il federalismo politico e fiscale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e oggi maschera sotto mentite spoglie e traveste i propri intenti con l'espressione autonomia differenziata. In realtà, questa riforma dobbiamo chiamarla con il suo vero nome: riforma secessione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché questo è il reale nome di questa legge. La verità è proprio questa, ossia che la stessa forza politica vuole oggi realizzare il sogno del Ministro Calderoli. Il suo sogno, Ministro, che è quello di secessione regionale, finalmente si realizza. Il suo sogno di dividere il Paese si realizza, perché questa legge non è altro che una spaccatura sociale, economica e fiscale tra le diverse regioni del nostro Paese e crea divari territoriali in termini di servizi e prestazioni che, invece, tutti i cittadini italiani devono ottenere alla stessa maniera.

Vedete, questa riforma darà alle regioni più ricche, quelle del Nord, sempre di più e alle altre regioni più indietro darà sempre di meno e, quindi, si lasceranno sempre più indietro. Questo è il disegno della Lega e di questo Governo Meloni: dividere il Paese in 20 staterelli, dividere le persone. Divide et impera, questo è il loro motto, oggi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e i cittadini che ci ascoltano devono saperlo. E lo state facendo apposta adesso, perché più la gente è stanca e scoraggiata e non va a votare più il centrodestra continua a governare, perché sono quei pochi voti clientelari che vi tengono su questi scranni. Questo Governo sta frantumando la nostra Costituzione e la Nazione e così addio alla storia del Risorgimento italiano e addio al periodo storico in cui l'Italia conseguì la propria unità nazionale, sotto un'unica bandiera. È questo quello che oggi ci chiedete, di dimenticare e di ritornare a frantumare in 20 pezzi il Paese, dimenticando il sangue versato, da Nord a Sud, per rendere l'Italia una, libera e indipendente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). State gettando le premesse per riportare e accrescere ulteriormente le differenze tra le regioni del Nord e quelle del Sud, ma anche tra le varie aree territoriali dello stesso Nord: diciamo anche questo.

Oggi, quindi, con questo progetto di autonomia il tema non è nemmeno quello di evitare cittadini di serie A e cittadini di serie B, ma di evitare cittadini di serie A e cittadini di serie C e di serie D. Allora, Presidente, pensate se dovesse passare la riforma secessione: si potrà stabilire, ad esempio, che le scuole devono avere un tot minimo di studenti, con costi di un certo tipo, si aprirà la strada a differenze retributive tra docenti nelle varie regioni o, ancora, ogni regione stilerà programmi scolastici propri. Una roba assurda e inimmaginabile. Tutto ciò è anticostituzionale. Si innescherà un far west di concorrenza fra le regioni.

Allora, sapete qual è la verità? Ve lo dico io. La verità è che il progetto autonomista non è altro che un vessillo regalato alla Lega, da sventolare prima delle europee ed è ormai noto a tutti che prelude a un do ut des con il Premierato, inseguito da Fratelli d'Italia. Siamo alla pura follia. Due riforme che avranno conseguenze per il Paese vengono trattate come un gioco da tavolo, come una merce di scambio tra partiti della coalizione di destra.

Allora, noi ci opporremo a oltranza - e concludo - contro queste riforme spot del Governo ai danni del Sud. Fermatevi. E, ancora di più, dovrebbero fermarsi i deputati di centrodestra del Sud e della mia Sicilia, perché non si può votare favorevolmente questa riforma scellerata, non si può votare, né per la Nazione, né per il Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (IV-C-RE). La ringrazio, signora Presidente. Nella involuzione degenerativa della politica questa maggioranza è riuscita a mettere in campo un'ulteriore forma degenerata della politica: siamo passati dal voto di scambio alle leggi di scambio. Noi sappiamo perfettamente che l'obiettivo che si è data questa maggioranza non è neanche quello di portare effettivamente in fondo alla legislatura queste riforme. Conoscono benissimo, gli attori della maggioranza, quali sono gli inciampi e li conosce benissimo il Ministro Calderoli, che è un attento e soprattutto assiduo frequentatore degli ostacoli parlamentari, essendo, come me, esperto deputato e senatore da tanti anni, ma l'obiettivo era semplicemente di portare un vessillo di fronte al voto europeo, e in questo c'è uno scambio.

Uno scambio - quello del Premierato - che, non a caso, è stato sospeso al Senato fino a che non fosse passato l'ok in Aula, quando le cose si stavano mettendo un po' male in Commissione (arriveremo, tra poco, Presidente). Il sistema è esattamente quello dello scambio: non ti libero il provvedimento sul Premierato in una Camera, se non fai andare avanti il provvedimento sull'autonomia differenziata; consapevoli, all'interno della maggioranza - ma ahimè poco evidenziato sulla pubblica stampa e nei media - che tutto questo è soprattutto figlio del fatto che, su un provvedimento e sull'altro, i dubbi, gli sgambetti, le indecisioni innanzitutto all'interno della maggioranza sono all'ordine del giorno, anche i ricatti, se così si può dire.

In tutto questo, lo dico ai miei amici di Forza Italia, ci sono quelli che fanno - politicamente parlando ovviamente - la figura del fesso, e cioè che fanno finta di non sapere che, in queste leggi di scambio, quello che viene sacrificato è il terzo provvedimento, quello che probabilmente era il più importante e che probabilmente avrebbe avuto una maggioranza ben più larga di quella che non ci sarà, sia sul Premierato, sia sulla autonomia differenziata, ossia il provvedimento sulla separazione delle carriere. Ne parlava all'inizio il relatore, che spiega (lo capisco, con un certo imbarazzo) che si è dovuto sospendere - e dice la verità - l'esame di quell'altra legge costituzionale, che era il terzo perno di questo trittico del Governo, perché il Governo, improvvisamente, ha pensato di annunciare il deposito di una proposta, anch'essa governativa, sulla separazione delle carriere che, in qualche modo, ha necessitato di interrompere l'iter di una legge che era già andata avanti. Peraltro, la proposta nasceva, nella scorsa legislatura, come iniziativa delle camere penali, con la raccolta di decine di migliaia di firme, e aveva trovato, in questa legislatura, le prime firme del sottoscritto e del collega Enrico Costa, su testi assolutamente simmetrici e sovrapponibili; si erano poi uniti altri partiti, come Forza Italia e, devo dire, anche la Lega, mentre non si è vista la proposta di legge di Fratelli d'Italia. In questa evidente forzatura all'interno della maggioranza, viene stritolata la proposta di Forza Italia, che a me, in quanto Forza Italia, interessa poco, in quanto alla rilevanza di quel provvedimento, invece, interessa molto.

D'altra parte, non possiamo neanche nasconderci, Presidente e colleghi, che, purtroppo, sulla base dei veti e dei ricatti che si formano all'interno della maggioranza, tante altre iniziative legislative riguardanti i temi della giustizia sono al palo o sono soltanto annunci che, temo, perderemo nel corso del tempo, soprattutto una volta scavallate le europee.

Non sono voluto intervenire prima sulla fase del richiamo al Regolamento, perché, ritenendolo una cosa di una gravità inaudita, avevo deciso di inserire all'inizio del mio intervento una riflessione su quello che è accaduto in Commissione, dove non ero presente, ma ho avuto modo di leggere, sentire, ascoltare, e leggere gli stenografici, Verrò anche su alcune questioni che la Presidenza ha rilevato e che per quanto mi riguarda, ovviamente, trovo assolutamente opinabili, anzi contestabili.

Su quello che qualcuno ha chiamato una ferita (per esempio, la collega Bonafe'), mi permetto di dire che non è una ferita, signora Presidente. Questo è un piccolo golpe, la ferita è una cosa diversa; questo è un piccolo golpe che si è realizzato in Commissione, per volontà deliberata del presidente della Commissione, ed è un gioco da bari. Le regole le violano i bari e siccome in Commissione sono state violate le regole, quelli che hanno fatto questa operazione sono, politicamente parlando, ovviamente, dei bari, esattamente come quelli che truccano al tavolo da gioco e cambiano le carte (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva-il Centro-Renew Europe, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

Ora c'è una premessa, signora Presidente, che andrebbe fatta, perché la cosa che è ancora più insopportabile di tutto quello che è accaduto è che questo non è accaduto per responsabilità dell'opposizione, che ha semplicemente fatto il suo dovere. Questo è accaduto perché, dopo le forzature che la maggioranza aveva messa in atto per portare entro il 29 aprile il vessillo dell'autonomia, contemporaneamente al vessillo del Premierato, chi ha fatto mancare i voti in Commissione è stata la maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva-il Centro-Renew Europe, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)! Ministro Calderoli, nella maggioranza chi ha fatto mancare i voti - lo dica al collega Molinari che ci spiega l'importanza di questo provvedimento - sono stati i deputati della Lega!

Questa è la realtà con la quale vi dovete misurare! Sono mancati, esattamente… Lo dico perché alcune candidature europee, forse, nel momento in cui avranno trovato il loro sviluppo dopo le elezioni, in un modo o nell'altro, avranno modo di dimostrare disciplina per come si sta all'interno di un gruppo, visto che quello viene e fa il generale, ma su questo ci torneremo.

Tutto questo, signora Presidente, si condensa però in una serie di strappi che sono stati, non solo consentiti, ma portati avanti dal presidente della Commissione. Ora gli strappi che si sono verificati sono diversi - lo ricordava la collega Bonafe', lo ricordava il collega Colucci, lo ricordava il collega Grimaldi -, a cominciare dal fatto che abbiamo avuto soltanto due settimane per un provvedimento così importante. Ho sentito, con interesse e anche un grande rispetto, come mi capita sempre di fare, il collega di Fratelli d'Italia - o forse era il collega Molinari - che ci chiedeva: cosa volete? In realtà, sono due mesi che discutiamo su questa cosa, perché in tutta la prima parte c'è stata una serie di audizioni che sostanzialmente non serviva a niente. È vero, non servono a niente, per una sola ragione, Presidente, perché di tutte le audizioni, che, al 99 per cento, hanno messo in evidenza grandi criticità rispetto a questo problema, la maggioranza se ne è fregata. Quindi, è chiaro che se tu fai delle audizioni che, dal punto di vista istituzionale, hanno una funzione e te ne freghi totalmente, perché devi portare il vessillo, è anche vero che avete reso inutili le audizioni che ci sono state, non che su un provvedimento del genere qualcuno possa stabilire che le audizioni di approfondimento possano essere inutili. Comprese quelle che non sono audizioni, ma sono rilievi che, per esempio, arrivano dall'Ufficio parlamentare di bilancio, ma magari ci arriviamo.

Quindi, due settimane solo per fare la discussione generale, il complesso degli emendamenti, il voto sugli emendamenti, ma no, sono due mesi, perché poi abbiamo fatto le audizioni. Uno che deve rispondere di fronte a una cosa del genere? È sempre il solito modo di mischiare le carte e buttare la palla in calcio d'angolo, perché sapete perfettamente e se non lo sapete vi suggerisco di andare a vedere come si comportavano i deputati dell'attuale opposizione e anche qualcuno dell'attuale maggioranza ai tempi delle riforme costituzionali del 2016 o quand'era e vi rendereste conto che, rispetto a come state procedendo in termini di strappi e di forzatura dei tempi, lì c'era qualcosa che sembrava quasi l'ostruzionismo della maggioranza per quanto tempo è stato concesso e per quante analisi e audizioni sono state fatte. Cercate ogni tanto anche di ritornare alle vostre origini e avere un po' più di rispetto di chi pone problemi, dicendo che due settimane andavano benissimo, perché in realtà erano due mesi e prima c'erano le audizioni.

Poi c'è il tema degli emendamenti. Se non ricordo male - io non c'ero, ma mi sono fatto dire all'orecchio da chi ci ha partecipato -, è vero che ci sono stati 2.400 emendamenti presentati, noi, per esempio, ne avevamo presentati 30, quindi ho sentito che, dall'altra parte, non ne erano stati presentati. Però va bene, è chiaro che 2.400 emendamenti sono una forma ostruzionistica, va tutto bene, ma se poi si arriva a un punto nel quale c'è un accordo per ritirare una parte consistente degli emendamenti al fine di analizzare e votare alcuni emendamenti più di merito e meno ostruzionistici, occupando, come spesso accade in quest'Aula, magari anche il sabato e la domenica, e la risposta è “no”, allora è evidente che, come ha dimostrato la collega Bonafe' e i colleghi che sono intervenuti, siete andate avanti soltanto per forzature. Non voglio parlare del voto che si è fatto ripetere, perché lo hanno detto tutti. Mi permetto di segnalare al Presidente della Camera, che rispetto moltissimo (ho sempre detto in ogni luogo che, forse, è uno dei Presidenti che, più di tutti, ha dimostrato un'assoluta capacità di essere il Presidente della Camera, prima e forse dimentico delle origini da cui veniva), che, in questo, forse, c'è stato un corto circuito. Lo dico, perché a me non sfugge, signora Presidente, che il Presidente della Camera dica “sulla base di precedenti” o “io non potevo imporre”: va tutto bene.

Però non è che se al Presidente della Camera arriva la notizia che accade qualcosa di più pesante in Commissione, il Presidente della Camera fa un po' Ponzio Pilato e manda una lettera dicendo: va bene, ormai è stato fatto, non so che farvi, magari vi do due ore in più, tre ore in più, ma più di questo non posso fare. Quando il Presidente della Camera annuncia di venire per una Conferenza dei capigruppo e il presidente della Commissione - sempre quello che si muove con grande leggerezza e superficialità, ma anche con grande autorità, anzi, autoritarismo - decide di procedere comunque, grazie alla maggioranza, con quel voto in Commissione, lì, c'è una forzatura e, lì, ci sono i margini per i quali il Presidente della Camera, secondo me, qualcosa dovrebbe dire, per lo meno in termini di moral suasion, sul dopo, perché il Presidente poteva intervenire tra il corto circuito che c'era stato e la ripetizione del voto. Io penso che sia la prima volta in cui il Presidente della Camera abbia perso un'occasione per dimostrare che non c'era una prevalenza della sua origine politica, ma, invece, una cogenza di quello che è il peso che deve portare.

Siccome, signora Presidente, in questa Camera, ci vengono sempre riportati i precedenti, i precedenti, i precedenti, suggerisco al Presidente Fontana e a chi lo ha consigliato di andarsi a vedere qualche precedente del passato. Si vada a vedere come presiedeva l'onorevole Iotti quando si trattava di intervenire, anche contro il proprio partito, per difendere la legalità dei lavori della Camera (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva-il Centro-Renew Europe, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

Io adesso, ovviamente, non sto parlando di una responsabilità diretta del Presidente, sto parlando del fatto che il Presidente della Camera non è un notaio e se vuole, come ha dimostrato anche in altre occasioni, può esercitare un ruolo. Quello che sicuramente ha scelto di esercitare un ruolo è stato il presidente della Commissione. Ora, io non so, signora Presidente, se per caso il presidente Pagano ha avuto la possibilità di leggere in anteprima un capitolo del libro del generale Vannacci che uscirà tra poco e che riguarda il livello di legalità e come usare, dentro le Camere democratiche, gli stessi metodi che magari si usano in caserma, però, non c'è dubbio che il comportamento del presidente della Commissione rispetto a tutto quello che è accaduto in Commissione si avvicini più all'atteggiamento di un gerarca che non a quello di un presidente e penso che questo sia un problema, perché quando si rompe il rapporto di fiducia tra un presidente e la minoranza questo diventa un problema di tutti, non è solo un problema della minoranza.

Mi permetta da ultimo e, poi, passo rapidamente alle questioni di merito, signor Presidente, di contestare anche la seconda affermazione che lei ha fatto, in base alla quale, siccome sono quarant'anni che non si richiedono i verbali, sostanzialmente, noi abbiamo di fatto abrogato l'articolo del Regolamento. Non funziona così, io non penso che funzioni così. Il fatto che, per un tacito assenso e per una consuetudine, si sia deciso di non utilizzare un articolo del Regolamento, che non è mai stato abrogato, non consente ad alcuno di impedire a un deputato, che in un contesto di contenzioso, come quello che si è creato, aveva esigenza che fosse garantito il proprio pensiero a verbale, di esercitare l'articolo 32 del Regolamento: “Il Presidente dell'Assemblea o il presidente della Commissione apre la seduta e la chiude”. Punto e a capo: “La seduta inizia con la lettura del processo verbale.” - non è che dice: la seduta della Camera e non quella della Commissione - “Quando sul processo verbale non vi sono osservazioni, esso si intende approvato; se è richiesta una votazione, questa ha luogo per alzata di mano”. E specifica: “Sul processo verbale non è concessa la parola se non a chi intenda proporvi una rettifica, o a chi intenda chiarire il proprio pensiero espresso nella seduta precedente, oppure per fatto personale”. Non c'è scritto che questo vale per l'Aula e non vale per la Commissione. Il fatto che non si sia utilizzato in Commissione per tacito accordo rende del tutto legale quello che è successo fino a ieri, ma se nell'ambito della Commissione si solleva un problema e si richiama un articolo del Regolamento non si può rispondere che, siccome non è stato utilizzato fino a ieri, questo non sia utilizzabile, perché, allora, cancellatelo, ma finché c'è, il Regolamento detta anche su qualunque precedente al mondo, per quanto mi riguarda.

Chiarito questo e, nel tempo che mi è rimasto, passando alle questioni di merito, vorrei dire, Presidente, e lo dico anche al Ministro Calderoli, che io non sono ideologicamente contrario al fatto che si trovi un riassetto, nel nostro Paese, anche delle diverse competenze, che però bisognerebbe sempre relazionare anche con l'Europa, perché voi avete questa strana forma, che volete creare una sorta di decentramento del livello nazionale e, però, rifiutate che poi ci sia un potere sovrannazionale al quale rimettere alcune competenze che inevitabilmente tali sono, per cui c'è anche questa contraddizione in voi.

Tuttavia, al di là dell'elenco, che anche la collega De Monte ha voluto mettere in evidenza, delle problematiche che si sono poste e che si porranno inevitabilmente con questo provvedimento, il mio collega al Senato, Scalfarotto, per esempio, ha posto un problema. Prendiamo il tema dell'eutanasia legale: noi non abbiamo una legge nazionale e c'è il rischio - che è avvenuto, perché se il voto fosse andato come io avrei voluto, in Veneto, per esempio, noi avremmo avuto una determinata situazione e nelle Marche un'altra - che il diritto, riconosciuto da una sentenza della Corte costituzionale a ciascun cittadino, di avere la garanzia di poter essere libero di scegliere, in determinate condizioni, cosa fare della propria vita, sia un diritto che da una parte è accettato e dall'altra è negato. Allo stesso modo, dobbiamo ricordare, signor Ministro, cosa è successo sul tema della sanità. Io sono contento che qualcuno, in quest'Aula, che viene da quella parte riconosca, come io pure ho riconosciuto ormai da anni, che la riforma del 2001 del Titolo V sia stata una riforma che, sotto un certo punto di vista, non è molto diversa da questa: pure lì c'erano elezioni, signor Ministro, pure in quel caso bisognava fare un intervento per evitare che la Lega accrescesse i propri consensi, se lo ricorda tutto il dibattito? E fu fatto qualcosa che soltanto il tempo ha dimostrato quale follia fosse e, per capire quale follia fosse fino in fondo, abbiamo dovuto attraversare la pandemia, che ha chiaramente messo in evidenza un concetto che forse voi dovreste riconoscere anche con più onestà, perché quando succedono determinate cose non si salva nessuno, signor Ministro; infatti, è vero che non si salvano a Cosenza, ma non si salvano nemmeno a Milano, anzi, abbiamo visto cosa è successo a Bergamo.

E se noi riproponiamo questo, per esempio, sul tema energetico, non siamo lontani da risultati che, attraverso questa riforma, rischiano di peggiorare e non di migliorare i problemi di questo Paese. Soprattutto, sempre per riprendere i ragionamenti del vostro capolista in tutte le circoscrizioni, signor Ministro, sa cosa succede con questa riforma? Che, come il generale Vannacci vuole creare le classi differenziate per i bambini disabili, voi create regioni differenziate, fotografando semplicemente lo stato dell'arte e spaccando sempre di più a metà l'Italia, lasciando indietro quelli che, per condizioni che non dipendono solo da loro, stanno in una determinata situazione. Come ricordava benissimo il collega Zaratti, facendo esempi sulla sanità, ovviamente, se non c'è un equilibrio noi rischiamo di procurare danni ancora maggiori rispetto a quelli che abbiamo procurato. Voi fate una fotografia della situazione in cui lasciate le regioni che stanno peggio nelle condizioni peggiori e quelle che stanno meglio, illuse di stare meglio, nelle condizioni migliori.

Questa è la ragione per la quale - signora Presidente, credo di essere prossimo alla consumazione dei miei tempi - noi avremmo voluto, per questo Paese, e questo vale per le riforme istituzionali, non un Premierato pasticciato e, per certi versi, assolutamente insignificante come quello che si sta approvando, senza il coraggio di fare scelte, al Senato e ancora con questo… Noi non è che riteniamo che questo Paese, dal punto di vista istituzionale, non abbia bisogno di un riassetto. Avevamo fatto un'altra nostra proposta, che è stata bocciata dai cittadini; vedremo, se mai arriveremo al referendum, con questo cosa succederà, ma io non è che sono contento se viene affossata un'ennesima riforma istituzionale. Il problema è che si sceglie, come metodo, quello della forzatura, quello dei piccoli golpe e quello del disinteresse totale di una condivisione di norme che inevitabilmente riguardano tutto il Paese, che inevitabilmente devono coinvolgere anche le classi dirigenti degli altri partiti, non essere ricattate da queste, certamente; non si deve andare a forzature, perché andando avanti a forzature, vedrete, andrete a sbattere contro un muro (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva-il Centro-Renew Europe, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. A questo punto, come concordato, sospendiamo la seduta, che riprenderà alle ore 14.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 70, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà. Ordine dei lavori?

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e per richiamo al Regolamento. Io non ritorno sulle questioni che hanno sollevato, nel richiamo al Regolamento, i colleghi, questa mattina. Tuttavia, credo che sia giusto che in questa sede si abbia contezza - anche per rispetto di chi ci ascolta e, comunque, dell'opinione pubblica - che ci soffermiamo su un'altra tematica che si è manifestata in questi giorni, e la poniamo in evidenza. La scelta, la pervicacia, le forzature di Regolamento, tutto quello che si è verificato in Commissione, è stato tutto finalizzato, signor Presidente, al rispetto della decisione della Conferenza dei presidenti di gruppo di andare in Aula il giorno 29, cioè oggi. E qui c'è una prima questione.

La prima questione è che tutto questo è stato fatto, ripeto, in un contesto volto a rispettare, più che la decisione della Conferenza dei presidenti di gruppo, una decisione politica assunta in altre sedi: inspiegabile, perché, a più riprese, in varie dichiarazioni, è stato detto che questo provvedimento non sarebbe, poi, andato in Aula prima delle prossime elezioni.

Un altro aspetto, signor Presidente, che non possiamo non rimarcare, è che è avvenuta, in queste settimane, una sostanziale umiliazione di questa Camera. Ancora una volta, così come sarà per il Premierato, le riforme più importanti non solo non vengono assegnate dal Governo a questa Camera, ma questa Camera non è messa neanche nelle condizioni di poter contribuire, come è previsto dalla Costituzione, al lavoro emendativo. Non è messa nelle condizioni, quindi, di rispettare il fatto che siamo ancora, fino a prova contraria, in una Repubblica che prevede un bicameralismo paritario. Noi non possiamo non sollevare questo tema.

Lei è il Presidente della Camera, a lei ci rivolgiamo perché non la consideriamo - come è sempre stato per questa istituzione - il Presidente della sola maggioranza. Glielo vogliamo ricordare e ribadire, in questa sede, così come vogliamo ribadire che ci sono regole e comportamenti che devono dimostrare che non esiste, in quest'Aula, una dittatura della maggioranza. Noi abbiamo vissuto la sensazione e la percezione - e, in molti casi, la realtà - che è quello che è avvenuto in queste settimane assomigli di più alla dittatura della maggioranza che non a un corretto rispetto del rapporto tra maggioranza e opposizione, e, lo sottolineo, tra Senato e Camera. Lei non può continuare a ignorare il comportamento del Governo. Questo Governo ritiene, a suo dire, il Senato della Repubblica più affidabile della Camera dei deputati. Problema che a noi non interessa, ma è il risultato che interessa. Il risultato è che questa Camera, per il Governo, è sostanzialmente una buca delle lettere. E per di più, come le raccomandate con ricevuta di ritorno, bisogna imporre anche la data entro cui il pacco dev'essere consegnato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Questo è, dal nostro punto di vista, Presidente, inaccettabile.

Chiediamo a lei e agli uffici, di cui abbiamo massimo rispetto, di non ignorare quello che sta avvenendo. Lo consideriamo grave e lesivo della Costituzione. In conseguenza di questo, credo che i richiami alle prassi, che sono avvenuti in queste settimane e in questi giorni, e i comportamenti che si sono tenuti, necessitino di un intervento chiarificatore, se ha ancora un senso, della Giunta per il Regolamento, con riferimento specificatamente alla questione del processo verbale, che è stato sollevato in precedenza - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - anche dal collega Alfonso Colucci e anche da altri colleghi, quindi sul valore del processo verbale durante le Commissioni, sull'articolo 57, comma 1, che è stato apertamente violato dal presidente della Commissione e anche, a questo punto, sul ruolo e le funzioni del segretario in Commissione. Mentre è chiaro quali sono il ruolo e le funzioni del Segretario, che non a caso non siede tra i banchi, ma siede esattamente nel banco della Presidenza, così non è normalmente nelle Commissioni, e capire quindi che ruolo e che significato ha il termine “verificare” rispetto all'articolo 21, comma 2, del Regolamento, che non può essere limitato a una prassi per cui i segretari intervengono solo su sollecitazione del presidente, nel caso della verifica per appello nominale.

Credo che queste tre questioni abbiano necessità di essere chiarite perché, come hanno dimostrato questi giorni, qui dentro c'è il cuore di una delle questioni fondamentali, e questa è se in questa Camera il nostro lavoro è ancora un lavoro possibile per chi fa opposizione, in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fornaro. Riguardo chiaramente alle questioni sul Regolamento, già le dico che sarà mia premura comunque convocare la Giunta, per analizzare i problemi che ci sono stati e per vedere eventuali rimedi da fare. Detto questo, chiaramente, per quanto riguarda i Regolamenti e le procedure, sono stati assolutamente rispettati e le assicuro da parte mia il massimo impegno, comunque, per valorizzare il più possibile e mantenere alto anche l'onore della Camera dei deputati, come è già stato fatto in passato e, come lei ben sa, e sicuramente penso non avrà motivo di non riconoscermi, verrà fatto anche in futuro.

Però, per quanto riguarda la Giunta per il Regolamento, le assicuro che verrà convocata nel più breve tempo possibile proprio per analizzare quanto è accaduto e prevedere i rimedi da porvi.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1665​)

PRESIDENTE. Riprendiamo ora la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1665. È iscritto a parlare il deputato Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR IEZZI (LEGA). Presidente, Ministro, rappresentanti del Governo, colleghi, oggi è una giornata di quelle che vanno cerchiate con il pennarello rosso, di quelle importanti che vanno poi ricordate con orgoglio. Inizia l'ultima tappa di un percorso lungo, e credo sia doveroso in particolare ringraziare oggi due persone. Una è il Ministro Roberto Calderoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), che ha seguito questo percorso con entusiasmo, con passione e con determinazione, ha superato tutti gli ostacoli ed è riuscito a portarci qui. L'altra persona che voglio ringraziare è il nostro segretario Matteo Salvini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), che ha voluto questo Governo, che ha rischiato in prima persona, che si è sacrificato in prima persona e che è riuscito a far mettere all'interno del programma di Governo, come priorità, proprio l'autonomia differenziata.

Dicevo che è un percorso lungo, che è durato 40 anni, che è iniziato il 12 aprile 1984, quando un uomo destinato a cambiare la storia ha fondato, insieme a pochi amici, la Lega Autonomista Lombarda (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Autonomista, perché quella è sempre stata la nostra stella polare. Quel partito, allora piccolino, molto piccolino, poi diede vita alla Lega Nord, che ebbe anche un altro grandissimo segretario, che fu Roberto Maroni. Quell'uomo che diede vita a tutto ciò fu Umberto Bossi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Bossi portò tre grandi innovazioni nel panorama politico. Innanzitutto, ci insegnò a essere orgogliosi di ciò che siamo, orgogliosi di essere lombardi. Poi riportò il territorio al centro della politica, una politica che, fino a quel momento, era chiusa nei palazzi del potere. E poi, soprattutto, tolse il federalismo e l'autonomia dai polverosi archivi delle facoltà universitarie, per farne un argomento di dibattito politico. Da lì partì tutto, un percorso lungo, fatto di sconfitte e di vittorie, tra cui anche i 2 referendum che si tennero nel 2017 in Lombardia e in Veneto.

Un percorso difficile, che ebbe nuovo vigore proprio in quel giorno del marzo 2001 quando il Senato, grazie alla sinistra, che oggi rinnega tutto, approvò quella riforma costituzionale da cui oggi discende proprio quello di cui stiamo discutendo, cioè la legge quadro sull'autonomia differenziata. E la approvò per assecondare quella voglia, quel desiderio di innovazione istituzionale che saliva dal territorio, che saliva dal Paese. E anche - è inutile nasconderlo - per fermare l'avanzata, che allora era impetuosa, della Lega.

Voi, tranne la parte della sinistra più estrema, non solo in quei giorni avete votato quella riforma che oggi ci permette di approvare l'autonomia differenziata, ma l'avete fatta con grande entusiasmo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Vorrei citare uno che allora era un esponente dei DS, che poi hanno dato vita al PD, che tra l'altro oggi chiama tutto il Sud alla rivolta contro questa riforma, dicendo esattamente l'opposto di quanto diceva allora. Massimo Villone, che disse esattamente queste parole, parlò di riforma, mentre l'approvava con entusiasmo, dalla portata storica per lanciare il Paese nel futuro. Questo era quello che pensava la sinistra allora.

E non solo, lo stesso entusiasmo lo aveva il MoVimento 5 Stelle qualche anno fa, nel 2018, quando andò al Governo con noi della Lega e firmò il famoso contratto di Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). In quel contratto di Governo il MoVimento 5 Stelle scrisse esattamente queste parole: l'impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell'agenda di Governo l'attribuzione per tutte le regioni che motivatamente lo richiedano di maggiore autonomia, in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e regioni attualmente aperte. Tra l'altro, erano trattative che vedevano impegnata anche l'Emilia-Romagna dell'attuale presidente del Partito Democratico Bonaccini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Adesso avete cambiato completamente opinione, rinnegate ciò che un tempo condividevate solo per interessi di bottega. Ma non è l'unica curiosità di questa vicenda, perché noi siamo attaccati sia da chi ci dice che questa è una riforma troppo blanda, che non avrà portata innovativa, che non cambierà le sorti del Paese, e dall'altra parte veniamo attaccati da chi ci dice, invece, che stiamo attentando all'unità nazionale e alle sorti del Paese. La realtà, ovviamente, non è questa.

Ai primi voglio rispondere una cosa chiara, che il giorno dopo questa riforma i governatori potranno andare a Palazzo Chigi e, da pari a pari, potranno chiedere al Presidente del Consiglio il trasferimento di nuove materie e di nuove funzioni in tutte quelle materie rispetto alle quali non si deve procedere alla determinazione dei LEP. Parliamo di un evento di portata storica, perché si parla di 9 materie e 184 funzioni, materie che non sono secondarie. Basta leggere l'articolo 3, comma 3, del provvedimento che noi stiamo approvando.

Si tratta dei rapporti internazionali con l'Unione europea, il commercio con l'estero, le professioni, la Protezione civile, la previdenza complementare integrativa, cioè le pensioni, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, in cui c'è la funzione di compiti spettanti allo Stato in materia di politica economico-finanziaria, di bilancio e di programmazione degli investimenti pubblici, casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Non poca cosa, materie che potrebbero davvero cambiare il modo in cui le nostre regioni sono state governate fino a oggi. Poi, però, voglio rispondere anche a chi dice che noi stiamo attentando all'unità nazionale e alla coesione di questo Paese. Ricordo sommessamente a tutti che siamo stati noi, che è dovuto arrivare questo Governo, questa maggioranza, dentro la quale c'è la Lega di Matteo Salvini, per determinare i LEP, per determinare i livelli essenziali delle prestazioni, che per 20 anni voi non avete fatto.

Parliamo dei diritti essenziali delle persone, quei diritti che, se non vengono rispettati e tutelati, non permettono di distinguere un cittadino da un suddito (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ecco, voi su questo non avete mai fatto nulla, per anni siete stati il silenzio. E c'è un motivo per cui ci sono migliaia di cittadini che dal Sud devono emigrare al Nord per vedere tutelato un loro diritto. I motivi sono due: innanzitutto - come detto - per 20 anni non avete fatto nulla, avete abbandonato il Sud, l'avete sfruttato e l'avete lasciato a sé stesso. E poi soprattutto la vostra classe dirigente al Sud ha clamorosamente fallito! Non è colpa nostra, non è colpa di nessuno se in Campania, per esempio, i soldi pubblici vengono spesi per fare la campagna elettorale a De Luca con manifesti contro il Governo nazionale (Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! Non è colpa nostra se in Puglia vengono anteposti ai diritti dei cittadini (Proteste del deputato De Luca)

PRESIDENTE. Onorevole De Luca, per cortesia.

IGOR IEZZI (LEGA). …il voto clientelare con le famiglie mafiose (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Non è colpa nostra, se voi avete un governatore che, quando deve risolvere i problemi (Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), invece di andare…

PRESIDENTE. Per cortesia! Per Cortesia!

IGOR IEZZI (LEGA). …invece di andare dalla Polizia, va a parlare con la sorella di un boss mafioso! Non è colpa nostra (Proteste del deputato De Luca)! Chiudo…

STEFANO CANDIANI (LEGA). Datti una calmata!

PIERO DE LUCA (PD-IDP). Presidente! Lo deve riprendere!

PRESIDENTE. Onorevoli, per cortesia! Onorevole Iezzi, la richiamo ad essere moderato in quello che dice e a stare bene attento, ma chiedo anche il silenzio in Aula.

PIERO DE LUCA (PD-IDP). Sono diffamazioni!

IGOR IEZZI (LEGA). Pensavo di aver citato articoli di giornale che sono sulle prime pagine di tutti i giornali (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Comunque chiudo ricordando velocemente, per mia colpa, tutte quelle persone che queste battaglie le hanno fatte, tutta quella comunità di militanti della Lega che per anni si sono impegnati a tutti i livelli e gratuitamente nei consigli comunali, nei consigli provinciali, in regione, sul territorio, indipendentemente dal clima, con il freddo e con il caldo, perché avevano un sogno e una passione civile. E ricordo anche quelli che oggi sono qui con noi, anche se non in presenza perché non ci sono più, quelli che hanno portato le cicatrici di questa battaglia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ne ricordo due per tutti, la giovane Vittoria Cola e lo storico Roberto Ronchi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ecco, cari amici, questo risultato è anche e soprattutto vostro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ubaldo Pagano. Ne ha facoltà.

UBALDO PAGANO (PD-IDP). Presidente, per il suo tramite, mi permetterei di ricordare al collega Iezzi i tanti colleghi del suo Partito che sono rimasti nel corso degli anni coinvolti in inchieste legate alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), quella sì, la mafia con la “M” maiuscola, ma è evidente che, su un piano di questo tipo, i vari tesorieri che si sono succeduti nelle varie metamorfosi della Lega, un tempo Lega Nord, evidentemente avevano una capacità pervasiva di entrare in contatto con certi mondi da cui evidentemente qualcuno dovrà prendere esempio, se questa è la dinamica su cui il buon Iezzi prova a coprire quello che stiamo facendo in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Ma noi dobbiamo restare evidentemente ai fatti e non alle chiacchiere di chi evidentemente, non avendo argomenti perché il cranio è disabitato da idee proattive verso qualcosa di utile, prova a buttarla in caciara. Allora il tema vero, la risposta su cui dobbiamo provare a dare una chiave di lettura è: il disegno di legge per l'autonomia differenziata, che oggi è in discussione generale, attua veramente la Costituzione o in realtà contravviene al suo principio fondativo? Innanzitutto questo è evidentemente il senso delle critiche che stiamo provando a muovere verso il progetto del Governo Meloni e del Ministro Calderoli. Questo provvedimento evidentemente prova sciogliere una questione che abbiamo in sospeso da 20 anni, come giustamente hanno ricordato i colleghi che sono intervenuti prima di me, senza però tener conto del contesto in cui evidentemente doveva andarsi a muovere, l'indispensabile salvaguardia dei fondamentali princìpi costituzionali di solidarietà, di coesione e di unità giuridica ed economica del Paese.

Insomma questo disegno di legge guarda al dito, ma si dimentica non solo della luna, ma anche delle stelle e del cielo. Di tutto questo insieme, infatti, non sembra importare a nessuno dalle parti della maggioranza, anzi l'autonomia che provate a raccontare è una sorta di giusto premio, che peraltro emerge anche da chi mi ha preceduto, da conferire alle regioni più efficienti.

Allora, ragioniamo: che significa efficienza? Significa che quelle regioni hanno le stesse opportunità, in termini di investimenti e di spesa pubblica, rispetto alle altre regioni che oggi probabilmente, con l'entrata in vigore dell'autonomia differenziata, potrebbero avere qualche problema? Se così è, è evidente che, da questo punto di vista, il dialogo sui dati, sui numeri, sulle basi della conoscenza empirica non dovrebbe spaventare nessuno. Ma il ragionamento, probabilmente, andrebbe invertito: queste regioni, che oggi chiedono con forza di poter essere liberate dal vincolo di unità nazionale, hanno potuto beneficiare delle stesse opportunità o hanno una condizione di partenza che è oggettivamente migliore per tante ragioni? Allora, il vero errore, con la riforma del Titolo V, fu l'inserimento di ben 23 materie: io faccio fatica a riconoscerlo e soprattutto a sottolinearlo. In quel contesto storico si utilizzò la tattica per poter raggiungere un obiettivo politico e - come spesso avviene quando si utilizza la tattica per poter raggiungere un obiettivo politico -, per l'eterogenesi dei fini, il risultato che si riesce ad ottenere è esattamente l'opposto e noi oggi evidentemente ne stiamo pagando le conseguenze.

Tuttavia, in quella riforma del Titolo V nulla c'era di quanto invece è contenuto nel disegno di legge che il Governo e il Ministro Calderoli hanno presentato, perché in quella riforma di legge - mi riferisco nello specifico all'articolo 116, comma 3 - c'erano comunque gli anticorpi per evitare le distorsioni che più pericolosamente possono creare in maniera invalicabile un passo indietro rispetto ai principi dell'unità nazionale. C'è scritto chiaramente che le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia - cito - possono essere attribuite ad altre regioni nel pieno rispetto dei principi di cui all'articolo 119. Guardate, tra i principi di cui all'articolo 119, c'è quello della perequazione in favore dei territori con minore capacità fiscale, dello sviluppo e delle aree svantaggiate, della rimozione degli squilibri economici e sociali.

Guardate, tali questioni in quella riforma del Titolo V, precedevano il riconoscimento di nuove forme di autonomia; oggi in questo disegno di legge invece vengono prima e non dopo, e quanto diceva il collega Iezzi conferma la critica più importante che noi stiamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! Quando voi rivendicate che, tra le materie che possono essere cedute senza che vengano individuati e finanziati i livelli essenziali delle prestazioni, ce ne sono ben 9, che in realtà possono immediatamente essere cedute e che corrispondono secondo lo stesso calcolo fatto dal Ministero, guidato dal Ministro Calderoli, a circa 185 funzioni, si nasconde il vero obiettivo che intendete perseguire con questa accelerazione che avete dato, cioè fare in modo che, nelle more che un feticcio vi porti ad individuare dei livelli essenziali di prestazioni al ribasso, cioè tarandole sul livello più basso possibile per poter stare nei costi, nel frattempo comincerete a devolvere una serie di funzioni che creeranno la sensazione, il feticcio e la parvenza di aver dato maggiori condizioni di autonomia a quei territori che, più di altri, vivono il principio per cui chi più ha, più ha da pretendere. Se passa però questo concetto, non esiste più un divario Nord- Sud, non esiste più un divario tra regioni del Mezzogiorno, del Centro o del Nord; non esiste più l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché anche all'interno degli stessi territori regionali il prodotto interno lordo e la capacità fiscale sono diametralmente opposti!

Su questi presupposti comincia a costruirsi il “come” dell'autonomia che vorrete proporre. Dal punto di vista delle regole d'ingaggio, voi non date le stesse opportunità e le stesse prospettive, così come disegnato a Costituzione vigente, a tutte le regioni, sostituite, come dice il professor Azzariti, a un regionalismo solidale un regionalismo competitivo. Ma quella competizione che oggi è tra regioni, secondo il principio che introducete con questo disegno di legge, un domani, sarà tra aree della stessa regione. Ecco perché non è una battaglia solo e tipicamente tra aree geografiche del Paese.

Poi, una scelta preminentemente politica che avete fatto è come individuare i livelli essenziali delle prestazioni: delegate questa funzione, che dovrebbe essere fondamentale, che dovrebbe essere di garanzia, non al Parlamento, che sarebbe la sede naturale in cui questo confronto potrebbe avvenire, ma a un comitato di tecnici nominato, essenzialmente, da gente del Governo, tra espressioni del Governo e, in più, cominciate ad associare a quelli che avrebbero dovuto individuare i livelli essenziali delle prestazioni anche quelli che avrebbero dovuto individuare i fabbisogni standard. E la prima cosa che si fa è far dimettere il presidente che era stato nominato dalla precedente gestione. E nominate chi? Il capo della delegazione di una delle regioni che negli anni passati ha guidato le pre-intese con i Governi dell'epoca. Da questo punto di vista non c'è nulla di male, ma il sospetto che un minimo di partigianeria sul tema si possa celare all'interno di quei lavori, senza alcun tipo di controllo parlamentare, è presente.

In più, nel dire che l'articolo 119 vi interessa relativamente, avete anche fatto una cosa peggiore. Nell'ultima legge di bilancio avete tolto quelle risorse che, con molta fatica e in maniera insufficiente, avevamo fatto destinare per il riequilibrio dei livelli infrastrutturali sul territorio e le avete spostate su un claim, su una grande incompiuta che probabilmente non vedranno neanche i nostri figli, che si chiama ponte sullo Stretto. Nel frattempo, la metà dei tratti ferroviari italiani nelle regioni meridionali sono a binario unico, abbiamo il 70 per cento in meno di autostrade e nel contratto di servizio ANAS che avete appena firmato, purtroppo, tutte le poche risorse a disposizione sono state destinate al ponte sullo Stretto.

Mi permetta, Presidente, di chiudere il mio intervento dando dei dati, perché, magari, sui dati ci si può anche confrontare, ma quelli sono numeri e, evidentemente, non possono essere inseriti all'interno di una dinamica che può essere, più o meno, veritiera. Il dato della spesa pubblica pro capite, al Centro è di 20.247 euro, nel Nord-Ovest è di 19.291 euro, nel Nord-Est è di 18.167 euro, nel Sud è di 14.327 euro e nelle isole è di 15.310 euro per cittadino. Che cosa ci volete dire quando ci raccontate - e mi riferisco, per il suo tramite, alla collega Gardini -, che una parte delle risorse che destinate in spesa pubblica nelle regioni del Centro-Nord la sottrarrete a quelle regioni per investire nel Centro-Sud? Volete veramente dirci questo? Perché, se così è, fatelo con chiarezza, almeno affronteremo la prossima campagna elettorale per le europee in maniera più serena; in caso contrario, state per l'ennesima volta prendendo in giro i cittadini, distraendoli dai problemi reali e contando sul fatto che questo dibattito si svolga in un'Aula semivuota (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carfagna. Ne ha facoltà.

MARIA ROSARIA CARFAGNA (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Ministro, Sottosegretario, colleghi, anche io vorrei dire una parola su quello che è accaduto in questi giorni in Commissione affari costituzionali. Infatti, noi arriviamo in quest'Aula con la discussione generale sul disegno di legge sull'autonomia dopo giornate complesse in Commissione, giornate che si sono caratterizzate per continue forzature, per atti di prevaricazione, per atti di arroganza, che hanno trovato il loro culmine nella decisione di far ripetere una votazione soltanto perché quella votazione su un emendamento dell'opposizione non aveva dato l'esito favorevole alla maggioranza, perché non erano presenti alcuni colleghi della maggioranza e, come si dice in gergo, la maggioranza è andata sotto. Un precedente gravissimo, un atto di arroganza che ha anteposto lo spirito di parte e di fazione al rispetto sacro che ciascuno di noi dovrebbe nutrire per queste istituzioni.

Io dico la verità, l'ho detto anche in Commissione e l'ho detto anche a lei, Presidente, quando ha convocato, su nostra richiesta, la Conferenza dei capigruppo: sono qui da molto tempo ormai e mi è capitato di assistere ad altri incidenti parlamentari, sia in quest'Aula sia nelle Commissioni parlamentari a cui partecipavo, ma ho sempre visto prevalere il rispetto delle istituzioni, ho sempre visto risolvere quegli incidenti parlamentari in modo decoroso per le istituzioni, non nel modo disadorno che abbiamo visto. Non ho mai visto, onestamente, in Commissione far ripetere un voto soltanto perché la maggioranza non aveva i numeri. È per noi una violazione del principio di legalità, una violazione del Regolamento parlamentare, già grave di per sé, ma ancora più grave se si considera l'obiettivo per cui questo sfacelo, questo pasticcio è stato compiuto, e l'obiettivo è chiaro: consentire alla Lega di sventolare la bandierina dell'autonomia. In realtà, è una bandierina parziale. Infatti, tutti noi sappiamo che, dopo questa discussione generale, l'esame di questo disegno di legge si arresterà, non si procederà all'esame e alla votazione degli emendamenti, non si procederà al voto finale, quindi non ci sarà la conversione in legge di questo disegno di legge, ma tanto basta per sventolare la bandierina parziale dell'autonomia in vista di un'occasione importante. E quale sia l'occasione importante ce lo ha ricordato, qualche giorno fa, il Ministro Calderoli, che voglio, però, ringraziare per la costanza con cui ha seguito i lavori in Commissione e segue i lavori in Commissione, ma, in un momento di grande sincerità, il Ministro Calderoli ha affermato: “La riforma sarà il regalo di compleanno per i 40 anni della Lega”.

Io, Presidente, so quanto anche lei tiene all'istituzione che presiede: mi permetto di dire che questo Parlamento non è qui per fare regali a un partito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Questo Parlamento è qui per servire tutti gli italiani e tutta l'Italia, non per fare regali di compleanno a un partito, a scapito dell'unità nazionale, a scapito del Sud, a scapito della dignità delle istituzioni e di quest'Aula. Voi state disarticolando lo Stato centrale nei suoi poteri e nelle sue funzioni e non vi preoccupate di disarticolarlo e di aumentare la disparità tra territori solo per accontentare parte del vostro elettorato, perché sono certa che il Nord-Est produttivo abbia capito bene quanto questa riforma garantisca poca efficienza e poca competitività al sistema Paese.

Ma veniamo al merito del provvedimento. Io l'ho detto in Commissione, lo ripeto qui: personalmente e il gruppo parlamentare che rappresento non siamo contrari concettualmente all'autonomia differenziata, siamo assolutamente favorevoli. Questa è la ragione per cui il gruppo parlamentare che rappresento, al Senato, non ha votato contro, come le altre opposizioni, ma si è astenuto, perché siamo favorevoli all'autonomia differenziata a patto che sia realizzata nel rispetto del dettato costituzionale. Il problema è l'impostazione che il Ministro Calderoli ha dato con questa legge quadro, perché questa legge quadro contrasta con il dettato costituzionale sotto diversi profili su cui mi soffermerò, su cui proverò a soffermarmi, perché ci vorrebbe davvero tantissimo tempo a disposizione. È vero che la discussione generale quel tempo lo concede, ma cercherò di non abusarne, soprattutto per i colleghi che dovranno intervenire dopo di me. Questo disegno di legge introduce una riorganizzazione profonda dei rapporti tra Stato e regioni che contraddice molti principi costituzionali, molti dei quali, per ironia della sorte, sono anche enunciati nel comma 1 dell'articolo 1, dove si parla di volontà di perseguire l'unità nazionale, la solidarietà e di contrastare le discriminazioni. In quel comma 1 manca soltanto l'evocazione della pace nel mondo e poi c'è di tutto e di più. Peccato che quei principi siano solo declamati e non trovino alcuna effettività e operatività nell'articolato, anzi si può ben dire, leggendo il disegno di legge, che il principio costituzionale di differenziazione viene utilizzato come leva per scardinare altri principi costituzionali: quello dell'unità nazionale, quello della solidarietà, quello della coesione territoriale, quello dell'uguaglianza tra tutti i cittadini. Tanti sono i profili problematici da cui emerge questa visione che sto raccontando e proverò a soffermarmi su 5 di essi.

Il primo, forse quello più problematico, è dato dai livelli essenziali delle prestazioni. Cosa sono i livelli essenziali delle prestazioni? Sono lo strumento per cancellare uno dei principi più iniqui nella ripartizione delle risorse statali, il principio della spesa storica, che è un principio alla base delle disuguaglianze dei cittadini nell'accesso a servizi fondamentali, quali la sanità, l'istruzione, i trasporti, gli asili nido, l'assistenza sociale. È il criterio di riparto dei fondi statali in base al quale i fondi statali sono stati ripartiti più o meno con questo principio: diamo risorse a chi spende più risorse, perché si presume che abbia più fabbisogni da soddisfare, e diamo meno risorse ai territori che spendono meno risorse, perché si presume che abbiano meno fabbisogni da soddisfare, e questo non ha fatto altro che aumentare ingiustizie, divari e disparità, scavando un fossato tra il Nord e il Sud del Paese, tra le aree interne e le aree metropolitane. È un principio in base al quale - voglio ripetere qui in Aula questo esempio che ho fatto in Commissione - un comune come Giugliano, in provincia di Napoli, con 120.000 abitanti, ha avuto, fino al 2022 - e vi dirò il perché fino al 2022 -, le risorse soltanto per finanziare un asilo nido e un assistente sociale, mentre un comune come Monza, sempre con poco più di 120.000 abitanti, ha sempre avuto risorse per finanziare 8 asili nido e per assumere 32 assistenti sociali.

Faccio questo esempio - e potrei fare decine e decine di altri esempi così - perché mi consente di ricordare l'azione portata avanti dalla sottoscritta nel corso del Governo Draghi, quando abbiamo definito e finanziato tre livelli essenziali delle prestazioni, perché, grazie a quell'azione, dal 2022 al 2027, i comuni italiani - tutti i comuni italiani - avranno le risorse necessarie per garantire che almeno 33 bambini su 100 possano trovare posto in un asilo nido, per garantire ai comuni risorse necessarie per assumere un'assistente sociale ogni 5.000 abitanti e per garantire che i comuni possano assicurare un livello di trasporto scolastico qualitativo e quantitativo agli studenti con disabilità pari ad almeno gli standard qualitativi e quantitativi offerti oggi dall'Emilia-Romagna, che abbiamo utilizzato come benchmark. Abbiamo definito e finanziato i livelli essenziali delle prestazioni - non solo definito -, stanziando in legge di bilancio 2021 1,9 miliardi di euro per il 2022. In questo testo di legge, non c'è alcuna garanzia che i LEP saranno finanziati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Nel DEF che voi avete presentato non c'è alcun cenno sulla possibilità di trovare risorse per i LEP e considerate le ristrettezze di bilancio, la condizione dei conti pubblici italiani e le nuove regole europee sul deficit e sul debito possiamo dire che tutto questo non lascia ben sperare sui margini di spesa da trovare per finanziare i LEP.

Guardate, colleghi, anche la distinzione che fate tra competenze che possono essere trasferite subito, perché non impattano sui diritti civili e sociali e non richiedono la determinazione dei LEP, e competenze che, invece, possono essere trasferite solo a seguito della determinazione dei LEP e, se questi dovessero richiedere maggiori oneri per la finanza pubblica, solo a seguito dei provvedimenti che individueranno quelle risorse non dà alcuna garanzia. Perché dico questo? Perché per le materie LEP dipende, colleghi, dall'asticella in cui mettete i LEP (è molto semplice). Cioè, se voi ponete l'asticella dei LEP verso l'alto come abbiamo fatto noi - asili nido? 33 per cento; le regioni del Sud, come sanno i colleghi del Sud, sono ben al di sotto di quella soglia -, allora porre l'asticella dei LEP verso l'alto richiede nuove risorse: richiede risorse da destinare a quelle regioni dove l'offerta dei servizi è inferiore rispetto al livello che voi determinate. Allora, cosa succede? Che quelle risorse, data la clausola di invarianza di spesa, si trovano o aumentando le tasse, e i cittadini hanno diritto di sapere se voi avete intenzione di aumentare le tasse, oppure tagliando le spese, e anche qui i cittadini hanno diritto di sapere se volete tagliare l'istruzione, la sanità o l'assistenza sociale. Se, invece, voi volete spostare l'asticella dei LEP verso il basso sugli asili nido, ad esempio, che ormai non si toccano perché li abbiamo determinati e finanziati, e se anziché al 33 per cento noi l'avessimo fissata al 10 per cento, questo cosa avrebbe significato? Che si determinano i LEP…

PRESIDENTE. Onorevole Ferrara… grazie.

MARIA ROSARIA CARFAGNA (AZ-PER-RE). …in modo tale che non richiedano maggiori oneri, che non richiedano l'individuazione di nuove risorse, e quindi la spesa storica, quel criterio di riparto iniquo, è sufficiente a finanziare anche i nuovi LEP. Cosa fate? Cristallizzate i divari esistenti. È questo il trucco di questa legge? Perché se questo è il trucco di questa legge voi non solo non contrastate le discriminazioni, come pure dite nel primo comma dell'articolo 1, ma ne aggiungete una nuova: la discriminazione per residenza, perché basta cambiare la residenza per ottenere più servizi, più prestazioni e più benessere. Non fate altro, però, che favorire fenomeni già in atto, di spopolamento e di impoverimento demografico. Quindi, date una picconata al principio di uniformità territoriale nel grado di tutela dei diritti civili e sociali e legittimate ripartizioni di risorse pubbliche basate su un principio profondamente iniquo come quello della spesa storica, che noi avevamo iniziato a scardinare determinando e finanziando tre LEP.

Anche le materie non LEP, colleghi, cioè quelle che potrebbero essere trasferite subito perché non richiedono, appunto, l'individuazione dei LEP - è stato ricordato prima -, non sono certo materie secondarie: rapporti internazionali e con l'Unione europea, commercio con l'estero, Protezione civile, professioni, previdenza e tante altre. Voi prevedete di trasferirle e di finanziarle subito con il gettito fiscale maturato sul territorio, su cui dirò dopo. Non è un dettaglio, perché anche in questo caso voi introducete il principio della discriminazione per residenza. Non è un caso che il governatore Occhiuto abbia chiesto, a seguito, peraltro, di un atto di indirizzo approvato a maggioranza dal consiglio regionale della Calabria, di introdurre, attraverso una modifica emendativa, la valutazione di impatto sulle materie non LEP, perché nel caso in cui - facciamo l'esempio - venga trasferito subito il commercio con l'estero e venga finanziato con l'extragettito maturato sul territorio è giusto sapere se questo sarà pregiudizievole per gli agricoltori e per gli imprenditori calabresi oppure no. È corretto chiedere una valutazione di impatto, perché non è a impatto neutro anche il trasferimento delle materie non LEP.

Vengo a un altro profilo problematico, che è quello della perequazione. Il comma 3 dell'articolo 116 richiama espressamente l'articolo 119, quando dice che ulteriori forme e condizioni di autonomia possono essere riconosciute nel rispetto dei principi dell'articolo 119 e l'articolo 119 prevede l'introduzione di meccanismi perequativi e compensativi, in questo testo totalmente assenti. Non c'è il finanziamento dei LEP, non c'è la perequazione: mancano le due gambe su cui dovrebbe reggersi l'autonomia differenziata. Noi siamo favorevoli all'autonomia differenziata, ma si finanzino i LEP e si istituisca un fondo di perequazione. La cosa assurda e sorprendente è che il fondo di perequazione ce l'avevate colleghi, perché era stato istituito, a onore del vero. Io sento dire da molti di voi purtroppo, anche dalla Presidenza del Consiglio, che in Italia non è mai stato definito un LEP, su questo o non conosce la storia recente oppure fa finta di non conoscerla oppure non le va di riconoscere i meriti di chi ha operato prima di lei, perché noi abbiamo determinato e finanziato i LEP. A onore del vero, il Fondo per la perequazione era stato istituito dal Governo “Conte 2” e la sottoscritta, con il Ministro Giovannini, avevano portato avanti un lavoro molto, molto, molto complesso che, sulla base di elaborazioni statistiche, rilevava i fabbisogni infrastrutturali del territorio. È evidente che i fabbisogni erano maggiori nelle regioni del Mezzogiorno, per cui circa l'80 per cento di quel fondo andava alle regioni del Mezzogiorno. Forse era questo il problema, colleghi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Forse il problema era che l'80 per cento di quel fondo, che serviva per ricucire i divari nei settori della sanità, dell'istruzione delle infrastrutture, era destinato alle regioni del Mezzogiorno? Voi quel fondo lo avete quasi azzerato in legge di bilancio. Di 4 miliardi e 600 milioni, sono rimasti 600 o 700 milioni di euro. Perché? E come pensate di fare l'autonomia se non solo non implementate quel fondo, ma addirittura quasi lo azzerate. Queste sono le domande a cui noi vorremmo avere una risposta.

Altro profilo problematico riguarda il numero e il tipo delle competenze che è possibile devolvere alle regioni. È vero che le 23 materie che è possibile trasferire alle regioni sono frutto di una riforma del Titolo V operata dal centrosinistra, a dimostrazione di quanto sia dannoso per il sistema Paese inseguire le bandierine elettorali, di quanto sia dannoso operare riforme così profonde soltanto per un calcolo elettorale. È vero, è stato fatto nel 2021, dal centrosinistra, ma nel frattempo, colleghi, è cambiato il mondo. In questi vent'anni è cambiato il mondo e la pandemia, l'invasione russa in Ucraina, la crisi energetica, la sfida tra superpotenze sono tutte cose che suggerirebbero di andare nella direzione opposta rispetto a quella che suggerisce e che indica questo testo. Il rafforzamento dello Stato-Nazione, lì dovremmo andare, non creare 21 piccoli staterelli, con sistemi normativi, burocratici, amministrativi, autorizzatori differenti. Io mi chiedo e me lo sono chiesta tante volte, anche nel corso di questo esame leggendo il testo di legge. Siamo sicuri che la frammentazione migliori l'efficienza e la competitività del Paese? Siamo sicuri che questa frammentazione sia un affare per i cittadini e per le imprese? Lo dico perché trasferire alle regioni materie come l'energia, i porti, gli aeroporti, le infrastrutture, l'istruzione, l'ambiente, il commercio con l'estero, i rapporti internazionali e la Protezione civile - e potrei continuare - significa, sostanzialmente, tre cose, lo dico sinteticamente. Svuotare lo Stato centrale di potestà legislativa e di sovranità su materie che sono strategiche per l'interesse nazionale e che richiederebbero addirittura una dimensione sovranazionale, non una dimensione nazionale, ma chi parla tutti i giorni di Nazione - in maniera che, insomma, a volte è anche un po' ridondante -, chi parla tutti i giorni di sovranità, la domanda se questo sia il testo giusto da votare o no se la pone? Perché o non ha letto il testo oppure meglio, non si pone la domanda, così evita risposte scomode. Trasferire tutte queste competenze significa produrre un cumulo di leggi e un aggravio di burocrazia che, sicuramente, rappresenta un danno per i cittadini e per le imprese e per il sistema Paese.

Altro che risparmio per il Paese, significa anche far lievitare, non diminuire, i costi di gestione delle nuove organizzazioni e strutture burocratiche che, in ogni regione, si dovranno occupare di quelle competenze che richiederanno nuove strutture e che oggi, invece, vengono gestite a livello centrale dallo Stato. Ciò produce quelle che Banca d'Italia - non un'organizzazione di parte - ha giustamente definito diseconomie di scala, che peseranno sui conti pubblici italiani. Immaginate poi anche la confusione: se tutte le regioni chiedessero tutte le materie o se molte regioni chiedessero tutte le materie o parti di esse o ambiti di esse, perché questo è possibile fare, cioè un regionalismo asimmetrico, dove ciascuno chiede quello che più aggrada. Pensiamo su competenze che sono sovraregionali, trasporti, reti di comunicazione, energia, infrastrutture. Immaginiamo una rete di trasporto che attraversa più regioni: un pezzo di competenza di una regione, un pezzo di competenza di un'altra, un pezzo di competenza dello Stato, perché magari quella regione non ha richiesto l'autonomia differenziata. Noi siamo sicuri, colleghi, che con l'autonomia differenziata avremo tutte le carte in regola per entrare nella competizione globale? Sinceramente, io qualche dubbio ce l'ho e qualche domanda me la pongo.

Altro profilo problematico, vado veramente in pillole sugli ultimi due. Il ruolo del Parlamento che è ridotto - Presidente, questo dovrebbe toccare anche la sua sensibilità - a quello di mero notaio di intese siglate tra Stato centrale e regioni, senza alcuna possibilità di intervenire, né nella fase preliminare di predisposizione degli schemi di intese, né nella fase successiva, dove il Parlamento è chiamato ad approvare l'intesa con la formula prendere o lasciare, come se noi ci trovassimo di fronte a un trattato internazionale. Cosa sono le regioni? Sono degli Stati esteri con cui lo Stato sigla dei trattati internazionali e il Parlamento li ratifica?

Anche sulla determinazione dei LEP, il Parlamento non ha voce in capitolo; su qualcosa che incide profondamente sui diritti civili e sociali dei cittadini del nostro Paese il Parlamento è completamente escluso perché, anche in questo caso, è chiamato ad esprimere pareri che non sono vincolanti. Il tutto è demandato al Governo, in una prima fase, attraverso decreti legislativi, in una seconda fase, di aggiornamento, attraverso dei DPCM.

Ultima questione, molto complessa (su cui mi auguro ci sarà modo e tempo, semmai si arriverà alla fase emendativa, di discuterne anche in fase di presentazione degli emendamenti): la possibilità che introducete all'articolo 5 di trattenere parte del gettito erariale maturato sul territorio delle regioni che richiedono autonomia differenziata. Questo significa - lo dice, peraltro, Banca d'Italia anche qui - una perdita rilevante per lo Stato di voci importanti di bilancio. Ministro, sottosegretario, come pensate di compensare questa perdita a carico dello Stato? Lo dico perché anche qui, in questa legge, ci sono tanti non detti. Non è che uno approva la legge, sventola la bandierina e poi non si preoccupa di quello che succede il giorno dopo. Come pensate di compensare quello che Banca d'Italia definisce una perdita per lo Stato di voci rilevanti di bilancio. Tagli di spese? Aumento delle tasse? I cittadini hanno diritto di sapere. Una maggioranza che rivendica da parte dei cittadini il diritto di eleggere direttamente il Presidente del Consiglio ha il dovere della trasparenza nei confronti di quei cittadini. O no? Cosa comporta la possibilità di trattenere parte del gettito erariale? Questo, e comporta anche che senza fondo di perequazione voi trasformate gli attuali divari territoriali in un baratro, perché affermate il principio che i territori più ricchi, che hanno maggiore capacità fiscale, avranno maggiori risorse per poter finanziare più servizi e di maggiore qualità. I territori più poveri, con minore capacità fiscale, avranno invece meno risorse per garantire servizi di qualità ai propri cittadini.

Concludo Presidente, provando a rispondere a una delle affermazioni più frequenti e più retoriche che io ho ascoltato in tutti questi mesi. L'autonomia è una sfida per il Sud, è una sfida che il Sud deve accettare, perché è la sfida della responsabilizzazione e della trasparenza. Sono assolutamente d'accordo, anche perché sono ben consapevole che parte dei divari dipendono anche, sono figli dell'incapacità di parte delle classi dirigenti meridionali. Poi, vi è il problema, a cui ha fatto riferimento il collega Pagano, della disparità dei livelli di spesa pro capite e quello non dipende certo dalle classi dirigenti meridionali, ma, comunque, sono d'accordo, accettiamo la sfida della responsabilizzazione e della trasparenza a patto, però, che il Sud non parta svantaggiato, a patto cioè che si definiscano e si finanzino i livelli essenziali delle prestazioni e si istituisca di nuovo, si reintegri e si implementi il Fondo di perequazione, perché altrimenti, colleghi, non è una sfida, ma è una gara dove chi parte già avvantaggiato corre e vince, chi parte più svantaggiato si ferma e perde, questa è la verità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)!

E che queste parole del Sud che deve accettare la sfida della responsabilità siano pronunciate anche dal Ministro del Sud - a tempo perso del Sud, perché ha tante deleghe e, insomma, il fatto che il Ministro del Sud lo faccia nei ritagli di tempo si vede dalle cose che non fa come Ministro per il Sud -, il fatto che queste parole le pronunci anche lui, che il Sud è chiamato a difendere, lo ripeto a difendere - cambi intanto i criteri di riparto, si batta per finanziare, come ho fatto io nel corso del Governo Draghi, i livelli essenziali delle prestazioni -, il fatto che sia lui, che è chiamato a difendere il Sud e non a sfidarlo, a sfidarlo, un Ministro per il Sud che sfida il Sud, la dice lunga su quanto davvero i principi di equità territoriale, di coesione territoriale, di contrasto alle discriminazioni e ai divari territoriali stiano a cuore a questa maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, ma, soprattutto, cari concittadini, quei pochi che ci stanno ascoltando, che cosa sta avvenendo qui a Montecitorio? Intanto, Presidente Fontana, è successo che la destra, la maggioranza, aveva preso un gol, un gol proprio sull'autonomia differenziata qualche giorno fa. Tuttavia, Presidente Fontana, ce lo faccia dire, se lo è annullato, lo ripeto, se lo è annullato, perché è successo per la seconda volta in questa legislatura che, a causa delle assenze della maggioranza, sia passato un emendamento dell'opposizione. Succede, eppure questa maggioranza non teme nemmeno la propria vergogna. Allora, ha fatto tutto da sola, Presidente, senza badare al confronto parlamentare né alla regola che non consente, e lei lo sa, di ripetere un voto già avvenuto. Senza attendere l'esito della Conferenza dei presidenti di gruppo di venerdì sera, e anche questo lei lo sa bene, nel pomeriggio, tra le proteste delle opposizioni, il presidente Pagano ha imposto una nuova votazione, neanche - mi faccia dire - con la scusa di dover ripetere all'istante la votazione per avere una controprova. Non è successo questo; due giorni dopo, siamo ripartiti dallo zero a zero, come se nessuno avesse visto nulla, ma avevano visto tutti, però!

Presidente Fontana, le faccio un gesto, così, si direbbe “VAR”, ecco, glielo dico, non c'è bisogno del VAR (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). Il segretario Penza ha dichiarato l'esito: 10 favorevoli e 7 contrari. Lo dice l'articolo 21, al comma 2: “(…) I segretari verificano i risultati delle votazioni e controllano la redazione del processo verbale”. Qualcuno ha chiesto a quel segretario che cosa era avvenuto? Non c'è bisogno del VAR, quell'esito è chiaro e qualcuno ha umiliato il Parlamento. Non c'è bisogno, cari colleghi, di citare Scurati o l'arrivo del presidenzialismo per capire il disegno, e spesso questo disegno si presenta prima nella sostanza che nella forma, quella di cui discutiamo oggi. Un regime politico che disprezza le regole formali della democrazia e si ispira, nei comportamenti, all'autoritarismo sostanziale si definisce “democratura” e noi siamo qui impegnati a fermare questo disegno (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!

E che cosa prevede questo disegno di legge? La pandemia è stata la più drammatica fotografia di un Paese frammentato, come ricordava il collega Zaratti, un Paese che non aveva gli strumenti giusti per reagire a un'emergenza improvvisa, non li aveva perché, assieme alla regionalizzazione dei sistemi sanitari, ha galoppato per la loro progressiva privatizzazione, con l'erosione del Servizio sanitario nazionale; non li aveva perché le disuguaglianze geografiche sono tali da vedere, oggi, 20 modelli sanitari. In alcune regioni, i dispositivi di sicurezza non erano nemmeno registrati con un foglio Excel. Regioni, che chiedono poteri straordinari, poteri speciali, non sanno gestire i poteri ordinari.

Avremmo dovuto riflettere sullo stato della sanità a vent'anni dall'applicazione del Titolo V. Avremmo dovuto guardare in faccia un Paese in cui, nel Sud, l'aspettativa di vita è inferiore di quattro anni rispetto a quella del Nord Italia, in cui le disuguaglianze sociali all'interno delle stesse città metropolitane sono già tali che a ogni fermata di tram, a ogni fermata di metro, a ogni fermata di pullman, dal centro alla periferia, la speranza di vita diminuisce.

Eppure, eccoci, di fronte a un inasprimento senza precedenti di quel principio di frammentazione, con un testo che contraddice numerosi articoli della Carta costituzionale, una vera e propria riscrittura, ma con un inchiostro trasparente, dall'odore eversivo. La Costituzione del 1948 rischia di non esserci più, ne nasce un'altra, mascherata da legge ordinaria per non affrontare la procedura di una vera riforma costituzionale, una legge ordinaria che non può porre argini alle leggi speciali e che approverà le intese per le singole regioni. E il richiamo ai livelli essenziali delle prestazioni per garantire i diritti di ogni persona è solo una farsa. Senza procedure vincolate di stanziamento delle risorse aggiuntive per garantire i LEP, questi non si baseranno sui bisogni delle persone, ma sulla capacità fiscale di un territorio. I livelli delle prestazioni dovrebbero essere uniformi, più che essenziali, come c'è scritto nella proposta di legge di iniziativa popolare che il Governo non vuole nemmeno discutere. E a che cosa serve definire i LEP, se la spesa pubblica rimane invariata? Pensateci, mi riferisco alla salute, all'istruzione, ma anche alla tutela della sicurezza del lavoro, quella piaga che sta devastando il mondo del lavoro a causa di un fattore, appunto, la frammentazione e, qui, nel vostro disegno regionalizzati e ancora frammentati sarebbero i diritti sociali nella loro interezza, diritti che devono determinare le risorse necessarie ad attuarli, non il contrario. Ma il criterio della soglia minima dei livelli essenziali, legato a un criterio di invarianza finanziaria, prelude proprio a questo. Dalla legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, quindi, non solo, risorse e poteri, ma anche i diritti fondamentali e la loro tutela saranno concentrati sulle regioni più forti e sottratti allo Stato.

È questa la secessione dei ricchi o l'autonomia per abbandono. Quando lo Stato, che dovrebbe garantire politiche pubbliche di riequilibrio territoriale ed eguaglianza nei diritti, si ritira e, anzi, legittima normativamente il divario tra Nord e Sud, afferma un modello competitivo del tutto alieno allo spirito solidale che permea la Costituzione, fraintendendo del tutto il concetto di differenziazione che si fonda sul suo contrario, cioè l'anelito a raggiungere l'eguaglianza sostanziale. Per farlo, lo sappiamo bene, bisogna trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo differente situazioni differenti, ma voi non volete realizzare un regionalismo differenziato solidale. Non a caso, avete rifiutato di discutere prima la proposta di legge popolare, appunto, presentata al Senato, con 106.000 firme, una proposta di modifica in senso solidale, una proposta che, nei mesi scorsi, abbiamo sostenuto e firmato, perché l'autonomia, sancita fra i principi fondamentali della Costituzione all'articolo 5, era stata immaginata in totale connessione con i principi della democrazia, della solidarietà, dell'uguaglianza e della sovranità popolare e il riferimento all'unità, sempre nell'articolo 5, inscrive l'autonomia in un orizzonte di diritti ed emancipazione.

Voi lavorate per una sanità sempre più privata e regionalizzata, per sancire che la salute non è più un diritto fondamentale di cui lo Stato deve farsi carico, e lo stesso processo di disintegrazione lo applicate alla scuola, all'università e alla ricerca, ai beni culturali, all'ambiente e agli ecosistemi, alle politiche attive del lavoro, ai trasporti, all'energia e al sostegno alle attività produttive e a molto altro. La scuola: le stesse norme generali sull'istruzione diventerebbero oggetto di legislazione concorrente, dagli ordinamenti scolastici, alle funzioni e all'organizzazione del sistema educativo, ai ruoli del personale della scuola, alla stipulazione di contratti collettivi regionali. Uno stralcio, di fatto, degli articoli 33 e 34 della Costituzione sulla valenza necessariamente generale e unitaria del sistema scolastico. Immaginate 20 staterelli in lotta fra di loro, con le gabbie salariali, i sistemi amministrativi diversi e la migrazione dal Sud al Nord per avere riconosciuto il proprio diritto alla salute e per trovare un percorso formativo migliore e più inclusivo. Prima il Nord, prima il Veneto, ho sentito, prima Verona: ma voi - lo dico - siete matti! In confronto, gli ultras sono statisti (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)!

L'unità nazionale non può prescindere dai compiti sanciti dai successivi articoli 2, 3 e 4, assegnati alla Repubblica: la garanzia dei diritti inviolabili, l'assolvimento dei doveri inderogabili di solidarietà, la rimozione degli ostacoli dell'uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini e il diritto al lavoro. Lo Stato, con il suo bilancio, deve garantire i diritti inviolabili dei cittadini, qualunque sia il territorio in cui vivono, qualunque sia il quartiere in cui sono nati. Per il Governo, tutto questo, mi pare di capire, non abbia significato. E il Parlamento - mi faccia dire, Presidente - è umiliato, ridotto a un ruolo succube, sia per quanto riguarda la definizione delle intese con le regioni, sia in relazione alla determinazione dei LEP. Potrà solamente respingere o approvare. Il cuore dell'accordo di Fratelli d'Italia con la Lega è questo: autonomia differenziata in cambio del Premierato. Due riforme di autentica torsione della nostra democrazia, con iper presidenzialismo che travolgerebbe l'equilibrio dei poteri, delineando una sorta di democrazia decidente o di investitura, ci dicono i costituzionalisti. Chi vince dispone di un potere incontrastato, chi perde è messo a tacere fino alle successive elezioni. Una post-democrazia o democratura autoritaria, che mantiene solo la facciata elettorale. Insomma, un cavallo di battaglia dell'MSI di Giorgio Almirante. Spegnete la fiamma. Lo diciamo ancora a Giorgia Meloni, che proviene da quella cultura politica e adesso ha la possibilità di realizzare il progetto dei suoi maestri. Il punto è che ha promesso al suo elettorato di mettere mano alla Costituzione: un atto, per noi, eversivo, perché chi ottiene la maggioranza in Parlamento, non può, per questo, rovesciare il quadro di riferimento e l'assetto istituzionale.

D'altra parte, a questo ci avete ampiamente abituati in questo anno, con il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza, all'uso delle fiducie e dei decreti omnibus. Avete battuto ogni record. Nei primi 12 mesi di legislatura sono stati pubblicati 46 decreti, in media circa 4 al mese, in 16 mesi sono diventati 55, il dato più alto degli ultimi 9 Esecutivi.

Ho finito, Presidente. Ma noi faremo di tutto per fermare tutto ciò, a partire da un referendum abrogativo, che dia ai cittadini e alle cittadine la facoltà di spazzare via l'autonomia differenziata. Gireremo l'Italia, raccoglieremo le firme, sosterremo i comitati contro il disegno dei Fratelli di mezza Italia e della Lega Padana, anzi, oggi - ce lo ricordano -, Lega Autonomista Lombarda. Lo Spacca Italia verrà fermato e saranno tantissimi patriote e patrioti antifascisti a mandarlo in soffitta (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Sportiello. Ne ha facoltà.

GILDA SPORTIELLO (M5S). Io ho sperato fino alla fine che questa maggioranza ci ripensasse. Ho sperato che uno scatto di orgoglio, che un po' di dignità facesse smuovere i parlamentari dai banchi della maggioranza e dicesse a questo Governo: noi non vogliamo essere ricordati come quelli che hanno affossato questo Paese, fermatevi. E invece no. Siamo arrivati qui e si discute di questo disegno di legge, che, purtroppo, cambierà totalmente il volto del Paese come lo conosciamo. Un punto di non ritorno, oltre il quale c'è solo l'aumento dei divari, delle disuguaglianze e delle differenze. Io credevo che il COVID vi avesse insegnato qualcosa. Credevo che aveste capito che avere regioni che non rispondono a una regia centrale, anche in materie così sensibili come la sanità, ed è sotto gli occhi di tutti, vi facesse pensare.

Colleghi, ma veramente vogliamo dare anche la scuola, il lavoro e le pensioni, temi così sensibili, fuori dalla competenza dello Stato, alle regioni? La Lombardia non vi ha insegnato niente, eppure la governate voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Io lo so che voi avete ceduto alla campagna elettorale, avete svenduto l'Italia unita, un Paese unito, per pure maggioranze interne, per pareggiare i vostri conti, e non vi siete fermati davanti a niente. Avete avuto addirittura il coraggio di cambiare i voti in Commissione e ripetere le votazioni finché non vi piaceva il risultato, come quei bambini che giocano a pallone e non si finisce mai finché il risultato non piace loro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Io rispedisco al mittente la narrazione che sottesa ai vostri pensieri, a quelli della Lega Nord, secondo cui ci sarebbe una parte di Paese che fa da zavorra a un'altra. La rispedisco al mittente perché, fino a oggi, quella parte di Paese ha avuto 4.000 euro in più di spesa pro capite a testa, a scapito di altre regioni, grazie a una spesa storica. E voi dovevate sanare questa situazione, non peggiorando le cose, ma riuscendo a sanare i conti e a dare a tutte le regioni e a tutti i cittadini e le cittadine di questo Paese uguali diritti. Ma voi, questa parola, non la conoscete proprio, da qua vi entra e da qua vi esce. Se sentite “diritti”, vi sentite male e vi sentite in dovere di peggiorare la situazione.

Qual è il motivo per cui ci dite che volete fare questa autonomia? Parlate di una maggiore efficienza. Falso. Ce lo dice la sanità, che è già in mano alle regioni. Ministro, vuole venire con me? Vogliamo provare a chiamare un bel CUP per vedere quando ci danno una visita diagnostica o un esame, anche urgente, in alcune regioni più in affanno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Vogliamo vedere cosa succede con una sanità che è in mano alle regioni? Vogliamo vedere cosa accade quando proviamo a fare i conti con la sanità di questo Paese, che è in mano alle regioni che voi governate? Glielo dico io cosa succede. Succede che non tutti i cittadini possono permettersi le cure ed è per questo che fanno prestiti per curarsi, 2.000 euro pro capite a testa per curarsi nella sanità pubblica: una cosa che non è normale.

E le dico un'altra cosa. Lei lo sa che l'aspettativa media di vita tra un cittadino di Trento e uno della Campania differisce di ben 3 anni? Secondo lei, perché? È l'aria o, forse, la sanità non funziona? O forse questo modello, per cui le regioni gestiscono fuori dal perimetro e dalle competenze dello Stato, non fa bene ai diritti? Io vi chiedo di fermarvi, perché se questo è avvenuto alla sanità, che cosa accadrà alla scuola? Cosa accadrà al lavoro o all'ambiente? Se le regioni inizieranno ad afferrare un modello competitivo tra loro, quali tutele andranno sacrificate in nome della competitività? Sono diritti non negoziabili. E non basterà definire i LEP, che voi neanche volete definire, figuriamoci, non ci avete messo i soldi, non basterà. Lo vediamo nella sanità: i livelli essenziali di assistenza non bastano a garantire uguali diritti e uguali cure per tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Alla faccia del patriottismo. Voi, questo Paese, non lo state difendendo, voi lo state affossando. In un momento in cui i risparmi degli italiani sono al minimo storico dal 1995, c'è il record di persone in povertà assoluta, la povertà minorile è alle stelle e i salari sono sempre più bassi, se va al supermercato scoprirà che ci sono persone che devono lavorare 4 ore della propria giornata per poter comprare una bottiglia di olio d'oliva. E la vostra priorità è peggiorare la situazione con l'autonomia differenziata? Ma avete capito quali sono le emergenze delle persone che abitano in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Io sono davvero sconcertata, sono arrabbiata! Io non posso pensare che domani le prossime generazioni si sveglieranno e non avranno il diritto a una scuola pubblica e di eccellenza in tutte le regioni, che saranno condannate dal luogo di provenienza. Io, questo, non lo posso accettare, non lo accetta il mio partito e non lo accetta parte di questo Paese. Allora io vi dico: fermatevi.

PRESIDENTE. Concluda.

GILDA SPORTIELLO (M5S). In questo Parlamento, ho sentito prima un collega che, dai banchi della Lega Nord, ci ricordava che ce lo chiede l'Europa. Ce lo chiede l'Europa? A me questa capacità selettiva di sentire cosa ci chiede l'Europa stupisce. Perché l'Europa, con il PNRR, ci ha dato risorse per sanare le diseguaglianze del nostro Paese, per superarne i divari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! L'Europa ci parla di diritto, ci parla anche dell'aborto in Costituzione, l'Europa ci parla anche di asili nido. Però, voi, a quell'orecchio, non avete sentito. Voi sentite un'Europa che vi chiede le autonomie, poi ci spiegate bene, perché questa cosa la rifuggo. Voi cedete a un'Europa che vi chiede di votare un Patto di stabilità che ci costerà 13 miliardi l'anno di tasse e austerity, voi cedete a un'Europa che vi chiede di tagliare e di inviare 5 miliardi per le armi in Ucraina. Questa è l'Europa che voi conoscete, noi conosciamo un'Europa dei diritti, un'Europa che chiede la pace, noi ascoltiamo questa Europa. Voi, invece, verrete ricordati per il macello che state combinando (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sarracino. Ne ha facoltà.

MARCO SARRACINO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Vorrei partire da una considerazione: oggi non è un bel giorno per l'Italia. Ministro, oggi non è un bel giorno per l'Italia. Però, Presidente, questo è anche il giorno in cui finalmente emerge con forza la verità, si fa chiarezza. Oggi è il giorno in cui questo Parlamento si dividerà tra chi, come noi, vuole difendere l'unità e la coesione del nostro Paese, e chi non vuole farlo.

Diciamocelo francamente, oggi è il giorno in cui quest'Aula approva il peggiore disegno di legge di questa legislatura, il più identitario, il più pericoloso, credo addirittura un disegno antistorico. Non solo perché, come ricordato dai colleghi della Lega prima, concepito in un altro tempo, ma perché, se, da un lato, il PNRR ci dava la possibilità di diminuire i divari, voi, con questo provvedimento, aumentate, nei fatti, le disuguaglianze che nel nostro Paese hanno raggiunto già livelli che non sono più accettabili, dal punto di vista etico.

E, allora, come ci dice anche Bankitalia, se nel nostro Paese il 5 per cento della popolazione detiene il 46 per cento della ricchezza nazionale, qualsiasi Governo, di destra o di sinistra, dovrebbe porsi il tema di ridurre quelle disuguaglianze come una priorità assoluta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), e invece voi state mettendo su questo disegno di legge. Dopodiché, Presidente, noi in queste settimane abbiamo tenuto alcune audizioni che hanno totalmente distrutto l'impianto di questo disegno di legge.

Presidente, quest'Aula non merita di ricordare le parole con cui il Ministro Calderoli ha apostrofato importanti costituzionalisti, economisti, industriali, sindacalisti, personalità la cui unica colpa è stata proprio criticare questo disegno di legge, personalità la cui unica colpa è stata solo dire ciò che pensano. Ma noi oggi, esattamente come loro, vogliamo raccontare al Paese e al Ministro perché questo disegno non conviene a tutta l'Italia, non soltanto a una parte dell'Italia, non conviene al Nord e non conviene al Sud.

A chi lo sostiene, invece, con forza chiediamo spiegazioni, perché, ad esempio, Presidente, in tutte le audizioni, in tutti i lavori di Commissione e anche nella giornata di oggi finora nessuno ci ha spiegato come si possa solo pensare di far competere il nostro Paese nel mondo con 20 politiche energetiche differenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Voi ci dovete spiegare come pensate di far competere il nostro Paese così, ma nessuno di voi vede quello che purtroppo accade alle porte dell'Europa. Ma vi rendete conto che, con questa scelta, mettete a rischio la sicurezza energetica del nostro Paese?

Per non parlare di quello che accadrà al nostro sistema sanitario nazionale: continuando a colpire e a tagliare la sanità al Sud, sempre più persone, Ministro, saranno costrette a emigrare al Nord per curarsi, allungando quindi anche le liste d'attesa del Nord, e ledendo, dunque, il diritto alla cura anche dei cittadini di quelle regioni, ve lo ha spiegato benissimo la Fondazione Gimbe, in audizione. Ma questo, Presidente, è soprattutto, per noi, un provvedimento ingiusto, perché è gravissimo quello che state per fare alla scuola pubblica del nostro Paese, dove, da domani, noi rischieremo di avere programmi differenziati, concorsi differenziati tra regione e regione, ma soprattutto avremo gli insegnanti del Sud o delle aree interne di questo Paese pagati meno dei loro colleghi del Nord o delle città metropolitane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Ma vi rendete conto un attimo di quello che state per fare? Vi rendete conto che state stabilendo per legge che nel nostro Paese i diritti e le opportunità di un cittadino dipenderanno dal luogo in cui si ha la fortuna o la sfortuna di nascere? Vi rendete conto che state sancendo per legge che da domani dovranno esistere in questo Paese cittadini di serie A e cittadini di serie B?

E allora noi, Presidente, chiediamo a questo Governo di fermarsi, anche se siamo ben consapevoli che non succederà nulla, che non lo farete. Voi non vi fermerete, perché, in realtà, con questo disegno di legge emerge la precisa idea del Paese che ha la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che, a parole, in campagna elettorale, dice come al Sud occorrano infrastrutture di cittadinanza, e poi, con i fatti, taglia 3,5 miliardi di euro dal Fondo perequativo infrastrutturale. Risorse che servivano a che cosa? Ai nostri ospedali, alle nostre strade, alle nostre ferrovie, alle nostre reti idriche.

Questa è l'idea della destra italiana, che fa la morale sulla responsabilità agli amministratori del Mezzogiorno, come emerso anche prima, e poi consente, senza dire nulla, che la spesa pubblica per un cittadino del Nord sia di 19.000 euro l'anno, mentre per un cittadino del Sud di 13.500. Altro che partire tutti dallo stesso livello!

Voi della destra vi scagliate contro i poveri, togliendo loro il reddito di cittadinanza, ve la prendete con i lavoratori sfruttati e sottopagati, affossando il salario minimo, prendete in giro le imprese, promettendo la ZES, ma non stanziate le risorse necessarie e adeguate, fate il bello e cattivo tempo sul Fondi per lo sviluppo e la coesione, come se fosse una vostra gentile concessione, non un diritto delle cittadine e dei cittadini di questo Paese!

Ma cosa vi hanno fatto i cittadini del Sud per meritare tale trattamento da parte vostra? Cosa hanno fatto? Presidente, almeno oggi, finiamola con le prese in giro. Basta con questa storia, che ogni tanto raccontate, autocelebrandovi, per cui sarete i primi a passare alla storia, perché determinerete i livelli essenziali delle prestazioni per tutto il territorio nazionale. Diciamo basta, perché ve lo stiamo raccontando e spiegando da mesi: il tema non è determinare i livelli essenziali delle prestazioni, il tema è garantire i livelli essenziali delle prestazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), cioè finanziarli, cioè metterci i soldi! Ministro, ci può spiegare da dove prendete i soldi? Come garantirete per tutto il Paese i livelli essenziali delle prestazioni? C'è qualcuno oggi che ce lo può dire?

E allora, se proprio nessuno ci vuole rispondere, se nessuno vuole rispondere al Partito Democratico, alle forze di opposizione, rispondete ai vostri amministratori, che chiedono - ve lo possiamo assicurare e voi lo sapete bene - esattamente la stessa cosa, come dimostra il documento del consiglio regionale della Calabria. Ascoltate almeno loro, il presidente della regione Calabria non è un iscritto del PD, è un iscritto di Forza Italia, e quel consiglio regionale ha votato con tutte le forze dell'attuale maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Infine, Presidente, non posso non parlare, e chiudo, di un episodio grave, accaduto mercoledì scorso, mentre esaminavamo proprio questo provvedimento. Credo si sia verificata la pagina più brutta di questa legislatura, perché noi delle opposizioni avevamo messo sotto, come si dice in gergo, la maggioranza a causa dell'assenza di un partito in particolare, forse quello che più di tutti doveva essere interessato affinché i lavori andassero bene, la Lega, che, evidentemente, era altrove.

La maggioranza finisce sotto su un emendamento a questo provvedimento, ma, come chi, mentre sta perdendo la partita, prende e porta via il pallone, così voi, con un atto di arroganza e prepotenza, avete fatto ripetere dopo 2 giorni quel voto. Un episodio, Presidente, vergognoso, dal quale però emerge la vostra idea di democrazia. Diciamo che ci avete fornito un piccolo antipasto di quello che sarà il Premierato, mettiamola così, anche perché uno dei problemi di questo provvedimento è proprio la marginalità e la mortificazione con cui trattate quest'Aula e questo Parlamento.

Ma la verità è anche più profonda, ed è che voi, attraverso le istituzioni, esercitate il potere come una clava contro tutti quelli che vi si oppongono. Altro che patrioti, Presidente! Oggi i patrioti, con l'autonomia differenziata, distruggono la patria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! Oggi i patrioti distruggono l'Italia! Ma dove sono i parlamentari del Sud eletti dalla destra italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)? Ma non sentono la responsabilità di votare un provvedimento che condanna il Mezzogiorno ad una condizione di irreversibilità economica e sociale?

Ma cosa direte, cosa diranno a quelle migliaia di ragazzi che ogni anno sono costretti ad andare via in cerca di un futuro migliore altrove? Ma cosa diranno a quegli italiani a cui viene negato il diritto alla cura nei luoghi in cui vivono? Ma cosa diranno a quelle imprese che non trovano più lavoratori perché in alcune aree interne del Sud non vi è rimasto praticamente più nessuno?

Presidente, altro che autonomia! Come abbiamo visto in quella triste scena al Senato in cui i senatori della Lega sventolavano la bandiera con il Leone di San Marco, qui qualcuno non vuole l'autonomia, diciamoci la verità, qui qualcuno ha voglia di secessione - chiamiamola con nome e cognome - e questa cosa è una vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! È una vergogna, perché vi state assumendo la responsabilità non solo di spaccare l'Italia, ma anche di tradire i sogni, le ambizioni e le speranze del nostro Paese! Ma noi del Partito Democratico ve lo ricorderemo per sempre: l'Italia è una e indivisibile e resterà tale nonostante voi, fatevene una ragione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Toccalini. Ne ha facoltà.

LUCA TOCCALINI (LEGA). Grazie, Presidente Fontana. Oggi pensavo di venire in quest'Aula, orgogliosamente, a discutere sul tema dell'autonomia differenziata. Invece, scopro dagli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto che qui c'è uno sparare contro il Governo per la qualunque, dal ponte sullo Stretto al reddito di cittadinanza. Ne abbiamo sentite di ogni, ma nessuno che entri nel merito dell'autonomia differenziata, entrando soprattutto nei fatti. Oltre agli slogan, allo spacca Italia, al Nord che depreda il Sud e alla patria distrutta, come abbiamo sentito poc'anzi, non ho sentito una parola che entrasse nel merito del provvedimento. Questo mi dispiace. Capisco che sia più semplice uscire sui giornali o sui social network con qualche baggianata o con qualche follia, però, poi, c'è un Paese reale, fuori, che va rispettato.

Da un Partito Democratico, che mi parla di democrazia, vedere che non viene nemmeno rispettato quel voto che, nel 2017, ha toccato le regioni, per esempio, Veneto e Lombardia, mi fa sorridere (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché non si è democratici solo se si è di sinistra, bisogna rispettare chi si è espresso, in questo caso i cittadini di Lombardia e Veneto. Ricordo anche alcuni governatori di sinistra, in particolare, penso al candidato alle europee Bonaccini, che, giustamente, per dare una risposta al territorio emiliano, che voleva l'autonomia differenziata, inizialmente, era anche d'accordo. Poi, evidentemente, ha avuto un richiamo del partito e, magicamente, in pochi mesi ha cambiato completamente idea.

Non voglio rendere questo un dibattito tra Nord e Sud, perché lo trovo veramente una follia. In questi mesi, in questi anni, dalla scorsa legislatura, sono stato in tanti territori del Sud a spiegare l'autonomia, perché se il cittadino del Sud leggesse sui giornali le dichiarazioni farneticanti degli esponenti dell'opposizione sull'autonomia, si farebbe un'idea sbagliata. Tuttavia, facendo un esempio molto semplice, se si andasse dai cittadini della Basilicata a spiegare che, magari, nella materia concorrente che riguarda l'energia, il territorio lucano avrebbe un beneficio rispetto all'attuale condizione, magari un ragionamento potrebbe cominciare. Anche i cittadini del Sud aprono le loro idee, capiscono che c'è una versione diversa rispetto a quella che viene raccontata loro dai loro esponenti, principalmente del MoVimento 5 Stelle e del Partito Democratico, e giustamente capiscono che effettivamente può essere un'opportunità. Ma non lo dicono solo i cittadini del Sud che votano la Lega. Penso, infatti, a una persona, a un professore, che sicuramente non può essere tacciato di nordismo, Sabino Cassese, che ha detto apertamente in più interviste che l'autonomia potrebbe essere e potrà essere sicuramente una grande opportunità anche per il Sud Italia. Testuali parole: chi ha più gambe corre, poi vince chi ha quelle più forti. Questo cosa significa? Significa che effettivamente ancora una volta al Sud chi ha paura dell'autonomia è quell'amministratore - casualmente del Partito Democratico - che non ha la capacità di responsabilizzarsi e di responsabilizzare la propria giunta, che non ha interesse a difendere i cittadini e i servizi dei cittadini, ma ha interesse a fare becera campagna elettorale, dando sempre la colpa a qualcun altro, se qualche servizio non funziona (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! È questo che noi stiamo vedendo in questi anni nel Sud Italia: il vittimismo degli esponenti del centrosinistra che si lamentano sempre con qualcun altro, perché non sono in grado di fare qualcosa.

Io oggi sono orgoglioso, in quest'Aula, di parlare di quel tema che ha mi ha avvicinato alla politica, perché se, a sedici anni, mi sono avvicinato al movimento della Lega è proprio per quei princìpi di autonomia tra l'altro sanciti dall'articolo 5 della Costituzione.

Anche in questo caso, infatti, noi stiamo ricevendo una serie di mail da alcuni cittadini, evidentemente imbeccati dal MoVimento 5 Stelle, che ci dicono che i principi costituzionali non sarebbero rappresentati. Tuttavia, l'articolo 5 della Costituzione - proiettato anche grazie a lei, Presidente Fontana, nelle aule qui fuori - dice apertamente che la Repubblica è una e indivisibile ma che riconosce le autonomie locali (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Da questo principio e, paradossalmente, da una riforma del Titolo V del centrosinistra, del 2001, noi siamo arrivati oggi a questa giornata nella quale voglio ringraziare il Ministro Calderoli perché, come è stato detto da qualche collega di sinistra, è stato coerente in questi trent'anni e se io oggi sono su questo banco a parlare di autonomia devo dire che è anche grazie a lui (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), oltre che a Roberto Maroni e a Umberto Bossi e a Matteo Salvini che hanno portato avanti questa battaglia in tutti questi anni.

Concludo con un ultimo paradosso, perché sembra quasi che l'autonomia sia fascista o sia di destra. Ricordo ai colleghi dell'opposizione che in gran parte dell'Europa e in gran parte del resto del mondo chi porta avanti le battaglie di federalismo e chi porta avanti le battaglie di autonomia sono tendenzialmente le forze politiche di centrosinistra o di sinistra. L'autonomia non ha una connotazione politica, l'autonomia ha una connotazione di buon senso da parte di tutti i cittadini del nostro Paese. Quindi, Ministro Calderoli vada avanti perché questa è la strada giusta per rilanciare il nostro Paese e le nostre regioni e per competere ancora di più a livello internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mari. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. L'argomento dei colleghi di maggioranza, anche di quelli che abbiamo appena ascoltato, la controdeduzione classica è: non divide l'autonomia differenziata, rispetta la Costituzione e, come abbiamo appena ascoltato, è trasversale alla politica. Non è così. Probabilmente avete letto male la Costituzione, forse a testa in giù. La nostra Costituzione è fondata sull'unità, l'unità dei diritti, ma quella unità fondata sui diritti è una unità esigibile anche se incompiuta. L'autonomia differenziata, invece, compromette definitivamente l'unità del Paese esattamente sui tre livelli che la determinano. Innanzitutto, il funzionamento dello Stato, la sua architettura, il meccanismo della rappresentanza, il ruolo del Parlamento e quello del Presidente della Repubblica, l'equilibrio tra i poteri inteso anche come limitazioni. La democrazia non è infatti solo equilibrio tra i poteri ma è anche limitazione del potere, non è tanto decentramento quanto deconcentrazione. In questo il progetto unisce la destra fino a Forza Italia, perché il controllo del potere giudiziario e dell'informazione sono esattamente un pezzo di questo lavoro che state facendo.

In secondo luogo, l'unità del lavoro dal punto di vista dei diritti, delle tutele e delle retribuzioni che, non a caso, sono scritte nell'articolo 1 che fonda la Repubblica sul lavoro, perché ne fa un elemento di unificazione del Paese. L'autonomia differenziata, insomma, è la coda avvelenata di un'idea sbagliata, quella per cui il nostro sistema economico dovesse agganciarsi all'Europa attraverso la secessione produttiva di una parte dell'Italia e le nostre imprese dovessero competere solo sulla riduzione del costo del lavoro. È un errore. Ci avete portato fin qui proprio voi, è tutta vostra la responsabilità della bassa produttività del Paese e della povertà anche di chi lavora. Siete un paradosso assoluto da studiare, puntate sempre il dito come quelli che, a vostro dire, hanno governato fino ad oggi - che poi, a ben vedere, siete sempre voi - e non vi puntate il dito contro, davanti allo specchio, per indicare i responsabili del declino e della crescente marginalità del nostro sistema produttivo. Oggi, tutti gli Stati europei, anche federali, tendono ad unificare l'azione politica per competere sul terreno sociale ed economico. Noi invece, se vi ascoltiamo, consegniamo il futuro alle regioni che sono stato state il principale fallimento istituzionale del dopoguerra.

Infine, il rapporto tra fiscalità generale e servizi universali. La prima è progressiva, nella Costituzione, i secondi no, tutt'altro che progressivi, universali. Così c'è scritto. Le riforme che hanno attuato la Costituzione infatti hanno tutte questo segno, quella sanitaria, quella della scuola. La pressione fiscale oggi è ingiusta, è sperequata, ma con l'autonomia differenziata diventa diseguale per legge.

Sempre a proposito dei servizi universali, è vero, oggi dipende da dove nasci: non è giusto e lottiamo per rimuovere questa ingiustizia, ma non c'è scritto da nessuna parte che dipende da dove nasci, anzi, c'è scritto il contrario. Se dovesse essere approvata l'autonomia differenziata, sarà proprio scritto, sarà scritto proprio così. Con la flat tax e l'autonomia differenziata dipenderà tutto solamente da dove nasci: una doppia visione, per censo e per territorio, la fine del diritto di uguaglianza, una pietra angolare della nostra Costituzione. Il Nord raccoglierà più risorse grazie alla sede fiscale delle imprese, al reddito, potrà far pagare di meno per erogare più servizi, il Sud avrà meno capienza e dovrà alzare la tassazione complessiva per dare, invece, meno servizi. Non si tratta solo di competenze, questo è addirittura un limite in questa discussione, si tratta di politiche, è questo che rompe l'unità nazionale. E non richiamateci i LEP, per piacere, è una truffa. Non vogliamo l'essenziale, non vogliamo il minimo, vogliamo il massimo, noi vogliamo tutto.

E, a proposito, di divisione, come si divide un Paese? Allo stesso modo di come lo si unisce: attraverso la scuola. Quello della scuola sarà il primo contratto collettivo nazionale a cadere sotto i colpi dell'autonomia differenziata. D'altra parte, avete tre nemici dichiarati: il contratto collettivo nazionale di lavoro, il diritto di sciopero e il sindacato confederale. La scuola è l'unica responsabilità dello Stato, quella su cui grava, in primo luogo, il compito definito dall'articolo 3 della Costituzione, la cui competenza viene, sostanzialmente, trasferita interamente alle regioni in base al combinato disposto di una materia concorrente e di una oggi esclusiva.

Avrei voluto spiegarlo meglio, ma siamo nani sulle spalle di giganti, allora vi leggo un discorso del 1950 di Piero Calamandrei: «La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete, nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola “l'ordinamento dello Stato”, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il Presidente della Repubblica, la magistratura: ma non mi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale, invece, è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l'organismo costituzionale e l'organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell'organismo umano hanno la funzione di creare il sangue (…)».

Ecco, voi, invece, volete fare 20 sistemi formativi diversi. Cambiate la Costituzione con il trucco, come non si è mai cambiata o tentato di cambiare, senza le garanzie e le procedure previste per le riforme costituzionali. Si collega al bilancio una legge senza spesa per evitare che il cambiamento della Costituzione sia sottoposto a referendum. Ma voglio essere chiaro: non credo che da parte vostra ci sia una sottovalutazione degli effetti. Ogni accusa che vi rivolgiamo è per voi motivo di soddisfazione, addirittura di orgoglio. È una modificazione del sistema istituzionale profondamente di destra, è in realtà il manifesto delle destre, la sintesi, la summa delle culture che concorrono a formare la destra italiana. Con voi l'elenco dei disvalori e delle disfunzioni non funziona, perché, in realtà, vi unisce. Per i patrioti, i nostri disvalori sono valori, per i sovranisti, quelle che noi chiamiamo disfunzioni sono opportunità, per gli ultraliberisti, è l'occasione per lasciare le nostre vite definitivamente in mano al mercato. Dividete il Paese non per sbaglio, ma perché volete dividerlo, siete incoscienti, non siete inconsapevoli. Attaccate la Costituzione, che non avete mai amato, che non avete mai sentito anche vostra, l'avete subita e avete mantenuto vivo il desiderio di cambiarla. Questa riforma non è solo incompatibile con la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, tenta di scriverne una nuova, la più brutta del mondo. Per questo, vi dobbiamo fermare in ogni modo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caramiello. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CARAMIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Non userò troppi giri di parole: l'autonomia differenziata è lo strumento inventato dalla Lega Nord, o Lega Lombarda, chiamiamola come è giusto che sia, chiamiamola per quella che è, affinché le regioni più ricche possano tenersi quasi interamente l'importo delle tasse che spettano all'Italia intera.

Presidente, parliamo subito di soldi. Secondo uno studio del professor Giannola, presidente Svimez, le regioni che attueranno il federalismo differenziato si arricchiranno sulle spalle delle regioni più fragili e si assisterà ad una diminuzione delle risorse gestite direttamente dal Governo centrale. Insomma, Giorgia Meloni, la patriota d'Italia, sta spaccando la Nazione!

Il Ministro Calderoli, anche questa volta, ha deciso di accanirsi contro i meridionali. Presidente, secondo l'Eurostat, il Sud risulta essere tra le aree più povere dell'Unione europea e, secondo un recentissimo report di Eurispes, la mancata applicazione della clausola del 34 per cento tra il 2000 e il 2017 ha sottratto al Sud più di 840 miliardi di euro. Se, grazie al Presidente Conte, siamo riusciti a ottenere la fetta più grande del PNRR, è proprio perché esiste il Sud Italia, che andrebbe rilanciato e non affossato ancora di più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Presidente, con l'autonomia differenziata questa maggioranza vuole fare in modo che le regioni che pagano più tasse rispetto a quanto ricevono in spesa pubblica trattengano, almeno in parte, delle risorse versate al fisco in quei territori: è il concetto del residuo fiscale. Ma tutto ciò, Presidente, è incostituzionale, perché nel nostro ordinamento giuridico a pagare le tasse non sono le regioni, bensì i cittadini e lo fanno sulla base dell'ammontare del loro reddito, non del luogo di residenza. Non si può creare ancor di più una sperequazione tra il Nord e il Sud. A questo punto, i meridionali dovrebbero chiedere anche la regionalizzazione del debito pubblico italiano, facendolo ripagare in proporzione alla ricchezza prodotta da ciascuna regione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Colleghi - e mi rivolgo, soprattutto, ai colleghi di maggioranza meridionali, purtroppo non ne vedo in Aula -, vi rendete conto che il giorno dopo dell'approvazione di questo testo verrà distrutta l'unità nazionale? La verità è che questo provvedimento non pone un centesimo sul piatto, se non la promessa irrealistica di definire a stretto giro i livelli essenziali di prestazione. È impossibile, Presidente, credere che si possano determinare i livelli essenziali delle prestazioni in breve tempo, atteso che, come più volte denunciato dalla Corte costituzionale, è dal 2001 e, cioè, dalla riforma del Titolo V, che si attende la definizione dei LEP.

Il piano, Presidente, è palese: aprire la porta all'autonomia differenziata con la scusa “non vi preoccupate, vi promettiamo che finalmente definiremo i LEP”, salvo, poi, rendersi conto di non avere la liquidità necessaria e abbandonare il Sud al proprio destino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Abbiamo ancora regioni meridionali, come il Molise e la Basilicata, nelle quali non arriva neanche il treno, ed è in atto una desertificazione continua e, con la possibilità di fare contratti integrativi, dottori e docenti, ad esempio, continueranno ad emigrare al Nord.

Presidente, nella Commissione affari costituzionali sono stati auditi professori universitari, costituzionalisti e, in particolare, il professor Chieffi, durante un'audizione, ha smontato punto su punto il disegno di legge Calderoli e lo ha definito simpaticamente “analfabeta costituzionale” (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). È il Ministro Calderoli che, insieme ai suoi compagni di partito, come Salvini, Borghezio e Bossi, con birra e in vino veritas, ha sempre avuto parole dure e razziste nei confronti dei meridionali, affermando che Napoli era una fogna da bonificare e si è lasciato nuovamente andare in offese contro i partenopei. Ma si vergogni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Presidente, dopo il 1860 è nata la Questione meridionale e l'emigrazione, ma il 34 per cento della popolazione che vive al Sud è fiera. Nonostante ciò che affermò d'Azeglio, cioè che fatta l'Italia si dovevano fare gli italiani, se Calderoli vuole 20 staterelli iniziasse a restituire al Meridione tutto ciò che è stato rubato dalle casse del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia durante gli anni del Risorgimento.

Il Sud, nonostante questo Governo spacca-Italia e senza supporto, anche questa volta reagirà con forza e determinazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle - Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stefanazzi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onde evitare di ripetere quanto già detto in questa lunga discussione, la prima veramente esaustiva che facciamo da mesi sul tema, un tema che è stato dibattuto in maniera non approfondita, come avrebbe meritato, mi vorrei soffermare su due passaggi.

Il primo riguarda un concetto che è stato espresso più volte dai colleghi della maggioranza, cioè che questa riforma verrebbe finalmente incontro ad un'attesa e ad un'esigenza del Nord che è stata a lungo tralasciata e trascurata. Questa affermazione nasce dal concetto e dalla presunzione che in questo Paese vi sia una questione settentrionale, cioè che la perdita di competitività del Nord, un dato che sfortunatamente l'OCSE certifica in maniera drammatica, peraltro addirittura in maniera più che proporzionale rispetto alla perdita di competitività di molte aree del Mezzogiorno, sia in realtà colpa della zavorra che in questo Paese il Sud rappresenta rispetto al Nord produttivo. Peccato che non si sia ancora aperta in questo Paese una riflessione sulle scelte economiche degli ultimi 30 anni nelle grandi regioni del Nord, perché altrimenti qualcuno dovrebbe fare mea culpa e parlo, in particolare, della Lega e dei suoi tanti politici che hanno imperversato nelle regioni del Nord, per aver portato la brillante e straordinaria piccola e media impresa lombarda ad essere un vagone della locomotiva tedesca e a trovarsi nelle condizioni che ogni volta che la locomotiva tedesca frena chi poi ne subisce le conseguenze maggiori sono proprio le imprese del Nord-Est.

Tuttavia, mentre la Lega inseguiva, in questo lungo periodo di tempo dall'insediamento del Governo Meloni, il feticcio dell'autonomia, l'insistenza con la quale i suoi esponenti hanno ribadito l'esigenza di risolvere la questione settentrionale è stato l'alibi perfetto - e questo credo vi dovrà essere portato a merito da parte di Fratelli d'Italia per il resto della legislatura - almeno per varare la più clamorosa riforma in senso centralistico e direi neo-corporativo che sta caratterizzando il Governo Meloni rispetto al Mezzogiorno, perché l'infilata di provvedimenti che avete votato, a partire dalla revisione del PNRR, la ZES, l'FSC e il Fondo perequativo, sono nient'altro che altrettante pietre tombali rispetto al progetto che in questo periodo e in questo lasso di tempo, mentre le imprese del Nord-Est si affannavano a stare dietro alla locomotiva tedesca, hanno garantito a quelle imprese di essere competitive. Il trasferimento tecnologico infra-nazionale, tra Nord e Sud, è stato l'elemento principale che ha mantenuto in piedi l'economia del Nord-Est.

Votando queste riforme e consentendo al Governo Meloni, al duplex Fitto-Meloni, di commissariare e di privare il Mezzogiorno di qualunque potestà programmatoria e di spesa, state inconsapevolmente assestando un ulteriore colpo al sistema imprenditoriale del Nord-Est.

Questo sistema imprenditoriale già guarda, come è stato detto da chi mi ha preceduto, con grande scetticismo a questa riforma delle piccole patrie, che creerà un sistema economico-autorizzativo assolutamente folle e incomprensibile, che non potrà che finirà per creare problemi di competitività a questo Paese e alle aree di questo Paese. Quindi, in attesa che vi venga concessa - ripeto - la possibilità di discutere seriamente, perché oggi siete consapevoli, come tutti noi, che stiamo semplicemente assecondando un capriccio ma di autonomia non abbiamo nemmeno iniziato a parlare, il Governo Meloni, con Fratelli d'Italia, ha creato una rete clientelare meridionale accentrando a Palazzo Chigi le potestà di programmazione e di spesa, in un rigurgito - ripeto: io l'ho detto prima - di neocorporativismo che mi ricorda molto il modello del Ministero delle Corporazioni, quando a palazzo Chigi sedeva un soggetto il cui compito era quello di appianare le divergenze, perché nelle divergenze e nei conflitti c'era inefficienza e inefficacia. Dunque, questo è un aspetto.

L'altro aspetto che ritorna spesso in questa discussione è quello relativo ai LEP. Io vorrei chiarirlo, come è stato fatto da chi mi ha preceduto, però in maniera ancora più chiara: scordatevi che quello che avete fatto abbia a che fare con l'attuazione dei LEP. Vi siete banalmente concessi un po' di tempo per individuare questi LEP e a chi ha detto: perché non l'avete fatto voi, ricordo sommessamente che il Ministro Boccia aveva istituito una Commissione per la determinazione dei LEP. Peccato che nel frattempo è successa una cosa così scarsamente rilevante come il COVID e questa cosa ha interrotto quel processo. Voi avete semplicemente determinato i LEP e, come Sabino Cassese ha giustamente detto nell'audizione alla Commissione per le questioni regionali, la determinazione dei LEP ha fatto emergere un dato che credo sia incontrovertibile ed è il motivo principale perché questa riforma è destinata ad andare a sbattere, cioè che non ci sono i soldi per riperequare questo Paese - non ci sono! - e, peraltro, non credo che ci sia nemmeno la volontà. Infatti, avevate un'unica occasione per difendere un principio che era quello della fiscalità generale, con cui in questo Paese sono state finanziate, in maniera più che proporzionale, infrastrutture al Nord piuttosto che al Sud, ma l'avete cancellata eliminando il Fondo di perequazione infrastrutturale. Dunque, con quale faccia vi presenterete al Paese e prometterete al Mezzogiorno che troverete le misure e le condizioni per garantire che l'attuazione dell'autonomia non creerà problemi irreversibili e non più recuperabili al Mezzogiorno?

Non siete semplicemente credibili, non avete credibilità, avete sprecato un tempo enorme in una discussione sterile che, però, ha creato sotto il profilo sociale già un enorme iato, un solco, perché io mi chiedo: che cosa succederà a tutti quelli in buona fede che sono al Nord - perché ci sono e mi rendo conto che il problema della perdita di competitività è una questione importante che questo Paese dovrebbe affrontare in maniera seria - nel momento in cui, come spero e come mi auguro, non ci saranno le condizioni per proseguire in questo progetto folle così come l'avete immaginato? Che cosa determinerà in termini di frattura sociale in questo Paese? Perché avete portato il Paese a questo livello di scontro? Soprattutto vi chiedo: perché vi siete avventurati in un progetto che, sotto il profilo storico, è ormai fuori tempo massimo? Se parlate di confini, se parlate di competenze territoriali, se parlate di piccole Patrie a un diciannovenne o a un diciottenne questo non vi comprenderà, perché è nato ed è cresciuto in un contesto storico-sociale completamente diverso, che traguarda l'Europa come obiettivo da perseguire, che traguarda uno spazio che va oltre i confini nazionali e che tutela gli interessi di tutti in una dimensione più ampia. Noi, in questo Paese, alla vigilia delle europee, stiamo perdendo tempo - peraltro soltanto una parte di questo Parlamento, perché lo spettacolo della maggioranza è umiliante; ve lo dico, l'assenza nei banchi della maggioranza è davvero umiliante per voi prima di tutto, è umiliante - a discutere di un progetto antistorico, che è nato vecchio e che fa riferimento a un periodo storico, quello che è stato glorioso e che è stato ricordato della Lega di Umberto Bossi che, ve lo comunico, è passato; è storia, è stato archiviato dalla storia. Quindi, mi auguro davvero che si arrivi, quanto prima, a squadernare i valori e i costi di questo passaggio folle e che sia il Paese, le classi produttive a dirvelo come stanno già facendo. Ve lo dicono i rappresentanti di associazioni di categoria, i sindacati, i costituzionalisti, che state andando a sbattere contro un muro di cemento armato, ma soprattutto state portando il Paese a sbattere contro quel cemento armato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bordonali. Ne ha facoltà.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Ministro Calderoli, onorevoli colleghi, è un privilegio oggi partecipare a questa discussione sull'autonomia differenziata, un tema di cruciale importanza per il futuro della Lombardia, delle regioni del Nord e di conseguenza dell'intero Paese. Per comprendere appieno il contesto, ma soprattutto l'importanza del momento storico in cui ci troviamo oggi, è fondamentale ripercorrere la lunga strada che ci ha portato a questo dibattito. Tutto ha avuto inizio con la Lega autonomista lombarda, fondata da Umberto Bossi, nata al di fuori delle ideologie presenti allora e con un unico, forte obiettivo: realizzare il concreto sogno di una maggiore autonomia regionale. I colleghi dell'opposizione continuano ad incolparci dicendo che questa legge è un regalo per i 40 anni della Lega. Li correggo: è anche un regalo per i 40 anni della Lega. È un regalo per i militanti, che in questi 40 anni hanno continuato a lavorare incessantemente per arrivare a questo risultato. È un regalo per quei militanti che, purtroppo, oggi non riusciranno a vederla realizzata. Igor Iezzi ha ricordato alcuni militanti di Milano e io voglio ricordare Antonella Bresciani, Silvia Cavalli, Amos Colombi, Monica Panciera. Ma questo è un regalo - mettiamocelo in testa - anche per tutti quei milioni di cittadini lombardi e veneti che l'hanno richiesta attraverso un referendum nel 2017. Ma è un regalo anche per quei milioni di cittadini italiani che avranno più trasparenza, più controllo sull'impiego delle risorse, più vicinanza al potere decisionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), vantaggi per i cittadini di tutto il Paese, ben illustrati, tra l'altro, nei decenni passati da Bossi e dagli scritti di illustri studiosi, come Gianfranco Miglio - ci tengo a ricordare il professor Miglio -, che hanno alimentato il dibattito sul federalismo, evidenziando le peculiarità regionali e la necessità di un maggiore controllo locale sulle risorse e sulle decisioni.

Il vento del Nord, cari colleghi, iniziò a soffiare talmente forte che nel 2001 il IV Governo della XIII legislatura, il Governo Amato, un Governo di sinistra, si trovò a fine legislatura (perché la riforma costituzionale del Titolo V venne votata a fine legislatura) ad accettare la sfida che arrivava dalla Lega. Fu così che un giovedì, 8 marzo 2001, un regalo per tutte le donne, probabilmente, venne approvata la riforma del Titolo V della Costituzione, confermata, tra l'altro, successivamente, da un referendum dove il 64,2 per cento dei votanti in Italia la approvò. Quindi, è una riforma costituzionale voluta dai cittadini italiani. La sinistra di allora sostenne questa riforma, come un passo importante verso una maggiore equità e autonomia territoriale, evidenziando, tra l'altro, l'importanza di garantire pari opportunità a tutte le regioni, indipendentemente dalle loro caratteristiche socio-economiche, parole dell'allora sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Voglio ricordare alcuni passaggi degli interventi in dichiarazione di voto del relatore Antonio Cabras, senatore e vicecapogruppo dei Democratici di sinistra.

La riscrittura dell'articolo 114 della Costituzione è un punto importante, fondamentale, tendente ad eliminare la gerarchia di rango nella Carta costituzionale e a introdurre una nuova gerarchia legata alle funzioni e ai poteri che diversi livelli costituzionali devono esercitare. Non è un principio secondario, né limitato (Deputati del Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista si avvicinano ai banchi della Presidenza segnalando che la deputata Bordonali sta indossando, nel corso del suo intervento, una maglietta verde recante la scritta: “Il vento del Nord” - Proteste dei deputati Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra)

PRESIDENTE. Scusate, colleghi, scusate colleghi…

ARTURO SCOTTO (PD-IDP). Non si può parlare in quella condizione! Con quella maglietta! Presidente!

SIMONA BORDONALI (LEGA). Mi scusi Presidente, posso continuare?

PRESIDENTE. Onorevole Bordonali, un momento. Un momento, colleghi, colleghi, stavo aspettando la fine dell'intervento dell'onorevole (Proteste di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)… Onorevoli, per cortesia…

ARTURO SCOTTO (PD-IDP). Presidente! Che si chiuda la giacca!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi per cortesia! Onorevole Bordonali, le chiedo cortesemente se può chiudere la giacca, visto che il problema, come lei ben sa, è che non è possibile esporre comunque riferimenti politici. Quindi, per evitare polemiche, le chiedo cortesemente (Proteste di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)… È chiaro, è chiaro! Sto chiedendo…! Onorevole Bordonali, se cortesemente può chiudere la giacca, così poi possiamo continuare con il suo discorso. Chiuda la giacca, cortesemente, in modo che non ci siano problemi. Possiamo proseguire.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Presidente, guardi, io non penso che il vento del Nord… (Proteste di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra che scendono nell'emiciclo)…

PRESIDENTE. Onorevole, per cortesia! Per cortesia, le chiedo cortesemente di chiudere la giacca. Deputati, deputate. Onorevole, per cortesia, non è possibile in Aula, come lei ben sa, esporre cartelli o esporre altri oggetti, anche a livello di magliette, assolutamente no. Quindi, per cortesia, chiuda la giacca, poi può proseguire con il suo intervento. Cortesemente, andiamo al posto, così possiamo riprendere. Onorevoli, cortesemente, ritorniamo al posto. Scusate, onorevoli, torniamo al posto (Deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle mostrano sotto la giacca, in segno di protesta, fogli recanti alcune scritte)… Togliamo tutti i cartelli! Togliamo tutti i cartelli, per cortesia. Per cortesia.

Allora, l'onorevole Bordonali ha chiuso la giacca. Vi chiedo cortesemente… Sempre ribadendo il fatto che non si può esporre nulla. Colleghi, per cortesia, anche voi, chiudete bene la giacca, come ha fatto l'onorevole Bordonali. Tornate al posto per cortesia. Grazie.

Onorevole Bordonali, prego, vediamo se riusciamo a riprendere.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Mi scusi, Presidente, ma non mi sembrava che ci fosse scritto chissà cosa rispetto ai cartelli che sono stati esposti dai colleghi (Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). Quindi, Presidente, il toro che dice…

PRESIDENTE. Onorevole Casu, torni pure al posto. Onorevole Bordonali andiamo avanti.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Si, vado avanti, Presidente, ma questa è la dimostrazione di quanto queste persone veramente (Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle – Proteste di deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia)…

PRESIDENTE. Silenzio, per cortesia!

SIMONA BORDONALI (LEGA). So che da fastidio quello che sto dicendo, però…

PRESIDENTE. Onorevole Bordonali, si rivolga alla Presidenza e andiamo avanti (Commenti della deputata Guerra)… Sì, la ringrazio.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Si, lo vedo con i cartelli dei colleghi, proprio. Torno alle parole di un esponente di sinistra, oggi disconosciute da questa sinistra, perché vogliono negare la realtà, che una volta la sinistra era autonomista e federalista (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

La scrittura dell'articolo 114 della Costituzione, è un punto importante, fondamentale, tendente a eliminare la gerarchia di rango nella Carta costituzionale e ad introdurre una nuova gerarchia legata alle funzioni e ai poteri che diversi livelli costituzionali devono esercitare. Non è un principio secondario, né limitato. Quest'articolo può essere letto in vari modi e il mio punto di vista è che il modo giusto per leggerlo è il seguente. La volontà di rappresentare l'eliminazione della vecchia gerarchia contenuta nella Carta costituzionale e l'introduzione di una nuova gerarchia basata sulle funzioni e sui poteri esercitati dai diversi livelli che compongono la sovranità complessiva del popolo in una Repubblica che vogliamo diventi, via, via, sempre più, una Repubblica federale. Ricordo che queste erano le parole di Antonello Cabras, senatore, vicecapogruppo dei Democratici di sinistra.

Voglio ricordare anche il senatore dei Democratici di Sinistra Gavino Angius, che ripercorreva la storia dei grandi politici e intellettuali, soprattutto di sinistra che, ben prima della Lega, auspicavano un modello federalista per lo Stato italiano. Così, diceva in dichiarazione di voto: “Questa è una riforma che ha percorso un lungo, lunghissimo cammino: è il cammino di un pensiero, di una concezione dello Stato, di una dimensione della democrazia, di una visione della società italiana che, nelle sue tormentate riflessioni e nei suoi scatti di intuizione, viene da Cattaneo, per giungere a Sturzo, dal Gramsci della questione meridionale ad arrivare a Dorso, da Giolitti per giungere a Renzo Laconi, uno dei più geniali uomini politici e parlamentari della nostra Repubblica, sino a Dossetti”. Ma probabilmente loro se li sono già dimenticati tutti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ancora: “Un'idea federalista, per noi, coniuga la domanda di uno Stato più vicino con quella dell'autonomia e della responsabilità delle classi dirigenti locali. Ecco, autonomia e responsabilità, difesa della specificità e delle peculiarità sociali e territoriali, economiche e culturali, ma anche assunzione di responsabilità locali e nazionali per favorire non solo la crescita economica, ma anche quella civile”.

Quella riforma, Presidente, non si è realizzata, fino ad oggi, grazie alla passione, tenacia e caparbietà del Ministro Calderoli. Ed oggi, la sinistra rinnega quella scelta, confermando che, in quella circostanza storica, dovette frenare le spinte federaliste portate avanti dalla Lega e, quindi, combatterla sul suo stesso terreno per poterla emarginare. Anche allora la sinistra non si smentì e, come da sua abitudine, prese in giro i cittadini solo per un mero calcolo elettorale.

Ma il momento decisivo, Presidente, è stato segnato dai referendum in Lombardia e Veneto, sotto la regia del segretario federale Matteo Salvini, quando i governatori Roberto Maroni e Luca Zaia raccolsero un ampio consenso popolare a favore dell'autonomia.

Mi consenta, Presidente, di ricordare il mio presidente, Roberto Maroni. Nel 2017, quando ci fu il referendum in regione Lombardia, sedevo al suo fianco, nella sua giunta. Maroni, inguaribile ottimista, come lo ricordiamo, forte di quel risultato al referendum, era convinto che l'obiettivo sarebbe arrivato velocemente. Aveva combattuto nel corso di tutta la sua vita politica e sperava si realizzasse a breve. Purtroppo, oggi, non potrà vederne la realizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Proprio per Roberto Maroni sarebbe un bel segnale se questo disegno di legge, oltre a portare ovviamente il nome di chi sta combattendo per portarlo avanti, potesse portare anche il nome di Roberto Maroni, quindi: legge Calderoli-Maroni.

Le contorsioni della sinistra, Presidente, per ostacolare questo disegno di legge vanno oltre: non solo, rinnega la sua stessa riforma, ma sostiene che con questo disegno di legge si creeranno disuguaglianze tra Nord e Sud: improvvisamente, ci saranno disuguaglianze tra Nord e Sud.

Allora, guardiamo, ad esempio, i dati del report della Banca d'Italia del 2021, che mostrano un quadro preoccupante, in quanto i divari hanno continuato ad allargarsi. Ad esempio, il rapporto tra il PIL per abitante del Mezzogiorno e quello del Centro-Nord è salito da poco più del 50 per cento all'inizio degli anni Sessanta a circa il 60 per cento all'inizio degli anni Ottanta e, dunque, è diminuito progressivamente, riportandosi nuovamente al 55 per cento alla vigilia della pandemia. Quando parliamo di lavoro, nel 2019, solo il 44 per cento della popolazione in età da lavoro risultava occupato nel Mezzogiorno, contro il 66,6 del Centro-Nord. Fortunatamente, le politiche di questo Governo hanno portato a un forte aumento dell'occupazione, ma i divari territoriali rimangono comunque molto elevati. Il tasso di occupazione del Nord, oggi, è al 69,4 per cento, ma sempre di 21 punti superiore a quello del Mezzogiorno, 48,2. Il tasso di disoccupazione nelle regioni meridionali è circa tre volte…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Scusi, Presidente, recupero anche le interruzioni, se possibile (Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)

PRESIDENTE. Non ha più minuti da recuperare, onorevole…

SIMONA BORDONALI (LEGA). PIL e occupazione sono due tra i numerosi esempi di forti disuguaglianze presenti oggi fra Nord e Sud, a fronte del residuo fiscale di cui si è già parlato. Per residuo fiscale intendo quanto le regioni del Nord devolvano in solidarietà agli altri territori, al bilancio pubblico, più di quanto ricevano dal centro. Voglio dare qualche numero: 2019…

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

SIMONA BORDONALI (LEGA). Concludo, Presidente, ringraziando, soprattutto, il Ministro Calderoli (Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle), ma anche i relatori, il presidente della Commissione e tutti i colleghi della Commissione, perché il vento del Nord è soffiato e sta raggiungendo tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA (PD-IDP). Presidente, io mi domando fino a che punto possano arrivare la protervia di questa maggioranza, le provocazioni e le forzature che abbiamo visto in queste settimane, in Commissione e anche oggi, in Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle)! Lei, Presidente, è intervenuto per stigmatizzare e per chiedere ripetutamente all'onorevole Bordonali di rimuovere quella scritta, lo ha fatto dopo le proteste e le richieste ripetute dell'opposizione. Le chiediamo di garantire che in quest'Aula non si svolgano altri precedenti, come quelli che abbiamo registrato nei giorni scorsi in Commissione, e di garantire che in quest'Aula - lo dico da donna del Nord, da rappresentante delle istituzioni di quel territorio - prevalga un solo messaggio, che è quello della difesa dei diritti dei cittadini e delle cittadine e dell'unità nazionale, perché l'unico simbolo che può e che ha diritto di essere presente in quest'Aula, come lei ben sa, è il tricolore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista che espongono il Tricolore)! Non le magliette provocatorie dell'onorevole Bordonali o di qualcun altro che vuole utilizzare questo palcoscenico per vendere ai cittadini una riforma pericolosa e sbagliata.

Ci affidiamo e ci appelliamo a lei, Presidente, perché non si ripeta mai più un caso del genere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista - Commenti di deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Chiedo a tutti di mantenere la tranquillità in Aula.

Onorevole Braga, come è già successo in altri casi in passato, come dimostrano tutti i precedenti, stavo attendendo il momento per dire all'onorevole Bordonali di coprirsi. Ringrazio per la segnalazione che mi è stata fatta da parte delle opposizioni: subito siamo intervenuti. Ricordo a tutti che non è possibile esporre cartelli e che non è possibile esporre scritte. Chiaramente, nel momento in cui viene esposta una maglietta, si chiede di coprirla, come è stato fatto. Ricordo ovviamente a tutta l'Aula che bisogna mantenere il decoro e l'onorabilità dell'Aula e, quindi, bisogna evitare manifestazioni di questo tipo, che ledono l'onore di tutti i deputati e l'onore dell'Aula.

Ringrazio tutti per il corretto comportamento che sono convinto, da qui in poi, manterrete, evitando manifestazioni all'interno dell'Aula.

Ha chiesto di parlare, sempre sull'ordine dei lavori, l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Signor Presidente, io approfitto anche della sua presenza in Aula per ribadire ciò che è già stato detto stamattina dai colleghi. Abbiamo assistito, purtroppo, in sede di esame di questo provvedimento, a una tracotanza della maggioranza che credo sia senza precedenti.

Sono riusciti a far ripetere un voto, perché l'esito di quel voto non era gradito alla maggioranza, semplicemente perché si erano forse dimenticati di andare in Commissione a difendere un loro provvedimento bandiera (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Questo è stato concesso, signor Presidente, dal presidente della I Commissione. Riconosco, però, nella sua missiva, Presidente, a sua volta, di aver riconosciuto la forzatura che è stata fatta all'interno della Commissione e che è stata reiterata.

Quindi, mi chiedo, anche alla luce di quello che abbiamo visto poc'anzi in Aula - dove una deputata di maggioranza si è permessa di venire con una maglia con uno slogan, cosa che assolutamente non si può fare -, fino a dove possa arrivare la tracotanza di una maggioranza e fino a dove la stessa si possa spingere, prima che qualcuno le dica che ci sono dei limiti da non oltrepassare, Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!

GIORGIO FEDE (M5S). Ci avete sanzionato! Ci avete sanzionato, a noi, la volta scorsa! Ci avete sanzionato…

VITTORIA BALDINO (M5S). Signor Presidente…

GIORGIO FEDE (M5S). Ci avete sanzionato, a noi!

VITTORIA BALDINO (M5S). Come forze di opposizione, l'unica arma…

GIORGIO FEDE (M5S). Vergognatevi!

VITTORIA BALDINO (M5S). …che ci rimane è quella della parola e di lasciare agli atti la nostra posizione contraria contro questo scempio che state facendo alla Costituzione, all'ordinamento e ai Regolamenti (Proteste dei deputati Caramanna e Mura)

GIORGIO FEDE (M5S). Ma non rompere i coglioni!

GIANLUCA CARAMANNA (FDI). Presidente! Ha sentito che ha detto? Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Fede! Deve mantenere…

VITTORIA BALDINO (M5S). Signor Presidente!

PRESIDENTE. Non è possibile! Non è possibile! Non è possibile quello che ha detto l'onorevole Fede, ripeterlo in Aula! Non è possibile. Scusate, colleghi, manteniamo la calma. Facciamo finire l'onorevole Baldino. Prego.

VITTORIA BALDINO (M5S). Signor Presidente, mi scuso per il collega Fede, che stava però ponendo un tema che ritengo sia giusto porre qui. Il mio gruppo è stato giustamente sanzionato e sottoposto a sanzione per aver difeso le prerogative della minoranza, che non sono state rispettate da chi di dovere, signor Presidente.

Questa maggioranza è giunta perfino a cambiare le regole del gioco di un'elezione già giocata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! E state facendo perdere un seggio al mio gruppo! Fino a dove si può spingere l'arroganza di un Governo e di una maggioranza, signor Presidente, fino a dove si può spingere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Quindi chiediamo che questa Presidenza tuteli le minoranze e le opposizioni e che questo spirito, questa dittatura della maggioranza trovi un limite, perché siamo soltanto all'inizio di questa legislatura. Ci chiediamo che cosa succederà alla fine e dove volete arrivare, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA (AVS). Grazie, Presidente. Io mi unisco alle proteste dell'opposizione, ricordando a me stessa, ricordando a lei, Presidente, e ai colleghi e alle colleghe, che qui l'opposizione rappresenta alcuni milioni di cittadine e cittadini, che non la pensano come questa maggioranza e non concordano con questa riforma. E quindi è non soltanto, ovviamente, prerogativa, responsabilità e dovere del Presidente garantire che l'opposizione possa esprimersi al meglio, pienamente e compiutamente, ma anche dei colleghi della maggioranza - che comunque porteranno a casa la loro proposta, secondo me sbagliata, quasi sciagurata - di rispettare le colleghe e i colleghi che prendono la parola! Ciò è già successo anche in Commissione XII, a fronte di un voto - e lei, Presidente, forse lo ricorda - in cui la maggioranza non era riuscita a portare a casa l'emendamento e l'opposizione, invece, aveva vinto in quel contesto (capirete che grande vittoria!). E con arroganza avete ripetuto la stessa esperienza in Commissione I, una delle Commissioni in cui si discuteva di questa riforma istituzionale.

Ma voglio dire anche che se noi, invece, oggi avessimo portato avanti una riflessione e un confronto un po' più serio di quello avvenuto in Commissione, cosa sarebbe cambiato per voi? Presidente, mi dispiace dirlo perché lei appartiene alla Lega, ma è l'arroganza del potere portato veramente all'esasperazione (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). E questo è inammissibile, perché non soltanto va contro la nostra Costituzione e i Regolamenti, ma contro la civiltà del diritto, che qui siamo chiamati, tutte e tutti, a rappresentare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mura… su cosa?

FRANCESCO MURA (FDI). Grazie, Presidente. Sullo stesso argomento.

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori?

FRANCESCO MURA (FDI). Sì, Presidente. Non torniamo sulle questioni avvenute in Commissione, perché è un argomento che è già stato discusso stamattina. Probabilmente, chi è intervenuto adesso su questo argomento era assente stamattina e, pertanto, non ha sentito (Proteste di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)… Però, se i colleghi mi consentono…

GIANLUCA CARAMANNA (FDI). Così lo fai a qualcun altro!

PRESIDENTE. Scusate, colleghe, colleghi, per cortesia, facciamo finire l'onorevole Mura e sentiamo cos'ha da dire. Prego, onorevole Mura.

FRANCESCO MURA (FDI). Condividiamo con lei, invece, l'opportunità di mantenere un decoro e anche un comportamento degno di quest'Aula, ma non possiamo non notare con piacere che finalmente anche i deputati del PD espongono il Tricolore, seppur lo abbiano esposto al contrario (Proteste di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)

PRESIDENTE. Colleghi. Onorevole Mura, arrivi al dunque. Colleghi, per cortesia.

FRANCESCO MURA (FDI). Non gliene faccio una colpa, magari è l'inesperienza…

PIERO DE LUCA (PD-IDP). Non riuscite a dire qualcosa senza provocare!

PRESIDENTE. Onorevole De Luca, per cortesia.

FRANCESCO MURA (FDI). …però vorrei chiederle, Presidente, se le sembra giusto e se anche lei, come noi, abbia sentito le parole con cui il collega del MoVimento 5 Stelle, mentre usciva, si è rivolto ai banchi della maggioranza. Ritengo che queste parole siano altamente offensive. Pertanto, o ci sono scuse che possano riportare un confronto degno di questo luogo, oppure le chiederei, signor Presidente, di prendere provvedimenti.

PRESIDENTE. Onorevole Mura, mi sembra che l'onorevole Baldino si sia già scusata. Forse non (Commenti del deputato Mura)… L'onorevole Baldino ha fatto riferimento proprio all'onorevole Fede e, quindi, mi sembra che si sia già scusata. Comunque, cercheremo di approfondire quanto è avvenuto, ma ci sono state già le scuse dell'onorevole Baldino. Poi, magari, parleremo anche con l'onorevole Fede, ovviamente. Riprendiamo. È iscritto a parlare l'onorevole Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. La riforma dell'autonomia differenziata voluta da questo Governo sarebbe più correttamente da definire riforma dell'autonomia differenziante, perché, al di là delle etichette di facciata, ciò che a noi interessa è l'effetto che produrrà. E certamente il risultato devastante che intende provocare questo Governo di destra è quello di aumentare i divari fra regione e regione.

Che questa riforma sia iniqua non lo diciamo soltanto noi da questi banchi verso i banchi vuoti della maggioranza, l'hanno ripetuto continuamente, nel corso delle audizioni in Commissione, qui alla Camera, illustri docenti universitari. Per questo motivo, vedremo se la maggioranza, dopo i tentativi di controllare la magistratura e di tappare la bocca ai giornalisti, cercherà anche di controllare anche i docenti universitari, che, invece, liberamente, in forza di considerazioni giuridiche e non politiche, hanno bocciato questa riforma.

Avrei necessità di alcune ore per riportare anche sinteticamente alcuni stralci delle audizioni in cui sono state evidenziate criticità da parte dei costituzionalisti, però mi limiterò a qualche breve passaggio nel poco tempo che ho. Quindi, riporto alcuni passaggi dalle relazioni scritte, che sono state acquisite agli atti, da parte dei docenti universitari.

La professoressa Camilla Buzzacchi ha affermato: “Il testo presenta molteplici aspetti critici e di questi più allarmanti sono sostanzialmente due (…): il primo è costituito dalle regole del versante finanziario, che sono contraddittorie e poco equilibrate; il secondo è collegato alla nostra forma di Governo, dal momento che si altera l'equilibrio tra le istituzioni dello Stato. La considerazione che accomuna entrambi i profili è che le ricadute di un modello mal impostato sono destinate a ripercuotersi sui diritti e sull'eguaglianza dei cittadini, per cui appare più che opportuno un ripensamento”.

Poi abbiamo il professor Lorenzo Chieffi, che ha affermato: “Nonostante il ripetuto richiamo nel DDL n. 1665 (…) dei suddetti princìpi fondamentali (…), permangono insuperati dubbi di costituzionalità, per l'incertezza che persiste sui criteri da utilizzare per la definizione e soprattutto la quantificazione dei LEP rimessi, di fatto, a fonti governative (decreti delegati e DPCM) o, in caso di eccessivi ritardi, a cabine di regia e a commissari, sempre di nomina governativa, che verrebbe a mortificare oltre misura il ruolo riservato all'organo parlamentare, cui è attribuita in questa materia la potestà legislativa esclusiva (…). Dall'insieme delle disposizioni contenute nell'articolato progettuale emerge - questo lo ha detto il professor Chieffi - “una scarsa padronanza con le più elementari regole di alfabetizzazione costituzionale” - e sempre afferma - “Il che induce a fare nostre le preoccupazioni manifestate, pure in altri contesti, da due autorevoli giuristi, come Stefano Rodotà e Luigi Ferrajoli, che ricorrevano sovente espressioni quali ‘derive decostituzionalizzanti' e ‘analfabetismo costituzionale' in presenza di un inaccettabile comportamento, tenuto da maggioranze politiche, incuranti dei bilanciamenti imposti” dalla Costituzione.

Poi il professor Claudio De Fiores ha affermato: “In questa sede vorrei tornare a insistere su un punto da me già evidenziato nel corso delle audizioni tenutesi nel maggio dello scorso anno in Senato: i rischi di marginalizzazione del ruolo del Parlamento. Rischi che le modifiche apportate successivamente in Senato non solo non hanno attenuato, ma per taluni versi hanno addirittura aggravato. (…). E comincerei dall'articolo 2, una disposizione che ci pone al cospetto di un Parlamento inerte ed esautorato dalle sue funzioni normative, al quale è concessa un'unica macilenta opzione: accettare o respingere in blocco l'intesa. Senza alcuna possibilità di poter apportare integrazioni, modifiche e correzioni anche di carattere tecnico”.

E poi abbiamo la professoressa Giovanna De Minico, che ha affermato: dal regionalismo cooperativo slittiamo verso declinazioni competitive dello stesso, che rimandano al riformato modello tedesco. Il presupposto di ogni idealtipo competitivo consiste nel pregresso allineamento degli enti territoriali (…) o nel fatto che gli attori partano dai medesimi blocchi. La gara inizierà solo se i giocatori sono equiordinati, perché, in caso contrario, la competizione sarebbe falsata in partenza per la presenza di un vincitore stabilito a tavolino. Questo presupposto era noto al legislatore (…) del 2001 (…). Pertanto, lo Stato è chiamato a fare qualcosa prima di avviare la diversificazione delle regioni: ha un obbligo di attivarsi in opposizione al dovere di rimanere fermo”.

E poi abbiamo il professor Vincenzo Carrieri, che ha affermato: “(…) il mio giudizio complessivo è di un processo di riforma che non valorizza l'evidenza empirica esistente riguardo alle disparità di accesso alle prestazioni tra le regioni italiane e l'esperienza di autonomia su una materia rilevante come la sanità e si concentra su prestazioni rientranti in materie o ambiti di materie per le quali non vi è nessuna garanzia di soddisfacimento più efficiente a livello regionale. Il tentativo poi di coniugare l'invarianza finanziaria con la proporzionalità delle risorse anche attraverso l'impiego di fondi meglio destinati ad altri scopi restituisce un processo di riforma dagli esiti molto incerti per la finanza pubblica e per l'equità territoriale”.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI (ore 16,27)

DEVIS DORI (AVS). Abbiamo poi il professor Paolo Liberati, che ha affermato: “(…) anche in ragione di un forte divario infrastrutturale, l'autonomia differenziata potrebbe innestare una competizione sleale tra territori in ragione della diversa dotazione iniziale che si riscontra nelle aree territoriali del Paese. Particolare importanza per il contenimento dei divari territoriali nel processo di autonomia differenziata, assume, dunque, la questione relativa alla perequazione infrastrutturale (…). L'innesto di nuove funzioni su nuove materie, infatti, dipende strettamente dalla possibilità per le singole regioni di poter contare su dotazioni infrastrutturali analoghe nei punti di partenza. Il caso dell'istruzione e della diversa qualità e quantità delle strutture nelle diverse aree territoriali costituisce un esempio rilevante di come l'assegnazione di una stessa competenza a diverse regioni possa condurre a livelli di servizio qualitativamente diversi in base al luogo di residenza. A meno di non compromettere alcuni diritti fondamentali legati alla residenza sul territorio nazionale, si dovrebbe riflettere sull'opportunità che questi divari, siano amplificati. E a meno di non fare ricorso a trasferimenti espliciti, alcune regioni potrebbero essere costrette a ridimensionare le loro aspettative in termini di assegnazione di nuove funzioni di spesa e soddisfacimento dei livelli essenziali”.

E poi abbiamo il dottor Giovanni Barretta, economista, che ha affermato: “(…) l'attuale proposta di autonomia differenziata nei termini ipotizzati dal disegno di legge (…) va ben oltre le previsioni e il perimetro di legittimità costituzionale, rischiando seriamente di compromettere l(…) a coesione nazionale e il futuro stesso del nostro Paese. (…) L'intento che il disegno di legge per l'attuazione dell'autonomia differenziata dovrebbe avere è quello di evitare di procedere generando ulteriori meccanismi di sperequazione. Quindi il suggerimento al legislatore è quello di mutare approccio, mirando ad accrescere la coesione sociale piuttosto che la competitività fra le aree, come invece il disegno di legge in esame cerca di fare”.

E poi abbiamo la professoressa Laura Ronchetti, che ha affermato: a questa espressione cristallizzata nel titolo del disegno di legge, autonomia differenziata, ritengo più consona quella di autonomia asimmetrica, perché la differenziazione è insita nella possibilità di ogni regione di declinare in maniera diversa, per rispondere meglio alle esigenze della propria comunità, le materie di competenza concorrente nel quadro già delineato. L'articolo 116, terzo comma, invece consente di rompere la simmetria tra regioni nei confronti dello Stato, quindi nei confronti del Parlamento in modo particolare, visto che con le intese si intende derogare alle vostre attribuzioni costituzionali sancite dall'articolo 117.

E poi afferma ancora: la Nazione certamente non trae giovamento dall'aumento delle disuguaglianze, da un'autonomia fraintesa e tradita in nome della pretesa di autosufficienza, autoreferenzialità, isolamento e in fin dei conti indifferenza di una parte nei confronti del resto della Nazione. Bisognerebbe invertire l'ordine del discorso per mantenere le esigenze dell'autonomia ancorate al principio di unità nazionale, e non trasformarle in pretesa di separatezza delle sorti del resto del Paese. Prima di qualunque devoluzione ragionevole e motivata nell'interesse della Nazione per singole materie, si dovrebbe finalmente intervenire per far raggiungere la capacità fiscale media in ogni zona del Paese con interventi anche mirati in considerazione delle specificità territoriali. Mi scusi, Presidente, so di avere quattordici minuti, però, non nove, mi è stato confermato…

PRESIDENTE. Guardi, non era per lei, ma stavo chiedendo di liberare i banchi del Governo senza interromperla.

DEVIS DORI (AVS). Benissimo, la ringrazio allora. Vado comunque verso la conclusione. Presidente, come dicevo, potrei continuare e andare avanti per ore a citare tutti gli altri docenti universitari auditi in Commissione, ma il tempo chiaramente è limitato. Ma comunque, anche proseguendo, il risultato sarebbe lo stesso, sentiremmo ribadire che questo disegno di legge è incostituzionale. A mio parere, il Governo è pienamente consapevole che il DDL è incostituzionale, ma al Governo serve ora uno spot elettorale in vista sicuramente delle elezioni europee.

Poi, se in futuro sarà colpito da un giudizio di incostituzionalità, certo non è preoccupazione attuale del Governo, nel frattempo alcune elezioni saranno comunque già passate. Su un aspetto, però, non sono d'accordo con alcuni colleghi che sono intervenuti prima di me anche dai banchi dell'opposizione. Non è vero che questo disegno di legge rappresenti, a mio parere, un successo della Lega. A mio parere è invece vero il contrario, è la certificazione del fallimento di quella secessione leghista, perché quella era la volontà di fare insorgere il popolo contro uno Stato lontano, la famosa Roma ladrona della Lega, uno Stato quindi lontano e burocratico. Questa, invece, è proprio un'autonomia che pone al vertice la burocrazia e che schiaccerà ancora di più il popolo, anche quello del Nord. Quindi faremo di tutto per fermare questa riforma, e dietro l'etichetta di autonomia differenziata, in realtà, si nasconde la volontà di aumentare i divari fra chi ha di più e chi ha di meno. Come dicevo, non un'autonomia differenziata, ma differenziante, e questo “Spacca Italia” è un grimaldello per dividere la società, magari, come qualcuno ha già detto in questi giorni, sbattendo anche gli studenti con disabilità fuori dalle classi, per tornare alle classi differenziali. Noi ci opporremo a tutto questo, riteniamo di essere un'opposizione di sana e robusta costituzione, e certamente non siamo soli. Con noi ci sono tante cittadine e tanti cittadini che respingeranno questo “Spacca Italia” (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Penza. Ne ha facoltà.

PASQUALINO PENZA (M5S). Grazie, Presidente. A me dispiace che il Presidente Fontana non sia qui presente (Commenti dei deputati Iezzi e Stefani), ma parlo per suo tramite e credo sia sufficiente.

PRESIDENTE. Ci sono io onorevole, prego.

PASQUALINO PENZA (M5S). In tema di disuguaglianze vorrei mostrarle una disequazione sotto forma di domanda, che poi, nel pieno del mio discorso, spiegherò. Noi, nella Commissione affari costituzionali, della quale mi onoro di essere segretario, abbiamo avuto modo di analizzare, seppur in minima parte, il testo che oggi è all'ordine del giorno per la discussione. Arrivati appena all'emendamento 1.19 dell'articolo 1 è successa una cosa molto inquietante, ovvero c'è stata una votazione della quale ho avuto la possibilità di certificare, con 10 voti favorevoli e 7 contrari. Presidente, questa votazione, che noi riteniamo essere stata più che valida, è stata completamente sovvertita, è stata sovvertita affermando un nuovo principio, ovvero che può essere ripetuta una votazione già effettuata a distanza di 48 ore. Dov'è che noi adesso ci focalizziamo? Come mai i colleghi che oggi non vedo, perché sono assenti, ma che erano in Commissione e all'improvviso sono scomparsi, perché erano assenti all'atto della votazione, non hanno difeso questo provvedimento nella dovuta sede? Presidente, l'idea che mi son fatto è che semplicemente se ne vergognavano, ma questa è una mia opinione. È chiaro che di qui a passare per una persona che afferma il falso relativamente a una dichiarazione che io ho fatto, ovvero la constatazione del voto avvenuto, ne passa di acqua! Presidente, io penso che sminuire così i ruoli che ognuno di noi ricopre in una Commissione, specialmente nell'ufficio di presidenza, non faccia onore a questo a questa Camera, assolutamente, tutt'altro. La questione dei precedenti che vengono fuori a seconda del volere o della convenienza della maggioranza non fa onore a questa Camera. Lo stesso precedente che oggi anche si afferma lo rivediamo con la maglietta della collega. Oggi affermiamo un nuovo principio, ovvero che se mettiamo una maglietta con una scritta noi non possiamo essere espulsi dall'Aula. Quindi, oggi si è affermato un nuovo principio che noi porteremo avanti, significa dalla prossima volta verremo anche noi con le nostre magliette (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e non potremmo essere espulsi, perché la collega è ancora qui. Quindi, questo è un precedente che noi porteremo avanti e che rivendicheremo.

Ma entriamo ancora di più nel merito. Sa che cos'è cosa ho visto in Commissione? In Commissione non ho visto alcun collega del Sud, eletto a Sud, al di fuori di un collega che è stato eletto all'Ovest, difendere questo provvedimento. La conferma l'abbiamo oggi in Aula. Presidente, se oggi in Aula si stesse discutendo del reddito di cittadinanza, il MoVimento 5 Stelle sarebbe tutto presente ed unito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), così come siamo oggi qui presenti per ostacolare questo provvedimento che per noi divide l'Italia. Presidente, io ho sentito i colleghi della Lega solo e unicamente parlare della Lombardia, di regalo alla Lombardia. Forse i colleghi non hanno presente che la Lombardia fa parte dell'Italia. Quando parlano di regalo alla Lombardia io dico che è un regalo alla Lombardia leghista ma un pacco e uno schiaffo agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Marino. Ne ha facoltà.

MARIA STEFANIA MARINO (PD-IDP). Signora Presidente, colleghe e colleghi, mi risulta difficile intervenire dopo lo scempio che si è consumato in questo Parlamento in cui i regolamenti e la democrazia pare che vengano messi sotto i piedi. Comunque, oggi siamo chiamati a discutere della proposta di autonomia differenziata voluta dal Ministro Calderoli ma foraggiata, non senza perplessità, da tutte le forze di maggioranza. È una proposta che non piace a nessuno, Ministro, se non ai leghisti della prima ora e che persino la Meloni accoglie con un certo imbarazzo, visibile anche dal numero dei deputati presenti in Parlamento, in aula. Oggi, e da mesi, si dice tanto e di più e in qualche modo non solo non piace a voi, ad alcuni della vostra maggioranza, ma non piace neanche a Confindustria, non piace alle imprese del Nord e neppure alla nostra Costituzione che dedica ai principi di uguaglianza, perequazione e sussidiarietà tra le regioni buona parte del suo testo, con il chiaro intento di rendere chiaro come siano fondamentali e imprescindibili ma che in questo provvedimento sono completamente assenti. In verità, colleghi, basterebbe un po' di buonsenso per accorgersi del fatto che le risorse economiche e le capacità amministrative delle singole regioni non sono uniformemente distribuite sul territorio nazionale ed è per questa ragione che concedere maggiori poteri ad alcune regioni potrebbe esacerbare le disuguaglianze esistenti. Ma questa è solo la punta dell'iceberg.

Questa proposta rischia, infatti, di frammentare il nostro Paese riportandoci indietro nel tempo, ai giorni degli staterelli preunitari e delle dominazioni straniere o, forse, ancora più indietro, ai tempi dell'Impero romano, durante il quale ai cittadini erano ricondotti status diversi a seconda del luogo in cui nascevano. C'erano infatti i cives, i Latini e i semplici conquistati e ognuno di questi vantava diritti diversi in ragione della categoria in cui erano inseriti. L'obiettivo è trasferire la competenza dello Stato alle singole regioni su 23 materie cruciali, come se le competenze da affidare alle regioni possano essere scelte da un menu alla carta, in barba a qualunque progettualità e all'effettiva disponibilità per le singole regioni di mezzi adeguati e sufficienti a farsi carico di queste competenze ma anche contro qualunque principio di omogeneità dei servizi messi a disposizione nell'intero territorio della Repubblica.

È evidente come questa azione costituisca un vero e proprio attacco cinico e spregiudicato alla coesione nazionale e alla capacità di affrontare le sfide contemporanee con una visione comune. È infatti chiaro a tutti che problemi come il cambiamento climatico, la crisi migratoria, la pandemia, la sanità in generale e le guerre richiedano una risposta coordinata e solidale a livello nazionale e internazionale.

L'assenza di una risposta congiunta è molto penalizzante e lo stiamo vedendo nell'esigua forza negoziale che, a causa di politiche troppo eterogenee, l'Europa sta dimostrando nel complesso contesto storico in cui ci troviamo.

Ora provate a immaginare cosa potrebbe succedere se la sola Italia, in situazioni come queste, potesse scegliere di utilizzare 20 approcci diversi. L'autonomia differenziata annullerebbe del tutto la capacità del nostro Paese di affrontare queste sfide in modo efficace e coordinato. Materie fondamentali come istruzione, ambiente, sanità e infrastrutture, che comprendono elementi vitali per il tessuto sociale, economico e culturale della nostra Nazione, potrebbero risultare gestite in modo frammentato e disomogeneo, privando il Paese di una prospettiva nazionale e sovranazionale essenziale per affrontare la complessità dei problemi contemporanei. Tuttavia, l'autonomia differenziata non minaccia solo l'unità nazionale e va ben oltre la mera distribuzione di competenze.

Si tratta di una minaccia per i diritti dei cittadini e delle persone, non è solo la chiara secessione dei ricchi, come alcuni hanno suggerito, ma una guerra tra poveri che rischia di emarginare ancora di più il Mezzogiorno e le aree interne del Centro-Sud e del Centro-Nord. Inoltre, sorgono dubbi riguardo ai metodi scelti per la determinazione dei livelli essenziali di prestazione, i famosi LEP. La mancanza di una distinzione chiara tra le materie oggetto dei LEP e quelle che non lo sono, unita alla loro definizione tramite i DPCM da voi tanto criticati, solleva preoccupazioni non indifferenti.

La determinazione dei LEP dovrebbe essere prerogativa esclusiva dello Stato e non può essere lasciata al mero arbitrio del Governo di turno. Peraltro, la scelta dei DPCM come unico mezzo, utile per la definizione dei LEP, è un altro motivo di preoccupazione oltre che un pericolosissimo potenziale vettore di abusi di potere. È un approccio, questo, che esclude il Parlamento dalla maggior parte delle decisioni, relegando quest'ultimo a una sorta di ping pong tra il Governo e le singole regioni e costringendo il Parlamento ad un ruolo marginale nel processo decisionale.

Il Parlamento infatti si troverà impossibilitato ad emendare le intese e diverrà un semplice spettatore di un negoziato centralizzato nella figura del Presidente del Consiglio. La verità è che questo progetto di mortificazione del Parlamento è già avviato dalla maggioranza, tanto che, a fronte di 2.400 emendamenti proposti dalle forze di opposizione su questo disegno di legge, soltanto 70 ne sono stati esaminati. È una forzatura, signora Presidente, e noi rappresentiamo tutti gli italiani e la maggioranza deve avere rispetto di questa minoranza.

Questo centralismo esasperato delegittimerebbe il ruolo delle istituzioni legislative e favorirebbe una concentrazione eccessiva di potere nel Governo centrale, con tutte le conseguenze che tutto ciò riverbererebbe sulla salute della nostra democrazia e sulla rappresentatività popolare. D'altra parte, la spregiudicatezza della maggioranza nei confronti delle istituzioni democratiche e delle loro regole e la precisa volontà di ottenere sempre e comunque un risultato favorevole si leggono anche nella recente decisione del presidente della Commissione affari costituzionali di far votare nuovamente un emendamento già votato e sul quale, a causa dell'assenza dei colleghi leghisti in Commissione, la maggioranza, suo malgrado, era risultata soccombente.

Questa decisione è un vero proprio affronto alla democrazia, è un pericoloso precedente, signora Presidente, che mina l'integrità istituzionale e legislativa delle istituzioni e il Presidente Fontana l'unico monito che si è sentito di dare è che per la prossima volta prenderà provvedimenti. Il presidente della Commissione affari costituzionali, invece, quindi, di creare una forzatura delle regole parlamentari così plateale, avrebbe potuto o, meglio, dovuto, come richiesto dal ruolo che ricopre, concentrarsi sulle macroscopiche violazioni costituzionali che questa riforma porta con sé. Ne cito alcune. La riforma viola in modo lampante il carattere stesso del regionalismo sancito dalla nostra Carta costituzionale, come sottolineato all'articolo 2 della Costituzione. Il regionalismo, invero, deve essere solidale e non competitivo; tuttavia questa proposta promuove una competizione del tutto malsana tra le regioni, che mina l'unità nazionale e mette a rischio la coesione del nostro Paese, infrange il principio fondamentale dell'unità e indivisibilità della Repubblica, come sancito dall'articolo 5 della Costituzione. Trasferendo poteri così vasti alle singole regioni si rischia di creare divisioni e contrasti che potrebbero mettere a repentaglio l'integrità stessa della nostra Nazione. Insomma, si tenta di stabilire il primato del regionalismo competitivo al fine di trasformare lo Stato in un mosaico di interessi regionali contrastanti. Omette di sancire l'adozione di una legge dello Stato per l'attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia, come prescritto dall'articolo 116 della Costituzione. Inoltre, elimina in sostanza l'intervento del Parlamento, riducendo tutto a un accordo amministrativo tra Ministero e regioni. Toglie ai cittadini il diritto di partecipare all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese e di concorrere a determinare la politica nazionale, così come sancito dagli articoli 3 e 49 della Costituzione.

Chiedo a voi, deputati e deputate della Repubblica, di assumere piena responsabilità e difendere le conquiste democratiche incarnate dalla nostra Costituzione. Dobbiamo difendere l'unità nazionale, nata dal Risorgimento e dalla Resistenza, e l'uguaglianza dei diritti, anche se il cammino verso i traguardi indicati dai nostri Padri costituenti è ancora lungo.

Per riassumere, signora Presidente, il modo in cui questo Governo sta affrontando il tema dell'autonomia differenziata mi lascia veramente basita. Un disegno di legge preparato senza neanche la convocazione di una Conferenza Stato-regioni, il cui testo evidenzia la volontà di relegare il Parlamento a un mero spettatore, impotente davanti alle scelte nefaste di un Governo che ha sempre disprezzato il Mezzogiorno. Si tratta della realizzazione del largamente anticipato tentativo delle destre italiane di lasciare il Sud indietro.

D'altra parte, il Ministro Salvini e i suoi cari cori da stadio, avallati da tutti i suoi colleghi di partito e di coalizione, avevano anticipato da molti anni l'avversione nei nostri confronti. Invece io sono qui, fiera dal mio accento siciliano, a ricordare al Ministro Salvini e al Ministro Calderoli, il quale, oltre a questo capolavoro, aveva a suo tempo partorito anche una legge elettorale non a caso soprannominata “Porcellum”, che l'Italia è una e non si spezza. Non possiamo permettere che questo percorso venga interrotto irreversibilmente, è nostro dovere fermarci ora, finché siamo ancora in tempo. In caso contrario, la nostra battaglia continuerà, utilizzando ogni strumento messo a disposizione dalla democrazia, per difendere i principi fondamentali della nostra Repubblica.

Concludo con le parole del nostro Presidente della Repubblica, un illustre siciliano che, durante il discorso di fine anno del 2022, ha detto: “Le differenze legate ai fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese - tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne - creano ingiustizie, feriscono il diritto all'uguaglianza. Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli” - Ministro Calderoli - “di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione (…). Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive”.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MARIA STEFANIA MARINO (PD-IDP). Spero che queste parole riescano a guidare la vostra coscienza e la vostra azione politica e che non sia soltanto uno scambio tra Lega e Fratelli d'Italia per continuare a governare. Noi ci siamo e faremo le nostre battaglie e voi non potrete mai e poi mai limitare la nostra volontà. L'Italia è una e indivisibile. Viva l'Italia democratica, viva l'Italia antifascista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Candiani. Ne ha facoltà.

STEFANO CANDIANI (LEGA). Presidente, la ringrazio. Ho sentito prima, in un intervento di un collega che mi ha preceduto, dire: “Vi dobbiamo fermare in ogni modo”.

Era più o meno la stessa cosa che dicevano nel 1848 (c'è qualche targa che ce lo ricorda) e che dicevano nel 1870; lo dicevano anche nel 1946, anzi, proprio grazie al voto di quegli stessi italiani, che nel 2017 hanno votato il referendum per l'autonomia regionale, oggi non siamo una monarchia, perché, allora, già ci fu una scelta che trainò, poi, tutto il resto d'Italia. Quindi, lo stimolo venne da quel referendum del 2017 che scaturì in Lombardia e in Veneto, che, ricordo, portò a numeri che superarono persino i plebisciti unitari (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier): il 98 per cento dei veneti chiese l'autonomia e lo chiese il 96 per cento dei lombardi.

Questi numeri ci hanno stimolato nel tempo, con un impegno costante, fino ad arrivare al dibattito di oggi e fino ad arrivare all'approvazione che seguirà di questo provvedimento di legge, che dà attuazione a quel Titolo V, modificato nel 2001 proprio dalla maggioranza di sinistra che oggi lo rinnega. È molto curioso: approvano una cosa e, tempo dopo, se la rimangiano o, meglio, desiderano rimangiarsela. Noi, invece, siamo persone coerenti: da sempre la Lega ha questa impostazione nella propria azione politica e da sempre la Lega non lo fa con egoismo guardando al proprio interesse, ma cercando una soluzione per tutta l'Italia, una soluzione che ci consenta di rompere un meccanismo che oggi ha diviso l'Italia, perché, se l'Italia nasce nel 1946 con la monarchia e la Repubblica divise da una parte e dall'altra, guardando il voto da Nord a Sud, l'Italia oggi è divisa per alcune regole che le hanno impedito di unirsi, non nel corso degli ultimi 5 anni, ma nel corso degli ultimi 80 anni. È evidente, allora, che queste regole vadano cambiate ed è evidente che la nostra azione, la nostra risposta concreta che diamo oggi sia in questa direzione: un cambiamento che deve impedire un declino che, altrimenti, è inarrestabile.

A quell'azione svolta in Lombardia e in Veneto, poi sono seguite le altre regioni che si sono aggiunte: tranne l'Abruzzo, tutte le regioni d'Italia hanno innescato un meccanismo di contrattazione nei confronti dello Stato. Questo per dire che cosa? Per dire che c'è un'opportunità che deve essere colta da questa riforma federalista e che chiaramente non ha nulla a che fare con visioni ideologiche, ma con visioni molto concrete.

C'è un paradosso, poi, Presidente, per cui, in Italia, abbiamo una sinistra che rinuncia a quel tema che nel resto d'Europa, invece, è paradigma, esattamente contrastante e opposto rispetto al centralismo che, notoriamente, è della destra più spinta. In Italia, invece, la sinistra, squisitamente per posizione ideologica contrapposta a quella della Lega, vi rinuncia, rinunciando in questo senso all'unica proposta di cambiamento che può essere fatta oggi rispetto al declino che subisce il Paese.

Mi corre innanzitutto l'obbligo di un ringraziamento, Presidente, perché non è un provvedimento che giunge in questi anni di Governo, ma è un provvedimento che la Lega cerca di portare avanti fin dalla sua fondazione, fin dall'intuizione straordinaria che ebbe Umberto Bossi, con la visione di un Paese non diviso, ma unito dal federalismo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), con la visione che poi raccolse Roberto Maroni e, ancora una volta, come è già stato detto precedentemente, con quel referendum che consentì di dare un grande stimolo al provvedimento che oggi abbiamo in discussione. Un ringraziamento alla costanza del Ministro Calderoli, che gli è stata già riconosciuta questa mattina, nel non avere mai cambiato posizione e nell'avere sempre tenuto la barra bella ferma, precisa sulla rotta tracciata (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), e all'intuizione del Ministro Salvini di allargare il progetto a tutta Italia, perché o ci salviamo tutti oppure questo è un Paese destinato al declino completo.

Esiste, poi, tutto un mondo che negli anni ha sostenuto la Lega, fatto di semplici militanti - i cosiddetti militanti ignoti -, delle tante partite IVA, di artigiani, di contadini, di agricoltori, di imprenditori che hanno creduto in questo progetto. Quello che noi oggi ci accingiamo a fare è anche onorare il loro impegno, onorare la loro fiducia e dare uno sbocco concreto a quella grande aspettativa di rivoluzione che fin dall'origine abbiamo voluto per il nostro Paese. Ed è cambiamento, Presidente. Ministro Calderoli, questo è cambiamento e, quando c'è cambiamento, c'è sempre chi vi si oppone. È evidente che esiste uno status quo, è evidente che esiste chi dallo status quo trae giovamento.

Noi, oggi, abbiamo di fronte un'ostruzione che non è solo quella parlamentare e politica che è qui dentro, ma è quella che si nasconde nei Ministeri, è quella che si nasconde nei gangli del Paese, quelli più incatramati dall'assistenzialismo che si oppone al cambiamento. Noi non abbiamo paura di confrontarci con questa resistenza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e andremo fino in fondo, perché occorre dare al Paese la certezza che un cambiamento, come quello federalista, come fu ben delineato da Gianfranco Miglio, è l'unica possibilità che ha il Paese per potersi riscattare.

Cito direttamente da un libro, Ministro, che penso le sia familiare, L'asino di Buridano di Gianfranco Miglio: “Il rifiuto del sistema politico tradizionale ha preso nell'Italia di oggi, dovunque si manifesti, un tratto comune: è la richiesta diffusissima dell'adozione alternativa di un orientamento federale. Sono federalisti tutti coloro i quali rifiutano il sistema centralizzato dei poteri praticato in questo Paese o anche soltanto avversano le procedure autoritative che la burocrazia ricava e oppone ai cittadini da una visione unitaria della gestione della cosa pubblica. Il federalismo è diventato una parola d'ordine per quanti vagamente si attendono dall'avvenire un sistema di governo opposto a quello vigente, più rispettoso delle scelte dei cittadini, più libero dalle incrostazioni della corruzione, meno autoritario e più soggetto al controllo degli amministrati, più imparziale e più attento alle regole del diritto”.

Questa è la sintesi perfetta a cui noi abbiamo fatto riferimento nello scrivere questo disegno di legge. Questo è quello che vogliamo per tutti gli italiani, cioè un Paese che li rispetti come cittadini e non che li tenga soggetti come sudditi e a questo cambiamento sappiamo che c'è opposizione. Noi a questo cambiamento siamo dediti e le diciamo, Ministro: vada avanti, andiamo avanti, andiamo avanti con determinazione.

Però, sbaglia - e lo dico ai colleghi di opposizione - chi cerca, nel parlare male di questo provvedimento di legge, di mettere un'altra volta legna sul falò della contrapposizione tra Nord e Sud dell'Italia (Proteste dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il mondo oggi è cambiato completamente: non esiste più una contrapposizione…

PRESIDENTE. Colleghi!

STEFANO CANDIANI (LEGA). …e anche nell'intolleranza che c'è nel lasciarmi discutere si vede che hanno ignoranza dell'argomento.

PRESIDENTE. Mi scusi, collega Candiani. Collega Candiani, mi scusi! Colleghi, dovete far svolgere ai colleghi i loro interventi esattamente come voi svolgete i vostri (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Prego, collega Candiani.

STEFANO CANDIANI (LEGA). La ringrazio, Presidente. Anche questo è un esercizio di democrazia: saper ascoltare e confrontarsi. Dicevo che in maniera molto hegeliana si mette tesi e antitesi e poi si fa sintesi (Commenti del deputato Ciani).

PRESIDENTE. Collega Ciani! Colleghi, adesso comincio a richiamare all'ordine. Collega Candiani, prego.

STEFANO CANDIANI (LEGA). Dopodiché se anche citare Hegel diventa argomento di discussione fatevene una ragione (Commenti del deputato Ciani).

PRESIDENTE. Collega Ciani…

STEFANO CANDIANI (LEGA). Presidente, torniamo però…

PRESIDENTE. Collega Ciani, se vuole chiede la parola e parla quando è il momento. Collega Candiani, prego. Si avvii a concludere; ha due minuti e mezzo.

STEFANO CANDIANI (LEGA). La ringrazio, Presidente. Torniamo, però, all'argomento di cui parliamo. L'Italia non è divisa perché si fa oggi una legge che parla di federalismo; l'Italia è divisa nei fatti da 80 anni di mancata unione del Paese, con risorse spese senza risultato, con un meccanismo e con una costruzione post-unitaria che non è riuscita a rinsaldare le divisioni del Paese. Noi a questo progetto di riunificazione e di serio federalismo che dia responsabilità a tutti i livelli del Paese siamo dediti fin dall'atto fondativo della Lega e noi oggi diciamo che questa è la soluzione per uscire da un declino al quale non vogliamo sia rassegnato l'intero Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Chi difende lo status quo fa parte del problema. La difesa del Sud, fatta contrapponendo il Nord al Sud, non fa risorgere il Sud e non crea una soluzione per il futuro. La questione non è più questione meridionale rispetto alla questione settentrionale, ma è la questione di un Paese che nello scacchiere globale pesa sempre meno, perché continua a essere prigioniero di burocrazia e di un centralismo che non lo lascia sviluppare.

La questione si sintetizza in un esempio molto semplice, Presidente: ci sono tre regioni in Italia, il Piemonte, la Liguria e la Toscana. Erano regioni trainanti e stanno passando in transizione. Quindi, sono regioni che sono regredite rispetto al livello che avevano raggiunto e stanno per andare in una situazione nella quale devono essere aiutate per non precipitare ancora più in basso (Proteste del deputato Simiani).

PRESIDENTE. Collega Simiani.

STEFANO CANDIANI (LEGA). Presidente, io noto veramente una insofferenza e un'incapacità di ascoltare.

PRESIDENTE. Collega, ci sono io a tenere l'ordine, come nota.

STEFANO CANDIANI (LEGA). Questo lo trovo veramente indecoroso per un dibattito civile in un Parlamento democratico (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Collega Candiani, la ringrazio perché immagino lei voglia supportarmi, ma, come avrà notato, c'è la Presidente a tenere l'ordine in Aula e la prego di lasciarmi svolgere questo compito. Lei vada alla conclusione, perché ha ancora un minuto.

STEFANO CANDIANI (LEGA). La ringrazio, Presidente, e chiudiamo l'argomento. Noi ci crediamo. C'è chi ci ha creduto da sempre, c'è chi ci è arrivato magari un po' dopo, c'è chi ancora non ci crede e c'è chi non ha capito questo progetto. In ogni caso sappiamo che questo è l'unico progetto che può dare al Paese una certezza di riscatto e una certezza di ripresa. Gli esempi esistono e sono già in vigore. Esistono negli Stati Uniti, esistono in Germania, esistono in Svizzera, dove ci sono differenze enormi tra le singole popolazioni che sono state raccordate da un sistema federalista.

Abbiamo bisogno, però, che vi sia fiducia anche nel Paese e, quindi, diciamo: credeteci tutti in questo progetto di rinnovo del Paese su base federalista. Ministro, andiamo avanti. Diamo fastidio? Va bene, perché il cambiamento dà sempre fastidio (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e la Lega non ha paura di portare cambiamento in un Paese che non vuole rassegnarsi al declino!

PRESIDENTE. Concluda.

STEFANO CANDIANI (LEGA). Mi avvio a concludere…

PRESIDENTE. No, deve proprio concludere.

STEFANO CANDIANI (LEGA). …ancora una volta, Presidente, prendendo un'utile citazione da questo bellissimo libro di Gianfranco Miglio. “Anche gli Stati centralizzati di più antica tradizione hanno il fiato grosso ormai. Cercano in una soluzione pluralista il superamento dei problemi che li affaticano” e parafrasando concludo: il sogno di un'Italia federale non è più e non rimane solo un sogno ma è la sola possibilità disponibile e noi a questa possibilità disponibile siamo devoti e andremo fino in fondo con questo progetto federalista (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Borrelli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Grazie, Presidente. Per suo tramite, vorrei ricordare alla collega che poc'anzi ha esposto quella maglietta, che è l'elemento più chiaro e che stride - mi perdonerà, Presidente, e sempre per suo tramite - con quello che ha detto poc'anzi il collega Candiani. Dunque, vogliamo l'unità ma ci mettiamo la maglietta “Vento del Nord” (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). L'unità è decidiamo noi, prendiamo tutto noi, il Paese è nostro e ce ne freghiamo degli altri! Mi dispiace, ma non è credibile questa soluzione.

Sempre suo tramite, Presidente, l'autore che è qui presente - con il dovuto rispetto, il Ministro Calderoli - è noto nella sua storia per una cosa in particolare: per aver fatto una “porcata”. Se ne sta per realizzare un'altra e l'ha detto lui stesso, quindi sto citando testualmente. Io non credo e noi non crediamo che il Paese debba essere succube delle porcate e, quindi, ci opporremo con tutte le nostre forze e non in base a un preconcetto ideologico.

Io sono del Mezzogiorno e non ho mai urlato né ho mai insultato nessuno nell'Aula, anche se dissento totalmente e radicalmente dalle idee di alcuni colleghi. Però, bisogna dirci le cose come stanno: chi sta portando avanti come un treno una scelta che ci porterà a deragliare come Paese se ne deve assumere pienamente le responsabilità. Noi siamo già un Paese diseguale. Quello che si sta portando avanti è: poiché siamo in crisi, invece di aiutarci tutti quanti assieme noi aumentiamo i divari, immaginando che se alziamo dei muri noi ci salveremo al Nord, noi del vento del Nord, e poi per i meridionali o per le altre regioni Dio vede e provvede, tanto se ne parlerà tra qualche elezione!

Questo è sbagliato e lo dico ai colleghi che sono i principali supporter di questa legge e ai colleghi degli altri partiti di maggioranza: questa vicenda farà male a tutto il Paese. Già oggi - già oggi - vi sono palesi disuguaglianze e questo Governo - mi dispiace - non ha fatto nulla per migliorare la situazione, addirittura nel sistema della sanità. Noi citiamo la Svimez e GIMBE, che è il Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze. Noi citiamo esperti, docenti universitari e studiosi. Fino ad oggi noi non abbiamo avuto nessuna relazione, al punto tale che a un certo punto è scomparsa dal sito del Senato l'analisi che oggettivamente è sotto gli occhi di tutti. Autonomia non significa snellimento della burocrazia e non c'è lo snellimento della burocrazia, perché sullo snellimento della burocrazia si troveranno sempre, dal mio punto di vista, punti di dialogo.

Scusatemi: si parla di snellimento della burocrazia, ma addirittura il leader della Lega ha proposto e vuole far approvare una norma per cui i sindaci, per fare interventi per ridurre la velocità all'interno delle loro città, devono addirittura rivolgersi direttamente al Ministero. Questo significa autonomia? Non è assolutamente così! Non è vero, non è vero!

Voi volete solo una cosa: purtroppo, volete soltanto tenere più soldi, immaginando che, poiché in questo momento le vostre regioni, in particolare la Lombardia e il Veneto, sono più ricche, mantenendo più ricchezza riuscirete a governare dalla vostra ricchezza la povertà degli altri. Dovreste prendere esempio dall'unificazione della Germania Ovest con la Germania Est. La parte più debole di quel Paese fu aiutata da quella che era più forte e non fu affossata. Voi state facendo esattamente il contrario!

Nei nostri territori c'è una desertificazione senza precedenti e non riusciamo neanche più a reggere i flussi migratori, non bastano neanche più al Nord. È una visione totalmente miope e totalmente avulsa da ciò che sta accadendo, oltre al fatto che oramai noi siamo alla predicazione di fatti che non succedono. Oggi, in questo momento, il Comando dei Carabinieri di Torre del Greco, il quarto comune più grande della Campania, ha annunciato che dal 1° maggio, e guardate anche il significato delle cose: qual è il giorno in cui tu elimini la caserma dei Carabinieri da un territorio sotto attacco dalla camorra? È il 1° maggio, perché non è più la festa dei lavoratori, è la festa dell'abbandono da parte di un pezzo dello Stato rispetto al Mezzogiorno! Ebbene, chiude la caserma dei Carabinieri e io ho più volte sentito che stiamo facendo pure l'autonomia sulla sicurezza. Nell'ultimo anno e mezzo, solo nella provincia di Napoli, hanno chiuso 5 caserme dei Carabinieri: 5 caserme dei Carabinieri! Certo, non c'entra direttamente con l'autonomia, ma è un andazzo generale, la totale desertificazione del nostro territorio, a cui si vuole dare questo colpo di grazia e poi si parla di unità con il vento del Nord.

Guardate che questa scelta, indipendentemente dai voti dell'Aula e degli equilibri, siamo poco interessati a questo. Questa è una scelta drammatica: erano meglio Bossi con la canottiera e i carri armati, almeno là vi era una visione popolare o popolana di voler cambiare qualche cosa. Qui sembra la secessione dei burocrati ricchi del Nord che tentano di trincerarsi rispetto al resto del Paese che si sta impoverendo. Eppure, non è stata mai questa la soluzione in nessuna parte del mondo. Non è mai stato l'egoismo il futuro di un popolo e di un Paese, non è mai stato l'egoismo la possibilità di riunificare un popolo. È sempre stata la generosità, che certe volte ha bastonato pesantemente il Mezzogiorno, e anche gli errori che sono stati fatti, perché ovviamente nessuno imputa a una sola parte del Paese i problemi che ci sono, ma l'essere stati trattati in questo modo porterà ulteriori tensioni sociali e porterà ulteriore rabbia!

Ci dicono che appena sarà attuata, se ci riusciranno, l'autonomia differenziata nel giro di 10 anni chiuderanno un terzo degli ospedali del Mezzogiorno. Che andremo a dire ai cittadini? Andatevi a curare tutti quanti al Nord. La soluzione è fare i treni della speranza per il Nord?

Ancora, dicono che non ci volete dare più risorse perché ci sono i ladrocini o gli imbrogli, che stanno in tutta Italia, sia chiaro. Ma la domanda è: levare le risorse al Sud è la soluzione per combattere la criminalità? Oppure realizzare un grande palo della cuccagna, come sembra essere il ponte sullo Stretto? Sono tutte visioni non di lunga veduta, che non guardano a 10 o 20 anni, come dovrebbero fare gli statisti, ma guardano ai pochi voti in più di oggi. Tutti coloro che hanno fatto queste scelte poi si sono dovuti pentire, perché è vero che certe volte si può vivere su un'ondata mediatica, di rabbia popolare, ma poi un Paese ha bisogno di avere grandi uomini e grandi donne che sappiano dare una prospettiva che vada al di là della loro presenza nelle istituzioni. Questa è la cosa più vergognosa, che questa visione, a differenza dei loro predecessori, perché non è vero che è il prosieguo della visione di Bossi o di altri perché loro avevano una visione contestabilissima, ma era una visione di un Paese che non era quello dei ricchi, degli egoismi e dei più forti, era anche quello dei più deboli e delle persone più in difficoltà! Invece, oggi vediamo solo esclusivamente una linea dell'egoismo, un tratto che taglia di netto non solo il Mezzogiorno, ma anche molte regioni del Centro e del Nord.

Dicevano prima che alcune regioni sono in recessione ed anche il grande Veneto e la grande Lombardia andranno in recessione, perché se non si capisce che non è dal micro e dall'egoismo che si può far crescere un Paese, ma esattamente il contrario, non ci sarà nessuna possibilità di salvezza. Certo, potranno andare bene una o due elezioni, ma poi il conto lo pagheranno gli italiani, ed è per questo che noi ci opporremo, con tutte le nostre forze, democraticamente, civilmente, ma col massimo della determinazione di chi sa che questa scelta è una vergogna per il Paese e per il Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fenu. Ne ha facoltà.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie Presidente, prima lei non c'era, c'era il Presidente Fontana, è successo che la collega Bordonali ha iniziato il suo intervento esponendo una maglietta con su scritto “vento del Nord”. Quindi, io per curiosità sono entrato su Google e sono andato a vedere le felpe che ha indossato in questi anni il suo segretario Salvini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ed è facile. Basta andare e cliccare “felpe, Salvini” su immagini e vediamo la felpa “Milano”, che è coerente anche con il messaggio, tutti amiamo Milano (Commenti), io da sardo la amo, e poi scorriamo e troviamo Napoli, che è un po' meno coerente, troviamo Elba, troviamo Chieti, troviamo Positano, troviamo Roma e troviamo anche Sicilia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Quindi, mi sento di dare un suggerimento alla collega di indossare la maglietta non con su scritto “Vento del Nord” ma con su scritto “Vento della disperazione” (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) perché è quello che vi sta portando a cercare di recuperare quei voti e quel consenso che avete perduto proprio al Nord.

Assistiamo a qualcosa che mi ha fatto venire in mente, Presidente, per il periodo che stiamo vivendo e i provvedimenti che stiamo esaminando -, il DEF, e oggi ci troviamo a esaminare questo disegno di legge, l'impressione dell'orchestra del Titanic. Quindi, c'è questa orchestra che continua a suonare - qui siamo anche ai numeri circensi, non ci limitiamo all'orchestra - mentre il Paese continua il suo declino inesorabile. La differenza però rispetto al famoso transatlantico, Presidente, è che nel transatlantico a suonare era l'orchestra. Qui, purtroppo, è l'equipaggio ed è anche il capitano con la nostra Presidente del Consiglio, Meloni.

Il provvedimento che discutiamo oggi è il vessillo elettorale della Lega. Il collega Candiani in una frase ha detto che il mondo intorno a voi è cambiato e che la Lega non ha paura di portare il cambiamento. Quindi, noi, insomma, staremmo cercando di ostruire questo vento del cambiamento. Il problema, caro collega Candiani, tramite la Presidente, è che non vi siete resi conto che il mondo intorno a noi è cambiato ma anche intorno a voi e dovreste andarlo a chiedere al vostro elettorato, perché lo stiamo vivendo anche con i problemi che ha vissuto l'Europa in piena pandemia, con quello che ci sta succedendo sui temi geopolitici, ormai travolti dalla guerra in Ucraina e da altre situazioni, che non consentono più di affrontare i problemi da soli. La stessa Europa si trova ad essere marginalizzata e a ritrovarsi provincia rispetto a quello che sta succedendo nel mondo. Qui il Governo cosa fa? Va per seguire un vessillo elettorale della Lega in controtendenza e quello che è uno dei problemi principali dell'Europa, l'eccessiva frammentazione sia delle aree geografiche, ma anche degli interessi che ingessano l'Europa, lo si vuole esportare anche al nostro interno, frammentando ancora di più gli interessi particolari, in questo caso, delle regioni. Quindi, si va avanti, imperterriti, ignorando il burrone e i suggerimenti portati anche dai nostri auditi.

Un disegno di legge che, ormai l'abbiamo visto e lo hanno detto anche i nostri colleghi, sappiamo bene, sui LEP non andrà in porto e non verrà declinata nella realtà, perché occorre trovare delle risorse, perché se si finanziano i LEP per le regioni che chiederanno maggiore autonomia, si dovranno trovare corrispondenti finanziamenti per aumentare gli stessi livelli delle altre regioni. Quindi, con un Governo che ha sposato l'austerità e che proprio oggi ha detto “sì” al nuovo Patto di stabilità, che ci condurrà a fare tagli anche per 13 miliardi di euro l'anno, è abbastanza difficile che vengano poi attuati questi livelli essenziali delle prestazioni. Però, il problema nascosto, il vero pericolo che è stato detto anche in audizione, ed era presente il Ministro, che si è lamentato di questa criticità che è stata evidenziata dagli auditi, è che ci sono anche quelle competenze che non sono soggette ai LEP. Purtroppo, se verrà approvata questo disegno di legge, queste competenze, come ad esempio la Protezione Civile, potrebbero essere subito trasferite alle regioni, anche in assenza di determinazione dei LEP.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

EMILIANO FENU (M5S). Questi sono i veri problemi, quindi, possiamo immaginare cosa potrebbe succedere con la prossima calamità, con la Protezione civile che non è in grado neanche di coordinarsi. Le ricette che propone questo Governo, che si propongono con questo provvedimento, con questo disegno di legge, sono del tutto anacronistiche. La verità è che anche le regioni del Nord sono in pieno declino e il problema viene più da lontano, viene da trent'anni di impoverimento del Paese per diversi motivi, e questo Governo sta continuando in questo solco. E mentre sono questi i temi e i problemi a cui dovremmo rispondere, la Presidente del Consiglio cosa fa? Va a suggerire agli elettori di scrivere “Giorgia” nella scheda. Queste sono le sue risposte alle grandi sfide (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI (PD-IDP). Signora Presidente, onorevole Ministro, va detto che questa storia dell'autonomia regionale ha preso nel tempo una piega assai diversa rispetto alla fase costituente degli anni Sessanta e Settanta, che tante speranze aveva acceso sul tema del rinnovamento dello Stato. Comincia con la nascita della Lega, alla metà degli anni Ottanta, che minaccia e coltiva la separazione delle regioni del Nord e, purtroppo, continua con i Governi del centrosinistra, dal 1996 al 2001, che nella rincorsa della Lega realizzano tre modifiche della Costituzione, il cosiddetto Titolo V, i cui effetti non furono pienamente considerati: primo, cadde la parola Mezzogiorno dalla Carta costituzionale, che era stata alla base della istituzione della Cassa del Mezzogiorno; secondo, viene introdotta la promessa dell'autonomia differenziata; terzo, si prevede che lo Stato fissi i livelli essenziali delle prestazioni. Intorno al 2016-2017, si riapre, poi, la questione, sulla scorta di alcuni referendum regionali un po' strumentali, in Lombardia e in Veneto, dove l'autonomia viene presentata con l'obiettivo di trattenere le entrate fiscali, il cosiddetto residuo fiscale. In altri termini era come chiedere se si vuole bene alla propria mamma: vuoi che restino le tasse nella tua regione? Certo, un quesito veramente decisivo.

Così, alla fine del 2022 questo Governo mette insieme, con la proposta Calderoli, la promessa dell'autonomia differenziata con la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, stabilendo per legge che la prima può realizzarsi solamente dopo aver fissato i secondi. La rappresentazione dei fatti che si sono susseguiti è come un grande manifesto politico sganciato, però, dalla nostra realtà istituzionale e questo ha impedito di fare, come sarebbe stato necessario, un bilancio serio della nostra esperienza regionale, guardandone a fondo i limiti e i gravi difetti con l'obiettivo di cambiarla profondamente.

L'esperienza drammatica del COVID aveva successivamente evidenziato le contraddizioni sul campo di una competenza pressoché esclusiva nel settore assai delicato della sanità e questo è un fatto incontrovertibile e così si è mancato di approfondire la determinazione dei costi storici e dei fabbisogni, in altri termini, del passato e del futuro della spesa necessaria per determinare i livelli essenziali delle prestazioni, per poter stabilire in quali tempi e con quali modalità si poteva operare un'eventuale differenziazione, dopo aver garantito i livelli essenziali delle prestazioni, con riguardo ai diritti sociali e civili di tutti i cittadini senza far esplodere i vincoli di bilancio.

Così, si è lasciato che la Corte costituzionale, dal 2001, tentasse di ridurre i danni per evitare lo spezzettamento disastroso operato dalle cosiddette competenze concorrenti. Infatti, oggi, la ragionevolezza imporrebbe di investire su sanità e scuola, con un forte coordinamento dello Stato centrale, guarda un po'. E la transizione drammatica che stiamo attraversando ha affermato senza ombra di dubbio che su ambiente ed energia più che devolvere alle regioni dovremmo chiamare in causa la dimensione europea, che ormai sembra la dimensione minima per fare ragionamenti di questa natura. Per non parlare del guazzabuglio amministrativo che deve affrontare un povero imprenditore deciso a investire in Italia, intento a districarsi tra autorizzazioni e norme diverse tra regione e regione. Potrebbe prevalere la tentazione di cambiare Paese. E, poi, che dire di un federalismo fiscale applicato in una realtà che poggia sul sommerso cronico e talvolta malavitoso e sull'evasione che viene tollerata, perché in presenza di un “pizzo di Stato”, copyright: Presidente Meloni?

Il testo che abbiamo di fronte non affronta alcuna di queste tematiche decisive, è un manifesto politico, aggravato dall'intreccio con la vicenda del Premierato e, così, esso definisce una procedura bilaterale - poveri noi - senza un quadro d'insieme, in base alla quale richiedere ulteriori materie, chiamandola autonomia differenziata e questo in assenza di una individuazione molto dettagliata di ogni singola prestazione riferita ai LEP, con l'indicazione di un finanziamento adeguato e coerente per garantire l'uguaglianza sostanziale dei cittadini sull'intero territorio nazionale. Avremmo dovuto parlare di un Senato delle autonomie per responsabilizzare le regioni a livello nazionale e per evitare che le leggi bilaterali, con le diverse regioni, producano un effetto schizofrenico, senza una visione complessiva. I divari territoriali non sono certo superati e in un contesto simile rischiano di aggravarsi, allargando la frattura storica tra Nord e Sud del Paese. Negare questo vuol dire essere fuori dalla realtà.

La Repubblica ha bisogno di vivere in un modello più solidaristico che competitivo. Il ritardo meridionale era considerato una questione fondamentale nella vita del Paese e tale impostazione portò Alcide De Gasperi a istituire la Cassa per il Mezzogiorno, che, con l'istituzione delle regioni, fu travolta, facendo prevalere il particolarismo che riemerge oggi nell'uso dei Fondi di sviluppo e coesione, rovesciando così l'impostazione originaria della grande programmazione e dei grandi progetti. Adesso, con i Fondi di sviluppo e coesione siamo ai piccoli progetti, alle piccole spese.

Questa autonomia differenziata affossa la questione del dualismo territoriale, che pure sta alla base dell'attuazione del PNRR. Poi, ci sono ampie riserve sull'efficacia delle misure che si stanno programmando. Ne ha parlato la Banca d'Italia, nella memoria presentata al Senato: le decisioni sull'autonomia differenziata richiedono un'accurata e oggettiva analisi dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dal decentramento di ciascuna funzione. Sarebbe necessaria, dunque, un'istruttoria per taluna materia, suffragata da un'analisi basata su metodologie condivise trasparenti e validate dal punto di vista scientifico. Niente di tutto questo è previsto, con gravi rischi per l'equilibrio della finanza pubblica e degli effetti della spesa sullo sviluppo del Paese, perché anche la qualità della spesa incide sullo sviluppo del Paese, non si trasferisce in PIL.

Pensiamo, ad esempio, alla gestione della spesa sanitaria. Negli ultimi vent'anni, i piani di rientro adottati in presenza di un disavanzo strutturale e finalizzati a riordinare il sistema sanitario regionale sono stati ben 11, i piani di rientro regionali, e hanno riguardato non solo le regioni meridionali, ma anche Lazio, Liguria e Piemonte. La qualità della spesa sanitaria regionale è assai dubbia, come dimostra l'esperienza dei nostri concittadini. Anche per questo le elezioni regionali vedono la minore partecipazione di elettori tra tutte le consultazioni che si svolgono nel nostro Paese. Nel Lazio, lo scorso anno, l'affluenza si è fermata al 37 per cento.

Le regioni erano nate anche per favorire la partecipazione popolare dei cittadini e migliorare l'azione dello Stato. È avvenuto esattamente il contrario. Il quadro che ne emerge è sconfortante. Mi chiedo se questo non sia un elemento decisivo per rovesciare l'impostazione del disegno di legge presentato dal Ministro Calderoli. Non si può valutare, allo stato, la bontà dell'autonomia differenziata, in mancanza di un'analisi sulla sua efficienza e sulla sua efficacia; il testo appare solo un manifesto politico controproducente, che spacca ancora di più il Paese, aggravato dalle forzature delle procedure parlamentari che sono state qui richiamate, che hanno tentato perfino di negare l'assenza di vincolo di mandato nella funzione parlamentare nel corso dello svolgimento di un voto, il vincolo di mandato. Al Nord si rafforza, dunque, l'idea che il Sud usi il ritardo per vivere sulle tasse degli altri, al Sud si soffre per il crescente antimeridionalismo. Tutte queste ragioni dovrebbero portare a una riconsiderazione complessiva; se non si farà, le conseguenze saranno molto pesanti.

Rivolgendomi, per suo tramite, al Ministro Calderoli, gli vorrei dire che questa non è la sua prima impresa, ma noi non abbiamo bisogno di effetti speciali, la legge elettorale che portava il suo nome, il Porcellum, fu da lei definita nella maniera già richiamata da alcuni colleghi, il 15 marzo 2006; la semplificazione che vedeva lei Ministro della stessa, terminò con un falò delle leggi inutili, mischiando il buono e il cattivo della legislazione e che era rappresentato da un muro di scatoloni di 16 metri, alto due e largo uno. Poi, gli emendamenti al disegno di legge Boschi sulla riforma costituzionale, presentati nel settembre 2015, sempre con la sua regia, furono 82.730.460, record mondiale, concepito unicamente per organizzare l'ostruzionismo. Pertanto, i 2.400 emendamenti di cui si parla oggi sono opera da dilettanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Quindi, caro Ministro, le parlo con rispetto. E concludo. L'autonomia differenziata, che nega la solidarietà istituzionale, fa strame dell'interesse generale, dividendo ancora di più il Paese nell'esplosione dei particolarismi, sia dei doveri, tra cui quello fiscale, che dei diritti sociali e civili. Non si avventuri. Non abbiamo bisogno di questi effetti speciali, perché ce ne sono già troppi in giro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Furgiuele. Ne ha facoltà.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Grazie, signora Presidente. La narrazione sull'autonomia differenziata, per quello che abbiamo ascoltato nella giornata di oggi e per quello che ci ha accompagnato fino a questa discussione generale, credo sia stata fin troppo schiacciata e piegata a logiche elettorali o, peggio, anche propagandistiche. Relativamente, per esempio, a quello che è accaduto poc'anzi con la mia collega, l'onorevole Bordonali, non si è dato il tempo, evidentemente, di far esprimere un concetto che probabilmente voleva far sì che quel vento di cui si è parlato fosse un vento che partiva dal Nord e si estendeva a tutto il territorio italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - Commenti).

PRESIDENTE. Colleghi… Colleghi.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Signora Presidente, non si poteva e non si doveva, secondo me, a mio modesto parere - l'accento lo sentite - gettare in caciara una discussione così importante su un provvedimento che potrebbe essere, forse, dirimente per lo sviluppo del nostro Paese. Bisognava fare uno sforzo in più, uno sforzo di onestà intellettuale. Signora Presidente, quando dico questo, non mi rivolgo, per suo tramite, solo ai colleghi dell'opposizione, ma lo dico riferendomi anche a colleghi della maggioranza, dentro e, soprattutto, fuori da questo Palazzo, sul territorio, i quali, probabilmente, sono in preda ai primi fumi della campagna elettorale. A loro chiedo più coraggio, a nome della Lega, perché, senza coraggio nelle riforme, il Paese non si salva e non si va molto lontano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - Commenti). In questo periodo ho sentito molte assurdità, a tal punto da sentirmi quasi autorizzato a credere che molti dei miei colleghi non abbiano proprio letto questa proposta e altri, invece, che so che l'hanno letta e che stimo, probabilmente, agiscono soltanto in malafede (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Per questo io avrei tante domande da porre, partendo soprattutto da quelle forze politiche che hanno creato un grande danno economico alla nostra Nazione, quelle forze politiche che hanno portato in essere iniziative nella storia diametralmente opposte a quello che significa autonomia differenziata. Iniziative assistenzialistiche, come il reddito di cittadinanza, sul quale si sono fatte campagne elettorali (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier- Commenti del deputato Pellegrini)

PRESIDENTE. Onorevole Pellegrini…

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). …o come il superbonus, che indicava che si poteva ristrutturare la casa senza alcun costo aggiuntivo per la nostra Nazione.

Ma a me viene da chiedere: di chi è la colpa - lo dico da calabrese - se i fondi per le infrastrutture, come si dice oggi, non sono stati messi a terra negli ultimi decenni ed è dovuto arrivare un Vicepremier (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), un Ministro delle Infrastrutture, a investire 3 miliardi di euro sulla SS106, la famigerata statale della morte, su cui generazioni di politici calabresi si sono succeduti e si sono riempiti la bocca, ma non hanno mai portato nulla di concreto? Di chi è la responsabilità, se quella famosa risorsa, tanto agognata, del turismo, che viene anche millantata con campagne promozionali roboanti, non trova mai il posto che le spetta in Europa? Di chi è la responsabilità, se la sanità nel Mezzogiorno d'Italia è nelle condizioni in cui oggi versa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)?

Signora Presidente, sicuramente non può essere colpa e non può essere ascritto a una riforma, che oggi è ancora solo in discussione. Le macerie del Sud non sono ascrivibili alla riforma dell'autonomia differenziata. Ci viene detto che ci sono regioni del Nord che hanno una velocità economica e una produttività maggiori rispetto a quelle del Sud. Poi, nello stesso tempo, ci viene detto che questa riforma andrebbe a spaccare e a dividere l'Italia, creando un divario. Ma se ci sono due economie diverse, il divario esiste o non esiste (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)? L'autonomia differenziata, signora Presidente, non inciderà sulla sanità. Il cittadino, da Nord a Sud, sarà libero di farsi curare come e dove vuole. Non inciderà sull'impiego delle risorse e sugli investimenti per le infrastrutture. Anzi, siccome autonomia differenziata vuol dire meritocrazia, responsabilità e sburocratizzazione, questi elementi andranno a cozzare con quel mostro burocratico alimentato dal centralismo, su cui si infrange la parte della buona imprenditoria del Sud e sicuramente della Calabria (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Più autonomia significa più senso di responsabilità, ma anche più garanzie. Basta con le menzogne! Esiste, Signora Presidente, un rispetto sacrale e un'attenzione oggettiva da parte nostra nei confronti dei LEP, che fino ad oggi non c'è stata. E allora qualcuno fa finta di non comprendere che l'autonomia differenziata è un'opportunità, una scelta libera e non un obbligo per le regioni. Nessuno la deve subire (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Non è un'imposizione! E la si raggiunge per materia - così come descritto, per chi ha letto questa proposta di legge - attraverso un iter molto articolato, che tutela chi richiede la materia, che tutela lo Stato che la deve dare, ma soprattutto tutela anche chi non vuol far parte di questo percorso. Autonomia differenziata, signora Presidente, significherà che soprattutto i politici del Mezzogiorno d'Italia non potranno nascondersi dietro il cosiddetto “lo ha deciso Roma” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché loro stessi saranno artefici del proprio destino!

L'autonomia differenziata, signora Presidente, è quella misura che pone il cittadino di tutta Italia nelle condizioni di poter valutare bene la classe dirigente che si trova di fronte. Ed è quella misura per la quale chi la sceglie, sceglie di puntare effettivamente sulle risorse del proprio territorio, e non si limita solo a decantarle, ma decide di puntare verso il futuro. Autonomia differenziata, signora Presidente, vorrà dire determinare il proprio destino, senza dare conto a nessuno e senza dover andare ancora con il cappello in mano in giro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Grazie, signora Presidente. Per suo tramite, vorrei dire all'onorevole Furgiuele che nel suo intervento, non so se consapevolmente o meno, ci sono, però, delle verità che ci aiutano a capire fino in fondo qual è la ratio di questo provvedimento.

La prima verità è che le diseguaglianze che strangolano questo Paese non sono il frutto di questa riforma, ha ragione l'onorevole Furgiuele, per una ragione semplice semplice: questa riforma non c'è ancora, non è ancora legge e non ha ancora prodotto i suoi nefasti effetti. Il problema, però, è che questa riforma ha, come conseguenza, per qualcuno forse anche come obiettivo, l'aggravare e il cristallizzare drammaticamente queste diseguaglianze. E qui c'è la seconda verità che emerge dal discorso che mi ha preceduto. Diceva l'onorevole Furgiuele, a proposito della sanità: grazie all'autonomia differenziata, il cittadino - o la cittadina, aggiungo io - sarà libero - o libera - di farsi curare come e dove vuole. Ecco, qui c'è proprio un punto che ha a che fare con quello che è accaduto in questi anni. Lo ha ricordato il collega Tabacci con la solita puntualità, ripercorrendo la storia che abbiamo alle spalle, dopo la sciagurata riforma del Titolo V: farsi curare dove vuoi e come vuoi è una bella cosa, a patto che tu abbia in tasca un portafoglio bello pieno. È quello che è accaduto in questi anni, in questo Paese. Ha che fare con questo, il nodo delle diseguaglianze. Ha a che fare con questo, l'idea di una riforma che cristallizza e approfondisce quelle diseguaglianze, perché ha in testa una cosa molto precisa - lo ha ricordato l'onorevole Mari, qualche ora fa, nel dibattito in quest'Aula -, ossia la frantumazione dell'universalismo come garanzia fondamentale, per il cittadino e per la cittadina, di poter esigere e rivendicare i propri diritti, non come una concessione, non come un'elargizione del potente o della potente di turno, ma come un diritto.

La storia migliore di questo Paese e di questa Repubblica è segnata da grandi riforme. Tutte queste riforme hanno un tratto comune: l'universalismo. Sono le riforme che hanno progressivamente costruito la scuola pubblica come infrastruttura civile e culturale fondamentale di questo Paese, che hanno costruito il sistema sanitario nazionale, che hanno cioè detto che l'unità del Paese non era un vuoto esercizio retorico, ma era esattamente questo, cioè la possibilità da Nord a Sud di rivendicare l'universalità del diritto e dei diritti come condizione fondamentale di emancipazione per tutte e tutti. Ora voi ci dite che le diseguaglianze ci sono già. Sì, lo sappiamo, ci sono e si sono aggravate.

Il punto è che si fa di fronte alle diseguaglianze, perché, colleghi e colleghe della maggioranza, Ministro Calderoli, di fronte alle diseguaglianze si possono fare due cose, che hanno segno opposto e inconciliabile. Si può decidere di prendere ago e filo, di cucire gli strappi, di intervenire per ridurre quelle diseguaglianze, oppure si può decidere di intervenire per norma, per legge, sapendo precisamente che quelle norme e quelle leggi quelle diseguaglianze le cristallizzeranno, le fisseranno, come si fa con una fotografia. Le fisseranno, sapendo che l'unica possibilità di movimento da quell'istantanea, da quella fotografia, è quella di un movimento che aggraverà quelle diseguaglianze, invece di ridurle.

Questo è quello che fate, e lo fate in un Paese nel quale queste diseguaglianze non sono solo diseguaglianze di opportunità, non hanno soltanto a che fare con l'efficacia di un servizio o con l'accessibilità di un diritto, tutte questioni peraltro assai rilevanti nella vita concreta delle persone in carne ed ossa, ma che queste diseguaglianze hanno perfino a che fare con l'aspettativa di vita.

Voi lo sapete bene, lo sappiamo tutti che in questo Paese, nel nostro Paese, nel 2024, nel Mezzogiorno hai un'aspettativa di vita di qualche anno più breve di quella di chi è nato in un'area più fortunata, vivi qualche anno in meno, campi meno, muori prima, hai scritta in testa la data di scadenza, come quella degli yogurt che mettiamo nel nostro frigorifero quando torniamo dopo avere fatto la spesa!

E allora, di fronte a questo, che dovrebbe fare una classe dirigente degna di questo nome? Dovrebbe porsi qualche problema e dire: dove abbiamo sbagliato? Forse dovrebbe dire: torniamo un poco indietro dall'esperienza che ha regionalizzato, sostanzialmente, la gestione del sistema sanitario nazionale pubblico e che ha consentito, favorito lo smottamento verso il privato di una dimensione pubblica che doveva essere garante, innanzitutto per questo, dell'universalità di quel diritto. No, invece andiamo nella direzione opposta, spezzettiamo, frammentiamo, perché l'obiettivo è questo, è la frammentazione, colpire l'universalismo! È un obiettivo che, come è stato ricordato, sta tutto dentro la storia e la cultura della destra di questo Paese. In fondo a voi il contratto collettivo nazionale di lavoro fa schifo, i sindacati sono un problema, il diritto di sciopero è un problema. E cosa di meglio che costruire un'architettura istituzionale in grado di smontare, peraltro neanche per via dichiarata, questo sistema universale dei diritti e del diritto? L'obiettivo dunque è chiarissimo, non è un incidente di percorso, non è il frutto di sciatteria. È un obiettivo preciso, e badate, è un obiettivo che fa il paio con l'altra riforma, quella oggetto di uno scambio inverecondo.

Lo abbiamo commentato tutti, è uno scambio indecente quello che si produce non nelle Aule del Parlamento, ma nelle riunioni della maggioranza di Governo: ti do l'autonomia, lo “Spacca Italia”, e mi prendo il premierato. Non è soltanto indecente lo scambio perché avviene sulla testa e sui diritti dei cittadini e delle cittadine. Quello scambio ha una ragione comune, entrambe queste riforme colpiscono i luoghi della democrazia, entrambe.

Entrambe hanno l'obiettivo di svuotare i luoghi della democrazia. L'una svuota il Parlamento, l'altra svuota il ruolo delle regioni e delle assemblee elettive regionali, consegnando tutto il potere nelle mani di quelli che, ormai da troppo tempo, nel dibattito pubblico, con qualche elemento di superficialità, vengono chiamati governatori, ma che sarebbero ancora presidenti, per quanto eletti direttamente.

Il filo rosso dunque è molto chiaro: da un lato si colpisce l'unità del Paese non sul terreno retorico, ma sul terreno materiale, quello dei diritti, dall'altro si lavora allo svuotamento della democrazia e dei luoghi in cui la democrazia produce i suoi effetti potenzialmente più importanti. Signora Presidente, questa riforma, che, come è stato detto, surrettiziamente colpisce l'architettura costituzionale del Paese, insieme al premierato, rischiano di assestare un colpo decisivo alla qualità della democrazia, ai diritti degli italiani e delle italiane, ma anche alla capacità competitiva di questo Paese.

È del tutto evidente che, di fronte alle grandi contraddizioni e ai grandi problemi del nostro tempo, la frammentazione, la riduzione in piccole Patrie, contro l'unificazione e la costruzione di masse critiche, rappresenta una scelta non solo sbagliata, ma anche irrazionale. Per quello che ci riguarda, nelle Aule del Parlamento, con ogni strumento disponibile, nelle piazze, in ogni luogo in cui sarà possibile, costruiremo con tutte le nostre forze una battaglia per impedire che questo disegno vada in porto (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pellegrini. Ne ha facoltà.

MARCO PELLEGRINI (M5S). Grazie, Presidente. Abbiamo definito questa proposta legislativa “Spacca Italia”, credo che sia l'immagine che più plasticamente ci raffigura quello che succederà in applicazione di questa legge, ma lo possiamo anche definire DDL Egoismo, oppure DDL Robin Hood al contrario, perché toglie a chi meno ha per dare a chi più ha, è esattamente questo che succederà con questo disegno di legge, non altro. Tra l'altro, lo spirito che permea questa proposta legislativa della destra è esattamente contrario, invece, allo spirito solidaristico che permea la nostra Costituzione, che all'articolo 3, ma non solo all'articolo 3, prevede che la Repubblica rimuova ogni ostacolo che sostanzialmente può sancire delle diseguaglianze tra i cittadini. Invece questo disegno di legge, come dicevo, fa esattamente il contrario, perché vuole proprio, si prefigge proprio di stabilire e di individuare dei cittadini di serie A, che più avranno e staranno sempre meglio, e dei cittadini di serie B. Si creeranno, in sostanza, tanti piccoli staterelli, come se fossimo in un'epoca preunitaria, in cui c'era il Granducato di Toscana, il Regno dei Borbone, il Ducato di Parma, il Lombardo-Veneto e così via, cioè si torna indietro a una situazione di estrema frammentazione. E questi piccoli staterelli potranno occuparsi fino a 23 materie, che corrispondono circa a 500 funzioni, ma tra l'altro delle funzioni che sono evidentemente nazionali, anzi, direi in alcuni casi quasi sovranazionali, perché si potranno occupare di energia - ora vorrei prefigurarmi che cosa potrà decidere una regione a scapito di un'altra sull'energia - o per esempio di ricerca aerospaziale. Non capisco il vantaggio per il Paese e per la regione in cui queste ricerche vengono frammentate in questo modo. Ma poi tante altre materie importantissime, come la scuola, i trasporti, le infrastrutture, porti, aeroporti, cioè tutte materie che incidono sulla carne viva dei cittadini. Quindi, ripeto, come dicevo in premessa, ci saranno dei cittadini che vivranno meglio rispetto ad oggi e dei cittadini, sempre italiani, sempre che dovrebbero rispettare la stessa Costituzione e le stesse leggi, che invece vivranno peggio. Questo è quello che ci propone questa destra di Governo. È un feticcio che la Lega Nord per l'Indipendenza della Padania - così si chiamavano, poi hanno cambiato nome in Lega-Salvini Premier - porta avanti da 40 anni. Non lo diciamo noi, ce lo ha ricordato Calderoli, che dovrebbe essere l'estensore di questa porcheria, che ha sottolineato che l'esame delle Camere di questo provvedimento sostanzialmente cade nel quarantesimo anniversario della costituzione della Lega. Per 40 anni avevano fallito, questa volta, invece, sembra che siano riusciti a incardinare, ripeto, questa porcheria di “Spacca Italia”. Nella maggioranza di Governo, in questa maggioranza di destra, assistiamo a una specie di spartizione. Alla Lega è andata questa, che è una simil-secessione, a Forza Italia la “schiforma” della giustizia, cioè mettere nelle condizioni i giudici di fare sempre meno, di arrivare a una giustizia di classe, e poi a Fratelli d'Italia l'obiettivo storico della destra, del Movimento Sociale, l'uomo solo al comando, che era tra l'altro inserito anche nel programma della P2, il programma di rinascita dell'Italia. Noi, Presidente, riteniamo davvero una sciagura questo disegno di legge, questa proposta legislativa. Creerà problemi enormi. Però, possono stare certi che tutte le forze, diciamo, democratiche che si oppongono a questo Governo faranno di tutto, seguendo ovviamente i dettami della legge e della nostra democrazia, per opporsi a questa legge, a questa secessione mascherata. Ricorreremo a tutti gli strumenti che la nostra Repubblica ci mette a disposizione per contrastare questo disegno che noi riteniamo davvero contrario agli interessi del Paese. Sarebbe stato opportuno invece approfittare della massa enorme di miliardi che ci è arrivata dal PNRR, grazie al nostro Presidente Conte e al Governo “Conte 2” (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) che aveva l'obiettivo di superare le differenze tra le parti ricche e le parti più povere o meno ricche del Paese. Quindi, in questo momento storico questa proposta legislativa è assolutamente antistorica perché, invece di colmare le differenze che, ripeto, avrebbero dovuto essere colmate dal PNRR, va invece a incrementarle.

Concludo, Presidente. Questo è soltanto è soltanto il primo tempo di una battaglia democratica che ci sarà nel Paese. Noi speriamo, anzi, siamo convinti di poter e saper coinvolgere i cittadini in questa che sarà una battaglia di civiltà e di democrazia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Girelli. Ne ha facoltà.

GIAN ANTONIO GIRELLI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Indubbiamente, il dibattito attorno all'autonomia è un dibattito che caratterizza la storia del nostro Paese, mi verrebbe da dire, fin dalla nascita del Regno d'Italia, con tutta la discussione. Pensiamo a Sturzo, agli inizi del Novecento. La pausa del vergognoso ventennio fascista ci ha messo al di fuori di questi ragionamenti per poi ricominciare subito dopo nello sviluppo del ragionamento all'interno dell'Assemblea Costituente che, non a caso, ci consegnò delle indicazioni ben precise su quale fosse il ruolo delle autonomie e delle regioni nell'assetto istituzionale del nostro Paese. Poi, ad onore del vero, molta confusione abbiamo fatto legando il tema delle autonomie alla riforma della struttura istituzionale dello Stato. Pensiamo alla stagione delle bicamerali e quant'altro, a quel gran chiacchierare e a quel grande scontro senza riuscire ad affrontare i nodi veri che come Paese avremmo dovuto affrontare, cioè, in fondo, snellire lo Stato, renderlo meno pesante, meno burocratico, più vicino ai bisogni dei cittadini e ai tempi che cambiavano. Attorno a questo tema, come è già stato ricordato, sono nati i partiti quarant'anni fa e hanno avuto fortune elettorali più o meno consolidate e di sicuro da molto tempo governano molte regioni del Nord dove hanno attecchito questi metodi di approccio al tema, oltretutto generando un'anomalia abbastanza evidente. Solitamente, infatti, le pulsioni che tendono a chiedere separatezza e autonomia vengono promosse da territori poveri, deboli che si sentono da un certo punto di vista sfruttati da un apparato statale. In Italia no, questo è avvenuto al contrario, sono le regioni più ricche, più floride e con più risorse che hanno generato questo movimento. Ora noi ci troviamo ad affrontare il tema con questo atto, a dire il vero in maniera molto più pasticciata e anche molto meno seria di quanto avvenuto nei momenti storici che prima evocavo, oltretutto in un modo per lo meno bizzarro da parte della maggioranza di Governo di questo Paese, laddove noi abbiamo i colleghi di Fratelli d'Italia che ci vengono a raccontare che assolutamente non viene messo in discussione nulla.

Anzi, viene sottolineato che si ribadisce il tema dell'unità nazionale come momento indispensabile da riscoprire, quasi accusando il centrosinistra di averlo dimenticato nella riforma del Titolo V, ricordando anche una serie di aspetti del testo proposto che rassicurano da questo punto di vista.

Inoltre, i colleghi della Lega sembrano quasi aver riscoperto vecchi manifesti con galline e uova che tendono a dire: finalmente, riusciamo a fare quello che, da quarant'anni, non siamo mai riusciti a fare, ma continuiamo a chiedere. Questo, tuttavia, in maniera piuttosto maldestra, oltretutto, è anche il più vecchio partito presente in questo Parlamento e che negli ultimi sei anni è stato il gruppo politico che più di qualsiasi altro ha governato. Non dimentichiamolo mai, perché poi sembra che le colpe siano sempre di tutti, anche chi ha governato di meno.

Penso che anche plasticamente nel dibattito si evidenzi questo. Vi sembra normale che, di fronte a un provvedimento di questo genere, un solo esponente del maggior partito presente in quest'Aula sia intervenuto nel merito e non ci sia stato il bisogno di dare un apporto in più? Molto semplicemente per un aspetto, cioè credo che questo provvedimento abbia un doppio difetto e che corrisponde alla doppia lettura. Per qualcuno non succederà assolutamente nulla, perché talmente tante sono le sovrapposizioni e i contrappesi. Mi riferisco al fatto legato ai finanziamenti e al tema dei LEP, per come è stato trattato. Credo che questi ne siano l'ampia dimostrazione. Per qualcun altro, invece, basta vendere qualche slogan. Le elezioni europee sono a ridosso. Poi, del resto si parlerà, si vedrà. Di qui anche l'accelerazione perlomeno anomala del dibattito. Quando si vuole affrontare un tema così serio, quando si vogliono toccare argomenti così delicati, davvero c'è bisogno di una prova muscolare del Governo in termini di velocità nell'esame del provvedimento, in termini di superamento di ogni normale cortesia istituzionale per favorire il più possibile il dibattito?

Tuttavia, la cosa che più impressiona di tutto questo è che si parla tanto di autonomia e, dal mio punto di vista, leggendo il provvedimento stesso, si attua la negazione dell'autonomia stessa. Penso ancora una volta a come si guarda alla regione come riferimento dell'autonomia e penso alla storia delle regioni nel nostro Paese, laddove - è già stato ricordato prima dal collega Fratoianni - si è giunti persino a chiamare governatori i presidenti. Dov'è scritto che si chiamano governatori? Da nessuna parte. Non ci si accorge che, in realtà, l'unico vero processo che abbiamo generato è aver sostituito in larga parte a un centralismo statale un centralismo regionale che, sotto molti punti di vista, è più dannoso di quello statale, se non altro perché più presente, più opprimente rispetto alle vere autonomie che, a mio parere, sono i comuni. Ce lo ricordava Sturzo, lo richiamava De Gasperi. È la cultura veramente autonomista di questo Paese che non è stata studiata sui bigini della storia, come qualcuno in maniera anche molto frettolosa ha voluto fare.

Penso che il bisogno era proprio quello di prendere in mano in maniera seria il tema, di capire come strutturare un Paese complesso e diverso come il nostro, nel ricreare quei grandi motivi di unità, di obiettivi condivisi, di parità e di uguaglianza che - beato Dio - sono scritti nella nostra Carta costituzionale. L'articolo 5 ci dice ben chiaramente che cos'è l'autonomia come decentramento amministrativo per raggiungere questi obiettivi. Bisognava farlo, superando la frammentazione di un Paese sempre più evidente che riguarda il Nord e il Sud del Paese, ma riguarda le città, le aree interne e le aree montane, riguarda la spaccatura sociale legata al reddito delle famiglie e delle persone, che sempre di più ci frantuma e ci divide. È quindi il bisogno di un messaggio unitario, di ritrovare le ragioni dello stare assieme e del superare queste disparità la sfida vera che abbiamo davanti, oltretutto mettendo tutto questo in relazione con il bisogno di Europa, bisogno sempre più evidente, come ci dicono gli scenari internazionali, ma anche l'evoluzione degli aspetti economici, il tema dell'energia, della fiscalità, legata alle ricadute delle organizzazioni economiche, e della salute.

Voglio anche da questo punto di vista far notare la contraddizione che stiamo vivendo in tema di sanità. Insieme ai colleghi della XII Commissione - una Commissione che lavora anche piuttosto seriamente, indipendentemente dalle appartenenze -, abbiamo fatto non so quanti incontri con i vari mondi della sanità e non c'è stato uno di questi incontri in cui non ci sia stato chiesto con grande chiarezza il bisogno di maggior unità nazionale nell'affrontare il tema, in cui i 21 modelli territoriali, in un momento tanto drammatico, come quello rappresentato dal COVID, hanno mostrato tutta la loro fragilità e impossibilità di essere sufficientemente capaci di far fronte all'emergenza. Ma tutto questo si inserisce anche in un contesto in cui - è già stato ricordato da altri colleghi - continuiamo a vivere una disparità tra Nord e Sud, ma continuiamo anche a vedere un'involuzione del presunto efficientismo del Nord. Infatti - sono lombardo -, ci siamo spesso vantati di dire che la miglior ricetta per un cittadino meridionale è un biglietto del treno per venire nel nostro ospedale. E tutto questo lo abbiamo fatto, mettendo una marea di soldi in tutto questo, dimenticando la medicina territoriale, consegnando anche i cittadini delle regioni del Nord al dramma che il COVID ci ha ben evidenziato.

Io penso che il “no” questo modello sia un “no” di doppia ragione. Uno è di natura culturale, lo dicevo prima: c'è bisogno di unità, di solidarietà e di stare insieme. Il secondo è di natura anche molto pratica: in questo provvedimento c'è scritto tutto quello di cui non abbiamo bisogno ed è fondamentalmente falso, sia nella lettura che fa una parte della maggioranza, sia nella lettura che fa l'altra parte della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cecchetti. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CECCHETTI (LEGA). Grazie, Presidente. Io ho pochi minuti per intervenire, quindi cercherò di essere breve. Faccio miei tutti gli interventi che hanno fatto i miei colleghi, i deputati della Lega, anzi, invito tutti ad ascoltarli, perché sono stati precisi, sono stati sicuramente pregnanti sul tema e su tutti i temi che si sono toccati.

Detto ciò, nei pochi minuti che ho, vorrei cercare, in pillole, di fare una piccola operazione verità. In questi mesi e anche in questo dibattito di oggi, fuori da questo Palazzo, sui giornali, abbiamo letto moltissime inesattezze e mi dispiace, Presidente, anche molte falsità. Infatti, ricordo che dire che l'autonomia è contro i cittadini, le comunità e i diritti dei nostri cittadini e che l'autonomia spacca il Paese, che forma 20 staterelli, è una falsità. Mi rivolgo, più che altro, ai cittadini italiani: il 7 ottobre 2001, venne votato un referendum costituzionale, in cui il 64 per cento degli italiani votò l'ingresso dell'autonomia, con il Titolo V, nella Costituzione. Allora, invito gli italiani che ci stanno seguendo a non ascoltare chi racconta bugie, perché tutto ciò che è presente nella Costituzione non può andare contro i diritti degli italiani, non può spaccare il Paese. Quindi, quelli che dicono queste cose vi stanno prendendo in giro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Questo è un passaggio assolutamente fondamentale.

La verità è che l'autonomia fa bene, l'autonomia fa bene a tutti, l'autonomia fa bene alla Lombardia e fa bene alla Calabria, fa bene a tutte le regioni, per un semplice motivo. Sentivo il collega Girelli, lombardo, che parlava della sanità. Io dico che in questo momento ci sono sanità di serie A e di serie B, perché, altrimenti, mi dovreste spiegare perché ci sono 200.000 italiani non residenti in Lombardia che - è accaduto anche l'anno scorso - vengono a farsi curare nelle strutture pubbliche - e sottolineo pubbliche - della Lombardia. È perché, probabilmente, qualche amministratore di altre regioni in questi anni ha fallito nel governare. Questa è la verità. Questa è l'unica e sola verità. Voi volete andare avanti con la serie A e con la serie B, noi vorremmo, con l'autonomia, portare tutti in serie A. È questo un passaggio fondamentale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier – Commenti della deputata Barzotti)! L'autonomia fa bene a tutti perché l'autonomia responsabilizza le classi politiche che in questi anni non hanno fatto bene fino in fondo il loro mestiere. Questo è il passaggio fondamentale.

Responsabilità vuol dire meno burocrazia, meno sprechi, più risorse da investire per il futuro, per i giovani, per il bene di tutto il Paese. Questo è il passaggio fondamentale. Quindi, qui abbiamo una parte dell'emiciclo che è contro la crescita del Paese e, invece, una parte, rappresentata dalla Lega e da questo Governo, che vuole far crescere il Paese, le nostre comunità, le nostre regioni. Questa è la grande differenza.

Chiudo. Come hanno fatto i colleghi, ringrazio il Ministro Roberto Calderoli, ringrazio Umberto Bossi, ringrazio Matteo Salvini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), che ha fatto sintesi in questa maggioranza e ha portato il tema dell'autonomia a essere prioritario per questa maggioranza. Chiudo veramente, Presidente, la ringrazio. L'ultimo ringraziamento va alla nostra comunità militante, soprattutto quella della Lombardia: per 40 anni ha battagliato, non ha mai mollato e oggi riusciamo a ottenere un risultato fondamentale. Questa giornata non è dedicata alla comunità militante della Lega, è dedicata a tutto il Paese e a chi non ha mai mollato, in nome della libertà (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA (AVS). Grazie, Presidente. Innanzitutto, Presidente, colleghe e colleghi, Ministro Calderoli, non posso non stigmatizzare il modo istituzionalmente e politicamente catastrofico con cui questo disegno di legge è arrivato in Aula, qui, alla Camera dei deputati, per la discussione sulle linee generali. Infatti, di un disegno di legge si tratta, di un provvedimento che non ha scadenze come i decreti-legge, ma tutto è stato vergognosamente messo in campo per strozzare il dibattito, impedire il confronto nel merito, non mettere a frutto le numerosissime osservazioni pertinenti e utili che le audizioni avevano messo a disposizione. Perfino la ripetizione di un voto che aveva visto la maggioranza soccombere è stata ostinatamente effettuata, in spregio alle più elementari regole della democrazia. Alle 18 di sabato 27 aprile, la chiusura forzata dei lavori di Commissione. L'imposizione del monocameralismo di fatto, oltre che una forzatura politicamente insopportabile, rappresenta una evidente violazione della Costituzione e dimostra il progetto del centrodestra, di progressivo e sostanziale svuotamento del ruolo e delle prerogative del Parlamento. Ripeterlo è sempre utile.

Ma, allora, Presidente, Ministro, bisogna avere il coraggio di una proposta organica di riforma costituzionale dell'architettura complessiva istituzionale attualmente vigente, coinvolgendo le forze politiche, sociali, economiche, culturali del Paese; non procedere, come state facendo, con il vostro patto di potere, autonomia differenziata in quota Lega e Premierato per soddisfare le ambizioni sovraniste di Fratelli d'Italia. Bella la vostra pretesa di introduzione di disposizioni che incidono pesantemente, fino al possibile sovvertimento dell'attuale assetto istituzionale, attraverso lo strumento della legge ordinaria. L'esito inevitabile della riforma che vi accingete ad approvare sarà consentire alle regioni più ricche di avere ancora maggiori poteri e risorse, mentre i territori più fragili, in particolare quelli del Mezzogiorno, avranno addirittura maggiore difficoltà per riassorbire le diseguaglianze e garantire gli standard dovuti di benessere sociale ed economico rispetto alla parte del Paese più ricca. Si accrescerebbero, quindi, in prospettiva, ingiustizia sociale e divari territoriali potenzialmente irreversibili, si aprirebbe la strada alle diseguaglianze nei diritti fondamentali su base territoriale, riaprendo piaghe sul cui risanamento e superamento si fonda lo stesso patto costituzionale.

Entrando nello specifico, risulta che il principio di unità e indivisibilità della Repubblica nel disegno costituzionale sia strettamente connesso con gli altri principi costituzionali, in particolare con quelli stabiliti dagli articoli precedenti, a partire dall'articolo 1, che consacra l'assetto democratico della Repubblica, basato sull'attribuzione della sovranità al popolo, che si identifica tramite la partecipazione delle autonomie sociali, politiche e territoriali alla vita politica, economica e sociale del Paese e la condivisione, quindi, di quella che è stata definita la sostanza costituzionale dell'unità.

A fronte del drammatico acuirsi delle crisi che attraversano e lacerano il nostro Paese - e non solo -, quali guerre, aumento della povertà e diseguaglianze, crisi sociale, economica, sanitaria, ambientale e climatica, cosa fate, cosa fanno Governo e maggioranza? Propongono autonomia differenziata e Premierato, con il proposito di concentrare il potere sia a livello nazionale che a livello delle regioni più ricche e prospere sulla spinta di un partito, soprattutto, che da anni ne è al governo. Parlo della Lega, che così rinuncia - ma era anche prevedibile e l'abbiamo visto nel corso degli anni - al suo tanto sbandierato e vuoto federalismo, a scapito dell'autonomia dei comuni, che progressivamente perderanno ancora di più centralità e prerogative concrete. Il risultato sarà la riduzione degli spazi e dell'esercizio della democrazia, approfondimento dello squilibrio tra regioni e territori, aumento dell'ingiustizia sociale.

Vede Presidente, un sistema politico federale presupporrebbe ben altre scelte. Nell'orizzonte della diffusione e distribuzione dei poteri l'assenza di un ordine gerarchico al posto di un'organizzazione piramidale del potere e della dicotomia centro e periferia, che si ripropone anche a livello regionale, si dovrebbe realizzare una pluralità di poteri autonomi, ma dialoganti e in relazione tra di loro, istituzioni davvero al servizio della vita cittadina, non autocentrate e occupate dal ceto politico e burocratico, in grado di promuovere e indirizzare l'autogoverno, la cooperazione e la valorizzazione delle differenze, a partire da quelle tra donne e uomini. Il luogo da cui partire per concepire una riforma in senso federalistico dovrebbe essere proprio il comune, con un recupero del ruolo del consiglio comunale e delle articolazioni municipali e circoscrizionali. Vale la pena ricordare che parliamo di un'istituzione che esiste da centinaia di anni, precedente alla formazione dello Stato nazionale e delle regioni e che la Costituzione riconosce in modo esplicito all'articolo 5 dei principi fondamentali, non a caso.

Va anche detto che questo confuso disegno di legge in esame condurrebbe, peraltro, a tre tipologie differenti di autonomia: quella delle regioni che la domandano e la ottengono ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione; quella delle regioni a statuto speciale; quella prevista dalla competenza concorrente, di cui all'articolo 117, terzo comma, con l'effetto di un'inarrestabile frammentazione della disciplina normativa, con le ovvie conseguenze in termini di inflazione normativa, di incertezza del diritto e di inefficacia delle politiche pubbliche e si pensi alle materie che coinvolgono necessariamente lo Stato nazionale, quando non addirittura gli organismi sovranazionali.

Chiudo, Presidente. Dietro l'etichetta di autonomia differenziata in realtà nascondete una più precisa volontà, l'autonomia discriminatoria, quella che divide anziché unire, che aumenta divari tra chi ha di più e chi ha di meno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Amato. Ne ha facoltà.

GAETANO AMATO (M5S). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, io ho avuto modo, qualche giorno fa in Commissione, di dire quello che pensavo di lei, cioè che lei è persona troppo intelligente e preparata per non sapere e non avere coscienza del delitto che sta commettendo con questa legge. Le dicevo che l'avrei condannata al massimo della pena, proprio perché non ci sono attenuanti, signor Ministro, ed è tutto voluto. Mi creda: io non ce l'ho con lei per questo disegno di legge. Non ce l'ho con lei, perché lei sta facendo null'altro che quello che il suo partito ha in mente da 40 anni, cioè spaccare l'Italia in due e poi in tanti piccoli Stati, una sorta di post-Congresso di Vienna con l'Italia non più divisa in 7 staterelli bensì in 20, il vostro vecchio sogno, signor Ministro, di vedere trasformato il Regno di Sardegna, guidato dai Savoia, nel regno della Padania, guidato dalla stirpe salviniana e adesso dalla stirpe vannacciana. Auguri, complimenti per la scelta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Vede, signor Ministro, avete candidato il generale Vannacci come capolista in tutte le circoscrizioni, alla pari della Presidente Meloni, alla pari del Vicepremier Tajani e alla pari dell'onorevole Elly Schlein. Lo considerate veramente una guida importante, quindi immaginate il Regno della Padania guidato da Vannacci. Sarebbe forse il coronamento di un sogno, signor Ministro.

Il Meridione, come dicevo l'altra volta, il vecchio caro Regno delle Due Sicilie è affidato, invece, alla guida dei barboni, perché è a quello che ci ridurrete, ad essere dei barboni. Però, io, come le dicevo, non ce l'ho con lei, signor Ministro: io ce l'ho con tutti quei parlamentari meridionali che sono suoi complici nel commettere questo delitto; io ce l'ho con tutti coloro che fanno finta di non sapere che i LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, necessari per la sopravvivenza del Meridione, sono legati alla situazione finanziaria del Paese, dunque sono vincolati al patto di stabilità che il vostro Governo ha già firmato e che vi vedrà, nella prossima legge di bilancio, fare ulteriori tagli per 12 miliardi di euro, come se non bastasse tutto quello che avete tagliato nell'ultima legge di bilancio.

Giustamente lei potrà dirmi, come diceva qualche collega, che già c'è stato qualcuno che ha riformato la Costituzione dando autonomia per la sanità, e poco fa magnificava la sanità del Nord a discapito di quella del Sud. Questa è l'autonomia: far andare in un senso una parte dell'Italia e nel senso opposto l'altra parte. Del resto, il vostro Ministro Valditara ha già cominciato con le gabbie salariali, già con questa fantastica idea di dividere la classe degli insegnanti in chi guadagna di più e in chi guadagna di meno.

Vede, signor Ministro, poco fa dicevo che io ce l'ho principalmente con i deputati del Meridione che stanno collaborando con lei nel compiere questo delitto, tutti quei parlamentari eletti nel Meridione da meridionali che, pur di tenersi caro il benessere personale, vi aiuteranno, col loro voto, a compiere questo ennesimo delitto nei confronti del Meridione. Io mi auguro che i loro conterranei si ricordino bene i loro nomi e le loro facce, signor Ministro, se li ricordino quando ci sarà da farli tornare in questo circo dorato che è il Parlamento e faranno in modo di tenerli fuori da questo circo dorato!

Ho parlato poco fa di ennesimo delitto, signor Ministro, perché a distanza di oltre 160 anni si riperpetua il furto ai danni del Meridione. Allora, un uomo dal Nord, servendosi di meridionali venduti, derubò il Meridione delle proprie ricchezze, aiutato dalle camicie rosse. Oggi nulla è cambiato, signor Ministro, tranne il colore delle camicie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare la deputata Guerra. Ne ha facoltà.

MARIA CECILIA GUERRA (PD-IDP). Grazie signora Presidente, abbiamo sentito parlare molto di autonomia in quest'aula, dimenticando sempre che non parliamo di autonomia, parliamo di autonomia differenziata e quanta ambiguità c'è in questo contesto a richiamare un nobile, nobilissimo concetto, quello della autonomia, quella vera quella per cui ci siamo sempre battuti noi del Partito Democratico.

Autonomia, nel significato vero, significa responsabilizzazione nei confronti dei cittadini che si amministra, significa rivendicare la possibilità di avere dei margini di discrezionalità sulle scelte di spesa, ma al contempo farsi carico della responsabilità di raccogliere quelle entrate che sono necessarie per dare risposta alle scelte che sui territori possono essere differenziate e ai bisogni che sui territori possono essere differenziati.

Questa autonomia si finanzia, come ci dice anche la legge sul federalismo fiscale, con dei tributi propri e, quindi, proprio con questa responsabilità nei confronti dei propri cittadini. La possibilità di scelte differenziate deve però, in questo contesto, partire soltanto quando si è garantita la solidità dei diritti di cittadinanza, che devono essere garantiti e quindi anche finanziati, in modo uniforme, su tutto il territorio nazionale, al Sud come al Nord, nelle isole come al Centro, nelle aree interne come nelle grandi città. Autonomia significa consapevolezza che i diritti dei cittadini, i livelli essenziali delle prestazioni, devono essere finanziati con i contributi di tutti, con il fondamento della nostra Costituzione all'articolo 53, che dice, appunto, che tutti concorrono, secondo la propria capacità contributiva e secondo il principio di progressività.

Qui, invece, in questa autonomia differenziata cosa si vuole fare? Si pretende un'autonomia senza responsabilizzazione, un'autonomia che mi dà la possibilità di spendere, senza che io mi debba far carico di finanziare la maggiore e diversa differenziata spesa, un'autonomia finanziata con i tributi degli altri, cioè con i tributi nazionali erariali che vengono appropriati da un singolo territorio, che non ha responsabilità sulle aliquote, che non ha responsabilità sulla base imponibile, che non decide e non si batte per contrastare l'evasione. Un territorio, quindi, che incassa, senza pagare il costo di imporre il prelievo. Troppo comoda questa autonomia, sarà quella che piace alla Lega, non al Partito Democratico. La forma di finanziamento che viene, infatti, proposta per tutte le materie differenziate, sia che siano dentro i livelli essenziali delle prestazioni, sia che siano fuori, è una compartecipazione ai tributi erariali, una forma di finanziamento che sottrae risorse, che potrebbero essere anche decisive per il bilancio dello Stato, e le affida, il quantum e il come, a una negoziazione fra lo Stato e la singola regione.

Questa impostazione è coerente con l'idea, che è sempre stata propria della Lega, quella del residuo fiscale, l'idea sbagliata che racconta che oggi alcuni territori, generosamente, stanno finanziando con il loro sudore, con i loro tributi le altre regioni più povere e più sfaticate. Una visione assurda, non si parla di tributi territoriali. Stiamo parlando di compartecipazione a tributi nazionali e la redistribuzione pure blanda che con essi viene attuata non è fra territori, ma fra individui, fra cittadini di uno stesso paese, all'interno dei territori, così come fra cittadini di territori diversi! Il concetto di residuo fiscale per giustificare i trasferimenti e appropriazione di gettito è stato più volte dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale. Eppure i colleghi della Lega che hanno evocato questo criterio oggi sembrano ignorare la Costituzione, non una cosa da poco per dei parlamentari della Repubblica.

Secondo la nostra Costituzione, aggiungo, lo Stato ha potestà esclusiva sul proprio sistema tributario e contabile. Qui, in questo disegno di legge, lo ripeto, abbiamo tributi nazionali, su cui lo Stato avrebbe potestà esclusiva, che sono appropriati da singoli territori sulla base di criteri da loro stessi non negoziati e questo comprometterà l'equità del sistema pubblico e soprattutto la funzione redistributiva del prelievo. Continuiamo a ragionare sul tema del finanziamento, che è un buon modo per vedere le caratteristiche di questo progetto, che dal punto di vista economico e politico mi azzardo a definire progetto criminale, perché se realizzato comporterà la balcanizzazione delle risorse pubbliche, lo sbriciolamento del Paese, l'acuirsi delle diseguaglianze!

Il tema sembra tecnico, ma non è difficile da capire, vediamolo distintamente per le materie che riguardano i livelli essenziali delle prestazioni e quelle che non li riguardano. Le materie che non riguardano i livelli essenziali delle prestazioni potranno essere immediatamente devolute, è la prima cosa che succederà, il primo allarme. Queste materie richiedono risorse, ma cosa vuol dire risorse? Risorse umane? Strumentali? Finanziarie? Decise sulla base di quali criteri? Insisto: non esistono i criteri. Il disegno di legge non li dice. Quindi, è una singola regione che va a contrattare i suoi personali criteri, che possono essere diversi domani da quelli utilizzati per la stessa funzione da un'altra regione, magari guidata da un altro partito politico. Pensate sia facile spezzettare le materie e distinguere, per ciascuna delle centinaia di funzioni differenziate fra LEP e non LEP, qual è attualmente la spesa, il personale e le risorse strumentali relative per renderla possibile? Vi sfido, ditecelo ex ante, ditecelo prima che il gioco parta come dividete la spesa nazionale, le risorse strumentali il personale tra centinaia di funzioni per ogni singola regione e vediamo se ce n'è per tutti. Non è possibile e per questo non avete stabilito criteri. Il criterio più plausibile da applicare sembra essere quello della spesa storica. Udite, udite, il Ministro Calderoli, la Lega, torna alla spesa storica contro cui si è battuto per una vita. Non sappiamo se sarà così, ma quello che è certo, come dicevo, è che le risorse verranno decise dalle singole intese. Le regioni differenziate si portano via un pezzo di risorse, le mettono al sicuro da ogni valutazione di perequazione, di necessità collettiva per la promozione dello sviluppo del Paese. Certo, a bocce ferme, il disegno di legge dice che questa situazione non deve peggiorare le risorse delle altre regioni. Se così fosse, si prefigurerebbe la totale ingessatura del bilancio attuale, con le sue sperequazioni e soprattutto senza alcuno spazio per dare priorità ai diritti di cittadinanza e ai livelli essenziali delle prestazioni, che oggi soffrono dentro questo bilancio. La regola è molto chiara: ciak, si gira, pronti, al via! Primi arrivati, prima serviti e gli altri si arrangiano. È una corsa truccata, spudoratamente truccata, perché alle tre regioni che hanno fatto le vecchie intese viene data priorità, nonostante le loro intese fossero state discusse in un contesto normativo diverso. Lo ripeto, in questo contesto, il finanziamento delle materie LEP si inserisce in un contesto già compromesso dalla sottrazione di risorse operata dalle regioni differenziate o meglio in un contesto che cristallizza, con il principio della spesa storica, lo status quo dove i LEP non esistono, non sono garantiti. Le regioni differenziate mettono in salvo le risorse sui non LEP e poi hanno uguali pretese sui LEP. Non c'è nessuna garanzia sulle compatibilità finanziarie. Cosa succede nel tempo al finanziamento delle materie non LEP così devolute? Non lo sappiamo, non c'è un monitoraggio, non c'è una verifica e quello che succederà è quello che ci aspettavamo che succederà e cioè che le regioni più ricche si portano a casa una compartecipazione che avrà una dinamica superiore rispetto alle spese che devono finanziare e si approprierà dell'extragettito, quello che da sempre le regioni più ricche del Nord vogliono.

Vediamo invece cosa succede ai LEP. Diversamente da quanto avviene sulle materie non LEP, sulle materie LEP nel disegno di legge c'è un'attenzione quasi maniacale al condizionamento finanziario. I LEP vanno avanti solo se si trovano le risorse per finanziarle. Non possono trovarle, perché i soldi non possono venire da una ricomposizione di un bilancio pubblico monco, tagliato e regalato ad altri. Non vedranno la luce e la storia la conosciamo. Abbiamo visto la difficoltà dei LEP e delle funzioni fondamentali nei comuni, in cui abbiamo calcolato i fabbisogni e i costi standard, una cosa bellissima, e poi li finanziamo solo per una percentuale. Lo vediamo nei LEA dove il finanziamento è deciso a monte e non è affatto detto che sia adeguato a coprire i livelli essenziali, che pure sono stati definiti. Allora si metteranno le regioni differenziate con un tipo di finanziamento dei LEP che dovrebbero essere omogenei ed uniformi su tutto il territorio, quindi finanziati con le stesse difficoltà le stesse caratteristiche. No, i LEP saranno finanziati per le regioni differenziate con una compartecipazione al gettito erariale e gli altri con quelle che restano e andranno avanti con le attuali designazioni con tutti i limiti che abbiamo detto. Perché? Questa è la domanda. La deputata Bordonali prima evocava con la sua maglietta il “Vento del Nord”, ma non è il vento del Nord quello che fischia nel Paese. Quando fischia il vento e infuria la bufera, la nostra risposta è sempre la stessa “scarpe rotte eppur bisogna andar” (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, alcuni giorni fa, la Premier Meloni, da Pescara, ha salutato il Vicepremier Salvini, leader della Lega, dicendo: non sei venuto, hai preferito il ponte a noi. Ecco, signor Ministro, io penso che la Premier Meloni stia preparando una sorta di ponte prolungato che riguarda l'autonomia differenziata: non ve lo farà approvare prima delle elezioni questo disegno di legge, e sarà tutto da vedere l'atteggiamento di Fratelli d'Italia dopo le elezioni, perché è abbastanza evidente che non ci sarà Vannacci che potrà salvare la Lega da questa situazione in cui Salvini ha messo la Lega stessa. Però, a noi pare abbastanza chiaro quello che sta accadendo, anche perché non riusciamo a comprendere, mi rivolgo a lei, Ministro - per suo tramite, Presidente -, come sia possibile che il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia possa consentire di approvare un simile provvedimento - loro che professano il patriottismo, il sentirsi patrioti, il difendere l'Italia - che spacca l'Italia, divide l'Italia, che ovviamente non ha nulla di patriottico e che ruba e compromette le risorse del Sud. È possibile che Fratelli d'Italia possa consentire un simile mercimonio, ovvero l'autonomia differenziata in cambio del sostegno al premierato? Il Ministro Calderoli, che è persona esperta dei Regolamenti parlamentari, sa che poi ci sono i meccanismi, in particolar modo, per quanto riguarda il premierato, delle doppie letture, che consentiranno, poi, di fatto, un intervento ex post, se alcuni patti non verranno rispettati tra Lega e Fratelli d'Italia, perché questa è la questione. Però, signor Ministro, la questione a noi sembra abbastanza chiara: le elezioni europee rappresenteranno un momento di verifica anche su questo disegno di legge. Però, adesso, vado al merito, al di là delle questioni politiche di cui sono profondamente convinto e penso che anche lei conosca l'insidia di questo passaggio politico-elettorale. C'è una profonda incompatibilità tra la nostra Costituzione, che definisce che il regionalismo deve essere solidale, e il suo disegno di legge, ovvero, un insieme di misure per l'autonomia differenziata che, invece, disegna un modello di regionalismo di tipo competitivo, anzi, direi di natura “appropriativa”.

Non considerate l'accordo che è stato fatto in Europa sul Patto di stabilità, a cui voi avete dato il consenso, attraverso il Ministro Giorgetti, e su cui la Premier Meloni è venuta in quest'Aula a dire che era il miglior Patto che si potesse portare a casa, dopodiché - tralasciamo che nel Parlamento europeo vi siete astenuti, in una sorta di forma di lotta e di Governo, insomma, qui si fa il Governo, là si fa la lotta -, al di là di questo aspetto, c'è un elemento che non le sfugge, perché se noi nei prossimi anni saremo costretti, attraverso quel Patto che voi avete sottoscritto e che è fortemente negativo nei confronti dell'Italia e degli italiani, a ridurre gli interventi finanziari e a fare tagli per circa 13 miliardi di euro l'anno, ecco, lei dovrebbe spiegare agli italiani come potrà garantire i LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, se non ci sono risorse e, tra l'altro, in assenza di risorse abbiamo una situazione fortemente deficitaria nel nostro Paese, fatta di tagli. L'autonomia differenziata senza risorse è solo un vero furto nei confronti del Sud, un furto che oggi possiamo vedere anche attraverso alcune questioni abbastanza chiare. Pensiamo al divario infrastrutturale ferroviario.

Io mi sono segnato alcuni dati: per esempio, le ferrovie italiane, RFI, nel Sud, gestiscono 5.717 chilometri, che rappresentano il 34 per cento della rete totale nazionale; qui c'è, quindi, un'ulteriore differenza, un gap, rispetto al totale nazionale. Rispetto a questo, noi dobbiamo vedere anche, per esempio, il tema dell'elettrificazione della rete rispetto al Sud, perché abbiamo il 58,2 per cento al Sud contro l'80 per cento del Nord; per non parlare, poi, degli interventi per quanto riguarda la dotazione complessiva di reti tranviarie al Sud, pari a 42,6 chilometri, ovvero l'11,2 per cento del totale nazionale, e di reti metropolitane, pari al 25 per cento rispetto, sempre, al totale nazionale. Quindi, c'è il problema di un divario che, con questa autonomia differenziata, dove non indicate le risorse, chiaramente, aumenterà notevolmente.

Lo stesso vale per quanto riguarda il tema delle strutture sanitarie. Pensiamo, ad esempio, alla differenza drammatica tra il Nord e il Sud nella disponibilità di posti letto che al Sud è ampiamente sotto alla media nazionale di circa 553 posti letto su 100.000 abitanti. La Sicilia ha 98 posti, la Campania 114, la Basilicata 128. Sono divari che indicano una forte differenziazione che con questo provvedimento, con l'autonomia differenziata, non vengono assolutamente affrontati. Anzi, aumenta il divario ed è significativo anche il fatto che, mentre l'articolo 117 della nostra Costituzione stabilisce che i livelli essenziali delle prestazioni siano sottoposti a una riserva di legge, voi delegate questi livelli essenziali, i LEP, a una sorta di cabina di regia, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, da cui il Parlamento è totalmente esautorato e questo è un fatto estremamente rilevante, che indica in maniera molto chiara quello che voi state facendo al Paese.

C'è un aspetto che riguarda l'ambiente, signor Ministro, perché, un fiume, una foresta, l'inquinamento non è che conoscano confini amministrativi. Già abbiamo una situazione di problemi di coordinamento tra le regioni per quanto attiene alla materia della tutela ambientale. Possiamo immaginare una situazione in cui i confini amministrativi, che voi determinerete con questo disegno di legge sull'autonomia differenziata, potranno determinare la capacità di dare una risposta rispetto alle gravi questioni rappresentate, ad esempio, dalla crisi climatica, che oggi è un problema? Mentre lei mi sta ascoltando e io sto intervenendo, in Sicilia c'è uno stato di emergenza legato alla siccità, gli animali non hanno erba per pascolare e gli allevatori uccidono animali perché non sanno come mantenerli. I processi di desertificazione avanzano. Noi possiamo immaginare che, rispetto a una questione di questa portata, ogni regione badi a se stessa? Ecco, questo non è assolutamente ammissibile.

Rispetto a questa grande sfida è necessario avere una visione di Stato e di Paese e concludo dove ho iniziato: questa autonomia differenziata, signor Ministro, è un furto di risorse, ma anche di futuro, rispetto al Sud e il Nord non trarrà giovamento da questa visione egoistica del dire: ognuno vada con le proprie gambe. Ecco, perché noi ci opponiamo fermamente ed ecco perché pensiamo che quel ponte a cui ha fatto riferimento la Premier Meloni sia un ponte che porterà l'approvazione, anzi, meglio la discussione e i voti a dopo le elezioni, ma non è detto che accadrà (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fede. Ne ha facoltà.

GIORGIO FEDE (M5S). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, oggi parliamo di autonomia differenziata. Potevamo parlare del ponte, degli altri temi cari alla campagna di questa maggioranza, ma debbo dire che guardando quest'Aula, con solamente due presenti, il primo ponte che mi viene in mente è quello del 1° maggio che, evidentemente, i colleghi hanno preso di gran carriera, evitando di stare in Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

E questo, forse, è l'unico ponte che sta loro veramente a cuore, l'abbiamo visto anche in Commissione, dove, su 17 componenti, della maggioranza abbiamo contato 7 commissari, con il segretario che aveva il compito di verificare, ma, ahimè, l'articolo 21, comma 2, del Regolamento, è stato totalmente ignorato dalla presidenza. E questo, Presidente, veramente ci crea imbarazzo, perché stiamo parlando di un argomento importantissimo, quello dell'assetto istituzionale della nostra Nazione, che è composta da 20 regioni. Prima sentivo i colleghi che citavano il referendum regionale di Lombardia e Veneto del 2017: ma le altre 18 regioni, signori, come le consideriamo? E questa riflessione ci viene ancor di più dall'intervento precedente, su cui non esprimo giudizi perché sono una persona educata; però abbiamo visto una maglia esposta, qui, nell'Aula, con scritto “Il vento del Nord”, ascoltato poi parole abbinate del tipo: “il vento del Nord vi spazzerà”- per me, che sono un parlamentare del Centro, ma vedo anche i colleghi del Sud e delle isole, non è una questione personale, sono circa 40 milioni gli italiani rappresentati da questi parlamentari, non sono certamente rappresentati tutti da me, ci mancherebbe, non vorrei sopravvalutarmi - e visto altresì che quest'azione non è stata richiamata dal Presidente della Camera che presiedeva in quel momento, tenuto conto dell'articolo 58 del Regolamento. Perché, signori, questi sono il Regolamento e la nostra Costituzione, non penso che siano libricini da mettere lì, sotto un tavolo con una zampa zoppa, ma dovrebbero essere visti ed applicati. E allora questa cosa, peraltro non richiamata, ha provocato molta indignazione in me e nei nostri colleghi, perché qui, di questa Nazione e di tutti questi cittadini bisogna tenere conto.

Voi parlate di livelli essenziali di prestazioni, ma io vengo da una regione dove, pochi chilometri sopra, terminano le 3 corsie dell'autostrada, e venire dalle Marche fino al Sud, fino alla Puglia, è una cosa veramente complicata. Solamente nel tratto della mia zona sono morte 13 persone in 3 anni per incidenti in autostrada. E allora, capisce bene che già ci sembra difficile vedere come vengono distolte ed orientate oggi le nostre risorse verso opere probabilmente non utili, ma per il futuro le prestazioni saranno gestite dalle regioni, che già oggi - lo diciamo chiaramente - non brillano. Infatti, io sfido chiunque nelle Marche a chiamare il CUP per avere una prestazione sanitaria e vedere che tempi ci sono, da quando governa la destra. E allora questa cosa qui dovrebbe essere un'attività che ci deve mettere un po' di apprensione, perché effettivamente non troviamo corretto questo tipo di approccio.

E mi rivolgo a lei, Presidente, e, per suo tramite, al Ministro Calderoli, che conosco bene per le sue capacità e qualità, ma che, purtroppo, ha legato il suo nome a due riforme - una era il Porcellum, per sua stessa definizione, e l'altra quella sull'autonomia differenziata - che non fanno onore. Ora, io capisco che l'approccio delle felpe e delle scritte è un approccio, forse l'unica attività in campagna elettorale, però qui dentro bisognerebbe osare un pochettino di più, e bisognerebbe avere a cuore e avere rispetto per la nostra Costituzione. E quelle scritte lì, su quelle pareti, stanno a ricordare i passaggi duri e sanguinosi che questa Nazione ha affrontato, superando l'antifascismo e la monarchia, fino alla democrazia, che ha un valore fondamentale, e non possiamo giocarcelo per una campagna e per una propaganda elettorale. Questo anche con riferimento ai tempi: questa corsa per dare tutto entro questa scadenza, che non è legata ad alcun termine perentorio legislativo, ma semplicemente per fare una battaglia.

E questo lo dico chiaramente con forza a tutti quegli elettori che, come me, appartengono ad altre regioni che non siano la Lombardia e il Veneto, che io stimo e rispetto, e che credo abbiano diritto allo stesso rispetto cui hanno diritto gli altri cittadini; e lo dico a chi ha votato certe forze politiche e certe maggioranze, che poi oggi voltano la faccia e lo dicono pure senza neanche vergogna ed imbarazzo, compresi i loro parlamentari, che vengono eletti in queste regioni e che oggi fanno un tradimento all'Italia. Quindi, Presidente, penso che questa sia una cosa non accettabile ed è per questo che noi siamo qui, a non fare il ponte del 1° maggio, siamo qui a lavorare e ad esprimere la nostra indignazione per gli italiani che ci hanno votato e che noi rappresentiamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato De Luca. Ne ha facoltà.

PIERO DE LUCA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Noi stiamo discutendo oggi di un provvedimento che rischia di toccare in modo irreparabile il futuro assetto istituzionale del nostro Paese. Ci dispiace vedere i banchi completamente deserti da parte della maggioranza, perché una riforma così fortemente voluta dalla Lega doveva necessitare quantomeno di una difesa più strenua in quest'Aula, che, invece, sta completamente mancando.

E non possiamo che stigmatizzare quest'assenza. Noi, oggi, non dovremmo neppure essere qui. Siamo qui perché la maggioranza, la destra, in Commissione Affari costituzionali, qui alla Camera, in Commissione bicamerale per le questioni regionali e in Commissione Affari costituzionali del Senato, ha messo in campo una serie di forzature inaccettabili e di violazioni delle regole che noi abbiamo contestato con forza. Soprattutto, da ultimo, in Commissione affari costituzionali - non posso non ribadirlo, come hanno fatto i miei colleghi - è andata in scena una ferita drammatica per la vita democratica del Parlamento. È stata messa in atto una violazione inaudita, che segna un precedente drammatico nella gestione della vita democratica delle Commissioni parlamentari di questo Parlamento. E noi la contestiamo con forza, perché quando si “va sotto” su un emendamento, bisogna rispettare il voto che la Commissione o che l'Aula esprimono e non si possono trovare stratagemmi inaccettabili per ribaltare o alterare l'esito del voto.

Siamo qui anche per questo, oggi, perché, arrivando con una forzatura, con tempi contingentati, ci è stato impedito e non ci è stata offerta la possibilità di discutere gli oltre 2.000 emendamenti presentati in Commissione. E questa è, per noi, un'altra ferita grave. Non è tollerabile immaginare che si arrivi in Aula, avendo discusso una percentuale ridotta di emendamenti, perché voi dovete fare una corsa per piantare una bandierina ideologica con la quale la Lega ha preso in ostaggio il Governo. Perché si tratta di questo. Noi siamo qui, oggi, in nome di un patto scellerato, tra Lega e Fratelli d'Italia, tra autonomia e Premierato, e dobbiamo denunciarlo perché è un patto che va avanti alle spalle del Paese e che mette in discussione la tenuta istituzionale del Paese.

Allora, faccio un appello alla maggioranza, faccio un appello ai membri del Governo, al di là del Ministro Calderoli: liberate la Presidente del Consiglio da questo ricatto politico di Salvini, perché di questo si tratta. Un patto scellerato, un ricatto politico che tiene in ostaggio la maggioranza e questo Governo, e vi porta qui ad accelerare la discussione di un disegno di legge pericoloso per il Paese e per il nostro futuro. La destra finora ha smantellato il rispetto delle regole democratiche nel Parlamento, alla Camera e al Senato, e si appresta a spaccare il Paese. Noi siamo qui, oggi, a opporci e continueremo a farlo, nelle prossime ore, in Parlamento e nelle istituzioni, ma anche nel Paese, contro una riforma, che non è discutibile, non è una riforma sbagliata, non è una riforma di destra e ci opponiamo per questo, noi ci stiamo opponendo a una riforma secessionista. Questa è la verità: è una riforma che spacca l'Italia unita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! Questa è la battaglia che stiamo facendo a difesa dell'unità nazionale. Questo vorrei ricordare a tutti, altro che chi mette magliette con il vento del Nord, il vento del Centro e il vento del Sud! Dovrebbero vergognarsi, perché se questo è lo spirito, noi siamo davvero in presenza di un qualcosa di estremamente pericoloso, che stiamo, peraltro, denunciando con forza. Una riforma che, in realtà, in questi termini, si presenta incostituzionale, chiaramente incostituzionale, perché non difende i caposaldi e le fondamenta dell'unità nazionale, della solidarietà e della coesione del nostro Paese. Perché? Perché oggi esistono - lo stiamo ricordando, purtroppo, da giorni, da tempo - diseguaglianze enormi nel Paese: diseguaglianze nei servizi essenziali ai cittadini, diseguaglianze nella redistribuzione e nella ripartizione delle risorse. La spesa pubblica complessiva pro capite al Nord è di 19.000 euro, contro i 14.000 al Sud. Ci sono 2 milioni di persone che oggi sono costrette a curarsi fuori regione; 4,2 miliardi sono i dati della mobilità passiva, cioè di persone, donne, uomini, famiglie, che non hanno la possibilità, oggi, nel 2024 e nel 2023, di curarsi nel proprio territorio e sono costrette a emigrare per avere le cure essenziali. Questa è, ancora oggi, purtroppo, la situazione nel nostro Paese. Intere popolazioni, parti del Paese, che fanno fatica ad avere accesso a un test prenatale. L'accesso alla mammografia è garantito per la metà delle donne del Sud, rispetto al Nord. Ci sono anni di aspettativa di vita in meno al Sud, rispetto al Nord. Abbiamo una disparità della distribuzione di risorse sociali nell'assistenza agli anziani: solo il 30 per cento dei comuni del Sud garantisce oggi l'assistenza domiciliare agli anziani. Solo il 20 per cento delle ragazze e dei ragazzi, al Sud, ha la possibilità di avere il tempo pieno e la mensa scolastica, contro il 50 per cento dei loro coetanei al Nord. C'è una disparità di presenza di asili nido pubblici tra il Sud e il Nord. Questa è la fotografia, purtroppo, del nostro Paese.

Di fronte a tutto questo voi cosa fate? Voi decidete di aumentare le distanze. Voi dovreste fare e avreste dovuto fare il contrario, quello che abbiamo fatto noi nel PNRR, quello che abbiamo fatto noi difendendo risorse europee, grazie al lavoro di democratici come David Sassoli al Parlamento europeo e di Paolo Gentiloni - altro che il vostro pantheon di riferimenti con un Piano nazionale che ha previsto il 40 per cento delle risorse territorializzabili da destinare al Centro e al Sud, per investire nei servizi, nelle infrastrutture, per dare e provare a dare in futuro ai cittadini del Sud, così come ai cittadini del Nord, pari dignità, servizi, diritti e opportunità.

Questo è il lavoro che abbiamo fatto nel PNRR ed è quello che avreste dovuto continuare a fare, ma, invece di attuare questo PNRR, voi lo avete insabbiato. Invece di rafforzare gli strumenti per consolidare gli investimenti al Sud, come le ZES, li state distruggendo. Invece di distribuire le risorse del Fondo sviluppo e coesione, le avete prese in ostaggio, distribuendole su logiche politiche, come fossero soldi privati di un partito, invece che risorse delle istituzioni che spettano per l'80 per cento al Sud e il 20 per cento al Nord. Da ultimo, decidete di portare avanti una riforma di autonomia differenziata che segnerà la fine della nostra unità nazionale. C'è un criterio che in tutte le audizioni è emerso e che oggi governa la ridistribuzione delle risorse, il criterio della spesa storica, che porta alla fotografia in termini di servizi, diritti e opportunità che ho provato sinteticamente a rappresentare prima. Di fronte a questa spesa storica noi abbiamo un obiettivo, superare questo criterio, superare i costi standard, superare la spesa storica, caro Ministro, come lei sa bene.

E invece, nella proposta di legge che voi fate mettete in campo risorse e misure che vanno in direzione esattamente opposta. Noi vi abbiamo chiesto una sola cosa preliminare, fare quello che la Costituzione richiede, cioè non solo definire, ma finanziare i livelli essenziali delle prestazioni. Questo era quello che avreste dovuto fare prima di portare avanti qualunque tipo di proposta di autonomia differenziata. E invece, nel testo che avete anche licenziato al Senato, prevedete un'ipotesi, un'ipotetica definizione, ma nessuna risorsa reale ed effettiva per consentire un'armonizzazione e un'omogeneità di diritti, servizi e opportunità tra Nord e Sud del Paese, nulla di tutto questo.

E, come veniva ricordato dai colleghi, vi è la possibilità per alcune materie, sono 9, non considerate LEP, di poter procedere immediatamente alle intese tra Governo e regioni, senza attendere né la definizione né tanto meno, figuriamoci, il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni.

Di fronte a tutto questo è evidente allora che il vostro disegno non solo conferma per legge la situazione esistente e la cristallizza, ma rischia addirittura di peggiorarla, perché nella legge, nella vostra proposta, inserite la possibilità del cosiddetto residuo fiscale, cioè inserite la possibilità che alcune regioni che hanno maggiori risorse dalla fiscalità regionale possano trattenere quelle risorse nel loro territorio e sottrarle alla fiscalità generale, portando, in futuro, a una situazione in cui le regioni più ricche saranno sempre più ricche e le regioni più povere saranno sempre più povere.

Zaia, il presidente del Veneto, in audizione in Commissione, ha detto che lui non tollera la definizione della Banda Bassotti, che nessuno peraltro ha attribuito. Se non è la Banda Bassotti, questo vuol dire, però, in modo molto più artificioso, fare come Robin Hood alla rovescia. Voi prendete ai poveri per dare ai ricchi, ecco la riforma che voi state mettendo in campo, una riforma che devasterà il Paese, una riforma che nel merito presenta altre criticità: il mancato coinvolgimento del Parlamento, la mancata capacità del Parlamento di poter incidere sulle intese.

E poi la possibilità di entrare a gamba tesa in alcune materie che per noi vanno sottratte alla possibile devoluzione. È emerso da tutte le audizioni, perché non ne ascoltate neppure una? Togliete la scuola e la sanità dalle materie che possono essere oggetto di ulteriori forme di devoluzione e di autonomia differenziata. Se immaginate quello che stiamo ascoltando in queste ore da alcuni riferimenti, candidati peraltro della Lega, classi separate per disabili, gabbie salariali, classi separate per stranieri, è una vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Noi ci opporremo a quest'idea che avete della scuola, ci opporremo con forza. La scuola è luogo di valori, di aggregazione, di rafforzamento della coesione. Noi ci opporremo a questa vostra idea, così come ci opporremo all'idea che avete di distruggere la sanità pubblica. Noi riteniamo che la sanità pubblica, universale e gratuita per tutti sia un valore da difendere con forza nel nostro Paese. Non vi consentiremo di smantellarla, cosa che potrebbe accadere - arrivo a conclusione - con la vostra proposta di autonomia differenziata.

Insomma, una proposta che distrugge il Paese su tante altre materie in cui dovremmo, invece, unirlo. Immaginate di distribuire le politiche in materia infrastrutturale o energetica, che dovrebbero addirittura essere affrontate a livello europeo. È una riforma antistorica, medievale, che distrugge il Paese. Altro che patrioti.

Noi ci batteremo con forza per impedirvi di portare avanti questo progetto secessionista, che distrugge l'unità nazionale. Difenderemo l'Italia unita, e lo faremo in tutte le sedi e con tutte le forze che gli strumenti della democrazia ci consentono e ci mettono a disposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caso. Ne ha facoltà.

ANTONIO CASO (M5S). Grazie, signora Presidente. Voglio partire proprio dalla frase che tutti abbiamo potuto leggere sulla maglietta della collega della Lega, che teneva bene in vista quella frase durante il suo intervento: il vento del Nord. Mi verrebbero in mente tante risposte da dare ora qui, in quest'Aula, ma forse è il caso che le eviti. Tuttavia, da meridionale quale sono, non dimentico 40 anni di insulti, non dimentico le feste di Pontida in cui Matteo Salvini cantava “senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani”. Non dimentico i Forza Etna, i Forza Vesuvio. Non dimentico frasi del tipo “i paesaggi del Sud sono bellissimi, il problema è la gente che ci vive”. Non dimentico quando si auspicava il blocco dell'esodo degli insegnanti meridionali verso il Nord. Non dimentico assolutamente quando ci chiamavano sanguisughe. Non dimentico le proposte del tipo “carrozze solo per i milanesi” e non dimentico da dove parte tutto questo disegno, che oggi chiamiamo autonomia differenziata, ma illo tempore era della Lega Nord una parola chiave unica, era portata avanti come un'idea ben definita, che si chiama secessione.

È di questo che stiamo parlando ed è da questo che siete partiti e ora siete arrivati qui. Ma non voglio metterla, però, su una guerra Nord-Sud, perché qui, in realtà, contrariamente a quello che si pensa, contrariamente a quello che pensano diversi parlamentari proprio della Lega Nord, a rimetterci ci sarà tutto il Paese. Ma è anche abbastanza chiaro, perché, in un mondo in cui la stessa Europa ha difficoltà a collocarsi per competere con le altre potenze nazionali e internazionali, noi siamo qui, oddio, voi siete qui a provare a spacchettare e a spezzettare il nostro Paese.

E, quindi, immaginiamoci, come si può andare avanti nel mondo immaginando che ogni regione avrà la sua politica economica, la sua politica estera, la sua politica di rapporti con l'Unione europea, la sua politica sulla scuola? Come si fa? Dietro l'illusione, magari è vero: all'inizio ci saranno le regioni che ora sono un po' più ricche che probabilmente andranno meglio, perché è chiaro che tutto questo disegno è per mantenere i soldi sul territorio, a discapito delle regioni più deboli; se all'inizio potrà pure andare bene, a lungo termine, non sarà così, è chiaro ed evidente.

Perché poi tra le materie che si vanno a trasferire ci sono quelle identitarie, che creano l'unità della nostra Nazione, proprio come la scuola. E a chi dice che già oggi l'Italia corre a diverse velocità, che già oggi ci sono scuole diverse all'interno delle regioni del nostro Paese, dico che sì, è vero, avete ragione, ma l'autonomia non farà altro che peggiorare queste cose, di certo non le migliorerà (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Già oggi esiste un burrone che divide il nostro Paese, ma voi state continuando a scavarlo.

Quindi, è inutile che ci giriamo intorno, state portando l'Italia verso un burrone da cui probabilmente sarà difficile tornare indietro, questo è il problema, state affossando il nostro Paese. E ritorno su quello che dicevo prima, già esiste un Paese a diverse velocità, lo vediamo nella sanità, lo vediamo nella scuola, dove, lo ricordo sempre, un bambino del Sud Italia ad oggi, per ore seguite a scuola, accumula un anno in meno di istruzione. Questo è il Paese e questa è la frattura che voi state continuando e continuerete ad alimentare.

Arrivo alla conclusione, Presidente, con la citazione di una frase di una nota canzone del grande Pino Daniele: “Questa Lega è una vergogna” (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Manzi. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). La ringrazio, signora Presidente. Inizio questo mio intervento, prendendo a prestito queste parole: “Voi dunque avete dovere d'educarvi per quanto è in voi, e diritto a che la società alla quale appartenete non v'impedisca nella vostra opera educatrice, v'aiuti in essa e vi supplisca, quando i mezzi d'educazione vi manchino. La vostra libertà, i vostri diritti, la vostra emancipazione da condizioni sociali ingiuste (…) dipendono dal grado di educazione che vi è dato raggiungere (…). L'educazione è il pane delle anime vostre”. Ecco, ho voluto prendere a prestito le parole che Giuseppe Mazzini scrisse ne “I doveri dell'uomo” a beneficio dei 4 o 5 - Ministro incluso - deputati della maggioranza che sono qui presenti, proprio per ricordare, nel giorno in cui arriva in Aula quella riforma, quel disegno di legge sull'autonomia differenziata che rischia di trasformare l'Italia in uno Stato Arlecchino, il valore non solo dell'unità, attraverso figure come quella di Mazzini, ma il valore dell'unità associato all'istruzione e all'educazione. Non è un caso, infatti, che siano state proprio l'istruzione e l'educazione, nel momento in cui si compiva l'unità d'Italia, quegli elementi che i legislatori nazionali - in questo caso, con la legge Casati del 1859 - videro come elementi in grado davvero di favorire in qualche modo la creazione degli italiani, come elementi in grado di creare, di fronte a un tasso di analfabetismo elevatissimo e di fronte alla difformità dei sistemi di istruzione dei tanti Stati che avevano composto l'Italia, un'Italia unita.

Bene, potrebbe ignorare tutto questo e il valore dell'istruzione certamente il Ministro Calderoli - fa finta, per meglio dire, di ignorarlo - che, in occasione delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, ricordò che avrebbe disertato le celebrazioni di quella che considerava una festa inutile, perché era troppo impegnato a costruire il federalismo. Oggi sembra essere riuscito a costruire quel percorso e la cosa interessante da notare è che lo fa proprio grazie alla collaborazione di colleghi - penso in particolar modo ai colleghi di Fratelli d'Italia - che, invece, fanno riferimento all'unità nazionale, al valore del Risorgimento e a figure come Goffredo Mameli che - voglio ricordare - morì proprio qui a Roma per la difesa di un'idea di Stato nazionale e, in questo caso, unitario. Quei colleghi hanno assistito muti nello scorso gennaio allo sventolare della bandiera di San Marco al Senato, quella bandiera, pensate un po', per cui il napoletano Alessandro Poerio diede la vita nel 1848, in difesa di uno Stato che, anch'esso, inseguiva l'unità d'Italia.

C'è un motivo, però, per cui si crea questa strana alchimia, questa strana alleanza tra gli opposti, e c'è una parola che la definisce: baratto. Si tratta del baratto tra l'autonomia differenziata e il Premierato, un combinato letale, in questo caso, che manomette proprio dall'interno la Costituzione, figlia di quella resistenza plurale e vitale, di quella resistenza antifascista con cui una parte significativa di questa maggioranza, purtroppo, ancora non riesce a fare i conti. La Costituzione antifascista, all'articolo 3, all'articolo 33 e all'articolo 34, individua proprio l'eguaglianza e l'istruzione tra i suoi valori fondamentali e ha orientato in questi anni il lavoro del legislatore, non riuscendovi purtroppo fino in fondo. Tante sono infatti le diseguaglianze che anche in tema di istruzione vediamo all'interno del nostro Paese. Verrebbe da dire, come ha ricordato lo Svimez in un cortometraggio: un solo Paese e due scuole diverse tra Nord e Sud. È un racconto che attraversa il Nord e il Sud, ma anche il centro e la periferia, che percorre in orizzontale e in verticale il nostro Paese, come ben racconta - consiglio al Ministro di vederlo, come ai componenti della maggioranza - un bel film, ancora nelle sale, di Riccardo Milani, dedicato proprio all'istruzione nelle aree interne del Paese, al valore importante che quell'istruzione, a invarianza finanziaria, in questo momento dovrebbe garantire. Anziché occuparvi di un'emergenza nazionale, cioè i divari territoriali evidenziati dai dati della dispersione scolastica, che già in Italia è superiore alla media europea e che nel Mezzogiorno è addirittura doppia rispetto alla media italiana, voi assegnate alle regioni la possibilità di intervenire e di legiferare in materia di istruzione. Voi regionalizzate di fatto l'istruzione. Badate bene, quella semplice formula, quelle norme generali in materia di istruzione in realtà contengono moltissimo, un mondo, mi verrebbe da dire.

Contengono, infatti, lo status giuridico del personale scolastico, la disciplina dell'obbligo scolastico, i criteri di formazione delle classi, l'integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali, la prevenzione dell'abbandono e il contrasto all'insuccesso scolastico. Voi fate tutto questo a invarianza finanziaria. Mi giungono spontanee alcune domande. Le faccio al Ministro e, per suo tramite, Presidente, le faccio alla maggioranza: a invarianza finanziaria, come pensate di poter assicurare un diritto essenziale come quello alle mense scolastiche a tutti i bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze all'interno del Paese? Come pensate di assicurare più tempo-scuola, più asili nido ai bambini e alle bambine? Come pensate di intervenire in materia di edilizia scolastica, quando il tema della sicurezza all'interno delle scuole è un tema nazionale di urgente e immediata richiesta? Come pensate di assicurare - nonostante il Ministro Valditara spesso si occupi dell'autorevolezza dei docenti - stipendi più elevati al corpo docente? Su questo sono in grado di rispondermi da sola perché voi siete quelli che, tramite il Ministro Valditara, avete sostenuto il valore e l'importanza delle gabbie salariali, quindi della distinzione degli stipendi tra i docenti del Nord e del Sud. Avremo, per esempio, classi differenziali, come ha sostenuto lo stesso Ministro, per studenti con background migratorio o anche per studenti con handicap e con disabilità, come qualcuno ha ventilato proprio in queste ultime ore? Colleghi, se voi aveste davvero la consapevolezza di quello che state mettendo in moto, di quello che state per realizzare la vostra coscienza dovrebbe imporvi di fermarvi. Voi state mettendo in atto un nuovo centralismo regionale che tra l'altro mette pericolosamente a repentaglio proprio la libertà di insegnamento e l'autonomia scolastica. I sostenitori delle autonomie locali condannano al fallimento l'autonomia scolastica. Sembra un bel paradosso, sembrerebbe un titolo anche abbastanza giusto. Quell'autonomia a cui il Ministro Valditara, devo dire, è abbastanza restio a riconoscere valore e importanza in realtà avrebbe bisogno di risorse, di mezzi e di strumenti per essere attuata, quelle risorse e quegli strumenti e quei mezzi che ahimè siete proprio voi in realtà a negare. Questo però non mi meraviglia perché è una delle tante contraddizioni che vi caratterizzano. Siete quelli del dimensionamento scolastico che toglie ancora una volta le autonomie e centralizza tra l'altro gli istituti scolastici ma, allo stesso tempo, siete quelli dell'autonomia differenziata, siete quelli che a parole sostengono il valore dell'istruzione ma poi, guarda caso, in legge di bilancio dimenticano di stanziare misure, risorse, progetti e programmi rispetto all'istruzione stessa. Mentre il Ministro Valditara e il Ministro Sangiuliano sono impegnati a costruire un nuovo pantheon culturale per la destra, in realtà voi vi dimenticate del tutto del futuro del nostro Paese e, in particolare, del futuro delle generazioni più giovani del nostro Paese. Questo ha una motivazione e una spiegazione abbastanza semplice, cioè che quel futuro a voi non interessa, in realtà. Non vi interessa la coesione sociale e umana che passa proprio attraverso la scuola e che va garantita, al Nord e al Sud, a tutti i bambini e le bambine del nostro Paese. Non vi interessano le opportunità che andrebbero garantite loro, i diritti fondamentali che dovrebbero essere loro riconosciuti. Voi con questa riforma state togliendo il futuro ai vostri figli, colleghi, e lo state facendo mortificando, come avete fatto nelle scorse ore, il ruolo del Parlamento, solo per sventolare un vessillo nelle prossime elezioni europee. Ve lo hanno chiesto i sindacati, ve lo hanno chiesto giuristi ed esperti, ve lo ha chiesto la stessa Conferenza Episcopale: fermatevi, colleghi, siete ancora in tempo. Regionalizzare l'istruzione significa infatti andare ad incrinare e a toccare il principio di eguaglianza che dovrebbe essere l'urgenza indifferibile con cui ognuno di noi in queste istituzioni e in questo luogo si dovrebbe confrontare ogni giorno. Come giustamente ricordava il collega Mari poco fa, voglio citare anch'io Piero Calamandrei che ricordava come la scuola sia un organo costituzionale che è al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. È un organo fondamentale che riesce sempre a dare peso a chi non ne ha, a garantire il valore dell'eguaglianza e delle pari opportunità, a trasformare i sudditi in cittadini, che è la cosa più importante e più significativa. Solo la scuola questo può compierlo e proprio per questo io, colleghi, vi chiedo solennemente, ci provo, in quest'Aula di fermarvi. Vi chiedo di fermarvi perché, vedete, le competizioni elettorali e le competizioni europee, che sono importanti e significative nonostante qualcuno, dai manifesti elettorali, occhieggi dicendo che vuole più Italia e meno Europa, passano ma l'interesse nazionale e l'unità del nostro Paese dovrebbero restare e dovrebbero essere a cuore a ciascuno dei componenti di questa Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Orrico. Ne ha facoltà.

ANNA LAURA ORRICO (M5S). Grazie, Presidente. L'autonomia potrebbe essere un'opportunità, Ministro, sono d'accordo con lei, e lo sarebbe se partissimo tutti dallo stesso livello. Così non è, le faccio un esempio molto banale: il reddito pro capite, in Calabria, mediamente, è meno della metà di quello della Lombardia. Detto questo, detto tutto. All'articolo 119 del Titolo V della Costituzione, che più e più volte viene citato in questo disegno di legge a prima firma del Ministro Calderoli, si omette però di parlare di un elemento essenziale, perché questo articolo recita che lo Stato istituisce un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Voi non solo non istituite questo fondo di perequazione, perché - lo voglio ricordare se, per caso, fosse passato in cavalleria - questo disegno di legge non prevede alcun onere a carico della finanza pubblica, quindi è un disegno di legge che vuole realizzare l'autonomia differenziata e il trasferimento di molteplici materie legislative e funzioni amministrative alle regioni a costo zero, ma avete tagliato il fondo di perequazione che esisteva di ben 3,6 miliardi e, nell'ultimo decreto PNRR, avete sottratto 1,2 miliardi all'edilizia sanitaria del Mezzogiorno, soprattutto per ciò che concerne la sicurezza sismica. Ma, allora, se volete rendere più efficiente la pubblica amministrazione al Sud, la classe dirigente, responsabilizzarla, perché non varare un piano straordinario di assunzioni di risorse umane nella pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? È così che si rende efficiente l'apparato amministrativo vetusto, vecchio e antico della pubblica amministrazione. Dai colleghi del centrodestra, in questa lunga giornata di discussione generale, non ho sentito una sola cosa positiva che dovrebbe produrre l'autonomia differenziata, ho solo sentito una serie di attacchi al centralismo. Come mai? Avete deciso di sottrarre la gestione delle ZES alle singole regioni e di fare una ZES unica, avete deciso di accentrare tutta la gestione del PNRR qui, a Palazzo Chigi, a Roma, perché accusate le regioni e i comuni di essere poco efficienti e di essere ritardatari e, poi, volete fare l'autonomia differenziata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Insomma, mettetevi d'accordo, perché la destra non sa quello che fa la sinistra.

Pochi giorni fa, abbiamo celebrato - dico “abbiamo”, però è evidente che non tutti lo abbiamo celebrato - l'anniversario della liberazione dalla dittatura fascista. Dalla lotta per la Resistenza è nata un'Italia unita e coesa, un Paese profondamente lacerato si è avviato verso un percorso democratico, con l'obiettivo di rimuovere diseguaglianze e disparità. Mi domando per chi oggi quel percorso abbia il valore che merita, se la Costituzione sia un orpello per questa maggioranza di destra o la bussola che deve indicare la rotta, quella rotta che state tradendo e le cui conseguenze neppure voi stessi riuscite ad immaginare. E sordi a tutte le piazze che si sono sollevate contro questo disegno di legge, avete deciso di andare avanti. Per non tradire voi stessi, avete tradito il Paese. Povera Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giuliano. Ne ha facoltà.

CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Io parto con una considerazione di metodo e, poi, passerò al merito. La considerazione di metodo: l'hanno ricordato tantissimi colleghi prima di me, questo provvedimento approda in Aula con una falla enorme, perché è frutto di un voto che possiamo definire irregolare, anzi, io direi illegale. È vero, però, che voi all'illegalità siete avvezzi, basti pensare a quello che sta accadendo nella Giunta delle elezioni, dove avete ben pensato di stravolgere il voto degli italiani cambiando le regole dopo l'espressione del voto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Per non parlare del fatto che tanti auditi, anche in materia di giustizia e di contrasto al malaffare - io, Presidente, sono componente della Commissione giustizia -, ci hanno detto che l'autonomia differenziata andrà a danneggiare il sistema di contrasto ai reati dei colletti bianchi, il sistema di contrasto ai reati in generale, quindi, aumenterà l'illegalità - anche questa non è una novità per voi, perché, anzi, è uno dei vostri obiettivi - e andrà, ovviamente, a ricadere sulle regioni che, sempre secondo quello che ci hanno riferito gli auditi, sono le articolazioni dello Stato più aggredibili dalla criminalità. Però, come dicevo, anche questo non vi spaventa, perché state distruggendo tutti i presìdi di legalità che ci sono nel nostro Paese. Del resto, la plastica dimostrazione di quale interesse voi abbiate per la sorte delle regioni e per i soldi dei cittadini ci è data dall'inchiesta “Rimborsopoli-bis”, per cui anche i cittadini piemontesi saranno contenti di vedere come molti consiglieri regionali hanno speso i soldi dei cittadini piemontesi.

Passo al merito, perché in quest'Aula ho sentito parlare i pochi esponenti della maggioranza - uno solo di Fratelli d'Italia, evidentemente non hanno neanche loro il coraggio di difendere questa riforma, e i pochi esponenti della Lega che sono intervenuti - di questa riforma come di una riforma che crea opportunità, che crea responsabilità. Noi decliniamo la responsabilità in un altro modo: noi intendiamo la responsabilità come solidarietà. Vorrei chiedere cosa sarebbe successo a quelle regioni, come il Veneto e l'Emilia-Romagna, che sono state purtroppo colpite da grandi eventi calamitosi come le recenti alluvioni, se ci fosse stata l'autonomia differenziata, con la Protezione civile che, per esempio, è una di quelle materie soggette all'autonomia differenziata, ma che non soggiace ai cosiddetti livelli essenziali delle prestazioni. Quindi, sicuramente, potrà essere regolamentata dalle singole regioni che ne fanno richiesta, senza aspettare che lo Stato regolamenti i livelli essenziali delle prestazioni, trovando, poi, i soldi dove ce lo saprà dire, forse, il Ministro Calderoli.

Ribadisco, vorrei capire cosa sarebbe successo quando migliaia di cittadini da tutta Italia si sono mobilitati per dare una mano ai cittadini dell'Emilia-Romagna e del Veneto piegati dalle alluvioni. Vorrei capire cosa sarebbe successo durante il COVID se tanti medici e infermieri delle regioni del Sud, quando ancora le regioni del Sud non erano colpite dal virus, hanno fatto le valigie, hanno risposto agli appelli della Lombardia in particolare, per andare a dare una mano e morire in Lombardia per salvare le vite dei cittadini lombardi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché, Presidente, la fortuna del Nord dipende anche da tanti cittadini del Sud che si sono trasferiti al Nord e direi che, in realtà, la fortuna dell'Italia è proprio questa coesione tra Nord e Sud.

Allora, il miglior modo per dare voce ai tanti cittadini che in questo momento ci stanno scrivendo “non in mio nome”, “no all'autonomia differenziata” è solo uno: un modo, uno strumento potentissimo e, cioè, il voto. Noi ci accingiamo alle prossime elezioni amministrative, regionali, comunali, europee dell'8 e del 9 giugno e io spero che quest'Aula vuota sia lo specchio per i cittadini che questi rappresentanti del centrodestra hanno alle loro spalle. Quindi, spero che alle prossime consultazioni, alle prossime competizioni elettorali gli elettori puniranno tutto il centrodestra, Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia, che stanno portando avanti l'autonomia differenziata, e sceglieranno di stare dalla parte giusta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ilaria Fontana. Ne ha facoltà.

ILARIA FONTANA (M5S). Grazie, signora Presidente. L'assenza della maggioranza, fatti salvi pochi superstiti che oggi vediamo in quest'Aula, veramente è imbarazzante, anche perché quei pochi della maggioranza che hanno parlato difendono l'indifendibile, anche perché vorrei chiedere alla stessa maggioranza: ma dove sono i colleghi di Forza Italia? Dove sono i colleghi di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Perché non ci sono. Non ci sono e veramente stanno facendo il ponte, ma il ponte, penso, fino a dopo le elezioni, perché questo provvedimento è pura propaganda, perché si parlerà del voto probabilmente dopo il voto dell'8 giugno, dopo le europee.

Anche qui è stato detto in tantissimi interventi, però mi preme ripeterlo: l'autonomia differenziata pecca di una mancanza di visione strategica, pecca di inadeguatezza su tutto l'impianto normativo, è un provvedimento anacronistico, veramente è anche arrogante per la sua natura, per come è strutturato. Veramente è di pura propaganda, e da dove si deduce che è di pura propaganda? Semplicemente perché prevede l'invarianza finanziaria. Quindi, vuol dire che non c'è alcuna copertura economica. Dunque, un provvedimento di legge di questo impatto che non ha assolutamente una copertura economica, grazie alla quale probabilmente si potrebbe fare un altro tipo di lavoro e un altro tipo di riforma, vuol dire che è proprio propaganda becera solo per le elezioni europee.

Poi, io sottolineo un tema, che è l'autonomia differenziata legata all'ambiente. Non è chiaro, infatti, come si possano trasferire alle regioni forme di autonomia proprio in seguito all'inserimento in Costituzione della tutela dell'ambiente e della biodiversità degli ecosistemi per le future generazioni attraverso gli articoli 9 e 41 della Costituzione. L'ambiente, ovviamente, non ha confini, se non confini amministrativi, confini burocratici. Ma prendiamo un parco nazionale: il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. È ovvio che ci sono confini amministrativi, ma non li hanno la flora e la fauna. Come si può regionalizzare una materia come l'ambiente? Come si può regionalizzare una materia come i beni comuni, come la biodiversità, come la tutela degli ecosistemi per le future generazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? E, ancora, come potrà una regione raggiungere gli obiettivi comunitari, e io penso al 2030, con l'abbassamento delle emissioni climalteranti del 55 per cento o alla neutralità climatica al 2050? Come potrà una regione dare il proprio contributo se sono obiettivi comunitari a invarianza finanziaria e, quindi, lo Stato neanche aiuta le regioni in questo percorso? È questo l'aiuto che noi vogliamo dare alle future generazioni? È questo che voi volete lasciare alle future generazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Infatti, è di questo che si sta parlando e noi l'abbiamo scritto nella nostra Costituzione. Come si farà ad applicare l'ambiente nell'autonomia differenziata? Come? Purtroppo, però, le uniche conseguenze che ci saranno proprio sulla autonomia differenziata quali saranno? Il caos, perché si genererà caos, una frammentazione tra le diverse componenti statali e regionali e, ovviamente, un rallentamento di quella che è la transizione ecologia. Io capisco che voi non la volete fare, ma dovete farci i conti. Purtroppo per voi, dovete farci i conti, con la transizione ecologica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo aumenterà i divari, aumenterà le disuguaglianze sociali, economiche e ambientali.

Poi, apro e chiudo parentesi: il Ministro Pichetto Fratin, anziché affermare, come ha affermato ieri, che non vuole fare l'indovino sul nucleare, potrebbe portare l'Italia al terzo millennio, anziché riportarci nel medioevo. L'ambiente è uno e la biodiversità e la tutela degli ecosistemi devono essere una lotta nazionale di interesse nazionale. L'Italia è unica, è una ed è indivisibile: una e indivisibile. Questo è quanto, e sono due principi cardine ai quali noi crediamo fermamente, perché vanno a tutelare la nostra storia, mantenendo equità e integrità.

Non è nel nome del MoVimento 5 Stelle che porterete avanti questa riforma; non è nel nome dei tanti cittadini che, in queste ore e in queste settimane, ci stanno scrivendo le e-mail; non è nel nome di quei cittadini che oggi in 20 piazze - anzi, in tantissime piazze d'Italia - stanno manifestando contro questa riforma; non è nel nostro nome che voi voterete questa riforma; non è nel nostro nome (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Dell'Olio. Ne ha facoltà.

GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Grazie, signora Presidente. Governo, colleghe e colleghi, sono emozionato perché il numero dei parlamentari della maggioranza presenti adesso è arrivato a ben 6. Ben 6 parlamentari presenti oggi hanno innalzato la media della giornata, e questo la dice tutta sull'importanza che c'è, per questa maggioranza, nel voler far passare l'idea che questa sia per loro una buona legge. Mi dispiace che il Ministro Calderoli sia uscito e spero che torni, perché sinceramente abbiamo necessità di indirizzargli qualche cosa.

Come è stato detto stamattina dal collega Molinari, è chiaro che questa è un'alleanza di Governo. L'ha detto chiaro e tondo. Si è parlato di legge di scambio stamattina. È effettivamente uno scambio ed è stato sancito direttamente dalla maggioranza. Non è altro che questo: qualcosa che servirà per queste elezioni ed è per questo motivo che stiamo correndo in maniera così inusuale e siamo qui, oggi che è il 29 aprile, a discutere in Aula un provvedimento, mentre noi in Commissione bilancio dovremmo dare il parere su questo provvedimento il 7 maggio, se va bene. Non c'era assolutamente alcuna fretta di essere qui oggi o domani a discutere. Non è un decreto-legge e si poteva tranquillamente discutere dei vari emendamenti, approvare e modificare, cioè cercare di dare un senso, anche perché cosa succederà? Succederà che quando questa maggioranza non ci sarà più questo disegno di legge - non questo disegno di legge -, verrà spazzato via. Quindi, se anche ci poteva essere qualcosa di buono - e non credo, perché è anacronistico come concetto - di fatto state imponendo voi come maggioranza - e ricordo sempre che avete il 24 per cento dei voti utili del Paese, perché l'altro 76 per cento o non ha votato per voi o non è andato a votare - al resto del Paese una misura che è anacronistica.

Tra l'altro, ciò che è stato detto stamattina da quei pochi parlamentari di maggioranza che sono intervenuti era: noi stiamo portando a casa il dettato della riforma del 2001. Ma se persino il PD l'ha già detto in varie riprese che è stato un errore, come è stato detto più volte in quest'Aula, allora di cosa ci vogliamo beare? Del fatto che stiamo portando a termine un qualcosa che è totalmente sbagliato e che è stato già detto che era sbagliato?

Tra l'altro quello che c'è scritto in questo disegno di legge all'articolo 1 è teoricamente bellissimo: “Nel rispetto dell'unità nazionale al fine di rimuovere le discriminazioni e disparità di accesso, coesione economica, sociale e territoriale”. Peccato, però, che viene sconfessato subito dopo. Ci deve essere forma e sostanza in un provvedimento legislativo e non solo la forma, perché due pagine dopo andiamo a vedere che anche le varie regioni che non richiedono le materie hanno la possibilità di avere riconosciuti i LEP, salvi i vincoli di bilancio e i vincoli legislativi. Quindi, significa: se la maggioranza decide di mettere quei soldi, altrimenti nulla. Quindi, dove è l'unità? E dopo andiamo anche a dire, al comma 5 dell'articolo 7, che, una volta che sono stati definiti gli accordi fra le regioni e lo Stato, se lo Stato ha problemi non può più andare a chiedere qualcosa indietro, perché sarà opponibile di fronte allo Stato il fatto che quei soldi devono rimanere all'interno della regione. Quindi, si va a sconquassare l'unità dello Stato.

Nel pomeriggio l'onorevole Toccalini ha detto: sì, competizione; chi ha più gambe corre e vince chi le ha più forti e ha citato l'articolo 5 della Costituzione. Ebbene, all'inizio quell'articolo dice che l'Italia è una e indivisibile. Quindi, di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di un qualcosa che viene totalmente sconfessato.

Voi volete un'autonomia differenziata per regioni che sono nate nel 1970 e che non esistono al di fuori dei sistemi amministrativi. La volete per la competizione e la volete alla fine per i soldi, perché questo è tutto; la volete solo per i soldi, per questi famosi residui fiscali che devono restare; residui fiscali che, però, poi saranno impossibili da valutare in maniera adeguata.

Faccio due esempi, Presidente, e poi chiudo rapidamente. Nel momento in cui c'è un insediamento produttivo in Veneto, che, però, ha anche un'unità produttiva in Puglia e viene tutto consolidato in Veneto, ebbene quel fatturato è prodotto in Puglia o in Veneto? Questo non lo si può dire e questo significa che non possiamo definire in maniera adeguata il principio con cui devono essere distribuite le risorse. Chiudo, Presidente, con un'unica cosa.

PRESIDENTE. Concluda.

GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Questa autonomia differenziata è in contrasto con la Costituzione, specialmente con il comma 2 dell'articolo 3 della Costituzione, dove si dice che è compito della Repubblica, e non delle regioni, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale (lo si deve fare a livello centrale). Vorrei tanto conoscere gli economisti che hanno dato un parere positivo a questo provvedimento di legge, perché ho visto solamente dei costituzionalisti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pavanelli. Ne ha facoltà.

EMMA PAVANELLI (M5S). Grazie signora Presidente, oggi stiamo parlando di fatto dello “Spacca Italia”, perché l'autonomia differenziata voluta da questo Governo non è altro che uno spacchettamento in 20 staterelli del nostro paese. Ebbene, come ha detto prima di me il collega Dell'Olio, cosa faranno le nostre imprese, cosa faranno i nostri imprenditori, quelli che magari hanno sedi in più regioni o magari vogliono aprire sedi in più regioni? Lo dico perché questo non è possibile saperlo. Eppure, ci vantiamo tutti del nostro made in Italy, del nostro sistema Italia, sì, di quel sistema Italia che poche settimane fa, leggevo sulla stampa della grande preoccupazione, ad esempio, della grande distribuzione, che ha lanciato un allarme molto forte, perché le grandi aziende della grande distribuzione si ritrovano maggiormente nel Nord Italia, mentre la maggior parte dei prodotti agricoli vengono dal centro Sud. Allora, si domandano cosa succederà? Dovremmo pagare dei dazi per andare ad acquistare i pomodori dalla Campania o dalla Calabria? Dovremmo comunque pagare dei dazi in Sicilia per acquistare le arance siciliane?

Ecco, queste sono domande su cui nessuno in quest'Aula, nessuno di questa maggioranza, ci ha mai risposto, neanche nelle Commissioni. Voglio parlare della mia regione, se mi permette, signora Presidente, della nostra regione, che non è né il Nord, né il Sud, ma già oggi, dopo 5 anni di Governo della Lega, ci ritroviamo con una regione con più pensionati che lavoratori, ci ritroviamo con una regione del centro Italia con gli stipendi più bassi, ci ritroviamo con una regione, anzi la terza regione d'Italia, per rinuncia alle cure mediche. Questa è la Lega del Ministro Salvini, che continua a dire che dove le regioni non funzionano devono cambiare colore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Ebbene, siete voi siete voi della maggioranza che avete portato la mia regione in questo stato!

Allora, mi domando cosa succederà al più grande cantiere d'Europa, quello del centro Italia, quello del sisma del 2016. Ministro Calderoli, magari qualcuno della sua parte politica dovrebbe rispondere a quei cittadini. Cosa succederà al prossimo evento sismico, perché le do una notizia: purtroppo, è ciclico, noi in Umbria ne sappiamo qualcosa, perché ogni tot anni, purtroppo, abbiamo un evento sismico! Chi ci aiuterà con queste cifre, con questi dati a poter ricostruire la nostra regione? E le dico di più, già sta succedendo: un piccolo sisma, poco più di un anno fa, ha colpito l'Umbria. Ad oggi non avete dato un solo euro per la ricostruzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Questo è quello che sta succedendo già oggi ed è quello che volete portare avanti.

Ministro Calderoli, il sistema Italia, il sistema produttivo in Italia è interconnesso e abbiamo un'emergenza in questo momento ed è il tema dei temi: l'energia. Mi dica lei come la mia regione, 850.000 abitanti, potrà competere con la regione Lombardia con 10.000.000 di abitanti. Dovrà andare a fare degli accordi internazionali per avere un po'di gas? Dovrà andare a pagare dei dazi per usare i porti delle altre regioni? Lo dico perché le do un'informazione: l'Umbria non ha il mare, non ha un porto. Cosa succederà? Le nostre imprese dovranno andare via dalla mia regione e così da tutte le regioni che non hanno quelle infrastrutture necessarie per poter avere un'economia degna di questo nome?

Allora, signor Ministro, tramite la Presidente, mi chiedo quale sia il vostro vero disegno, se non uno “Spacca Italia”, se non la secessione del Nord dal resto d'Italia, se non mettere soltanto un puntino per la vostra campagna elettorale, quando contemporaneamente state affossando il nostro Paese. Viva l'Italia e viva l'Italia antifascista (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Torto. Ne ha facoltà.

DANIELA TORTO (M5S). Grazie Presidente, intanto tanta solidarietà ai 4 superstiti che abbiamo qui nell'emiciclo destro del Parlamento. Da 238, a mano a mano, ogni minuto ne perdiamo uno: siamo arrivati a quota 4. Ebbene, Presidente, io voglio dirlo subito ed è importante dare il giusto nome alle cose, perché altrimenti la realtà viene mistificata e si rischia di dare vita ad una narrazione che si chiama bugia ed è quanto accade oggi con questo provvedimento. I colleghi di maggioranza si ostinano a chiamare questa proposta legislativa un'autonomia differenziata che, di fatto, è tutta un'altra cosa, perché un Governo serio, che vuole davvero bene al proprio popolo, dovrebbe dare all'Italia uno strumento capace di garantire un'equa distribuzione delle risorse e dei servizi su tutto il territorio nazionale. Qui, invece, non c'è un solo euro pronto a garantire tutte le regioni nello stesso modo e soprattutto i servizi essenziali, quelli minimi per i cittadini italiani. Queste pagine oggi sono soltanto una presa in giro, perché questa legge, a saperla leggere - ripeto: a saperla leggere -, è semplicemente la legge distruggi-Italia, lo smembra-Italia. Questo è quello che state realizzando (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ecco il giusto nome. Annunciate un pasticcio pericoloso come fosse un regalo agli italiani, però stamattina qualcuno ha avuto il coraggio di dire la verità, perché il capogruppo della Lega, Molinari, ha confessato il vero: oggi è una giornata importante per la Lega di Matteo Salvini. Finalmente, l'unica cosa sensata che abbiamo sentito dire finora e in tutto questo, in queste ore, arriva la trovata comunicativa di Giorgia Meloni, quella che mentre qui si compie il sacrificio dell'Italia viene a Pescara ad imporci di chiamarla Giorgia. E sì perché questa è la tecnica con cui ci si finge la donna del popolo. Ebbene, diciamo pure che la stessa Meloni oltre un anno fa entrava però a Palazzo Chigi, non a Pescara, ed altro che Giorgia. No, lei firmava una circolare per farsi chiamare il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Alla faccia delle donne, alla faccia della parità di genere. Che cosa non si fa per una manciata di voti in più, colleghi. Presidente le dirò di più. In questi giorni, mentre i nostri colleghi della Commissione affari costituzionali difendevano i diritti del popolo, davano voce a quelle e-mail di tantissimi cittadini che gridano che l'autonomia differenziata non è a loro nome, dalle spiagge pescaresi, invase e occupate con prepotenza dal partito di Fratelli d'Italia, la Premier Meloni ha parlato di un'Italia unita e coesa che porterà in Europa e poi, a neppure 24 ore di distanza, ci presenta qui a Roma, in quest'Aula, con ostinazione, una legge che divide gli italiani e li divide tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Una legge che pone la parola fine ai princìpi di solidarietà e di fratellanza tra le comunità di una stessa regione e di una stessa Nazione. Altro che Fratelli d'Italia, voi, cari colleghi, siete fratelli di qualcun altro, ma di sicuro non dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Senza dubbio sorelle, fratelli, parenti, cugini e amici, ma per il resto siete soltanto i veri nemici degli italiani e di questo dovete ringraziare la Lega, cari Fratelli d'Italia, che oggi vi piega alla loro propaganda elettorale. Qualcuno parla nel merito di questo progetto e allora diciamolo che cos'è nel merito questo progetto. È dare l'Italia nelle mani di egoismi regionali, condannare i nostri malati ad emigrare per curarsi, legalizzare la guerra al prossimo, ridurre alcune regioni a discarica di rifiuti di altre regioni. Legittima lo sfruttamento, la manovalanza a basso costo, l'instabilità economica e lavorativa. Questa è la vostra legge, la legge del popolo differenziato, tutt'altro che l'autonomia differenziata.

Chiudo, Presidente, non senza ricordare cosa è avvenuto in questi giorni in I Commissione, perché, suo tramite, voglio sbloccare un ricordo d'infanzia al presidente e collega Nazario Pagano, perché signora Presidente, nonostante gli appelli rivolti dai cittadini e dalle opposizioni è stato proprio un esponente di Forza Italia a salvare questo provvedimento, Forza Italia, il partito di Tajani che ammoniva Zaia di prendersi più tempo…

PRESIDENTE. Concluda.

DANIELA TORTO (M5S). Mi avvio a concludere. Presidente, lei ha presente quando i bambini giocano e, ad un certo punto, un bambino più prepotente di un altro grida al fermo gioco, perché ha capito di non vincere? Questo ha fatto il presidente della I Commissione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ora, però, qui non siamo all'asilo e non siamo neppure poppanti, Presidente, siamo uomini delle istituzioni, donne delle istituzioni e dovremmo garantire i diritti degli italiani, cosa che questa maggioranza non fa. Ecco, io credo che dopo la stampa di Stato, dopo il bavaglio al libero pensiero e dopo la fine della trasparenza delle procedure parlamentari, quest'Italia debba essere riconsegnata a chi grida un Governo antifascista e non se ne vergogna (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). La ringrazio, signora Presidente. Oggi, voglio portare in Aula la voce di un bambino calabrese che si chiama Leonardo. Leonardo ha un'aspettativa di vita, in buona salute, di 12 anni in meno rispetto a un bambino di Bolzano, perché purtroppo in Calabria la mortalità infantile raggiunge i picchi più alti d'Italia. Leonardo ha scarsa possibilità, insomma, di avere una qualità della vita e un'aspettativa di vita uguali a quelle di un suo coetaneo di una regione del Nord, anche perché la differenza di posti letto tra Nord e Sud è ampissima, se consideriamo che al Nord, secondo un rapporto dell'Istat, ci sono 10 posti letto ogni 1000 abitanti e al Sud soltanto 3 posti letto ogni 1000 abitanti, solo l'11 per cento del totale dei posti letto complessivi di tutta Italia e stiamo parlando della sanità, signora Presidente e signor Ministro, quella sanità che è già regionalizzata, quella sanità che è stata purtroppo un antipasto dell'autonomia differenziata che voi volete portare rispetto a tante altre materie di interesse, che riguardano diritti sociali e diritti civili di cui voi non vi curate.

Signora Presidente, sinceramente, dal Governo guidato da una donna, da una madre, da una cristiana, ci saremmo aspettati che avesse a cuore il destino di quei bambini e di quelle bambine, ci saremmo aspettati questo, non ci saremmo sicuramente aspettati un Governo, invece, che decide di spaccare il Paese in due, che acuisce le differenze territoriali, che svende il Paese per ottenere in cambio dei pieni poteri, che piega le istituzioni e i Regolamenti al proprio destino e alla propria sopravvivenza politica, perché oggi è proprio questo quello che state facendo.

Presidente, noi siamo qui, oggi, per portare la voce di tutti quei cittadini e quelle cittadine che sono contrari a questa riforma e sono contrari per dei motivi ben precisi che non ci stiamo inventando noi, oggi, in Aula, o il resto delle opposizioni, ma che ci sono stati consegnati da autorevoli esperti, da autorevoli auditi che abbiamo ascoltato durante l'esame in Commissione. Siamo contrari perché voi pretendete l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, senza attuare l'articolo 119 della Costituzione, che prescrive che ci sia un Fondo di perequazione territoriale che, invece, voi avete tagliato. Siamo contrari perché voi volete attuare l'articolo 116 della Costituzione, senza attuare l'articolo 3 della Costituzione, che dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e non introdurne di nuovi. Siamo contrari perché questa riforma svuota il bilancio dello Stato, come ci ha detto un autorevole esperto in materia di bilancio dello Stato, il Governatore della Banca d'Italia, Visco, che ha parlato di effetti pesanti per le politiche di bilancio e come ci ha dimostrato, signora Presidente, il COVID quando, proprio le regioni del Nord, hanno usufruito del bilancio dello Stato in un momento in cui erano in difficoltà. Siamo contrari perché questa riforma porterà a una giungla legislativa e burocratica e a tanti sistemi giuridici differenti, tra i quali sarà difficile barcamenarsi, in barba alla semplificazione normativa. Siamo contrari perché questa riforma svuota lo Stato centrale e il Parlamento verrà espropriato di proprie fondamentali funzioni.

Allora, ci chiediamo: ma il Premier forte che volete istituire con la riforma del premierato in cambio dell'autonomia differenziata a che cosa vi servirà? A governare uno Stato svuotato delle proprie funzioni e svuotato delle proprie competenze? E a fronte di tutti questi nostri rilievi che sono circostanziati, seri, argomentati, la vostra risposta qual è stata?

Esibire una maglia con uno slogan, “il vento del Nord”, facendo indignare 44 milioni di cittadini, che non si sentono né cittadini del Nord, né cittadini del Sud, ma si vogliono sentire i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), cittadini con diritti e doveri uguali per tutti, e non cittadini di serie A e cittadini di serie B. Questa è stata la vostra risposta, una risposta con cui, già lo abbiamo capito, voi fate carta straccia della Costituzione, in barba all'articolo 67, che vi dice che il parlamentare rappresenta la Nazione e non soltanto alcune regioni, e in barba all'articolo 3, che ci dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli.

Allora io mi rivolgo, tramite lei, signor Presidente, alla Presidente Giorgia Meloni, detta Giorgia: vuole scendere in campo? Scenda in campo. Scenda in campo per gli italiani. Scenda in campo per tutelare l'unità nazionale. Scenda in campo per garantire a tutti i cittadini e le cittadine uguali diritti, non per spaccare il Paese. Il collega Candiani, poc'anzi, ha detto che noi non abbiamo capito qual è il vostro reale progetto. Noi abbiamo capito qual è il vostro reale progetto, ce l'avete detto: voi volete fare le gabbie salariali, volete ghettizzare i bambini disabili all'interno delle classi, volete che i medici del Sud guadagnino meno dei medici del Nord, ce l'avete detto chiaramente, sono le parole di vostri esponenti. Ecco, se questo è il vostro progetto, signora Presidente, noi non ci stiamo, non in nostro nome (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Quartini. Ne ha facoltà.

ANDREA QUARTINI (M5S). Grazie, Presidente. Quando ho sentito parlare di vento del Nord, mi è venuta in mente la tramontana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle): un vento gelido, rigido, freddo, anzi freddissimo. Ma mi è venuta in mente anche la discesa dei Barbari, degli Unni, dei Vandali, dei Visigoti, degli Ostrogoti, dei Longobardi. Oggi, mi sembra che la maggioranza faccia suonare le trombe alla Lega Nord. Bene, Presidente, io le dico che i cittadini suoneranno le loro campane (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non accetteranno mai queste imposizioni. È una cosa inaccettabile. Questo disegno di legge rappresenta, di fatto, una mortificazione formale e sostanziale dello stesso assetto democratico del Paese. Una frattura di dimensioni incalcolabili.

Eppure, avevamo già verificato cosa voleva dire regionalismo differenziato, ne abbiamo avuto un esempio drammatico rispetto alla tutela della salute, governata proprio dal regionalismo differenziato, con disuguaglianze inaccettabili, senza le stesse garanzie per chi nasce in zone diverse del Paese. L'aspettativa di vita è minore al Sud. I tassi di mortalità evitabile sono maggiori al Sud. La speranza di vita in buona salute: 20 anni fra i due estremi della Penisola. La mortalità infantile è doppia al Sud. La mortalità materna al parto è maggiore al Sud. Ci sono viaggi della speranza e migrazione sanitaria che stanno rendendo le regioni del Sud clienti delle regioni del Nord, i cittadini del Sud clienti delle strutture sanitarie private del Nord, e non a vantaggio dei cittadini del Nord, ma delle lobby delle cliniche private convenzionate, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

E che dire del divario tra i servizi sociali? Tra i 583 euro a testa per i cittadini di Bolzano e i 53 euro a testa dei cittadini di Messina. Con questo regionalismo, che da differenziato diventa potenziato, il diritto alla salute, uno e indivisibile, che concorre all'assetto democratico del Paese, verrà violato in modo intollerabile e scandalosamente vergognoso: i LEP, peraltro, privi di risorse, e questa autonomia, che precede il recupero dei divari esistenti, per i quali avevamo ottenuto, grazie al Governo Conte, 209 miliardi del PNRR (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non solo. In questo provvedimento non si prevedono clausole di supremazia per lo Stato nazionale, fondamentali ad esempio in caso di pandemia, dalla quale non avete imparato nulla, definanziando ulteriormente il Servizio sanitario nazionale. Le regioni avranno mano libera su ticket e tariffe, sui fondi integrativi, con il rischio di ritornare alle vecchie mutue. E questo vale anche per i cittadini del Nord: avremo concorrenza selvaggia sull'acquisizione delle risorse umane e dumping salariale. Presidente, questo Governo e questa maggioranza stanno aggravando il collasso sanitario del Sud e stanno dando il colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale. Un disastro che violerà la più grande conquista sociale di questo Paese. Di fronte all'assenza di risorse per i LEPS, peraltro, si sancisce la subordinazione delle prestazioni alle risorse, quando la giurisprudenza costituzionale ci dice che è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.

Presidente, mi avvio alle conclusioni. Il combinato disposto fra Premierato e autonomia di fatto inserisce in questo Paese, purtroppo, una democrazia autoritaria, già vista nelle Commissioni. E guardate, non azzardo nulla se dico che è un progetto etimologicamente diabolico. Diabolos, in greco, significa colui che separa, colui che divide, colui che inganna, colui che lacera. Inganno che ha come effetto la separazione, l'inimicizia tra gli uomini, coerente con chi vuole fare classi differenziali rispetto ai bambini con disabilità. Non potrete farlo in nostro nome, viva l'Italia antifascista (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Carmina. Ne ha facoltà.

IDA CARMINA (M5S). Grazie, Signora Presidente. Sottosegretario, Governo e onorevoli colleghi, vi do una grande notizia: noi non siamo contro l'autonomia, se correttamente intesa nell'assetto della Costituzione italiana, perché qui sembra che le forze di minoranza siano non autonomiste. No, ma partiamo dall'articolo 5, che fa l'affermazione di un principio che è di carattere immodificabile: l'Italia, una e indivisibile. Al secondo comma dice: riconosce e promuove le autonomie locali. Su questo siamo perfettamente d'accordo, se intendiamo l'autonomia come attribuzione di potere di indirizzo politico, di scelta, di regolamentazione, di dotarsi di regole di organizzazione degli enti locali che sono più prossime ai cittadini, nel riconoscimento delle peculiarità dei territori, della loro storia, tradizione e anche, soprattutto, della vocazione dei territori, perché nessun territorio sia sacrificato e trattato da colonia, usato, stuprato a vantaggio di altri. Infatti, i cittadini di un territorio devono poter scegliere il proprio destino e non essere sacrificati per interesse di altri, come è avvenuto sino a oggi per i cittadini del Sud a vantaggio del Nord, con una questione meridionale che non è stata mai risolta e che è questione nazionale, perché i cittadini del Sud non hanno niente da pietire, ma rivendicano diritti che, a oggi, sono stati negati. E nel rispetto di questi territori, penso a Gela, mi viene da pensare a Gela, laddove una colonia della Magna Grecia, bellissima, è diventata sede di un petrolchimico che ammorba l'aria e che ora, che non trova più convenienza, ha lasciato il territorio senza fare le bonifiche dovute. Mio cugino Nenè, a 46 anni, è morto di tumore, lasciando 2 bambine e mia cugina vedova, che non aveva neanche uno stipendio e come campare. Tante altre parti della Sicilia sono devastate a vantaggio del Nord industriale, per dare loro quell'energia che ancora oggi succhiano, devastando le nostre terre, perché quello è interesse strategico nazionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma ora saranno trasferite le competenze sulle energie, e penso alla mia Porto Empedocle, l'interesse strategico nazionale di fare un pericolosissimo rigassificatore onshore nella buffer zone della Valle dei Templi, sotto la casa natale e il monumento funerario di Luigi Pirandello, uno dei 6 premi Nobel italiani.

Ebbene, tre di questi sono delle isole, Grazia Deledda è sarda e due sono siciliani, Quasimodo e Pirandello, sono della mia Agrigento, una delle zone più povere, ma forse più ricche di intelletto.

Questo modo di sentire forti uomini che hanno pensieri deboli noi non lo accettiamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Noi non siamo contrari all'autonomia, ma siamo contrari a un progetto di autonomia differenziata che sostituisce il centralismo statale con un centralismo regionale discriminatorio, egoistico, non solidale, che frantumerà l'Italia. È una secessione mascherata, con la scusa di attuare l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, mentre, in realtà, quello che si attuerà sarà il trasferimento di 23 materie e 500 funzioni alle regioni che se lo potranno permettere e che utilizzeranno le proprie risorse a questo fine. E quelle che non possono?

Bene, ci sarebbero tante cose da dire. Sicuramente, c'è da dire che questo progetto è il segno della disperazione del Nord che non trova altro rimedio che frantumare l'Italia e rivendicare la Lombardia. La Lombardia è al quarantesimo posto fra le regioni, è scesa di 40 posti rispetto alle altre regioni trainanti d'Europa e solo l'unità potrà salvarci, non certo spezzare l'Italia e renderla una selva di staterelli in cui vengono negati i diritti alle regioni più povere.

Quella che ha fatto grande l'Italia, che ha consentito la ricostruzione dopo una guerra disastrosa è stata l'unità, non l'unità giuridica, ma il sentimento di unità che partiva dai giovani del Risorgimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Io stasera voglio ricordare Goffredo Mameli che, a ventuno anni, fece l'inno d'Italia, quell'inno che dice: “Stringiamoci a coorte. Siam pronti alla morte. L'Italia chiamò”. Noi, per questa Italia, in memoria di questi giovani, lotteremo fino alla fine.

Fratelli d'Italia si guardi allo specchio prima di continuare con questa denominazione e Forza Italia tolga Italia dal suo nome, perché sarebbe più coerente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Donno. Ne ha facoltà.

LEONARDO DONNO (M5S). Grazie, Presidente. Parlo ai superstiti di questa maggioranza, ma soprattutto ai cittadini. Questo Governo sta portando avanti misure capaci solo di incrementare le divergenze nel nostro Paese. Parliamo, purtroppo, di una classe politica, quella di centrodestra, che è pericolosa e inadeguata, un Governo di patrioti - così si definivano -, che però svende l'interesse nazionale e mina l'unità nazionale.

Davanti a differenza, a disparità già esistenti - sono tantissime -, questo Governo e il centrodestra lavorano per crearne di ulteriori, per creare ulteriori ostacoli alla crescita e allo sviluppo dei nostri territori. Eppure, in campagna elettorale, come dicevo, si definivano patrioti. Forse, non hanno capito bene che cosa voglia dire essere patrioti, perché, evidentemente, non hanno idea di quello che stanno combinando.

Allora, vorrei ricordare io quello che stanno facendo, quello che hanno fatto in appena un anno e mezzo. Non state aiutando le imprese, tant'è che le state facendo fallire, le avete completamente abbandonate. Avete detto di no al salario minimo per 4 milioni di lavoratori sottopagati, che prendono paghe da fame, eppure siete stati prontissimi a dire sì ad un salario massimo per l'ex Ministro Brunetta, vostro amico, al quale avete regalato uno stipendio massimo di 240.000 euro l'anno. Avete abbandonato i cittadini in difficoltà, state facendo una guerra vergognosa e indegna ai poveri, ai cittadini in difficoltà. Avete detto sì, inchinandovi, a quei falchi dell'austerità che sareste dovuti andare a combattere. In Europa, diceva la Meloni, stavano tremando, perché stava arrivando lei. Bene, siete andati lì e loro tremavano? No, ridevano, perché vi siete inchinati, accettando un Patto di stabilità che condanna l'Italia a manovre lacrime e sangue da qui ai prossimi anni e a tagli oppure a ulteriori tasse per almeno 13 miliardi all'anno. Un Governo di patrioti, dicevo prima. Sì, avete tagliato, per esempio, anche i fondi alla sanità pubblica, costringendo i cittadini a ricorrere, per curarsi, ai propri risparmi oppure, addirittura, a fare prestiti. Altri, invece, che purtroppo non si possono permettere né di avere risparmi né di fare prestiti stanno rinunciando a curarsi e con l'autonomia differenziata sarà ancora peggio.

E, ancora, avete colpito anche le case degli italiani, che stanno subendo un aumento scellerato delle rate dei mutui, perché i tassi di interesse sono saliti alle stelle. E voi che cosa dovevate fare? Dovevate aiutare queste famiglie, anche qui, dovevate tendere una mano alle persone in difficoltà. Invece cosa avete fatto? Avete tutelato le banche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che, nel 2023, hanno fatto 40 miliardi di euro di utili! Si poteva andare a recuperare una parte di queste risorse per aiutare gli italiani in difficoltà, almeno 4 miliardi di euro. Che cosa avete fatto? Avete reso questa tassazione facoltativa e, quindi, gli italiani in difficoltà - quasi 2 milioni -, che rischiano di perdere la casa, anche a causa della vostra inefficacia e inefficienza, purtroppo sono stati completamente abbandonati. Forti con i deboli e deboli con i forti. Ma io dico, non vi vergognate? Quando lavorate e quando fate questi provvedimenti, veramente non provate un minimo di vergogna? Ci state trascinando con le vostre manovre - anzi, non manovre - verso il baratro economico, verso il baratro sociale e lo vedremo da qui ai prossimi mesi.

E arriviamo all'autonomia differenziata. Con l'autonomia differenziata state mettendo in pericolo l'unità nazionale, perché ci state portando verso la secessione economica, sociale e culturale, la secessione dei ricchi, qualcuno l'ha definita. Poi mi vorrei rivolgere al Ministro Calderoli e vorrei fargli anche gli auguri, perché in questo mese festeggia ben 32 anni in Parlamento, 32 anni nelle istituzioni. E come festeggia il Ministro Calderoli? E come dovrebbero festeggiare gli italiani? Il Ministro Calderoli, in questi suoi tanti anni di onorata carriera in Parlamento, ci ha regalato una delle leggi più belle, la legge elettorale che anche lui stesso ha definito una “porcata”, il “Porcellum”. Ministro, lei vuole festeggiare questi suoi 32 anni con un'altra “porcata” sulla pelle dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Vuole festeggiare con la secessione dell'Italia?

Presidente, concludo. State mettendo - ed è questa la verità - davanti all'interesse nazionale, che dovreste tutelare, l'interesse di partito, gli interessi della vostra maggioranza, perché, è stato detto ampiamente anche dai colleghi prima - concludo, Presidente -, qui c'è in atto uno scambio politico tra le forze di maggioranza fatto sulla pelle dei cittadini. Io vorrei rivolgermi ai colleghi di centrodestra della mia regione o del Sud Italia, ma non ci sono, evidentemente sono già partiti per il ponte già da qualche ora, da qualche giorno, e vorrei chiedere: ma come farete a tornare sui vostri territori, sui nostri territori, a dire che avete tutelato l'interesse dei nostri concittadini? Quando tornerete, con che faccia tornerete?

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

LEONARDO DONNO (M5S). Vi dovreste vergognare per quello che state facendo e noi, da parte nostra - e concludo, Presidente -, continueremo a raccontare la verità ai cittadini, non solo in campagna elettorale, come state facendo adesso, ma, soprattutto, quando non c'è la campagna elettorale, mettendoli in guardia dai pericoli che state portando avanti con i vostri provvedimenti e, soprattutto, raccontando la verità.

Non ci fermeremo con le nostre battaglie, dentro e fuori il Parlamento. Siamo convinti che i cittadini saranno dalla nostra parte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1665​)

PRESIDENTE. I relatori hanno esaurito i tempi per le repliche.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Prego, Ministro.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Grazie, Presidente. Visto che sono stato anche accusato di essere afasico, non ho fatto la replica alla fine della discussione preliminare in Commissione, perché, il venerdì di 15 giorni fa, alla conclusione dalla stessa, eravamo presenti io e l'onorevole Auriemma, che ha condiviso con me e con l'onorevole Stefani, che non c'erano le condizioni per replicare. Direi che è abbastanza simile a quell'occasione con i rapporti numerici…

CHIARA BRAGA (PD-IDP). Si giri dall'altra parte!

PRESIDENTE. Onorevole Braga…

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Io mi giro dove voglio, mi scusi, perché l'articolo 67 vige anche per me…

PRESIDENTE. Ministro, mi perdoni, ma non si rivolga direttamente ai deputati. Ho ripreso l'onorevole Braga, lei svolga, come è giusto che sia - e fateglielo fare, colleghi -, il suo intervento. Prego.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Grazie, Presidente. Mi viene in mente, alla fine di questa discussione generale, un film che ho visto 3 anni fa, Don't Look Up, in cui il Presidente degli Stati Uniti, Meryl Streep, alla luce dell'arrivo di un meteorite che minacciava la Terra, previsto da tutti gli scienziati, aveva risolto il problema dicendo: guardate per terra, non guardate per aria, e il problema del meteorite è risolto. Poi, il meteorite è arrivato. Io temo che ci troviamo, in questo momento, in quelle condizioni.

Io ho sentito 69 audizioni, più un contributo scritto di Banca d'Italia, 72 interventi in discussione generale e 54 che ci sono stati di oggi e da tutti è sempre stata rappresentata un'immagine di un Paese sperequato, di una divergenza assurda dei servizi e, quindi, anche dei diritti che vengono garantiti ai cittadini, cosa che mi è assolutamente nota. Il problema è che non è sufficiente da parte degli esperti, piuttosto che dai parlamentari, solo individuare le problematiche e i problemi, perché io vorrei trovare anche qualche soluzione (qualche soluzione per me). Qualcuno dice che l'autonomia differenziata incrementerà queste dicotomie del Paese. Io dico che per me è esattamente il contrario e se vogliamo arrivare a superare quelle dicotomie dobbiamo applicare l'autonomia differenziata, perché diversamente il futuro davanti è veramente nero, cioè quelle sperequazioni rischiano di essere ulteriormente aggravate. Lo dico non sulla base di numeri modello, perché ciascuno dice cifre diverse e probabilmente non sempre coincidenti, perché da un deputato all'altro cambia la durata media della vita, la diversità tra il Nord e il Sud, la spesa pubblica a livello territoriale e a livello regionale. Mi riferisco a dati statistici ufficiali come quelli di Eurostat, che ha fatto una valutazione di 20 anni dei primi tre cicli di politiche di coesione e di convergenza. Ha funzionato a livello nazionale dal 2000 al 2020? Direi, rispetto a quello che abbiamo sentito da tutti, di no. Il divario fra Nord e Sud del Paese è rimasto sostanzialmente identico. Abbiamo, invece, la verifica di una scarsa convergenza anche rispetto alle regioni italiane e rispetto alle regioni europee, per cui, purtroppo, qualcuno ha detto - e aveva ragione - che dal 2000 al 2006 nelle prime 25 c'erano 5 regioni italiane mentre oggi ce n'è una sola e tutte sono al di sotto, nel periodo 2000-2020, di quel 2,73 di crescita media che si riscontra a livello europeo. L'OCSE ci dice anche la motivazione, perché, come altre realtà statali hanno visto le loro regioni, siamo andati in quella che si chiama la trappola dello sviluppo, che ha colpito tante Nazioni, tante regioni, in particolare quelle più produttive rispetto alle altre, legate a un alto costo della produzione di beni e servizi a scarsa redditività, a una manodopera scarsamente specializzata, purtroppo a una crisi demografica importantissima che c'è all'interno del nostro Paese, e l'OCSE dice che per uscire da questo stallo è necessario dare uno shock politico, che i rappresentanti di tale organizzazione individuano nel decentramento asimmetrico dei governi sub-nazionali, ovvero l'autonomia differenziata.

Io ho ascoltato con attenzione anche gli interventi dei nostri governatori. Quando ho sentito il presidente della provincia di Bolzano, Kompatscher, questi ha raccontato la storia della sua provincia, che usciva da una realtà post-bellica, fino all'inizio degli anni Settanta, drammatica. Residuo fiscale positivo, quindi maggiore spesa rispetto a quella che era la produzione di ricchezza che si realizzava a livello provinciale, una fortissima emigrazione e assistenzialismo da parte dello Stato nei confronti della regione. Nel 1972, mi sembra, hanno approvato lo statuto speciale della provincia di Bolzano. Da allora in poi, c'è stato un ritorno sul territorio di coloro che erano emigrati, c'è stata una forte ripresa della natalità, che fa vedere in testa Bolzano e Trento, in questo momento, come crescita demografica, un PIL pro capite medio della provincia che è il primo in Italia, una forte ripresa del turismo e una situazione di benessere, al punto che si è creato un fondo per i comuni disagiati, quelli che sono confinanti con il Friuli e con la Valle d'Aosta, e il Fondo dell'ODI, dove, con 80 milioni, si vanno ad aiutare i comuni confinanti rispetto a quelli delle province e le regioni a statuto speciale. Io mi sono chiesto se è giusto indennizzarli. Assolutamente, si trovano a competere con realtà completamente diverse, ma mi chiedo: vale la pena dare solo risorse oppure non conviene dare anche a loro maggiore autonomia e, quindi, dargli la possibilità di riprendersi? Io credo che quello che si è verificato a Bolzano potrebbe realizzarsi anche in numerose realtà del Mezzogiorno d'Italia. Qualcuno risponde: ma a Bolzano è facile, con tutti i soldi che hanno. Io aggiungo che, in questo momento, Bolzano ha anche un residuo fiscale negativo, ovvero quelle che sono le spese della macchina pubblica, quindi comuni, province, regioni, Stato e città metropolitana (anche se in questo caso non ce l'hanno), è nettamente inferiore rispetto a quello che viene prodotto sul territorio in termini di entrate fiscali e non fiscali. Quindi, quando io sento, in Commissione, che il presidente Marsilio è venuto a dirci che “io non sono l'unica regione d'Italia che non ha chiesto l'autonomia differenziata”, dico che è vero, l'Abruzzo è l'unica regione d'Italia che non ha chiesto l'autonomia differenziata. Però, lui mi dice io non vedo il perché io debba chiudere un ospedale di montagna, perché c'è una legge dello Stato che mi impone i parametri secondo i quali io devo chiudere questo ospedale. Se io sono in condizioni di poterlo mantenere con le risorse che la regione ha, non vedo perché non debba poter continuare a tenerlo aperto. Lo stesso Marsilio dice: perché devo chiudere un plesso scolastico, sulla base del decreto Lorenzin, quando, se io ho le risorse per poterlo tenere aperto, anche se in condizioni di difficoltà e di marginalità, lo voglio tenere aperto (Commenti della deputata Pavanelli)? Ci vedete qualcosa di eversivo nella volontà di chiedere questo? Lo stesso presidente Giani, della regione Toscana è interessato a due materie. Alla materia della tutela dei beni culturali, perché vuole tenere aperta la villa di Napoleone all'Isola d'Elba, che diversamente, invece, gestita dallo Stato, deve chiudere proprio durante il periodo dell'anno in cui c'è maggior turismo, e vuole la gestione del geotermico, perché il 40 per cento della produzione di geotermico in Italia è localizzato proprio in Toscana. Oppure ancora, le richieste che mi venivano, per esempio, dal presidente De Luca: perché io non posso decidere se andare a dragare i miei porti, oppure costruire delle nuove banchine e devo chiedere, invece, sempre un consenso che dovrebbe venirmi da Roma? Io non ci vedo nulla di eversivo. Oppure il presidente Occhiuto, che dice: ho forti richieste per costruire parchi eolici offshore, ma interesse economico zero per la regione e per i cittadini della Calabria; se avessi una compartecipazione, come io stesso ho dato, alle royalty dell'energia in Basilicata, sarei interessato a questi temi. Questo vuol dire spaccare il Paese? No, io credo che vuol dire dare quegli strumenti di specializzazione in capo a ciascuna regione e non credo che si debba … Ho finito il tempo, Presidente?

PRESIDENTE. No, si figuri, stavo richiamando i colleghi.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Quindi, perché l'autonomia? Perché, qualcuno l'ha ricordato, è prevista dalla nostra Costituzione all'articolo 5, che non è la riforma del Titolo V, è un articolo che è sempre stato presente nella nostra Costituzione: “La Repubblica, unica e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”. E sempre nell'articolo 5 c'è il principio della sussidiarietà, come a livello dell'articolo 118, ovvero, l'erogazione del servizio che avviene a livello più prossimo all'utente, cioè al cittadino, solitamente, a determinate condizioni, ovviamente, avviene in condizioni migliori rispetto a quello che capita da lontano. Di più, qualcuno in Commissione mi diceva: ma chi è che dice che l'autonomia differenziata convenga, che la gestione da parte dei livelli sub-nazionali sia più efficiente rispetto a quella dello Stato? È un dato numerico, perché lo Stato spende troppo. Fonte Istat, anno 2009, per 100 euro che si spendevano nel 2009, lo Stato, nel 2022, ne ha spesi 173; gli enti locali, anno 2009, hanno speso 100 euro che sono diventati, nel 2022, 106 euro e, quindi, assolutamente in linea col piano dell'inflazione. Le spese delle regioni da 100 euro sono scese a 86 euro, cioè sono addirittura scese rispetto a quella che era la spesa di 15 anni prima.

Si spende troppo e per me si spende anche male, perché in alcuni casi la spesa non si giustifica. Faccio l'esempio di una materia incontestata e incontestabile che nessuno vorrà mai trasferire: la giustizia. Che classifica ha rispetto agli altri Paesi del mondo? Siamo 156° su 161 e spendiamo di più che nei Paesi occidentali, con la resa che vi ho appena detto. Qualcuno ha parlato lungamente del problema dell'istruzione, poi, quando parleremo delle materie affronteremo anche il discorso delle norme generali sull'istruzione, però, noi spendiamo poco meno della media rispetto all'istruzione, con il risultato che nelle materie scientifiche noi siamo, all'interno del sistema OCSE, al trentunesimo posto su 36 o 38, a seconda della fonte che si registra.

Allora, non è che ci sia questa luce nel cielo quando una cosa è statale e quando questa cosa invece è gestita a livello regionale diventa pericolosa. È stato contestato molto il discorso della sanità, una materia che è comunque concorrente e non è una materia che è stata data in gestione esclusiva a livello dello Stato. Però, con tutti i limiti del caso - per l'amor del cielo, conosciamo tutti i problemi della situazione della sanità in Italia, problemi probabilmente anche di risorse, perché siamo nettamente, in termini assoluti e comunque percentuali, al di sotto di quello che secondo il mio giudizio sarebbe necessario destinare alla spesa della sanità, stiamo anche pagando una programmazione abbastanza strabica di chi ha voluto mettere il numero chiuso e ha voluto imporre dei parametri nazionali, a cui si sta ponendo un certo rimedio -, qualunque tipo di classifica internazionale vede l'Italia nelle prime dieci posizioni al mondo come sistema sanitario. Ci sono delle sperequazioni e delle differenze tra un territorio e un altro? Assolutamente, sì, ma il problema è che per buona parte la spesa sanitaria, che è qualcosa di diverso rispetto al Fondo del Servizio sanitario nazionale, avviene con una intesa che viene raggiunta tra tutte le regioni. Quindi, quando qualcuno dice: mi danno troppo o troppo poco e così via, ricordo che quando sottoscrivi un'intesa hai voluto dire sì, perché diversamente il riparto non si farebbe. Peccato che fino all'anno 2023 la ripartizione del Fondo avviene solo con un criterio di quota capitaria pesata per età. Quest'anno, nel 2023, per la prima volta vengono introdotti dei coefficienti di correzione, correttivi legati all'indice di mortalità e all'indice di deprivazione, in ragione dello 0,75 per cento, per un totale di 1 punto e mezzo di percentuale: tradotto in soldoni, sono quasi 2 miliardi che vengono redistribuiti con la base di quei due criteri che vi ho indicato.

Chi era il Ministro degli Affari regionali con cui si è raggiunta quell'intesa, con l'introduzione di quei nuovi due parametri? Era il sottoscritto. Fino all'anno scorso e negli anni precedenti, è sempre avvenuto in maniera diversa. Per la prima volta, si è introdotto questo primo criterio, che credo debba essere un criterio da usare in termini di fabbisogno e di costi standard, che dovrà valere non solo sui LEA, che probabilmente avrà bisogno di altri e ulteriori parametri, ma va applicato a tutte le materie trasferibili, trasferite o non trasferite, che comunque devono essere garantite su tutto il territorio nazionale.

Il primo a odiare i viaggi della speranza è il sottoscritto. Mi rendo conto di cosa voglia dire per una famiglia dover intraprendere non solo quel trasferimento, di quei 5 miliardi e rotti che sono lì, delle compensazioni necessarie per questi viaggi della speranza, ma anche quei disagi a cui vanno incontro la famiglia e il malato, perché, in tutti quei termini temporali, il primo a rimetterci è il malato stesso, è il cittadino. Io vorrei arrivare a un sistema per cui i viaggi della speranza non ci sono più, non perché non siano consentiti, ma perché, a livello di ciascuna regione, ciascuno ha il diritto di poter essere curato in termini di ultra specialità. Probabilmente - e qui la considero una necessità di differenziazione - noi, come dicevano gli Ottomani, siamo un Paese troppo lungo. È verissimo. Noi andiamo da Paesi che sono all'interno dell'Austria o della Svizzera, fino ad altri, come Lampedusa, che sono non a livello delle coste del nord dell'Africa, ma ben al di sotto di quella realtà. Ci sono quanti gradi di differenza, di aspetto geomorfologico e climatico, in termini di diversità, ma soprattutto di numeri? Cioè, noi abbiamo la provincia della Val d'Aosta, che ha 119.000 o 120.000 abitanti, poi abbiamo realtà di regioni ordinarie, come il Molise, e poi abbiamo realtà di 10 milioni di abitanti, per cui la Lombardia è più grossa dell'Austria. Quindi, è evidente che l'economia di scala che tu puoi produrre a livello di una realtà di 10 milioni di cittadini sia diversa rispetto a quella che è un quarto della mia provincia di provenienza, ossia Bergamo. Lì, vedo una formula di federalismo cooperativo, ma nel senso che le intese e gli accordi tra le varie regioni, soprattutto quelle piccole del Centro Italia, possano realizzare quei centri di specialità che non potranno magari essere presenti a livello di tutte le realtà regionali, ma, messe tutte a sistema, quelle regioni probabilmente sono in grado, magari appoggiandosi anche a regioni più grosse, di riuscire a realizzarlo.

Perché seguire la strada dell'autonomia? Io, la riforma del Titolo V, non l'ho votata nel 2001. Ho votato contro. Io sono stato accusato, anche in questi giorni, per quelle 23 materie che sono all'interno di quell'elenco delle materie trasferibili. Quelle 23 materie, non le ho inventate io, sono scritte nella Costituzione. È evidente che, se uno va a vedere la lettera l) e poi la lettera n), ossia le norme generali sull'istruzione, dire che l'articolo 116 sia strabico rispetto al 117 mi sembra di un'evidenza totale. Ma qui dentro non vuol dire che noi trasferiamo le norme generali sull'istruzione; è una delle materie che in Costituzione è scritto che potrebbe essere oggetto di quelle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.

Poi mi auguro che non ci sia mai un Governo che mette in discussione determinate materie, e quindi non avvii neanche il negoziato, né tantomeno che ci sia poi un Parlamento che, a maggioranza assoluta, le possa trasferire, ma, se ne avessi esclusa qualcuna, avrei forse cercato di modificare un assetto costituzionale che non posso cambiare con una legge ordinaria, ma secondo invece la previsione di quello che è il contenuto dell'articolo 138 della Costituzione.

Il tentativo di cambiare il Titolo V l'ho fatto nel 2005: votato 4 volte in Parlamento, purtroppo il referendum popolare mi ha messo sotto. La stessa cosa ha tentato di fare il Governo Renzi 10 anni dopo; votato dal Parlamento e bocciato al referendum. Questa modifica, piaccia o non piaccia, è stata sottoposta a un referendum popolare, che le ha detto di sì, e quindi questa è Costituzione vigente. Poi tutto va tradotto nei fatti cum grano salis e con un po' di buon senso, come sempre si dovrebbe fare.

Poi si è esagerato quando qualcuno diceva “le voglio tutte e 23” o “no, ne voglio una”? Una cosa è certa, non potevo girarmi dall'altra parte, perché comunque 14 regioni a statuto ordinario su 15, tranne l'Abruzzo, come avevo già detto, tutte le altre hanno chiesto una o più forme e condizioni particolari di autonomia. Le 5 regioni a statuto speciale hanno consegnato a noi, al Festival delle regioni, e al Presidente del Consiglio una richiesta in cui richiedono, prima di tutto, delle garanzie rispetto alla loro specificità e alla propria specialità, ma tutte richiedono anche ulteriori funzioni.

Quindi, Don't Look Up? No, voglio guardare in alto e vedere di seguire la strada del buon senso che mi possa portare a dare il migliore risultato possibile. È questo testo? Mi auguro proprio di sì, ho cercato di affrontare tutti i temi anche che mi venivano suggeriti lungo il percorso. I LEP vanno bene, non vanno bene? So solo una cosa, che la prima volta che è comparsa la lettera m) nel secondo comma dell'articolo 117 era nel 2001. Oggi siamo nel 2024, e tranne il sottoscritto e qualche raro caso, che, devo riconoscere, è stato fatto, anche a livello del Governo Draghi, qualche LEP lo si è individuato, ma ci si è fermati lì. Poi alla fine è difficile? Sì, però, se pago le tasse e lo Stato è estremamente puntuale nel dirmi quanta IVA, quanti scaglioni e aliquote che devo pagare, in funzione di questi dovrei avere la garanzia di determinati servizi e determinati diritti. Ma, se non faccio l'elenco della spesa di quali sono questi diritti e questi servizi a cui ho diritto, mi dite voi come può fare un cittadino a dire “non mi è stato garantito questo”, quando nessuno lo ha messo per iscritto? Ringrazio ancora il professor Cassese, i 62 professori che hanno lavorato un anno per mettere insieme e stanno continuando a farlo, e accanto a questo dovrà essere messo un costo, un fabbisogno standard. Quando mi viene venire detto che qui dentro non c'è un euro, tu non puoi fare una legge che non sia coperta oppure che abbia una spesa non quantificata e non quantificabile. Non essendoci ancora l'elenco, i costi, i fabbisogni standard, sarebbe come dire: vado a comprare una macchina, quanto mi prendo dietro, mille lire, 100.000 lire, un milione? Devo sapere che macchina devo andare a comperare, gli optional che voglio vedere su questa macchina. Dopodiché noi abbiamo detto che probabilmente ci sono dei LEP che non costano, perché quelli di regolazione, di limitazione, eccetera, non costeranno alcunché. Probabilmente qualcosa è già in pari, cioè la spesa che lo Stato destina a queste misure è già equilibrata. Può darsi che ci sia la necessità di dover metterci delle risorse, e l'unica sede dove puoi metterle è nella legge di bilancio, proprio come ha fatto il Governo Draghi, a suo tempo. Vi dirò di più. Quando si dice che costerà 100 miliardi, io non so sulla base di che cosa qualcuno ha potuto fare questi conti. Io dico una cosa: io voglio garantire che quel livello sia effettivamente essenziale e che valga su tutto il territorio nazionale. Sarà possibile farlo dall'oggi al domani, on-off? No, probabilmente no. Come col federalismo fiscale, abbiamo messo alcuni obiettivi di servizio intermedi per riuscire ad arrivare a coprire, per il primo anno, un certo numero di LEP e, nel corso degli anni, tutti gli altri, ma è comunque qualcosa che va verso una maggior tutela dei diritti a vantaggio di tutti.

Il passaggio dal costo - concludo Presidente, devo aver approfittato della sua pazienza - standard al fabbisogno standard, in modo che quel servizio che costa in centro a Roma e a Milano in maniera diversa rispetto all'area marginale piuttosto che all'area di montagna o all'isola o, peggio ancora, alla piccola isola, ci consentirà di affrontare questo in maniera equilibrata, attraverso una responsabilizzazione. Ho sentito l'altro giorno il Ministro Giorgetti domandarsi: chi ha detto che per forza di cose un LEP deve costare di più rispetto a quello che si spende oggi? Io di catastrofi e di meteoriti non ne vedo se facciamo le cose perbene, li vedo se non facciamo nulla perché la questione è destinata solo a peggiorare. Prima sentivo - è una notizia che avevo anch'io trovato - di un rischio, secondo le previsioni, che alcune regioni, in particolare il Piemonte, la Liguria e la Toscana, possano andare in quella zona di transizione, mi preoccupa, mi preoccupa molto. Il Piemonte e la Toscana rappresentano infatti due regioni con un forte o medio residuo fiscale negativo che viene utilizzato come strumento di compensazione per le altre che hanno minore capacità fiscale. Se cresciamo tutti cresceremo bene, se non viene su una parte del Paese anche l'altra inizia ad essere sofferente e per me si va a fondo tutti. Quindi, io continuerò a guardare per aria e a vedere se riesco a evitare il meteorite (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

(Annunzio di questioni pregiudiziali di costituzionalità e di una questione pregiudiziale di merito - A.C. 1665​)

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della discussione generale, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Auriemma ed altri n. 1, Zaratti ed altri n. 2, Braga ed altri n. 3 e la questione pregiudiziale di merito Alifano ed altri n. 1, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A) e che saranno esaminate e poste in votazione prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento, sulla base di quanto sarà definito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Essendosi conclusa la discussione generale del disegno di legge n. 1665 ed essendo state rinviate le interpellanze e interrogazioni il cui svolgimento era previsto per domani, nella giornata di domani, martedì 30 aprile, l'Assemblea non terrà seduta.

Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame dei seguenti argomenti: Relazione delle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa) sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2023, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2024; disegno di legge n. 1745 - Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Serbia, con Allegato, fatto a Belgrado il 21 marzo 2023 (approvato dal Senato); disegno di legge n. 1746 - Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone, con Allegato, fatto a Tokyo il 28 giugno 2023 (approvato dal Senato).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 3 maggio 2024 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20,35.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: PAOLO EMILIO RUSSO E TONI RICCIARDI (A.C. 1665​)

PAOLO EMILIO RUSSO, Relatore per la maggioranza. (Relazione – A.C. 1665​). Onorevoli colleghi!

L'Assemblea avvia oggi la discussione del disegno di legge C. 1665​, recante disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, già approvato dal Senato.

La Commissione Affari costituzionali ne ha avviato l'esame in sede referente nella seduta del 14 febbraio 2024, nel corso della quale ha altresì avuto inizio la discussione generale. La Commissione ha poi svolto un significativo ciclo di audizioni. Le audizioni sono state circa 65 e hanno coinvolto professori universitari ed esperti, ex Presidenti della Corte costituzionale, Presidenti di regione, rappresentanti degli enti locali, associazioni di categoria, comitati e rappresentanti del mondo dell'associazionismo e sindacati. Queste hanno avuto luogo in 11 sedute per un totale di circa 21 ore. Al termine del ciclo di audizioni, è ripresa la discussione generale che si è svolta in due sedute in cui è stato consentito a chiunque ne facesse richiesta di intervenire.

Al termine dell'esame preliminare, sono state presentate circa 2400 proposte emendative: dopo la discussione sul complesso delle proposte emendative, sono stati utilizzati tutti gli spazi utili nelle giornate del 24, 26 e 27 aprile per esaminare il più ampio numero possibile di tali proposte, per un totale di oltre 18 ore. Nella seduta del 27 aprile la Commissione ha deliberato il mandato ai relatori a riferire in Assemblea.

Passando a illustrare il contenuto dell'emendamento, faccio presente che il provvedimento si compone di 11 articoli, il primo dei quali ne illustra le finalità. In particolare, il comma 1 dell'articolo 1 precisa che il provvedimento è volto a definire i principi generali per l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, e per la modifica e la revoca delle stesse, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese tra lo Stato e una Regione, nel rispetto delle prerogative e dei Regolamenti parlamentari. Con riferimento ai principi e alle finalità che ispirano l'intervento, nel medesimo comma 1 dell'articolo 1 del disegno di legge, come modificato nel corso dell'esame da parte del Senato, vengono richiamati:

- il rispetto dell'unità nazionale e il fine di rimuovere discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio;

- il rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, di coesione economica, sociale e territoriale, anche con riferimento all'insularità, nonché dei princìpi di indivisibilità e autonomia;

- l'attuazione del principio di decentramento amministrativo;

- il fine di favorire la semplificazione e l'accelerazione delle procedure, la responsabilità, la trasparenza e la distribuzione delle competenze idonea ad assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all'articolo 118 della Costituzione, nonché del principio solidaristico di cui agli articoli 2 e 5 della Costituzione.

Il successivo comma 2 stabilisce che l'attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) ai sensi dell'articolo 117, primo comma, lettera m), della Costituzione e nel rispetto dei principi sanciti dall'articolo 119 della Costituzione. A seguito di una modifica introdotta dal Senato, nel testo si specifica che la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni include quelli connessi alle funzioni fondamentali degli enti locali. Il comma 2 dell'articolo 1 precisa in via ulteriore che tali livelli indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali, nonché per favorire un'equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali.

L'articolo 2 disciplina il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e Regione. In particolare, il comma 1 prevede che sia la Regione, sentiti gli enti locali e secondo le modalità e le forme stabilite nell'ambito della propria autonomia statutaria, a deliberare la richiesta di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Tale richiesta è trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, al quale compete di avviare il negoziato con la Regione interessata ai fini dell'approvazione dell'intesa. All'avvio del negoziato si procede dopo che sia stata acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell'Economia e delle finanze, anche ai fini dell'individuazione delle necessarie risorse finanziarie da assegnare ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 42 del 2009 (recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione). Ricordo a tale proposito che il richiamato articolo 14 della legge n. 42 del 2009 stabilisce infatti che, con la legge con cui si attribuiscono, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, forme e condizioni particolari di autonomia a una o più regioni, si provvede altresì all'assegnazione delle necessarie risorse finanziarie, in conformità all'articolo 119 della Costituzione e ai princìpi dalla medesima legge enunciati.

Il comma 1 dell'articolo 2 del disegno di legge in esame stabilisce inoltre che, decorsi sessanta giorni dalla richiesta di valutazione del Ministro competente e del Ministro dell'Economia, il negoziato viene comunque avviato. Ai fini del suo avvio, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie debbono tenere conto del quadro finanziario della Regione interessata. Prima dell'avvio del negoziato il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie da lui delegato informa inoltre le Camere e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dell'atto di iniziativa.

Il comma 2 dell'articolo 2 specifica che l'atto o gli atti d'iniziativa di ciascuna Regione possono concernere una o più materie o ambiti di materie e le relative funzioni. Al fine di tutelare l'unità giuridica o economica, nonché quella di indirizzo rispetto a politiche pubbliche prioritarie, durante l'esame al Senato è stato previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri, anche su proposta del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie o dei Ministri competenti per materia, può limitare l'oggetto del negoziato ad alcune materie o ambiti di materie individuate dalla Regione nell'atto d'iniziativa. Il comma 3 dispone che spetti al Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, approvare lo schema di intesa preliminare negoziato tra Stato e Regione, il quale deve essere corredato da una relazione tecnica redatta ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale interessata.

Il comma 4 dell'articolo 2 del disegno di legge in esame prevede che lo schema di intesa preliminare venga immediatamente trasmesso alla Conferenza unificata per l'espressione del parere, da rendersi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione. Dopo che la Conferenza unificata abbia reso il parere e comunque una volta decorso il relativo termine, lo schema di intesa preliminare è immediatamente trasmesso alle Camere per l'esame “da parte dei competenti organi parlamentari”. Questi ultimi si esprimono al riguardo “con atti di indirizzo”, secondo i rispettivi regolamenti, entro novanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di intesa preliminare, udito il Presidente della Giunta regionale interessata.

Il comma 5 stabilisce che, valutato il parere della Conferenza unificata e sulla base degli atti di indirizzo resi dai competenti organi parlamentari - e, in ogni caso, decorsi novanta giorni -, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie predispongano lo schema di intesa definitivo, eventualmente al termine di un ulteriore negoziato con la Regione interessata, ove necessario. Nel corso dell'esame al Senato è stata aggiunta la previsione secondo cui, laddove il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga di non conformarsi, in tutto o in parte, agli atti di indirizzo, riferisce alle Camere con apposita relazione, nella quale fornisce adeguata motivazione della scelta effettuata. Lo schema di intesa è trasmesso alla Regione interessata, che lo approva secondo le modalità e le forme stabilite nell'ambito della propria autonomia statutaria, assicurando la consultazione degli enti locali. Entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'approvazione da parte della Regione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, delibera lo schema di intesa definitivo e la relazione tecnica redatta ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009.

Il comma 6 dell'articolo 2 dispone che, insieme allo schema di intesa definitivo, e sempre su proposta del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, il Consiglio dei Ministri delibera un disegno di legge di approvazione dell'intesa, della quale quest'ultima costituisce un allegato. Alla seduta del Consiglio dei Ministri per l'esame dello schema di disegno di legge e dello schema di intesa definitivo partecipa il Presidente della Giunta regionale. Il comma 7 prevede che, dopo essere stata approvata dal Consiglio dei ministri, l'intesa definitiva è immediatamente sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente della Giunta regionale. Il comma 8 stabilisce che il disegno di legge di approvazione dell'intesa e la medesima intesa allegata sono immediatamente trasmessi alle Camere per la deliberazione, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

L'articolo 3, sostituito nel corso dell'esame in Senato, delinea la procedura per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. In particolare il comma 1 delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi per l'individuazione dei LEP, sulla base dei principi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023).

Ricordo a tale proposito che la legge di bilancio 2023 ha delineato un procedimento per l'approvazione in tempi ravvicinati dei LEP concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale nelle materie di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, al fine di instaurare un collegamento finalistico diretto tra la determinazione dei LEP e l'attuazione dell'autonomia regionale differenziata. A tal fine la legge di bilancio 2023 ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una Cabina di regia per la determinazione dei LEP, stabilendo compiti, obiettivi e tempistiche. In particolare la Cabina di regia è chiamata a determinare i LEP, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, dell'articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009), in materia di copertura finanziaria delle leggi, e, comunque, nell'ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

Come previsto dal comma 2 dell'articolo 3 del provvedimento in esame, gli schemi di decreto legislativo, adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, di concerto con i Ministri competenti e previa acquisizione del parere della Conferenza unificata, sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materie, nonché di quelle competenti per i profili finanziari; queste si pronunciano entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato, se il parere non è reso. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro venti giorni dall'assegnazione di queste ultime; decorso tale ultimo termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.

Il comma 3 dell'articolo 3 specifica quali sono, tra le materie di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione - vale a dire, tra le materie suscettibili di attribuzione alle Regioni in attuazione dell'autonomia differenziata -, quelle in riferimento alle quali i predetti decreti legislativi provvederanno alla determinazione dei LEP. Il comma 4 demanda a tali decreti legislativi, inoltre, la determinazione delle procedure e delle modalità operative per il monitoraggio dell'effettiva garanzia in ciascuna Regione della erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell'utilizzo delle risorse, nonché della congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione. Il comma 5 prevede che la Conferenza unificata, sulla base degli esiti della suddetta attività di monitoraggio, adotta, sentito il Presidente della regione interessata, le necessarie raccomandazioni rivolte alle Regioni interessate, al fine di superare le criticità riscontrate nel corso del monitoraggio. Si fa salvo, in ogni caso, l'esercizio del potere sostitutivo del Governo ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il quale prevede che il Governo possa sostituirsi a determinate condizioni a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni. Il comma 6 prevede che il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie trasmetta una relazione annuale alle Camere sull'esito delle procedure di monitoraggio previste dall'articolo in esame. Il comma 7 prevede che i LEP possono essere periodicamente aggiornati in coerenza e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, anche al fine di tenere conto della necessità di adeguamenti tecnici conseguenti al mutamento del contesto socioeconomico o dell'evoluzione della tecnologia. L'aggiornamento periodico dei LEP è demandato a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sui cui schemi è acquisito il parere della Conferenza unificata, nonché delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Il comma 8 stabilisce che, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, i costi e i fabbisogni standard sono determinati e aggiornati con cadenza almeno triennale con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Ai sensi del comma 9, nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dall'articolo in esame, continuano ad applicarsi, ai fini della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie suscettibili di autonomia differenziata, le citate disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge di bilancio 2023. Il comma 10 stabilisce che è fatta salva la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, svolta ai sensi del menzionato articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge di bilancio 2023, alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dal presente articolo. Il comma 11 prevede, infine, che qualora, successivamente alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa tra lo Stato e la singola Regione, in materie oggetto della medesima, i LEP, con il relativo finanziamento, siano modificati o ne siano determinati ulteriori, la Regione e gli enti locali interessati sono tenuti all'osservanza di tali livelli essenziali nel rispetto dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione.

L'articolo 4, comma 1, disciplina il trasferimento delle funzioni attinenti a materie o ad ambiti di materie riferibili ai LEP, stabilendo che a tale trasferimento si può procedere soltanto successivamente alla determinazione dei medesimi LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, ai sensi del precedente articolo 3, e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Qualora dalla determinazione dei LEP dovessero derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, al trasferimento delle funzioni si potrà procedere soltanto successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle necessarie risorse finanziarie. Con una modifica approvata nel corso dell'esame da parte del Senato, è stato specificato che le suddette risorse sono volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le regioni che non hanno sottoscritto le intese, al fine di scongiurare disparità di trattamento tra regioni, coerentemente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio.

Riguardo al trasferimento delle funzioni relative a materie o ambiti di materie diversi da quelli riferibili ai LEP, il comma 2 stabilisce che questo può essere effettuato - con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie - nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente, secondo le modalità, le procedure e i tempi indicati nelle singole intese, a partire dalla data di entrata in vigore della legge.

Il comma 1 dell'articolo 5 stabilisce, in primo luogo, che i criteri per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessarie per l'esercizio da parte della Regione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sono stabiliti nell'intesa Stato-Regione di cui all'articolo 2 del disegno di legge in esame. La concreta determinazione dei suddetti beni e risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative è operata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e i Ministri interessati per materia. La proposta di determinazione dei beni e delle risorse necessari è definita nell'ambito di una Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali disciplinata dall'intesa medesima. Fanno parte della Commissione paritetica: per lo Stato, un rappresentante del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, un rappresentante del Ministro dell'Economia e delle finanze e un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni competenti; per la Regione, i corrispondenti rappresentanti regionali; per gli enti locali, a seguito di una modifica introdotta dal Senato, un rappresentante dell'ANCI per i comuni e un rappresentante dell'UPI per le province e le città metropolitane. Viene, inoltre, stabilito che in tutti i casi in cui si debba procedere alla determinazione delle risorse umane, la Commissione paritetica sente i rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Il comma 2 stabilisce che le modalità di finanziamento delle funzioni attribuite siano individuate dall'intesa di cui all'articolo 2, attraverso la compartecipazione ad uno o più tributi erariali maturati nel territorio della regione. La cornice normativa citata dalla norma in esame, nel rispetto della quale l'intesa è tenuta a operare, è quella del principio della copertura finanziaria delle leggi di spesa di cui all'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica), nonché del principio costituzionale recato dall'articolo 119, quarto comma, della Costituzione, a norma del quale le risorse derivanti dai tributi ed entrate propri, dalle compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio e dalle risorse ricevute a titolo di perequazione generale, senza vincolo di destinazione, consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.

L'articolo 6, al comma 1, prevede che le funzioni amministrative trasferite alla Regione in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, possono essere attribuite dalla Regione medesima, contestualmente alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie, a Comuni, Province e Città metropolitane, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui al primo comma dell'articolo 118 della Costituzione. Il successivo comma 2 stabilisce che restano, in ogni caso, ferme le funzioni fondamentali degli enti locali, con le connesse risorse umane, strumentali e finanziarie, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.

L'articolo 7, al comma 1, disciplina innanzitutto la durata delle intese, che ciascuna di esse dovrà individuare, comunque in un periodo non superiore a dieci anni. Si prevede inoltre che, con le medesime modalità previste per la loro conclusione, le intese possono essere modificate su iniziativa dello Stato o della Regione interessata, anche sulla base di atti di indirizzo adottati dalle Camere secondo i rispettivi Regolamenti. Ciascuna intesa potrà inoltre prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Inoltre la cessazione dell'intesa può essere sempre deliberata - sempre con legge a maggioranza assoluta delle Camere - in caso di esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato qualora ricorrano motivate ragioni a tutela della coesione e della solidarietà sociale, conseguenti alla mancata osservanza, direttamente imputabile alla Regione, dell'obbligo di garantire i LEP. Il successivo comma 2 prevede il rinnovo dell'intesa alla scadenza, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione manifestata almeno dodici mesi prima, mentre il comma 3, prevede che ciascuna intesa individui, in un apposito allegato, le disposizioni di legge statale che cessano di avere efficacia, nel territorio regionale, con l'entrata in vigore delle leggi regionali attuative dell'intesa. Il comma 4 prevede poi che la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie, il Ministero dell'Economia e delle finanze o la Regione possono disporre, anche congiuntamente, verifiche e monitoraggi sugli aspetti concernenti il raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni. Il comma 5 stabilisce, infine, che le disposizioni statali successive alla data di entrata in vigore delle leggi di approvazione di intese sono tenute a osservare le competenze legislative e l'assegnazione delle funzioni amministrative e le ulteriori disposizioni contenute nelle intese.

L'articolo 8 prevede, al comma 1, che la Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali di cui all'articolo 5 debba procedere annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti, per ciascuna Regione interessata, dall'esercizio delle funzioni e dall'erogazione dei servizi connessi alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, secondo quanto previsto dall'intesa, in coerenza con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica e, comunque, garantendo l'equilibrio di bilancio. La Commissione paritetica informa la Conferenza Unificata e le Camere degli esiti della valutazione degli oneri finanziari. Il comma 2 prevede invece una ricognizione dell'allineamento tra fabbisogni di spesa e andamento del gettito dei tributi oggetto di compartecipazione; in caso di disallineamento si prevede che il Ministro dell'Economia, di concerto con il Ministro per gli Affari regionali e d'intesa con la Conferenza unificata, su proposta della Commissione paritetica, adotti le necessarie variazioni. Inoltre, il comma 2 prevede che, sulla base dei dati relativi al gettito dei tributi oggetto di compartecipazione rilevati a consuntivo, si procede di anno in anno alle conseguenti regolazioni finanziarie relative alle annualità decorse, sempre nei limiti delle risorse disponibili. Il comma 3, introdotto al Senato, stabilisce che la Corte dei conti riferisca annualmente alle Camere sui controlli effettuati, con riferimento in particolare alla verifica della congruità degli oneri finanziari conseguenti al trasferimento di competenze nell'ambito del regionalismo differenziato rispetto agli obiettivi di finanza pubblica e al rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

Ai sensi del comma 1 dell'articolo 9, dall'applicazione del provvedimento in esame e di ciascuna intesa tra Stato e Regione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il comma 2 dispone che il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard è attuato nel rispetto delle norme vigenti in materia di copertura finanziaria delle leggi e degli equilibri di bilancio. Il comma 3 garantisce, per le singole Regioni che non siano parte delle intese, l'invarianza finanziaria nonché il finanziamento delle iniziative finalizzate ad attuare le previsioni di cui all'articolo 119, terzo, quinto e sesto comma, della Costituzione. Ricordo a tale proposito che l'articolo 119 della Costituzione, al terzo comma, prevede che la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Ai sensi del quinto comma, invece, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. Il sesto comma del medesimo articolo 119, infine, dispone che la Repubblica riconosce le peculiarità delle isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità.

Il comma 3 dell'articolo 9 del provvedimento in esame garantisce, inoltre, l'invarianza dell'entità e della proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, anche in relazione ad eventuali maggiori risorse destinate all'attuazione dei LEP, nonché la perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Il comma 4, introdotto al Senato, mantiene fermo il concorso anche delle Regioni che hanno sottoscritto le intese agli obiettivi di finanza pubblica derivanti dall'attuazione della normativa nazionale e dell'Unione europea.

L'articolo 10, comma 1, stabilisce che, al fine di garantire l'unità nazionale nonché la promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, dell'insularità, della rimozione degli squilibri economici e sociali e del perseguimento delle ulteriori finalità di cui all'articolo 119, quinto e sesto comma, della Costituzione, anche nei territori delle Regioni che non concludono le intese, lo Stato, in attuazione dell'articolo 119, commi terzo e quinto, della Costituzione, promuove l'esercizio effettivo dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti dallo Stato e dalle amministrazioni regionali e locali nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione, previa ricognizione delle risorse allo scopo destinabili. A tal fine, il medesimo comma provvede ad elencare una serie di fonti, non esclusive, di risorse destinabili agli scopi sopra indicati. Il comma 2, inserito al Senato, precisa che trova comunque applicazione la normativa volta ad assicurare l'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario attraverso la cosiddetta fiscalizzazione dei trasferimenti statali, anche nel quadro dell'attuazione della milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) relativa alla Riforma del quadro fiscale subnazionale. Il comma 3 stabilisce che il Governo debba informare le Camere e la Conferenza unificata circa le attività poste in essere ai sensi del comma 1 dell'articolo.

L'articolo 11 prevede, al comma 1, che gli atti di iniziativa delle regioni in materia di autonomia differenziata già presentati al Governo vengono esaminati secondo quanto previsto dalle pertinenti disposizioni del provvedimento in esame. Il comma 2 prevede l'applicazione delle disposizioni del provvedimento anche alle regioni a statuto speciale e le province autonome ai sensi dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 di riforma del Titolo V, che riconosce a tali enti territoriali forme di maggiore autonomia previste da tale legge. In proposito la relazione illustrativa del testo originario del disegno di legge afferma che “sino all'adeguamento dei rispettivi statuti” anche le regioni a statuto speciale e le province autonome “possono concludere intese per acquisire nuove competenze nelle materie indicate dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Infine, il comma 3 dell'articolo 11 fa salva la clausola di salvaguardia per l'esercizio del potere sostitutivo del Governo ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.

TONI RICCIARDI, Relatore di minoranza. (Relazione – A.C. 1665​). I deputati del gruppo del Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista esprimono la loro contrarietà al disegno di legge recante disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (A.C. 1665​).

Questa contrarietà non è preordinata o pregiudiziale, bensì maturata rispetto all'iter svolto dal provvedimento, prima in Senato e successivamente durante le fasi di dibattimento nella Commissione I Affari costituzionali. Durante i lavori di quest'ultima, nonostante la disponibilità manifestata dal gruppo del PD-IDP e in generale dalle forze di opposizione, non è stato possibile nemmeno discutere gli emendamenti presentati, sebbene non ci fossero scadenze dal punto di visto normativo o date dalla tipologia dell'atto legislativo posto in essere. Sugli oltre 2300 emendamenti depositati, i commissari hanno avuto la possibilità di discutere e votare poco meno di 70 emendamenti, pari al 3 per cento. Inoltre, a dimostrazione dell'atteggiamento costruttivo e responsabile da parte del gruppo del Partito democratico, i nostri emendamenti erano poco meno di 240, nonostante la particolare importanza del provvedimento.

Ciò nonostante, sottolineando la disponibilità mostrata a proseguire l'iter dei lavori da parte delle opposizioni, è stata mantenuta la data del 29 aprile per l'approdo in aula del provvedimento.

L'irragionevolezza procedurale, finanche la costante e perdurante mortificazione delle opposizioni, anche quando queste hanno visto prevalere numericamente le proprie ragioni, sono da leggersi come chiari comportamenti antidemocratici e non rispettosi dell'ordinamento democratico stesso della Repubblica.

Pur riconoscendoci storicamente nei valori delle autonomie territoriali che hanno visto la loro gestazione concettuale, ideale e giuridica nei partiti che hanno poi fondato il Partito Democratico, le ragioni della nostra convinta e profonda contrarietà si fondano sui seguenti punti di merito, al netto delle questioni procedurali accennate:

1. Ruolo del Parlamento.

Con questo provvedimento si continua a mortificare e delegittimare la funzione legislativa, prerogativa primaria del Parlamento, in quanto le assemblee legislative vengono relegate e mere spettatrici delle future intese tra Governo e Regioni. Infatti, la procedura prevista dal provvedimento centralizza tutti i poteri nella figura del Presidente del Consiglio che, nell'iter del provvedimento, avvia il negoziato tra Stato e Regioni, ne detta i limiti, predispone l'intesa, può non tenere conto dell'indirizzo delle Commissioni parlamentari e con DPCM può aggiornare l'intesa stessa.

2. Determinazione dei LEP.

Di fatto, i LEP non sono stati definiti non essendoci stata la distinzione, tra le materie sottoposte ai LEP per le quali devono essere previsti spostamenti di risorse, e quelli non direttamente ascrivibili a tale fattispecie. Tuttavia, come sottolineato da diversi auditi, la loro non definizione, in termini concreti e, soprattutto, il non vaglio degli effetti finanziari sul bilancio generale dello Stato, lede i principi di eguaglianza e perequazione previsti dalla Costituzione. Inoltre, per loro stessa natura, la definizione “Livelli essenziali di prestazioni” non corrisponde ai principi costituzionali sanciti nel secondo comma dell'articolo 3 della Carta costituzionale: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Come emerso ampiamente durante le sessioni di audizione, sia al Senato che alla Camera, e come ampiamente richiesto dal gruppo del Partito Democratico, la definizione di “essenziale” non corrisponde e non soddisfa il principio di “uguaglianza”, di eguale diritto che deve essere garantito sull'intero territorio nazionale. D'altronde, la definizione dei LEP è di esclusiva competenza dello Stato, per le ragioni appena esposte. Per questa ragione, sarebbe stato ed è più opportuno che i LEP si trasformino in LUP (Livelli uguali di prestazioni). “Uguali” in questo caso significherebbe “identici” a prescindere dalle differenze strutturali tra territori, assolvendo così al principio della perequazione. “Essenziali”, così come intesi dal proponente del provvedimento, sono da intendersi minimi creando, di fatto, una discriminazione in partenza insormontabile. Infine, prevedere che le eventuali modifiche dei LEP siano sottoposte alla procedura dei DPCM, rischia di generare atti futuri di dubbia costituzionalità. D'altronde, i LEP vengono definiti da Dlgs e resi modificabili con DPCM senza che ci sia la determinazione dei principi su cui si fondano, pur riguardando diritti civili e sociali. L'utilizzo dei DPCM per la modifica dei LEP consegna tutte le prerogative al Governo, lasciando il Parlamento ai margini del processo.

3. Utilizzo di legge ordinaria.

L'inadeguatezza dello strumento legislativo ordinario al fine di dare attuazione all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, è stata evidenziata dalla quasi totalità dei costituzionalisti auditi.

Qualora l'obiettivo fosse stato quello di fornire una cornice istituzionale alle future intese stipulate per la concessione di forme e condizioni particolari di autonomia, necessitava l'utilizzo, in base al sistema delle fonti, di un atto di rango costituzionale, approvato ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione, e in quanto tale non derogabile dalle future intese, a loro volta approvate con legge ordinaria. Per questa ragione, la legge di rango ordinario, ora all'esame del Parlamento, potrà invece sempre essere modificata o abrogata da qualunque altra legge ordinaria successiva, ivi compresa la legge di approvazione dell'intesa, vanificando così di fatto l'efficacia nel tempo di tutte le disposizioni contenute nell'A.C. 1665, in corso di approvazione.

4. Regionalismo competitivo e asimmetrico.

L'enorme ampiezza, quantitativa e qualitativa, delle materie oggetto di autonomia differenziata possono trasformare lo Stato in un Arlecchino incapace di svolgere le proprie funzioni. Inoltre, il provvedimento è ispirato a una sorta di contratto privato tra Stato e Regione che emargina le altre Regioni e le stesse Camere. Lo strumento delle intese ha delle caratteristiche contrattuali che sono estranee ai modelli perequativi che, di fatto, andranno a generare competizione tra le parti contraenti ampliando, oltre modo, le già preesistenti concorrenzialità erroneamente già generate dalla riforma del Titolo V del 2001, tra Stato e Regione, con l'aggiunta, in questo caso, del regime di concorrenzialità tra le Regioni stesse. Con questo provvedimento, l'attuazione dell'articolo 116 della Costituzione rischia di generare una profonda e incolmabile differenziazione competitiva tra le stesse Regioni. Così facendo, viene meno il principio costituzionale del regionalismo solidale, sostituito da una competizione tra Regioni. Qualora si volesse adottare il principio del regionalismo competitivo, occorrerebbe preventivamente individuare in maniera dettagliata e strutturata i LEP e prevedere il loro finanziamento strutturale, al momento solo stimato tra gli 80 e 100 miliardi di euro l'anno. Senza questa definizione e allocazione preliminare delle risorse finanziarie, si realizzerà un sistema competitivo tra diseguali, compromettendo irrimediabilmente ogni possibilità di un sistema di regionalismo competitivo a pari condizioni di partenza. Inoltre, come concepito, questo sistema di competizione non tiene conto delle differenze demografiche tra Regioni, che già oggi limitano le possibilità di equiparazione nell'erogazione dei servizi e, quindi, di garantire eguali diritti a tutti i cittadini sull'intero territorio nazionale, a prescindere dal peso demografico dei territori stessi. Così facendo si lede irrimediabilmente quanto stabilito all'articolo 3 della Carta costituzionale, acuendo i già preesistenti divari territoriali.

Infine, resta incomprensibile la salvaguardia di intese siglate precedentemente all'approvazione di questo provvedimento da alcune Regioni che, di fatto, avrebbero un trattamento diverso da quante sigleranno accordi successivi. Questa fattispecie rischia di essere impugnata dinanzi alla Consulta adducendo il principio della non parità di trattamento tra le stesse Regioni e, allo stesso tempo, generando le conseguenze che in alcune materie potrebbero scaturire dalla non richiesta di autonomia di alcune Regioni.

Infatti, questo provvedimento non si pone la questione di cosa potrebbero diventare i singoli Ministeri nel caso in cui solo alcune Regioni facessero richiesta di alcune deleghe rispetto ad altre. Infine, l'anomalia costituzionalmente maggiormente uniforme e incomprensibile è quella di trasferire poteri straordinari, al pari delle Regioni a Statuto speciale, a Regioni a Statuto ordinario, attraverso un meccanismo semplificato di legge ordinaria.

Infine, questa frammentazione delle competenze porterebbe a un inevitabile appesantimento burocratico con l'aumento certo dei costi della pubblica amministrazione. Parimenti, lo Stato centrale e con esso i relativi Ministeri verrebbero trasformati in mere strutture amministrative di indirizzi mettendo a rischio l'unità nazionale su temi specifici di interesse nazionale quali, ad esempio, l'energia, le infrastrutture e l'ambiente, per la cui efficacia risulta già riduttiva la dimensione nazionale.

5. Accentramento esecutivo delle funzioni legislative.

La procedura stessa, attraverso la quale viene sancita la modalità attuativa e le seguenti modifiche procedurali, accentra tutti i poteri decisionali negli esecutivi nazionali e regionali, marginalizzando i cittadini ed esautorando, di fatto, ogni funzione delle rispettive assemblee legislative, sia regionali che nazionali. Inoltre, in tutta questa procedura, vengono escluse e a loro volta marginalizzate le autonomie locali, sostituite da un centralismo regionale che in prospettiva rischia di svuotare e privare di ogni funzione gli stessi poteri legislativi centrali dello Stato. Come già sottolineato in precedenza, se si vuole attuare una modifica strutturale del sistema istituzionale della Repubblica, occorre una procedura legislativa di rango costituzionale e non una mera legge ordinaria.

6. Sanità diseguale.

A distanza di vent'anni dall'applicazione del Titolo V, si possono valutare empiricamente i risultati di un processo di regionalizzazione riguardante una materia tra le più sensibili dell'ordinamento, la sanità. La regionalizzazione del sistema sanitario ha fatto emergere, in maniera incontrovertibile, quanto il Paese soffra ancora di profonde distanze socioeconomiche tra realtà territoriali differenti. Infatti, in anni recenti si sono acuite le differenze strutturali tra Nord e Sud, tra spazi urbani e aree interne, nonostante il controllo e la programmazione della spesa sanitaria sia stata devoluta alle Regioni. Esistono aree del Paese, da Nord a Sud, nelle quali non viene garantito lo stesso, l'“uguale” livello di prestazione sanitaria, ledendo ancora una volta i principi fondamentali della Carta costituzionale. A questo problema strutturale, vanno aggiunte ulteriori difficoltà che, una volta approvato questo provvedimento, peggiorerebbero la situazione, già fortemente compromessa:

a) ad oggi non sono stati ancora garantiti i LEA (Livelli essenziali di assistenza);

b) non viene individuata una soluzione per riallineare le diverse aspettative di vita, che già oggi determinano, ad esempio, una maggiore mortalità infantile nelle Regioni meridionali rispetto a quelle del Nord del Paese;

c) l'impatto sociale di questo progetto di maggiore autonomia non è stato stimato o analizzato, né è stata prevista la sua valutazione;

d) come ci ha ampiamente dimostrato l'applicazione del Titolo V, la regionalizzazione forzata del sistema sanitario adottata senza una perequazione preventiva dei livelli di “uguale” prestazione ha determinato una crescente mobilità Sud-Nord che verrebbe ulteriormente incentivata. Questo processo determinerebbe, da un lato, un vantaggio economico per le Regioni settentrionali a discapito di quelle meridionali, ma allo stesso tempo, accrescerebbe oltre modo il sovraffollamento del sistema sanitario delle Regioni riceventi penalizzando gli stessi residenti;

e) i piani di rientro, che hanno interessato ed interessano le sole Regioni meridionali, ad eccezione della Basilicata, segnalano una stortura di fondo del sistema di regionalizzazione sanitaria. Infatti, in Regioni del Nord, pur di evitare eventuali Piani di rientro si è proceduto a ledere il diritto universalistico al sistema sanitario, costituzionalmente sancito, introducendo tasse discriminatorie verso delle categorie specifiche di cittadini, come nel caso dei frontalieri;

f) infine, questo provvedimento è in chiaro contrasto con gli obiettivi di riequilibrio territoriale previsti dallo stesso PNRR, in quanto non prevede l'investimento dei fondi ottenuti nella perequazione tra territori.

7. Istruzione parcellizzata.

L'istruzione, costituzionalmente competenza esclusiva dello Stato, rischia di subire le stesse difficoltà empiricamente dimostrabili della sanità. Tuttavia, mentre in quest'ultima viene leso il diritto di pari trattamento tra territori, ma supplito dalla standardizzazione scientifica delle procedure internazionali, nel caso dell'istruzione il Paese rischia di ritrovarsi, potenzialmente, con 20 sistemi scolastici diversi che rischiano, irrimediabilmente, di spaccare l'unità culturale e identitaria del Paese stesso. Venendo meno il carattere nazionale dell'istruzione, la conseguente regionalizzazione della scuola rischia di minare, alla radice, le basi del diritto allo studio. Inoltre, lo status giuridico del personale scolastico non può che essere di competenza statale ed essere regolamentato in modo uniforme su tutto il territorio nazionale; di fatto, regionalizzare le norme generali sull'istruzione significa, potenzialmente, mutare il volto della scuola italiana, con inevitabili ripercussioni sui diritti in essa agiti, rispetto a personale docente, personale amministrativo e ausiliario e finanche platea studentesca di ogni ordine e grado.

8. Incongruenza finanziaria.

Il provvedimento dichiara in più parti di voler rimuovere le disparità territoriali, ma allo stesso tempo si dichiara come una legge priva di costi per le finanze dello Stato. Questa invariabilità di spesa si basa sul presupposto che le spese future, in seguito all'approvazione del provvedimento, sono coperte dalle stesse disponibilità delle singole Regioni. Questo nuovo processo ordinamentale non tiene in considerazione e non prevede alcun meccanismo di trasferimento perequativo e solidaristico verso le Regioni più povere del Paese. D'altronde, lo stesso proponente si è dichiarato, a più riprese, contrario all'introduzione della cosiddetta “spesa standard”, proseguendo pervicacemente il percorso della “spesa storica” che non fa altro che cristallizzare in maniera definitiva ed irrecuperabile le disparità territoriali.

Infine, come già ampiamente segnalato, il non aver voluto subordinare le future intese alla determinazione e al finanziamento preventivo dei LEP con ogni probabilità accrescerà i divari territoriali, al punto tale che ci saranno Regioni in grado di garantire servizi e, quindi, diritti, mentre altre che non avendo le risorse adeguate, per ragioni storiche, strutturali, demografiche e sociali, vivranno l'inesorabile discriminazione di un provvedimento chiaramente rivolto verso la tutela e l'accrescimento degli standard qualitativi di una sola parte del Paese.

Infine, per tutte queste ragioni che hanno rimarcato delle profonde incongruenze e inadeguatezze sia per quanto concerne il metodo adottato durante tutto l'iter in Commissione (contingentamento estremo dei tempi di confronto con gli auditi, contingentamento dei tempi di discussione degli emendamenti, mancata votazione del 97 per cento degli emendamenti per i quali le opposizioni non hanno avuto nemmeno il diritto di discussione, forzature procedurali sulle modalità di voto senza precedenti), sia nel merito specifico del provvedimento, questa relazione esprime un parere fortemente contrario e avverso a questo provvedimento, ritenendolo, altresì, notevolmente e pericolosamente lesivo dell'unità del Paese, evidenziando marcatamente nessun correttivo per il mantenimento dei principi di sussidiarietà, perequazione e solidarietà nazionale.